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LoTTiAMo PEr AbbATTErE iL CAPiTALisMo E ConquisTArE iL

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LoTTiAMo PEr AbbATTErE iL CAPiTALisMo E ConquisTArE iL
Nuova serie - Anno XXXX - N. 18 - 5 maggio 2016
Fondato il 15 dicembre 1969
Settimanale
Tenendo alta la bandiera rossa del 1° Maggio
Lottiamo per abbattere
il capitalismo
e conquistare il socialismo
e il potere politico
da parte del proletariato
PAG. 2
Roma, 28 marzo 2015. Il compagno Andrea Cammilli, Responsabile della Commissione per il lavoro di massa del CC del PMLI alla manifestazione
nazionale della FIOM (foto Il Bolscevico)
di Andrea Cammilli
Contro il fascismo, il razzismo e i muri in Europa
Celebrato nelle piazze
d’Italia il 25 Aprile
Milano, 25 Aprile 2016. Da sinistra i compagni Alessandro Frezza, Angelo Urgo,
Responsabile del Comitato lombardo del PMLI, Federico e Cristina (foto Il
Bolscevico)
Nella foto a destra: Berceto (Rufina), 25 Aprile 2016. Il compagno Enrico Chiavacci mentre interviene per conto della sezione ANPI di Rufina all’iniziativa
davanti al casolare teatro della strage nazi-fascista del 17 aprile 1944 (foto Il
Bolscevico)
Lo striscione “Liberiamoci dal governo
Renzi” apre il corteo di Napoli, da dove
è cacciata la candidata sindaco del PD.
Apprezzato il cartello del PMLI con
l’invito a cacciare il nuovo Mussolini
Renzi. Identificati a Mirandola i
compagni che innalzavano le bandiere.
A Milano contestati i vessilli di Israele. I
partigiani romani cantano “Bella ciao”.
Mattarella chiama “missioni di pace”
le guerre imperialiste e non osa dire
una sola parola contro la controriforma
del senato. I media fascisti chiedono
l’abolizione del 25 Aprile
Importante discorso
di Chiavacci a nome
dell’Anpi di Rufina
PAG. 5-11
Perché occorre astenersi
alle elezioni comunali
del 5 giugno
Documento dell’Ufficio politico del PMLI
PAG. 4
2 il bolscevico / 1° Maggio
N. 18 - 5 maggio 2016
Tenendo alta la bandiera rossa del 1° Maggio
Lottiamo per abbattere il capitalismo
e conquistare il socialismo
e il potere politico
da parte del proletariato
di Andrea Cammilli*
Buon Primo Maggio alle lavoratrici e ai lavoratori. Che
sventoli alta la bandiera rossa della Giornata Internazionale dei Lavoratori. Sono passati 126 anni dalla prima volta in
cui i lavoratori di tutto il mondo celebrarono questa Giornata, di festa ma soprattutto di lotta, per rivendicare in un primo
momento la riduzione dell’orario di lavoro giornaliero a 8 ore
e in seguito per un generale miglioramento delle loro condizioni di vita, fino a giungere a rivendicare una nuova società che
sostituisse il capitalismo, abolendo lo sfruttamento dell’uomo
sull’uomo. Crediamo sia sempre
utile ricordare le origini di questa ricorrenza, nata dal grembo
del movimento operaio e dalla
sua lotta contro lo sfruttamento capitalistico e per l’emancipazione sociale. Fu la Seconda
Internazionale, che raggruppava un variegato fronte di partiti e organizzazioni operaie (ancora non c’era stata la scissione
tra riformisti e rivoluzionari) a
indire nel 1889 e a cominciare
dall’anno successivo il 1° Maggio come giorno in cui i lavoratori di tutte le nazioni mettessero
in piazza la loro forza e le loro
rivendicazioni.
