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parte generale - Bosco del Rugareto
CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE Studio di fattibilità RELAZIONE FINALE Marzo 2011 CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE - STUDIO DI FATTIBILITA’ RELAZIONE FINALE Marzo 2011 A cura di Franco Zavagno (Aspetti vegetazionali) Andrea Viganò (Aspetti faunistici) Giovanni D’Auria (Cartografia tematica) 2 CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE INTRODUZIONE 1. STATO DELLA RISORSA SUOLO 1.1 IL TERRITORIO URBANIZZATO (IMPRODUTTIVO) 1.2 IL TERRITORIO AGRO-SILVO-PASTORALE (T.A.S.P.) 1.3 PIANIFICAZIONE COMUNALE ATTUALE 2. ANALISI DEGLI HABITAT E DEGLI ASPETTI VEGETAZIONALI 2.1 QUADRO GENERALE 2.2 DESCRIZIONE DELLE TIPOLOGIE PRESENTI 2.2.1 Boschi e formazioni arboree s.l. 2.2.2 Vegetazione erbacea e arbustiva 2.2.3 Ambienti vari 3. ANALISI DEGLI ASPETTI FAUNISTICI 3.1 PREMESSA 3.2 LINEE METODOLOGICHE 3.2.1 Generalità 3.2.2 Anfibi 3.2.3 Mammiferi 3.2.4 Uccelli 3.3 SPECIE GUIDA 3.3.1 Anfibi 3.3.1.1 3.3.1.2 3.3.1.3 3.3.1.4 3.3.1.5 3.3.1.6 3.3.1.7 3.3.1.8 3.3.1.9 Salamandra pezzata (Salamandra salamandra) Tritone crestato (Triturus carnifex) Rospo comune (Bufo bufo) Rospo smeraldino (Bufo viridis) Raganella (Hyla intermedia) Rana esculenta (Rana synklepton esculenta) Rana agile (Rana dalmatina) Rana di Lataste (Rana latastei) Pelobate fosco insubrico (Pelobates fuscus insubricus) 3.3.2 Mammiferi 3.3.2.1 3.3.2.2 3.3.2.3 3.3.2.4 Scoiattolo (Sciurus vulgaris) Tasso (Meles meles) Cervo (Cervus elaphus) Capriolo (Capreolus capreolus) 3.4 ATTIVITA' DI CAMPO 3.5 RISULTATI 3.5.1 Anfibi 3.5.1.1 3.5.1.2 3.5.1.3 3.5.1.4 3.5.1.5 3.5.1.6 3.5.1.7 Salamandra (Salamandra salamandra) Tritone crestato (Triturus carnifex) Rospo comune (Bufo bufo) Rospo smeraldino (Bufo viridis) Raganella (Hyla intermedia) Rana esculenta (Rana synklepton esculenta) Rana agile (Rana dalmatina) e Rana di Lataste (Rana latastei) 3.5.2 Mammiferi 3.5.2.1 3.5.2.2 3.5.2.3 3.5.2.4 Scoiattolo (Sciurus vulgaris) Tasso (Meles meles) Cervo (Cervus elaphus) Capriolo (Capreolus capreolus) 3.5.3 Uccelli 3.5.4 Invertebrati 3 CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE 4 4. INDIVIDUAZIONE DEI CORRIDOI E DEI VARCHI 4.1 QUADRO GENERALE 4.2 ANALISI DEI CORRIDOI INDIVIDUATI 4.2.1 Aspetti metodologici 4.2.2 Considerazioni sui corridoi individuati 4.2.3 Indagine di dettaglio sui corridoi ecologici 5. INDAGINE DI DETTAGLIO SUI SINGOLI VARCHI 5.1 ASPETTI METODOLOGICI 5.1.1 Uso del suolo 5.1.2 Analisi ecologica del paesaggio 5.1.3 Valutazione di idoneità 5.2 INTERVENTI DI RIQUALIFICAZIONE DELLA VEGETAZIONE 5.2.1 Premessa 5.2.2 Tipologie di intervento 5.3 INTERVENTI DI MITIGAZIONE DEGLI IMPATTI SULLA FAUNA 5.3.1 Infrastrutture e fauna 5.3.2 Modalità di mitigazione 5.4 SINTESI DELLE PREVISIONI URBANISTICHE E DEGLI INTERVENTI PREVISTI 5.5 SCHEDE RELATIVE AI SINGOLI VARCHI 6. BIBLIOGRAFIA ALLEGATI Mappa dei siti riproduttivi degli Anfibi e dei sinistri a danno di Cervidi RINGRAZIAMENTI Si ringrazia la Provincia di Varese, Settore Protezione Civile e Sicurezza relativamente a: − informazioni relative alle aree umide, con particolare riferimento al territorio del Parco RTO (dati forniti da GEV Busto Arsizio e Valle Olona, Sig. Battista Arioli); − dati forniti relativi ai sinistri con la fauna selvatica. Un particolare ringraziamento, per la preziosa collaborazione, va ad Abramo Giusto, di Nizzolina (Marnate), attento osservatore dei fenomeni naturali. CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE 5 INTRODUZIONE In termini logici e consequenziali, il progetto stesso risulta così strutturato: analisi della struttura territoriale delle aree in oggetto, con particolare riferimento alla componente vegetazionale; verifica delle presenze faunistiche, della loro distribuzione e delle direttrici preferenziali di transito nell’ambito dell’area d’indagine; individuazione e caratterizzazione dei corridoi e dei varchi ecologici più significativi ai fini della connessione tra i differenti settori dell’area d’indagine; definizione e ubicazione degli interventi funzionali al miglioramento della struttura vegetazionale e della connettività ecologica; verifica di compatibilità tra “opzioni individuate - ipotesi d’intervento previste” e le previsioni urbanistiche dei comuni territorialmente coinvolti nel progetto. CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE 6 1. STATO DELLA RISORSA SUOLO La consistenza e la continuità delle aree destinate a funzioni agro – silvo – pastorali (ovvero non urbanizzate) è un fattore fondamentale per la biodiversità e più in generale per il livello di sostenibilità ambientale, economico e sociale di un territorio. Infatti, una rete ecologica ridotta e poco diversificata, frammentata dalle aree urbanizzate e dalle infrastrutture, condiziona negativamente il patrimonio biogenetico (perdita di specie animali e vegetali) e le altre componenti ambientali (suolo, clima, qualità dell’aria, ciclo dell’acqua, l’assetto idrogeologico, il paesaggio, ecc.) determinando così un territorio poco vivibile anche per l’uomo. Con ciò premesso, al fine di rappresentare questi aspetti, in particolare il livello di urbanizzazione in relazione alla consistenza della rete ecologica del territorio dei Comuni oggetto di analisi del presente studio vengono individuati come indicatori di riferimento: - la percentuale di superficie di territorio “improduttivo” rispetto alla superficie territoriale comunale (escludendo i corpi idrici superficiali); - la percentuale di Territorio Agro Silvo Pastorale (T.A.S.P.) rispetto alla superficie territoriale comunale (escludendo i corpi idrici superficiali). Entrambi calcolati sulla base della carta regionale delle Destinazioni d’Uso dei Suoli Agricoli e Forestali (D.U.S.A.F.) elaborata dall’E.R.S.A.F per gli anni: 2000, 2005 e 2007. 1.1 IL TERRITORIO URBANIZZATO (IMPRODUTTIVO) 1 Negli ultimi anni molti suoli, anche con qualità agronomiche buone, stanno scomparendo e trasformandosi in aree urbanizzate ovvero in insediamenti residenziali, industriali, commerciali, infrastrutture e altre attività antropiche. Questo processo di urbanizzazione è un fenomeno di pressione sulla risorsa suolo in costante aumento e altamente incisivo, perché nell’immediato comporta due tipi di effetti sul terreno oggetto dell’opera: in prima battuta il suolo viene privato dei suoi strati superficiali e, successivamente, impermeabilizzato con ampie conseguenze sulle funzioni idrogeologiche dello stesso. Inoltre, provoca effetti sulle altre componenti ambientali come la biodiversità, gli ecosistemi, il paesaggio, il clima, la qualità dell’aria, ecc.. Vista dunque, la complessità e la moltitudine di relazioni causa – effetto tra urbanizzazione e ambiente, appare evidente che monitorare il rapporto tra superficie urbanizzata (in particolare impermeabilizzata) e superficie non urbanizzata (aree naturali, agricole, parchi urbani, ecc.) può essere un ottimo strumento di valutazione dell’effettivo impegno di una comunità locale verso un modello di sviluppo sostenibile Secondo i dati estratti dalla più recente cartografia regionale sulla Destinazione d’Uso dei Suoli Agricoli e Forestali (D.U.S.A.F. 2007) circa il 6% della superficie territoriale del territorio dei tre PLIS risulta urbanizzato. Il dato è decisamente inferiore rispetto al valore complessivo riferito al contesto territoriale in oggetto, che si attesta mediamente intorno al 35-40%, a sottolineare una situazione nel complesso favorevole. L’andamento nel tempo dei consumi di suolo risulta, come ovunque, crescente. Rispetto al dato del 2000 la percentuale di aree urbanizzate è cresciuta ovunque, di una quota che, in qualche caso, raggiunge alcuni punti percentuale. Ciò rispecchia le dinamiche in atto in gran parte della porzione centro – meridionale della provincia di Varese; va inoltre sottolineato che il dato si riferisce al 2007 e che quindi il valore della superficie urbanizzata può essere ulteriormente cresciuto. Secondo i dati più recenti (estratti dalla carta D.U.S.A.F. 2007), i comuni dei tre P.L.I.S. presentano un rapporto percentuale tra Territorio Agro-Silvo-Pastorale e superficie territoriale tendenzialmente compreso tra il 50% e il 70%. Il valore risulta chiaramente complementare a quello delle superfici urbanizzate e conferma quanto già sopra evidenziato. Anche in questo caso, pertanto, considerato l’andamento tendenzialmente crescente dei consumi di suolo, dovuto soprattutto alla sviluppo residenziale e terziario (commerciale) e infrastrutturale, si ipotizza che i 1 Il territorio improduttivo è dato dalla somma tra il territorio improduttivo “antropico” (superfici di: tessuto residenziale di ogni tipologia + cimiteri + impianti e servizi pubblici privati + impianti sportivi + impianti tecnologici + insediamenti ospedalieri + campeggi e strutture turistiche + insediamenti industriali, artigianali, commerciali + aeroporti ed eliporti + aree portuali + reti ferroviarie e stradali e spazi accessori + cascine + cave + aree degradate + parchi e giardini con superficie < 10 ha) e il territorio improduttivo “naturale” (alvei fluviali e corsi d’acqua superficiali + bacini idrici artificiali + bacini idrici da attività estrattive + spiagge, dune ed alvei ghiaiosi + accumuli detritici e affioramenti litoidi privi di vegetazione). CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE 7 valori attuali della percentuale di T.A.S.P. rispetto alla superficie territoriale possano essere scesi ulteriormente sotto la media provinciale, esercitando così una pressione negativa sull’integrità degli ecosistemi e, di conseguenza, sulla biodiversità e le altre componenti ambientali. Dal punto di vista tipologico, la quota di T.A.S.P. del territorio dei tre PLIS si suddivide, quasi equamente, tra aree boscate e altre tipologie di uso del suolo, queste ultime principalmente rappresentate dalle superfici a uso agricolo (prati e seminativi). 1.2 Il TERRITORIO AGRO-SILVO-PASTORALE (T.A.S.P.) 2 Il Territorio Agro Silvo Pastorale costituisce la matrice naturale e paranaturale di un territorio. Il valore della superficie del T.A.S.P. si ottiene sommando le aree di un territorio destinate a prato, all’agricoltura, a boschi e vegetazione naturale. In altre parole si tratta del territorio non ancora urbanizzato. Più un territorio ha valori elevati di T.A.S.P. rispetto alla superficie territoriale o urbanizzata più alte sono le potenzialità ambientali di quel territorio. 90% 80% 70% 60% 50% 40% 30% 20% 10% OL ON SO A LB IA TE OL ON Va lo A re pr ov in cia le ON E OL GI AT E OR AZ Z M A AR NA TE M LO ZZ CI SL AG FA GN O AN O GA OL ZZ ON AD A A -S CH IA GO NN RL O A M AG GI OR GO E RL A M IN OR GO E RN AT E OL ON LO A NA TE CE PP IN O CA CA RN RO AG NN O O VA RE SI NO CA ST EL CA SE PR ST IG IO LIO NE OL ON A 0% Territorio Agro - Silvo - Pastorale (TASP) rispetto alla Superficie territoriale (esclusi i laghi) [%] - 2000 Territorio Agro - Silvo - Pastorale (TASP) rispetto alla Superficie territoriale (esclusi i laghi) [%] - 2005 Territorio Agro - Silvo - Pastorale (TASP) rispetto alla Superficie territoriale (esclusi i laghi) [%] - 2007 Fig. 1.2 - Valori del T.A.S.P urbanizzazione nei comuni dei tre P.L.I.S. – 2000, 2005 e 2007 2 Il Territorio Agro Silvo Pastorale è calcolato sommando tutte le superfici: agricole (seminativo, frutteto, orto, vigneto, oliveti, colture floro – vivaistiche, colture orticole, castagneti, pioppeti, altre legnose agrarie), boschi, prati, vegetazione naturale. CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE Fig. 1.1 - Cartografia delle aree urbanizzate nel territorio dei tre P.L.I.S. (2007) 8 9 CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE 1.3 PIANIFICAZIONE COMUNALE ATTUALE Nel corso dell’indagine sul territorio oggetto dell’analisi, è emerso che in gran parte dei Comuni è ancora vigente il PRG e che il PGT è ancora in fase di elaborazione. Tab. 1.1 - Stato della pianificazione comunale nei comuni dei tre P.L.I.S. (2010) PGT VAS PRG Stato di avanzamento Stato di avanzamento Stato Carnago Avviato, non adottato Avviata Strumento vigente Caronno Varesino Avviato, non adottato Non avviata Strumento vigente Castelseprio Avviato, non adottato Non avviata Strumento vigente Castiglione Olona Avviato, non adottato Non avviata Strumento vigente Gazzada Schianno Avviato, non adottato Avviata Strumento vigente Gornate Olona Avviato, non adottato Non avviata Strumento vigente Lonate Ceppino Avviato Non avviata Strumento vigente Lozza Avviato Non avviata Strumento vigente Morazzone Avviato Avviata Strumento vigente Cislago Avviato Avviata Strumento vigente Marnate Avviato Avviata Strumento vigente Rescaldina Avviato ? Strumento vigente Fagnano Olona Avviato Avviata Strumento vigente Gorla Maggiore Strumento vigente Terminata - Gorla Minore Strumento vigente Terminata - Marnate Avviato Avviata Strumento vigente Olgiate Olona Avviato Non avviata Strumento vigente Solbiate Olona Avviato Non avviata Strumento vigente Nome Comune CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE 10 2. ANALISI DEGLI HABITAT E DEGLI ASPETTI VEGETAZIONALI a cura di Franco Zavagno 2.1 QUADRO GENERALE Per l’analisi preliminare del territorio, con particolare riferimento all’uso del suolo e al mosaico vegetazionale, è stata utilizzata la seguente documentazione di riferimento: - foto aeree relative all’anno 2007; - carta dei boschi derivata dal PIF (Piano di Indirizzo Forestale) della provincia di Varese (anno 2010); - carta DUSAF 2008. La mappa così ottenuta è stata successivamente validata tramite sopralluoghi diretti ed eventualmente modificata in riferimento ai riscontri così ottenuti (a tal fine sono stati anche eseguiti rilievi fitosociologici funzionali alla caratterizzazione delle cenosi presenti). Per quanto riguarda i dati derivati dal PIF, essi riguardano le sole superfici a bosco, per le quali forniscono informazioni di dettaglio circa la composizione, la struttura e lo stadio dinamico delle formazioni forestali cartografate, e saranno utilizzati soprattutto nella fase successiva di analisi di dettaglio delle connessioni ecologiche. Ai fini di una conoscenza generale del territorio in esame si riporta un estratto della carta DUSAF (fig. 2.1). La cartografia DUSAF (Destinazione d’Uso dei Suoli Agricoli e Forestali della Regione Lombardia), è stata realizzata da ERSAF per conto della Direzione Generale Agricoltura della Regione Lombardia, per fotointerpretazione delle ortofoto digitali a colori del progetto “IT2000” e restituzione cartografica alla scala 1:10.000 allo scopo di realizzare una base informativa omogenea di tutto il territorio lombardo per consentire, tra l’altro, un'efficace pianificazione territoriale degli interventi nel settore agricolo e forestale. In particolare, sono state evidenziate le seguenti 9 tipologie significative: corpi idrici; ambienti naturali – zone umide; ambienti naturali – vegetazione erbacea rada; ambienti naturali – praterie; ambienti naturali – aree arbustate; ambienti naturali – aree boscate; aree agricole – colture arboree; aree agricole – prati permanenti; aree agricole – seminativi; aree urbanizzate. Entro i confini dei tre parchi i boschi risultano la tipologia di gran lunga prevalente e si segnalano come l’elemento maggiormente caratterizzante del territorio e certamente quello a cui è associata la valenza naturalistica più elevata; seguono i seminativi e i prati stabili, tendenzialmente localizzati nelle zone più marginali. La superficie di aree urbanizzate appare piuttosto ridotta, soprattutto se confrontata con i territori limitrofi dove risulta di gran lunga superiore. I boschi, in particolare, evidenziano un grado di continuità ancora apprezzabile, specialmente nel settore settentrionale dell’area d’indagine (Parco “Rile-Tenore-Olona”), e individuano la matrice ambientale del territorio in oggetto, ovvero si configurano come la struttura portante delle connessioni ecologiche esistenti, evidenziando un buon grado di idoneità complessiva delle aree in esame a supportare flussi biologici, con particolare riferimento all’asse direzionale nord-sud. Per quanto riguarda la loro composizione (vedi fig. 2.2), prevalgono nel complesso i robinieti misti, rappresentati da stadi serali differenti della serie mesofila (avente come termine di riferimento finale il “querco-carpineto” s.l.), nel settore nord intercalati a lembi di castagneto e di pineta a pino silvestre. Di seguito vengono riportate le descrizioni relative ad alcune delle principali tipologie rappresentate. CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE Seminativi (colture erbacee) nel Parco “Bosco del Rugareto” Prati, coltivi e boschetti si alternano a insediamenti industriali nella Valle dell’Olona (Parco “Medio Olona”) Tratto di bosco con dominanza di pino silvestre (Parco “Rile – Tenore – Olona”) 11 CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE Fig. 2.1 – Quadro generale dell’area d’indagine: mappa dell’uso del suolo CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE Fig. 2.2 – Quadro generale dell’area d’indagine: mappa dei boschi 13 CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE 2.2 DESCRIZIONE DELLE TIPOLOGIE PRESENTI Di seguito vengono descritte le tipologie di uso del suolo prevalenti e/o più significative ai fini del lavoro, con particolare attenzione per le formazioni boschive; vengono altresì riportati i rilievi fitosociologici eseguiti nell’ambito di alcune di tali tipologie. 