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Il Cassetto delle Tracce

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Il Cassetto delle Tracce
Il Cassetto delle Tracce
L’
inserto propone uno strumento concreto per monitorare
i progressi dei bambini in merito ai vari parametri attinenti
il loro sviluppo e il loro apprendimento.
Il “Cassetto delle Tracce” diviene così una modalità di promozione
del protagonismo dei bambini, di valorizzazione dell’équipe educativa
e di coinvolgimento dei genitori.
inserto
a cura di Daniele Novara
Sommario
Le difficoltà dell’adulto a cogliere
lo sviluppo dell’apprendimento infantile
Daniele Novara
Il Cassetto delle Tracce
Lorella Boccalini, Daniele Novara, Elena Passerini
Intervista a Lorella Boccalini
Elena Passerini
Per una nuova professionalità educativa
nel lavoro con la prima infanzia
Daniele Novara
17
n. 17 - 1 maggio
20
an
11 -
no
E LA
TRIC
I
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-E
VIII
C
X
SCUOLA
Il Cassetto delle Tracce
inserto
Elena Passerini
X
Intervista a Lorella Boccalini
Direttrice del Nido “DoReMi Baby” di Milano, via Paolo Sarpi.
– Ricostruiamo l’esperienza che il
Nido “DoReMi Baby” ha fatto dello
strumento del Cassetto delle
Tracce, che viene utilizzato dalle
educatrici da sei lunghi anni. Quali
sono gli effetti? Le reazioni dei
bambini? Quali le difficoltà? Qual è
l’esperienza di educatrici e genitori?
– Lo strumento è stato inventato
da Daniele Novara sei anni fa per
monitorare i progressi dei bambini
partendo dal presupposto che
spesso nei contesti educativi ci si
occupa soprattutto dei bambini
che richiedono maggiori attenzioni. Nel confronto tra le educatrici ci si concentra prevalentemente sulle situazioni più problematiche. La maggior parte dei
bambini che vanno alla scuola
dell’Infanzia e al Nido vivono e
crescono senza creare problemi
alle educatrici lasciando tracce
che non vengono generalmente
raccolte. In équipe si deve parlare
di “quello che morde”, di “quello
che crea difficoltà”, mentre la crescita normale viene un po’ persa
agli occhi delle educatrici.
Nel lavoro, dove la vicinanza relazionale è forte, il rischio è che si
veda nei bambini un po’ quello
che si vuole vedere. Questa è la
cosa che ci ha colpito di più all’inizio della nostra esperienza fatta
usando Il Cassetto delle Tracce.
Noi eravamo una sede operativa
da pochi anni e la proposta si è
inserita bene nel nostro lavoro ed
è stata accolta con molto entusiasmo. Poi abbiamo riscontrato che
alcune cose che venivano proposte nell’utilizzo del Cassetto delle
Tracce risultavano difficili, quindi
abbiamo lavorato per trovare degli aggiustamenti organizzativi in
modo da utilizzare lo strumento
come deve essere usato, senza
perderne le potenzialità, ma inserendosi in modo più sostenibile
nell’organizzazione.
Ci eravamo accorte che anche su
piccole questioni ogni educatrice
aveva un pensiero diverso sullo
sviluppo dei bambini. Aprendo Il
Cassetto delle Tracce insieme, nel
confronto, ci siamo rese conto
che ognuna di noi aveva un'idea
del bambino che era diversa da
quella che poi risultava dal Cassetto delle Tracce.
Ad esempio, un bambino molto
vivace, che crea problemi all’educatrice per la gestione del comportamento, appare a lei stessa
come un bambino che non fa
niente. A volte i problemi legati al
comportamento sono tali che
sembra che il bambino non sappia far nient’altro. Invece, aprendo
il Cassetto si vede che il bambino
produce molte cose, partecipa a
tutte le attività proposte e mostra
anche progressi nel modo di disegnare e varie tracce della sua
crescita, proprio come gli altri
bambini. Eppure tutti questi progressi e queste produzioni rimangono nascoste dalla vivacità del
bambino e soprattutto dalla difficoltà dell’educatrice di contenerlo
e di gestire le sue influenze nel
gruppo.