Origine, carattere,
significato
Non c’entrano un bel nulla con questa ricorrenza i governanti borghesi e i capitalisti, anzi è stata istituita proprio
contro di loro. Sono da rigettare le tesi di chi vuole dipingerla
come una festa interclassista, la
“festa dei produttori”, intendendo in questo modo una giornata
che celebra tutti quelli che partecipano al processo di produzione capitalista, sia gli sfruttatori
che gli sfruttati di questo processo, travisando completamente e
volontariamente qual è lo spirito di classe della Giornata Internazionale dei Lavoratori. Cosa
può accomunare il nuovo Valletta Marchionne agli operai della
Fiat, ora FCA? Cosa unisce l’ex
capo di Confindustria Squinzi
ai dipendenti della Mapei o di
qualsiasi altra azienda del suo
impero industriale? Cosa accomuna un manager milionario
come Montezemolo (che tiene i
soldi al sicuro nelle società offshore di Panama) con un lavoratore, magari in mobilità o in
cassa integrazione? Per prima
cosa quindi teniamoci ben stretto, e tramandiamo anche alle
nuove generazioni di operai e di
Roma, 28 marzo 2015. Il compagno Andrea Cammilli, Responsabile della Commissione per il lavoro di massa del CC del PMLI, guida la delegazione nazionale del Partito alla manifestazione nazionale della FIOM (foto Il Bolscevico)
lavoratori, il carattere di classe
di questa festa che, non a caso,
Hitler e Mussolini abolirono e
anche nel dopoguerra ha subìto
svariati tentativi, soprattutto in
anni recenti, di soppressione.
Non si tratta di un’operazione nostalgica, noi marxisti-leninisti pensiamo veramente che il
suo spirito originario è tutt’ora
attuale e stringente. A maggior
ragione in questo particolare
momento storico dove in Italia
e a livello internazionale, i diritti e le condizioni dei lavoratori
vengono pesantemente attaccati
e ridotti. Su di loro e sulle masse
popolari viene scaricata la crisi
economica causata dal sistema
capitalistico globalizzato; una
crisi così devastante che gli stessi economisti borghesi definiscono, a causa del suo perdurare nel tempo, più grave di quella
del 1929. A causa della totale
precarizzazione dei contratti di
lavoro, di una perdita drastica
del potere d’acquisto, delle controriforme liberiste in materia di
previdenza e sanità, delle privatizzazioni dei servizi pubblici e
sociali le condizioni di vita e di
lavoro degli operai e delle masse lavoratrici hanno subito un
pesantissimo arretramento. Certo questa non è una novità; tra
una crisi e l’altra, inframezzate
da brevi periodi di “sviluppo”
e “crescita” la borghesia, per
mantenere intatti i suoi profitti,
da sempre schiaccia ancora più
forte i lavoratori e le classi subalterne.
Per rimanere nel nostro Paese
abbiamo assistito nel giro di 25
anni al completo stravolgimento
del mondo del lavoro, dalle tipologie contrattuali alle relazioni
industriali e sindacali che si erano delineate dal dopoguerra fino
agli anni ’80 del secolo scorso.
Per citare i più recenti passaggi
significativi ricordiamo il protocollo del 23 luglio 1993 sulla
politica dei redditi, il Pacchetto
Treu del 1997 che introdusse la
flessibilità e le agenzie interinali, la Legge Biagi del 2003 che
apportò nuovi contratti precari,
le “riforme” del governo Monti del 2012 con la sua “legge di
stabilità” di lacrime e sangue e
un primo attacco all’articolo 18.
Attacchi che proseguono anche
quando il lavoratore non è più
in produzione, con le controriforme pensionistiche, da quella
Dini del 1995 a quella famigerata della Fornero del 2012 che
gradualmente, ma inesorabilmente, hanno abolito la pensione retributiva sostituendola con
la contributiva e innalzato l’età
pensionabile fin quasi a 70 anni
cancellando di fatto la pensione
di anzianità di servizio con pesanti penalizzazioni economiche.
Nefandezze renziane
Politiche che sono rimaste
immutate,
indifferentemente
se al governo vi fosse la destra
o la “sinistra” borghese. Anzi,
con l’attuale governo del nuovo duce Renzi, abbiamo assistito ad un salto di qualità. È lo
stesso premier, allo stesso tempo capo del più grande partito
della “sinistra” borghese, il PD,
a rivendicarlo. “Berlusconi prometteva le riforme, io le faccio”,
ha detto più volte con arroganza, e non possiamo dargli torto,
ha superato il suo stesso maestro. Fin da quando si è insediato a Palazzo Chigi ha dimostrato
chiaramente quali erano le sue
intenzioni, solo degli stolti o degli imbroglioni politici potevano accreditarlo come un valido
interlocutore dei lavoratori. Si è
subito schierato con Marchionne e il suo modello di relazioni
industriali di stampo mussoliniano e ha attaccato i sindacati.
Ha definito il nuovo Valletta di
FCA un “quasi compagno” che
dispensa nuova occupazione
mentre i sindacati, nonostante il
loro atteggiamento arrendevole
e collaborativo, sono ferri vecchi, soggetti che interferiscono e
frenano lo “sviluppo” dell’Italia,
annoverati tra i responsabili della crisi economica e della disoccupazione.
