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0/gennaio 2012 E REDAZIONE: PIAZZA CAVOUR 17 - 00193 ROMA • POSTE ITALIANE SPA – SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE 70% - ROMA M ZIN A G A L’INCHIESTA Mario Melazzini La differenza si fa a tavola Vigorso di Budrio Disability chef Io sono qui Cinquant’anni di eccellenza EDITORIALE di Mario Carletti Direttore centrale Riabilitazione e protesi, Inail Superabile diventa Magazine: idee più “gustose” per una rappresentazione diversa della disabilità C ibo, musica, arte e sport: in che ordine non lo so, divertitevi voi a stilare la graduatoria, ma l’Italia nel mondo è conosciuta soprattutto per il suo linguaggio universale in questi campi. Se dovessi scegliere io, direi che pizza, pasta e vino sono tre parole che aprono tutte le porte. Il perché è abbastanza facile da spiegare: non c’è cucina al mondo che possa confrontarsi con quella italiana per varietà, tradizioni, gusto, eccellenze. La tavola fa parte della nostra cultura, è una tradizione popolare che caratterizza ogni Provincia, anzi direi ogni Comune, con una scelta infinita proprio perché, diversamente ad esempio da quella francese, non nasce da una fonte unica (in Francia, di fatto, le cucine reali), ma è frutto della fantasia dei singoli cuochi che dalle proprie terre hanno saputo cogliere diversi spunti. Come lo sport, il cibo unisce, abbatte le diversità e i ceti sociali; un desco imbandito è un’occasione per una parentesi di pace, condivisione, discussione e ascolto: un momento di confronto e comunione. Ecco spiegate la copertina e l’inchiesta del primo numero di “Superabile Magazine”, una nuova avventura che abbiamo deciso di intraprendere dopo il successo del Contact center, che ormai fa scuola in tutto il mondo. Se abbiamo preso l’inusuale decisione di tornare alla carta stampata è per proporre una visione più gustosa che non releghi le persone disabili nell’angusto ghetto dell’assistenza o – peggio ancora – del pietismo. In questo numero, come in quelli che seguiranno, troverete tante notizie che riguardano ambiti in genere considerati lontani da una dimensione esistenziale e sociale come la disabilità: lo sport, lo spettacolo, il tempo libero e le infinite esperienze con cui ognuno declina il proprio modo originale di stare al mondo. Si parte con un singolare viaggio nelle osterie, dove a servirvi in tavola saranno camerieri e cuochi disabili; si prosegue alla scoperta delle novità tecnologiche sperimentate nel Centro protesi Inail di Vigorso di Budrio; si approda alle piscine in cui gli atleti con disabilità intellettivo-relazionale si allenano nella speranza di competere alle Paralimpiadi di Londra 2012. Nel mezzo, tanti spunti per riflettere, sorridere, interrogarsi. Insomma, mi piace immaginare che la nostra rivista possa diventare una bella tavola a cui tutti si possano sedere, dire la loro senza urlare, proporre i piatti migliori, farli assaggiare e, dove si trova terreno fertile, riproporli per la gioia di altri. 3 In ricordo di Marco Fabio Sartori Marco ci aveva sempre creduto. Dopo aver visto la redazione di Superabile, e preso contatto diretto con una realtà che fino ad allora aveva solo immaginato, si era ancor più convinto di quanto questa attività fosse importante. In accordo con il dottor Alberto Cicinelli prima e con il dottor Giuseppe Lucibello poi (i due direttore generali con cui ha condiviso il suo percorso all’Inail) aveva dato quindi mandato allo sviluppo di Superabile sotto i diversi aspetti, da quelli più moderni e sofisticati, a quelli che sembrano più antichi, come la rivista, la carta. Ci credeva così tanto che nel corso della presentazione dell’ultimo Rapporto annuale sugli infortuni sul lavoro ha avuto specifiche parole di elogio per l’esperienza Superabile in generale, sottolineandone con entusiasmo le caratteristiche e i pregi. Non ha potuto essere presente al varo di questa creatura, che è sicuramente anche sua, nonostante abbia combattuto come un leone, perché contro la volontà di chi è più forte di noi nulla si può. Ci piace, per egoistico sollievo personale, pensare che in qualche modo ci possa essere vicino in questo percorso che inizia oggi con lo stesso slancio positivo che Marco ha sempre messo in ogni sua attività. [M.C.] NUMERO ZERO Gennaio 2012 EDITORIALE 1 Superabile diventa Magazine di Mario Carletti ACCADE CHE... 3 Associazioni protagoniste nell’Osservatorio nazionale sulle persone con disabilità 5 “Homo Dis... Habilis”, per contrastare la burocrazia L’INCHIESTA 6 A tavola per una diversa convivialità di Eleonora Camilli 9 Intervista ad Antonella Clerici INSUPERABILI SPORT 12 La vita è bella, 22 A un secondo da Londra non solo nei film Intervista a Mario Melazzini di Laura Badaracchi di Stefano Caredda TEMPO LIBERO 26 Viaggi low cost per un turismo accessibile di Chiara Ludovisi CRONACHE ITALIANE 14 Nuove frontiere nelle officine del futuro di Pietro Scarnera MEDIA 30 Vintage comic chat: comunicare con i fumetti di E.C. VISTI DA VICINO 16 Elefanti e leoni marini: la pet therapy sbarca allo zoo di Antonella Patete sulla diversità di A.P. 35 Contaminazioni a tutto campo con Amadou & Mariam di Giovanni Augello PORTFOLIO A ritmi agonistici Anno I - numero zero, gennaio 2012 Direttore: Mario Carletti In redazione: Antonella Patete, Laura Badaracchi e Diego Marsicano Direttore responsabile: Stefano Trasatti Hanno collaborato: Giovanni Augello, Alessandra Brandoni, Eleonora Camilli, Stefano Caredda, Carla Chiaramoni, Chiara Ludovisi, Mauro Sarti e Pietro Scarnera di Redattore Sociale; Massimiliano Filadoro e Massimiliano “Nishi” Tommasini; Antonello Giovarruscio, Rosanna Giovèdi, Daniela Orlandi, Giovanni Sansone, Francesca Tulli e Antonio Vitale del Consorzio sociale Coin Regolamento protesico: la vita di relazione è in primo piano 37 Scuola. Ore di sostegno: tra programmazione e burocrazia 38 L’esperto risponde. Casa PINZILLACCHERE 39 Hi-tech. Tablet multisensoriali e mappe on line 39 Cose mai viste. Una casa giapponese con cento occhi per genitori con problemi di udito CULTURA 31 Storia di Eva,fiaba nordica 18 Un anno di sport. Superabile Magazine RUBRICHE 36 Inail... per saperne di più. Editore: Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro Redazione Superabile Magazine c/o agenzia di stampa Redattore Sociale Piazza Cavour 17 - 00193 Roma E-mail: [email protected] Stampa: Tipografia Inail Via Boncompagni 41 - 20139 Milano In attesa di registrazione presso il Tribunale di Roma Progetto grafico: Giulio Sansonetti 4 40 DULCIS IN FUNDO Grazie a Sigrid Verbert per la foto di copertina (Polenta&roots), tratta dal suo cliccatissimo blog www.cavolettodibruxelles.it. Il suo ultimo libro, pubblicato dalla casa editrice Giunti, s’intitola Regali golosi. Un ringraziamento, per averci gentilmente concesso l’uso delle foto (in ordine di pubblicazione), a Lanterna di Diogene, Centro protesi Inail Vigorso di Budrio, Zoomarine, Fisdir (Federazione italiana sport disabilità intellettiva relazionale), Giada Lanzavecchia, Village4All, Holiday village Florenz. ACCADE CHE... LAVORI IN CORSO Associazioni protagoniste nell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità D opo una partenza rallentata, una divisione tematica in gruppi e alcuni mesi di lavoro, sta entrando pian piano nel vivo l’attività dell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità: infatti prendono forma, nei loro tratti salienti, i primi documenti affidati all’organismo previsto dalla legge che ha ratificato nel nostro Paese la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità. Si tratta anzitutto del rapporto dettagliato, da inviare alle Nazioni Unite, sulle misure adottate (e sui progressi conseguiti) per rendere efficaci gli obblighi previsti dal trattato internazionale: un’illustrazione molto concreta sull’esistente – a partire dal tipo di barriere fisiche e culturali presenti in Italia – e sulla prospettiva futura, con la specificazione delle azioni intraprese per ab- ne con disabilità, previsto dalla normativa nazionale e internazionale: uno schema generale battere le barriere riscontrate. che poi, in modo formale, saIn secondo luogo, l’Osserrà destinato ad essere condivivatorio si appresta a ultimare il so e fatto proprio dal Governo programma di azione bienna- con apposita deliberazione. le per la promozione dei diritti Ma al di là dei documene l’integrazione delle persoti specifici, a livello internazionale l’Osservatorio italiano si segnala per la ricca presenza dei componenti delle associazioni di persone con disabilità: per regolamento sono 14 (sui 40 complessivi), ai quali si aggiungono altri due rappresentanti delle organizzazioni del terzo settore ed eventuali altri compresi fra i tre esperti sulla disabilità indicati dal ministero. La presenza massiccia delle associazioni pone il nostro organismo all’avanguardia in Europa e nel mondo. L’EVENTO IL PROGETTO Arriva Excite, il robot al servizio degli anziani N uove modalità di assistenza, socializzazione e riabilitazione grazie a un robot. Si chiama Excite ed è rivolto a persone anziane o disabili. Il progetto, che coinvolge diversi paesi europei tra cui l’Italia, è stato premiato all’Ambient assisted living forum, che ha riunito a Lecce un team di studiosi provenienti da tutta Europa. Il principale punto di forza del progetto è l’adattamento di “Giraff”, una sorta di Skype utilizzabile anche da chi ha poca familiarità con la tecnologia. Attualmente il progetto è in fase di valutazione in Svezia, Spagna e Italia, dove l’Istituto di scienze e tecnologie della cognizione del Cnr sta collaborando con la Comunità di Sant’Egidio e la Fondazione Don Gnocchi di Roma per analizzare le reali potenzialità applicative di Giraff. A Trieste la sartoria sociale “Lister” realizza manufatti tessili partendo da capi e oggetti dismessi; il laboratorio si trova dove un tempo sorgeva uno dei manicomi più grandi d’Europa. Le attività si svolgono in collaborazione con il Dipartimento di salute mentale e altri servizi sociali e sanitari del territorio. 5 Alla Fiera Milano “Reatech Italia”: persone disabili in primo piano F ervono i preparativi per la prima edizione di “Reatech Italia”, fiera-evento sulla disabilità, in programma dal 24 al 27 maggio 2012 nel capoluogo lombardo. A organizzarla, Fiera Milano, che allestirà gli stand nel centro espositivo di Rho, sulla scorta di un’esperienza maturata a San Paolo del Brasile, dove la fiera è giunta alla decima edizione. L’iniziativa ha ricevuto il patrocinio della Provincia e della Regione Lombardia, ma an- che di Fand, Fish e della Fondazione don Gnocchi. In esposizione, infatti, non ci saranno solo ausili per la formazione professionale, carrozzine motorizzate e molti altri prodotti presentati da diverse aziende: anche le associazioni avranno i loro spazi e la possibilità di intervenire a convegni e incontri, durante una serie di appuntamenti culturali in calendario. Tra i padiglioni accessibili, alcuni saranno dedicati allo sport, al turismo e al tempo libero. ACCADE CHE... ARTE PER TUTTI Disabili in Italia: le stime di Censis e Istat. Secondo le stime di Censis e Fondazione Cesare Serono, in Italia i disabili sono 4,1 milioni, pari al 6,7% della popolazione; i dati emergono da una rilevazione a campione effettuata su 1.500 persone. Ma la cifra supera di molto quella diffusa dall’Istat nel maggio scorso: 2,6 milioni, pari al 4,8% degli abitanti. Tuttavia la stima dell’Istituto si riferisce al 2004 ed è basata sull’analisi multiscopo “Condizioni di salute e ricorso ai servizi tàItalia in collaborazione col Mu- li fruibili anche dai non vedenti. sanitari”, integrata con seo tattile di pittura antica e A partire dalla “Fornarina” di i dati dell’indagine sui moderna “Anteros” dell’IstituRaffaello Sanzio, custodita nella “Presidi residenziali to dei ciechi “Francesco Cavazcapitale a Palazzo Barberini, a cui socio-assistenziali”, che fa za” di Bologna, l’opera non si aggiungeranno altre due ope- riferimento alle persone sarà la sola: verranno tradotre da definire, scelte nel Palazzo con più di 6 anni. ti in versione tattile altri grandi Reale di Torino e presso il mucapolavori italiani, per renderseo di Capodimonte, a Napoli. In 3D la “Nascita di Venere” di Botticelli. Agli Uffizi l’opera tridimensionale per non vedenti U n bassorilievo prospettico in una speciale resina bianca, accanto al capolavoro “La nascita di Venere” di Sandro Botticelli: così l’opera può essere apprezzata anche da visitatori non vedenti e ipovedenti. Al museo degli Uffizi di Firenze, alla tela originale è stata affiancata una traduzione tridimensionale: misura 60 centimetri di altezza, 93 di lunghezza e 11 di spessore. Previsto anche un testo informativo in braille, sia in italiano che in inglese, per favorire ulteriormente l’esperienza tattile. Realizzata grazie ai fondi raccolti in occasione di un’asta benefica d’arte contemporanea, promossa dalla Fondazione Cit- L’INIZIATIVA La cultura? Può essere terapeutica anche in un “Bibliobar” U n bar che è anche biblioteca di quartiere: si chiama “Bibliobar” ed è nato nell’Istituto “Leonarda Vaccari”, a Roma, che da settant’anni si occupa di rieducazione, riabilitazione e reinserimento delle persone disabili. Aperto al pubblico, si snoda in un cortile con tavolinetti e scaffali pieni di libri; a gestirlo, gli ospiti dell’Istituto. «La nostra è una sfida nel segno della cultura, oserei dire una rivoluzione culturale: non è più il disabile, infatti, che deve integrarsi nella società, ma la società che deve entrare in questi luoghi», sottolinea Saveria Dandini de Sylva, presidente del “Vaccari”. La biblioteca-caffè rappresenta la prima tappa del più ampio progetto “Le vie dell’integrazione”. Disagio mentale UNIONE EUROPEA in Europa. Secondo Approvata la “Strategia europea l’Organizzazione sulla disabilità 2010-2020” mondiale della sanità, ben 164 milioni di cittadini l Parlamento Euroil disegno europeo, rieuropei, pari al 38% della peo ha approvato in conoscendo ad esempopolazione del vecchio pio il linguaggio Braille continente, hanno disturbi via definitiva a Strasburgo la “Strategia eu- e la lingua dei segni e problemi psichiatrici. ropea sulla disabilità come ufficiali, assicu2010-2020”. L’UE si è pro- rando la libertà di monunciata votando la re- vimento, abolendo le lazione sulla mobilità e barriere architettoniintegrazione delle per- che, integrando i sersone con disabilità, invi- vizi dedicati ai disabili tando gli Stati membri nel sistema di trasporto e la Commissione a ela- pubblico e istituendo, borare norme giuridiinfine, una carta unifiche e atti legislativi a cata dei diritti del paslivello