Ci sono, dunque, delle istanze
proiettive personali e Il Cassetto
delle Tracce aiuta a contenerle.
Questo è stato subito evidente ed
è piaciuto molto.
Il problema agli inizi era capire
come poter aprire il Cassetto
sotto sguardi diversi, riunendo più
educatrici, ma in modo compatibile con i tempi e l’organizzazione
della scuola. Non era possibile
aprire tutti i cassetti di 40 bambini
4 volte l’anno in un gruppo completo di tutte le sei educatrici e le
due direttrici. Bisognava tener
salvo il principio del confronto, la
tentazione era quella di dire: “lo
guardo solo io”, cosa che snatura
il senso dello strumento, il principio di dare al bambino sguardi diversi, capaci di confrontarsi e descrivere.
Allora, abbiamo stabilito di aprirlo
in due o tre al massimo, con dei
turni fatti ruotando le educatrici, ad
esempio quella di riferimento e
quella di musica per la prima apertura, poi alla seconda apertura
l’educatrice di inglese, in modo
che alla fine il Cassetto di ogni
bambino fosse visionato da tutte le
educatrici almeno una volta. Organizzando gruppi di due o tre adulti
alla volta ogni bambino veniva osservato da tutte le educatrici. Questo costringe le educatrici a lavorare in équipe dovendo mettere
per iscritto qualcosa, non limitandosi a una discussione, dovendo
trovare un punto di incontro.
La scrittura ha immediatamente
reso evidente quello che spesso
già dicevamo alle educatrici cioè
lo sguardo giudicante. Quando
scrivi ti rendi conto che emerge il
giudizio in modo molto marcato;
ad esempio: “disegna bene”, “è
molto bravo”, “è socievole”.
Emergono anche giudizi di tipo
emotivo. A volte un bambino è
molto simpatico all’educatrice e
questo influisce sul giudizio che si
ritrova nella scrittura. Lavorando
sul Cassetto delle Tracce si lavora
sul cambiamento dello sguardo
dell’adulto sul bambino, che qui è
orientato non al giudizio ma alla
n. 17 • 1 maggio 2011 • anno XCVIII
– Per la verità questo è tipico
della cultura scolastica. Anche i
sostenitori del voto alla scuola
primaria lo presentano come una
comoda sintesi. È una cultura molto
forte.
– Almeno quando sono piccoli fortunatamente questo si può evitare.
– Cosa hai osservato nella tua
esperienza sia rispetto al lavoro
delle educatrici che rispetto alla
restituzione ai genitori? E anche
rispetto ai bambini, come il caso di
quello che sembrava creare solo
problemi e invece faceva tante
cose.
Elena Loda (collega di Lorella)
– Anch’io ho avuto questa sorpresa, anche perché sono meno
Lorella – I genitori rimangono colpiti dal fatto che il bambino viene
visto per quello che è e non giudicato. Anche su cose che possono sembrare banali come fare il
cameriere, si accorgono che il
loro bambino viene proprio visto,
per come è.
LA CAMERIERA
n. 17 • 1 maggio 2011 • anno XCVIII
C’è qualcuno che osserva il bambino ma non per giudicarlo né per
interpretarlo e per capire perché
morde, perché ha fatto questo o
quello, ma per vedere cosa succede, cosa fa, cosa produce,
quando e come accadono i momenti di svolta della sua crescita.
Non interpretazione o giudizio ma
una descrizione di quello che il
bambino ha realizzato, che significa che lo hai osservato, con attenzione. Per questo è un bel lavoro, molto impegnativo. Il bambino ha fatto: questo, te lo mostro,
te lo restituisco, con un tentativo
di oggettività molto rispettosa.
– Restituite la normalità della vita
dandole valore: il bimbo ha fatto il
cameriere, questo è importante!
inserto
addetta ai lavori e mi sorprendo
di più di certe cose. Come genitore vedo che è un bel lavoro,
che non è il solito album, che è
già comunque una restituzione.