A livello internazionale Renzi sta servendo l’Unione Europea imperialista e la sua politica di austerità più fedelmente
di Berlusconi ma non rinuncia a
portare avanti le ambizioni specifiche dell’imperialismo italiano. In particolare in Libia dove
il nostro Paese è stato tra i più
attivi a sostenere e a riconoscere
per primo un governo fantoccio
“che abbia la possibilità di chiamare un intervento della comunità internazionale”, ossia che
con la scusa della lotta al terrorismo dia legittimità a un’invasione della Libia a guida italiana. Anche in Iraq e in Siria, pur
mantenendo una posizione più
defilata rispetto ad altri Paesi,
l’Italia è parte attiva nei bombardamenti contro lo Stato islamico compiuti dalla coalizione
imperialista che stanno causando migliaia di morti.
La classe dominante borghese del nostro Paese lo ha scelto come cavallo su cui puntare
(come ha confessato Marchionne) per gestire al meglio i suoi
affari e per salvaguardare il suo
sistema economico e il suo Stato,
senza neppure essere stato eletto
e senza rispettare la Costituzione, e lui dimostra di mettercela
tutta per assolvere a questo ruolo. Con protervia fascista persegue con impegno nell’obiettivo
di estendere a tutti il precariato
e di rendere i lavoratori completamente succubi e alla mercé
dei capitalisti nostrani, mentre
a livello costituzionale intende
completare la seconda repubblica capitalista, neofascista e presidenzialista secondo il progetto
della P2, ultime mosse la legge
elettorale fascista “Italicum”, la
soppressione del bicameralismo
e un virulento attacco all’indipendenza della magistratura.
Il Jobs Act varato dal suo governo e votato dal parlamento
nero rappresenta uno dei più gravi e pericolosi attacchi ai diritti
dei lavoratori avvenuti dopo la
caduta del fascismo. Renzi può
“vantare” di essere colui che ha
cancellato l’articolo 18 che prevedeva il reintegro del lavoratore licenziato senza giusta causa,
Berlusconi ci aveva provato ma
non ci era riuscito. Ma il Jobs
Act non significa solo aver cancellato l’art. 18. Dal momento
che il nuovo assunto per i primi
tre anni può esser licenziato in
qualsiasi momento a totale discrezione del datore di lavoro,
pena un misero risarcimento,
crolla tutto l’impianto delle tutele contenute nello Statuto dei
lavoratori perché il ricatto della disoccupazione farà da freno nel far valere i propri diritti
davanti al padrone. Una misura che, come dimostrano le statistiche, ha solo ridotto le tutele
ai dipendenti ma non ha creato
occupazione, le assunzioni fatte sono riconducibili soprattutto
agli sgravi fiscali concessi alle
aziende. Oltre 8mila euro annui
risparmiati dai padroni per ogni
lavoratore che verranno a gravare sui disastrati conti pubblici.
È innegabile che le confederazioni sindacali hanno dimostrato di non essere in grado e
di non volere opporsi a questi
attacchi e di tutelare gli interessi dei lavoratori. La Cisl e la
Uil, tranne rare parentesi in cui
sono state tirate dalla forza degli eventi alla lotta, da sempre
sono per la collaborazione con i
padroni e generalmente complici dei vari governi, ma anche la
Cgil da tempo ha scelto questa
strada. Attraverso le politiche
dei redditi i suddetti sindacati
SEGUE IN 3ª
ë
1° Maggio / il bolscevico 3
N. 18 - 5 maggio 2016
ë DALLA 2ª
hanno accettato che i lavoratori
si sacrificassero per il bene e per
la competitività del sistema economico capitalistico nazionale e
attraverso la concertazione hanno subordinato gli interessi dei
lavoratori a quelli del governo
e dei padroni. Questo ha portato
alla compromissione della burocrazia sindacale con il potere
politico ed è servita a far ingoiare ai lavoratori sacrifici sempre
più grandi. Ma quando i governanti di turno hanno pensato che
potevano fare a meno dei sindacati, questi sono stati emarginati. Renzi li prende a pesci in
faccia continuamente e li vuole
rottamare.
