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parte generale - Bosco del Rugareto

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parte generale - Bosco del Rugareto
CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA
E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE
CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE
FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA
E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE
Studio di fattibilità
RELAZIONE FINALE
Marzo 2011
CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA
E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE
CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE
FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA
E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE
-
STUDIO DI FATTIBILITA’
RELAZIONE FINALE
Marzo 2011
A cura di
Franco Zavagno (Aspetti vegetazionali)
Andrea Viganò (Aspetti faunistici)
Giovanni D’Auria (Cartografia tematica)
2
CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA
E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE
INTRODUZIONE
1. STATO DELLA RISORSA SUOLO
1.1 IL TERRITORIO URBANIZZATO (IMPRODUTTIVO)
1.2 IL TERRITORIO AGRO-SILVO-PASTORALE (T.A.S.P.)
1.3 PIANIFICAZIONE COMUNALE ATTUALE
2. ANALISI DEGLI HABITAT E DEGLI ASPETTI VEGETAZIONALI
2.1 QUADRO GENERALE
2.2 DESCRIZIONE DELLE TIPOLOGIE PRESENTI
2.2.1 Boschi e formazioni arboree s.l.
2.2.2 Vegetazione erbacea e arbustiva
2.2.3 Ambienti vari
3. ANALISI DEGLI ASPETTI FAUNISTICI
3.1 PREMESSA
3.2 LINEE METODOLOGICHE
3.2.1 Generalità
3.2.2 Anfibi
3.2.3 Mammiferi
3.2.4 Uccelli
3.3 SPECIE GUIDA
3.3.1 Anfibi
3.3.1.1
3.3.1.2
3.3.1.3
3.3.1.4
3.3.1.5
3.3.1.6
3.3.1.7
3.3.1.8
3.3.1.9
Salamandra pezzata (Salamandra salamandra)
Tritone crestato (Triturus carnifex)
Rospo comune (Bufo bufo)
Rospo smeraldino (Bufo viridis)
Raganella (Hyla intermedia)
Rana esculenta (Rana synklepton esculenta)
Rana agile (Rana dalmatina)
Rana di Lataste (Rana latastei)
Pelobate fosco insubrico (Pelobates fuscus insubricus)
3.3.2 Mammiferi
3.3.2.1
3.3.2.2
3.3.2.3
3.3.2.4
Scoiattolo (Sciurus vulgaris)
Tasso (Meles meles)
Cervo (Cervus elaphus)
Capriolo (Capreolus capreolus)
3.4 ATTIVITA' DI CAMPO
3.5 RISULTATI
3.5.1 Anfibi
3.5.1.1
3.5.1.2
3.5.1.3
3.5.1.4
3.5.1.5
3.5.1.6
3.5.1.7
Salamandra (Salamandra salamandra)
Tritone crestato (Triturus carnifex)
Rospo comune (Bufo bufo)
Rospo smeraldino (Bufo viridis)
Raganella (Hyla intermedia)
Rana esculenta (Rana synklepton esculenta)
Rana agile (Rana dalmatina) e Rana di Lataste (Rana latastei)
3.5.2 Mammiferi
3.5.2.1
3.5.2.2
3.5.2.3
3.5.2.4
Scoiattolo (Sciurus vulgaris)
Tasso (Meles meles)
Cervo (Cervus elaphus)
Capriolo (Capreolus capreolus)
3.5.3 Uccelli
3.5.4 Invertebrati
3
CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA
E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE
4
4. INDIVIDUAZIONE DEI CORRIDOI E DEI VARCHI
4.1 QUADRO GENERALE
4.2 ANALISI DEI CORRIDOI INDIVIDUATI
4.2.1 Aspetti metodologici
4.2.2 Considerazioni sui corridoi individuati
4.2.3 Indagine di dettaglio sui corridoi ecologici
5. INDAGINE DI DETTAGLIO SUI SINGOLI VARCHI
5.1 ASPETTI METODOLOGICI
5.1.1 Uso del suolo
5.1.2 Analisi ecologica del paesaggio
5.1.3 Valutazione di idoneità
5.2 INTERVENTI DI RIQUALIFICAZIONE DELLA VEGETAZIONE
5.2.1 Premessa
5.2.2 Tipologie di intervento
5.3 INTERVENTI DI MITIGAZIONE DEGLI IMPATTI SULLA FAUNA
5.3.1 Infrastrutture e fauna
5.3.2 Modalità di mitigazione
5.4 SINTESI DELLE PREVISIONI URBANISTICHE E DEGLI INTERVENTI PREVISTI
5.5 SCHEDE RELATIVE AI SINGOLI VARCHI
6. BIBLIOGRAFIA
ALLEGATI
Mappa dei siti riproduttivi degli Anfibi e dei sinistri a danno di Cervidi
RINGRAZIAMENTI
Si ringrazia la Provincia di Varese, Settore Protezione Civile e Sicurezza relativamente a:
− informazioni relative alle aree umide, con particolare riferimento al territorio del Parco
RTO (dati forniti da GEV Busto Arsizio e Valle Olona, Sig. Battista Arioli);
− dati forniti relativi ai sinistri con la fauna selvatica.
Un particolare ringraziamento, per la preziosa collaborazione, va ad Abramo Giusto, di
Nizzolina (Marnate), attento osservatore dei fenomeni naturali.
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INTRODUZIONE
In termini logici e consequenziali, il progetto stesso risulta così strutturato:
analisi della struttura territoriale delle aree in oggetto, con particolare riferimento alla componente
vegetazionale;
verifica delle presenze faunistiche, della loro distribuzione e delle direttrici preferenziali di transito
nell’ambito dell’area d’indagine;
individuazione e caratterizzazione dei corridoi e dei varchi ecologici più significativi ai fini della
connessione tra i differenti settori dell’area d’indagine;
definizione e ubicazione degli interventi funzionali al miglioramento della struttura vegetazionale e
della connettività ecologica;
verifica di compatibilità tra “opzioni individuate - ipotesi d’intervento previste” e le previsioni
urbanistiche dei comuni territorialmente coinvolti nel progetto.
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1. STATO DELLA RISORSA SUOLO
La consistenza e la continuità delle aree destinate a funzioni agro – silvo – pastorali (ovvero non
urbanizzate) è un fattore fondamentale per la biodiversità e più in generale per il livello di sostenibilità
ambientale, economico e sociale di un territorio. Infatti, una rete ecologica ridotta e poco diversificata,
frammentata dalle aree urbanizzate e dalle infrastrutture, condiziona negativamente il patrimonio
biogenetico (perdita di specie animali e vegetali) e le altre componenti ambientali (suolo, clima, qualità
dell’aria, ciclo dell’acqua, l’assetto idrogeologico, il paesaggio, ecc.) determinando così un territorio poco
vivibile anche per l’uomo.
Con ciò premesso, al fine di rappresentare questi aspetti, in particolare il livello di urbanizzazione in
relazione alla consistenza della rete ecologica del territorio dei Comuni oggetto di analisi del presente studio
vengono individuati come indicatori di riferimento:
- la percentuale di superficie di territorio “improduttivo” rispetto alla superficie territoriale comunale
(escludendo i corpi idrici superficiali);
- la percentuale di Territorio Agro Silvo Pastorale (T.A.S.P.) rispetto alla superficie territoriale comunale
(escludendo i corpi idrici superficiali).
Entrambi calcolati sulla base della carta regionale delle Destinazioni d’Uso dei Suoli Agricoli e Forestali
(D.U.S.A.F.) elaborata dall’E.R.S.A.F per gli anni: 2000, 2005 e 2007.
1.1 IL TERRITORIO URBANIZZATO (IMPRODUTTIVO) 1
Negli ultimi anni molti suoli, anche con qualità agronomiche buone, stanno scomparendo e trasformandosi
in aree urbanizzate ovvero in insediamenti residenziali, industriali, commerciali, infrastrutture e altre
attività antropiche.
Questo processo di urbanizzazione è un fenomeno di pressione sulla risorsa suolo in costante aumento e
altamente incisivo, perché nell’immediato comporta due tipi di effetti sul terreno oggetto dell’opera: in
prima battuta il suolo viene privato dei suoi strati superficiali e, successivamente, impermeabilizzato con
ampie conseguenze sulle funzioni idrogeologiche dello stesso. Inoltre, provoca effetti sulle altre componenti
ambientali come la biodiversità, gli ecosistemi, il paesaggio, il clima, la qualità dell’aria, ecc..
Vista dunque, la complessità e la moltitudine di relazioni causa – effetto tra urbanizzazione e ambiente,
appare evidente che monitorare il rapporto tra superficie urbanizzata (in particolare impermeabilizzata) e
superficie non urbanizzata (aree naturali, agricole, parchi urbani, ecc.) può essere un ottimo strumento di
valutazione dell’effettivo impegno di una comunità locale verso un modello di sviluppo sostenibile
Secondo i dati estratti dalla più recente cartografia regionale sulla Destinazione d’Uso dei Suoli Agricoli e
Forestali (D.U.S.A.F. 2007) circa il 6% della superficie territoriale del territorio dei tre PLIS risulta
urbanizzato. Il dato è decisamente inferiore rispetto al valore complessivo riferito al contesto territoriale in
oggetto, che si attesta mediamente intorno al 35-40%, a sottolineare una situazione nel complesso
favorevole.
L’andamento nel tempo dei consumi di suolo risulta, come ovunque, crescente. Rispetto al dato del 2000 la
percentuale di aree urbanizzate è cresciuta ovunque, di una quota che, in qualche caso, raggiunge alcuni
punti percentuale. Ciò rispecchia le dinamiche in atto in gran parte della porzione centro – meridionale della
provincia di Varese; va inoltre sottolineato che il dato si riferisce al 2007 e che quindi il valore della
superficie urbanizzata può essere ulteriormente cresciuto.
Secondo i dati più recenti (estratti dalla carta D.U.S.A.F. 2007), i comuni dei tre P.L.I.S. presentano un
rapporto percentuale tra Territorio Agro-Silvo-Pastorale e superficie territoriale tendenzialmente compreso
tra il 50% e il 70%. Il valore risulta chiaramente complementare a quello delle superfici urbanizzate e
conferma quanto già sopra evidenziato.
Anche in questo caso, pertanto, considerato l’andamento tendenzialmente crescente dei consumi di suolo,
dovuto soprattutto alla sviluppo residenziale e terziario (commerciale) e infrastrutturale, si ipotizza che i
1
Il territorio improduttivo è dato dalla somma tra il territorio improduttivo “antropico” (superfici di: tessuto
residenziale di ogni tipologia + cimiteri + impianti e servizi pubblici privati + impianti sportivi + impianti tecnologici +
insediamenti ospedalieri + campeggi e strutture turistiche + insediamenti industriali, artigianali, commerciali +
aeroporti ed eliporti + aree portuali + reti ferroviarie e stradali e spazi accessori + cascine + cave + aree degradate +
parchi e giardini con superficie < 10 ha) e il territorio improduttivo “naturale” (alvei fluviali e corsi d’acqua superficiali
+ bacini idrici artificiali + bacini idrici da attività estrattive + spiagge, dune ed alvei ghiaiosi + accumuli detritici e
affioramenti litoidi privi di vegetazione).
CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA
E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE
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valori attuali della percentuale di T.A.S.P. rispetto alla superficie territoriale possano essere scesi
ulteriormente sotto la media provinciale, esercitando così una pressione negativa sull’integrità degli
ecosistemi e, di conseguenza, sulla biodiversità e le altre componenti ambientali.
Dal punto di vista tipologico, la quota di T.A.S.P. del territorio dei tre PLIS si suddivide, quasi equamente,
tra aree boscate e altre tipologie di uso del suolo, queste ultime principalmente rappresentate dalle superfici
a uso agricolo (prati e seminativi).
1.2 Il TERRITORIO AGRO-SILVO-PASTORALE (T.A.S.P.) 2
Il Territorio Agro Silvo Pastorale costituisce la matrice naturale e paranaturale di un territorio. Il valore della
superficie del T.A.S.P. si ottiene sommando le aree di un territorio destinate a prato, all’agricoltura, a boschi
e vegetazione naturale. In altre parole si tratta del territorio non ancora urbanizzato. Più un territorio ha
valori elevati di T.A.S.P. rispetto alla superficie territoriale o urbanizzata più alte sono le potenzialità
ambientali di quel territorio.
90%
80%
70%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
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A
0%
Territorio Agro - Silvo - Pastorale (TASP) rispetto alla Superficie territoriale (esclusi i laghi) [%] - 2000
Territorio Agro - Silvo - Pastorale (TASP) rispetto alla Superficie territoriale (esclusi i laghi) [%] - 2005
Territorio Agro - Silvo - Pastorale (TASP) rispetto alla Superficie territoriale (esclusi i laghi) [%] - 2007
Fig. 1.2 - Valori del T.A.S.P urbanizzazione nei comuni dei tre P.L.I.S. – 2000, 2005 e 2007
2
Il Territorio Agro Silvo Pastorale è calcolato sommando tutte le superfici: agricole (seminativo, frutteto, orto, vigneto,
oliveti, colture floro – vivaistiche, colture orticole, castagneti, pioppeti, altre legnose agrarie), boschi, prati, vegetazione
naturale.
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Fig. 1.1 - Cartografia delle aree urbanizzate nel territorio dei tre P.L.I.S. (2007)
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1.3 PIANIFICAZIONE COMUNALE ATTUALE
Nel corso dell’indagine sul territorio oggetto dell’analisi, è emerso che in gran parte dei Comuni è ancora
vigente il PRG e che il PGT è ancora in fase di elaborazione.
Tab. 1.1 - Stato della pianificazione comunale nei comuni dei tre P.L.I.S. (2010)
PGT
VAS
PRG
Stato di avanzamento
Stato di avanzamento
Stato
Carnago
Avviato, non adottato
Avviata
Strumento
vigente
Caronno Varesino
Avviato, non adottato
Non avviata
Strumento
vigente
Castelseprio
Avviato, non adottato
Non avviata
Strumento
vigente
Castiglione Olona
Avviato, non adottato
Non avviata
Strumento
vigente
Gazzada Schianno
Avviato, non adottato
Avviata
Strumento
vigente
Gornate Olona
Avviato, non adottato
Non avviata
Strumento
vigente
Lonate Ceppino
Avviato
Non avviata
Strumento
vigente
Lozza
Avviato
Non avviata
Strumento
vigente
Morazzone
Avviato
Avviata
Strumento
vigente
Cislago
Avviato
Avviata
Strumento
vigente
Marnate
Avviato
Avviata
Strumento
vigente
Rescaldina
Avviato
?
Strumento
vigente
Fagnano Olona
Avviato
Avviata
Strumento
vigente
Gorla Maggiore
Strumento vigente
Terminata
-
Gorla Minore
Strumento vigente
Terminata
-
Marnate
Avviato
Avviata
Strumento
vigente
Olgiate Olona
Avviato
Non avviata
Strumento
vigente
Solbiate Olona
Avviato
Non avviata
Strumento
vigente
Nome Comune
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2. ANALISI DEGLI HABITAT E DEGLI ASPETTI VEGETAZIONALI
a cura di Franco Zavagno
2.1 QUADRO GENERALE
Per l’analisi preliminare del territorio, con particolare riferimento all’uso del suolo e al mosaico
vegetazionale, è stata utilizzata la seguente documentazione di riferimento:
- foto aeree relative all’anno 2007;
- carta dei boschi derivata dal PIF (Piano di Indirizzo Forestale) della provincia di Varese (anno 2010);
- carta DUSAF 2008.
La mappa così ottenuta è stata successivamente validata tramite sopralluoghi diretti ed eventualmente
modificata in riferimento ai riscontri così ottenuti (a tal fine sono stati anche eseguiti rilievi fitosociologici
funzionali alla caratterizzazione delle cenosi presenti). Per quanto riguarda i dati derivati dal PIF, essi
riguardano le sole superfici a bosco, per le quali forniscono informazioni di dettaglio circa la composizione,
la struttura e lo stadio dinamico delle formazioni forestali cartografate, e saranno utilizzati soprattutto nella
fase successiva di analisi di dettaglio delle connessioni ecologiche.
Ai fini di una conoscenza generale del territorio in esame si riporta un estratto della carta DUSAF (fig. 2.1).
La cartografia DUSAF (Destinazione d’Uso dei Suoli Agricoli e Forestali della Regione Lombardia), è stata
realizzata da ERSAF per conto della Direzione Generale Agricoltura della Regione Lombardia, per
fotointerpretazione delle ortofoto digitali a colori del progetto “IT2000” e restituzione cartografica alla scala
1:10.000 allo scopo di realizzare una base informativa omogenea di tutto il territorio lombardo per
consentire, tra l’altro, un'efficace pianificazione territoriale degli interventi nel settore agricolo e forestale.
In particolare, sono state evidenziate le seguenti 9 tipologie significative:
corpi idrici;
ambienti naturali – zone umide;
ambienti naturali – vegetazione erbacea rada;
ambienti naturali – praterie;
ambienti naturali – aree arbustate;
ambienti naturali – aree boscate;
aree agricole – colture arboree;
aree agricole – prati permanenti;
aree agricole – seminativi;
aree urbanizzate.
Entro i confini dei tre parchi i boschi risultano la tipologia di gran lunga prevalente e si segnalano come
l’elemento maggiormente caratterizzante del territorio e certamente quello a cui è associata la valenza
naturalistica più elevata; seguono i seminativi e i prati stabili, tendenzialmente localizzati nelle zone più
marginali. La superficie di aree urbanizzate appare piuttosto ridotta, soprattutto se confrontata con i territori
limitrofi dove risulta di gran lunga superiore.
