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Esplorando il «passato dell`umanità nella sua forma fetale»: Angelo
Acc. Sc. Torino
Atti Sc. Fis. 149 (2015), 79-91
FISIOLOGIA E GENETICA
Esplorando il «passato dell’umanità nella sua forma
fetale»: Angelo Mosso e l’archeologia mediterranea
Nota di M!""#$% C&'()!)%* presentata dal socio nazionale A'+,)(% C%-(,
nell’adunanza del 13 maggio 2015 e approvata nell’adunanza
del 18 novembre 2015
Riassunto. Angelo Mosso (1846-1910) è stato uno tra i più importanti
fisiologi italiani che ha avuto un ruolo significativo negli studi di scienze
naturali e biologiche nella seconda metà del XIX secolo. Un importante
aspetto dello studioso, oggi pressoché dimenticato nei moderni studi sulla
preistoria europea, può essere riconosciuto nel suo approccio multidisciplinare messo in campo nell’indagine condotta su alcuni siti archeologici
in Italia e in Grecia. Il presente lavoro mira a ricostruire i principali
aspetti del pensiero di Mosso nel settore della ricerca archeologica, che
comprendono attività sul campo, analisi chimiche e soprattutto lavori di
ampia divulgazione scientifica.
Parole chiave: archeologia, fisiologia, archeometria, preistoria europea,
neolitico.
Abstract. Angelo Mosso (1846-1910) was one of the most important
Italian Physiologist well-known in the scientific debate about Natural
Sciences and the biological domain of Human Beings in the late XIX century. An aspect of the scientific production of Mosso, largely neglected
in the modern studies on European Prehistory, is the multivaried activity
carried out in many archaeological sites in Sicily, Mainland Italy and
Greece. This paper aims at reconstructing the main issues of the Mosso’s
archaeological studies, which encompass field activity, chemical analyses
and works addressed to public of different target.
Keywords: archaeology, physiology, archaeometry, european prehistory,
neolithic.
*
Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto per i Beni Archeologici e Monumentali,
Via Biblioteca 4, I-95124 Catania, Italia. E-mail: [email protected]
Desidero ringraziare il Presidente dell’Accademia, prof. Alberto Conte, ed il prof. Franco
Pastrone, direttore della Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali, per l’invito a presentare una sintesi delle mie ricerche ancora in corso nel contesto scientifico torinese. Alla
liberalità di Chiara Mancinelli devo ogni agevolazione nella consultazione della biblioteca
e dell’archivio storico dell’Accademia, mentre a Maria Filippi va il mio ringraziamento per
l’assistenza nelle fasi di pubblicazione del testo.
80 Massimo Cultraro
1. Un originale percorso nello studio del mondo antico
Angelo Mosso (1846-1910), noto fisiologo piemontese e socio dell’Accademia delle Scienze di Torino dal dicembre 1881, dedica gli ultimi anni della
sua vita a coltivare la giovanile passione per lo studio del mondo antico.
Pur restando ancora oggi ampiamente citato nella storia della moderna fisiologia1, pochi in realtà conoscono l’importante contributo che lo studioso
torinese diede nel campo della nascente paletnologia europea, sia sul piano
del progresso delle conoscenze sulle culture del Neolitico mediterraneo, sia su
quello dell’ampia divulgazione scientifica rivolta al grande pubblico2.
Se durante la quarantennale attività di scienziato sperimentale e di professore universitario l’interesse per la storia si traduceva in una particolare
attenzione per l’antichistica e le scienze sociali, solo a partire dal 1904 si registra una prima intensa apertura verso la ricerca archeologica3.
Per una più corretta ricostruzione di questo aspetto inedito della personalità dello studioso piemontese, che in pochi anni riuscirà ad affermarsi con
successo anche all’interno del mondo scientifico dell’antichistica italiana ed
europea, risulta utile isolare alcuni degli elementi più rappresentativi della sua
formazione medico-scientifica.
Mosso si distingue, nel campo della moderna fisiologia sperimentale, per
l’impiego e la realizzazione di originali strumenti di misurazione e rilevamento delle reazioni del corpo umano. Aveva ereditato questo particolare aspetto
della sua ricerca dal contatto con il medico olandese Jakob Moleschott, del
quale Mosso aveva seguito i corsi di fisiologia all’Università di Torino. La
corrispondenza epistolare con il celebre fisiologo e le numerose note conservate fra le sue carte, confermano quanto determinante sia stata la figura
di Moleschott nella formazione di ricercatore sperimentale, da cui avrebbe
1
C. Di Giulio, Angelo Mosso: a holistic approach to muscular fatigue, «Archives Italiennes de
Biologie», 149 Suppl., 2011, pp. 69-76. La bibliografia su A. Mosso medico fisiologo è ampia
e per una ragionata sintesi si rimanda a M. Nani, Mosso Angelo, s.v., Dizionario Biografico
degli Italiani, vol. 77, Treccani, Roma 2012. Rimane sempre valida la ricostruzione della figura
scientifica proposta in M.L. Patrizi, Angelo Mosso. La vita e l’opera scientifica, in Introduzione
a A. Mosso, Le origini della civiltà mediterranea, Fratelli Treves, Milano 1912, pp. 3-27. La
biografia di Mosso, curata dalla figlia Mimì, è un racconto romanzato denso di informazioni che
aiutano a ricostruire, soprattutto per gli ultimi anni di vita, l’attività nel campo archeologico:
M. Mosso, Un cercatore d’ignoto, Baldini & Castoldi, Milano 1935.
2
F. Morgantini, Angelo Mosso e la preistoria del Mediterraneo. Uno scienziato prestato all’archeologia, «Quaderni del Bobbio», n. 4, 2012-2013, pp. 81-106; M. Cultraro, Dal laboratorio
allo scavo: Angelo Mosso e l’età del Bronzo nella penisola italiana e in Sicilia, in A. Guidi (a
cura di), 150 anni di Preistoria e Protostoria in Italia (Atti della XLVI Riunione Scientifica
dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria), Edizioni IIPP, Roma 2014, pp. 335-341.
