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Keith Haring

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Keith Haring
Il Giornale ufficiale dell’Associazione Studentesca
Analysis
Aprile-Maggio ‘12
Anno VIII n°3
- Keith Haring -
Opinioni
- musicalMente
- memorie
la vetrina
- comincia tutto con un occhio che si apre
- ti piace impoverirti facile?
-stupro: basta indulgenze
Rubricamente
-Al Cinema con la zia El:
I Cento Passi
- Alta Fedeltà:
Afterhours
- Libera Mente
- Prospettive sul Mondo
Istanbull
Kensho pag. 6
Rita pag. 8
Mr B pag. 9
Antonio Cozzi pag. 16
Ylenia Greco pag. 17
El pag. 10
1784 pag 11
Cecilia Raffaelli pag. 12
peyazi pag. 13
Uniradio
- musica e cultura
Veronica Marrulli pag. 20
Prospettive future
immagine di copertina:
Keith Haring (4 maggio 1958 – 16 febbraio 1990) è stato un pittore statunitense,
nelle cui opere ritroviamo l’arte di strada
americana e la Pop Art degli anni ‘80, per
alcuni aspetti riconducibile ad
Andy Warhol. Omosessuale, è stato uno
dei più grandi artisti statunitensi degli
anni ‘80, che ha avuto il merito di ridare
una caratterizzazione “di lotta” all’arte e di
adottare un linguaggio universalmente riconosciuto nel nostro secolo. Contagiato
negli anni della promiscuità sessuale dal
virus dell’HIV, muore alla precoce età di
31 anni
editoriale
L’ importanza di chiamarsi studenti
FolleNente
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Alcuni di voi forse avranno sentito parlare della consultazione pubblica proposta dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca riguardo l’abolizione del valore legale del titolo di studio. In merito sono sorte molteplici
discussioni, le posizioni sono varie e variabili: chi vede favorevolmente l’idea del governo, soprattutto per quanto riguarda il coinvolgimento della cittadinanza in una scelta ritenuta comunque molto importante; chi pensa, invece, che
si tratti di mera demagogia, di una mossa “tattica” per avere più consenso; chi pensa non ci sia nulla da discutere, che
il valore del titolo di studio in Italia non dovrebbe essere minimamente messo in dubbio.
La consultazione sul sito del MIUR è terminata il 24 aprile, probabilmente in questi giorni usciranno i risultati. Io non
voglio esprimere giudizi affrettati e lapidari, ma semplicemente riportarvi qualche notizia: un’associazione studentesca
ha provato a iscrivere Elvis Presley alla consultazione e, nonostante evidenti difficoltà biologiche, anche il famosissimo
Elvis ha potuto partecipare alla discussione ed esprimere
il proprio parere su un argomento rilevante per il nostro
futuro; un’altra associazione studentesca, insieme a vari
comitati, invece, ha proposto un contro-questionario; riportando questi fatti non ho intenzione di screditare il
Ministero, ma semplicemente di evidenziare qualche
piccola mancanza nella preparazione del questionario.
La consultazione pubblica è uno strumento molto usato
in Paesi civili, un modo rapido ed economico, soprattutto se fatto sul web, per sapere cosa ne pensa la popolazione riguardo a un determinato argomento; ma la
democrazia è davvero questo? Dare la possibilità di rispondere a qualche domanda è un modo per trovare una
soluzione? E, poi, è davvero l’abolizione del valore legale del titolo di studio l’argomento più urgente e importante da affrontare per quanto riguarda l’università e
il lavoro, soprattutto in un Paese dove la disoccupazione
giovanile è al 32% (dati ISTAT aprile)? Probabilmente
si dovrebbe cominciare a parlare della struttura universitaria, entrare davvero nelle viscere del sistema e cambiare radicalmente, perché qualcosa c’è qualcosa che
non va, è evidente, ma per modificare il sistema universitario ci vorranno anni; abbiamo l’illusione che qualcosa possa cambiare prima della nostra ricerca di lavoro,
ma è, appunto, un’illusione. Razionalmente fare previsioni ottimistiche è quasi impossibile, anche da un punto di vista
della democrazia: fonti non ufficiali affermano che le elezioni universitarie saranno indette solo a maggio 2013 e, soprattutto per noi di psicologia, la situazione è tragica, la triennale non ha più rappresentanti ormai da quasi un anno e
molti rappresentanti delle specialistiche si stanno laureando… I ritardi sono dovuti alla burocrazia, poiché i cambiamenti
previsti dal governo precedente non risultano così immediati da applicare, e le istituzioni universitarie, probabilmente,
non hanno neanche tutta questa buona volontà di accelerare i tempi, ci sono sempre tantissimi interessi (economici) in
gioco, dai privati alle università e, innanzitutto, alla politica. Senza rappresentanti chi può portare al livello dei consigli
di facoltà, dei corsi laurea la voce degli studenti? Come fanno i presidi a sapere cosa ne pensa il popolo studentesco?
Vedere in un consiglio di facoltà tutte le parti rappresentate, dai docenti ai tecnici, e notare che mancano gli studenti, a
mio parere, mette tristezza. Gli studenti sono la parte più consistente del mondo universitario, sia da un punto di vista
numerico, che economico: le tasse dell’università chi le paga? E, poi, se non ci fossero gli studenti, cosa sarebbe l’università? Noi davvero siamo l’asse portante, le fondamenta dell’università, dell’istruzione, della società, del futuro.
Quando si prendono decisioni vitali per il nostro presente e per il nostro futuro, credo dovrebbe essere inevitabile interpellarci, sapere noi cosa ne pensiamo; potrebbero definirci immaturi, potrebbero dire che decisioni tanto importanti
non sono alla nostra portata, che non sappiamo come si vive…ma ora ci viviamo noi nell’università, quarantacinque
anni fa era un mondo diverso, solo noi sappiamo davvero come funzionano le cose, per quanto immaturi o ignoranti,
noi siamo immersi in meccanismi strani di valutazione, in piani di studi che appaiono assurdi.
Noi siamo il presente dell’università e il futuro della società, noi dobbiamo decidere della nostra vita, dobbiamo avere
la possibilità di fare ciò che ci piace, di fare il lavoro che sogniamo.
3
l’associazione
SocioDramma
Il 18 aprile 2012 l'Associazione studentesca Analysis è stata lieta di organizzare una sessione dimostrativa di sociodramma di 3 ore. I partecipanti sono stati 18.
Cos'è il sociodramma? E' una tecnica socio-psicologica interattiva applicata ai gruppi, inventata da
Moreno. E' una sposalizio tra arte e psicologia, nello specifico tra psicologia dei gruppi e teatro.
La sessione è stata condotta dalla
dottoressa Borgonovi, docente psicoterapeuta dell'infanzia presso
l'istituto Mosaico Psicologie di Bologna e responsabile del Master in
sociodramma presso Universidue.
La docente ha chiesto a ognuno dei
ragazzi di presentarsi, al fine di instaurare una basilare conoscenza reciproca e rafforzare la nostra idea di
gruppo.
Ai cenni storici sulla tecnica sono
seguite le spiegazioni dei vari strumenti con cui misurare i rapporti tra
i membri dei gruppi, tra cui il sociogramma e il sociodramma.
I ragazzi hanno avuto l'opportunità di sperimentare entrambi.
Il sociogramma è la rappresentazione fisica di come uno dei membri del gruppo (lo scultore) percepisce
le relazioni all'interno del gruppo.
