LoTTiAMo PEr AbbATTErE iL CAPiTALisMo E ConquisTArE iL
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LoTTiAMo PEr AbbATTErE iL CAPiTALisMo E ConquisTArE iL
Nuova serie - Anno XXXX - N. 18 - 5 maggio 2016 Fondato il 15 dicembre 1969 Settimanale Tenendo alta la bandiera rossa del 1° Maggio Lottiamo per abbattere il capitalismo e conquistare il socialismo e il potere politico da parte del proletariato PAG. 2 Roma, 28 marzo 2015. Il compagno Andrea Cammilli, Responsabile della Commissione per il lavoro di massa del CC del PMLI alla manifestazione nazionale della FIOM (foto Il Bolscevico) di Andrea Cammilli Contro il fascismo, il razzismo e i muri in Europa Celebrato nelle piazze d’Italia il 25 Aprile Milano, 25 Aprile 2016. Da sinistra i compagni Alessandro Frezza, Angelo Urgo, Responsabile del Comitato lombardo del PMLI, Federico e Cristina (foto Il Bolscevico) Nella foto a destra: Berceto (Rufina), 25 Aprile 2016. Il compagno Enrico Chiavacci mentre interviene per conto della sezione ANPI di Rufina all’iniziativa davanti al casolare teatro della strage nazi-fascista del 17 aprile 1944 (foto Il Bolscevico) Lo striscione “Liberiamoci dal governo Renzi” apre il corteo di Napoli, da dove è cacciata la candidata sindaco del PD. Apprezzato il cartello del PMLI con l’invito a cacciare il nuovo Mussolini Renzi. Identificati a Mirandola i compagni che innalzavano le bandiere. A Milano contestati i vessilli di Israele. I partigiani romani cantano “Bella ciao”. Mattarella chiama “missioni di pace” le guerre imperialiste e non osa dire una sola parola contro la controriforma del senato. I media fascisti chiedono l’abolizione del 25 Aprile Importante discorso di Chiavacci a nome dell’Anpi di Rufina PAG. 5-11 Perché occorre astenersi alle elezioni comunali del 5 giugno Documento dell’Ufficio politico del PMLI PAG. 4 2 il bolscevico / 1° Maggio N. 18 - 5 maggio 2016 Tenendo alta la bandiera rossa del 1° Maggio Lottiamo per abbattere il capitalismo e conquistare il socialismo e il potere politico da parte del proletariato di Andrea Cammilli* Buon Primo Maggio alle lavoratrici e ai lavoratori. Che sventoli alta la bandiera rossa della Giornata Internazionale dei Lavoratori. Sono passati 126 anni dalla prima volta in cui i lavoratori di tutto il mondo celebrarono questa Giornata, di festa ma soprattutto di lotta, per rivendicare in un primo momento la riduzione dell’orario di lavoro giornaliero a 8 ore e in seguito per un generale miglioramento delle loro condizioni di vita, fino a giungere a rivendicare una nuova società che sostituisse il capitalismo, abolendo lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Crediamo sia sempre utile ricordare le origini di questa ricorrenza, nata dal grembo del movimento operaio e dalla sua lotta contro lo sfruttamento capitalistico e per l’emancipazione sociale. Fu la Seconda Internazionale, che raggruppava un variegato fronte di partiti e organizzazioni operaie (ancora non c’era stata la scissione tra riformisti e rivoluzionari) a indire nel 1889 e a cominciare dall’anno successivo il 1° Maggio come giorno in cui i lavoratori di tutte le nazioni mettessero in piazza la loro forza e le loro rivendicazioni. Origine, carattere, significato Non c’entrano un bel nulla con questa ricorrenza i governanti borghesi e i capitalisti, anzi è stata istituita proprio contro di loro. Sono da rigettare le tesi di chi vuole dipingerla come una festa interclassista, la “festa dei produttori”, intendendo in questo modo una giornata che celebra tutti quelli che partecipano al processo di produzione capitalista, sia gli sfruttatori che gli sfruttati di questo processo, travisando completamente e volontariamente qual è lo spirito di classe della Giornata Internazionale dei Lavoratori. Cosa può accomunare il nuovo Valletta Marchionne agli operai della Fiat, ora FCA? Cosa unisce l’ex capo di Confindustria Squinzi ai dipendenti della Mapei o di qualsiasi altra azienda del suo impero industriale? Cosa accomuna un manager milionario come Montezemolo (che tiene i soldi al sicuro nelle società offshore di Panama) con un lavoratore, magari in mobilità o in cassa integrazione? Per prima cosa quindi teniamoci ben stretto, e tramandiamo anche alle nuove generazioni di operai e di Roma, 28 marzo 2015. Il compagno Andrea Cammilli, Responsabile della Commissione per il lavoro di massa del CC del PMLI, guida la delegazione nazionale del Partito alla manifestazione nazionale della FIOM (foto Il Bolscevico) lavoratori, il carattere di classe di questa festa che, non a caso, Hitler e Mussolini abolirono e anche nel dopoguerra ha subìto svariati tentativi, soprattutto in anni recenti, di soppressione. Non si tratta di un’operazione nostalgica, noi marxisti-leninisti pensiamo veramente che il suo spirito originario è tutt’ora attuale e stringente. A maggior ragione in questo particolare momento storico dove in Italia e a livello internazionale, i diritti e le condizioni dei lavoratori vengono pesantemente attaccati e ridotti. Su di loro e sulle masse popolari viene scaricata la crisi economica causata dal sistema capitalistico globalizzato; una crisi così devastante che gli stessi economisti borghesi definiscono, a causa del suo perdurare nel tempo, più grave di quella del 1929. A causa della totale precarizzazione dei contratti di lavoro, di una perdita drastica del potere d’acquisto, delle controriforme liberiste in materia di previdenza e sanità, delle privatizzazioni dei servizi pubblici e sociali le condizioni di vita e di lavoro degli operai e delle masse lavoratrici hanno subito un pesantissimo arretramento. Certo questa non è una novità; tra una crisi e l’altra, inframezzate da brevi periodi di “sviluppo” e “crescita” la borghesia, per mantenere intatti i suoi profitti, da sempre schiaccia ancora più forte i lavoratori e le classi subalterne. Per rimanere nel nostro Paese abbiamo assistito nel giro di 25 anni al completo stravolgimento del mondo del lavoro, dalle tipologie contrattuali alle relazioni industriali e sindacali che si erano delineate dal dopoguerra fino agli anni ’80 del secolo scorso. Per citare i più recenti passaggi significativi ricordiamo il protocollo del 23 luglio 1993 sulla politica dei redditi, il Pacchetto Treu del 1997 che introdusse la flessibilità e le agenzie interinali, la Legge Biagi del 2003 che apportò nuovi contratti precari, le “riforme” del governo Monti del 2012 con la sua “legge di stabilità” di lacrime e sangue e un primo attacco all’articolo 18. Attacchi che proseguono anche quando il lavoratore non è più in produzione, con le controriforme pensionistiche, da quella Dini del 1995 a quella famigerata della Fornero del 2012 che gradualmente, ma inesorabilmente, hanno abolito la pensione retributiva sostituendola con la contributiva e innalzato l’età pensionabile fin quasi a 70 anni cancellando di fatto la pensione di anzianità di servizio con pesanti penalizzazioni economiche. Nefandezze renziane Politiche che sono rimaste immutate, indifferentemente se al governo vi fosse la destra o la “sinistra” borghese. Anzi, con l’attuale governo del nuovo duce Renzi, abbiamo assistito ad un salto di qualità. È lo stesso premier, allo stesso tempo capo del più grande partito della “sinistra” borghese, il PD, a rivendicarlo. “Berlusconi prometteva le riforme, io le faccio”, ha detto più volte con arroganza, e non possiamo dargli torto, ha superato il suo stesso maestro. Fin da quando si è insediato a Palazzo Chigi ha dimostrato chiaramente quali erano le sue intenzioni, solo degli stolti o degli imbroglioni politici potevano accreditarlo come un valido interlocutore dei lavoratori. Si è subito schierato con Marchionne e il suo modello di relazioni industriali di stampo mussoliniano e ha attaccato i sindacati. Ha definito il nuovo Valletta di FCA un “quasi compagno” che dispensa nuova occupazione mentre i sindacati, nonostante il loro atteggiamento arrendevole e collaborativo, sono ferri vecchi, soggetti che interferiscono e frenano lo “sviluppo” dell’Italia, annoverati tra i responsabili della crisi economica e della disoccupazione. A livello internazionale Renzi sta servendo l’Unione Europea imperialista e la sua politica di austerità più fedelmente di Berlusconi ma non rinuncia a portare avanti le ambizioni specifiche dell’imperialismo italiano. In particolare in Libia dove il nostro Paese è stato tra i più attivi a sostenere e a riconoscere per primo un governo fantoccio “che abbia la possibilità di chiamare un intervento della comunità internazionale”, ossia che con la scusa della lotta al terrorismo dia legittimità a un’invasione della Libia a guida italiana. Anche in Iraq e in Siria, pur mantenendo una posizione più defilata rispetto ad altri Paesi, l’Italia è parte attiva nei bombardamenti contro lo Stato islamico compiuti dalla coalizione imperialista che stanno causando migliaia di morti. La classe dominante borghese del nostro Paese lo ha scelto come cavallo su cui puntare (come ha confessato Marchionne) per gestire al meglio i suoi affari e per salvaguardare il suo sistema economico e il suo Stato, senza neppure essere stato eletto e senza rispettare la Costituzione, e lui dimostra di mettercela tutta per assolvere a questo ruolo. Con protervia fascista persegue con impegno nell’obiettivo di estendere a tutti il precariato e di rendere i lavoratori completamente succubi e alla mercé dei capitalisti nostrani, mentre a livello costituzionale intende completare la seconda repubblica capitalista, neofascista e presidenzialista secondo il progetto della P2, ultime mosse la legge elettorale fascista “Italicum”, la soppressione del bicameralismo e un virulento attacco all’indipendenza della magistratura. Il Jobs Act varato dal suo governo e votato dal parlamento nero rappresenta uno dei più gravi e pericolosi attacchi ai diritti dei lavoratori avvenuti dopo la caduta del fascismo. Renzi può “vantare” di essere colui che ha cancellato l’articolo 18 che prevedeva il reintegro del lavoratore licenziato senza giusta causa, Berlusconi ci aveva provato ma non ci era riuscito. Ma il Jobs Act non significa solo aver cancellato l’art. 18. Dal momento che il nuovo assunto per i primi tre anni può esser licenziato in qualsiasi momento a totale discrezione del datore di lavoro, pena un misero risarcimento, crolla tutto l’impianto delle tutele contenute nello Statuto dei lavoratori perché il ricatto della disoccupazione farà da freno nel far valere i propri diritti davanti al padrone. Una misura che, come dimostrano le statistiche, ha solo ridotto le tutele ai dipendenti ma non ha creato occupazione, le assunzioni fatte sono riconducibili soprattutto agli sgravi fiscali concessi alle aziende. Oltre 8mila euro annui risparmiati dai padroni per ogni lavoratore che verranno a gravare sui disastrati conti pubblici. È innegabile che le confederazioni sindacali hanno dimostrato di non essere in grado e di non volere opporsi a questi attacchi e di tutelare gli interessi dei lavoratori. La Cisl e la Uil, tranne rare parentesi in cui sono state tirate dalla forza degli eventi alla lotta, da sempre sono per la collaborazione con i padroni e generalmente complici dei vari governi, ma anche la Cgil da tempo ha scelto questa strada. Attraverso le politiche dei redditi i suddetti sindacati SEGUE IN 3ª ë 1° Maggio / il bolscevico 3 N. 18 - 5 maggio 2016 ë DALLA 2ª hanno accettato che i lavoratori si sacrificassero per il bene e per la competitività del sistema economico capitalistico nazionale e attraverso la concertazione hanno subordinato gli interessi dei lavoratori a quelli del governo e dei padroni. Questo ha portato alla compromissione della burocrazia sindacale con il potere politico ed è servita a far ingoiare ai lavoratori sacrifici sempre più grandi. Ma quando i governanti di turno hanno pensato che potevano fare a meno dei sindacati, questi sono stati emarginati. Renzi li prende a pesci in faccia continuamente e li vuole rottamare. Tutto ciò ha fatto perdere ai sindacati la loro credibilità tanto che oramai vengono sempre più spesso accomunati a quella che viene definita “casta” dagli stessi lavoratori. In questo contesto s’inserisce la Carta dei diritti universali del lavoro della Cgil, ben lungi dall’essere un nuovo Statuto dei Lavoratori che estende le tutele come viene presentata, essa si adegua e prende atto della precarizzazione dei contratti e delle nuove relazioni industriali di tipo mussoliniano. Il tratto principale della Carta è il palese tentativo dei sindacati di recuperare, istituzionalizzandosi e quindi ricevendo dalla legge un’investitura ufficiale, almeno l’autorità, in quanto l’autorevolezza l’hanno già perduta da un bel pezzo. Per noi marxisti-leninisti è questa la lettura più consona da dare alla volontà della Cgil, attraverso la Carta, di attuare l’articolo 39 della Costituzione che per quasi 70 anni i sindacati hanno sempre ostacolato per mantenere la propria autonomia e stoppare le ingerenze dello Stato. Così facendo la Cgil tradisce lo scopo per cui i sindacati sono nati nell’Ottocento, allontanandosi definiti- vamente dalla lotta di classe per avvicinarsi al modello corporativo simile a quello fascista, a braccetto ormai con banchieri e industriali. La istituzionalizzazione e burocratizzazione dei sindacati, a cui si aggiunge, nel progetto della Carta dei diritti universali del lavoro, la vera e propria truffa della cogestione, in attuazione dell’art. 46 della Costituzione, sono fumo negli occhi per i lavoratori e una resa davanti ai padroni. Situazione sindacale Cgil, Cisl e Uil hanno fatto il loro tempo. Si dimostra sempre più impellente l’esigenza di un nuovo sindacato, ma non di una nuova sigla che si vada ad aggiungere alle tante già esistenti lasciando sostanzialmente tutto immutato. Il problema è trovare la strada che porti a un sindacato che unifichi e rappresenti davvero e fino in fondo gli interessi dei lavoratori e che eserciti una vera democrazia sindacale. Quest’ultima è negata anche in Cgil, che a parole proclama il pluralismo e nella pratica si dimostra intollerante contro chi dissente come dimostra il recente “licenziamento” di Sergio Bellavita dalla Fiom, il portavoce della minoranza di sinistra della Cgil Il sindacato è un’altra cosa rispedito da Landini a lavorare, o i provvedimenti disciplinari verso i delegati Fiom della FCA di Termoli e Melfi giudicati “incompatibili” per aver partecipato a scioperi contro gli straordinari imposti da Marchionne assieme a lavoratori iscritti a sindacati non confederali. Proposta del PMLI La proposta strategica del nostro Partito è quella di costruire dal basso un grande sindacato delle lavoratrici e dei lavoratori, delle pensionate e dei pensionati fondato sulla democrazia diretta e sul potere sindacale e contrattuale delle Assemblee generale degli uni e degli altri. Un sindacato che si liberi della soffocante e mastodontica burocrazia sindacale, corrotta e asservita ai partiti e alle istituzioni borghesi, che operi per la difesa degli interessi fondamentali e immediati dei lavoratori e dei pensionati, senza vincoli e compatibilità dettate dai capitalisti e dal governo poiché è solo con la lotta di classe, con l’uso di tutti i metodi di lotta a disposizione che possono essere conquistati veri ed effettivi avanzamenti sociali per gli sfruttati e gli oppressi. Un sindacato che poggi sulla democrazia diretta dal basso verso l’alto, dove valga la possibilità di revoca in ogni momento dei delegati e dei dirigenti, anche al massimo livello, non più riconosciuti come tali dalla base. Si tratta di un processo che nel tempo comporta l’unificazione sindacale di tutti i lavoratori e i pensionati, andando oltre le attuali confederazioni sindacali e anche quelle non confederali. Siamo consapevoli che tutto questo non si può realizzare dall’oggi al domani, ma è l’unica strada percorribile per rilanciare la conflittualità e dotare i lavoratori di uno strumento sindacale più efficace per difendere i loro interessi. Allo stesso tempo però dobbiamo essere consapevoli che la classe operaia nel capitalismo avrà sempre un ruolo subalterno alla borghesia. Anche quando si riescono a strappare delle importanti conquiste per i lavoratori e le masse popolari la borghesia, sfruttando momenti di crisi economica e fattori ad essa favorevoli, come la debolezza e frantumazione attuale del proletariato, si riprende quanto ha concesso. Lo vediamo proprio oggi nella crisi economica e finanziaria del capitalismo che le condizioni di vita e di lavoro nelle aziende han- no subìto più di un passo indietro: nelle fabbriche e negli uffici vige un clima da caserma, si vive sotto una cappa di costante ricatto, con salari sempre più bassi e diritti ridotti al lumicino. Quindi il nocciolo del problema è quello di andare alla radice, cioè di lottare non solo contro le conseguenze causate dal capitalismo; diseguaglianze, razzismo, povertà e tutto il resto, ma di lottare per abbattere il capitalismo stesso e conquistare il socialismo e il potere politico da parte del proletariato, questa è la madre di tutte le questioni. La storia del movimento operaio nazionale e internazionale ha anche dimostrato che il socialismo non si realizza conquistando la maggioranza nel parlamento borghese attraverso una croce sulla scheda elettorale, ma attraverso la rivoluzione socialista. Andare al governo significa solamente andare ad amministrare gli affari per conto della borghesia perché il sistema economico rimane quello capitalistico e l’ordinamento istituzionale, giuridico, repressivo quello borghese. Il socialismo si conquista tramite l’abbattimento violento dello Stato borghese. La classe operaia deve riappropriarsi della sua ideologia, del marxismo-leninismo-pensiero di Mao gettato alle ortiche dai vecchi partiti che a parole si dichiaravano “comunisti” ma nella pratica erano dei riformisti borghesi che prima hanno revisionato il socialismo, poi lo hanno criticato e infine sono passati armi e bagagli dalla parte del capitalismo e adesso lo vogliono far apparire come il solo o il migliore sistema possibile nonostante ci dicano il contrario la