Tutto ciò ha fatto perdere ai
sindacati la loro credibilità tanto
che oramai vengono sempre più
spesso accomunati a quella che
viene definita “casta” dagli stessi lavoratori. In questo contesto
s’inserisce la Carta dei diritti
universali del lavoro della Cgil,
ben lungi dall’essere un nuovo
Statuto dei Lavoratori che estende le tutele come viene presentata, essa si adegua e prende atto
della precarizzazione dei contratti e delle nuove relazioni industriali di tipo mussoliniano. Il
tratto principale della Carta è il
palese tentativo dei sindacati di
recuperare, istituzionalizzandosi e quindi ricevendo dalla legge
un’investitura ufficiale, almeno
l’autorità, in quanto l’autorevolezza l’hanno già perduta da un
bel pezzo. Per noi marxisti-leninisti è questa la lettura più consona da dare alla volontà della
Cgil, attraverso la Carta, di attuare l’articolo 39 della Costituzione che per quasi 70 anni i
sindacati hanno sempre ostacolato per mantenere la propria autonomia e stoppare le ingerenze dello Stato. Così facendo la
Cgil tradisce lo scopo per cui i
sindacati sono nati nell’Ottocento, allontanandosi definiti-
vamente dalla lotta di classe per
avvicinarsi al modello corporativo simile a quello fascista, a
braccetto ormai con banchieri
e industriali. La istituzionalizzazione e burocratizzazione dei
sindacati, a cui si aggiunge, nel
progetto della Carta dei diritti universali del lavoro, la vera
e propria truffa della cogestione, in attuazione dell’art. 46 della Costituzione, sono fumo negli
occhi per i lavoratori e una resa
davanti ai padroni.
Situazione sindacale
Cgil, Cisl e Uil hanno fatto il
loro tempo. Si dimostra sempre
più impellente l’esigenza di un
nuovo sindacato, ma non di una
nuova sigla che si vada ad aggiungere alle tante già esistenti
lasciando sostanzialmente tutto
immutato. Il problema è trovare la strada che porti a un sindacato che unifichi e rappresenti
davvero e fino in fondo gli interessi dei lavoratori e che eserciti una vera democrazia sindacale. Quest’ultima è negata anche
in Cgil, che a parole proclama il
pluralismo e nella pratica si dimostra intollerante contro chi
dissente come dimostra il recente “licenziamento” di Sergio
Bellavita dalla Fiom, il portavoce della minoranza di sinistra
della Cgil Il sindacato è un’altra
cosa rispedito da Landini a lavorare, o i provvedimenti disciplinari verso i delegati Fiom della
FCA di Termoli e Melfi giudicati “incompatibili” per aver partecipato a scioperi contro gli straordinari imposti da Marchionne
assieme a lavoratori iscritti a
sindacati non confederali.
Proposta del PMLI
La proposta strategica del nostro Partito è quella di costruire
dal basso un grande sindacato
delle lavoratrici e dei lavoratori,
delle pensionate e dei pensionati
fondato sulla democrazia diretta
e sul potere sindacale e contrattuale delle Assemblee generale
degli uni e degli altri. Un sindacato che si liberi della soffocante e mastodontica burocrazia
sindacale, corrotta e asservita ai
partiti e alle istituzioni borghesi,
che operi per la difesa degli interessi fondamentali e immediati dei lavoratori e dei pensionati, senza vincoli e compatibilità
dettate dai capitalisti e dal governo poiché è solo con la lotta
di classe, con l’uso di tutti i metodi di lotta a disposizione che
possono essere conquistati veri
ed effettivi avanzamenti sociali per gli sfruttati e gli oppressi.
Un sindacato che poggi sulla democrazia diretta dal basso verso
l’alto, dove valga la possibilità
di revoca in ogni momento dei
delegati e dei dirigenti, anche
al massimo livello, non più riconosciuti come tali dalla base.
Si tratta di un processo che nel
tempo comporta l’unificazione
sindacale di tutti i lavoratori e i
pensionati, andando oltre le attuali confederazioni sindacali e
anche quelle non confederali.
Siamo consapevoli che tutto questo non si può realizzare
dall’oggi al domani, ma è l’unica strada percorribile per rilanciare la conflittualità e dotare i
lavoratori di uno strumento sindacale più efficace per difendere
i loro interessi. Allo stesso tempo però dobbiamo essere consapevoli che la classe operaia nel
capitalismo avrà sempre un ruolo subalterno alla borghesia. Anche quando si riescono a strappare delle importanti conquiste
per i lavoratori e le masse popolari la borghesia, sfruttando momenti di crisi economica e fattori ad essa favorevoli, come la
debolezza e frantumazione attuale del proletariato, si riprende
quanto ha concesso. Lo vediamo proprio oggi nella crisi economica e finanziaria del capitalismo che le condizioni di vita
e di lavoro nelle aziende han-
no subìto più di un passo indietro: nelle fabbriche e negli uffici vige un clima da caserma, si
vive sotto una cappa di costante ricatto, con salari sempre più
bassi e diritti ridotti al lumicino.