Il sociodramma consiste nella messa in scena di un problema di gruppo da parte di persone (tutte nella
stessa maniera protagoniste) che interpretano loro stesse in un determinato ruolo. Si serve di tecniche
come l'inversione di ruolo e il doppiaggio L'inversione di ruolo è necessaria quando due personaggi
interpretano ruoli in antitesi e non riescono a comprendersi. Il doppiaggio è svolto invece dagli spettatori, che possono suggerire le battute che ritengono opportune ai personaggi sulla scena.
La differenza tra sociodramma e psicodramma consiste nel fatto che nello psicodramma il problema
messo in scena è individuale e gli altri personaggi non sono protagonisti ma comparse,
Credo personalmente che sia stata un'esperienza utile e formativa, per esplorare teorie e tecniche il
cui insegnamento non è previsto nei corsi di laurea tradizionali.
Nonica Giannone
cittadinanza
FolleNente
17 MAGGIO: CONTRO
IL 25 APRILE
il futuro passa dalla Resistenza L’OMOFOBIA
Il 25 aprile è una data da ricordare, non solo perché
è rossa sul calendario, perché le scuole chiudono o
perché ci sono eventi in piazza.
La valenza del 25 aprile dura ancora fino ad oggi, è
sì una data storica, ma anche una giornata di prospettiva, di costruzione del futuro basata sui valori
della Resistenza e dell’antifascismo. Ancora oggi,
purtroppo, ci sono tante manifestazione di stampo
fascista, nonostante ogni tentativo di ricostituire il fascismo e l’apologia di fascismo sono reati sanciti
dalla Costituzione Italiana, nata appunto negli anni
successivi a quel 25 aprile 1945.
La nostra libertà, almeno costituzionalmente parlando, è stata sancita grazie alle lotte dei partigiani
sulle colline, nelle strade e nelle piazze. Il loro impegno, il loro spirito dovrebbe essere ancora vivo,
anzi è ancora vivo; nelle menti “pensanti”, la coscienza civica è intrisa degli insegnamenti degli uomini e delle donne che hanno combattuto contro il
fascismo; ma anche chi apparentemente non si impegna nella società, ha dentro di sé un barlume di
resistenza. Seppur flebile, questo barlume è insito
in ogni coscienza; ma per diventare veri cittadini, bisogna alimentare la coscienza e, semmai, cercare
di alimentare anche quella degli altri. Per non essere
burattini nelle mani di qualche fantasmagorico politico è necessario informarsi, guardarsi attorno, capire. La conoscenza di tutto ciò che ci riguarda è
indispensabile per non essere vittima di decisioni,
talvolta prese a nostra totale insaputa. La libertà
tanto duramente guadagnata deve essere preservata e noi siamo il fulcro della difesa dei valori dell’antifascismo e della Resistenza, dobbiamo
informarci e informare, partecipare, urlare.
Nikolay TrueRed
I nostri carissimi (in senso economico) politici sono
sempre un’ottima vetrina delle bassezze morali e comportamentali dell’uomo. Non dovremmo sorprenderci,
quindi, di alcuni atteggiamenti assolutamente negativi,
se la rappresentanza politica ne è massima espressione. Negli ultimi tempi, purtroppo, ancora ci sono tanti
episodi di discriminazione nei confronti degli omosessuali: i pregiudizi giocano un ruolo fondamentale, perciò bisogna fare informazione, educare al rispetto. Il 17
maggio è la Giornata internazionale contro l’omofobia
e la transfobia, istituita nel 2007, per fermarsi a riflettere
e denunciare i comportamenti di violenza fisica e morale legati all’orientamento sessuale. L’Associazione
studentesca Analysis ha accolto questa celebrazione
e il 9 maggio ha organizzato un incontro sull’omofobia
(locandina dell’evento nel giornale) per capire meglio
come nasce e quali giustificazioni può trovare questo
tipo di discriminazione. È stato scelto il 17 maggio perché nel 1990, in questa data, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha bandito l’omosessualità dalla lista
delle malattie mentali.
Ventidue anni sono passati, sono pochissimi, soprattutto notando l’approccio di tante persone nei confronti
degli omosessuali; purtroppo, l’ufficialità di un cambiamento non corrisponde sempre a un cambiamento
reale. Tanti Paesi fingono di fare qualcosa, anche in Italia solo pochissimi anni fa qualche politico si è mobilitato per inserire delle leggi di condanna contro
l’omofobia, per definire penalmente la discriminazione
legata all’orientamento sessuale. Il cambiamento di
mentalità non può essere imposto dall’alto e non si
possono attendere risultati immediati; bisogna partire
dal basso, insegnare il rispetto nelle scuole, nelle università, nelle strade.
Aiman Amhed
5
opinioni
NusicalNente
A quanti di voi è capitato di ascoltare una
canzone, una melodia o più precisamente un
suono armonico e provare una sensazione
positiva, dei brividi o addirittura arrivare ad
avere i lacrimoni agl’occhi……Beh a tutto
questo c’è una spiegazione scientifica: è la
reazione del nostro cervello a quelle che
vengono definite “attività gratificanti”. Tra le
più note possiamo citare l’assunzione di stupefacenti, l’assunzione di cibo (quindi il
gusto) e, perché non farlo presente, l’attività
sessuale. Queste sono tutte attività, più o
meno di frequenza giornaliera, che portano
“gratificazione”. Ma è molto importante ed interessante far notare una cosa, ovvero che
la musica, a differenza dell’assunzione di
cibo o dell’attività sessuale, è una pratica
astratta ovvero che non causa una qualche
azione biologica.Per prima cosa dobbiamo
dire che culturalmente la musica fa parte
ormai della nostra quotidianità da ormai se-
coli (se non proprio millenni, se pensiamo
alla musica come parte fondamentale di riti
nelle tribù).La musica è a tutti gli effetti un
mezzo di comunicazione a volte più efficace
delle parole, questo perché con essa, non
viene più trattata soltanto la semantica di
una frase, ma la si contorna di suono gradevole al nostro udito.Ora la mia domanda è:
Cosa si attiva nel nostro cervello quando
ascoltiamo una sequenza ben definita di
suoni chiamata Musica?
Per rispetto verso chi gradirebbe conoscere
tutto il meccanismo di ascolto, apro una piccola parentesi su come funziona il nostro
orecchio.L’orecchio umano percepisce le
fluttuazioni di pressioni d’aria che fanno vibrare la membrana timpanica. La gamma di
frequenze percettibili è molto vasta (dai 20
ai 20.000 Hz. Per intenderci dal suono dell’esplosione di una bomba nei giochi ad 8bit,
fino a quei fastidiosi suoni acutissimi che ci
fanno venire mal di testa). Tali frequenze
vengono dette toni o altezze dei suoni.La
struttura dell’orecchio è divisibile in 3 principali sezioni:
1. L’orecchio esterno: raccoglie ed incanala
i suoni fino all’orecchio medio
2. L’orecchio medio: trasforma l’energia di
un’onda sonora (formata da una fase di
compressione ed una di rarefazione) in vibrazioni del timpano di egual frequenza .Poiché il timpano è collegato a degl’ossicini
interni (martello, incudine e staffa), li metterà
in movimento e a loro volta (in particolare
sarà la staffa) trasmetteranno le vibrazioni
ad un fluido collocato nell’orecchio interno.
3. L’orecchio interno: è formato da coclea (o
chiocciola), canali semicircolari, e nervo uditivo.Quando un’onda di compressione passa
tra il martello dell’orecchio medio e il canale
semicircolare dell’orecchio interno attraverso
la Coclea, le cellule nervose ciliari, di cui è
composta ed immerse nel fluido precedentemente citato, vibrano.Ogni cellula risponde
naturalmente ad una particolare frequenza
di vibrazione. Quando la frequenza dell’onda
è la stessa della cellula nervosa, quest’ultima risuona con una maggiore ampiezza di
vibrazione. Questo rilascia un impulso elettrico che attraverso il nervo uditivo va al cervello.