Ma nel Cassetto delle Tracce in
più c’è una sintesi. Il Cassetto
delle Tracce diventa un racconto
per argomenti e per tipo di attività
che viene consegnato alla famiglia
ed è proprio una bella documentazione. Il genitore si rende conto
in questo modo della quantità e
qualità del lavoro che viene svolta
oltre alla cura quotidiana delle
educatrici per i loro figli. Alcuni
vedono il nido solo come un
luogo dove i piccoli possono giocare parcheggiati al sicuro. Invece
il Cassetto ti restituisce un lavoro
di una professionalità straordinaria, supportato dal racconto che ti
fa capire che cosa è stato fatto.
C’è un tipo di osservazione di un
livello che il genitore non si
aspetta.
Il Cassetto delle Tracce
raccolta delle tracce dei momenti
più significativi della crescita e alla
loro descrizione. Si registra la crescita dei bambini, non si danno
giudizi. Le educatrici sono d’accordo, dicono: “certo, noi non
giudichiamo i bambini”. Ma
quando poi elaborano, la scrittura
esce allo scoperto questa propensione ai giudizi. A volte si
spaccia come sintesi. Viene usata
come una giustificazione come se
il giudizio fosse una sintesi.
– Una mamma si era messa a
piangere, perché le avevamo presentato un’immagine di normalità
di vita della figlia molto vivida, di
cose che non sapeva neanche lei.
Era rimasta molto stupita.
Anche noi come genitori abbiamo
vissuto questa sorpresa con Il
Cassetto delle Tracce delle nostre
figlie: emergono aspetti della normalità dei bambini che non si
sono colti. Anche noi non possiamo capire tutto delle nostre figlie: come sono con gli altri bambini, come si concentrano in
un’attività, quanto e cosa fanno.
Sono cose che il genitore non sa,
anche perché i bambini non lo
raccontano a questa età. Il Cassetto delle Tracce dà un’immagine della normalità del figlio e
dell’attenzione che riceve che è
importante anche per i genitori. È
una sorpresa maieutica anche per
i genitori, che non per caso si
commuovono e piangono messi
di fronte al valore, al significato di
crescita, di ostacolo superato, di
obiettivo raggiunto che assumono
ai loro occhi questi piccoli oggetti
che magari hanno visto mille
volte, come il ciuccio, ma non
hanno sempre colto nei loro significati educativi.
XI
inserto
Il Cassetto delle Tracce
– Dare valore alla normalità e
uscire dalla logica delle emergenze. Così si vedono anche i significati e le potenzialità della normalità, della quotidianità, che al
Nido e alla scuola d’Infanzia apre
molte possibilità ai bambini.
– Sì. La chiave è dare valore alla
normalità. Non nella logica della
banalizzazione, ma della descrizione attenta fatta con tanti occhi
e sguardi diversi.
Qui abbiamo tutti i piatti di ceramica, che richiedono una vera attenzione e fiducia, ma non sono
mai stati rotti dai camerieri, al
massimo cadono dal tavolo, dopo.
Non si tratta di una fiducia finta: se
dai fiducia ai bambini, anche a
quelli più difficili, fanno molto bene
le cose, con molta cura.
Quando ti arriva così forte dal
Cassetto delle Tracce l’idea che
quel bambino non è solo quello
che spinge, dà fastidio, allora
cambia anche lo sguardo dell’educatrice su di lui. Di conseguenza l’educatrice riesce meglio
ad aiutarlo a stare bene in
gruppo. Le educatrici capiscono
che il bambino non è mai solo un
pezzo, mentre nella logica giudi-
XII
cante rischiano di accorgersi solo
degli aspetti del comportamento
che distolgono l’attenzione. La
cosa diventa fondamentale,
quando ci sono i passaggi nei
contesti educativi, a noi del Nido
le scuole dell’Infanzia chiedono
informazioni.
– Il Cassetto delle Tracce viene
usato anche per il passaggio alla
scuola dell’Infanzia?
– Le scuole ci chiedono soprattutto se ci sono dei casi difficili.
