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La sindrome cerebellare e la debolezza nel gatto: due

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La sindrome cerebellare e la debolezza nel gatto: due
La sindrome cerebellare e la debolezza nel gatto:
due condizioni neurologiche di frequente riscontro*
D. LOTTI
Dottorando in Medicina Interna
Veterinaria presso Dipartimento di
Patologia Animale, Università di Torino
*Relazione tenuta in occasione del corso di aggiornamento sulle
malattie del gatto organizzato dal Gruppo di Studio SCIVAC di
Medicina Felina (Milano, 28/11/1993).
LA SINDROME CEREBELLARE
Brevi concetti di neuroanatomia
Per introdurre il tema della sindrome cerebellare è
opportuno premettere alcune brevi note di neuroanatomia
e neurofisiologia. Il cervelletto è localizzato caudalmente
agli emisferi cerebrali, dorsalmente al IV ventricolo, e al
ponte cui è collegato mediante 3 peduncoli: il rostrale, il
medio ed il caudale attraverso i quali transitano le vie afferenti ed efferenti.
È formato da due emisferi laterali ed una porzione
impari mediana, il verme.
La corteccia cerebellare viene divisa anatomicamente in
lobo anteriore, lobo posteriore e lobo flocculo-nodulare,
mentre dal punto di vista istologico è costituita dalla sostanza grigia esterna, che comprende tre strati (il molecolare
esterno, quello delle cellule di Purkinje e delle cellule granulari) e, più profondamente, dalla sostanza bianca.
All’interno di quest’ultima si trovano alcuni nuclei di
sostanza grigia: il dentato, l’interposito (nuclei della base),
quello del fastigio o del tetto ed i laterali.
Le afferenze arrivano al cervelletto attraverso i peduncoli cerebellari; la corteccia cerebellare riceve, mediante le
vie spinocerebellari, bulbo cerebellari e reticolocerebellari,
segnali afferenti dai recettori periferici, dagli organi di
senso e dal sistema nervoso centrale. In particolare giungono informazioni propriocettive ed esterocettive relative
alla posizione degli arti e del corpo, ed ancora impulsi
vegetativi. Contemporaneamente il cervelletto riceve,
attraverso il peduncolo medio, stimoli dalla corteccia
parietale e temporo-occipitale.
La corteccia cerebellare va considerata come una struttura associativa che mette in connessione, mediante gli
assoni delle cellule del Purkinje, le fibre afferenti con i
nuclei della base del cervelletto, con quelli vestibolari da
dove gli impulsi vengono proiettati (fibre efferenti) al
tronco encefalico, al talamo, alle diverse formazioni extrapiramidali (nuclei della base, nucleo rosso, sostanza reticolare pontina) ed alla corteccia attraverso le vie cerebello talamo - corticali. Il cervelletto è quindi una stazione intermedia fra la periferia e la corteccia somato-motoria, con
cui è in correlazione reciproca. Infatti tutte le informazioni
sensitive e sensoriali che ascendono alla corteccia e quelle
motorie discendenti che provengono da quest’ultima, rice69
PATOLOGIA FELINA
Veterinaria, Anno 9, n. 1, Marzo 1995
La sindrome cerebellare e la debolezza nel gatto
vono modulazioni dal cervelletto. Le cellule del Purkinje
sono in uno stato di inibizione, mentre quelle dei nuclei
profondi di eccitazione: le cellule di Purkinje controllano
quelle degli strati profondi inibendole, determinando
quindi una facilitazione dei centri controllati da queste
ultime.
Il cervelletto presiede al controllo del movimento affinché possa essere compiuto in modo corretto e preciso.
Questa modulazione avviene prima, durante e al termine
del movimento stesso ed è esercitata per regolare la durata, l’ampiezza e la gradualità dei movimenti volontari ed
involontari. Esemplificando, il cervelletto riceve il programma elaborato dalla corteccia cerebrale somato motoria e lo confronta, istante per istante, con le afferenze
propriocettive ed esterocettive che provengono dagli arti e
dal corpo. Attraverso questo confronto il cervelletto valuta
gli errori nelle risposte motorie inviate dalla corteccia, li
corregge ed informa la corteccia della modulazione effettuata tramite le vie cerebello-corticali.
Se manca il controllo cerebellare la corteccia elabora
risposte in eccesso, ad esempio nella deambulazione l’arto
viene portato oltre il punto desiderato, ma non appena ciò
avviene la corteccia si accorge di questo errore, comunque
è già avvenuto e determina una riduzione esagerata delle
risposte motorie successive. Ne consegue un passo dismetrico (ipermetria) e nel caso di movimenti volontari del
capo (come per es. l’avvicinare il capo alla ciotola del
cibo) un continuo movimento di oscillazione intorno alla
posizione corretta (tremore intenzionale).
