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Manuale per i volontari - Io non rischio
Manuale per i volontari La campagna Io non rischio è promossa e realizzata da in collaborazione con I PARTE PRIMA PARTE PRIMA 3 PARTE PRIMA INTRODUZIONE Questo manuale è uno strumento di lavoro per vi consentirà di acquisire maggiore sicurezza voi, volontari impegnati nella campagna di co- nell’argomentare i contenuti dei materiali infor- municazione Io non rischio. Qui potete trovare mativi e acquisire, di massima, anche un modo tutte le informazioni di cui avete bisogno per più appropriato di raccontare concetti tutto ripassare e approfondire gli argomenti affron- sommato semplici, ma spesso delicati. tati durante le giornate di formazione in aula. Il manuale è suddiviso in tre sezioni. Nella pri- Come vedremo, la campagna Io non rischio mira ma parte trovate le informazioni riguardanti a promuovere e diffondere le buone pratiche di il Servizio Nazionale della Protezione Civile e protezione civile a partire da specifici rischi na- il Volontariato di protezione civile, oltre che la turali che riguardano un territorio. E i protago- spiegazione di che cos’è e a cosa serve un Pia- nisti di questa campagna siete voi: i volontari di no comunale di protezione civile. Nella secon- protezione civile. Sarete voi ad avere il compito da parte si parla degli strumenti, delle tecniche di incontrare i cittadini nelle piazze delle nostre e delle modalità che ci permettono di organiz- città per raccontare loro quel che si deve sape- zare, allestire e attuare una campagna ben riu- re e ciò che si può fare per ridurre l’esposizione scita. Nella terza e ultima parte, invece, trovate al rischio di ciascuno e della comunità in cui si tutte le informazioni tecniche e specifiche di vive. Per farlo avrete a disposizione del materiale ogni rischio, illustrate e approfondite a partire informativo: un pieghevole in cui vengono illu- dai singoli elementi del materiale informativo. strate le cose essenziali da sapere su uno spe- Per aiutarvi nella lettura, ci siamo serviti di al- cifico rischio, e una scheda in cui vengono illu- cuni simboli ed espedienti grafici. strati i comportamenti giusti da adottare nel caso in cui si verifichi una effettiva emergenza. LEGENDA Qualcuno potrebbe chiedersi perché per raccontare ai cittadini le informazioni contenute testo in un pieghevole e una scheda siano neces- Cose essenziali da ricordare sarie 160 pagine di manuale: ci serve davveConsigli su cosa fare ro sapere tutta questa roba se poi dobbiamo raccontarne solo una piccola parte? La risposta Schede di approfondimento a questa domanda è sì. Possiamo pensare al pieghevole e alla scheda come alla punta di un Testi contenuti nel pieghevole iceberg, che per sostenersi ha bisogno di una parte sommersa molto ma molto più grande: Link per saperne di più questo manuale. Proprio come un iceberg, la conoscenza, per emergere, ha bisogno di una Glossario parte sommersa assai maggiore. Conoscere bene gli argomenti illustrati in queste pagine 4 PARTE PRIMA CONTATTI MATERIALI E APPROFONDIMENTI: DOVE TROVARLI Sono state attivate diverse email relative alla Dal sito www.iononrischio.it si accede a un’a- campagna: rea riservata. Per ognuna delle piazze che [email protected]: per comuni- partecipano alla campagna sono state create cazioni relative alla campagna. delle credenziali di accesso, che saranno co- [email protected]: per inviare foto e municate al responsabile di piazza. video sulla campagna. Nell’area riservata sono disponibili: Le foto devono essere in formato .jpg, 1.000 × • i materiali formativi (manuale, video e pre- 600 px, risoluzione a 72 DPI. sentazioni delle lezioni, approfondimenti I video devono essere della durata massima di sulla costruzione del totem per la campa- 5 minuti, con un peso massimo di 200 MB. gna Io non rischio – terremoto) Per inviare i video il responsabile di piazza do- • il pieghevole, la scheda e la locandina (que- vrà utilizzare questa piattaforma di condivisio- sti materiali sono scaricabili anche nell’area ne: www.wetransfer.com. Indicate come indiriz- pubblica dello stesso sito) zo di destinazione [email protected]. • alcuni esempi di domande frequenti Per ogni piazza saranno creati indirizzi mail • un form di contatto per richieste di chiari- specifici che ogni referente di piazza dovrà menti ai docenti. utilizzare e monitorare. L’indirizzo sarà costituito dal nome della piazza e da @iononrischio. it. Per accedere alla propria casella di posta basta inserire le proprie credenziali nel form di accesso http://webmail.aruba.it//index.html?_v _=v4r1b17.20120629_1045. Le credenziali sono costituite dall’indirizzo completo e dalla password che per tutti è: password. Vi consigliamo di modificare la password al primo accesso dalla sezione Opzioni>Password nella colonna di sinistra. Vi ricordiamo che i contatti email saranno pubblicati sul sito www.iononrischio. it e che i cittadini potranno utilizzare questi contatti di posta elettronica per avere informazioni sulle iniziative che si svolgono nelle singole piazze. Invitiamo, quindi, i referenti di piazza a monitorare costantemente le caselle di posta. 5 PARTE PRIMA SERVIZIO NAZIONALE DELLA PROTEZIONE CIVILE La protezione civile è l’insieme delle at- ATTIVITÀ DEL SERVIZIO NAZIONALE tività messe in campo per tutelare l’inte- Il soccorso alla popolazione in emergenza è grità della vita, i beni, gli insediamenti l’attività che identifica la funzione principale e l’ambiente dai danni o dal pericolo di della protezione civile, anche se negli anni le danni che derivano dalle calamità: previ- competenze del Sistema si sono estese allo sione e prevenzione dei rischi, soccorso sviluppo della conoscenza dei rischi e alle delle popolazioni colpite, contrasto e su- azioni per evitare o ridurre al minimo i danni peramento dell’emergenza e mitigazione delle calamità. del rischio. La legge n. 225 del 1992 – che istituisce La protezione civile non è un compito as- il Servizio Nazionale – definisce le attività segnato a una singola amministrazione, di protezione civile: previsione e preven- ma è una funzione attribuita a un sistema zione dei rischi, soccorso alle popolazioni complesso: il Servizio Nazionale della Pro- colpite, contrasto e superamento dell’e- tezione Civile. mergenza, e mitigazione del rischio. COMPONENTI E STRUTTURE OPERATIVE IN ORDINARIO Istituito con la legge n. 225 del 1992, il Servi- Le componenti e strutture operative del Ser- zio Nazionale ha come sue componenti le am- vizio Nazionale sono impegnate, per i diversi ministrazioni centrali dello Stato, le Regioni e ambiti di competenza e responsabilità, in at- le Province Autonome, le Province, i Comuni tività di previsione e nella programmazione di e le Comunità montane. Sono componenti an- azioni di prevenzione e mitigazione del rischio. che tutti i soggetti coinvolti, a vario titolo, in at- In questo processo è centrale il coinvolgimen- tività di protezione civile: enti pubblici, istituti to della comunità tecnico-scientifica, attraver- e gruppi di ricerca scientifica, istituzioni e or- so la rete dei Centri funzionali – che realizzano ganizzazioni anche private, cittadini e gruppi quotidianamente, a livello centrale e regionale, associati di volontariato civile, ordini e collegi attività di previsione, monitoraggio, sorveglian- professionali. za e allertamento – e dei Centri di competen- Il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, le For- za, strutture che svolgono ricerca o forniscono ze Armate, le Forze di Polizia, il Corpo Fore- servizi di natura tecnico-scientifica per finalità stale dello Stato, la Comunità scientifica, la di protezione civile. Comuni, Province e Pre- Croce Rossa Italiana, le strutture del Servizio fetture si dedicano inoltre all’aggiornamento Sanitario Nazionale, le organizzazioni di vo- dei piani di emergenza, strumenti indispensa- lontariato, il Corpo Nazionale del Soccorso Al- bili di prevenzione, sulla base delle linee gui- pino e Speleologico costituiscono le strutture da e agli indirizzi regionali e nazionali. Anche operative. il singolo cittadino, in quanto componente del 6 PARTE PRIMA Servizio Nazionale, ha un ruolo di primo piano vizio Nazionale affida al Dipartimento della nelle attività di prevenzione dei rischi. Obietti- Protezione Civile della Presidenza del Consi- vo delle attività ordinarie di diffusione della co- glio dei Ministri un ruolo di indirizzo e coor- noscenza di protezione civile e di sensibilizza- dinamento. Dal 1998 inizia un percorso verso zione della popolazione è proprio formare un il decentramento dallo Stato ai Governi regio- cittadino più consapevole e preparato. nali e alle Autonomie locali, che coinvolge anche l’organizzazione del Servizio Nazionale. Il IN EMERGENZA decreto legislativo n. 112, meglio conosciuto Quando un evento colpisce un territorio, il come “Decreto Bassanini”, trasferisce alcu- Sindaco – unica Autorità di protezione civile ne competenze in materia di protezione civile nell’ambito del Servizio Nazionale – ha il com- dallo Stato centrale al territorio. Il Dipartimento pito di assicurare i primi soccorsi alla popola- mantiene funzioni di indirizzo e coordinamen- zione, coordinando le strutture operative locali to, ma il coordinamento operativo in emergen- sulla base del piani comunali di emergenza za è riservato agli eventi di tipo c, per i quali (evento di tipo “a”). Se i mezzi e le risorse a viene dichiarato lo stato di emergenza sentito disposizione del Comune non sono sufficien- il Presidente della Regione interessata. ti a fronteggiare l’emergenza, intervengono la Nel 2001, con la Legge Costituzionale n. 3 Provincia, la Prefettura - Ufficio territoriale del che modifica il titolo V della Costituzione si Governo, e la Regione, che attivano le risorse rafforza e si impone definitivamente nel nostro disponibili sui territori di propria competenza ordinamento il principio di sussidiarietà, già (evento di tipo “b”). affermato con la legge Bassanini. Nelle situazioni più gravi, su richiesta del Il decentramento amministrativo trova la Governo regionale, subentra il livello na- sua completa realizzazione: la protezione zionale, con la dichiarazione dello stato civile diventa materia di legislazione con- di emergenza (evento di tipo “c”): il co- corrente e quindi, nell’ambito di principi ordinamento degli interventi viene assun- generali stabiliti da leggi dello Stato, di to direttamente dal Presidente del Con- competenza regionale. siglio dei Ministri, che opera attraverso il questi casi che il Servizio Nazionale vie- LA RIFORMA DEL SERVIZIO NAZIONALE DELLA PROTEZIONE CIVILE ne impegnato in tutte le sue componenti e A vent’anni dalla sua nascita, il Servizio Nazio- strutture operative. nale della Protezione Civile viene riformato. Il de- Dipartimento della Protezione Civile. È in creto legge n. 59 del 15 maggio 2012 convertito LEGISLAZIONE E DECENTRAMENTO nella legge n. 100 del 12 luglio 2012 modifica Nel 1992 la legge n. 225 che istituisce il Ser- e integra la legge n. 225 del 1992, istitutiva del 7 PARTE PRIMA Servizio. Le attività della Protezione Civile vengo- Presidente del Consiglio dei Ministri o, per no ricondotte al nucleo originario di competenze sua delega, di un Ministro con portafoglio o definito dalla legge n. 225/1992, dirette princi- del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del palmente a fronteggiare le calamità e a rende- Consiglio dei Ministri Segretario del Consiglio. re più incisivi gli interventi nella gestione delle La richiesta può giungere anche dal Presiden- emergenze. Viene ribadito il ruolo di indirizzo e te della Regione interessata, di cui comunque coordinamento del Dipartimento della Protezio- va acquisita l’intesa. ne Civile delle attività delle diverse componenti e Lo stato di emergenza può essere dichia- strutture operative del Servizio Nazionale. rato anche “nell’imminenza” e non solo La legge 100/2012 va a toccare – tra gli altri “al verificarsi” dell’evento calamitoso. – alcuni temi chiave per tutto il sistema: la La durata può estendersi fino a 180 gior- classificazione degli eventi calamitosi, le atti- ni ed essere prorogato fino a ulteriori 180 vità di protezione civile, la dichiarazione dello giorni. stato di emergenza e il potere d’ordinanza. L’amministrazione competente in via ordinaria In questo senso, la legge ridefinisce la prima allo scadere dello stato dell’emergenza viene fase dell’emergenza, ponendo l’accento sul individuata non più nella deliberazione dello “fattore tempo”. Viene specificato che i mezzi stato di emergenza del Consiglio dei Ministri, e i poteri straordinari per fronteggiare le cala- ma nell’ordinanza di subentro che viene ema- mità (eventi di tipo “c”) vanno utilizzati per in- nata allo scadere dello stato di emergenza. terventi temporali limitati e predefiniti. Risorse per i primi interventi: la delibera Un anno dopo, la legge n. 119 del 15 ot- con cui è dichiarato lo stato di emergenza tobre 2013 modifica nuovamente la legge individua le risorse finanziarie da destinare 225/1992 intervenendo sulla durata dello agli interventi per l’emergenza – in partico- stato di emergenza, sugli ambiti di inter- lare quelle destinate alle attività di soccorso vento delle ordinanze di protezione civile e di assistenza alla popolazione – nell’atte- e sulla definizione delle risorse necessarie sa della ricognizione dei fabbisogni effetti- a far fronte alle emergenze. vi e indispensabili che farà il Commissario delegato. La delibera autorizza la spesa COS’È CAMBIATO? nell’ambito dello specifico stanziamento del “Fondo per le emergenze nazionali”. Se le Dichiarazione e durata dello stato di emer- risorse non sono sufficienti possono essere genza: lo stato di emergenza viene delibera- integrate con un’ulteriore delibera del Con- to dal Consiglio dei Ministri, su proposta del siglio dei Ministri. 