fame nel mondo, le guerre imperialiste e le migrazioni. Le esperienze dell’Urss di Lenin e Stalin e della Cina di Mao invece stanno lì a dimostrare che il capitalismo si può spazzare via e che si può instaurare il socialismo, la società che pone le condizioni per eliminare lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e garantire la giustizia sociale ed economica. Quando la classe operaia prende coscienza di essere una classe per sé, di essere la classe antagonista alla classe dominante borghese, di essere portatrice di un progetto per una nuova e più avanzata società, il socialismo, la sua forza diventa dirompente, inarrestabile e vincente. Quando invece prende il sopravvento il riformismo, il parlamentarismo, il collaborazionismo, il pacifismo, inevitabilmente ci si arrende alla borghesia. Non sottovalutiamo la necessità di lottare per salvaguardare gli interessi immediati dei lavoratori e delle masse popolari. Siamo i primi a riconoscere l’urgenza di lottare contro l’attuale governo che si è dimostrato uno dei più antioperai e antidemocratici conosciuti dall’Italia nel dopoguerra. Renzi è un nemico giurato dei lavoratori e il PMLI è disposto ad unirsi con tutti coloro che sono intenzionati a combattere per spazzare via il suo governo. A tal proposito servirà un largo fronte unito al referendum del prossimo ottobre per seppellire sotto una valanga di No la controriforma costituzionale voluta da Renzi. Ma il PMLI inquadra le sue battaglie politiche in una più generale strategia di lotta per il socialismo perché qualsiasi formazione, partito e presidente del Consiglio succederanno al governo Renzi non faranno altro che perpetuare il dominio della borghesia. Per questo motivo alle elezioni amministrative del 5 giugno invitiamo l’elettorato ad astenersi, perché le istituzioni rappresentative borghesi, di cui fanno parte i Consigli comunali, sono le coperture “democratiche” della dittatura borghe- se e la loro funzione è quella di carpire il consenso elettorale e il sostegno del popolo, illudendolo che il suo voto ai partiti che ne fanno parte può incidere sulle scelte governative e può migliorare le proprie condizioni. L’unico modo, a livello elettorale, per farsi sentire, per protestare, per far valere le proprie ragioni, per penalizzare i partiti e le istituzioni borghesi, è quello di astenersi, disertando le urne, oppure annullando la scheda o lasciandola in bianco. Il PMLI sostiene tatticamente l’astensionismo elettorale e invita le astensioniste e gli astensionisti, in particolare quelli di sinistra, a qualificare politicamente il loro astensionismo considerandolo come un voto dato al PMLI e al socialismo. Da parte nostra siamo convinti che la vera alternativa a Renzi non può che essere di classe e rivoluzionaria, non può non portare al potere il proletariato, la classe delle operaie e degli operai, non può non aprire le porte al socialismo. Questa è la missione storica a cui il PMLI è rimasto fedele fin dalla sua nascita, quasi 40 anni fa. Chiunque voglia abbattere il capitalismo e conquistare il socialismo ha il dovere di confrontarsi con i marxisti-leninisti e valutare di entrare nel PMLI come militante oppure diventarne simpatizzante, amico o sostenitore per contribuire allo sviluppo dell’unico Partito in Italia che vuole realizzare veramente il socialismo. Viva il 1° Maggio! Viva la classe operaia e i lavoratori! Spazziamo via il governo del nuovo duce Renzi! Lottiamo contro il capitalismo, per il socialismo! * Responsabile della Commissione per il lavoro di massa del CC del PMLI Roma, 25 ottobre 2015. Piazza San Giovanni. Una veduta parziale della grande manifestazione nazionale promossa dalla CGIL contro le misure del Jobs Act del governo Renzi e per il lavoro (foto Il Bolscevico) 4 il bolscevico / documento dell’Ufficio politico del PMLI N. 18 - 5 maggio 2016 Perché occorre astenersi alle elezioni comunali del 5 giugno Documento dell’Ufficio politico del PMLI Perché i comuni siano governati dal popolo e al servizio del popolo ci vuole il socialismo NON VOTARE I PARTITI BORGHESI AL SERVIZIO DEL CAPITALISMO Delegittimiamo le istituzioni rappresentative borghesi ASTIENITI CREIAMO LE ISTITUZIONI RAPPRESENTATIVE DELLE MASSE FAUTRICI DEL SOCIALISMO PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANO Sede centrale: Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 FIRENZE Tel. e fax 055.5123164 e-mail: [email protected] massa. Per questo il PMLI propone all’elettorato di sinistra, anche a chi non è astensionista ma vuole il socialismo, di creare in tutte le città e in tutti i quartieri le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo, ossia le Assemblee popolari e i Comitati popolari basati sulla democrazia diretta. Le Assemblee popolari devono essere costituite in ogni quartiere da tutti gli abitanti ivi residenti compresi le ragazze e i ragazzi di 14 anni - che si dichiarano anticapitalisti, antifascisti, antirazzisti e fautori del socialismo e sono disposti a combattere politicamen- www.pmli.it Committente responsabile: M. MARTENGHI (art. 3 - Legge 10.12.93 n. 515) stra, a qualificare politicamente il loro astensionismo considerandolo come un voto dato al PMLI e al socialismo. Il socialismo, poiché è la sola società che assicura il potere politico al proletariato, è l’unica vera alternativa al capitalismo; tutte le altre proposte, comprese quelle predicate da ben noti imbroglioni politici travestiti da comunisti, come Marco Rizzo, pubblicizzato dai media borghesi e persino da Radio Vaticana, sono tutte interne al capitalismo. Perdurando il capitalismo, come dimostrano la storia e i fallimenti delle amministrazioni “arancioni” e pentastellate, è impossibile che i comuni siano governati dal popolo e al servizio del popolo, perché restano inevitabilmente succubi della volontà e degli interessi dei grandi capitalisti, locali come nazionali, vincolati alle leggi dello Stato borghese, sottoposti ai governi di livello superiore ed esecutori locali delle loro politiche di lacrime e sangue. Solo il socialismo può consentirlo attraverso un sistema elettorale che emargina la borghesia e dà tutto lo spazio al proletariato e al popolo. Le istituzioni rappresentative borghesi, di cui fanno parte i consigli comunali, sono le coperture “democratiche” della dittatura borghese e la loro funzione è quella di carpire il consenso elettorale e il sostegno del popolo, illudendolo che il suo voto ai partiti che ne fanno parte può incidere sulle scelte governative e può migliorare le proprie condizioni. La realtà invece dimostra che non è così. Esse vanno quindi smascherate, delegittimate, indebolite, disgregate anche attraverso l’astensionismo cosciente, anticapitalista, antifascista, antirazzista, antiomofobo. Ma l’astensionismo elettorale non basta, occorre combatterle ogni giorno unendosi in un organismo politico di Stampato in proprio Domenica 5 giugno si svolgeranno le elezioni amministrative in oltre 1.300 comuni su circa 8.000, tra questi quelli di Milano, Torino, Bologna, Roma e Napoli. Le diverse correnti della borghesia si disputeranno le dorate poltrone comunali per difendere i rispettivi interessi e quelli comuni del capitalismo e per opprimere e sfruttare le masse lavoratrici e popolari. L’alternarsi al governo delle città, come al governo nazionale, della destra e della “sinistra” della borghesia, ha oramai ampiamente dimostrato come non vi sia una sostanziale differenza tra di esse. Borghesi di destra possono capeggiare addirittura entrambi gli schieramenti. Come è il caso di Milano in cui Sala per il “centrosinistra” e Parisi per il “centro-destra” si disputano la carica di sindaco. Le masse non hanno quindi nulla da guadagnare dalla vittoria dell’una o dell’altra coalizione borghese. Il PMLI, nemico acerrimo della borghesia e del capitalismo, combatte tutte le liste borghesi in corsa, comprese quelle che si pongono a sinistra del PD, perché anch’esse sono al servizio del capitalismo, e invita l’elettorato a fare altrettanto non votandole. Sul piano elettorale, nelle attuali condizioni, gli sfruttati e gli oppressi, le masse popolari, chiunque subisce angherie, soprusi e ingiustizie da parte dei governi comunali, regionali e nazionale, i giovani a cui è precluso un avvenire, per farsi sentire, per protestare, per far valere le proprie ragioni, per penalizzare i partiti e le istituzioni borghesi, non hanno altra scelta che astenersi, disertando le urne, oppure annullando la scheda o lasciandola in bianco. Il PMLI sostiene tatticamente l’astensionismo elettorale e invita le astensioniste e gli astensionisti, in particolare quelli di sini- te ed elettoralmente le istituzioni borghesi, i governi centrale e locali borghesi e il sistema capitalista e il suo regime. Ogni Assemblea popolare di quartiere elegge il suo Comitato popolare e l’Assemblea dei Comitati elegge, sempre attraverso la democrazia diretta, il Comitato popolare cittadino. E così via fino all’elezione dei Comitati popolari provinciali, regionali e del Comitato popolare nazionale. I Comitati popolari devono essere composti dagli elementi più combattivi, coraggiosi e preparati delle masse popolari, eletti con voto palese su mandato revocabile in qualsiasi momento dalle As- semblee popolari territoriali. Le donne e gli uomini - eleggibili fin dall’età di 16 anni - devono essere rappresentati in maniera paritaria. I Comitati popolari di quartiere, cittadino, provinciale e regionale e il Comitato popolare nazionale rappresentano il contraltare, la centrale alternativa e antagonista rispettivamente delle amministrazioni ufficiali locali e dei governi regionali e centrale. Lo scopo fondamentale dei Comitati popolari è quello di guidare le masse, anche se non fanno parte delle Assemblee popolari, nella lotta politica per strappare al potere centrale e locale opere, misure e provvedimenti che migliorino le condizioni di vita e che diano alle masse l’autogestione dei servizi sanitari e sociali e dei centri sociali, ricreativi e sportivi di carattere pubblico. Lo strumento organizzativo, il principio regolatore della vita, delle attività, delle decisioni e dell’azione dell’Assemblea popolare e dei Comitati popolari è costituito dalla democrazia diretta, che mette al centro la volontà delle masse organizzate e subordina a questa volontà chi è di volta in volta, o per un certo tempo, delegato a rappresentarle, che esclude quindi la delega in bianco e permanente, senza controlli e verifiche, e l’egemonismo e la prevaricazione di singoli e gruppi di potere, praticando un rapporto stretto tra eletto ed elettore e si basa sul coinvolgimento costante delle masse e sul loro protagonismo. I Comitati popolari non devono essere confusi con i comitati di lotta o altri tipi di comitati, come i comitati civici, i comitati popolari spontanei, ecc. Mentre i Comitati popolari sono a carattere permanente e costituiscono gli organismi di direzione politica delle masse fautrici del socialismo, gli altri tipi di comitati sono in genere a carattere temporaneo, sono costituiti da chi accetta o non accetta il capitalismo e il partecipazionismo elettorale borghese, nascono su questioni particolari e specifiche e muoiono quando hanno raggiunto il loro scopo o hanno finito le loro funzioni. La vittoria dell’astensionismo, specie a Milano dove si sperimenta il “partito della nazione”, darebbe un colpo durissimo al governo del nuovo Mussolini Renzi che sta completando il regime neofascista preconizzato dalla P2 e realizzato da Berlusconi; che sta seguendo le orme nazionaliste, colonialiste e interventiste di Mussolini, coinvolgendo l’Italia nelle guerre imperialiste per la spartizione del Medio Oriente e del mondo; che ha ulteriormente aggravato le condizioni di vita e di lavoro delle masse lavoratrici e popolari, con il Jobs Act, la “Buona Scuola”, lo “Sblocca Italia” che peggiora la vivibilità delle città dando il via libera a cementificazione e inceneritori, la controriforma dei Beni culturali per smantellare ogni tutela pubblica sul patrimonio archeologico, storico, artistico e paesaggistico italiano, che andrebbe invece valorizzato, e spianare la strada alla speculazione privata interna e internazionale. Lottiamo per la vittoria dell’astensionismo anticapitalista e per il socialismo! Creiamo le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo! Solo il socialismo può cambiare l’Italia, dare il potere al proletariato e consentire che i comuni siano governati dal popolo e al servizio del popolo! Coi Maestri e il PMLI vinceremo! L’Ufficio politico del PMLI Firenze, 9 Aprile 2016 INDICAZIONI PER LA CAMPAGNA ELETTORALE ASTENSIONISTA DEL PMLI PER LE ELEZIONI COMUNALI PARZIALI DEL 5 GIUGNO Qui di seguito pubblichiamo alcune indicazioni per la campagna elettorale astensionista del PMLI per le elezioni comunali parziali che riguardano comuni come Napoli, Roma, Bologna, Milano, Torino e altre città, che si terranno domenica 5 giugno. Rimaniamo a disposizione di chi vuol partecipare alla campagna del PMLI e necessita di chiarimenti e approfondimenti. Basta telefonare o faxare allo 055.5123164, inviare una mail a: [email protected] oppure scrivere a PMLI via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 Firenze. I MANIFESTI INIZIO DELLA CAMPAGNA Secondo la legge che disciplina la propaganda elettorale, durante la campagna elettorale, dal 30° giorno prima della data delle elezioni, cioè dal venerdì 6 maggio, non si possono affiggere manifesti elettorali fuori dagli spazi consentiti dal Comune. La legge di stabilità 2014, comma 400 lettera h, ha abolito i tabelloni elettorali per la propaganda indiretta di chi non partecipa direttamente alla competizione elettorale, quella dei cosiddetti “fiancheggiatori”, di cui usufruiva anche La campagna elettorale inizia ufficialmente venerdì 6 maggio. Le votazioni si terranno nel solo giorno di domenica 5 giugno, gli eventuali ballottaggi si svolgeranno il 19 giugno. Nel Trentino-Alto Adige invece la data delle elezioni è l’8 maggio e i ballottaggi quattordici giorni più tardi. In Valle d’Aosta la data è il 15 maggio ma non sono previsti ballottaggi. il PMLI per la sua campagna astensionista marxista-leninista. Pertanto DURANTE LA CAMPAGNA ELETTORALE NON POSSONO ESSERE AFFISSI I MANIFESTI DEL PMLI, neppure tramite le pubbliche affissioni. I manifesti, il cui file potrà essere scaricato dal sito del Partito, possono invece essere stampati e esposti in occasione di banchini, diffusioni, manifestazioni e altre iniziative di propaganda. I VOLANTINI I volantini, col Documen- to elettorale dell’Ufficio politico del PMLI, possono essere diffusi come in precedenza senza la necessità di alcun permesso fino al 5 giugno incluso, giorno delle votazioni, ma in tale data solo a una distanza di 200 metri dall’ingresso delle sezioni elettorali. Per evitare provocazioni è meglio interrompere le diffusioni il giorno precedente. Le istanze del PMLI, e chi partecipa alla sua campagna astensionista, provvederanno a stampare nella quantità occorrente a livello locale i volantini del Partito, il cui file sarà reso disponibile sul suo sito. I BANCHINI La richiesta del permesso per i banchini, con la specifica della data, luogo e ora, va fatta al sindaco presso l’ufficio elettorale preposto, indicando che si tratta di banchini per la propaganda elettorale. In questo caso non c’è nulla da pagare per l’occupazione di suolo pubblico e nemmeno per le marche da bollo relative alla domanda. Approfittiamone. I banchini sono efficacissimi per la propaganda e per le discussioni con le elettrici e gli elettori interessati. 