Bene, ora che l’impulso è arrivato al nostro
cervello, vediamo di capire come questo lo
elabora e vediamo se riusciamo a spiegare
perché un determinato suono ci piace.
opinioni
La Tomografia ad Emissione di Positroni
(PET), viene utilizzata per misurare e registrare quella che è l’attività del cervello in risposta ad uno stimolo. Questo avviene
attraverso l’osservazione di variazioni di
flusso sanguigno nelle diverse aree cerebrali. Se si verifica un aumento di flusso in
una specifica zona del cervello, si localizza
un aumento dell’attività cerebrale. Ricerche
Neuro-scientifiche hanno dimostrato e localizzato una maggiore attività cerebrale, generata da differenti
tipologie di vibrazioni
e dalle zone talamiche
responsabili
dell’attivazione degli
stati emotivi, nella
zona
immediatamente sottostante al
lobo frontale dell’Acumen (un network di neuroni posizionati
nell’area prefrontale, che normalmente controlla il flusso di informazione).
È stato anche notato un aumento dell’attività
cerebrale anche in quella che viene chiamata area di Wernicke (parte del lobo temporale dedicata alla comprensione del
linguaggio, più precisamente deputata all’interpretazione cognitiva dei suoni). Ora però
bisogna fare una precisazione. Cioè, non è
necessario che l’ascolto di una melodia
debba provocare una qualche risposta emotiva. Ovvero, quando ascoltiamo una canzone triste, non per forza proviamo tristezza.
E lo stesso vale per le canzoni cariche di
ritmo e tonalità forti.Ecco, sono proprio queste le variabili che possono modificare le nostre emozioni: il ritmo ed la tonalità. Il primo
dei due, con la frase “Questa musica è triste”, rimanda ad un'analogia tra il movimento
percepito ascoltando un brano musicale e i
movimenti di una persona ritenuta triste: la
lentezza, gli andamenti vacillanti, esitanti e
irregolari del corpo.Per il secondo, invece, alcuni brani musicali sono espressivi di una
FolleNente
certa emozione perché è possibile percepire
che certi loro tratti sono "strutturalmente simili a quelli della nostra voce" quando questa
esprime tale emozione nella vita quotidiana.
Quindi diciamo "questa musica è espressiva
di tristezza" perché assomiglia al nostro tono
vocale nei momenti di tristezza. E ipotizzando che la musica rappresenti le emozioni
piuttosto che crearle, ci può far pensare ad
un contenuto emotivo intrinseco. Ad esempio
un salice piangente, ha una forma che ricorda l’espressione della tristezza, ma ciò
non vuol dire che sia triste.Per entrambi esiste quindi un legame tra espressione musicale e schemi espressivi umani (di carattere
culturale).
Però dire che la musica rappresenta soltanto
le emozioni, potrebbe risultare incompleto ed
insoddisfacente. Ricerche, hanno mostrato
come un normale ascoltatore impiega meno
di un secondo a scoprire se un frammento
sonoro induce emozioni e di quale tipo. Questo minimo arco di tempo è sufficiente per
capire il carattere emotivo del brano.Esisto
contesti applicativi relativi all’induzione musicale, tra cui la scelta delle musica nei film
o addirittura quella che viene definita “musica
funzionale”, usata nei centri commerciali per
indurre modifiche comportamentali negli acquisti o negli operai.Quindi perché ci emozioniamo all’ascolto di un brano musicale? La
risposta risiede, fino a prova contraria, nell’isomorfismo strutturale che un brano musicale
ha
con
la
rappresentazione
umano-culturale di un emozione. Praticamente, ci emozioniamo perché quel brano ci
riporta alla mente quella particolare sensazione di gioia o di tristezza.Se poi il testo di
una canzone descrive una particolare situazione, questa amplificherà la sensazione
provata.
Kensho
7
opinioni
Nemorie
Silenzio. La luce del primo pomeriggio colorava timidamente tutta la stanza. Sulle pareti, piccoli giochi di
ombre creati dalle querce maestose cullavano dolcemente il mio rituale di bellezza. Il legno intagliato della
mia toilette emanava un dolce profumo di noce. Prendevo lentamente ogni oggetto, lo utilizzavo, poi lo riponevo con cura accanto al lavabo. L’aria fresca di Aprile penetrava attraverso la finestra aperta, riempiendomi i polmoni di gioia ed eccitazione. Tutto in me era in fermento. Di tanto in tanto il mio cuore
sussultava, poi riprendeva a battere più rapidamente; come per ricordare a se stesso ciò che di lì a poco sarebbe accaduto.
Mi piaceva quel silenzio. Controllavo il mio riflesso nello specchio cercando meticolosamente di curare ogni
dettaglio del mio aspetto. Era un giorno importante. Il mio giorno. Il nostro giorno. Il candore del mio abito
si accendeva di vita accarezzato dai raggi del sole. Avevo scelto il velo, alla fine. Mia madre avrebbe voluto
così. Il suo ciondolo d’argento disegnava una forma perfetta alla base del mio collo pallido. Le pareti sapevano di lei. Alle mie spalle un vecchio ritratto di mio padre. La guerra ce lo aveva portato via nel ’17. Erano
con me. Sarebbero stati con me fino alla fine.
Destino ingiusto, pensai. Strapparmi così violentemente dalle mani gli affetti più cari per poi affidarmi,
pochi mesi dopo, a quelle del mio unico vero amore.
Déjà vu. In un solo misero istante è come se premessero i ricordi di una vita intera. E invece
paradossalmente ciò che rimane è solo una sensazione di vuoto, di dimenticanza.
-Signorina, si sente bene?
Vuoto.
-Eh… io… cosa?
-Ehilà!? Sei ancora su questo pianeta?! Villa Elena, lago, collina, acquirenti, agenzia immobiliare, ricordi?
Ma che ti prende?
Dimenticanza.
- Io, si certo. Scusate. E’ che questa porta non viene aperta da parecchi anni. L’odore di umido e stantio
deve avermi provocato un piccolo capogiro. Dove ero rimasta? Ah sì, questo è il soggiorno. Come potete vedere è un ambiente molto luminoso. La casa è rimasta disabitata per parecchio tempo; è innegabile che necessiti di una ritoccattina, ma personalmente credo sia veramente stupenda. Date pure un’occhiata in giro.
Poi vi mostrerò il magnifico pergolato in giardino, c’è una vite rampicante che durante il periodo estivo crea
un’atmosfera fantastica con il suo profumo. Che ne pensate?
- Ci piace davvero tanto! C’è qualcos’altro da vedere?
- Io.. credo di..sì. Un piccolo capanno degli attrezzi sul retro.
- No, ti sbagli. Non c’è nessun capanno. Insomma qui sulla mia nota non c’è scritto! Lo sapremmo se il proprietario lo avesse inserito nell’annuncio, no?
Non l’ascoltai. Mi mossi in maniera meccanica verso l’ampia camera matrimoniale. Aprii l’anta dell’armadio,
davanti allo sguardo interrogativo della mia collega, che cominciava a credere che stessi delirando.
All’interno vi era un piccolo cassetto in legno grezzo, intagliato a mano nella sua parte anteriore. Ecco di
nuovo quella sensazione. Sapevo esattamente cosa racchiudeva al suo interno. Ma come era possibile? Io
non ero mai stata in quella villa. Non c’era tempo per essere razionali, non avrei mai potuto chiedere alla
mia mente di fare un tale sforzo. Ero come in trance, guidata in qualche modo dai pensieri di qualcun altro.