3
M. Cultraro, Dal laboratorio allo scavo, cit., p. 336.
Esplorando il «passato dell’umanità nella sua forma fetale»: Angelo Mosso e l’archeologia mediterranea 81
Fig. 1. Angelo Mosso all’interno del suo laboratorio universitario. (Fonte: M. Mosso, Angelo
Mosso sugli scavi, Lettura de «Il Corriere della Sera», 12 marzo 1912).
ereditato l’interesse per gli strumenti di rilevamento delle reazioni fisiologiche, ma anche nel campo del materialismo filosofico, che sarà una delle
chiavi di interpretazione del mondo antico4. La frequentazione del biennio
di perfezionamento sotto la guida di Moritz Schiff all’Istituto di Studi superiori di Firenze nel 1871, ma soprattutto il soggiorno di studio presso il
prestigioso laboratorio di Carl Ludwig a Lipsia nel 1873, hanno contribuito
in modo determinante a sviluppare in Mosso il «metodo grafico», ovvero la
rilevazione diretta dei fenomeni fisiologici mediante l’assemblaggio di strumenti di misura tecnologicamente innovativi. Questo interesse si traduce nella
realizzazione, da parte di Mosso, di nuovi strumenti d’indagine, come il pletismografo, lo sfigmomanometro, l’ergografo e il ponometro, che consentivano
di sperimentare i rapporti tra movimento, circolazione sanguigna e fenomeni
psichici nell’uomo5 (fig. 1).
4
Un interessante quadro sul rapporto tra Moleschott e Mosso, ma anche sull’influenza esercitata dal fisiologo olandese è riassunto nel discorso di commemorazione: A. Mosso, Discorso del
prof. Angelo Mosso, in AA.VV., In memoria di Jacopo Moleschott, Tip. delle Mantellate, Roma
1894, pp. 103-127.
5
O. Pinotti, Angelo Mosso 1846-1910, in Tra società e scienza. 200 anni di storia dell’Acca-
82 Massimo Cultraro
All’interno di questa frenetica attività di laboratorio e di sperimentazione, si sviluppa in Mosso l’assunzione della lettura fisico-chimica dei processi
vitali che presto verrà estesa anche all’indagine archeologica e, più in generale del mondo antico. Il ricercatore sperimentale non può che scegliere di
indagare il lontano passato dell’uomo, restando affascinato dallo studio della
Preistoria europea: come il medico concentrato sull’indagine della fisiologia
dell’organismo, alla stessa maniera l’archeologo diventava uno «scienziato
sul campo» che ricostruiva il passato dell’umanità «nella sua forma fetale»6.
2. Gli esordi: dal Monte Rosa al Palatino di Roma
Nel 1903, al ritorno dell’ultima spedizione scientifica sulle vette del Monte
Rosa, Mosso comprende di essere affetto da tabe dorsale e, come medico, sa
bene che si tratta di una patologia che lo avrebbe portato nel tempo a condizioni di invalidità permanente7. La nomina a senatore del Regno d’Italia nel 1904
suggerisce a Mosso di abbandonare temporaneamente l’attività di laboratorio e il relativo insegnamento universitario a Torino, per trasferirsi a Roma.
Presso la biblioteca del Senato, che Mosso frequentava per continuare le sue
ricerche scientifiche, conosce l’archeologo ed architetto Giacomo Boni (18591925) che dal 1898 è direttore degli scavi del Foro Romano e del Palatino8. Il
contatto con l’archeologo veneziano si rivela fin dalle prime battute folgorante
e il rapporto si trasforma in uno stretto legame reso ancora più solido dal fatto
che nessuno dei due avesse una formazione filologica e neppure letteraria9.
Boni commissiona a Mosso, che aveva da poco dato alle stampe un lavoro
su una quindicina di crani etruschi da Tarquinia10, lo studio dei resti antropici
provenienti dallo scavo dei Fori Romani; il fisiologo torinese trasforma una
semplice indagine di antropologia fisica, fondata sui metodi di ricerca allora
noti, in uno scritto assai originale sul tema del sacrifico rituale, che ha come
demia delle Scienze di Torino, Accademia delle Scienze di Torino, Torino 1988, pp. 168-171.
6
A. Mosso, Le Origini della Civiltà Mediterranea, Fratelli Treves, Milano, 1909, p. 109.
7
Un ricordo personale sull’insorgenza dei primi sintomi della malattia, quando Mosso si trovava presso la Capanna Regina Margherita sul Monte Rosa, è riportata in L. Ferretti, Angelo
Mosso, apostolo dello sport (1846-1910), Garzanti, Milano 1951, p. 23.
8
Su Boni e le sue relazioni con i salotti intellettuali e politici romani si veda E. Tea, Giacomo
Boni nella vita del suo tempo, Cheschina, Milano 1932. Sul metodo di scavo di Boni: M.
Barbanera, Storia dell’archeologia classica in Italia, Laterza, Roma-Bari 2015, pp. 102-104.
9
10
M. Mosso, Un cercatore d’ignoto, cit., pp. 226-228.
A. Mosso, Crani etruschi, «Memorie della R. Accad. Scienze di Torino», Serie II, LVI, 1906,
pp. 263-281.
Esplorando il «passato dell’umanità nella sua forma fetale»: Angelo Mosso e l’archeologia mediterranea 83
oggetto i resti scheletrici di due individui affetti da malformazioni e con segni
di traumi11.