Quindi il nocciolo del problema è quello di andare alla radice, cioè di lottare non solo contro le conseguenze causate dal
capitalismo;
diseguaglianze,
razzismo, povertà e tutto il resto, ma di lottare per abbattere il
capitalismo stesso e conquistare
il socialismo e il potere politico
da parte del proletariato, questa
è la madre di tutte le questioni.
La storia del movimento operaio nazionale e internazionale ha
anche dimostrato che il socialismo non si realizza conquistando la maggioranza nel parlamento borghese attraverso una croce
sulla scheda elettorale, ma attraverso la rivoluzione socialista.
Andare al governo significa solamente andare ad amministrare
gli affari per conto della borghesia perché il sistema economico rimane quello capitalistico e
l’ordinamento istituzionale, giuridico, repressivo quello borghese. Il socialismo si conquista
tramite l’abbattimento violento
dello Stato borghese.
La classe operaia deve riappropriarsi della sua ideologia,
del marxismo-leninismo-pensiero di Mao gettato alle ortiche
dai vecchi partiti che a parole
si dichiaravano “comunisti” ma
nella pratica erano dei riformisti
borghesi che prima hanno revisionato il socialismo, poi lo hanno criticato e infine sono passati armi e bagagli dalla parte del
capitalismo e adesso lo vogliono far apparire come il solo o il
migliore sistema possibile nonostante ci dicano il contrario la
fame nel mondo, le guerre imperialiste e le migrazioni. Le esperienze dell’Urss di Lenin e Stalin e della Cina di Mao invece
stanno lì a dimostrare che il capitalismo si può spazzare via e
che si può instaurare il socialismo, la società che pone le condizioni per eliminare lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e
garantire la giustizia sociale ed
economica. Quando la classe
operaia prende coscienza di essere una classe per sé, di essere
la classe antagonista alla classe
dominante borghese, di essere portatrice di un progetto per
una nuova e più avanzata società, il socialismo, la sua forza diventa dirompente, inarrestabile
e vincente. Quando invece prende il sopravvento il riformismo,
il parlamentarismo, il collaborazionismo, il pacifismo, inevitabilmente ci si arrende alla borghesia.
Non sottovalutiamo la necessità di lottare per salvaguardare gli interessi immediati dei lavoratori e delle masse popolari.
Siamo i primi a riconoscere l’urgenza di lottare contro l’attuale governo che si è dimostrato
uno dei più antioperai e antidemocratici conosciuti dall’Italia
nel dopoguerra. Renzi è un nemico giurato dei lavoratori e il
PMLI è disposto ad unirsi con
tutti coloro che sono intenzionati a combattere per spazzare
via il suo governo. A tal proposito servirà un largo fronte unito al referendum del prossimo
ottobre per seppellire sotto una
valanga di No la controriforma
costituzionale voluta da Renzi. Ma il PMLI inquadra le sue
battaglie politiche in una più generale strategia di lotta per il socialismo perché qualsiasi formazione, partito e presidente del
Consiglio succederanno al governo Renzi non faranno altro
che perpetuare il dominio della borghesia. Per questo motivo
alle elezioni amministrative del
5 giugno invitiamo l’elettorato
ad astenersi, perché le istituzioni rappresentative borghesi, di
cui fanno parte i Consigli comunali, sono le coperture “democratiche” della dittatura borghe-
se e la loro funzione è quella di
carpire il consenso elettorale e il
sostegno del popolo, illudendolo che il suo voto ai partiti che
ne fanno parte può incidere sulle
scelte governative e può migliorare le proprie condizioni. L’unico modo, a livello elettorale, per
farsi sentire, per protestare, per
far valere le proprie ragioni, per
penalizzare i partiti e le istituzioni borghesi, è quello di astenersi, disertando le urne, oppure annullando la scheda o lasciandola
in bianco. Il PMLI sostiene tatticamente l’astensionismo elettorale e invita le astensioniste e gli
astensionisti, in particolare quelli di sinistra, a qualificare politicamente il loro astensionismo
considerandolo come un voto
dato al PMLI e al socialismo.
Da parte nostra siamo convinti che la vera alternativa a
Renzi non può che essere di
classe e rivoluzionaria, non può
non portare al potere il proletariato, la classe delle operaie e
degli operai, non può non aprire
le porte al socialismo. Questa è
la missione storica a cui il PMLI
è rimasto fedele fin dalla sua nascita, quasi 40 anni fa. Chiunque voglia abbattere il capitalismo e conquistare il socialismo
ha il dovere di confrontarsi con
i marxisti-leninisti e valutare di
entrare nel PMLI come militante
oppure diventarne simpatizzante, amico o sostenitore per contribuire allo sviluppo dell’unico
Partito in Italia che vuole realizzare veramente il socialismo.
