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Il Cassetto delle Tracce
Il Cassetto delle Tracce L’ inserto propone uno strumento concreto per monitorare i progressi dei bambini in merito ai vari parametri attinenti il loro sviluppo e il loro apprendimento. Il “Cassetto delle Tracce” diviene così una modalità di promozione del protagonismo dei bambini, di valorizzazione dell’équipe educativa e di coinvolgimento dei genitori. inserto a cura di Daniele Novara Sommario Le difficoltà dell’adulto a cogliere lo sviluppo dell’apprendimento infantile Daniele Novara Il Cassetto delle Tracce Lorella Boccalini, Daniele Novara, Elena Passerini Intervista a Lorella Boccalini Elena Passerini Per una nuova professionalità educativa nel lavoro con la prima infanzia Daniele Novara 17 n. 17 - 1 maggio 20 an 11 - no E LA TRIC I D -E VIII C X SCUOLA Il Cassetto delle Tracce inserto Elena Passerini X Intervista a Lorella Boccalini Direttrice del Nido “DoReMi Baby” di Milano, via Paolo Sarpi. – Ricostruiamo l’esperienza che il Nido “DoReMi Baby” ha fatto dello strumento del Cassetto delle Tracce, che viene utilizzato dalle educatrici da sei lunghi anni. Quali sono gli effetti? Le reazioni dei bambini? Quali le difficoltà? Qual è l’esperienza di educatrici e genitori? – Lo strumento è stato inventato da Daniele Novara sei anni fa per monitorare i progressi dei bambini partendo dal presupposto che spesso nei contesti educativi ci si occupa soprattutto dei bambini che richiedono maggiori attenzioni. Nel confronto tra le educatrici ci si concentra prevalentemente sulle situazioni più problematiche. La maggior parte dei bambini che vanno alla scuola dell’Infanzia e al Nido vivono e crescono senza creare problemi alle educatrici lasciando tracce che non vengono generalmente raccolte. In équipe si deve parlare di “quello che morde”, di “quello che crea difficoltà”, mentre la crescita normale viene un po’ persa agli occhi delle educatrici. Nel lavoro, dove la vicinanza relazionale è forte, il rischio è che si veda nei bambini un po’ quello che si vuole vedere. Questa è la cosa che ci ha colpito di più all’inizio della nostra esperienza fatta usando Il Cassetto delle Tracce. Noi eravamo una sede operativa da pochi anni e la proposta si è inserita bene nel nostro lavoro ed è stata accolta con molto entusiasmo. Poi abbiamo riscontrato che alcune cose che venivano proposte nell’utilizzo del Cassetto delle Tracce risultavano difficili, quindi abbiamo lavorato per trovare degli aggiustamenti organizzativi in modo da utilizzare lo strumento come deve essere usato, senza perderne le potenzialità, ma inserendosi in modo più sostenibile nell’organizzazione. Ci eravamo accorte che anche su piccole questioni ogni educatrice aveva un pensiero diverso sullo sviluppo dei bambini. Aprendo Il Cassetto delle Tracce insieme, nel confronto, ci siamo rese conto che ognuna di noi aveva un'idea del bambino che era diversa da quella che poi risultava dal Cassetto delle Tracce. Ad esempio, un bambino molto vivace, che crea problemi all’educatrice per la gestione del comportamento, appare a lei stessa come un bambino che non fa niente. A volte i problemi legati al comportamento sono tali che sembra che il bambino non sappia far nient’altro. Invece, aprendo il Cassetto si vede che il bambino produce molte cose, partecipa a tutte le attività proposte e mostra anche progressi nel modo di disegnare e varie tracce della sua crescita, proprio come gli altri bambini. Eppure tutti questi progressi e queste produzioni rimangono nascoste dalla vivacità del bambino e soprattutto dalla difficoltà dell’educatrice di contenerlo e di gestire le sue influenze nel gruppo. Ci sono, dunque, delle istanze proiettive personali e Il Cassetto delle Tracce aiuta a contenerle. Questo è stato subito evidente ed è piaciuto molto. Il problema agli inizi era capire come poter aprire il Cassetto sotto sguardi diversi, riunendo più educatrici, ma in modo compatibile con i tempi e l’organizzazione della scuola. Non era possibile aprire tutti i cassetti di 40 bambini 4 volte l’anno in un gruppo completo di tutte le sei educatrici e le due direttrici. Bisognava tener salvo il principio del confronto, la tentazione era quella di dire: “lo guardo solo io”, cosa che snatura il senso