Inoltre, mancando il controllo sui movimenti involontari (tono e postura), l’animale ha difficoltà a mantenere la
stazione, allarga la base d’appoggio e manifesta tremori
del tronco, con oscillazione intorno alla posizione di equilibrio (atassia del tronco).
Segni clinici
I segni clinici da disfunzione cerebellare sono quindi
rappresentati da ipermetria, allargamento della base
d’appoggio, atassia del tronco e tremore intenzionale. Altri
segni quali il deficit di risposta al gesto di minaccia ed il
nistagmo sono presenti solo occasionalmente e sono legati
rispettivamente al fatto che le vie di connessione fra il
nucleo del VII n.c. e la corteccia visiva transitano presumibilmente per il cervelletto, e all’interessamento del peduncolo cerebellare caudale.
Diagnosi differenziale della sindrome cerebellare nel gatto
Per impostare la diagnosi differenziale è opportuno utilizzare l’acronimo DAMNITV proposto dal Prof.
Osborn, che suddivide le varie patologie in varie categorie:
- Degenerazioni,
- Anomalie,
- Malattie metaboliche,
- Neoplasie, alterazioni nutrizionali,
- Infiammazioni, forme infettive, idiopatiche
- Tossicosi e traumi
- Vascolari.
Considerando quindi questo acronimo possiamo ricordare fra le forme degenerative la panleucopenia. Il virus
colpisce le cellule dello strato germinale esterno che nel
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periodo fetale sono in intensa attività mitotica. Ne consegue un’ipoplasia dello strato granulare accompagnata frequentemente da degenerazione delle cellule del Purkinje.
Essendo queste ultime deputate alla trasmissione degli
impulsi alla corteccia cerebellare, ipoplastica, e ai nuclei
profondi, il cervelletto non funziona in modo corretto.
Questa malattia, che si manifesta non appena i cuccioli
cominciano a camminare o entro i primi due tre mesi di
vita in funzione del periodo in cui è stata contratta (forma
congenita o neonatale), è la causa più frequente di sindrome cerebellare nei gattini. Non tutti i fratelli della nidiata
sono colpiti e generalmente non sono presenti segni sistemici relativamente all’interessamento di altri organi od
apparati.
Fra le forme degenerative va segnalata, pur essendo una
condizione estremamente rara, anche la degenerazione
spongiforme dei gatti egiziani che compare intorno ai due
mesi di età. Altre cause in grado di indurre degenerazione
sono le malattie da accumulo: con questo termine si indicano le patologie determinate da una deficienza di enzimi
contenuti nei lisosomi delle cellule del sistema nervoso e
di altri apparati che comporta l’accumulo intracellulare di
materiale non degradato con conseguente degenerazione
cellulare. Fra le malattie da accumulo in grado di determinare la comparsa di sindrome cerebellare ricordiamo la
sfingomielinosi e la mannosidosi. La prima, che colpisce i
gatti siamesi e più raramente gli europei comuni all’età di
3-4 mesi, si manifesta con un quadro cerebellare seguito
da disturbi della funzione visiva e deficit motori fino alla
paralisi completa e morte. Sono anche stati segnalati casi
di sfingomielinosi senza interessamento del sistema nervoso centrale.
La mannosidosi colpisce gatti persiani di due - tre mesi
di età e gattini europei comuni di sei - sette mesi di vita. In
questi ultimi sono associate gravi alterazioni scheletriche
che di solito non si osservano nei cuccioli di persiano.
Anche in questa malattia da accumulo, il decorso è cronico progressivo e non esiste alcuna possibilità terapeutica.
Fra le anomalie ricordiamo l’ipoplasia cerebellare congenita riferibile o meno al virus della panleucopenia,
l’aplasia e le agenesie.
Per quanto concerne le neoplasie generalmente il segnalamento riferisce di un paziente anziano o di un soggetto
precedentemente colpito da neoformazioni in altre sedi.
La sindrome cerebellare può essere una delle manifestazioni iniziali della deficienza da tiamina.
Alcune malattie infettive possono interessare il sistema
nervoso centrale e quindi anche il cervelletto, determinando un quadro clinico riferibile a lesioni plurifocali. La
peritonite infettiva nella forma secca provoca una meningoencefalite con infiltrazione piogranulomatosa a livello di
leptomeningi, plessi coroidei, ependima e parenchima
cerebrale. L’angolo ponto-cerebellare viene quindi spesso
coinvolto. Altre malattie infettive in grado di indurre
disfunzioni del cervelletto sono la criptococcosi, in cui
quadro clinico principale è riferibile all’interessamento
dell’apparato respiratorio accompagnato da linfoadenopatia sottomandibolare. Seppur più raramente, anche la
toxoplasmosi può coinvolgere il cervelletto.