dell’Unione attra- seggero, in modo che verso il riconoscimento tutti possano viaggiae la tutela dei loro dirit- re in maniera sicura e ti. L’impegno dei singoli adeguata. In ambito saStati membri? Appronitario, inoltre, occorre vare la Convenzione riconoscere servizi adeOnu sulle disabilità e guati di riabilitazione. I 6 Alla Biennale di Venezia un progetto con i disabili. “I/o_io è un altro”: è il tema del progetto itinerante che l’italo-brasiliano César Meneghetti sta realizzando su e con i disabili della Comunità di Sant’Egidio. Il lavoro è stato inserito tra le attività educative della 54a Biennale internazionale dell’Arte. L’INIZIATIVA A Vicenza “Homo Dis... Habilis”, per contrastare la burocrazia S uperare gli ostacoli della burocrazia, evitando di districarsi per ore tra scartoffie e uffici, si può. Come? Mettendo in rete i servizi di un territorio. È l’ambizioso obiettivo di “Homo Dis... Habilis”, iniziativa dell’associazione vicentina “L’Invisibile”, che ha deciso di creare una sorta di centro di consulenza dove far confluire realtà pubbliche e private che lavorano nel settore della disabilità. Un punto di riferimento anche per fondazioni di ricerca e università, organizzazioni di assistenza sociale e dedicate a una specifica patologia, aziende che producono anche automezzi e ausili informatici. «Un luogo dove avere indicazioni utili, recuperando in parte quel tempo perduto tra carte e leggi che spesso condizionano le esistenze delle persone disabili», spiega Sergio Bertola, fondatore della onlus con i suoi due fratelli: tutti e tre colpiti da distrofia muscolare Becker. MOBILITÀ Auto per non vedenti con guidatori virtuali L’ ingegnere Dennis Hong della Google sta sviluppando una vettura che potrà essere guidata da ciechi, ovvero da un conducente virtuale: a fornire percezioni sensoriali sostitutive, un sistema costituito da un computer di bordo, sensori e telecamere che monitorano l’ambiente esterno. Con guanti in grado di mandare vibrazioni fino all’aria compressa che può disegnare un ambiente virtua- le, passando per avvisi uditivi in cuffia. Una tecnologia applicabile anche su automobili già sul mercato, per garantire un livello di sicurezza più elevato anche a chi ha altre disabilità fisiche o mentali. IL DOCUMENTO Dall’Istituto superiore di sanità le nuove Linee guida sull’autismo S www.titengodocchio. it: lo ha progettato Vincenzo Rubano, studente leccese non vedente, per segnalare e denunciare ogni genere di disservizio in termini di accessibilità dei siti web e dei software. Puntando all’on line per tutti. ono state messe a punto dall’Istituto superiore di sanità le nuove Linee guida sull’autismo. Il documento, intitolato Il trattamento dei disturbi dello spettro autistico nei bambini e negli adolescenti, contiene raccomandazioni per la pratica clinica e si pone come punto di riferimento per gli operatori e per tutti coloro che hanno a che fare professionalmente con questa condizione patologica. Le Linee guida, che si sviluppano all’interno del primo pro- gramma di nazionale di salute mentale dell’infanzia e dell’adolescenza, sono state elaborate da un gruppo multidi- 7 sciplinare composto da esperti e rappresentanti delle associazioni dei familiari. In sei capitoli vengono sintetizzate numerose indicazioni su un ampio spettro di campi di azione: dai programmi educativi agli interventi psicologici, farmacologici e non; dai metodi da adottare alla presa in carico precoce, fino a presentare possibili modelli di fornitura dei servizi. L’obiettivo di fondo? Costruire buone prassi in grado di orientare competenze cliniche, interventi specifici, abilitativi e di supporto non solo per il paziente, ma anche per la sua famiglia. Il testo completo è consultabile e scaricabile sul sito www.iss.it. L’INCHIESTA Viaggio nelle osterie italiane A tavola per una Hanno deciso di puntare su uno dei settori trainanti dell’economia nazionale, la ristorazione, offrendo piatti e menù prelibati. Sono sempre di più in Italia le trattorie e i ristoranti dove soci, cuochi e camerieri hanno una disabilità. E chi decide di provare sicuramente torna di nuovo: non solo per il valore sociale del progetto, ma soprattutto per i piaceri della buona cucina Eleonora Camilli I l segreto dei tortelloni ricotta e ortiche sta tutto nel tempo speso per ottenere gli ingredienti migliori: le uova delle galline modenesi, le farine ricercate, l’ortica del campo, la ricotta scelta dell’allevatore locale. E nel metodo di preparazione collettiva: la loro forma più grande del normale permette a tutti coloro che partecipano all’impasto di poter lasciare il proprio tocco finale. Alla “Lanterna di Diogene” sono convinti che questo piatto della tra- 8 dizione modenese rappresenti una vera e propria ricerca dell’identità che, se svolta con cura, possa accogliere in sé anche il sapore della diversità. Questo locale a venti chilometri da Modena è, in effetti, un ristorante “speciale”. Non solo perché investe nella qualità delle materie prime derivanti dalla filiera corta e cortissima, ma perché nasce da una scommessa: una ristorazione slow food, basata sui piatti della tradizione, come progetto di inserimento lavorativo per le persone con disabili- diversa convivialità con problemi e dove il lavoro fosse costruito insieme. Così abbiamo iniziato a pensare cosa ci piaceva fare. Coltivare la terra, allevare gli animali e trasformare tutto questo in piatti da offrire ai clienti in un’osteria è stata la risposta», racconta Giovanni Cuocci, socio fondatore e responsabile del ristorante. La cooperativa è nata nel 2003, con la fattoria dove si allevano galline, maiali, pecore e conigli, e l’orto con verdure e alberi da frutto. Fiore all’occhiello del progetto è il vigneto di trebbiano per la produzione di aceto balsamico tradizionale di Modena. Prodotto con il lavoro degli ospiti del centro di terapia “La Lucciola”, da cui provengono alcuni dei soci fondatori del ristorante, questo aceto richiede un lavoro paziente e ricercato. Per poterne gustare le prime gocce, infatti, bisogna attendere dai 12 ai 15 anni. tà psichica, dalla sindrome di Down alla paralisi cerebrale infantile sino a forme diverse di disagio intellettivo. Nato dall’idea di un gruppo di persone, che nella vita non avrebbe voluto fare altro che questo, il ristorante sorge nel cuore della Pianura padana, nella “Bassa”, come dicono da queste parti. Ci si arriva tramite una strada che costeggia lunghe distese di terra, vigneti e campi coltivati per l’industria della trasformazione. «Volevamo mettere su un’attività dove potessero lavorare anche persone Ristorazione come filosofia di vita. L’osteria sorge tra le mura di un casolare di campagna ed è stata inaugurata nel 2006. «Tutto quello che ci dà la terra viene trasformato in piatti da offrire agli avventori. La nostra cucina è quella tipica emiliana, semplice e genuina, con sapori ormai dimenticati. Un luogo legato alle tradizioni e allo scambio, dove per chi viene è possibile incontrare la diversità – continua Giovanni –. I prodotti che non provengono dalla nostra azienda vengono selezionati tra gli agricoltori vicini. Di ogni ingrediente 9 Ecco la mappa del gourmet Da Torino a Firenze, passando per Roma, sono tanti i ristoranti “speciali” sparsi sulla penisola. Nel capoluogo piemontese c’è il “Caffè Basaglia”, sostenuto anche dal progetto “Terra Madre” di Slow food: in sala, in cucina e al bar ragazzi provenienti dal servizio di psichiatria “Franco Basaglia”. Aperto dal martedì alla domenica, dalle ore 18 alle 20 offre – tempo permettendo – un aperitivo sulla terrazza; una volta a settimana è previsto un dj set tematico. Invece in provincia di Lucca, a Borgo a Mozzano, sette disabili lavorano al bar-osteria “Le mani in pasta”, che la Misericordia di Corsagna ha aperto anche grazie al sostegno del Centro servizi volontariato Toscana. Ancora, sui colli di Sasso Marconi sorge l’agriturismo “Il Monte” dell’azienda Copaps, gestito dalla cooperativa sociale “La Rupe”. A Firenze una diversa ristorazione si può gustare nel locale “I ragazzi di Sipario”. La trattoria – 40 coperti, in cui lavorano 17 giovani coordinati da una cuoca professionista – è nata grazie all’associazione “Sipario”, al fianco di persone con handicap intellettivo e ritardo mentale. A Prato una volta al mese il locale “Opera 22” viene gestito, in cucina e in sala, da ragazzi autistici per una serata di sensibilizzazione sul tema. Ma la lista dei ristoranti che impiegano persone con disabilità è ancora lunga. Dal prossimo numero di “Superabile magazine” recensiremo i migliori nella nuova rubrica “Il pranzo della domenica”. Info e segnalazioni: [email protected]. L’INCHIESTA Viaggio nelle osterie italiane Dal 2000 alla Locanda dei girasoli si sono alternati vari ragazzi con sindrome di Down in qualità di camerieri o pizzaioli. Alla p.10, momenti di lavoro in cucina alla Lanterna di Diogene che entra qui dentro voglio sapere chi l’ha fatto e come l’ha fatto». Per lui la ristorazione è una vera filosofia di vita, che ha ormai permeato tutta la cooperativa. «Mangiare è un atto agricolo», ripete con convinzione. Nel ristorante i coperti sono solo quaranta. Una scelta dettata dall’esigenza di creare un luogo raccolto, sia per i clienti che per i ragazzi che ci lavorano: «Chi viene da noi sa di poter godere di una diversa convivialità» è ormai un motto. Tre persone con disabilità sono tra i fondatori della cooperativa. Tra loro c’è Simona, una ragazza con sindrome di Down che si occupa sia della sala che della cucina. La sua passione sono le torte, ma ama anche gli animali e coltivare l’orto. Prima di lavorare alla “Lanterna di Diogene” ha svolto uno stage formativo in una mensa, ma di quel periodo conserva ancora l’amaro in bocca. «Mi trattavano come fossi una buffona. Qui, invece, lavoro con i miei amici. Siamo una famiglia». Con Nicola, Caterina, Sara e gli altri ragazzi che provengono dal centro “La Lucciola”, Simona divide la giornata lavorativa all’osteria. C’è il gruppo che si occupa della cucina e quello che, invece, svolge mansioni nella fattoria. Per tutti, però, la giornata inizia sulla corriera che dai paesini vicini li porta al casale. «Questo tragitto che fanno da soli li espone agli stessi pericoli che correrebbe qualsiasi altro ragazzo: un momento di confronto e di contatto con gli altri non mediato dai familiari, un gesto di profonda libertà e autonomia», aggiunge Giovanni, convinto che anche questo sia un modo per includere la diversità nella quotidianità. D’altronde, il progetto dell’osteria si ispira al filosofo greco di Sinope «che ricercava l’uomo vero, non l’essenza dell’uomo – sottolinea –. Era controcorrente ma contemporaneamente dentro la società. Anche noi, fuori da ogni considerazione buonista, pensia- 10 mo che occorra vivere la realtà delle cose riconoscendo i pregi e i difetti delle persone. E quando il piatto te lo porta a tavola una ragazza con gli occhi a mandorla che ti dice: “Io so fare solo questo, ma so farlo bene”, sei portato a introiettare il cambiamento». Alla “Lanterna di Diogene” il menù è a degustazione, con un antipasto a buffet che include i salumi e le verdure di produzione propria; due primi piatti tra diversi tipi di pasta fatta in casa e zuppe INTERVISTA AD ANTONELLA CLERICI «La mia terapia? Un bel piatto di spaghetti o un panino col salame» «A vere un buon rapporto con la cucina significa avere un buon rapporto con la vita». Parola di Antonella Clerici, la prima a portare col sorriso i piaceri della buona tavola nelle case degli italiani attraverso “La prova del cuoco”, capostipite dei tanti e fortunati programmi di cucina che spopolano oggi in tv. Riceve quotidianamente tantissime lettere di ammiratori che sognano di diventare chef, compresi tanti disabili. «Mi arrivano spesso foto, soprattutto di persone con sindrome di Down, che lavorano in cucina. Credo che per loro impastare, lavorare il cibo, toccando una cosa quasi viva, sia un modo di prendersi cura di se stessi e degli altri, un po’ simile alla pet therapy. Perché il rapporto più vero che si può avere con la cucina è quello di toccare il cibo». Pensa che cucinare possa avere un valore terapeutico? Sì. Amo molto mangiare e diffido di chi ha un cattivo rapporto con il cibo, perché può portare a malattie gravi, come l’anoressia e la bulimia, ma soprattutto perché sottolinea un cattivo rapporto con la vita. Avere un buon feeling con ciò che si mangia, quasi godurioso, vuol dire amare le cose che si fanno. antidoto: lo trovo un modo di premiarmi. Anche per questo quando sono giù di morale non sto mai a dieta, anche se questa è una parola grossa per me. Insomma, se sto tentando di mangiare un po’ meno e mi succede qualcosa che mi disturba o mi ferisce, so che per me la cucina è terapeutica. Mangio ciò che mi piace e mi riconcilio con il mondo. Ha mai mangiato in un ristorante in cui lavorano persone disabili? Mi capita spesso di andare alla “Trattoria degli Amici” di Sant’Egidio, uno dei miei E quello che ho notato con i locali preferiti. Adoro i loro ragazzi disabili è che questo li ravioli con la cremina di porta ad approcciarsi alla vita formaggio. E poi mi piace il con allegria. clima che si respira, l’ospitalità, il tipo di convivialità che Le capita di usare la cucina come c’è. Ci vado sempre con un “cura”? carissimo amico di Lecco. Certamente. Ci sono persone che fanno le torte per sfoAlla “Prova del cuoco” ospitate garsi, io invece cucino i primi. anche persone con disabilità? Mi diletto a fare i sughi. E poi I ragazzi dell’Istituto albermi piace mangiare. Quando ghiero, tra cui ci sono spesso mi sento un po’ giù, mezzo disabili: so che ci seguono bicchiere di vino e un panino con passione fra il pubblico. col salame diventano un [E.C.] di cereali; un intramezzo, tra cui spicca il flan di parmigiano accompagnato dall’aceto balsamico tradizionale, e un secondo: la carne di vacca bianca modenese servita nell’osteria è presidio slow food. Tra i dolci, anch’essi a buffet, la torta di ricotta e amaretti e le crostate di marmellata. Nonostante la crisi si faccia sentire, la cooperativa ha deciso di investire in un nuovo progetto: una “Lanterna di Diogene” in pieno centro a Bologna. Rifocillarsi nella capitale. Quello di Solara di Bomporto non è l’unico locale che ha deciso di fare il salto di qualità. In Italia sono diversi i ristoranti nati per dare lavoro alle persone con disagio mentale o fisico, che nel tempo hanno deciso di puntare sulla buona cucina. Creati inizialmente da associazioni – per lo più di familiari – per dare un futuro ai propri figli, oggi questi progetti, accanto al valore sociale dell’iniziativa, si concentrano