2.2.1 BOSCHI E FORMAZIONI ARBOREE s.l. Robinieti Si tratta di una tipologia largamente diffusa in tutta l’area d’indagine, con differenti connotazioni legate, in particolare, allo stadio evolutivo rappresentato e alle condizioni edafiche. Lo strato arboreo è per lo più dominato da Robinia pseudoacacia, che raggiunge valori di copertura anche elevati, a cui si associano localmente Quercus robur, Carpinus betulus, Castanea sativa e, più sporadicamente, Pinus sylvestris, che contraddistinguono situazioni a maggior grado di naturalità. La componente arbustiva è formata in prevalenza da Corylus avellana, Crataegus monogyna e Sambucus nigra; frequenti anche Viburnum opulus ed Evonymus europaeus, soprattutto nelle stazioni più umide e fresche. Lo strato erbaceo risulta nel complesso diversificato e simile, nella composizione, a quello dei querco-carpineti. Tra le specie prevalenti ricordiamo Vinca minor, Convallaria majalis, Polygonatum multiflorum, Anemone nemorosa e Scilla bifolia. Localmente si riscontrano tratti improntati da Carex brizoides, Molinia arundinacea e Pteridium aquilinum, che segnalano condizioni di tendenziale disturbo; apprezzabile talvolta la copertura muscinale, con Atrichum undulatum in maggiore evidenza. Si tratta di una tipologia largamente distribuita in tutto il territorio in esame, spesso in forma di ceduo; dove lasciato alla dinamica naturale, il robinieto tende a evolvere progressivamente verso il “querco-carpineto” (climax), processo di cui si ravvisano le evidenze in molte delle aree indagate. ROBINIETI rilievo quota (m s.l.m.) esposizione (°) pendenza (°) superficie (m2) 04 345 90 9 100 05 255 90° 7° 100 STRATO ARBOREO (h in m) 16,4 23,7 Robinia pseudoacacia 2 3 Corylus avellana 1 Quercus rubra 2 Carpinus betulus STRATO ARBUSTIVO (h in m) Corylus avellana r 1-2,3 2,8-5,2 1 1 Crataegus monogyna 1 Evonymus europaeus Robinia pseudoacacia 1 1 Sambucus nigra 1 Quercus rubra 1 Carpinus betulus + Rubus s.p. STRATO ERBACEO (h in m) Rubus ulmifolius 1 0,5-1,1 1 0,6-1,3 2 Holcus sp. 1 1 Anemone nemorosa + + Hedera helix + + Polygonatum multiflorum + + Carex brizoides 3 Galeopsis pubescens Molinia arundinacea 1 1 Poa trivialis 1 Stellaria media 1 Acer pseudoplatanus + Carex pilulifera + Carpinus betulus + Corylus avellana + Evonymus europaeus Frangula alnus + + Galium aparine + Geum urbanum Luzula pilosa + + Pteridium aquilinum Robinia pseudoacacia + + Urtica dioica + Vinca minor + Erigeron annuus r Hypochoeris radicata r Taraxacum officinale r CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE Bosco ceduo di robinie (Parco “Bosco del Rugareto”) Bosco ceduo di robinie con strato erbaceo dominato da Carex brizoide (Parco “Rile–Tenore-Olona”) La volta di un robinieto (Parco “Rile–Tenore–Olona”) 15 CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE 16 Querco-carpineti, carpineti Sono ubicati soprattutto nell’ambito del Parco “Rile_Tenore-Olona” e, in subordine, nel Parco “Bosco del Rugareto”, meno rappresentati sono nel Parco “Medio Olona”. Il piano arboreo è dominato da Quercus robur e/o Carpinus betulus, a cui si accompagna frequentemente Prunus avium; localmente assumono una certa rilevanza Castanea sativa e Pinus sylvestris, ormai però in evidente fase regressiva (individui sofferenti e con chioma ridotta). Tra gli arbusti predominano Corylus avellana e Crataegus monogyna, a sottolineare l'impronta mesofila delle cenosi. Lo strato erbaceo mostra una marcata omogeneità: gli elementi più fedeli, e solitamente anche più abbondanti, risultano Vinca minor, Polygonatum multiflorum, Anemone nemorosa e Geranium nodosum. Apprezzabile talvolta la copertura muscinale, con Atrichum undulatum in maggior evidenza. Da sottolineare la presenza di numerose specie tendenzialmente acidofile tra cui Luzula nivea e Maianthemum bifolium e, tra le briofite, Polytrichum formosum. I "querco-carpineti" rappresentano l'espressione maggiormente evoluta della vegetazione nell'ambito dell'area indagata, con aspetti localmente prossimi al climax. Tale connotazione è suffragata anche dall'altezza dello strato arboreo, in qualche caso notevole (ca. 25 m), e dalle dimensioni degli individui che lo compongono (diametro del tronco spesso superiore a 0,5 m). QUERCO-CARPINETI rilievo quota (m s.l.m.) esposizione pendenza superficie (m 2) 01 377 100 07 385 50 4 100 STRATO ARBOREO (h in m) 24,3 22,8 Carpinus betulus 5 5 Quercus robur + 1 Castanea sativa + STRATO ARBUSTIVO (h in m) 0,5-4,5 0,2-6 Carpinus betulus 1 1 Castanea sativa + + Corylus avellana + + Prunus avium + Fraxinus excelsior + Robinia pseudoacacia STRATO ERBACEO (h in m) Anemone nemorosa Polygonatum multiflorum Carpinus betulus + 0,1-0,3 2 1 + 0,1-0,3 2 + + Fraxinus excelsior + r Galeopsis pubescens + r Prunus avium + r Hedera helix 1 Vinca minor 1 Carex pallescens + Carex sylvatica + Castanea sativa + Evonymus europaeus + Ornithogalum umbellatum + Rubus sp. + Viola cfr. riviniana + Acer pseudoplatanus r Brachypodium sylvaticum r Carex sp. r Corylus avellana r Luzula nivea + Luzula pilosa r Prunus spinosa r Ruscus aculeatus r Tamus communis r Viola alba r STRATO MUSCINALE (h <0,05 m) muschio + CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE Vinca minor Quercus robur Carpinus betulus Prunus avium 17 CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE 18 Castagneti Sono sostanzialmente circoscritti al Parco “Rile-Tenore-Olona” e comprendono castagneti da frutto e da taglio, in passato gestiti e utilizzati regolarmente a scopi produttivi ma ora in gran parte abbandonati (anche in relazione all’affermarsi e al diffondersi di patologie specifiche del castagno, piuttosto aggressive). Lo strato arboreo è ben sviluppato e formato principalmente da Castanea sativa, dominante, a cui si associano frequentemente Pinus sylvestris e Betula pendula e, in misura minore, Prunus avium. Lo strato arbustivo, spesso denso nei castagneti non più soggetti a cure colturali, comprende per lo più specie acidofile come Frangula alnus e, tra le camefite, Vaccinium myrtillus; lo strato erbaceo è generalmente ben sviluppato e annovera, tra gli elementi più tipici, erbe di grande taglia come Aruncus dioicus, Molinia arundinacea e Pteridium aquilinum. I castagneti sono sostanzialmente circoscritti al settore settentrionale dell’area (Parco “Rile – Tenore – Olona”) dove occupano superfici apprezzabili seppure spesso con connotati ibridi che li avvicinano ai querceti (tipologia di bosco verso la quale tendono a evolvere, anche se lentamente, qualora lasciati alla dinamica naturale). Qui, peraltro, gli individui arborei evidenziano frequentemente segni di sofferenza e deperimento, con chiome rade e poco sviluppate, vitalità ridotta e, nelle fasi terminali, disseccamento delle piante stesse. CASTAGNETI rilievo quota (m s.l.m.) esposizione (°) pendenza (°) superficie (m 2) 02 362 100 06 416 335° 5° 100 08 330 85 22 100 STRATO ARBOREO (h in m) 17,3 19,2 22 Castanea sativa 2 3 Robinia pseudoacacia 1 Acer pseudoplatanus 1 Pinus sylvestris 1 Quercus robur 1 STRATO ARBUSTIVO (h in m) 1-4,5 0,5-1,5 Castanea sativa 1 1 Corylus avellana 1 Rubus ulmifolius 1 Acer pseudoplatanus 1 Fraxinus excelsior 1-5,5 2 1 1 + r Prunus serotina 1 1 Frangula alnus + Prunus avium + Quercus rubra + Robinia pseudoacacia STRATO ERBACEO (h in m) 3 1 + 0,45-1 0,4-0,7 Molinia arundinacea 3 1 + Rubus ulmifolius 1 + + Polygonatum multiflorum r + 1 Galeopsis pubescens r r + Anemone nemorosa 2 Pteridium aquilinum 2 Castanea sativa + Corylus avellana + Prunus avium + Frangula alnus r Acer pseudoplatanus 1 Athyrium filix-foemina + Carex pilulifera (Melica nutans) 1 1 + + r r + + Robinia pseudoacacia + Aruncus dioicus r Carpinus betulus r Cytisus scoparius Fraxinus excelsior 0,2 r r Luzula pilosa r Pinus sylvestris r Viola riviniana r STRATO MUSCINALE (h <0,05 m) Atrichum undulatum Leucobryum glaucum + + + CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE Castagneto nel Parco “Rile – Tenore - Olona” Sottobosco La volta del castagneto della foto in alto 19 CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE 20 Pinete a pino silvestre Analogamente ai boschi di castagno, quelli di pino silvestre risultano sostanzialmente circoscritti al settore settentrionale dell’area in oggetto (Parco “Rile – Tenore – Olona”), differenziati in stadi dinamici a diverso grado di evoluzione verso il “querco-carpineto”. In prospettiva, le pinete sono naturalmente destinate a lasciare il posto a formazioni miste di latifoglie con vicarianza di specie dominanti in funzione principalmente del grado di igrofilia e di acidità del substrato. Si tratta di formazioni in massima parte derivanti da interventi di forestazione effettuati nel secolo scorso, oggi con carattere relittuale, in cui il pino silvestre (Pinus sylvestris) assume un ruolo ormai secondario e mostra una capacità di rinnovazione scarsa o nulla. L’evoluzione spontanea del bosco tende infatti a favorire l’affermazione di altre essenze arboree come, in particolare, la farnia e il carpino bianco che rappresentano la vegetazione climacica. Nei tratti più conservati il pino silvestre ha ancora una copertura apprezzabile nello strato arboreo, spesso associato al castagno e ad altre latifoglie; la composizione dello strato arbustivo evidenzia chiaramente la tendenza a evolvere verso il bosco di latifoglie, con presenza spesso abbondante tra le altre, di castagno e prugnolo tardivo (Prunus serotina). La copertura erbacea mostra una significativa affinità con quella dei castagneti, con Molinia arundinacea e Pteridium aquilinum solitamente dominanti, una connotazione influenzata dalla tendenziale acidificazione dei suoli. rilievo quota (m s.l.m.) esposizione pendenza superficie (m2) 03 345 100 STRATO ARBOREO (h in m) 23,1 Pinus sylvestris 3 Castanea sativa 1 Robinia pseudoacacia 1 STRATO ARBUSTIVO (h in m) 0,5-3,6 Castanea sativa 2 Corylus avellana 2 Pinus strobus + Populus tremula + Prunus serotina + Rubus sp. + STRATO ERBACEO (h in m) 0,54-1,21 Pteridium aquilinum 2 Molinia arundinacea 1 Carex pilulifera + Castanea sativa + Corylus avellana + Festuca heterophylla + Hedera helix + Luzula nivea + Prunus serotina + Rubus sp. + Polygonatum multiflorum r Quercus cfr. petraea r Quercus rubra r CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE Castanea sativa Pinus sylvestris Prunus serotina Pteridium aquilinum 21 CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE 22 Colture arboree (pioppeti, impianti forestali) Per quanto riguarda i pioppeti, essi sono relativamente poco estesi e diffusi; sono caratterizzati, oltre che dalla monospecificità dello strato arboreo e dalla regolarità dell'impianto, dall'assenza di uno strato arbustivo, soprattutto nel caso degli impianti soggetti a pratiche colturali più o meno regolari (sfalcio della vegetazione “di sottobosco”, eventuali sarchiature). La copertura erbacea è in stretta relazione con la frequenza e il tipo di operazioni colturali effettuate; la copertura arborea non troppo densa, e la luminosità del sottobosco che ne deriva, consentono in genere la crescita di molte specie proprie dei prati stabili come Taraxacum officinale, Galium mollugo e graminacee come Poa trivialis e Dactylis glomerata. Si riconoscono differenti gradi di igrofilia rivelati ad esempio, nel caso di piccoli avvallamenti con livello della falda superficiale e/o subaffiorante, dalla presenza di specie quali Carex acutiformis, Calystegia sepium, Solidago gigantea e Symphytum officinale. Frequenti sono anche gli elementi a connotazione ruderale, soprattutto nelle aree occasionalmente interessate da pratiche colturali: tra questi Amaranthus retroflexus, Oxalis fontana, Rubus spp., Solanum nigrum, Stellaria media e Verbena officinalis. È tuttavia possibile ricavare interessanti indicazioni sulla probabile dinamica di questo tipo di vegetazione. Ciò appare evidente dall'osservazione di alcuni pioppeti "invecchiati" oltre il normale ciclo colturale e/o non sottoposti a pratiche colturali intensive: in questi casi l'ingresso di specie arbustive, come il sambuco (Sambucus nigra) e il sanguinello (Cornus sanguinea), ed erbacee, come Geum urbanum e Parietaria officinalis, indica la tendenza ad evolvere verso cenosi riferibili alla vegetazione forestale potenziale della zona. Si riscontra inoltre, talvolta, il rinnovo di specie arboree tra cui Quercus robur, Robinia pseudoacacia e Salix spp. Interno di un pioppeto L'interesse dei pioppeti d'impianto è soprattutto legato alla loro potenzialità, chiaramente individuabile nei casi in cui vengano abbandonate le pratiche colturali che prevedono la periodica eliminazione del sottobosco. In queste situazioni si assiste, infatti, al rinnovo spontaneo di diverse essenze arboree o arbustive proprie delle cenosi boschive naturali della zona; in alcuni esempi si nota anche l'ingresso di specie erbacee nemorali ecologicamente abbastanza esigenti. Tale evoluzione risulta favorita dalla copertura data dai pioppi, selettiva nei confronti della flora erbacea del sottobosco, e dai turni colturali relativamente lunghi, che consentono l'innescarsi di processi dinamici a medio e lungo termine. Un aspetto meno rappresentato, comunque riferibile a questa tipologia, è individuabile in alcune aree occupate da impianti forestali di latifoglie indigene di pregio (es. Prunus avium, Quercus robur), ad esempio sul fondovalle nell’ambito del Parco “Medio Olona”. Si tratta di interventi mirati alla rimboschimento di superfici, un tempo soggette a coltivazione e oggi oggetto di progressiva rinaturalizzazione. La caratterizzazione del “sottobosco” è simile a quella descritta per i pioppeti, dei quali gli impianti forestali condividono anche le pratiche colturali (es. sfalcio periodico della componente erbacea). CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE 23 2.2.2 VEGETAZIONE ERBACEA E ARBUSTIVA Prati stabili Si tratta di praterie secondarie ricavate nell'ambito di competenza del bosco e soggette alle pratiche di sfalcio e concimazione; risultano diffuse soprattutto nel settore settentrionale dell’area in oggetto, talvolta su terreni in leggero pendio. La connotazione è, in larga massima, quella tipica dei prati stabili dell'alta pianura e delle zone collinari pedemontane (su suoli ricchi di nutrienti e con buona disponibilità idrica), genericamente riconducibili all'"arrenatereto". Il ruolo dominante è svolto da graminacee quali Anthoxanthum odoratum, Bromus hordeaceus, Dactylis glomerata e Holcus lanatus; significativa è poi l'abbondanza di Ranunculus acris e di Trifolium spp., fedeli indicatori di pratiche colturali regolari. Generalmente abbondanti anche Plantago lanceolata, Rumex acetosa e Galium mollugo. E' questo l'aspetto più marcatamente antropizzato e a minor grado d'igrofilia, comunque ancora rilevabile dall'abbondanza di specie come Lychnis flos-cuculi e l'occasionale presenza, tra le briofite, di Brachythecium rutabulum e Plagiomnium undulatum. Pur trattandosi di cenosi a marcato determinismo antropico, e povere di elementi floristici di particolare rilievo, i prati stabili possiedono ecologia e composizione proprie e ben definite. La loro esistenza, legata a forme tradizionali di allevamento, rappresenta una nota di diversità che può coerentemente inserirsi anche all'interno di un’area protetta. Dal punto di vista dinamico, si tratta di situazioni "bloccate" e, qualora e laddove vengano abbandonate le normali pratiche colturali, potenzialmente a rapida evoluzione verso formazioni arboreo-arbustive a differente grado di igrofilia secondo la diversa collocazione spaziale ed ecologica di partenza. PRATI DA SFALCIO rilievo quota (m s.l.m.) esposizione (°) pendenza (°) 2 superficie (m ) 09 324 78 <5 25 10 294 <5 25 3 + 1 1 1 + + 1 + 1 1 + + + 2 1 2 1 1 1 1 1 + 1 + + 1 + + STRATO ERBACEO (h 1-1,8 m) Holcus lanatus Dactylis glomerata Carex hirta Ranunculus repens Trifolium pratense Achillea roseo-alba Anthoxanthum odoratum Centaurea nigrescens Convolvulus arvensis Lolium multiflorum Poa trivialis Taraxacum officinale Bromus hordeaceus Erigeron annuus Agrostis tenuis