...

Scarica l`intera rivista in formato

by user

on
Category: Documents
29

views

Report

Comments

Transcript

Scarica l`intera rivista in formato
0/gennaio 2012
E
REDAZIONE: PIAZZA CAVOUR 17 - 00193 ROMA • POSTE ITALIANE SPA – SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE 70% - ROMA
M
ZIN
A
G
A
L’INCHIESTA
Mario Melazzini
La differenza si fa a tavola
Vigorso di Budrio
Disability chef
Io sono qui
Cinquant’anni
di eccellenza
EDITORIALE
di Mario Carletti
Direttore centrale Riabilitazione e protesi, Inail
Superabile diventa Magazine:
idee più “gustose”
per una rappresentazione
diversa della disabilità
C
ibo, musica, arte e sport: in che ordine non lo so, divertitevi voi a stilare
la graduatoria, ma l’Italia nel mondo è conosciuta soprattutto per il
suo linguaggio universale in questi campi. Se dovessi scegliere io, direi
che pizza, pasta e vino sono tre parole che aprono tutte le porte. Il perché è
abbastanza facile da spiegare: non c’è cucina al mondo che possa confrontarsi
con quella italiana per varietà, tradizioni, gusto, eccellenze. La tavola fa
parte della nostra cultura, è una tradizione popolare che caratterizza ogni
Provincia, anzi direi ogni Comune, con una scelta infinita proprio perché,
diversamente ad esempio da quella francese, non nasce da una fonte unica (in
Francia, di fatto, le cucine reali), ma è frutto della fantasia dei singoli cuochi
che dalle proprie terre hanno saputo cogliere diversi spunti.
Come lo sport, il cibo unisce, abbatte le diversità e i ceti sociali; un desco
imbandito è un’occasione per una parentesi di pace, condivisione, discussione
e ascolto: un momento di confronto e comunione. Ecco spiegate la copertina e
l’inchiesta del primo numero di “Superabile Magazine”, una nuova avventura
che abbiamo deciso di intraprendere dopo il successo del Contact center, che
ormai fa scuola in tutto il mondo. Se abbiamo preso l’inusuale decisione di
tornare alla carta stampata è per proporre una visione più gustosa che non
releghi le persone disabili nell’angusto ghetto dell’assistenza o – peggio
ancora – del pietismo. In questo numero, come in quelli che seguiranno,
troverete tante notizie che riguardano ambiti in genere considerati lontani da
una dimensione esistenziale e sociale come la disabilità: lo sport, lo spettacolo,
il tempo libero e le infinite esperienze con cui ognuno declina il proprio modo
originale di stare al mondo.
Si parte con un singolare viaggio nelle osterie, dove a servirvi in tavola
saranno camerieri e cuochi disabili; si prosegue alla scoperta delle novità
tecnologiche sperimentate nel Centro protesi Inail di Vigorso di Budrio; si
approda alle piscine in cui gli atleti con disabilità intellettivo-relazionale si
allenano nella speranza di competere alle Paralimpiadi di Londra 2012. Nel
mezzo, tanti spunti per riflettere, sorridere, interrogarsi. Insomma, mi piace
immaginare che la nostra rivista possa diventare una bella tavola a cui tutti
si possano sedere, dire la loro senza urlare, proporre i piatti migliori, farli
assaggiare e, dove si trova terreno fertile, riproporli per la gioia di altri.
3
In ricordo di Marco Fabio Sartori
Marco ci aveva sempre creduto. Dopo aver
visto la redazione di Superabile, e preso
contatto diretto con una realtà che fino ad
allora aveva solo immaginato, si era ancor
più convinto di quanto questa attività fosse
importante. In accordo con il dottor Alberto
Cicinelli prima e con il dottor Giuseppe
Lucibello poi (i due direttore generali con
cui ha condiviso il suo
percorso all’Inail)
aveva dato quindi
mandato allo
sviluppo di
Superabile
sotto i diversi
aspetti, da
quelli più
moderni e sofisticati, a quelli che sembrano
più antichi, come la rivista, la carta.
Ci credeva così tanto che nel corso della
presentazione dell’ultimo Rapporto
annuale sugli infortuni sul lavoro ha avuto
specifiche parole di elogio per l’esperienza
Superabile in generale, sottolineandone
con entusiasmo le caratteristiche e i pregi.
Non ha potuto essere presente al varo di
questa creatura, che è sicuramente anche
sua, nonostante abbia combattuto come
un leone, perché contro la volontà di chi è
più forte di noi nulla si può. Ci piace, per
egoistico sollievo personale, pensare che
in qualche modo ci possa essere vicino in
questo percorso che inizia oggi con lo stesso
slancio positivo che Marco ha sempre messo
in ogni sua attività. [M.C.]
NUMERO ZERO Gennaio 2012
EDITORIALE
1 Superabile diventa Magazine
di Mario Carletti
ACCADE CHE...
3 Associazioni protagoniste
nell’Osservatorio nazionale
sulle persone con disabilità
5 “Homo Dis... Habilis”,
per contrastare la burocrazia
L’INCHIESTA
6 A tavola per una diversa
convivialità
di Eleonora Camilli
9 Intervista ad Antonella Clerici
INSUPERABILI
SPORT
12 La vita è bella,
22 A un secondo da Londra
non solo nei film
Intervista a Mario Melazzini
di Laura Badaracchi
di Stefano Caredda
TEMPO LIBERO
26 Viaggi low cost
per un turismo accessibile
di Chiara Ludovisi
CRONACHE ITALIANE
14 Nuove frontiere
nelle officine del futuro
di Pietro Scarnera
MEDIA
30 Vintage comic chat:
comunicare con i fumetti
di E.C.
VISTI DA VICINO
16 Elefanti e leoni marini:
la pet therapy sbarca allo zoo
di Antonella Patete
sulla diversità
di A.P.
35 Contaminazioni a tutto campo
con Amadou & Mariam
di Giovanni Augello
PORTFOLIO
A ritmi agonistici
Anno I - numero zero, gennaio 2012
Direttore: Mario Carletti
In redazione: Antonella Patete, Laura
Badaracchi e Diego Marsicano
Direttore responsabile: Stefano Trasatti
Hanno collaborato: Giovanni Augello,
Alessandra Brandoni, Eleonora Camilli,
Stefano Caredda, Carla Chiaramoni, Chiara
Ludovisi, Mauro Sarti e Pietro Scarnera di
Redattore Sociale; Massimiliano Filadoro
e Massimiliano “Nishi” Tommasini;
Antonello Giovarruscio, Rosanna Giovèdi,
Daniela Orlandi, Giovanni Sansone,
Francesca Tulli e Antonio Vitale
del Consorzio sociale Coin
Regolamento protesico: la vita
di relazione è in primo piano
37 Scuola. Ore di sostegno: tra
programmazione e burocrazia
38 L’esperto risponde. Casa
PINZILLACCHERE
39 Hi-tech. Tablet multisensoriali
e mappe on line
39 Cose mai viste. Una casa
giapponese con cento occhi
per genitori con problemi
di udito
CULTURA
31 Storia di Eva,fiaba nordica
18 Un anno di sport.
Superabile Magazine
RUBRICHE
36 Inail... per saperne di più.
Editore: Istituto Nazionale
per l’Assicurazione contro gli Infortuni
sul Lavoro
Redazione Superabile Magazine
c/o agenzia di stampa Redattore Sociale
Piazza Cavour 17 - 00193 Roma
E-mail: [email protected]
Stampa: Tipografia Inail
Via Boncompagni 41 - 20139 Milano
In attesa di registrazione presso
il Tribunale di Roma
Progetto grafico: Giulio Sansonetti
4
40
DULCIS IN FUNDO
Grazie a Sigrid Verbert per la foto
di copertina (Polenta&roots),
tratta dal suo cliccatissimo blog
www.cavolettodibruxelles.it.
Il suo ultimo libro, pubblicato dalla casa
editrice Giunti, s’intitola Regali golosi.
Un ringraziamento, per averci gentilmente
concesso l’uso delle foto (in ordine di
pubblicazione), a Lanterna di Diogene,
Centro protesi Inail Vigorso di Budrio,
Zoomarine, Fisdir (Federazione italiana
sport disabilità intellettiva relazionale),
Giada Lanzavecchia, Village4All, Holiday
village Florenz.
ACCADE CHE...
LAVORI IN CORSO
Associazioni protagoniste nell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità
D
opo una partenza rallentata, una divisione tematica
in gruppi e alcuni mesi di lavoro, sta entrando pian piano nel
vivo l’attività dell’Osservatorio nazionale sulla condizione
delle persone con disabilità:
infatti prendono forma, nei
loro tratti salienti, i primi documenti affidati all’organismo previsto dalla legge che
ha ratificato nel nostro Paese
la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità.
Si tratta anzitutto del rapporto dettagliato, da inviare
alle Nazioni Unite, sulle misure
adottate (e sui progressi conseguiti) per rendere efficaci gli
obblighi previsti dal trattato
internazionale: un’illustrazione
molto concreta sull’esistente
– a partire dal tipo di barriere fisiche e culturali presenti in Italia – e sulla prospettiva
futura, con la specificazione
delle azioni intraprese per ab-
ne con disabilità, previsto dalla
normativa nazionale e internazionale: uno schema generale
battere le barriere riscontrate. che poi, in modo formale, saIn secondo luogo, l’Osserrà destinato ad essere condivivatorio si appresta a ultimare il so e fatto proprio dal Governo
programma di azione bienna- con apposita deliberazione.
le per la promozione dei diritti
Ma al di là dei documene l’integrazione delle persoti specifici, a livello internazionale l’Osservatorio italiano si
segnala per la ricca presenza
dei componenti delle associazioni di persone con disabilità: per regolamento sono 14
(sui 40 complessivi), ai quali si
aggiungono altri due rappresentanti delle organizzazioni
del terzo settore ed eventuali altri compresi fra i tre esperti
sulla disabilità indicati dal ministero. La presenza massiccia
delle associazioni pone il nostro organismo all’avanguardia in Europa e nel mondo.
L’EVENTO
IL PROGETTO
Arriva Excite, il robot
al servizio degli anziani
N
uove modalità di assistenza, socializzazione
e riabilitazione grazie a un robot. Si chiama
Excite ed è rivolto a persone anziane o disabili.
Il progetto, che coinvolge
diversi paesi europei tra
cui l’Italia, è stato premiato
all’Ambient assisted living
forum, che ha riunito a
Lecce un team di studiosi
provenienti da tutta Europa.
Il principale punto di forza del progetto è l’adattamento di “Giraff”, una sorta di Skype utilizzabile
anche da chi ha poca familiarità con la tecnologia.
Attualmente il progetto è in fase di valutazione in Svezia, Spagna e Italia, dove l’Istituto di
scienze e tecnologie della cognizione del Cnr sta
collaborando con la Comunità di Sant’Egidio e
la Fondazione Don Gnocchi di Roma per analizzare le reali potenzialità applicative di Giraff.
A Trieste la sartoria
sociale “Lister” realizza
manufatti tessili partendo
da capi e oggetti dismessi;
il laboratorio si trova dove
un tempo sorgeva uno
dei manicomi più grandi
d’Europa. Le attività si
svolgono in collaborazione
con il Dipartimento di
salute mentale e altri
servizi sociali e sanitari del
territorio.
5
Alla Fiera Milano “Reatech Italia”:
persone disabili in primo piano
F
ervono i preparativi per la prima edizione di “Reatech Italia”,
fiera-evento sulla disabilità, in programma
dal 24 al 27 maggio 2012
nel capoluogo lombardo. A organizzarla,
Fiera Milano, che allestirà gli stand nel centro espositivo di Rho,
sulla scorta di un’esperienza maturata a San
Paolo del Brasile, dove la fiera è giunta alla decima edizione.
L’iniziativa ha ricevuto il patrocinio della
Provincia e della Regione Lombardia, ma an-
che di Fand, Fish e della
Fondazione don Gnocchi. In esposizione, infatti, non ci saranno
solo ausili per la formazione professionale,
carrozzine motorizzate e molti altri prodotti presentati da diverse
aziende: anche le associazioni avranno i loro
spazi e la possibilità di
intervenire a convegni
e incontri, durante una
serie di appuntamenti culturali in calendario.
Tra i padiglioni accessibili, alcuni saranno
dedicati allo sport, al turismo e al tempo libero.
ACCADE CHE...
ARTE PER TUTTI
Disabili in Italia:
le stime di Censis e Istat.
Secondo le stime di Censis
e Fondazione Cesare
Serono, in Italia i disabili
sono 4,1 milioni, pari al
6,7% della popolazione;
i dati emergono da una
rilevazione a campione
effettuata su 1.500
persone. Ma la cifra
supera di molto quella
diffusa dall’Istat nel
maggio scorso: 2,6
milioni, pari al 4,8% degli
abitanti. Tuttavia la stima
dell’Istituto si riferisce al
2004 ed è basata sull’analisi
multiscopo “Condizioni di
salute e ricorso ai servizi
tàItalia in collaborazione col Mu- li fruibili anche dai non vedenti.
sanitari”, integrata con
seo tattile di pittura antica e
A partire dalla “Fornarina” di
i dati dell’indagine sui
moderna “Anteros” dell’IstituRaffaello Sanzio, custodita nella
“Presidi residenziali
to dei ciechi “Francesco Cavazcapitale a Palazzo Barberini, a cui socio-assistenziali”, che fa
za” di Bologna, l’opera non
si aggiungeranno altre due ope- riferimento alle persone
sarà la sola: verranno tradotre da definire, scelte nel Palazzo con più di 6 anni.
ti in versione tattile altri grandi
Reale di Torino e presso il mucapolavori italiani, per renderseo di Capodimonte, a Napoli.
In 3D la “Nascita di Venere” di Botticelli.
Agli Uffizi l’opera tridimensionale per non vedenti
U
n bassorilievo prospettico
in una speciale resina bianca, accanto al capolavoro “La
nascita di Venere” di Sandro
Botticelli: così l’opera può essere apprezzata anche da visitatori non vedenti e ipovedenti.
Al museo degli Uffizi di Firenze, alla tela originale è stata affiancata una traduzione
tridimensionale: misura 60
centimetri di altezza, 93 di lunghezza e 11 di spessore. Previsto anche un testo informativo
in braille, sia in italiano che in
inglese, per favorire ulteriormente l’esperienza tattile.
Realizzata grazie ai fondi raccolti in occasione di un’asta benefica d’arte contemporanea,
promossa dalla Fondazione Cit-
L’INIZIATIVA
La cultura? Può essere
terapeutica anche
in un “Bibliobar”
U
n bar che è anche
biblioteca di
quartiere: si chiama
“Bibliobar” ed è nato
nell’Istituto “Leonarda
Vaccari”, a Roma,
che da settant’anni
si occupa di rieducazione, riabilitazione e reinserimento delle persone disabili. Aperto al pubblico,
si snoda in un cortile con tavolinetti e scaffali pieni
di libri; a gestirlo, gli ospiti dell’Istituto. «La nostra
è una sfida nel segno della cultura, oserei dire una
rivoluzione culturale: non è più il disabile, infatti,
che deve integrarsi nella società, ma la società
che deve entrare in questi luoghi», sottolinea Saveria Dandini de Sylva, presidente del “Vaccari”. La
biblioteca-caffè rappresenta la prima tappa del
più ampio progetto “Le vie dell’integrazione”.
