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lo scheletro conviviale

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lo scheletro conviviale
Uno scheletro d'argento sulla tavola imbandita
(Satyricon 34, 6-9)
Mosaico romano, I
(Napoli,
Museo
Nazionale).
Sono molti i passi della cena dove - pur nel clima di apparente evasione del banchetto incombe sui convitati e sul loro anfitrione la paura della morte. Tale situazione diviene
grottesca, paradossale in questo brano, nel quale troviamo sulla tavola imbandita
un'inquietante marionetta d'argento, snodata, che rappresenta uno scheletro. Essa viene
portata contemporaneamente a un vino pregiato, un Falerno centenario, e Trimalchione
non perde l'occasione di fare sfoggio del suo tipico modo, tanto spiccio quanto rozzo di
«filosofare»: tutti, infatti, finiremo come quello scheletro e dunque è meglio bere e darsi
alla pazza gioia! Interessante il fatto che egli esprima questi concetti in tre versi poetici
(due esametri e un pentametro) che da un lato banalizzano il carpe diem di tradizione
oraziana, dall'altro riprendono il carme 5 di Catullo (Vivamus mea Lesbia, atque
amemus ... ), con una raffinata operazione parodistica. Tra l'altro l'episodio ricorda - nel
suo complesso - un altro illustre precedente letterario, e cioè lo storico Erodoto, che
narrava (in Storie 2,78) come in Egitto si mostrasse, durante i banchetti, un cadavere in
legno, per ricordare ai convitati la fugacità dei piaceri della vita. Si tratta dunque di un
piccolo «cammeo», nel quale Petronio, per il tramite di Trimalchione, ci dà l'ennesimo
secolo d.C. esempio della sua straordinaria capacità di rimescolare la tradizione producendo esiti del
Archeologico
tutto inattesi.
34,6. Statim allatae sunt amphorae vitreae diligenter gypsatae, quarum in cervicibus pittacia erant affixa
cum hoc titulo: Falernum Opimianum annorum centum. 7. Dum titulos perlegimus, complosit Trimalchio
manus et: «Eheu - inquit - ergo diutius vivit vinum quam homuncio. Quare tangomenas faciamus. Vita
vinum est. Verum Opimianum praesto. Heri non tam bonum posui, et multo honestiores cenabant». 8.
Potantibus ergo nobis et accuratissime lautitias mirantibus larvam argenteam attulit servus sic aptatam ut
articuli eius vertebraeque laxatae in omnem partem flecterentur. 9. Hanc cum super mensam semel
iterumque abiecisset, et catenatio mobilis aliquot figuras exprimeret, Trimalchio adiecit: «Eheu nos miseros,
quam totus homuncio nil est! Sic erimus cuncti, postquam nos auferet Orcus. Ergo vivamus, dum licet esse
bene».
34,6. Statim ... hoc titulo: «Subito furono portate delle anfore di vetro scrupolosamente sigillate, sul collo delle quali erano attaccate delle etichette
con questa scritta»: Statim: avverbio; allatae sunt: perfetto passivo da adfero; gypsatae: participio perfetto da gypso; pittacia: da pittacium
«etichetta». - Falernum … centum: «Falerno Opimiano di cento anni». Falernum Opimianum: il Falerno è un vino campano noto per il suo pregio;
l'appellativo Opimianum fa riferimento all'anno in cui fu console Lucio Opimio, il 121 a.C. Il vino di Trimalchione dunque aveva più di cent'anni,
anche se lui lo definisce genericamente «centenario» in quanto 100 è un numero simbolico per indicare una cifra elevata; annorum centum: complemento di età.