Arrhenatherum elatius Galium mollugo Potentilla reptans Vicia cracca Ranunculus acris Rumex obtusifolius Trifolium repens Cerastium holosteoides Festuca pratensis Phleum pratense Pimpinella major Plantago lanceolata Poa pratensis Rumex acetosa Stellaria media Urtica dioica Veronica persica Plantago major 2 2 2 2 1 1 1 + + + + + + + + + + r evidenziate in verde le graminacee CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE Nel territorio in oggetto molte aree a prato si alternato ancora a boschi e alberature Prato a dominanza di Holcus lanatus (in fiore) poco prima dello sfalcio 24 CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE 25 Incolti e ambienti ruderali Tipologia ampiamente distribuita, ma in modo assai frammentario, date le caratteristiche periurbane del territorio; è tipica dei coltivi abbandonati e delle aree ubicate al margine degli abitati, improntate da tendenziale degrado. Non si tratta propriamente di una singola tipologia vegetazionale, ma di un insieme di aspetti legati a situazioni disturbate, che favoriscono l'insediarsi di specie e di cenosi a connotazione pioniera. Evidenziano una composizione floristica variabile ed eterogenea, influenzata soprattutto dalla situazione pregressa e dai fattori di disturbo in gioco. Si individua comunque un contingente di specie abbastanza fedeli, tra cui molte annuali (es.: Amaranthus retroflexus, Conyza canadensis, Chenopodium spp., Papaver rhoeas, Polygonum persicaria). Elementi costanti, e di elevata valenza diagnostica, sono inoltre Artemisia vulgaris e Artemisia verlotorum, spesso dominanti, unitamente a specie opportuniste, ad ampio spettro ecologico, in grado di colonizzare rapidamente superfici scoperte e/o degradate, quali Arctium minus, Parietaria officinalis etc. Dove maggiore è l'impatto dovuto al calpestio sono piuttosto comuni Plantago major, Lolium perenne e Verbena officinalis. Nelle situazioni contraddistinte da un maggior grado di "evoluzione", e/o di stabilità, compaiono anche specie tendenzialmente lucivaghe (es.: Galium aparine, Geum urbanum) che preludono all'insediarsi di consorzi arborei e/o arbustivi (localmente si registra infatti l'ingresso di Acer negundo, Robinia pseudoacacia, Rosa canina, Sambucus nigra e altre essenze legnose). Non sono, peraltro, cenosi paucispecifiche: evidenziano anzi, assai spesso, una notevole ricchezza floristica risultando in particolare, "luogo" d'elezione per l'affermazione di numerose specie esotiche: tra queste si ricordano Bidens frondosa, Conyza canadensis e Reynoutria japonica, ormai largamente naturalizzate in questi ambienti. Mostrano una dinamica piuttosto vivace: sono infatti situazioni passibili di rapida evoluzione verso formazioni arboreo-arbustive pioniere come i boschetti di robinia. In quest'ottica possono rappresentare uno stadio iniziale della successione secondaria e meritevoli quindi di una certa attenzione (se altrimenti gestite, potrebbero essere vantaggiosamente recuperate). Incolto arbustato in attiva fase dinamica Sono inoltre abbastanza diffusi, nell’area, gli incolti a impronta igrofila, in relazione all’esistenza di una falda spesso subaffiorante e/o al prevalere, localmente, di substrati a granulometria fine (limi e argille), tendenzialmente impermeabili, che favoriscono i ristagni e gli impaludamenti. Si localizzano sia in zone ad apprezzabile grado di naturalità (es. fasce ripariali) che in altre, contraddistinte da disturbo più o meno marcato (es. terreni interessati dalla presenza di materiali di riporto). Si tratta, in questo caso, di formazioni erbacee a diverso grado di inarbustamento, in cui un ruolo fortemente caratterizzante è svolto da Solidago gigantea, una composita di media-grande taglia che tende a divenire facilmente dominante. Ad essa si CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE 26 associano frequentemente graminacee di grande taglia, come Phragmites australis e soprattutto Typhoides arundinacea, la prima a distinguere i tratti a maggiore naturalità, la seconda, meno spiccatamente igrofila, più ampiamente distribuita (es. argini, riporti). A sottolineare le tendenze dinamiche in atto, si riscontra spesso la colonizzazione di arbusti tra cui, particolarmente frequente e abbondante, Cornus sanguinea, in subordine Salix cinerea. Altre specie comuni, tutte erbacee perenni, sono Calystegia sepium, Carex acutiformis, Lythrum salicaria e Urtica dioica, che definiscono un quadro nel complesso caratterizzato da elevata disponibilità di nutrienti (si tratta di entità tendenzialmente nitrofile). Dal punto di vista dinamico, mostrano una chiara tendenza ad evolvere verso stadi serali individuati da arbusteti igrofili a dominanza di Cornus sanguinea e/o Salix cinerea, di cui si rinvengono frequentemente le tracce, secondo un modello a mosaico che vede la compenetrazione del cespuglietto a tratti a prevalente struttura erbacea. Nell’ambito degli incolti s.l. rientrano anche tutte quelle formazioni, caratterizzate da stratificazione verticale (siepi, cortine arboreo-arbustive ripariali) che, seppure pluristratitificate, hanno tendenzialmente struttura lineare e non assumono mai, nell’area in oggetto, connotati di cenosi boschive vere e proprie. Colture erbacee Occupano una quota relativamente ridotta del territorio in esame, collocandosi per lo più marginalmente alle superfici urbanizzate; dominano le colture cerealicole: mais soprattutto, in subordine i cereali a semina autunnale (frumento, orzo, segale). Dati l’impiego di diserbanti e le lavorazioni del suolo a cui è soggetta la monocoltura, lo sviluppo delle specie commensali risulta fortemente limitato. Durante il ciclo colturale i campi di cereali a semina autunnale ospitano comunque, seppure penalizzato nella sua espressione potenziale, un corteggio floristico in gran parte composto da erbe annuali tra cui, in particolare, Papaver rhoeas, Matricaria chamomilla, Legousia speculum-veneris e Centaurea cyanus. A fine coltura il terreno, ove non sia destinato ad altro utilizzo agrario, viene rapidamente invaso da numerose specie erbacee a carattere prevalentemente ruderale: rilevante, in particolare, la presenza di alcune graminacee come Setaria glauca e Digitaria sanguinalis. Vegetazione commensale dei campi di cereali, con fioritura di papaveri in evidenza Le colture di mais sono caratterizzate da un contingente di elementi tendenzialmente igrofili tra cui Bidens frondosa, Equisetum arvense, Rorippa palustris e Polygonum lapathifolium; ciò in relazione al carattere irriguo della coltura. Quantitativamente predominano le graminacee: assai abbondanti risultano solitamente Echinochloa crus-galli, Sorghum halepense e Panicum capillare. Sono stati effettuati due rilevamenti: in un campo di mais e in uno di orzo dei quali si riportano gli elenchi delle specie rinvenute. CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE Campo di mais Amaranthus retroflexus Artemisia vulgaris Bidens frondosa Chenopodium album Cirsium arvense Digitaria sanguinalis Equisetum arvense Lapsana communis Panicum dichotomiflorum Polygonum lapathifolium Rorippa palustris 27 Campo di frumento Agrostemma githago Anagallis arvensis Avena fatua Convolvulus arvensis Legousia speculum-veneris Matricaria chamomilla Papaver rhoeas Scandix pecten-veneris Vicia sativa Viola arvensis Campo di mais Scarsi sono gli elementi floristici di un certo pregio, e soprattutto ridotta la loro presenza: tra questi ricordiamo in particolare Agrostemma githago, Centaurea cyanus e Legousia speculum-veneris, in passato ben più largamente diffusi ma oggi assolutamente sporadici. L'attuale povertà floristica, che si traduce in una diminuita potenzialità complessiva dell'ambiente, non ha però cause intrinseche e la situazione è passibile di recupero, anche rapido, qualora le pratiche colturali evolvano verso forme a minor grado d'impatto sulle cenosi spontanee. Corpi idrici Vegetazione acquatica Il territorio in esame è attraversato da numerosi corsi d’acqua, a partire da quelli di maggiore importanza (Rile, Tenore, Olona) per arrivare ai tanti altri che formano il reticolo idrografico minore; sono altresì presenti alcuni piccoli laghetti la cui genesi è riconducibile, principalmente, all’esistenza di attività estrattive pregresse. Questi corpi idrici presentano, nel complesso, caratteristiche fisiche (tipo di substrato, profondità dell’acqua, velocità della corrente) differenziate, così da determinare l’instaurarsi di comunità macrofitiche diversificate. Nei corsi d’acqua secondari, caratterizzati da calibro e velocità della corrente ridotti, le cenosi acquatiche, che occupano buona parte dei corpi idrici, sono caratterizzate dalla presenza di Nasturtium officinale e Berula erecta, accompagnate da Veronica anagallis-aquatica, Lemna spp. e Polygonum spp.. In prossimità delle rive si rinviene spesso Typhoides arundinacea, talvolta nella forma sommersa tipica delle stazioni lotiche. CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE 28 Il Torrente Tenore nel tratto tra Caronno Varesino e Gornate Olona In acque più profonde, e/o a corrente relativamente rapida, si rinvengono comunità maggiormente improntate dalla presenza di idrofite obbligate, come Ranunculus sp., Potamogeton nodosus e Potamogeton pectinatus, che definiscono un habitat più strettamente acquatico. L’alveo è più ampio e la corrente costante, il substrato prevalentemente ciottoloso-ghiaioso, localmente con accumuli sabbioso-limosi, condizioni che favoriscono l’affermarsi di popolamenti stabili. Va sottolineato come i corpi idrici, con particolare riferimento a e canali di minori dimensioni, siano periodicamente oggetto di interventi di “ripulitura”, con rimozione della biomassa vegetale, dragaggio dei fanghi e ricalibratura delle sezioni. Per effetto dei naturali processi dinamici, tendono infatti a occludersi abbastanza rapidamente; le operazioni inducono una regressione della successione serale, seguita però da una rapida ricolonizzazione. L’Olona nei pressi di Lonate Ceppino CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE 29 Rappresenta uno degli aspetti più tipici delle sponde dei corpi idrici, così sulle rive di ruscelli e torrenti e di alcuni piccoli bacini, in zone almeno periodicamente soggette a esondazione. Si tratta di vegetazione formata da piante erbacee perenni, di media e grande taglia, in massima parte graminacee e ciperacee: Phragmites australis (la comune canna palustre), Typhoides arundinacea, Typha latifolia e carici, tra cui la specie più comune risulta Carex acutiformis. Altri elementi piuttosto frequenti sono Iris pseudacorus, Juncus spp., Lythrum salicaria, Symphytum officinale e Urtica dioica, vicariati da Rorippa sylvestris e Gratiola officinalis sui depositi fangosi ai bordi dell’acqua. L’ecologia delle specie dominanti sottolinea ulteriormente la connotazione intermedia di questo tipo di vegetazione, che si colloca tra le cenosi a idrofite dei corpi idrici e le formazioni più propriamente terricole che gli succedono secondo il normale gradiente d’igrofilia. Localmente, l’abbondante novellame di Salix spp. e Populus sp. testimonia la naturale tendenza di queste cenosi ad evolvere, dove lo spazio disponibile lo consente e qualora non vengano più interessate direttamente da eventi di piena, verso il bosco igrofilo (alneto, saliceto). Che si afferma, occasionalmente, lungo il corso dei torrenti e negli impluvi, seppure con caratteri di notevole discontinuità e frammentarietà, formando, per lo più, esili cortine nelle fasce più prossime al corso d’acqua. 2.2.3 AMBIENTI VARI Verde ornamentale Gli spazi verdi (parchi e giardini) sono agevolmente distinguibili su basi funzionali, piuttosto che vegetazionali; in essi, infatti, la componente arborea e arbustiva è quasi sempre stata introdotta artificialmente. Le aree a verde sono concentrate in prevalenza in corrispondenza degli abitati, ad esempio nell’ambito dei centri storici dove rivestono anche un importante ruolo di testimonianza architettonica e sociale (si tratta per lo più di parchi di pertinenza di ville padronali risalenti al XVIII e XIX secolo). Area verde, con valenza storica, in contesto urbano (Gorla Minore) Il verde ornamentale interessa una quota nel complesso ridotta del territorio in oggetto ed è per lo più riferibile a piccole unità marginali ad alcune aree produttive e/o residenziali, oltre che a parchi di valenza areale maggiore (non vengono qui considerati i piccoli giardini di pertinenza di abitazioni private, che si ritengono parte integrante del tessuto urbano). Le specie impiegate, appartenenti alle Gimnosperme e alle Angiosperme dicotiledoni, provengono in larghissima maggioranza da regioni a clima temperato-caldo, temperato, e temperato-freddo dell'Eurasia, dell'Asia orientale e dell'America settentrionale. Le principali forme biologiche sono così rappresentate: - latifoglie decidue (es.: Acer, Aesculus, Carpinus, Populus, Quercus, Tilia); CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE - 30 latifoglie sempreverdi (es.: Ilex, Magnolia); aghifoglie sempreverdi (es.: Cedrus, Picea, Pinus). Il criterio che ha portato alla scelta di queste essenze, una volta accertata la loro idoneità climatica, è sostanzialmente di tipo estetico e funzionale. Le principali caratteristiche ornamentali prese in considerazione sono: - fioriture appariscenti (AescuIus, Paulownia etc.); - colore del fogliame (i cultivar “purpurea”, “atropurpurea”, “aurea”, “variegata”, “glauca”); - colore del fogliame in autunno (es.: Liquidambar, Liriodendron, Quercus); - portamento caratteristico (es.: cultivar “pendula”, “pyramidalis”). - Le principali caratteristiche funzionali che guidano le scelte sono: velocità di accrescimento; apparati radicali adattati agli spazi angusti; resistenza alle potature; resistenza agli inquinanti e alle malattie. Il numero di specie impiegate non è elevato ma di alcune vengono impiegati diversi cultivar; la densità della copertura arborea è sempre riconducibile alle linee progettuali, anche se in parte è funzione dell'anzianità dell'impianto. Si nota talvolta la tendenza alla formazione di popolamenti monospecifici e a struttura regolare (disposizione in filari). Non si segnalano elementi arborei particolarmente interessanti per rarità, dimensioni o età. Per la componente arbustiva valgono le stesse considerazioni espresse a proposito di quella arborea; solo poche specie hanno avuto una larga applicazione (es.: Prunus laurocerasus, Pyracantha coccinea, Rosa spp., Forsythia viridissima). Soltanto a proposito della componente erbacea è possibile parlare, e non sempre, di cenosi, e quindi effettuare considerazioni di tipo vegetazionale. Per la creazione dei tappeti erbosi nei parchi, nei giardini e negli impianti sportivi vengono impiegate miscele, per lo più di graminacee a composizione definita in funzione degli usi: le specie e varietà utilizzate sono nel complesso poco numerose. Orti Si tratta di una tipologia scarsamente rappresentata e contraddistinta da un notevole grado di frammentazione e dispersione, con numerose aree di superficie mediamente ridotta: sono spazi ricavati, per lo più, nelle zone marginali agli abitati, spesso compenetrati agli incolti e/o alle colture erbacee s.l. (per questi motivi, peraltro, non sono sempre rappresentabili cartograficamente). Orti a margine dell’alveo dell’Olona CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE 31 Evidenziano una caratteristica struttura in cui, a colture legnose (piante da frutto), si abbinano superfici destinate a colture erbacee fortemente diversificate, con prevalenza di brassicacee, composite, leguminose e solanacee. Anche in relazione alle numerose strutture di supporto all’attività orticola (la produzione è, peraltro, destinata a un uso strettamente familiare), quali ricoveri per attrezzi e recinzioni perimetrali, si segnalano come superfici tendenzialmente degradate, esteticamente e paesaggisticamente di scarso valore. Zone residenziali Tipologicamente, prevalgono gli insediamenti diffusi, formati da una trama a maglie larghe di edifici di piccole-medie dimensioni, in gran parte corrispondenti a unità abitative monofamiliare, con annesse piccole superfici a verde; la grande estensione di tali aree, frammiste a superfici residuali occupate da incolti, boschetti e coltivi, configura spesso un paesaggio a impronta periurbana. Si evidenziano peraltro, per la differente compattezza e caratterizzazione tipologica del tessuto urbano, i nuclei storici, ormai corrispondenti a una quota decisamente minoritaria delle aree urbanizzate. La connotazione attuale è il risultato di un processo storico, iniziato nel secondo dopoguerra del secolo scorso, che ha mutato radicalmente il paesaggio dell’alta pianura e della fascia pedemontana lombarda, con