dello strumento, il principio di dare al bambino sguardi diversi, capaci di confrontarsi e descrivere. Allora, abbiamo stabilito di aprirlo in due o tre al massimo, con dei turni fatti ruotando le educatrici, ad esempio quella di riferimento e quella di musica per la prima apertura, poi alla seconda apertura l’educatrice di inglese, in modo che alla fine il Cassetto di ogni bambino fosse visionato da tutte le educatrici almeno una volta. Organizzando gruppi di due o tre adulti alla volta ogni bambino veniva osservato da tutte le educatrici. Questo costringe le educatrici a lavorare in équipe dovendo mettere per iscritto qualcosa, non limitandosi a una discussione, dovendo trovare un punto di incontro. La scrittura ha immediatamente reso evidente quello che spesso già dicevamo alle educatrici cioè lo sguardo giudicante. Quando scrivi ti rendi conto che emerge il giudizio in modo molto marcato; ad esempio: “disegna bene”, “è molto bravo”, “è socievole”. Emergono anche giudizi di tipo emotivo. A volte un bambino è molto simpatico all’educatrice e questo influisce sul giudizio che si ritrova nella scrittura. Lavorando sul Cassetto delle Tracce si lavora sul cambiamento dello sguardo dell’adulto sul bambino, che qui è orientato non al giudizio ma alla n. 17 • 1 maggio 2011 • anno XCVIII – Per la verità questo è tipico della cultura scolastica. Anche i sostenitori del voto alla scuola primaria lo presentano come una comoda sintesi. È una cultura molto forte. – Almeno quando sono piccoli fortunatamente questo si può evitare. – Cosa hai osservato nella tua esperienza sia rispetto al lavoro delle educatrici che rispetto alla restituzione ai genitori? E anche rispetto ai bambini, come il caso di quello che sembrava creare solo problemi e invece faceva tante cose. Elena Loda (collega di Lorella) – Anch’io ho avuto questa sorpresa, anche perché sono meno Lorella – I genitori rimangono colpiti dal fatto che il bambino viene visto per quello che è e non giudicato. Anche su cose che possono sembrare banali come fare il cameriere, si accorgono che il loro bambino viene proprio visto, per come è. LA CAMERIERA n. 17 • 1 maggio 2011 • anno XCVIII C’è qualcuno che osserva il bambino ma non per giudicarlo né per interpretarlo e per capire perché morde, perché ha fatto questo o quello, ma per vedere cosa succede, cosa fa, cosa produce, quando e come accadono i momenti di svolta della sua crescita. Non interpretazione o giudizio ma una descrizione di quello che il bambino ha realizzato, che significa che lo hai osservato, con attenzione. Per questo è un bel lavoro, molto impegnativo. Il bambino ha fatto: questo, te lo mostro, te lo restituisco, con un tentativo di oggettività molto rispettosa. – Restituite la normalità della vita dandole valore: il bimbo ha fatto il cameriere, questo è importante! inserto addetta ai lavori e mi sorprendo di più di certe cose. Come genitore vedo che è un bel lavoro, che non è il solito album, che è già comunque una restituzione. Ma nel Cassetto delle Tracce in più c’è una sintesi. Il Cassetto delle Tracce diventa un racconto per argomenti e per tipo di attività che viene consegnato alla famiglia ed è proprio una bella documentazione. Il genitore si rende conto in questo modo della quantità e qualità del lavoro che viene svolta oltre alla cura quotidiana delle educatrici per i loro figli. Alcuni vedono il nido solo come un luogo dove i piccoli possono giocare parcheggiati al sicuro. Invece il Cassetto ti restituisce un lavoro di una professionalità straordinaria, supportato dal racconto che ti fa capire che cosa è stato fatto. C’è un tipo di osservazione di un livello che il genitore non si aspetta. Il Cassetto delle Tracce raccolta delle tracce dei momenti più significativi della crescita e alla loro descrizione. Si registra la crescita dei bambini, non si danno giudizi. Le educatrici sono d’accordo, dicono: “certo, noi non giudichiamo i bambini”. Ma quando poi elaborano, la scrittura esce allo scoperto questa propensione ai giudizi. A volte si spaccia come sintesi. Viene usata come una giustificazione come se il giudizio fosse una sintesi. – Una mamma si era messa a piangere, perché le avevamo presentato un’immagine di normalità di vita della figlia molto vivida, di cose che non sapeva