Eppure ero io. Insomma, sapevo chi ero. Il mio lavoro, l’agenzia, la casa.
Quando toccai quell’oggetto lo feci con una cura quasi innaturale. C’era un’inquietante sacralità nei miei
movimenti, unita alla spontaneità di una routine giornaliera. Quando le mie dita sfiorarono l’intaglio ebbi
una fortissima sensazione di nostalgia, come sfogliando un album dei ricordi.
opinioni
FolleNente
Lo aprii. Una piccola chiave in ferro era adagiata sul fondo del cassetto. La presi fra le mani e sussultai. Animata come da un’improvvisa scarica di adrenalina, mi precipitai in giardino, seguita dagli acquirenti e dalla
mia collega, dal volto visibilmente stravolto.
C’era, effettivamente poco distante dalla casa, un capanno dall’aria cadente.
-Non credo che faccia parte della stessa proprietà. Qui non c’è scritto nulla. Credo che non dovremmo
aprire.
Ancora una volta le parole della mia collega erano risultate vane. Ero già davanti al vecchio portellone arrugginito. Non mi stupii affatto che la mia chiave combaciasse perfettamente con la toppa. I miei accompagnatori rimasero indietro. C’ero solo io. Attorno a me la voce del bosco. Fu solo allora che mi accorsi della
magnifica vista di cui si poteva godere da quella posizione. Un piccolo lago faceva capolino tra i massicci
tronchi dei pioppi. Tutto mi era straordinariamente familiare. C’ero già stata, in un sogno di cui non ricordavo praticamente nulla. Le mie gambe mossero verso uno scaffale sulla destra. Tra tutte quelle cianfrusaglie un oggetto in particolare attirò la mia attenzione. Lo presi. Era una scatola di legno. Semplice. Senza
decorazioni. La aprii. Le mie mani indugiarono qualche istante tra gli oggetti contenuti al suo interno. Un
orologio da taschino, delle lettere, delle monete antiche. Poi mi bloccai.
Déjà vu. In un solo misero secondo è come se premessero i ricordi di una vita intera.
Era una vecchia fotografia in bianco e nero. Il mio cuore prese a battere così forte che pareva volesse uscire
fuori dal petto. Erano ritratti un uomo e una donna davanti alla porta di una chiesa. Alle loro dita due piccoli
anelli. Lei aveva un lungo abito bianco e il velo le copriva il volto. Lui un abito nero e un giglio nel taschino
della giacca. Un giglio. Il mio fiore preferito. Non potevo vedere il volto della donna, ma ebbi la netta sensazione di aver indossato quell’abito, una volta. Il mio corpo non rispondeva più. Tremavo. Voltai la fotografia.
Riconobbi la mia grafia. L’inchiostro nero brillava incurante del tempo. Due parole.
Aprile 1929.
Rita
Comincia tutto con un occhio che si apre
C’era una scarpa, c’era un prato, c’era un cielo,
c’era una storia e c’era una volta. La volta del
cielo, della scarpa, del prato e della storia tutti
assieme, che si univano armoniosi. Quella particolare volta, tuttavia, la storia non era in vena di
seguire nessuno. Voleva stare da sola e così
decise di andarsene per conto suo, seguendo la
propria strada. Purtroppo per lei, però, ogni
volta che si spostava, altri la seguivano, attirati
inesorabilmente dalla sua forma, dal suo essere, dalla sua storia, anche se lei voleva soltanto stare da sola. Ogni volta che incontrava
altri, essi si aggiungevano a lei medesima e le
si aggrappavano addosso, costringendola, suo
malgrado, a seguirli, a muoversi a fatica, trasportando il loro peso – per lei insopportabile -,
a divincolarsi con grande sforzo. Ma lei non voleva! Per questo aveva cominciato a spostarsi,
per questo la volta della scarpa e del prato e del
cielo essa si era allontanata: non voleva stare
con nessuno, voleva stare da sola! Senza pesi,
senza altri, senza alcun elemento egoista e narcisista, pronto ad aggrapparsi a lei, come fosse
l’unico modo per vivere una propria storia. Così
continuò a spostarsi. Sempre più lontano, sempre più in fretta. Ma nonostante questi suoi
sforzi… non bastava mai. C’era sempre qualcuno o qualcosa che la sentiva, la percepiva, la
vedeva, si accorgeva e, come fosse l’unica
cosa da fare in quel momento, l’unica possibile,
come l’ago della bussola verso la Groenlandia,
vi si lanciava addosso, impattando, scontrandosi con lei, modificandola, alterandola. Dopo
molto, troppo tempo, che ormai si era rassegnata ad avere come compagno fisso in quel
suo interminabile viaggio (poiché il tempo, si sa,
è molto tenace e innamorato di tutte le storie),
la storia decise, ormai stremata da quel suo
lungo viaggio senza meta, di fermarsi, arrendersi al fatto che più andava avanti, più gli altri
la cambiavano. Che non poteva continuare a
camminare rimanendo completamente da sola,
non poteva continuare a vivere senza farsi cambiare dagli altri. E si fermò.
Nr B
9
rubricamente
LA ZIA EL
-Per farti ascoltare certe volte devi
fare la voce grossa.
- E invece no. Perché se fai la voce
grossa fai capire che stai male. Non ti
fai ascoltare. Non ti fai sentire.
Eccoci ancora con il terzo film.
Questo mese vi propongo: I cento passi.
Film che apparentemente conoscono tutti, film che parla di quella parte d’Italia che in molto cercano di ignorare , e in molti altri cercano di eliminare, cerchiamo di eliminare! I cento passi è un
film struggente, un ragazzo, dei sogni, una radio, degli amici e la mafia, cose troppo forti che insieme tra loro non gli avrebbero garantito una vita facile.
Cento sono i passi che occorre fare a Cinisi, per colmare la distanza tra la casa della famiglia Impastato e quella del boss mafioso Tano Badalamenti.
Il giovane Peppino Impastato vive cercando di sfuggire a quest'inesorabile legame con l'ambiente mafioso che il padre, Luigi
Impastato, un po' per inerzia, un po' perché ha una moglie da
proteggere e due figli da crescere, non ha la forza di rompere.
Anche di fronte alla vulnerabilità sua e della propria famiglia,
Peppino, animato da uno spirito civico irrefrenabile, non esita,
con l'involontaria complicità del fratello Giovanni, ad attaccare
"don Tano" e a denunciarne pubblicamente le malefatte. Il percorso "controcorrente" di Peppino nasce quando, bambino, vede
scorrere davanti a sé gli albori della lotta politica contro la mafia
e il potere a essa colluso, lotta a cui poi prenderà attiva parte una
volta adolescente e poi da adulto. La morte violenta dello zio
capomafia, l'incontro con il pittore comunista Stefano Venuti, il
rifiuto del padre biologico e della famiglia intesa in senso mafioso e il formarsi con il pittore idealista, suo vero "padre etico",
sono i punti di svolta della vita di Peppino bambino, che lo segneranno per il resto della sua esistenza. La frase "noi comunisti perdiamo perché ci piace
perdere" sembra quasi un preludio alla sua tragica morte, che giunge quando ormai è diventato troppo
scomodo ai mafiosi e il padre, morto in un oscuro incidente, non lo può più proteggere da don Tano.
Viene ucciso soprattutto per l'operato dell'irriverente Radio Aut, dai microfoni della quale si è scagliato senza freni a denunciare la mafia e i suoi misfatti.
rubricamente
ALTA FEDELTA’
“…e da quando ho scoperto che erano prigioni, ho giocato un
sistema con le mie ragioni…”
Questa sarà un’edizione speciale di Alta Fedeltà.