I boschi, in particolare, evidenziano un grado di continuità ancora apprezzabile, specialmente nel settore
settentrionale dell’area d’indagine (Parco “Rile-Tenore-Olona”), e individuano la matrice ambientale del
territorio in oggetto, ovvero si configurano come la struttura portante delle connessioni ecologiche esistenti,
evidenziando un buon grado di idoneità complessiva delle aree in esame a supportare flussi biologici, con
particolare riferimento all’asse direzionale nord-sud.
Per quanto riguarda la loro composizione (vedi fig. 2.2), prevalgono nel complesso i robinieti misti,
rappresentati da stadi serali differenti della serie mesofila (avente come termine di riferimento finale il
“querco-carpineto” s.l.), nel settore nord intercalati a lembi di castagneto e di pineta a pino silvestre. Di
seguito vengono riportate le descrizioni relative ad alcune delle principali tipologie rappresentate.
CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA
E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE
Seminativi (colture erbacee)
nel Parco “Bosco del Rugareto”
Prati, coltivi e boschetti si alternano a insediamenti industriali
nella Valle dell’Olona (Parco “Medio Olona”)
Tratto di bosco
con dominanza di pino silvestre
(Parco “Rile – Tenore – Olona”)
11
CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA
E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE
Fig. 2.1 – Quadro generale dell’area d’indagine: mappa dell’uso del suolo
CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA
E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE
Fig. 2.2 – Quadro generale dell’area d’indagine: mappa dei boschi
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CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA
E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE
2.2 DESCRIZIONE DELLE TIPOLOGIE PRESENTI
Di seguito vengono descritte le tipologie di uso del suolo prevalenti e/o più significative ai fini del lavoro,
con particolare attenzione per le formazioni boschive; vengono altresì riportati i rilievi fitosociologici
eseguiti nell’ambito di alcune di tali tipologie.
2.2.1 BOSCHI E FORMAZIONI ARBOREE s.l.
Robinieti
Si tratta di una tipologia largamente diffusa in tutta l’area d’indagine, con differenti connotazioni legate, in
particolare, allo stadio evolutivo rappresentato e alle condizioni edafiche. Lo strato arboreo è per lo più
dominato da Robinia pseudoacacia, che raggiunge valori di copertura anche elevati, a cui si associano
localmente Quercus robur, Carpinus betulus, Castanea sativa e, più sporadicamente, Pinus sylvestris, che
contraddistinguono situazioni a maggior grado di naturalità. La componente arbustiva è formata in
prevalenza da Corylus avellana, Crataegus monogyna e Sambucus nigra; frequenti anche Viburnum opulus ed
Evonymus europaeus, soprattutto nelle stazioni più umide e fresche. Lo strato erbaceo risulta nel complesso
diversificato e simile, nella composizione, a quello dei querco-carpineti. Tra le specie prevalenti ricordiamo
Vinca minor, Convallaria majalis, Polygonatum multiflorum, Anemone nemorosa e Scilla bifolia. Localmente si
riscontrano tratti improntati da Carex brizoides, Molinia arundinacea e Pteridium aquilinum, che segnalano
condizioni di tendenziale disturbo; apprezzabile talvolta la copertura muscinale, con Atrichum undulatum in
maggiore evidenza.
Si tratta di una tipologia largamente distribuita in tutto il territorio in esame, spesso in forma di ceduo; dove
lasciato alla dinamica naturale, il robinieto tende a evolvere progressivamente verso il “querco-carpineto”
(climax), processo di cui si ravvisano le evidenze in molte delle aree indagate.
ROBINIETI
rilievo
quota (m s.l.m.)
esposizione (°)
pendenza (°)
superficie (m2)
04
345
90
9
100
05
255
90°
7°
100
STRATO ARBOREO (h in m)
16,4
23,7
Robinia pseudoacacia
2
3
Corylus avellana
1
Quercus rubra
2
Carpinus betulus
STRATO ARBUSTIVO (h in m)
Corylus avellana
r
1-2,3
2,8-5,2
1
1
Crataegus monogyna
1
Evonymus europaeus
Robinia pseudoacacia
1
1
Sambucus nigra
1
Quercus rubra
1
Carpinus betulus
+
Rubus s.p.
STRATO ERBACEO (h in m)
Rubus ulmifolius
1
0,5-1,1
1
0,6-1,3
2
Holcus sp.
1
1
Anemone nemorosa
+
+
Hedera helix
+
+
Polygonatum multiflorum
+
+
Carex brizoides
3
Galeopsis pubescens
Molinia arundinacea
1
1
Poa trivialis
1
Stellaria media
1
Acer pseudoplatanus
+
Carex pilulifera
+
Carpinus betulus
+
Corylus avellana
+
Evonymus europaeus
Frangula alnus
+
+
Galium aparine
+
Geum urbanum
Luzula pilosa
+
+
Pteridium aquilinum
Robinia pseudoacacia
+
+
Urtica dioica
+
Vinca minor
+
Erigeron annuus
r
Hypochoeris radicata
r
Taraxacum officinale
r
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Bosco ceduo di robinie
(Parco “Bosco del Rugareto”)
Bosco ceduo di robinie con strato erbaceo dominato da Carex brizoide (Parco “Rile–Tenore-Olona”)
La volta di un robinieto
(Parco “Rile–Tenore–Olona”)
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Querco-carpineti, carpineti
Sono ubicati soprattutto nell’ambito del Parco “Rile_Tenore-Olona” e, in subordine, nel Parco “Bosco del
Rugareto”, meno rappresentati sono nel Parco “Medio Olona”. Il piano arboreo è dominato da Quercus robur
e/o Carpinus betulus, a cui si accompagna frequentemente Prunus avium; localmente assumono una certa
rilevanza Castanea sativa e Pinus sylvestris, ormai però in evidente fase regressiva (individui sofferenti e con
chioma ridotta). Tra gli arbusti predominano Corylus avellana e Crataegus monogyna, a sottolineare l'impronta
mesofila delle cenosi. Lo strato erbaceo mostra una marcata omogeneità: gli elementi più fedeli, e
solitamente anche più abbondanti, risultano Vinca minor, Polygonatum multiflorum, Anemone nemorosa e
Geranium nodosum. Apprezzabile talvolta la copertura muscinale, con Atrichum undulatum in maggior
evidenza. Da sottolineare la presenza di numerose specie tendenzialmente acidofile tra cui Luzula nivea e
Maianthemum bifolium e, tra le briofite, Polytrichum formosum.
I "querco-carpineti" rappresentano l'espressione maggiormente evoluta della vegetazione nell'ambito
dell'area indagata, con aspetti localmente prossimi al climax. Tale connotazione è suffragata anche
dall'altezza dello strato arboreo, in qualche caso notevole (ca. 25 m), e dalle dimensioni degli individui che
lo compongono (diametro del tronco spesso superiore a 0,5 m).
QUERCO-CARPINETI
rilievo
quota (m s.l.m.)
esposizione
pendenza
superficie (m 2)
01
377
100
07
385
50
4
100
STRATO ARBOREO (h in m)
24,3
22,8
Carpinus betulus
5
5
Quercus robur
+
1
Castanea sativa
+
STRATO ARBUSTIVO (h in m)
0,5-4,5
0,2-6
Carpinus betulus
1
1
Castanea sativa
+
+
Corylus avellana
+
+
Prunus avium
+
Fraxinus excelsior
+
Robinia pseudoacacia
STRATO ERBACEO (h in m)
Anemone nemorosa
Polygonatum multiflorum
Carpinus betulus
+
0,1-0,3
2
1
+
0,1-0,3
2
+
+
Fraxinus excelsior
+
r
Galeopsis pubescens
+
r
Prunus avium
+
r
Hedera helix
1
Vinca minor
1
Carex pallescens
+
Carex sylvatica
+
Castanea sativa
+
Evonymus europaeus
+
Ornithogalum umbellatum
+
Rubus sp.
+
Viola cfr. riviniana
+
Acer pseudoplatanus
r
Brachypodium sylvaticum
r
Carex sp.
r
Corylus avellana
r
Luzula nivea
+
Luzula pilosa
r
Prunus spinosa
r
Ruscus aculeatus
r
Tamus communis
r
Viola alba
r
STRATO MUSCINALE (h <0,05 m)
muschio
+
CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA
E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE
Vinca minor
Quercus robur
Carpinus betulus
Prunus avium
17
CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA
E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE
18
Castagneti
Sono sostanzialmente circoscritti al Parco “Rile-Tenore-Olona” e comprendono castagneti da frutto e da
taglio, in passato gestiti e utilizzati regolarmente a scopi produttivi ma ora in gran parte abbandonati (anche
in relazione all’affermarsi e al diffondersi di patologie specifiche del castagno, piuttosto aggressive). Lo
strato arboreo è ben sviluppato e formato principalmente da Castanea sativa, dominante, a cui si associano
frequentemente Pinus sylvestris e Betula pendula e, in misura minore, Prunus avium. Lo strato arbustivo,
spesso denso nei castagneti non più soggetti a cure colturali, comprende per lo più specie acidofile come
Frangula alnus e, tra le camefite, Vaccinium myrtillus; lo strato erbaceo è generalmente ben sviluppato e
annovera, tra gli elementi più tipici, erbe di grande taglia come Aruncus dioicus, Molinia arundinacea e
Pteridium aquilinum.
I castagneti sono sostanzialmente circoscritti al settore settentrionale dell’area (Parco “Rile – Tenore –
Olona”) dove occupano superfici apprezzabili seppure spesso con connotati ibridi che li avvicinano ai
querceti (tipologia di bosco verso la quale tendono a evolvere, anche se lentamente, qualora lasciati alla
dinamica naturale). Qui, peraltro, gli individui arborei evidenziano frequentemente segni di sofferenza e
deperimento, con chiome rade e poco sviluppate, vitalità ridotta e, nelle fasi terminali, disseccamento delle
piante stesse.
CASTAGNETI
rilievo
quota (m s.l.m.)
esposizione (°)
pendenza (°)
superficie (m 2)
02
362
100
06
416
335°
5°
100
08
330
85
22
100
STRATO ARBOREO (h in m)
17,3
19,2
22
Castanea sativa
2
3
Robinia pseudoacacia
1
Acer pseudoplatanus
1
Pinus sylvestris
1
Quercus robur
1
STRATO ARBUSTIVO (h in m)
1-4,5
0,5-1,5
Castanea sativa
1
1
Corylus avellana
1
Rubus ulmifolius
1
Acer pseudoplatanus
1
Fraxinus excelsior
1-5,5
2
1
1
+
r
Prunus serotina
1
1
Frangula alnus
+
Prunus avium
+
Quercus rubra
+
Robinia pseudoacacia
STRATO ERBACEO (h in m)
3
1
+
0,45-1
0,4-0,7
Molinia arundinacea
3
1
+
Rubus ulmifolius
1
+
+
Polygonatum multiflorum
r
+
1
Galeopsis pubescens
r
r
+
Anemone nemorosa
2
Pteridium aquilinum
2
Castanea sativa
+
Corylus avellana
+
Prunus avium
+
Frangula alnus
r
Acer pseudoplatanus
1
Athyrium filix-foemina
+
Carex pilulifera
(Melica nutans)
1
1
+
+
r
r
+
+
Robinia pseudoacacia
+
Aruncus dioicus
r
Carpinus betulus
r
Cytisus scoparius
Fraxinus excelsior
0,2
r
r
Luzula pilosa
r
Pinus sylvestris
r
Viola riviniana
r
STRATO MUSCINALE (h <0,05 m)
Atrichum undulatum
Leucobryum glaucum
+
+
+
CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA
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Castagneto
nel Parco “Rile – Tenore - Olona”
Sottobosco
La volta del castagneto
della foto in alto
19
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E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE
20
Pinete a pino silvestre
Analogamente ai boschi di castagno, quelli di pino silvestre risultano sostanzialmente circoscritti al settore
settentrionale dell’area in oggetto (Parco “Rile – Tenore – Olona”), differenziati in stadi dinamici a diverso
grado di evoluzione verso il “querco-carpineto”. In prospettiva, le pinete sono naturalmente destinate a
lasciare il posto a formazioni miste di latifoglie con vicarianza di specie dominanti in funzione
principalmente del grado di igrofilia e di acidità del substrato.
Si tratta di formazioni in massima parte derivanti da interventi di forestazione effettuati nel secolo scorso,
oggi con carattere relittuale, in cui il pino silvestre (Pinus sylvestris) assume un ruolo ormai secondario e
mostra una capacità di rinnovazione scarsa o nulla. L’evoluzione spontanea del bosco tende infatti a favorire
l’affermazione di altre essenze arboree come, in particolare, la farnia e il carpino bianco che rappresentano la
vegetazione climacica. Nei tratti più conservati il pino silvestre ha ancora una copertura apprezzabile nello
strato arboreo, spesso associato al castagno e ad altre latifoglie; la composizione dello strato arbustivo
evidenzia chiaramente la tendenza a evolvere verso il bosco di latifoglie, con presenza spesso abbondante
tra le altre, di castagno e prugnolo tardivo (Prunus serotina). La copertura erbacea mostra una significativa
affinità con quella dei castagneti, con Molinia arundinacea e Pteridium aquilinum solitamente dominanti, una
connotazione influenzata dalla tendenziale acidificazione dei suoli.
rilievo
quota (m s.l.m.)
esposizione
pendenza
superficie (m2)
03
345
100
STRATO ARBOREO (h in m)
23,1
Pinus sylvestris
3
Castanea sativa
1
Robinia pseudoacacia
1
STRATO ARBUSTIVO (h in m) 0,5-3,6
Castanea sativa
2
Corylus avellana
2
Pinus strobus
+
Populus tremula
+
Prunus serotina
+
Rubus sp.
+
STRATO ERBACEO (h in m) 0,54-1,21
Pteridium aquilinum
2
Molinia arundinacea
1
Carex pilulifera
+
Castanea sativa
+
Corylus avellana
+
Festuca heterophylla
+
Hedera helix
+
Luzula nivea
+
Prunus serotina
+
Rubus sp.
+
Polygonatum multiflorum
r
Quercus cfr. petraea
r
Quercus rubra
r
CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA
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Castanea sativa
Pinus sylvestris
Prunus serotina
Pteridium aquilinum
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22
Colture arboree (pioppeti, impianti forestali)
Per quanto riguarda i pioppeti, essi sono relativamente poco estesi e diffusi; sono caratterizzati, oltre che
dalla monospecificità dello strato arboreo e dalla regolarità dell'impianto, dall'assenza di uno strato
arbustivo, soprattutto nel caso degli impianti soggetti a pratiche colturali più o meno regolari (sfalcio della
vegetazione “di sottobosco”, eventuali sarchiature).
La copertura erbacea è in stretta relazione con la frequenza e il tipo di operazioni colturali effettuate; la
copertura arborea non troppo densa, e la luminosità del sottobosco che ne deriva, consentono in genere la
crescita di molte specie proprie dei prati stabili come Taraxacum officinale, Galium mollugo e graminacee come
Poa trivialis e Dactylis glomerata.
Si riconoscono differenti gradi di igrofilia rivelati ad esempio, nel caso di piccoli avvallamenti con livello
della falda superficiale e/o subaffiorante, dalla presenza di specie quali Carex acutiformis, Calystegia sepium,
Solidago gigantea e Symphytum officinale. Frequenti sono anche gli elementi a connotazione ruderale,
soprattutto nelle aree occasionalmente interessate da pratiche colturali: tra questi Amaranthus retroflexus,
Oxalis fontana, Rubus spp., Solanum nigrum, Stellaria media e Verbena officinalis.
È tuttavia possibile ricavare interessanti indicazioni sulla probabile dinamica di questo tipo di vegetazione.
Ciò appare evidente dall'osservazione di alcuni pioppeti "invecchiati" oltre il normale ciclo colturale e/o non
sottoposti a pratiche colturali intensive: in questi casi l'ingresso di specie arbustive, come il sambuco
(Sambucus nigra) e il sanguinello (Cornus sanguinea), ed erbacee, come Geum urbanum e Parietaria officinalis,
indica la tendenza ad evolvere verso cenosi riferibili alla vegetazione forestale potenziale della zona. Si
riscontra inoltre, talvolta, il rinnovo di specie arboree tra cui Quercus robur, Robinia pseudoacacia e Salix spp.
Interno di un pioppeto
L'interesse dei pioppeti d'impianto è soprattutto legato alla loro potenzialità, chiaramente individuabile nei
casi in cui vengano abbandonate le pratiche colturali che prevedono la periodica eliminazione del
sottobosco. In queste situazioni si assiste, infatti, al rinnovo spontaneo di diverse essenze arboree o arbustive
proprie delle cenosi boschive naturali della zona; in alcuni esempi si nota anche l'ingresso di specie erbacee
nemorali ecologicamente abbastanza esigenti. Tale evoluzione risulta favorita dalla copertura data dai
pioppi, selettiva nei confronti della flora erbacea del sottobosco, e dai turni colturali relativamente lunghi,
che consentono l'innescarsi di processi dinamici a medio e lungo termine.
Un aspetto meno rappresentato, comunque riferibile a questa tipologia, è individuabile in alcune aree
occupate da impianti forestali di latifoglie indigene di pregio (es. Prunus avium, Quercus robur), ad esempio
sul fondovalle nell’ambito del Parco “Medio Olona”. Si tratta di interventi mirati alla rimboschimento di
superfici, un tempo soggette a coltivazione e oggi oggetto di progressiva rinaturalizzazione. La
caratterizzazione del “sottobosco” è simile a quella descritta per i pioppeti, dei quali gli impianti forestali
condividono anche le pratiche colturali (es. sfalcio periodico della componente erbacea).
CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA
E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE
23
2.2.2 VEGETAZIONE ERBACEA E ARBUSTIVA
Prati stabili
Si tratta di praterie secondarie ricavate nell'ambito di competenza del bosco e soggette alle pratiche di sfalcio
e concimazione; risultano diffuse soprattutto nel settore settentrionale dell’area in oggetto, talvolta su terreni
in leggero pendio. La connotazione è, in larga massima, quella tipica dei prati stabili dell'alta pianura e delle
zone collinari pedemontane (su suoli ricchi di nutrienti e con buona disponibilità idrica), genericamente
riconducibili all'"arrenatereto". Il ruolo dominante è svolto da graminacee quali Anthoxanthum odoratum,
Bromus hordeaceus, Dactylis glomerata e Holcus lanatus; significativa è poi l'abbondanza di Ranunculus acris e di
Trifolium spp., fedeli indicatori di pratiche colturali regolari. Generalmente abbondanti anche Plantago
lanceolata, Rumex acetosa e Galium mollugo. E' questo l'aspetto più marcatamente antropizzato e a minor grado
d'igrofilia, comunque ancora rilevabile dall'abbondanza di specie come Lychnis flos-cuculi e l'occasionale
presenza, tra le briofite, di Brachythecium rutabulum e Plagiomnium undulatum.
Pur trattandosi di cenosi a marcato determinismo antropico, e povere di elementi floristici di particolare
rilievo, i prati stabili possiedono ecologia e composizione proprie e ben definite. La loro esistenza, legata a
forme tradizionali di allevamento, rappresenta una nota di diversità che può coerentemente inserirsi anche
all'interno di un’area protetta. Dal punto di vista dinamico, si tratta di situazioni "bloccate" e, qualora e
laddove vengano abbandonate le normali pratiche colturali, potenzialmente a rapida evoluzione verso
formazioni arboreo-arbustive a differente grado di igrofilia secondo la diversa collocazione spaziale ed
ecologica di partenza.
PRATI DA SFALCIO
rilievo
quota (m s.l.m.)
esposizione (°)
pendenza (°)
2
superficie (m )
09
324
78
<5
25
10
294
<5
25
3
+
1
1
1
+
+
1
+
1
1
+
+
+
2
1
2
1
1
1
1
1
+
1
+
+
1
+
+
STRATO ERBACEO (h 1-1,8 m)
Holcus lanatus
Dactylis glomerata
Carex hirta
Ranunculus repens
Trifolium pratense
Achillea roseo-alba
Anthoxanthum odoratum
Centaurea nigrescens
Convolvulus arvensis
Lolium multiflorum
Poa trivialis
Taraxacum officinale
Bromus hordeaceus
Erigeron annuus
Agrostis tenuis
Arrhenatherum elatius
Galium mollugo
Potentilla reptans
Vicia cracca
Ranunculus acris
Rumex obtusifolius
Trifolium repens
Cerastium holosteoides
Festuca pratensis
Phleum pratense
Pimpinella major
Plantago lanceolata
Poa pratensis
Rumex acetosa
Stellaria media
Urtica dioica
Veronica persica
Plantago major
2
2
2
2
1
1
1
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
r
evidenziate in verde le graminacee
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E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE
Nel territorio in oggetto molte aree a prato si alternato ancora a boschi e alberature
Prato a dominanza di Holcus lanatus
(in fiore) poco prima dello sfalcio
24
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E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE
25
Incolti e ambienti ruderali
Tipologia ampiamente distribuita, ma in modo assai frammentario, date le caratteristiche periurbane del
territorio; è tipica dei coltivi abbandonati e delle aree ubicate al margine degli abitati, improntate da
tendenziale degrado. Non si tratta propriamente di una singola tipologia vegetazionale, ma di un insieme di
aspetti legati a situazioni disturbate, che favoriscono l'insediarsi di specie e di cenosi a connotazione
pioniera.
Evidenziano una composizione floristica variabile ed eterogenea, influenzata soprattutto dalla situazione
pregressa e dai fattori di disturbo in gioco. Si individua comunque un contingente di specie abbastanza
fedeli, tra cui molte annuali (es.: Amaranthus retroflexus, Conyza canadensis, Chenopodium spp., Papaver rhoeas,
Polygonum persicaria). Elementi costanti, e di elevata valenza diagnostica, sono inoltre Artemisia vulgaris e
Artemisia verlotorum, spesso dominanti, unitamente a specie opportuniste, ad ampio spettro ecologico, in
grado di colonizzare rapidamente superfici scoperte e/o degradate, quali Arctium minus, Parietaria officinalis
etc. Dove maggiore è l'impatto dovuto al calpestio sono piuttosto comuni Plantago major, Lolium perenne e
Verbena officinalis.
Nelle situazioni contraddistinte da un maggior grado di "evoluzione", e/o di stabilità, compaiono anche
specie tendenzialmente lucivaghe (es.: Galium aparine, Geum urbanum) che preludono all'insediarsi di
consorzi arborei e/o arbustivi (localmente si registra infatti l'ingresso di Acer negundo, Robinia pseudoacacia,
Rosa canina, Sambucus nigra e altre essenze legnose).
Non sono, peraltro, cenosi paucispecifiche: evidenziano anzi, assai spesso, una notevole ricchezza floristica
risultando in particolare, "luogo" d'elezione per l'affermazione di numerose specie esotiche: tra queste si
ricordano Bidens frondosa, Conyza canadensis e Reynoutria japonica, ormai largamente naturalizzate in questi
ambienti. Mostrano una dinamica piuttosto vivace: sono infatti situazioni passibili di rapida evoluzione
verso formazioni arboreo-arbustive pioniere come i boschetti di robinia. In quest'ottica possono
rappresentare uno stadio iniziale della successione secondaria e meritevoli quindi di una certa attenzione (se
altrimenti gestite, potrebbero essere vantaggiosamente recuperate).
Incolto arbustato in attiva fase dinamica
Sono inoltre abbastanza diffusi, nell’area, gli incolti a impronta igrofila, in relazione all’esistenza di una
falda spesso subaffiorante e/o al prevalere, localmente, di substrati a granulometria fine (limi e argille),
tendenzialmente impermeabili, che favoriscono i ristagni e gli impaludamenti. Si localizzano sia in zone ad
apprezzabile grado di naturalità (es. fasce ripariali) che in altre, contraddistinte da disturbo più o meno
marcato (es. terreni interessati dalla presenza di materiali di riporto). Si tratta, in questo caso, di formazioni
erbacee a diverso grado di inarbustamento, in cui un ruolo fortemente caratterizzante è svolto da Solidago
gigantea, una composita di media-grande taglia che tende a divenire facilmente dominante. Ad essa si
CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA
E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE
26
associano frequentemente graminacee di grande taglia, come Phragmites australis e soprattutto Typhoides
arundinacea, la prima a distinguere i tratti a maggiore naturalità, la seconda, meno spiccatamente igrofila,
più ampiamente distribuita (es. argini, riporti). A sottolineare le tendenze dinamiche in atto, si riscontra
spesso la colonizzazione di arbusti tra cui, particolarmente frequente e abbondante, Cornus sanguinea, in
subordine Salix cinerea. Altre specie comuni, tutte erbacee perenni, sono Calystegia sepium, Carex acutiformis,
Lythrum salicaria e Urtica dioica, che definiscono un quadro nel complesso caratterizzato da elevata
disponibilità di nutrienti (si tratta di entità tendenzialmente nitrofile). Dal punto di vista dinamico,
mostrano una chiara tendenza ad evolvere verso stadi serali individuati da arbusteti igrofili a dominanza di
Cornus sanguinea e/o Salix cinerea, di cui si rinvengono frequentemente le tracce, secondo un modello a
mosaico che vede la compenetrazione del cespuglietto a tratti a prevalente struttura erbacea.
Nell’ambito degli incolti s.l. rientrano anche tutte quelle formazioni, caratterizzate da stratificazione
verticale (siepi, cortine arboreo-arbustive ripariali) che, seppure pluristratitificate, hanno tendenzialmente
struttura lineare e non assumono mai, nell’area in oggetto, connotati di cenosi boschive vere e proprie.
Colture erbacee
Occupano una quota relativamente ridotta del territorio in esame, collocandosi per lo più marginalmente
alle superfici urbanizzate; dominano le colture cerealicole: mais soprattutto, in subordine i cereali a semina
autunnale (frumento, orzo, segale).
Dati l’impiego di diserbanti e le lavorazioni del suolo a cui è soggetta la monocoltura, lo sviluppo delle
specie commensali risulta fortemente limitato. Durante il ciclo colturale i campi di cereali a semina
autunnale ospitano comunque, seppure penalizzato nella sua espressione potenziale, un corteggio floristico
in gran parte composto da erbe annuali tra cui, in particolare, Papaver rhoeas, Matricaria chamomilla, Legousia
speculum-veneris e Centaurea cyanus. A fine coltura il terreno, ove non sia destinato ad altro utilizzo agrario,
viene rapidamente invaso da numerose specie erbacee a carattere prevalentemente ruderale: rilevante, in
particolare, la presenza di alcune graminacee come Setaria glauca e Digitaria sanguinalis.
Vegetazione commensale dei campi di cereali, con fioritura di papaveri in evidenza
Le colture di mais sono caratterizzate da un contingente di elementi tendenzialmente igrofili tra cui Bidens
frondosa, Equisetum arvense, Rorippa palustris e Polygonum lapathifolium; ciò in relazione al carattere irriguo
della coltura. Quantitativamente predominano le graminacee: assai abbondanti risultano solitamente
Echinochloa crus-galli, Sorghum halepense e Panicum capillare.
Sono stati effettuati due rilevamenti: in un campo di mais e in uno di orzo dei quali si riportano gli elenchi
delle specie rinvenute.
CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA
E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE
Campo di mais
Amaranthus retroflexus
Artemisia vulgaris
Bidens frondosa
Chenopodium album
Cirsium arvense
Digitaria sanguinalis
Equisetum arvense
Lapsana communis
Panicum dichotomiflorum
Polygonum lapathifolium
Rorippa palustris
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Campo di frumento
Agrostemma githago
Anagallis arvensis
Avena fatua
Convolvulus arvensis
Legousia speculum-veneris
Matricaria chamomilla
Papaver rhoeas
Scandix pecten-veneris
Vicia sativa
Viola arvensis
Campo di mais
Scarsi sono gli elementi floristici di un certo pregio, e soprattutto ridotta la loro presenza: tra questi
ricordiamo in particolare Agrostemma githago, Centaurea cyanus e Legousia speculum-veneris, in passato ben più
largamente diffusi ma oggi assolutamente sporadici. L'attuale povertà floristica, che si traduce in una
diminuita potenzialità complessiva dell'ambiente, non ha però cause intrinseche e la situazione è passibile di
recupero, anche rapido, qualora le pratiche colturali evolvano verso forme a minor grado d'impatto sulle
cenosi spontanee.
Corpi idrici
Vegetazione acquatica
Il territorio in esame è attraversato da numerosi corsi d’acqua, a partire da quelli di maggiore importanza
(Rile, Tenore, Olona) per arrivare ai tanti altri che formano il reticolo idrografico minore; sono altresì
presenti alcuni piccoli laghetti la cui genesi è riconducibile, principalmente, all’esistenza di attività estrattive
pregresse. Questi corpi idrici presentano, nel complesso, caratteristiche fisiche (tipo di substrato, profondità
dell’acqua, velocità della corrente) differenziate, così da determinare l’instaurarsi di comunità macrofitiche
diversificate.
Nei corsi d’acqua secondari, caratterizzati da calibro e velocità della corrente ridotti, le cenosi acquatiche,
che occupano buona parte dei corpi idrici, sono caratterizzate dalla presenza di Nasturtium officinale e Berula
erecta, accompagnate da Veronica anagallis-aquatica, Lemna spp. e Polygonum spp.. In prossimità delle rive si
rinviene spesso Typhoides arundinacea, talvolta nella forma sommersa tipica delle stazioni lotiche.
CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA
E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE
28
Il Torrente Tenore nel tratto tra Caronno Varesino e Gornate Olona
In acque più profonde, e/o a corrente relativamente rapida, si rinvengono comunità maggiormente
improntate dalla presenza di idrofite obbligate, come Ranunculus sp., Potamogeton nodosus e Potamogeton
pectinatus, che definiscono un habitat più strettamente acquatico. L’alveo è più ampio e la corrente costante,
il substrato prevalentemente ciottoloso-ghiaioso, localmente con accumuli sabbioso-limosi, condizioni che
favoriscono l’affermarsi di popolamenti stabili.
Va sottolineato come i corpi idrici, con particolare riferimento a e canali di minori dimensioni, siano
periodicamente oggetto di interventi di “ripulitura”, con rimozione della biomassa vegetale, dragaggio dei
fanghi e ricalibratura delle sezioni. Per effetto dei naturali processi dinamici, tendono infatti a occludersi
abbastanza rapidamente; le operazioni inducono una regressione della successione serale, seguita però da
una rapida ricolonizzazione.
L’Olona nei pressi di Lonate Ceppino
CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA
E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE
29
Rappresenta uno degli aspetti più tipici delle sponde dei corpi idrici, così sulle rive di ruscelli e torrenti e di
alcuni piccoli bacini, in zone almeno periodicamente soggette a esondazione. Si tratta di vegetazione
formata da piante erbacee perenni, di media e grande taglia, in massima parte graminacee e ciperacee:
Phragmites australis (la comune canna palustre), Typhoides arundinacea, Typha latifolia e carici, tra cui la specie
più comune risulta Carex acutiformis. Altri elementi piuttosto frequenti sono Iris pseudacorus, Juncus spp.,
Lythrum salicaria, Symphytum officinale e Urtica dioica, vicariati da Rorippa sylvestris e Gratiola officinalis sui
depositi fangosi ai bordi dell’acqua.
L’ecologia delle specie dominanti sottolinea ulteriormente la connotazione intermedia di questo tipo di
vegetazione, che si colloca tra le cenosi a idrofite dei corpi idrici e le formazioni più propriamente terricole
che gli succedono secondo il normale gradiente d’igrofilia.
Localmente, l’abbondante novellame di Salix spp. e Populus sp. testimonia la naturale tendenza di queste
cenosi ad evolvere, dove lo spazio disponibile lo consente e qualora non vengano più interessate
direttamente da eventi di piena, verso il bosco igrofilo (alneto, saliceto). Che si afferma, occasionalmente,
lungo il corso dei torrenti e negli impluvi, seppure con caratteri di notevole discontinuità e frammentarietà,
formando, per lo più, esili cortine nelle fasce più prossime al corso d’acqua.
2.2.3 AMBIENTI VARI
Verde ornamentale
Gli spazi verdi (parchi e giardini) sono agevolmente distinguibili su basi funzionali, piuttosto che
vegetazionali; in essi, infatti, la componente arborea e arbustiva è quasi sempre stata introdotta
artificialmente. Le aree a verde sono concentrate in prevalenza in corrispondenza degli abitati, ad esempio
nell’ambito dei centri storici dove rivestono anche un importante ruolo di testimonianza architettonica e
sociale (si tratta per lo più di parchi di pertinenza di ville padronali risalenti al XVIII e XIX secolo).
Area verde, con valenza storica, in contesto urbano (Gorla Minore)
Il verde ornamentale interessa una quota nel complesso ridotta del territorio in oggetto ed è per lo più
riferibile a piccole unità marginali ad alcune aree produttive e/o residenziali, oltre che a parchi di valenza
areale maggiore (non vengono qui considerati i piccoli giardini di pertinenza di abitazioni private, che si
ritengono parte integrante del tessuto urbano). Le specie impiegate, appartenenti alle Gimnosperme e alle
Angiosperme dicotiledoni, provengono in larghissima maggioranza da regioni a clima temperato-caldo,
temperato, e temperato-freddo dell'Eurasia, dell'Asia orientale e dell'America settentrionale.
Le principali forme biologiche sono così rappresentate:
- latifoglie decidue (es.: Acer, Aesculus, Carpinus, Populus, Quercus, Tilia);
CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA
E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE
-
30
latifoglie sempreverdi (es.: Ilex, Magnolia);
aghifoglie sempreverdi (es.: Cedrus, Picea, Pinus).
Il criterio che ha portato alla scelta di queste essenze, una volta accertata la loro idoneità climatica, è
sostanzialmente di tipo estetico e funzionale.
Le principali caratteristiche ornamentali prese in considerazione sono:
- fioriture appariscenti (AescuIus, Paulownia etc.);
- colore del fogliame (i cultivar “purpurea”, “atropurpurea”, “aurea”, “variegata”, “glauca”);
- colore del fogliame in autunno (es.: Liquidambar, Liriodendron, Quercus);
- portamento caratteristico (es.: cultivar “pendula”, “pyramidalis”).
-
Le principali caratteristiche funzionali che guidano le scelte sono:
velocità di accrescimento;
apparati radicali adattati agli spazi angusti;
resistenza alle potature;
resistenza agli inquinanti e alle malattie.
Il numero di specie impiegate non è elevato ma di alcune vengono impiegati diversi cultivar; la densità della
copertura arborea è sempre riconducibile alle linee progettuali, anche se in parte è funzione dell'anzianità
dell'impianto. Si nota talvolta la tendenza alla formazione di popolamenti monospecifici e a struttura
regolare (disposizione in filari). Non si segnalano elementi arborei particolarmente interessanti per rarità,
dimensioni o età.
Per la componente arbustiva valgono le stesse considerazioni espresse a proposito di quella arborea; solo
poche specie hanno avuto una larga applicazione (es.: Prunus laurocerasus, Pyracantha coccinea, Rosa spp.,
Forsythia viridissima).
Soltanto a proposito della componente erbacea è possibile parlare, e non sempre, di cenosi, e quindi
effettuare considerazioni di tipo vegetazionale. Per la creazione dei tappeti erbosi nei parchi, nei giardini e
negli impianti sportivi vengono impiegate miscele, per lo più di graminacee a composizione definita in
funzione degli usi: le specie e varietà utilizzate sono nel complesso poco numerose.