neanche lei. Era rimasta molto stupita. Anche noi come genitori abbiamo vissuto questa sorpresa con Il Cassetto delle Tracce delle nostre figlie: emergono aspetti della normalità dei bambini che non si sono colti. Anche noi non possiamo capire tutto delle nostre figlie: come sono con gli altri bambini, come si concentrano in un’attività, quanto e cosa fanno. Sono cose che il genitore non sa, anche perché i bambini non lo raccontano a questa età. Il Cassetto delle Tracce dà un’immagine della normalità del figlio e dell’attenzione che riceve che è importante anche per i genitori. È una sorpresa maieutica anche per i genitori, che non per caso si commuovono e piangono messi di fronte al valore, al significato di crescita, di ostacolo superato, di obiettivo raggiunto che assumono ai loro occhi questi piccoli oggetti che magari hanno visto mille volte, come il ciuccio, ma non hanno sempre colto nei loro significati educativi. XI inserto Il Cassetto delle Tracce – Dare valore alla normalità e uscire dalla logica delle emergenze. Così si vedono anche i significati e le potenzialità della normalità, della quotidianità, che al Nido e alla scuola d’Infanzia apre molte possibilità ai bambini. – Sì. La chiave è dare valore alla normalità. Non nella logica della banalizzazione, ma della descrizione attenta fatta con tanti occhi e sguardi diversi. Qui abbiamo tutti i piatti di ceramica, che richiedono una vera attenzione e fiducia, ma non sono mai stati rotti dai camerieri, al massimo cadono dal tavolo, dopo. Non si tratta di una fiducia finta: se dai fiducia ai bambini, anche a quelli più difficili, fanno molto bene le cose, con molta cura. Quando ti arriva così forte dal Cassetto delle Tracce l’idea che quel bambino non è solo quello che spinge, dà fastidio, allora cambia anche lo sguardo dell’educatrice su di lui. Di conseguenza l’educatrice riesce meglio ad aiutarlo a stare bene in gruppo. Le educatrici capiscono che il bambino non è mai solo un pezzo, mentre nella logica giudi- XII cante rischiano di accorgersi solo degli aspetti del comportamento che distolgono l’attenzione. La cosa diventa fondamentale, quando ci sono i passaggi nei contesti educativi, a noi del Nido le scuole dell’Infanzia chiedono informazioni. – Il Cassetto delle Tracce viene usato anche per il passaggio alla scuola dell’Infanzia? – Le scuole ci chiedono soprattutto se ci sono dei casi difficili. C’è il rischio che se un bambino è segnalato con qualche difficoltà, poi se la porti dietro. Noi invitiamo i genitori a far leggere Il Cassetto delle Tracce del bambino alle nuove educatrici. Se ci sono dei problemi abbiamo tutte le competenze per osservarli e lavorarci. La questione è che al Nido e alla scuola dell’Infanzia i bambini vanno per vivere la loro normalità e per crescere come persone. Succede tantissimo e Il Cassetto delle Tracce aiuta a registrarlo. La cosa più importante è la questione del linguaggio, su questo abbiamo lavorato moltissimo. – Cioè distinguere tra descrizione, interpretazione e giudizio. – Sì, anche quando sei convinta che non uscirà il giudizio, ma solo descrizioni, invece il giudizio sul bambino si ritrova nel primo scritto. Anche le persone laureate hanno difficoltà ad attenersi alla descrizione, non è affatto facile, ci vuole sempre una supervisione, oltre che il lavoro nei gruppi a rotazione. Alla fine noi Direttrici leggiamo tutti i Cassetti delle Tracce. Quello che io chiedo alle educatrici è: “Perché dici questo?”. Con questa domanda si riesce ad arrivare alla scrittura narrativa. Nel piccolo gruppo le educatrici riescono a “srotolare” una parola in una descrizione, è questa l’operazione che si impara a fare aprendo insieme il Cassetto delle Tracce e scrivendo insieme la descrizione. Ad esempio: “È socievole”. “Perché lo dici? Cosa hai osservato?”. Scrivi, srotola la parola in una descrizione precisa: “Il bambino si avvicina agli altri bambini e chiede loro di giocare”. Oppure: “Perché dici che è bravo?”