Disagio mentale
UNIONE EUROPEA
in Europa. Secondo
Approvata la “Strategia europea
l’Organizzazione
sulla disabilità 2010-2020”
mondiale della sanità,
ben 164 milioni di cittadini
l Parlamento Euroil disegno europeo, rieuropei, pari al 38% della
peo ha approvato in
conoscendo ad esempopolazione del vecchio
pio il linguaggio Braille
continente, hanno disturbi via definitiva a Strasburgo la “Strategia eu- e la lingua dei segni
e problemi psichiatrici.
ropea sulla disabilità
come ufficiali, assicu2010-2020”. L’UE si è pro- rando la libertà di monunciata votando la re- vimento, abolendo le
lazione sulla mobilità e barriere architettoniintegrazione delle per- che, integrando i sersone con disabilità, invi- vizi dedicati ai disabili
tando gli Stati membri nel sistema di trasporto
e la Commissione a ela- pubblico e istituendo,
borare norme giuridiinfine, una carta unifiche e atti legislativi a
cata dei diritti del paslivello dell’Unione attra- seggero, in modo che
verso il riconoscimento tutti possano viaggiae la tutela dei loro dirit- re in maniera sicura e
ti. L’impegno dei singoli adeguata. In ambito saStati membri? Appronitario, inoltre, occorre
vare la Convenzione
riconoscere servizi adeOnu sulle disabilità e
guati di riabilitazione.
I
6
Alla Biennale
di Venezia un progetto
con i disabili. “I/o_io
è un altro”: è il tema
del progetto itinerante
che l’italo-brasiliano
César Meneghetti sta
realizzando su e con i
disabili della Comunità
di Sant’Egidio. Il lavoro
è stato inserito tra
le attività educative
della 54a Biennale
internazionale dell’Arte.
L’INIZIATIVA
A Vicenza “Homo Dis... Habilis”,
per contrastare la burocrazia
S
uperare gli ostacoli della burocrazia,
evitando di districarsi per ore tra scartoffie
e uffici, si può. Come?
Mettendo in rete i servizi di un territorio.
È l’ambizioso obiettivo di “Homo Dis...
Habilis”, iniziativa
dell’associazione vicentina “L’Invisibile”, che
ha deciso di creare una
sorta di centro di consulenza dove far confluire
realtà pubbliche e private che lavorano nel
settore della disabilità.
Un punto di riferimento
anche per fondazioni di
ricerca e università, organizzazioni di assistenza sociale e dedicate a
una specifica patologia, aziende che producono anche automezzi
e ausili informatici.
«Un luogo dove avere indicazioni utili, recuperando in parte quel
tempo perduto tra carte e leggi che spesso
condizionano le esistenze delle persone
disabili», spiega Sergio Bertola, fondatore della onlus con i
suoi due fratelli: tutti e tre colpiti da distrofia muscolare Becker.
MOBILITÀ
Auto per non vedenti con guidatori virtuali
L’
ingegnere Dennis Hong della Google sta sviluppando una
vettura che potrà essere guidata da ciechi,
ovvero da un conducente virtuale: a fornire percezioni sensoriali
sostitutive, un sistema
costituito da un computer di bordo, sensori
e telecamere che monitorano l’ambiente esterno. Con guanti in grado
di mandare vibrazioni fino all’aria compressa che può disegnare
un ambiente virtua-
le, passando per avvisi uditivi in cuffia. Una
tecnologia applicabile anche su automobili
già sul mercato, per garantire un livello di sicurezza più elevato anche
a chi ha altre disabilità fisiche o mentali.
IL DOCUMENTO
Dall’Istituto superiore di sanità le nuove Linee guida sull’autismo
S
www.titengodocchio.
it: lo ha progettato
Vincenzo Rubano,
studente leccese non
vedente, per segnalare e
denunciare ogni genere
di disservizio in termini di
accessibilità dei siti web
e dei software. Puntando
all’on line per tutti.
ono state messe a
punto dall’Istituto superiore di sanità le nuove Linee guida
sull’autismo. Il documento, intitolato Il trattamento dei disturbi
dello spettro autistico nei bambini e negli
adolescenti, contiene raccomandazioni per la pratica clinica
e si pone come punto di riferimento per
gli operatori e per tutti coloro che hanno a
che fare professionalmente con questa condizione patologica.
Le Linee guida, che
si sviluppano all’interno del primo pro-
gramma di nazionale di
salute mentale dell’infanzia e dell’adolescenza, sono state elaborate
da un gruppo multidi-
7
sciplinare composto da
esperti e rappresentanti delle associazioni dei
familiari. In sei capitoli vengono sintetizzate
numerose indicazioni su un ampio spettro
di campi di azione: dai
programmi educativi
agli interventi psicologici, farmacologici e non;
dai metodi da adottare alla presa in carico
precoce, fino a presentare possibili modelli
di fornitura dei servizi.
L’obiettivo di fondo?
Costruire buone prassi in grado di orientare competenze cliniche,
interventi specifici, abilitativi e di supporto
non solo per il paziente,
ma anche per la sua famiglia. Il testo completo
è consultabile e scaricabile sul sito www.iss.it.
L’INCHIESTA Viaggio nelle osterie italiane
A tavola per una
Hanno deciso di puntare
su uno dei settori
trainanti dell’economia
nazionale, la ristorazione,
offrendo piatti e menù
prelibati. Sono sempre
di più in Italia le trattorie
e i ristoranti dove soci,
cuochi e camerieri
hanno una disabilità.
E chi decide di provare
sicuramente torna
di nuovo: non solo
per il valore sociale
del progetto,
ma soprattutto
per i piaceri
della buona cucina
Eleonora Camilli
I
l segreto dei tortelloni ricotta e ortiche sta tutto nel tempo speso per
ottenere gli ingredienti migliori: le
uova delle galline modenesi, le farine
ricercate, l’ortica del campo, la ricotta
scelta dell’allevatore locale. E nel metodo di preparazione collettiva: la loro
forma più grande del normale permette a tutti coloro che partecipano all’impasto di poter lasciare il proprio tocco
finale. Alla “Lanterna di Diogene” sono convinti che questo piatto della tra-
8
dizione modenese rappresenti una vera
e propria ricerca dell’identità che, se
svolta con cura, possa accogliere in sé
anche il sapore della diversità.
Questo locale a venti chilometri da
Modena è, in effetti, un ristorante “speciale”. Non solo perché investe nella
qualità delle materie prime derivanti
dalla filiera corta e cortissima, ma perché nasce da una scommessa: una ristorazione slow food, basata sui piatti della
tradizione, come progetto di inserimento lavorativo per le persone con disabili-
diversa convivialità
con problemi e dove il lavoro fosse costruito insieme. Così abbiamo iniziato a
pensare cosa ci piaceva fare. Coltivare la
terra, allevare gli animali e trasformare
tutto questo in piatti da offrire ai clienti in un’osteria è stata la risposta», racconta Giovanni Cuocci, socio fondatore e
responsabile del ristorante. La cooperativa è nata nel 2003, con la fattoria dove
si allevano galline, maiali, pecore e conigli, e l’orto con verdure e alberi da frutto.
Fiore all’occhiello del progetto è il
vigneto di trebbiano per la produzione di aceto balsamico tradizionale di Modena. Prodotto con
il lavoro degli ospiti del centro di
terapia “La Lucciola”, da cui provengono alcuni dei soci fondatori del ristorante, questo aceto richiede un lavoro
paziente e ricercato. Per poterne gustare
le prime gocce, infatti, bisogna attendere dai 12 ai 15 anni.
tà psichica, dalla sindrome di Down alla
paralisi cerebrale infantile sino a forme
diverse di disagio intellettivo.
Nato dall’idea di un gruppo di persone, che nella vita non avrebbe voluto fare altro che questo, il ristorante sorge nel
cuore della Pianura padana, nella “Bassa”, come dicono da queste parti. Ci si
arriva tramite una strada che costeggia
lunghe distese di terra, vigneti e campi
coltivati per l’industria della trasformazione. «Volevamo mettere su un’attività
dove potessero lavorare anche persone
Ristorazione come filosofia di vita.
L’osteria sorge tra le mura di un casolare di campagna ed è stata inaugurata
nel 2006. «Tutto quello che ci dà la terra viene trasformato in piatti da offrire
agli avventori. La nostra cucina è quella tipica emiliana, semplice e genuina,
con sapori ormai dimenticati. Un luogo legato alle tradizioni e allo scambio,
dove per chi viene è possibile incontrare la diversità – continua Giovanni –. I
prodotti che non provengono dalla nostra azienda vengono selezionati tra gli
agricoltori vicini. Di ogni ingrediente
9
Ecco la mappa del gourmet
Da Torino a Firenze, passando per Roma,
sono tanti i ristoranti “speciali” sparsi sulla
penisola. Nel capoluogo piemontese c’è
il “Caffè Basaglia”, sostenuto anche dal
progetto “Terra Madre” di Slow food: in
sala, in cucina e al bar ragazzi provenienti
dal servizio di psichiatria “Franco Basaglia”.
Aperto dal martedì alla domenica, dalle
ore 18 alle 20 offre – tempo permettendo
– un aperitivo sulla terrazza; una volta a
settimana è previsto un dj set tematico.
Invece in provincia di Lucca, a Borgo a
Mozzano, sette
disabili lavorano
al bar-osteria “Le
mani in pasta”,
che la Misericordia
di Corsagna ha
aperto anche
grazie al sostegno del Centro servizi
volontariato Toscana. Ancora, sui colli
di Sasso Marconi sorge l’agriturismo “Il
Monte” dell’azienda Copaps, gestito dalla
cooperativa sociale “La Rupe”.
A Firenze una diversa ristorazione si
può gustare nel locale “I ragazzi di
Sipario”. La trattoria – 40 coperti, in cui
lavorano 17 giovani coordinati da una
cuoca professionista – è nata grazie
all’associazione “Sipario”, al fianco di
persone con handicap intellettivo e
ritardo mentale. A Prato una volta al
mese il locale “Opera 22” viene gestito, in
cucina e in sala, da ragazzi autistici per
una serata di sensibilizzazione sul tema.
Ma la lista dei ristoranti che impiegano
persone con disabilità è ancora lunga. Dal
prossimo numero di “Superabile magazine”
recensiremo i migliori nella nuova rubrica “Il
pranzo della domenica”. Info e segnalazioni:
[email protected].
L’INCHIESTA Viaggio nelle osterie italiane
Dal 2000 alla Locanda
dei girasoli si sono
alternati vari ragazzi
con sindrome di Down
in qualità di camerieri
o pizzaioli.
Alla p.10, momenti
di lavoro in cucina alla
Lanterna di Diogene
che entra qui dentro voglio sapere chi
l’ha fatto e come l’ha fatto». Per lui la
ristorazione è una vera filosofia di vita, che ha ormai permeato tutta la cooperativa. «Mangiare è un atto agricolo»,
ripete con convinzione. Nel ristorante i
coperti sono solo quaranta. Una scelta
dettata dall’esigenza di creare un luogo
raccolto, sia per i clienti che per i ragazzi che ci lavorano: «Chi viene da noi sa
di poter godere di una diversa convivialità» è ormai un motto.
Tre persone con disabilità sono tra
i fondatori della cooperativa. Tra loro c’è Simona, una ragazza con sindrome di Down che si occupa sia della sala
che della cucina. La sua passione sono le torte, ma ama anche gli animali
e coltivare l’orto. Prima di lavorare alla “Lanterna di Diogene” ha svolto uno
stage formativo in una mensa, ma di
quel periodo conserva ancora l’amaro
in bocca. «Mi trattavano come fossi una
buffona. Qui, invece, lavoro con i miei
amici. Siamo una famiglia».
Con Nicola, Caterina, Sara e gli altri
ragazzi che provengono dal centro “La
Lucciola”, Simona divide la giornata lavorativa all’osteria. C’è il gruppo che si
occupa della cucina e quello che, invece,
svolge mansioni nella fattoria. Per tutti, però, la giornata inizia sulla corriera
che dai paesini vicini li porta al casale. «Questo tragitto che fanno da soli li
espone agli stessi pericoli che correrebbe qualsiasi altro ragazzo: un momento
di confronto e di contatto con gli altri
non mediato dai familiari, un gesto di
profonda libertà e autonomia», aggiunge Giovanni, convinto che anche questo
sia un modo per includere la diversità
nella quotidianità.
D’altronde, il progetto dell’osteria si
ispira al filosofo greco di Sinope «che
ricercava l’uomo vero, non l’essenza dell’uomo – sottolinea –. Era controcorrente ma contemporaneamente
dentro la società. Anche noi, fuori da
ogni considerazione buonista, pensia-
10
mo che occorra vivere la realtà delle cose riconoscendo i pregi e i difetti delle
persone. E quando il piatto te lo porta a
tavola una ragazza con gli occhi a mandorla che ti dice: “Io so fare solo questo,
ma so farlo bene”, sei portato a introiettare il cambiamento».
Alla “Lanterna di Diogene” il menù è
a degustazione, con un antipasto a buffet che include i salumi e le verdure di
produzione propria; due primi piatti tra
diversi tipi di pasta fatta in casa e zuppe
INTERVISTA AD ANTONELLA CLERICI
«La mia terapia? Un bel piatto
di spaghetti o un panino col salame»
«A
vere un buon rapporto
con la cucina significa
avere un buon rapporto con
la vita». Parola di Antonella
Clerici, la prima a portare col
sorriso i piaceri della buona
tavola nelle case degli italiani
attraverso “La prova del
cuoco”, capostipite dei tanti
e fortunati programmi di
cucina che spopolano oggi in
tv. Riceve quotidianamente
tantissime lettere di ammiratori che sognano di diventare
chef, compresi tanti disabili.
«Mi arrivano spesso foto, soprattutto di persone con sindrome di Down, che lavorano
in cucina. Credo che per loro
impastare, lavorare il cibo,
toccando una cosa quasi viva,
sia un modo di prendersi cura
di se stessi e degli altri, un po’
simile alla pet therapy. Perché
il rapporto più vero che si può
avere con la cucina è quello di
toccare il cibo».
Pensa che cucinare possa avere
un valore terapeutico?
Sì. Amo molto mangiare e
diffido di chi ha un cattivo
rapporto con il cibo, perché
può portare a malattie gravi,
come l’anoressia e la bulimia,
ma soprattutto perché sottolinea un cattivo rapporto con
la vita. Avere un buon feeling
con ciò che si mangia, quasi
godurioso, vuol dire amare le
cose che si fanno.
antidoto: lo trovo un modo di
premiarmi. Anche per questo
quando sono giù di morale
non sto mai a dieta, anche se
questa è una parola grossa
per me. Insomma, se sto
tentando di mangiare un po’
meno e mi succede qualcosa
che mi disturba o mi ferisce,
so che per me la cucina è
terapeutica. Mangio ciò che
mi piace e mi riconcilio con il
mondo.
Ha mai mangiato in un ristorante in cui lavorano persone
disabili?
Mi capita spesso di andare
alla “Trattoria degli Amici”
di Sant’Egidio, uno dei miei
E quello che ho notato con i
locali preferiti. Adoro i loro
ragazzi disabili è che questo li ravioli con la cremina di
porta ad approcciarsi alla vita formaggio. E poi mi piace il
con allegria.
clima che si respira, l’ospitalità, il tipo di convivialità che
Le capita di usare la cucina come c’è. Ci vado sempre con un
“cura”?
carissimo amico di Lecco.
Certamente. Ci sono persone
che fanno le torte per sfoAlla “Prova del cuoco” ospitate
garsi, io invece cucino i primi. anche persone con disabilità?
Mi diletto a fare i sughi. E poi I ragazzi dell’Istituto albermi piace mangiare. Quando
ghiero, tra cui ci sono spesso
mi sento un po’ giù, mezzo
disabili: so che ci seguono
bicchiere di vino e un panino con passione fra il pubblico.
col salame diventano un
[E.C.]
di cereali; un intramezzo, tra cui spicca il flan di parmigiano accompagnato
dall’aceto balsamico tradizionale, e un
secondo: la carne di vacca bianca modenese servita nell’osteria è presidio
slow food. Tra i dolci, anch’essi a buffet,
la torta di ricotta e amaretti e le crostate di marmellata. Nonostante la crisi si
faccia sentire, la cooperativa ha deciso
di investire in un nuovo progetto: una
“Lanterna di Diogene” in pieno centro
a Bologna.