25 Aprile / il bolscevico 5 N. 18 - 5 maggio 2016 Contro il fascismo, il razzismo e i muri in Europa Celebrato nelle piazze d’Italia il 25 Aprile Lo striscione “Liberiamoci dal governo Renzi” apre il corteo di Napoli, da dove è cacciata la candidata sindaco del PD. Apprezzato il cartello del PMLI con l’invito a cacciare il nuovo Mussolini Renzi. Identificati a Mirandola i compagni innalzavano le bandiere. A Milano contestati i vessilli di Israele. I partigiani romani cantano “Bella ciao”. Mattarella chiama “missioni di pace” le guerre imperialiste e non osa dire una sola parola contro la controriforma del senato. I media fascisti chiedono l’abolizione del 25 Aprile Importante discorso di Chiavacci a nome dell’Anpi di Rufina Anche quest’anno il 25 Aprile, nel 71° Anniversario della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo, è stato degnamente ricordato e celebrato in tutto il Paese dalle masse popolari antifasciste, democratiche e progressiste, con alla testa i vecchi eroici partigiani e tanti, tanti giovani, a confermare il passaggio ininterrotto del testimone della Resistenza tra le generazioni. E questo è tanto più degno di essere sottolineato considerando come e ancor più degli anni precedenti, da parte di tutti i partiti, delle istituzioni e dei media del regime neofascista, si sia cercato in tutti i modi di sten- niente ha a che spartire con l’omaggio ai caduti partigiani e della Resistenza. Strumentalizzazioni in chiave interventista Per non parlare dell’intervento in giornata di Mattarella a Varallo Sesia, in cui mentre proferiva parole piene di retorica sulla Resistenza e sulla libertà “nata su queste montagne”, si è ben guardato dal dire anche una sola parola sul definitivo affossamento della Costituzione poli che stanno combattendo per la loro ‘Resistenza’ e la loro ‘Liberazione’”. Altri tentativi di inquinare e stravolgere lo spirito antifascista di questa giornata e dividere i manifestanti sono stati fatti utilizzando l’ormai immancabile Brigata ebraica sionista, come a Roma e Milano, oppure cercando di infiltrare nei cortei i candidati alla corsa per le comunali di giugno, come a Milano e a Napoli, o addirittura di fare delle vere e proprie contromanifestazioni: non parliamo soltanto di quella squallida e intollerabile parata di nostalgici fascisti e neonazisti che si è svolta al ci- la Brigata ebraica con le bandiere di Israele c’era, ma è stata sonoramente fischiata dai manifestanti al passaggio in piazza San Babila, al grido di “fuori i sionisti dal corteo”, “Israele fascista, Stato terrorista”. Fischiato anche il candidato del “centro-destra” Parisi, dopodiché la stessa sorte è toccata anche al suo “rivale” del “centro-sinistra”, Sala, contestato insieme allo spezzone “giallo” del PD, accolto al grido di “servi del potere”. La delegazione del PMLI è stata apprezzata come avanguardia antifascista dell’intero corteo. Dal palco il sindaco di Lampedusa, Giusi Nicolini, ha pieno successo dal Colosseo a Porta San Paolo, aperto dallo striscione “I Partigiani”, con i vecchi partigiani che cantavano “Bella Ciao”, e con la partecipazione di Cgil, Cisl e Uil e di Cub e Cobas, di Emergency, dei curdi e di molte bandiere palestinesi e di manifestanti con la kefiah. A Genova è stato fischiato il governatore eletto da Forza Italia e Lega, Giovanni Toti, quando parlando in piazza Matteotti ha chiesto di dedicare la manifestazione anche ai due marò italiani sotto processo in India. La presidente della Camera Boldrini, che ha parlato dopo di richiamato l’attenzione sull’olocausto dei migranti nel Mediterraneo. Un avvenimento inedito e straordinario si è avuto a Berceto, nel comune di Rufina, dove si commemorava nel pomeriggio l’eccidio di 11 martiri antifascisti, e dove il compagno Enrico Chiavacci ha tenuto un forte, coraggioso e attualissimo discorso antifascista e antimperialista per conto della Sezione ANPI di Rufina, che pubblichiamo integralmente a pagina 7. A Roma, senza le provocazioni della Brigata ebraica come avvenne l’anno scorso, il corteo organizzato dall’Anpi si è svolto anzi in perfetto ordine e con lui, si è spesa vergognosamente in favore della controriforma costituzionale fascista e piduista Renzi-Boschi, sostenendo che “Il referendum non tocca la prima parte della Costituzione che sono i nostri valori fondativi”, e che d’altra parte in parlamento “c’è stato dibattito (sic): tutti erano d’accordo a rivedere il bicameralismo perfetto”. A Bergamo è stato clamorosamente contestato il sindaco PD, già “spin-doctor” renziano, Giorgio Gori, innalzando anche grandi sagome di cartone con la sua effige accanto a quella di Mussolini. Tra i motivi della contestazione il rifiuto dell’ex berlusconiano e direttore di Ca- Milano, 25 Aprile 2016. Le insegne del PMLI in piazza Duomo al termine del corteo (foto Il Bolscevico) dere un velo di indifferenza e di oblio su questa incancellabile ricorrenza, sperando di farne impallidire e svanire con gli anni la memoria stessa dalla mente e dal cuore delle masse popolari italiane, e in particolare dei giovani. Per non parlare di chi anche stavolta, come i giornali di ispirazione fascista, “Il Tempo” in testa, non ha perso l’occasione per chiederne addirittura la cancellazione. Non è riuscito, o è riuscito solo in parte, nemmeno il tentativo di istituzionalizzare questa storica ricorrenza trasformandola in una festa tricolore, patriottarda e a sostegno del militarismo e dell’interventismo dell’Italia imperialista di Renzi e Mattarella. Anche se da parte istituzionale si è fatto di tutto per raggiungere questo nero obiettivo, cominciando di buon mattino con la cerimonia all’“altare della patria”, in mezzo a un tripudio di tricolori, picchetti d’onore, bande militari che suonavano inni patriottici e bellicisti come l’inno del Piave, con la deposizione di una corona di fiori “a tutti i caduti” da parte del capo dello Stato, accompagnato dal nuovo duce Renzi, dai presidenti delle due Camere e dalla ministra della Difesa Pinotti. Una cerimonia del tutto identica a quella nazionalista e militarista del 4 novembre, che del 1948 attraverso la controriforma fascista e piduista RenziBoschi imposta dal governo al parlamento, e che il nuovo duce vuol imporre al popolo italiano con un referendum plebiscitario sulla sua persona alla maniera di Mussolini. Non ha comunque rinunciato, nel finale, ad inserire un’esaltazione delle “missioni di pace della comunità internazionale alle quali responsabilmente partecipiamo”, accampando la loro necessità per “sostenere la battaglia della liberazione dei popoli anzitutto dal terrorismo che affligge e destabilizza interi paesi dell’Africa e del Medio Oriente e si riverbera in Europa”. Una sporca strumentalizzazione della Resistenza, la sua, a sostegno delle ambizioni neocolonialiste dell’imperialismo italiano e del governo Renzi, specie se letta alla luce delle dichiarazioni del giorno dopo di Renzi che ha dato la “piena disponibilità” all’invio di truppe italiane in Libia in risposta alla “richiesta d’aiuto” del leader libico Serraj. La stessa sporca strumentalizzazione dello spirito antifascista e resistenziale fatta anche dalla guerrafondaia Pinotti nel messaggio alle forze armate, in cui ha detto che è “un nostro preciso dovere morale essere al fianco di altri po- mitero Maggiore di Milano per rendere omaggio ai caduti della “repubblica di Salò” ivi sepolti, ma soprattutto di quella contromanifestazione indetta al museo di via Tasso a Roma con la Brigata ebraica, in contrapposizione al corteo ufficiale dell’Anpi con la scusa della presenza in esso di gruppi filopalestinesi “intolleranti”. Contromanifestazione a cui hanno voluto dare risonanza con la loro ostentata partecipazione anche il rinnegato e filosionista Napolitano, nonché il candidato berlusconiano Bertolaso e il commissario prefettizio Tronca a nome dell’amministrazione capitolina. Tentativi respinti dalle piazze Ci si è messo d’impegno anche il ministro Franceschini per distrarre gli antifascisti dalle manifestazioni, con l’apertura straordinaria di ben 320 musei e siti culturali statali. E invece i più importanti di questi tentativi di sabotare e stravolgere il 25 Aprile sono stati duramente frustrati e respinti dalle piazze, che hanno condannato il fascismo, il razzismo e i muri in Europa. A Milano, che ha visto un imponente corteo di migliaia e migliaia di antifascisti sfilare da Porta Venezia a Piazza Duomo, nale 5 di accogliere la richiesta dell’Anpi e dei comitati antifascisti di togliere la cittadinanza onoraria al duce, concessa dalla città di Bergamo negli anni venti e mai cancellata. Contro il governo e il nuovo duce Renzi A Napoli un nutrito corteo di migliaia di manifestanti, con la partecipazione dell’Anpi, della Cgil, dei centri sociali, studenti, di Libera, di Legambiente, dell’associazione Un popolo in cammino e tanti migranti, è sfilato dalla stazione centrale al rione Sanità, dove è entrato al canto di “Bella Ciao” e al grido di “Lavoro sì, camorra no”. Strada facendo è passato da via Foria, per protestare anche con fumogeni davanti alla sede di Casapound, difesa da un imponente schieramento di poliziotti. Presenti compagni del PMLI, la manifestazione ha avuto anche un forte carattere antigovernativo e antirenziano, evidenziato dallo striscione di testa con la scritta “Liberiamoci da fascismo, razzismo, guerra, sfruttamento e governo Renzi”. Molto apprezzato infatti ovunque il cartello del PMLI con l’esortazione a cacciare il nuovo Mussolini. Una parola d’ordine che comincia evidentemente a fare breccia tra le masse, se a Mirandola i nostri compagni che innalzavano le bandiere sono stati identificati dalle “forze dell’ordine” con chiaro intento intimidatorio. Il forte odio dei manifestanti partenopei verso Renzi si è sfogato anche contro la candidata renziana del PD alle comunali, Valeria Valente, duramente contestata e costretta ad uscire dal corteo anche a causa della marchetta elettorale che lo stesso nuovo duce aveva organizzato il giorno prima venendo a Napoli per farsi fotografare con lei. In suo soccorso si è mosso il capogruppo di SEL-SI alla Camera, Scotto, piagnucolando che “è stato un errore molto grave perché il 25 Aprile è di tutti”. Ci fermiamo qui per ragioni di spazio, e del resto i lettori potranno trovare ampi servizi su queste e altre manifestazioni locali nelle pagine successive del giornale. Rufina (Firenze), 25 Aprile 2016. La manifestazione presso il casale di Berceto, teatro di una strage nazista (foto Il Bolscevico) 6 il bolscevico / 25 Aprile N. 18 - 5 maggio 2016 MILANO Migliaia gli antifascisti in piazza. Contestato lo spezzone del PD e Renzi. Apprezzata la delegazione del PMLI. Contestato il sionismo israeliano Redazione di Milano Migliaia di manifestanti sono scesi in piazza a Milano, città Medaglia d’Oro alla Resistenza, nel pomeriggio di lunedì 25 Aprile per celebrare il 71° Anniversario della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo. Al tradizionale concentramento in Porta Venezia sono giunti antifascisti di tutte le età, dai giovani di allora che avevano vissuto e combattuto il fascismo fino ai giovani d’oggi che si battono contro la devastazione del diritto allo studio e al lavoro e la devastazione ambientale perpetrata dall’odierno regime neofascista governato dal nuovo duce Renzi. Anche quest’anno il colore lombarda e uno schieramento di rosse bandiere del Partito e di cartelli con i manifesti sul 25 Aprile che sul retro avevano il manifesto contro il governo Renzi “Cacciamolo”, il manifesto “Mettere fuorilegge i gruppi nazifascisti – Applicare la legge n.645 del 20 giugno 1952” e un manifesto che raffigura Renzi in vesti mussoliniane che sovrasta il Senato con su scritto: “Affossiamo col referendum la controriforma piduista e fascista del Senato”. Gli ultimi due manifesti realizzati dal Comitato lombardo del PMLI. Molti manifestanti hanno fotografato e anche applaudito con piena approvazione i nostri cartelli perché evi- Milano. Compagni del PMLI nel corteo del 25 Aprile 2016 (foto Il Bolscevico) prevalente del corteo, che ha raggiunto infine piazza Duomo, è stato il rosso. C’erano con le loro insegne sezioni dell’ANPI e dei deportati dell’ANED, questi ultimi coi cartelli neri riportanti i nomi dei lager nazisti. Sono scese in piazza intere famiglie con bambini, delegazioni dei sindacati confederali e non confederali, dei partiti, dei comitati migranti, dei centri sociali e di associazioni cattoliche, di atei razionalisti (UAAR) e umanitarie come Emergency. E poi nutrite delegazioni delle associazioni per i diritti dei migranti, del movimento NO TAV, tanti i giovani tra studenti medi e universitari e lavoratori precari e disoccupati associati in comitati di lotta contro la precarietà lavorativa e il Jobs Act. Non sono mancate le contestazioni contro il governo Renzi rinfacciate ai rappresentanti del PD che assieme a un cordone di polizia in tenuta antisommossa, ha coperto le spalle a quello dei sionisti sfilato dietro lo striscione che ricordava la “Brigata Ebraica” sionista - ossia il Jewish Infantry brigade Group inquadrata nell’esercito britannico durante le ultime battute dell’avanzata degli Alleati in nord Italia – i cui militi tornati in Palestina hanno dato il loro fondamentale contributo nell’invadere, massacrare ed opprimere l’autoctono popolo palestinese. Al grido “Fuori i sionisti dal corteo”, lo spezzone sionista è stato fortemente contestata in piazza San Babila. Anche quest’anno l’avanguardia antifascista dell’intero corteo milanese l’ha rappresentata indubbiamente il PMLI con la combattiva delegazione dentemente esprimevano i loro sentimenti politici. Diffuse centinaia di copie di un volantino riportanti estratti dall’editoriale de Il Bolscevico n. 17 dal titolo “Nello spirito della Resistenza, cacciamo il nuovo Mussolini Renzi, per il socialismo”. “Il 25 Aprile non si tocca, onore e gloria ai partigiani” risuonava dal megafono del PMLI, apprezzato come altri slogan tipo quelli a favore dell’applicazione delle norme della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione anche affinché si contrasti la proliferazione assistita dei gruppi squadristici nazifascisti tra i quali Lealtà Azione che il giorno prima (assieme ai repubblichini dell’associazione Arditi d’Italia e dell’Unione Combattenti della RSI) e alle ore 10 dello stesso 25 Aprile, in segno di sfregio, hanno osato commemorare l’ingloriosa fine della criminale “repubblica di Salò” presso il campo 10 del Cimitero Maggiore, avvalendosi così dell’impunità che l’attuale regime neofascista gli concede. La delegazione del PMLI guidata dal compagno Angelo Urgo coadiuvato dal compagno Alessandro Frezza - per la qualità politica delle parole d’ordine scandite e per le canzoni partigiane e comuniste proposte (“Bella Ciao”, “Fischia il Vento”) ha attirato sempre più manifestanti di ogni età suscitando applausi e saluti a pugni alzati da chi sostava ai bordi del corteo. Applausi ai nostri compagni anche per gli slogan tra cui: “Neofascista è il nuovo Senato, col NO al referendum va affossato”, “Al referendum NO dobbiam votare, il nuovo duce Renzi dobbiam cacciare”, “Con l’Italicum e il nuovo Senato, governo neofascista diventa premierato”, “Israele razzista, Stato terrorista”, “Palestina libera”, “Le spese inutili sono da tagliare, missioni di guerra da cancellare, fuori dai confini nemmeno un militare”. In Piazza Duomo si sono svolti i comizi conclusivi del neopodestà “arancione” Giuliano Pisapia, della segretaria nazionale della CISL Annamaria Furlan, della sindaca di Lampedusa Giusi Nicolini, e di Carlo Smuraglia, Presidente nazionale dell’ANPI. Fatto salvo l’intervento della Nicolini che ha denunciato le condizioni disumane in cui versano i migranti che attraversano il Mediterraneo per fuggire dalla fame e dalle guerre generate e fomentate dall’imperialismo, tutti gli altri si sono dichiarati, chi più e chi meno per la “difesa della Costituzione” democraticoborghese del ’48 non certo per denunciare le sue attuali storpiature de iure - come sul Titolo V e sul pareggio di bilancio – e la sua cancellazione de facto – tramite le vigenti leggi incostituzionali della seconda repubblica neofascista – ma per affermare che questa addirittura sarebbe ancora operativa o quantomeno “non del tutto applicata”. Di più: nessuno si è permesso di denunciare le controriforme fasciste e piduiste della legge elettorale Italicum e del Senato propugnate da Renzi, nemmeno nominato. Vergognoso è inoltre il fatto che nemmeno Smuraglia si sia minimamente espresso sul referendum costituzionale di ottobre e sull’indicazione antifascista del NO alla controriforma del Senato, tra l’altro posizione presa ufficialmente dell’ANPI. Il PMLI ha portato fin davanti al palco i suoi cartelli per far comprendere alle masse che occorre far rivivere l’autentico spirito della Resistenza lottando per spazzar via il governo del nuovo duce Renzi che sta realizzando il piano fascista della P2, che occorre impedire il completamento della seconda repubblica neofascista. Solo il nostro Partito ha propagandato il NO referendario nel principale giorno e nella manifestazione nazionale dell’antifascismo italiano! Con la sua propaganda il PMLI ha ancora una volta invitato il proletariato ad essere la testa di questa nuova lotta antifascista, come fu anche nella Resistenza, perché oggettivamente è la classe più rivoluzionaria e istintivamente antagonista al fascismo, che è la forma più scoperta e brutale della dittatura della classe dominante borghese. Fermo restando che l’obiettivo strategico che il proletariato deve perseguire, una volta che avrà riacquistato la coscienza di classe per sé, non può che essere la conquista del potere politico per cambiare da cima a fondo questa marcia società borghese e fare l’Italia unita, rossa e socialista, come la sognavano gli eroici partigiani e i martiri antifascisti di orientamento comunista. Viva il 25 Aprile! Gloria eterna alle partigiane e ai partigiani! Cacciamo via il nuovo Mussolini Renzi, per il socialismo! Coi Maestri e il PMLI vinceremo! BIELLA La piazza canta “Bella Ciao” e “Fischia il vento” col PMLI. Deposta una corona di gerbere rosse ai partigiani caduti. Ampio volantinaggio al corteo in frazione Lace Dal corrispondente dell’Organizzazione di Biella del PMLI Un successo generale riscontrabile da una notevole partecipazione delle masse popolari biellesi ha messo in risalto le celebrazione del 25 Aprile 2016 dove la delegazione del PMLI ha fatto quasi l’impossibile per essere presente a tutte le iniziative ufficiali programma- ter Fillak. L’orazione ufficiale è stata tenuta dal prof. Italo Poma, figlio del famoso partigiano internazionalista Anello Poma che partecipò alla Guerra di Spagna. Hanno successivamente preso la parola gli studenti del Liceo Classico “A. Gramsci” di Ivrea (Torino) e Marco Bellini del Comitato per il NO al referendum costituzionale del prossimo ot- dai presenti che, in più occasioni, lo richiedevano spontaneamente. Come da programma, da mezzogiorno in poi, nei pressi del prato adiacente l’area monumentale, s’è svolto il pranzo “condiviso” dove decine di partecipanti hanno portato un piatto cucinato in proprio da suddividere con tutti. Nel primo pomeriggio si è tenuto lo spet- Donato (Bella), 25 Aprile 2016. Le insegne del PMLI nel corteo organizzato dall’ANPI nella frazione di Lace (foto Il Bolscevico) te dall’ANPI provinciale per rendere onore ai valorosi partigiani morti durante la liberazione di Biella nel biennio 1943/’45. Le celebrazioni hanno preso il via la sera del 24 aprile con la “Fiaccolata della Resistenza” il cui corteo s’è snodato per le vie cittadine con partenza presso Villa Schneider, sede delle SS tedesche durante il secondo conflitto mondiale e luogo, negli scantinati della villa, di torture inenarrabili ai danni dei partigiani catturati sulle Alpi biellesi. Il corteo è stato animato dai marxisti-leninisti biellesi che hanno intonato le storiche canzoni della Resistenza “Bella ciao” e “Fischia il vento” seguiti e intonati con entusiasmo dai presenti. Il corteo ha fatto tappa nei luoghi simbolo della Resistenza a Biella come il monumento ai partigiani di Piazza Martiri della Libertà e in Piazza San Giovanni Bosco dove nel dicembre del 1943 vennero trucidati 7 partigiani. L’Organizzazione biellese del PMLI ha diffuso oltre 150 volantini sul 25 Aprile. Il giorno seguente, come annunciato da un comunicato stampa dell’Organizzazione di Biella del PMLI, e vergognosamente ignorato da tutti gli organi d’informazione, i compagni militanti e simpatizzanti del PMLI, hanno deposto una bellissima corona di gerbere rosse con la scritta “I marxisti-leninisti biellesi ai