In quest’appuntamento non presenteremo nessun nuovo disco, ma vi parlerò di qualcosa che
mi sta a cuore, per anticipare un’uscita che avverrà in questi giorni, ma che non abbiamo ancora avuto modo di avere per le mani. Vi parlerò
di uno dei gruppi storici della scena rock italiana… E ve ne racconterò in nome di chi ha vissuto la sua adolescenza urlando e sussurrando i
loro pezzi, sentendo sulla pelle ogni nota… Si
tratta degli Afterhours, che tornano il 17 Aprile
sulla scena con “Padania”, a tre anni dalla partecipazione a Sanremo e dalla pubblicazione
dell’album “Afterhours presentano: Il paese è
reale (19 artisti per un paese migliore?)”, realizzato con la collaborazione di altri artisti del panorama indipendente italiano. Cosa sono gli
Afterhours?!
Mi piacerebbe essere tecnica, ma non ci riesco.
Afterhours è ciò che ti aspetti da qualsiasi cosa
che in qualche modo possa definirsi arte, Afterhours è ribaltarsi, riconoscersi, entrarsi dentro e
riscoprirsi nuovi, Afterhours è ciò che di te non
diresti mai, eppure lo senti, sai che c’è…per
quanto sia difficile riuscire ad esprimerlo…Ed
FolleNente
w| DJKG
è una storia che comincia alla fine degli anni Ottanta a Milano ed ha un titolo che è, sicuramente, un tributo alla figura di LouReed e dei
suoi Velvet Underground, passa attraverso due
album completamente in lingua inglese [“DuringChristine’sSleep” e “Pop Kills Your Soul”]e
giunge, prima con “Germi” e poi con “Hai paura
del buio?”, a conquistare la scena indipendente
non solo italiana… Tra note collaborazioni, tra
cui Afghan Whigs e Massimo Volume, e tour internazionali, escono alcuni dei più bei dischi mai
usciti in Italia. “Non è Per Sempre”, “Quello
Che Non C’è”, “Ballate Per Piccole Iene”…
Vorrei li ascoltaste, tutti voi… O
forse no. Mi piacerebbe avere l’illusione che nessuno li abbia mai
ascoltati, che ciò che esprimono
possa essere solo mio, che nessuno
possa comprenderlo… Anche se è
stato bellissimo vederli live e poter
abbracciare
sconosciuti,
con
un’espressione ed uno stato d’animo
tra l’orgasmo e
Top 3
l’estasi, cantando
- Vivere e morire a Treviso con loro ogni
singolo brano,
- Non vedo l’ora/Martino con il cuore a
mille e il sorriso
- Dimmi Addio
migliore
che
abbia mai indossato… E no, questa non è una
recensione. Forse neanche una presentazione.
Ma forse chi li conosce può capirmi… E chi no,
magari essere spinto dall’amore che ne provo io
ad ascoltarli… E magari innamorarsi anche
lui/lei. Io, nel frattempo, aspetto il 17… E mi
sparo di nuovo a palla la titletrack…
11
rubricamente
Liberamente
Quanto realmente ci perdiamo
nel percorrere la solita strada?
Casa, facoltà, mensa, stazione, supermercato, parco, discoteca, palestra...
Quanta strada ci portano a fare i nostri piedi ogni giorno? Quanti luoghi, familiari e non, ci capita di
incontrare?
Quotidianamente miliardi di stimoli colpiscono i nostri sensi,
ci attraversano e fuggono,.
Ma, presi dalla frenesia di tutti i
giorni, chissà quanto di ciò che
guardiamo (e che ci guarda) ha
il privilegio di catturare davvero
la nostra attenzione, il potere di
emozionarci a tal punto da riuscire a fermare per un attimo il
nostro passo svelto.
Durante il vostro cammino, tra un passo frettoloso e l'altro, concedetevi di trattenere un'immagine tra le tante che vi si infrangono addosso. Limitatevi ad osservarla immobili, solo osservarla, e
lasciatevi travolgere e stupire.
Ecco, ora fatela vostra, senza
pensarci troppo su. Io ci ho provato e ho fissato quelle immagini, rapite dalla mia vita di tutti i
giorni a Cesena e dintorni, in fotografie. Questi sono i primi risultati.
Osservate e stupitevi.. LIBERAMENTE.
Cecilia Raffaelli
rubricamente
FolleNente
Prospettive sul mondo
ISTANBuL: CITTA’ DELLE PRINCIPESSE
Il 3 Aprile, quando l’aereo si e’ avvicinato alla terra, si poteva vedere lo stretto del Bosforo sul mar
di Marmara. Ci sono le navi, enormi, che toccano quasi il ponte del Bosforo. Tutti i passeggeri attaccati alle finestre per vedere questa bellezza unica…Siamo ad Istanbul, nella città che copre una storia
di 8500 anni...
Appena usciti dall’aereoporto, ci sentiamo
confuse e perse. Fuori c’è caos; c’è gente che
urla, che corre, vanno tutti di fretta. L’unica
cosa che una straniera vorrebbe, è andare in un
posto meno caotico, per poter respirare un attimo. In questa città enorme, che connette i
continenti di Asia ed Europa, andare a “casa”
vuol dire un altro viaggio lunghissimo… Bisogna riposare bene, perché il giorno dopo sarà
molto stancante…
La mattina ci svegliamo presto, nell’albergo
ci danno la colazione turca tradizionale. È difficile trovare il caffè e le brioche, perché i turchi bevono il tè nero in continuazione e
mangiano l’omelette come gli inglesi. Dopo la colazione ci troviamo sul metro-bus per andare verso
il centro, il metro-bus e’ pieno di gente perciò, per circa un’ora, viaggiamo in piedi. Il primo luogo
da vedere e’ la “Blue Mosque”. È la moschea principale della città, con un giardino enorme. Per entrare bisogna togliere le scarpe e le donne devono coprirsi completamente. Poi la seconda destinazione
è “Hagia Sofia” (Basilica di Santa Sofia), una chiesa trasformata in una moschea e oggi uno dei principali monumenti della Turchia. Prossimo, è Topkapı Palace. È enorme, per vedere tutto ci vogliono
almeno due ore… la parte più impressionante e’ l’”Harem”, ha un panorama bellissimo perché si
vede tutto lo stresso del Bosforo ed è decorato con l’oro… le donne, quando escono, sono sempre visibilmente impressionate…
Per pranzo, si mangia il kebab… ma è diverso da quello che abbiamo in Italia. Il kebab viene cucinato
nel forno turco in un piatto di metallo, e la carne viene messa sopra piccoli pezzettini di pane e yogurt.
Dopo passiamo al “Grand Bazaar”. Ci sono tanti negozi che vendono prodotti tradizionali e i venditori
usano tanti modi differenti per attirare la nostra attenzione. Ci offrono il tè, ci parlano nella nostra
lingua originale, ci danno prezzi bassi per poterci rubare ai venditori degli altri negozi. Ci fanno tante
domande, sono molto amichevoli, alla fine non abbiamo altra scelta: il prodotto che ci fanno vedere
viene comprato…. Completiamo la parte dello shopping con tante risate…
Poi passiamo a Taksim, il centro della città. Non ci sono tanti turisti, ma c’è tanta gente. Ci sono tutti
i tipi di bar e tanti negozi economici. Sulla strada principale si cammina lentamente, perché c’è un
enorme flusso di gente…. Anche lì si sente un rumore forte e musica in continuazione… dopo una
bella camminata, prendiamo una nave per un tour sul Bosforus… in un’ora la nave percorre la metà
del Bosforo e si vedono tutte le case e i palazzi… tutti sulla nave iniziano a sognare una vita fatta in
quelle case delle principesse.