8 PARTE PRIMA Attività di protezione civile: accanto alle at- Ordinanze di protezione civile tività di “previsione e prevenzione dei rischi” Sono di norma emanate dal Capo Dipar- e di “soccorso delle popolazioni” viene me- timento della Protezione Civile e non più glio specificato il concetto di “superamento dal Presidente del Consiglio dei Ministri. dell’emergenza”, cui si associa ogni altra attività necessaria e indifferibile diretta al “con- Le ordinanze emanate entro trenta giorni dal- trasto dell’emergenza” e alla “mitigazione del la dichiarazione dello stato di emergenza sono rischio” connessa con gli eventi calamitosi. immediatamente efficaci, mentre quelle suc- Le attività di prevenzione vengono esplicita- cessive richiedono il concerto del Ministero te e per la prima volta si parla chiaramente dell’Economia e delle Finanze. Le attività che di allertamento, pianificazione d’emergen- possono essere disposte tramite ordinanze, za, formazione, diffusione della conoscen- entro i limiti delle risorse disponibili, sono: za di protezione civile, informazione alla a) servizi di soccorso e di assistenza alla po- popolazione, applicazione della normati- polazione interessata dall’evento; va tecnica e di esercitazioni. Il sistema di b) ripristino della funzionalità dei servizi pub- allerta nazionale per il rischio meteo-idro- blici e delle infrastrutture di reti strategiche; geologico e idraulico viene inquadrato in c) interventi, anche strutturali, per la riduzio- maniera organica, riprendendo così i vari ne del rischio residuo strettamente connesso provvedimenti che negli anni hanno disci- all’evento, con priorità a quelli finalizzati alla plinato le attività di allertamento ai fini di tutela della pubblica e privata incolumità; protezione civile. d) ricognizione dei fabbisogni per il ripristino delle strutture e delle infrastrutture pubbliche e pri- Piani di emergenza: la legge 100/2012 riba- vate danneggiate, e dei danni subiti dalle attività disce poi il ruolo del Sindaco come autorità economiche e produttive, dai beni culturali e dal comunale di protezione civile, precisandone patrimonio edilizio, da realizzare sulla base di pro- i compiti nelle attività di soccorso e assisten- cedure definite con la stessa o un’altra ordinanza; za alla popolazione. Una novità importante e) attuazione delle prime misure per far fronte riguarda i piani comunali di emergenza, che alle esigenze urgenti definite dalla lettera d), se- devono essere redatti entro 90 giorni dall’en- condo le direttive dettate con delibera del Con- trata in vigore della legge, e periodicamente siglio dei Ministri, sentita la Regione interessata. aggiornati. 9 PARTE PRIMA PER SAPERNE DI PIÙ • La protezione civile nella storia http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/storia.wp • Le componenti http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/componenti.wp • Le strutture operative http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/strutture_operative.wp • Gli organi centrali http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/organi_centrali.wp • Le attività http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/attivita.wp • La legge 225/1992 http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/view_prov.wp?contentId=LEG1602 • La legge 100/2012 http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/view_prov.wp?contentId=LEG34883 10 PARTE PRIMA VOLONTARIATO DI PROTEZIONE CIVILE Il volontariato rappresenta una delle compo- za sanitaria, l’antincendio boschivo, le teleco- nenti più vitali del Sistema italiano di protezio- municazioni, l’allestimento dei campi d’acco- ne civile. Una risorsa straordinaria in termini glienza, la tutela dei beni culturali. di competenze e capacità operativa che conta Essere preparati a svolgere i diversi compiti in oltre 4mila organizzazioni in tutto il Paese. situazioni di rischio è importante. Per questo Il volontariato di protezione civile è costituito motivo, per diventare volontario di protezione da uomini e donne che hanno deciso di met- civile, è necessario rivolgersi a una organiz- tere a disposizione gratuitamente tempo ed zazione riconosciuta e seguire un percorso di energie per proteggere la vita e l’ambiente. formazione. Il Dipartimento della Protezione Per rendere più efficace la loro azione, i vo- Civile e le Regioni promuovono esercitazioni lontari di protezione civile sono associati in periodiche per migliorare la capacità di colla- organizzazioni, grazie alle quali condividono borazione tra il volontariato e le altre strutture risorse, conoscenze ed esperienze. operative del Sistema. Le organizzazioni di volontariato di protezione civile sono diverse per dimensioni, storia, approcci UNA REALTÀ MULTIFORME e specializzazioni. Affiancano le autorità di pro- Organizzazioni nazionali, associazioni locali, tezione civile in un’ampia gamma di attività, in- gruppi comunali. Il volontariato di protezio- tegrandosi con le altre componenti del sistema ne civile è un mondo caratterizzato da una di protezione civile. Le organizzazioni che fanno molteplicità di forme associative ben radicate parte del sistema sono iscritte in appositi registri. sul territorio. Le grandi organizzazioni nazionali si caratterizzano per la presenza di una COSA FA struttura di coordinamento centrale e una Il volontariato di protezione civile opera quoti- rete di sezioni distribuite su tutto il territorio dianamente nell’ambito della previsione e del- nazionale. Il loro interlocutore principale è la prevenzione dei rischi. In caso di calamità, rappresentato dal Dipartimento della Prote- interviene per prestare soccorso e assistenza zione Civile. alle popolazioni. Le associazioni locali e i gruppi comunali, di piccole e medie dimensioni, sono espres- Il contributo di professionalità e competen- sione di uno specifico ambito territoriale. I ze diverse è indispensabile soprattutto nel- gruppi comunali, in particolare, nascono con le grandi emergenze. Il mondo del volonta- la partecipazione o sotto la spinta dell’ammi- riato di protezione civile presenta una vasta nistrazione comunale, che ne disciplina con tipologia di specializzazioni e abbraccia propria delibera la costituzione, l’organizza- molti campi. zione e la regolamentazione. Gli interlocutori principali di queste realtà associative sono i Per citarne solo alcuni: il soccorso e l’assisten- sistemi regionali di protezione civile. 11 PARTE PRIMA IL SOSTEGNO DELLE ISTITUZIONI espressione della cittadinanza attiva. Garan- DI VOLONTARIATO ALL’ATTIVITÀ DI PROTEZIONE CIVILE (DIRETTIVA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DEL 9 NOVEMBRE 2012) tendone l’autonomia e promuovendone lo La Direttiva porta a compimento un percorso sviluppo. di approfondimento e aggiornamento delle Le organizzazioni di volontariato iscritte nei re- disposizioni del Decreto n.194/2001 del Pre- gistri possono beneficiare di agevolazioni ed sidente della Repubblica: il regolamento che esenzioni fiscali, accedere a contributi e stipu- tutela la partecipazione delle organizzazioni di lare convenzioni con enti pubblici. volontariato a tutte le attività di protezione civi- In particolare, il Dipartimento della Protezio- le e ne disciplina ogni aspetto. Le istituzioni valorizzano il volontariato come ne Civile e le Regioni promuovono il volontariato organizzato di protezione civile so- A oltre dieci anni dal regolamento e a stenendo progetti finalizzati a migliorare le conclusione degli Stati Generali dell’apri- capacità operative dei volontari, accrescere le del 2012, gli Indirizzi operativi mirano la sinergia tra il volontariato e le altre com- a consolidare i risultati già raggiunti e a ponenti del sistema e formare i cittadini alla sostenere ulteriormente l’azione del volon- cultura di protezione civile. tariato di protezione civile nell’ambito del Servizio Nazionale, adeguando procedure IL VOLONTARIATO NEL SISTEMA DI PROTEZIONE CIVILE e strumenti al mutato quadro organizzati- In Italia la protezione civile è una funzione principi del Dpr 194/2001. vo della Protezione Civile, nel rispetto dei attribuita a un sistema complesso, il Servizio Nazionale, che opera nel rispetto del principio Ecco le principali novità introdotte. di sussidiarietà. Questo sistema è coordinato dal Dipartimento della Protezione Civile, dalle 1. L’elenco nazionale: le organizzazioni che Regioni e dagli Enti locali. intendono partecipare alle attività di previsio- Al volontariato la legge attribuisce il ruolo di ne, prevenzione e intervento in vista o in caso “struttura operativa”, insieme ai Vigili del Fuo- di eventi calamitosi e svolgere attività formati- co, le Forze Armate e di Polizia, il Corpo Fo- ve e addestrative nello stesso ambito devono restale dello Stato, la comunità scientifica, la essere iscritte nell’elenco nazionale delle orga- Croce Rossa Italiana, il Servizio Sanitario Na- nizzazioni di volontariato di protezione civile. zionale e il Corpo Nazionale del Soccorso AlpiTra le principali novità, il fatto che i requi- no e Speleologico. siti di idoneità tecnico-operativa necessari INDIRIZZI OPERATIVI PER ASSICURARE L’UNITARIA PARTECIPAZIONE DELLE ORGANIZZAZIONI per far parte dell’elenco dovranno essere periodicamente verificati. 12 PARTE PRIMA L’elenco nazionale è costituito dalla somma di: Tra le più rilevanti novità, per le articolazioni • Elenchi/albi/registri regionali, denominati locali delle organizzazioni di rilievo nazionale è prevista l’esigenza di individuare, al proprio “elenchi territoriali” interno, “aliquote” che le sezioni locali devono • “Elenco centrale” istituito presso il Diparti- indicare al momento dell’iscrizione all’elenco mento della Protezione Civile Tutte le organizzazioni iscritte negli elenchi territoriale, specificando volontari, risorse e territoriali e nell’elenco centrale possono es- attrezzature che restano dedicate all’organiz- sere attivate e chiamate a operare in caso di zazione nazionale di appartenenza, nell’ambi- eventi di rilievo nazionale. to della rispettiva colonna mobile nazionale, e quelle che, invece, sono riservate all’operati- 2. Gli elenchi territoriali: vità sul territorio, per esigenze di natura locale. Le modalità per richiedere l’iscrizione negli per intervenire e operare per attività ed elenchi territoriali sono disciplinate dalle legi- eventi di rilievo regionale/locale le orga- slazioni regionali che determinano i requisiti di nizzazioni devono essere iscritte nell’elen- idoneità tecnico-operativa. I requisiti devono co territoriale del volontariato della propria però soddisfare i quattro criteri generali indivi- Regione o Provincia autonoma. duati dalla direttiva. 3. L’elenco centrale: L’elenco territoriale è istituito separatamente dal registro previsto dalla legge 266/1991 (legge-quadro sul volontariato) e le organizza- questa sezione dell’elenco nazionale ac- zioni che ne hanno i requisiti possono iscriver- coglie le organizzazioni che per caratte- si a entrambi. Negli elenchi territoriali possono ristiche operative e diffusione, assumono iscriversi: particolare rilevanza mediante un diretto • organizzazioni di volontariato costituite ai raccordo con il Dipartimento della Prote- sensi della legge 266/1991 con carattere zione Civile che assume rilevanza in caso locale di eventi di rilievo nazionale. • organizzazioni di altra natura, ma con caratPossono richiedere l’iscrizione nell’elenco tere prevalentemente volontario centrale: • articolazioni locali delle organizzazioni ri- • le strutture nazionali di coordinamento di chiamate nei punti precedenti, con diffusio- organizzazioni costituite ai sensi della legge ne nazionale n.266/1991 diffuse in più Regioni • gruppi comunali e intercomunali • coordinamenti territoriali che raccolgono • le strutture nazionali di coordinamento delle più gruppi od organizzazioni delle tipologie organizzazioni di altra natura a componente precedentemente indicate. prevalentemente volontaria 13 PARTE PRIMA mento e le Regioni metteranno a punto mo- • organizzazioni prive di articolazione re- dalità di gestione informatizzata degli elenchi. gionale, ma in grado di svolgere funzioni specifiche ritenute dal Dipartimento della Protezione Civile di particolare rilevanza e 5. Benefici normativi per i volontari di prote- interesse a livello nazionale zione civile: • le strutture nazionali di coordinamento dei per l’applicazione dei benefici previsti da- gruppi comunali e intercomunali La direttiva precisa i requisiti strutturali e le gli articoli 9 (rimborsi ai datori di lavoro caratteristiche di capacità tecnico-operativa di dei volontari) e 10 (rimborsi delle spese rilievo nazionale che le organizzazioni devono vive sostenute in attività operative dal- possedere per richiedere l’iscrizione nell’elen- le organizzazioni di volontariato) del Dpr co centrale. Tra questi è indicata espressa- 194/2001 è necessario che l’intervento mente la rilevanza operativa nazionale, che va delle organizzazioni di volontariato sia for- argomentata con riferimento a specifici para- malmente “attivato”. metri, non necessariamente connessi alle attività finalizzate agli interventi di emergenza. L’attivazione delle organizzazioni deve con- L’iscrizione nell’elenco centrale di un’organiz- tenere alcuni elementi di base che vengono zazione diffusa in più Regioni può comportare elencati: evento di riferimento, decorrenza, ter- il riconoscimento anche delle sezioni locali e mine delle attività/cessata emergenza, modo di articolazioni territoriali operative per attività di accreditamento dei volontari e rilascio attestati rilievo nazionale. e l’eventuale autorizzazione all’applicazione Il Dipartimento della Protezione Civile e le Re- dei benefici normativi utilizzando la modulisti- gioni definiscono con le organizzazioni, per ca ufficiale disponibile sui siti web di Diparti- quanto di rispettiva competenza, accordi e mento e Regioni. protocolli operativi per assicurare la possibile contestuale operatività, in contesi di emergen- 6. Attività formative e addestrative: per l’appli- ze nazionali, di sezioni o articolazioni locali sia cazione dei benefici di legge, le attività formative nell’ambito della rispettiva colonna mobile re- e addestrative devono essere autorizzate dal Di- gionale o provinciale, sia nell’ambito della co- partimento, anche se organizzate su scala locale. lonna mobile nazionale dell’organizzazione di Le organizzazioni iscritte nell’elenco centrale appartenenza. presentano direttamente istanza al Dipartimento. Le sezioni territoriali/locali di organizzazioni iscrit- 4. Gestione informatizzata dell’elenco nazio- te nell’elenco centrale presentano la richiesta di nale: per consentire l’aggiornamento in tempo autorizzazione al Dipartimento attraverso le strut- reale dell’elenco nazionale delle organizzazio- ture nazionali (informando anche le strutture di ni e la sua pubblica consultazione il Diparti- protezione civile della Regione di appartenenza). 