sempre di più su un cibo 11 raffinato, nella convinzione che per poter essere sostenibile economicamente un locale debba offrire un buon livello di ristorazione. L’unica vera arma che permetta di superare l’aspetto assistenziale del progetto. «Un ristorante riesce a restare sul mercato solo se si mangia bene; il fatto che ci siano quattro persone con sindrome di Down come soci lavoratori è un valore aggiunto, ma non può essere l’unica motivazione che porta i clienti nel nostro locale». A sottolinearlo è Antonio Anzileo, presidente della cooperativa “I girasoli” onlus, che dal 2005 gestisce a Roma “La locanda dei girasoli”. Situato nel quartiere popolare del Quadraro, il ristorante è uno dei primi creati per l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità. Nato nel 2000, dopo qualche anno il progetto è entrato in crisi e dal 2005 ha iniziato a risollevarsi con la nuova gestione, che ha puntato sull’aspetto commerciale e su un buon livello di cucina. «Quando abbiamo ripreso in mano il ristorante, abbiamo pensato che fosse fondamentale farlo diventare un posto dove la cucina fosse buona: solo così si poteva far passare il discorso dell’integrazione in maniera normale». Un’idea condivisa in pieno anche dal cuoco, Gianfranco Zedda, che ha deciso di portare la tradizione insulare in questo quartiere storico di Roma non solo proponendo piatti della sua terra, la Sardegna, ma con un richiamo costante L’INCHIESTA Viaggio nelle osterie italiane anche alla Sicilia, regione di nascita di sua moglie. Così, oltre al menù di pizza, alla “Locanda” si possono gustare i pizzuros – focaccine al formaggio tipiche di un paesino in provincia di Nuoro – ma anche le panelle siciliane con un leggero retrogusto di limone, il pane carasau con crema di formaggio, pomodori e pesto. Tra i primi, spiccano gli gnocchetti sardi al ragù di chianina e i culurgiones patate e speck. «Ho sempre fatto il cuoco – racconta Gianfranco – ma a un certo punto della mia vita ho deciso di fare una scelta, investendo in un lavoro che avesse alle spalle anche un progetto di solidarietà. Per questo ho accettato di venire a lavorare qui. E in sei anni ho avuto tante soddisfazioni». Le persone con sindrome di Down che lavorano stabilmente nel ristorante sono tre: Viviana e Valerio sono i veterani del gruppo, mentre Anna è arrivata nel 2006. L’ultimo entrato alla “Locanda” per un progetto di formazione è Si- mone, che già si muove con agilità tra i tavoli come aiuto cameriere. Oltre alla “Locanda dei girasoli”, nel cuore della capitale sorge anche un altro storico ristorante: “La trattoria degli Amici” della Comunità di Sant’Egidio. Inaugurato nel 1998 nel quartiere Trastevere, il locale oggi dà lavoro a tredici persone con disabilità. Una scelta, quella di investire nella ristorazione, che nasce dalla centralità del problema del lavoro nella vita delle persone disabili e che si è rivelata A SCUOLA DI CUCINA A Roma i ragazzi disabili lavoreranno nei ristoranti di qualità S i sono formati imparando a mescolare correttamente i sapori, a tagliare i cibi e a scegliere i vini migliori. Sono stati sottoposti a un’attenta selezione e stati scelti da otto tra i migliori ristoranti romani, in cui lavoreranno come aiuto cuochi e commis di sala. Per dodici ragazzi con disabilità la passione per la cucina diventa un lavoro vero e proprio. È il risultato del progetto “Cucina inclusiva” promosso dalla comunità di Sant’Egidio, che ha coinvolto 24 disabili. Per 14 mesi, a partire da aprile 2010, i giovani hanno seguito i corsi di chef professionisti ed esperti del settore. Otto di loro adesso potranno dimostrare quanto hanno imparato nei locali di qualità della capitale, da Roscioli a Glass Hostaria, Os Club, Grano, Il convivio Troiani, Da Cesare, All’oro e Porto Fluviale. Due, invece, lavoreranno presso la “Trattoria degli Amici” di Sant’Egidio, mentre altre due persone sono in fase di collocazione. Tra le materie del corso: storia della ristorazione, fondamenti della cucina (gli elementi da conoscere per cucinare e/o spiegare un piatto), il vino, i prodotti del Lazio, il carrello dei formaggi, 12 evoluzione e tipologie di ristorazione e nozioni teorico-pratiche di ergonomia. A seguire i corsisti, chef del calibro di Alessandro Roscioli, Cristina Bowerman e Angelo Troiani. «Questi ragazzi sono la dimostrazione che volere è potere – afferma Troiani –. Le persone che lavorano da me hanno preso più di quanto hanno dato dal contatto con Marco, uno dei corsisti che sta da noi. In un futuro vogliamo aprire una scuola di cucina dove ci sia spazio anche per le persone con disabilità». A sostenere l’iniziativa, la fondazione Telecom Italia e la Laurenzi consulting, una società di consulenza gastronomica. «Questo progetto è la dimostrazione che quando si fa la cosa giusta si può fare anche impresa di lungo periodo – sottolinea Mario Marazziti, portavoce della Comunità di Sant’Egidio –. Prima i disabili vivevano nascosti in casa, noi abbiamo lavorato molto per liberare questa energia. E abbiamo dimostrato che anche se si pensa al bene comune si può fare profitto». L’idea del progetto si basa sull’esperienza di successo della “Trattoria degli Amici”, ristorante nel cuore di Trastevere che oggi garantisce lavoro a 13 persone disabili. [E.C.] vincente. Nonostante la recessione, infatti, il locale è riuscito a mantenere un bilancio in attivo e ad assumere nuove persone. Il menù è basato sui piatti della tradizione romana, con qualche variazione originale. Specialità garfagnane alla Pecora nera. I sapori tipici della Garfagna- na sono, invece, alla base della cucina proposta nel ristorante “Pecora nera” di Lucca, situato nel centro storico della cit- tà. Qui i ragazzi con disabilità intellettiva assunti sono tre, a cui si aggiungono quelli che, ciclicamente, svolgono lo stage grazie a una borsa lavoro. Tra loro c’è chi – come Elena – preferisce l’attività di aiuto cuoca, perché la cucina costituisce un riparo dal mondo esterno. Quando ha messo piede la prima volta al ristorante, raccontano che non riusciva neanche a parlare, mentre oggi è un ottimo aiuto tra i fornelli. C’è poi chi, come Guido, adora lavorare in sala, in particolare girare tra i tavoli intrattenendo i clienti tra un’ordinazione e l’altra. «All’inizio il progetto non è partito col piede giusto: sono stati spesi male i soldi perché mancava un pianificazione commerciale – racconta Patrizia Mei, responsabile della cooperativa “Segni particolari nessuno” e del ristorante –. Adesso, però, il locale va bene e quest’anno siamo riusciti ad avere anche un po’ di utile. La situazione è solida, ma per la salvaguardia del progetto abbiamo deciso di restare aperti solo la sera». Ristorazione, Anche qui si possono assaggiare i una professione piatti tipici della cucina locale, realizzati che funziona. con prodotti della filiera corta. La cuoca Mansioni semplici, un’organizzazione Elisa propone tra i suoi piatti forti torteldel lavoro gerarchica li al ragù, baccalà e ceci, zuppe e coniglio e un’uniforme in umido con polenta. Tra gli antipasti che aiuta non manca mai una vasta scelta di sanell’identificazione del ruolo. Per questo lumi, serviti con focacce calde. «Qui ci si sente come a casa: se c’è un problel’inserimento lavorativo delle ma si discute tutti insieme – racconta –. persone con sindrome Quando ho iniziato a lavorare in questo di Down all’interno posto sapevo che stavo facendo un invedella catena Mc stimento ampio anche sul progetto. OgDonald’s funziona. gi sono felice di questa scelta». Lo sottolinea l’Associazione E il clima familiare che aleggia si reitaliana persone spira quando si è seduti a tavola in atDown (Aipd), che tesa di mangiare. Se c’è da aspettare, a Roma ha seguito infatti, la gente si lascia intrattenere dai 15 ragazzi; ma ce racconti di Guido, che non perde occane sono altri che lavorano nei fast food sione per ricordare a tutti quanto sia di Bari, Taranto e oneroso il suo lavoro, con l’orgoglio di Venezia. Per favorire l’autonomia in cucina chi sa contribuire a mandare avanti la delle persone Down, baracca. I clienti divertiti lo ascoltano, degustando le specialità della casa: dai l’associazione ha realizzato anche salumi al dolce di cioccolato che porta il volume Coltelli e il nome del ristorante. fornelli, un ricettario «Abbiamo persone che vengono da illustrato corredato sempre, ma ci fa piacere vedere gente da un manuale per educatori e genitori. che si avvicina a noi per la prima volta e poi torna volentieri – racconta Patrizia –. Ora abbiamo creato una zona anche per le famiglie, che possono stare in disparte con i loro bambini. Quando arrivano nuovi clienti, ci dicono di voler tornare il prima possibile. E questa per noi è la soddisfazione più grande». 13 INSUPERABILI Intervista a Mario Melazzini La vita è bella, non solo nei film Grazie a «Lei», alla Sla, ho imparato a vivere la malattia, la sofferenza, come un valore aggiunto. Perché inguaribile non è sinonimo di incurabile Laura Badaracchi C on «Lei» ha instaurato, all’inizio, un rapporto conflittuale, di rifiuto conclamato. Poi di rimozione, fuga, trasformate in una resa senza speranza. Ma è successo qualcosa d’inaspettato: da nemica inaccettabile, è diventata una «medicina». Perché lui, Mario Melazzini, ha cominciato a guardarla con occhi diversi. «Lei», scritta proprio con l’iniziale maiuscola, è la Sla. Nelle pagine del volume Io sono qui (Edizioni San Paolo), l’oncologo 53enne divenuto paziente racconta con lucidità e franchezza la sua relazione inizialmente tormentata – e, in seguito, dialetticamente positiva – con la patologia degenerativa che lo ha colpito nel 2003. Da oltre cinque anni “il Mela”, così lo chiamano da sempre gli amici, è presidente nazionale dell’Aisla (Associazione italiana Sclerosi laterale amiotrofica) e segretario nazionale 14 della Fish (Federazione italiana superamento handicap). Non solo: docente a contratto presso la Scuola di specializzazione in Medicina del lavoro dell’Università degli Studi di Pavia, dal 2007 è direttore scientifico di “NeMo”, centro clinico all’avanguardia per la ricerca e la cura delle malattie neuromuscolari presso l’ospedale milanese Niguarda; inoltre presiede l’Arisla, Agenzia nazionale di ricerca sulla Sla. Il suo percorso di accettazione della Sla è durato due anni. Ha anche pensato al suicidio assistito. Cosa o chi le ha fatto capovolgere la sua percezione della malattia? Il momento della diagnosi fu terribile: credevo che con la Sla non potessi fare più nulla. Allontanai tutti, non accettavo l’aiuto di nessuno. Pensai perfino di farla finita. Mi hanno aiutato a riprendermi due carissimi amici: Ron, che con discrezione mi è sempre stato «A volte siamo così concentrati su noi stessi da non accorgerci della bellezza di persone e cose che abbiamo intorno. E la malattia non porta via le emozioni: l’essere conta più del fare» ta fino in fondo, apprezzando le piccole cose. Non nego di avere anche parecchi pensieri, ma con calma e serenità tutto si affronta. Quanto conta, nel suo modo di affrontare la Sla, l’impegno professionale e sociale? vicino, e il mio padre spirituale, Silvano Fausti. La lettura del Libro di Giobbe, poi, mi ha aiutato a capire l’essenza dell’esistere. Appassionato di montagna, parla spesso della necessità di «scalare la Sla»: una metafora applicabile a qualsiasi disabilità? Non sempre ci si rende conto di come la malattia sia una condizione possibile dell’esistenza di ciascuno di noi. Nel nostro Paese esiste una certa cultura secondo la quale la vita, in certe condizioni, perde in dignità. La scalata è quella che bisogna affrontare per compiere il salto culturale utile a capire, invece, che la dignità della vita di tutte le persone, anche di quelle fragili e che soffrono, non può dipendere dalla sua qualità misurata solo esclusivamente secondo un mero processo utilitaristico. Tutti noi, in un determinato contesto, possiamo diventare disabili. Pur con tutte e limitazione fisiche che la malattia mi impone, mi sforzo di pensare soprattutto a cosa posso ancora fare per me stesso e per gli altri: nel lavoro, in famiglia, come amico, da presidente dell’Aisla e in tutti i contesti in cui si parla di disabilità. Ho l’enorme fortuna di poter contare su un cervello che ancora funziona. Una rete che garantisca assistenza domiciliare ai pazienti: sogno realizzabile? Lo scorso 25 maggio in Conferenza Stato-Regioni è stato sancito un accordo sulla “Presa in carico globale delle persone con malattie neuromuscolari o malattie analoghe dal punto di vista assistenziale”. Il contenuto riprende i suggerimenti e le proposte scaturite dal lavoro della Consulta per le malattie neuromuscolari: le chiavi di volta sono la continuità assistenziale, l’informazione e l’inclusione sociale dei malati e dei loro familiari, la formazione di medici, operatori sociosanitari, care-giver e assistenti familiari. Racconta che la Sla, vissuta da medico, le ha consentito di comprendere ancor di più Cosa direbbe a chi non ha la sua grinta, la l’importanza del rapporto con il paziente... sua determinazione a vivere? Grazie alla malattia ho iniziato un percorso “formativo” anche nel mio essere medico, con una nuova sensibilità rispetto ai bisogni dei malati. Soprattutto, ho capito che una delle loro necessità prioritarie, e dei loro familiari, è quella di essere ascoltati. Oggi come convive con «Lei»? La Sla mi fa comprendere ogni giorno i valori reali, quanto sia importante chiedere aiuto e soprattutto che la vita è un dono e come tale deve essere vissu- Resto convinto che la mia esperienza mi abbia dato più di quello che mi ha tolto. Sono prigioniero del mio corpo, è vero, ma ho imparato a non dare niente per scontato, ad apprezzare le piccole cose, ad accettare l’amore e l’aiuto offerti da chi mi circonda, ad inseguire con un’energia nuova quello che posso ancora fare per me, per i miei compagni di malattia e che mi rende felice. Magari, se non avessi incontrato la Sla, avrei avuto un percorso di vita meno appagante e soddisfacente. 