. “Taglia con le forbici nelle linee, senza rompere la figura o stropicciare la carta”. n. 17 • 1 maggio 2011 • anno XCVIII ha rappresentato un passaggio veramente importante nella loro crescita. Allo stesso modo si mettono i lavori prodotti con una breve descrizione dell’attività o del prodotto, per poterne poi comprendere il contesto. Dopo la prima apertura tutto il materiale viene tolto dal Cassetto e messo in una cartelletta per darlo alla fine dell’anno ai genitori e rimane nel Cassetto solo la scheda con la descrizione. Si riparte da lì nelle successive aperture. Quindi, nel Cassetto ci sono sia i prodotti sia oggetti, sia un foglio con le “frasi storiche” dette dai bambini. Un bambino ha detto a un’altra bambina per farle un complimento: “Irene, sei bella come una betoniera!”. Quelle frasi divertenti che danno l’idea della capacità di collegamento che fanno i bambini, sono interessanti e le teniamo. inserto carsi mettiamo la fotografia nel Cassetto delle Tracce come documentazione. Non dev’essere una bella fotografia, quanto una fotografia che documenta un momento di passaggio significativo per lui, non per altri che potevano sporcarsi volentieri anche prima. Chiediamo alle famiglie di dare abiti adatti che possono sporcarsi senza creare imbarazzo ai bambini. Si crea un patto con le famiglie, se ci portano i bambini sanno che lavoriamo con il corpo, coi i materiali naturali, con i colori e normalmente i bambini si possono “sporcare”. Le fotografie e anche gli oggetti sono importanti in quest’ottica. Ad esempio, quasi tutti usano il ciuccio e poi lo lasciano, ma per alcuni bambini il ciuccio è molto significativo, tenere il ciuccio in bocca non ha consentito loro di relazionarsi parlando con il linguaggio, e quando tolgono il ciuccio ti accorgi che parlano moltissimo. Quindi non tutti i bambini mettono il ciuccio nel cassetto, ma alcuni sì, per i quali Il Cassetto delle Tracce Quando si arriva alla scrittura narrativa allora si riesce a immaginare la situazione. In questo modo i racconti che sono molto descrittivi danno un’immagine molto vivida del bambino, niente affatto noiosa. La sintesi diventerebbe anche banale e noiosa: “taglia bene”. Non si tratta di perseguire l’oggettività, ma di scrivere quello che si vede. Sappiamo che l’osservatore influenza la situazione, le cose cambiano a seconda del modo di porsi dell’osservatore. Ma la cosa importante è descrivere quello che vedi. Cosa vuol dire “è socievole”? Il bambino si avvicina a un altro, ci possono essere diversi motivi. Il Cassetto delle Tracce aiuta dando il compito di appuntarsi la frase con la data, documentare alcuni passaggi importanti. A volte i bambini più grandi mettono nel loro Cassetto una loro produzione. Per esempio ci sono dei bambini che per un po’ di mesi non vogliono sporcarsi. Quindi la prima volta che quel bambino partecipa a un'attività che prevede lo spor- – Abbiamo dimenticato qualcosa in questa descrizione dello strumento e dei suoi effetti? – La cosa più importante è rendersi conto che non è possibile “OGGI POSSO ANCHE SPORCARMI UN PO’ I PIEDINI” n. 17 • 1 maggio 2011 • anno XCVIII XIII inserto Il Cassetto delle Tracce XIV farlo da soli. Perderebbe completamente il senso, l’interpretazione della singola educatrice diventerebbe continua. Avevamo un bambino che era considerato “un genio” dalla sua educatrice, diceva che parlava benissimo. Invece, nell’apertura de Il Cassetto delle Tracce mostrava delle frasi o delle produzioni anche meno articolate rispetto agli altri bambini. Di nuovo una sorpresa per l’educatrice. È davvero difficile descrivere quello che si vede, scattano sempre delle interpretazioni, dei giudizi che poi diventano fuorvianti. Se nella descrizione fatta durante la prima apertura del Cassetto era segnato, ad esempio, che il bambino non partecipa ad attività in cui ci si sporca, non mette le mani nell’orzo o nei materiali o nei colori messi a disposizione e poi, in seguito, nella seconda apertura si rileva che si è buttato in attività simili e si è sporcato senza problemi, questa è una svolta, un punto di passaggio che viene rilevato dalle educatrici e non un giudizio. È vero che l’occhio di chi osserva fa da filtro, coglie le cose che hanno un significato importante da quel punto di vista. Ad esempio, registri che il bambino entra nel gioco con i teli e la musica, per la prima volta si butta. Per diversi mesi alcuni bambini non entrano in quel tipo di attività, rimangono come spettatori. Si registrano le svolte senza un giudizio su come il bambino lo fa. Poi abbiamo altri strumenti di osservazione