Rifocillarsi nella capitale. Quello di
Solara di Bomporto non è l’unico locale che ha deciso di fare il salto di qualità. In Italia sono diversi i ristoranti nati
per dare lavoro alle persone con disagio
mentale o fisico, che nel tempo hanno
deciso di puntare sulla buona cucina.
Creati inizialmente da associazioni –
per lo più di familiari – per dare un futuro ai propri figli, oggi questi progetti,
accanto al valore sociale dell’iniziativa,
si concentrano sempre di più su un cibo
11
raffinato, nella convinzione che per poter essere sostenibile economicamente
un locale debba offrire un buon livello
di ristorazione. L’unica vera arma che
permetta di superare l’aspetto assistenziale del progetto.
«Un ristorante riesce a restare sul
mercato solo se si mangia bene; il fatto che ci siano quattro persone con sindrome di Down come soci lavoratori è
un valore aggiunto, ma non può essere l’unica motivazione che porta i clienti nel nostro locale». A sottolinearlo è
Antonio Anzileo, presidente della cooperativa “I girasoli” onlus, che dal 2005
gestisce a Roma “La locanda dei girasoli”. Situato nel quartiere popolare del
Quadraro, il ristorante è uno dei primi
creati per l’inclusione lavorativa delle
persone con disabilità.
Nato nel 2000, dopo qualche anno il
progetto è entrato in crisi e dal 2005 ha
iniziato a risollevarsi con la nuova gestione, che ha puntato sull’aspetto commerciale e su un buon livello di cucina.
«Quando abbiamo ripreso in mano il
ristorante, abbiamo pensato che fosse
fondamentale farlo diventare un posto
dove la cucina fosse buona: solo così si
poteva far passare il discorso dell’integrazione in maniera normale».
Un’idea condivisa in pieno anche dal
cuoco, Gianfranco Zedda, che ha deciso
di portare la tradizione insulare in questo quartiere storico di Roma non solo proponendo piatti della sua terra, la
Sardegna, ma con un richiamo costante
L’INCHIESTA Viaggio nelle osterie italiane
anche alla Sicilia, regione di nascita di
sua moglie. Così, oltre al menù di pizza, alla “Locanda” si possono gustare i
pizzuros – focaccine al formaggio tipiche di un paesino in provincia di Nuoro – ma anche le panelle siciliane con
un leggero retrogusto di limone, il pane carasau con crema di formaggio, pomodori e pesto. Tra i primi, spiccano gli
gnocchetti sardi al ragù di chianina e i
culurgiones patate e speck. «Ho sempre
fatto il cuoco – racconta Gianfranco –
ma a un certo punto della mia vita ho
deciso di fare una scelta, investendo in
un lavoro che avesse alle spalle anche un
progetto di solidarietà. Per questo ho accettato di venire a lavorare qui. E in sei
anni ho avuto tante soddisfazioni».
Le persone con sindrome di Down
che lavorano stabilmente nel ristorante
sono tre: Viviana e Valerio sono i veterani del gruppo, mentre Anna è arrivata
nel 2006. L’ultimo entrato alla “Locanda” per un progetto di formazione è Si-
mone, che già si muove con agilità tra i
tavoli come aiuto cameriere. Oltre alla
“Locanda dei girasoli”, nel cuore della
capitale sorge anche un altro storico ristorante: “La trattoria degli Amici” della Comunità di Sant’Egidio. Inaugurato
nel 1998 nel quartiere Trastevere, il locale oggi dà lavoro a tredici persone con
disabilità. Una scelta, quella di investire
nella ristorazione, che nasce dalla centralità del problema del lavoro nella vita
delle persone disabili e che si è rivelata
A SCUOLA DI CUCINA
A Roma i ragazzi disabili lavoreranno nei ristoranti di qualità
S
i sono formati imparando a
mescolare correttamente i sapori, a tagliare i cibi e a scegliere i
vini migliori. Sono stati sottoposti
a un’attenta selezione e stati scelti
da otto tra i migliori ristoranti
romani, in cui lavoreranno come
aiuto cuochi e commis di sala. Per
dodici ragazzi con disabilità la
passione per la cucina diventa un
lavoro vero e proprio. È il risultato
del progetto “Cucina inclusiva”
promosso dalla comunità di
Sant’Egidio, che ha coinvolto 24
disabili. Per 14 mesi, a partire da
aprile 2010, i giovani hanno seguito i corsi di chef professionisti
ed esperti del settore. Otto di
loro adesso potranno dimostrare
quanto hanno imparato nei
locali di qualità della capitale,
da Roscioli a Glass Hostaria, Os
Club, Grano, Il convivio Troiani,
Da Cesare, All’oro e Porto Fluviale.
Due, invece, lavoreranno presso la
“Trattoria degli Amici” di Sant’Egidio, mentre altre due persone
sono in fase di collocazione.
Tra le materie del corso: storia
della ristorazione, fondamenti
della cucina (gli elementi da conoscere per cucinare e/o spiegare
un piatto), il vino, i prodotti del
Lazio, il carrello dei formaggi,
12
evoluzione e tipologie di ristorazione e nozioni teorico-pratiche
di ergonomia. A seguire i corsisti,
chef del calibro di Alessandro
Roscioli, Cristina Bowerman e
Angelo Troiani. «Questi ragazzi
sono la dimostrazione che volere
è potere – afferma Troiani –. Le
persone che lavorano da me
hanno preso più di quanto hanno
dato dal contatto con Marco, uno
dei corsisti che sta da noi. In un
futuro vogliamo aprire una scuola
di cucina dove ci sia spazio anche
per le persone con disabilità».
A sostenere l’iniziativa, la
fondazione Telecom Italia e la
Laurenzi consulting, una società
di consulenza gastronomica.
«Questo progetto è la dimostrazione che quando si fa la cosa
giusta si può fare anche impresa
di lungo periodo – sottolinea
Mario Marazziti, portavoce della
Comunità di Sant’Egidio –. Prima
i disabili vivevano nascosti in
casa, noi abbiamo lavorato molto
per liberare questa energia. E
abbiamo dimostrato che anche
se si pensa al bene comune si
può fare profitto». L’idea del
progetto si basa sull’esperienza
di successo della “Trattoria degli
Amici”, ristorante nel cuore di
Trastevere che oggi garantisce
lavoro a 13 persone disabili. [E.C.]
vincente. Nonostante la recessione, infatti, il locale è riuscito a mantenere un
bilancio in attivo e ad assumere nuove
persone. Il menù è basato sui piatti della tradizione romana, con qualche variazione originale.
Specialità garfagnane alla Pecora nera. I sapori tipici della Garfagna-
na sono, invece, alla base della cucina
proposta nel ristorante “Pecora nera” di
Lucca, situato nel centro storico della cit-
tà. Qui i ragazzi con disabilità intellettiva assunti sono tre, a cui si aggiungono
quelli che, ciclicamente, svolgono lo stage grazie a una borsa lavoro. Tra loro c’è
chi – come Elena – preferisce l’attività di
aiuto cuoca, perché la cucina costituisce
un riparo dal mondo esterno. Quando
ha messo piede la prima volta al ristorante, raccontano che non riusciva neanche a parlare, mentre oggi è un ottimo
aiuto tra i fornelli. C’è poi chi, come Guido, adora lavorare in sala, in particolare
girare tra i tavoli intrattenendo i clienti tra un’ordinazione e l’altra. «All’inizio
il progetto non è partito col piede giusto: sono stati spesi male i soldi perché
mancava un pianificazione commerciale – racconta Patrizia Mei, responsabile
della cooperativa “Segni particolari nessuno” e del ristorante –. Adesso, però, il
locale va bene e quest’anno siamo riusciti ad avere anche un po’ di utile. La situazione è solida, ma per la salvaguardia del
progetto abbiamo deciso di restare aperti solo la sera».
Ristorazione,
Anche qui si possono assaggiare i
una professione
piatti
tipici della cucina locale, realizzati
che funziona.
con prodotti della filiera corta. La cuoca
Mansioni semplici,
un’organizzazione
Elisa propone tra i suoi piatti forti torteldel lavoro gerarchica li al ragù, baccalà e ceci, zuppe e coniglio
e un’uniforme
in umido con polenta. Tra gli antipasti
che aiuta
non manca mai una vasta scelta di sanell’identificazione
del ruolo. Per questo lumi, serviti con focacce calde. «Qui ci
si sente come a casa: se c’è un problel’inserimento
lavorativo delle
ma si discute tutti insieme – racconta –.
persone con sindrome Quando ho iniziato a lavorare in questo
di Down all’interno
posto sapevo che stavo facendo un invedella catena Mc
stimento ampio anche sul progetto. OgDonald’s funziona.
gi sono felice di questa scelta».
Lo sottolinea
l’Associazione
E il clima familiare che aleggia si reitaliana persone
spira quando si è seduti a tavola in atDown (Aipd), che
tesa di mangiare. Se c’è da aspettare,
a Roma ha seguito
infatti, la gente si lascia intrattenere dai
15 ragazzi; ma ce
racconti di Guido, che non perde occane sono altri che
lavorano nei fast food sione per ricordare a tutti quanto sia
di Bari, Taranto e
oneroso il suo lavoro, con l’orgoglio di
Venezia. Per favorire
l’autonomia in cucina chi sa contribuire a mandare avanti la
delle persone Down, baracca. I clienti divertiti lo ascoltano,
degustando le specialità della casa: dai
l’associazione ha
realizzato anche
salumi al dolce di cioccolato che porta
il volume Coltelli e
il nome del ristorante.
fornelli, un ricettario
«Abbiamo persone che vengono da
illustrato corredato
sempre,
ma ci fa piacere vedere gente
da un manuale per
educatori e genitori. che si avvicina a noi per la prima volta
e poi torna volentieri – racconta Patrizia –. Ora abbiamo creato una zona anche per le famiglie, che possono stare
in disparte con i loro bambini. Quando
arrivano nuovi clienti, ci dicono di voler tornare il prima possibile. E questa
per noi è la soddisfazione più grande».
13
INSUPERABILI Intervista a Mario Melazzini
La vita
è bella,
non solo
nei film
Grazie a «Lei», alla Sla,
ho imparato a vivere
la malattia, la sofferenza,
come un valore aggiunto.
Perché inguaribile
non è sinonimo
di incurabile
Laura Badaracchi
C
on «Lei» ha instaurato, all’inizio,
un rapporto conflittuale, di rifiuto
conclamato. Poi di rimozione, fuga,
trasformate in una resa senza speranza. Ma è successo qualcosa d’inaspettato: da nemica inaccettabile, è diventata
una «medicina». Perché lui, Mario Melazzini, ha cominciato a guardarla con
occhi diversi. «Lei», scritta proprio con
l’iniziale maiuscola, è la Sla.
Nelle pagine del volume Io sono qui
(Edizioni San Paolo), l’oncologo 53enne divenuto paziente racconta con lucidità e franchezza la sua relazione
inizialmente tormentata – e, in seguito, dialetticamente positiva – con la
patologia degenerativa che lo ha colpito nel 2003. Da oltre cinque anni “il
Mela”, così lo chiamano da sempre gli
amici, è presidente nazionale dell’Aisla (Associazione italiana Sclerosi laterale amiotrofica) e segretario nazionale
14
della Fish (Federazione italiana superamento handicap). Non solo: docente a
contratto presso la Scuola di specializzazione in Medicina del lavoro dell’Università degli Studi di Pavia, dal 2007 è
direttore scientifico di “NeMo”, centro
clinico all’avanguardia per la ricerca e
la cura delle malattie neuromuscolari
presso l’ospedale milanese Niguarda;
inoltre presiede l’Arisla, Agenzia nazionale di ricerca sulla Sla.
Il suo percorso di accettazione della Sla è
durato due anni. Ha anche pensato al suicidio assistito. Cosa o chi le ha fatto capovolgere la sua percezione della malattia?
Il momento della diagnosi fu terribile: credevo che con la Sla non potessi
fare più nulla. Allontanai tutti, non accettavo l’aiuto di nessuno. Pensai perfino di farla finita. Mi hanno aiutato a
riprendermi due carissimi amici: Ron,
che con discrezione mi è sempre stato
«A volte siamo così concentrati su noi stessi
da non accorgerci della bellezza
di persone e cose che abbiamo intorno.
E la malattia non porta via le emozioni:
l’essere conta più del fare»
ta fino in fondo, apprezzando le piccole
cose. Non nego di avere anche parecchi
pensieri, ma con calma e serenità tutto si affronta.
Quanto conta, nel suo modo di affrontare la Sla, l’impegno professionale e sociale?
vicino, e il mio padre spirituale, Silvano Fausti. La lettura del Libro di Giobbe, poi, mi ha aiutato a capire l’essenza
dell’esistere.
Appassionato di montagna, parla spesso
della necessità di «scalare la Sla»: una metafora applicabile a qualsiasi disabilità?
Non sempre ci si rende conto di come la malattia sia una condizione possibile dell’esistenza di ciascuno di noi.
Nel nostro Paese esiste una certa cultura secondo la quale la vita, in certe condizioni, perde in dignità. La scalata è
quella che bisogna affrontare per compiere il salto culturale utile a capire, invece, che la dignità della vita di tutte le
persone, anche di quelle fragili e che
soffrono, non può dipendere dalla sua
qualità misurata solo esclusivamente
secondo un mero processo utilitaristico. Tutti noi, in un determinato contesto, possiamo diventare disabili.
Pur con tutte e limitazione fisiche
che la malattia mi impone, mi sforzo di
pensare soprattutto a cosa posso ancora fare per me stesso e per gli altri: nel
lavoro, in famiglia, come amico, da presidente dell’Aisla e in tutti i contesti in
cui si parla di disabilità. Ho l’enorme
fortuna di poter contare su un cervello che ancora funziona.
Una rete che garantisca assistenza domiciliare ai pazienti: sogno realizzabile?
Lo scorso 25 maggio in Conferenza
Stato-Regioni è stato sancito un accordo sulla “Presa in carico globale delle
persone con malattie neuromuscolari o malattie analoghe dal punto di vista assistenziale”. Il contenuto riprende
i suggerimenti e le proposte scaturite dal lavoro della Consulta per le malattie neuromuscolari: le chiavi di volta
sono la continuità assistenziale, l’informazione e l’inclusione sociale dei malati e dei loro familiari, la formazione di
medici, operatori sociosanitari, care-giver e assistenti familiari.
Racconta che la Sla, vissuta da medico, le
ha consentito di comprendere ancor di più
Cosa direbbe a chi non ha la sua grinta, la
l’importanza del rapporto con il paziente... sua determinazione a vivere?
Grazie alla malattia ho iniziato un
percorso “formativo” anche nel mio essere medico, con una nuova sensibilità
rispetto ai bisogni dei malati. Soprattutto, ho capito che una delle loro necessità prioritarie, e dei loro familiari, è
quella di essere ascoltati.
Oggi come convive con «Lei»?
La Sla mi fa comprendere ogni giorno i valori reali, quanto sia importante
chiedere aiuto e soprattutto che la vita
è un dono e come tale deve essere vissu-
Resto convinto che la mia esperienza mi abbia dato più di quello che mi ha
tolto. Sono prigioniero del mio corpo, è
vero, ma ho imparato a non dare niente per scontato, ad apprezzare le piccole
cose, ad accettare l’amore e l’aiuto offerti da chi mi circonda, ad inseguire
con un’energia nuova quello che posso
ancora fare per me, per i miei compagni
di malattia e che mi rende felice. Magari, se non avessi incontrato la Sla, avrei
avuto un percorso di vita meno appagante e soddisfacente.