15 «Di inguaribile c’è solo la mia voglia di vivere». Io sono qui è anche il titolo del dvd allegato al volume, girato dal regista Emmanuel Exitu: nel 2008 il suo primo documentario, Greater - Sconfiggere l’Aids, ha vinto il Babelgum Contest a Cannes, scelto da Spike Lee fra tre finalisti selezionati da una giuria di esperti su oltre 60 documentari provenienti da tutto il mondo. Il filmato racconta sette giorni di «appunti dalla vita» del dottor Melazzini. Giornate vissute in corsa sulla «carrozza elettrica», tra il lavoro in reparto con i suoi «compagni di malattia» e i viaggi per andare a trovare gli amici. Intervallate da ricordi e progetti per il futuro, le riprese sintetizzano alcune riflessioni di Mario sul vissuto quotidiano, scandito anche da nutrizione e idratazione tramite Peg (gastrotomia percutanea) e da una «ventilazione non invasiva» che lo aiuta nella respirazione notturna. Sposato con tre figli – Federica, Michele e Nicolò –, primario ad appena 44 anni del day hospital oncologico presso la fondazione Maugeri, la sua esistenza è cambiata radicalmente da quando ha la Sla: una forma neurodegenerativa progressiva che ogni anno colpisce 2,16 persone ogni 100mila, con un’incidenza più alta tra gli uomini; circa il 20% sopravvive tra i 5 e i 10 anni dall’esordio dei sintomi. Nell’ambito dell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, quale componente del Comitato tecnico scientifico, il medico si occupa «del coordinamento di tutte le azioni in vari settori di competenza, che avranno come prodotti finali il Rapporto al Parlamento sulle politiche per la disabilità, il Report di monitoraggio per le Nazioni Unite, il Piano d’azione sulla disabilità – riferisce –. Sono anche il coordinatore del gruppo di lavoro “Diritto alla vita e alla salute”, che ha il compito di effettuare una ricognizione con riferimento a quanto contenuto negli articoli 10, 25 e 26 della Convenzione Onu sui diritti per le persone con disabilità e di fornire indicazioni strategiche in merito al Piano d’azione nazionale sulla disabilità». [L.B.] CRONACHE ITALIANE Vigorso di Budrio Sono tante le nuove sperimentazioni in atto nel Centro protesi dell’Inail: dall’esoscheletro alla mano poliarticolata, mille modi per migliorare la qualità della vita. Con una marcia in più: la possibilità di realizzare soluzioni tagliate sulle particolari esigenze del paziente Nuove frontiere nelle officine del futuro Pietro Scarnera Q uando Massimo si alza in piedi e comincia a camminare, tutti si fermano a guardarlo. Pazienti, medici, tecnici e operatori del Centro protesi Inail di Vigorso di Budrio (Bologna) condividono lo stesso stupore, perché lo spettacolo è di quelli a cui non si assiste tutti i giorni. Massimo infatti cammina grazie a un esoscheletro, costruito in Israele e dall’ottobre scorso in sperimentazione al Centro di Vigorso. «Le gambe di Robocop», commenta sorridendo uno dei pazienti, e del resto ogni passo è accompagnato da un ronzio decisamente robotico. Re-walk (Ri-cammina), questo il nome dell’esoscheletro progettato in Israele, è però solo una delle tante novità attualmente in sperimentazione a Budrio. Dall’esoscheletro alle nuove protesi di mano poliarticolate, fino ai nuovi adattamenti per la guida, tutte le tecnologie hanno un elemento in comune: il ruolo dei pazienti, che si trovano “alla pari” con i medici e i tecnici, un po’ come i collaudatori e i piloti di Formula Uno che danno indicazioni ai meccanici e agli ingegneri ai box. Per usare l’esoscheletro, ad esempio, «serve un paziente allenato all’uso delle stampelle», spiega il dottor Franco Molteni, 16 direttore dell’Unità di medicina riabilitativa dell’Ospedale Valduce di Como, che da alcuni mesi sperimenta Re-walk. «Ci vuole un buon controllo del tronco: il segreto è usare molto le spalle e il gomito». Ma fra le sperimentazioni condotte a Vigorso non c’è solo l’esoscheletro. Sempre nel campo delle nuove tecnologie, sono tre le mani poliarticolate attualmente “in prova”. «La mano umana ha 21 gradi di libertà, la mano mioelettrica tradizionale ne ha solo uno: consente cioè di effettuare una specie di presa a pinza – spiega l’ingegner Emanuele Gruppioni, ricercatore del Centro –. La sfida, con le mani poliarticolate, è aumentare i gradi di libertà accrescendo il numero di motori presenti all’interno della protesi». Il modello più innovativo si chiama iLimb ed è di produzione tedesca. «Per ora è stata applicata in due casi, con ottimi risultati – continua Gruppioni –. Questa mano consente quattro tipi di prese: di precisione, laterale, sferica, cilindrica, oltre a una serie di funzioni automatiche che consentono al paziente di muovere le dita in determinate posizioni». Con le mani poliarticolate, in altre parole, il paziente può non solo prendere oggetti più o meno piccoli, ma svolgere anche alcune attività, ad esempio aprire una confezione di yogurt e man- C giarla. Anche qui però è fondamentale l’allenamento, e le indicazioni dei pazienti che testano le nuove protesi sono preziose. In altri casi, i tecnici di Vigorso hanno progettato dispositivi “su misura” per i pazienti. È il caso della protesi di arto superiore, che comprende anche l’articolazione della spalla. «Non ci sono protesi di questo tipo sul mercato – spiega l’ingegner Enrico Boccafogli –, perché per le aziende non ci sarebbe un ritorno economico. Quella realizzata a Vigorso di Budrio è probabilmente una delle poche in tutto il mondo». avanti nelle interfacce di comando», spiega l’ingegner Massimo Improta, capo reparto ausili del Centro protesi. Si studiano sistemi di rilevamento ottico o a infrarossi, ma anche interfacce azionabili con la testa o con un piede. Nell’officina di Vigorso si sta sperimentando inoltre la guida tramite joystick, che permette ai pazienti di guidare rimanendo sulla sedia a ruote. Due veicoli sono stati adattati per permettere l’ingresso della sedia a ruote direttamente dal retro: una volta posizionato, il guidatore può utilizzare il joystick per comandare l’auto. Un primo sistema prevede l’utilizzo del joystick solo per girare le ruote e una serie di comandi vocali per tutto il resto, ma «stiamo sperimentando un joystick a quattro vie – continua Improta –: in avanti si accelera, indietro si frena, a destra e a sinistra si girano Qualcosa del genere avviene an- le ruote». che nel reparto ausili del Centro, dove i tecnici Inail stanno fornendo a un paI progetti per il futuro sono però ziente tetraplegico un “integra-mouse”: ancora più ambiziosi: lo stesso sistema, si tratta di un dispositivo che consente modificato, potrebbe infatti essere utial paziente di comandare un computer lizzato per guidare con il mento. Anche con le labbra, soffiando invece di clic- sul versante dell’automobilità, infine, ci care. sono soluzioni realizzate appositamenMa non basta: al computer è colle- te per i pazienti di Vigorso. Come il gato un braccio robot in grado di rac- trattore adattato per essere guidato da cogliere oggetti. Per il momento si può chi è in sedia a ruote. «Ce l’ha chiesto installare su una scrivania, ma si sta la- un nostro paziente – conclude Improta vorando per applicarlo alla sedia a ruo- – che voleva sorvegliare i lavoratori aste. «Stiamo facendo importanti passi sunti nel suo campo». 17 Una mirror box per curare la sindrome dell’arto fantasma omputer e robot sono routine al Centro protesi Inail di Vigorso di Budrio. Eppure, una delle novità più interessanti arriva da un oggetto che ha poco di tecnologico: una mirror box, una scatola ricoperta di specchi, che però potrebbe rivelarsi utile per migliorare la qualità di vita dei pazienti che hanno subito un’amputazione. Nell’80% dei casi questi pazienti riferiscono una sensazione di arto fantasma che sembra aver origine dalla parte del corpo amputata. Di solito il “fantasma” sparisce nel giro di poco, ma in alcuni casi la sensazione può prolungarsi per anni ed essere accompagnata da dolore (punture, scosse elettriche, formicolii, bruciori o crampi). Trattata con diverse terapie (dai farmaci all’ipnosi), la sindrome dell’arto fantasma potrebbe trovare una risposta nei neuroni specchio, quelli che si attivano durante l’esecuzione o l’osservazione di un gesto. Sfruttando questi neuroni si potrebbe riuscire a rimuovere il dolore causato dall’arto fantasma: è questa l’ipotesi alla base della mirror box therapy, che a Budrio è stata sperimentata su 24 pazienti amputati di arto inferiore, come spiega il dottor Amedeo Amoresano, fisiatra del Centro: «Posizionando l’arto sano davanti alla mirror box si crea nel cervello l’illusione di avere ancora entrambi gli arti: questo provocherebbe una sorta di corto circuito cognitivo, cancellando il “fantasma”». Sui 24 iniziali, solo 12 pazienti hanno affrontato un numero sufficiente di sedute (due hanno interrotto, dicendosi spaventati dall’illusione creata dalla mirror box). I risultati però sono positivi: tutti e 12 i pazienti parlano di un miglioramento del dolore fantasma, e con esso della qualità del sonno e della gioia di vivere. Ora al Centro protesi le sedute con la mirror box sono state interrotte e la sperimentazione si sta concentrando nelle valutazioni di follow up. Ma i risultati, per il momento, sono senza dubbio incorraggianti. [P.S.] VISTI DA VICINO Conflitti di interesse Elefanti e leoni marini: N la pet therapy Antonella Patete sbarca allo zoo I grandi mammiferi di terra e di mare al centro di due progetti dell’Idi, in collaborazione con Bioparco e Zoomarine. L’obiettivo è aiutare i bambini autistici a rompere le barriere dell’isolamento. Ma gli animalisti non ci stanno 18 on più solo cani, gatti, cavalli, asini e conigli. La terapia assistita dagli animali, meglio nota come pet therapy, oltrepassa i confini della fattoria per scoprire nuovi amici di terra e di mare. A Roma, un progetto sperimentale – lanciato dall’Istituto dermopatico dell’Immacolata (Idi) insieme a Bioparco e Zoomarine – ricorre a leoni marini ed elefanti indiani per aiutare i ragazzi autistici ad «uscire dalla foresta dell’isolamento». «Abbiamo iniziato nel 2003 con una vera fattoria didattica all’interno dell’ospedale», racconta Davide Moscato, neuropsichiatra e responsabile del Centro di pet therapy dell’Idi. «All’i- nizio ci rivolgevamo esclusivamente a bambini colpiti da cefalea, ma poi abbiamo allargato il campo a quelli affetti da disturbi del comportamento, patologie psichiatriche e autismo». Nel 2010 un gruppo di sei ragazzi autistici tra gli otto e i quattordici anni ha cominciato a frequentare una volta a settimana la Baia dei pennipedi di Zoomarine, a Torvaianica, dove vivono tredici esemplari tra foche e leoni marini. «Abbiamo pensato al mondo animale acquatico perché è proprio nell’acqua che siamo nati tutti», spiega Moscato. «Il percorso – prosegue – è stato lungo e difficile, in quanto la comunicazione con questi bambini ha richiesto un impegno notevole di attenzione e rassicurazione, ma alla fine i risultati ci sono stati». Infatti, chiarisce, «l’incontro con questi stupefacenti mammiferi, come un grande leone marino di 400 chili, stimola i piccoli affetti da autismo ad emergere dal proprio mondo sommerso, migliorando le proprie capacità relazionali». E gli obiettivi raggiunti hanno incoraggiato gli esperti dell’Idi a lanciarsi in un nuovo progetto: questa volta protagonisti sono gli elefanti indiani che vivono nel Bioparco di Roma, il vecchio giardino zoologico della ca- In Italia manca ancora una legge. pitale oggi trasformato in fondazione. Il termine pet therapy fu coniato negli Usa Ma l’idea di coinvolgere gli elefanti e i mammiferi marini non piace a tutti. Gli animalisti, Lega antivivisezione (Lav) in testa, non vedono affatto di buon occhio l’utilizzo di animali esotici o selvatici. «Non siamo pregiudizialmente contrari alla pet therapy, che anzi può ribadire l’importanza del rapporto con gli altri animali, soprattutto cani e gatti», afferma Ilaria Marucelli della Lav. «Ma è necessario che ogni percorso terapeutico avvenga nel rispetto delle esigenze degli animali, dei loro diritti e interessi. Il rapporto uomo-animale – continua – deve essere comunque limitato a quelle specie di animali che ne possono trarre beneficio». Il principio di fondo, insomma, è quello di uno «scambio di emozioni» che, come ogni scambio, preveda un «reciproco vantaggio» tra umani e animali. «La prima cosa è la relazione», chiarisce l’attivista della Lav. «L’animale non è né un medicinale né un ricostituente, ma un soggetto relazionale vero e proprio. Per questo – insiste – i progetti che coinvolgono gli animali esotici non ricevono la nostra approvazione. I selvatici sono talmente lontani dall’essere umano da non prestarsi ad alcun approccio terapeutico. L’unico approccio possibile è quello ludico, come avviene in alcuni ospedali in cui gli animali vengono usati per dare sollievo ai bambini malati. Ma non ci sono dubbi: mille volte meglio i clown in corsia». «Il meccanismo ludico gestito da personale specializzato diventa terapeutico e la gioia si trasforma in una porta formidabile per rompere l’isolamento», ribatte a distanza il professor Moscato. «D’altra parte – assicura – noi osserviamo il più totale rispetto degli animali coinvolti. I leoni marini di Zoomarine sono ormai alla quarta generazione e nel mondo indiano gli elefanti vengono considerati animali domestidallo psichiatra infantile Boris Levinson che, ci da cinquemila anni. Inoltre, agiamo dopo essersi accorto di come la presenza sempre sotto la supervisione di un vedel suo cane migliorasse nei bambini la terinario e di operatori specializzati». disponibilità ad interagire con il terapeuta, E dal punto di vista della relazionel 1961 pubblicò il volume Il cane come ne replica: «Insegniamo ai bambini a coterapeuta. Oggi in Italia manca ancora stabilire un rapporto con gli animali. una normativa in materia, anche se dal 2003 un decreto vincola lo Stato e le Regioni Che, da parte loro, vivono spontaneaa promuovere iniziative di pet therapy. mente il contatto con i ragazzi. I leoni Nel 2002 oltre venti diverse realtà tra marini comprendono di avere a che faassociazioni, istituzioni e centri di ricerca re con bambini disabili, e sono felice di hanno sottoscritto la Carta di Modena: un essere accarezzati. C’è un percorso di articolato in diciassette punti che dedica grande attenzione alla tutela degli animali. conoscenza reciproca in cui il bimbo Attualmente è in discussione in Parlamento conosce le abitudini dell’animale e l’auna proposta di legge, appoggiata anche nimale conosce il bimbo. Insomma, c’è dalla Lav; si tratta di un testo unico che una ricerca spontanea di quella comuregolamenta l’intera materia, ponendo un’enfasi particolare sulla tutela degli animali nicazione che, in fin dei conti, è il gioco coinvolti. [A.P.] di questo pianeta». 