14 PARTE PRIMA Le organizzazioni iscritte negli elenchi territoria- 8. Casi particolari. Specifiche tipologie di li devono presentare domanda esclusivamente eventi di rilievo regionale o locale. per il tramite della Regione di appartenenza. I casi analizzati riguardano: • eventi diversi dalle emergenze, che per il 7. Attività e interventi in vista/in caso di emer- loro impatto possono mettere a rischio l’in- genze/altri eventi: per eventi di tipo “c”, ossia columità della popolazione, seppure in am- di carattere nazionale, o per attività e interven- bito territoriale limitato. In casi di questo ti di rilievo internazionale l’attivazione delle or- tipo l’applicazione di benefici normativi è ganizzazioni e l’autorizzazione all’applicazione subordinata all’attivazione del piano comu- dei benefici è disposta dal Dipartimento della nale e all’istituzione temporanea del Coc Protezione Civile (con oneri a suo carico). Per • ricerca di persone disperse al di fuori del eventi di tipo “a” e “b”, l’attivazione delle orga- contesto previsto dalla legge 225/1992 e nizzazioni e l’autorizzazione all’applicazione dei in ambiente diverso da quello montano o benefici è a cura delle strutture di protezione impervio. civile delle Regioni (con oneri a loro carico). Per le ricerche in ambiente urbano la richiesta Secondo il Dpr 194/2001 l’autorizzazione di concorso dei sistemi locali di protezione ci- all’applicazione dei benefici normativi è com- vile può riguardare il volontariato: petenza dello Stato o della Regione, non dei • se la richiesta è avanzata dall’autorità com- Comuni o di altre istituzioni territoriali. In base petente che ha anche il coordinamento del- alla legge 225/1992, però, i Comuni hanno le attività titolo ad attivare le organizzazioni (ma non a • se la richiesta è rivolta alla struttura di pro- disporre dei benefici normativi). Per chiarire tezione civile territorialmente competente questo punto la direttiva precisa che la richie- • se la struttura locale o regionale si assume sta dei benefici normativi deve essere rivolta in l’onere di individuare e attivare le organiz- via preventiva alla Regione competente, così zazioni utili per l’intervento richiesto, in rac- da consentire la quantificazione degli oneri. cordo con l’autorità richiedente. 15 PARTE PRIMA PER SAPERNE DI PIÙ Servizio Nazionale • L 225/1992 - Istituisce il Servizio Nazionale della Protezione Civile e individua il volontariato come struttura operativa del Servizio, indicandone gli ambiti di attività. http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/view_prov.wp?contentId=LEG1602 • DPR 194/2001 - Disciplina la partecipazione delle organizzazioni di volontariato alle attività di protezione civile, dall’iscrizione ai registri ai benefici previsti per i volontari iscritti. http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/view_prov.wp?contentId=LEG20554 • D 13/04/2011 - Contiene disposizioni in attuazione del Dlgs 81/2011 a tutela della salute e della sicurezza dei volontari di protezione civile. http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/view_prov.wp?contentId=LEG26529 • Direttiva del 9 novembre 2012 – Punta ad assicurare unitaria partecipazione delle organizzazioni di volontariato all’attività di protezione civile e porta a compimento il percorso di approfondimento e aggiornamento delle disposizioni del Dpr n.194/2001 http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/view_prov.wp?contentId=LEG37466 Volontariato • L 266/1991 - Definisce il volontariato come attività personale, spontanea e gratuita e ne disciplina le forme associative http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/view_prov.wp?facetNode_1=f1_5&prevPage=provve dimenti&catcode=&contentId=LEG21151 • Il ruolo del volontariato nel Servizio nazionale http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/il_ruolo_del_volontariato.wp • Il percorso della sicurezza per i volontari di protezione civile http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/view_dossier.wp?contentId=DOS30059 • La Consulta nazionale del volontariato http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/view_dossier.wp?contentId=DOS22573 • Stati generali del volontariato http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/stati_generali.wp 16 PARTE PRIMA PIANI DI EMERGENZA DI PROTEZIONE CIVILE La pianificazione di emergenza consiste • quali sono le responsabilità ai diversi li- nell’insieme delle procedure operative di inter- velli di coordinamento per la gestione vento per fronteggiare una qualsiasi calamità dell’emergenza? attesa in un determinato territorio. • come avviene lo scambio di informazioni Pianificare significa prepararsi durante il pe- tra i vari soggetti coinvolti nella gestione riodo ordinario a fronteggiare l’emergenza sin dell’emergenza? dalle prime fasi, in modo da ottimizzare la • come viene garantita l’informazione alla gestione delle risorse disponibili e garantire popolazione? una prima risposta operativa, soprattutto per il Il Piano di emergenza è dunque uno stru- soccorso e l’assistenza alla popolazione. mento di lavoro basato su una situazione I Piani richiedono un continuo aggiornamento verosimile, ipotizzata sulla base delle cono- e devono tener conto dell’evoluzione dell’as- scenze dello stato di rischio del territorio. setto territoriale e dell’eventuale incremento Il Piano è quindi utile a dimensionare pre- della conoscenza scientifica dei relativi rischi. ventivamente la risposta operativa neces- Il Piano di emergenza deve rispondere alle saria al superamento della calamità, con domande: particolare attenzione alla salvaguardia del- • quali eventi calamitosi possono interessare la vita umana. il territorio? Ogni Comune deve dotarsi di un proprio pia- • qual è il danno presunto causato dall’even- no di emergenza che consenta al Sindaco, to calamitoso? quale autorità di protezione civile, di garan- • quale organizzazione operativa è necessa- tire una prima risposta operativa e favorire, ria per ridurre al minimo gli effetti dell’e- al contempo qualora necessario, l’intervento vento con particolare attenzione alla salva- delle altre risorse provenienti dall’intero Si- guardia della vita umana? stema di protezione civile. 17 PARTE PRIMA PER SAPERNE DI PIÙ • Piano di emergenza http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/piano_emergenza.wp • Mappa dei piani di emergenza comunali http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/piani_di_emergenza_comuna.wp • Esercitazioni di protezione civile http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/esercitazioni.wp 18 PARTE PRIMA PARTE SECONDA COMUNICARE IN PIAZZA a cura di Valeria Bernabei, Francesca Dottarelli, Mariacristina Giovannini, Elena Lombardo, Marianna Schiavon, Veronica Tretter COME NASCE scono e a loro volta sono conosciuti dalle istituzioni locali e dai cittadini. Chi meglio di loro Io non rischio è una campagna di comuni- per fare informazione sui rischi che su quel cazione nazionale sulle buone pratiche di territorio insistono? protezione civile. Ma ancora prima di que- Da questi presupposti è nata l’idea originaria sto, Io non rischio è un proposito, un’esor- di Io non rischio. tazione che va presa alla lettera. L’Italia è un paese esposto a molti rischi Formare i volontari di protezione civi- naturali, e questo è un fatto. Ma è altret- le sulla conoscenza e la comunicazione tanto vero che l’esposizione individuale del rischio per poi farli andare in piazza, a questi rischi può essere sensibilmente nella loro città, a incontrare i cittadini e ridotta attraverso la conoscenza del pro- informarli. blema, la consapevolezza delle possibili conseguenze e l’adozione di alcuni sem- Un’idea concepita e proposta dall’Associazio- plici accorgimenti. E attraverso conoscen- ne nazionale pubbliche assistenze e subito za, consapevolezza e buone pratiche poter sposata dal Dipartimento della Protezione Ci- dire, appunto: “Io non rischio”. vile, dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia e dalla Rete dei laboratori universitari Il sistema più efficace per difendersi da un di ingegneria sismica, e poi progressivamente rischio è conoscerlo. Questo tipo di cono- allargata ad altre associazioni di protezione ci- scenza, per essere realmente utile, di solito vile. Perché se è vero che le idee camminano comporta un livello di approfondimento che con le gambe delle persone, per un’idea come difficilmente può essere comunicato con un questa di gambe ce ne vogliono davvero tante. semplice spot radiofonico o televisivo. L’ideale, per un cittadino, sarebbe poter par- COME SI SVOLGE lare con qualcuno capace di raccontargli tutto Ogni processo di comunicazione, informazio- quello che occorre sapere sul terremoto, sul ne o educazione è necessariamente un pro- maremoto o su qualsiasi altro rischio, magari cesso a cascata. incontrandolo direttamente nella sua città, in Tutti noi, a scuola come sul lavoro, siamo sta- piazza, un sabato o una domenica mattina. Ed ti formati da persone che, a loro volta, sono è qui che si è accesa la lampadina: i volontari state formate da altre persone. Quindi ci è di protezione civile! sembrato del tutto naturale utilizzare questo Le associazioni di volontariato di protezione processo anche nella formazione dei volon- civile sono presenti in tutta Italia. I volontari vi- tari e, di conseguenza, nella comunicazione vono e operano sul proprio territorio, lo cono- finale con i cittadini. 20 PARTE SECONDA Ogni associazione locale individua i quin- L’EDIZIONE 2014 dici volontari che incontreranno i cittadini L’edizione 2014 di Io non rischio riguarda in piazza nei giorni della campagna. Tra tre rischi: terremoto, maremoto e alluvione. questi, l’associazione ne sceglie tre che Io non rischio Terremoto, giunta al quarto parteciperanno alle giornate di formazio- anno, si svolge il 14 e 15 giugno 2014 nelle ne organizzate dai promotori dell’iniziativa piazze di circa 230 comuni italiani a rischio sui temi del rischio e della comunicazio- sismico in tutta Italia. ne. A quel punto i tre volontari, formati di- La campagna è promossa e realizzata da: rettamente da tecnici, scienziati e profes- Dipartimento della Protezione Civile, Anpas sionisti della comunicazione del rischio, - Associazione Nazionale delle Pubbliche As- hanno il compito di trasmettere le cono- sistenze, Ingv - Istituto Nazionale di Geofisica scenze acquisite agli altri dodici colleghi, e Vulcanologia e ReLUIS - Consorzio della diventando a tutti gli effetti dei volontari Rete dei Laboratori Universitari di Ingegne- formatori. ria Sismica. Oltre all’Anpas, sono coinvolte nell’iniziativa sezioni locali di organizzazioni Alla fine del processo, per essere sicuri che tra di volontariato di protezione civile e associa- tutti ci sia omogeneità nel livello di conoscenze, zioni regionali. vengono organizzate delle giornate di refresh: Nello stesso weekend si svolge la campa- una specie di ripasso in cui ogni partecipante gna Io non rischio Maremoto, in più di ven- è chiamato a esercitarsi anche attraverso delle ti comuni italiani a rischio tsunami. simulazioni pratiche. Dopodiché, tutti i volontari L’iniziativa, giunta al secondo anno, è pro- sono formati e pronti a incontrare i cittadini. mossa dagli stessi partner della campagna Diciamo incontrare, e non informare, per por- sul rischio simico, in collaborazione con re l’accento sulla filosofia su cui si fonda la Ispra - Istituto superiore per la Protezio- campagna. ne e la Ricerca Ambientale e Ogs - Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica I volontari non fanno volantinaggio. Non Sperimentale. si limitano a lasciare il materiale informa- Nel mese di ottobre, invece, si svolge in via tivo alle persone, ma si fermano a parlare sperimentale la campagna Io non rischio con loro, illustrano il problema, in qualche Alluvione. modo lo raccontano e rimangono a disposi- COSA COMUNICARE IN PIAZZA zione per eventuali domande e chiarimenti. Nei weekend dedicati alle campagne vengono Anche dopo le giornate della campagna, visto allestiti degli stand informativi nelle piazze dei che, come abbiamo detto, i volontari operano comuni interessati. I volontari distribuiscono i e vivono sul territorio in cui comunicano. materiali informativi e rispondono alle doman- 21 PARTE SECONDA de dei cittadini sulle possibili azioni da fare per • Pieghevole: cosa sapere e cosa fare ridurre il rischio. Solo per la campagna Io non prima, prevenzione. Spiega in termini rischio – Terremoto, al centro dell’allestimen- semplici cosa deve sapere il cittadino to della piazza c’è un totem: un’installazione per imparare a prevenire e ridurre i dan- composta da scatoloni sovrapposti, colorati e ni dei terremoti e cosa può fare nella illustrati, che contiene giochi e interazioni sul propria casa, con il consiglio di un tec- rischio sismico, per facilitare la comunicazio- nico, oppure da solo, fin da subito. ne tra volontari e cittadini. I contenuti di questo manuale servono per ca- • Scheda: cosa fare durante e dopo, norme pire meglio e approfondire i concetti chiave di comportamento. Contiene informazio- contenuti nei materiali informativi della cam- ni utili a tutta la famiglia sui comporta- pagna. Tutte le informazioni da comunicare in menti da adottare durante il terremoto e piazza, infatti, sono presenti nel pieghevole e subito dopo. La scheda può essere con- nella scheda. servata e anche appesa. 22 PARTE SECONDA IL LINGUAGGIO DI SCHEDA E PIEGHEVOLE. OBIETTIVO: FARSI CAPIRE! I testi dei materiali informativi della campagna evitato il burocratese “norme” (vigenti) di informazione Io non rischio sono stati scritti •Abbiamo usato parole comuni ed evitato le rispettando alcune regole della semplificazione espressioni di tono inutilmente elevato del linguaggio. Scrivere con chiarezza, semplicità “evento sismico”: “terremoto” e precisione, con parole concrete e di uso comune •Abbiamo usato parole concrete e dirette per aiutare favorisce la comprensione del messaggio da parte il lettore a visualizzare il concetto di chi leggerà. Di seguito, trovi le regole principali “la pianificazione comunale”: “il piano comunale” che abbiamo seguito nella redazione della scheda •Abbiamo usato preposizioni semplici, invece di e del pieghevole. Pensiamo infatti possano esserti quelle complesse d’aiuto in futuro se ti troverai a scrivere materiali “al fine di, a scopo di, con l’obiettivo di”: “per” informativi rivolti a cittadini! L’organizzazione delle informazioni La costruzione delle frasi I testi dei materiali della campagna sono lunghi e •Abbiamo utilizzato frasi semplici, lineari e brevi per questo li abbiamo suddivisi in piccoli paragrafi, “È il crollo delle case che uccide, non il terremoto” preceduti da un titoletto che ne riassume il •Abbiamo preferito i verbi ai nomi, cioè evitato le contenuto. Con questa operazione volevamo essere nominalizzazioni più precisi, chiari e sintetici possibili. Un titolo “applicare modifiche”: “modificare” come «Informazioni importanti» non serve a nulla, •Abbiamo esplicitato il soggetto ed evitato le forme perché non dà nessuna informazione sul contenuto impersonali e obbliga il cittadino a iniziare la lettura del testo. “in caso di dubbi”: “se hai qualche dubbio” Sono invece più efficaci titoli come: «Cosa fa lo •Abbiamo preferito le frasi di forma affermativa Stato per aiutarti?», «Gli effetti di un terremoto “non ignorare”: “conosci, informati” sono gli stessi ovunque?». Questi titoli individuano immediatamente l’argomento del testo e possono La scelta delle parole essere letti dando un’occhiata veloce al pieghevole. •Abbiamo preferito le parole italiane a quelle La grafica straniere, se ugualmente sostituibili “tsunami”: “maremoto” Nello scrivere i materiali informativi, abbiamo •Abbiamo limitato i termini tecnico-specialistici, fatto attenzione anche ad alcuni aspetti grafici per definendoli la prima volta che li usavamo facilitare la lettura ad esempio: lo spazio tra una riga “classificazione sismica”: “il territorio italiano è e un’altra, la scelta del carattere (leggibile e grande), classificato in zone a diversa pericolosità” i margini e la lunghezza delle righe. Abbiamo usato il •Abbiamo usato espressioni della lingua comune ed grassetto solo per evidenziare i concetti importanti. 