15
«Di inguaribile c’è solo la mia voglia
di vivere». Io sono qui è anche il titolo del
dvd allegato al volume, girato dal regista
Emmanuel Exitu: nel 2008 il suo primo
documentario, Greater - Sconfiggere l’Aids, ha
vinto il Babelgum Contest a Cannes, scelto
da Spike Lee fra tre finalisti selezionati da
una giuria di esperti su oltre 60 documentari
provenienti da tutto il mondo. Il filmato
racconta sette giorni di «appunti dalla vita»
del dottor Melazzini. Giornate vissute in
corsa sulla «carrozza elettrica», tra il lavoro
in reparto con i suoi «compagni di malattia»
e i viaggi per andare a trovare gli amici.
Intervallate da ricordi e progetti per il futuro,
le riprese sintetizzano alcune riflessioni di
Mario sul vissuto quotidiano, scandito anche
da nutrizione e
idratazione tramite
Peg (gastrotomia
percutanea) e da una
«ventilazione non
invasiva» che lo aiuta
nella respirazione
notturna. Sposato con
tre figli – Federica,
Michele e Nicolò –,
primario ad appena
44 anni del day
hospital oncologico
presso la fondazione
Maugeri, la sua esistenza è cambiata
radicalmente da quando ha la Sla: una forma
neurodegenerativa progressiva che ogni
anno colpisce 2,16 persone ogni 100mila, con
un’incidenza più alta tra gli uomini; circa il
20% sopravvive tra i 5 e i 10 anni dall’esordio
dei sintomi. Nell’ambito dell’Osservatorio
nazionale sulla condizione delle persone con
disabilità, quale componente del Comitato
tecnico scientifico, il medico si occupa «del
coordinamento di tutte le azioni in vari settori
di competenza, che avranno come prodotti
finali il Rapporto al Parlamento sulle politiche
per la disabilità, il Report di monitoraggio
per le Nazioni Unite, il Piano d’azione
sulla disabilità – riferisce –. Sono anche il
coordinatore del gruppo di lavoro “Diritto
alla vita e alla salute”, che ha il compito di
effettuare una ricognizione con riferimento
a quanto contenuto negli articoli 10, 25 e
26 della Convenzione Onu sui diritti per le
persone con disabilità e di fornire indicazioni
strategiche in merito al Piano d’azione
nazionale sulla disabilità». [L.B.]
CRONACHE ITALIANE Vigorso di Budrio
Sono tante le nuove
sperimentazioni
in atto nel Centro protesi
dell’Inail: dall’esoscheletro
alla mano poliarticolata,
mille modi per migliorare
la qualità della vita.
Con una marcia in più:
la possibilità di realizzare
soluzioni tagliate
sulle particolari
esigenze
del paziente
Nuove frontiere
nelle officine
del futuro
Pietro Scarnera
Q
uando Massimo si alza in piedi e comincia a camminare, tutti
si fermano a guardarlo. Pazienti,
medici, tecnici e operatori del Centro
protesi Inail di Vigorso di Budrio (Bologna) condividono lo stesso stupore, perché lo spettacolo è di quelli a cui non si
assiste tutti i giorni. Massimo infatti
cammina grazie a un esoscheletro,
costruito in Israele e dall’ottobre
scorso in sperimentazione al
Centro di Vigorso.
«Le gambe di Robocop», commenta sorridendo uno dei pazienti,
e del resto ogni passo è
accompagnato da un ronzio decisamente robotico.
Re-walk (Ri-cammina), questo il nome dell’esoscheletro
progettato in Israele, è però solo
una delle tante novità attualmente
in sperimentazione a Budrio.
Dall’esoscheletro alle nuove protesi di mano poliarticolate, fino ai nuovi
adattamenti per la guida, tutte le tecnologie hanno un elemento in comune:
il ruolo dei pazienti, che si trovano “alla pari” con i medici e i tecnici, un po’
come i collaudatori e i piloti di Formula Uno che danno indicazioni ai meccanici e agli ingegneri ai box. Per usare
l’esoscheletro, ad esempio, «serve un
paziente allenato all’uso delle stampelle», spiega il dottor Franco Molteni,
16
direttore dell’Unità di medicina riabilitativa dell’Ospedale Valduce di Como,
che da alcuni mesi sperimenta Re-walk.
«Ci vuole un buon controllo del tronco: il segreto è usare molto le spalle e
il gomito».
Ma fra le sperimentazioni condotte a Vigorso non c’è solo l’esoscheletro. Sempre nel campo delle nuove
tecnologie, sono tre le mani poliarticolate attualmente “in prova”. «La mano
umana ha 21 gradi di libertà, la mano mioelettrica tradizionale ne ha solo uno: consente cioè di effettuare una
specie di presa a pinza – spiega l’ingegner Emanuele Gruppioni, ricercatore del Centro –. La sfida, con le mani
poliarticolate, è aumentare i gradi di libertà accrescendo il numero di motori
presenti all’interno della protesi».
Il modello più innovativo si chiama
iLimb ed è di produzione tedesca. «Per
ora è stata applicata in due casi, con ottimi risultati – continua Gruppioni –.
Questa mano consente quattro tipi di
prese: di precisione, laterale, sferica, cilindrica, oltre a una serie di funzioni
automatiche che consentono al paziente di muovere le dita in determinate posizioni».
Con le mani poliarticolate, in altre
parole, il paziente può non solo prendere oggetti più o meno piccoli, ma svolgere anche alcune attività, ad esempio
aprire una confezione di yogurt e man-
C
giarla. Anche qui
però è fondamentale l’allenamento, e le
indicazioni dei pazienti che testano le
nuove protesi sono
preziose. In altri casi, i tecnici di Vigorso hanno progettato
dispositivi “su misura” per i pazienti. È il
caso della protesi di
arto superiore, che
comprende anche l’articolazione della spalla. «Non ci sono protesi di questo tipo sul mercato – spiega l’ingegner
Enrico Boccafogli –, perché per le aziende non ci sarebbe un ritorno economico.
Quella realizzata a Vigorso di Budrio è
probabilmente una delle poche in tutto
il mondo».
avanti nelle interfacce di comando»,
spiega l’ingegner Massimo Improta,
capo reparto ausili del Centro protesi.
Si studiano sistemi di rilevamento
ottico o a infrarossi, ma anche interfacce azionabili con la testa o con un piede.
Nell’officina di Vigorso si sta sperimentando inoltre la guida tramite joystick,
che permette ai pazienti di guidare rimanendo sulla sedia a ruote. Due veicoli sono stati adattati per permettere
l’ingresso della sedia a ruote direttamente dal retro: una volta posizionato,
il guidatore può utilizzare il joystick per
comandare l’auto.
Un primo sistema prevede l’utilizzo del joystick solo per girare le ruote
e una serie di comandi vocali per tutto il resto, ma «stiamo sperimentando
un joystick a quattro vie – continua Improta –: in avanti si accelera, indietro
si frena, a destra e a sinistra si girano
Qualcosa del genere avviene an- le ruote».
che nel reparto ausili del Centro, dove
i tecnici Inail stanno fornendo a un paI progetti per il futuro sono però
ziente tetraplegico un “integra-mouse”: ancora più ambiziosi: lo stesso sistema,
si tratta di un dispositivo che consente modificato, potrebbe infatti essere utial paziente di comandare un computer lizzato per guidare con il mento. Anche
con le labbra, soffiando invece di clic- sul versante dell’automobilità, infine, ci
care.
sono soluzioni realizzate appositamenMa non basta: al computer è colle- te per i pazienti di Vigorso. Come il
gato un braccio robot in grado di rac- trattore adattato per essere guidato da
cogliere oggetti. Per il momento si può chi è in sedia a ruote. «Ce l’ha chiesto
installare su una scrivania, ma si sta la- un nostro paziente – conclude Improta
vorando per applicarlo alla sedia a ruo- – che voleva sorvegliare i lavoratori aste. «Stiamo facendo importanti passi sunti nel suo campo».
17
Una mirror box
per curare la sindrome
dell’arto fantasma
omputer e robot sono routine al Centro
protesi Inail di Vigorso di Budrio. Eppure,
una delle novità più interessanti arriva da un
oggetto che ha poco di tecnologico: una mirror box, una scatola ricoperta di specchi, che
però potrebbe rivelarsi utile per migliorare la
qualità di vita dei pazienti che hanno subito
un’amputazione. Nell’80% dei casi questi
pazienti riferiscono una sensazione di arto
fantasma che sembra aver origine dalla parte
del corpo amputata. Di solito il “fantasma”
sparisce nel giro di poco, ma in alcuni casi la
sensazione può prolungarsi per anni ed essere
accompagnata da dolore (punture, scosse
elettriche, formicolii, bruciori o crampi).
Trattata con diverse terapie (dai farmaci
all’ipnosi), la sindrome dell’arto fantasma
potrebbe trovare una risposta nei neuroni
specchio, quelli che si attivano durante l’esecuzione o l’osservazione di un gesto. Sfruttando questi neuroni si potrebbe riuscire a
rimuovere il dolore causato dall’arto fantasma:
è questa l’ipotesi alla base della mirror box
therapy, che a Budrio è stata sperimentata su
24 pazienti amputati di arto inferiore, come
spiega il dottor Amedeo Amoresano, fisiatra
del Centro: «Posizionando l’arto sano davanti
alla mirror box si crea nel cervello l’illusione
di avere ancora entrambi gli arti: questo
provocherebbe una sorta di corto circuito
cognitivo, cancellando il “fantasma”». Sui 24
iniziali, solo 12 pazienti hanno affrontato un
numero sufficiente di sedute (due hanno
interrotto, dicendosi spaventati dall’illusione
creata dalla mirror box). I risultati però sono
positivi: tutti e 12 i pazienti parlano di un miglioramento del dolore fantasma, e con esso
della qualità del sonno e della gioia di vivere.
Ora al Centro protesi le sedute con la mirror
box sono state interrotte e la sperimentazione si sta concentrando nelle valutazioni
di follow up. Ma i risultati, per il momento,
sono senza dubbio incorraggianti. [P.S.]
VISTI DA VICINO Conflitti di interesse
Elefanti e leoni marini:
N
la pet therapy
Antonella Patete
sbarca allo zoo
I grandi mammiferi di terra e di mare
al centro di due progetti dell’Idi,
in collaborazione con Bioparco e Zoomarine.
L’obiettivo è aiutare i bambini autistici
a rompere le barriere dell’isolamento.
Ma gli animalisti non ci stanno
18
on più solo cani, gatti, cavalli, asini e conigli. La terapia assistita
dagli animali, meglio nota come
pet therapy, oltrepassa i confini della fattoria per scoprire nuovi amici di
terra e di mare. A Roma, un progetto
sperimentale – lanciato dall’Istituto
dermopatico dell’Immacolata (Idi) insieme a Bioparco e Zoomarine – ricorre a leoni marini ed elefanti indiani per
aiutare i ragazzi autistici ad «uscire dalla foresta dell’isolamento».
«Abbiamo iniziato nel 2003 con
una vera fattoria didattica all’interno
dell’ospedale», racconta Davide Moscato, neuropsichiatra e responsabile del
Centro di pet therapy dell’Idi. «All’i-
nizio ci rivolgevamo esclusivamente a
bambini colpiti da cefalea, ma poi abbiamo allargato il campo a quelli affetti
da disturbi del comportamento, patologie psichiatriche e autismo». Nel 2010
un gruppo di sei ragazzi autistici tra gli
otto e i quattordici anni ha cominciato a frequentare una volta a settimana
la Baia dei pennipedi di Zoomarine, a
Torvaianica, dove vivono tredici esemplari tra foche e leoni marini.
«Abbiamo pensato al mondo animale acquatico perché è proprio nell’acqua
che siamo nati tutti», spiega Moscato.
«Il percorso – prosegue – è stato lungo e difficile, in quanto la comunicazione con questi bambini ha richiesto un
impegno notevole di attenzione e rassicurazione, ma alla fine i risultati ci sono stati». Infatti, chiarisce, «l’incontro
con questi stupefacenti mammiferi, come un grande leone marino di 400 chili, stimola i piccoli affetti da autismo
ad emergere dal proprio mondo sommerso, migliorando le proprie capacità relazionali». E gli obiettivi raggiunti
hanno incoraggiato gli esperti dell’Idi
a lanciarsi in un nuovo progetto: questa
volta protagonisti sono gli elefanti indiani che vivono nel Bioparco di Roma,
il vecchio giardino zoologico della ca- In Italia manca ancora una legge.
pitale oggi trasformato in fondazione. Il termine pet therapy fu coniato negli Usa
Ma l’idea di coinvolgere gli elefanti e i mammiferi marini non piace a
tutti. Gli animalisti, Lega antivivisezione (Lav) in testa, non vedono affatto di
buon occhio l’utilizzo di animali esotici o selvatici. «Non siamo pregiudizialmente contrari alla pet therapy, che anzi
può ribadire l’importanza del rapporto con gli altri animali, soprattutto cani
e gatti», afferma Ilaria Marucelli della
Lav. «Ma è necessario che ogni percorso terapeutico avvenga nel rispetto delle esigenze degli animali, dei loro diritti
e interessi. Il rapporto uomo-animale – continua – deve essere comunque
limitato a quelle specie di animali che
ne possono trarre beneficio». Il principio di fondo, insomma, è quello di uno
«scambio di emozioni» che, come ogni
scambio, preveda un «reciproco vantaggio» tra umani e animali. «La prima
cosa è la relazione», chiarisce l’attivista
della Lav. «L’animale non è né un medicinale né un ricostituente, ma un soggetto relazionale vero e proprio. Per
questo – insiste – i progetti che coinvolgono gli animali esotici non ricevono la nostra approvazione. I selvatici
sono talmente lontani dall’essere umano da non prestarsi ad alcun approccio
terapeutico. L’unico approccio possibile è quello ludico, come avviene in alcuni ospedali in cui gli animali vengono
usati per dare sollievo ai bambini malati. Ma non ci sono dubbi: mille volte
meglio i clown in corsia».
«Il meccanismo ludico gestito da
personale specializzato diventa terapeutico e la gioia si trasforma in una
porta formidabile per rompere l’isolamento», ribatte a distanza il professor
Moscato. «D’altra parte – assicura – noi
osserviamo il più totale rispetto degli
animali coinvolti. I leoni marini di Zoomarine sono ormai alla quarta generazione e nel mondo indiano gli elefanti
vengono considerati animali domestidallo psichiatra infantile Boris Levinson che,
ci da cinquemila anni. Inoltre, agiamo
dopo essersi accorto di come la presenza
sempre sotto la supervisione di un vedel suo cane migliorasse nei bambini la
terinario e di operatori specializzati».
disponibilità ad interagire con il terapeuta,
E dal punto di vista della relazionel 1961 pubblicò il volume Il cane come
ne replica: «Insegniamo ai bambini a
coterapeuta. Oggi in Italia manca ancora
stabilire un rapporto con gli animali.
una normativa in materia, anche se dal
2003 un decreto vincola lo Stato e le Regioni
Che, da parte loro, vivono spontaneaa promuovere iniziative di pet therapy.
mente il contatto con i ragazzi. I leoni
Nel 2002 oltre venti diverse realtà tra
marini comprendono di avere a che faassociazioni, istituzioni e centri di ricerca
re con bambini disabili, e sono felice di
hanno sottoscritto la Carta di Modena: un
essere accarezzati. C’è un percorso di
articolato in diciassette punti che dedica
grande attenzione alla tutela degli animali.
conoscenza reciproca in cui il bimbo
Attualmente è in discussione in Parlamento
conosce le abitudini dell’animale e l’auna proposta di legge, appoggiata anche
nimale conosce il bimbo. Insomma, c’è
dalla Lav; si tratta di un testo unico che
una ricerca spontanea di quella comuregolamenta l’intera materia, ponendo
un’enfasi particolare sulla tutela degli animali nicazione che, in fin dei conti, è il gioco
coinvolti. [A.P.]
di questo pianeta».
