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Montesquieu o del governo moderato
CORRADO OCONE Montesquieu o del governo moderato Montesquieu è un autore fondamentale per la storia del liberalismo, anche perché alcuni concetti del liberalismo sono per la prima volta enucleati nelle sue opere e particolarmente nel suo capolavoro, Lo spirito delle leggi scritto nel 1748. Montesquieu era un nobile francese, ebbe un’educazione molto profonda, presto diventò presidente del tribunale di Bordeaux che in sostanza significava essere un funzionario con compiti relativi all’esercizio della legge e in effetti in lui il concetto del diritto è molto forte e per la prima volta nel liberalismo si pone il problema di come rendere l’esigenza morale ed etica in leggi che servono a raggiungere lo scopo della libertà politica e civile. Era stato per molto tempo in Inghilterra ed era proprio Inghilterra che in qualche modo aveva potuto studiare attentamente le virtù della monarchia costituzionale e liberale. La sua è un’opera per certi aspetti anche contraddittoria, però se si ha la pazienza di seguire il filo del discorso si possono enucleare con chiarezza alcuni principi, per la prima volta espressi con molta chiarezza, che rimarranno poi sempre principi fondamentali per ogni pensiero liberale. Nei primi dieci libri Montesquieu non parla mai della monarchia inglese, anzi sembrerebbe preferire la repubblica come tipo di governo. Poi improvvisamente, nell’XI, sembra cambiare idea nel vedere il governo ideale rappresentato appunto dalla monarchia l’inglese. Ma la contraddizione, come hanno messo in evidenza vari interpreti, è in qualche modo solo apparente, perché non può esistere lo Stato perfetto in assoluto ma ogni Stato in qualche modo può essere più o meno perfetto a partire dalle condizioni fisiche e storiche. La prima cosa che va sottolineata a proposito di Montesquieu è che nella sua opera si trova una rottura radicale con le opere classiche del pensiero politico e relativamente alla tipologia dei governi. In Aristotele i tipi di governo venivano classificati in tre tipologie, il governo di uno solo, il governo di più persone e il governo di tutti; quindi Aristotele divideva i governi in democrazia, aristocrazia e monarchia. Questa distinzione in Montesquieu viene in qualche modo cancellata, perché per lui le forme di governo non sono il democratico, l’aristocratico e il monarchico, ma il repubblicano, il monarchico e il dispotico. La distinzione si basa non sul fatto che in uno governi una persona e in un altro poche persone, ma è una distinzione relativa al fatto che nel governo repubblicano in cui la sovranità appartiene al popolo, o a tutto il popolo o ad una parte del popolo. Poi ci sono il governo monarchico e il governo dispotico dove la sovranità appartiene in entrambi i casi ad una sola persona che governa secondo i propri principi, quindi l’apparente somiglianza del governo monarchico e del governo dispotico cade sul fatto 120 che in quello monarchico la sola persona è in qualche modo simbolica, cioè rappresenta l’unità della nazione e comunque non può governare seguendo semplicemente l’arbitrio. La seconda distinzione fondamentale è fra governi moderati e governi immoderati, quello immoderato è sostanzialmente il governo dispotico, in cui c’è un principe sovrano che governa senza freni e senza limiti, mentre i governi moderati possono essere sia governi monarchici sia governi repubblicani. Egli successivamente riduce ognuna di queste forme di governo ad un principio ispiratore, la repubblica è ispirata dalla virtù, la monarchia è ispirata dall’onore e infine il dispotismo si fonda sulla paura. Della virtù da una interpretazione del tutto politica, la repubblica è quell’ordinamento in cui i cittadini sono contemporaneamente sudditi e sovrani o in modo diretto o attraverso rappresentanti. Una repubblica può reggersi in quanto tutto il corpo sociale è animato dalla virtù dei singoli, cioè è animato dal principio che antepone