Viva il 1° Maggio!
Viva la classe operaia e i lavoratori!
Spazziamo via il governo del
nuovo duce Renzi!
Lottiamo contro il capitalismo, per il socialismo!
* Responsabile della Commissione per il lavoro di massa del
CC del PMLI
Roma, 25 ottobre 2015. Piazza San Giovanni. Una veduta parziale della grande manifestazione nazionale promossa dalla CGIL contro le misure del Jobs Act del governo Renzi e per il lavoro (foto Il Bolscevico)
4 il bolscevico / documento dell’Ufficio politico del PMLI
N. 18 - 5 maggio 2016
Perché occorre astenersi
alle elezioni comunali
del 5 giugno
Documento dell’Ufficio politico del PMLI
Perché i comuni siano governati
dal popolo e al servizio del popolo
ci vuole il socialismo
NON VOTARE
I PARTITI
BORGHESI AL
SERVIZIO DEL
CAPITALISMO
Delegittimiamo
le istituzioni
rappresentative
borghesi
ASTIENITI
CREIAMO LE ISTITUZIONI
RAPPRESENTATIVE DELLE MASSE
FAUTRICI DEL SOCIALISMO
PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANO
Sede centrale: Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 FIRENZE
Tel. e fax 055.5123164 e-mail: [email protected]
massa. Per questo il PMLI propone all’elettorato di sinistra, anche
a chi non è astensionista ma vuole il socialismo, di creare in tutte
le città e in tutti i quartieri le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo, ossia le
Assemblee popolari e i Comitati
popolari basati sulla democrazia
diretta.
Le Assemblee popolari devono
essere costituite in ogni quartiere
da tutti gli abitanti ivi residenti compresi le ragazze e i ragazzi di
14 anni - che si dichiarano anticapitalisti, antifascisti, antirazzisti e
fautori del socialismo e sono disposti a combattere politicamen-
www.pmli.it
Committente responsabile: M. MARTENGHI (art. 3 - Legge 10.12.93 n. 515)
stra, a qualificare politicamente il
loro astensionismo considerandolo come un voto dato al PMLI e
al socialismo. Il socialismo, poiché è la sola società che assicura
il potere politico al proletariato, è
l’unica vera alternativa al capitalismo; tutte le altre proposte, comprese quelle predicate da ben noti
imbroglioni politici travestiti da
comunisti, come Marco Rizzo,
pubblicizzato dai media borghesi
e persino da Radio Vaticana, sono
tutte interne al capitalismo.
Perdurando il capitalismo,
come dimostrano la storia e i fallimenti delle amministrazioni
“arancioni” e pentastellate, è impossibile che i comuni siano governati dal popolo e al servizio
del popolo, perché restano inevitabilmente succubi della volontà e
degli interessi dei grandi capitalisti, locali come nazionali, vincolati alle leggi dello Stato borghese, sottoposti ai governi di livello
superiore ed esecutori locali delle
loro politiche di lacrime e sangue.
Solo il socialismo può consentirlo attraverso un sistema elettorale che emargina la borghesia e dà
tutto lo spazio al proletariato e al
popolo.
Le istituzioni rappresentative borghesi, di cui fanno parte i
consigli comunali, sono le coperture “democratiche” della dittatura borghese e la loro funzione è
quella di carpire il consenso elettorale e il sostegno del popolo, illudendolo che il suo voto ai partiti che ne fanno parte può incidere
sulle scelte governative e può migliorare le proprie condizioni.
La realtà invece dimostra che
non è così. Esse vanno quindi
smascherate, delegittimate, indebolite, disgregate anche attraverso
l’astensionismo cosciente, anticapitalista, antifascista, antirazzista,
antiomofobo. Ma l’astensionismo elettorale non basta, occorre combatterle ogni giorno unendosi in un organismo politico di
Stampato in proprio
Domenica 5 giugno si svolgeranno le elezioni amministrative in oltre 1.300 comuni su circa
8.000, tra questi quelli di Milano,
Torino, Bologna, Roma e Napoli.
Le diverse correnti della borghesia si disputeranno le dorate
poltrone comunali per difendere i
rispettivi interessi e quelli comuni del capitalismo e per opprimere e sfruttare le masse lavoratrici
e popolari.