partigiani caduti” ai piedi del monumento partigiano di Piazza Martiri della Libertà e dopo le fotografie si sono prontamente recati presso la frazione Lace del Comune di Donato per partecipare al corteo ufficiale organizzato unitariamente dall’ANPI della Valle Elvo e Serra e quello d’Ivrea e Basso Canavese; qui dopo il corteo al monumento ai partigiani è stato deposto un omaggio floreale alla Cascina di Lace, in quella che fu la sede del Distaccamento partigiano del valoroso comandante comunista Wal- tobre. Quest’ultimo intervento è stato molto applaudito nel passaggio in cui ha criticato il governo Renzi che intende stravolgere la Costituzione del ’48. Il Coro Bajolese ha intonato le belle canzoni partigiane tra un intervento e l’altro rendendo l’atmosfera ancora più suggestiva e appassionante. Anche in questa occasione militanti e simpatizzanti del PMLI hanno diffuso altre 350 copie del volantino di Partito sul 25 Aprile accolto con estremo interesse tacolo teatrale dal titolo “Il Ritorno” ideato e scritto da Salvatore Arena e recitato da Massimo Zaccaria in cui, in un crescendo di tragici e cruenti aneddoti, viene presentata la dura esperienza della guerra di un giovane soldato del Sud che matura politicamente diventando comunista e partigiano e, dopo il 25 Aprile e la Liberazione dell’Italia dal nazifascismo, riesce a riabbracciare la madre e il padre tornando nel suo piccolo paese in Puglia. Biella, 24 aprile 2016. Le insegne del PMLI alla fiaccolata organizzata dall’ANPI (foto Il Bolscevico) Biella, 25 Aprile 2016. La bellissima corona di gerbere rosse deposta dai compagni biellesi ai piedi del monumento partigiano di Piazza Martiri della Libertà. Il primo a destra Gabriele Urban (foto Il Bolscevico) 25 Aprile / il bolscevico 7 N. 18 - 5 maggio 2016 Intervento di Enrico Chiavacci, Vice Presidente della Sezione ANPI di Rufina, alla celebrazione del 25 Aprile a Berceto Vi porto i saluti del Comitato della sezione ANPI “Martiri di Berceto” di Rufina, da pochi mesi rinnovato, e colgo l’occasione per ringraziare di cuore le compagne e di compagni che, loro malgrado, non hanno più potuto rimanere all’interno del nostro gruppo. In particolare, un sentito ringraziamento a Milena Batistoni, Luciano Celli, Laura Tinti ed Anna Biffoli che siamo certi continueranno a dare il loro contributo all’associazione. È un onore per me avere l’occasione di pronunciare questo intervento in questo luogo, che più di ogni altro nel nostro territorio è simbolo di atrocità ma anche di coraggio; di ingiustizia, ma anche di giustizia; di prevaricazione ma anche di riscatto. Il 17 aprile del ’44 furono massacrate 11 persone, delle quali gran parte donne e bambini, oltre a due partigiani. Voglio ricordare uno per uno i loro nomi: Isola Geri in Ebicci di anni 49; Giulia Alinari in Vangelisti di anni 46; Bruna Vangelisti di anni 23; Angiolina Vangelisti di anni 22; Iolanda Soldeti di anni 19; Iole Vangelisti di anni 9; Anna Vangelisti di 2 anni e 8 mesi (la mia bimba ha 2 anni e 7 mesi…); Alessandro Ebicci di anni 78; Fabio Soldeti di anni 81; il partigiano Mauro Chiti di anni 19; il partigiano Guglielmo Tesi di anni 21. Questa “composizione” simboleggia di fatto anche nel suo più ampio raggio, le atro- cità della guerra quando, oltre ai combattenti, in ogni parte del mondo i primi a soffrirne e a perdere la vita, sono proprio gli elementi più deboli e innocenti della popolazione. Coloro che sono contrari per natura data lo loro estrazione sociale alla guerra, e che nessun vantaggio possono aver mai dalla guerra stessa, e nessuna guerra fa eccezione a questa spietata legge umana e d’interesse economico e politico. Ma, come abbiamo detto, questo è anche luogo di riscatto, quello cercato con fatica, con le unghie e poi raggiunto da Lazzaro Vangelisti poiché è grazie alla sua costanza e alla sua grande combattività nel ricercare verità e PONTASSIEVE Il PMLI tinge di rosso il corteo della Valdisieve (Firenze). I compagni intonano “Bella ciao” e tutta la piazza risponde. La celebrazione snobbata da tutti i partiti istituzionali. Nel pomeriggio iniziative a Berceto Chiavacci per conto dell’Anpi di Rufina, invita la popolazione a mobilitarsi per opporsi ad ogni mira interventista italiana in Libia o in Medio Oriente Dal corrispondente dell’Organizzazione di Rufina del PMLI Molte iniziative hanno celebrato il 71° Anniversario della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo in Valdisieve, a cominciare da alcune proiezioni promosse dalla Sezione ANPI di Rufina nei giorni immediatamente precedenti il 25 Aprile, fino a giungere alla manifestazione che come ogni anno si tiene a Pontassieve, organizzata dalle amministrazioni comunali di Pontassieve, Pelago e Rufina, e dall’ANPI locale. Il corteo ha attraversato le vie del comune onorando i caduti per la Resistenza con corone di fiori ma, nonostante l’accompagnamento musicale, nessuna canzone popolare o antifascista è stata intonata. Al termine del percorso, il breve comizio finale nel quale i rappresentanti delle tre amministrazioni con i soliti interventi di circostanza ma, quest’anno, con l’aggravante di ribadire la necessità di salvaguardare la Costituzione, tacendo sia sul fatto che proprio il loro partito (il PD) la sta demolendo giorno per giorno con una insistenza senza precedenti, sia sul fatto che nel prossimo autunno ci sarà il referendum sulle riforme costituzionali del nuovo duce Renzi. L’Organizzazione di Rufina del PMLI coi suoi simpatizzanti ha partecipato al corteo donandogli la propria connotazione di classe, mentre per l’ennesima volta l’iniziativa è stata disertata da tutti i partiti istituzionali, nessuno escluso. Le compagne e i compagni hanno diffuso volantini sul 25 Aprile e hanno sventolato fieramente le rosse bandiere dei Maestri e del PMLI. Al termine del comizio che stava per concludersi senza alcuna canzone antifascista, i nostri compagni hanno iniziato Pontassieve (Firenze), 25 Aprile 2016. Le insegne del PMLI spiccano nel corteo (foto Il Bolscevico) a cantare “Bella ciao” e, come se non aspettasse altro, l’intera piazza ha risposto unendosi al coro. Un bel segnale di forte legame con la popolazione, rafforzato dai numerosi apprezzamenti che i compagni hanno ricevuto. Nel pomeriggio un’altra importante iniziativa si è tenuta a Berceto, nel comune di Rufina, dove oltre alla Liberazione, si è commemorato anche il 72° anniversario dell’eccidio degli 11 innocenti, fra i quali numerose donne e bambine e 2 giovanissimi partigiani. All’iniziativa, molto sentita e partecipata dalla popolazione, il compagno Enrico Chiavacci è intervenuto per conto della sezione ANPI di Rufina, sottolineando tra l’altro la necessità di attualizzare l’antifascismo sul fronte dell’opposizione alla guerra imperialista in Medio Oriente, sul diritto al lavoro, sul dilagare dei movimenti neofascisti e alla loro vergognosa libertà di scorrazzare per le nostre città senza alcun problema, sulla questione dei migranti. Chiavacci, dopo la sua analisi, ha affermato: “Ma che mondo è questo? Non certo quello al quale aspiravano i nostri partigiani, ma neanche quello che possono accettare i moderni antifascisti quali noi, a ragione, ci professiamo”. Ha concluso invitando a partecipare in forze alla campagna per il referendum costituzionale d’autunno per votare un NO deciso alla controriforma e al governo Renzi. Anche Ubaldo Nannucci, presidente del Comitato provinciale dell’ANPI, è intervenuto rafforzando questo tema e entrambi gli interventi sono stati molto applauditi. Nonostante la palese difficoltà degli esponenti politici, tutti PD, nessuna risposta alle questioni più contraddittorie è giunta dagli amministratori che si sono susseguiti negli interventi e tanto meno dal presidente del Consiglio regionale toscano, Eugenio Giani, che ha “elegantemente” sbrigato la propria pratica di rappresentanza. L’iniziativa è proseguita poi con letture e canti, stavolta popolari ed antifascisti, e ha mostrato che, nonostante tutti gli attacchi e tutte le revisioni storiche, la Resistenza è saldamente ancorata nelle menti e nel cuore di gran parte della popolazione di Rufina. Berceto (Rufina), 25 Aprile 2016. Il compagno Enrico Chiavacci mentre interviene per conto della sezione ANPI di Rufina all’iniziativa davanti al casolare teatro della strage nazi-fascista del 17 aprile 1944 (foto Il Bolscevico) giustizia, se oggi possiamo annunciare pubblicamente che questo luogo, dopo l’ottenimento della medaglia al valor civile, è stato dichiarato di “interesse storico e sociale particolarmente importante” dalla Commissione Regionale per il Patrimonio Culturale del Ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo. Oltre a ringraziare questo ente e tutte le Istituzioni coinvolte in questo lungo e non facile processo, l’obbligata tutela del casolare e di tutta l’area limitrofa, apre nuove possibili destinazioni capaci di fermare nella realtà la memoria in questo luogo. Ci auguriamo di poter al più presto iniziare le attività necessarie affinchè una parte della casa possa essere adibita a punto sosta, trovandosi sul tracciato del Sentiero della Memoria. Quale obiettivo minimo abbiamo pensato ad un luogo di possibile fruizione diurna e notturna, con al suo interno una sezione dedicata alla sua storia, agli avvenimenti tristemente noti, e a quelli del contesto storico politico più generale nel quale si verificarono. Un piccolo museo dunque, simbolo generale della civiltà, poichè troppe persone persero la vita “colpevoli” solo di essere stati solidali coi partigiani, e della Resistenza stessa, punto più alto della storia politica e popolare del nostro Paese. Noi abbiamo un’idea ma, siccome l’ANPI è la casa di tutti gli antifascisti, ogni proposta o suggerimento sono più che bene accetti per dare gambe a quello che poco più di tre anni fa sembrava un vero e proprio miraggio. In questo luogo poi, contiamo di intensificare l’attività dei nostri studenti che hanno bisogno di conoscere la Resistenza, come un pesce ha bisogno dell’acqua. Oggi festeggiamo anche il 25 Aprile, Anniversario della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo, e l’ufficiale fine della guerra che tanta sofferenza aveva arrecato al nostro Paese e al nostro popolo. Su di un recente numero di ANPI News, in un articolo di Smuraglia dal titolo “Un’altra avventura in Libia” si legge: “Ci stanno lusingando, gli altri Paesi, facendoci intravedere l’incarico di dirigere le operazioni militari che si pensa di realizzare in Libia; Ci sia consentita - quantomeno - qualche considerazione, anzitutto fondata sull’articolo 11 della Costituzione, che è davvero molto difficile mettere da parte, perfino per i peggiori guerrafondai. Su questo, c’è ben poco da dire: basta leggere la norma e capirne il senso, tutt’altro che favorevole alle avventure.” Una posizione chiara, promotrice del non intervento, alla quale la sezione di Rufina dà il proprio appoggio morale e pratico; qualora evolvesse in questa direzione la posizione del nostro governo, saremo pronti alla mobilitazione affinché sia la popolazione antifascista stessa ad opporsi ad ogni mira interventista italiana in Libia o in Medio Oriente. Siamo al momento spettatori dell’ennesima guerra d’ingerenza, di fatto guerra di superpotenze che mirano al dominio di territori-chiave per la geopolitica, sulla pelle di popolazioni inermi che ogni giorno subiscono repressione interna unita a bombardamenti dal cielo. La questione religiosa, nel- la realtà, è solo sullo sfondo. Anche in quei territori, come a Berceto, la metà dei morti sono donne e bambini. In quelle terre si registrano quotidiani “Bataclan” o Bruxelles senza che nessuno se ne accorga, mentre giustamente fanno orrore e scalpore sui nostri media se accadono in Francia, in Belgio o nel cosiddetto Occidente progredito. Sono decine e decine gli ospedali bombardati dall’inizio della guerra dagli aerei russi ed occidentali, molti dei quali con la tattica del doppio attacco a distanza di qualche decina di minuti, per colpire anche i soccorritori, come riportato più volte dai portavoce di Medici senza Frontiere e di Emergency. L’Italia NON DEVE ENTRARE IN GUERRA contro lo Stato Islamico! Se lo farà sarà il suo popolo, in Italia, a pagarne le probabili quanto incalcolabili conseguenze. Vorrei parlare anche della più grande piaga sociale che oscura il futuro del nostro Paese e dei giovani, e che li pone nudi e impotenti di fronte a sempre maggiori ricatti e sfruttamento; mi riferisco alla disoccupazione e al precariato, quest’ultimo divenuto unico modello contrattuale dopo l’entrata in vigore del Jobs Act di Renzi, e che mi auguro di affrontare presto in qualche altra occasione. È questa nuova situazione, senza precedenti, che nega di fatto il suo diritto sancito dalla Costituzione ma sempre più disatteso. Noi rivendichiamo la necessità del tanto denigrato SEGUE IN 8ª ➫ 8 il bolscevico / 25 Aprile ➫ DALLA 7ª “posto fisso”; che non è un retaggio ideologico obsoleto, bensì la prima necessità sociale di ciascuno, cioè un lavoro stabile, a salario pieno e sindacalmente tutelato, l’unico che può dare certezze e futuro ai giovani e a tutta la popolazione del nostro Paese. Pare ormai evidente che guerra, lavoro, migranti e ambiente sono fronti che si intrecciano fortemente; sono consequenziali e dall’uno dipende l’altro: le conseguenze della guerra e di uno sviluppo economico ingiusto ed ineguale, unito alle migrazioni causate dalle carestie e dalla progressiva aridità del suolo dovuta al cambiamento climatico in atto, probabilmente definiscono la quasi totalità del problema che oggi come non mai l’occidente europeo si trova a dover affrontare. Addirittura a poche centinaia di chilometri da qui, il dilagare del razzismo, dell’individualismo e dell’intolleranza, fa avanzare l’estrema destra in Francia ed in Austria, qui assieme alla minaccia della costruzione di un muro antimigranti, come già costruito in Ungheria. Altrove, come in Italia, i neofascisti sono liberi di scorrazzare nelle piazze e anche all’interno delle istituzioni, se è vero com’è vero che i rappresentanti di Casapound e simili possono presentare liste ed essere eletti come comuni movimenti politici, nel perimetro della nostra Costituzione. Tutto ciò va di pari passo con la concentrazione della ricchezza mondiale nelle mani di un sempre minor numero di persone; secondo un recente rapporto OXFAM, circa metà della ricchezza mondiale è posseduta da non più dell’1% della sua popolazione, per un totale di 110.000 miliardi di dollari, 65 volte il totale della ricchezza della metà della popolazione più povera del mondo che ammonta a circa 1.700 miliardi di dollari. Ma che mondo è questo? Non certo quello al quale N. 18 - 5 maggio 2016 aspiravano i nostri partigiani, ma neanche quello che possono accettare i moderni antifascisti quali noi, a ragione, ci professiamo! Come ultima nota non posso fare altro che esprimere la nostra soddisfazione per la decisione del Comitato Nazionale dell’ANPI di schierarsi senza tentennamenti a favore del “NO” al referendum popolare sulle Riforme Istituzionali del prossimo autunno e contro la legge elettorale Italicum che rende meno democratico il nostro Paese. Ci auguriamo che la nostra mobilitazione in merito sia quanto più unitaria, forte e vasta possibile e che l’ANPI possa esercitare un ruolo da trascinatore anche nei Comitati Referendari che si stanno formando su tutto il territorio nazionale. Su questo tema vi invito ad informarvi bene, bene, bene e in ogni caso sappiate che noi contiamo su di voi. Buon 25 Aprile! MODENA Il PMLI in prima fila nel corteo. Apprezzatissimo il cartello antiRenzi “Cacciamolo”. A ruba il volantino del Partito. Picerni intervistato da tv e giornali. Esponente del PD minaccia per farci abbassare il cartello Dal corrispondente dell’Organizzazione di Modena del PMLI L’Organizzazione di Modena del PMLI ha partecipato attivamente al corteo cittadino in memoria del 71° Anniversario della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo. Durante l’attesa per l’inizio corteo i compagni sono stati avvicinati e fotografati da tanti modenesi, le rosse bandiere del PMLI e il cartello “Cacciamolo” raffigurante il nuovo Mussolini Renzi sono stati apprezzatissimi e alcuni si sono stretti al PMLI durante il corteo. Il compagno Federico Picerni, Responsabile della Commissione giovani del CC del PMLI è stato intervistato da tv e giornali locali. Il corteo si è fermato davanti al sacrario partigiano della ghirlandina in Piazza Torre per rendere omaggio ai partigiani caduti durante la guerra di Liberazione. Ha poi proseguito lungo le vie del centro per finire in Piazza Grande, dove c’è stato lo scandaloso e ipocrita discorso del sindaco Gian Carlo Muzzarelli (PD), il quale ha elogiato di gran lunga il premier Renzi, CALENDARIO DELLE MANIFESTAZIONI E DEGLI SCIOPERI APRILE 28 Feneal, Filca e Fillea - In occasione della giornata mondiale per la sicurezza, Sciopero generale del comparto lapideo, Presidio a Roma a piazza Montecitorio e presidi territoriali MAGGIO Sindacale Italiana – Sciopero generale 1 Unione di tutte le categorie pubbliche e private scuola – Sciopero lavoratori scuola contro le prove Invalsi 4-5-12 Cobas locale pubblico - Sciopero personale date, modalità e orari diversi da città a città 4-22 conTrasporto 6 7 9 evitando di parlare del referendum costituzionale di ottobre, ha elogiato il capitalismo in tutte le sue forme e gli interventi imperialisti come unica soluzione per porre fine alle guerre, un discorso molto contorto e contraddittorio. È sprofondato nel ridicolo quando ha esposto con grande sicurezza che la situazione italiana è ottima per quanto riguarda il lavoro e la questione case, mentre anche a Modena la disoccupazione e l’emergenza sfratti sono alle stelle. Insomma, Muzzarelli si è dimostrato nuovamente uno dei tanti burattini di Renzi. L’Organizzazione di Modena del PMLI aveva redatto un comunicato stampa sul 25 Aprile dove tra l’altro si denunciava l’ipocrita celebrazione istituzionale e il sindaco Muzzarelli che “con la propria faccia tosta e assoluta ipocrisia, è intenzionato opportunisticamente a dominare la piazza, fagocitando e ‘intossicando’ così il glorioso evento del 25 Aprile con solite considerazioni fuorvianti e deleterie. Il PD che egli rappresenta è inquadrato nel modello di una nuova dittatura fascista mascherata sotto nuove forme e nuovi vessilli, di cui occorre prendere piena coscienza e combatterla seriamente, per vincerla facendo rivivere fortemente lo spirito della Resistenza!”