Orti
Si tratta di una tipologia scarsamente rappresentata e contraddistinta da un notevole grado di
frammentazione e dispersione, con numerose aree di superficie mediamente ridotta: sono spazi ricavati, per
lo più, nelle zone marginali agli abitati, spesso compenetrati agli incolti e/o alle colture erbacee s.l. (per
questi motivi, peraltro, non sono sempre rappresentabili cartograficamente).
Orti a margine dell’alveo dell’Olona
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Evidenziano una caratteristica struttura in cui, a colture legnose (piante da frutto), si abbinano superfici
destinate a colture erbacee fortemente diversificate, con prevalenza di brassicacee, composite, leguminose e
solanacee.
Anche in relazione alle numerose strutture di supporto all’attività orticola (la produzione è, peraltro,
destinata a un uso strettamente familiare), quali ricoveri per attrezzi e recinzioni perimetrali, si segnalano
come superfici tendenzialmente degradate, esteticamente e paesaggisticamente di scarso valore.
Zone residenziali
Tipologicamente, prevalgono gli insediamenti diffusi, formati da una trama a maglie larghe di edifici di
piccole-medie dimensioni, in gran parte corrispondenti a unità abitative monofamiliare, con annesse piccole
superfici a verde; la grande estensione di tali aree, frammiste a superfici residuali occupate da incolti,
boschetti e coltivi, configura spesso un paesaggio a impronta periurbana.
Si evidenziano peraltro, per la differente compattezza e caratterizzazione tipologica del tessuto urbano, i
nuclei storici, ormai corrispondenti a una quota decisamente minoritaria delle aree urbanizzate. La
connotazione attuale è il risultato di un processo storico, iniziato nel secondo dopoguerra del secolo scorso,
che ha mutato radicalmente il paesaggio dell’alta pianura e della fascia pedemontana lombarda, con effetti
di notevole degrado estetico e ambientale.
Classica tipologia a elevato grado di antropizzazione, non evidenziano aspetti di particolare significato e/o
valore naturalistico-ambientale.
Insediamenti residenziali in ambito periurbano (località Fornaci)
Si evidenziano peraltro, per la differente compattezza e caratterizzazione tipologica del tessuto urbano, i
nuclei storici, ormai corrispondenti a una quota decisamente minoritaria delle aree urbanizzate. La
connotazione attuale è il risultato di un processo storico, iniziato nel secondo dopoguerra del secolo scorso,
che ha mutato radicalmente il paesaggio dell’alta pianura e della fascia pedemontana lombarda, con effetti
di notevole degrado estetico e ambientale.
Classica tipologia a elevato grado di antropizzazione, non evidenziano aspetti di particolare significato e/o
valore naturalistico-ambientale.
INSEDIAMENTI PRODUTTIVI
Comprendono le aree destinate a insediamenti industriali e commerciali di grandi dimensioni; nel caso
dell’area in oggetto, va segnalata la presenza apprezzabile di tali insediamenti già a partire dal XIX secolo,
con particolare riferimento alla Valle dell’Olona, che rappresenta uno dei distretti storici
dell’industrializzazione nel territorio lombardo. Il succedersi, nel tempo, di differenti fasi del processo di
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diffusione ed espansione delle attività produttive ha comportato lo stratificarsi di tipologie insediative,
variamente caratterizzate in funzione dell’epoca di realizzazione. Ciò ha determinato, unitamente al
notevole incremento nell’estensione degli insediamenti, una progressiva differenziazione tipologica degli
stessi; oggi, in una fase che, almeno in parte, si può definire “post-industriale”, numerose sono le aree
dismesse o in via di riconversione e che rappresentano uno degli elementi maggiormente caratterizzanti del
territorio in oggetto. Da segnalare, altresì, la rilevante valenza storica e architettonica di alcune aree di più
antico insediamento, meritevoli di attenzione e di tutela in relazione allo specifico significato documentario
e di testimonianza.
Tali aree, già molto estese, sono tuttora in attiva fase di espansione, con un progressivo aumento di
importanza di quelle a destinazione commerciale.
Area industriale dismessa nella valle dell’Olona, lungo la strada che collega Cairate a Lonate Ceppino
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3. ANALISI DEGLI ASPETTI FAUNISTICI
3.1 PREMESSA
L'analisi dello stato di fatto e l'individuazione delle fasce di territorio oggetto dello studio sono condotte
tenendo conto delle esigenze ecologiche delle specie animali presenti nell'area. Poiché la realizzazione di
corridoi faunistici è funzionale alle specifiche esigenze della fauna presente, la biologia e l'ecologia delle
specie animali rappresentano la base per poter definire i criteri di individuazione delle fasce di territorio.
A tale scopo è stato si previsto uno studio sulle “specie guida”.
Nella individuazione delle "specie guida" si è operato considerando in modo differenziato organismi che,
per modalità di spostamento, sono più strettamente dipendenti dalle caratteristiche morfologiche e
strutturali dei corridoi faunistici (Anfibi, Rettili e Mammiferi) e, secondariamente, organismi con maggiore
capacità di diffusione anche al di fuori dei corridoi, ma che trovano in questi e nelle unità areali luoghi
idonei di sosta, nutrizione e nidificazione (Uccelli).
3.2 LINEE METODOLOGICHE
3.2.1 Generalità
Nell’ambito del presente studio i gruppi faunistici di maggiore interesse sono rappresentati da Anfibi e
Mammiferi.
Gli Anfibi sono considerati fra i vertebrati il gruppo maggiormente minacciato a livello globale, in virtù
della “doppia vita”, acquatica e terrestre, che espone tali animali a maggiori insidie, insite nelle
trasformazioni ambientali sia nell’habitat acquatico, tipico dello sviluppo larvale, che in quello subaereo,
proprio della vita giovanile ed adulta.
Inoltre, per la tipologia di moto e le modalità di spostamento, gli anfibi sono fra i primi a risentire delle
interruzioni nella rete ecologica: ben noti i problemi dovuti agli attraversamenti stradali al risveglio dal
torpore invernale; oltre a ciò l’isolamento di piccole popolazioni e il conseguente venir meno di flussi genici
fra le popolazioni (isolamento genetico), ne determina una graduale e progressiva diminuzione, oltre ad una
maggiore esposizione alla possibilità di una rapida estinzione locale a seguito di ulteriori importanti
trasformazioni del territorio (alterazione o distruzione del o dei siti riproduttivi residui).
Anche i Rettili presentano analoghe problematiche negli spostamenti e in relazione alla interruzione della
rete ecologica; anch’essi possono inoltre fornire interessanti indicazioni sulle aree maggiormente
significative dal punto di vista della biodiversità. Tuttavia una approfondita analisi di campo anche su tale
gruppo esulava dal contesto del presente lavoro, che non è uno studio faunistico tout-court, che avrebbe
richiesto peraltro anche tempi assai più dilatati.
Nell’ambito dei Mammiferi utili indicazioni provengono dalla presenza degli ungulati (cervo e capriolo),
nonché scoiattolo e tasso, tutte entità faunistiche capaci di spostamenti anche su notevoli distanze e per le
quali sono fondamentali corridoi di diffusione fra le principali aree di presenza nell’area di studio e nei
territori limitrofi.
Per tali specie e/o gruppi faunistici verranno evidenziate le caratteristiche del territorio che favoriscono
(luoghi di rifugio, alimentazione, riproduzione) oppure che ne limitano o impediscono la diffusione
(barriere di varia natura ed origine), come pure le aree sorgente più significative.
Per quanto riguarda gli Uccelli, pur essendo maggiormente svincolati dalla necessità di corridoi di
collegamento, possono comunque fornire utili indicazioni sintetiche della qualità del territorio: una specie
“ombrello” come il picchio nero, ad esempio, con la propria presenza testimonia l’esistenza di un bosco
maturo, ben strutturato e vario, cui è associata una significativa biodiversità animale.
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3.2.2 Anfibi
L’indagine conoscitiva sugli Anfibi è stata mirata ad acquisire informazioni sui siti riproduttivi delle diverse
specie. Il sito riproduttivo (laghetto, pozza, fossato etc) è fondamentale per il mantenimento nel tempo della
popolazione. Oltre a ciò, trattandosi di specie che si riproducono in gruppo, identificare il sito riproduttivo è
estremamente strategico, consentendo ad un tempo di focalizzare un’area fondamentale per la
conservazione come pure di avere anche l’opportunità di acquisire dati relativi all’intera popolazione locale.
Punto di partenza è stata l’acquisizione di dati pregressi.
In tale senso assai importante è stato il contributo fornito
dalle GEV della Provincia di Varese, segnatamente la
Sezione Busto Arsizio e Valle Olona, che ha fornito allo
scrivente ubicazione e schede delle aree umide censite in
un apposito progetto tra il 2006 e il 2008, con particolare
riferimento, ma non solo, al PLIS “Rile-Tenore-Olona”
(RTO).
Tali aree sono state visitate nel corso della stagione
riproduttiva 2010 allo scopo di verificare la presenza di
anfibi, nonché di caratterizzare ogni sito da un punto di
vista qualitativo (specie presenti, attraverso l’osservazione
di individui adulti, ovature e larve) nonché possibilmente
quantitativo (numero di ovature o larve).
Ovature rospo
Oltre alle visite mirate ai siti di cui sopra, sono stati
effettuati transetti a piedi e in bicicletta all’interno dei tre
PLIS e in aree limitrofe, al fine di coprire il territorio di interesse. Sono così stati individuati una quarantina
di ulteriori siti. Lo studio a tavolino del reticolo idrografico
minore non è risultato sufficiente, poiché i siti riproduttivi,
anche di una certa importanza, talvolta hanno origine da
attività o fenomeni non sempre intuibili con uno studio
cartografico, rendendo indispensabile una perlustrazione
assai capillare del territorio.
Per il PLIS “Bosco del Rugareto” (BDR) viene inoltre fatto
riferimento al recente studio “Avifauna e anfibi del PLIS
Bosco del Rugareto” (Viganò A., 2010).
Le visite sono state effettuate tra marzo e giugno 2010,
intercettando l’intero periodo riproduttivo delle diverse
specie, dalle più precoci rane rosse e rospo comune alle
più tardive raganelle. Si è potuto constatare come le
ovature di rana rossa si conservino, dopo che sono
Ovature rana
sgusciate le larve, anche sino ad inizio giugno, almeno
nelle stazioni in ombra (quindi a 3-4 mesi dalla
deposizione). Tutti i siti riproduttivi censiti sono stati georeferenziati tramite GPS, per poter essere riportati
correttamente sulla cartografia di riferimento.
2.2.3 Mammiferi
Relativamente ai mammiferi si è voluto verificare in prima battuta la presenza/assenza delle specie ritenute
più significative, tentando poi di ricostruire una distribuzione di massima delle medesime, quantomeno
individuando le aree di maggiore o più assidua presenza. Anche in questo caso l’attività di campo si è
articolata in transetti effettuati a piedi e, in misura minore, in bicicletta all’interno dei tre PLIS e in aree
limitrofe, al fine di coprire il territorio di interesse; detta attività talvolta è avvenuta contestualmente alla
attività di ricerca relativa agli anfibi.
Data l’elusività delle specie in oggetto, più che all’osservazione diretta degli individui l’indagine di campo
ha riguardato prevalentemente la ricerca di tracce di presenza, quali fatte, orme, fregoni, raspate, giacigli,
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sentieri, tracce alimentari, tane, nidi, etc. Oltre a questo sono state raccolte informazioni presso portatori di
interesse locali.
In relazione alle specie guida individuate fra i mammiferi (scoiattolo, tasso, capriolo e cervo) viene proposta
una tabella riportante le tracce di presenza cercate.
Elementi da
ricercare
Impronte
scoiattolo
tasso
cervo
capriolo
X
X
X
X
X
X
X
Fatte
Nidi
Resti
alimentari
X
Fatte capriolo
X
X
Tane
X
Passaggi tra la
vegetazione
X
X
X
X
X
Addiacci,
giacigli
X
X
Brucamenti
X
X
Scavi e latrine
X
X
Raspate
Fatte cervo
Fregoni
Scortecciamenti
X
X
3.2.4 Uccelli
Durante le uscite di campo sono state raccolte anche le indicazioni di presenza (osservazioni, vocalizzi etc.)
di specie particolarmente significative per la caratterizzazione del territorio o perché di interesse
conservazionistico regionale o ancora perché specie indicate dalla Direttive 79/409/CEE “Uccelli”.
Significative in particolare le specie indicatrici della biodiversità forestale e quelle più strettamente legate ai
contesti agricoli.
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3.3 SPECIE GUIDA
Vengono di seguito proposte le schede relative alle specie guida individuate per la realizzazione del
presente studio. Viene fatto particolare riferimento alle caratteristiche biologiche, ecologiche e
comportamentali di maggior interesse ai fini del progetto.
3.3.1 Anfibi
Sono prese in considerazione tutte le specie trovate nel territorio dei tre PLIS e nelle aree ad essi limitrofe.
Vengono pertanto presentate le schede di due Urodeli (salamandra pezzata e tritone crestato) e sette Anuri
(rospo comune, rospo smeraldino, raganella, rana kl. esculenta, rana agile, rana di Lataste e pelobate).
3.3.1.1 Salamandra pezzata (Salamandra salamandra)
La salamandra è legata agli ambienti
collinari e montuosi, dove frequenta
formazioni forestali di latifoglie
decidue, segnatamente faggete e
castagneti. E’ una specie fortemente
legata ad una abbondante lettiera,
entro
cui
trova
rifugio
e
alimentazione.
Nell’ambito
delle
tipologie ambientali indicate seleziona
ulteriormente i versanti freschi e gli
impluvi, ove è presente un maggior
tasso di umidità. E’ un animale attivo
nel corso di tutto l’anno, anche se in
generale
le
osservazioni
degli
individui registrano un andamento
bimodale,
con
due
massimi
rispettivamente ad aprile-maggio e ad
Adulto
ottobre, periodi caratterizzati dalle
maggiori precipitazioni.
La salamandra è una specie ovovivipara. L’accoppiamento ha luogo sul terreno, dove la femmina, al termine
del corteggiamento, raccoglie nella cloaca la spermatofora prodotta dal maschio. La fecondazione e il
successivo sviluppo dell’embrione possono essere ritardati anche di alcuni mesi. Al termine della
gestazione, della durata anche di un anno,
la femmina, solitamente in primavera,
partorisce in acqua delle larve branchiate,
in numero variabile, sino a qualche decina.
I siti riproduttivi sono rappresentati da
pozze di ruscelli e torrenti, zone a debole
corrente, ma anche piccole raccolte
d’acqua ferma come pozze, invasi e
abbeveratoi. Lo sviluppo delle larve
necessità di tempi variabili, da uno a sei
mesi. Le larve possono comunque essere
osservate in acqua durante tutto l’anno.
Pur essendo considerata, ove presente, una
specie abbastanza comune è comunque
Larva
soggetta ad alcuni rischi che, con
particolare
riferimento
al
territorio
lombardo (Bernini et al., 2004) sono rappresentati da alterazioni antropiche dei torrenti (captazioni, scarichi
civili, immissioni di pesci), interventi forestali (tagli a raso), nonché uccisioni legate al traffico veicolare che
possono risultare frequenti in primavera e autunno.
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3.3.1.2 Tritone crestato (Triturus carnifex)
Il
tritone
crestato
italiano,
riconosciuto
come specie su base di
dati cariologici, ha una
distribuzione
che
comprende
l'Italia
continentale
e
peninsulare, il Canton
Ticino, la Slovenia,
l'Istria e alcune regioni
dell'Austria meridionale
e della Repubblica ceca.
Femmina
Tenuto conto che la
gran parte dell'areale
distributivo della specie interessa l'Italia è chiaro che lo status delle nostre popolazioni riveste
un'importanza fondamentale per la conservazione di questa entità. In Italia Triturus carnifex carnifex è
presente generalmente a
quote inferiori ai 600-700
metri, con vuoti di
presenza nelle aree di
maggior
intensità
agricola e di maggior
urbanizzazione.
E' il più grande tritone
italiano, con le femmine
che possono raggiungere
i 180 mm di dimensione,
contro i 140-150 mm dei
maschi.
Il
nome
Maschio
scientifico discende dalla
vistosa cresta ornamentale
ostentata dai maschi durante il periodo riproduttivo.
Netto il dimorfismo sessuale.
L'habitat di riproduzione è rappresentato da raccolte d'acqua ferma, permanente o temporanea,
possibilmente ricche di vegetazione e di una certa profondità (da alcune decine di centimetri a qualche
metro). Queste possono esse paludi, stagni, pozze, lanche, risorgive e canali. Come per altri anfibi è
importante l'assenza di pesci, predatori delle larve e degli individui adulti. L'habitat terrestre è
rappresentato dalle aree boscate e aperte circostanti al sito di riproduzione: è una specie da questo punto di
vista ad ampia valenza ecologica, purché nel territorio siano presenti pozze d'acqua utili alla riproduzione.
Tra febbraio ed aprile, a seconda dell'andamento meteoclimatico e della disponibilità idrica, dapprima i
maschi e quindi le femmine si portano in acqua. La permanenza al sito riproduttivo spesso si protrae fino
all'estate, o fino alla scomparsa dell'acqua. Durante il periodo estivo gli adulti vanno incontro ad una fase di
latenza, per riprendere le attività, in linea di massima di tipo trofico, con le piogge autunnali. Lo
svernamento ha luogo sotto le pietre, in ceppaie o sottoterra.
La dieta degli individui adulti è rappresentata da insetti, molluschi, oligocheti, embrioni e larve di anfibi.
Come detto, il periodo riproduttivo coincide con la permanenza in acqua degli individui, massima fra aprile
e maggio. Generalmente vengono privilegiate le zone più profonde di tali ambienti, da cui gli individui
emergono brevemente per respirare. I maschi inscenano elaborate danze di corteggiamento davanti alla
femmina, ostentando sinuosi movimenti della coda e producendo feromoni sessuali. Una volta che il
maschio viene accettato, depone una spermatofora che viene raccolta dalla femmina attraverso la cloaca.