23 PARTE SECONDA COME STARE IN PIAZZA • la prevenzione non riguarda solo le istitu- Come volontari siete già abituati a parlare zioni, ma ciascuno di noi. con i vostri concittadini. Sicuramente il fatto Da qui, illustrate ai cittadini il loro ruolo: di organizzare la piazza nel vostro territorio vi mostrate ai cittadini il pieghevole e la sche- aiuterà a rompere il ghiaccio: la divisa che in- da cercando di sintetizzarne il contenuto. dossate è il vostro biglietto da visita e vi rende Non tentate di fornire spiegazioni scientifi- riconoscibili come interlocutori affidabili. Na- che o tecniche ma attenetevi a quanto spie- turalmente ci sono alcune regole che possono gato nei materiali informativi. Per ulteriori aiutarvi a rendere più efficaci le vostre giorna- informazioni rimandate ai siti istituzionali o te in piazza. alle istituzioni competenti. Sottolineate che: • è importante informarsi al proprio Comune COSA DIRE per sapere se esiste un piano d’emergenza Seguite le cinque “W” della comunale e cosa prevede buona comunicazione. • bisogna sempre rivolgersi a veri esperti e Who – Chi siamo: ogni approccio dovrebbe non a tecnici improvvisati iniziare con una presentazione di se stessi, • la vostra associazione di appartenenza ope- della propria associazione, della Protezione ra sul territorio e rimane a disposizione per Civile, dei promotori dell’iniziativa. Ricorda- chiarimenti, approfondimenti ecc. te che il volontariato è una componente del Se si presentano in piazza rappresentanti di Servizio Nazionale della Protezione Civile. altre associazioni interessate, mostrate un at- What/Where/When – Di cosa si tratta, dove teggiamento inclusivo, create contatti. Ricor- si svolge e quando: presentate brevemente date che la campagna Io non rischio mira a l’iniziativa Io non rischio e ricordate che non coinvolgere un numero sempre maggiore di si svolge solo nella vostra, ma in altre piazze associazioni, anche territoriali. in tutto il territorio nazionale. Se si presentano le istituzioni (che vanno as- Why – Perché: presentate le finalità di Io solutamente invitate) come Sindaco, Prefetto, non rischio: ecc. accoglietele con attenzione e premura, • è un’iniziativa di comunicazione che, sen- sempre con un atteggiamento di inclusione e za allarmismo, mira ad accrescere la cono- coinvolgimento. scenza e la consapevolezza rispetto ai di- Apertura e chiusura del discorso: in media, la versi rischi conversazione in piazza con i cittadini durerà • conoscenza e consapevolezza aumentano cinque/dieci minuti. Tenete a mente che l’a- la capacità individuale di autodifesa, contri- pertura e la chiusura del discorso sono molto buendo alla prevenzione generale importanti: 24 PARTE SECONDA Oltre che con le parole, la comunicazione av- • l’apertura (cioè le frasi iniziali per “agganciare” i cittadini nelle piazze, il totem nel viene anche attraverso: caso della campagna sul terremoto), per- • il modo di vestire ché è il momento in cui si stabilisce un pat- • la postura to di fiducia tra le persone coinvolte e si di- • l’espressione del volto chiara la propria disponibilità a parlare e ad • il contatto oculare ascoltare; • movimenti delle mani, delle braccia e delle gambe • la chiusura, perché ci si deve accertare che l’altra persona sia soddisfatta. Accertatevi • la tensione del corpo che il cittadino non abbia dubbi, indicate • la distanza spaziale dove approfondire gli argomenti di mag- • il contatto diretto giore interesse e ribadite il messaggio della • la voce (tono, ritmo, inflessione) campagna. La gestualità: è un mezzo di comunicazio- Meccanismi di ripetizione: ripetere più volte i ne visiva capace di trasmettere ciò che il concetti chiave può risultare utile per chiarire linguaggio verbale non sa comunicare. Ne i temi che stiamo trattando o le finalità della consegue che la forma di comunicazione più campagna. Nell’interazione faccia a faccia è efficace è quella in cui alle parole si accom- meglio non dare per scontato nulla, per evita- pagnano i gesti. re fraintendimenti. Per interpretare il messaggio non verbale dobbiamo sempre considerare tutti i gesti nel loro COME DIRLO insieme: i gesti presi singolarmente non signi- Le parole che pronunciamo sono importanti, ficano niente, ma se si presentano tutti insie- ma il comportamento non verbale condiziona me nel corso di una interazione, allora ci sono in modo molto forte l’impressione che ricevia- buone probabilità che la nostra interpretazio- mo dagli altri e quella che gli altri ricevono da ne sia corretta. noi. Gran parte di ciò che comunichiamo agli Nel comunicare con gli altri, dobbiamo altri si esprime, infatti, attraverso il linguaggio capire se le persone a cui ci rivolgiamo non verbale, cioè mediante i segnali visivi e manifestano: vocali emessi dal corpo. Dobbiamo quindi ve- • segnali di serenità/disagio e ansia rificare che il messaggio verbale, cioè quello • segnali di apertura/chiusura. comunicato dalle parole effettivamente pro- Il linguaggio non verbale che indica apertura nunciate, sia coerente con il messaggio del e uno stato interiore positivo è composto da corpo. Se vogliamo comunicare un messag- una serie di gesti: il corpo si espone al mon- gio in modo credibile, è importante che ci sia do senza barriere e, così facendo, è vulnera- coerenza fra ciò che diciamo a parole e ciò bile agli altri, ma ciò non provoca alcun disa- che esprimiamo attraverso il corpo. gio alla persona. 25 PARTE SECONDA La postura: la postura che esprime vicinanza Assumete una postura sciolta, e calore si traduce in genere in un’impressio- guardate negli occhi la perso- ne migliore (e dunque simpatia) dell’altro su na con cui parlate, cercate di di noi. È composta da questi tratti: non incrociare le braccia e parlate senza • inclinazione in avanti del busto, che dimo- mettere le mani in tasca. Per una comunicazione efficace, mettetevi stra interesse per l’altro di fronte all’interlocutore per poterlo guar- • tendenza ad avvicinarsi col corpo e orien- dare direttamente e non al suo fianco o in tarlo direttamente verso l’altro • rilassatezza delle braccia e mani posizione laterale. • sguardo che mantiene il contatto con gli Non dimenticate che in piazza anche un occhi dell’altro/a senza però fissarlo/a in sorriso può aiutare a stabilire un contatto modo eccessivo, cosa che può esprimere con il vostro interlocutore: accogliete i citta- aggressività. dini con un sorriso! Il linguaggio non verbale che indica chiusu- Non assumete un atteggiamento di chiusu- ra si fonda, invece, su un complesso di gesti, ra con il corpo, ma, al contrario, adottate movimenti e posture con cui il corpo si richiu- uno stile aperto, perché così è più probabi- de in se stesso. Chi si sente minacciato, ten- le che l’interazione abbia esito favorevole e de a far apparire il corpo più piccolo di quan- l’interlocutore eviti di chiudersi in sé stessa. to lo sia realmente e a proteggersi erigendo Durante la conversazione, variate e modu- barriere difensive. late il ritmo, il timbro, il tono e l’inflessione La postura che trasmette lontananza (e dunque della voce. distacco) è composta in genere da questi tratti: • posizione rigida delle braccia e gambe Nel paragrafo dedicato allo storytelling (pagina • inclinazione del busto laterale e tesa all’in- 35), trovate la lezione dedicata ai consigli utili su come raccontare la campagna in piazza. dietro (in piedi) • sguardo che mantiene poco il contatto con gli occhi dell’altro/a. In questo caso può essere utile cambiare strategia e/o cercare di scoprire il motivo della sua insoddisfazione. Se la persona che avete davanti persiste nell’atteggiamento di chiusura, porgetele qualcosa da guardare (il pieghevole, la scheda), per costringerla ad aprirsi e a sciogliere le braccia conserte. 26 PARTE SECONDA PER SAPERNE DI PIÙ • Il sito dedicato alla campagna www.iononrischio.it • La campagna “Io non rischio” http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/io_non_rischio.wp • Dis.amb.ig.uando, blog di Giovanna Cosenza, professore associato di semiotica presso il Dipartimento di Discipline della Comunicazione dell’Università di Bologna http://www.giovannacosenza.it/ • Pensieri sulla rete e sulla comunicazione, blog http://gandalf.it/ • Teorie e pratiche della creatività, blog coordinato da Annamaria Testa, pubblicitaria e docente di teoria della comunicazione all’Università Bocconi di Milano http://www.nuovoeutile.it • James Borg, Il linguaggio del corpo, Ed. Tecniche nuove, 2009 • David Cohen, Capire il linguaggio del corpo, Editori Riuniti, 2002 • Scrivere chiaro: una guida per il personale della Commissione europea http://ec.europa.eu/translation/writing/clear_writing/how_to_write_clearly_it.pdf • Linguaggio amministrativo chiaro e semplice, Università di Padova 30 regole per scrivere testi amministrativi chiari http://www.maldura.unipd.it/buro/ • Direttiva dell’8 maggio 2002 sulla semplificazione del linguaggio delle pubbliche amministrazioni http://www.funzionepubblica.gov.it/TestoPDF.aspx?d=16872 27 PARTE SECONDA COMUNICARE SULLA STAMPA E ONLINE a cura di Ilaria Salvi e Andrea Cardoni RADIO, TV E GIORNALI LOCALI SONO ALLEATI PREZIOSI formiamo e sensibilizziamo sul tema del rischio Attraverso radio, tv e giornali abbiamo l’oppor- tribuendo a far arrivare in piazza più gente e 3) tunità di far circolare un messaggio su una costruiamo rapporti che potranno essere utili platea di destinatari molto più ampia rispetto a anche dopo la campagna, per promuovere le quella del “passaparola” (che pure resta uno attività quotidiane delle singole associazioni. sismico, 2) diamo visibilità alla campagna con- strumento potente). Per riuscirci, però, dobbiamo tenere presente che così come noi abbia- IL COMUNICATO STAMPA mo l’esigenza di far passare i messaggi della Qualche settimana prima del weekend della campagna, i giornalisti hanno a loro volta delle campagna Io non rischio, riceverete un model- esigenze (di tempo, di spazio, di tipologia di no- lo di comunicato stampa, preparato dai refe- tizia ecc.) e che solo rispettando il loro modo di renti della comunicazione della campagna del lavorare possiamo ottenere un risultato positivo. Dipartimento della Protezione Civile e di An- A questo proposito è bene ricordare che, in pas per garantire un’informazione coordinata Italia, la stampa locale ha una tradizione for- fra tutti i soggetti della campagna. La traccia te e molto radicata nel territorio: se andiamo comune serve a rendere evidente la valen- a guardare l’elenco dei 62 maggiori quotidiani za nazionale dell’iniziativa, e ne trovate qui di (esclusi quelli sportivi) sono solo 14 quelli a dif- seguito un modello basato sulla campagna fusione nazionale. Per le radio, poi, parliamo di dell’anno scorso (si tratta quindi, lo ribadiamo, appena una ventina di testate su oltre 300, e solo di un esempio: il comunicato corretto vi troveremmo percentuali ancora più alte se an- arriverà qualche settimana prima dell’avvio dassimo a guardare le testate online. della campagna). Se quindi per una testata nazionale può esse- Si tratta di uno strumento di lavoro molto sem- re difficile dare spazio a una campagna che plice, con una parte (in nero) uguale per tut- tocca circa 230 piazze (perché moltissimi dei ti e una (in arancio nel testo) che va invece suoi lettori/ascoltatori/spettatori, anche se po- modificata secondo le informazioni relative ai tenzialmente interessati, non hanno un gaze- gazebo gestiti nelle diverse località da ciascu- bo nella propria città in cui recarsi), per una na associazione e, naturalmente, ai riferimenti testata locale la presenza della campagna sul di chi si occuperà dei contatti con la stampa. proprio territorio è senza dubbio una notizia. Questo per consentire a ciascuno di definire Dobbiamo quindi considerare i mezzi di infor- in autonomia la propria strategia di comuni- mazione locali alleati preziosi per far sì che i cazione (per alcune organizzazioni le notizie cittadini sappiano che nel loro Comune c’è una potranno essere diffuse dagli uffici stampa na- piazza Io non rischio e ci vadano. I giornalisti zionali o regionali, per altri dai singoli gruppi locali, inoltre, sono prima di tutto cittadini della sul territorio o magari dall’ufficio stampa del zona. Otteniamo quindi un triplo risultato: 1) in- Comune che vi ospita, ecc.). 28 PARTE SECONDA 29 PARTE SECONDA COME UTILIZZARE IL COMUNICATO STAMPA ferma della ricezione. La maggior parte dei Di seguito alcuni consigli, basilari, su come giornalisti preferisce ricevere tutto il materia- utilizzare il comunicato stampa. Per molti di le (comunicato stampa + il pieghevole della voi si tratterà probabilmente di cose già note, campagna + magari un paio di foto) via email, ma che ci sembra utile condividere con tutti: ma ci sono redazioni che ancora prediligono se siete già esperti addetti stampa saltate pure il fax (in questo caso, ovviamente, è del tutto questo paragrafo! inutile mandare il pieghevole o le foto, che si 1) Scegliete una persona che si occuperà dei possono eventualmente consegnare a mano, rapporti con la stampa (è preferibile, anche se la redazione è nella vostra zona). se non necessario, che abbia già una qualche Naturalmente queste tempistiche valgono in esperienza al riguardo). Il responsabile di ogni generale, ma possono cambiare a seconda piazza fornirà il nome e i contatti (email e cel- della disponibilità delle diverse redazioni: se lulare) della persona scelta ai referenti della possono dare spazio alla campagna già nella comunicazione della campagna presso il Di- settimana precedente tanto meglio, ma l’im- partimento della Protezione Civile e Anpas. portante è che lo facciano nei giorni a ridosso. 