7. Dum ... manus et: «Mentre leggiamo attentamente le scritte, Trimalchione batté insieme le mani e». Dum: introduce una proposizione temporale
il cui verbo è perlegimus, da perlego «leggere con attenzione»; complosit: perfetto da complodo «battere insieme le mani». - Eheu: «Ahi»,
interiezione. - diutius ... quam homuncio: «vive più a lungo il vino che l'ometto»; diutius: comparativo dell'avverbio; quam homuncio: complemento
di paragone; homuncio è diminutivo di homo, di sapore colloquiale. - Quare tangomenas faciamus: «Pertanto beviamo come spugne»; tangomenas:
il termine tangomenas, usato solo in Petronio, può forse essere ricondotto etimologicamente al verbo greco téngo (cfr. il latino tingo), che significa
«bagnare, impregnarsi»; la locuzione tangomenas facere, pertanto, potrebbe alludere all'idea di «impregnarsi di vino», e dunque diventare
«ubriachi fradici»; faciamus è congiuntivo esortativo. - Vita vinum est: «Il vino è la vita»; l'espressione ha un che di altisonante, sentenzioso, anche a
causa della allitterazione della v: d'altronde Trimalchione sta tenendo una vera e propria lezione di «filosofia spicciola». - Verum ... cenabant: «Offro
del vero Opimiano. Ieri non ne ho messo in tavola uno così buono, eppure c'erano persone a cena di molto più riguardo»; multo: avverbio che
rafforza il comparativo honestiores. Trimalchione, mentre esalta il vino che sta per offrire ai suoi ospiti compie anche una gaffe, sottolineando che
essi hanno una collocazione sociale inferiore rispetto a quelli della sera precedente; il tutto caratterizza il ricco liberto come un uomo rozzo, privo di
buon gusto e di senso dell'opportunità.
8. Potantibus ... in omnem partem flecterentur: «Dunque, mentre noi stavamo bevendo e stavamo ammirando con grandissima attenzione quel
lusso, un servo portò uno scheletro d'argento costruito così che le articolazioni e le vertebre snodate si potessero piegare in ogni parte». Potantibus
ergo nobis ... mirantibus: ablativi assoluti con participio presente da poto e miror; lautitias: complemento oggetto di mirantibus; larvam argenteam:
«uno scheletro d'argento», complemento oggetto di attulit, perfetto da adfero; il termine larva, che indica generalmente in latino un «fantasma»,
può avere anche l'accezione di «maschera terrificante» o, come in questo caso, di «scheletro»; la polise mia della parola, che evoca nel lettore
diverse immagini ugualmente orrende, accentua la dimensione raccapricciante dell'episodio; il fatto che lo scheletro sia d'argento è inoltre
perfettamente in linea con lo sfoggio pacchiano di ricchezza fatto dal padrone di casa; ut ... flecterentur: proposizione consecutiva anticipata da sic
nella reggente; articuli «articolazioni»; laxatae: participio perfetto da laxo, riferito a vertebrae.
9. Hanc ... Trimalchio adiecit: «Avendolo gettato una prima volta e una seconda sulla tavola, e assumendo quel congegno mobile pose diverse,
Trimalchione aggiunse». Hanc: il pronome si riferisce a larvam argenteam; cum ... abiecisset ... exprimeret: cum + congiuntivo nel primo caso con il
piuccheperfetto ad indicare un'azione anteriore rispetto alla reggente, nel secondo con il .congiuntivo imperfetto ad indicare un'azione
contemporanea; semel iterumque: «una prima volta e una seconda», avverbi; catenatio: il termine, di sapore tecnico e usato anche da Vitruvio,
indica un «congegno»; esso, in quanto mobilis, può assumere diverse figurae, cioè «forme»: la larva, dunque, seppure inanimata, sembra prendere
vita nelle movenze inquietanti dell'automa. - «Eheu nos miseros ... dum licet esse bene»: «"Ahi! Come siamo miseri, che nullità è l'ometto! Così
saremo tutti, dopo che l'Orco ci porterà via. Quindi viviamo finché è possibile stare bene"»; nos miseros: accusativo esclamativo; nil = nihil;
postquam ... auferet: la proposizione temporale con il futuro semplice anziché il futuro anteriore (come vorrebbe la legge dell'anteriorità) è propria
del linguaggio parlato; Orcus: è divinità infernale identificata con Plutone, che metaforicamente indica, nella tradizione poetica, la morte; vivamus:
congiuntivo esortativo, che si configura come evidente allusione al carme 5 di Catullo ( Vivamus mea Lesbia ... ): anche in quel componimento l'invito
a vivere pienamente era accompagnato dalla menzione dell'incombenza e dell'ineluttabilità della morte; dum licet: proposizione temporale che
regge l'infinitiva esse bene «stare bene».
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