19 PORTFOLIO Un anno di sport. A ritmi agonistici V olti, ritratti, cammei. I protagonisti? Giovani atleti impegnati in diverse discipline sportive. Sono loro a scandire lo scorrere dei mesi nel Calendario 2012 voluto dall’Inail e dalle Federazioni sportive paralimpiche. Grazie agli scatti di Michelangelo Gratton, l’intento è quello di promuovere l’attività sportiva come parte integrante del percorso riabilitativo delle persone divenute disabili a causa di un infortunio sul lavoro o di una malattia professionale. Per il Comitato italiano paralimpico e l’Inail, infatti, resta ancora molto da fare per rilanciare le discipline sportive. Soprattutto fra oltre 145 mila bambini delle scuole ai quali è negata l’ora di educazione motoria: significa proibire parzialmente a ciascuno di loro un processo educativo che utilizza lo sport come elemento di concreta e autentica integrazione. In alto a sinistra, Giusy Versace; a destra, Martina Caironi; entrambe sono campionesse in atletica leggera. Sotto, a sinistra Davide Nevola (tennis in carrozzina); accanto, Giulia Saba (basket in carrozzina). 20 Dall’alto, in senso orario: la romana Daniela Cotogni (ginnastica ritmica e artistica); Matteo Salandri, un altro atleta della capitale (baseball per ciechi); Francesco Messori, di Correggio (Reggio Emilia), tifoso di Juventus e Barcellona (calcio); Alice Brolli (nuoto), giovane stella piacentina dell’associazione Futura. 21 PORTFOLIO Un anno di sport. A ritmi agonistici In alto a sinistra, il velocista azzurro Samuele Gobbi (atletica leggera), della provincia di Padova; sotto, Mirko Mingione, (judo): classe ’90, è originario di Fondi (Latina); accanto, Daniela Panzini (equitazione); sopra, i gemelli Marco e Daniele Lazzari (hockey in carrozzina). 22 In questa pagina Beatrice Vio (soprannominata Bebe), campionessa quattordicenne di scherma in carrozzina. La sua storia ha ispirato l’associazione Art4sport, onlus impegnata nella raccolta di fondi per l’acquisto di protesi sportive destinate a ragazzi amputati. 23 SPORT Il sogno di Kevin A un secondo da Londra Appena qualche anno fa era un ragazzo autistico come tanti e il nuoto una semplice occasione per uscire di casa. Oggi, a diciannove anni, Kevin Casali rischia di gareggiare alle Paralimpiadi 2012. E ogni giorno si allena per ore insieme al suo coach, che ha deciso di non mollarlo mai Stefano Caredda A vederlo ora, sembra davvero impossibile che per lui tre anni fa il nuoto fosse solo un passatempo, un’occasione per uscire di casa, fare un po’ di sport e conoscere qualche persona nuova. Oggi, con la forza fisica e la tenace volontà che mette in acqua, è diventato un vero atleta, uno di quelli che si allenano tutti i giorni, che cercano di migliorare, che gioiscono per le vittorie, che si vedono arrivare sul collo prestigiose medaglie e che si pongono nuovi e più importanti traguardi. Uno di quelli, soprattutto, che vivono bene, che migliorano la propria vita e sono felici, giorno dopo giorno, di ciò che realizzano. Ancora nessuno sa, oggi, se la storia di Kevin Casali incrocerà quella delle Paralimpiadi 2012 di Londra: per poter volare in Inghilterra ed entrare in vasca nella sua gara, i 200 stile libero, deve prima riuscire a nuotare veloce, più veloce di quanto non riesca a fa- re oggi. Un secondo, un secondo netto è quello che gli manca: nella sua migliore prestazione ha nuotato i 200 metri in due minuti, undici secondi e zero centesimi, ma il tempo necessario per potersi qualificare ai Giochi paralimpici è di due minuti e dieci. Un secondo, un semplice, banalissimo secondo: ma nel nuoto può anche essere un’eternità. Per abbassare il suo primato personale, Kevin ha tempo fino a giugno 2012: l’auspicio è che nel corso della prossima primavera quel traguardo possa essere raggiunto. Sarebbe solo l’ultimo di una lunga serie: più volte campione regionale, Casali è campione italiano di nuoto paralimpico per atleti con disabilità intellettivo-relazionale nei 50, 100 e 200 metri stile libero e nei 50 dorso, e detentore del record assoluto di categoria S14 nei 50 e 100 stile libero e nei 50 dorso. Agli europei del luglio 2011 a Berlino si è piazzato ottavo nei 200 stile e ai mondiali disputati in Liguria ad agosto – dove sui 200 ha fermato il cronometro sui 2 minuti e undici secondi – si è classificato sesto nei 400 stile. A ricordare com’era iniziata, questi risultati hanno dell’eccezionale. E non solo dal punto di vista sportivo. In queste pagine gli atleti con disabilità intellettivo-relazionale ai Global Games 2011, che si sono tenuti a settembre/ottobre 2011 in Liguria 24 Nel mese di agosto, quando co- minceranno le Paralimpiadi, Kevin Casali sarà nel pieno dei suoi diciannove anni. Lui, nato nel gennaio 1993, oggi vive a Castellarano, in provincia di Reggio Emilia, e studia all’istituto “Elsa Morante” di Sassuolo, vicino Modena. È un ragazzo autistico. A scuola – il suo progetto personalizzato prevede così – va tre giorni a settimana; in piscina invece ci va sei giorni su sette, mattina o pomeriggio, per due o tre ore al giorno. Ad attenderlo a bordo vasca c’è sempre Emanuele Marinelli. «Conosco Kevin – racconta – da quattro anni: a quel tempo era uno dei tanti ragazzi con disabilità intellettivo-relazionale che vengono da me in piscina per fare un po’ di nuoto e vivere un’esperienza fuori di casa». Emanuele per tutti loro è terapista, istruttore, allenatore: «Mi prendono la vita, per me stare con loro più che un lavoro è una passione». Ragazzi con autismo, con ritardo mentale, con varie disabilità relazionali: «Ognuno ha le proprie esigenze e i propri sogni, e il nuoto li aiuta ad essere più indipendenti e a stare in mezzo alla gente in modo più tranquillo, senza quelle reazioni che agli occhi di molti appaiono come pericolose ma che sono semplicemente reazioni di paura». Al di là del benessere fisico, sottolinea l’istruttore, nuotare è una via d’integrazione: «Il superamento del timore dei rumori o delle luci, la frequenta- Il ritorno degli atleti con disabilità intellettivo-relazionale Paralimpiadi. In attesa di studiare la situazione e fare in modo che non potessero più esserci frodi del genere. Il gran rientro, dopo che sulla rivista Capital Ora, a Londra 2012, si dodici anni di divieti. Alle raccontò per filo e per segno ricomincia. Un ritorno soft, Paralimpiadi di Londra 2012 il tutta la storia, allargando che prevede la presenza di mondo della disabilità torna il fronte (atleti disabili a riunirsi e a presentarsi “fasulli” anche in altri sport) tre soli sport, con appena sette gare: il lancio del peso, al completo: non solo gli e puntando il dito contro la atleti con disabilità fisiche e mancanza di regole chiare sul il salto in lungo e i 1.500 metri sensoriali, ma anche quelli tema. Dietro la vicenda, anche per quanto riguarda l’atletica leggera; i 200 stile libero, con disabilità intellettive una bella fetta di quattrini: i 100 dorso e i 100 rana nel e relazionali, esclusi dai quelli degli sponsor sempre Giochi dopo lo scandalo alla ricerca di risultati, e quelli nuoto; il torneo singolare nel tennistavolo. Tanto per internazionale andato in scena dei finanziamenti elargiti non esagerare, e valutare sul nell’edizione di Sydney 2000. a livello internazionale alle campo, con tutta calma, che le Una vera e propria truffa, federazioni nazionali con i cose siano davvero cambiate. passata alla storia come una migliori risultati sportivi. Per il momento, pur con gli delle dieci frodi sportive più Lo scandalo, cui seguirono ottimi risultati raggiunti nelle celebri di tutti i tempi. le dimissioni del presidente ultime gare internazionali, Accadde che dieci atleti del Comitato paralimpico la nazionale italiana non su dodici della nazionale spagnolo e la restituzione ha ancora qualificato spagnola, vincitrice dell’oro della medaglia d’oro vinta nessun atleta con disabilità nel basket per atleti con nel basket, fu così enorme intellettivo-relazionale per disabilità intellettive e che il Comitato paralimpico l’evento londinese della relazionali, in verità non erano internazionale optò per una prossima estate. affatto disabili. A svelare la decisione drastica: fuori L’obiettivo non è poi così realtà fu proprio uno di loro, il tutti gli atleti con disabilità giornalista Carlos Ribagorda, intellettiva e relazionale dalle lontano però: nell’atletica un infortunio al tallone ha bloccato, nella prova di salto, il campione del mondo sui 100 metri Ruud Koutiki, che ha nelle corde la lunghezza per volare a Londra. Anche Johann Bonafede sui 1.500 metri può centrare l’obiettivo Paralimpiadi. Nel nuoto, a Kevin Casali manca un secondo sui 200 stile, così come non troppo lontana dal traguardo è l’altoatesina Kathrin Oberhauser. [S.C.] 25 SPORT Il sogno di Kevin zio ne di nuovi posti, lo stare insieme in corsia, addirittura il toccarsi, l’avere un contatto fisico (un vero “tabù” per un autistico) costituiscono miglioramenti che in molti casi sembravano inimmaginabili». Il tutto, ovviamente, all’interno di un «lavoro di équipe» con la famiglia, la scuola, gli amici, le associazioni, che mira «non a chiuderli in casa per proteggerli, ma a far loro vivere una vita simile a quella dei loro coetanei, con il cinema, lo sport, il gioco, lo svago». Ecco, con Kevin è andata proprio così: «Mai avrei immaginato anni fa di poter andare insieme a lui per 14 giorni ad un campionato mondiale dove c’è confusione, orari ferrei da rispettare, una dieta da mantenere, un regolamento da non infrangere, e vederlo in grado di vivere bene tutto questo». Come per ogni persona con autismo, anche la vita di Kevin deve esse- re attentamente programmata: «Se so che fra 15 giorni ci sarà una gara – spiega Marinelli –, io darò al ragazzo ogni giorno un’informazione, così che lui l’ultimo giorno abbia interiorizzato e sappia che deve partire, che si andrà in tal posto, che a tale ora farà una gara, che avrà finito e che tornerà a casa. La cosa grandiosa è che ora riesce a superare gli imprevisti: per esempio, agli europei di Berlino e ai mondiali di Loano ha tollerato il cambiamento improvviso degli orari di riscaldamento, senza alcuna delle reazioni, anche violente, che aveva in passato. Questo è uno dei vantaggi più grandi che Kevin ha avuto dal percorso che abbiamo fatto insieme». E pensare che tutto, quattro anni fa, è iniziato quasi per caso. «Veniva una volta a settimana e io usavo con lui la didattica che comunemente si adopera con bambini di sei o sette anni: ho presto notato, però, che ripetendo innumerevoli volte alcune azioni riuscivamo ad ottenere un movimento globale e perciò una nuotata». Ogni giorno Kevin Casali si allena per migliorare la sua prestazione nei 200 stile libero. Finora il suo record personale è di 2 minuti, 11 secondi e 0 centesimi, ma il tempo per potersi qualificare ai Giochi paralimpici è di 2 minuti e 10. In alto, Kevin a bordo piscina prima di una gara [foto di Giada Lanzavecchia] 26 Regole ferree per chi gareggia D odici anni fa bastava una semplice dichiarazione: nulla di più. Nessun controllo era stato effettuato sui finti atleti della nazionale di basket spagnola impegnata alle Paralimpiadi di Sydney 2000, quelli responsabili dello scandalo che sfociò nell’esclusione di tutti i disabili intellettivi e relazionali dalle successive edizioni dei Giochi. Per partecipare a quelle gare era stato sufficiente firmare un foglio che attestava la propria situazione di handicap: nessun altro riscontro, nessun’altra verifica indipendente. Ora che a Londra 2012 torneranno in gara anche loro, le regole sono molto più strette. Per svolgere attività agonistica a livello internazionale e paralimpico, l’atleta con disabilità intellettiva e relazionale deve essere in possesso di classificazione a fini sportivi in base alle norme stabilite dall’organismo di riferimento, l’Inas, cioè la Federazione internazionale degli sport per atleti con una disabilità intellettuale (che a sua volta è componente dell’Ipc, il Comitato paralimpico internazionale). L’atleta viene sottoposto, da parte della sua federazione nazionale (in Italia, la FisdirFederazione italiana sport disabilità intellettiva relazionale), a La frenesia è una delle caratteristiche dell’autismo e – spiega l’allenatore – «se si ha la possibilità di capire come far confluire questa frenesia nella nuotata, il risultato è un aumento della frequenza e dunque della velocità: così da un semplice ambientamento in acqua siamo passati prima ad una ricerca di tecnica e poi a un allenamento vero e proprio». «Non sapevo di avere un atleta – riflette Marinelli – e lui all’epoca non lo era: abbiamo provato e col tempo, con tanti e tanti tentativi, tanti errori e qualche successo, siamo arrivati alla meta. Ma non c’è una ricetta vera e propria: abbiamo provato e tuttora semplicemente proviamo». Dalla piccola piscina di zona alla piscina olimpica della città, dalle gare locali a quelle regionali e poi nazionali, per non parlare del grande salto nelle competizioni continentali e mondiali, le esperienze in acqua per Kevin Casali sono cambiate molto, con due valutazioni. In primo luogo c’è una diagnosi della disabilità intellettiva secondo i criteri utilizzati dall’Organizzazione mondiale della sanità: il rilevamento delle funzioni intellettive sotto la media viene effettuato usando i principali test di efficienza intellettiva, standardizzati e riconosciuti a livello internazionale (i metodi Wisc, Wais, Standard Binet e Raven Matrices). In secondo luogo, c’è una valutazione dell’influenza della disabilità intellettiva nella pratica della specifica disciplina sportiva: operazione più complessa, per- ovvie ripercussioni anche in termini di pressione emotiva e di carico di responsabilità. L’obiettivo qualificazione a Londra 2012 comporta, in questo senso, un rischio anche per gli atleti che non vivono una disabilità intellettiva e relazionale; figuriamoci quanto ciò può apparire delicato in un ragazzo con autismo. L’allenatore di Kevin, naturalmente, se ne mostra consapevole: «Sì, parliamo di Londra ma preferisco non illudere mai nessuno: io faccio il mio lavoro, so quale è il mio e il suo obiettivo ma soprattutto so quale è il suo bene. Il suo bene oggi è quello di non essere stressato più di quello che dovrebbe essere. 