Spesso invece i traumi possono provocare disfunzioni
cerebellari che, in genere, però si manifestano con un quadro acuto, per emorragie o compressioni al lobo rostrale
del cervelletto, caratterizzato da opistotono e solo in caso
di superamento della fase acuta compare la suddescritta
sindrome cerebellare.
LA DEBOLEZZA
La debolezza può essere legata a problemi neurologici. Si
manifesta con l’incapacità del paziente a sorreggere il proprio peso e con una minor resistenza alla fatica e all’esercizio
fisico. La debolezza può essere presente solo in alcune circostanze ed in questo caso viene definita come debolezza episodica. Spesso nel gatto la manifestazione clinica più eclatante è la ventroflessione del collo. Le cause di debolezza nel
gatto possono essere riferibili a disfunzioni neuromuscolari,
metaboliche e cardiovascolari. In quest’ultimo caso la debolezza è di tipo episodico e può essere provocata in gatti giovani da anomalie cardiache (stenosi aortica, alterazioni del
setto interventricolare, tetratologia di Fallot) o, in soggetti
più anziani, da miocardiopatie acquisite che inducono gravi
aritmie. Solo il tracciato elettrocardiografico che dimostri la
presenza di tali aritmie nel corso degli episodi di debolezza è
diagnostico.
Malattie neuromuscolari
Nell’ambito delle malattie neuromuscolari si considerano le polineuropatie, le giunzionopatie, le polimiopatie e la
deficienza da tiamina.
Polineuropatie. Con il termine polineuropatia si intende
una disfunzione generalizzata dei nervi. I segni clinici riferibili a neuropatia sono l’ipo/a/riflessia, l’atrofia dei
muscoli innervati grave e precoce, l’ipo/anestesia dei dermatomi innervati con eventuale iperestesia delle aree circostanti ed alterazioni nel tracciato elettromiografico.
Le principali cause in grado di indurre polineuropatia
nel gatto sono il diabete, l’avvelenamento da piombo e la
poliradicoloneurite idiopatica.
Giunzionopatie. Questo termine si riferisce ad una alterazione nella trasmissione dell’impulso nervoso a livello di
giunzione neuromuscolare. Fra le cause di giunzionopatia
ricordiamo la myasthenia gravis, una malattia congenita od
acquisita, che comporta una diminuzione del numero di
recettori colinergici a livello di giunzione. La forma congenita colpisce gatti di età inferiore ai sei mesi. Il quadro clinico è caratterizzato da debolezza che peggiora con l’esercizio, ventroflessione del collo, tremori muscolari diffusi,
dispnea, scialorrea, disfagia e frequentemente rigurgito da
megaesogo. Talora è accompagnata dalla contemporanea
presenza di un timoma. La diagnosi può essere formulata
mediante l’indagine elettromiografica o con il test
dell’edrofonio cloruro (Tensilon) (0,2-0,3 mg e.v): l’inoculazione e.v. di questo inibitore delle colinesterasi può
apportare un rapido e completo miglioramento della
sintomatologia che persiste per una decina di minuti al
massimo. Questo test deve essere eseguito però solo quando il sospetto di myasthenia gravis è molto fondato in
quanto il Tensilon può peggiorare il quadro di debolezza
provocato per esempio da avvelenamento subacuto da
organofosfati. La terapia della myasthenia, che va protratta per 1 o 2 settimane, prevede la somministrazione di
piridostigmina alla dose di 3-10 mg per os ed eventualmente di prednisolone alla posologia di 0,5-2 mg /kg.
Un’altra condizione piuttosto frequente in grado di
determinare una giunzionopatia è l’avvelenamento subacuto da organofosfati che si manifesta in soggetti trattati
ripetutamente con questi prodotti. Nell’avvelenamento
subacuto non si osservano i segni muscarinici quali salivazione profusa, vomito, diarrea, miosi, ipersecrezione
bronchiale, broncospasmo, ma il quadro clinico è caratterizzato da debolezza, tremori muscolari, eccitazione, crisi
convulsive e sindrome vestibolare centrale. La diagnosi
può essere ipotizzata dall’anamnesi, ma viene confermata
solo mediante la valutazione della colinesterasi sierica (diagnostica < 500 U.I). La terapia è a base di difenidramina
alla dose di 2-4 mg /kg ogni 8-12 ore.