In questo primo lavoro, che segna l’ingresso ufficiale di Mosso nel dibattito
sull’archeologia italiana dei primi del Novecento, si colgono alcuni elementi
di grande interesse, che in un certo senso plasmano la figura del fisiologo prestato all’archeologia. Dall’archeologo e architetto veneziano Mosso apprende,
restando affascinato, il metodo stratigrafico che, nella visione dello studioso
piemontese, risponde all’unico strumento di indagine valido, in quanto sottoposto ai principi della geologia e delle scienze naturali, per comprendere i
processi di trasformazione del deposito archeologico.
Agli occhi del ricercatore abituato all’analisi chimico-fisica della fisiologia
degli organismi, l’attenzione per i processi di formazione degli strati archeologici deve necessariamente accompagnarsi alla necessità di stabilire una
correlazione tra strato e materiali in esso contenuti, evitando pericolose categorie di priorità e a vantaggio di una lettura «sistemica». Per questa ragione,
ogni piccolo manufatto, anche quello apparentemente più insignificante, rivela la sua importanza in quanto parte di un complesso più ampio ed articolato
che l’archeologo, al pari del fisiologo, deve indagare in una visione olistica12.
Mosso frequenta il cantiere di scavo nel Foro Romano e, «tra i lauri del
Palatino»13 non solo perfeziona le tecniche del metodo stratigrafico, ma comprende anche l’importanza del rilievo stratigrafico per le sezioni di scavo e
dell’impiego della fotografia in campo archeologico14.
Nella residenza romana di Boni, Mosso incontra l’archeologo scozzese
Duncan Mackenzie (1861-1934), che in quegli anni collaborava con sir Arthur
Evans nello scavo del palazzo minoico di Cnosso a Creta15. Nell’ambito dell’archeologia militante europea del primo ventennio del Novecento, Mackenzie
rappresenta uno dei più autorevoli pionieri del metodo stratigrafico e del
11
A. Mosso, Crani preistorici trovati nel Foro Romano, «Notizie degli Scavi», 1906, pp. 46-54.
12
A. Mosso, Le Origini, cit., pp. 2-3.
13
M. Mosso, Un cercatore d’ignoto, cit., p. 223.
14
L’archivio Mosso presso l’Istituto di fisiologia dell’Università di Torino conserva un’interessante raccolta di oltre un centinaio di fotografie di pazienti in cura, strumentazione ed esperimenti, che dimostrano l’attenzione che lo scienziato torinese rivolgeva a quegli strumenti
di rilevazione, quali appunto la fotografia, ritenuti oggettivi e scientifici. Nella spedizione sul
Monte Rosa del 1894 Mosso volle nel gruppo di ricerca, di cui faceva parte anche il fratello
Ugolino, professore di farmacologia all’Università di Genova, un giovane studente di medicina Beno Bizzozero, al quale era stato affidato il compito di scattare fotografie: F. Morgantini,
Angelo Mosso, cit., p. 84.
15
A. Mosso, Escursioni nel Mediterraneo e gli scavi di Creta, Fratelli Treves, Milano, 1907, p. 1;
M. Mosso, Un cercatore d’ignoto, cit., pp. 229-230.
84 Massimo Cultraro
principio di ricostruzione delle sequenze interne mediante le modifiche formali della ceramica (pottery-based chronology)16.
Le discussioni che in quegli anni infiammavano gli ambienti dell’archeologia italiana sulla scoperta della civiltà minoica, che vedeva numerosi
studiosi nazionali impegnati in prima persona17, stimolano la curiosità dello
scienziato torinese che «a 59 anni, malato, già carico di fama, di fatiche e di
onori, incominciava con giovanile baldanza la sua nuova carriera, la carriera
dell’Archeologo»18.
3. Un laboratorio a cielo aperto: il Mediterraneo antico
Nel maggio 1906 Luigi Pernier, direttore della missione archeologica
italiana, affida a Mosso l’indagine dei depositi anteriori alla fondazione del
palazzo minoico di Festòs nell’isola di Creta19. I diversi saggi aperti in alcuni
settori dell’ala sud-occidentale dell’edificio minoico, in particolare i «pozzi»
al di sotto del Vano 18, consentono di esplorare i livelli più antichi di frequentazione della collina di Festòs, raggiungendo gli strati con ceramica lustrata a
superficie bruna che Mosso, in analogia con le classi rinvenute nei depositi di
Cnosso da D. Mackenzie, non esita ad attribuire all’età neolitica20 .
L’esperienza cretese, che si diversifica tra attività sul campo ed indagini di
laboratorio (vedi infra § 4), spinge Mosso a ritornare in Sicilia, dove prima
della partenza per la Grecia, aveva soggiornato qualche mese a Siracusa su
invito di Paolo Orsi. Fu proprio costui a proporre al medico piemontese di
esplorare un insediamento a Nord di Siracusa, il sito di Stentinello, da cui
proveniva un complesso di ceramiche riferibili alla più antica occupazione
neolitica21.
Mosso conosceva la Sicilia perché nel 1870, appena laureato, aveva assolto agli obblighi militari prestando servizio nelle regioni interne dell’isola
come medico di battaglione. La conoscenza del territorio di Agrigento risale
16
Sulla figura di D. Mackenzie si veda: N. Momigliano, Duncan Mackenzie. A Cautious
Canny Highlander and the Palace of Minos at Knossos, «Bullettin of the Institute of Classical
Studies», Suppl. 72, London 1999.
17
M. Cultraro, L’anello di Minosse. Archeologia della regalità nella Creta minoica, Longanesi,
Milano, 2001, pp. 34-35.