effetti di notevole degrado estetico e ambientale. Classica tipologia a elevato grado di antropizzazione, non evidenziano aspetti di particolare significato e/o valore naturalistico-ambientale. Insediamenti residenziali in ambito periurbano (località Fornaci) Si evidenziano peraltro, per la differente compattezza e caratterizzazione tipologica del tessuto urbano, i nuclei storici, ormai corrispondenti a una quota decisamente minoritaria delle aree urbanizzate. La connotazione attuale è il risultato di un processo storico, iniziato nel secondo dopoguerra del secolo scorso, che ha mutato radicalmente il paesaggio dell’alta pianura e della fascia pedemontana lombarda, con effetti di notevole degrado estetico e ambientale. Classica tipologia a elevato grado di antropizzazione, non evidenziano aspetti di particolare significato e/o valore naturalistico-ambientale. INSEDIAMENTI PRODUTTIVI Comprendono le aree destinate a insediamenti industriali e commerciali di grandi dimensioni; nel caso dell’area in oggetto, va segnalata la presenza apprezzabile di tali insediamenti già a partire dal XIX secolo, con particolare riferimento alla Valle dell’Olona, che rappresenta uno dei distretti storici dell’industrializzazione nel territorio lombardo. Il succedersi, nel tempo, di differenti fasi del processo di CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE 32 diffusione ed espansione delle attività produttive ha comportato lo stratificarsi di tipologie insediative, variamente caratterizzate in funzione dell’epoca di realizzazione. Ciò ha determinato, unitamente al notevole incremento nell’estensione degli insediamenti, una progressiva differenziazione tipologica degli stessi; oggi, in una fase che, almeno in parte, si può definire “post-industriale”, numerose sono le aree dismesse o in via di riconversione e che rappresentano uno degli elementi maggiormente caratterizzanti del territorio in oggetto. Da segnalare, altresì, la rilevante valenza storica e architettonica di alcune aree di più antico insediamento, meritevoli di attenzione e di tutela in relazione allo specifico significato documentario e di testimonianza. Tali aree, già molto estese, sono tuttora in attiva fase di espansione, con un progressivo aumento di importanza di quelle a destinazione commerciale. Area industriale dismessa nella valle dell’Olona, lungo la strada che collega Cairate a Lonate Ceppino CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE 33 3. ANALISI DEGLI ASPETTI FAUNISTICI 3.1 PREMESSA L'analisi dello stato di fatto e l'individuazione delle fasce di territorio oggetto dello studio sono condotte tenendo conto delle esigenze ecologiche delle specie animali presenti nell'area. Poiché la realizzazione di corridoi faunistici è funzionale alle specifiche esigenze della fauna presente, la biologia e l'ecologia delle specie animali rappresentano la base per poter definire i criteri di individuazione delle fasce di territorio. A tale scopo è stato si previsto uno studio sulle “specie guida”. Nella individuazione delle "specie guida" si è operato considerando in modo differenziato organismi che, per modalità di spostamento, sono più strettamente dipendenti dalle caratteristiche morfologiche e strutturali dei corridoi faunistici (Anfibi, Rettili e Mammiferi) e, secondariamente, organismi con maggiore capacità di diffusione anche al di fuori dei corridoi, ma che trovano in questi e nelle unità areali luoghi idonei di sosta, nutrizione e nidificazione (Uccelli). 3.2 LINEE METODOLOGICHE 3.2.1 Generalità Nell’ambito del presente studio i gruppi faunistici di maggiore interesse sono rappresentati da Anfibi e Mammiferi. Gli Anfibi sono considerati fra i vertebrati il gruppo maggiormente minacciato a livello globale, in virtù della “doppia vita”, acquatica e terrestre, che espone tali animali a maggiori insidie, insite nelle trasformazioni ambientali sia nell’habitat acquatico, tipico dello sviluppo larvale, che in quello subaereo, proprio della vita giovanile ed adulta. Inoltre, per la tipologia di moto e le modalità di spostamento, gli anfibi sono fra i primi a risentire delle interruzioni nella rete ecologica: ben noti i problemi dovuti agli attraversamenti stradali al risveglio dal torpore invernale; oltre a ciò l’isolamento di piccole popolazioni e il conseguente venir meno di flussi genici fra le popolazioni (isolamento genetico), ne determina una graduale e progressiva diminuzione, oltre ad una maggiore esposizione alla possibilità di una rapida estinzione locale a seguito di ulteriori importanti trasformazioni del territorio (alterazione o distruzione del o dei siti riproduttivi residui). Anche i Rettili presentano analoghe problematiche negli spostamenti e in relazione alla interruzione della rete ecologica; anch’essi possono inoltre fornire interessanti indicazioni sulle aree maggiormente significative dal punto di vista della biodiversità. Tuttavia una approfondita analisi di campo anche su tale gruppo esulava dal contesto del presente lavoro, che non è uno studio faunistico tout-court, che avrebbe richiesto peraltro anche tempi assai più dilatati. Nell’ambito dei Mammiferi utili indicazioni provengono dalla presenza degli ungulati (cervo e capriolo), nonché scoiattolo e tasso, tutte entità faunistiche capaci di spostamenti anche su notevoli distanze e per le quali sono fondamentali corridoi di diffusione fra le principali aree di presenza nell’area di studio e nei territori limitrofi. Per tali specie e/o gruppi faunistici verranno evidenziate le caratteristiche del territorio che favoriscono (luoghi di rifugio, alimentazione, riproduzione) oppure che ne limitano o impediscono la diffusione (barriere di varia natura ed origine), come pure le aree sorgente più significative. Per quanto riguarda gli Uccelli, pur essendo maggiormente svincolati dalla necessità di corridoi di collegamento, possono comunque fornire utili indicazioni sintetiche della qualità del territorio: una specie “ombrello” come il picchio nero, ad esempio, con la propria presenza testimonia l’esistenza di un bosco maturo, ben strutturato e vario, cui è associata una significativa biodiversità animale. CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE 34 3.2.2 Anfibi L’indagine conoscitiva sugli Anfibi è stata mirata ad acquisire informazioni sui siti riproduttivi delle diverse specie. Il sito riproduttivo (laghetto, pozza, fossato etc) è fondamentale per il mantenimento nel tempo della popolazione. Oltre a ciò, trattandosi di specie che si riproducono in gruppo, identificare il sito riproduttivo è estremamente strategico, consentendo ad un tempo di focalizzare un’area fondamentale per la conservazione come pure di avere anche l’opportunità di acquisire dati relativi all’intera popolazione locale. Punto di partenza è stata l’acquisizione di dati pregressi. In tale senso assai importante è stato il contributo fornito dalle GEV della Provincia di Varese, segnatamente la Sezione Busto Arsizio e Valle Olona, che ha fornito allo scrivente ubicazione e schede delle aree umide censite in un apposito progetto tra il 2006 e il 2008, con particolare riferimento, ma non solo, al PLIS “Rile-Tenore-Olona” (RTO). Tali aree sono state visitate nel corso della stagione riproduttiva 2010 allo scopo di verificare la presenza di anfibi, nonché di caratterizzare ogni sito da un punto di vista qualitativo (specie presenti, attraverso l’osservazione di individui adulti, ovature e larve) nonché possibilmente quantitativo (numero di ovature o larve). Ovature rospo Oltre alle visite mirate ai siti di cui sopra, sono stati effettuati transetti a piedi e in bicicletta all’interno dei tre PLIS e in aree limitrofe, al fine di coprire il territorio di interesse. Sono così stati individuati una quarantina di ulteriori siti. Lo studio a tavolino del reticolo idrografico minore non è risultato sufficiente, poiché i siti riproduttivi, anche di una certa importanza, talvolta hanno origine da attività o fenomeni non sempre intuibili con uno studio cartografico, rendendo indispensabile una perlustrazione assai capillare del territorio. Per il PLIS “Bosco del Rugareto” (BDR) viene inoltre fatto riferimento al recente studio “Avifauna e anfibi del PLIS Bosco del Rugareto” (Viganò A., 2010). Le visite sono state effettuate tra marzo e giugno 2010, intercettando l’intero periodo riproduttivo delle diverse specie, dalle più precoci rane rosse e rospo comune alle più tardive raganelle. Si è potuto constatare come le ovature di rana rossa si conservino, dopo che sono Ovature rana sgusciate le larve, anche sino ad inizio giugno, almeno nelle stazioni in ombra (quindi a 3-4 mesi dalla deposizione). Tutti i siti riproduttivi censiti sono stati georeferenziati tramite GPS, per poter essere riportati correttamente sulla cartografia di riferimento. 2.2.3 Mammiferi Relativamente ai mammiferi si è voluto verificare in prima battuta la presenza/assenza delle specie ritenute più significative, tentando poi di ricostruire una distribuzione di massima delle medesime, quantomeno individuando le aree di maggiore o più assidua presenza. Anche in questo caso l’attività di campo si è articolata in transetti effettuati a piedi e, in misura minore, in bicicletta all’interno dei tre PLIS e in aree limitrofe, al fine di coprire il territorio di interesse; detta attività talvolta è avvenuta contestualmente alla attività di ricerca relativa agli anfibi. Data l’elusività delle specie in oggetto, più che all’osservazione diretta degli individui l’indagine di campo ha riguardato prevalentemente la ricerca di tracce di presenza, quali fatte, orme, fregoni, raspate, giacigli, CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE 35 sentieri, tracce alimentari, tane, nidi, etc. Oltre a questo sono state raccolte informazioni presso portatori di interesse locali. In relazione alle specie guida individuate fra i mammiferi (scoiattolo, tasso, capriolo e cervo) viene proposta una tabella riportante le tracce di presenza cercate. Elementi da ricercare Impronte scoiattolo tasso cervo capriolo X X X X X X X Fatte Nidi Resti alimentari X Fatte capriolo X X Tane X Passaggi tra la vegetazione X X X X X Addiacci, giacigli X X Brucamenti X X Scavi e latrine X X Raspate Fatte cervo Fregoni Scortecciamenti X X 3.2.4 Uccelli Durante le uscite di campo sono state raccolte anche le indicazioni di presenza (osservazioni, vocalizzi etc.) di specie particolarmente significative per la caratterizzazione del territorio o perché di interesse conservazionistico regionale o ancora perché specie indicate dalla Direttive 79/409/CEE “Uccelli”. Significative in particolare le specie indicatrici della biodiversità forestale e quelle più strettamente legate ai contesti agricoli. CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE 36 3.3 SPECIE GUIDA Vengono di seguito proposte le schede relative alle specie guida individuate per la realizzazione del presente studio. Viene fatto particolare riferimento alle caratteristiche biologiche, ecologiche e comportamentali di maggior interesse ai fini del progetto. 3.3.1 Anfibi Sono prese in considerazione tutte le specie trovate nel territorio dei tre PLIS e nelle aree ad essi limitrofe. Vengono pertanto presentate le schede di due Urodeli (salamandra pezzata e tritone crestato) e sette Anuri (rospo comune, rospo smeraldino, raganella, rana kl. esculenta, rana agile, rana di Lataste e pelobate). 3.3.1.1 Salamandra pezzata (Salamandra salamandra) La salamandra è legata agli ambienti collinari e montuosi, dove frequenta formazioni forestali di latifoglie decidue, segnatamente faggete e castagneti. E’ una specie fortemente legata ad una abbondante lettiera, entro cui trova rifugio e alimentazione. Nell’ambito delle tipologie ambientali indicate seleziona ulteriormente i versanti freschi e gli impluvi, ove è presente un maggior tasso di umidità. E’ un animale attivo nel corso di tutto l’anno, anche se in generale le osservazioni degli individui registrano un andamento bimodale, con due massimi rispettivamente ad aprile-maggio e ad Adulto ottobre, periodi caratterizzati dalle maggiori precipitazioni. La salamandra è una specie ovovivipara. L’accoppiamento ha luogo sul terreno, dove la femmina, al termine del corteggiamento, raccoglie nella cloaca la spermatofora prodotta dal maschio. La fecondazione e il successivo sviluppo dell’embrione possono essere ritardati anche di alcuni mesi. Al termine della gestazione, della durata anche di un anno, la femmina, solitamente in primavera, partorisce in acqua delle larve branchiate, in numero variabile, sino a qualche decina. I siti riproduttivi sono rappresentati da pozze di ruscelli e torrenti, zone a debole corrente, ma anche piccole raccolte d’acqua ferma come pozze, invasi e abbeveratoi. Lo sviluppo delle larve necessità di tempi variabili, da uno a sei mesi. Le larve possono comunque essere osservate in acqua durante tutto l’anno. Pur essendo considerata, ove presente, una specie abbastanza comune è comunque Larva soggetta ad alcuni rischi che, con particolare riferimento al territorio lombardo (Bernini et al., 2004) sono rappresentati da alterazioni antropiche dei torrenti (captazioni, scarichi civili, immissioni di pesci), interventi forestali (tagli a raso), nonché uccisioni legate al traffico veicolare che possono risultare frequenti in primavera e autunno. CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE 37 3.3.1.2 Tritone crestato (Triturus carnifex) Il tritone crestato italiano, riconosciuto come specie su base di dati cariologici, ha una distribuzione che comprende l'Italia continentale e peninsulare, il Canton Ticino, la Slovenia, l'Istria e alcune regioni dell'Austria meridionale e della Repubblica ceca. Femmina Tenuto conto che la gran parte dell'areale distributivo della specie interessa l'Italia è chiaro che lo status delle nostre popolazioni riveste un'importanza fondamentale per la conservazione di questa entità. In Italia Triturus carnifex carnifex è presente generalmente a quote inferiori ai 600-700 metri, con vuoti di presenza nelle aree di maggior intensità agricola e di maggior urbanizzazione. E' il più grande tritone italiano, con le femmine che possono raggiungere i 180 mm di dimensione, contro i 140-150 mm dei maschi. Il nome Maschio scientifico discende dalla vistosa cresta ornamentale ostentata dai maschi durante il periodo riproduttivo. Netto il dimorfismo sessuale. L'habitat di riproduzione è rappresentato da raccolte d'acqua ferma, permanente o temporanea, possibilmente ricche di vegetazione e di una certa profondità (da alcune decine di centimetri a qualche metro). Queste possono esse paludi, stagni, pozze, lanche, risorgive e canali. Come per altri anfibi è importante l'assenza di pesci, predatori delle larve e degli individui adulti. L'habitat terrestre è rappresentato dalle aree boscate e aperte circostanti al sito di riproduzione: è una specie da questo punto di vista ad ampia valenza ecologica, purché nel territorio siano presenti pozze d'acqua utili alla riproduzione. Tra febbraio ed aprile, a seconda dell'andamento meteoclimatico e della disponibilità idrica, dapprima i maschi e quindi le femmine si portano in acqua. La permanenza al sito riproduttivo spesso si protrae fino all'estate, o fino alla scomparsa dell'acqua. Durante il periodo estivo gli adulti vanno incontro ad una fase di latenza, per riprendere le attività, in linea di massima di tipo trofico, con le piogge autunnali. Lo svernamento ha luogo sotto le pietre, in ceppaie o sottoterra. La dieta degli individui adulti è rappresentata da insetti, molluschi, oligocheti, embrioni e larve di anfibi. Come detto, il periodo riproduttivo coincide con la permanenza in acqua degli individui, massima fra aprile e maggio. Generalmente vengono privilegiate le zone più profonde di tali ambienti, da cui gli individui emergono brevemente per respirare. I maschi inscenano elaborate danze di corteggiamento davanti alla femmina, ostentando sinuosi movimenti della coda e producendo feromoni sessuali. Una volta che il maschio viene accettato, depone una spermatofora che viene raccolta dalla femmina attraverso la cloaca. Successivamente le uova fecondate, singolarmente o in lassi gruppetti vengono ancorate sulle foglie delle piante acquatiche o alle pietre del fondo. In tal modo le femmine depongono da 200 sino a 400 uova in più riprese. Spesso le uova sono riposte in una specie di tasca che la femmina forma piegando una foglia con le zampe posteriori: in questo modo nasconde le uova ai potenziali predatori. Le uova schiudono dopo 10-14 giorni, mentre lo sviluppo delle larve dura circa tre mesi. Esse in tale periodo si nutrono di invertebrati CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE 38 acquatici quali cladoceri, copepodi, ostracodi, larve di effimere, di ditteri e di odonati e sono a loro volta prede di insetti acquatici e loro larve, come coleotteri, ditiscidi, emitteri e odonati. La maturità sessuale viene raggiunta in genere al terzo o quarto anno di età. L'età massima riscontrata è stata di 18 anni. Le principali cause del declino di questa specie vanno ricercate nella progressiva riduzione degli habitat riproduttivi, dovute all'industrializzazione dell'agricoltura. Inoltre le introduzioni ittiche di salmonidi, alborelle e cavedani hanno avuto effetti disastrosi sulle popolazioni di tritone crestato italiano. Recentemente alcuni progetti LIFE condotti in parchi regionali della Lombardia hanno avuto quali obiettivi la gestione dell'habitat e il monitoraggio a favore della specie in oggetto. 