Successivamente le uova fecondate, singolarmente o in lassi gruppetti vengono ancorate sulle foglie delle
piante acquatiche o alle pietre del fondo. In tal modo le femmine depongono da 200 sino a 400 uova in più
riprese. Spesso le uova sono riposte in una specie di tasca che la femmina forma piegando una foglia con le
zampe posteriori: in questo modo nasconde le uova ai potenziali predatori. Le uova schiudono dopo 10-14
giorni, mentre lo sviluppo delle larve dura circa tre mesi. Esse in tale periodo si nutrono di invertebrati
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acquatici quali cladoceri, copepodi, ostracodi, larve di effimere, di ditteri e di odonati e sono a loro volta
prede di insetti acquatici e loro larve, come coleotteri, ditiscidi, emitteri e odonati.
La maturità sessuale viene raggiunta in genere al terzo o quarto anno di età. L'età massima riscontrata è
stata di 18 anni.
Le principali cause del declino di questa specie vanno ricercate nella progressiva riduzione degli habitat
riproduttivi, dovute all'industrializzazione dell'agricoltura. Inoltre le introduzioni ittiche di salmonidi,
alborelle e cavedani hanno avuto effetti disastrosi sulle popolazioni di tritone crestato italiano.
Recentemente alcuni progetti LIFE condotti in parchi regionali della Lombardia hanno avuto quali obiettivi
la gestione dell'habitat e il monitoraggio a favore della specie in oggetto.
3.3.1.3 Rospo comune (Bufo bufo)
Il rospo è una specie che frequenta vari tipi di ambiente,
anche antropizzati. Al di fuori del periodo riproduttivo,
grazie alla notevole corneificazione epidermica, non è
particolarmente legato all’acqua, per cui può trovarsi
anche ad alcuni chilometri di distanza dal sito di
riproduzione. Il movimento di questi animali è sempre
solo notturno.
La specie è attiva dalla fine di febbraio a novembre.
L’inizio dell’attività è legata alla condizioni climatiche: le
precipitazioni notturne di fine febbraio – inizio marzo
sanciscono l’inizio della migrazione riproduttiva, che
può protrarsi per più giorni, ma che vede grossi numeri
di animali in movimento contemporaneamente. Può
accadere che tra il sito riproduttivo e l’area di latenza
invernale vi sia una strada che i rospi sono obbligati ad
attraversare. Dal momento che il grosso del movimento
migratorio si concentra in un lasso di tempo ristretto
molti individui sono sulla strada nei medesimi momenti,
con il risultato che moltissimi sono schiacciati dalle auto, talvolta anche con rischio per le auto stesse di
sbandare. Questa causa di mortalità primaverile incide pesantemente sulle popolazioni sino a condurle ad
un pericoloso declino. Spesso accade che le femmine, decisamente più grandi, giungano al sito riproduttivo
con il maschio saldamente ancorato sul dorso, con presa ascellare. Altri maschi invece attendono le femmine
in acqua cercando di sostituirsi al maschio
trasportato.
La permanenza al sito riproduttivo è
variabile, con le femmine che si allontano
rapidamente, mentre i maschi vi si
possono soffermare più a lungo. La
durata del periodo riproduttivo oscilla fra
la settimana e il mese. La femmina depone
un cordone di uova (da 4.000 a 6.000) che
vengono fecondate dal maschio che, come
detto, è aggrappato alla femmina con
presa ascellare.
Lo stadio larvale dura dai due ai tre mesi.
In occasione di estati particolarmente
secche i rospi possono andare incontro ad
una pausa detta estivazione.
Pur trattandosi di una specie comune in
Italia, negli ultimi decenni si è assistito ad
un declino numerico delle popolazioni. Cause del fenomeno sono molteplici: scomparsa dei siti riproduttivi
e deterioramento di quelli rimanenti; elevato traffico veicolare che, come detto, può falcidiare una
popolazione durante le migrazioni riproduttive (Giacoma et al.,1998; Ferri, 2000). Le ridotte dimensioni
della popolazione, unite spesso ad una sex ratio nettamente sbilanciata sui maschi sono ulteriori e
conseguenti fenomeni di rischio per la sopravvivenza locale della specie.
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3.3.1.4
39
Rospo smeraldino (Bufo viridis)
Il rospo smeraldino è una specie presente in varie
tipologie ambientali, anche in aree fortemente
antropizzate (ad esempio giardini in are urbane). In
generale predilige aree aperte, mentre è sporadico
nelle zone boscate. E’ una specie pioniera, in grado di
insediarsi in pozze effimere o occasionali ed
apparentemente inospitali; trova anche nelle aree di
cava condizioni idonee all'insediamento. E’ frequente
negli invasi artificiali (bacini per la raccolta d’acqua
nei florovivaismi, fitodepurazioni etc).
La specie è attiva tra marzo ed ottobre. La
riproduzione ha luogo fra aprile e giugno.
La permanenza al sito riproduttivo è estremamente
breve per le femmine (il tempo della deposizione),
mentre i maschi vi si trattengono attendendo il
progressivo arrivo delle femmine. Le uova, sino a
11.000, sono deposte in lunghi e sottili cordoni. I girini
nascono dopo un paio di settimane e completano la
metamorfosi entro due o tre mesi, solitamente in estate.
La specie può essere localmente danneggiata dall’uso di erbicidi e pesticidi, nonché dall’abbassamento della
falda freatica o dalla forte evaporazione che determinano un rapido disseccamento delle pozze d’acqua,
impedendo il completamento della metamorfosi.
3.3.1.5
Raganella (Hyla intermedia)
La raganella italiana è una specie arboricola, che si porta
all’acqua in corrispondenza del periodo riproduttivo. Predilige
luoghi aperti cespugliati ed alberati. E’ infatti sul alberi ed
arbusti che si muove, alla ricerca di insetti. La specie è attiva a
partire da marzo, ma è da aprile sino a tutto giugno e luglio che
si porta ai siti riproduttivi, rappresentati da pozze, invasi, e
addirittura piscine. Predilige comunque siti con una certa
presenza di vegetazione. I maschi, in acqua, intonano un canto
nuziale udibile anche a centinaia di metri di distanza, in attesa
delle femmine.
L’ovodeposizione consiste in una masserella gelatinosa delle
dimensioni di una noce, contenente sino a mille uova. La fase
larvale viene completata in circa tre mesi. Tuttavia in pozze calde ed effimere la metamorfosi può avvenire
prima. A luglio è possibile udire i canti di richiamo dei maschi e contemporaneamente osservare
neometamorfosati.
La specie ha un’ampia distribuzione in Italia e Lombardia, tuttavia in alcune zone le popolazioni sembrano
in regresso, in seguito allo sfruttamento intensivo delle aree di pianura e alla scomparsa dei siti riproduttivi.
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40
3.3.1.6 Rana esculenta (Rana synklepton esculenta)
E' una specie ad ampia
distribuzione, che frequenta a scopo riproduttivo varie tipologie di
sito: laghetto di falda,
invasi artificiali, fiumi e
torrenti a lento corso,
laghetti artificiali (florovivaismi). E’ una specie
amante del sole e delle
aree aperte; può tuttavia
localmente essere presente in pozze temporanee
all’interno del bosco.
La rana verde è attiva a
partire dal mese di aprile,
momento in cui si porta
all'acqua per riprodursi,
sino ai primi giorni di novembre.
Nel periodo primaverile staziona presso la sponda del sito riproduttivo, esposta al sole, assai mimetica e
pronta a lanciarsi in acqua al minimo pericolo.
Il canto nuziale emesso dai maschi è massimo di notte, ma può verificarsi normalmente anche in ore diurne,
sino a tutto luglio.
La femmina depone sino a 4.000 uova. La schiusa avviene entro tre settimane e la vita larvale generalmente
si protrae per circa tre-quattro mesi. I giovani si trattengono a scopo trofico sulle sponde del sito
riproduttivo sino ad ottobre, mentre gli adulti se ne allontanano prima.
Note di sistematica
La sistematica delle rane verdi è complessa. In Italia settentrionale le popolazioni di rane verdi sono
costituite da quote variabili di Rana lessonae e Rana kl. esculenta. Rana kl. esculenta è un ibrido molto
particolare originatosi dall'incrocio fra R. lessonae e R. ridibunda (quest'ultima tipica dell'Europa orientale).
Tale ibrido, incrociandosi con R. lessonae, riesce a mantenersi indefinitamente tale poiché durante la meiosi
(processo biologico che porta alla formazione dei gameti) il patrimonio genetico "lessonae" viene eliminato.
L'ibrido dunque trasmette alla progenie solo il corredo genetico di una delle due specie genitrici (ridibunda)
e incrociandosi con R. lessonae dà luogo ad una stirpe ibrida perennemente di prima generazione. Si tratta
quindi di una sorta di parassitismo genetico. A questo fenomeno è dato il nome di klepton (dal greco,
rubare), indicato con "kl.". La distinzione certa fra R. lessonae e R. kl esculenta è possibile con analisi
biochimiche del genotipo. Pertanto con Rana synclepton esculenta si indica il complesso R. kl esculenta e R.
lessonae.
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3.3.1.7
41
Rana agile (Rana dalmatina)
La rana agile è una rana rossa legata agli
ambienti forestali, in particolare planiziali e
collinari. Di spiccate attitudini terrestri, si
porta all’acqua esclusivamente per riprodursi.
Nella restante parte del periodo attivo
frequenta a scopo alimentare la lettiera del
bosco, con la cui colorazione si confonde.
Si riproduce precocemente deponendo le
ovature fra fine febbraio e fine marzo. I siti
riproduttivi sono rappresentati da pozze
temporanee, stagni, invasi e canali. Le
femmine si trattengono presso il sito
riproduttivo per il tempo strettamente
necessario alla deposizione delle uova, mentre
i maschi si trattengono, prevalentemente in
acqua, attendendo l’arrivo di altre femmine, emettendo un canto territoriale di richiamo.
La femmina depone un unico ammasso globulare di uova, spesso ancorato alla vegetazione o a rametti
sommersi. Tenendo conto che ogni femmina effettua un'unica deposizione per stagione riproduttiva, sulla
base del numero di ovature riscontrate è possibile stimare la popolazione.
Generalmente l’ovatura tende a portarsi in superficie, aprendosi come una sorta di frittata. Le larve
schiudono dopo 15-20 giorni, completando la metamorfosi entro due-tre mesi dalla deposizione.
Alla fine del breve periodo riproduttivo le rane si riportano nel bosco che è utilizzato a scopi trofici, con
attività notturna. In inverno la specie non è attiva, ibernandosi sottoterra.
La specie in Lombardia è considerata localmente a rischio (Ferri,1988), minacciata da alterazioni ambientali,,
quali inquinamento e bonifica delle zone umide. E’ inoltre danneggiata dall’immissione di fauna ittica
alloctona (Razzetti et al., 2000).
3.3.1.8
Rana di Lataste (Rana latastei)
Nell’ambito del presente studio è stato fatto riferimento al gruppo delle cosiddette rane rosse: obiettivo
dell’attività di campo è stato infatti arrivare a censire la totalità, o quasi, dei siti riproduttivi degli anfibi. In
particolare per le rane rosse si è puntato al ritrovamento di ovature, a vari stadi di sviluppo. Tra le rane
rosse adulte o subadulte osservate non è mai stata osservata la rana di Lataste, tuttavia la specie è da
considerare potenziale, per il territorio di studio, essendo presente con popolazioni importanti in aree
limitrofe, in particolare più a nord lungo la valle dell’Olona, e potendo vivere in sintopia con la rana agile.
La rana di Lataste è considerata un'entità endemica del bacino padano-veneto: l'areale di distribuzione è
estremamente circoscritto e si estende da Torino e Cuneo attraverso la Pianura Padana (in particolare lungo i
principali affluenti di sinistra del Po), il Veneto e il Friuli fino alla Slovenia occidentale e all'Istria croata. I
circa 250 siti noti si concentrano nella metà settentrionale della Pianura Padana, con presenze generalmente
al di sotto dei 300 metri.
La rana di Lataste è una specie caratteristica delle vaste pianure alluvionali, dove il livello della falda
freatica è elevato. E' una tipica abitante delle aree golenali e palustri. La tipologia delle acque nelle quali si
riproduce è diversificata e spazia dalle piccole pozze, agli stagni - di norma alimentati da acqua di falda fino ai piccoli corsi d'acqua; localmente utilizza anche le risaie. Pare mostrare una predilezione per le acque
leggermente correnti di fossati, canali di drenaggio e lanche, dove le uova sono spesso deposte in
depressioni e nei luoghi più tranquilli, anche se in questo tipo di acque la competizione con i pesci può
rivelarsi assai elevata. Il grado di soleggiamento sembra non essere determinante.
Habitat favorevoli sono i boschi golenali e altri tipi di boschi umidi e freschi: le alnete e i boschi misti di
farnia e carpino, con sottobosco erbaceo. L'alterazione degli habitat naturali elettivi ha condotto la specie a
frequentare comunque anche boschi dominati dalla robinia e, nella Pianura Padana, anche i pioppeti più
umidi e strutturati. Il legame con l'ambiente boscato è fortissimo poiché gli adulti, che si trattengono nelle
zone umide solo per pochi giorni o qualche settimana durante la stagione riproduttiva, durante il resto
dell'anno vivono principalmente nel sottobosco e nella lettiera dei boschi planiziali.
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42
Di piccole dimensioni, generalmente gli individui non superano i 60 mm, anche se eccezionalmente alcune
femmine possono raggiungere i 70 mm, la rana di Lataste è assai simile alla rana agile (Rana dalmatina), con
la quale è spesso in sintopia. Si ritiene pertanto utile fornire alcune indicazioni relative al riconoscimento in
natura di tali rane, che possono essere distinte grazie ad alcuni caratteri. In Rana dalmatina il labbro superiore
è più o meno omogeneamente biancastro o crema sino all'apice del muso; gola e ventre sono bianchi.
Viceversa in Rana latastei il labbro superiore è bianco solo fin sotto l'occhio dove diviene bruscamente bruno
scuro. La gola è biancastra con fitta marmoreggiatura grigio nerastra; una stria bianca longitudinale
mediana è sempre ben evidente e assume un tipico aspetto di "T rovesciata" giungendo sino alla transizione
fra gola e petto. Il ventre è biancastro abbondantemente spruzzato di nero, bruno o rosso mattone (Lapini,
2005). Inoltre la macchia temporale scura, tipica delle rane rosse, nella rana di Lataste è ben marcata e il
timpano, situato al suo interno, è indistinto, più piccolo del diametro oculare e lontano dall'occhio stesso
(mentre nella Rana agile è grande e molto vicino all'occhio). Anche il canto riproduttivo emesso dai maschi
che attendono nel sito riproduttivo le femmine è differente.
I luoghi di riproduzione vengono raggiunti generalmente alla fine della latenza invernale, in febbraio o al
più tardi in marzo. I maschi si portano in acqua e attendono, sul fondo del corpo d'acqua da dove possono
anche cantare, l'arrivo delle femmine che sopraggiungeranno più tardi. Il richiamo della rana di Lataste
ricorda il miagolio di un gatto: singolo e ripetuto a distanza di parecchi secondi, è emesso quasi
esclusivamente sott'acqua ed è udibile solo dal margine dello specchio d'acqua. Le femmine che si gettano in
acqua vengono subito afferrate dai maschi all'altezza del torace e trattenute fino alla fecondazione delle
ovature. Una singola femmina produce dalle 600 ad oltre 2000 uova, deposte sotto forma di compatti
ammassi gelatinosi, con diametro medio di circa 115 mm, che si distinguono dalle ovature delle altre specie
di rane rosse per la sottigliezza dello strato gelatinoso che avvolge ogni singolo uovo, non superiore ai 6-7
mm. Le ovature sono fissate, singolarmente o a grappoli, a una profondità di 5-30 cm a piccoli rami e ad
altre strutture vegetali sommerse: di norma vengono preferiti i rametti che sporgono di traverso dalla riva.
A volte, dopo qualche tempo, le ovature emergono. L'attività riproduttiva, che ha un suo massimo con
temperature dell'acqua di circa 7 °C, può protrarsi al massimo per un paio di mesi, dalla metà di febbraio
fino ad aprile; all'interno del singolo specchio d'acqua tale periodo non dura però più di tre settimane.
L'apice è raggiunto nella prima metà del mese di marzo. Terminata la deposizione delle uova le femmine
abbandonano subito l’area, mentre i maschi vi si soffermano ancora qualche giorno. Dai primi di aprile non
si osserva però praticamente più alcuna rana di Lataste negli specchi d'acqua.
Le uova si schiudono dopo un paio di settimane, ma le larve rimangono attaccate agli ammassi gelatinosi
ancora alcuni giorni, fino allo sviluppo della coda che permette loro di nuotare liberamente. I girini sono
predati da insetti acquatici, tra cui larve di odonati. A partire dall'inizio di giugno appaiono i primi giovani
metamorfosati, lunghi 13-15 mm e pronti per lasciare l'ambiente acquatico. Il massimo numero di
neometamorfosati si ha in giugno, quando la temperatura dell'acqua è compresa fra i 18 e i 22,5 °C. I maschi
di rana di Lataste torneranno a riprodursi già dopo il primo inverno, le femmine solo dopo il secondo. Dai
dati di letteratura sembra che la vita media sia abbastanza breve, la più breve tra le rane rosse, con
un'aspettativa di vita per i maschi di tre anni e di quattro per le femmine. Terminato il breve periodo
riproduttivo le rane di Lataste si portano nel bosco, spingendosi anche ad oltre un chilometro dalle acque di
riproduzione. Durante l'estate si ha un calo nell'attività degli adulti. Sulla migrazione autunnale non si sa
molto: talvolta è possibile osservare in acqua individui che vi trascorreranno l'inverno. Tra i nemici naturali
della specie ricordiamo gli ardeidi, i rapaci notturni e la biscia d'acqua.