come le tavole di Kuno Beller che ci danno informazioni su eventuali possibili difficoltà che vanno monitorate in modo diverso, ci danno la misura di eventuali problemi. Abbiamo una capacità di osservazione e confronto tra di noi che ci permette di rilevare eventuali problemi, ma è proprio sulla normalità che Il Cassetto delle Tracce dà un grande contributo. L’importante è quello che dicevi prima, dare valore alla normalità. Il rischio nei contesti educativi diventa che tutto sia fuori dalla norma e da inviare allo psicologo. No, nella normalità stanno dentro tante cose e con il lavoro educativo riesci ad aiutare i bambini a crescere senza ricorrere allo psicologo in tutte le occasioni e Il Cassetto delle Tracce ti aiuta a vedere la loro crescita. – È successo che cambiando l’ottica dell’educatrice su un bambino grazie al Cassetto delle Tracce ci sono state ricadute operative? – Questo succede continuamente, quotidianamente. Appena un bambino diventa faticoso ci riuniamo per capire cosa succede e per trovare aspetti positivi del bambino, qualcosa che ci piace e funziona. Cambiando lo sguardo sul bambino, anche il bambino cambia. Poi, se ci sono effettivamente dei veri problemi, rimangono. Ma la situazione, che prima sembrava insostenibile, cambia completamente, scompare. Questa sembra una magia ma non lo è. Quando vedi altro e ti comporti di conseguenza cambia tutta la situazione. Noi come prassi lo facciamo sempre. Così come quando un’educatrice non ce la fa, un’altra educatrice prende nel suo gruppo il bambino che alla collega crea difficoltà. Il fatto di essere aiutata dalla collega permette di far rientrare molte situazioni. – Spesso ci sono situazioni che si trasformano in copioni che si ripetono. – Sì, è molto comune nei contesti educativi. Per come lavoriamo, con un’impostazione maieutica che ci consente di rendere le cose interessanti, in cui i bambini sono coinvolti. La media dei bambini fa le cose con interesse e attenzione, non abbiamo bambini molto problematici o situazioni ingestibili. – Come funzionano le aperture? – Prendiamo pezzo per pezzo, se ne parla, e quello che viene scritto è negoziato tra le diverse educatrici che sono presenti nella riunione. Per quello è importante scrivere. Non capita che si possa dire: “siamo più o meno d’accordo”. Scriviamo una precisa frase nella riunione, così è chiaro su cosa siamo d’accordo. Scriviamo senza cadere nell’aggettivo giudicante, ricavando i racconti. Alla fine dell’anno i fogli vengono trascritti in bella copia per i genitori. Insieme alle foto questo testo ha un impatto molto forte. I genitori si commuovono a leggere queste descrizioni dei loro figli. Si rendono conto di aver lasciato il bambino in un luogo in cui è stato visto, com’è come bambino, non come un problema da superare. – È una restituzione molto attenta ai singoli bambini, alla loro singolarità. I pannelli con le fotografie scattate nei momenti delle attività danno un’immagine corale, di gruppo, Il Cassetto delle Tracce dà ai genitori una restituzione molto precisa dei loro figli. – Ci sono al nodo molti momenti corali, in cui i bambini parlano e si ascoltano, raccontano quello che succede fuori, fanno i collegamenti, si interrogano su quello che manca. Si lavora molto anche in gruppetti, ma i passaggi di crescita che avvengono al Nido sono passaggi enormi nella vita: camminare, parlare, controllo sfinterico, inizio del gioco cooperativo. All’inizio gioca vicino all’altro, poi il bambino gioca da solo e il pezzo di uno aiuta il gioco dell’altro; sono passaggi importantissimi e avviene tutto nei due anni del Nido. Si rischia di perdere un po’ questi passaggi, che Il Cassetto delle Tracce restituisce tutti, per ciascuno a suo modo e sembrano tanto normali. – Invece sono straordinari, è straordinaria la normalità di questa età. n. 17 • 1 maggio 2011 • anno XCVIII Il cassetto delle tracce inserto segnalibri Dalla parte dei genitori Strumenti per vivere bene il proprio ruolo educativo di Daniele Novara, FrancoAngeli, Milano 2009 Non è il solito manuale di istruzioni per neogenitori ansiosi. E non è nemmeno un trattato di pedagogia incomprensibile. Mettendo a frutto vent’anni di esperienza come consulente pedagogico per genitori, Daniele Novara racconta le storie più