3.3.1.3 Rospo comune (Bufo bufo) Il rospo è una specie che frequenta vari tipi di ambiente, anche antropizzati. Al di fuori del periodo riproduttivo, grazie alla notevole corneificazione epidermica, non è particolarmente legato all’acqua, per cui può trovarsi anche ad alcuni chilometri di distanza dal sito di riproduzione. Il movimento di questi animali è sempre solo notturno. La specie è attiva dalla fine di febbraio a novembre. L’inizio dell’attività è legata alla condizioni climatiche: le precipitazioni notturne di fine febbraio – inizio marzo sanciscono l’inizio della migrazione riproduttiva, che può protrarsi per più giorni, ma che vede grossi numeri di animali in movimento contemporaneamente. Può accadere che tra il sito riproduttivo e l’area di latenza invernale vi sia una strada che i rospi sono obbligati ad attraversare. Dal momento che il grosso del movimento migratorio si concentra in un lasso di tempo ristretto molti individui sono sulla strada nei medesimi momenti, con il risultato che moltissimi sono schiacciati dalle auto, talvolta anche con rischio per le auto stesse di sbandare. Questa causa di mortalità primaverile incide pesantemente sulle popolazioni sino a condurle ad un pericoloso declino. Spesso accade che le femmine, decisamente più grandi, giungano al sito riproduttivo con il maschio saldamente ancorato sul dorso, con presa ascellare. Altri maschi invece attendono le femmine in acqua cercando di sostituirsi al maschio trasportato. La permanenza al sito riproduttivo è variabile, con le femmine che si allontano rapidamente, mentre i maschi vi si possono soffermare più a lungo. La durata del periodo riproduttivo oscilla fra la settimana e il mese. La femmina depone un cordone di uova (da 4.000 a 6.000) che vengono fecondate dal maschio che, come detto, è aggrappato alla femmina con presa ascellare. Lo stadio larvale dura dai due ai tre mesi. In occasione di estati particolarmente secche i rospi possono andare incontro ad una pausa detta estivazione. Pur trattandosi di una specie comune in Italia, negli ultimi decenni si è assistito ad un declino numerico delle popolazioni. Cause del fenomeno sono molteplici: scomparsa dei siti riproduttivi e deterioramento di quelli rimanenti; elevato traffico veicolare che, come detto, può falcidiare una popolazione durante le migrazioni riproduttive (Giacoma et al.,1998; Ferri, 2000). Le ridotte dimensioni della popolazione, unite spesso ad una sex ratio nettamente sbilanciata sui maschi sono ulteriori e conseguenti fenomeni di rischio per la sopravvivenza locale della specie. CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE 3.3.1.4 39 Rospo smeraldino (Bufo viridis) Il rospo smeraldino è una specie presente in varie tipologie ambientali, anche in aree fortemente antropizzate (ad esempio giardini in are urbane). In generale predilige aree aperte, mentre è sporadico nelle zone boscate. E’ una specie pioniera, in grado di insediarsi in pozze effimere o occasionali ed apparentemente inospitali; trova anche nelle aree di cava condizioni idonee all'insediamento. E’ frequente negli invasi artificiali (bacini per la raccolta d’acqua nei florovivaismi, fitodepurazioni etc). La specie è attiva tra marzo ed ottobre. La riproduzione ha luogo fra aprile e giugno. La permanenza al sito riproduttivo è estremamente breve per le femmine (il tempo della deposizione), mentre i maschi vi si trattengono attendendo il progressivo arrivo delle femmine. Le uova, sino a 11.000, sono deposte in lunghi e sottili cordoni. I girini nascono dopo un paio di settimane e completano la metamorfosi entro due o tre mesi, solitamente in estate. La specie può essere localmente danneggiata dall’uso di erbicidi e pesticidi, nonché dall’abbassamento della falda freatica o dalla forte evaporazione che determinano un rapido disseccamento delle pozze d’acqua, impedendo il completamento della metamorfosi. 3.3.1.5 Raganella (Hyla intermedia) La raganella italiana è una specie arboricola, che si porta all’acqua in corrispondenza del periodo riproduttivo. Predilige luoghi aperti cespugliati ed alberati. E’ infatti sul alberi ed arbusti che si muove, alla ricerca di insetti. La specie è attiva a partire da marzo, ma è da aprile sino a tutto giugno e luglio che si porta ai siti riproduttivi, rappresentati da pozze, invasi, e addirittura piscine. Predilige comunque siti con una certa presenza di vegetazione. I maschi, in acqua, intonano un canto nuziale udibile anche a centinaia di metri di distanza, in attesa delle femmine. L’ovodeposizione consiste in una masserella gelatinosa delle dimensioni di una noce, contenente sino a mille uova. La fase larvale viene completata in circa tre mesi. Tuttavia in pozze calde ed effimere la metamorfosi può avvenire prima. A luglio è possibile udire i canti di richiamo dei maschi e contemporaneamente osservare neometamorfosati. La specie ha un’ampia distribuzione in Italia e Lombardia, tuttavia in alcune zone le popolazioni sembrano in regresso, in seguito allo sfruttamento intensivo delle aree di pianura e alla scomparsa dei siti riproduttivi. CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE 40 3.3.1.6 Rana esculenta (Rana synklepton esculenta) E' una specie ad ampia distribuzione, che frequenta a scopo riproduttivo varie tipologie di sito: laghetto di falda, invasi artificiali, fiumi e torrenti a lento corso, laghetti artificiali (florovivaismi). E’ una specie amante del sole e delle aree aperte; può tuttavia localmente essere presente in pozze temporanee all’interno del bosco. La rana verde è attiva a partire dal mese di aprile, momento in cui si porta all'acqua per riprodursi, sino ai primi giorni di novembre. Nel periodo primaverile staziona presso la sponda del sito riproduttivo, esposta al sole, assai mimetica e pronta a lanciarsi in acqua al minimo pericolo. Il canto nuziale emesso dai maschi è massimo di notte, ma può verificarsi normalmente anche in ore diurne, sino a tutto luglio. La femmina depone sino a 4.000 uova. La schiusa avviene entro tre settimane e la vita larvale generalmente si protrae per circa tre-quattro mesi. I giovani si trattengono a scopo trofico sulle sponde del sito riproduttivo sino ad ottobre, mentre gli adulti se ne allontanano prima. Note di sistematica La sistematica delle rane verdi è complessa. In Italia settentrionale le popolazioni di rane verdi sono costituite da quote variabili di Rana lessonae e Rana kl. esculenta. Rana kl. esculenta è un ibrido molto particolare originatosi dall'incrocio fra R. lessonae e R. ridibunda (quest'ultima tipica dell'Europa orientale). Tale ibrido, incrociandosi con R. lessonae, riesce a mantenersi indefinitamente tale poiché durante la meiosi (processo biologico che porta alla formazione dei gameti) il patrimonio genetico "lessonae" viene eliminato. L'ibrido dunque trasmette alla progenie solo il corredo genetico di una delle due specie genitrici (ridibunda) e incrociandosi con R. lessonae dà luogo ad una stirpe ibrida perennemente di prima generazione. Si tratta quindi di una sorta di parassitismo genetico. A questo fenomeno è dato il nome di klepton (dal greco, rubare), indicato con "kl.". La distinzione certa fra R. lessonae e R. kl esculenta è possibile con analisi biochimiche del genotipo. Pertanto con Rana synclepton esculenta si indica il complesso R. kl esculenta e R. lessonae. CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE 3.3.1.7 41 Rana agile (Rana dalmatina) La rana agile è una rana rossa legata agli ambienti forestali, in particolare planiziali e collinari. Di spiccate attitudini terrestri, si porta all’acqua esclusivamente per riprodursi. Nella restante parte del periodo attivo frequenta a scopo alimentare la lettiera del bosco, con la cui colorazione si confonde. Si riproduce precocemente deponendo le ovature fra fine febbraio e fine marzo. I siti riproduttivi sono rappresentati da pozze temporanee, stagni, invasi e canali. Le femmine si trattengono presso il sito riproduttivo per il tempo strettamente necessario alla deposizione delle uova, mentre i maschi si trattengono, prevalentemente in acqua, attendendo l’arrivo di altre femmine, emettendo un canto territoriale di richiamo. La femmina depone un unico ammasso globulare di uova, spesso ancorato alla vegetazione o a rametti sommersi. Tenendo conto che ogni femmina effettua un'unica deposizione per stagione riproduttiva, sulla base del numero di ovature riscontrate è possibile stimare la popolazione. Generalmente l’ovatura tende a portarsi in superficie, aprendosi come una sorta di frittata. Le larve schiudono dopo 15-20 giorni, completando la metamorfosi entro due-tre mesi dalla deposizione. Alla fine del breve periodo riproduttivo le rane si riportano nel bosco che è utilizzato a scopi trofici, con attività notturna. In inverno la specie non è attiva, ibernandosi sottoterra. La specie in Lombardia è considerata localmente a rischio (Ferri,1988), minacciata da alterazioni ambientali,, quali inquinamento e bonifica delle zone umide. E’ inoltre danneggiata dall’immissione di fauna ittica alloctona (Razzetti et al., 2000). 3.3.1.8 Rana di Lataste (Rana latastei) Nell’ambito del presente studio è stato fatto riferimento al gruppo delle cosiddette rane rosse: obiettivo dell’attività di campo è stato infatti arrivare a censire la totalità, o quasi, dei siti riproduttivi degli anfibi. In particolare per le rane rosse si è puntato al ritrovamento di ovature, a vari stadi di sviluppo. Tra le rane rosse adulte o subadulte osservate non è mai stata osservata la rana di Lataste, tuttavia la specie è da considerare potenziale, per il territorio di studio, essendo presente con popolazioni importanti in aree limitrofe, in particolare più a nord lungo la valle dell’Olona, e potendo vivere in sintopia con la rana agile. La rana di Lataste è considerata un'entità endemica del bacino padano-veneto: l'areale di distribuzione è estremamente circoscritto e si estende da Torino e Cuneo attraverso la Pianura Padana (in particolare lungo i principali affluenti di sinistra del Po), il Veneto e il Friuli fino alla Slovenia occidentale e all'Istria croata. I circa 250 siti noti si concentrano nella metà settentrionale della Pianura Padana, con presenze generalmente al di sotto dei 300 metri. La rana di Lataste è una specie caratteristica delle vaste pianure alluvionali, dove il livello della falda freatica è elevato. E' una tipica abitante delle aree golenali e palustri. La tipologia delle acque nelle quali si riproduce è diversificata e spazia dalle piccole pozze, agli stagni - di norma alimentati da acqua di falda fino ai piccoli corsi d'acqua; localmente utilizza anche le risaie. Pare mostrare una predilezione per le acque leggermente correnti di fossati, canali di drenaggio e lanche, dove le uova sono spesso deposte in depressioni e nei luoghi più tranquilli, anche se in questo tipo di acque la competizione con i pesci può rivelarsi assai elevata. Il grado di soleggiamento sembra non essere determinante. Habitat favorevoli sono i boschi golenali e altri tipi di boschi umidi e freschi: le alnete e i boschi misti di farnia e carpino, con sottobosco erbaceo. L'alterazione degli habitat naturali elettivi ha condotto la specie a frequentare comunque anche boschi dominati dalla robinia e, nella Pianura Padana, anche i pioppeti più umidi e strutturati. Il legame con l'ambiente boscato è fortissimo poiché gli adulti, che si trattengono nelle zone umide solo per pochi giorni o qualche settimana durante la stagione riproduttiva, durante il resto dell'anno vivono principalmente nel sottobosco e nella lettiera dei boschi planiziali. CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE 42 Di piccole dimensioni, generalmente gli individui non superano i 60 mm, anche se eccezionalmente alcune femmine possono raggiungere i 70 mm, la rana di Lataste è assai simile alla rana agile (Rana dalmatina), con la quale è spesso in sintopia. Si ritiene pertanto utile fornire alcune indicazioni relative al riconoscimento in natura di tali rane, che possono essere distinte grazie ad alcuni caratteri. In Rana dalmatina il labbro superiore è più o meno omogeneamente biancastro o crema sino all'apice del muso; gola e ventre sono bianchi. Viceversa in Rana latastei il labbro superiore è bianco solo fin sotto l'occhio dove diviene bruscamente bruno scuro. La gola è biancastra con fitta marmoreggiatura grigio nerastra; una stria bianca longitudinale mediana è sempre ben evidente e assume un tipico aspetto di "T rovesciata" giungendo sino alla transizione fra gola e petto. Il ventre è biancastro abbondantemente spruzzato di nero, bruno o rosso mattone (Lapini, 2005). Inoltre la macchia temporale scura, tipica delle rane rosse, nella rana di Lataste è ben marcata e il timpano, situato al suo interno, è indistinto, più piccolo del diametro oculare e lontano dall'occhio stesso (mentre nella Rana agile è grande e molto vicino all'occhio). Anche il canto riproduttivo emesso dai maschi che attendono nel sito riproduttivo le femmine è differente. I luoghi di riproduzione vengono raggiunti generalmente alla fine della latenza invernale, in febbraio o al più tardi in marzo. I maschi si portano in acqua e attendono, sul fondo del corpo d'acqua da dove possono anche cantare, l'arrivo delle femmine che sopraggiungeranno più tardi. Il richiamo della rana di Lataste ricorda il miagolio di un gatto: singolo e ripetuto a distanza di parecchi secondi, è emesso quasi esclusivamente sott'acqua ed è udibile solo dal margine dello specchio d'acqua. Le femmine che si gettano in acqua vengono subito afferrate dai maschi all'altezza del torace e trattenute fino alla fecondazione delle ovature. Una singola femmina produce dalle 600 ad oltre 2000 uova, deposte sotto forma di compatti ammassi gelatinosi, con diametro medio di circa 115 mm, che si distinguono dalle ovature delle altre specie di rane rosse per la sottigliezza dello strato gelatinoso che avvolge ogni singolo uovo, non superiore ai 6-7 mm. Le ovature sono fissate, singolarmente o a grappoli, a una profondità di 5-30 cm a piccoli rami e ad altre strutture vegetali sommerse: di norma vengono preferiti i rametti che sporgono di traverso dalla riva. A volte, dopo qualche tempo, le ovature emergono. L'attività riproduttiva, che ha un suo massimo con temperature dell'acqua di circa 7 °C, può protrarsi al massimo per un paio di mesi, dalla metà di febbraio fino ad aprile; all'interno del singolo specchio d'acqua tale periodo non dura però più di tre settimane. L'apice è raggiunto nella prima metà del mese di marzo. Terminata la deposizione delle uova le femmine abbandonano subito l’area, mentre i maschi vi si soffermano ancora qualche giorno. Dai primi di aprile non si osserva però praticamente più alcuna rana di Lataste negli specchi d'acqua. Le uova si schiudono dopo un paio di settimane, ma le larve rimangono attaccate agli ammassi gelatinosi ancora alcuni giorni, fino allo sviluppo della coda che permette loro di nuotare liberamente. I girini sono predati da insetti acquatici, tra cui larve di odonati. A partire dall'inizio di giugno appaiono i primi giovani metamorfosati, lunghi 13-15 mm e pronti per lasciare l'ambiente acquatico. Il massimo numero di neometamorfosati si ha in giugno, quando la temperatura dell'acqua è compresa fra i 18 e i 22,5 °C. I maschi di rana di Lataste torneranno a riprodursi già dopo il primo inverno, le femmine solo dopo il secondo. Dai dati di letteratura sembra che la vita media sia abbastanza breve, la più breve tra le rane rosse, con un'aspettativa di vita per i maschi di tre anni e di quattro per le femmine. Terminato il breve periodo riproduttivo le rane di Lataste si portano nel bosco, spingendosi anche ad oltre un chilometro dalle acque di riproduzione. Durante l'estate si ha un calo nell'attività degli adulti. Sulla migrazione autunnale non si sa molto: talvolta è possibile osservare in acqua individui che vi trascorreranno l'inverno. Tra i nemici naturali della specie ricordiamo gli ardeidi, i rapaci notturni e la biscia d'acqua. Vista la sua distribuzione assai circoscritta e concentrata nelle aree di pianura, utilizzate intensivamente anche dall'uomo, la rana di Lataste è uno degli anfibi più minacciati e rari d'Europa. Il declino della specie è legato alla progressiva scomparsa degli habitat adatti e alla frammentazione delle popolazioni: i boschi planiziali sottoposti a intense alterazioni antropiche, ridotti di estensione e isolati risultano sempre meno idonei ad ospitare popolazioni vitali di tale specie. Dati di letteratura riportano densità di individui che oscillano fra i 90 e i 173 individui/ha (Boano et al., 1995; Pozzi, 1980). Alcuni studi hanno evidenziato l'importanza delle dimensioni dell'area boscata, che al di sotto dei 13 ha non offre opportunità insediative alla specie, che invece vede un optimum ecologico nei boschi planiziali con superficie superiore ai 70 ha. Apparentemente la situazione è resa più critica dalla ridotta diversità genetica delle popolazioni lombarde, che sembrano inoltre avere una suscettibilità ai patogeni maggiore rispetto a quella di altre popolazioni. Recentemente sono numerosi gli interventi effettuati o in corso per la conservazione di questa specie, tra cui la gestione e il miglioramento dell'habitat per incrementarne l'idoneità per le popolazioni. Si ricorda un recente progetto di durata triennale che ha coinvolto sette aree protette della regione Lombardia, per ricreare siti riproduttivi e ambienti idonei alla specie; si è operato anche con interventi di traslocazione, CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE 43 utilizzando girini negli ultimi stadi precedenti la metamorfosi, appositamente allevati in condizioni seminaturali (Scali et al., 2001). 