19
PORTFOLIO Un anno di sport. A ritmi agonistici
V
olti, ritratti, cammei.
I protagonisti? Giovani
atleti impegnati in
diverse discipline sportive.
Sono loro a scandire lo
scorrere dei mesi nel
Calendario 2012 voluto
dall’Inail e dalle Federazioni
sportive paralimpiche. Grazie
agli scatti di Michelangelo
Gratton,
l’intento è
quello di
promuovere
l’attività
sportiva
come parte
integrante del percorso
riabilitativo delle persone
divenute disabili a causa di
un infortunio sul lavoro o di
una malattia professionale.
Per il Comitato italiano
paralimpico e l’Inail, infatti,
resta ancora molto da fare
per rilanciare le discipline
sportive. Soprattutto fra oltre
145 mila bambini delle scuole
ai quali è negata l’ora di
educazione motoria: significa
proibire parzialmente a
ciascuno di loro un processo
educativo che utilizza lo sport
come elemento di concreta e
autentica integrazione.
In alto a sinistra, Giusy
Versace; a destra,
Martina Caironi;
entrambe sono
campionesse
in atletica leggera.
Sotto, a sinistra
Davide Nevola
(tennis in carrozzina);
accanto, Giulia Saba
(basket in carrozzina).
20
Dall’alto, in senso orario:
la romana Daniela
Cotogni (ginnastica
ritmica e artistica);
Matteo Salandri,
un altro atleta della
capitale (baseball per
ciechi); Francesco Messori,
di Correggio (Reggio
Emilia), tifoso di Juventus
e Barcellona (calcio);
Alice Brolli (nuoto),
giovane stella piacentina
dell’associazione Futura.
21
PORTFOLIO Un anno di sport. A ritmi agonistici
In alto a sinistra, il
velocista azzurro
Samuele Gobbi
(atletica leggera),
della provincia di
Padova; sotto, Mirko
Mingione, (judo):
classe ’90, è originario
di Fondi (Latina);
accanto, Daniela
Panzini (equitazione);
sopra, i gemelli
Marco e Daniele
Lazzari (hockey in
carrozzina).
22
In questa pagina
Beatrice Vio
(soprannominata
Bebe), campionessa
quattordicenne di
scherma in carrozzina.
La sua storia ha ispirato
l’associazione Art4sport,
onlus impegnata nella
raccolta di fondi per
l’acquisto di protesi
sportive destinate
a ragazzi amputati.
23
SPORT Il sogno di Kevin
A un secondo da Londra
Appena qualche anno fa era un ragazzo autistico come tanti
e il nuoto una semplice occasione per uscire di casa.
Oggi, a diciannove anni, Kevin Casali rischia di gareggiare
alle Paralimpiadi 2012. E ogni giorno si allena per ore insieme
al suo coach, che ha deciso di non mollarlo mai
Stefano Caredda
A
vederlo ora, sembra davvero impossibile che per lui tre anni fa il
nuoto fosse solo un passatempo,
un’occasione per uscire di casa, fare un
po’ di sport e conoscere qualche persona nuova.
Oggi, con la forza fisica e la tenace
volontà che mette in acqua, è diventato
un vero atleta, uno di quelli che si allenano tutti i giorni, che cercano di migliorare, che gioiscono per le vittorie,
che si vedono arrivare sul collo prestigiose medaglie e che si pongono nuovi e più importanti traguardi. Uno di
quelli, soprattutto, che vivono bene,
che migliorano la propria vita e sono
felici, giorno dopo giorno, di ciò che
realizzano.
Ancora nessuno sa, oggi, se la storia
di Kevin Casali incrocerà quella delle
Paralimpiadi 2012 di Londra: per
poter volare in Inghilterra ed entrare in
vasca nella sua gara, i 200 stile libero, deve prima
riuscire a nuotare veloce, più
veloce di quanto
non riesca a fa-
re oggi. Un secondo, un secondo netto è
quello che gli manca: nella sua migliore prestazione ha nuotato i 200 metri in
due minuti, undici secondi e zero centesimi, ma il tempo necessario per potersi qualificare ai Giochi paralimpici è
di due minuti e dieci. Un secondo, un
semplice, banalissimo secondo: ma nel
nuoto può anche essere un’eternità.
Per abbassare il suo primato personale, Kevin ha tempo fino a giugno
2012: l’auspicio è che nel corso della prossima primavera quel traguardo
possa essere raggiunto. Sarebbe solo l’ultimo di una lunga serie: più volte
campione regionale, Casali è campione
italiano di nuoto paralimpico per atleti con disabilità intellettivo-relazionale nei 50, 100 e 200 metri stile libero e
nei 50 dorso, e detentore del record assoluto di categoria S14 nei 50 e 100 stile libero e nei 50 dorso. Agli europei del
luglio 2011 a Berlino si è piazzato ottavo nei 200 stile e ai mondiali disputati in Liguria ad agosto – dove sui 200
ha fermato il cronometro sui 2 minuti
e undici secondi – si è classificato sesto
nei 400 stile. A ricordare com’era iniziata, questi risultati hanno dell’eccezionale. E non solo dal punto di vista
sportivo.
In queste pagine gli atleti
con disabilità intellettivo-relazionale
ai Global Games 2011, che si sono tenuti
a settembre/ottobre 2011 in Liguria
24
Nel mese di agosto, quando co-
minceranno le Paralimpiadi, Kevin
Casali sarà nel pieno dei suoi diciannove anni. Lui, nato nel gennaio 1993, oggi vive a Castellarano, in provincia di
Reggio Emilia, e studia all’istituto “Elsa Morante” di Sassuolo, vicino Modena. È un ragazzo autistico. A scuola – il
suo progetto personalizzato prevede così – va tre giorni a settimana; in piscina
invece ci va sei giorni su sette, mattina o
pomeriggio, per due o tre ore al giorno.
Ad attenderlo a bordo vasca c’è sempre
Emanuele Marinelli. «Conosco Kevin –
racconta – da quattro anni: a quel tempo
era uno dei tanti ragazzi con disabilità
intellettivo-relazionale che vengono da
me in piscina per fare un po’ di nuoto e
vivere un’esperienza fuori di casa».
Emanuele per tutti loro è terapista,
istruttore, allenatore: «Mi prendono la
vita, per me stare con loro più che un
lavoro è una passione». Ragazzi con
autismo, con ritardo mentale, con varie disabilità relazionali: «Ognuno ha
le proprie esigenze e i propri sogni, e il
nuoto li aiuta ad essere più indipendenti e a stare in mezzo alla gente in modo più tranquillo, senza quelle reazioni
che agli occhi di molti appaiono come
pericolose ma che sono semplicemente
reazioni di paura».
Al di là del benessere fisico, sottolinea l’istruttore, nuotare è una via d’integrazione: «Il superamento del timore
dei rumori o delle luci, la frequenta-
Il ritorno degli atleti con disabilità
intellettivo-relazionale
Paralimpiadi. In attesa di
studiare la situazione e fare in
modo che non potessero più
esserci frodi del genere.
Il gran rientro, dopo
che sulla rivista Capital
Ora, a Londra 2012, si
dodici anni di divieti. Alle
raccontò per filo e per segno
ricomincia. Un ritorno soft,
Paralimpiadi di Londra 2012 il tutta la storia, allargando
che prevede la presenza di
mondo della disabilità torna il fronte (atleti disabili
a riunirsi e a presentarsi
“fasulli” anche in altri sport) tre soli sport, con appena
sette gare: il lancio del peso,
al completo: non solo gli
e puntando il dito contro la
atleti con disabilità fisiche e
mancanza di regole chiare sul il salto in lungo e i 1.500 metri
sensoriali, ma anche quelli
tema. Dietro la vicenda, anche per quanto riguarda l’atletica
leggera; i 200 stile libero,
con disabilità intellettive
una bella fetta di quattrini:
i 100 dorso e i 100 rana nel
e relazionali, esclusi dai
quelli degli sponsor sempre
Giochi dopo lo scandalo
alla ricerca di risultati, e quelli nuoto; il torneo singolare
nel tennistavolo. Tanto per
internazionale andato in scena dei finanziamenti elargiti
non esagerare, e valutare sul
nell’edizione di Sydney 2000. a livello internazionale alle
campo, con tutta calma, che le
Una vera e propria truffa,
federazioni nazionali con i
cose siano davvero cambiate.
passata alla storia come una migliori risultati sportivi.
Per il momento, pur con gli
delle dieci frodi sportive più
Lo scandalo, cui seguirono
ottimi risultati raggiunti nelle
celebri di tutti i tempi.
le dimissioni del presidente
ultime gare internazionali,
Accadde che dieci atleti
del Comitato paralimpico
la nazionale italiana non
su dodici della nazionale
spagnolo e la restituzione
ha ancora qualificato
spagnola, vincitrice dell’oro
della medaglia d’oro vinta
nessun atleta con disabilità
nel basket per atleti con
nel basket, fu così enorme
intellettivo-relazionale per
disabilità intellettive e
che il Comitato paralimpico
l’evento londinese della
relazionali, in verità non erano internazionale optò per una
prossima estate.
affatto disabili. A svelare la
decisione drastica: fuori
L’obiettivo non è poi così
realtà fu proprio uno di loro, il tutti gli atleti con disabilità
giornalista Carlos Ribagorda, intellettiva e relazionale dalle lontano però: nell’atletica
un infortunio al tallone ha
bloccato, nella prova di salto,
il campione del mondo sui
100 metri Ruud Koutiki, che
ha nelle corde la lunghezza
per volare a Londra. Anche
Johann Bonafede sui 1.500
metri può centrare l’obiettivo
Paralimpiadi. Nel nuoto, a
Kevin Casali manca un secondo
sui 200 stile, così come non
troppo lontana dal traguardo
è l’altoatesina Kathrin
Oberhauser. [S.C.]
25
SPORT Il sogno di Kevin
zio ne di nuovi posti, lo stare insieme
in corsia, addirittura il toccarsi, l’avere un contatto fisico (un vero “tabù”
per un autistico) costituiscono miglioramenti che in molti casi sembravano
inimmaginabili». Il tutto, ovviamente,
all’interno di un «lavoro di équipe» con
la famiglia, la scuola, gli amici, le associazioni, che mira «non a chiuderli in
casa per proteggerli, ma a far loro vivere una vita simile a quella dei loro coetanei, con il cinema, lo sport, il gioco,
lo svago». Ecco, con Kevin è andata proprio così: «Mai avrei immaginato anni
fa di poter andare insieme a lui per 14
giorni ad un campionato mondiale dove
c’è confusione, orari ferrei da rispettare,
una dieta da mantenere, un regolamento da non infrangere, e vederlo in grado
di vivere bene tutto questo».
Come per ogni persona con autismo, anche la vita di Kevin deve esse-
re attentamente programmata: «Se so
che fra 15 giorni ci sarà una gara – spiega Marinelli –, io darò al ragazzo ogni
giorno un’informazione, così che lui
l’ultimo giorno abbia interiorizzato e
sappia che deve partire, che si andrà in
tal posto, che a tale ora farà una gara,
che avrà finito e che tornerà a casa. La
cosa grandiosa è che ora riesce a superare gli imprevisti: per esempio, agli europei di Berlino e ai mondiali di Loano
ha tollerato il cambiamento improvviso
degli orari di riscaldamento, senza alcuna delle reazioni, anche violente, che
aveva in passato. Questo è uno dei vantaggi più grandi che Kevin ha avuto dal
percorso che abbiamo fatto insieme».
E pensare che tutto, quattro anni fa,
è iniziato quasi per caso. «Veniva una
volta a settimana e io usavo con lui la
didattica che comunemente si adopera
con bambini di sei o sette anni: ho presto notato, però, che ripetendo innumerevoli volte alcune azioni riuscivamo ad
ottenere un movimento globale e perciò
una nuotata».
Ogni giorno Kevin
Casali si allena
per migliorare
la sua prestazione
nei 200 stile libero.
Finora il suo record
personale è di
2 minuti, 11 secondi
e 0 centesimi,
ma il tempo per
potersi qualificare
ai Giochi paralimpici
è di 2 minuti e 10.
In alto, Kevin a
bordo piscina prima
di una gara
[foto di Giada
Lanzavecchia]
26
Regole ferree per chi gareggia
D
odici anni fa bastava una
semplice dichiarazione: nulla
di più. Nessun controllo era stato
effettuato sui finti atleti della
nazionale di basket spagnola
impegnata alle Paralimpiadi di
Sydney 2000, quelli responsabili dello scandalo che sfociò
nell’esclusione di tutti i disabili
intellettivi e relazionali dalle
successive edizioni dei Giochi.
Per partecipare a quelle gare
era stato sufficiente firmare un
foglio che attestava la propria
situazione di handicap: nessun
altro riscontro, nessun’altra
verifica indipendente.
Ora che a Londra 2012 torneranno in gara anche loro, le
regole sono molto più strette.
Per svolgere attività agonistica
a livello internazionale e paralimpico, l’atleta con disabilità
intellettiva e relazionale deve
essere in possesso di classificazione a fini sportivi in base alle
norme stabilite dall’organismo
di riferimento, l’Inas, cioè la Federazione internazionale degli
sport per atleti con una disabilità
intellettuale (che a sua volta è
componente dell’Ipc, il Comitato
paralimpico internazionale).
L’atleta viene sottoposto,
da parte della sua federazione
nazionale (in Italia, la FisdirFederazione italiana sport disabilità intellettiva relazionale), a
La frenesia è una delle caratteristiche dell’autismo e – spiega
l’allenatore – «se si ha la possibilità di capire come far confluire
questa frenesia nella nuotata, il
risultato è un aumento della frequenza
e dunque della velocità: così da un semplice ambientamento in acqua siamo
passati prima ad una ricerca di tecnica
e poi a un allenamento vero e proprio».
«Non sapevo di avere un atleta – riflette Marinelli – e lui all’epoca non lo
era: abbiamo provato e col tempo, con
tanti e tanti tentativi, tanti errori e qualche successo, siamo arrivati alla meta.
Ma non c’è una ricetta vera e propria:
abbiamo provato e tuttora semplicemente proviamo». Dalla piccola piscina
di zona alla piscina olimpica della città, dalle gare locali a quelle regionali e
poi nazionali, per non parlare del grande salto nelle competizioni continentali e mondiali, le esperienze in acqua per
Kevin Casali sono cambiate molto, con
due valutazioni. In primo luogo
c’è una diagnosi della disabilità
intellettiva secondo i criteri
utilizzati dall’Organizzazione
mondiale della sanità: il rilevamento delle funzioni intellettive
sotto la media viene effettuato
usando i principali test di efficienza intellettiva, standardizzati
e riconosciuti a livello internazionale (i metodi Wisc, Wais,
Standard Binet e Raven Matrices).
In secondo luogo, c’è una
valutazione dell’influenza della
disabilità intellettiva nella pratica
della specifica disciplina sportiva:
operazione più complessa, per-
ovvie ripercussioni anche in termini di
pressione emotiva e di carico di responsabilità.
L’obiettivo qualificazione a Londra 2012 comporta, in questo senso, un
rischio anche per gli atleti che non vivono una disabilità intellettiva e relazionale; figuriamoci quanto ciò può
apparire delicato in un ragazzo con autismo.
L’allenatore di Kevin, naturalmente,
se ne mostra consapevole: «Sì, parliamo di Londra ma preferisco non illudere mai nessuno: io faccio il mio lavoro,
so quale è il mio e il suo obiettivo ma
soprattutto so quale è il suo bene. Il suo
bene oggi è quello di non essere stressato più di quello che dovrebbe essere.
27
ché richiede che si tenga conto
dei contesti sociali e culturali in
cui vivono gli atleti, e attuata
sempre secondo gli standard
riconosciuti. In Italia, la Fisdir
richiede inoltre il possesso del
certificato di «idoneità allo sport
agonistico adattato ad atleti disabili», effettuato dagli specialisti
in Medicina dello sport autorizzati sulla base delle normative
delle singole leggi regionali.
