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I camion finiscono nel mirino Ue
4 Martedì 31 Maggio 2016 PRIMO PIANO BRUXELLES PREPARA UNA MAXI-MULTA DA 10 MILIARDI AI PRODUTTORI DI VEICOLI PESANTI I camion finiscono nel mirino Ue Secondo l’accusa grandi marchi come Iveco, Daf, Scania, Daimler, Man e Volvo-Renault avrebbero creato un cartello sui prezzi e si sarebbero accordati per rinviare gli investimenti anti-emissioni di Teresa Campo EY: l’estero fa bene alla redditività L’ Unione Europea sarebbe pronta a comminare la più grande multa della sua storia, colpendo i maggiori produttori europei di veicoli industriali per collusione sui prezzi nel periodo 1997-2011 e per la ritardata introduzione di nuove tecnologie volte a contenere le emissioni. Stando a quanto riportato dal Financial Times, nel mirino di Margrethe Vestager, commissaria Ue alla Concorrenza, ci sarebbero Daf, Daimler, Iveco, Scania, Man e Volvo-Renault. I sei hanno il controllo quasi totale del mercato e quattro di loro avrebbero già effettuato accantonamenti in bilancio per 2,6 miliardi di dollari. Secondo gli addetti ai lavori, le multe dovrebbero arrivare già quest’anno, forse nel giro di settimane, a meno di una retromarcia da parte della Commissione Europea. La multa prevista supererebbe di slancio il record precedente della Ue, 1,4 miliardi di euro, risalente al 2012 e relativo a un accordo di cartello sui monitor di tv e computer. Vestager ha paragonato l’azione contro i produttori di truck alle misure antitrust viste per Google e Gazprom. Come accennato, sotto accusa è il comportamento delle sei società tra il 1997 e il 2011, secondo quanto risulta al Financial Times. Le accuse descrivono diversi modi in cui i produttori avrebbero fatto cartello sui prezzi. Inoltre di Andrea Pira Euler: la Brexit peserà poco sull’Italia di Andrea Pira internazionalizzazione fa bene. Il concetto trova conferma l 23 giugno si avvicina e così è sempre più urgente pesare L’ I nell’ultima ricerca di EY sulle strategia delle imprese di magnon soltanto le intenzioni di voto, ma anche le ripercussioni gior successo internazionale. Emerge soprattutto la capacità deldell’eventuale Brexit, qualora i britannici dovessero esprimersi le imprese di grandi dimensioni che hanno scelto l’espansione all’estero di reagire e riprendersi dopo la crisi. Nel campione preso in considerazione, in media, il roe e il roa sono passati rispettivamente nel periodo 2009-2014 dal 5,5% all’8,2% e dal 5,0 al 7,0%. La dimensione, sottolineano gli autori dello studio condotto assieme alla divisione ricerche Claudio Demattè della SDA Bocconi, comunque migliora la capacità di resistere agli shock esterni, riuscendo a proteggere anche la redditività delle imprese non internazionalizzate. I risultati sono però inferiori. Il roe si ferma al 7,03%. Mentre in media il roa è passato nello stesso periodo da 4,24% a 3,44%. «Le società internazionalizzate hanno reagito alla crisi finanziaria ottimizzando la struttura del capitale, riducendo i livelli di debito a favore di un maggior ricorso al capitale proprio e migliorando così la propria solvibilità», ha commentato Maurizio Dallocchio, curatore della ricerca. Se poi si guarda lo spaccato delle società di maggior successo, l’effetto sulle dinamiche reddituali e patrimoniali viene anche amplificato. In media il roe di queste aziende è passato dal 13% del 2009 al 15,3% del 2014. Nello stesso periodo hanno ridotto il rapporto tra debito e capitale proprio dall’1,12 allo 0,58. Rimane infine importante la scelta dei mercati su cui operare. Le aziende che registrano i risultati migliori sono quelle che hanno puntato sull’Europa occidentale e sull’Asia. Di contro la zona dove sono presenti le imprese che vanno peggio è stata l’Europa orientale. (riproduzione riservata) logie di emissione». Le aziende hanno dichiarato di collaborare CNH INDUSTRIAL all’inchiesta, quotazioni in euro 7,0 ma qualcuna ha aggiunto 6,5 che potrebbe appellarsi in 6,0 caso di deciIERI sione nega5,5 6,3 € tiva. In vista -0,32% dell’impatto le aziende sono 5,0 finanziario, anche accusate di 29 feb ’16 30 mag ’16 Daf ha messo aver concordato «modalità e temda parte 945 pi di introduzione dell’aumento milioni di dollari, Iveco 500, dei prezzi e delle nuove tecno- Daimler 672 e Volvo SKr 444. per l’uscita dall’Unione europea. A scontare l’eventuale vittoria del sì sarebbero prima di tutto i britannici stessi. Secondo le ultime stime di Euler Hermes, l’uscita soft dall’Ue, ossia mitigata da un accordo di libero scambio (Fta), ridurrebbe le aspettative di crescita reale della Gran Bretagna di 2,8 punti percentuali tra il 2017 e il 2019 portando con sé 1.500 fallimenti aggiuntivi. Senza il cuscinetto di un ulteriore accordo le ripercussioni