3.3.1.9 Pelobate fosco insubrico (Pelobates fuscus insubricus) Il pelobate fosco apparentemente non è presente nell’area di studio. Tuttavia recentemente la specie è stata osservata all’interno del vicino Parco regionale della Pineta di Tradate e Appiano Gentile. Si ritiene pertanto cautelativamente di ipotizzare la specie come potenziale e produrne conseguentemente la scheda relativa alle esigenze ecologiche ed al ciclo biologico, analogamente a quanto fatto con le precedenti specie. Pelobates fuscus è un'entità eurasiatica che comprende le sottospecie Pelobates f. fuscus e Pelobates f. insubricus. La prima presenta un areale molto esteso, mentre la seconda è invece endemica dell'Italia settentrionale. Per tale motivo P.f. insubricus è inserito come specie prioritaria nell'Allegato II della Direttiva Habitat, parimenti ad orso bruno e foca monaca. Storicamente la presenza della specie è nota per le estese aree planiziali del nord-Italia. L'attuale distribuzione sembra contrarsi rispetto ai dati storici, con presenze comunque ancora significative in particolare in Piemonte (Torino, Eporediese, area risicola novarese) e Lombardia (area risicola della Lomellina, colline moreniche del varesotto e pianura cremonese), più sporadiche in Emilia Romagna, Veneto e Friuli Venezia Giulia. A prima vista può sembrare simile ad un piccolo rospo, ma la pelle liscia e le pupille verticali permettono agevolmente di distinguerlo dai rospi veri e propri. Il pelobate, noto anche come il rospo dalla vanga, non supera i 60-90 mm di lunghezza (muso-cloaca). La morfologia è tipica di un animale fossorio, con arti relativamente corti e tubercoli metatarsali (la cosiddetta "vanga") ben sviluppati. Questi ultimi, caratteristici della specie, consistono in un tubercolo corneo metatarsale, presente sia nei maschi che nelle femmine, che viene utilizzato per scavare nel terreno. Ha abitudini notturne ed è fortemente fossorio trascorrendo gran parte della sua vita interrato (anche oltre i 50 cm) nel cunicolo da esso stesso scavato. Per tali costumi di vita, in particolare per la sua abitudine a scavare, questo anfibio predilige un suolo morbido e sabbioso, non compatto. Per la difficoltà di osservazione data dal suo comportamento è sicuramente meno noto rispetto agli altri anfibi e forse la sua reale distribuzione e presenza è sottostimata. La specie infatti è esclusivamente notturna ad eccezione del periodo riproduttivo durante il quale mostra una limitata attività diurna acquatica. E' probabile che non si allontani molto dal sito riproduttivo, trascorrendo gran parte della giornata infossato nel terreno, ma i dati disponibili sono assai scarsi. La riproduzione è di tipo esplosivo; la migrazione verso i punti di riproduzione avviene in massa tra fine marzo e fine aprile, in coincidenza con le prime intense piogge primaverili, con temperature minime comprese fra i 7-10°C. I maschi tendono a raggiungere lo stagno prima delle femmine e a lasciarlo per ultimi. I vocalizzi vengono emessi sott'acqua pertanto risultano udibili solo da breve distanza o con idrofoni. Sono noti vari vocalizzi. I siti riproduttivi consistono di solito in risaie, lanche morte di fiumi, pozze temporanee, vecchi canali, scolatoi, canalette di drenaggio. Spesso il pelobate si comporta da specie "colonizzatrice", preferendo corpi d'acqua temporanei o comunque caratterizzati da periodi di asciutta. Tale situazione è favorevole poiché esclude la presenza dei pesci, che possono operare una forte azione predatoria, soprattutto sulle ovature e sulle forme larvali. La riproduzione avviene nel giro di pochi giorni. Le uova hanno una colorazione grigio scuro o marrone con polo vegetativo bianco e dal diametro di 2-2,5 mm, e vengono deposte insieme e disposte irregolarmente a breve distanza in un cordone trasparente e gelatinoso dall'intenso odore di pesce lungo da alcune decine di cm fino a 1 m e largo 1,5-2 cm, ancorato alla vegetazione di fondo. Il numero di uova in ciascuna ovideposizione varia da 1200 a 3400 (Lanza, 1983). Per quanto riguarda i girini di P.f. insubricus sono note lunghezze di 100-120 millimetri; essi si nutrono di alghe, di residui di fanerogame, detriti e protozoi. Generalmente lo sviluppo delle larve si realizza nel corso di alcune settimane e, comunque, la metamorfosi è completata prima dell'estate. Si ritiene che la maturità sessuale possa già essere raggiunta nel primo o nel secondo anno di vita. Relativamente alla alimentazione sembra che Pelobates f. insubricus abbia una dieta alquanto specializzata, con alte percentuali di Coleotteri. Per la sua rarità e per la presunta rarefazione delle popolazioni P.f. insubricus è divenuto una specie simbolo della conservazione. Il WWF Italia ha avviato alcuni anni fa il "Progetto Pelobate" che ha prodotto un Action Plan ed anche la Regione Lombardia ha avviato un piano di conservazione, coinvolgendo alcuni parchi regionali. CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE 44 3.3.2 Mammiferi Quali specie guida fra i mammiferi sono stati scelti un roditore (scoiattolo), un carnivoro (tasso) e due ungulati (capriolo e cervo). 3.3.2.1 Scoiattolo (Sciurus vulgaris) Lo scoiattolo rosso è una specie forestale che predilige ampie foreste, miste e mature, che possano offrire una buona varietà di alimentazione. Importante anche la presenza di un folto sottobosco, soprattutto se offre ulteriori opportunità alimentari (si pensi al nocciolo). Specie fortemente arboricola, costruisce sugli alberi i nidi che utilizza quale rifugio diurno o notturno e per l’allevamento della prole. L’estensione dell’area vitale, detta anche home range, ovvero la porzione di territorio (in questo caso in prevalenza forestale) all’interno della quale l’animale può soddisfare tutti i suoi bisogni quotidiani, può variare fra i tre e i 12 ettari, in virtù di fattori quali l’età e il sesso dell’animale e la qualità dell’ambiente. Variazioni nell’home range sono registrate anche nelle diverse stagioni, in virtù dei comportamenti di naturale sessuale e di variazioni stagionali nelle disponibilità delle fonti alimentari. L’home range dei maschi in un ambiente costituito da foreste di latifoglie si attesta attorno ai 9 ettari di superficie, andando spesso a sovrapporsi parzialmente all’home range di individui di sesso femminile, per le quali nel medesimo habitat forestale a latifoglie, questo si estende su circa 8 ettari. Per inciso si ricorda che la superficie di un ettaro è pari a quella di un quadrato avente lato di 100 metri. In realtà lo scoiattolo rosso non utilizza in modo intensivo che una o alcune parti del proprio territorio: in aree forestali estese e favorevoli lo scoiattolo utilizza principalmente una porzione dell’area vitale, pari in generale a meno del 50% di quest’ultima, limitandosi a visite occasionali nelle restanti parti del territorio, perlopiù periferiche. Diverso il caso degli scoiattoli che vivono in aree dove l’ambiente boscato risulta frammentato: in questi casi lo scoiattolo è costretto a spostarsi da una parcella boscata all’altra, con un uso del territorio “multipolare”. E’ evidente che quando tale frammentazione dell’habitat forestale è realizzata tramite una strada, questo espone lo scoiattolo al rischio di essere investito, rischio tanto più alto quanto più l’animale è obbligato a fare la spola fra le diverse porzioni di bosco che costituiscono il suo territorio vitale, esponendosi anche maggiormente ai predatori (martora, faina e astore). Celada et al. (1994a ; 1994b) hanno studiato in aree dell’Appennino pavese e di pianura della Lomellina (PV), l’effetto della frammentazione dei querceti sulla loro occupazione da parte dello scoiattolo. In Appennino, dove il grado di frammentazione è moderato e la distanza fra i querceti è relativamente modesta, le locali estinzioni sono riequilibrate da frequenti colonizzazioni. Al contrario, le popolazioni dei querceti padani, la cui distanza è talvolta considerevole e che dipendono dalle foreste planiziali della Valle del Ticino, sembrano destinate a scomparire nell’arco di alcuni anni. Nell’ambito della dinamica di popolazione della specie, sono presenti fenomeni di dispersione e movimenti migratori. Tali fenomeni sono naturalmente legati al ciclo riproduttivo dello scoiattolo, che registra due stagioni degli amori. CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE 45 Le femmine vanno in estro una prima volta fra gennaio e marzo ed una seconda fra giugno e agosto, eccezionalmente settembre, potendo pertanto allevare due nidiate all’anno. I giovani scoiattoli una volta svezzati si muovono alla ricerca di un proprio territorio. L’insediamento del giovane o del subadulto in un territorio dipende dalla possibilità di trovarne uno “vacante” di proprietario. La distanza fra il territorio di insediamento e quello di nascita è pertanto estremamente variabile: potrebbe anche essere un’area contigua trovata libera. Generalmente i giovani nati prima, ovvero durante l’inverno, che si disperdono in estate, hanno più chance di trovare prima un proprio territorio, mentre la dispersione autunnale degli scoiattoli nati in estate interessa distanze maggiori. L’entità di questi fenomeni dipende dal successo della stagione riproduttiva e dalla disponibilità alimentare della stagione successiva. Altri movimenti, pre-riproduttivi, interessano i maschi adulti di scoiattolo che si muovono alla ricerca delle femmine. La dispersione dei giovani è un momento molto critico e pericoloso: per questo ed altri fenomeni il tasso di sopravvivenza dei giovani è molto basso. Solo un 15-25% dei nuovi nati raggiunge l’anno di vita. Ciononostante la dispersione giovanile è un fattore nel complesso positivo: ricombinazione genica, mancanza di forti competizioni per le risorse e la riproduzione, nonché la possibilità di colonizzare nuove aree (se e dove presenti) sono fattori fondamentali per la sopravvivenza a lungo termine delle popolazioni e della specie. CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE 46 3.3.2.2 Tasso (Meles meles) Fra i carnivori presenti nell’area di studio, quello che è più significativo ai fini della presente indagine è risultato essere il tasso. Fra i mustelidi del territorio infatti, pur essendo caratterizzato da una buona plasticità ecologica, è quello che presenta una distribuzione meno ampia sul territorio regionale (Ferrario, 2001). La specie è comunque presente dalle aree agricole di pianura come pure nei boschi sino ai 1000 metri di quota. Lungo i maggiori fiumi regionali la specie è insediata lungo i terrazzi principali o secondari ove, in prevalenza lungo le scarpate coperte da robinia, sono presenti le tane. L’habitat ottimale è rappresentato da aree forestali con luoghi tranquilli e pedologicamente idonei allo scavo della tana, nonché con presenza di radure o piccoli appezzamenti agricoli. Il tasso generalmente vive solitario o in medio - piccoli clan familiari, le cui attività ruotano attorno ad un sistema di tane che offre rifugio per il giorno e protezione nell’allevamento dei piccoli. Nella Comunità Montana Valle del Luinese (VA), caratterizzata da una copertura forestale dell’87%, sono state riscontrate densità di 1,1 – 2,0 tane principali/1.000 ettari. Nell’Europa continentale la dimensione del territorio familiare Tana può raggiungere i 6 Km2 . Pur trattandosi di un carnivoro, la dieta di questo animale può essere quanto mai varia, al punto da poter essere considerato un onnivoro; essa infatti può comprendere invertebrati, vertebrati e vegetali. La composizione della dieta dipende dalle risorse del territorio in cui il tasso risiede: in zone golenali della provincia di Pavia essa è costituita principalmente da vegetali (soprattutto mais), da lombrichi e in misura minore insetti, anfibi e rettili (Prigioni et al., 1988). In uno studio condotto nell’Alto Luinese (Biancardi et. al, 1995) è emerso come il tasso si nutra principalmente di castagne e secondariamente di artropodi, soprattutto insetti. In numerosi studi condotti all’estero è emerso come i lombrichi rappresentino una percentuale assai significativa della composizione della dieta. La presenza del tasso, dai movimenti prevalentemente notturni, è tradita dal costume della specie di utilizzare delle latrine, buchette scavate nel terreno in cui vengono depositate le feci, spesso con significato di territorialità. E’ una specie poligamica. Gli accoppiamenti avvengono da febbraio a marzo, ma è possibile una seconda stagione riproduttiva nella tarda estate. I parti, posticipati da un periodo di riposo ovulare, in genere avvengono al termine dell’inverno. La cucciolata è composta da 2-3 piccoli che vengono allattati per tre mesi, ma che già dall’ottava settimana possono abbandonare la tana. Successivamente seguiranno la madre nella ricerca notturna del cibo. Verso la fine della primavera successiva i rapporti si allentano e i giovani, in particolare i maschi, possono iniziare una fase di dispersione alla ricerca di nuovi territori; spesso si uniscono a clan limitrofi. CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE 47 Il tasso può percorrere ogni notte in media sino a 11 Km. Questa elevata mobilità ha come conseguenza che tra le principali cause di decesso non dovute all’età, sia da annoverare quella conseguente all’investimento ad opera del traffico veicolare. 