Per gli atleti con sindrome di
Down, che gareggiano in una
categoria specifica (la C21), la
federazione italiana prevede la
valutazione della mappa cromosomica e del certificato medico
attestante la presenza o meno
di instabilità atlanto-assiale, oltre
alla dichiarazione delle condizioni
fisiologiche dell’atleta a firma di
un medico di fiducia, dell’atleta
e del genitore/tutore. [S.C.]
Londra c’è, rimane un nostro
obiettivo ma non può e non deve diventare un’ossessione. Ne
parliamo soprattutto quando
ha bisogno di sentirsi caricato,
ma non esagero mai. Non voglio creare
né aspettative eccessive, né tanto meno
delle frustrazioni».
Per rosicchiare quel secondo che
manca, gli allenamenti vanno ora avanti in due direzioni: «Da un lato abbiamo
incrementato a livello di volume e di intensità di lavoro, il che significa che Kevin nuota tanto e sulla lunga distanza;
dall’altro lavoriamo su fattori specifici
come la virata o il tuffo, che Kevin esegue in modo precario e che non sono
proficui dal punto di vista cronometrico. Ci occupiamo di finezze, insomma,
e con un po’ di fortuna e metodo speriamo di arrivare a questo “due e dieci”.
Con la certezza che, al di là del cronometro e della speranza Londra, i risultati straordinari sono già arrivati».
TEMPO LIBERO Itinerari per tutte le tasche
Campeggi, villaggi, ostelli:
viaggiare senza svuotare
il portafoglio è possibile.
Una soluzione spartana?
A volte è migliore
di un albergo
a cinque stelle
Viaggi low cost
Chiara Ludovisi
A
ccessibile per le persone disabili, ma anche per le loro tasche: è
il turismo low cost senza barriere, quello di chi viaggia tra villaggi e
campeggi d’Italia e del mondo, magari in moto o a bordo di un camper. È
una fetta significativa del turismo nel
nostro Paese, e non solo di quello “disabile”: anche in questo periodo di crisi,
infatti, Faita-Federcamping (Federazione delle associazioni italiane dei com-
28
plessi turistico ricettivi all’aria aperta)
ha riportato un aumento del 3% negli
arrivi e del 4% nelle presenze.
E se siamo abituati a pensare il viaggiatore disabile condannato inesorabilmente ad alberghi accessibili sì, ma
a cinque stelle, è forse il momento di
correggere questa immagine: sempre
più sono infatti i turisti disabili che,
per le loro vacanze, scelgono un campeggio o un villaggio, proprio in virtù
della maggiore accessibilità di queste
per un turismo accessibile
strutture. Secondo una recente ricerca dell’Osservatorio Buyer Ttg, oltre il
77,2% dei villaggi e il 72,5% dei campeggi soddisfano le esigenze di persone con esigenze speciali, contro il 49,8%
degli agriturismi, il 51,9% degli hotel e il
21,8% dei bed & breakfast.
Ma cosa succede ai prezzi, quando
un villaggio è senza barriere e propone
ai suoi ospiti case mobili super accessoriate, con il massimo del comfort e del-
la pulizia? «Il campeggio è low cost, ma
molti villaggi no», spiega Max Ulivieri,
giovane disabile creatore e animatore
del sito diversamenteagibile.it, specializzato in turismo per tutti. «Certo, in
albergo l’accessibilità costa cara, perché
la trovi quasi sempre in strutture nuove, moderne o recentemente ristrutturate: impossibile spendere meno di 100
euro a persona per notte».
Invece un pernottamento in una casa mobile per quattro o sei persone, do-
29
tata di tutti i comfort e del massimo di
accessibilità, può costare «al massimo 250 euro in alta stagione per quattro posti letto», assicura Roberto Vitali,
presidente di Village for All, portale e
marchio di qualità che ha come obiettivo l’inclusione turistica di tutti. «È vero che nel panorama dei campeggi e dei
villaggi si trova tanto il low cost quanto
il cinque stelle, ma non troveremo mai
i prezzi di un albergo accessibile. C’è
però il problema della qualità: se van-
TEMPO LIBERO Itinerari per tutte le tasche
no nello stesso albergo un disabile e un
non disabile, con lo stesso prezzo al secondo danno una camera al terzo piano con vista mozzafiato, al primo una
stanza d’ospedale al piano terra, magari vista muro».
Oltre alla possibilità del villaggio,
esiste poi quella – ancora più low cost
– del campeggio: non solo una scelta
economica, ma per tanti una vera e propria passione, come nel caso dello stesso Roberto Vitali: «Io viaggio con tenda
e sacco a pelo, insieme a mia moglie e
mia figlia. Ho fatto anche il viaggio di
nozze in tenda: undici giorni sul lago
di Bolsena, in una canadese a quattro
posti che montavo da solo, seduto sulla
mia carrozzina. La vacanza in campeg-
“Specialmente
camperista”,
un
vademecum
per tutti
R
ealizzato da “Village4All” in collaborazione con la
rivista Plein Air, il vademecum per il
camperista disabile snocciola una serie di consigli utili e
indicazioni pratiche
per godere al meglio la propria vacanza all’aria aperta.
gio o in villaggio è una vacanza “senza
cravatta”, che sembra piacere molto ai
turisti disabili, visto che in alcune nostre strutture – conclude – ben il 10%
del fatturato annuale deriva dagli ospiti disabili».
Una tendenza che viene confermata
anche da Franco Vitali, titolare dell’Holiday Village Florenz di Comacchio, la
prima struttura che ha aderito a Village4All. «Le presenze di persone disabili
sono circa 3mila l’anno: prediligono la
casa mobile, noi ne abbiamo 37. Ci sono poi alcuni clienti che vengono con il
proprio camper accessibile».
è come avere la casa appresso»: Luigi
Cozon è tra coloro che hanno scelto il
camper, adattato completamente alle
proprie esigenze. Sessantuno anni,
paraplegico da quando ne aveva 25, è
stato fino a pochi mesi fa insegnante di
educazione fisica e da sempre ama la vita
sportiva, all’aria aperta. Forse per questo
è convinto che per le persone disabili
la vacanza in camper sia la migliore,
«perché supera tutte le barriere. Hai i
servizi al seguito, i letti sempre pronti ed
è più facile fare una vita sociale». Dato
che un camper accessibile costa «almeno
55mila euro, chi volesse solo fare una
prova può noleggiarlo».
Camper, che passione. «È come
È la possibilità che offre, tra gli altri,
una chioccia che si porta dietro il guscio, Corrado Bertolin, disabile a sua volta
e titolare della Italnolo, che a Schio (in
provincia di Vicenza) dispone anche di
un camper accessibile. «Il punto di forza del nostro veicolo? Non solo è accessibile l’abitacolo, ma anche la cabina di
guida, per cui può essere lo stesso disabile a condurlo».
Questa opportunità sembra piacere a molti, visto che «in un anno, abbiamo avuto il camper impegnato circa
6 mesi, per un totale di 17 clienti; l’ha
usato anche il regista Bernardo Bertolucci a Roma. E ho fatto un preventivo
a un americano che, il prossimo anno,
lo vorrebbe per due mesi per compiere il giro dell’Europa. Il camper assolve
a tre problemi del viaggiatore disabile:
Eccone alcuni passaggi.
L’accessibilità
al seguito. Il veicolo ricreazionale è
un formidabile strumento ammazzabarriere: la cellula
abitativa consente
di portare appresso
l’autonomia di viaggio, di riposo e di ristoro.
1
2
Informarsi prima. Prima d’iniziare il viaggio,
verificare sempre
l’esistenza e l’ubicazione di zone a
traffico limitato, la
presenza di parcheggi riservati, le
modalità per ottenere i permessi di
accesso ai centri urbani, l’accessibilità
30
ai musei ed edifici
storici, la percorribilità delle zone pedonali.
Norme di comportamento.
Non dimenticare
che il camper è, e rimane, un veicolo
ingombrante: qualora si crei una colonna (ad esempio
sulle strade di mon-
3
tagna), è bene ogni
tanto fermarsi e lasciar defluire il traffico che segue.
Rispettare sempre il
Codice della strada;
utilizzare con buon
senso le normative a favore per l’accesso, il transito, il
parcheggio in aree
regolamentate (come ad esempio nel
servizi, ristorante, albergo. Io sono una
persona disabile e queste problematiche
le sento sulla pelle da 50 anni».
Il costo del noleggio di questo camper, che ha quattro posti letto, equivale
a quello degli altri e «varia da un minimo di 75 a un massimo di 150 euro
a notte». Purtroppo esiste un limite: «I
cosiddetti normodotati non vogliono
questo camper, sebbene sia comodissimo anche per loro. Questione di pregiudizi...».
Ostelli senza barriere, ecco i “top 5”
B
arcellona, Stoccolma, Lisbona, Firenze e Berlino: è qui che si
trovano i 5 ostelli più accessibili d’Europa, secondo la stima di
HostelBookers, azienda leader per la prenotazione di ostelli nel
mondo e sito di riferimento per viaggiatori low cost. Un giudizio
costruito sulla base di due importanti parametri: l’accoglienza e
l’accessibilità. Nella città catalana si trova l’ostello Pere Tarres, con
240 posti di cui 32 per gli ospiti con disabilità motoria. Presso lo Stf/
Hi Fridhemsplan di Stoccolma gli ospiti su sedia a ruote possono
prendere alloggio e vedersi garantita una vacanza senza sorprese.
L’Old Town hostel di Lisbona dispone di diverse stanze al pianterreno, predisposte per accogliere clienti con disabilità. Per chi va a
Berlino c’è invece l’All In hostel: ha 400 stanze di varie tipologie,
alcune delle quali pensate appositamente per persone disabili e
raggiungibili tramite un ascensore, con un bagno accessibile in
comune e corrimano nei corridoi. A Firenze, infine, viene segnalato
l’Archi Rossi hostel: dispone di stanze private e dormitori predisposti
ad accogliere viaggiatori disabili, raggiungibili tramite una comoda
rampa. Maggiori informazioni sul sito it.hostelbookers.com. [C.L.]
Ma l’accessibilità è davvero una
priorità «a tutti i costi»? Non la pensa così Francesco M., che gira il mondo, carrozzina al seguito, e non si ferma
certo davanti a una barriera: «La differenza la fanno le persone – assicura –.
Ho fatto bellissimi viaggi in paesi come
Cuba o il Madagascar, dove certo non si
trovavo il pullman o il catamarano accessibile. Ma l’avventura mi interessava più dell’accessibilità: così accettavo
di sedermi sul gradino del bus o di essere trasportato a braccia dai marinai.
Anzi, quando posso evito la camera accessibile, che generalmente è brutta e
neanche tanto comoda».
Quel che conta, conclude, è che «si
crei la cultura dell’accessibilità. E possiamo crearla solo se noi, con le nostre
disabilità, iniziamo a girare, a farci vedere nel mondo, presentandoci come
turisti uguali agli altri».
Scegliere campeggi,
villaggi, ostelli?
Significa risparmio
assicurato.
Una notte in albergo
accessibile costa oltre
100 euro a persona,
una casa mobile
al massimo 250 euro
per 4 persone.
E per noleggiare un
camper accessibile,
con quattro letti,
si spendono dai 75
ai 150 euro.
centro storico); porre sempre la dovuta
attenzione alle dimensioni d’ingombro del mezzo.
Aiutati e fatti
aiutare. È un atteggiamento utile
se non indispensabile per il superamento della propria
disabilità. Ricordare che, sapendo
viene richiesto. Chi
ci controlla lo fa per
meglio tutelare i nostri diritti. Essere
disabili non giustifica comportamenti
non corretti o poco educati verso
il prossimo. Ricordiamo che il nostro
comportamento è
sempre sotto gli occhi di tutti, poiché
4
presentare correttamente i propri bisogni, si troverà la
risposta adeguata
da parte dei gestori delle strutture ricettive.
Facciamoci riconoscere. Teniamo il contrassegno
ben esposto e leggibile ed esibiamolo ogni volta che ci
5
siamo doppiamente visibili, in quanto camperisti e in
quanto disabili.
Il passaparola è
una risorsa. Diamo ascolto ai consigli degli amici: le
persone con disabilità simili alle nostre sono quelle che
spesso possono darci la dritta miglio-
6
31
re. Non riteniamole
però responsabili
nel caso tornassimo
a casa insoddisfatti: avere lo stesso tipo di disabilità non
comporta (per fortuna) avere le stesse preferenze e gli
stessi gusti.
La nostra
esperienza
è preziosa.
7
Impariamo a
raccontare le nostre
esperienze ad altri,
utilizzando le tante
risorse presenti su
Internet e i mezzi di
stampa. La nostra
esperienza, una
volta divulgata,
potrà rappresentare
una preziosa fonte
informativa per
tutti. [C.L.]
MEDIA
Vintage
comic chat:
comunicare
con i fumetti
U
na chat a fumetti per imparare attraverso le immagini. Il sogno di molti ragazzi
appassionati di social network
potrebbe presto diventare realtà. Come? Grazie alla “Vintage
comic chat”. L’idea è di Gianluca Nicoletti, giornalista radiofonico, scrittore ed esperto
di tecnologie e comunicazione, che insieme a un team work
composto da professori universitari, ingegneri e giovani appassionati della rete (il gruppo
Uniphantom) sta mettendo a
punto un progetto ispirato alla comic chat, inventata e poi accantonata, dalla Microsoft negli
anni Novanta. Con una veste,
però, non solo ludica ma utile
per quanti soffrono di disturbi
dell’apprendimento.
La struttura è semplice, anche se alla base c’è un algoritmo molto sofisticato: grazie a un
software l’interazione in chat si
trasforma in una striscia di fumetto potenzialmente infinita.
Basta scambiarsi qualche parola,
quindi, e una normale conversazione istantanea diventa una
grafic novel, con tanto di avatar
di chi scrive.
La novità principale del progetto del gruppo Uniphantom
sta, però, nel suo utilizzo. L’applicazione, formata da testo e
immagini, contiene in sé le basi del sistema di comunicazione
aumentativa e potrebbe essere
utilizzata da insegnanti ed educatori per aiutare l’apprendimento dei ragazzi con problemi. Tra
i possibili impieghi c’è, infatti,
quello dello “Special needs education”.
Questo nuovo strumento consente, inoltre, di giocare con le
“faccine” e comunicare, attra-
Rispetto alla vecchia comic chat, il software sarà integralmente riscritto dall’Università
della Calabria. Per ora il progetto,
Grazie a un
software,
ancora in fase sperimentale, verrà
l’interazione in
approfondito presso l’ausilioteca
chat si trasforma
dell’Istituto “Leonarda Vaccari”
in una striscia di
di Roma. Qui un gruppo di opefumetto
ratori specializzati lavoreranno
potenzialmente
verso la mediazione del software, infinita. Basta
all’idea di un «amplificatore di coche traduce parole in espressio- scambiarsi
municazione», multipiattaforma
ni facciali, anche il proprio stato qualche parola,
fruibile su ogni tipo di hardware
quindi,
emozionale. Un’operazione niente e una normale
(dallo smartphone al pc).
affatto scontata per i ragazzi auti- conversazione
«La sfida è quella di produrre
stici. «Stiamo cercando di decli- istantanea
un medium nuovo e molto spenare il progetto per uno spettro diventa una grafic cializzato che attraverso il fupiù ampio possibile di impieghi novel, con tanto di metto, il testo, alcune immagini
avatar di chi
nel settore della disabilità, ma scrive
simboliche favorisca lo sviluppo
anche nella didattica per ragazzi
relazionale, sensoriale, cognitinormodotati, che hanno comunvo di chi partecipa all’esperienza
que un grande bisogno di essedi amplificazione comunicativa»,
re stimolati a una forma corretta
aggiunge il giornalista. In Aue partecipata di comunicazione
stralia il Queensland department
– spiega Nicoletti –. In sintesi,
of education ha utilizzato questo
usano social network e tablet con
tipo di chat per l’approccio alla
grande sicurezza, ma possono escomputer tecnology dei bambini
sere guidati a farne un uso meno
in età prescolare e degli alunni
dispersivo e più mirato alla quadelle elementari, con notevoli rilità della comunicazione».
sultati. [E.C.]