18
M. Mosso, Un cercatore d’ignoto, cit., p. 230.
19
L. Pernier, Il Palazzo Minoico di Festòs, I, Istituto Poligrafico dello Stato, Roma 1935, p. 67.
20
A. Mosso, Escursioni, cit., pp. 1-12; Id., Ceramica neolitica, cit.; Id., Le Origini, cit.,
pp. 30-62.
21
A. Mosso, Escursioni, cit., p. 3. Sullo scavo di Stentinello condotto da Mosso nell’inverno del
1906 si veda anche M. Cultraro, Dal laboratorio allo scavo, cit., p. 337.
Esplorando il «passato dell’umanità nella sua forma fetale»: Angelo Mosso e l’archeologia mediterranea 85
Fig. 2. Angelo Mosso in ricognizione nell’isola di Creta nel 1906 (Fonte: M. Mosso, Angelo
Mosso, cit.).
aquegli anni quando probabilmente aveva avuto modo di visitare la collezione
archeologica presso il Museo Civico di Girgenti. Non lontano dal capoluogo,
in direzione della foce del fiume Platani, veniva localizzata la città greca di
Eraclea Minoa, nella quale, secondo la tradizione riportata da Diodoro Siculo
(IV, 79.49), sarebbe stato sepolto il sovrano cretese Minosse. Spinto dai ricordi
della conoscenza dei luoghi e animato dalla recente esperienza sul suolo greco,
Mosso stabilisce una stretta collaborazione con Antonio Salinas (1841-1914),
da poco nominato, insieme alla carica di direttore del Museo di Palermo, anche
Soprintendente per le province della Sicilia occidentale. Lo scavo ad Eraclea
impegna non poco Mosso, che si distingue per aver intercettato alcuni depositi
preistorici al di sotto dei livelli della città greca22, ma le difficoltà logistiche
impongono di cercare siti ben più promettenti sul piano della conoscenza del
periodo pre-greco nell’isola. Comincia la fortunata stagione dell’esplorazione dei villaggi dell’età del Bronzo di Caldare e di Cannatello, entrambi nel
22
M. Cultraro, Dal laboratorio allo scavo, cit., p. 337.
86 Massimo Cultraro
territorio di Agrigento, dai quali provengono materiali di importazione egeomicenea che Mosso interpreta correttamente nel quadro delle prime relazioni
tra mondo egeo e Mediterraneo centrale23. Il tema cretese ritorna nell’esplorazione della vasta necropoli presso Sant’Angelo Muxaro, nella media valle del
fiume Platani, nell’entroterra agrigentino, per la quale il medico piemontese si
spinge a proporre ardui confronti con il mondo miceneo, oggi ridimensionati
dalle più recenti indagini24.
L’assunto che la più antica cultura neolitica fosse il primo concreto processo unificante della penisola con la Sicilia anima la successiva ricerca
sul campo, portando Mosso a scavare in Puglia (Coppa Nevigata, Molfetta,
Bisceglie, Terlizzi, Taranto), in Abruzzo (Ripoli) e, infine, a Conelle d’Arcevia
(Ancona), dove l’acuirsi della malattia, nella primavera del 1910, impedisce
di portare a termine la ricerca archeologica25. Il sito di Conelle, rimasto inedito
per la morte improvvisa di Mosso il 24 novembre 1910, doveva rappresentare, agli occhi del fisiologo che indagava i processi vitali, il punto di espansione
più settentrionale di quel vasto processo di neolitizzazione che aveva investito
le isole e la penisola italiana, partendo dalle lontane coste cretesi.
4. Le nuove frontiere dell’archeologia
Gli scritti scientifici di Mosso su temi di archeologia del Mediterraneo sono
una fonte preziosa per ricostruire l’approccio innovativo e interdisciplinare
che il fisiologo piemontese seguiva nello studio delle più antiche comunità
neolitiche.
Fin dalle prime sperimentazioni nel campo dell’archeologia cretese, il metodo di indagine appare formalmente definito nei concetti principali. Il fulcro
dell’intero sistema è la lettura tassonomica dei «gruppi ceramici», dal momento che i vasi possono essere classificati sulla base di specifiche caratteristiche
morfotecniche, in maniera non difforme dal mondo vegetale e animale26.
Il materiale archeologico, agli occhi dello studioso abituato alla vita di
laboratorio, non è rappresentato solo dalla ceramica, ma vengono chiamate in
23
A. Mosso, Villaggi preistorici di Caldare e Cannatello presso Girgenti, «Monumenti Antichi
dei Lincei», XVIII, 1907, pp. 573-684.
24
A. Mosso, Una tomba preistorica a Sant’Angelo Muxaro nella provincia di Girgenti,
«Memorie della R. Accad. delle Scienze di Torino», Serie II, LIX, pp. 421-432. Per una ricostruzione dello scavo di Mosso a Sant’Angelo Muxaro si veda anche: M. Cultraro, Dal laboratorio allo scavo, cit., pp. 338-339.
25
M. Cultraro, Dal laboratorio allo scavo, cit., p. 339, con riferimenti bibliografici su ciascuno
dei siti menzionati.
26
A. Mosso, Ceramica neolitica di Phaestos e vasi dell’epoca minoica primitiva, «Monumenti
Antichi dei Lincei» XIX, 1908, pp. 141-224.
Esplorando il «passato dell’umanità nella sua forma fetale»: Angelo Mosso e l’archeologia mediterranea 87
causa altre evidenze, quali le faune o i resti botanici, utili alla ricostruzione
delle strategie di sussistenza e dei regimi alimentari delle comunità antiche.