2) Mappate le testate e le redazioni locali e quelle di settore: può essere utile creare per Il nostro obiettivo, infatti, è far sì che le ciascun comune un elenco di tv, radio, quo- persone sappiano della campagna e ven- tidiani e siti web, completo di nomi, telefoni gano al gazebo: quello che ci interessa, (quando è possibile) ed email di giornalisti e quindi, è che la notizia passi soprattutto redazioni. A questo scopo, occorre procurar- da venerdì fino a domenica a ora di pranzo si sempre almeno un numero della testata e (se poi esce una notizia domenica sera o leggere/ascoltare qualche servizio sul web, lunedì ovviamente ci fa piacere, ma non per individuare quali giornalisti si occupano porta persone in più al gazebo). di protezione civile, di volontariato o di rischio Tenete conto dei tempi: il comunicato PROMUOVERE UNA CAMPAGNA NAZIONALE A PARTIRE DAL PROPRIO TERRITORIO: CONSIGLI PRATICI ED ERRORI DA EVITARE stampa andrebbe inviato circa un mese La forza della campagna Io non rischio sta prima alle testate mensili, 15 giorni prima nella capacità di lavorare assieme (tra volon- ai settimanali, un paio di giorni prima a tv, tari e volontarie provenienti da diverse orga- radio, quotidiani e siti web nizzazioni, tra ricercatori provenienti da diversi sismico. centri di competenza tecnica e scientifica e, È sempre bene fare una telefonata prima, per soprattutto, tra volontariato, comunità tecni- avvisare e verificare di avere i contatti giusti, e co-scientifica e Dipartimento della Protezione magari una successivamente, per avere con- Civile), con l’obiettivo di costruire un linguag- 30 PARTE SECONDA gio comune per la diffusione della cultura di • mappare blogger, profili Facebook, Twitter, protezione civile. Per ottenere il risultato finale, Flickr ecc. di singole persone o altre orga- cioè una cittadinanza più sensibile e più infor- nizzazioni, comitati o movimenti che po- mata sui rischi con cui convive, pur rispettando trebbero veicolare i contenuti e gli eventi le specificità dei singoli territori, è necessario legati alla campagna Io non rischio • stringere rapporti amichevoli con gli uffi- che la catena di informazioni sia ben coordina- ci stampa di altre associazioni e istituzioni ta e coerente con i messaggi della campagna. locali che sono in contatto con la nostra Quando sono previsti più gazebo, soprat- associazione (anche in questo caso crea- tutto se gestiti da organizzazioni diverse, re un elenco è la soluzione più pratica per è fondamentale raccordarsi nella comuni- non dimenticarsi di nessuno) cazione, per consentire alla stampa loca- • aggiornare periodicamente ogni elenco e le di dare notizia delle piazze della cam- ogni contatto: i siti e i giornali chiudono ma pagna Io non rischio in modo corretto (un soprattutto ne nascono di nuovi ogni giorno conto è ricevere tre comunicati diversi, • realizzare un file standard per l’impagi- ciascuno per un singolo gazebo, un altro nazione della rassegna stampa: basta un un comunicato stampa condiviso che in- file Word o PowerPoint in cui inserire una dica la presenza di più gazebo nello stes- casella di testo con: data, titolo testata e so posto). numero di pagina (o link, se si tratta di una testata online). Così ogni volta che Di seguito vengono illustrati alcuni consigli viene pubblicato qualcosa di nuovo ba- pratici (e qualche cosa da evitare) per lavo- sterà un semplice copia incolla per tene- rare assieme in modo strutturato e creare un re tutto in ordine. piccolo ufficio stampa comune a tutte le associazioni, che dovrà lavorare in rete al fine di 5 cose da non fare, per evitare rendere più efficace la campagna: di creare confusione in chi rice- • creare un archivio di immagini adatte a es- ve le nostre informazioni: sere inviate insieme ad articoli e comunicati, • non modificare il logo della campagna con fotografie dei volontari che distribuisco- • non modificare l’immagine e i colori della campagna no materiale e immagini della campagna • non modificare i loghi di nessuno degli • fissare un calendario (con le scadenze per enti che partecipano alla campagna gli invii) delle attività che la persona incaricata di avere i rapporti con la stampa deve • non modificare i contenuti della campagna fare in parallelo con la comunicazione che, • non utilizzare per i gazebo materiali il Dipartimento della Protezione Civile e An- vecchi o relativi a iniziative diverse da Io pas metteranno in atto a livello nazionale non rischio 31 PARTE SECONDA E poi… Per ogni dubbio, idea, proposte ri- chiedere sempre maggiori informazioni ai re- guardanti la comunicazione della campagna, ferenti, a livello nazionale, della campagna. L’IMPORTANZA DELLE FONTI DI INFORMAZIONE Dare informazioni corrette, ossia dire cose vere: Quattro consigli: è questo l’obiettivo principale della campagna • siate pertinenti in base all’obiettivo del discorso Io non rischio. La qualità delle informazioni che • chiarezza: evitate espressioni oscure, ambigue o questa campagna esprime passa direttamente dai troppo complicate ricercatori scientifici, che mettono a disposizione le • veridicità: fornite solo informazioni validate informazioni più corrette attualmente disponibili. • quantità: fornite tanta informazione quanto L’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, la richiesta in relazione all’obiettivo del discorso, né rete degli ingegneri sismici ReLUIS e il Dipartimento più né meno. della Protezione civile sono fonti autorevoli che Anche in momenti diversi, che non riguardano forniscono informazioni elaborate e verificate direttamente la campagna Io non rischio, per con metodo scientifico, riconosciute a livello avere informazioni corrette sui rischi naturali, internazionale. La veridicità delle informazioni che su cui spesso circolano notizie superficiali o verranno condivise in piazza, su internet, sui social sensazionalistiche, vi consigliamo di fare sempre network riguardanti la campagna proviene, quindi, riferimento direttamente agli enti ufficiali e direttamente dagli enti che hanno elaborato la scientifici, seguendo e consultando i relativi siti campagna. web, canali Twitter ecc. SOCIAL NETWORK • Facebook Se i media locali ci consentono di far circola- re la notizia tra i nostri concittadini, un altro • Twitter canale importante per attivare il passaparola è rappresentato dai social network: è probabi- (https://www.facebook.com/iononrischio) (rispettivamente con il profilo @iononrischio e l’hashtag, ossia l’etichetta #iononrischio) le che nella vostra associazione o nel gruppo • Instagram abbiate già esperienza nell’uso di questi stru- menti, quindi ci limitiamo a poche e semplici Tre social network per condividere, parteci- indicazioni per ottimizzare i risultati. Sono tre pare e raccontare i contenuti, le fasi di pre- i social network scelti per la diffusione della parazione alla campagna, l’allestimento delle campagna di comunicazione Io non rischio: piazze, le giornate della campagna. Ma anche (#iononrischio). 32 PARTE SECONDA per dare un seguito alla campagna su internet In generale, non collegare Fa- con la diffusione delle buone pratiche e i com- cebook, Instagram e Twitter portamenti da adottare riportati nei materiali per gli aggiornamenti di stato: Io non rischio. ogni strumento ha il suo linguaggio ed è Una prospettiva, anche al di là della campa- bene aggiornarli in parallelo. gna iononrischio è quella rappresentata dallo Per consentire di aggregare tutti i vostri storytelling partecipativo, ovvero la pubblica- contributi, è fondamentale la parola chia- zione di contenuti sotto forma di storia: rac- ve con cui etichettare ogni post, ogni foto e contate le storie delle persone, dei volontari, le ogni video: #iononrischio. vostre storie in modo spontaneo, senza bisoFacebook gno di mantenere un linguaggio istituzionale. Quando lo storytelling è efficace produce due risultati immediati: coinvolge, creando engagement (impegno, coinvolgimento), e produce cambiamento. CURA, QUALITÀ, PIANIFICAZIONE Fondamentale importanza, nella condivisione di informazioni, è la cura di ciò che viene raccontato: fondamentale è quindi personalizzare e contestualizzare la comunicazione per il pubblico di riferimento che aiuti a capire il valore e l’utilità di quella informazione. Cosa fare: La gestione dei social network da parte di • cosa postare: frasi brevi, belle foto e im- un’organizzazione non profit non dovrebbe es- magini o disegni, ma anche brevi video sere casuale, ma regolarmente programmata (promo della campagna). Differenzia il e calendarizzata. contenuto (foto, testo, video) Con la pagina di Facebook, per esempio, pos- • descrivi sempre foto, video o link che siamo attivare la pubblicazione programmata posti: scrivi dove, quando, le emozioni dei post e la pubblicazione delle fotografie in che ti hanno spinto a condividere proprio orari precisi della giornata. È la qualità e la quel contenuto pianificazione delle informazioni e del raccon- • interagisci con altre pagine e coinvolgi to che fate che ne determina il successo e la tutta l’associazione. Non cancellare «er- condivisione. rori» segnalati, ma correggi e ringrazia 33 PARTE SECONDA • non usare impropriamente gli «eventi» mentre è consigliabile evitare le cosiddette • non inserire la campagna in gruppi di di- “foto di famiglia”: gli scatti di gruppo pos- scussione che non sono interessati alla sono certamente essere un bel ricordo, ma campagna non raccontano nulla ai cittadini. Quando si scatta una foto si deve pensare che fa par- • non taggare amici in foto o immagini in te di una storia. L’ideale è realizzare un pic- cui non compaiono. colo reportage: dall’allestimento dello stand Twitter all’incontro con i cittadini, la consegna dei materiali, l’illustrazione del Totem e così via. Insomma, un percorso con immagini che racconti e valorizzi il lavoro svolto insieme da volontari e cittadini • georeferenzia la foto con il tasto “Aggiungi alla mappa foto”. Descrivila con un piccolo testo comprensibile a chi non conosce le realtà dove opera la tua associazione e poi aggiungi il tag #iononrischio per indicizzare il tuo contenuto • condividi e commenta le foto scattate da altri con il tag #iononrischio. Hai 140 caratteri, più la georeferenziazione, per raccontare ciò che stai facendo. Ricorda sempre di inserire il tag #iononrischio. Puoi inserire anche immagini e video. Instagram Puoi condividere fotografie della vostra attività georeferenziandole (ricorda sempre di inserire #iononrischio). Cosa fare: • scatta la foto (evitando di inquadrare volti di bambini, volontari che fumano o che mangiano o bevono). In generale, è meglio privilegiare le foto d’insieme di carattere operativo, ovvero che raccontino l’attività svolta, 34 PARTE SECONDA STORYTELLING: UNA NARRAZIONE PER ENTRARE IN AZIONE a cura di Riccardo Rita Qualche tempo fa mi trovavo a un convegno rava ogni giorno da vent’anni. È inutile che vi organizzato dal Ministero dei Beni Culturali. dica che, come si scoprì solo in seguito, men- Si discuteva delle strategie di comunicazione tre noi discutevamo, l’entrata del museo si tro- da adottare per far conoscere meglio ai citta- vava esattamente dove si era sempre trovata, dini la ricchezza del nostro patrimonio storico anche negli ultimi vent’anni: ovvero alle spalle e culturale. Dopo una serie di interventi molto del parcheggiatore”. tecnici (e altrettanto noiosi) basati su statistiche, percentuali e presentazioni in Power- Questa storia non solo aveva catturato l’at- Point che riportavano una serie di dati e nu- tenzione di noi tutti, facendoci fare anche meri impilati gli uni sugli altri, prese la parola qualche sorriso, ma conteneva più sostan- un dirigente di un certo progetto per la valoriz- za di tutti quegli interminabili grafici stra- zazione dei poli museali d’eccellenza. colmi di dati e numeri. “Eravamo andati in missione a Palermo per Con una narrazione basata sulla propria un sopralluogo al Museo Antonio Salinas”, esperienza personale, quel dirigente ave- attaccò il dirigente. “Il Salinas – continuò – è va messo a nudo il problema: buona par- tra i più importanti poli archeologici del no- te del patrimonio culturale e artistico del stro Paese e possiede, oltre a numerose testi- nostro paese è pressoché sconosciuto alle monianze della storia siciliana, una delle più persone, perfino a quelle che ci lavorano ricche collezioni d’arte punica e greca d’Ita- davanti da vent’anni. E questa informazio- lia. Viaggiando in automobile, cercavamo di ne, a differenza dei precedenti interventi, destreggiarci tra le vie del centro cercando di c’era giunta attraverso un’emozione, non intuire le indicazioni di un navigatore satelli- attraverso un’analisi. Avevamo appena as- tare che perdeva continuamente la connes- sistito a un esempio di storytelling. La cui sione. Arrivati a uno spiazzo, dopo aver fatto peculiarità è proprio quella di far passa- tre o quattro giri dello stesso isolato senza ri- re le informazioni attraverso un processo uscire a raccapezzarci, ci siamo accostati per emozionale. chiedere informazioni a un parcheggiatore abusivo che si riparava dal sole in un ango- DA DOVE VIENE lo ombreggiato della via. Gli chiedemmo se Il termine storytelling si può tradurre con “l’ar- cortesemente poteva indicarci la strada per il te di raccontare una storia” e individua una Museo Salinas. L’uomo alzò le spalle e ci ri- disciplina che, applicata al mondo della co- spose che non l’aveva mai sentito nemmeno municazione, è stata sviluppata soprattutto nominare. Alla nostra insistenza cominciò a negli Stati Uniti ed è arrivata in Europa princi- scuotere la testa. Disse che sicuramente da palmente attraverso le tecniche adoperate nel quelle parti non c’era nessun museo, perché marketing, nella politica e nel mondo del bu- lui a Palermo c’era nato e in quella via ci lavo- siness. Il motivo è semplice: ci si è accorti che 35 PARTE SECONDA le storie sono un potente mezzo per influenza- Perciò, a livello evolutivo, gli individui più ca- re le persone. Nella nostra lingua, influenzare paci di raccontare e ascoltare hanno avuto un qualcuno di solito significa condizionarlo, per- “aiuto” e, tendenzialmente, si sono riprodotti tanto tendiamo ad assegnare a questo termi- di più. Ecco perché noi siamo tanto sensibi- ne un’accezione negativa. In inglese invece il li alle narrazioni: ce l’abbiamo nel sangue. verbo to influence significa soprattutto influire, Raccontare storie serve a condividere espe- affascinare, lasciare il segno. E in un mondo rienze, in modo che non sia necessario vivere in cui è sempre più difficile catturare l’atten- in prima persona una situazione pericolosa zione delle persone e coinvolgerle in un reale per conoscere