32
CULTURA
LIBRI
Storia di Eva,
fiaba nordica
sulla diversità
I
l fuoco della passione calato in
una scrittura lucida e distaccata. Ha i colori di una favola
nordica e lo stralunato realismo
di un trattato scientifico di inizio Novecento l’ultimo romanzo
di Erik Fosner Hansen, La donna leone, che ha ricevuto il prestigioso premio dei librai norvegesi.
Protagonista del volume Eva, una
donna affetta da una malattia rarissima denominata «ipertricosi
lanuginosa congenita».
Figlia di un austero capostazione e della più fervente animatrice
del coro parrocchiale, Eva nasce
coperta da una folta peluria bionda, che presto si rivelerà destinata
a non cadere più. Avendo perso la
madre al momento del parto, trascorre la sua infanzia tra la rigida
disciplina del padre ferroviere e le
amorevoli cure della balia Hanna
la quale, dopo un iniziale «ribrezzo», impara ad amare quella bambina così diversa dai suoi coetanei.
Ma Eva è diversa solo nell’aspetto
e i suoi primi anni trascorrono nel
tentativo disperato di rompere il
duro isolamento a cui suo padre la
costringe. Col tempo però Eva apprenderà, a sue spese, che i timori del capostazione non erano del
tutto infondati e che il mondo circostante non è in grado di guardare oltre la sua evidente diversità.
Senza moralismo né morale,
la penna di Hansen invita a riflettere sullo stigma della differenza.
E il pensiero, per il lettore italiano,
non può non correre a La donna
scimmia, che il regista Marco Ferreri portò sullo schermo nel 1964.
Chi ha visto il film non può dimenticare il cinismo dell’imbroglione Focaccia/Tognazzi, che per
arricchirsi non esita a sposare Maria e a portarla in giro per il mondo come fenomeno da baraccone.
Quasi cinquant’anni dopo chi
legge Hansen rimane incantato
dalla raffinata intensità di questa
fiaba crudele sull’ostinata banalità di chi guarda il mondo senza
vederlo. [A.P.]
33
Erik Fosner Hansen
La donna leone
Tropea editore 2011
pagine 390, euro 18,00
CULTURA
LIBRI
LIBRI
Francesco Nuti
si racconta
Un presunto
malato
e un angelo
psicotico
U
N
on tutti gli angeli hanno le
ali. Benni invita a uscire dal
cliché della creatura piumata e onirica, anche se mantiene la
cifra del suo linguaggio surreale,
a tratti grottesco.
Entrando a gamba tesa nell’esistenza del protagonista, Morfeo,
ne racconta l’infanzia segnata da
un incidente che, a catena, genererà una serie di false diagnosi
e di cure quantomeno approssimative: situazione che dà il “la”
a una critica esplicita del sistema sanitario, concepito da alcuni medici esclusivamente come
trampolino sociale.
Diventato adulto e padre, circondato da figure sbiadite e poco significative per la sua vita, il
protagonista incontra un “angelo” in carne e ossa, uscito da un
ospedale psichiatrico dismesso: figura tutt’altro che serafica,
portatrice però di un messaggio
positivo nell’esistenza di Morfeo.
Segno che l’autenticità di un’amicizia, pur superando apparenze
superficiali, non può bypassare la
sofferenza, il dolore: deve avere il
coraggio di entrarci. E di condividerli, fino in fondo. [L.B.]
Stefano Benni
La traccia
dell’angelo
Sellerio 2011
pagine 106, euro 11
Francesco Nuti
(a cura del fratello
Giovanni Nuti)
Sono un bravo
ragazzo
Rizzoli 2011
pagine 206, euro 17
Lorenza Ghinelli
Il divoratore
Newton Compton 2011
pagine 254, euro 9,90
na notte di settembre Francesco Nuti cade dalle scale,
va in coma e rimane immobilizzato a letto e privo della possibilità di parlare. È il 2006 e la
caduta arriva al culmine di un
cupo periodo di depressione e
sconforto in cui la fama, le auto
di lusso e le belle donne sembrano ormai il ricordo di un tempo
ormai definitivamente tramontato. Tuttavia quella caduta, con la
pausa di riflessione che necessariamente comporta, assume il significato catartico del ritorno alla
vita reale. Almeno questa è la versione dell’attore fiorentino che,
con l’aiuto del fratello Giovanni,
ha dato alle stampe la sua autobiografia dal sottotitolo: Andata,
caduta e ritorno.
Passati i dirompenti anni dei
film campioni di incasso, ma anche quelli più cupi della solitudine, dell’invidia e dell’impotenza,
Nuti torna a Prato dove può finalmente ripercorrere i momenti clou della sua vita e della sua
giovinezza: dalle sale da biliardo ai primi spettacoli sul palco
del “mitico” teatro Metastasio,
fino al trionfale arrivo nella capitale e ai primi passi verso il declino. Eppure dalle pagine del
libro non affiora alcun sentimento di rimpianto. Emerge piuttosto
lo sguardo distaccato di chi, dopo
la tempesta, riconquista la quieta
consapevolezza dell’ineluttabile
fugacità di ogni cosa. E anzi si affaccia una rinnovata fiducia nella possibilità di guardare avanti,
meditando un rientro nel mondo
dello spettacolo dietro le quinte.
34
«Io sono vivo. Sono guarito e
il mio futuro è aperto. Non sono
ancora forte come vorrei, la parola stenta a scivolare e dopo che ho
camminato per cento passi devo
riposarmi – scrive –. Negli ultimi
due anni sono migliorato, lentamente, ma molto migliorato. Sono
sereno e ho ricominciato a pensare al mio lavoro, passato e futuro.
Ho ripreso in mano le mie ultime
sceneggiature (...). Non so ancora come questi progetti si svilupperanno, ma sono certo che sono
buoni semi che daranno buoni
frutti». [A.P.]
LIBRI
Pietro e gli altri,
il noir
(psicologico)
è servito
A
l di là della trama noir, che
comunque dà ritmo alle pagine e tiene con il fiato sospeso fino alle ultime righe, il
romanzo prende il titolo da un
protagonista misterioso, nascosto
e crudele. Il suo alter ego si rivela, a sorpresa, fin dall’inizio della storia, anche se man mano che
l’intreccio si dipana il suo ruolo
diventa sempre più preminente.
Al suo esordio come personaggio, infatti, il quattordicenne
Pietro sembra piuttosto dimesso,
impaurito e solo. Anche se ha un
fratello di nove anni, Dario. Perché proprio i giovanissimi amici
del fratellino lo deridono ferocemente, mettendolo in ridicolo e
prendendosi gioco della sua disabilità.
La sua corazza protettiva nei
confronti degli altri si chiama
autismo e, per chi non sa decodificarla, appare un muro insormontabile o un’occasione per
denigrarlo. Sta proprio qui il capovolgimento del ruolo di Pietro
nella storia: proprio lui, che non
riesce a comunicare in modo convenzionale ma parla disegnando,
diventa il testimone di una serie
di delitti grazie a una percezione
speciale. La capacità, cioè, di sentire l’avvicinarsi del male e la forza di non lasciarsi affascinare dai
suoi sottili tranelli. Così il “giallo” delle vicende trascolora in
un’indagine eminentemente psicologica. Non solo del vissuto di
Pietro, della sua disabilità a confronto dei cosiddetti “normali”,
ma anche della sua famiglia e di
altre famiglie, della sua terapeuta Alice e dei suoi dolori rimossi.
L’adolescente autistico, insomma, si trasforma in una sorta di
specchio con cui confrontarsi,
davanti al quale non aver paura delle proprie debolezze, di un
passato da nascondere, di ferite
ancora aperte. La sua figura viene scolpita via via nel libro, e non
come un eroe talmente buono da
non credere alla sua autenticità:
al contrario, le fragilità di Pietro sono evidenti, sotto gli occhi
di tutti. Eppure, quell’apparenza
nasconde un coraggio e una forza
insospettabili. Un’esperienza profonda che lo accomuna a tanti altri esseri umani.
«Ad attrarmi è il lavoro incessante di scavo, di ricerca dell’identità, qualsiasi essa sia», scrive
l’autrice nel suo blog; trentenne, al
suo primo romanzo, lavora come
editor e sceneggiatrice per la Taodue. I diritti del volume sono stati già venduti in Russia, Olanda,
Francia, Spagna, Brasile e America Latina: probabilmente il noir fa
cassa. Ma il lettore che si immergerà in questa storia assaporerà
un linguaggio pulito e un tratteggio dei personaggi a tutto tondo,
con un’eco quasi nostalgica dei
classici novecenteschi. [L.B.]
VIDEO
Sguardi
sulla disabilità
all’Anello debole
G
amba Trista e Il lavoro piace: sono dedicati alla disabilità due dei cortometraggi
vincitori del premio “L’Anello debole 2011”, bandito dal 2005 dalla Comunità di Capodarco per i
migliori cortometraggi, réportage, servizi televisivi e radiofonici
sui fatti e le vicende delle persone
più fragili.
I due lavori hanno concorso rispettivamente nelle categorie “Corti di fiction” e “Corti
della realtà”. Il primo, realizzato
da Francesco Filippi (Studio Mistral), è un cartone animato che
racconta la storia di un ragazzo
nato con le gambe molli ma che,
proprio per questo suo limite, ha
imparato a sviluppare altre qualità. L’opera ha colpito la giuria e
il pubblico per la freschezza e la
modernità, oltre all’immagine
che offre della disabilità: al centro c’è semplicemente una persona, con i suoi progetti, le sue
limitazioni e la sua capacità di
trarne la forza per eccellere.
Il lavoro piace, di Jacopo Bernard, Camilla Bilato e Anna di
Napoli (Laboratorio multimediale Università dell’Insubria) racconta invece la quotidianità di
ragazzi con sindrome di Down
perfettamente integrati nel mon-
35
do del lavoro. Una giornata semplicemente illustrata da una
carrellata di immagini e musica,
senza alcun commento.
Anche il tema della psichiatria
spicca tra i premiati: la categoria
tv è stata vinta da Ergastolo bianco di Francesco Cordio, Mario
Pantoni, Francesca Iachetti, Giacobbe Gamberini (Rai Tre-Presadiretta), risultato dell’inchiesta
voluta dal Senato della Repubblica sullo stato di degrado degli
ospedali psichiatrici giudiziari.
L’argomento torna anche nel corto Mariuccia, una vita per i matti, di Monica Moretti, finalista
nella categoria tv; il video dà voce a un’infermiera, poi presidente-volontaria in una cooperativa
per il reinserimento lavorativo
dei “matti”, che racconta la sua
esperienza al fianco di Franco
Basaglia: «Ho visto rifiorire le
persone».
Tra i finalisti della sezione
“Corti della realtà”, La tinaia,
che ha per protagonisti gli artisti/pazienti dell’omonimo centro
di attività espressive di Firenze,
impegnati in un laboratorio di
arte e le cui opere sono in mostra
in vari musei in Italia e all’estero. Tutti i video si trovano sul sito
www.premioanellodebole.it.
[Alessandra Brandoni]
CULTURA
TEATRO
Il libro nero dei colori
Menena Cottin - Rosana Faría
Rain man,
arriva sul palco
l’uomo della
pioggia
L’
gli arredi di scena che arrivano
dall’alto o dalle quinte laterali –
ma soprattutto lo specchio delle emozioni di Ray. Il susseguirsi
di immagini proiettate, che diventano fondali e raccontano allo
spettatore il mondo di Raymond,
concretizzando i suoi momenti di
crisi, paure e ricordi, come la famosa Buick o la casistica degli aerei caduti in volo.
È anche grazie a questa scelta che risulta assolutamente convincente l’interpretazione di Luca
Lazzareschi, attore
toscano di grande
esperienza, che nel
ruolo di Ray commuove e fa sorridere: «Un lavoro a
togliere», spiega,
quello necessario a
raccontare pensieri
che non si possano
esprimere con una
struttura e l’assenza di intonazioni.
Nella versione
teatrale tutto ricorda il film: la musica, i costumi e
più di tutti Luca Bastianello nel
ruolo del fratello minore di Ray,
Charlie. Colpisce l’assoluta somiglianza a Tom Cruise nei gesti e
nella voce.
Charlie, nella visione di Marconi, è «il pubblico ignorante»,
quello che esprime un giudizio superficiale e offensivo verso le persone autistiche, quello
che non conosce la patologia ma
giudica. Un approccio che muta,
man mano che Charlie – e con lui
il pubblico – “scopre” Ray. A fine
spettacolo vengono proiettate informazioni e cifre che riguardano
la patologia. Al pubblico il messaggio arriva chiaro.
autismo in primo piano a
teatro: è la nuova sfida di
Saverio Marconi, che porta
I colori si “vedono” anche senza gli occhi . Il giallo ha il
in scena con la Compagnia della
sapore della mostarda ed è morbido come le piume di un
Rancia la versione teatrale di Rain
pulcino. Il rosso è dolce come la polpa dell’anguria e duole
man. Il film – ispicome la ferita su un ginocchio. Il marrone crepita come le
rato alla vera storia
foglie d’autunno sotto le suole delle scarpe. Realizzato da
di Kim Peek, a cui
due autrici venezuelane, Menena Cottin e Rosana Faría, Il
libro nero dei colori nel 2008 è stato definito dal “New York
l’autismo aveva reTimes” come il volume illustrato «più bello dell’anno». Edito galato un’assoluta
anche nel nostro Paese da Gallucci (28 pagine, 16,50 euro),
capacità di memosuggerisce come percepire i colori con sensi diversi dalla
rizzare – conquistò
vista; destinato a lettori vedenti e non vedenti, è corredato
nel 1988 il pubblico
da una traduzione in Braille.
e valse l’Oscar come miglior attore
Dalla Uildm fumetti a rotelle. Oltre
protagonista a Ducento pagine a fumetti per raccontare
la disabilità: un catalogo frutto del
stin Hoffman per
concorso “Prestami la tua mano per
l’interpretazione di
il mio sogno”, bandito dall’Uildm di
Raymond.
Bologna. Hanno partecipato undici
Marconi scedisegnatori, lavorando in tandem
glie oggi di far rivivere la storia
con sei ragazzi affetti da distrofia
muscolare. Il
dell’uomo della pioggia e di Charrisultato? Nove storie lie, che da adulto scopre di avebrevi che raccontano
re un fratello autistico e impara
il quotidiano
attraverso vari generi, ad amarlo, con la voglia di commuovere il pubblico ma anche di
dalla fantascienza
all’umorismo.
informarlo.
Con un comune
Attori e regista hanno lavorato
denominatore:
con
esperti e operatori dell’assoleggerezza e ironia.
ciazione
Autismo Italia onlus per
L’apparenza inganna,
ricreare il mondo di Ray e renderla vincitrice, vede
protagonisti due
lo credibile.
gattini diffidenti
Vincente la scelta scenografica
verso gli amici su sedia
di
Gabriele Moreschi: una scena
a ruote della padrona.
essenziale, una sorta di scatola divisa in sezioni, riquadri e
scompartimenti, che riproducono il ragionamento a schemi, tipico di questa patologia. Scelta
funzionale alla scenografia – con [Carla Chiaramoni]
36
MUSICA
Contaminazioni
a tutto campo
con Amadou
& Mariam
S
onorità elettroniche e strumenti tradizionali, armonia e impegno sociale fusi
in un nuovo album per raccontare le speranze di un continente, l’Africa. Conosciuti in tutto il
mondo per i loro due nomi inseparabili, Amadou & Mariam sono due musicisti ciechi del Mali,
oggi ambasciatori del World food
programme per l’Unione europea.