L’alternarsi al governo delle
città, come al governo nazionale,
della destra e della “sinistra” della
borghesia, ha oramai ampiamente dimostrato come non vi sia una
sostanziale differenza tra di esse.
Borghesi di destra possono capeggiare addirittura entrambi gli
schieramenti. Come è il caso di
Milano in cui Sala per il “centrosinistra” e Parisi per il “centro-destra” si disputano la carica di sindaco. Le masse non hanno quindi
nulla da guadagnare dalla vittoria dell’una o dell’altra coalizione
borghese.
Il PMLI, nemico acerrimo della borghesia e del capitalismo,
combatte tutte le liste borghesi
in corsa, comprese quelle che si
pongono a sinistra del PD, perché anch’esse sono al servizio del
capitalismo, e invita l’elettorato a
fare altrettanto non votandole.
Sul piano elettorale, nelle attuali condizioni, gli sfruttati e
gli oppressi, le masse popolari,
chiunque subisce angherie, soprusi e ingiustizie da parte dei governi comunali, regionali e nazionale,
i giovani a cui è precluso un avvenire, per farsi sentire, per protestare, per far valere le proprie ragioni, per penalizzare i partiti e le
istituzioni borghesi, non hanno altra scelta che astenersi, disertando le urne, oppure annullando la
scheda o lasciandola in bianco.
Il PMLI sostiene tatticamente
l’astensionismo elettorale e invita le astensioniste e gli astensionisti, in particolare quelli di sini-
te ed elettoralmente le istituzioni
borghesi, i governi centrale e locali borghesi e il sistema capitalista
e il suo regime. Ogni Assemblea
popolare di quartiere elegge il suo
Comitato popolare e l’Assemblea
dei Comitati elegge, sempre attraverso la democrazia diretta, il Comitato popolare cittadino. E così
via fino all’elezione dei Comitati popolari provinciali, regionali e
del Comitato popolare nazionale.
I Comitati popolari devono essere composti dagli elementi più
combattivi, coraggiosi e preparati delle masse popolari, eletti con
voto palese su mandato revocabile in qualsiasi momento dalle As-
semblee popolari territoriali. Le
donne e gli uomini - eleggibili fin
dall’età di 16 anni - devono essere
rappresentati in maniera paritaria.
I Comitati popolari di quartiere,
cittadino, provinciale e regionale
e il Comitato popolare nazionale rappresentano il contraltare, la
centrale alternativa e antagonista
rispettivamente delle amministrazioni ufficiali locali e dei governi
regionali e centrale.
Lo scopo fondamentale dei Comitati popolari è quello di guidare
le masse, anche se non fanno parte delle Assemblee popolari, nella
lotta politica per strappare al potere centrale e locale opere, misure e provvedimenti che migliorino
le condizioni di vita e che diano
alle masse l’autogestione dei servizi sanitari e sociali e dei centri
sociali, ricreativi e sportivi di carattere pubblico.
Lo strumento organizzativo,
il principio regolatore della vita,
delle attività, delle decisioni e
dell’azione dell’Assemblea popolare e dei Comitati popolari è
costituito dalla democrazia diretta, che mette al centro la volontà delle masse organizzate e subordina a questa volontà chi è di
volta in volta, o per un certo tempo, delegato a rappresentarle, che
esclude quindi la delega in bianco e permanente, senza controlli
e verifiche, e l’egemonismo e la
prevaricazione di singoli e gruppi di potere, praticando un rapporto stretto tra eletto ed elettore e si
basa sul coinvolgimento costante
delle masse e sul loro protagonismo.
I Comitati popolari non devono essere confusi con i comitati di
lotta o altri tipi di comitati, come
i comitati civici, i comitati popolari spontanei, ecc. Mentre i Comitati popolari sono a carattere
permanente e costituiscono gli organismi di direzione politica delle
masse fautrici del socialismo, gli
altri tipi di comitati sono in genere
a carattere temporaneo, sono costituiti da chi accetta o non accetta
il capitalismo e il partecipazionismo elettorale borghese, nascono
su questioni particolari e specifiche e muoiono quando hanno raggiunto il loro scopo o hanno finito
le loro funzioni.