C’è il rischio che se un bambino è
segnalato con qualche difficoltà,
poi se la porti dietro. Noi invitiamo
i genitori a far leggere Il Cassetto
delle Tracce del bambino alle
nuove educatrici.
Se ci sono dei problemi abbiamo
tutte le competenze per osservarli
e lavorarci.
La questione è che al Nido e alla
scuola dell’Infanzia i bambini
vanno per vivere la loro normalità
e per crescere come persone.
Succede tantissimo e Il Cassetto
delle Tracce aiuta a registrarlo.
La cosa più importante è la questione del linguaggio, su questo
abbiamo lavorato moltissimo.
– Cioè distinguere tra descrizione,
interpretazione e giudizio.
– Sì, anche quando sei convinta
che non uscirà il giudizio, ma solo
descrizioni, invece il giudizio sul
bambino si ritrova nel primo scritto.
Anche le persone laureate hanno
difficoltà ad attenersi alla descrizione, non è affatto facile, ci vuole
sempre una supervisione, oltre
che il lavoro nei gruppi a rotazione.
Alla fine noi Direttrici leggiamo
tutti i Cassetti delle Tracce. Quello
che io chiedo alle educatrici è:
“Perché dici questo?”. Con questa domanda si riesce ad arrivare
alla scrittura narrativa. Nel piccolo gruppo le educatrici riescono
a “srotolare” una parola in una
descrizione, è questa l’operazione
che si impara a fare aprendo insieme il Cassetto delle Tracce e
scrivendo insieme la descrizione.
Ad esempio: “È socievole”. “Perché lo dici? Cosa hai osservato?”.
Scrivi, srotola la parola in una descrizione precisa: “Il bambino si
avvicina agli altri bambini e chiede
loro di giocare”. Oppure: “Perché
dici che è bravo?”. “Taglia con le
forbici nelle linee, senza rompere
la figura o stropicciare la carta”.
n. 17 • 1 maggio 2011 • anno XCVIII
ha rappresentato un passaggio
veramente importante nella loro
crescita. Allo stesso modo si mettono i lavori prodotti con una
breve descrizione dell’attività o
del prodotto, per poterne poi
comprendere il contesto.
Dopo la prima apertura tutto il materiale viene tolto dal Cassetto e
messo in una cartelletta per darlo
alla fine dell’anno ai genitori e rimane nel Cassetto solo la scheda
con la descrizione. Si riparte da lì
nelle successive aperture. Quindi,
nel Cassetto ci sono sia i prodotti
sia oggetti, sia un foglio con le
“frasi storiche” dette dai bambini.
Un bambino ha detto a un’altra
bambina per farle un complimento: “Irene, sei bella come una
betoniera!”. Quelle frasi divertenti
che danno l’idea della capacità di
collegamento che fanno i bambini,
sono interessanti e le teniamo.
inserto
carsi mettiamo la fotografia nel
Cassetto delle Tracce come documentazione. Non dev’essere
una bella fotografia, quanto una
fotografia che documenta un momento di passaggio significativo
per lui, non per altri che potevano
sporcarsi volentieri anche prima.
Chiediamo alle famiglie di dare
abiti adatti che possono sporcarsi
senza creare imbarazzo ai bambini. Si crea un patto con le famiglie, se ci portano i bambini
sanno che lavoriamo con il corpo,
coi i materiali naturali, con i colori
e normalmente i bambini si possono “sporcare”.
Le fotografie e anche gli oggetti
sono importanti in quest’ottica.
Ad esempio, quasi tutti usano il
ciuccio e poi lo lasciano, ma per
alcuni bambini il ciuccio è molto
significativo, tenere il ciuccio in
bocca non ha consentito loro di
relazionarsi parlando con il linguaggio, e quando tolgono il
ciuccio ti accorgi che parlano
moltissimo. Quindi non tutti i
bambini mettono il ciuccio nel
cassetto, ma alcuni sì, per i quali
Il Cassetto delle Tracce
Quando si arriva alla scrittura narrativa allora si riesce a immaginare
la situazione. In questo modo i
racconti che sono molto descrittivi
danno un’immagine molto vivida
del bambino, niente affatto noiosa.