il modo corretto di agire per processo di condivisione, riuscire a lasciare il cavarsela. In questo senso, la narrazione ha segno diventa sempre più essenziale. rappresentato – e continua a rappresentare – un potente vantaggio evolutivo. CHE COS’È Lo storytelling definisce alcune regole base per LA DIFFERENZA TRA STORYTELLING E INFORMAZIONE comunicare in un modo che, oltre a essere Se raccontare storie serve a condividere espe- chiaro, sia anche coinvolgente, e queste rego- rienze e avvenimenti utili, che differenza pas- le non le inventa, ma le va a pescare pari pari sa tra fare informazione e fare storytelling? Ri- dall’antica arte di raccontare storie. La narra- sposta: la stessa differenza che passava tra le zione ha origini ancestrali: ci ha accompagnato presentazioni di interminabili elenchi numerici per decine di millenni nel corso di tutta la no- e la storia raccontata dal dirigente al conve- stra evoluzione. Immaginate i nostri progenitori gno sui Beni Culturali. Ed è una differenza di preistorici al ritorno da una battuta di caccia, modalità. Tra le due modalità esiste una con- mentre, radunata la tribù attorno al fuoco in cui nessione: sia i dati (informazione) sia la sto- arrostiscono succose bisteccone di mammuth, ria (narrazione) raccontano la stessa cosa e, raccontano a tutti i momenti cruciali dello scon- stranamente, ciascuna può essere vista come tro con la gigantesca creatura e di come un approfondimento e complemento dell’altra. loro compagno, a causa di un comportamento avventato, sia finito schiacciato sotto le zampe Ma attraverso una storia possiamo far pas- di quel primordiale pachiderma. Ebbene, tra i sare l’essenza dell’informazione, facendo giovani della tribù ci sarà stato chi ascoltava il in modo che attraverso l’impatto emozio- loro racconto con estrema attenzione e chi in- nale proprio dello storytelling questa in- vece si distraeva occupandosi d’altro. Ma solo formazione essenziale possa fissarsi nella chi era capace di ascoltare, una volta adulto, mente e nell’animo dei nostri interlocuto- trovandosi nella stessa situazione, avrebbe ri. Gli studiosi delle tecniche narrative de- avuto le informazioni necessarie per evitare di finiscono questa essenza dell’informazio- commettere le stesse avventatezze. ne come concept, ovvero concetto. 36 PARTE SECONDA Vale la pena di fare un esempio per chiarire la ascoltare fa parte di noi, e quando qualcuno cosa. Immaginiamo di avere il compito di tra- si pone nei nostri confronti in modalità nar- smettere una determinata informazione a dei rativa ci predisponiamo quasi sempre con bambini a scopo educativo. un grande e istintivo interesse. E dopo che la L’informazione consiste in una regola com- persona in questione ci ha raccontato la sua portamentale molto semplice: “Non bisogna storia, avvertiamo con lei un legame, come scherzare troppo”. Se ci limitassimo alla cru- se averla ascoltata, in qualche modo, ci ren- da informazione, non tutti i bambini potrebbe- desse co-protagonisti di quella particolare vi- ro comprenderne le implicazioni e le ricadute cenda (fenomeno spiegato scientificamente che un comportamento contrario a quell’indi- con la scoperta dei neuroni-specchio). Avere cazione potrebbe avere su di loro. Possiamo una modalità narrativa consente di utilizzare in questo caso servirci di una storia. Lo scher- questa naturale predisposizione delle persone zo del pastore di Esopo, per esempio, in cui si (predisposizione non altrettanto diffusa se la mostra come un pastorello che per due volte modalità è semplicemente informativa). grida “Al lupo! Al lupo!” solo per scherzo, alla davvero, non viene creduto. Con questa storia COME UTILIZZARE LA MODALITÀ NARRATIVA DELLE TECNICHE DI STORYTELLING i bambini afferrano al volo il concetto, con tut- Come abbiamo visto, tutti raccontiamo co- te le sue implicazioni. stantemente episodi, aneddoti, storie, espe- terza, quando sfortunatamente il lupo arriva rienze. Quindi ciascuno di noi possiede, sen- QUANDO USARLO za magari esserne consapevole, delle doti da Ogni volta che desideriamo stabilire un canale storyteller. Un po’ come succede con la mu- di comunicazione con una o più persone. Lo sica: non serve conoscere l’armonia musicale storytelling, più che essere un insieme di tec- per fischiettare sotto la doccia, come non ci niche, è una modalità attraverso cui stabilire occorre conoscere il nome di una nota o la to- una relazione con gli individui cui ci rivolgia- nalità di una composizione per accorgerci di mo. Questa relazione si crea grazie a una spe- una stonatura. Allo stesso modo ciascuno di cifica comunanza: come abbiamo visto, ogni noi sa riconoscere una storia raccontata bene essere umano possiede nel proprio bagaglio o un messaggio comunicato efficacemente culturale (e probabilmente anche genetico) il senza dover essere per forza un narratologo retaggio dei millenni passati ad ascoltare sto- o un copywriter pubblicitario. In modo anco- rie attorno al fuoco. ra più preciso riusciamo a capire quando il Ognuno di noi racconta storie, costantemen- nostro interlocutore non è sincero, non è egli te, da quando è nato. Il giorno ai colleghi, la stesso interessato o non crede nel messaggio sera agli amici o alla famiglia, raccontan- che vuole trasmetterci. Questa informazione do com’è andata la giornata. Raccontare e passa attraverso una serie di indicatori che, 37 PARTE SECONDA presi a uno a uno, hanno a che fare con la coinvolgere e ingaggiare nel processo, mas- postura, col tono di voce, con lo sguardo, con simizzando la possibilità che diventi in segui- i gesti e i micromovimenti dei muscoli faccia- to egli stesso parte attiva nella diffusione del li; ma se li prendiamo nel loro insieme, qui ci messaggio. basta sottolineare che hanno a che fare con la MAI SPINGERE, MA SEMPRE ATTIRARE mancanza di autenticità. AUTENTICITÀ Tutte le modalità che tendono a esercitare La prima regola da rispettare è essere sempre una forma di pressione sulle persone ven- autentici. Questo accade quando siamo con- gono percepite come sgradevoli. vinti e sicuri di quello che stiamo comunicando e quando le motivazioni che ci spingono a Al contrario, le modalità che tendono ad atti- farlo risiedono nel desiderio sincero di essere rare gradualmente l’attenzione delle persone utili, nel rispetto della libertà dell’interlocuto- sono percepite come piacevoli. Le scuole di re (che ha sempre il diritto di non ascoltarci). business management e comunicazione d’im- Ciò si traduce in un desiderio di stabilire un presa distinguono tra push-strategies e pull- canale comunicativo biunivoco che consenta, strategies. Le prime tendono a obbligare le all’interlocutore, di interagire con chi comuni- persone all’interno di un processo prestabilito; ca. Inoltre, non si deve mai tentare di nascon- le seconde mirano a farle aderire spontanea- dere eventuali zone d’ombra dell’informazio- mente a un processo che sia il più possibile ne: sarebbe percepito come manipolatorio. condiviso. In un processo comunicativo queste strategie si incarnano in un mero trasfe- RECIPROCITÀ rimento delle informazioni (push-strategy) o Come abbiamo visto, l’approccio narrativo alla vivecersa nell’instaurazione di una relazione, comunicazione mira a stabilire una relazione anche umana, capace di invogliare l’interlocu- tra chi parla e chi ascolta. Questa relazione tore a saperne di più o perfino a impegnarsi in deve essere basata sull’etica della reciproci- prima persona (pull-strategy). tà: se il nostro interlocutore decide di donarci FIDUCIA parte del suo tempo, noi dobbiamo fare altrettanto, restando pienamente concentrati su di lui per il tempo necessario. Basta distogliere Quando ci si pone nei confronti di qual- l’attenzione un attimo dal nostro interlocutore cuno in modo autentico, dedicandogli la per spezzare questo implicito patto di reci- nostra più attiva e presente attenzione at- procità. Se il comunicatore si appassiona alla traverso un processo basato su una pull- costruzione della relazione comunicativa con strategy, di fatto si crea con lui un rap- l’interlocutore, quest’ultimo tenderà a lasciarsi porto di fiducia. Ciò che va assolutamente 38 PARTE SECONDA notato è che la fiducia non viene emanata campagnolo, dal professore universitario al dal comunicatore, ma dal che cosa e (so- manovale con appena la licenza elementa- prattutto) dal come egli lo comunica. re. Accanto a me sedeva un agricoltore dalla lunga barba grigia che ostentava una spilletta La modalità narrativa consente di illuminare della NRA (National Rifle Association, L’asso- le persone che ci ascoltano con la luce del- ciazione dell’ultradestra americana pro armi la fiducia. I più influenti esperti statunitensi di da fuoco) infilata sul cappello. Quando sul storytelling si spingono addirittura a definirla palco un uomo afroamericano prese la parola, faith, fede. È la luce emanata dalla storia (o l’agricoltore si voltò verso la moglie sussurran- più generalmente dal processo di comunica- dole qualcosa con un tono irritato, qualcosa zione narrativo) che si riverbera sull’oratore che includeva la parola negro. Nella mia testa, conferendogli un’aura di affidabilità. (Di nuo- lo sfidai immediatamente a ripeterlo. Ma lui vo, gli americani usano un termine più forte: si limitò a incrociare le braccia cominciando dicono che la modalità narrativa è capace di a esaminare la struttura del tetto del tendone. rendere trustworthy l’oratore agli occhi dell’a- Lo storyteller afroamericano iniziò a raccon- scoltatore. Trustworthy significa, sì, affidabile, tare la storia di una notte trascorsa nel cuore ma anche leale, attendibile, degno di fiducia). più profondo dello stato del Mississippi. Erano È importante comprendere questo punto. Si gli anni sessanta. Lui e altri sei attivisti per i potrebbe obiettare che, indipendentemente diritti civili si erano accampati nel buio della da quello che dicono, alcune persone vengo- campagna e non riuscivano a non pensare ai no istintivamente percepite come più o meno rischi che avrebbero corso l’indomani, duran- affidabili delle altre. Non mi soffermerò a ca- te una dimostrazione contro la segregazione villare sul fatto che qualsiasi percezione, an- razziale. Raccontò di come fissavano il fuoco che quella che talvolta definiamo “a pelle”, si in silenzio e di come uno di loro a un tratto fonda su dei precisi, per quanto sottili, proces- incominciò a cantare e, con quel canto, ad si comunicativi. Mi limiterò a sottolineare che alleggerire il cuore di tutti. La sua storia era la comune disposizione ad accordare fiducia talmente reale che riuscivamo a percepire la può dipendere da molti differenti fattori, al- stessa paura e vedere la stessa luce scoppiet- cuni dei quali attinenti a eventuali pregiudizi. tante di quel fuoco da campo. D’un tratto ci Ascoltate questa: chiese di cantare insieme a lui. Lo facemmo. “Nell’ottobre del 1992, circondata da altre Quattrocento gole umane che vibravano all’u- quattrocento persone, sedevo in un freddo nisono sulle note di Swing Low, Sweet Chariot tendone nei pressi di Jonesborough, nel Ten- come un immenso organo a canne. Accanto a nessee, aspettando di ascoltare il prossimo me, anche l’agricoltore cantava. E vidi una la- storyteller. Sotto quel tendone c’era una varia crima che gli scendeva giù, lungo la guancia. umanità: dal ricco al povero, dal cittadino al Ero appena stata testimone della potenza di 39 PARTE SECONDA una storia. Se un attivista afroamericano pote- narrazione. Eppure, a ben vedere, è proprio va riuscire a toccare il cuore di un agricoltore quello che è. Già Sant’Agostino aveva intuito ultraconservatore e razzista, be’, volevo impa- che è solo nella memoria che un essere uma- rare a riuscirci anch’io”. no può trovare se stesso: quando ci riferiamo A raccontare questa sua esperienza è stata a noi stessi, in realtà ci riferiamo a ciò che di Annette Simmons, che da quel giorno comin- noi ricordiamo, e da quei ricordi stratificati ciò a studiare assiduamente lo storytelling fino nel tempo ricaviamo una narrazione coerente a diventare uno dei massimi esperti mondiali della nostra identità. Lo stesso, naturalmente, della materia. Qualsiasi altra modalità comu- facciamo con gli altri. nicativa molto probabilmente non sarebbe ri- Perciò: uscita ad attirare dapprima l’attenzione e infine stabilire un reale contatto tra due realtà • ogni nostra azione, l’azione di umane tanto diverse. L’agricoltore, a causa chiunque altro e qualsiasi avve- del suo retaggio culturale e sociale, sulle pri- nimento, si manifestano all’in- me non ha ritenuto degno di fiducia l’oratore terno di un processo narrativo • non esiste la non-comunicazione. Non afroamericano. comunicare è un modo di comunicare Ma la modalità narrativa è uno strumen- (pensate a quando evitiamo qualcuno to potente: riesce a compiere il miracolo dopo un litigio). Ugualmente, non esiste dell’immedesimazione. la non-narrazione: se non raccontiamo una storia, il nostro interlocutore se ne racconterà una autonomamente Nessuno di solito si immedesima in un grafico, in una tabella o in una bella frase. Ma tut- • quando interagiamo con il prossimo as- ti possiamo identificarci con i protagonisti di sumiamo istintivamente una differente una storia. modalità espressiva: lo storytelling è l’arte di rendere consapevole questo pro- QUALCHE RIFLESSIONE E UN PAIO DI SUGGERIMENTI cesso e di affinarlo, massimizzandone L’uso dello storytelling, alla fine di questa l’efficacia breve presentazione, dovrebbe risultare ab- • prepariamoci al gesto di comunicare, bastanza chiaro in tutte quelle occasioni in riflettiamoci sopra. Se dobbiamo comu- cui ci capiterà di salire su un palco, ma pro- nicare qualcosa inerente a un argomen- babilmente assai più fumoso in tutte le altre to specifico, non basta documentarsi e situazioni. Questo accade perché non siamo imparare a memoria la lezione. Soffer- abituati a pensare a noi stessi come anima- miamoci a ragionare sul cuore dell’argo- li narranti. Ma soprattutto non siamo abituati mento. Cerchiamo di ricordare se abbia- a pensare alla nostra stessa vita come a una mo mai avuto, nel corso della vita, una 40 PARTE SECONDA qualche esperienza diretta al riguardo, E se non lo sappiamo spiegare, facciamoci qualcosa che possa essere trasmesso, aiutare da chi sa farlo. Le persone si senti- all’occorrenza ranno rispettate nella propria autonoma capacità di giudizio. • se abbiamo il compito di fornire informazioni utili su un determinato argomento, confrontiamoci dapprima, in modo di- CONCLUSIONI retto, con il maggior numero di persone Se non esistesse un sostanziale equivoco alla possibili. Discutiamone con calma e at- base di ciò che di solito consideriamo co- tenzione, cercando di individuare i punti municazione, forse non avremmo nemmeno di forza e di debolezza di quello stesso bisogno della parola storytelling. Gli uffici di confronto. Ci torneranno utili sul campo comunicazione di imprese e istituzioni trop- • interroghiamoci sempre così: “Riguardo po spesso si limitano a emettere comunicati a questo, io cosa vorrei sapere?”