. A ruba il volantino del PMLI sul 25 Aprile tra le masse mo- denesi di cui abbiamo constatato la rabbia verso il governo Renzi. Da segnalare un episodio grave: un esponente del PD ha intimato i compagni di abbassare il cartello, addirittura minacciando di “venire alle mani”; questa è un’ulteriore dimostrazione di quanto il PD non sia affatto un partito “democratico”. I compagni non si sono fatti per niente intimidire e hanno tenuto ben visibile il cartello e le rosse bandiere fino alla fine. Il PMLI riscontra sempre un’ottima accoglienza tra le masse modenesi grazie al duro lavoro portato avanti con costanza e sacrificio. Nello spirito della Resistenza, cacciamo il nuovo Mussolini Renzi, per il socialismo! Coi Maestri e il PMLI vinceremo! MIRANDOLA Gli antifascisti trovano risveglio e sollievo nella presenza del PMLI. Contestata fortemente la presenza del PD. Ennesima provocatoria identificazione dei nostri compagni da parte delle “forze dell’ordine”, schivata la perquisizione Dal corrispondente dell’Organizzazione di Modena del PMLI Mirandola, sabato 23 aprile 2016. L’Organizzazione di Modena del PMLI ha partecipato al corteo pacifico, democratico e antifascista nel 71° Anniversario della Liberazione del comune della Bassa modenese per ricordarne i caduti. Subito all’arrivo in piazza molti mirandolesi si sono avvicinati ai compagni del PMLI provando un’estrema gioia nel rivedere il colore rosso e la bandiera rossa con la falce e martello in piazza. Abbiamo ascoltato chi ci raccontava storie di Resistenza e di quanto era importante per loro quel simbolo. Qualcuno ha anche intonato il canto “Bandiera Rossa”. Durante l’attesa per la partenza del corteo c’è stata l’ennesima provocatoria identificazione dei nostri compagni da parte delle “forze dell’ordine” con il rischio della perquisizione. Nonostante tutto i compagni non si sono fatti intimidire dimostrando nuovamente coraggio proletario e rivoluzionario. Le “forze dell’ordine” si sono fermate “solo” alla richiesta dei documenti dei compagni del PMLI poiché erano sott’occhio delle masse in piazza. Evidentemente avevano capito che eravamo molto apprezzati dai manifestanti. Mirandola (Modena), 23 aprile 2016. Il corteo con gli omaggi floreali ai partigiani caduti (foto Il Bolscevico) Il corteo ha percorso il centro, ancora devastato dal terremoto del 2012 nonostante le false promesse del governo PD di ricostruzione, fermandosi nei vari ceppi ai caduti, deponendo un mazzo di fiori e cantando “Bella Ciao”. A fine corteo, tornati nuovamente in piazza, durante le foto di gruppo, un esponente dell’ANPI locale ha voluto abbracciarci poiché coerente con i valori che trasmettiamo. Bella differenza col PD che è stato contestato pur se presente al corteo con un solo esponente. Il compagno dell’ANPI durante l’abbraccio ci ha detto che in noi ha ritrovato il “karma” e non vedeva l’ora di stare vicino a noi molto infastidito della presenza piddina. Abbiamo sentito molti commenti al riguardo del- la presenza del PD, soprattutto uno che si è ripetuto, “come hanno il coraggio di presentarsi”. Ancora un successo per il PMLI nel modenese, dove i compagni riescono ad essere presenti tra le masse popolari e a lavorare per un ottimo radicamento. Ci ha fatto molto piacere ricevere la fraterna e militante solidarietà dei dirigenti nazionali del PMLI con alla testa il compagno Giovanni Scuderi per le provocazioni subite a Mirandola e a Modena. Nello spirito della Resistenza cacciamo il nuovo Mussolini Renzi, per il socialismo! Coi Maestri e il PMLI vinceremo! Comunicato dell’ANPI Bassa Resistente Modena Comitati contro TTIP – Campagna Stop TTIP Manifestazione nazionale a Roma Pubblichiamo estratti del comunicato ANPI Bassa Resistente con cui veniva annunciata la manifestazione per il 71° Anniversario della Liberazione che si è svolta il 23 aprile a Mirandola (Modena). FlmUniti-Cub - Telecomunicazioni Telecom Italia SpA – Sciopero nazionale di 1 h a fine turno per tutti i settori escluso AOA, 2 h a fine turno per il settore AOA Telecom Tra il 22 e il 23 aprile del 1945 ovunque nelle borgate e nei centri della Bassa le prime ore di libertà furono salutate da ma- Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl, Uiltucs, Uiltrasporti Generale Plurisettoriale, Angem e altre – Sciopero lavoratori turismo, ristorazione collettiva, agenzie viaggio, industria turistica, pulizie, multiservizi, farmacie Usb-Vvf – Sciopero dei Vigili del Fuoco Modena, 25 Aprile 2016. Le bandiere e il cartello del PMLI in Piazza Grande durante la commemorazione istituzionale (foto Il Bolscevico) nifestazioni di esultanza popolare: un sentimento questo che era vivo anche in chi magari non aveva preso parte in qualche modo alla lotta di liberazione ma avvertiva comunque un gioioso sollievo: non soltanto lo stato di guerra, con le sue privazioni e i suoi pericoli, era finalmente giunto a termine, ma anche e soprattutto l’incubo più terrorizzante, legato alla presenza vessatrice e sanguinaria dell’occupante tedesco e del suo spietato collaborazionista repubblichino, era stato scon- fitto. Da subito si insediarono le nuove municipalità democratiche mentre a Roma si sarebbe costituito, di lì a poco, il governo di unità antifascista guidato da Ferruccio Parri “Maurizio”, espressione politica della Resistenza vittoriosa. Oggi, ci troviamo in una fase in cui in tutta Europa spirano venti di conservazione, di populismo e addirittura, in alcuni casi, di autoritarismo: donde la crescita e la diffusione di movimenti dichiaratamente neonazi- sti e neofascisti. In Italia, quelli che apparivano semplici rigurgiti di nostalgia, si stanno manifestando con rinnovato impegno, con rinnovata ampiezza e con crescente diffusione. Si aprono nuove sedi di movimenti neofascisti, si assumono iniziative, spesso ardite, da parte di Forza Nuova, di “Fiamma Tricolore”, di “Casa Pound”, con un vero e proprio crescendo e spesso con la protezione e l’incoraggiamento anche da parte di pubblici amministratori. 25 Aprile / il bolscevico 9 N. 18 - 5 maggio 2016 FIRENZE Significativo successo della delegazione del PMLI, anche fra turisti cinesi, americani e francesi. Cantata “Bella Ciao”. Silvano Sarti, presidente onorario dell’ANPI provinciale, omette clamorosamente di lanciare il No ai referendum sulla Costituzione Firenze, 25 Aprile 2016. La delegazione del PMLI entra in Piazza della Signoria poco dietro lo striscione della Carovana per la Costituzione (foto Il Bolscevico) deludente discorso ha clamorosamente omesso ogni riferimento alla controriforma costituzionale di Renzi e all’appello dell’ANPI nazionale a lavorare per il No ai referendum costituzionali e sulla controriforma elettorale. Saltando di palo in frasca Sarti ha voluto però rilanciare il suo attacco astioso all’astensionismo alle elezioni politiche e amministrative. Nel pomeriggio i marxistileninisti fiorentini sono stati presenti all’iniziativa in Piazza Santo Spirito organizzata da Firenze antifascista, durante la quale è stata deposta una corona al monumento alla Medaglia d’Oro Aligi Barducci “Potente” e un corteo ha raggiunto Piazza Tasso per deporre un’altra corona al monumento ai martiri trucidati dai repubblichini il 17 luglio del 1944. Nel corteo i nostri compagni hanno sfilato con il cartello del PMLI sul 25 Aprile e hanno diffuso alcune centinaia di volantini. BORGO S. LORENZO Grazie a PMLI e PRC cantata integralmente “Bella ciao” al monumento alla Resistenza. Il cartello del Partito apprezzato dai manifestanti Firenze, 25 Aprile 2016. Le bandiere e il cartello del PMLI davanti a Palazzo Vecchio (foto Il Bolscevico) Redazione di Firenze In occasione del 71° Anniversario della Liberazione dal nazi-fascismo i marxisti-leninisti fiorentini hanno festeggiato come sempre tra le masse popolari. Una bella delegazione del PMLI, unico partito presente con le proprie insegne, ben caratterizzata dal rosso, dei fazzoletti e delle magliette del Partito, dalle bandiere del Partito e dal cartello con il manifesto per il 25 Aprile ha partecipato alla commemorazione istituzionale della mattina, in programma la deposizione di una corona ai caduti in piazza dell’Unità, successivo corteo fino a Palazzo Vecchio, e qui, sull’Arengario, i discorsi ufficiali. La delegazione, guidata dalla compagna Claudia Del Decennale, Responsabile del PMLI per la Toscana, ha otte- Firenze, 25 Aprile 2016. Alcune turiste americane mentre posano con la bandiera e il cartello del PMLI (foto Il Bolscevico) Firenze, 25 Aprile 2016. Il cartello del PMLI nel corteo del pomeriggio che ha attraversato l’Oltrarno (foto Il Bolscevico) Firenze, 25 Aprile 2016. Angela Rossi, portabandiera dell’ANPI “Oltrarno” alla partenza del corteo in piazza dell’Unità. Alla sua sinistra Ubaldo Nannucci, presidente provinciale dell’ANPI (foto Il Bolscevico) nuto un significativo successo. A parte lo sguardo esterefatto del sindaco Dario Nardella quando ha visto il suo caporione, il nuovo Mussolini Renzi, in camicia nera sul manifesto del Partito, non ci sono stati che apprezzamenti. Tra i partecipanti più di uno ha sottolineato compiaciuto: “guarda Renzi dove l’hanno messo”. Diversi amici e conoscenti sono venuti a salutare la delegazione e si sono uniti ad essa. Il cartello è stato super fotografato dai passanti, molti stranieri, in particolare cinesi che hanno voluto il volantino indicando Mao e le insegne del Partito con enfasi. Larga diffusione del volantino ad hoc, accolto con espressioni di sostegno come “ci sono ancora i comunisti”, “c’è ancora qualcuno che porta in piazza la falce e il martello”, un uomo ci ha dichiarato: “vi amo”, lo stesso in pratica ha fatto una donna in piazza Signoria. Durante il corteo un gruppo di americani di New York, composto in particolare da donne molto combattive, hanno voluto sfilare portando il cartello e la bandiera del Partito e ci hanno raccontato di avere dei parenti partigiani a Salerno. Una ragazza friulana che studia a Firenze si è avvicinata alla delegazione chiedendo la bandiera del Partito per conto di suo padre in quanto nella sua zona non esiste un partito comunista autentico. Non potendola accontentare, poiché la bandiera non viene venduta e data a chi non è militante o simpatizzante attivo del Partito, ha lasciato un contributo per 2 fazzoletti del Partito e ha voluto sfilare con noi. All’ingresso di Piazza del Duomo un gruppo di donne ha salutato la Delegazione a pugno chiuso. In Piazza della Signoria molti gli stranieri che venivano a chiedere informazioni sul cartello e sulla giornata, scattavano foto, ci facevano i complimenti. Un giovanissimo, sui tredici anni o anche meno, della Francia ha voluto lasciare un contributo per un fazzoletto del Partito. La delegazione ha cantato “Bella Ciao”. Fra gli oratori davanti a Palazzo Vecchio il presidente onorario dell’ANPI provinciale Silvano Sarti, che nel suo Dal corrispondente dell’Organizzazione di Vicchio del Mugello del PMLI L’Organizzazione di Vicchio del Mugello del PMLI ha partecipato al corteo per il 25 Aprile a Borgo San Lorenzo (Firenze) in occasione del 71° Anniversario della Liberazione. Circa duecento antifascisti borghigiani e mugellani si sono ritrovati in Piazza Dante per andare, col tradizionale corteo, a deporre le corone ai cippi e mo- numenti che ricordano la Resistenza. Come già succede da anni l’organizzazione della celebrazione è all’insegna del nazionalismo patriottardo e dunque non sono mancate le varie esecuzioni dell’inno nazionale. Al monumento alla Resistenza finalmente la banda musicale di Marradi ha eseguito la canzone che rappresenta lo spirito del 25 Aprile, “Bella ciao”. L’ha però eseguita solo a metà per cui a cantarla integralmente ci hanno pensato i compagni del Borgo San Lorenzo (Firenze), 25 Aprile 2016. Le insegne del PMLI al corteo in occasione del 71° della Liberazione dal nazifascismo (foto del compagno Antonio Banchi del PRC) PMLI e del PRC della sezione di Borgo San Lorenzo presenti con le proprie bandiere. I nostri militanti, simpatizzanti e amici oltre ad indossare al collo i fazzoletti del PMLI e dell’ANPI, avevano le bandiere dei Maestri e del PMLI e il cartello con sopra i manifesti del Partito sul 25 Aprile dove, con la sua splendida grafica, spiccava la parola d’ordine “Nello spirito della Resistenza cacciamo il nuovo Mussolini Renzi, per il socialismo” che ha rappresentato, per la sua attualizzazione, la punta più avanzata del corteo e ha ricevuto molta attenzione dai presenti. Molti gli antifascisti che ci hanno salutato in modo caloroso: insomma, i compagni si sono mossi come pesci nell’acqua tra la popolazione antifascista mugellana. Un ringraziamento al compagno simpatizzante Andrea che ha intonato benissimo “Bella ciao” al monumento alla Resistenza così come all’amico Gianni che è stato esemplare nello sbandierare la bandiera dei Maestri e nel prodigarsi con la banda musicale perché eseguisse “Bella Ciao”. Un altro ringraziamento all’amico Antonio Banchi del PRC che ha ben curato, come sempre, il servizio fotografico. PRATO Grande partecipazione al corteo, la piazza intona “Bella ciao” La denuncia del PMLI del nuovo Mussolini Renzi cattura l’attenzione delle masse e dei media Dal corrispondente della Cellula “Stalin” di Prato Migliaia di manifestanti hanno preso parte al corteo cittadino partito da Piazza Duomo e conclusosi in Piazza Del Comune. A metà percorso, in Piazza Delle Carceri, è andata in scena ancora una volta l’odiosa parata militare con la prefetta di Prato Maria Laura Simonetti e il neopodestà renziano Matteo Biffoni che hanno passato in rassegna le forze armate mentre la banda musicale intonava l’inno di Mameli e altre marcette militariste. In risposta a questa canea revisionista che ormai da anni lavora alacremente per spoglia- re il 25 Aprile della sua peculiarità antifascista per ricondurlo sotto il falso simbolo del patriottismo, del militarismo e del “volemose tutti bene” mettendo sullo stesso piano vittime e carnefici; militanti, simpatizzanti e amici del PMLI, Fed. PDCI, Anpi-Prato e Comitato Gay e Lesbiche hanno intonato ripetutamente “Bella ciao” e lanciato alcuni slogan fra cui: “Ieri oggi e anche domani gloria eterna ai partigiani”. Fin dal concentramento in Piazza Duomo, la fulminante denuncia del manifesto del PMLI con la parola d’ordine: “Nello spirito della Resistenza, cacciamo il nuovo Mussolini Renzi, per il socialismo” e il fotomontaggio di Renzi travestito da Mussolini ha suscitato la piena approvazione di decine di manifestanti che sono sfilati al nostro fianco e ci hanno fatto i complimenti per la coraggiosa denuncia politica e per la bellissima grafica: Tra i commenti: finalmente qualcuno ha il coraggio di smascherare completamente Renzi e di dire davvero come stanno le cose. Il cartello ha catturato anche l’attenzione di molti fotografi, cineoperatori e dei media locali che lo hanno superfilmato e superfotografato a più riprese dandogli anche un certo risalto nelle cronache cittadine sia pure con una titolazione fuorviante come ha fatto ad esempio “La Nazio- 10 il bolscevico / 25 Aprile Prato, 25 Aprile 2016. Il cartello del PMLI spicca nella piazza durante la commemorazione ufficiale (foto Il Bolscevico) ne” che ha scritto: “Liberazione, festa e fuori programma” che oltrepassa il ridicolo quando nell’articolo spiega che il “fuori programma” sarebbe quello inscenato dalle “rappresentanze del Partito marxista-leninista e del movimento Gay e Lesbiche” che giustamente hanno criticato il cerimoniale conclusosi senza l’intonazione della “colonna sonora della Resistenza” e insieme alla stragrande maggioranza dei manifestanti hanno cantato a squarcia gola “Bella Ciao” proprio in risposta alle marcette militariste risalenti addirittura alla prima guerra mondiale imperialista intonate dalla banda musicale per quasi tutto il corteo e che nulla hanno a che vedere col 25 Aprile. N. 18 - 5 maggio 2016 FUCECCHIO Battagliera partecipazione del PMLI al corteo Redazione di Fucecchio Il 71° della Liberazione dal nazifascismo è stato celebrato con un breve corteo a Fucecchio (Firenze) che dalla piazza antistante il comune si è concluso davanti al monumento ai caduti. Una ricorrenza sempre più istituzionale che le amministrazioni a guida PD della nostra zona stanno organizzando sempre più stancamente, quasi “obbligate” a farlo per evitare le critiche dell’elettorato di sinistra. Il PMLI non ha rinunciato ad attualizzare i valori della Resistenza distribuendo volantini di denuncia dell’attuale governo guidato dal nuovo duce Renzi che sta portando a termine le controriforme piduiste e neofasciste. Una presenza, quella dei marxisti-leninisti, sempre più indigesta ai dirigenti locali del PD ma apprezzata da chi ha capito che Renzi e il suo partito non sono altro che gli attuali amministratori degli affari della borghesia. I compagni, con le loro ban- diere rosse, i corpetti e le magliette del partito hanno partecipato con il loro spirito battagliero cantando “Bella ciao” seguiti da altri manifestanti che hanno espresso anche parole di stima. La giornata si è conclusa con un pranzo popolare organizzato dall’Anpi alla Casa del popolo dove non erano presenti esponenti del PD, a segnare anche fisicamente il distacco avvenuto tra questo partito e le masse di sinistra e antifasciste. Fucecchio, 25 Aprile 2016. La rossa presenza del PMLI al corteo (foto Il Bolscevico) RAVENNA Prato, 25 Aprile 2016. PMLI, PDCI, Anpi-Prato e Comitato Gay e Lesbiche mentre intonano “Bella Ciao” CATANIA La presidente provinciale dell’ANPI critica l’Europa per la chiusura delle frontiere e dove proliferano i movimenti neofascisti. Il neopodestà Bianco scansa la contestazione pronunciando al chiuso il suo intervento. Il PMLI sfila in corteo con le proprie insegne