Nel caso dei saggi stratigrafici di Festòs27, la classificazione tassonomica delle
faune viene condotta secondo gli strati di riferimento, fornendo un quadro
inatteso sul rapporto tra specie domestiche e selvatiche in un ampio arco
cronologico. Alle analisi faunistiche, che contemplano anche lo studio degli
strumenti ricavati da ossa animali, si aggiunge la classificazione malacologica
di molluschi di tipo terrestre e marino, che risulta ancora più preziosa se si
considera la distanza del sito di Festòs dalla fascia costiera28.
Di un certo interesse risultano anche le osservazioni sull’industria litica,
con alcune riflessioni sulla determinazione litologica e sulla circolazione
dell’ossidiana dell’isola di Melos a Creta, insieme ad un primo tentativo di
archeologia funzionale sul sistema di immanicatura ed impiego delle asce di
serpentino29.
Le ricerche di Mosso non si limitano solo allo studio tipologico-classificatorio delle principali classi di manufatti, ma si estendono all’analisi diagnostiche
sulla composizione e struttura degli oggetti. Ad esempio, uno spiccato interesse è rivolto all’analisi dei metalli antichi ai quali Mosso applica le prime
indagini chimiche distruttive finalizzate a definire la composizione della lega
metallica nel rapporto binario tra stagno e rame30. Mosso, che usufruiva di un
libero accesso ai laboratori di chimica presso i Regi Arsenali di Torino31, propone inoltre interessanti osservazioni sulle temperature di fusione e su alcuni
aspetti metallografici che le moderne indagini hanno confermato. Da alcune
capanne dell’età del Bronzo, esplorate in Sicilia e nel Mezzogiorno d’Italia,
Mosso preleva campioni di terra organica che fece analizzare nel laboratorio
di Chimica dell’Università di Parma, allo scopo di chiarire la granulometria
del suolo e l’eventuale pertinenza con terreni prossimi a bacini acquitrinosi32.
27
A. Mosso, Le Origini, cit., pp. 30-62.
28
A. Mosso, Le Origini, cit., pp. 34-37. Nel caso delle paleofaune rimane ancora da definire
l’eventuale influenza esercitata su Mosso dallo studioso di zoologia Michele Lessona (18231894), del quale raccolse in un volume le Lezioni di zoologia, edito a Torino nel 1866, pochi
anni prima del conseguimento della laurea in medicina.
29
A. Mosso, Ceramica neolitica, cit., pp. 182-186.
30
A. Mosso, Le armi più antiche di rame e di bronzo, «Rendiconti dell’Accademia Lincei»
XII, 1908, pp. 479-582. Un altro tema a cui Mosso fu particolarmente legato è quello dell’introduzione della più antica siderurgia in Italia: A. Mosso, Le origini del ferro nella preistoria,
«Rendiconti dell’Accademia Lincei» XV, 1910, pp. 295-309. Sul medesimo argomento si veda
anche: A. Mosso, Analisi chimiche di metalli minoici degli scavi di Creta, «Rendiconti dell’Accademia Lincei», XIX, 1910, pp. 225-228.
31
M. Mosso, Analisi chimica, cit., p. 228.
32
M. Cultraro, Dal laboratorio allo scavo, cit., p. 339.
88 Massimo Cultraro
Altre ricerche pionieristiche interessano l’analisi dell’ambra in contesti archeologici33, ma anche lo studio dei pigmenti coloranti impiegati in una classe
di ceramiche policrome del periodo predinastico, conservate presso il Museo
Egizio di Torino34.
Una particolare attenzione, infine, viene rivolta agli indicatori di ricostruzione della sfera del sacro, tema con il quale Mosso si era confrontato fin dalle
frequentazioni universitarie sotto la guida di J. Moleschott. Il fisiologo torinese
prende in esame una capanna di epoca neolitica, identificata nei pressi del palazzo minoico di Festòs, dalla quale provengono conchiglie, astragali bovini,
una figura fittile e un pezzo di ferro meteorico. L’insieme di questi oggetti, agli
occhi del fisiologo, non appare casuale e compito dell’archeologo è quello di
stabilire le possibili relazioni, funzionali e simboliche, tra le singole classi di
oggetti. Il risultato è straordinario perché per ciascun manufatto Mosso identifica un sottile filo rosso di collegamento, che porta a ricostruire una divinità
femminile strettamente connessa alla sfera della fertilità35. Il tema del rapporto
tra l’uomo e la sua dimensione spirituale coincide con gli interessi di Mosso
per le scienze neurobiologiche, proponendo di investigare, su base scientifica,
la componente biologica della religione dei primitivi36. L’esplorazione di un
altro importante villaggio preistorico, Cannatello, sul litorale di Agrigento,
offre a Mosso le condizioni migliori per riprendere il tema della ricostruzione
della sfera simbolico-religiosa attraverso il dato archeologico e in assenza di
fonti scritte37.
Più in generale, nei lavori analitici sui depositi di Festòs e nell’opera di
sintesi sulla preistoria del Mediterraneo, non si può fare a meno di notare la
frequenza di lemmi come evoluzione e progresso, spesso applicati alla produzione ceramica38. Ad esempio, nello studio della ceramiche, il passaggio
da fogge a corpo globoso verso profili più rigidi viene interpretato come un
indicatore cronologico, attraverso il quale «possiamo seguire il progresso di
33
M. Cultraro, L’ambra nel mondo minoico: contesti archeologici e immaginario sociale, in
F. Carinci et alii (a cura di), Kretes Minoides. Studi offerti a V. La Rosa (Studi di Archeologia
Cretese X), Ausilio Editore, Padova 2012, pp. 225-237.
34
A. Mosso, Le Origini, cit., p. 62.
35
A. Mosso, Ceramica neolitica, cit., pp. 149-156, figg. 5-12; Id., Le Origini, cit., pp. 34-37.
36
M. Cultraro, Angelo Mosso e la “religione mediterranea”. Alla ricerca delle radici del sacro
tra materialismo e scienze neurobiologiche, in O. Loretz et al. (a cura di), Ritual, Religion and
Reason. Studies in the Ancient World (Alter Orient und Altes Testament series 404), UgaritVerlag, Münster 2013, pp. 607-617.