Vista la sua distribuzione assai circoscritta e concentrata nelle aree di pianura, utilizzate intensivamente
anche dall'uomo, la rana di Lataste è uno degli anfibi più minacciati e rari d'Europa. Il declino della specie è
legato alla progressiva scomparsa degli habitat adatti e alla frammentazione delle popolazioni: i boschi
planiziali sottoposti a intense alterazioni antropiche, ridotti di estensione e isolati risultano sempre meno
idonei ad ospitare popolazioni vitali di tale specie. Dati di letteratura riportano densità di individui che
oscillano fra i 90 e i 173 individui/ha (Boano et al., 1995; Pozzi, 1980).
Alcuni studi hanno evidenziato l'importanza delle dimensioni dell'area boscata, che al di sotto dei 13 ha non
offre opportunità insediative alla specie, che invece vede un optimum ecologico nei boschi planiziali con
superficie superiore ai 70 ha.
Apparentemente la situazione è resa più critica dalla ridotta diversità genetica delle popolazioni lombarde,
che sembrano inoltre avere una suscettibilità ai patogeni maggiore rispetto a quella di altre popolazioni.
Recentemente sono numerosi gli interventi effettuati o in corso per la conservazione di questa specie, tra cui
la gestione e il miglioramento dell'habitat per incrementarne l'idoneità per le popolazioni. Si ricorda un
recente progetto di durata triennale che ha coinvolto sette aree protette della regione Lombardia, per
ricreare siti riproduttivi e ambienti idonei alla specie; si è operato anche con interventi di traslocazione,
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utilizzando girini negli ultimi stadi precedenti la metamorfosi, appositamente allevati in condizioni seminaturali (Scali et al., 2001).
3.3.1.9 Pelobate fosco insubrico (Pelobates fuscus insubricus)
Il pelobate fosco apparentemente non è presente nell’area di studio. Tuttavia recentemente la specie è stata
osservata all’interno del vicino Parco regionale della Pineta di Tradate e Appiano Gentile. Si ritiene pertanto
cautelativamente di ipotizzare la specie come potenziale e produrne conseguentemente la scheda relativa
alle esigenze ecologiche ed al ciclo biologico, analogamente a quanto fatto con le precedenti specie.
Pelobates fuscus è un'entità eurasiatica che comprende le sottospecie Pelobates f. fuscus e Pelobates f. insubricus.
La prima presenta un areale molto esteso, mentre la seconda è invece endemica dell'Italia settentrionale. Per
tale motivo P.f. insubricus è inserito come specie prioritaria nell'Allegato II della Direttiva Habitat, parimenti
ad orso bruno e foca monaca.
Storicamente la presenza della specie è nota per le estese aree planiziali del nord-Italia. L'attuale
distribuzione sembra contrarsi rispetto ai dati storici, con presenze comunque ancora significative in
particolare in Piemonte (Torino, Eporediese, area risicola novarese) e Lombardia (area risicola della
Lomellina, colline moreniche del varesotto e pianura cremonese), più sporadiche in Emilia Romagna,
Veneto e Friuli Venezia Giulia.
A prima vista può sembrare simile ad un piccolo rospo, ma la pelle liscia e le pupille verticali permettono
agevolmente di distinguerlo dai rospi veri e propri. Il pelobate, noto anche come il rospo dalla vanga, non
supera i 60-90 mm di lunghezza (muso-cloaca). La morfologia è tipica di un animale fossorio, con arti
relativamente corti e tubercoli metatarsali (la cosiddetta "vanga") ben sviluppati. Questi ultimi, caratteristici
della specie, consistono in un tubercolo corneo metatarsale, presente sia nei maschi che nelle femmine, che
viene utilizzato per scavare nel terreno. Ha abitudini notturne ed è fortemente fossorio trascorrendo gran
parte della sua vita interrato (anche oltre i 50 cm) nel cunicolo da esso stesso scavato. Per tali costumi di vita,
in particolare per la sua abitudine a scavare, questo anfibio predilige un suolo morbido e sabbioso, non
compatto. Per la difficoltà di osservazione data dal suo comportamento è sicuramente meno noto rispetto
agli altri anfibi e forse la sua reale distribuzione e presenza è sottostimata. La specie infatti è esclusivamente
notturna ad eccezione del periodo riproduttivo durante il quale mostra una limitata attività diurna
acquatica. E' probabile che non si allontani molto dal sito riproduttivo, trascorrendo gran parte della
giornata infossato nel terreno, ma i dati disponibili sono assai scarsi.
La riproduzione è di tipo esplosivo; la migrazione verso i punti di riproduzione avviene in massa tra fine
marzo e fine aprile, in coincidenza con le prime intense piogge primaverili, con temperature minime
comprese fra i 7-10°C. I maschi tendono a raggiungere lo stagno prima delle femmine e a lasciarlo per
ultimi. I vocalizzi vengono emessi sott'acqua pertanto risultano udibili solo da breve distanza o con idrofoni.
Sono noti vari vocalizzi. I siti riproduttivi consistono di solito in risaie, lanche morte di fiumi, pozze
temporanee, vecchi canali, scolatoi, canalette di drenaggio. Spesso il pelobate si comporta da specie
"colonizzatrice", preferendo corpi d'acqua temporanei o comunque caratterizzati da periodi di asciutta. Tale
situazione è favorevole poiché esclude la presenza dei pesci, che possono operare una forte azione
predatoria, soprattutto sulle ovature e sulle forme larvali. La riproduzione avviene nel giro di pochi giorni.
Le uova hanno una colorazione grigio scuro o marrone con polo vegetativo bianco e dal diametro di 2-2,5
mm, e vengono deposte insieme e disposte irregolarmente a breve distanza in un cordone trasparente e
gelatinoso dall'intenso odore di pesce lungo da alcune decine di cm fino a 1 m e largo 1,5-2 cm, ancorato alla
vegetazione di fondo. Il numero di uova in ciascuna ovideposizione varia da 1200 a 3400 (Lanza, 1983). Per
quanto riguarda i girini di P.f. insubricus sono note lunghezze di 100-120 millimetri; essi si nutrono di alghe,
di residui di fanerogame, detriti e protozoi. Generalmente lo sviluppo delle larve si realizza nel corso di
alcune settimane e, comunque, la metamorfosi è completata prima dell'estate. Si ritiene che la maturità
sessuale possa già essere raggiunta nel primo o nel secondo anno di vita. Relativamente alla alimentazione
sembra che Pelobates f. insubricus abbia una dieta alquanto specializzata, con alte percentuali di Coleotteri.
Per la sua rarità e per la presunta rarefazione delle popolazioni P.f. insubricus è divenuto una specie simbolo
della conservazione. Il WWF Italia ha avviato alcuni anni fa il "Progetto Pelobate" che ha prodotto un
Action Plan ed anche la Regione Lombardia ha avviato un piano di conservazione, coinvolgendo alcuni
parchi regionali.
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3.3.2 Mammiferi
Quali specie guida fra i mammiferi sono stati scelti un roditore (scoiattolo), un carnivoro (tasso) e due
ungulati (capriolo e cervo).
3.3.2.1 Scoiattolo (Sciurus vulgaris)
Lo scoiattolo rosso è una specie forestale che
predilige ampie foreste, miste e mature, che possano
offrire una buona varietà di alimentazione.
Importante anche la presenza di un folto sottobosco,
soprattutto se offre ulteriori opportunità alimentari
(si pensi al nocciolo). Specie fortemente arboricola,
costruisce sugli alberi i nidi che utilizza quale rifugio
diurno o notturno e per l’allevamento della prole.
L’estensione dell’area vitale, detta anche home
range, ovvero la porzione di territorio (in questo
caso in prevalenza forestale) all’interno della quale
l’animale può soddisfare tutti i suoi bisogni
quotidiani, può variare fra i tre e i 12 ettari, in virtù
di fattori quali l’età e il sesso dell’animale e la
qualità dell’ambiente. Variazioni nell’home range
sono registrate anche nelle diverse stagioni, in virtù
dei comportamenti di naturale sessuale e di
variazioni stagionali nelle disponibilità delle fonti
alimentari.
L’home range dei maschi in un ambiente costituito
da foreste di latifoglie si attesta attorno ai 9 ettari di
superficie, andando spesso a sovrapporsi parzialmente all’home range di individui di sesso femminile, per
le quali nel medesimo habitat forestale a latifoglie, questo si estende su circa 8 ettari. Per inciso si ricorda che
la superficie di un ettaro è pari a quella di un quadrato avente lato di 100 metri.
In realtà lo scoiattolo rosso non utilizza in modo intensivo che una o alcune parti del proprio territorio: in
aree forestali estese e favorevoli lo scoiattolo utilizza principalmente una porzione dell’area vitale, pari in
generale a meno del 50% di quest’ultima, limitandosi a visite occasionali nelle restanti parti del territorio,
perlopiù periferiche. Diverso il caso degli scoiattoli che vivono in aree dove l’ambiente boscato risulta
frammentato: in questi casi lo scoiattolo è costretto a spostarsi da una parcella boscata all’altra, con un uso
del territorio “multipolare”. E’ evidente che quando tale frammentazione dell’habitat forestale è realizzata
tramite una strada, questo espone lo scoiattolo al rischio di essere investito, rischio tanto più alto quanto più
l’animale è obbligato a fare la spola fra le diverse porzioni di bosco che costituiscono il suo territorio vitale,
esponendosi anche maggiormente ai predatori (martora, faina e astore).
Celada et al. (1994a ; 1994b) hanno studiato in aree dell’Appennino pavese e di pianura della Lomellina
(PV), l’effetto della frammentazione dei querceti sulla loro occupazione da parte dello scoiattolo. In
Appennino, dove il grado di frammentazione è
moderato e la distanza fra i querceti è
relativamente modesta, le locali estinzioni sono
riequilibrate da frequenti colonizzazioni. Al
contrario, le popolazioni dei querceti padani, la
cui distanza è talvolta considerevole e che
dipendono dalle foreste planiziali della Valle del
Ticino, sembrano destinate a scomparire
nell’arco di alcuni anni.
Nell’ambito della dinamica di popolazione della
specie, sono presenti fenomeni di dispersione e
movimenti migratori. Tali fenomeni sono
naturalmente legati al ciclo riproduttivo dello
scoiattolo, che registra due stagioni degli amori.
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Le femmine vanno in estro una prima volta fra gennaio e marzo ed una seconda fra giugno e agosto,
eccezionalmente settembre, potendo
pertanto allevare due nidiate all’anno. I
giovani scoiattoli una volta svezzati si
muovono alla ricerca di un proprio
territorio. L’insediamento del giovane o
del subadulto in un territorio dipende
dalla possibilità di trovarne uno
“vacante” di proprietario. La distanza
fra il territorio di insediamento e quello
di nascita è pertanto estremamente
variabile: potrebbe anche essere un’area
contigua trovata libera. Generalmente i
giovani nati prima, ovvero durante
l’inverno, che si disperdono in estate,
hanno più chance di trovare prima un
proprio territorio, mentre la dispersione
autunnale degli scoiattoli nati in estate
interessa distanze maggiori. L’entità di
questi fenomeni dipende dal successo
della stagione riproduttiva e dalla
disponibilità alimentare della stagione
successiva.
Altri
movimenti,
pre-riproduttivi,
interessano i maschi adulti di scoiattolo
che si muovono alla ricerca delle
femmine.
La dispersione dei giovani è un
momento molto critico e pericoloso: per
questo ed altri fenomeni il tasso di
sopravvivenza dei giovani è molto
basso. Solo un 15-25% dei nuovi nati
raggiunge l’anno di vita. Ciononostante
la dispersione giovanile è un fattore nel
complesso positivo: ricombinazione
genica, mancanza di forti competizioni per le risorse e la riproduzione, nonché la possibilità di colonizzare
nuove aree (se e dove presenti) sono fattori fondamentali per la sopravvivenza a lungo termine delle
popolazioni e della specie.
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3.3.2.2 Tasso (Meles meles)
Fra i carnivori presenti nell’area di studio, quello che è più significativo ai fini della presente indagine è
risultato essere il tasso. Fra i mustelidi del territorio infatti, pur essendo caratterizzato da una buona
plasticità ecologica, è quello che presenta una distribuzione meno ampia sul territorio regionale (Ferrario,
2001). La specie è comunque presente dalle aree agricole di pianura come pure nei boschi sino ai 1000 metri
di quota. Lungo i maggiori fiumi regionali la specie è insediata lungo i terrazzi principali o secondari ove, in
prevalenza lungo le scarpate coperte da robinia, sono presenti le tane.
L’habitat ottimale è rappresentato da aree forestali con luoghi tranquilli e pedologicamente idonei allo scavo
della tana, nonché con presenza di
radure o piccoli appezzamenti
agricoli. Il tasso generalmente
vive solitario o in medio - piccoli
clan familiari, le cui attività
ruotano attorno ad un sistema di
tane che offre rifugio per il giorno
e protezione nell’allevamento dei
piccoli. Nella Comunità Montana
Valle
del
Luinese
(VA),
caratterizzata da una copertura
forestale dell’87%, sono state
riscontrate densità di 1,1 – 2,0 tane
principali/1.000
ettari.
Nell’Europa
continentale
la
dimensione del territorio familiare
Tana
può raggiungere i 6 Km2 .
Pur trattandosi di un carnivoro, la
dieta di questo animale può essere quanto mai varia, al punto da poter essere considerato un onnivoro; essa
infatti può comprendere invertebrati, vertebrati e vegetali. La composizione della dieta dipende dalle risorse
del territorio in cui il tasso risiede: in zone golenali della provincia di Pavia essa è costituita principalmente
da vegetali (soprattutto mais), da lombrichi e in misura minore insetti, anfibi e rettili (Prigioni et al., 1988). In
uno studio condotto nell’Alto Luinese (Biancardi et. al, 1995) è emerso come il tasso si nutra principalmente
di castagne e secondariamente di artropodi, soprattutto insetti. In numerosi studi condotti all’estero è
emerso come i lombrichi rappresentino una percentuale assai significativa della composizione della dieta.
La presenza del tasso, dai movimenti prevalentemente notturni, è tradita dal costume della specie di
utilizzare delle latrine, buchette scavate nel terreno in cui vengono depositate le feci, spesso con significato
di territorialità. E’ una specie
poligamica. Gli accoppiamenti
avvengono da febbraio a marzo,
ma è possibile una seconda
stagione riproduttiva nella tarda
estate. I parti, posticipati da un
periodo di riposo ovulare, in
genere avvengono al termine
dell’inverno. La cucciolata è
composta da 2-3 piccoli che
vengono allattati per tre mesi,
ma che già dall’ottava settimana
possono abbandonare la tana.
Successivamente seguiranno la
madre nella ricerca notturna del
cibo. Verso la fine della
primavera successiva i rapporti si allentano e i giovani, in particolare i maschi, possono iniziare una fase di
dispersione alla ricerca di nuovi territori; spesso si uniscono a clan limitrofi.
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Il tasso può percorrere ogni notte in media sino a 11 Km. Questa elevata mobilità ha come conseguenza che
tra le principali cause di decesso non dovute all’età, sia da annoverare quella conseguente all’investimento
ad opera del traffico veicolare.
3.3.2.3 Cervo (Cervus elaphus)
Il cervo generalmente è legato a vasti comprensori boschivi sia di latifoglie sia di resinose, caratterizzati
dalla presenza di radure, tagliate e pascoli. Le esigenze ecologiche e biologiche della specie fanno sì che la
superficie minima per una popolazione vitale sia stimata in 10.000 – 15.000 ettari (Perco, 1987). Il bosco deve
rappresentare dal 70 al 75% del territorio (Mustoni et al., 2002).
Tendenzialmente la specie frequenta are boscate con scarso sottobosco, ove è meno limitata la possibilità di
spostamenti, ma in condizioni di disturbo e di vicinanza alla presenza umana sono frequentati anche boschi
fitti e con folto sottobosco, dove possono essere trovate zone sicure di rifugio diurno. Importante, in
particolare nel periodo estivo, la presenza di acqua (ruscelli e stagni) per l’abbeverata e di pozze fangose per
bagni rinfrescanti e rimedio contro i parassiti.
La dieta della specie è meno selettiva rispetto a quella del capriolo, consentendo al cervo una maggiore
capacità di adattamento. L’alimentazione è costituita per la maggior parte da erbe, bacche e radici. In
inverno nella dieta rientrano gemme, foglie, ramoscelli, cortecce, ghiande, castagne e funghi.
L’uso dell’habitat varia stagionalmente e la specie, soprattutto sull’arco alpino, compie delle vere e proprie
migrazioni dai quartieri invernali a quelli estivi, spesso posti a distanze ragguardevoli.
La superficie individuale giornaliera occupata è generalmente compresa fra 1 e 8 chilometri quadrati
(Ferrario in Prigioni et al., 2001). In ambiente forestale alpino (Georgii, 1980 e Georgii et al., 1983) vengono
riportati home ranges annuali di 400 ettari per le femmine e di 800 ettari per i maschi. La specie in situazione
favorevole raggiunge la densità di 10 individui al chilometro quadrato. Per inciso si ricorda che 100 ettari
equivalgono ad 1 chilometro quadrato.