e diffonde il volantino sul 25 Aprile La bandiera del PMLI sventola per la prima volta il 25 Aprile. Apprezzamenti dall’ANPI e da un assessore Dal corrispondente dell’Organizzazione di Ravenna del PMLI Per la prima volta la bandiera rossa del PMLI ha sventolato sulla piazza di Mandriale. Nonostante la mattinata fredda e ventosa, un gruppo di manifestanti si è ritrovato per ricordare le gloriose giornate della lotta partigiana che portarono alla Liberazione dal nazifascismo. L’Organizzazione di Ravenna del PMLI era presente con la propria bandiera, molto ammirata. Presenza apprezzata anche dall’assessore comunale Martina Monti e da Paolo Fratti, dirigente locale dell’Anpi. Dopo un breve discorso è stato fatto il giro dei cippi nei luoghi ove caddero i combattenti antifascisti per la libertà, per deporre fiori rossi e corone. Ravenna, 25 Aprile 2016. In compagno Franco Melandri davanti a uno dei cippi partigiani visitati dai manifestanti per celebrare la Liberazione dal nazi-fascismo (foto Il Bolscevico) Una breve sosta è stata fatta anche al monumento dove morì Anita Garibaldi, alla cui memoria è stata deposta una corona di fiori. Una giornata interessante se non fosse che tutto si è svolto sotto l’ala oscurante del PD. Alcuni dei caduti combatterono seguendo l’ideale di Mazzini ma la loro bandiera non era presente. L’Anpi è di tutti, così dovrebbe essere. Viva il PMLI! Coi Maestri vinceremo! FORLI’ Le bandiere dei Maestri e del PMLI ricordano il sacrificio dei partigiani Dal corrispondente della Catania, 25 Aprile 2016. Nel corteo per celebrare il 71° della Liberazione la presidente dell’ANPI provinciale Santina Sconza sfila accanto al medagliere, poco dietro la delegazione del PMLI (foto Il Bolscevico) Dal corrispondente della Cellula “Stalin” della provincia di Catania Anche per le vie catanesi si è celebrato il 71° Anniversario della Liberazione dal nazifascismo. Compagne e compagni della Cellula “Stalin” della provincia di Catania e dell’Organizzazione di Caltagirone del PMLI hanno sfilato nel corteo indetto dall’ANPI con le bandiere, indossando i corpetti e distribuendo i volantini redatti dal Partito in occasione di questo 25 Aprile. Gran parte delle forze progressiste catanesi hanno partecipato alla manifestazione che, partita da piazza Stesicoro, si è conclusa in piazza Dante con i discorsi della presidente provinciale dell’ANPI, Santina Scon- za, e del segretario provinciale della CGIL, Giacomo Rota. Nel suo discorso, la presidente provinciale dell’ANPI ha criticato duramente l’Europa immersa nelle guerre, che chiude le proprie frontiere ai migranti, in cui prolificano i movimenti neofascisti che fomentano l’odio tra i popoli. Altri punti salienti del discorso sono stati l’attacco alle politiche antipopolari di Renzi, che vanno contro i principi sanciti dalla Costituzione del ’48 e contro lo Statuto dei lavoratori, ma anche il ricordo delle proteste dell’ANPI di Catania contro le manifestazioni di piazza dei movimenti neofascisti e la lotta affinché queste vengano proibite. Forti sono state le contestazioni per la presenza delle isti- tuzioni, rappresentate dal sindaco Enzo Bianco. Il sindaco piddino ha scansato gli attacchi pronunciando il suo discorso nel chiostro del municipio (dov’è collocata la lapide) alla sola presenza di alcuni rappresentanti dell’ANPI e di alcuni esponenti del PD, consapevole delle reazioni che avrebbe suscitato tra i manifestanti. Ciononostante, parte del corteo ha lanciato slogan contro la sua ipocrita presenza e contro il governo Renzi. Rivivere lo spirito della Resistenza oggi, per il PMLI, vuol dire lottare per abbattere il regime piduista e imperialista retto dal nuovo duce Renzi. Alla testa della nuova lotta antifascista deve esserci, come nel ’45, la classe operaia cui spetta di diritto il potere politico. Cellula “Stalin” di Forlì Lunedì 25 Aprile militanti e simpatizzanti della Cellula “Stalin” di Forlì del PMLI hanno, come sempre, partecipato alla celebrazione del 71° della Liberazione dal nazi-fascismo, che si è svolta in Piazza Saffi dove ai piedi dei lampioni dove venivano impiccati i partigiani e poi lasciati lì dai fascisti come minaccia e monito per la popolazione, sono stati depositati corone di fiori, così come al Sacrario ai partigiani. Il discorso del sindaco PD Davide Drei, così come le premiazioni degli studenti partecipanti al concorso per il 25 Aprile, si sono tenuti dentro al salone comunale, piuttosto che in piazza come di consueto, a causa del maltempo che minacciava pioggia. Le bandiere dei Maestri e del PMLI hanno ricordato ai presenti il contributo determinante che i comunisti hanno dato alla Resistenza e alla Liberazione, così come i volantini distri- buiti hanno chiarito che Renzi è solo una versione più moderna e tecnologica di Mussolini e che per tenere vivo oggi lo spirito dell’antifascismo e della Re- sistenza occorre lottare uniti per abbattere questo governo neofascista, antioperaio, piduista e interventista e cacciare via il nuovo duce Renzi. Forlì, 25 Aprile 2016. Le insegne del PMLI in piazza Saffi. Con la bandiera il compagno Denis Branzanti, Responsabile del PMLI per l’Emilia-Romagna (foto Il Bolscevico) 25 Aprile / il bolscevico 11 N. 18 - 5 maggio 2016 LECCE La bandiera del PMLI sventola alta e attira la curiosità degli studenti medi Dal corrispondente della Cellula “Nerina ‘Lucia’ Paoletti” di Lecce Quest’anno la ricorrenza del 25 Aprile nel leccese non è stata esclusivo appannaggio delle istituzioni borghesi: la Cellula “Nerina ‘Lucia’ Paoletti” di Lecce del PMLI ha partecipato con spirito combattivo e militante al corteo unitario, avuto luogo nella mattinata, organizzato dal centro sociale CSOA Terra Rossa, aperto a tutte le realtà dell’antifascismo. Come non accadeva da anni, le strade del capoluogo salentino sono state attraversate da un fiume di bandiere rosse, accompagnate dai tradizionali canti di lotta partigiana. La bandiera del PMLI ha sempre sventolato in alto, suscitando la curiosità degli studenti medi, i quali hanno certamente costituito il cuore del corteo ma che al contempo sono ancora sotto il giogo della “sinistra” falsa e borghese. Molti si sono fermati ad interagire con i compagni. Non sono mancati scambi di punti di vista circa l’astensionismo elettorale, le trivellazioni e la necessità di mettere fine alla barbarie darsi appuntamento in via Tasso, oggi Museo della Liberazione, ieri famigerato carcere delle torture inflitte dai nazi-fascisti. Il corteo, partito dal Colosseo, ha scandito i canti simbolo della Resistenza. I partigiani han- Dal corrispondente Lecce. Un aspetto del corteo per il 25 Aprile. Sulla destra si nota la bandiera del PMLI (foto Il Bolscevico) dei CIE: in questo modo si evidenziano le differenze tra gli autentici marxisti-leninisti e coloro che si spacciano tali o si riconoscono apertamente nel trotzkismo e nel revisionismo. Il nostro Partito, con la sua linea astensionista anticapitalista, non cedendo alle logiche borghesi del cretinismo parlamentare, mette in luce le contraddizioni di quei gruppi politici che si appoggiano sull’elettorato o di quei loschi personaggi che ipocritamente si dichiarano “comunisti” ma che in tempo di elezioni si schierano aperta- mente con liste civiche a fianco del candidato borghese. È dunque necessario che qualsiasi autentico comunista, che intende tenere alta la bandiera del 25 Aprile e della Resistenza, debba schierarsi col PMLI, nel nome dell’emancipazione del proletariato e delle masse, contro il governo del nuovo duce Renzi, contro l’UE imperialista, per il socialismo. W la Resistenza! Teniamo alta la bandiera del 25 Aprile! Coi Maestri e il PMLI vinceremo! dell’Organizzazione di Civitavecchia del PMLI Un 25 Aprile istituzionale molto sotto tono quello di quest’anno a Civitavecchia, nel 71° Anniversario della Liberazione dell’Italia dal nazi-fascismo. Al concentramento al Parco della Resistenza dove tutti gli anni si celebra il 25 Aprile erano altri partiti, compagni di lavoro e delegati della Barilla, funzionari e iscritti della Cgil. Come sempre l’atmosfera della manifestazione era quella giusta, che solo il 25 Aprile può creare ma, nel contempo, ho notato che tutto quanto questa storica data rappresenta, spesso non riesce ad uscire da questo giorno della memoria. Si fatica a far entrare questi valori e ideali in fabbrica e nei luoghi di lavoro in generale. Si fatica a trovare quel coordinamento per una battaglia di fronte unito, fra i vari partiti della sinistra, per lottare contro il governo del nuovo duce Renzi e tutte le sue malefatte. E ancora non si è riusciti a smuovere la CGIL, dove inve- ce è l’opposizione interna ad essere zittita in barba alla “carta dei diritti” tanto declamata. Il corteo dopo la sosta in Piazzale della Pace si è diretto in Piazza Garibaldi, dove si è svolto il comizio conclusivo. A latere un coro cittadino ha intonato diverse canzoni del movimento operaio e partigiano, attirando all’ascolto molti manifestanti e creando un’atmosfera particolare: un’intensa espressione del movimento operaio e antifascista che ha urgente bisogno di trovare una pratica che, noi diciamo, deve aprire la strada per l’Italia unita, rossa e socialista. Alberto Signifredi - Parma PESARO Il PMLI unico partito presente dell’Organizzazione di Gabicce Mare del PMLI Lunedì 25 Aprile, nonostante il tempo incerto, si svolta a Pesaro la manifestazione istituzionale per l’Anniversario della Liberazione dal nazifascismo a cui il PMLI di Gabicce Mare (Pesaro Urbino) ha partecipato tenendo alta la bandiera del Partito. Il corteo partito dopo le ore 10 da piazzale Collenuccio ha fatto tappa al monumento della Resistenza. Nonostante fosse una cerimonia istituzionale hanno par- tecipato diverse realtà come i No Tav, Trivelle Zero, Azione antifascista, Collettivo Malerba (oltre al PMLI, l’unico presente come Partito). Al termine si sono svolti gli interventi delle istituzioni e dell’ANPI, per poi sciogliere il corteo. ROMA Ben accolto il volantino del PMLI in qualche decina. La cerimonia coi militari, il sindaco, il pentastellato Antonio Cozzolino, e il gonfalone del comune di Civitavecchia è stata liquidata con la deposizione di una corona di alloro. Presenti tre timide bandiere, una dell’Italia dei valori, una di Rifondazione e un’altra dell’ex Unione Sovietica e, naturalmente la nostra gloriosa Civitavecchia, 25 Aprile 2016. L’omaggio del PMLI al monumento agli internati dei lager nel Parco della Resistenza (foto Il Bolscevico) bandiera del PMLI portata con orgoglio e fierezza da un nostro compagno. Si è così reso omaggio al monumento agli internati dei lager nazi-fascisti. Quest’anno niente palco, una rappresentante dell’ANPI con un piccolo megafono ha improvvisato un mini comizio dicendo che bisogna difendere la Costituzione, anche se, aggiungiamo noi, è ormai da tempo carta straccia e di fatto è una battaglia di retroguardia specie se non la si lega a quella per il No deciso e cosciente al prossimo referendum sulla controriforma del Senato. Un nostro compagno si è trattenuto a parlare con due manifestanti, due pensionati, ambedue molto delusi della poca partecipazione e dell’assenza delle bandiere del PD, loro partito di riferimento. È un’amara constatazione vedere oggi Civitavecchia, storica roccaforte “rossa”, così malgovernata da un sindaco M5S che è solo un fantoccio del regime neofascista. NAPOLI Un grande e colorato corteo celebra il 25 Aprile. Presente la bandiera del PMLI Dal corrispondente con la distribuzione dei volantini dal titolo “Nello spirito della Resistenza, cacciamo il nuovo Mussolini Renzi, per il socialismo”, accolti di buon grado dai partecipanti. CIVITAVECCHIA PARMA La manifestazione di quest’anno ha visto una folta partecipazione. In piazzale S. Croce, luogo del concentramento, tanti parmigiani hanno ricordato la ricorrenza del 25 Aprile, Festa della Liberazione, dando poi il via a un grande e colorato corteo che ha attraversato le vie principali della città. Erano presenti esponenti e militanti di vari partiti di sinistra e diverse associazioni e comitati come Italia-Cuba. Presente anche la CGIL con diversi funzionari, delegati e iscritti. Io ho partecipato portando come sempre negli ultimi anni la bandiera del PMLI. Muovendomi lungo il corteo ho incontrato e parlato con tanti compagni di no lanciato “Bella ciao”. Tante le bandiere palestinesi. Sul palco dell’ANPI si sono alternati gli ex partigiani, molti dei quali visibilmente commossi. Per noi del PMLI le celebrazioni si sono concluse Durante il corteo contestazioni al nuovo duce Renzi. I manifestanti cacciano il candidato sindaco del PD Valente Dal corrispondente della Cellula “Vesuvio Rosso” di Napoli Migliaia di manifestanti sono scesi in piazza a Napoli per il 71° Anniversario della Liberazione dal mostro nazifascista con un riuscito corteo organizzato dalla rete cittadina con la parola d’ordine “Liberiamoci dal fascismo, dal razzismo, dalla guerra, dallo sfruttamento e dal governo Renzi”. Alle ore 10,30, incuranti della pioggia battente divenuta verso le 11 grandine, i partecipanti si sono dati appuntamento nel classico presidio di piazza Mancini e poi hanno sfilato per la zona della stazione centrale di Napoli attraversando corso Garibaldi e arrivando nella centrale piazza Cavour cantando più volte a squarciagola “Bella Ciao”. Hanno aderito al corteo i centri sociali, studenti e studentesse medi ed universitari, i disoccupati organizzati, il Comitato di Bagnoli, l’Arci gay, il sindacato USB e tanti migranti presenti anche con uno striscio- Napoli, 25 Aprile 2016. Il corteo organizzato dalla rete cittadina ne in lingua araba, contro le politiche dell’egiziano Al Sisi e per la verità sul caso Regeni; c’erano anche i compagni del PMLI. Non sono mancate durante il corteo le forti contestazioni al governo del neoduce Renzi, che in questi giorni ha fatto visita in città per firmare il fantomatico “Patto per il Sud”. Ad un certo punto del corteo la contestazione si è spostata da Renzi alla sua candidata a sindaco per le elezioni amministrative del 5 giugno, Valeria Valente, che ha cercato di partecipare al corteo fin dagli inizi a piazza Mancini ma è stata immediatamente cacciata come persona non gradita. Non hanno perdonato al suo partito di non aver organizzato uno straccio di manifestazione negli ultimi anni per ricordare la Liberazione dal mostro nazifascista. Provocazione della destra fascista contro il 25 Aprile Dal corrispondente della Cellula “Rivoluzione d’Ottobre” di Roma Come da tradizione il 25 Aprile gli antifascisti romani scendono in piazza a fianco dei partigiani e delle partigiane. Dopo l’anomala formula dell’anno scorso, si torna con il corteo ufficiale e con il sit-in conclusivo a Porta San Paolo, luogo simbolo della Resistenza romana, in cui persero la vita 600 antifascisti. Anche quest’anno la brigata ebraica e gli ex deportati non hanno partecipato all’evento, preferendo Le penne nere di di Gian Marco Chiocci, direttore de Il Tempo, e Maurizio Belpietro, direttore del giornale berlusconiano Libero, si sono scagliate all’unisono, provocatoriamente, contro il 25 Aprile per cancellarlo. L’articolo di Belpietro è stato rilanciato dal sito pressreader Roma, 25 Aprile 2016. Gli interventi partigiani dal palco di Piazza S. Paolo (foto Il Bolscevico) 2 il bolscevico / documento dell’UP del PMLI stampato in proprio - committente responsabile: M. MARTENGHI (art. 3 - Legge 10.12.93 n. 515) PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANO Sede centrale: Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 FIRENZE Tel. e fax 055.5123164 e-mail: [email protected] www.pmli.it N. 3 - 22 gennaio 2015 lavoratori / il bolscevico 13 N. 18 - 5 maggio 2016 Metalmeccanici in piazza per il contratto Manifestazioni in tutta Italia, alta l’adesione allo sciopero indetto da Cgil, Cisl e Uil Sono tornati nelle piazze i lavoratori metalmeccanici. Dopo lunghi mesi di trattative tra sindacati e controparte padronale, in questo caso Finmeccanica, si è giunti oramai a una fase di stallo sulla parte salariale. L’associazione degli industriali meccanici porta un nuovo e virulento attacco al contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL). Non è la prima volta che accade poiché questo è stato uno degli obiettivi principali della presidenza Squinzi in Confindustria; in questo caso si tratta di colpire la parte salariale che il CCNL dovrebbe solo sfiorare demandandola quasi completamente alla contrattazione aziendale. I padroni non intendono recedere da quanto affermato nel loro “Manifesto delle Relazioni Industriali” dove, tra le altre cose, si sottolinea che “le dinamiche salariali devono essere strettamente collegate ai risultati economici e reddituali conseguiti dalle aziende”. In poche parole d’ora in avanti gli aumenti saranno concessi solo in quelle aziende dove i padroni decideranno soddisfacente l’aumento di produttività e il supersfruttamento dei lavoratori. Uno schema che riproduce il famigerato modello Marchionne imposto per la prima volta a Pomigliano e poi esteso a tutto il gruppo FCA, dove i lavoratori devono piegarsi senza fiatare a ritmi forsennati di produzione in cambio di qualche euro in più. Per bloccare i salari Federmeccanica ha messo a punto una sua proposta definita “organica”, ovvero la trasformazione del “minimo contrattuale” in “salario mini- mo di garanzia”, che consiste in una paga di basso livello retributivo su cui collocare la maggioranza dei lavoratori, calcolata attraverso l’IPCA (calcolo parziale dell’inflazione). Una proposta del tutto simile a quella del governo Renzi che auspica un salario minimo stabilito per legge lasciando tutto il resto alle trattative aziendali con lo scopo di privare i sindacati del loro ruolo nella contrattazione nazionale. Per fregare i lavoratori saranno inglobati in paga base superminimi, aumenti periodici di anzianità, premi di risultato, ecc., per fare in modo che gli aumenti di salario stabiliti dal rinnovo del contratto siano assegnati, in tutto o in parte, solo se la nuova paga base risulta inferiore ai nuovi minimi salariali fissati dal contratto nazionale. Col risultato