37
A. Mosso, Idoli femminili e figure di animali dell’età neolitica, «Memorie della R. Accad.
delle Scienze di Torino», Serie II, LVIII, 1908, pp. 375-396.
38
A. Mosso, Le Origini, cit., pp. 41-47.
Esplorando il «passato dell’umanità nella sua forma fetale»: Angelo Mosso e l’archeologia mediterranea 89
queste popolazioni nelle loro prime tappe verso la civiltà»39. Mosso prova a
spiegare queste differenze, che sono preziose a livello cronologico, ricorrendo a modelli etno-antropologici e funzionali: nel caso della ceramica grigia
brunita lo studioso interpreta il colore della superficie come il risultato, dopo
alcuni tentativi da parte dei ceramisti, di una sapiente regolazione della temperatura di cottura all’interno della fornace40.
Le ricerche sulle fasi neolitiche di Festòs risultano saldamente legate alla
progressiva trasformazione del pensiero di Mosso nel campo della fisiologia
sperimentale che, in quegli anni, registra una forte oscillazione tra una visione
dei processi umani in chiave evoluzionista degenerativa, riflesso della formazione giovanile41, e la progressiva adesione al processo di naturalizzazione
dei comportamenti umani, mutuato dal condivisione del pensiero dell’amico
antropologo e medico Paolo Mantegazza (1831-1910)42.
5. Mosso e la divulgazione scientifica
Nel 1884 l’avvio della collaborazione con l’importante casa editrice milanese Fratelli Treves43, in occasione della stampa del celebre saggio La
paura, apre a Mosso la strada della divulgazione scientifica rivolta al grande
pubblico44. Il saggio, dedicato, in scia alle scoperte di Charles Darwin sulla
manifestazione delle emozioni, ai moti dell’animo e alla diretta relazione con
la fisiologia dell’organismo, riscuote un grande successo di pubblico e viene
tradotto in sei lingue (francese, russo, spagnolo, tedesco, inglese e polacco),
senza contare le numerose ristampe, anche anastatiche, in Italia, fino all’ultima
edita nel 201045. La vasta eco internazionale spinge Mosso ad intraprendere
la strada della divulgazione scientifica che si traduce nell’edizione, nel 1885,
di un volumetto dedicato alla scalata del Monte Rosa, alla quale prese parte
Alessandro Sella, figlio di Quintino46.
39
A. Mosso, Le Origini, cit., p. 41.
40
A. Mosso, Le Origini, cit., p. 40.
41
M. Nani, A. Mosso, cit.
42
M. Cultraro Angelo Mosso e la religione mediterranea, cit., p. 609.
43
Nel 1886 Mosso sposa Maria Treves, cementando il rapporto con l’editore milanese.
44
A. Mosso, La paura, Fratelli Treves, Milano 1884.
45
A. Mosso, La paura, ristampa anastatica a cura di P. Rapetti, Theoria, Roma-Napoli 2010. La
medesima fortuna ha un’altra importante opera La fatica (Milano 1891), anch’essa tradotta in
sei lingue, ma con una maggiore capacità di divulgazione anche in ambito non scientifico.
46
A. Mosso, Una ascensione d’inverno al Monte Rosa, Fratelli Treves, Milano 1885.
90 Massimo Cultraro
L’esperienza di scrittura rivolta ad un pubblico di non addetti ai lavori trova la più adeguata dimensione quando Mosso decide di dare alle stampe una
trilogia di saggi dedicati alla preistoria del Mediterraneo. Se i resoconti delle
ricerche esplorative in Sicilia, Puglia e Grecia avevano trovato spazio in alcune tra le più importanti riviste scientifiche dell’archeologia nazionale, come i
Monumenti Antichi dell’Accademia dei Lincei47, i tre volumi dedicati alle fasi
più antiche della storia dell’umanità dovevano assolvere alla funzione di far
conoscere al grande pubblico, in modo particolare ai non specialisti, le tappe
della formazione delle prime comunità umane, viste quest’ultime nel continuo
rapporto con il progresso tecnologico (invenzione della metallurgia, introduzione della scrittura)48, ma anche della costruzione del sistema politico-sociale
(organizzazione del lavoro, gestione dell’autorità. struttura militare). Il primo
saggio, edito nel 1907, era dedicato al resoconto dell’attività di ricerca intrapresa nella primavera del 1906 nell’isola di Creta, inserendosi nel solco del
più ampio tema nazionale della scoperta dell’antica civiltà minoica49. Due anni
più tardi Mosso dà alle stampe un saggio ancora più ampio ed articolato che
affronta l’origine delle più antiche comunità di agricoltori e allevatori neolitici nel Mediterraneo del V millennio a.C.50. L’articolazione dei capitoli lascia
intravvedere in filigrana l’attenzione che lo studioso rivolge al tema del progresso tecnologico e al rapporto tra i gruppi neolitici italiani e quelli dell’area
egeo-anatolica, intuendo flussi di movimenti e contatti a lunga distanza che
l’archeologia moderna in seguito potrà confermare. Questi due saggi ebbero
uno straordinario successo di pubblico e furono entrambi tradotti in inglese.