3.3.2.3 Cervo (Cervus elaphus) Il cervo generalmente è legato a vasti comprensori boschivi sia di latifoglie sia di resinose, caratterizzati dalla presenza di radure, tagliate e pascoli. Le esigenze ecologiche e biologiche della specie fanno sì che la superficie minima per una popolazione vitale sia stimata in 10.000 – 15.000 ettari (Perco, 1987). Il bosco deve rappresentare dal 70 al 75% del territorio (Mustoni et al., 2002). Tendenzialmente la specie frequenta are boscate con scarso sottobosco, ove è meno limitata la possibilità di spostamenti, ma in condizioni di disturbo e di vicinanza alla presenza umana sono frequentati anche boschi fitti e con folto sottobosco, dove possono essere trovate zone sicure di rifugio diurno. Importante, in particolare nel periodo estivo, la presenza di acqua (ruscelli e stagni) per l’abbeverata e di pozze fangose per bagni rinfrescanti e rimedio contro i parassiti. La dieta della specie è meno selettiva rispetto a quella del capriolo, consentendo al cervo una maggiore capacità di adattamento. L’alimentazione è costituita per la maggior parte da erbe, bacche e radici. In inverno nella dieta rientrano gemme, foglie, ramoscelli, cortecce, ghiande, castagne e funghi. L’uso dell’habitat varia stagionalmente e la specie, soprattutto sull’arco alpino, compie delle vere e proprie migrazioni dai quartieri invernali a quelli estivi, spesso posti a distanze ragguardevoli. La superficie individuale giornaliera occupata è generalmente compresa fra 1 e 8 chilometri quadrati (Ferrario in Prigioni et al., 2001). In ambiente forestale alpino (Georgii, 1980 e Georgii et al., 1983) vengono riportati home ranges annuali di 400 ettari per le femmine e di 800 ettari per i maschi. La specie in situazione favorevole raggiunge la densità di 10 individui al chilometro quadrato. Per inciso si ricorda che 100 ettari equivalgono ad 1 chilometro quadrato. Il cervo è un ungulato sociale che nel corso dell’anno dà vita ad aggregazioni di conspecifici, soprattutto delle stesso sesso. Nell’ambito delle dinamiche di popolazione si registra anche un significativo erratismo, in particolare a carico dei più giovani. E’ consuetudine infatti che i giovani maschi (ma in qualche caso anche le giovani femmine), superati i due anni e mezzo di età, si allontanino dal nucleo familiare originario, garantendo in questo modo un flusso genetico nella popolazione ed evitando incroci fra consanguinei. Sono pertanto generalmente i giovani maschi a frequentare zone di neocolonizzazione o di sporadica presenza della specie, spesso con home ranges anche di notevole estensione. Il cervo, pur essendo un animale diurno, a causa del disturbo antropico è attivo soprattutto durante le ore notturne, quando si porta al pascolo, mentre durante il giorno rimane nascosto in zone con folta vegetazione del sottobosco, alternando l’alimentazione al riposo e al rumine. Uno dei maggiori problemi per il cervo è la presenza o la costruzione di arterie stradali ad intensa viabilità, che ne limitano notevolmente le possibilità di spostamento e di migrazione (Prigioni et al., 2001). Il cervo soffre la vicinanza dell’uomo e delle infrastrutture assai più di quanto avvenga per il capriolo: necessita infatti di spazi vitali e di una tranquillità che solo estese e continue formazioni forestali possono offrire. La mortalità per investimenti può assumere un ruolo rilevante. CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE 48 L’insorgenza di nuove ed estese fonti di disturbo nei casi più estremi può portare al progressivo e completo allontanamento della popolazione (Mustoni et al., 2002). 3.3.2.4 Capriolo (Capreolus capreolus) Il capriolo è un animale tipico degli ambienti ecotonali, ovvero delle zone arbustate di transizione fra il bosco e le aree aperte. Grazie alla sua plasticità ecologica frequenta un’ampia gamma di ambienti boschivi: boschi anche assai sfruttati, boscaglie di tipo semiruderale e golenale, nonché ambienti rurali aperti, purché dotati di qualche piccolo boschetto o siepe o fosso alberato. Gli ambienti collinare appenninico e prealpino insubrico rappresentano le aree di elezione per questo piccolo ungulato, che è massimamente insediato presso le aree ecotonali, dove si alternano ambienti aperti e boschi di latifoglie, caratterizzate da scarsa persistenza della neve e, di preferenza, nei querceti. Gli home ranges mensili si attestano fra i 10 e i 30 ettari. In aree appenniniche particolarmente vocate la densità può raggiungere i 20/25 individui al Km2, contro i 10/15 in zona alpina. In Lombardia comunque in generale le densità delle popolazioni sono inferiori ai 10 animali al Km2. Il capriolo possiede un regime alimentare assai selettivo: le ridotte dimensioni dello stomaco rispetto alla massa corporea lo obbligano a privilegiare alimenti ad alto contenuto energetico, affinché la scarsa quantità di cibo ingerito sia sufficiente a mantenere in efficienza l’organismo. Gli alimenti selezionati sono pertanto gemme, foglie, apici e ghiande. In ambiente forestale le foglie assumono importanza fondamentale. Nelle radure si alimenta di leguminose ed altre essenze floreali, poco importanti risultano essere graminacee e ciperacee. Il capriolo è attivo massimamente all’alba e al tramonto, protraendo l’attività nelle prime ore del mattino e alle ultime del pomeriggio. Il ciclo di vita annuale del capriolo attraversa diverse fasi; fondamentale nei maschi adulti è la fase territoriale, da maggio a luglio, che precede gli accoppiamenti, durante la quale i maschi adulti si insediano in un territorio che viene attivamente difeso dall’ingresso di estranei conspecifici dello stesso sesso. La marcatura del territorio avviene attraverso tre categorie di segnali: olfattivi (raspatura con gli arti posteriori e sfregamento della regione facciale, ricca di ghiandole odorose), acustici (il cosiddetto latrato) e ottici (fregoni). Dopo l’accoppiamento il maschio può abbandonare il territorio alla ricerca di nuove femmine, allontanandosi anche in modo assai importante. All’interno del territorio le aree vitali sono le zone di pascolo e di ruminazione e riposo. La fase di raggruppamento parentale, più lunga per le femmine, termina verso marzo con l’allontanamento del maschio che inizia la fase gerarchica, durante la quale vengono stabiliti i ranghi in base alla forza e all’età degli animali, cui farà seguito quella territoriale. All’inizio di maggio la figlia dell’anno precedente viene allontanata dalla madre. Durante gli spostamenti citati il capriolo, attraversando arterie viarie è soggetto ad investimenti. Altra causa di mortalità, diretta o indiretta, è data dai cani vaganti che disturbando e mettendo in fuga i caprioli li espongono come detto ad investimenti stradali e ad urti contro ostacoli (barriere, recinzioni etc). CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE 49 3.4 ATTIVITÀ DI CAMPO L’attività di campo è stata svolta a partire da fine febbraio, sino all’inizio di luglio. La ricerca di tracce di presenza dei mammiferi è stata perlopiù contestuale alla ricerca dei siti riproduttivi degli anfibi. Fonti di acqua sono infatti vitali per i mammiferi, che necessitano di tali presenze all’interno del proprio home range. Viceversa sono state indagate anche situazioni ambientali sfavorevoli all’insediamento di siti riproduttivi di anfibi (pendii e scarpate) al fine di verificare l’insediamento del tasso. Con visite mirate e l’esecuzione di transetti si è avuto cura di coprire il territorio dei tre PLIS e le aree di possibile collegamento fra i medesimi. L’attività è stata tanto diurna che notturna. Uno sforzo particolarmente significativo è stato profuso nell’indagine relativa allo RTO, il più complesso morfologicamente e maggiormente differenziato a livello di struttura della componente forestale. Peraltro i restanti due PLIS erano già noti allo scrivente per avervi condotto recenti indagine sempre di stampo naturalistico e faunistico (Viganò A. 2008 e 2010). Sono inoltre stati effettuati dei sopralluoghi presso i siti degli interventi previsti dalla linea 2 del progetto. Complessivamente i sopralluoghi effettuati sono stati una cinquantina. A buona parte delle uscite notturne ha partecipato Abramo Giusto. Nella tabella successiva sono richiamate le uscite effettuate sul campo, con l’indicazione della data e del PLIS interessato: RTO=Rile-Tenore-Olona; PMO=Parco Medio Olona; BDR=Bosco del Rugareto; N=;notte; G=giorno. 25/02/2010 N 27/02/2010 N 02/03/2010 N 12/03/2010 N 13/03/2010 N 13/03/2010 G 21/03/2010 N 22/03/2010 N 22/03/2010 N 24/03/2010 N 25/03/2010 N 25/03/2010 N 25/03/2010 N 26/03/2010 N 30/03/2010 N 31/03/2010 G; N 31/03/2010 N 01/04/2010 G 01/04/2010 N 07/04/2010 N 07/04/2010 N 09/04/2010 G 10/04/2010 G 19/04/2010 G 20/04/2010 G BDR BDR BDR BDR RTO BDR BDR PMO RTO BDR RTO PMO BDR BDR BDR PMO BDR RTO BDR PMO BDR RTO Cairate RTO RTO 21/04/2010 G 22/04/2010 G 24/04/2010 G 26/04/2010 G 28/04/2010 G 29/04/2010 N 30/04/2010 N 30/04/2010 N 03/05/2010 G 08/05/2010 G 09/05/2010 G 11/05/2010 N 11/05/2010 N 27/05/2010 G 29/05/2010 G 31/05/2010 G 04/06/2010 G 10/06/2010 N 17/06/2010 N 23/06/2010 G 30/06/2010 N 02/07/2010 G 03/07/2010 G 10/07/2010 G 13/07/2010 N RTO RTO RTO RTO RTO RTO RTO BDR RTO RTO PMO RTO PMO RTO RTO PMO PMO PMO PMO RTO PMO RTO Cairate PMO PMO CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE 50 3.5 RISULTATI 3.5.1. Anfibi Complessivamente sono stati censiti 75 siti riproduttivi utilizzati dagli Anfibi, di cui 44 nuovi rispetto allo studio condotto dalle GEV della Provincia di Varese. I siti riproduttivi sono così distribuiti fra i 3 PLIS: PLIS Numero siti riproduttivi Rile – Tenore - Olona Parco del Medio Olona Bosco del Rugareto 44 12 15 I restanti 4 siti sono ubicati nel comune di Cairate, fra i PLIS RTO e PMO. La gran parte dei siti di acque lentiche (ferme) sono in qualche modo da ascrivere a interventi sull’ambiente operati dall’uomo: vasche serbatoio per attività florovivaistica, vasche volano, laghetti di falda originati da attività estrattive, laghetti e vasche ornamentali, sbarramenti al deflusso dell’acqua meteorica operati da tracciati viari (strade, pista ciclabile, massicciata ferroviaria), canalette di deflusso, pozze lungo solchi di strade sterrate, vaschette per l’abbeverata della selvaggina etc. Ben poche le condizioni di ristagno d’acqua alle quali è possibile ascrivere un’origine del tutto aliena da un qualche intervento umano: risorgive e, probabilmente, alnete allagate. Un maggior grado di naturalità può essere ascritto ad alcuni dei siti riproduttivi della salamandra, nel RTO, con particolare riferimento agli impluvi del reticolo idrografico minore. Viene visualizzata, per ciascun PLIS, l’ubicazione dei siti riproduttivi all’interno del medesimo o nelle immediate vicinanze, con un repertorio di immagini “tipo” di sito riproduttivo. Procedendo da nord a sud vengono pertanto proposti RTO e PMO con BDR.. PLIS Rile-Tenore-Olona Risorgiva, Castelseprio Pozza su strada sterrata nel bosco, Carnago/Castelseprio Canale di drenaggio, Lozza CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE 51 SCHIANNO LOZZA VEDANO OLONA MORAZZONE CASTIGLIONE OLONA GORNATE OLONA CARONNO VARESINO CARNAGO CASTELSEPRIO LONATE CEPPINO Ubicazione dei siti riproduttivi degli Anfibi nel PLIS RTO CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE 52 1 2 3 4 5 6 7 8 1. Laghetto Pollo, Caronno Varesino; 2. La Madonnetta, Gornate Olona; 3. Tributario del Tenore, Carnago; 4. Ponderosa, Torba; 5. Gornate Olona, scarpata su Olona; 6. La Madonnetta, per Tenore, Gornate Olona; 7. Palude, Caronno Varesino; 8. Alneta allagata, Caronno Varesino CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE PLIS Parco Medio Olona e Bosco del Rugareto Ubicazione dei siti riproduttivi degli Anfibi nei PLIS PMO e BDR Presso pista ciclabile, PMO, Fagnano Olona Ovature di Rana dalmatina 53 CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE 54 1 2 3 4 5 6 1. Invaso Fontanile, Gorla minore; 2. Laghetto di falda, cava Georisorse, Cislago; 3. Torrente Bozzente, Cislago; 4. Pozza su gradone di cava, Cislago; 5. Pozza di abbeverata selvaggina, Cislago; 6. Pozza lungo sterrata nel bosco, Gorla minore / Cislago CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE 55 3.5.1.1 Salamandra (Salamandra salamandra) La salamandra è ampiamente distribuita all’interno del PLIS RTO, probabilmente presente anche nella porzione più settentrionale del PMO e assente dal territorio del BDR, completamente pianeggiante. All’interno del RTO la specie sfrutta per la riproduzione la gran parte degli impluvi del reticolo idrografico secondario, afferenti in vario modo all’Olona e al Tenore. Nei momenti di secca le larve sono concentrate nelle pozze non asciutte, mentre durante e dopo le piogge le presenze sono maggiormente diffuse. E’ inoltre presente in pozze in alneta, non connesse al reticolo idrografico. Nelle pozze utilizzate il substrato è rappresentato in taluni casi da ciottoli puliti, in altri da fango, o comunque materiale molto fine. La presenza della specie è spesso associata ad una notevole quantità di macrobenton, con particolare riferimento a larve di effimere. Le larve di salamandra sono state osservate in 15 siti, con una osservazione media di 8 esemplari (minimo 2, massimo 25). Il ritrovamento della specie, con una colorazione che nella maggior parte dei casi la mimetizza con il substrato, richiede una attenta e ravvicinata osservazione. Un individuo adulto è stato schiacciato da un’auto in data 22/03/2009, in ore serali, sotto la pioggia, lungo la strada di collegamento fra Castelseprio e Carnago, che sovrappassa il Tenore. Di un certo interesse sarà la verifica delle presenza della specie nel PMO; per il mantenimento di tale presenza a lungo termine è fondamentale un collegamento vitale con il RTO attraverso la salvaguardia del reticolo idrografico e della copertura vegetazionale ad esso associata. Complessivamente, relativamente al RTO, la specie sembra godere di buona salute; si registrano tuttavia alcune di situazioni di degrado del reticolo idrografico per fenomeni di inquinamento (scarico fognario e abbandono di eternit) a carico di potenziali habitat riproduttivi. CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE 56 Habitat riproduttivo di salamandra: idoneo e alterato SCHIANNO LOZZA VEDANO OLONA MORAZZONE CASTIGLIONE OLONA GORNATE OLONA CARONNO VARESINO Siti riproduttivi della salamandra nel PLIS RTO CARNAGO CASTELSEPRIO LONATE CEPPINO CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE 57 3.5.1.2 Tritone crestato (Triturus carnifex) Il tritone crestato si è rivelato essere la specie più scarsa, con soli tre siti riproduttivi accertati, di cui due afferenti Maschio in immersione al PLIS RTO e uno al PLIS PMO; le tre aree sono ubicate nel fondovalle dell’Olona. Le stazioni di presenza del tritone sono tra quelle caratterizzate dalla maggior ricchezza specifica. Particolarmente significativa risulta essere la popolazione del sito ricadente nel PMO. Le prime osservazioni fanno riferimento alla notte del 31/03/2010 quando vengono osservati in acqua 18 maschi e probabilmente una femmina. In un secondo sopralluogo condotto nella notte del 07/04/2010 vengono censiti 47 maschi, 28 femmine e 13 indeterminati, per un totale di almeno 88 individui. Di questi 15 (13 femmine e 2 maschi) sono stati visti sul terreno, nell’atto di avvicinarsi al sito, mentre tutti i restanti in acqua, prevalentemente a coppie o più maschi (da 2 a 4) per femmina. Non tutti gli anni la località in oggetto, alimentata da acqua piovana, può essere utilizzata dalla specie quale luogo di riproduzione. Nel 2009 un maschio era stato osservato in un altro sito poco distante, una vasca artificiale presso un’area industriale dismessa del fondovalle Dei due siti accertati presso il PLIS RTO in uno è stato Femmina sul fondale possibile osservare in data 29/04/2010, sempre in ore notturne, 6 o 7 femmine. Da segnalare la compresenza della salamandra. Per il terzo sito è disponibile una osservazione di almeno 40/50 esemplari (Giusto A., com. pers.) per l’anno 2009. L’esiguità delle stazioni di presenza della specie, elencata nell’allegato 2 della Direttiva Habitat, evidenzia la forte necessità di interventi a favore di tale entità, sia in termini di connettività fra le popolazioni, quanto di miglioramento degli habitat riproduttivi. Siti riproduttivi del tritone crestato CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE 58 3.5.1.3 Rospo comune (Bufo bufo) Il rospo comune è presente sul territorio oggetto di indagine con popolazioni significative. Le più importanti sono da tempo seguite dalle GEV della Provincia di Varese ed oggetto di interventi di salvaguardia durante la Siti riproduttivi del migrazione primaverirospo le verso i siti riproduttivi. Nello specifico dette popolazioni fanno capo all’area delle cave di Cislago (BDR), al Castello di Gornate Olona, e ad un laghetto di una pesca sportiva in località Caronno Corbellaro, in prossimità dell’azienda Mazzucchelli (RTO). Complessivamente i siti riproduttivi sono una decina. Oltre alle tre aree richiamate che ospitano le popolazioni più importanti ulteriori siti riproduttivi presenti sono: RTO : laghetto in località La Madonnetta, torrente Mornaga (attraversamento rospi in Via Diaz). PMO: nel corso del presente studio sono stati osservati dei movimenti di rospi nell’area boscata a nord di Gorla maggiore, in direzione del fiume Olona, ed osservato qualche individuo in prossimità del fiume, fra Fagnano Olona e Gorla maggiore. Non è pertanto da escludere la riproduzione anche lungo l’Olona nell’area indicata. In prossimità del PMO la riproduzione è segnalata dalle GEV anche in una vasca decorativa nello stabilimento Hexion (Olgiate Olona) come pure all’interno del Golf Club Le Robinie di Solbiate Olona, ove sono presenti dei laghetti utilizzati per l’irrigazione del prato. Nel BDR la specie si riproduce oltre che nell’area cave, nell’invaso del torrente Fontanile e nella vasca del florovivasismo Filippini, a Gorla maggiore, in prossimità del PMO. CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE 59 IL ROSPO NEL BOSCO DEL RUGARETO Sulla base dei dati a disposizione risulta che la popolazione più consistente è quella presente nel Bosco del Rugareto. I censimenti condotti dalle GEV del Nucleo di Saronno, contestuali alle operazioni di salvataggio hanno dato i seguenti risultati (anni 