La sintesi diventerebbe anche banale e noiosa: “taglia bene”.
Non si tratta di perseguire l’oggettività, ma di scrivere quello che
si vede. Sappiamo che l’osservatore influenza la situazione, le
cose cambiano a seconda del
modo di porsi dell’osservatore.
Ma la cosa importante è descrivere quello che vedi. Cosa vuol
dire “è socievole”? Il bambino si
avvicina a un altro, ci possono
essere diversi motivi. Il Cassetto
delle Tracce aiuta dando il compito di appuntarsi la frase con la
data, documentare alcuni passaggi importanti. A volte i bambini
più grandi mettono nel loro Cassetto una loro produzione.
Per esempio ci sono dei bambini
che per un po’ di mesi non vogliono sporcarsi. Quindi la prima
volta che quel bambino partecipa
a un'attività che prevede lo spor-
– Abbiamo dimenticato qualcosa in
questa descrizione dello strumento
e dei suoi effetti?
– La cosa più importante è rendersi conto che non è possibile
“OGGI POSSO ANCHE SPORCARMI UN PO’ I PIEDINI”
n. 17 • 1 maggio 2011 • anno XCVIII
XIII
inserto
Il Cassetto delle Tracce
XIV
farlo da soli. Perderebbe completamente il senso, l’interpretazione
della singola educatrice diventerebbe continua.
Avevamo un bambino che era
considerato “un genio” dalla sua
educatrice, diceva che parlava
benissimo. Invece, nell’apertura
de Il Cassetto delle Tracce mostrava delle frasi o delle produzioni anche meno articolate rispetto agli altri bambini. Di nuovo
una sorpresa per l’educatrice. È
davvero difficile descrivere quello
che si vede, scattano sempre
delle interpretazioni, dei giudizi
che poi diventano fuorvianti.
Se nella descrizione fatta durante
la prima apertura del Cassetto era
segnato, ad esempio, che il bambino non partecipa ad attività in cui
ci si sporca, non mette le mani nell’orzo o nei materiali o nei colori
messi a disposizione e poi, in seguito, nella seconda apertura si rileva che si è buttato in attività simili
e si è sporcato senza problemi,
questa è una svolta, un punto di
passaggio che viene rilevato dalle
educatrici e non un giudizio.
È vero che l’occhio di chi osserva
fa da filtro, coglie le cose che
hanno un significato importante
da quel punto di vista. Ad esempio, registri che il bambino entra
nel gioco con i teli e la musica,
per la prima volta si butta. Per diversi mesi alcuni bambini non entrano in quel tipo di attività, rimangono come spettatori. Si registrano le svolte senza un giudizio su come il bambino lo fa.
Poi abbiamo altri strumenti di osservazione come le tavole di
Kuno Beller che ci danno informazioni su eventuali possibili difficoltà che vanno monitorate in
modo diverso, ci danno la misura
di eventuali problemi. Abbiamo
una capacità di osservazione e
confronto tra di noi che ci permette di rilevare eventuali problemi, ma è proprio sulla normalità che Il Cassetto delle Tracce
dà un grande contributo.
L’importante è quello che dicevi
prima, dare valore alla normalità. Il
rischio nei contesti educativi diventa che tutto sia fuori dalla
norma e da inviare allo psicologo.
No, nella normalità stanno dentro
tante cose e con il lavoro educativo riesci ad aiutare i bambini a
crescere senza ricorrere allo psicologo in tutte le occasioni e Il
Cassetto delle Tracce ti aiuta a
vedere la loro crescita.
– È successo che cambiando l’ottica dell’educatrice su un bambino
grazie al Cassetto delle Tracce ci
sono state ricadute operative?
– Questo succede continuamente,
quotidianamente. Appena un bambino diventa faticoso ci riuniamo
per capire cosa succede e per trovare aspetti positivi del bambino,
qualcosa che ci piace e funziona.