Il cerchio simbolico, che partendo da Creta per poi allargarsi al Mediterraneo antico, si chiude con un ultimo saggio dedicato alle popolazioni
preistoriche della penisola italiana e delle sue isole maggiori. Il volume dal
titolo Gli Italiani dell’età della Pietra, ultimo saggio della trilogia dedicata alla Preistoria europea, non fu pubblicato a causa dell’improvvisa morte
47
Per la bibliografia completa degli scritti archeologici di A. Mosso si veda M. Cultraro, Dal
laboratorio allo scavo, cit., pp. 340-341,
48
Sul tema dell’invenzione della scrittura si veda: A. Mosso, Le origini della scrittura, «Nuova
Antologia» 16 luglio 1910, pp. 1-21 (dell’estratto).
49
A. Mosso, Escursioni, cit. Il volume, che è dedicato all’Eforo alle antichità cretesi, Joseph
Hatzidakis, con cui Mosso stringe un intenso rapporto di amicizia e stima reciproca, presenta
una nuova edizione edita nel 1910, sempre per i tipi delle edizioni fratelli Treves, con l’inserto
di tre nuovi capitoli, di nuove disegni e soprattutto di una tavola a colori.
50
A. Mosso, Le Origini, cit.., opera della quale nel 1910 appare la fortuna edizione in inglese, A.
Mosso, The Dawn of Mediterranaean civilizations, T. Fisher Unwin, London 1910. Pochi mesi
prima della morte, Mosso riesce ad aggiornare il volume in italiano, del quale uscirà una seconda
edizione, postuma nel 1912, con un ampia nota introduttiva curata da M.L. Patrizi ed E. Thowez.
Esplorando il «passato dell’umanità nella sua forma fetale»: Angelo Mosso e l’archeologia mediterranea 91
dello studioso nel novembre 191051. Considerata per anni un’opera nota solo
a livello progettuale, incompleta o addirittura perduta, è stata ritrovata, da chi
scrive, presso il Fondo Mosso conservato nell’Archivio Storico dell’Istituto
di Fisiologia dell’Università di Torino52. La trascrizione del manoscritto, resa
difficile dalla grafia incerta e contorta dello studioso a causa della malattia e
di problemi di vista, è ancora in corso, ma da un primo esame emerge anche
in questo caso lo spiccato interesse dello studioso torinese per i principali
argomenti archeologico-antropologici che, nel caso della preistoria italiana,
si traducono nell’assunzione di una certa uniformità dei processi culturali neolitici nella penisola, come anche nelle sue isole maggiori53. Al tema della
presunta «unificazione» della penisola già in epoca neolitica si affianca quello
della critica verso le origini «indogermaniche» delle civiltà antiche, proponendo una visione più pan-mediterranea nella quale un ruolo importante sarebbe
stato svolto dall’antico Egitto e dal mondo egeo.
Valutando nel suo insieme l’ampia produzione di divulgazione scientifica54, che comprende anche un buon numero di scritti editi su «La Nuova
Antologia», si comprende perché a quasi vent’anni di distanza dalla scomparsa di Mosso, il fisiologo torinese fosse considerato «uno dei pochi scienziati
che sapevano farsi leggere»55.
51
Nell’edizione del 1910 di A. Mosso, Escursioni, p. VII è ricordato l’impegno dello studioso
nella stesura del terzo volume della trilogia di saggi archeologici.
52
Ringrazio il prof. Pier Giorgio Montarolo per avermi autorizzato alla consultazione del
Fondo Mosso e per tutte le agevolazioni nel lavoro di digitalizzazione dei documenti relativi
agli interessi letterari e archeologico-antropologici del fisiologo torinese. È in preparazione
un’edizione completa del manoscritto a cura dello scrivente.
53
Il saggio riprende molti degli argomenti trattati nei primi due volumi, ma di rilevante interesse appare la presentazione dei risultati degli ultimi due saggi di scavo nelle Marche (Conelle), e
in Abruzzo (Ripoli), condotti nella primavera del 1910, pochi mesi prima della morte dello studioso. Su questi scavi, totalmente negletti nella letteratura di riferimento, si veda: M. Cultraro,
Dal laboratorio allo scavo, cit., p. 339.
54
Per un elenco completo delle 180 pubblicazioni di A. Mosso si rimanda a P. Foà, Angelo
Mosso, «Atti della R. Accademia delle Scienze di Torino», 46, 1910-11, pp. 717-725.
55
G. Prezzolini, La cultura italiana, Corbaccio, Milano 1929, p. 208.
Acc. Sc. Torino
Atti Sc. Fis. 149 (2015), 93-98
GEOMETRIA
Laplace type problem for a rectangular lattice
and non uniform distribution
Nota presentata dal Socio corrispondente M!"#$% I&' S(&)!
nell’adunanza del 10 giugno 2015 e approvata nell’adunanza dell’11 maggio 2016
Riassunto. In questo lavoro si considera un reticolo, la cui cella fondamentale è composta da un rettangolo, e viene calcolata la probabilità
che un segmento aleatorio di lunghezza costante con esponente γ(2) intersechi un lato del reticolo.
Parole chiave: probabilità geometriche, geometria stocastica, insiemi
convessi casuali e geometria integrale.
Abstract. In this paper we consider a lattice with fundamental cell
composed by a rectangle and we compute the probability that a random
segment of constant lenght with esponential and γ(2) intersects a side of
the lattice.
Keywords:
geometric
probability,
stochastic
geometry,
random
convex
Keywords:
Geometric
Probability,
stochastic
geometry,
random
sets,
sets and convex
integralsets
geometry.
random
and integral geometry.
1. Main results
1. Main Results
Let ℜ (a, b) a lattice with the fundamental cell C0 an rectangle of sides a
and b, with b < a .
We compute the probability that a random segment s with costant lenght l <
b
,
with
non-uniformed distribution intersects the side of the lattice ℜ, therefore
2
the probability Pint that the segment s intersects a side of the fundamental cell
C0 .
