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Ero una bellissima rana

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Ero una bellissima rana
LA
FIABA
Ivano Terzoli ed Enrico Vaime
Ero una bellissima rana
GENERI
Molti autori moderni hanno creato delle fiabe «comico-umoristiche» rovesciando certe situazioni tipiche delle fiabe. Ad esempio, nelle fiabe
classiche, un tema ricorrente è quello della bellissima principessa trasformata da una perfida strega in una brutta rana e destinata a riprendere il suo aspetto solo grazie a un bacio, che solitamente è il bacio del
principe, suo innamorato.
Nella fiaba che stai per leggere, invece, una bellissima rana, proprio in
seguito al bacio di un principe, viene trasformata in un’orribile principessa. Di qui una serie di vicende comico-umoristichefino alla situazione finale che vede la protagonista...
Divertiti a leggere la fiaba, a cogliere il tono comico-umoristico della
narrazione e, insieme ai tuoi compagni, prova a ricavarne la morale.
1. girino: la larva del
rospo e della rana; ha la
forma di un piccolo pesce dal corpo tozzo con
una lunga coda, la quale, durante la trasformazione, si va semprepiù accorciando fino a
scomparire del tutto.
2. operato: attuato.
1
Il mio nome è Evelyne: ero una bellissima rana.
Avreste dovuto vedermi quando ero giovane. Le rane sono serie e
non organizzano concorsi di bellezza, altrimenti li avrei vinti sicuramente tutti io.
Già da girino1 ero straordinaria. La mia pelle era morbida, di un verde brillante, con piccole macchie scure. Mi chiamavano «la rana di
velluto». Col mio gracidìo facevo innamorare tutti i rospi. Non c’era stagno dove non si parlasse della mia bellezza e della mia voce.
Ero una rana felice e di successo.
Solo gli inventori di fiabe possono immaginare come infelice l’esistenza della nostra specie. Le rane delle fiabe, secondo loro, fremono tutte nell’attesa di diventare principesse grazie allo scioglimento
di un incantesimo di solito operato2 dal bacio di uno di quegli sciocchi prìncipi eternamente a cavallo. Io ho sempre avuto una gran
paura dei prìncipi; una paura uguale a quella che ho per i pescatori.
Se caschi nelle loro mani, in tutti e due i casi, sei fritta.
Una notte di mezza luna ero stata invitata a tenere un concerto di
musiche alla moda in uno stagno. Conclusa la prima parte della serata, mi ritirai nel camerino mentre fuori una folla di rospi impazziti scandiva gracidando il mio nome: «E-ve-ly-ne! E-ve-ly-ne!».
Ero commossa e felice. A un tratto sentii bussare alla porta.
«Chi è?» chiesi.
«Un suo ammiratore» fu la risposta.
Non feci in tempo ad aprire la porta del camerino che una mano pelosa mi afferrò.
«Cielo! Un principe!» urlai terrorizzata.
Cercai disperatamente di divincolarmi.
«Pietà! La prego, non mi baci, non mi rovini. Se proprio non può
fare a meno di baciare qualcuno, prenda una cicala, una talpa, una
puzzola, ma mi lasci! Sia buono, abbia pietà di me!»
Rosetta Zordan, Il Narratore, Fabbri Editori © 2008 RCS Libri S.p.A. - Divisione Education
LA
FIABA
3. moto: smorfia, ge-
GENERI
sto.
4. ciurma: l’equipaggio
di una nave, con valore
per lo più spregiativo.
2
Il principe non mollò la presa e mi baciò sul dorso. Persi i sensi e,
quando rinvenni, mi ritrovai in un letto sormontato da un baldacchino rosa. Corsi allo specchio. Che orrore! Il perfido principe, col
suo bacio, mi aveva trasformato in un’orribile principessa.
Ero orrenda: non solo dal punto di vista delle rane, ma anche da
quello degli uomini, tanto è vero che nessuno mi guardava volentieri. Il re, quando mi vide per la prima volta, non seppe trattenere un
moto3 di fastidio, mentre la regina si coprì gli occhi per non guardarmi.
«Siete sicuri che il principe abbia baciato davvero una rana?» chiese il re. «Mandatelo a chiamare!»
«Maestà, il principe è fuggito!»
«Dove? Quando?»
«Subito dopo aver visto vostra figlia. Dove, non si sa.»
«E adesso questa qui chi la sposa?»
Assistevo piangente alla catastrofe che mi era capitata. Io, Evelyne,
la rana di velluto, trasformata in Abelarda, orribile principessa che
nessuno voleva non solo sposare, ma neanche guardare.
Per non impressionare il popolo, mi rinchiusero in una torre del castello. Di tanto in tanto si apriva uno sportello e si affacciava qualche principe, convocato da mio padre perché mi sposasse. Sentivo al
di là dell’uscio borbottii di scuse nei quali l’unica frase che si riusciva a capire era:
«Mi dispiace, ma devo proprio partire. Se mai ne riparliamo al ritorno».
Sarei rimasta in quella torre fino alla fine dei miei giorni, se la fama
delle mie ricchezze non fosse giunta fino al capo di una ciurma4 di
pirati che battevano i mari, depredando e saccheggiando.
Una notte qualcuno abbatté la porta. Un uomo con una benda sull’occhio destro, un uncino al posto di una mano e una gamba di legno, apparve sulla soglia. Capii subito che doveva trattarsi di un pirata. Anche perché mi avvolse in una coperta e mi portò fin sulla nave ancora al largo.
Il piano dei pirati era molto semplice: chiedere al re, mio padre, un
riscatto per riavere la sua unica figlia. Ma il re si rifiutò di pagare e
rispose: «Abelarda l’avete voluta e adesso ve la tenete!».
I poveri pirati dovettero andarsene con una bocca in più da sfamare.
Le mie prigioni finirono al mercato degli schiavi. Non perché qualcuno mi avesse acquistato. Ero rimasta l’unica schiava non venduta
malgrado che i pirati, demoralizzati, avessero appeso al mio petto un
cartello con la scritta «SALDI».
Ormai era sera e di affari non se ne facevano più. Ero seduta in un
angolo, accanto a una pozzanghera che mi riportava alla mente i panorami della mia infanzia felice, quando dalla pozzanghera vidi uscire un rospo.
Rosetta Zordan, Il Narratore, Fabbri Editori © 2008 RCS Libri S.p.A. - Divisione Education
LA
FIABA
5. rimirai: guardai e ri-
guardai.
Sospirai. Avrei voluto parlargli, dirgli chi ero. Ma un rospo non
avrebbe potuto capirmi. Tesi la mano per accarezzarlo. Egli si ritrasse inorridito, saltando sul sentiero. Proprio in quel mentre stava
arrivando una carovana. Il rospo, di spalle, non poteva accorgersene. Sarebbe sicuramente finito schiacciato se io non mi fossi lanciata verso di lui, raccogliendolo e proteggendolo. Il rospo capì di essermi debitore della vita, chiuse gli occhi e mi baciò sulla fronte.
Oh! Meraviglia! Quel bacio mi trasformò ancora in rana. Mi affacciai allo stagno e mi rimirai5 felice. Ero di nuovo Evelyne, la rana di
velluto. Abelarda non era più che un brutto ricordo. C’è bisogno di
dire che sposai quel rospo e che vivemmo a lungo felici e contenti
con tanti bei girini?
GENERI
(da Le favole comiche, Bietti, Milano, rid. e adatt.)
3
Rosetta Zordan, Il Narratore, Fabbri Editori © 2008 RCS Libri S.p.A. - Divisione Education
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