Il cervo è un ungulato
sociale che nel corso
dell’anno
dà
vita
ad
aggregazioni di conspecifici,
soprattutto delle stesso
sesso. Nell’ambito delle
dinamiche di popolazione si
registra
anche
un
significativo erratismo, in
particolare a carico dei più
giovani. E’ consuetudine
infatti che i giovani maschi
(ma in qualche caso anche le
giovani femmine), superati i
due anni e mezzo di età, si
allontanino
dal
nucleo
familiare
originario,
garantendo in questo modo
un flusso genetico nella
popolazione ed evitando
incroci fra consanguinei. Sono pertanto generalmente i giovani maschi a frequentare zone di
neocolonizzazione o di sporadica presenza della specie, spesso con home ranges anche di notevole
estensione.
Il cervo, pur essendo un animale diurno, a causa del disturbo antropico è attivo soprattutto durante le ore
notturne, quando si porta al pascolo, mentre durante il giorno rimane nascosto in zone con folta vegetazione
del sottobosco, alternando l’alimentazione al riposo e al rumine.
Uno dei maggiori problemi per il cervo è la presenza o la costruzione di arterie stradali ad intensa viabilità,
che ne limitano notevolmente le possibilità di spostamento e di migrazione (Prigioni et al., 2001). Il cervo
soffre la vicinanza dell’uomo e delle infrastrutture assai più di quanto avvenga per il capriolo: necessita
infatti di spazi vitali e di una tranquillità che solo estese e continue formazioni forestali possono offrire.
La mortalità per investimenti può assumere un ruolo rilevante.
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L’insorgenza di nuove ed estese fonti di disturbo nei casi più estremi può portare al progressivo e completo
allontanamento della popolazione (Mustoni et al., 2002).
3.3.2.4 Capriolo (Capreolus capreolus)
Il capriolo è un animale tipico degli ambienti
ecotonali, ovvero delle zone arbustate di transizione
fra il bosco e le aree aperte. Grazie alla sua plasticità
ecologica frequenta un’ampia gamma di ambienti
boschivi: boschi anche assai sfruttati, boscaglie di
tipo semiruderale e golenale, nonché ambienti rurali
aperti, purché dotati di qualche piccolo boschetto o
siepe o fosso alberato.
Gli ambienti collinare appenninico e prealpino
insubrico rappresentano le aree di elezione per
questo piccolo ungulato, che è massimamente
insediato presso le aree ecotonali, dove si alternano
ambienti aperti e boschi di latifoglie, caratterizzate
da scarsa persistenza della neve e, di preferenza, nei
querceti. Gli home ranges mensili si attestano fra i 10
e i 30 ettari.
In aree appenniniche particolarmente vocate la
densità può raggiungere i 20/25 individui al Km2,
contro i 10/15 in zona alpina. In Lombardia
comunque in generale le densità delle popolazioni
sono inferiori ai 10 animali al Km2.
Il capriolo possiede un regime alimentare assai
selettivo: le ridotte dimensioni dello stomaco rispetto alla massa corporea lo obbligano a privilegiare
alimenti ad alto contenuto energetico, affinché la scarsa quantità di cibo ingerito sia sufficiente a mantenere
in efficienza l’organismo. Gli alimenti selezionati sono pertanto gemme, foglie, apici e ghiande. In ambiente
forestale le foglie assumono importanza fondamentale. Nelle radure si alimenta di leguminose ed altre
essenze floreali, poco importanti risultano essere graminacee e ciperacee.
Il capriolo è attivo massimamente all’alba e al tramonto, protraendo l’attività nelle prime ore del mattino e
alle ultime del pomeriggio.
Il ciclo di vita annuale del capriolo attraversa diverse fasi; fondamentale nei maschi adulti è la fase
territoriale, da maggio a luglio, che precede gli accoppiamenti, durante la quale i maschi adulti si insediano
in un territorio che viene attivamente difeso dall’ingresso di estranei conspecifici dello stesso sesso. La
marcatura del territorio avviene attraverso tre categorie di segnali: olfattivi (raspatura con gli arti posteriori
e sfregamento della regione facciale, ricca di ghiandole odorose), acustici (il cosiddetto latrato) e ottici
(fregoni). Dopo l’accoppiamento il maschio può abbandonare il territorio alla ricerca di nuove femmine,
allontanandosi anche in modo assai importante.
All’interno del territorio le aree vitali sono le zone di pascolo e di ruminazione e riposo.
La fase di raggruppamento parentale, più lunga per le femmine, termina verso marzo con l’allontanamento
del maschio che inizia la fase gerarchica, durante la quale vengono stabiliti i ranghi in base alla forza e all’età
degli animali, cui farà seguito quella territoriale. All’inizio di maggio la figlia dell’anno precedente viene
allontanata dalla madre.
Durante gli spostamenti citati il capriolo, attraversando arterie viarie è soggetto ad investimenti. Altra causa
di mortalità, diretta o indiretta, è data dai cani vaganti che disturbando e mettendo in fuga i caprioli li
espongono come detto ad investimenti stradali e ad urti contro ostacoli (barriere, recinzioni etc).
CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA
E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE
49
3.4 ATTIVITÀ DI CAMPO
L’attività di campo è stata svolta a partire da fine febbraio, sino all’inizio di luglio. La ricerca di tracce di
presenza dei mammiferi è stata perlopiù contestuale alla ricerca dei siti riproduttivi degli anfibi. Fonti di
acqua sono infatti vitali per i mammiferi, che necessitano di tali presenze all’interno del proprio home range.
Viceversa sono state indagate anche situazioni ambientali sfavorevoli all’insediamento di siti riproduttivi di
anfibi (pendii e scarpate) al fine di verificare l’insediamento del tasso.
Con visite mirate e l’esecuzione di transetti si è avuto cura di coprire il territorio dei tre PLIS e le aree di
possibile collegamento fra i medesimi. L’attività è stata tanto diurna che notturna.
Uno sforzo particolarmente significativo è stato profuso nell’indagine relativa allo RTO, il più complesso
morfologicamente e maggiormente differenziato a livello di struttura della componente forestale. Peraltro i
restanti due PLIS erano già noti allo scrivente per avervi condotto recenti indagine sempre di stampo
naturalistico e faunistico (Viganò A. 2008 e 2010).
Sono inoltre stati effettuati dei sopralluoghi presso i siti degli interventi previsti dalla linea 2 del progetto.
Complessivamente i sopralluoghi effettuati sono stati una cinquantina.
A buona parte delle uscite notturne ha partecipato Abramo Giusto.
Nella tabella successiva sono richiamate le uscite effettuate sul campo, con l’indicazione della data e del
PLIS interessato:
RTO=Rile-Tenore-Olona; PMO=Parco Medio Olona; BDR=Bosco del Rugareto;
N=;notte; G=giorno.
25/02/2010 N
27/02/2010 N
02/03/2010 N
12/03/2010 N
13/03/2010 N
13/03/2010 G
21/03/2010 N
22/03/2010 N
22/03/2010 N
24/03/2010 N
25/03/2010 N
25/03/2010 N
25/03/2010 N
26/03/2010 N
30/03/2010 N
31/03/2010 G; N
31/03/2010 N
01/04/2010 G
01/04/2010 N
07/04/2010 N
07/04/2010 N
09/04/2010 G
10/04/2010 G
19/04/2010 G
20/04/2010 G
BDR
BDR
BDR
BDR
RTO
BDR
BDR
PMO
RTO
BDR
RTO
PMO
BDR
BDR
BDR
PMO
BDR
RTO
BDR
PMO
BDR
RTO
Cairate
RTO
RTO
21/04/2010 G
22/04/2010 G
24/04/2010 G
26/04/2010 G
28/04/2010 G
29/04/2010 N
30/04/2010 N
30/04/2010 N
03/05/2010 G
08/05/2010 G
09/05/2010 G
11/05/2010 N
11/05/2010 N
27/05/2010 G
29/05/2010 G
31/05/2010 G
04/06/2010 G
10/06/2010 N
17/06/2010 N
23/06/2010 G
30/06/2010 N
02/07/2010 G
03/07/2010 G
10/07/2010 G
13/07/2010 N
RTO
RTO
RTO
RTO
RTO
RTO
RTO
BDR
RTO
RTO
PMO
RTO
PMO
RTO
RTO
PMO
PMO
PMO
PMO
RTO
PMO
RTO
Cairate
PMO
PMO
CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA
E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE
50
3.5 RISULTATI
3.5.1. Anfibi
Complessivamente sono stati censiti 75 siti riproduttivi utilizzati dagli Anfibi, di cui 44 nuovi rispetto allo
studio condotto dalle GEV della Provincia di Varese.
I siti riproduttivi sono così distribuiti fra i 3 PLIS:
PLIS
Numero siti riproduttivi
Rile – Tenore - Olona
Parco del Medio Olona
Bosco del Rugareto
44
12
15
I restanti 4 siti sono ubicati nel
comune di Cairate, fra i PLIS RTO e PMO.
La gran parte dei siti di acque lentiche (ferme) sono in qualche modo da ascrivere a interventi sull’ambiente
operati dall’uomo: vasche serbatoio per attività florovivaistica, vasche volano, laghetti di falda originati da
attività estrattive, laghetti e vasche ornamentali, sbarramenti al deflusso dell’acqua meteorica operati da
tracciati viari (strade, pista ciclabile, massicciata ferroviaria), canalette di deflusso, pozze lungo solchi di
strade sterrate, vaschette per l’abbeverata della selvaggina etc. Ben poche le condizioni di ristagno d’acqua
alle quali è possibile ascrivere un’origine del tutto aliena da un qualche intervento umano: risorgive e,
probabilmente, alnete allagate. Un maggior grado di naturalità può essere ascritto ad alcuni dei siti
riproduttivi della salamandra, nel RTO, con particolare riferimento agli impluvi del reticolo idrografico
minore.
Viene visualizzata, per ciascun PLIS, l’ubicazione dei siti riproduttivi all’interno del medesimo o nelle
immediate vicinanze, con un repertorio di immagini “tipo” di sito riproduttivo.
Procedendo da nord a sud vengono pertanto proposti RTO e PMO con BDR..
PLIS Rile-Tenore-Olona
Risorgiva, Castelseprio
Pozza su strada sterrata nel
bosco, Carnago/Castelseprio
Canale di drenaggio,
Lozza
CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA
E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE
51
SCHIANNO
LOZZA
VEDANO
OLONA
MORAZZONE
CASTIGLIONE
OLONA
GORNATE
OLONA
CARONNO
VARESINO
CARNAGO
CASTELSEPRIO
LONATE
CEPPINO
Ubicazione dei siti riproduttivi degli Anfibi nel PLIS RTO
CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA
E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE
52
1
2
3
4
5
6
7
8
1. Laghetto Pollo, Caronno Varesino; 2. La Madonnetta, Gornate Olona; 3. Tributario del Tenore, Carnago; 4.
Ponderosa, Torba; 5. Gornate Olona, scarpata su Olona; 6. La Madonnetta, per Tenore, Gornate Olona; 7.
Palude, Caronno Varesino; 8. Alneta allagata, Caronno Varesino
CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA
E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE
PLIS Parco Medio Olona e Bosco del Rugareto
Ubicazione dei siti riproduttivi degli Anfibi nei PLIS PMO e BDR
Presso pista ciclabile, PMO,
Fagnano Olona
Ovature
di Rana dalmatina
53
CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA
E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE
54
1
2
3
4
5
6
1. Invaso Fontanile, Gorla minore; 2. Laghetto di falda, cava Georisorse, Cislago; 3. Torrente Bozzente,
Cislago; 4. Pozza su gradone di cava, Cislago; 5. Pozza di abbeverata selvaggina, Cislago; 6. Pozza lungo
sterrata nel bosco, Gorla minore / Cislago
CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA
E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE
55
3.5.1.1 Salamandra (Salamandra salamandra)
La salamandra è ampiamente distribuita all’interno del PLIS RTO, probabilmente presente anche nella
porzione più settentrionale del PMO e assente dal territorio del BDR, completamente pianeggiante.
All’interno del RTO la specie sfrutta per la riproduzione la gran parte degli impluvi del reticolo idrografico
secondario, afferenti in vario modo all’Olona e al Tenore. Nei momenti di secca le larve sono concentrate
nelle pozze non asciutte, mentre durante e dopo le piogge le presenze sono maggiormente diffuse. E’ inoltre
presente in pozze in alneta, non connesse al reticolo idrografico.
Nelle pozze utilizzate il substrato è rappresentato in taluni casi da ciottoli puliti, in altri da fango, o
comunque materiale molto fine. La presenza della
specie è spesso associata ad una notevole quantità
di macrobenton, con particolare riferimento a larve
di effimere.
Le larve di salamandra sono state osservate in 15
siti, con una osservazione media di 8 esemplari
(minimo 2, massimo 25). Il ritrovamento della
specie, con una colorazione che nella maggior
parte dei casi la mimetizza con il substrato,
richiede una attenta e ravvicinata osservazione.
Un individuo adulto è stato schiacciato da un’auto
in data 22/03/2009, in ore serali, sotto la pioggia,
lungo la strada di collegamento fra Castelseprio e
Carnago, che sovrappassa il Tenore.
Di un certo interesse sarà la verifica delle presenza
della specie nel PMO; per il mantenimento di tale
presenza a lungo termine è fondamentale un
collegamento vitale con il RTO attraverso la
salvaguardia del reticolo idrografico e della
copertura vegetazionale ad esso associata.
Complessivamente, relativamente al RTO, la
specie sembra godere di buona salute; si registrano
tuttavia alcune di situazioni di degrado del
reticolo idrografico per fenomeni di inquinamento
(scarico fognario e abbandono di eternit) a carico
di potenziali habitat riproduttivi.
CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA
E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE
56
Habitat riproduttivo di salamandra: idoneo e
alterato
SCHIANNO
LOZZA
VEDANO
OLONA
MORAZZONE
CASTIGLIONE
OLONA
GORNATE
OLONA
CARONNO
VARESINO
Siti riproduttivi della salamandra nel PLIS RTO
CARNAGO
CASTELSEPRIO
LONATE
CEPPINO
CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA
E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE
57
3.5.1.2 Tritone crestato (Triturus carnifex)
Il tritone crestato si è rivelato essere la specie più scarsa,
con soli tre siti riproduttivi accertati, di cui due afferenti
Maschio in immersione
al PLIS RTO e uno al PLIS PMO; le tre aree sono ubicate
nel fondovalle dell’Olona.
Le stazioni di presenza del tritone sono tra quelle
caratterizzate dalla maggior ricchezza specifica.
Particolarmente
significativa
risulta
essere
la
popolazione del sito ricadente nel PMO. Le prime
osservazioni fanno riferimento alla notte del 31/03/2010
quando vengono osservati in acqua 18 maschi e
probabilmente una femmina. In un secondo sopralluogo
condotto nella notte del 07/04/2010 vengono censiti 47 maschi, 28 femmine e 13 indeterminati, per un
totale di almeno 88 individui. Di questi 15 (13 femmine e
2 maschi) sono stati visti sul terreno, nell’atto di
avvicinarsi al sito, mentre tutti i restanti in acqua,
prevalentemente a coppie o più maschi (da 2 a 4) per
femmina. Non tutti gli anni la località in oggetto,
alimentata da acqua piovana, può essere utilizzata dalla
specie quale luogo di riproduzione.
Nel 2009 un maschio era stato osservato in un altro sito
poco distante, una vasca artificiale presso un’area
industriale dismessa del fondovalle
Dei due siti accertati presso il PLIS RTO in uno è stato
Femmina sul fondale
possibile osservare in data 29/04/2010, sempre in ore
notturne, 6 o 7 femmine. Da segnalare la compresenza
della salamandra.
Per il terzo sito è disponibile una
osservazione
di
almeno
40/50
esemplari (Giusto A., com. pers.) per
l’anno 2009.
L’esiguità delle stazioni di presenza
della specie, elencata nell’allegato 2
della Direttiva Habitat, evidenzia la
forte necessità di interventi a favore di
tale entità, sia in termini di connettività
fra le popolazioni, quanto di
miglioramento
degli
habitat
riproduttivi.
Siti riproduttivi del tritone crestato
CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA
E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE
58
3.5.1.3 Rospo comune (Bufo bufo)
Il rospo comune è
presente sul territorio
oggetto di indagine
con popolazioni significative.
Le più importanti sono
da tempo seguite dalle
GEV della Provincia di
Varese ed oggetto di
interventi di salvaguardia durante la
Siti riproduttivi del
migrazione primaverirospo
le verso i siti riproduttivi. Nello specifico
dette popolazioni fanno capo all’area delle
cave di Cislago (BDR),
al Castello di Gornate
Olona, e ad un laghetto
di una pesca sportiva
in località Caronno
Corbellaro, in prossimità dell’azienda Mazzucchelli (RTO).
Complessivamente
i
siti riproduttivi sono
una decina.
Oltre alle tre aree
richiamate che ospitano le popolazioni più
importanti ulteriori siti
riproduttivi
presenti
sono: RTO : laghetto in
località La Madonnetta, torrente Mornaga
(attraversamento rospi
in Via Diaz). PMO: nel
corso del presente
studio sono stati osservati dei movimenti di rospi
nell’area boscata a nord di Gorla maggiore, in
direzione del fiume Olona, ed osservato qualche
individuo in prossimità del fiume, fra Fagnano
Olona e Gorla maggiore. Non è pertanto da
escludere la riproduzione anche lungo l’Olona
nell’area indicata. In prossimità del PMO la
riproduzione è segnalata dalle GEV anche in una
vasca decorativa nello stabilimento Hexion
(Olgiate Olona) come pure all’interno del Golf
Club Le Robinie di Solbiate Olona, ove sono
presenti dei laghetti utilizzati per l’irrigazione del
prato.
Nel BDR la specie si riproduce oltre che nell’area cave, nell’invaso del torrente Fontanile e nella vasca del
florovivasismo Filippini, a Gorla maggiore, in prossimità del PMO.
CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA
E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE
59
IL ROSPO NEL BOSCO DEL RUGARETO
Sulla base dei dati a disposizione risulta che la popolazione più consistente è quella presente nel Bosco del
Rugareto.