2002-2004), relativi al movimento di sola andata: Anno Numero totale individui Numero individui vivi Numero individui morti 2002 901 724 177 2003 1214 1192 22 2004 1926 1774 152 Dal 2000 al 2004 il movimento migratorio dei rospi in direzione della cava Georisorse, con l'attraversamento della SP 21, è stato monitorato e agevolato dalle GEV della Provincia di Varese, Nucleo di Saronno. " A partire dal 2000 le GEV hanno iniziato a sistemare 700 metri di plexiglass lungo i due lati della strada per impedire agli animali l'attraversamento della stessa incanalandoli verso contenitori interrati che, ad intervalli regolari, servivano ai volontari per traslocare gli animali. Nel 2005 grazie alla sponsorizzazione e alla fornitura dei mezzi meccanici della società Georisorse, proprietaria della cava, e alla direzione lavori delle GEV sono stati realizzati una serie di sottopassaggi permanenti. Tale opera consiste di due barriere fisse, una in calcestruzzo prefabbricato ed un'altra in plexiglass, lunghe 600 metri, poste ai due lati della strada, per impedire l'attraversamento ad anfibi e micromammiferi e per indirizzarli verso tre tunnel, di 40 centimetri di diametro, che passano sotto la strada provinciale". (Fonte: Bosco del Rugareto … un parco diventato realtà; 2007). Relativamente alla stagione riproduttiva 2009, viene segnalato il passaggio dei rospi presso i sottopassi ad inizio marzo, sia pure in numero non significativo; la specie è risultata praticamente assente all'interno del sito riproduttivo "tradizionale", rappresentato dall'area della cava Georisorse: nell'ambito delle visite condotte all'interno dell'area e in base alle osservazioni riportate dal personale della cava è emersa una drastica diminuzione della presenza dei rospi rispetto all'anno precedente. Facilmente osservabili negli anni passati in determinate aree, nella primavera 2009 non sono praticamente mai stati osservati dal personale, pure attento ed interessato a seguire il fenomeno. Anche durante i sopralluoghi (pozze sui gradoni, pozze temporanee e laghetto di falda, ricoveri diurni presso accumuli di pietre) non sono state osservate tracce della presenza e/o riproduzione della specie. Il ritrovamento di una femmina investita il 29 aprile immediatamente ad est dello sbarramento può essere interpretato come un movimento di ritorno. L'assenza dei rospi ha trovato una possibile spiegazione nell’utilizzo dell'invaso presso l’ex area di spagliamento del Fontanile di Tradate, vasca distante solo circa 1,2 Km dall'attraversamento della SP21, realizzata da pochi anni. In tale località sono state trovate diverse migliaia di girini di rospo ad inizio aprile 2009. Si ritiene pertanto che una parte consistente della popolazione abbia scelto di riprodursi nel nuovo invaso. La problematica CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE 60 principale insita nel nuovo sito riproduttivo è data dalla repentina e drastica variazione del livello delle acque, da fasi di asciutta a momenti di troppo pieno, con dispersione delle acque e dei girini nella piana circostante ed una mortalità per l'anno 2009 stimata nell'80%. I girini di rospo giunti alla metamorfosi presso l'invaso del Fontanile sono stati comunque non meno di 2-3.000. Nel corso dell’autunno 2009 viene evidenziato come la realizzazione dei sottopassi lungo la SP21, che sicuramente hanno migliorato la situazione di questo anfibio, come pure delle altre specie, sanando parzialmente una frattura nella rete ecologica locale, necessiti di interventi di miglioramento. Il varco nelle barriere al passaggio dei rospi, rappresentato dalla strada di ingresso nel bosco sul lato N della SP21 è infatti un luogo da cui gli animali comunque si portano sulla strada, soprattutto nei movimenti postriproduttivi. Il fenomeno è apparso nella sua evidenza in data 4 ottobre 2009 quando lo scrivente, al termine di un sopralluogo nell’area Numero spoglie boscata, ha osservato la presenza Data 04 ott 2009 71 (accumulatesi stimo in 2/3 settimane) lungo la strada e il ciglio stradale 11 + 6 tracce di diverse spoglie (in alcuni casi 06 ott 07 ott 2 pelli ormai secche) o di macchie 08 ott 2 + 3 osservati attraversare sull'asfalto. In totale dall'ingresso 27 ott 1 rana dalmatina al bosco sino alla ditta Trafital e nulla alla grossa sbarra di accesso al 31 ott 5 rospi parco erano presenti almeno 71 01 nov 1 rospo fra spoglie e macchie. Nel periodo 03 nov che va dalla metà di settembre a novembre, vi sono stati non meno di 100 morti nel tratto stradale antistante le due cave. La tabella qui sopra riepiloga le osservazioni effettuate a partire da quando è stato notato il fenomeno. I sopralluoghi sono stati effettuati in tarda serata ed hanno riguardato il tratto di SP 21 compreso fra Trafital e la rotonda della nuova zona industriale di Cislago. I dati riportati riguardano le spoglie o le tracce trovate, che non sempre consentivano l'attribuzione specifica (potendosi trattare anche di rospo smeraldino o rana). La gran parte degli investimenti aveva luogo in prossimità del varco o tra questo e Trafital. Tale situazione è stata meglio inquadrata durante la migrazione primaverile 2010: il luogo da cui i rospi si portano sulla strada viene individuato in un tratto sul lato Sud della SP21, a partire dalla strada asfaltata di accesso alla cava Holcim per una Data Numero spoglie quarantina di metri in direzione 24 mar 2010 50 di Gorla minore. Analogamente a 25 mar Almeno 70; probabilmente un centinaio quanto fatto durante l’autunno 26 mar 30 sono state fatte alcune uscite per 30 mar 37 tentare di quantificare e capire il Nulla; non ha piovuto, prob. non si sono mossi fenomeno, come da tabella a lato. 31 mar 01 apr Nulla; nel pomeriggio ha piovuto molto Nel corso della stagione 07 apr 3 riproduttiva 2010 i primi movimenti migratori sono stati registrati fra il 25 e il 28 febbraio, in corrispondenza di precipitazioni. Successivamente il movimento si è fermato (contestualmente ad un abbassamento delle temperature), per riprendere con le precipitazioni del 21 marzo, quando in collaborazione con le GEV sono stati censiti in un’unica sera 630 rospi, quasi tutti a coppie. I rospi si muovevano prevalentemente in direzione della cava, comparendo dal bosco come detto a coppie. Le GEV provvedevano ad “indirizzare” i rospi verso i sottopassaggi, al fine di “familiarizzarli “con tali strutture. I movimenti sono stati intensi sino alla fine del mese di marzo. CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE 61 IL ROSPO NEL RILE – TENORE - OLONA Anche all’interno del PLIS RTO le GEV della Provincia di Varese, nucleo di Busto Arsizio e Valle Olona, da alcuni anni monitorano la popolazione. La seguente tabella riporta i dati relativi alle campagne rospi condotte dal 2006 al 2008 a Gornate Olona (località Il Castello) e Castiglione Olona (frazione di Caronno Corbellaro). Località Gornate Olona Castiglione Olona (Caronno Corbellaro) Anno 2008 N° individui trasbordati 779 173 N° individui morti 114 49 Totale popolazione 893 222 Anno 2007 N° individui trasbordati 1116 638 N° individui morti 154 268 Totale popolazione 1270 906 Anno 2006 N° individui trasbordati 2420 687 N° individui morti 119 79 Totale popolazione 2539 766 Il primo sito è quello individuato, nella linea interventi del presente progetto, per la realizzazione di un sottopasso per gli anfibi. Attualmente è vigente un divieto di transito per i non residenti, relativo al periodo critico. Tale divieto tuttavia viene sostanzialmente disatteso dagli automobilisti: durante un sopralluogo condotto il 22 marzo 2010, fra le 22.30 e le 23.20 sono transitate 6 auto. Al mio arrivo erano presenti almeno una decina di rospi morti. CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE 62 3.5.1.4 Rospo smeraldino (Bufo viridis) Il rospo smeraldino è decisamente più abbondante nella porzione meridionale del territorio di studio, con particolare riferimento a BDR e PMO. Nel RTO la specie è assai localizzata, trovando habitat meno idonei all’insediamento, a causa della morfologia dell’area e delle estese formazione forestali. Nell’ambito del BDR il comprensorio rappresentato dalle due cave costituisce il baricentro della locale popolazione di smeraldino. Sicuramente alcuni micrositi riproduttivi, prossimi ai PLIS, all’interno di proprietà private (vaschette ornamentali per la flora acquatica e similari) sono sfuggiti all’osservazione: sono almeno un paio, nella sola Marnate, le situazioni di tale tipo riferite allo scrivente. Complessivamente le aree riproduttive accertate, prevalentemente attraverso l’ascolto del canto di richiamo del maschio, sono sei. Nell’area delle cave fra Cislago, Gorla minore e Marnate in realtà i siti sono verosimilmente numerosi, distribuiti nelle due cave operanti: nell’immagine viene mostrata l’ubicazione di due siti in tale area. Siti riproduttivi di rospo smeraldino CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE 63 3.5.1.5 Raganella (Hyla intermedia) La raganella mostra di avere un’ampia distribuzione nel territorio oggetto del progetto. E’ presente con un discreto numero di nuclei riproduttivi, anche se talvolta gli stessi possono annoverare un numero ridotto di individui. Il numero di nuclei riproduttivi è probabilmente sottostimato, a questo punto dello studio, in particolare per il RTO, a causa della tardiva manifestazione canora della specie: non tutti i siti riproduttivi di Rana dalmatina trovati nella prima primavera sono stati infatti visitati nella stagione più tarda. Siti riproduttivi di raganella CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE 3.5.1.6 64 Rana verde (Rana synclepton esculenta) La rana verde è distribuita su tutto il territorio di indagine, meno frequente nel RTO, maggiormente interessato da copertura forestale. L’asta del fiume Olona appare un asse importante per la presenza della specie. Utilizza una grande varietà di siti riproduttivi: dall’acqua debolmente corrente, tratti protetti di Olona e Bozzente, ad un’ampia gamma di raccolte d’acqua lentica: invasi artificiali per la regimazione, raccolte d’acqua di florovivaismi, vasche ornamentali, pozze temporanee. Siti riproduttivi di rana verde CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE 3.5.1.7 65 Rana agile (Rana dalmatina) e Rana di Lataste (Rana latastei) I siti riproduttivi di rana rossa, ascritti a rana agile, trovati sul territorio sono stati 37. Il PLIS RTO ha la parte del leone, ospitando ben 24 aree, contro le 8 del BDR e l’unica del PMO. Quattro siti sono ubicati nel comune di Cairate. La specie utilizza per la riproduzione diverse tipologie di situazioni ad acque lentiche, preferenzialmente in ambiente boscato o quantomeno prossimo a questo; particolarmente sfruttate le pozze d’acqua lungo le strade sterrate forestali, all’interno di depressioni profonde anche qualche decimetro. Le ovature conteggiate sono state 1.162. In cinque siti nel RTO, scoperti a giugno/luglio sono stati trovati esclusivamente i girini, essendo ormai scomparsi gli ammassi gelatinosi delle ovodeposizioni; è pertanto possibile stimare non meno di 1.200 ovature. Non considerando i due siti con i valori più elevati di ovature (rispettivamente 244 nel RTO e 209 nel BDR) il valore medio è di 23 ovature / sito. Relativamente alla rana di Lataste si segnalano 3 siti possibili, sulla base della pigmentazione dei girini e della colorazione tipica (linea chiara mascellare che si arresta sotto l’occhio) in un neometamorfosato. Tutte le località ricadono nel RTO, di cui due a Gornate Olona e la restante a Caronno Varesino. Siti riproduttivi di rana rossa CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE 66 3.5.2 Mammiferi Per tutte le specie individuate quali “specie guida” è stato possibile appurare la presenza nel territorio di studio; di seguito ne viene meglio chiarita la distribuzione all’interno dei tre PLIS. 3.5.2.1 Scoiattolo (Sciurus vulgaris) Lo scoiattolo è presente nei tre PLIS, sia pure con contingenti diversi. Il RTO ospita il nucleo più importante, in virtù della forte caratterizzazione forestale, improntata dalla presenza di essenze arboree quali castagno, farnia e pino silvestre che rappresentano una buona e eterogenea fonte di alimentazione per la specie. Lungo il PMO la presenza dello scoiattolo appare più discontinua, con presenze non continuative nel tempo lungo l’asta fluviale. I boschi del pianalto sono maggiormente appetiti, ma di qualità generalmente inferiore a quelli del RTO; sono sfruttate Nido scoiattolo, Bozzente, Cislago massimamente le aree a quercia. Nel BDR la specie è presente, sia pure con basse densità su tutto il territorio. Localmente (ad es. Gorla minore) si avvicina alle case con giardino prossime ai confini del PLIS alla ricerca di piante da frutto o sempreverdi. Lo scoiattolo è presente anche presso il Bozzente (Cislago). 3.5.2.2 Tasso (Meles meles) Il tasso è presente soprattutto nel RTO, che per morfologia del territorio e ambienti presenti, ben si presta ad ospitare la specie. Frequenta la porzione settentrionale del PMO e, in modo discontinuo la sua porzione centrale. Non sono invece emerse evidenze di presenza della specie per il BDR. 3.5.2.3 Cervo (Cervus elaphus) Il cervo è presente nel PLIS RTO per tutta la sua ampiezza. Si tratta di un contingente limitato, date le dimensioni del territorio, ma Latrina di tasso, Castelseprio apparentemente ormai insediato in modo stabile. Non altrettanto si può dire del PMO, in prossimità del quale comunque non è da escludere quantomeno una frequentazione sporadica delle fasce boscate fra Gorla maggiore, Lonate Ceppino e Mozzate. In tal senso vi sono alcune osservazioni accreditate. Analogo il ragionamento per il BDR, ove sembrano essere ancora presenti alcuni individui di daino fuggiti dal “Parco degli Aironi” di Gerenzano. Tale presenza testimonia della possibilità del territorio di sostenere la presenza di ungulati. Per il BDR non sono da escludere eventuali presenze provenienti dal territorio comasco. CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE 67 3.5.2.4 Capriolo (Capreolus capreolus) Il capriolo è presente nel PLIS RTO, segnatamente nelle porzioni settentrionale e centrale, che meglio si prestano alle esigenze ecologiche del piccolo ungulato. Non sono emersi viceversa indizi di presenza per i restanti due PLIS, che paiono complessivamente meno vocati ad ospitare la specie. Raspata di capriolo 3.5.3 Uccelli Fra le specie utili ad individuare le porzioni di territorio meglio strutturate e ospitanti la maggior biodiversità merita senz’altro menzione il picchio nero. La specie è presente e nidificante all’interno del PLIS RTO. Viene frequentata con una certa assiduità tutta la fascia centrale del PLIS. Durante la dispersione post-riproduttiva dei giovani è stata verificata la frequentazione anche della porzione settentrionale del PMO. Tracce di alimentazione alla fine dell’inverno sono state osservate a cavallo fra PMO e BDR, ove peraltro la presenza pare sporadica. Relativamente invece ad un altro picide assai interessante, il picchio rosso minore, questo è presente con alcuni territori riproduttivi nel BDR, fra Cislago e Rescaldina e nel PLIS RTO, nella porzione centro-settentrionale. Un altro dato interessante fa riferimento all’ambiente agricolo. Le specie legate a tale ambiente sono le più minacciate a livello europeo. A partire da Castelseprio, in direzione di Fagnano Olona, passando per Cairate, è presente una fascia di territorio coltivata a frumento, grano Picchio nero, Castelseprio- A. Bottelli e mais, con alcuni boschetti e siepi alberate. Tale area ospita una popolazione nidificante di quaglie che è presente anche nell’area del PLIS PMO disgiunta, fra Fagnano e Cassano Magnano, di cui costituisce la continuazione. CORRIDOI ECOLOGICI DI CONNESSIONE FRA I PLIS DEL BACINO DEL MEDIO OLONA E INTERVENTI PILOTA DI TUTELA E VALORIZZAZIONE 68 3.5.4 Invertebrati Pur non rientrando fra le specie guida scelte per il presente progetto si ritiene utile richiamare alcune presenze accertate fra gli invertebrati nell’ambito dell’attività svolta. Molto interessante è stato il ritrovamento del gambero di fiume (Austropotamobius pallipes), specie indicata nell’allegato II della Direttiva Habitat dell’Unione europea e osservata nel PLIS RTO. Sempre fra i crostacei si segnala la presenza di Branchipus schaefferi, osservato a fine giugno in pozze temporanee nel BDR. Ampiamente distribuito in particolare nel RTO, ma presente in tutti i tre PLIS è il cervo volante (Lucanus cervus), facilmente osservabile a fine giugno – inizio luglio; sicuramente più comune del gambero di fiume, ma come questo indicato quale specie di particolare importanza nell’allegato II della Direttiva Habitat dell’Unione europea. Cervo volante, maschio Gambero di fiume,