27 ché richiede che si tenga conto dei contesti sociali e culturali in cui vivono gli atleti, e attuata sempre secondo gli standard riconosciuti. In Italia, la Fisdir richiede inoltre il possesso del certificato di «idoneità allo sport agonistico adattato ad atleti disabili», effettuato dagli specialisti in Medicina dello sport autorizzati sulla base delle normative delle singole leggi regionali. Per gli atleti con sindrome di Down, che gareggiano in una categoria specifica (la C21), la federazione italiana prevede la valutazione della mappa cromosomica e del certificato medico attestante la presenza o meno di instabilità atlanto-assiale, oltre alla dichiarazione delle condizioni fisiologiche dell’atleta a firma di un medico di fiducia, dell’atleta e del genitore/tutore. [S.C.] Londra c’è, rimane un nostro obiettivo ma non può e non deve diventare un’ossessione. Ne parliamo soprattutto quando ha bisogno di sentirsi caricato, ma non esagero mai. Non voglio creare né aspettative eccessive, né tanto meno delle frustrazioni». Per rosicchiare quel secondo che manca, gli allenamenti vanno ora avanti in due direzioni: «Da un lato abbiamo incrementato a livello di volume e di intensità di lavoro, il che significa che Kevin nuota tanto e sulla lunga distanza; dall’altro lavoriamo su fattori specifici come la virata o il tuffo, che Kevin esegue in modo precario e che non sono proficui dal punto di vista cronometrico. Ci occupiamo di finezze, insomma, e con un po’ di fortuna e metodo speriamo di arrivare a questo “due e dieci”. Con la certezza che, al di là del cronometro e della speranza Londra, i risultati straordinari sono già arrivati». TEMPO LIBERO Itinerari per tutte le tasche Campeggi, villaggi, ostelli: viaggiare senza svuotare il portafoglio è possibile. Una soluzione spartana? A volte è migliore di un albergo a cinque stelle Viaggi low cost Chiara Ludovisi A ccessibile per le persone disabili, ma anche per le loro tasche: è il turismo low cost senza barriere, quello di chi viaggia tra villaggi e campeggi d’Italia e del mondo, magari in moto o a bordo di un camper. È una fetta significativa del turismo nel nostro Paese, e non solo di quello “disabile”: anche in questo periodo di crisi, infatti, Faita-Federcamping (Federazione delle associazioni italiane dei com- 28 plessi turistico ricettivi all’aria aperta) ha riportato un aumento del 3% negli arrivi e del 4% nelle presenze. E se siamo abituati a pensare il viaggiatore disabile condannato inesorabilmente ad alberghi accessibili sì, ma a cinque stelle, è forse il momento di correggere questa immagine: sempre più sono infatti i turisti disabili che, per le loro vacanze, scelgono un campeggio o un villaggio, proprio in virtù della maggiore accessibilità di queste per un turismo accessibile strutture. Secondo una recente ricerca dell’Osservatorio Buyer Ttg, oltre il 77,2% dei villaggi e il 72,5% dei campeggi soddisfano le esigenze di persone con esigenze speciali, contro il 49,8% degli agriturismi, il 51,9% degli hotel e il 21,8% dei bed & breakfast. Ma cosa succede ai prezzi, quando un villaggio è senza barriere e propone ai suoi ospiti case mobili super accessoriate, con il massimo del comfort e del- la pulizia? «Il campeggio è low cost, ma molti villaggi no», spiega Max Ulivieri, giovane disabile creatore e animatore del sito diversamenteagibile.it, specializzato in turismo per tutti. «Certo, in albergo l’accessibilità costa cara, perché la trovi quasi sempre in strutture nuove, moderne o recentemente ristrutturate: impossibile spendere meno di 100 euro a persona per notte». Invece un pernottamento in una casa mobile per quattro o sei persone, do- 29 tata di tutti i comfort e del massimo di accessibilità, può costare «al massimo 250 euro in alta stagione per quattro posti letto», assicura Roberto Vitali, presidente di Village for All, portale e marchio di qualità che ha come obiettivo l’inclusione turistica di tutti. «È vero che nel panorama dei campeggi e dei villaggi si trova tanto il low cost quanto il cinque stelle, ma non troveremo mai i prezzi di un albergo accessibile. C’è però il problema della qualità: se van- TEMPO LIBERO Itinerari per tutte le tasche no nello stesso albergo un disabile e un non disabile, con lo stesso prezzo al secondo danno una camera al terzo piano con vista mozzafiato, al primo una stanza d’ospedale al piano terra, magari vista muro». Oltre alla possibilità del villaggio, esiste poi quella – ancora più low cost – del campeggio: non solo una scelta economica, ma per tanti una vera e propria passione, come nel caso dello stesso Roberto Vitali: «Io viaggio con tenda e sacco a pelo, insieme a mia moglie e mia figlia. Ho fatto anche il viaggio di nozze in tenda: undici giorni sul lago di Bolsena, in una canadese a quattro posti che montavo da solo, seduto sulla mia carrozzina. La vacanza in campeg- “Specialmente camperista”, un vademecum per tutti R ealizzato da “Village4All” in collaborazione con la rivista Plein Air, il vademecum per il camperista disabile snocciola una serie di consigli utili e indicazioni pratiche per godere al meglio la propria vacanza all’aria aperta. gio o in villaggio è una vacanza “senza cravatta”, che sembra piacere molto ai turisti disabili, visto che in alcune nostre strutture – conclude – ben il 10% del fatturato annuale deriva dagli ospiti disabili». Una tendenza che viene confermata anche da Franco Vitali, titolare dell’Holiday Village Florenz di Comacchio, la prima struttura che ha aderito a Village4All. «Le presenze di persone disabili sono circa 3mila l’anno: prediligono la casa mobile, noi ne abbiamo 37. Ci sono poi alcuni clienti che vengono con il proprio camper accessibile». è come avere la casa appresso»: Luigi Cozon è tra coloro che hanno scelto il camper, adattato completamente alle proprie esigenze. Sessantuno anni, paraplegico da quando ne aveva 25, è stato fino a pochi mesi fa insegnante di educazione fisica e da sempre ama la vita sportiva, all’aria aperta. Forse per questo è convinto che per le persone disabili la vacanza in camper sia la migliore, «perché supera tutte le barriere. Hai i servizi al seguito, i letti sempre pronti ed è più facile fare una vita sociale». Dato che un camper accessibile costa «almeno 55mila euro, chi volesse solo fare una prova può noleggiarlo». Camper, che passione. «È come È la possibilità che offre, tra gli altri, una chioccia che si porta dietro il guscio, Corrado Bertolin, disabile a sua volta e titolare della Italnolo, che a Schio (in provincia di Vicenza) dispone anche di un camper accessibile. «Il punto di forza del nostro veicolo? Non solo è accessibile l’abitacolo, ma anche la cabina di guida, per cui può essere lo stesso disabile a condurlo». Questa opportunità sembra piacere a molti, visto che «in un anno, abbiamo avuto il camper impegnato circa 6 mesi, per un totale di 17 clienti; l’ha usato anche il regista Bernardo Bertolucci a Roma. E ho fatto un preventivo a un americano che, il prossimo anno, lo vorrebbe per due mesi per compiere il giro dell’Europa. Il camper assolve a tre problemi del viaggiatore disabile: Eccone alcuni passaggi. L’accessibilità al seguito. Il veicolo ricreazionale è un formidabile strumento ammazzabarriere: la cellula abitativa consente di portare appresso l’autonomia di viaggio, di riposo e di ristoro. 1 2 Informarsi prima. Prima d’iniziare il viaggio, verificare sempre l’esistenza e l’ubicazione di zone a traffico limitato, la presenza di parcheggi riservati, le modalità per ottenere i permessi di accesso ai centri urbani, l’accessibilità 30 ai musei ed edifici storici, la percorribilità delle zone pedonali. Norme di comportamento. Non dimenticare che il camper è, e rimane, un veicolo ingombrante: qualora si crei una colonna (ad esempio sulle strade di mon- 3 tagna), è bene ogni tanto fermarsi e lasciar defluire il traffico che segue. Rispettare sempre il Codice della strada; utilizzare con buon senso le normative a favore per l’accesso, il transito, il parcheggio in aree regolamentate (come ad esempio nel servizi, ristorante, albergo. Io sono una persona disabile e queste problematiche le sento sulla pelle da 50 anni». Il costo del noleggio di questo camper, che ha quattro posti letto, equivale a quello degli altri e «varia da un minimo di 75 a un massimo di 150 euro a notte». Purtroppo esiste un limite: «I cosiddetti normodotati non vogliono questo camper, sebbene sia comodissimo anche per loro. Questione di pregiudizi...». Ostelli senza barriere, ecco i “top 5” B arcellona, Stoccolma, Lisbona, Firenze e Berlino: è qui che si trovano i 5 ostelli più accessibili d’Europa, secondo la stima di HostelBookers, azienda leader per la prenotazione di ostelli nel mondo e sito di riferimento per viaggiatori low cost. Un giudizio costruito sulla base di due importanti parametri: l’accoglienza e l’accessibilità. Nella città catalana si trova l’ostello Pere Tarres, con 240 posti di cui 32 per gli ospiti con disabilità motoria. Presso lo Stf/ Hi Fridhemsplan di Stoccolma gli ospiti su sedia a ruote possono prendere alloggio e vedersi garantita una vacanza senza sorprese. L’Old Town hostel di Lisbona dispone di diverse stanze al pianterreno, predisposte per accogliere clienti con disabilità. Per chi va a Berlino c’è invece l’All In hostel: ha 400 stanze di varie tipologie, alcune delle quali pensate appositamente per persone disabili e raggiungibili tramite un ascensore, con un bagno accessibile in comune e corrimano nei corridoi. A Firenze, infine, viene segnalato l’Archi Rossi hostel: dispone di stanze private e dormitori predisposti ad accogliere viaggiatori disabili, raggiungibili tramite una comoda rampa. Maggiori informazioni sul sito it.hostelbookers.com. [C.L.] Ma l’accessibilità è davvero una priorità «a tutti i costi»? Non la pensa così Francesco M., che gira il mondo, carrozzina al seguito, e non si ferma certo davanti a una barriera: «La differenza la fanno le persone – assicura –. Ho fatto bellissimi viaggi in paesi come Cuba o il Madagascar, dove certo non si trovavo il pullman o il catamarano accessibile. Ma l’avventura mi interessava più dell’accessibilità: così accettavo di sedermi sul gradino del bus o di essere trasportato a braccia dai marinai. Anzi, quando posso evito la camera accessibile, che generalmente è brutta e neanche tanto comoda». Quel che conta, conclude, è che «si crei la cultura dell’accessibilità. E possiamo crearla solo se noi, con le nostre disabilità, iniziamo a girare, a farci vedere nel mondo, presentandoci come turisti uguali agli altri». Scegliere campeggi, villaggi, ostelli? Significa risparmio assicurato. Una notte in albergo accessibile costa oltre 100 euro a persona, una casa mobile al massimo 250 euro per 4 persone. E per noleggiare un camper accessibile, con quattro letti, si spendono dai 75 ai 150 euro. centro storico); porre sempre la dovuta attenzione alle dimensioni d’ingombro del mezzo. Aiutati e fatti aiutare. È un atteggiamento utile se non indispensabile per il superamento della propria disabilità. Ricordare che, sapendo viene richiesto. Chi ci controlla lo fa per meglio tutelare i nostri diritti. Essere disabili non giustifica comportamenti non corretti o poco educati verso il prossimo. Ricordiamo che il nostro comportamento è sempre sotto gli occhi di tutti, poiché 4 presentare correttamente i propri bisogni, si troverà la risposta adeguata da parte dei gestori delle strutture ricettive. Facciamoci riconoscere. Teniamo il contrassegno ben esposto e leggibile ed esibiamolo ogni volta che ci 5 siamo doppiamente visibili, in quanto camperisti e in quanto disabili. Il passaparola è una risorsa. Diamo ascolto ai consigli degli amici: le persone con disabilità simili alle nostre sono quelle che spesso possono darci la dritta miglio- 6 31 re. Non riteniamole però responsabili nel caso tornassimo a casa insoddisfatti: avere lo stesso tipo di disabilità non comporta (per fortuna) avere le stesse preferenze e gli stessi gusti. La nostra esperienza è preziosa. 7 Impariamo a raccontare le nostre esperienze ad altri, utilizzando le tante risorse presenti su Internet e i mezzi di stampa. La nostra esperienza, una volta divulgata, potrà rappresentare una preziosa fonte informativa per tutti. [C.L.] MEDIA Vintage comic chat: comunicare con i fumetti U na chat a fumetti per imparare attraverso le immagini. Il sogno di molti ragazzi appassionati di social network potrebbe presto diventare realtà. Come? Grazie alla “Vintage comic chat”. L’idea è di Gianluca Nicoletti, giornalista radiofonico, scrittore ed esperto di tecnologie e comunicazione, che insieme a un team work composto da professori universitari, ingegneri e giovani appassionati della rete (il gruppo Uniphantom) sta mettendo a punto un progetto ispirato alla comic chat, inventata e poi accantonata, dalla Microsoft negli anni Novanta. Con una veste, però, non solo ludica ma utile per quanti soffrono di disturbi dell’apprendimento. La struttura è semplice, anche se alla base c’è un algoritmo molto sofisticato: grazie a un software l’interazione in chat si trasforma in una striscia di fumetto potenzialmente infinita. Basta scambiarsi qualche parola, quindi, e una normale conversazione istantanea diventa una grafic novel, con tanto di avatar di chi scrive. La novità principale del progetto del gruppo Uniphantom sta, però, nel suo utilizzo. L’applicazione, formata da testo e immagini, contiene in sé le basi del sistema di comunicazione aumentativa e potrebbe essere utilizzata da insegnanti ed educatori per aiutare l’apprendimento dei ragazzi con problemi. Tra i possibili impieghi c’è, infatti, quello dello “Special needs education”. Questo nuovo strumento consente, inoltre, di giocare con le “faccine” e comunicare, attra- Rispetto alla vecchia comic chat, il software sarà integralmente riscritto dall’Università della Calabria. Per ora il progetto, Grazie a un software, ancora in fase sperimentale, verrà l’interazione in approfondito presso l’ausilioteca chat si trasforma dell’Istituto “Leonarda Vaccari” in una striscia di di Roma. Qui un gruppo di opefumetto ratori specializzati lavoreranno potenzialmente verso la mediazione del software, infinita. Basta all’idea di un «amplificatore di coche traduce parole in espressio- scambiarsi municazione», multipiattaforma ni facciali, anche il proprio stato qualche parola, fruibile su ogni tipo di hardware quindi, emozionale. Un’operazione niente e una normale (dallo smartphone al pc). affatto scontata per i ragazzi auti- conversazione «La sfida è quella di produrre stici. «Stiamo cercando di decli- istantanea un medium nuovo e molto spenare il progetto per uno spettro diventa una grafic cializzato che attraverso il fupiù ampio possibile di impieghi novel, con tanto di metto, il testo, alcune immagini avatar di chi nel settore della disabilità, ma scrive simboliche favorisca lo sviluppo anche nella didattica per ragazzi relazionale, sensoriale, cognitinormodotati, che hanno comunvo di chi partecipa all’esperienza que un grande bisogno di essedi amplificazione comunicativa», re stimolati a una forma corretta aggiunge il giornalista. In Aue partecipata di comunicazione stralia il Queensland department – spiega Nicoletti –. In sintesi, of education ha utilizzato questo usano social network e tablet con tipo di chat per l’approccio alla grande sicurezza, ma possono escomputer tecnology dei bambini sere guidati a farne un uso meno in età prescolare e degli alunni dispersivo e più mirato alla quadelle elementari, con notevoli rilità della