Torniamo all’albergo, stanchissime, pensando alla città magnifica e ai suoi 8500 anni di vita…il
giorno dopo sarà molto più stancante…
Ñxçté|
13
logicamente
Sudoku
^|uç
Pensiero Laterale
Cadavere tra le dune
C'è un uomo morto in mezzo ad una distesa di sabbia. Vicino a lui c'è un pacchetto
chiuso. Nella sabbia, per un raggio di 200 metri attorno al cadavere, non c'è nessun
tipo di impronta. L'uomo è morto da circa 10 secondi. Cosa è successo?
Antonio e Cleopatra
Sul pavimento di una lussuosa villa egizia sono riversi Antonio e Cleopatra, morti.
Attorno a loro dei vetri rotti e dell’acqua. La finestra è aperta. Quando sono morti
non era presente nessuno in villa, sui loro corpi nessun segno e non sono stati avvelenati. Qual è la causa del decesso?
logicamente
FolleNente
Parole Crociate
fàx
Verticale
Orizzontale
1.Chi ha la mania di raccogliere libri
2.African Virtual University
3.Rifugio Alpino
4.Costiera Campana famosa per la sua bellezza
7.Pingue
8.Fabbrica torinese di automobili
9.Simbolo chimico del Rubidio
14.Detto anche Ciuco
15.Titolo onorifico legale
17.”Quanta vita c’è,quanta vita insieme a
te”Titolo
18.Gruppo di cani usato per le battute di caccia
21.Central Inteligencer Agency
22.Saluto inglese equivalente al ciao
24.Preposition in Englis
1.Neurologo francese famoso per la scoperta
di un riflesso nel neonato
5.Imposta sul valore aggiunto
6.Oscuro,con poca luce
8.Forma troncata di frate
10.Trapani
11.Gruppo bancario di Roma
12.Intelligenza artificiale film di S.Spielberg
13.Biondo attivista dell’associazione Analysis
16.La si regala l’8 Marzo
19.Architettura risorse umane
20.Sede della torre di Guevara
23.Elemento radioattivo,detto più comunemente Radon
25.Secondo con i numeri romani
26.Finestra a sei luci
27.Iniziali di Andreotti politico italiano
15
opinioni
Ti piace impoverirti facile?
Salve a tutti, ultimamente, purtroppo, ho
avuto più contatto di quanto avrei voluto con
la nostra amata televisione e ho notato
qualcosa di sconcertante, a mio parere.Non
so se sono l’unico o qualcun altro ha fatto
caso al fatto che c’è una vera e propria
campagna pubblicitaria in favore del gioco
d’azzardo, di giochi come il poker o meglio
ancora il lotto.
Come scusa? Il gioco d’azzardo non è una
di quelle cose rischiose e per la quale
vanno sul lastrico famiglie? Eh sì, ma a
quanto pare qualcuno ha bisogno di soldi,
dato che la gente non va più a fare la spesa
al supermercato, qualcuno spera che la
vada a fare al tabacchino.
dei siti di poker o che comunque inducono
al gioco d’azzardo.
Ora, io non voglio fare il moralista, né tantomeno l’ipocrita, mi piace però sottolineare
quando questi ruoli vengono assunti dagli
altri. Perché, effettivamente, ci vuole coraggio a criticare e condannare pubblicamente
alcuni comportamenti, per poi sponsorizzare
una piaga che potrebbe essere messa al
pari dell’alcool o delle sigarette, o (e mo
prendo gli insulti) delle droghe, come problema sociale, come causa di difficoltà economiche e familiari. In realtà anche l’alcool
sta acquisendo una visibilità sempre maggiore, le droghe non portano alcun introito
allo stato e per la pubblicità delle sigarette
dovremo aspettare di cadere ancora più in
basso.
Potrei presentarvi una sfilza di dati, come il
fatto che la spesa per il gioco d'azzardo
degli italiani è aumentata ben del 19,7% nel
2007 rispetto al 2006, figuriamoci negli ultimi 4 anni, con una raccolta complessiva di
42,2 miliardi di euro (2% del prodotto interno lordo), che in Regioni quali Sicilia, Puglia, Campania, Sardegna e Abruzzo
(guarda caso quelle tra le più povere) le famiglie investono in gioco d'azzardo il 6,5%
Questo qualcuno ovviamente è lo Stato, che del proprio reddito, portando a conseguenze
nel frattempo, tra polemiche inutili su proquali debiti e usura. Tutti dati diffusi dall’Alea
blemi di cui è ridicolo anche solo parlare,
(Associazione per lo studio del gioco d'azcome quello dell’ormai famigerato articolo
zardo e dei comportamenti a rischio): eh
18, trova il tempo per provare a infinocgià, perché il gioco d’azzardo è ufficialmente
chiarci con pubblicità che promettono di
ritenuto una dipendenza, però finché lo
cambiare in meglio la propria vita, di divenStato, quando lo pubblicizza, aggiunge la
tare ricchi, di poter comprare una squadra di scritta “giocare con prudenza” ha fatto il procalcio, creare un’azienda eccetera eccetera, prio dovere. Potrebbero fare lo stesso
semplicemente giocando al lotto.
anche con altre cose a sto punto, ok sto
esagerando, non voglio cominciare un diLa ridicola e vergognosa pubblicità del lotto scorso che poi assumerebbe proporzioni
è solo l’esempio più eclatante, in realtà
enormi.
stanno spuntando come funghi pubblicità
opinioni
Sicuramente vi sarete rotti, quindi vi lascio
con un monito serio, se volete scommettere,
giocare, bere, fumare, fare l’amore, suonare
l’ukulele di notte nonostante le proteste del
vicino, qualunque cosa vogliate fare, se sapete che fa male ma lo fate con la vostra
testa, responsabilmente, con coscienza, fatelo pure, state attenti solo a non farvi mani-
FolleNente
polare.
Ragionate con la vostra testa, leggete, non
fatevi abbindolare da tv o rappresentanti
vari di un Paese che è arrivato a chiedere
alla gente di spendere i loro ultimi soldi in
schedine, poker e macchinette.
Antonio Cozzi
STUPRO: basta indulgenze
w| lÄxÇ|t ZÜxvÉ
Nel XXI secolo si suppone
che l’Italia sia un Paese civile, tuttavia tutti i diritti fondamentali dell’uomo
vengono violati senza poi
essere condannati dalla giustizia.
Lo stupro è un reato che
lede il diritto alla libertà, il diritto alla dignità e compromette il futuro e l’equilibrio
psicologico della persona
che lo subisce.
Lo scorso 3 febbraio si è sollevata la questione della non obbligatorietà di detenzione
per chi commette stupri di gruppo. Se lo stupro di gruppo non è grave come lo stupro
singolo per responsabilità condivisa dei rei, allora questo criterio dovrebbe essere
esteso anche ad altri reati di gruppo. Ad esempio “l’omicidio di gruppo”, “la rapina di
gruppo”, “l’evasione fiscale di gruppo”. Occorre sottolineare che la polemica non sorge
solo per la supposta differenza di stupro commesso da singoli o da gruppi. Di fatti il
reato di stupro è di per sé sottovalutato, basti pensare che il possesso di marijuana
(oltre il limite fissato a 10 grammi) è condannato più rigidamente della violenza carnale.
Sorge allora un interrogativo: come mai questi giudici così indulgenti? Non hanno figlie,
mogli, sorelle? Quando essi giudicano stupratori, anche minorenni, non pensano che le
donne a cui loro tengono potrebbero essere vittime dello stesso reato? Da cosa è inabissata la loro umanità?