È in uscita il loro nuovo lavoro: un disco sperimentale, d’incontro e mescolanza di diverse
culture. «Sarà un album più elet-
tronico – spiega Amadou –. Ci
saranno strumenti tipici africani, ma anche molto blues».
Il disco avrà arrangiamenti
moderni, promettono i due artisti, e vedrà la partecipazione di
Bertrand Cantat, leader dei Noir
Désir. Un ritorno in sala d’incisione dopo alcuni anni dall’ultimo lavoro, Welcome to Mali,
del 2008, che ha venduto oltre
300mila copie. Ma il loro record
di vendite lo ha fatto registrare l’album Dimanche à Bamaco, prodotto da Manu Chao, che
con circa 800mila copie in tutto
il mondo ha decretato il loro successo internazionale.
Al loro attivo anni di concerti e
di progetti, come l’ultima canzone scritta proprio per il Wfp, Labendela, lanciata lo scorso ottobre
e disponibile su iTunes. «Significa: i ragazzi sono il futuro – dice
37
Mariam –. Dobbiamo combattere
la fame e tenere per mano gli altri. Soltanto così saremo in grado
di farcela».
La carriera dei due musicisti, conosciutisi da giovani all’Istituto per ciechi di Bamako e
diventati una coppia nella musica e nella vita, è segnata da una
lunga lista di date e collaborazioni da Londra a New York: dai
Coldplay a David Gilmour dei
Pink Floyd.
Tra le loro recenti esibizioni,
quella della cerimonia del Nobel
per la Pace 2009 consegnato a
Barack Obama e all’apertura della Coppa del Mondo Fifa in Sudafrica. Il loro ultimo tour, Eclipse,
quest’anno ha fatto tappa anche
in Italia, a Ferrara, dove si sono esibiti accompagnati da una
band di ben 14 musicisti.
[Giovanni Augello]
RUBRICHE Inail... per saperne di più
Rosanna Giovèdi
Regolamento protesico: la vita
di relazione è in primo piano
Molte le novità presenti nel testo emanato dall’Inail
lo scorso settembre. Previste anche specifiche prestazioni
per rispondere alle esigenze del lavoratore
all’interno della famiglia
I disegni di questa sezione del magazine sono di Saul Steinberg
I
a pieno titolo, aventi diritto a specifiche prestazioni.
Il nuovo Regolamento, oltre all’aggiornamento dei dispositivi erogabili
in base all’evoluzione tecnica e tecnologica, prevede: il sostegno per il reinserimento dei lavoratori infortunati e
tecnopatici nella vita familiare, sociale
e lavorativa; il supporto per i familiari
dei lavoratori nella gestione delle situazioni che si verificano, o si aggravano,
a causa degli eventi lesivi; il sostegno
per il reinserimento nella vita di relazione per i familiari superstiti dei lavoratori deceduti a causa di infortunio o
malattia professionale; l’ampliamento
della disponibilità di sistemi domotici;
l’incremento dei dispositivi dotati di
cosmesi e tecnologie avanzate; l’incremento della fornitura di protesi e ausili per l’attività sportiva.
l “Regolamento per l’erogazione di prestazioni di assistenza protesica agli invalidi del lavoro” ha tradizionalmente rappresentato lo strumento attraverso
il quale l’Inail ha regolato la fornitura di protesi, presidi, ausili, dispositivi
tecnici e tecnologici, agli infortunati e tecnopatici per agevolare il reintegro
delle funzioni lese dall’infortunio o dalla malattia professionale. Con il Regolamento, inoltre, sono definiti tipologie, tempi e modalità per l’erogazione
delle prestazioni in esame. Attraverso il sistematico aggiornamento del Regolamento l’Inail ha perseguito il fine di garantire, attraverso la puntuale attenzione all’evoluzione tecnologica, la qualità dei servizi resi ai propri assistiti.
L’ultima revisione del Regolamento, emanata dall’Inail il 29 settembre
2011, rappresenta un intervento con caratteristiche che vanno ben oltre gli aggiornamenti finora eseguiti. Le nuove modalità di erogazione
Ulteriore elemento qualificante è rappresentato dalla
delle prestazioni offerte agli invalidi del lavoro mostrano già dal titolo
possibilità di realizzare progetti riabilitativi individualizzati: quando
la rilevante portata delle innovazioni
introdotte: “Regolamento per l’eroil danno, per la sua natura o gragazione agli invalidi del lavoro di
vità genera bisogni che investodispositivi tecnici e interventi di
no più aspetti della vita (sanitario,
sostegno per il reinserimento
sociale, ecc.), l’erogazione dei dinella vita di relazione”.
spositivi tecnici, degli ausili e
degli interventi di sostegno per
Il nuovo Regolamento deteril reinserimento nella vita di remina concrete ed efficaci condilazione viene definita da una
zioni per consentire il massimo
équipe multidisciplinare di prireintegro delle capacità funziomo livello, dove le diverse pronali compromesse dall’evenfessionalità coinvolte possono
to lesivo; valorizzare le capacità
coordinare tutti gli intervenresidue; ridurre il disagio fisico
ti necessari, personalizzandoe psicologico del lavoratore anli in base alle effettive esigenze del
che favorendone l’autonomia e
singolo lavoratore.
la partecipazione attiva al conTutte le prestazioni previste dal
testo familiare, sociale e lavoratinuovo Regolamento sono erogabivo. In tale quadro assume rilievo
li anche agli assistiti dell’Istituto di
l’attenzione alle esigenze dei famiprevidenza per il settore marittimo,
liari del lavoratore che divengono,
soppresso e incorporato dall’Inail.
38
RUBRICHE Scuola
Antonello Giovarruscio
Ore di sostegno: tra
programmazione e burocrazia
Come procedere per il calcolo delle ore di sostegno
necessarie a un alunno con disabilità? Per individuare
lo studente che ne ha diritto, esistono procedure
e riferimenti di legge indiscutibili
I
l primo giorno di scuola è traumatico per tutti i bambini: si
lascia l’infanzia e si comincia a diventare autonomi. La difficoltà, che in
molti casi è solo emotiva, diventa però un vero e proprio ostacolo al godimento del diritto allo studio se si vive
sulla propria pelle una disabilità. Per
questi bambini servono insegnanti di
sostegno da affiancare al personale
docente che ha in carico l’intera classe. Ma come si calcolano le ore di sostegno necessarie? Come si individua
un alunno con disabilità? E se i tempi burocratici, di fatto, ostacolano la
programmazione degli interventi scolastici?
Occorre fare chiarezza laddove il
dubbio – di un insegnante, di un genitore, di un fratello – può trasformarsi
in un vero e proprio disagio: percepire
lo studente disabile come una perso-
na difficilmente integrabile con il
resto della classe. Chiarezza delle
procedure e leggi in vigore aiutano invece a fare l’inverso: integrare l’alunno con disabilità nei tempi e nei modi
previsti dalla legge.
Se si frappongono difficoltà ulteriori, è l’Inps a sottolineare cosa deve
essere fatto per individuare l’alunno
disabile e garantirgli le ore di sostegno necessarie al godimento del diritto allo studio. In tempi prioritari,
però, che aiutino i Provveditorati ad
organizzare il servizio sul territorio, e
dunque utili a garantire il diritto.
Con il messaggio 17344 del 7 settembre 2011, l’Inps chiede ai propri
uffici di procedere con priorità per le
pratiche atte all’individuazione dell’alunno come soggetto in situazione di
disabilità, per consentire la programmazione, da parte dei competenti
Provveditorati, delle ore di sostegno.
39
Il messaggio cita l’articolo 2, comma 2, del Decreto del presidente del
Consiglio dei ministri n. 185 del 23
febbraio 2006, secondo il quale gli
accertamenti sono «da effettuarsi in
tempi utili rispetto all’inizio dell’anno scolastico e comunque non oltre
trenta giorni dalla ricezione della richiesta, sono documentati attraverso
la redazione di un verbale di individuazione dell’alunno come soggetto in situazione di handicap ai sensi
dell’articolo 3, comma 1 della legge 5
febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni».
Scrive infatti l’Inps nel messaggio 17344 del 7 settembre 2011: «Com’è
noto, le istanze presentate dai genitori o dagli esercenti la potestà parentale
o la tutela degli alunni ai fini dell’individuazione degli stessi come soggetti
in situazione di handicap ai sensi della legge n. 104/1992, secondo le modalità e i criteri di cui al Dpcm n. 185/2006,
necessitano di una lavorazione in tempi utili rispetto all’inizio dell’anno
scolastico per consentire la programmazione, da parte dei competenti
provveditorati, delle ore di sostegno».
Inoltre «le Sedi dovranno – se necessario per il rispetto dei tempi dettati dall’art. 2 del Dpcm – procedere
con priorità all’esame di tali verbali
e, ricorrendone i requisiti medico-legali, alla loro validazione definitiva.
I direttori regionali avranno cura di
vigilare sulla corretta e tempestiva
applicazione delle disposizioni impartite con il presente messaggio
e segnalare, tempestivamente, alle
competenti strutture centrali eventuali problematiche». Un invito,
dunque, ma sostanzialmente un obbligo, a garanzia del diritto alla studio dell’alunno disabile.
L’ESPERTO RISPONDE
a cura del Coin
Casa
Gentile redazione, abito in
un condominio e vorrei un
chiarimento, in quanto penso
di avviare un progetto per
l’abbattimento delle barriere
architettoniche. Mia madre
vive con me, ha un’invalidità
al 100% e ha bisogno di un
ingresso accessibile: è possibile
adattare l’accesso ed installare
un elevatore o un ascensore
oppure un servoscala nella scala
d’ingresso? Qual è lo strumento
migliore per coniugare il
diritto della persona disabile
ad accedere senza barriere
al proprio appartamento e la
funzionalità in sicurezza di un
condominio?
A
lcuni suggerimenti utili e riferimenti
normativi per poter realizzare il progetto, intervenendo sull’ingresso. Una bussola per non perdersi nel mare di leggi, ma
anche un buon salvagente per non affogare in seccanti liti condominiali.
Pur senza planimetrie alla mano, è possibile fare delle considerazioni preliminari
di tipo tecnico e procedurale; è comunque
importante rivolgersi ad un tecnico qualificato, esperto in progettazione accessibile,
che potrà fornire indicazioni ad hoc dopo
aver fatto un sopral-
luogo e analizzato le criticità.
Avendo escluso l’idea di installare una rampa, forse per
mancanza degli spazi necessari a garantire la giusta
pendenza, l’installazione di
un meccanismo di sollevamento
– quale un servoscala o una piattaforma elevatrice – è un’opera che insiste sulle
parti comuni dello stabile, quindi occorre
richiedere il parere sul progetto al condominio, che potrà decidere se dare il suo assenso e partecipare alle spese.
In caso di servoscala e di altre strutture
mobili e facilmente rimovibili (si possono
40
citare anche la piattaforma mobile, i sistemi di apertura automatica di porte o cancelli, le sedie a ruote elettriche montascale,
ma non l’ascensore), se il condominio non
approva l’innovazione o non si pronuncia
entro tre mesi, il richiedente potrà procedere autonomamente e a proprie spese alla
messa in opera di queste particolari innovazioni sulle parti comuni. Questo è quanto indica l’articolo 2, comma 2, della legge
13/1989.
Queste opere incontrano gli unici limiti nel pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, nell’alterazione del
decoro architettonico o nella inservibilità all’uso o al godimento anche di un solo
condomino di parti comuni (articolo 1120,
comma 2, del Codice civile).
L’innovazione va progettata ed eseguita
nel rispetto delle norme vigenti di carattere edilizio e delle norme di settore, inclusa la sicurezza. Nonostante la relativa
libertà di azione, appare evidente
l’importanza di poter condividere scelte e costi con il condominio,
onde evitare l’insorgere di eventuali contenziosi.
Prima di realizzare tali opere, il tecnico
incaricato dovrà espletare presso il Comune le pratiche amministrative richieste, diverse a seconda dei casi, per attestare che
il progetto sia conforme alle normative vigenti e che sia finalizzato al superamento
delle barriere architettoniche.
Per quanto riguarda la parte economica,
c’è la possibilità di accedere ai contributi
per il superamento delle barriere architettoniche negli edifici privati, ai sensi della
legge 13/1989, ma le disponibilità di finanziamento sono molto variabili in relazione
alla regione di appartenenza.
I lavori non potranno iniziare prima di
avere presentato la domanda presso l’Ufficio comunale di competenza, se non si
vuole perdere il diritto di accesso al contributo. Infine, per alcune spese da sostenere
ci si può avvalere dell’aliquota Iva agevolata al 4%. [Daniela Orlandi]
PINZILLACCHERE
hi-tech
cose mai viste
Tablet multisensoriali
e mappe on line
Una casa giapponese con cento occhi
per genitori con problemi di udito
A
nche un tablet può essere multisensoriale e
favorire sia la socializzazione che la comunicazione di bambini disabili. Oltre alla funzione
touchscreen, è dotato di 30mila suoni diversi,
corrispondenti alle immagini sullo schermo,
con la possibilità di registrare autonomamente
dei suoni da associare a determinate foto.
Lo ha progettato Monica Maccaferri, musicoterapeuta e direttrice del Centro di musicoterapia
Uboldi a Novellara (Reggio Emilia). Il software?
Versatile, tanto da consentire «l’adattamento del
libro alle esigenze di ogni singolo bambino che
lo utilizzerà», assicura l’ideatrice. A brevetto depositato, il tablet verrà testato dalla Usl di Reggio
Emilia; si prevede che possa essere venduto a circa
50-60 euro: un prezzo decisamente accessibile.
(Photography by
Koji Fujii / Nacasa
& Partners)
A
ltra novità interessante è wheelmap.org, mappa
on line in cui si possono segnalare ristoranti,
cinema, stazioni o supermercati privi di barriere
architettoniche, marcandoli sul web o usando
l’applicazione per iPhone, o una per i cellulari col
sistema Android di Google. Ad inventarla, il trentunenne Raul Krauthausen, berlinese in sedia a rotelle
per una malattia genetica, l’osteogenesi imperfetta.
Disponibile in varie lingue, italiano compreso, il sito
censisce oltre 100mila locali, indicando in verde
i luoghi accessibili, in giallo quelli parzialmente
accessibili, in rosso i non accessibili. Utilizzando le
carte del progetto alternativo “OpenStreetMap”,
è utile anche ad anziani con un deambulatore e
a genitori con figli in passeggino o carrozzina.
A
vere una casa con un centinaio
di finestre? Rende più semplice
la comunicazione tra genitori con
problemi di udito e i loro figli.
Ha lavorato pensando a come risolvere
questa difficoltà l’architetto giapponese
Takeshi Hosaka: il suo ultimo progetto
rappresenta una soluzione pratica per
mamme e papà sordi, che comunicano con i loro bimbi solo attraverso il
linguaggio dei segni e quello visivo.
La prima parte dell’originale edificio
– nel quartiere popolare Itabashi della
capitale Tokyo – è stata costruita cinque
41
anni fa; ampliato di recente, ha pareti, soffitto e tetto costellati da finestrelle larghe
20 centimetri, che lo rendono sempre
luminoso e arieggiato, consentendo anche
di controllare gli spostamenti dei piccoli.
Non solo: le finestre vengono usate
anche come passaggio per alberi e
piante coltivati all’interno dei locali; complessivamente, l’abitazione è composta
da due piccole stanze al piano terra e
una più grande a quello superiore.
Una soluzione funzionale e al contempo d’indubbio fascino. Per chi la
abita, ma anche per chi la guarda.
DULCIS IN FUNDO
42
Fly UP