comunicazione». sultati. [E.C.] 32 CULTURA LIBRI Storia di Eva, fiaba nordica sulla diversità I l fuoco della passione calato in una scrittura lucida e distaccata. Ha i colori di una favola nordica e lo stralunato realismo di un trattato scientifico di inizio Novecento l’ultimo romanzo di Erik Fosner Hansen, La donna leone, che ha ricevuto il prestigioso premio dei librai norvegesi. Protagonista del volume Eva, una donna affetta da una malattia rarissima denominata «ipertricosi lanuginosa congenita». Figlia di un austero capostazione e della più fervente animatrice del coro parrocchiale, Eva nasce coperta da una folta peluria bionda, che presto si rivelerà destinata a non cadere più. Avendo perso la madre al momento del parto, trascorre la sua infanzia tra la rigida disciplina del padre ferroviere e le amorevoli cure della balia Hanna la quale, dopo un iniziale «ribrezzo», impara ad amare quella bambina così diversa dai suoi coetanei. Ma Eva è diversa solo nell’aspetto e i suoi primi anni trascorrono nel tentativo disperato di rompere il duro isolamento a cui suo padre la costringe. Col tempo però Eva apprenderà, a sue spese, che i timori del capostazione non erano del tutto infondati e che il mondo circostante non è in grado di guardare oltre la sua evidente diversità. Senza moralismo né morale, la penna di Hansen invita a riflettere sullo stigma della differenza. E il pensiero, per il lettore italiano, non può non correre a La donna scimmia, che il regista Marco Ferreri portò sullo schermo nel 1964. Chi ha visto il film non può dimenticare il cinismo dell’imbroglione Focaccia/Tognazzi, che per arricchirsi non esita a sposare Maria e a portarla in giro per il mondo come fenomeno da baraccone. Quasi cinquant’anni dopo chi legge Hansen rimane incantato dalla raffinata intensità di questa fiaba crudele sull’ostinata banalità di chi guarda il mondo senza vederlo. [A.P.] 33 Erik Fosner Hansen La donna leone Tropea editore 2011 pagine 390, euro 18,00 CULTURA LIBRI LIBRI Francesco Nuti si racconta Un presunto malato e un angelo psicotico U N on tutti gli angeli hanno le ali. Benni invita a uscire dal cliché della creatura piumata e onirica, anche se mantiene la cifra del suo linguaggio surreale, a tratti grottesco. Entrando a gamba tesa nell’esistenza del protagonista, Morfeo, ne racconta l’infanzia segnata da un incidente che, a catena, genererà una serie di false diagnosi e di cure quantomeno approssimative: situazione che dà il “la” a una critica esplicita del sistema sanitario, concepito da alcuni medici esclusivamente come trampolino sociale. Diventato adulto e padre, circondato da figure sbiadite e poco significative per la sua vita, il protagonista incontra un “angelo” in carne e ossa, uscito da un ospedale psichiatrico dismesso: figura tutt’altro che serafica, portatrice però di un messaggio positivo nell’esistenza di Morfeo. Segno che l’autenticità di un’amicizia, pur superando apparenze superficiali, non può bypassare la sofferenza, il dolore: deve avere il coraggio di entrarci. E di condividerli, fino in fondo. [L.B.] Stefano Benni La traccia dell’angelo Sellerio 2011 pagine 106, euro 11 Francesco Nuti (a cura del fratello Giovanni Nuti) Sono un bravo ragazzo Rizzoli 2011 pagine 206, euro 17 Lorenza Ghinelli Il divoratore Newton Compton 2011 pagine 254, euro 9,90 na notte di settembre Francesco Nuti cade dalle scale, va in coma e rimane immobilizzato a letto e privo della possibilità di parlare. È il 2006 e la caduta arriva al culmine di un cupo periodo di depressione e sconforto in cui la fama, le auto di lusso e le belle donne sembrano ormai il ricordo di un tempo ormai definitivamente tramontato. Tuttavia quella caduta, con la pausa di riflessione che necessariamente comporta, assume il significato catartico del ritorno alla vita reale. Almeno questa è la versione dell’attore fiorentino che, con l’aiuto del fratello Giovanni, ha dato alle stampe la sua autobiografia dal sottotitolo: Andata, caduta e ritorno. Passati i dirompenti anni dei film campioni di incasso, ma anche quelli più cupi della solitudine, dell’invidia e dell’impotenza, Nuti torna a Prato dove può finalmente ripercorrere i momenti clou della sua vita e della sua giovinezza: dalle sale da biliardo ai primi spettacoli sul palco del “mitico” teatro Metastasio, fino al trionfale arrivo nella capitale e ai primi passi verso il declino. Eppure dalle pagine del libro non affiora alcun sentimento di rimpianto. Emerge piuttosto lo sguardo distaccato di chi, dopo la tempesta, riconquista la quieta consapevolezza dell’ineluttabile fugacità di ogni cosa. E anzi si affaccia una rinnovata fiducia nella possibilità di guardare avanti, meditando un rientro nel mondo dello spettacolo dietro le quinte. 34 «Io sono vivo. Sono guarito e il mio futuro è aperto. Non sono ancora forte come vorrei, la parola stenta a scivolare e dopo che ho camminato per cento passi devo riposarmi – scrive –. Negli ultimi due anni sono migliorato, lentamente, ma molto migliorato. Sono sereno e ho ricominciato a pensare al mio lavoro, passato e futuro. Ho ripreso in mano le mie ultime sceneggiature (...). Non so ancora come questi progetti si svilupperanno, ma sono certo che sono buoni semi che daranno buoni frutti». [A.P.] LIBRI Pietro e gli altri, il noir (psicologico) è servito A l di là della trama noir, che comunque dà ritmo alle pagine e tiene con il fiato sospeso fino alle ultime righe, il romanzo prende il titolo da un protagonista misterioso, nascosto e crudele. Il suo alter ego si rivela, a sorpresa, fin dall’inizio della storia, anche se man mano che l’intreccio si dipana il suo ruolo diventa sempre più preminente. Al suo esordio come personaggio, infatti, il quattordicenne Pietro sembra piuttosto dimesso, impaurito e solo. Anche se ha un fratello di nove anni, Dario. Perché proprio i giovanissimi amici del fratellino lo deridono ferocemente, mettendolo in ridicolo e prendendosi gioco della sua disabilità. La sua corazza protettiva nei confronti degli altri si chiama autismo e, per chi non sa decodificarla, appare un muro insormontabile o un’occasione per denigrarlo. Sta proprio qui il capovolgimento del ruolo di Pietro nella storia: proprio lui, che non riesce a comunicare in modo convenzionale ma parla disegnando, diventa il testimone di una serie di delitti grazie a una percezione speciale. La capacità, cioè, di sentire l’avvicinarsi del male e la forza di non lasciarsi affascinare dai suoi sottili tranelli. Così il “giallo” delle vicende trascolora in un’indagine eminentemente psicologica. Non solo del vissuto di Pietro, della sua disabilità a confronto dei cosiddetti “normali”, ma anche della sua famiglia e di altre famiglie, della sua terapeuta Alice e dei suoi dolori rimossi. L’adolescente autistico, insomma, si trasforma in una sorta di specchio con cui confrontarsi, davanti al quale non aver paura delle proprie debolezze, di un passato da nascondere, di ferite ancora aperte. La sua figura viene scolpita via via nel libro, e non come un eroe talmente buono da non credere alla sua autenticità: al contrario, le fragilità di Pietro sono evidenti, sotto gli occhi di tutti. Eppure, quell’apparenza nasconde un coraggio e una forza insospettabili. Un’esperienza profonda che lo accomuna a tanti altri esseri umani. «Ad attrarmi è il lavoro incessante di scavo, di ricerca dell’identità, qualsiasi essa sia», scrive l’autrice nel suo blog; trentenne, al suo primo romanzo, lavora come editor e sceneggiatrice per la Taodue. I diritti del volume sono stati già venduti in Russia, Olanda, Francia, Spagna, Brasile e America Latina: probabilmente il noir fa cassa. Ma il lettore che si immergerà in questa storia assaporerà un linguaggio pulito e un tratteggio dei personaggi a tutto tondo, con un’eco quasi nostalgica dei classici novecenteschi. [L.B.] VIDEO Sguardi sulla disabilità all’Anello debole G amba Trista e Il lavoro piace: sono dedicati alla disabilità due dei cortometraggi vincitori del premio “L’Anello debole 2011”, bandito dal 2005 dalla Comunità di Capodarco per i migliori cortometraggi, réportage, servizi televisivi e radiofonici sui fatti e le vicende delle persone più fragili. I due lavori hanno concorso rispettivamente nelle categorie “Corti di fiction” e “Corti della realtà”. Il primo, realizzato da Francesco Filippi (Studio Mistral), è un cartone animato che racconta la storia di un ragazzo nato con le gambe molli ma che, proprio per questo suo limite, ha imparato a sviluppare altre qualità. L’opera ha colpito la giuria e il pubblico per la freschezza e la modernità, oltre all’immagine che offre della disabilità: al centro c’è semplicemente una persona, con i suoi progetti, le sue limitazioni e la sua capacità di trarne la forza per eccellere. Il lavoro piace, di Jacopo Bernard, Camilla Bilato e Anna di Napoli (Laboratorio multimediale Università dell’Insubria) racconta invece la quotidianità di ragazzi con sindrome di Down perfettamente integrati nel mon- 35 do del lavoro. Una giornata semplicemente illustrata da una carrellata di immagini e musica, senza alcun commento. Anche il tema della psichiatria spicca tra i premiati: la categoria tv è stata vinta da Ergastolo bianco di Francesco Cordio, Mario Pantoni, Francesca Iachetti, Giacobbe Gamberini (Rai Tre-Presadiretta), risultato dell’inchiesta voluta dal Senato della Repubblica sullo stato di degrado degli ospedali psichiatrici giudiziari. L’argomento torna anche nel corto Mariuccia, una vita per i matti, di Monica Moretti, finalista nella categoria tv; il video dà voce a un’infermiera, poi presidente-volontaria in una cooperativa per il reinserimento lavorativo dei “matti”, che racconta la sua esperienza al fianco di Franco Basaglia: «Ho visto rifiorire le persone». Tra i finalisti della sezione “Corti della realtà”, La tinaia, che ha per protagonisti gli artisti/pazienti dell’omonimo centro di attività espressive di Firenze, impegnati in un laboratorio di arte e le cui opere sono in mostra in vari musei in Italia e all’estero. Tutti i video si trovano sul sito www.premioanellodebole.it. [Alessandra Brandoni] CULTURA TEATRO Il libro nero dei colori Menena Cottin - Rosana Faría Rain man, arriva sul palco l’uomo della pioggia L’ gli arredi di scena che arrivano dall’alto o dalle quinte laterali – ma soprattutto lo specchio delle emozioni di Ray. Il susseguirsi di immagini proiettate, che diventano fondali e raccontano allo spettatore il mondo di Raymond, concretizzando i suoi momenti di crisi, paure e ricordi, come la famosa Buick o la casistica degli aerei caduti in volo. È anche grazie a questa scelta che risulta assolutamente convincente l’interpretazione di Luca Lazzareschi, attore toscano di grande esperienza, che nel ruolo di Ray commuove e fa sorridere: «Un lavoro a togliere», spiega, quello necessario a raccontare pensieri che non si possano esprimere con una struttura e l’assenza di intonazioni. Nella versione teatrale tutto ricorda il film: la musica, i costumi e più di tutti Luca Bastianello nel ruolo del fratello minore di Ray, Charlie. Colpisce l’assoluta somiglianza a Tom Cruise nei gesti e nella voce. Charlie, nella visione di Marconi, è «il pubblico ignorante», quello che esprime un giudizio superficiale e offensivo verso le persone autistiche, quello che non conosce la patologia ma giudica. Un approccio che muta, man mano che Charlie – e con lui il pubblico – “scopre” Ray. A fine spettacolo vengono proiettate informazioni e cifre che riguardano la patologia. Al pubblico il messaggio arriva chiaro. autismo in primo piano a teatro: è la nuova sfida di Saverio Marconi, che porta I colori si “vedono” anche senza gli occhi . Il giallo ha il in scena con la Compagnia della sapore della mostarda ed è morbido come le piume di un Rancia la versione teatrale di Rain pulcino. Il rosso è dolce come la polpa dell’anguria e duole man. Il film – ispicome la ferita su un ginocchio. Il marrone crepita come le rato alla vera storia foglie d’autunno sotto le suole delle scarpe. Realizzato da di Kim Peek, a cui due autrici venezuelane, Menena Cottin e Rosana Faría, Il libro nero dei colori nel 2008 è stato definito dal “New York l’autismo aveva reTimes” come il volume illustrato «più bello dell’anno». Edito galato un’assoluta anche nel nostro Paese da Gallucci (28 pagine, 16,50 euro), capacità di memosuggerisce come percepire i colori con sensi diversi dalla rizzare – conquistò vista; destinato a lettori vedenti e non vedenti, è corredato nel 1988 il pubblico da una traduzione in Braille. e valse l’Oscar come miglior attore Dalla Uildm fumetti a rotelle. Oltre protagonista a Ducento pagine a fumetti per raccontare la disabilità: un catalogo frutto del stin Hoffman per concorso “Prestami la tua mano per l’interpretazione di il mio sogno”, bandito dall’Uildm di Raymond. Bologna. Hanno partecipato undici Marconi scedisegnatori, lavorando in tandem glie oggi di far rivivere la storia con sei ragazzi affetti da distrofia muscolare. Il dell’uomo della pioggia e di Charrisultato? Nove storie lie, che da adulto scopre di avebrevi che raccontano re un fratello autistico e impara il quotidiano attraverso vari generi, ad amarlo, con la voglia di commuovere il pubblico ma anche di dalla fantascienza all’umorismo. informarlo. Con un comune Attori e regista hanno lavorato denominatore: con esperti e operatori dell’assoleggerezza e ironia. ciazione Autismo Italia onlus per L’apparenza inganna, ricreare il mondo di Ray e renderla vincitrice, vede protagonisti due lo credibile. gattini diffidenti Vincente la scelta scenografica verso gli amici su sedia di Gabriele Moreschi: una scena a ruote della padrona. essenziale, una sorta di scatola divisa in sezioni, riquadri e scompartimenti, che riproducono il ragionamento a schemi, tipico di questa patologia. Scelta funzionale alla scenografia – con [Carla Chiaramoni] 36 MUSICA Contaminazioni a tutto campo con Amadou & Mariam S onorità elettroniche e strumenti tradizionali, armonia e impegno sociale fusi in un nuovo album per raccontare le speranze di un continente, l’Africa. Conosciuti in tutto il mondo per i loro due nomi inseparabili, Amadou & Mariam sono due musicisti ciechi del Mali, oggi ambasciatori del World food programme per l’Unione europea. È in uscita il loro nuovo lavoro: un disco sperimentale, d’incontro e mescolanza di diverse culture. «Sarà un album più elet- tronico – spiega Amadou –. Ci saranno strumenti tipici africani, ma anche molto blues». Il disco avrà arrangiamenti moderni, promettono i due artisti, e vedrà la partecipazione di Bertrand Cantat, leader dei Noir Désir. Un ritorno in sala d’incisione dopo alcuni anni