che non siano assegnati per niente perché, spostando tutte le voci accessorie in paga base, il 95% dei metalmeccanici supererà la soglia minima, in pratica sarà concesso solo ai neoassunti. In conclusione la combinazione di questi fattori creerebbe tra i lavoratori forti diseguaglianze territoriali, tra le varie aziende e all’interno della stessa fabbrica, oltre a togliere per sempre, come già avvenuto per altri contratti con la complicità sindacale, parti di salario come gli scatti di anzianità. Questi sono i punti più contestati, dobbiamo però ricordare che Cgil, Cisl e Uil si erano dette più che disponibili e propense ad accettare altre proposte irricevibili di Federmaccanica. Come ad esempio il divieto alle RSU di indire scioperi contro accordi firma- Milano, 20 aprile 2016. Un aspetto della manifestazione dei metalmeccanici per il rinnovo del contratto ti o di indirli durante le trattative; il ricorso, da parte delle aziende, all’adozione sistematica del criterio della flessibilità in materia di orari, turni, organizzazione del lavoro; l’utilizzo dello straordinario come banca-ore per riduzioni di orario negli ultimi anni precedenti l’andata in pensione (niente pagamento degli straordinari), lo sviluppo della previdenza e della sanità integrativa, rinunciando a difendere il servizio sanitario pubblico, sempre più privatizzato. Eloquente è stato il comportamento della Fiom che in un primo momento aveva presentato una propria piattaforma distinta da Cisl e Uil, per poi ritirarla e adeguarla perché Landini ha ricercato ad ogni costo l’unità e un’unica proposta con le altre due sigle confederali dopo anni di accordi separati. Ma Federmeccanica e il suo presidente Fabio Storchi non si sono accontentati di queste concessioni. Il tavolo delle trattative è comunque per il momento sospeso perché non si può rinnovare un contratto con aumenti salariali concessi solo al 5% dei lavoratori. Stiamo parlando di una categoria che raccoglie quasi 1milione e 700mila dipendenti e che storicamente rappresenta un modello per tutti gli altri rinnovi contrattuali, dove la paga netta si aggira tra i mille e mille e cinquecento euro mensili, tra le più basse d’Europa nel settore. Si è così arrivati allo sciopero nazionale di categoria di 4 ore del 20 aprile che ha letteralmente svuotato le fabbriche, il primo unitario dopo 8 anni. Nonostante l’innegabile successo dell’inizia- tiva, con manifestazioni e presidi in 100 città e una partecipazione che non si vedeva da anni, i mezzi d’informazione hanno quasi ignorato l’avvenimento e per trovare le notizie bisogna andare a spulciare nella cronaca locale. Ennesima riprova dell’appiattimento e dell’omologazione dell’informazione oramai concentrata in poche mani. La manifestazione più grande si è tenuta a Milano dove ha parlato il segretario della Fiom Landini. Migliaia di lavoratori hanno percorso in corteo le strade della città fino alla sede padronale dell’Assolombarda, decisi a respingere le proposte offensive e umilianti di Federmeccanica. Tutti i capoluoghi di provincia e i centri industriali lombardi hanno visto le tute blu in piazza per il contratto. A Reggio Emilia presidio da- vanti all’azienda di proprietà di Fabio Storchi, presidente degli industriali meccanici, dove ha parlato il segretario della Uilm Rocco Palombella. A Napoli invece ha tenuto il comizio Marco Bentivogli della Fim-Cisl. Manifestazioni con migliaia di lavoratori a Torino, Asti, Cuneo e in tutto il Piemonte. Operai combattivi anche nelle piazze di Genova, Parma, Modena, Padova e in molte città del nord, solo la durata di 4 ore ha impedito una partecipazione ancora più alta. Ovunque altissime le adesioni allo sciopero, generalmente sopra il 70%, ma in molte zone e grandi fabbriche la percentuale è stata attorno al 90-95% e in alcuni casi del 100%. Anche al centro-sud c’è stata mobilitazione, con manifestazioni, presidi e in alcuni casi blocchi stradali a Firenze, Pisa e in tutta la Toscana, a Roma, Terni, Pesaro. Manifestazione anche a Cagliari, presidi in Puglia e davanti ai maggiori centri e distretti industriali della Sicilia. I lavoratori metalmeccanici con questo sciopero hanno dimostrato determinazione e volontà di lottare per sconfiggere le posizioni di Federmeccanica e Confindustria che sicuramente non cambieranno con la nuova presidenza di Vincenzo Boccia, forte anche dell’appoggio e delle preziose agevolazioni che il nuovo duce Renzi gli concede. Landini preferisce evitare lo scontro perché il “Paese non ne ha bisogno”, ma ci dovrebbe spiegare come potranno i metalmeccanici vincere questa battaglia dal momento che i padroni e il governo cercano in ogni modo di comprimere i diritti e il salario dei lavoratori. Come la precedente e successiva La generazione 1980 andrà in pensione a 75 anni Tito Boeri, attuale presidente dell’Inps, il 19 aprile è intervenuto al “graduation day” dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e ha dato prospettive tutt’altro che rosee sulle pensioni per i nati dopo il 1980: “Abbiamo preso in considerazione i lavoratori dipendenti, ma anche gli artigiani, persone che oggi hanno 36 anni e che probabilmente a causa di episodi di disoccupazione vedono una discontinuità contributiva di circa due anni. Due anni senza contributi”. Quindi, “se la generazione 1980 dovesse andare in pensione con le regole attuali che prevedono i 70 anni con l’interruzione contributiva registrata ci andrà dopo due-tre o anche cinque anni perché non ha i requisiti minimi”. Quindi, a seconda del prolungamento dell’interruzione, l’agognata pensione potrebbe slittare fino a 75 anni. Il fatto è che oggi si va in pen- sione a 66 anni e 7 mesi, ma l’età pensionabile salirà ogni due anni a partire dal 2019 per adeguarsi all’allungamento della speranza di vita, raggiungendo il massimo dei 70 anni nel 2049. Solo che bisognerà avere maturati anche i contributi necessari, che aumenteranno a loro volta e, secondo le stime, potrebbero arrivare a 46 anni nel 2049; ma i contributi sono tutt’altro che scontati, per via del dilagare del precariato che determina rapporti di lavoro discontinui e non raramente anche lunghi periodi di disoccupazione, per non parlare del lavoro nero. Tutto questo mentre anche la generazione post-1970 vede allontanarsi sempre più la pensione, comunque generalmente da fame. Non parliamo proprio dei nati dagli anni ’90, molti dei quali non hanno mai avuto un contratto stabile. Insomma: pensione nel “due- Il capitalismo ruba il futuro milamai”, come hanno scritto certe testate. Intere generazioni rischiano concretamente di non vedere mai la pensione, o quantomeno una pensione dignitosa, e vedranno cancellato un diritto basilare. Dichiarazioni sorprendenti? Non proprio: già nell’ottobre 2010 il predecessore di Boeri, Antonio Mastrapasqua, ammetteva candidamente: “Se dovessimo dare la simulazione della pensione ai parasubordinati rischieremmo un sommovimento sociale”. Lo stesso Mario Draghi ha recentemente parlato di “generazione perduta”, con la faccia tosta che può avere solo il capo della BCE che promuove le politiche draconiane per salvare il capitalismo sulla pelle, le lacrime e il sangue dei lavoratori. Lo stesso Boeri è fra le menti del “Jobs act” e tuttora non propone certo l’abolizione del precariato e l’abbassamento dell’età per la pensione come soluzioni. È semmai grave che i governi che si sono succeduti, da Berlusconi a Monti a Letta a Renzi, abbiano permesso che ciò avvenisse senza muovere un dito, anzi hanno fatto scempio del sistema pensionistico pubblico, in particolare con la riforma Fornero, alzando sistematicamente l’età pensionabile e passando al solo contributivo; ma hanno distrutto anche il diritto del lavoro, privando i giovani del lavoro stabile. Spalancando le porte a banche, assicurazioni e fondi privati, con conseguente salasso per le masse popolari. La segretaria della CGIL, Camusso, ha chiesto “un piano straordinario per l’occupazione giova- nile da finanziare con una riforma fiscale. Bisogna spostare la tassazione su chi ha di più” e detto che “bisogna decidere come si fa, invece, a dare lavoro a questa generazione”. Una posizione, peraltro piuttosto debole, che comunque non è seguita da iniziative di lotta dure e decise che la gravità della situazione imporrebbe. Che altro c’è da aspettare, per esempio, per proclamare lo sciopero generale? Comunque siamo di fronte ad un’ulteriore riprova che il capitalismo e i governi che ne curano gli interessi non fanno altro che rubare diritti e futuro ai giovani. La “generazione perduta” non ha altra scelta che abbattere questo sistema capitalistico per conquistare un futuro dignitoso, libero dallo sfruttamento e dalla povertà. Direttrice responsabile: MONICA MARTENGHI e-mail [email protected] sito Internet http://www.pmli.it Redazione centrale: via A. del Pollaiolo, 172/a - 50142 Firenze - Tel. e fax 055.5123164 Iscritto al n. 2142 del Registro della stampa del Tribunale di Firenze. Iscritto come giornale murale al n. 2820 del Registro della stampa del Tribunale di Firenze Editore: PMLI chiuso il 27/4/2016 ore 16,00 ISSN: 0392-3886 14 il bolscevico / interni N. 18 - 5 maggio 2016 Nemmeno Berlusconi era giunto a tale falsa denuncia Renzi: “Per 25 anni barbarie del giustizialismo” L’arroganza del nuovo duce non ha limite La piazza lo deve cacciare Ringalluzzito dalla vantata “vittoria” astensionista al referendum sulle trivelle, e per uscire dall’angolo in cui le numerose inchieste giudiziarie, in testa quella di Potenza l’avevano messo, Renzi ha approfittato del dibattito sulle due mozioni di sfiducia delle opposizioni al governo per usare il Senato come una tribuna per sferrare un ulteriore e più duro colpo all’intera magistratura, e per sancire una volta per tutte la superiorità e l’intoccabilità del potere politico rispetto al potere giudiziario. Prendendo spunto dall’intervento del NCD Gabriele Albertini, che aveva appunto rivendicato il diritto di governo e parlamento di approvare tutti i decreti Tempa Rossa che vogliono, senza che la magistratura ci possa mettere becco (“faccio totalmente mie le considerazioni del senatore Albertini”, aveva sottolineato infatti come premessa Renzi, dopo aver già fatto recapitare all’ex leghista un biglietto di apprezzamento), il nuovo duce si è così scagliato contro i magistrati: “Questo Paese ha conosciuto figure di giudici eroi che hanno perduto la vita nella lotta contro la mafia, contro la camorra, contro la corruzione e contro l’illegalità. Ma questo Paese ha conosciuto anche negli ultimi venticinque anni, pagine di autentica barbarie legate al giustizialismo”. Un attacco, nel tono e nel contenuto, di una violenza e di un’arroganza senza precedenti, tale da far impallidire perfino quelli a cui Berlusconi ci aveva abituato, con i suoi “magistrati cancro della nazione” e “disturbati mentali”. Tant’è vero che a rincarare la dose il premier non si è peritato di aggiungere: “Un avviso di garanzia, strumento processuale a tutela dell’indagato, è stato per oltre vent’anni una sentenza mediatica definitiva. Vite di persone perbene, e ripeto persone perbene, sono state distrutte mentre i delinquenti avevano il loro guadagno nell’atteggiamento demagogico e populista di chi faceva di tutta l’erba un fascio. E oggi io dico, davanti a quest’Aula, che l’avviso di garanzia non è mai una condanna e dico all’assessore dei 5 Stelle di Livorno che noi non chiederemo le sue dimissioni perché è stato indagato perché crediamo nella Costituzione e crediamo nei processi, che si fanno nelle aule”. Riabilitazione di Craxi e di Berlusconi In sostanza il nuovo Mussolini ha detto e sottolineato che da “mani pulite” fino ad oggi la storia giudiziaria di questo Paese è stata solo una storia di “barbarie giustizialista”, comprese quindi anche le condanne di Craxi e di Berlusconi, i quali sono stati da lui implicitamente riabilitati come martiri della “persecuzione giudiziaria”, insieme a tutti i politici corrotti della prima e della seconda repubblica neofascista, arrivando naturalmente a comprendere gli inquisiti e i condannati del suo partito. E lo ha proclamato proprio mentre il suo governo è stato beccato con le mani nel barile di petrolio, nel pieno dell’inchiesta che in Basilicata vede coinvolti tutti personaggi del suo partito, dopo lo scandalo di Banca Etruria che chiama in causa la Boschi e mentre in tutta Ita- lia, dal Piemonte alla Sicilia, come documentato da Il Fatto Quotidiano del 21 e 22 aprile, sono decine e decine i sindaci, i governatori di Regione, i consiglieri e gli esponenti del PD coinvolti a vario titolo in scandali e inchieste legate a corruzione, mafie, abuso d’ufficio, appalti truccati, spese pazze, e chi più ne ha più ne metta. Non c’è da meravigliarsi, allora, se tra i più entusiasti a spellarsi le mani per il suo sfacciato attacco ai magistrati, siano stati i suoi ascari di Ala, il gruppo di fuorusciti dal partito di Berlusconi capeggiato dal plurinquisito Verdini: “Ero seduto vicino a Denis Verdini e ci siamo dati dei pizzicotti”, ha raccontato ancora incredulo a Il Fatto il capogruppo di Ala, l’ex sindaco di Aulla Lucio Barani, quello che nel suo comune aveva fatto erigere una statua a Craxi. “L’ho detto a Denis: Ma è Renzi o Craxi? Non volevo crederci, non volevamo crederci... la stessa cultura garantista, socialista e riformista. Renzi è tornato alla casa del Padre”, ha aggiunto trionfante l’ex sindaco di Aulla, sottolineando anche che se nel 2013 ci fosse stato Renzi come presidente del Consiglio Berlusconi non sarebbe mai stato condannato. Sulla scia del nuovo duce si è subito infilato il rinnegato Napolitano, ben felice di poter aggiungere a quella di Renzi anche la sua pugnalata alle spalle dei magistrati, per vendicarsi dello “sgarbo” dell’interrogatorio da parte dei giudici di Palermo sul caso Mancino-D’Ambrosio: “Ci sono stati – ha sentenziato l’(ex?) capo dello Stato - casi gravi di montature scandalistiche e giornalistiche con- tro persone che hanno ricevuto un avviso di garanzia e sono state poi scagionate... spesso vengono pubblicati pezzi di conversazioni non contestualizzate, come è successo al mio consigliere Loris D’Ambrosio che ci ha rimesso la pelle per un attacco cardiaco e io queste cose non le posso dimenticare”. Il processo mediatico a Davigo Com’era scontato, anche se ciò non rende la cosa meno scandalosa e intollerabile, non uno dei mass-media e dei pennivendoli di regime ha condannato o anche solo criticato la provocazione di Renzi. Al contrario, tutti costoro si sono scagliati come una muta di cani rabbiosi sul neo presidente dell’Associazione nazionale magistrati (Anm), l’ex pm di “mani pulite” Piercamillo Davigo, non appena questi si è sentito giustamente in dovere, a nome dei magistrati che rappresenta, di controbattere la tesi demagogica e arrogante del nuovo Mussolini. “Non commento le dichiarazioni del presidente del Consiglio – aveva detto il presidente dell’Anm a Il Fatto del 20 aprile - ma è una vecchia storia, questa del ‘giustizialismo’ e del ‘conflitto’. Non c’è nessuna guerra. Noi facciamo indagini e processi. Se poi le persone coinvolte in base a prove e indizi che dovrebbero indurre la politica e le istituzioni a rimuoverle in base a un giudizio non penale, ma morale o di opportunità, vengono lasciate o ricandidate o rinominate, è inevitabile che i processi abbiano effetti poli- tici. Se la politica usasse per le sue autonome valutazioni gli elementi che noi usiamo per i giudizi penali e ne traesse le dovute conseguenze, processeremmo degli ex. Senza conseguenze politiche”. Due giorni dopo Davigo aveva rilasciato un’intervista al Corriere della Sera, in cui riferendosi alla differenza tra i politici corrotti di tangentopoli e quelli di oggi aveva detto: “Non hanno smesso di rubare; hanno smesso di vergognarsi. Rivendicano con sfrontatezza quel che prima facevano di nascosto. Dicono cose tipo: ‘Con i nostri soldi facciamo quello che ci pare’. Ma non sono soldi loro; sono dei contribuenti”. A questo punto apriti cielo: tutti i titoli dei giornali di regime, da La Stampa a la Repubblica, da l’Unità al Giornale, e tutte le tv, dalla Rai a Mediaset a La7, hanno distorto le sue parole mettendogli in bocca la frase, mai detta, che “tutti i politici sono dei ladri”. Renzi realizza il disegno della P2 In questo modo truffaldino non solo giornalisti e politici, con in testa il PD, si sono potuti sbizzarrire nel tiro al bersaglio contro il magistrato “giustizialista”, facendo finta che la presunta “guerra tra politica e magistratura” fosse stata iniziata dalle sue parole, e non da quelle di Renzi, ma perfino alcuni magistrati compiacenti, come il garante all’ Anticorruzione, il convertito renziano Carbone, l’ex procuratore di Milano Bruti Liberati, e l’imbelle ex presidente dell’Anm, Luca Pala- mara, hanno avuto la scusa buona per intervenire e attaccare Davigo, fornendo a loro volta ai giornali il pretesto per inventarsi un suo presunto “isolamento” all’interno dell’Anm. A censurare Davigo è piombato dall’alto anche il vicepresidente del CSM, Legnini, dopo aver chiesto e ottenuto il nulla osta di Mattarella. Intervento censorio sottolineato con grande enfasi dai media, come se non si sapesse che Legnini è stato messo lì da Renzi proprio per servirlo a dovere in casi come questo! In realtà Davigo non è affatto “isolato” tra i magistrati, come millantano tutti i giornali di regime, ma anzi la sua denuncia ha ricevuto l’appoggio esplicito di molti magistrati che non sono caduti nel ricatto morale dei media renziani, e in particolare di magistrati di prima linea nella lotta a mafia, Camorra e ’ndrangheta: come il procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, il pm antimafia di Palermo, Nino Di Matteo, e il procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti. Questa vicenda dimostra ancora una volta che l’arroganza di Renzi non ha limiti, e che non si darà pace finché non avrà saldato definitivamente i conti con la magistratura, tagliando le sue teste indipendenti e pensanti e sottomettendola completamente al governo. Che poi non è altro che il vecchio disegno della P2, subordinare il potere giudiziario a quello esecutivo, che il nuovo Mussolini ha ripreso dalle mani di Craxi e di Berlusconi per portarlo finalmente a compimento. E l’unico modo per impedirglielo è cacciarlo via al più presto con la lotta di piazza. Per l’esplosione dell’oleodotto Iplom A Genova disastro ambientale colposo Non è la prima volta che succede: l’ultimo incidente risale al 2012, ma questa volta è un disastro ambientale. Nella prima serata del 17 aprile alle 20 cede un tubo sotterraneo dell’oleodotto della raffineria IPLOM, che ha sede a poca distanza da Borzoli, quartiere ovest di Genova. L’acqua del torrente Fegino diventa immediatamente nera, perché la rottura avviene nel pieno delle operazioni di pompaggio. Il petrolio arriva al torrente Polcevera e persino in mare. Molte persone che abitano nei paraggi si sentono male a causa dei miasmi e almeno una di loro deve ricorrere alle cure ospedaliere, alla faccia di quanto l’azienda scrive in merito di prevenzione di incidenti gravi sulla prima pagina del suo sito: “sulla base delle stime effettuate gli effetti dagli scenari incidentali identificati nel Rapporto di sicurezza della Raffineria non comportano danni a persone o cose nell’abitato...”