Cambiando lo sguardo sul
bambino, anche il bambino
cambia. Poi, se ci sono effettivamente dei veri problemi, rimangono. Ma la situazione, che prima
sembrava insostenibile, cambia
completamente, scompare. Questa sembra una magia ma non lo
è. Quando vedi altro e ti comporti
di conseguenza cambia tutta la
situazione.
Noi come prassi lo facciamo sempre. Così come quando un’educatrice non ce la fa, un’altra educatrice prende nel suo gruppo il
bambino che alla collega crea difficoltà. Il fatto di essere aiutata
dalla collega permette di far rientrare molte situazioni.
– Spesso ci sono situazioni che si
trasformano in copioni che si ripetono.
– Sì, è molto comune nei contesti
educativi. Per come lavoriamo,
con un’impostazione maieutica
che ci consente di rendere le cose
interessanti, in cui i bambini sono
coinvolti. La media dei bambini fa
le cose con interesse e attenzione,
non abbiamo bambini molto problematici o situazioni ingestibili.
– Come funzionano le aperture?
– Prendiamo pezzo per pezzo, se
ne parla, e quello che viene scritto
è negoziato tra le diverse educatrici che sono presenti nella riunione. Per quello è importante scrivere. Non capita che si possa dire:
“siamo più o meno d’accordo”.
Scriviamo una precisa frase nella
riunione, così è chiaro su cosa
siamo d’accordo. Scriviamo senza
cadere nell’aggettivo giudicante, ricavando i racconti. Alla fine dell’anno i fogli vengono trascritti in
bella copia per i genitori.
Insieme alle foto questo testo ha
un impatto molto forte. I genitori
si commuovono a leggere queste
descrizioni dei loro figli. Si rendono conto di aver lasciato il
bambino in un luogo in cui è stato
visto, com’è come bambino, non
come un problema da superare.
– È una restituzione molto attenta
ai singoli bambini, alla loro singolarità. I pannelli con le fotografie
scattate nei momenti delle attività
danno un’immagine corale, di
gruppo, Il Cassetto delle Tracce dà
ai genitori una restituzione molto
precisa dei loro figli.
– Ci sono al nodo molti momenti
corali, in cui i bambini parlano e si
ascoltano, raccontano quello che
succede fuori, fanno i collegamenti, si interrogano su quello
che manca. Si lavora molto anche
in gruppetti, ma i passaggi di crescita che avvengono al Nido sono
passaggi enormi nella vita: camminare, parlare, controllo sfinterico, inizio del gioco cooperativo.
All’inizio gioca vicino all’altro, poi il
bambino gioca da solo e il pezzo
di uno aiuta il gioco dell’altro;
sono passaggi importantissimi e
avviene tutto nei due anni del
Nido. Si rischia di perdere un po’
questi passaggi, che Il Cassetto
delle Tracce restituisce tutti, per
ciascuno a suo modo e sembrano tanto normali.
– Invece sono straordinari, è straordinaria la normalità di questa età.
n. 17 • 1 maggio 2011 • anno XCVIII
Il cassetto delle tracce
inserto
segnalibri
Dalla parte dei genitori
Strumenti per vivere bene
il proprio ruolo educativo
di Daniele Novara,
FrancoAngeli, Milano 2009
Non è il solito manuale di
istruzioni per neogenitori
ansiosi. E non è nemmeno un trattato di pedagogia incomprensibile.
Mettendo a frutto vent’anni di esperienza come consulente pedagogico per genitori, Daniele Novara racconta le storie più
esemplificative. Quelle che possono aiutare ad affrontare il difficile momento che stiamo attraversando, in cui il ruolo della famiglia sta mutando alla velocità della luce. Non propone ricette
sbrigative, ma si pone l’obiettivo di valorizzare la capacità creativa di ogni genitore nel leggere e analizzare le grandi e piccole
esperienze di ogni giorno.
(Recensione da Mente e cervello, n. 62, anno VIII,
febbraio 2010, di Massimo Barberi)
Proposte formative e didattiche
da realizzare nella scuola
IL CESTINO DELLA RABBIA
Litigare per crescere
Proposte per la prima infanzia
di Daniele Novara,
Erickson, Trento 2010
I conflitti tra i più piccoli
sono momenti molto importanti per imparare a
stare con gli altri.