. Di solito stampa, manifesti o pagine web informative, alle persone serve sapere quello che oc- come se la comunicazione fosse un processo corre anche a noi. Oppure: “Detta così, se unidirezionale che va dall’alto verso il basso non ne sapessi nulla, io la capirei?” invece di un gesto di comunione bidireziona- • quando l’interlocutore ci interrompe, non le. Siamo abituati a dire, piuttosto che a co- interrompiamolo a nostra volta. Ascoltia- municare. Non è un caso che il motto di un mo a cosa vuole arrivare anche quando grande narratore come Ernest Hemingway dovesse sembrarci inutile o prevedibile. fosse: “Show, don’t tell”, Mostralo, non dirlo. Se vogliamo avere tempo, dobbiamo dare La modalità narrativa serve appunto a mostra- tempo re, e contribuisce a instaurare un vero canale • mai nascondere i propri punti deboli, di comunicazione. Comunicare significa lette- come la timidezza o l’insicurezza su alcu- ralmente mettere in comune, rendere parte- ni argomenti (nessuno può sapere tutto): cipi, e nessuno (ovviamente) è partecipe se sono un potente strumento d’immedesi- non partecipa, né può essere obbligato a sen- mazione per chi ascolta tirsi tale quando non lo è (come accade nelle • non proviamo mai a nascondere parte push-strategies). L’uso delle modalità narrative dell’informazione. La gente capisce al dello storytelling (pull-strategies) mettono in volo quando qualcuno tenta di manipo- moto un meccanismo naturale di condivisione larla. Se ci sono zone d’ombra, insicurez- e partecipazione. Siamo stati geneticamente e ze implicite nel messaggio o episodi del culturalmente selezionati per fornire e acqui- passato che contraddicono il messaggio sire informazioni attraverso racconti e narra- stesso, affrontiamoli. Spieghiamo perché, zioni. E scegliere di non tenerne conto signi- nonostante quelle zone d’ombra, noi pro- ficherebbe, semplicemente, scegliere di non poniamo quel messaggio. comunicare. 41 PARTE SECONDA COMUNICARE CON UN GIOCO. TOTEM IO NON RISCHIO a cura di Delia Modonesi e Flaminia Brasini Il totem è una installazione che fa parte locandolo insieme agli altri sulla linea del tempo. solo dell’allestimento della campagna Io Il volontario, mostrando al visitatore la mappa non rischio-Terremoto. delle massime intensità osservate in Italia, fa quindi la domanda: vivendo in questa zona che Il totem è composto da scatoloni sovrapposti, tipo di evento sismico possiamo aspettarci? Ora colorati e illustrati, e contiene piccole proposte che hai visto la storia sismica del tuo territorio, di interazione per facilitare la comunicazione e gli effetti che ha avuto in passato, pensi che tra volontari e cittadini. abbia un qualche significato per il futuro? Si compone di quattro facce, ognuna dedicata Come si presenta: la prima interazione con- a un’interazione su un aspetto del rischio. siste in una linea temporale: un filo teso che parte da uno spigolo del gazebo lo segue per INTERAZIONE 1: LA LINEA DEL TEMPO due lati e infine si aggancia al totem. Come si Come si presenta: la prima interazione con- usa: il volontario invita il visitatore a percorre- siste in una linea temporale: un filo teso che re la linea del tempo dal passato ad oggi e a parte da uno spigolo del gazebo lo segue per guardare le tracce che il terremoto ha lasciato due lati e infine si aggancia al totem. sul territorio. Il volontario, mostrando al visita- Lungo il filo, appesi con mollette, ci sono im- tore la mappa delle massime intensità osser- magini e documenti riferibili a eventi sismici vate in Italia, fa quindi la domanda: vivendo locali, collocati in ordine cronologico dal più in questa zona che tipo di evento sismico pos- lontano al più vicino. Si tratta di segnali della siamo aspettarci? Ora che hai visto la storia presenza del terremoto nella storia del luogo. sismica del tuo territorio, e gli effetti che ha Come si usa: il volontario invita il visitatore a avuto in passato, pensi che abbia un qualche percorrere la linea del tempo dal passato ad significato per il futuro? oggi e a guardare le tracce che il terremoto ha lasciato sul territorio. INTERAZIONE 2: RISCHIO E RESPONSABILITÀ Finito il percorso il volontario può porre alcune Tema/contenuto: scoperta la storia e la si- domande per discutere: cosa si capisce dai smicità del territorio, indaghiamo i diversi at- documenti? Cos’è successo in questo territo- teggiamenti che le persone possono avere di rio? Che conseguenze ci sono state nella città, fronte al rischio sismico: dal fatalismo alle più sugli edifici, alle persone? estreme ipotesi di controllo. La domanda di Le cose viste potrebbero suscitare ricordi, sti- fondo è: “Cosa ci posso fare io?”. molare le conoscenze dei visitatori e provocare Come si presenta: al centro della facciata è emozioni (di stupore, preoccupazione, ecc): in presente una illustrazione con una coppia di questo caso il volontario li inviterà a lasciare le persone e dei palazzi in una zona sismica. Le loro tracce, appuntandole su un foglietto e col- figure “pensano”: cosa posso fare io? Intorno 42 PARTE SECONDA ci sono alcune piccole scene che rappresenta- Come si presenta: come un quadernone ad no diversi atteggiamenti che si possono avere anelli agganciato ad una faccia del totem. Sol- di fronte alla situazione di rischio. Ogni scena levando la copertina il visitatore trova un gio- è incollata su una “finestrella” che si può solle- co illustrato, una immagine in cui individuare vare: al di sotto c’è una immagine che rappre- elementi di arredamento su cui è possibile senta la conseguenza dell’atteggiamento scelto intervenire per aumentare la sicurezza della sulla incolumità delle persone e delle strutture. propria casa. Come si usa: il volontario chiede ai visitatori di Come si usa: il visitatore può tranquillamente leggere l’immagine: cosa rappresenta? Si par- giocare da solo e rendersi conto, aguzzando la e si condivide la comprensione della situa- vista e ingegno, di quali sono le modifiche zione di partenza. possibili per rendere sicuro l’arredamento del- Il volontario mostra quindi le immagini che la propria casa. La presenza del volontario è di rappresentano le diverse possibilità di scelta. verifica e stimolo delle scoperte. Analizzando i Ogni visitatore indicherà la scena che meglio diversi elementi il volontario spingerà i visita- rappresenta il suo atteggiamento. Potrà deci- tori a riflettere sulla situazione reale delle loro dere di informarsi, di riparare la sua casa, di diverse case. fidarsi delle previsioni, di affidarsi alla fortuna, Questa facciata del totem è la resa ludica e tri- di non fare nulla, di scappare… dimensionale delle indicazioni del pieghevole. Sollevando la finestrella della soluzione scelta si troverà un’immagine che faccia riflettere INTERAZIONE 4: SE ARRIVA UN TERREMOTO... sulle conseguenze della scelta fatta. Tema/contenuto: la quarta faccia del totem Il gioco è uno stimolo alla riflessione e non un giu- riguarda i comportamenti corretti durante e dizio sui modi di sentire e comportarsi. Il visitatore dopo un terremoto. si confronterà quindi da solo con le conseguenze Come si presenta: sulla faccia del totem sono delle sue scelte. Il volontario, se richiesto, potrà rappresentati un ambiente casalingo e un am- esplicitare meglio il significato di ogni figura. biente esterno. Sulle figure sono poste diverse L’idea su cui si basa questa proposta è che al- finestrelle da sollevare per trovare indicazioni di cune scelte ci mettono in sicurezza (informarsi, luoghi e azioni corrette e segnali di pericolo. Si ristrutturare casa ecc.), altre non ci danno ga- tratta di un gioco per indovinare quali sono i po- ranzie. Obiettivo dell’interazione non è dare un sti sicuri e quelli pericolosi durante un terremo- giudizio alle persone, ma renderle consapevoli to. A seconda della scelta fatta c’è una risposta. del loro spontaneo atteggiamento verso il rischio. Come si usa: viene chiesto al visitatore di scegliere in caso di terremoto dove andrebbe a INTERAZIONE 3: DA SOLO, FIN DA SUBITO ripararsi e cosa crede che possa succedere Tema/contenuto: la terza faccia del totem par- nell’ambiente in cui si trova. la di cosa ognuno può fare fin da subito. Il gioco si spiega da solo e non ha bisogno 43 PARTE SECONDA di grosso intervento da parte del volontario. Come si presenta: la quarta faccia del cubo Questo deve essere presente a commentare presenta una frattura che la attraversa da eventualmente le varie scelte fatte, ma il vi- cima a fondo. sitatore deve essere lasciato libero di esplo- Come si usa: il volontario chiede ad ogni visi- rare il più possibile gli amibenti e scoprire tatore di disegnare il profilo di una sua mano cosa ci può far stare sicuri e cosa ci mette su un foglietto colorato e di lasciare una sua in pericolo. traccia: un messaggio, un consiglio, un desiderio… Ognuno può poi incollare la sua mano INTERAZIONE 5: FUTURO E COMUNITÀ lungo la frattura, come a chiuderla: alla fine Tema/contenuto: il quarto lato del totem par- della manifestazione al posto di un territorio la di cura del proprio territorio, collaborazio- “spaccato” avremo un territorio tenuto insie- ne e futuro. me dal contributo di tutti. 44 PARTE SECONDA FARE FORMAZIONE: 10 PASSI PER AIUTARE AD APPRENDERE a cura di Angela Spinelli Questo capitolo è rivolto solo perché è solo attraverso l’uso delle parole che ai volontari formatori riusciamo ad esprimere concetti e pensieri; senza la parola, quasi, è assente il pensiero. Il primo oggetto di condivisione della comuni- PASSO NUMERO 1: CONDIVIDERE IL CODICE cazione formativa è perciò il codice (le parole): l’effettiva comprensione di un messaggio dipende strettamente dalla condivisione dei significati, chi parla e chi ascolta deve condividere almeno in parte il significato delle parole che usa (dunque, per il linguaggio specialistico è bene fornire spiegazioni e definizioni). La costruzione di un codice condiviso è perciò un obiettivo formativo esso stesso e, come detto, deve tendere al rialzo: cioè ad innalzare le conoscenze e le competenze dei partecipanti (quando escono dalla nostra Comunicare per formare: non siamo in televi- aula, devono “saperne di più”). sione! La comunicazione è il fondamento del- Ogni comunicazione, però, è costituita da di- la didattica: non è possibile svolgere attività versi codici oltre a quello linguistico: prossemi- di formazione senza comunicazione. co (gesti, occupazione dello spazio, gestione Affinché la comunicazione sia formativa, della distanza reciproca), gestuale, mimico, però, è necessario che abbia alcune caratte- tono, timbro e ritmo della voce. Pensate che, di ristiche. Infatti, anche la televisione, la radio, norma, un messaggio è percepito come segue una chiacchiera al bar, la pubblicità sono (Mehrabian, 1972): comunicazione, eppure non sono (almeno • movimenti del corpo e espressioni facciali intenzionalmente) formative. Ecco dunque la 55% prima caratteristica della comunicazione for- • aspetto vocale (volume, tono, ritmo) 38% mativa: è intenzionale e progettata. • aspetti verbali (le parole)7%. Inoltre, necessita di un “ritorno di informa- PASSO NUMERO 2: PRESTARE ATTENZIONE A CIÒ CHE COMUNICHIAMO SENZA DIRLO zione” (il feedback) che apra al dialogo: una comunicazione unidirezionale non è formativa perché per raggiungere tutti gli interlocutori senza necessità di interazione e domande, ha Non solo codice (contenuto) bisogno di utilizzare un linguaggio semplice e Il passaggio dal linguaggio verbale a quello spesso povero, mentre la formazione aspira non verbale introduce due assunti (assiomi) ad innalzare anche le competenze linguistiche fondamentali della comunicazione: 45 PARTE SECONDA trati sui contenuti che spesso tralasciamo gli elementi di relazione che, invece, sono la base che permette ai contenuti di essere compresi, condivisi, accettati e anche rinnovati! Dunque: la comunicazione è fatta di contenuto e relazione. Tra contenuto e stile di relazione deve esserci coerenza, diversamente si instaurano condizioni comunicative conflittuali o totalmente incomprensibili all’interlocutore. PASSO NUMERO 3: COSTRUIRE LA RELAZIONE CON I PARTECIPANTI • non si può non comunicare • la comunicazione è costituita da un elemento di contenuto e da uno di relazione Dalla comunicazione come trasmissione alla (Watzlawick, 1971). Il primo assioma ci dice che qualsiasi com- comunicazione come relazione portamento umano è comunicazione, anche Non esiste alcun messaggio che passi dall’e- il silenzio, il non voler comunicare o – para- mittente al ricevente in una versione “ogget- dossalmente – il sonno, purché ciò avvenga tiva” perché le interpretazioni della comuni- in interazione con un’altra persona. cazione sono soggettive e legate alla persona Il secondo assioma, invece, ci aiuta a fo- e al suo contesto culturale, ai suoi valori, alle calizzare l’attenzione sull’importanza del esperienze e conoscenze pregresse. L’interpre- “come” si dice, più che sul “cosa”, elemen- tazione dipende da come la nuova conoscenza to che – in genere – è principale nelle pre- è elaborata all’interno della precedente. Sof- occupazioni dei formatori e che è oggetto di fermarsi sul livello di contenuto perciò è fon- preparazione: siamo sempre molto concen- damentale, ma non sufficiente perché è solo Quando non spieghiamo il codice (nella vignetta: “tutti quei numeri”) non siamo chiari in merito ai contenuti e chi ci ascolta non capisce 46 PARTE SECONDA la base di partenza per trasformare la comu- Solo se l’interazione si trasforma in terreno di nicazione come trasmissione di contenuti in co-costruzione (costruire insieme) di signifi- una comunicazione che sia anche relazionale cati, senso e prospettive la comunicazione si e formativa. Ciò appare evidente se si conside- trasforma in relazione positiva. Un terreno im- ra che la comunicazione si costruisce nell’in- portante verso questo passo è la comprensio- terazione, così come le identità individuali si ne delle altrui motivazioni perché è in questo costruiscono solo in relazione all’alterità. spazio che risiedono le potenziali disponibilità La comunicazione come relazione, perciò, si al cambiamento. Non si tratta di esser “buoni” sofferma sulla reciproca comprensione dei o “comprensivi” nel senso deteriore del ter- messaggi “profondi”: il non detto, il vissuto mine, piuttosto di capire la storia e l’universo personale, le reciproche percezioni, le aspet- dell’altro per condividere un progetto che sia tative, le motivazioni, i progetti personali. di crescita. Quando non capiamo il significato del non-detto dei messaggi verbali non riusciamo a costruire relazioni efficaci e chi comunica con noi si sente frustrato, incompreso, mal disposto a fare uno sforzo per apprendere qualcosa (ricorda che: apprendere vuol dire cambiare!). PASSO NUMERO 4: SPOSTARE L’ATTENZIONE DA “ME CHE INSEGNO” A “TE CHE APPRENDI” • abbiano un margine di autodeterminazione (possibilità di scelta); • tutto il loro essere sia coinvolto in situazio- Le condizioni dell’apprendimento ne (mente, corpo, sentimenti); Affinché le persone apprendano (quando sono • possano “incastrare” le nuove conoscenze in un’aula) bisogna che: e competenze su quelle pregresse; • siano a loro agio anche dal punto di vista Tutti aspetti, questi, su cui il formatore può emotivo; (deve) influire con determinazione creando si- • si sentano immerse in un setting (vedi più tuazioni formative corrispondenti alle esigenze avanti) stimolante, in cui possano prendere descritte. Come? Cercando di concentrarsi sulle serenamente la parola, possano imparare esigenze dei corsisti (che nel nostro caso sono anche dagli altri oltre che dal formatore; degli adulti) e organizzando, appunto, il setting. 