nei singoli l’interesse generale all’interesse particolare; la monarchia apparentemente si fonda sul concetto di onore, ma in qualche modo il risultato è lo stesso perché uomini d’onore devono sempre preservare la patria e non possono permettersi di seguire interessi particolari. Prima di procedere in questa descrizione vorrei fare alcune considerazioni anche per mettere in evidenza la peculiarità di Montesquieu e la novità della sua presenza nell’ambito del pensiero politico. Quello che voglio sottolineare è una comparazione fra il pensiero politico di Hobbes, che è precedente a Montesquieu, quello di Montesquieu appunto, e quello di Rousseau. Fare questa comparazione porta a capire come dei tre chi è sostanzialmente liberale è proprio Montesquieu, mentre sia Hobbes, sia Rousseau rappresentano due posizioni non liberali. Cominciamo dalla differenza con Hobbes che come sapete è un autore definito assolutista, perché ha teorizzato la forza e l’onnipotenza dello Stato (il leviatano), il cui potere si fonda su un contratto che unisce gli individui di uno Stato e lo Stato stesso e lo Stato in cambio della vita e di alcuni diritti chiede un’obbedienza assoluta. Di fronte a questo tipo di liberalismo quello di Montesquieu è un liberalismo che non crede nella forza di un potere centrale, ma crede piuttosto che il potere deve essere diffuso e distribuito quanto più possibile. Voglio fare un cenno anche a Rousseau per segnare la forte differenza che c’è fra Montesquieu e quest’altro grande pensatore politico francese del settecento. Mentre Rousseau è il teorico della democrazia diretta e fa riferimento alla cosiddetta volontà generale, cioè ad una condizione dove il suddito è sovrano e si gestisce da sé, Montesquieu diffida profondamente della democrazia diretta. La maggior parte dei cittadini sono abbastanza sicuri di sé per eleggere ma non per essere eletti e hanno scarsa capacità per amministrare direttamente lo Stato. C’è una diffidenza per il popolo inteso come entità indistinta, è giusto che la sovranità appartenga al popolo ma il popolo deve esprimersi attraverso dei rappresentanti e soprattutto questi rappresentanti, in quanto classe dirigente, hanno anche un compito pedagogico ed educativo, rispetto al popolo inteso come una massa indistinta. In queste pagine di Montesquieu c’è per la prima volta una critica liberale del concetto di democrazia intesa come democrazia del popolo, e quindi una critica del modo di governare demagogico e populistico di alcuni sovrani, che su questa forza bruta del popolo vogliono costruire il proprio potere e quindi la differenza fra Rousseau e Montesquieu è molto istruttiva perché da una parte abbiamo una volontà generale dispotica che in nome del bene vuole imporre alla società le sue direttive, dall’altra abbiamo la consapevolezza che il potere non debba mai trovarsi in una sola persona. Qui arriviamo al punto fondamentale del discorso di Montesquieu della separazione o 121 della distribuzione del potere, che è un principio fondamentale del liberalismo, è il primo teorico di questo principio e anche in qualche modo uno dei più coerenti teorici. Esalta i governi moderati proprio perché sono quelli in cui il potere è distribuito fra diversi corpi, nella monarchia inglese il sovrano governa, rappresenta la nazione, ma allo stesso tempo è sottoposto a delle leggi fondamentali e il potere effettivo viene è spartito con una miriade di altri poteri e ordini sociali. Comunque la cosa interessante da sottolineare è quello che potremmo chiamare il principio del pessimismo antropologico di Montesquieu, cioè è impossibile che chi abbia il potere non ne abusi se è un potere smisurato, perché è nella natura delle cose che ogni essere umano tenda ad allargare sempre più la propria sfera di influenza e se non viene limitato da altri poteri finirà necessariamente per usarlo in modo negativo. Scrive Montesquieu: “La libertà politica si trova nei governi moderati, ma essa non è sempre negli stati moderati non vi