Secondo il pedagogista Daniele Novara è sbagliato vederli come
un male, occorre liberarsi dall’idea che per i bambini il litigio sia
un incidente di percorso, un’inutile sofferenza da rimuovere il
prima possibile.
Per i bambini i litigi sono eventi naturali, legati al bisogno di conoscersi. Daniele Novara precisa che questi momenti di conflitto
favoriscono il riconoscimento delle proprie risorse e dei propri
limiti, la scoperta dell’errore come strumento per imparare
nuovi contenuti, la capacità di vedere la realtà da un altro punto
di vista, le funzioni auto regolative. I bambini possono essere
competenti nell’affrontare le proprie difficoltà e problematiche,
il compito dell’adulto è aiutarli a fare da soli.
(Recensione da Il Venerdì di Repubblica-scienze,
7 gennaio 2011, di Sara Ficocelli)
XXII
Il cestino della rabbia è uno
strumento che consente a
insegnanti e operatori di rispondere alla rabbia infantile attraverso
l’educazione,
in particolare dai 4
ai 6 anni.
È legato alle
emozioni che i litigi
tirano fuori e all’importanza di visualizzarle, addomesticarle e dialogarci. Il “cestino della rabbia” è un’attività rituale
e comunitaria in cui i bambini costruiscono un
oggetto totemico, il cestino, dove poter collocare le loro emozioni negative, in modo da
creare un dialogo comune con le stesse.
Il progetto del Cestino della rabbia prevede un
laboratorio che si attua in sei incontri con i bambini, realizzati da un formatore del CPP accompagnato dagli insegnanti.
n. 17 • 1 maggio 2011 • anno XCVIII
Studio di consulenza
pedagogica maieutica
Si propone di sostenere la specifica funzione educativa dell’essere
educatori (genitori e insegnanti)
fornendo i supporti necessari affinché questo compito venga realizzato il meglio possibile.
Le consulenze pedagogiche sono
condotte dal dott. Novara.
Nella storia del pensiero pedagogico, e non solo,
il litigio è sempre stato considerato una sofferenza
inutile, un’interferenza rispetto al progetto a cui
si sta lavorando, un incidente di percorso.
In genere, insegnanti, educatori, genitori, ma anche
chi non si occupa di problematiche educative,
non riesce a cogliere le potenzialità dei litigi:
solitamente ne restiamo sopraffatti.
Ma l’esperienza conflittuale racchiude un’estrema
ricchezza: i conflitti hanno molto da insegnare,
ed è possibile imparare a gestirli come opportunità
di apprendimento.
Noi consideriamo il litigio un’occasione per
apprendere nuove competenze e garantire ai gruppi
una maggior capacità integrativa.
Il conflitto offre la possibilità
di sperimentarsi, di scoprire limiti
ed errori, di imparare qualcosa di sé
e degli altri, di definire gli spazi
reciproci. E proprio attraverso
il conflitto è possibile rafforzare
il senso di appartenenza a una realtà
sociale, una classe, un’organizzazione,
un gruppo.
Cambiare la prospettiva sui litigi
conviene: significa darsi e dare
l’opportunità di imparare qualcosa
di utile a vivere meglio.
inserto
A sentirsi chiamar Polendina per la terza volta,
Geppetto perse il lume degli occhi e si avventò
sul falegname; e lì se ne dettero un sacco e una sporta.
A battaglia finita, mastr’Antonio si trovò due graffi
di più sul naso, e quell’altro due bottoni di meno
al giubbetto. Pareggiati in questo modo i loro conti,
si strinsero la mano e giurarono di rimanere buoni amici
per tutta la vita.
C. Collodi, Le avventure di Pinocchio
Il cassetto delle tracce
Imparare a litigare,
insegnare a litigare
Centro Psicopedagogico per la Pace
e la gestione dei conflitti (CPP) di Piacenza
www.cppp.it
n. 17 • 1 maggio 2011 • anno XCVIII
XXIII
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