E qual è la credibilità di un Paese che nel 2009 s’impegna per introdurre una legge
sullo stalking per proteggere le vittime di questo reato e poi, di fronte ad un reato ancora più grave, sta fermo a guardare e non fa valere i diritti fondamentali dei propri cittadini?
Le donne e gli uomini che vogliono difendere il diritto alla libertà e il diritto alla dignità
devono allora protestare affinché la giustizia venga creata ora e non in un supposto
regno di Dio, in cui forse un giorno a codesti giudici verrà negato il diritto alla redenzione.
17
esperienze
Le conseguenze dell’odio: la storia di Zijo Ribic
Questa è la storia di un omicidio, la storia di un conflitto civile, una storia che ci mostra quanto siano
gravi i danni quando il rispetto per la diversità viene
calpestato: questa è la storia di Zijo Ribic’.
Zijo Ribic nasce nel 1984 nell’ex Jugoslavia, più
precisamente nella parte orientale dell’attuale Bosnia-Erzegovina, e trascorre i primi anni della sua
vita in un paesino abitato prevalentemente da rom.
Nel 1992, quando Zijo ha solo 7 anni, scoppia la
guerra civile: la Bosnia all’epoca era abitata da
serbi, croati e bosniaci e questa guerra rappresentava la prosecuzione dei conflitti già scoppiati in
altre regioni dell’ex Jugoslavia e, come spesso accade, a farne le spese per primi sono le minoranze,
in questo caso la popolazione rom, a cui Zijo appartiene.
Di 50.000 rom che abitavano in Bosnia, 30.000
sono stati uccisi.
Il paesino di Zijo viene attaccato dagli ultranazionalisti serbi che uccidono numerose persone, compresa la famiglia di Zijo: “Anche dopo tanti anni mi
ricordo tutto, come se fosse successo ieri. Mi ricordo quando sono arrivati e ci hanno presi. Prima
ci hanno picchiati, cercando oro e armi. Hanno
detto che non avrebbero fatto niente alle donne e
ai bambini. Ci hanno raggruppati tutti davanti alla
casa, hanno stuprato mia sorella maggiore Zlatija
e io ho visto tutto; poi, sono arrivati due camion nei
quali ci hanno caricato. Arrivati a destinazione ci
hanno fatti scendere uno alla volta e ci hanno condotti verso una fossa appena scavata. Prima hanno
fatto scendere mia madre e mio fratello, poi sono
venuti a prendere me. Io piangevo, chiedendo di
vedere mia madre. Mi risposero che l’avrei vista subito. Poi, in fila è arrivato il mio turno. Ho sentito
degli spari e un fendente di lama nel collo. Ho fatto
finta di essere morto. E mi hanno gettato nella
fossa insieme agli altri che avevano appena ammazzato”.
Successivamente, Zijo scappa e si rifugia per un
po’ nei boschi, poi ha la fortuna di incontrare in una
casa abbandonata due soldati dell’esercito popolare Jugoslavo che lo soccorrono e lo conducono
in un’infermeria, dove però sono presenti le stesse
persone che gli avevano sterminato la famiglia due
giorni prima: “Entrato nell’infermeria ho visto le
stesse persone che la sera prima hanno ucciso i
miei familiari. Mi sono aggrappato ai due soldati
che mi hanno salvato e non li mollavo”.
Fortunatamente i due soldati resistettero alle pressioni del gruppo paramilitare e accompagnarono
Zijo in un ospedale, dove rimase fino al ’95, quando
fu ricoverato in un istituto, non adatto però a curare
i traumi vissuti da un bambino di appena 7 anni.
Grazie ad un progetto dell’Unicef, Zijo fu portato in
un orfanotrofio montenegrino, il “Mladost”, ma il suo
calvario non era ancora finito: dopo 5 anni trascorsi
in questa struttura, Zijo viene trasferito in un nuovo
orfanotrofio, questa volta in Bosnia, precisamente
nella città di Tuzla.
Nel 2005 esce dall’orfanotrofio e viene ospitato da
una struttura, la Casa Pappagallo, adibita ad accogliere coloro che una volta usciti dall’orfanotrofio
non sanno dove andare.
Attualmente Zijo non ha un lavoro per mantenersi
e non ha ricevuto alcun sostegno economico o morale da parte di nessuna associazione bosniaca,
ma nonostante tutto ha trovato la forza per denunciare gli assassini che hanno sterminato la sua famiglia ed è stato il primo a portare in un’aula di
tribunale la questione del genocidio del suo popolo.
Ancora nel 21° secolo, in un sacco di posti del
mondo, ci sono discriminazioni, violenze, uccisioni
e anche nella tanto democratica e civile Europa si
assiste tutt’ora alla messa in discussione della convivenza nella diversità, come ad esempio è successo poco tempo fa nella civile e tecnologica
Londra, dove il premier Inglese Cameron ha parlato
irresponsabilmente del fallimento delle politiche di
integrazioni londinesi, come se la storia non avesse
nulla da insegnare.
Mi colpiscono molto le parole con cui Zijo, segnato
così duramente dall’odio per la diversità, conclude
la sua testimonianza: “Dei Serbi mi hanno rovinato
la vita e dei Serbi me l’hanno salvata, ho perso i genitori e 6 tra sorelle e fratelli, ma non ho imparato
ad odiare: l’odio non porta a niente, porta solo a
delle atrocità, bisogna vivere insieme, non serve a
niente odiare gli altri perché sono diversi”.Le parole
di quest’uomo dovrebbero essere di esempio per
tutti, compresa parte della nostra classe politica.
Narco Bertini,
conferenza stampa del 20/1/2012 al Centro per la
pace, Cesena
operette
Bell ’ Evirato
V’era un dì vanesio fante,
vero prode cavaliere,
bello, giovane ed aitante,
di pulzelle ne avea a schiere.
C’è da dir che il giovanotto,
che di fascino esaltava,
i sapea che d’intelletto
e di ingegno non brillava.
Tuttavia ciò non frenava
le passioni sue d’amore
quando donna avvicinava
le portava via il cuore.
Ma il belloccio aveva un vizio
che lo rendeva spesso ostile
quando placava lo suo sfizio
comportavasi da vile.
Le concesse a lui madame
che di notte cavalcava
appena esaurito il seme
come stracci le trattava,
v’era inoltre un altro mito
sull’indomito amante,
disprezzava inorridito
donna poco accattivante,
facea grande selezione
di colei che ad ore amava
e quelle che non eran buone
grezzamente lui insultava.
Racchie, brutte e con il baffo
gli diceva da volgare,
affermando solo Saffo
le avrebbe mai potuto amare.
Così le vittime del suo agire
di verbo e di carnal usura
si decisero a reagire
si raccolsero in congiura.
Mentre il fusto era in sella
gli si avvicinò tra tante dame
la vergine più bella
che vivesse nel reame.
Gli sussurrò il desiderio
che fosse lui a profanarla
però a patto che davvero
continuasse poi ad amarla.
Lui incredulo eccitato
accettò assai contento
rispondendo le avea dato
per la notte appuntamento.
Così riposto poi lo scudo,
quando il sole ormai svanito,
lui giaceva a letto nudo
aspettando il premio ambito.
Quando poi venere venne
quasi lui non ci credeva
Il suo brando in mano tenne
FolleNente
mentre ancor lei si spogliava.
Gli fu chiesta condizione
da quel fiore prelibato
la scelta di posizione
e che lui fosse legato.
Egli ormai era tutto teso
col suo sesso che pulsava
accettò da bravo illuso
impaziente ch’ella si posava.
Quando fu tutto bloccato
e ad un palmo dal suo seno
lo stanzone desolato
delle sue vittime fu pieno.