Polimiopatie. Le polimiopatie in grado di indurre un quadro di debolezza sono quelle idiopatica, per la quale si invoca un’ipotesi autoimmune, le miopatie nel corso di morbo
di Cushing, la miopatia spastica ereditaria del Devon Rex e
quelle provocate da ipokaliemia. Quest’ultima può essere
legata ad una minor assunzione di potassio, ad un suo
aumento intracellulare o ad una perdita di questo elettrolita.
Si verifica nel corso di numerose patologie fra le quali la
fase poliurica dell’insufficienza renale, nell’acidosi diabetica,
nell’iperaldosteronemia (sindrome di Conn) e nell’ipokaliemia idiopatica del gatto Burmese. Qualunque sia la causa, la
diminuzione del potassio sierico comporta debolezza con
ventroflessione del collo, e spesso trascinamento degli arti.
Talora a questo quadro si associa dolore muscolare diffuso.
La diagnosi viene confermata allorquando la kaliemia è
inferiore ai valori normali (1,5-3,5 mEq/l). La somministrazione di potassio per via endovenosa lenta (0,5 mEq/ora)
con monitoraggio del tracciato elettrocardiografico, alla
dose di 2-4 mEq ogni 12 ore determina un graduale miglioramento del quadro nell’arco di 4 giorni.
Deficienza da tiamina. Comporta un’alterazione nel metabolismo del glucosio. Si osserva in gatti alimentati con
dieta a base di pesce, che contiene l’enzima tiaminasi, o in
soggetti defedati da un periodo di malattia e di anoressia. I
segni neurologici sono inizialmente riferibili a disfunzione
vestibolare centrale con atassia accompagnata da deficit di
propriocezione, rotazione del capo, maneggio, perdita di
equilibrio e nistagmo. Possono comparire successivamente
sindrome cerebellare, debolezza con ventroflessione del
collo, grave depressione del sensorio e crisi convulsive. Se
la terapia a base di tiamina alla dose di 20-50 mg viene
impostata nelle fasi iniziali si può ottenere la completa
remissione del quadro clinico.
Disfunzioni metaboliche
Le cause metaboliche di debolezza nel gatto sono
numerose e fra queste ricordiamo l’ipoadrenocorticismo
primario o morbo di Addison, l’iperadrenocorticismo o
malattia di Cushing, l’ipertiroidismo, l’ipocalcemia e l’ipoglicemia.
L’ipoadrenocorticismo si manifesta con segni clinici
aspecifici quali letargia, anoressia, dimagramento, disidratazione e, meno frequentemente, con debolezza ed
ipotermia accompagnate da vomito, poliuria e bradicar71
PATOLOGIA FELINA
Veterinaria, Anno 9, n. 1, Marzo 1995
La sindrome cerebellare e la debolezza nel gatto
dia. Le analisi di laboratorio rivelano iperazotemia, iponatremia, iperkaliemia ed iperfosfatemia. La diagnosi
viene confermata dal riscontro di un titolo normale o
diminuito del cortisolo sierico non seguito da innalzamento dopo somministrazione di ormone adrenocorticotropo (ACTH).
Il quadro clinico dell’ipertiroidismo, che è l’endocrinopatia più frequente nei gatti di età superiore agli otto
anni, è caratterizzato da ansietà, polifagia e contemporanea perdita di peso, pelo arruffato con presenza di aree
alopeciche, steatorrea, miocardiopatia ipertrofica o dilatativa e debolezza con ventroflessione del collo. Spesso è
palpabile una massa in corrispondenza della regione ventrale del collo. La diagnosi si basa sui segni clinici e sulla
valutazione di T3 e T4, ricordando che questi valori fluttuano e quindi non sempre la diagnosi è così facilmente
raggiungibile.
L’ipocalcemia è spesso una conseguenza della tiroidectomia o, più raramente, compare nel corso dell’allattamento.
L’ipoglicemia, poco comune in questa specie, generalmente provoca l’insorgenza di crisi convulsive e, solo
occasionalmente, di debolezza.
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DOMANDE ALLA DOTT.SSA LOTTI
È possibile la sindrome cerebellare congenita dovuta a
vaccinazione eseguita durante la gravidanza con virus della
panleucopenia?
Sì, ma solo con vaccino vivo, che non viene usato.
Sono segnalati casi di sindrome cerebellare nel gatto per
intossicazione da ivermectina?
Non ho mai letto segnalazioni in questo senso.
Bibliografia
Clinical Syndromes in Veterinary Neurology, Braund K.G., Williams &
Wilkins, Baltimore, 1986.
Problems in Small Animal Neurology, Chrisman C. L., Lea & Febiger,
1991.
Essential Small Animal Internal Medicine, Nelson R.W., Couto G.C.,
Mosby Year Book, 1992.
Episodic weakness and collapse in the cat, Boyd R. J., Feline Medicine
Symposium, Kal Kan Foods, 1991.
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