esemplificative. Quelle che possono aiutare ad affrontare il difficile momento che stiamo attraversando, in cui il ruolo della famiglia sta mutando alla velocità della luce. Non propone ricette sbrigative, ma si pone l’obiettivo di valorizzare la capacità creativa di ogni genitore nel leggere e analizzare le grandi e piccole esperienze di ogni giorno. (Recensione da Mente e cervello, n. 62, anno VIII, febbraio 2010, di Massimo Barberi) Proposte formative e didattiche da realizzare nella scuola IL CESTINO DELLA RABBIA Litigare per crescere Proposte per la prima infanzia di Daniele Novara, Erickson, Trento 2010 I conflitti tra i più piccoli sono momenti molto importanti per imparare a stare con gli altri. Secondo il pedagogista Daniele Novara è sbagliato vederli come un male, occorre liberarsi dall’idea che per i bambini il litigio sia un incidente di percorso, un’inutile sofferenza da rimuovere il prima possibile. Per i bambini i litigi sono eventi naturali, legati al bisogno di conoscersi. Daniele Novara precisa che questi momenti di conflitto favoriscono il riconoscimento delle proprie risorse e dei propri limiti, la scoperta dell’errore come strumento per imparare nuovi contenuti, la capacità di vedere la realtà da un altro punto di vista, le funzioni auto regolative. I bambini possono essere competenti nell’affrontare le proprie difficoltà e problematiche, il compito dell’adulto è aiutarli a fare da soli. (Recensione da Il Venerdì di Repubblica-scienze, 7 gennaio 2011, di Sara Ficocelli) XXII Il cestino della rabbia è uno strumento che consente a insegnanti e operatori di rispondere alla rabbia infantile attraverso l’educazione, in particolare dai 4 ai 6 anni. È legato alle emozioni che i litigi tirano fuori e all’importanza di visualizzarle, addomesticarle e dialogarci. Il “cestino della rabbia” è un’attività rituale e comunitaria in cui i bambini costruiscono un oggetto totemico, il cestino, dove poter collocare le loro emozioni negative, in modo da creare un dialogo comune con le stesse. Il progetto del Cestino della rabbia prevede un laboratorio che si attua in sei incontri con i bambini, realizzati da un formatore del CPP accompagnato dagli insegnanti. n. 17 • 1 maggio 2011 • anno XCVIII Studio di consulenza pedagogica maieutica Si propone di sostenere la specifica funzione educativa dell’essere educatori (genitori e insegnanti) fornendo i supporti necessari affinché questo compito venga realizzato il meglio possibile. Le consulenze pedagogiche sono condotte dal dott. Novara. Nella storia del pensiero pedagogico, e non solo, il litigio è sempre stato considerato una sofferenza inutile, un’interferenza rispetto al progetto a cui si sta lavorando, un incidente di percorso. In genere, insegnanti, educatori, genitori, ma anche chi non si occupa di problematiche educative, non riesce a cogliere le potenzialità dei litigi: solitamente ne restiamo sopraffatti. Ma l’esperienza conflittuale racchiude un’estrema ricchezza: i conflitti hanno molto da insegnare, ed è possibile imparare a gestirli come opportunità di apprendimento. Noi consideriamo il litigio un’occasione per apprendere nuove competenze e garantire ai gruppi una maggior capacità integrativa. Il conflitto offre la possibilità di sperimentarsi, di scoprire limiti ed errori, di imparare qualcosa di sé e degli altri, di definire gli spazi reciproci. E proprio attraverso il conflitto è possibile rafforzare il senso di appartenenza a una realtà sociale, una classe, un’organizzazione, un gruppo. Cambiare la prospettiva sui litigi conviene: significa darsi e dare l’opportunità di imparare qualcosa di utile a vivere meglio. inserto A sentirsi chiamar Polendina per la terza volta, Geppetto perse il lume degli occhi e si avventò sul falegname; e lì se ne dettero un sacco e una sporta. A battaglia finita, mastr’Antonio si trovò due graffi di più sul naso, e quell’altro due bottoni di meno al giubbetto. Pareggiati in questo modo i loro conti, si strinsero la mano e giurarono di rimanere buoni amici per tutta la vita. C. Collodi, Le avventure di Pinocchio Il cassetto delle tracce Imparare a litigare, insegnare a litigare Centro Psicopedagogico per la Pace e la gestione dei conflitti (CPP) di Piacenza www.cppp.it n. 17 • 1 maggio 2011 • anno XCVIII XXIII