sarebbero invece di -4,3 punti percentuali di crescita reale e perdite nelle esportazioni per 30 miliardi di sterline. L’impatto sarebbe più attenuato per la zona euro. A risentire del distacco di Londra sarebbero in prima battuta i Paesi Bassi, l’Irlanda e il Belgio. Effetti ci sarebbero anche su Germania e Francia. Per l’Italia, sottolinea Ana Boata, economista di Euler Hermes «l’eventuale impatto della Brexit resterebbe moderato in quanto la Gran Bretagna pesa solo per il 5% del totale dell’export e riceve il 4% del totale degli investimenti». In termini di perdite sulle esportazioni, dato il possibile deprezzamento della sterlina dal 10 al 20%, si dovrebbero comunque avere effetti negativi sulle esportazioni italiane. In totale, si prevedono 1,9 miliardi di euro di perdite sull’export di beni e servizi tra il 2017 e il 2019 nell’eventualità dello scenario peggiore. Le perdite maggiori saranno nei macchinari (-0,3 miliardi), nella chimica (-0,3 miliardi), nell’agroalimentare (-0,2 miliardi di euro) e nel tessile (-0,2 miliardi di euro). «In termini di perdite sugli investimenti» sottolinea ancora Boata, «si potrebbero perdere fino a 600 milioni in caso di uscita senza Fta». L’impatto massimo sarebbe dello 0,2% della crescita reale del pil. (riproduzione riservata) Solo Scania (gruppo Volkswagen) non ha accantonato nulla in quanto «non in grado di valutare l’impatto delle indagini», ha dichiarato la società nel rapporto annuale. Gli avvocati hanno avvertito che gli accantonamenti effettuati dalle società non escludono che la Commissione possa chiedere somme più alte. Secondo le norme Ue, le aziende possono affrontare una multa fino al 10% del fatturato globale. Nel caso dei marchi coinvolti, potrebbe ammontare a un massimo di 10,7 miliardi di euro. Viste le cifre in gioco, due produttori avrebbero già chiesto attenzio- ne da parte della Commissione, perché la multa potrebbe causare loro gravi problemi finanziari. Alla luce della possibile multa Equita ha confermato la raccomandazione hold sul titolo Cnh (Iveco), con prezzo obiettivo a 6,9 euro. Anche da Mediobanca Securities ha reiterato l’outperform con target price a 8 euro. A Piazza Affari ieri il titolo Cnh ha chiuso le contrattazioni in calo dello 0,63% a 6,28 euro (riproduzione riservata) Quotazioni, altre news e analisi su www.milanofinanza.it/iveco Il Lingotto è di gran lunga il maggior esportatore del Paese balcanico in virtù della produzione dello stabilimento di Kragujevac Quello che va bene alla Fiat va bene alla... Serbia di Luciano Mondellini Q uello che va bene alla Fiat va bene all’Italia. Il vecchio mantra dell’Avvocato Agnelli è ormai un po’ desueto da quando il Lingotto si è fuso con Chrysler e ha dato vita alla Fca italo-statunitense con base legale nei Paesi Bassi e sede fiscale nel Regno Unito. Ma c’è ancora un Paese in Europa dove i destini dell’economia nazionale sono molto dipendenti dallo stato di salute della casa automobilistica con a capo Sergio Marchionne. Il ministero delle Finanze serbo ha annunciato ieri che Fca Serbia (la controllata locale del Lingotto) nel primo quadrimestre 2016 si è confermata di gran lunga quale primo esportatore dal Paese balcanico. Il dicastero economico di Belgrado ha infatti spiegato che nei primi quattro mesi di quest’anno Fca - che produce la 500L nello stabilimento di Kragujevac (Serbia centrale) - ha esportato per 427,8 milioni di euro, seguita a grande distanza dal produttore di pneumatici Tigar Tyres (controllata dalla francese Michelin) con esportazioni per un valore di 112,2 milioni e dall’acciaieria di Smederevo (rilevata di recente dai cinesi di He Steel) con 80 milioni di euro. Bisogna ricordare che la Fiat entrò in possesso degli stabilimenti ex Zastava di Kragujevac nel luglio del 2008 quando siglò un accordo per il controllo dell’ex azienda automobilistica jugoslava investendo 700 milioni in cambio del 67% delle azioni mentre la rimanente quota rimase in capo al governo di Belgrado che concesse anche incentivi per l’insediamento del Lingotto in terra balcanica. Una scelta che evidentemente ha pagato dato che Fca oggi rappresenta il maggior esportatore del Paese danubiano. Ieri intanto è stato inaugurato a Guangzhou, in Cina, un nuovo stabilimento di Magneti Marelli (società controllata dal Lingotto) dedicato alla produzione dei sistemi di sospensioni. L’impianto sorge presso il Planvim Industrial Park, nel distretto di Nansha, e va a integrare l’area delle sospensioni nel perimetro industriale cinese di Magneti Marelli. Il nuovo stabilimento ospiterà anche l’attività relativa alla produzione di pedaliere per auto. La struttura si estende su un’area di 27 mila metri quadrati dei quali oltre 17 mila dedicati a linee produttive. (riproduzione riservata)