I censimenti condotti dalle GEV del Nucleo di Saronno, contestuali alle operazioni di salvataggio hanno
dato i seguenti risultati (anni 2002-2004), relativi al movimento di sola andata:
Anno
Numero totale individui Numero individui vivi Numero individui morti
2002
901
724
177
2003
1214
1192
22
2004
1926
1774
152
Dal 2000 al 2004 il movimento migratorio dei rospi in direzione della cava Georisorse, con l'attraversamento
della SP 21, è stato monitorato e agevolato dalle GEV
della Provincia di Varese, Nucleo di Saronno. " A
partire dal 2000 le GEV hanno iniziato a sistemare
700 metri di plexiglass lungo i due lati della strada
per impedire agli animali l'attraversamento della
stessa incanalandoli verso contenitori interrati che,
ad intervalli regolari, servivano ai volontari per
traslocare gli animali. Nel 2005 grazie alla
sponsorizzazione e alla fornitura dei mezzi
meccanici della società Georisorse, proprietaria della
cava, e alla direzione lavori delle GEV sono stati
realizzati una serie di sottopassaggi permanenti.
Tale opera consiste di due barriere fisse, una in
calcestruzzo prefabbricato ed un'altra in plexiglass,
lunghe 600 metri, poste ai due lati della strada, per
impedire
l'attraversamento
ad
anfibi
e
micromammiferi e per indirizzarli verso tre tunnel,
di 40 centimetri di diametro, che passano sotto la
strada provinciale".
(Fonte: Bosco del Rugareto … un parco diventato
realtà; 2007).
Relativamente alla stagione riproduttiva 2009, viene
segnalato il passaggio dei rospi presso i sottopassi
ad inizio marzo, sia pure in numero non
significativo; la specie è risultata praticamente
assente all'interno del sito riproduttivo "tradizionale", rappresentato dall'area della cava Georisorse:
nell'ambito delle visite condotte all'interno dell'area e in base alle osservazioni riportate dal personale della
cava è emersa una drastica diminuzione della presenza dei rospi rispetto all'anno precedente. Facilmente
osservabili negli anni passati in determinate aree, nella primavera 2009 non sono praticamente mai stati
osservati dal personale, pure attento ed interessato a seguire il fenomeno. Anche durante i sopralluoghi
(pozze sui gradoni, pozze temporanee e laghetto di falda, ricoveri diurni presso accumuli di pietre) non
sono state osservate tracce della presenza e/o
riproduzione della specie. Il ritrovamento di una
femmina investita il 29 aprile immediatamente ad
est dello sbarramento può essere interpretato come
un movimento di ritorno.
L'assenza dei rospi ha trovato una possibile
spiegazione nell’utilizzo dell'invaso presso l’ex area
di spagliamento del Fontanile di Tradate, vasca
distante solo circa 1,2 Km dall'attraversamento della
SP21, realizzata da pochi anni. In tale località sono
state trovate diverse migliaia di girini di rospo ad
inizio aprile 2009. Si ritiene pertanto che una parte
consistente della popolazione abbia scelto di
riprodursi nel nuovo invaso. La problematica
CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA
E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE
60
principale insita nel nuovo sito riproduttivo è data dalla repentina e drastica variazione del livello delle
acque, da fasi di asciutta a momenti di troppo pieno, con dispersione delle acque e dei girini nella piana
circostante ed una mortalità per l'anno 2009 stimata nell'80%. I girini di rospo giunti alla metamorfosi presso
l'invaso del Fontanile sono stati comunque non meno di 2-3.000.
Nel corso dell’autunno 2009 viene evidenziato come la realizzazione dei sottopassi lungo la SP21, che
sicuramente hanno migliorato la situazione di questo anfibio, come pure delle altre specie, sanando
parzialmente una frattura nella rete ecologica locale, necessiti di interventi di miglioramento.
Il varco nelle barriere al passaggio dei rospi, rappresentato dalla strada di ingresso nel bosco sul lato N della
SP21 è infatti un luogo da cui gli animali comunque si portano sulla strada, soprattutto nei movimenti postriproduttivi. Il fenomeno è apparso nella sua evidenza in data 4 ottobre 2009 quando lo scrivente, al termine
di un sopralluogo nell’area
Numero spoglie
boscata, ha osservato la presenza Data
04
ott
2009
71
(accumulatesi stimo in 2/3 settimane)
lungo la strada e il ciglio stradale
11 + 6 tracce
di diverse spoglie (in alcuni casi 06 ott
07
ott
2
pelli ormai secche) o di macchie
08
ott
2 + 3 osservati attraversare
sull'asfalto. In totale dall'ingresso
27
ott
1 rana dalmatina
al bosco sino alla ditta Trafital e
nulla
alla grossa sbarra di accesso al 31 ott
5 rospi
parco erano presenti almeno 71 01 nov
1 rospo
fra spoglie e macchie. Nel periodo 03 nov
che va dalla metà di settembre a
novembre, vi sono stati non meno di 100
morti nel tratto stradale antistante le due
cave. La tabella qui sopra riepiloga le
osservazioni effettuate a partire da quando è
stato notato il fenomeno. I sopralluoghi sono
stati effettuati in tarda serata ed hanno
riguardato il tratto di SP 21 compreso fra
Trafital e la rotonda della nuova zona
industriale di Cislago. I dati riportati
riguardano le spoglie o le tracce trovate, che
non sempre consentivano l'attribuzione
specifica (potendosi trattare anche di rospo
smeraldino o rana). La gran parte degli
investimenti aveva luogo in prossimità del
varco o tra questo e Trafital.
Tale situazione è stata meglio inquadrata durante la migrazione primaverile 2010: il luogo da cui i rospi si
portano sulla strada viene individuato in un tratto sul lato Sud della SP21, a partire dalla strada asfaltata di
accesso alla cava Holcim per una
Data
Numero spoglie
quarantina di metri in direzione
24 mar 2010
50
di Gorla minore. Analogamente a
25 mar
Almeno 70; probabilmente un centinaio
quanto fatto durante l’autunno
26 mar
30
sono state fatte alcune uscite per
30 mar
37
tentare di quantificare e capire il
Nulla; non ha piovuto, prob. non si sono mossi
fenomeno, come da tabella a lato. 31 mar
01
apr
Nulla;
nel pomeriggio ha piovuto molto
Nel
corso
della
stagione
07
apr
3
riproduttiva
2010
i
primi
movimenti migratori sono stati registrati fra il 25 e il 28 febbraio, in corrispondenza di precipitazioni.
Successivamente il movimento si è fermato (contestualmente ad un abbassamento delle temperature), per
riprendere con le precipitazioni del 21 marzo, quando in collaborazione con le GEV sono stati censiti in
un’unica sera 630 rospi, quasi tutti a coppie. I rospi si muovevano prevalentemente in direzione della cava,
comparendo dal bosco come detto a coppie. Le GEV provvedevano ad “indirizzare” i rospi verso i
sottopassaggi, al fine di “familiarizzarli “con tali strutture.
I movimenti sono stati intensi sino alla fine del mese di marzo.
CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA
E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE
61
IL ROSPO NEL RILE – TENORE - OLONA
Anche all’interno del PLIS RTO le GEV della Provincia di Varese, nucleo di Busto Arsizio e Valle Olona, da
alcuni anni monitorano la popolazione. La seguente tabella riporta i dati relativi alle campagne rospi
condotte dal 2006 al 2008 a Gornate Olona (località Il Castello) e Castiglione Olona (frazione di Caronno
Corbellaro).
Località
Gornate Olona
Castiglione Olona
(Caronno Corbellaro)
Anno 2008
N° individui trasbordati
779
173
N° individui morti
114
49
Totale popolazione
893
222
Anno 2007
N° individui trasbordati
1116
638
N° individui morti
154
268
Totale popolazione
1270
906
Anno 2006
N° individui trasbordati
2420
687
N° individui morti
119
79
Totale popolazione
2539
766
Il primo sito è quello individuato, nella linea interventi del presente progetto, per la realizzazione di un
sottopasso per gli anfibi. Attualmente è vigente un divieto di transito per i non residenti, relativo al periodo
critico. Tale divieto tuttavia viene sostanzialmente disatteso dagli automobilisti: durante un sopralluogo
condotto il 22 marzo 2010, fra le 22.30 e le 23.20 sono transitate 6 auto. Al mio arrivo erano presenti almeno
una decina di rospi morti.
CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA
E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE
62
3.5.1.4 Rospo smeraldino (Bufo viridis)
Il rospo smeraldino è decisamente più
abbondante nella porzione meridionale
del territorio di studio, con particolare
riferimento a BDR e PMO. Nel RTO la
specie è assai localizzata, trovando
habitat meno idonei all’insediamento, a
causa della morfologia dell’area e delle
estese formazione forestali.
Nell’ambito del BDR il comprensorio
rappresentato dalle due cave costituisce
il baricentro della locale popolazione di
smeraldino.
Sicuramente
alcuni
micrositi riproduttivi, prossimi ai PLIS,
all’interno
di
proprietà
private
(vaschette ornamentali per la flora
acquatica e similari) sono sfuggiti
all’osservazione: sono almeno un paio,
nella sola Marnate, le situazioni di tale tipo riferite allo scrivente.
Complessivamente le aree
riproduttive
accertate,
prevalentemente
attraverso
l’ascolto del canto di richiamo
del maschio, sono sei. Nell’area
delle cave fra Cislago, Gorla
minore e Marnate in realtà i siti
sono verosimilmente numerosi,
distribuiti nelle due cave
operanti: nell’immagine viene
mostrata l’ubicazione di due
siti in tale area.
Siti riproduttivi di rospo smeraldino
CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA
E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE
63
3.5.1.5 Raganella (Hyla intermedia)
La raganella mostra di avere un’ampia
distribuzione nel territorio oggetto del
progetto. E’ presente con un discreto
numero di nuclei riproduttivi, anche se
talvolta gli stessi possono annoverare un
numero ridotto di individui.
Il numero di nuclei riproduttivi è
probabilmente sottostimato, a questo punto
dello studio, in particolare per il RTO, a
causa della tardiva manifestazione canora
della specie: non tutti i siti riproduttivi di
Rana dalmatina
trovati nella prima
primavera sono stati infatti visitati nella
stagione più tarda.
Siti riproduttivi di raganella
CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA
E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE
3.5.1.6
64
Rana verde (Rana synclepton esculenta)
La rana verde è distribuita su tutto il territorio di
indagine, meno frequente nel RTO, maggiormente
interessato da copertura forestale.
L’asta del fiume Olona appare un asse importante
per la presenza della specie.
Utilizza una grande varietà di siti riproduttivi:
dall’acqua debolmente corrente, tratti protetti di
Olona e Bozzente, ad un’ampia gamma di raccolte
d’acqua lentica: invasi artificiali per la
regimazione, raccolte d’acqua di florovivaismi,
vasche ornamentali, pozze temporanee.
Siti riproduttivi di rana verde
CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA
E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE
3.5.1.7
65
Rana agile (Rana dalmatina) e Rana di Lataste (Rana latastei)
I siti riproduttivi di rana rossa, ascritti a
rana agile, trovati sul territorio sono stati
37. Il PLIS RTO ha la parte del leone,
ospitando ben 24 aree, contro le 8 del
BDR e l’unica del PMO. Quattro siti sono
ubicati nel comune di Cairate.
La specie utilizza per la riproduzione
diverse tipologie di situazioni ad acque
lentiche, preferenzialmente in ambiente
boscato o quantomeno prossimo a questo;
particolarmente sfruttate le pozze d’acqua
lungo le strade sterrate forestali,
all’interno di depressioni profonde anche
qualche decimetro.
Le ovature conteggiate sono state 1.162.
In cinque siti
nel RTO, scoperti a
giugno/luglio
sono
stati
trovati
esclusivamente i girini, essendo ormai
scomparsi gli ammassi gelatinosi delle
ovodeposizioni; è pertanto possibile stimare non meno di 1.200 ovature.
Non considerando i due siti con i valori più elevati di ovature (rispettivamente 244 nel RTO e 209 nel BDR) il
valore medio è di 23 ovature / sito.
Relativamente alla rana di Lataste si segnalano 3 siti possibili, sulla base della pigmentazione dei girini e
della colorazione tipica (linea chiara mascellare che si arresta sotto l’occhio) in un neometamorfosato. Tutte
le località ricadono nel RTO, di cui due a Gornate Olona e la restante a Caronno Varesino.
Siti riproduttivi di rana rossa
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3.5.2 Mammiferi
Per tutte le specie individuate quali “specie guida” è stato possibile appurare la presenza nel territorio di
studio; di seguito ne viene meglio chiarita la distribuzione all’interno dei tre PLIS.
3.5.2.1 Scoiattolo (Sciurus vulgaris)
Lo scoiattolo è presente nei tre PLIS, sia pure
con contingenti diversi. Il RTO ospita il nucleo
più importante, in virtù della forte
caratterizzazione forestale, improntata dalla
presenza di essenze arboree quali castagno,
farnia e pino silvestre che rappresentano una
buona e eterogenea fonte di alimentazione per
la specie.
Lungo il PMO la presenza dello scoiattolo
appare più discontinua, con presenze non
continuative nel tempo lungo l’asta fluviale. I
boschi del pianalto sono maggiormente
appetiti, ma di qualità generalmente inferiore
a
quelli
del
RTO;
sono
sfruttate
Nido scoiattolo, Bozzente, Cislago
massimamente le aree a quercia.
Nel BDR la specie è presente, sia pure con basse densità su tutto il territorio. Localmente (ad es. Gorla
minore) si avvicina alle case con giardino prossime ai confini del PLIS alla ricerca di piante da frutto o
sempreverdi. Lo scoiattolo è presente anche presso il Bozzente (Cislago).
3.5.2.2 Tasso (Meles meles)
Il tasso è presente soprattutto nel RTO, che per
morfologia del territorio e ambienti presenti,
ben si presta ad ospitare la specie. Frequenta
la porzione settentrionale del PMO e, in modo
discontinuo la sua porzione centrale. Non
sono invece emerse evidenze di presenza della
specie per il BDR.
3.5.2.3 Cervo (Cervus elaphus)
Il cervo è presente nel PLIS RTO per tutta la
sua ampiezza. Si tratta di un contingente
limitato, date le dimensioni del territorio, ma
Latrina di tasso, Castelseprio
apparentemente ormai insediato in modo
stabile. Non altrettanto si può dire del PMO, in prossimità del quale comunque non è da escludere
quantomeno una frequentazione sporadica delle fasce boscate fra Gorla maggiore, Lonate Ceppino e
Mozzate. In tal senso vi sono alcune osservazioni accreditate.
Analogo il ragionamento per il BDR, ove sembrano essere ancora presenti alcuni individui di daino fuggiti
dal “Parco degli Aironi” di Gerenzano. Tale presenza testimonia della possibilità del territorio di sostenere
la presenza di ungulati. Per il BDR non sono da escludere eventuali presenze provenienti dal territorio
comasco.
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3.5.2.4 Capriolo (Capreolus capreolus)
Il capriolo è presente nel PLIS RTO,
segnatamente nelle porzioni settentrionale e
centrale, che meglio si prestano alle esigenze
ecologiche del piccolo ungulato.
Non sono emersi viceversa indizi di presenza
per i restanti due PLIS, che paiono
complessivamente meno vocati ad ospitare la
specie.
Raspata di capriolo
3.5.3 Uccelli
Fra le specie utili ad individuare le porzioni di territorio
meglio strutturate e ospitanti la maggior biodiversità merita
senz’altro menzione il picchio nero.
La specie è presente e nidificante all’interno del PLIS RTO.
Viene frequentata con una certa assiduità tutta la fascia
centrale del PLIS. Durante la dispersione post-riproduttiva
dei giovani è stata verificata la frequentazione anche della
porzione settentrionale del PMO. Tracce di alimentazione
alla fine dell’inverno sono state osservate a cavallo fra PMO
e BDR, ove peraltro la presenza pare sporadica.
Relativamente invece ad un altro picide assai interessante, il
picchio rosso minore, questo è presente con alcuni territori
riproduttivi nel BDR, fra Cislago e Rescaldina e nel PLIS
RTO, nella porzione centro-settentrionale.
Un altro dato interessante fa riferimento all’ambiente
agricolo. Le specie legate a tale ambiente sono le più
minacciate a livello europeo. A partire da Castelseprio, in
direzione di Fagnano Olona, passando per Cairate, è
presente una fascia di territorio coltivata a frumento, grano
Picchio nero, Castelseprio- A. Bottelli
e mais, con alcuni boschetti e siepi alberate. Tale area
ospita una popolazione nidificante di quaglie che è
presente anche nell’area del PLIS PMO disgiunta, fra Fagnano e Cassano Magnano, di cui costituisce la
continuazione.
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3.5.4 Invertebrati
Pur non rientrando fra le specie guida scelte per il presente
progetto si ritiene utile richiamare alcune presenze accertate
fra gli invertebrati nell’ambito dell’attività svolta.
Molto interessante è stato il ritrovamento del gambero di
fiume (Austropotamobius pallipes), specie indicata nell’allegato II
della Direttiva Habitat dell’Unione europea e osservata nel
PLIS RTO.
Sempre fra i crostacei si segnala la presenza di Branchipus
schaefferi, osservato a fine giugno in pozze temporanee nel
BDR.
Ampiamente distribuito in particolare nel RTO, ma presente in
tutti i tre PLIS è il cervo volante (Lucanus cervus), facilmente
osservabile a fine giugno – inizio luglio; sicuramente più
comune del gambero di fiume, ma come questo indicato quale
specie di particolare importanza nell’allegato II della Direttiva
Habitat dell’Unione europea.
Cervo volante, maschio
Gambero di fiume,
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