rimane che quando non vi è abuso di potere, è però un’esperienza eterna che ogni uomo in quale ha in mano il potere è portato ad abusarne, procedendo fino a quando non trova dei limiti. Perché non si possa abusare del potere bisogna che per la disposizione delle cose il potere freni il potere”. Quindi questa idea della distribuzione del potere in modo che ognuno che esercita il potere possa essere controllato dagli altri e possa essere limitato è un’idea squisitamente liberale, che si trova per la prima volta enunciata con chiarezza proprio in Montesquieu. Voglio citare un altro passo, sempre dall’XI libro: “Quando nella stessa persona o nello stesso corpo di magistratura il potere legislativo è unito al potere esecutivo non vi è libertà, perché si può ottenere che lo stesso monarca o lo stesso Senato facciano leggi tiranniche. Non vi è libertà se il potere giudiziario non è separato dal potere legislativo e da quello esecutivo, se esso fosse unito al potere legislativo, il potere sulla vita e sulla libertà dei cittadini sarebbe arbitrario poiché il giudice sarebbe al tempo stesso legislatore. Se fosse unito con il potere esecutivo il giudice potrebbe avere la forza di un oppressore, tutto sarebbe perduto se la stessa persona o lo stesso corpo di grandi o di nobili o di popolo, esercitasse questi tre poteri, quello di fare le leggi, quello di eseguire la pubblica di soluzioni e quello di giudicare i delitti o le vite dei privati”. Quindi i poteri devono essere tanti, devono essere separati, poi devono essere esercitati anche attraverso una pluralità di enti intermedi. Il potere deve essere quanto più possibile frazionato e in questo frazionamento non c’è semplicemente una separazione dei poteri, ma un controllo reciproco fra i poteri, che è poi la quintessenza del liberalismo. Un potere intanto non abusa di se stesso, non perché è virtuoso ma in quanto è costretto ad essere virtuoso dal fatto che altri possono limitarlo, è compito del liberale rendere quanto più possibile diffuso e frazionato il potere. Quando c’è un regime di corruzione alto in una società è inutile per un liberale invocare i principi etici, il liberale deve trovare il modo affinché dei poteri di controllo bilancino quello che è diventato un potere assoluto. Il governo moderato, dice Montesquieu, è quel governo che tiene conto della molteplicità e della diversità degli interessi e bandisce ogni atto di sforzo o abuso politico. Un altro aspetto importantissimo del pensiero di Montesquieu è quello che possiamo definire il suo storicismo. Egli esamina sempre la Società da tanti punti di vista: antropologico, etnologico e illuminista. Lui cerca sempre il principio di tutti gli aspetti con cui è possibile leggere la realtà, però nello stesso tempo è molto consapevole che non è possibile trovare l’aspetto in sé valido sempre e comunque Quindi pur essendo un liberale è un illuminista atipico perché l’illuminismo tipico è quello rappresentato da autori che credono di aver individuato una volta per sempre la condizione perfetta e cercano di imporre sempre 122 e comunque questo concetto di stato ottimo, quindi gli illuministi tipici sono dei politici astratti. Per questi motivi il testo di Montesquieu è un libro ricchissimo, una miniera di intuizioni e di insegnamenti, per la prima volta troviamo la definizione di un principio fondamentale cioè la necessità di dividere i poteri, la consapevolezza del fatto che un potere non limitato è comunque abuso di potere e l’idea che qualsiasi concetto, anche il concetto di libertà, non può essere un’astrazione ma deve continuamente confrontarsi con la realtà. E in più la critica radicale del concetto di democrazia diretta e quindi di tutte le forme di populismo e demagogia, che anticipa di quasi un secolo le teorizzazioni di Tocqueville. Per tutti questi motivi, Montesquieu non solo è un liberale, ma è un liberale che ancor oggi può esserci di aiuto e di esempio per capire e trovare soluzioni che non facciano danni alla società. 123