. I Vigili del Fuoco tentano di li- mitare il danno, sistemando panne di contenimento lungo le sponde del Fegino e del Valpolcevera, ma la diga cede a causa della pioggia e il petrolio continua a sversarsi nei torrenti e in mare. Si susseguono comunicati e versioni contraddittori. Alle foto e alle denunce della popolazione che rivelano la vera entità del disastro ambientale si contrappone il solito atteggiamento negazionista e superficiale delle istituzioni borghesi, in testa il governatore della Liguria, Giovanni Toti, FI, che tenta di imbonire la popolazione: “A Genova il peggio è passato, l’emergenza sta finendo e le coste liguri sono al sicuro dal rischio petrolio. Le panne assorbenti hanno sostanzialmente impedito che in mare uscisse altro prodotto. Il fiume è lavato dal 90% dell’idrocarburo uscito dal tubo”. Sulla stessa linea del partito del neoduce, il ministro per le Infrastrutture Graziano Delrio, PD, che parla di “un’emergenza a bassa intensità”. Ma la situazione è ben più gra- ve di quella rivelata dalle omertose istituzioni borghesi. Il presidente di Legambiente ligure, Santo Grammatico, segnala che l’intero ecosistema della zona più vicina alla condotta è stato spazzato via. Gli alvei del rio Penego e di un tratto del rio Fegino, asciutti al momento dell’incidente, si sono imbevuti di petrolio. Gli orti e i frutteti nelle vicinanze subiranno gravi conseguenze, così le riserve idriche potrebbero risultare inquinate dal petrolio penetrato nel sottosuolo. La situazione per la popolazione non è così rosea come la presenta il goveratore. “Ne avremo per un anno – denuncia un operaio, addetto alla bonifica – come rimuovi il petrolio da una parte, lo ritrovi dall’altra”. Nonostante le panne assorbenti, una buona parte del’olio, arrivata alla foce del Polcevera, si è riversata in mare. Il greggio ha causato una moria di pesci e uccelli. Inutile dire che ne pagheranno le conseguenze anche il turismo e la pesca sostenibile, settori economici particolarmente importanti nella zona. Sospinta dal vento la chiazza, eufemisticamente definita “iridescenza” dalle incompetenti autorità, si sta spostando verso ovest, inquinando il litorale. Ha già percorso oltre 12 miglia, dirigendosi verso il Santuario Pelagos, Area Specialmente Protetta di Interesse Mediterraneo, compresa nel territorio francese, monegasco e italiano, dove i mammiferi marini sono protetti. L’impianto è stato posto sotto sequestro dal sostituto procuratore di Genova, Alberto Landolfi, che ha aperto un’indagine per disastro colposo. La produzione dell’oleodotto sarà ferma fino al 6 maggio. Per 240 dei 252 operai, che rischiano giornalmente la salute e l’incolumità a causa di impianti spesso obsoleti e privi di sicurezza, ci sarà la cassa integrazione. Il sindaco arancione di Genova, Marco Doria tende a tirarsi fuori dalla vicenda, mostrando il tesserino di presunto ecologista. Non è sufficiente aver votato “Sì” al re- ferendum sulle trivelle per declinare ogni responsabilità. E non è neanche sufficiente costituirsi parte civile nel processo che presumibilmente avverrà. Doria è sindaco d Genova dal 2012, l’anno in cui un altro importante incidente era avvenuto alla IPLOM. Il problema è che nessuno si è curato abbastanza della prevenzione. Nessuno ha controllato abbastanza. E Doria non ha svolto fino in fondo il suo dovere. Altro problema è la gestione complessiva del territorio di Genova, particolarmente delicato per la sua particolare posizione geografica, per il dissesto idrogeologico che lo caratterizza, per la presenza di impianti pericolosi e obsoleti e per la mancanza pressoché totale di interventi di messa in sicurezza, che competono alle amministrazioni. Cosa ha fatto Doria? Poi è anche chiaro che questo disastro va rimediato con i soldi della IPLOM. Il problema però è ben più vasto. Come ha già detto il PMLI nel suo documento sul referendum relativo alle trivelle, non è pensabile che “la lotta su questo fronte possa limitarsi alla sola soluzione referendaria tanto più visto l’esito tutt’ora disatteso dell’altro grande referendum, quello sulla ripubblicizzazione dell’acqua, enormemente partecipato e stravinto”. La lotta, che è praticamente tutta da cominciare, implica di “archiviare quantomeno l’idea di un modello energetico bicentenario basato sui combustibili fossili e scegliere finalmente le fonti rinnovabili che, oltre ad essere meno nocive per l’ambiente e il clima, rappresentano una potenziale opportunità per l’occupazione e per l’innovazione tecnologica”, ma questo è un obbiettivo da conseguire, passando per l’abrogazone di tutte le parti dello “Sblocca Italia” cucite su misura per le multinazionali dell’energia e per i petrolieri stessi da Renzi, che non a caso su Genova sta tacendo ostinatamente. esteri / il bolscevico 15 N. 18 - 5 maggio 2016 In Iraq l’Italia di Renzi in prima linea contro lo Stato islamico L’arrivo di quattro elicotteri NH90 a Erbil, nel Kurdistan iracheno, lo scorso 16 aprile rappresenta l’inizio ufficiale dello schieramento del contingente italiano in prima linea contro lo Stato islamico in Iraq. I quattro velivoli della brigata Friuli, ai quali se ne aggiungeranno altrettanti verso la fine del mese, saranno impiegati in “attività di personnel recovery in condizioni non permissive”, ovvero interverranno per soccorrere feriti e recuperare soldati accerchiati, se necessario anche sotto il fuoco nemico, nella zona di Mosul, la capitale del Califfato. Questa è la versione ufficiale per l’impiego di quel tipo di velivolo che può essere equipaggiato con armamenti o come elisoccorso; resta più difficile per il governo italiano “camuffare” la missione dei quattro elicotteri da battaglia Mangusta, le cosiddette cannoniere volanti che hanno partecipato a molte delle guerre di aggressione dell’imperialismo italiano dal Kosovo all’Afghanistan e che arriveranno a breve in Iraq. Lo squadrone della brigata Friuli sarà pienamente operativo nel mese di maggio quando è prevista l’offensiva su Mosul. La missione è stata messa a punto dal governo Renzi come un intervento militare camuffato da “protezione” per i lavori di consolidamento della diga di Mosul, un appalto del valore di 273 milioni di euro che si era aggiudicata la ditta Trevi di Cesena. Il 20 aprile, sotto la protezione di alcuni incursori, sono iniziati i lavori delle ruspe in piena zona di guerra per spianare l’area che ospiterà i macchinari del colossale cantiere necessario all’intervento sulla diga, un opera di cemento alta 131 metri e lunga più di tre chilometri. Gli elicotteri già schierati in zona, quelli che arriveranno, mezzi blindati e armi pesanti saranno la dotazione dei circa 450 soldati destinati alla protezione del cantiere. Detto in altre parole l’imperialismo italiano allestirà entro l’estate una base che sarà la più grossa tra quelle del contingente di occupazione dell’Iraq a poche decine di chilometri dallo Stato islamico. La ristrutturazione della diga di Mosul non è solo un intervento di ingegneria con un ritorno economico diretto per aziende italiane, è anche e forse soprattutto un’operazione militare. Che vedrà quindi in prima fila anche l’imperialismo italiano. Militari italiani durante un pattugliamento in Iraq Il Congresso del partito revisionista cubano conferma la linea del “rinnovamento” borghese e capitalista Fidel Castro appoggia il “rinnovamento” e non dice una sola parola contro l’imperialismo e le guerre imperialiste. Per lui il problema principale è l’ecologia Il VII congresso del Partito Comunista di Cuba (Pcc) che si è tenuto dal 16 al 19 aprile scorsi aveva come obiettivo principale la valutazione dell’applicazione delle Linee guida della politica economica e sociale approvate nel congresso precedente di cinque anni fa e che sono le basi della strategia di sviluppo del paese fino al 2030. Quella che starebbe attualizzando, ovvero sviluppando l’aggiornamento del modello economico destinato a costruire “un socialismo prospero e sostenibile”. Il Congresso ha approvato all’unanimità la continuità del processo di riforme economiche e sociali, quelle misure che in sostanza allentano il controllo dello Stato sull’economia e concedono più autonomia alle imprese statali e sempre maggior spazio al settore privato e agli investimenti dei capitali stranieri. Detto in altre parole il Congresso del partito revisionista cubano ha confermato la linea del “rinnovamento” borghese e capitalista; un processo avviato sotto la direzione di Raul Castro, col consenso di Fidel, come riconfermato dagli interventi dei due in apertura e chiusura dei lavori. I documenti approvati saranno sottoposti alla discussione della base del partito con una significativa inversione del processo di discussione interna che ha sollevato proteste, riportate dalla stampa sindacale. Proteste che Raul ha voluto subito chiudere nella relazione sostenendo che “si tratta della conferma e della continuità della linea accordata cinque anni fa per l’attualizzazione del nostro modello economico e sociale. I quattro progetti enumerati che si presentano in questa occasione sono risultati di un’elaborazione collettiva con la partecipazione di professori universitari, accademici, investigatori di scienze economiche e sociali e funzionari del Governo e del Partito”. Dopo una di- scussione e elaborazione a cotanto livello, siglata dal congesso, anche i militanti potranno dire la loro. Sarebbe interessante sapere che cosa ne pensa la base del Pcc del ragionamento espresso da Raul sulla “convivenza” tra la pianificazione statale e le leggi di mercato quando ha affemato che “l’introduzione della regola dell’offerta e la domanda non è nemica del principio di pianificazione. I due concetti possono convivere e completarsi a beneficio del paese, com’è stato dimostrato con successo nei processi di riforma in Cina (bell’esempio!!!, ndr) e di rinnovo in Vietnam, come loro li definiscono. Noi li chiamiamo attualizzazioni perché non cambieremo l’obiettivo fondamentale della Rivoluzione”. Se si considera che a distanza di più di mezzo secolo ancora il governo dell’Avana non è riuscito, come ha sostenuto Raul, a rendere effettivo “il principio socialista che dice ‘da ognuno secondo le sue capacità e ad ognuno secondo il suo lavoro’”, ci metterà sicuramente molto meno tempo a tornare nell’isola l’economia capitalista, sulla spinta anche del processo di normalizzazione delle relazioni con l’imperialismo americano avviato nel dicembre del 2014; altro che un “socialismo prospero e sostenibile”. E non potrebbe essere diversamente dato che la “guida teorica e concettuale per la costruzione del socialismo in Cuba”, ha ribadito Raul, sono principi che “partono dal legato martiano (il leader sudamericano anticolonialista Farabundo Marti, ndr), dal marxismo leninismo (solo formalmente, ndr), dal pensiero del leader storico della Rivoluzione cubana, Fidel Castro Ruz, e dall’opera stessa della Rivoluzione”. Quale maestro, ma di caratura revisionista e trotzkista, sia Fidel lo ha confermato lui stesso nel saluto al congresso dove ha appoggiato la linea del “rinnovamento” di Raul e non ha detto una sola parola contro l’imperialismo e le guerre imperialiste. In un passaggio dell’intervento ha affermato che è una lezione della storia “l’opera di Lenin, oltraggiata dopo 70 anni di rivoluzione”; casomai dopo 40 anni, da parte di Krusciov alla morte di Stalin. Ma non possiamo pretendere che Fidel disconosca i suoi maestri revisionisti e non minimizzi pure Lenin e la via dell’Ottobre, fingendo di rendergli omaggio, quando ha auspicato che non dovremo attendere “altri settant’anni perché avvenga un altro avvenimento storico come la Rivoluzione russa perché l’umanità abbia un altro esempio di una grandiosa rivoluzione sociale che costituisce un grande progresso nella lotta contro il colonialismo e il suo inseparabile compagno, l’imperialismo”. Secondo Fidel “il pericolo maggiore che oggi si addensa sulla terra deriva dal potere distruttivo degli armamenti moderni che potrebbero minare la pace del pianeta e rendere impossibile la vita umana sulla superficie terrestre”. Qui aveva la possibilità di affondare il colpo contro l’imperialismo e le sue guerre ma manco ci pensa, tutto preso dall’avvertire le future generazioni che se il pianeta sopravviverà si troveranno di fronte “un grande problema: come alimentare le migliaia di milioni di esseri umani le cui realtà si scontrano irrimediabilmente con i limiti dell’acqua potabile e delle risorse naturali di cui hanno bisogno”. Insomma per Fidel il problema principale è l’ecologia e non l’imperialismo e il sistema economico capitalista. Honduras Assassinata leader ecologista che difendeva gli indio La dirigente indigena Berta Caceres è stata uccisa il 2 marzo da due uomini armati che le hanno sparato nella notte nella città di Esperanza, nel dipartimento occidentale di Intibucá, a 200 chilometri dalla capitale Tegucigalpa, dove viveva. Una morte annunciata che anzitutto chiama in causa le responsabilità dello Stato, visto che la leader del Consejo Cívico de Organizaciones Populares e Indígenas de Honduras (Copinh) era sottoposta a misure cautelari dopo i processi subiti per la sua attività in difesa degli indio e delle risorse naturali. Per la sua attività nel 2015 aveva ricevuto il premio Goldman, il massimo riconoscimento mondiale per un’ambientalista, e durante la consegna del premio aveva denunciato di essere controllata e più volte minacciata di morte o di sequestro da parte delle milizie paramilitari al servizio delle società private che lei combatteva tanto che la Commissione interamericana dei diritti umani aveva ordina- to al governo neoliberista di Juan Orlando Hernandez di garantire la sua sicurezza. I familiari della leader indigena affermavano di ritenere “lo Stato honduregno responsabile per aver ostacolato la protezione della nostra Berta e averne favorito la persecuzione, la criminalizzazione e l’assassinio” i cui responsabili “sono i gruppi imprenditoriali in combutta con il governo nazionale, i governi municipali e le istituzioni repressive dello Stato, che coprono i nefasti progetti estrattivisti nella regione”. “Per questo denunciavano i familiari - anche i finanziatori di questi progetti sono responsabili della scomparsa della nostra Berta e delle tante persone che lottano contro lo sfruttamento dei territori, poiché con il loro denaro rendono possibile l’imposizione degli interessi economici sui diritti ancestrali dei popoli”. L’ultima lotta a cui aveva partecipato era stata quella contro l’attività di una impresa idroelettrica in una comunità indigena del Rio Blanco, a Santa Barbara e pochi giorni prima di essere assassinata aveva denunciato in una conferenza stampa che quattro dirigenti della sua comunità erano stati assassinati e altri minacciati. Berta Caceres aveva guidato la comunità di Rio Blanco nella lotta contro la realizzazione del complesso idroelettrico Agua Zarca, previsto sul Rio Gualcarque, nell’Honduras Nord-occidentale. Un fiume sacro per il popolo Lenka, cui Berta apparteneva, che costituisce una fondamentale risorsa idrica per circa 600 famiglie che vivono nella foresta pluviale. L’impianto era stato approvato senza il consenso della comunità, contravvenendo alla Convenzione sul diritto all’autodeterminazione dei popoli indigeni. La resistenza delle popolazioni indigene organizzata da Berta e dal Copinh contro le grandi imprese idroelettriche e minerarie era riuscita a fermare la multinazionale Sinohydro che aveva deciso di ritirare la sua partecipazione nel progetto del Rio Gualcarque a cui era interessata anche la Corporazione finanziaria internazionale, una istituzione della Banca Mondiale. Quella della comunità di Rio Blanco è stata una delle tante battaglie della leader ecologista indigena contro la devastazione dei territori ancestrali ad opera delle grandi multinazionali. Devastazione condotta senza alcun controllo da parte del governo Hernandez e di uno Stato asservito all’imperialismo americano. Obama non ha tollerato la presidenza del moderato Manuel Zelaya che aveva iniziato a rivolgere le sue attenzioni verso i paesi progressisti e nella migliore delle ipotesi non aveva mosso un dito nel 2009 quando il presidente era stato spodestato dal golpe militare. Nulla doveva mettere in pericolo i giganteschi interessi economici e militari americani nel paese che ospita tra l’altro a Palmarola la più grande base militare Usa del continente. Tenendo alta la bandiera 4 il bolscevico / governo renzi N. 3 - 21 gennaio 2016 ° del 1 Maggio LOTTIAMO PER PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANO Sede centrale: Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 FIRENZE Tel. e fax 055.5123164 e-mail: [email protected] -- www.pmli.it Stampato in proprio E CONQUISTARE IL SOCIALISMO E IL POTERE POLITICO DA PARTE DEL PROLETARIATO Committente responsabile: M. MARTENGHI (art. 3 - Legge 10.12.93 n. 515) ABBATTERE IL CAPITALISMO