dall’ultimo lavoro, Welcome to Mali, del 2008, che ha venduto oltre 300mila copie. Ma il loro record di vendite lo ha fatto registrare l’album Dimanche à Bamaco, prodotto da Manu Chao, che con circa 800mila copie in tutto il mondo ha decretato il loro successo internazionale. Al loro attivo anni di concerti e di progetti, come l’ultima canzone scritta proprio per il Wfp, Labendela, lanciata lo scorso ottobre e disponibile su iTunes. «Significa: i ragazzi sono il futuro – dice 37 Mariam –. Dobbiamo combattere la fame e tenere per mano gli altri. Soltanto così saremo in grado di farcela». La carriera dei due musicisti, conosciutisi da giovani all’Istituto per ciechi di Bamako e diventati una coppia nella musica e nella vita, è segnata da una lunga lista di date e collaborazioni da Londra a New York: dai Coldplay a David Gilmour dei Pink Floyd. Tra le loro recenti esibizioni, quella della cerimonia del Nobel per la Pace 2009 consegnato a Barack Obama e all’apertura della Coppa del Mondo Fifa in Sudafrica. Il loro ultimo tour, Eclipse, quest’anno ha fatto tappa anche in Italia, a Ferrara, dove si sono esibiti accompagnati da una band di ben 14 musicisti. [Giovanni Augello] RUBRICHE Inail... per saperne di più Rosanna Giovèdi Regolamento protesico: la vita di relazione è in primo piano Molte le novità presenti nel testo emanato dall’Inail lo scorso settembre. Previste anche specifiche prestazioni per rispondere alle esigenze del lavoratore all’interno della famiglia I disegni di questa sezione del magazine sono di Saul Steinberg I a pieno titolo, aventi diritto a specifiche prestazioni. Il nuovo Regolamento, oltre all’aggiornamento dei dispositivi erogabili in base all’evoluzione tecnica e tecnologica, prevede: il sostegno per il reinserimento dei lavoratori infortunati e tecnopatici nella vita familiare, sociale e lavorativa; il supporto per i familiari dei lavoratori nella gestione delle situazioni che si verificano, o si aggravano, a causa degli eventi lesivi; il sostegno per il reinserimento nella vita di relazione per i familiari superstiti dei lavoratori deceduti a causa di infortunio o malattia professionale; l’ampliamento della disponibilità di sistemi domotici; l’incremento dei dispositivi dotati di cosmesi e tecnologie avanzate; l’incremento della fornitura di protesi e ausili per l’attività sportiva. l “Regolamento per l’erogazione di prestazioni di assistenza protesica agli invalidi del lavoro” ha tradizionalmente rappresentato lo strumento attraverso il quale l’Inail ha regolato la fornitura di protesi, presidi, ausili, dispositivi tecnici e tecnologici, agli infortunati e tecnopatici per agevolare il reintegro delle funzioni lese dall’infortunio o dalla malattia professionale. Con il Regolamento, inoltre, sono definiti tipologie, tempi e modalità per l’erogazione delle prestazioni in esame. Attraverso il sistematico aggiornamento del Regolamento l’Inail ha perseguito il fine di garantire, attraverso la puntuale attenzione all’evoluzione tecnologica, la qualità dei servizi resi ai propri assistiti. L’ultima revisione del Regolamento, emanata dall’Inail il 29 settembre 2011, rappresenta un intervento con caratteristiche che vanno ben oltre gli aggiornamenti finora eseguiti. Le nuove modalità di erogazione Ulteriore elemento qualificante è rappresentato dalla delle prestazioni offerte agli invalidi del lavoro mostrano già dal titolo possibilità di realizzare progetti riabilitativi individualizzati: quando la rilevante portata delle innovazioni introdotte: “Regolamento per l’eroil danno, per la sua natura o gragazione agli invalidi del lavoro di vità genera bisogni che investodispositivi tecnici e interventi di no più aspetti della vita (sanitario, sostegno per il reinserimento sociale, ecc.), l’erogazione dei dinella vita di relazione”. spositivi tecnici, degli ausili e degli interventi di sostegno per Il nuovo Regolamento deteril reinserimento nella vita di remina concrete ed efficaci condilazione viene definita da una zioni per consentire il massimo équipe multidisciplinare di prireintegro delle capacità funziomo livello, dove le diverse pronali compromesse dall’evenfessionalità coinvolte possono to lesivo; valorizzare le capacità coordinare tutti gli intervenresidue; ridurre il disagio fisico ti necessari, personalizzandoe psicologico del lavoratore anli in base alle effettive esigenze del che favorendone l’autonomia e singolo lavoratore. la partecipazione attiva al conTutte le prestazioni previste dal testo familiare, sociale e lavoratinuovo Regolamento sono erogabivo. In tale quadro assume rilievo li anche agli assistiti dell’Istituto di l’attenzione alle esigenze dei famiprevidenza per il settore marittimo, liari del lavoratore che divengono, soppresso e incorporato dall’Inail. 38 RUBRICHE Scuola Antonello Giovarruscio Ore di sostegno: tra programmazione e burocrazia Come procedere per il calcolo delle ore di sostegno necessarie a un alunno con disabilità? Per individuare lo studente che ne ha diritto, esistono procedure e riferimenti di legge indiscutibili I l primo giorno di scuola è traumatico per tutti i bambini: si lascia l’infanzia e si comincia a diventare autonomi. La difficoltà, che in molti casi è solo emotiva, diventa però un vero e proprio ostacolo al godimento del diritto allo studio se si vive sulla propria pelle una disabilità. Per questi bambini servono insegnanti di sostegno da affiancare al personale docente che ha in carico l’intera classe. Ma come si calcolano le ore di sostegno necessarie? Come si individua un alunno con disabilità? E se i tempi burocratici, di fatto, ostacolano la programmazione degli interventi scolastici? Occorre fare chiarezza laddove il dubbio – di un insegnante, di un genitore, di un fratello – può trasformarsi in un vero e proprio disagio: percepire lo studente disabile come una perso- na difficilmente integrabile con il resto della classe. Chiarezza delle procedure e leggi in vigore aiutano invece a fare l’inverso: integrare l’alunno con disabilità nei tempi e nei modi previsti dalla legge. Se si frappongono difficoltà ulteriori, è l’Inps a sottolineare cosa deve essere fatto per individuare l’alunno disabile e garantirgli le ore di sostegno necessarie al godimento del diritto allo studio. In tempi prioritari, però, che aiutino i Provveditorati ad organizzare il servizio sul territorio, e dunque utili a garantire il diritto. Con il messaggio 17344 del 7 settembre 2011, l’Inps chiede ai propri uffici di procedere con priorità per le pratiche atte all’individuazione dell’alunno come soggetto in situazione di disabilità, per consentire la programmazione, da parte dei competenti Provveditorati, delle ore di sostegno. 39 Il messaggio cita l’articolo 2, comma 2, del Decreto del presidente del Consiglio dei ministri n. 185 del 23 febbraio 2006, secondo il quale gli accertamenti sono «da effettuarsi in tempi utili rispetto all’inizio dell’anno scolastico e comunque non oltre trenta giorni dalla ricezione della richiesta, sono documentati attraverso la redazione di un verbale di individuazione dell’alunno come soggetto in situazione di handicap ai sensi dell’articolo 3, comma 1 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni». Scrive infatti l’Inps nel messaggio 17344 del 7 settembre 2011: «Com’è noto, le istanze presentate dai genitori o dagli esercenti la potestà parentale o la tutela degli alunni ai fini dell’individuazione degli stessi come soggetti in situazione di handicap ai sensi della legge n. 104/1992, secondo le modalità e i criteri di cui al Dpcm n. 185/2006, necessitano di una lavorazione in tempi utili rispetto all’inizio dell’anno scolastico per consentire la programmazione, da parte dei competenti provveditorati, delle ore di sostegno». Inoltre «le Sedi dovranno – se necessario per il rispetto dei tempi dettati dall’art. 2 del Dpcm – procedere con priorità all’esame di tali verbali e, ricorrendone i requisiti medico-legali, alla loro validazione definitiva. I direttori regionali avranno cura di vigilare sulla corretta e tempestiva applicazione delle disposizioni impartite con il presente messaggio e segnalare, tempestivamente, alle competenti strutture centrali eventuali problematiche». Un invito, dunque, ma sostanzialmente un obbligo, a garanzia del diritto alla studio dell’alunno disabile. L’ESPERTO RISPONDE a cura del Coin Casa Gentile redazione, abito in un condominio e vorrei un chiarimento, in quanto penso di avviare un progetto per l’abbattimento delle barriere architettoniche. Mia madre vive con me, ha un’invalidità al 100% e ha bisogno di un ingresso accessibile: è possibile adattare l’accesso ed installare un elevatore o un ascensore oppure un servoscala nella scala d’ingresso? Qual è lo strumento migliore per coniugare il diritto della persona disabile ad accedere senza barriere al proprio appartamento e la funzionalità in sicurezza di un condominio? A lcuni suggerimenti utili e riferimenti normativi per poter realizzare il progetto, intervenendo sull’ingresso. Una bussola per non perdersi nel mare di leggi, ma anche un buon salvagente per non affogare in seccanti liti condominiali. Pur senza planimetrie alla mano, è possibile fare delle considerazioni preliminari di tipo tecnico e procedurale; è comunque importante rivolgersi ad un tecnico qualificato, esperto in progettazione accessibile, che potrà fornire indicazioni ad hoc dopo aver fatto un sopral- luogo e analizzato le criticità. Avendo escluso l’idea di installare una rampa, forse per mancanza degli spazi necessari a garantire la giusta pendenza, l’installazione di un meccanismo di sollevamento – quale un servoscala o una piattaforma elevatrice – è un’opera che insiste sulle parti comuni dello stabile, quindi occorre richiedere il parere sul progetto al condominio, che potrà decidere se dare il suo assenso e partecipare alle spese. In caso di servoscala e di altre strutture mobili e facilmente rimovibili (si possono 40 citare anche la piattaforma mobile, i sistemi di apertura automatica di porte o cancelli, le sedie a ruote elettriche montascale, ma non l’ascensore), se il condominio non approva l’innovazione o non si pronuncia entro tre mesi, il richiedente potrà procedere autonomamente e a proprie spese alla messa in opera di queste particolari innovazioni sulle parti comuni. Questo è quanto indica l’articolo 2, comma 2, della legge 13/1989. Queste opere incontrano gli unici limiti nel pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, nell’alterazione del decoro architettonico o nella inservibilità all’uso o al godimento anche di un solo condomino di parti comuni (articolo 1120, comma 2, del Codice civile). L’innovazione va progettata ed eseguita nel rispetto delle norme vigenti di carattere edilizio e delle norme di settore, inclusa la sicurezza. Nonostante la relativa libertà di azione, appare evidente l’importanza di poter condividere scelte e costi con il condominio, onde evitare l’insorgere di eventuali contenziosi. Prima di realizzare tali opere, il tecnico incaricato dovrà espletare presso il Comune le pratiche amministrative richieste, diverse a seconda dei casi, per attestare che il progetto sia conforme alle normative vigenti e che sia finalizzato al superamento delle barriere architettoniche. Per quanto riguarda la parte economica, c’è la possibilità di accedere ai contributi per il superamento delle barriere architettoniche negli edifici privati, ai sensi della legge 13/1989, ma le disponibilità di finanziamento sono molto variabili in relazione alla regione di appartenenza. I lavori non potranno iniziare prima di avere presentato la domanda presso l’Ufficio comunale di competenza, se non si vuole perdere il diritto di accesso al contributo. Infine, per alcune spese da sostenere ci si può avvalere dell’aliquota Iva agevolata al 4%. [Daniela Orlandi] PINZILLACCHERE hi-tech cose mai viste Tablet multisensoriali e mappe on line Una casa giapponese con cento occhi per genitori con problemi di udito A nche un tablet può essere multisensoriale e favorire sia la socializzazione che la comunicazione di bambini disabili. Oltre alla funzione touchscreen, è dotato di 30mila suoni diversi, corrispondenti alle immagini sullo schermo, con la possibilità di registrare autonomamente dei suoni da associare a determinate foto. Lo ha progettato Monica Maccaferri, musicoterapeuta e direttrice del Centro di musicoterapia Uboldi a Novellara (Reggio Emilia). Il software? Versatile, tanto da consentire «l’adattamento del libro alle esigenze di ogni singolo bambino che lo utilizzerà», assicura l’ideatrice. A brevetto depositato, il tablet verrà testato dalla Usl di Reggio Emilia; si prevede che possa essere venduto a circa 50-60 euro: un prezzo decisamente accessibile. (Photography by Koji Fujii / Nacasa & Partners) A ltra novità interessante è wheelmap.org, mappa on line in cui si possono segnalare ristoranti, cinema, stazioni o supermercati privi di barriere architettoniche, marcandoli sul web o usando l’applicazione per iPhone, o una per i cellulari col sistema Android di Google. Ad inventarla, il trentunenne Raul Krauthausen, berlinese in sedia a rotelle per una malattia genetica, l’osteogenesi imperfetta. Disponibile in varie lingue, italiano compreso, il sito censisce oltre 100mila locali, indicando in verde i luoghi accessibili, in giallo quelli parzialmente accessibili, in rosso i non accessibili. Utilizzando le carte del progetto alternativo “OpenStreetMap”, è utile anche ad anziani con un deambulatore e a genitori con figli in passeggino o carrozzina. A vere una casa con un centinaio di finestre? Rende più semplice la comunicazione tra genitori con problemi di udito e i loro figli. Ha lavorato pensando a come risolvere questa difficoltà l’architetto giapponese Takeshi Hosaka: il suo ultimo progetto rappresenta una soluzione pratica per mamme e papà sordi, che comunicano con i loro bimbi solo attraverso il linguaggio dei segni e quello visivo. La prima parte dell’originale edificio – nel quartiere popolare Itabashi della capitale Tokyo – è stata costruita cinque 41 anni fa; ampliato di recente, ha pareti, soffitto e tetto costellati da finestrelle larghe 20 centimetri, che lo rendono sempre luminoso e arieggiato, consentendo anche di controllare gli spostamenti dei piccoli. Non solo: le finestre vengono usate anche come passaggio per alberi e piante coltivati all’interno dei locali; complessivamente, l’abitazione è composta da due piccole stanze al piano terra e una più grande a quello superiore. Una soluzione funzionale e al contempo d’indubbio fascino. Per chi la abita, ma anche per chi la guarda. DULCIS IN FUNDO 42