Denoting with ϕ the angle that the segment s formed with the side of lenght
a of the rectangle, we consider the limiting positions of the s, for a specified
value of ϕ, in the cell C0 . We obtain the figure
AMS Classification:60D05, 52A22.
94 Marius Ion Stoka
A2
A
D
!
a3
a1
A3
A1
D1
h2
Cö 0 (! )
a2
a2
C1
C3
B1
! h3
a1
a3
B
C2
Fig. 1
C
fig.1
and the formula
3
areaCb (ϕ) = ab − 2 ∑ areaai (ϕ) .
(1)
i=1
We have that:
|AA1 | = l sin ϕ,
|AA2 = l cos ϕ, |
(2)
then
l2
sin 2ϕ,
4
In the same way by fig.1 and by (2) follow that:
areaa1 (ϕ) =
h2 =
l
cos ϕ,
2
|A1 B| = b − l sin ϕ
h3 =
l
sin ϕ,
2
|BC2 | = a − l cos ϕ,
and
then
(3)
areaa2 (ϕ) =
l2
bl
cos ϕ − sin 2ϕ,
2
4
(4)
areaa3 (ϕ) =
l2
al
sin ϕ − sin 2ϕ.
2
4
(5)
Laplace type problem for a rectangular lattice and non uniform distribution 95
Replacing in (1) the relations (4) and (5) we obtain that:
areaCb0 (ϕ) = ab − l (a sin ϕ + b cos ϕ) −
l2
sin 2ϕ.
2
(6)
Denoting by M, the set of the segments s which have their center in the cell
C0 denote likewise by N the set of the segments s completely contained in C0 .
In view of [2], we get:
Pint = 1 −
µ (N)
,
µ (M)
(7)
where µ is the Lebesgue measure in Euclidean plane.
To compute the above measures we use the Poincaré kinematic measure [1]:
dK = dx ∧ dy ∧ dϕ,
where x, y are the coordinate of the center of s and ϕ the angle already defined.
Considering that the direction of s is a random variable with density of
probability f (ϕ), we have that:
π
µ (M) =
Z2
f (ϕ) dϕ
0
π
ZZ
dxdy =
Z2
π
(areaC0 ) f (ϕ) dϕ = ab
0
{(x,y)∈C0 }
Z2
f (ϕ) dϕ (8)
0
and
π
µ (N) =
Z2
f (ϕ) dϕ
0
Z2 π
=
0
= ab
Z
0
ZZ
{(x,y)∈Cb0 (ϕ)}
π
dxdy =
Z2 h
0
i
areaCb0 (ϕ) f (ϕ) dϕ
l2
ab − l (a sin ϕ + b cos ϕ) − sin 2ϕ f (ϕ) dϕ
2
π
2
Z2 π
f (ϕ) dϕ − l
0
l
a sin ϕ + b cos ϕ + sin 2ϕ f (ϕ) dϕ.
2
Replacing in (7) the (8) and (9) we obtain that:
(9)
96 Marius Ion Stoka
π
Pint =
ab
R
l
π
2
0
f (ϕ) dϕ
Z2 0
l
a sin ϕ + b cos ϕ + sin 2ϕ f (ϕ) dϕ.
2
(10)
2. Esponential random variable.
We have that:
f (ϕ) = e−ϕ .
By this value and by the change of variable e−ϕ = u, we obtain that:
−π
2
π
Z2
f (ϕ) dϕ = −
0
e
Z
π
du = 1 − e− 2 .
(11)
1
In the same way, denoting
π
I1 =
Z2
π
e−ϕ sin ϕdϕ, I2 =
0
Z2
e−ϕ cos ϕdϕ,
0
two integration for part give us
π
I1 = −e− 2 + I2 ,
then
I1 =
i.e.
π
1
1 − e− 2 ,
2
π
Z2
0
I2 = 1 − I1 ,
I2 =
π
1
1 + e− 2 ,
2
π
π
1
e−ϕ sin ϕdϕ =
1 − e− 2 ,
2
Z2
e−ϕ cos ϕdϕ =
0
π
1
1 + e− 2 .
2
(12)
In similar way
π
Z2
0
π
π
2
e−ϕ sin 2ϕdϕ =
1 + e− 2 ,
5
Z2
0
e−ϕ cos 2ϕdϕ =
π
1
1 + e− 2 . (13)
5
Laplace type problem for a rectangular lattice and non uniform distribution 97
Replacing in (10) the relations (11), (12), and (13) we obtain that:
2l l
(1)
− π2
− π2
− π2
Pint =
.
1+e
+b 1+e
+
π a 1−e
5
2ab 1 − e− 2
3. γ(2) random variable
We have that:
f (ϕ) = ϕe−ϕ ,
(ϕ ≥ 0) .
(14)
We obtain that:
π
Z2
π
f (ϕ) dϕ =
0
Z2
ϕe−ϕ = 1 −
0
π
π
+ 1 e− 2 .
(15)
e−ϕ cos ϕdϕ,
(16)
2
Denoting
π
I1 =
Z2
π
e−ϕ sin ϕdϕ, I2 =
0
Z2
0
By integration for part and considering (12), follow that
π
I1 =
Z2
(sin ϕ + ϕ cos ϕ) e−ϕ dϕ =
0
1 1 −π
− e 2 (π + 1) + I2 ,
2 2
in similar way
π
I2 =
Z2
0
π
1 π
ϕe−ϕ cos ϕdϕ = e− 2 (1+ 2 ) ,
2
then
I1 =
1 π π
− e2 ,
2 4
i.e.
π
Z2
0
π
1 π π
ϕe−ϕ sin ϕdϕ = − e− 2 ,
2 4
Z2
0
1 π
π
ϕe−ϕ cos ϕdϕ = e− 2 1 +
, (17)
2
2
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