Riversandosi a decine
tutte quante le donzelle,
vecchie e storpie eran le prime
e poi dopo le più belle.
E d’un tratto la vergin casta
mentre ancor sfoggiava il pelo
prese in mano la sua asta
le bastò poi un colpo solo,
proprio con la di lui spada
lo privò del gioiellino
mentre contorto dalle grida
piangeva come un agnellino.
Alla fin del trattamento
quello povero evirato
osservò il viso contento
delle fanciulle che aveva maltrattato.
E quando ebbe realizzato,
come un lampo in un momento,
che non avrebbe mai più cavalcato
fu pervaso da sgomento.
Perse il senno, oltre al resto,
la sua storia era finita,
e come ultimo suo gesto
si levò al mattin la vita.
Nrs Robinson
19
operette
Narla
C’è una bambina, nella piccola città, che è
diversa da tutti. La sua camera, non l’ho mai
vista, ma ha una porta-finestra, limpida,
senza tendine. Entra qualsiasi tipo di luce,
anche quella viola. Si chiama Marla e, un
giorno, dopo che si è spenta la lampada, si
è girata nel lato scomodo del letto, quello
che non si incontra mai. Quella notte i raggi
spaccavano le difese, mille pezzi di vetro,
mille pezzi, e mille cristalli nei suoi occhi.Da
quella sera, e tutte le sere dopo, apre la
porta-finestra, in punta di piedi esce sul balcone, arrivando a malapena sulla ringhiera,
si appoggia con i gomiti e osserva la luna.Si
abbronza, di energia fuori bordo, ai margini.
Si concede il tempo che la sua fantasia gli
concede attenta a non far rumore.E rientra
con un sorriso, neanche una mossa. Voi dite che il padre lo sappia?Io non
glielo dirò, anche se lo so.
Luce Beach
La Playlist
Eccoci con il secondo appuntamento della nostra playlist; stavolta vi
proponiamo tracce adatte ad un momento relax, indicandovi anche
album e anno di pubblicazione. Inoltre, rendiamo il FolleNente più interattivo: la prossima playlist sarà sul momento “rabbia” e voi potete
indicarci le vostre preferenze (massimo 3) inviando un’email a
[email protected]
Succederà – Bandabardò ( Se Mi Rilasso Collasso – 2002)
River Flows In You – Yiruma (First Love – 2001)
Nay It Be – Enya (Colonna Sonora: Il Signore degli Anelli – 2001)
Njosnavelin – Sigur Ròs (Vanilla Sky Complete Soundtrack – 2001)
Sobrepena – Hevia (No Man's Land - 1999)
Nemorial – Explosions In The Sky (The Earth Is Not A Cold Dead Place – 2003)
Lapres Nidi – Yann Tiersen ( Colonna Sonora: Amelie – 2005)
The Nission – Ennio Morricone (Colonna Sonora: The Mission – 1986)
Nuvole Bianche – Ludovico Einaudi ( Una Mattina – 2004)
Analyse – The Cranberries ( Wake Up And Smell Coffee – 2001)
Nuvole Di Rock -Modà ( Singolo – 2004)
Yes – Changes (90125 – 1983)
uniradio
FolleNente
NUSICA E CULTURA
La voce degli universitari a Cesena, negli ultimi due anni, ha trovato un ulteriore spazio comunicativo grazie
alle frequenze On AIR di Uniradio Cesena, web radio nata da un progetto delle cinque Associazioni Studentesche Universitarie Analysis, A.St.I.Ce, MyS.T.A., Spazi, S.P.R.I.Te e realizzato in collaborazione con il
Polo Didattico-Scientifico di Cesena. Uno degli obiettivi principali di UniRadio è quello di dare spazio alle
entità musicali emergenti che trovano poche opportunità nei canali commerciali e nei mass-media.
Attualmente il palinsesto di UniRadio prevede una serie di programmi che coprono le ore serali,dal Lunedì
al Giovedì: Lo Spekkio (house/deep/tech), MetalHead(metal), Riot (punk), Roots And Culture (reggae) e
Lenti Progressive (rock). Sono in via di definizione nuovi spazi musicali e non, che arricchiranno ulteriormente la programmazione radiofonica.
La nostra radio, oltre ad essere un mezzo per la diffusione di musica di ogni genere,è anche un veicolo culturale e sociale che attua collaborazioni con enti e associazioni che operano in vari campi. Infatti, il programma Roots And Culture inserisce, nel ritmo in levare della reggae music, le problematiche attuali più
rilevanti a livello nazionale e locale in materia di: ambiente, criminalità, diritti umani, welfare, diritti civili
e beni comuni. Hanno collaborato, con il loro prezioso contributo, varie associazioni come: Libera contro la
mafia, Amnesty International, Movimento per l’Acqua bene comune, Comitato Salviamo Cascata Alfero,
Canapuglia.
La scelta di inserire tematiche sociali all’interno di un programma di musica reggae è scaturita dal fatto che
questo genere tratta spesso argomenti di questo tipo: diversità, libertà, diritti, uguaglianza, solidarietà, non
violenza.”Radici e Cultura” è lo spirito della reggae music e sono anche i valori a cui noi giovani dobbiamo
fare riferimento in una società che tende a cancellare e ad omologare le nuove generazioni in una sola massa
,senza storia e scarsamente interessata alla cultura. Naturalmente Roots And Culture offre a tutti la possibilità
di esprimere opinioni e pareri sui vari temi affrontati, dando spunti di riflessione e diverse prospettive sul
medesimo argomento.
Il progetto di Uniradio ha anche l’obiettivo di incentivare l’aggregazione, la socializzazione e il confronto,
pertanto tutti gli studenti e non, potranno partecipare e dare il proprio contributo alla crescita e all’arricchimento della radio, basta mandare una mail a uniradiored@gmail.
Veronica Narrulli
Direttore Artistico Uniradio Cesena
PALINSESTO:
Lunedì: Lo Spekkio (ore 21-22)
Martedì: Metal Head (ore 21-22.30)
Mercoledì: Riot (ore 20-21), Roots and Culture (ore 21-23)
Giovedì: Lenti Progressive (ore 21-22)
21
bacheca
“Datemi un uomo
normale
ed io lo guarirò”
Carl G. Jung
L’Arte e la Scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento.
La Repubblica detta le norme generali sulla istruzione ed istituisce
scuole statali per tutti gli ordini e gradi.
[...]
E’ prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e
per l’abilitazione all’esercizio professionale.
Le istituzioni di alta cultura, università, ed accademie hanno il diritto di darsi ordinamenti
autonomi nei limiti stabiliti dale leggi dello Stato.
BIBLIOTECA
MALATESTIANA
dal lunedì al venerdì
ore 8 - 18,45
sabato ore 8 - 12,45
(Art. 33, Costituzione della Repubblica Italiana)
follemente
Il Follemente è uno spazio aperto dove si raccolgono idee,
racconti, opinioni, immagini che riguardano il mondo universitario e che cercano di suscitare l’interesse di noi studenti.
Per farci sapere cosa ne pensi, per darci suggerimenti, consigli, proposte o per esprimere critiche, dubbi, perplessità,
basta scriverci a
La Redazione
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Disegni Lucius, con la gentilissima collabora-
Mr B, Danilo Buonora, Elena Lucarella, peyazi,
1784, Ste, Kibi, Mrs Robinson, Ylenia Greco,
Luce Beach, Rita Spedicati, Cecilia Raffaelli,
Monica Giannone, Sergio V. Spina, Veronica
Marrulli, Marco Bertini
zione di Ippo
Contatti
Con il contributo di
Alma Mater Studiorium Università di Bologna
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Stampato presso
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