47 PARTE SECONDA PASSO NUMERO 5: LASCIARE FUORI DALL’AULA I VECCHI MODELLI DI FORMAZIONE SCOLASTICA • la disponibilità ad apprendere è rivolta alla soluzione di problemi (il formatore può portare esempi di situazione problematiche Perché e come l’adulto impara? già accadute per evidenziare l’importanza Quando l’adulto impara? Si chiedeva un noto di prepararsi prima di andare in piazza: “se studioso un po’ di anni fa (Knowles, 2002). ti accade questo puoi risolverlo così…”); Ebbene, ora sappiamo che gli adulti hanno • l’orientamento verso l’apprendimento è esigenze e caratteristiche piuttosto diverse centrato sulla vita reale (teoria sì, ma che da quelle dei bambini, dunque, per aiutare e giustifichi la pratica, non per far vedere facilitare il loro apprendimento ricorriamo ad quanto sono preparato); una disciplina che si chiama “andragogia” (da • la motivazione è più interna che esterna andragos, uomo in greco. Termine moderno (gli adulti imparano non perché sono pre- coniato sulla falsariga di “pedagogia”) che of- miati ma perché hanno deciso di farlo per fre indicazioni utilissime per l’allestimento e la rispondere ad un proprio bisogno). conduzione di ambienti di apprendimento de- PASSO NUMERO 6: SVEGLIARE I PARTECIPANTI, APPRENDERANNO MEGLIO! dicati agli adulti, che possono essere riassunte come segue: • l’adulto impara ciò di cui sente il bisogno (il formatore deve sottolineare l’importanza Non si apprende solo con la testa del corso sulla prevenzione per affrontare Comodi e rilassati o sotto pressione? Contra- una situazione concreta: la piazza); riamente a quanto sembra intuitivo per ap- • l’adulto si percepisce come autonomo dal prendere dobbiamo uscire dalla nostra zona formatore, (il formatore non è colui che sa di comfort per entrare in una situazione meno tutto, se ci sono partecipanti all’altezza la- nota, meno comoda, che sia stimolante e ri- sciateli parlare e fate in modo che diventi- chieda di risolvere problemi e di essere pre- no un aiuto alla vostra “lezione”); senti e attenti. È dunque bene che il formatore • il nuovo apprendimento deve integrarsi con si impegni nel creare situazioni in cui i par- l’esperienza precedente (il formatore può tecipanti siano “leggermente stressati”, cioè far parlare i partecipanti per capire cosa concentrati, attivi, interessati, diversamente già sanno sulla prevenzione e aiutarli a inserire tutte le nuove conoscenze in quelle Comfort Zone Familiar - Relaxed già esistenti. Questo è importantissimo anche per capire cosa credono di sapere: a Learning Zone Challenged - Sensitive volte ci sono conoscenze … sbagliate! Meglio cominciare ad eliminare quelle prima Panic Zone Threatened - Fight, Flight or Freeze di passare alle nuove); 48 PARTE SECONDA PASSO NUMERO 8: COSTRUIRE IL SETTING non avranno nessuno stimolo ad apprendere e, dunque, a cambiare. Contemporaneamente deve fare attenzione a non entrare in quella Come organizzarsi per facilitare l’apprendimento zona definita “panic zone” in cui una persona Il setting è un elemento fondamentale della non può più apprendere perché impegnata a progettazione formativa perché influisce positi- difendersi da una situazione troppo pesante o vamente o negativamente sull’esito dell’evento. frustrante da sopportare. È definibile come il contesto (spazio e tem- Fate attenzione: ogni persona reagisce in po) all’interno del quale si svolge un qualsiasi modo diverso alle situazioni, perciò Caio e evento sociale. Sempronio hanno diverse zone di comfort, Lo spazio e il tempo hanno un valore comu- stress e panico, dunque è bene essere ricet- nicativo molto potente perché implicito. Per tivi rispetto alle reazioni individuali dei parte- esempio un’aula universitaria, pensata per cipanti per calibrare individualmente l’uscita una lezione cattedratica in cui il docente parla dalla loro zona di comfort. e molti studenti ascoltano, determina uno stile di relazione e un rapporto di potere abbastan- PASSO NUMERO 7: STIMOLARE L’ATTENZIONE E LA DISCUSSIONE za esplicita e forte. La cattedra, la sua peda- Teaching by prompting significa “insegnare che si danno le spalle: lo spazio è pensato per stimolando”, “insegnare stimolando, sugge- una interazione che non sia fra pari, ma con il rendo”, in altri termini “stare alle calcagne!”. solo docente che va ascoltato, e guai a distrar- Nella gestione dell’attività d’aula il formato- si o a copiare! re, per sollecitare il feedback e l’interazione, Attivare i partecipanti affinché imparino me- pone domande all’aula, spiega, illustra, forni- glio, invece, richiede un’organizzazione del sce esempi e... non aspetta (semplicemente) tempo e dello spazio diversa, se possibile, de- che i partecipanti reagiscano ma li sollecita vono: potersi guardare tra loro (per conoscer- direttamente a farlo (per esempio: avete do- si, farsi domande reciproche, lavorare in grup- mande?... nessuna?... allora ve ne faccio una pi); sentirsi a loro agio, accolti; interagire con io. E ancora: vado avanti, ci siete tutti? Molto tempi che prevedano discussioni “ariose”: bene, prima qualcuno ricapitoli quanto detto diversamente possiamo fare un convegno (in- fino ad ora...). terventi brevi e domande concise; comunica- Significa assumersi la responsabilità del con- zione uno a molti) ma certo non formeremo le tatto, dell’interazione e della relazione e non persone! Il setting è determinato da elementi lasciarla nelle mani dei partecipanti che, in al- fisici e psicologici. Per il setting fisico, ad ec- cuni casi, hanno come obiettivo ritrarsi dalla cezione delle condizioni su cui non possiamo zona di stress per tornare nel comfort del loro apportare cambiamenti (i vincoli di un’aula), silenzio. (Muzzarelli, 2007) ricordiamo che: na, i banchi posizionati di fronte, i compagni 49 PARTE SECONDA Se, invece, come può accadere, le doman- • i membri del gruppo dovrebbero sedere de non arrivano la discussione va comunque faccia a faccia • i diversi gruppi dovrebbero essere suffi- stimolata, pena l’assenza di un feedback che cientemente distanziati così da non distur- dà un riscontro immediato sull’andamento barsi reciprocamente della formazione; è allora possibile che sia il • le aree destinate ad attività diverse dovreb- formatore a farne e attenda le risposte anche bero essere definite e i materiali comuni se comportano l’attesa di un lungo (apparen- accessibili temente troppo) e imbarazzante silenzio. • accertarsi che le persone siano a proprio Infine, anche le domande aggressive, opposi- agio, che ci siano gli spazi adeguati per tive o fuori luogo vanno eluse, ma in modo più poter svolgere le attività comodamente e in fermo e veloce, così da non compromettere sicurezza. l’andamento della parte proficua e costruttiva della discussione. Il setting psicologico (metaforicamente lo spa- Ricorda che un intervento polemico o una do- zio della relazione) fate attenzione a: • il gruppo è un luogo di emozioni forti, in cui manda imbarazzante può far mutare radical- ciascuno mette in gioco la propria indivi- mente il clima d’aula, aprendo a dinamiche dualità e identità attraverso meccanismi di latenti. È dunque importante tenere a mente affermazione e omologazione, rifiuto e ac- alcune considerazioni di base se la domanda: cettazione di sé e dell’altro • non è pertinente all’argomento trattato: • per questo i ruoli formalizzati possono es- rispondere comunque nel modo più sin- sere di grande aiuto: il setting diventa uno tetico possibile e chiudere chiedendo un spazio simbolico di comportamenti attesi. feedback (“ho risposto alla domanda?”) • riguarda un argomento già trattato o una PASSO NUMERO 9: RISPONDERE SEMPRE, RISPONDERE COMUNQUE risposta già data: ripetere la risposta (non sottolineare il “già detto”). Assicurarsi di utilizzare una modalità di rappresentazione La gestione le domande della risposta diversa rispetto alla prece- Le domande sono fondamentali: danno la dente (per es.: se si è risposto solo verbal- possibilità al formatore di approfondire le di- mente in seconda battuta tentare una rap- namiche cognitive e relazionali con l’aula ma, presentazione alla lavagna). Accertarsi che come tutti gli elementi legati alla formazione, non ci siano altri che hanno simili dubbi: sono determinate anche da fattori emozionali. il problema, in questo caso, potrebbe es- Vanno perciò affrontate con serenità e, se ne- sere del formatore (“altri hanno un dubbio cessario, valgono il sacrificio della spiegazione simile?”) che non si riesce a concludere per via delle • riguarda un argomento che non è stato tante domande in arrivo. ancora trattato: rispondere in modo conci- 50 PARTE SECONDA so (se possibile con un “sì” o un “no”) e te entrando in una situazione “patologica” rassicurare sul fatto che l’argomento verrà che rischia di trasformarsi in polemica o trattato successivamente in un attacco/diverbio sulla incapacità del • abbonda di particolari aggiuntivi all’argo- formatore di comprendere. Bloccatela nel mento, lo approfondisce rispetto alla vostra modo più cortese, ma fermo possibile. In spiegazione: in genere proviene da perso- ogni caso non entrate in una spirale a due ne che si sentono preparate sull’argomento che vi farebbe perdere il senso del vostro affrontato e vogliono dimostrarlo. Valutate intervento e il resto dell’aula. Se vi pare ne- se c’è stata una domanda: se sì rispon- cessario, anche a vostro beneficio, chiama- dete brevemente, diversamente “grazie te una pausa e chiudere la discussione al dell’approfondimento!” rientro, ad animi più tranquilli • è polemica: fate attenzione a non alzare • In ogni caso non utilizzare mai frasi che tono e volume della voce, a non entrare possano classificare le persone, quali “tu in simmetria con il partecipante, a man- non capisci; tu non sai parlare insieme tenere la voce ferma, così come il vostro agli altri…” ma se è necessario sottoli- punto di vista. Se la polemica persiste e neare quel dato comportamento, allora non si giunge a una sintesi o a una media- contestualizzarlo: “in questa situazione tu zione sottolineate che le opinioni diverse non hai capito; questa volta non hai sapu- sono comunque rispettabili, anche se non to discutere correttamente”. Questo è un si condividono. Fate attenzione alla comu- elemento molto importante per non demo- nicazione non verbale: non indietreggiate tivare e, specialmente, per evitare che la e non distogliete lo sguardo, la condu- persona si attesti su comportamenti nega- zione e la responsabilità dell’andamento tivi che percepisce come attesi dagli altri. della discussione rimane comunque del (Guarguaglini, Cini, Corti, Lambruschini, 2007: 148 - 149). formatore • è incomprensibile: fate domande per capire meglio, quando pensate di aver colto PASSO NUMERO 10: IL TUO! il senso riformulate la domanda per accet- Infine, il tuo passo, le tue specificità, ciò che ti tarvi che sia la giusta interpretazione (“vuoi piace e che sai fare meglio e con maggiore si- dire …?”). Spesso le domande di difficile curezza. Valuta le tue possibilità e i tuoi limiti, comprensione sono anche quelle che ten- prova a sentirti sicuro e a tuo agio, sii te stes- dono ad essere commenti, più che doman- so e preparati nei minimi dettagli, controlla il de, perciò decidete se è il caso di rispon- tuo passo (tono della voce, gesti, occupazione dere o di ringraziare e andare avanti. dello spazio, interazione con i partecipanti), • si trasforma in un dibattito (“sì, ma … Se è adegualo a quello dell’aula e del progetto e sii così allora…”): fate attenzione perché sta- convinto che anche la formazione è un cam- 51 PARTE SECONDA • spostare l’attenzione da “me che inse- mino di miglioramento per le persone e per la società in cui vivono. gno” a “te che apprendi”. Le condizioni Sei pronto per entrare in aula: guarda dove dell’apprendimento • lasciare fuori dall’aula i vecchi modelli di sei, sorridi, e fai un passo avanti! formazione scolastica Perché e come l’aI dieci passi per aiutare ad dulto impara? apprendere: • svegliare i partecipanti, apprenderanno meglio! Non si apprende solo con la testa • condividere il codice. Comuni- • stimolare l’attenzione e la discussione care per formare: non siamo in televisione. • costruire il setting. Come organizzarsi per • prestare attenzione a ciò che comuni- facilitare l’apprendimento chiamo senza dirlo. Non solo codice • rispondere sempre, rispondere comun- (contenuto) que. La gestione le domande • costruire la relazione con i partecipanti. • sei pronto per entrare in aula: guarda Dalla comunicazione come trasmissione dove sei, sorridi, e fai un passo avanti! alla comunicazione come relazione 52 PARTE SECONDA PER SAPERNE DI PIÙ • Knowles M., Quando l’adulto impara. Pedagogia e andragogia, Franco Angeli, Milano 2002 Guarguaglini, A., Cini, S., Corti, F. P., Lambruschini, L., Gestire gruppi in formazione. Teorie e strumenti, Erickson, Trento 2007 • Mehrabian A., Non Verbal Communication, Aldine-Atherton, Chicago, Illinois, 1972 Watzlawick P., Pragmatica della comunicazione umana. Studio dei modelli interattivi delle patologie e dei paradossi, Astrolabio, Roma 1971 • Muzzarelli F., Guidare l’apprendimento, Franco Angeli, Milano 2007 • Spinelli A. (a c. di), Io insegno, io apprendo. Manuale teorico-pratico del formatore nazionale http://www.anpasnazionale.org/Allegati/Formazione/Manuale_per_la_formazione.pdf 53 PARTE SECONDA