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La tua FORZA nella mia debolezza

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La tua FORZA nella mia debolezza
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Luci su
Padre Pio
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La tua FORZA
nella mia debolezza
d i f r. L U C I A N O L OT T I
La festa del Natale evoca inevitabilmente la fragilità del Bambinello, che viene cantata negli inni tradizionali, contemplata per
sottolineare il grande amore che
Gesù ha per noi, ma soprattutto
viene citata come segno di solidarietà profonda con l’uomo.
Padre Pio non perde occasione per
far notare che quella debolezza è
il luogo ove Dio mostra maggiormente la sua forza e la sua predilezione. Ad una figlia spirituale che soffriva per le tempeste
che si susseguivano nella sua vita e in qualche modo notava come gli altri stavano sempre meglio di lei, Padre Pio scrive così:
«Dimmi, mia dilettissima figliuola, tu ben sai che alla nascita di
nostro Signore i pastori udirono
il canto angelico e divino dei celesti spiriti; non si dice però che la
santissima Vergine e san Giuseppe, che erano più vicini al divin
pargoletto, udissero la voce e il
canto degli angeli, o videro alcun
lume miracoloso; al contrario, invece di udire gli angeli cantare,
udirono piangere il celeste Fanciullo e videro, col soccorso di
una vile lampada, i suoi occhi umidi di lagrime, le sue delicate
membra intirizzite dal freddo»
(Epist. III, p. 287).
In modo paradossale, possiamo
affermare che è proprio professare questa debolezza che ci dà occasione di conoscere il vero volto di Dio.
La scienza
della fragilità
Padre Pio non ha mai fatto mistero della sua debolezza: confessava
candidamente di sentirsi un grande peccatore, non faceva mistero
delle sue sofferenze fisiche, alzava perfino la voce se qualcuno per
troppa devozione gli stringeva la
mano piagata. Padre Raffaele racconta il momento drammatico nel
quale, lui superiore del convento,
dovette recarsi da Padre Pio e comunicargli, nel 1931, che gli avevano proibito di confessare e di celebrare in pubblico. «Egli - scrive padre Raffaele - alzando gli occhi al
cielo, disse: “Sia fatta la volontà di
Dio”. Poi si coprì gli occhi con le
mani, chinò il capo e più non fiatò.
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Il Bambino di Betlemme
è la “debolezza d’amore” di Dio
per l’uomo e il suo voler essere
solidale con la Storia.
Padre Pio
pedagogo
e testimone
della “fragilità”.
Cercai di confortarlo, ma il conforto egli lo trovò solo in Gesù pendente in croce, perché poco dopo
il vespro, tornò in coro e vi restò
fino a mezzanotte e oltre».
«Tutto posso in Colui che mi dà
forza» (Fil 4,13), aveva scritto san
Paolo ai cristiani di Filippi. Molto
spesso nella sua vita Padre Pio sarà
tornato su questa espressione per
trovare conforto e sostegno di fronte all’ottusità, e - diciamolo pure alla cattiveria di chi si accaniva contro di lui. Già nell’Epistolario trovia-
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mo le radici di questa forza interiore che lo spingeva a porre in Dio la
sua completa fiducia, quando, in risposta a padre Angelico da Sarno
che, come lui, era stato ritenuto idoneo al servizio militare, Padre Pio
scriveva: «Non temere, fratello
mio; Gesù è con noi e di che cosa
possiamo temere? Chi più forte di
lui? Non ti ha forse con ispecial cura assistito fino a questo momento? Dunque di che temi? Della tua
fragilità forse? Ma non si compiace questo Dio di amore di perfezionare la virtù nella stessa debolezza?» (Epist. IV, p. 275).
C’è nel discorso di Padre Pio una
lettura sapienziale dell’esistenza
che lo porta a credere fermamente nel Dio dei poveri e degli ultimi,
fino a ritenere che proprio il mo-
mento in cui si sperimenta maggiormente la propria debolezza è
quello in cui il Signore si manifesta. Ad una figlia spirituale scrive: «Ama la tua abiezione» (Epist.
Morgera, p. 147), invitandola a vivere proprio quella “scienza della
fragilità” che costituirà l’elemento
portante della sua lettura sapienziale dell’esistenza.
Chicco che muore o
granello di senape?
In realtà le due immagini evangeliche non sono alternative, anzi sembrano essere complementari: il
chicco muore per portare frutto, il
granello di senape, che è il più pic-
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colo tra i legumi, diventa quasi un
albero. Per Padre Pio, però, come
già per san Paolo - come d’altronde
ricorda egli stesso - le due parabole sembrano contrapporsi. Dopo la
stimmatizzazione si domanda infatti se sia più giusto restare e immolarsi per i fratelli o raggiungere
quel Dio che brama e attende di
possedere eternamente. Anche in
questo caso, la risposta nasce da
una lettura sapienziale della sua
fragilità: «Del mio spirito presentemente non sono in grado di dirvi
altro se non che Gesù mi incomincia a far sentire intimamente dolce il vivere e penare per i fratelli»
(Epist. I, p. 1184). Un discorso quanto mai attuale per una Chiesa che
si prepara ad un nuovo momento
di grande evangelizzazione. Padre
Pio propone il volto di una Chiesa
che sa attendere e attendersi: attendere l’evento di Cristo che si ripete
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nel tempo, ogni qual volta la sua
grazia avvolge la storia di qualcuno, ma anche disporre il cuore ad
abbracciare costantemente lo Sposo, nonostante non sempre sia così
evidente e, anzi, sembra che nella
barca stia dormendo. È il Dio del
mistero col quale Padre Pio deve
confrontarsi ogni giorno, vivendo
la più tremenda delle fragilità,
quella del “non vedere”. La morte del seme, la trasformazione del
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Padre Raffaele
da Sant’Elia
a Pianisi,
superiore
di Padre Pio
nel 1931.
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granello in un albero, sono misteri
invisibili ad occhio nudo e la stessa croce non è sempre facilmente
identificabile, a volte si nasconde
negli anfratti del nostro carattere,
ce la procuriamo con i nostri errori,
arriva d’improvviso inaspettata.
Pensare che il credente, e lo stesso
Padre Pio, vadano in cerca di croci
è solo una farsa: nessuno “vuole”
il soffrire, ma il credente è colui che
sa scoprire Dio, come compagno
della propria sofferenza.
Nel libro di padre Marcellino che
raccoglie tante testimonianze di
persone che hanno conosciuto Padre Pio, si racconta di un sacerdote che, al termine della santa Messa, chiedeva a Dio la partecipazione dolorosa al sacrificio di Cristo.
Padre Pio, però, pur lodando questo desiderio di solidarietà con Cristo, risponde che sua massima era
«niente domandare e niente rifiutare». In un’altra occasione disse
allo stesso sacerdote: «Tu hai fretta
e vuoi prevenire la grazia. I volenterosi al di più la fiancheggiano,
non la prevengono... Prepara piuttosto le tue spalle... prepara le spalle, perché le croci verranno...».
Se non diventerete
come bambini
A volte si resta perplessi nel guardare a distanza il mondo che girava intorno a Padre Pio: persone che
lasciavano tutto per vivere in un
paese sperduto, donne che passavano quasi l’intera giornata in chiesa, un sacerdote - come abbiamo
visto - che andava da solo in cerca
di croci. Molti di questi atteggiamenti possono essere assimilati al
fanatismo, ma non era sempre co-
sì. Spesso Padre Pio sapeva cogliere nell’entusiasmo un po’ eccessivo
di un convertito o nell’impazienza di chi voleva diventare santo in
pochi giorni, quella semplicità e generosità che ha in sé una fede genuina, quella del bambino di cui
parla il Vangelo.
Padre Francesco Savino, nel suo
recente libro, racconta che un giorno suo padre, mentre stava lavorando nell’orto del convento di
San Giovanni Rotondo, «rimuginando sulla grandezza di Dio...
preso da un fervore mistico buttò
la zappa lontano, cadde in ginocchio e, con le mani giunte e con gli
occhi rivolti al cielo, cominciò a
pregare. In questo atteggiamento
lo sorprese Padre Pio... che si accostò pian piano alle sue spalle e,
poggiando la mano piagata sulla
testa, gli disse: “Bravo, Giovannino, ti manca ben poco per essere
dei nostri”».
Verso il finire degli anni venti,
quando veniva criticato perché
PA D R E A N G E L I C O DA S A R N O
Il granello
di senape è
il più piccolo
dei legumi che
diventa un albero.
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non faceva nulla per allontanare
da sé certi fanatici, Padre Pio rispose: «Io prendo le anime come Dio
me le manda», lasciando così che
quel Dio che vuole la fede genuina del bambino, fosse lui a scrivere la storia delle conversioni, senza
proporre quei cliché pastorali e liturgici, nei quali o sei la fotocopia
di come ti vuole il parroco, o resti
fuori dalla comunità.
IL FRATE SANTO
DI PIETRELCINA
GUARDAVA
ALLA SEMPLICITÀ
E ALLA GENUINITÀ
DELLA FEDE
DELLE ANIME
AFFIDATEGLI
DAL SIGNORE.
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