La vittoria dell’astensionismo,
specie a Milano dove si sperimenta il “partito della nazione”, darebbe un colpo durissimo al governo del nuovo Mussolini Renzi
che sta completando il regime neofascista preconizzato dalla P2
e realizzato da Berlusconi; che
sta seguendo le orme nazionaliste, colonialiste e interventiste di
Mussolini, coinvolgendo l’Italia nelle guerre imperialiste per
la spartizione del Medio Oriente
e del mondo; che ha ulteriormente aggravato le condizioni di vita
e di lavoro delle masse lavoratrici e popolari, con il Jobs Act, la
“Buona Scuola”, lo “Sblocca Italia” che peggiora la vivibilità delle città dando il via libera a cementificazione e inceneritori, la
controriforma dei Beni culturali
per smantellare ogni tutela pubblica sul patrimonio archeologico,
storico, artistico e paesaggistico
italiano, che andrebbe invece valorizzato, e spianare la strada alla
speculazione privata interna e internazionale.
Lottiamo per la vittoria
dell’astensionismo anticapitalista
e per il socialismo!
Creiamo le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del
socialismo!
Solo il socialismo può cambiare l’Italia, dare il potere al proletariato e consentire che i comuni siano governati dal popolo e al
servizio del popolo!
Coi Maestri e il PMLI vinceremo!
L’Ufficio politico del PMLI
Firenze, 9 Aprile 2016
INDICAZIONI PER LA CAMPAGNA ELETTORALE ASTENSIONISTA
DEL PMLI PER LE ELEZIONI COMUNALI PARZIALI DEL 5 GIUGNO
Qui di seguito pubblichiamo
alcune indicazioni per la campagna elettorale astensionista
del PMLI per le elezioni comunali parziali che riguardano comuni come Napoli, Roma, Bologna, Milano, Torino e altre
città, che si terranno domenica
5 giugno.
Rimaniamo a disposizione di
chi vuol partecipare alla campagna del PMLI e necessita di
chiarimenti e approfondimenti. Basta telefonare o faxare allo
055.5123164, inviare una mail
a: [email protected] oppure
scrivere a PMLI via Antonio del
Pollaiolo, 172a - 50142 Firenze.
I MANIFESTI
INIZIO
DELLA CAMPAGNA
Secondo la legge che disciplina la propaganda elettorale, durante la campagna elettorale, dal
30° giorno prima della data delle
elezioni, cioè dal venerdì 6 maggio, non si possono affiggere manifesti elettorali fuori dagli spazi
consentiti dal Comune. La legge
di stabilità 2014, comma 400 lettera h, ha abolito i tabelloni elettorali per la propaganda indiretta
di chi non partecipa direttamente alla competizione elettorale,
quella dei cosiddetti “fiancheggiatori”, di cui usufruiva anche
La campagna elettorale inizia
ufficialmente venerdì 6 maggio.
Le votazioni si terranno nel solo
giorno di domenica 5 giugno, gli
eventuali ballottaggi si svolgeranno il 19 giugno.
Nel Trentino-Alto Adige invece la data delle elezioni è l’8
maggio e i ballottaggi quattordici giorni più tardi. In Valle d’Aosta la data è il 15 maggio ma non
sono previsti ballottaggi.
il PMLI per la sua campagna
astensionista marxista-leninista.
Pertanto DURANTE LA CAMPAGNA ELETTORALE NON
POSSONO ESSERE AFFISSI I
MANIFESTI DEL PMLI, neppure tramite le pubbliche affissioni.
I manifesti, il cui file potrà essere scaricato dal sito del Partito,
possono invece essere stampati e
esposti in occasione di banchini,
diffusioni, manifestazioni e altre
iniziative di propaganda.
I VOLANTINI
I volantini, col Documen-
to elettorale dell’Ufficio politico
del PMLI, possono essere diffusi come in precedenza senza la
necessità di alcun permesso fino
al 5 giugno incluso, giorno delle
votazioni, ma in tale data solo a
una distanza di 200 metri dall’ingresso delle sezioni elettorali. Per
evitare provocazioni è meglio interrompere le diffusioni il giorno
precedente. Le istanze del PMLI,
e chi partecipa alla sua campagna
astensionista, provvederanno a
stampare nella quantità occorrente a livello locale i volantini del
Partito, il cui file sarà reso disponibile sul suo sito.
I BANCHINI
La richiesta del permesso per
i banchini, con la specifica della
data, luogo e ora, va fatta al sindaco presso l’ufficio elettorale
preposto, indicando che si tratta di banchini per la propaganda
elettorale. In questo caso non c’è
nulla da pagare per l’occupazione di suolo pubblico e nemmeno per le marche da bollo relative
alla domanda. Approfittiamone.
I banchini sono efficacissimi per
la propaganda e per le discussioni con le elettrici e gli elettori interessati.
25 Aprile / il bolscevico 5
N. 18 - 5 maggio 2016
Contro il fascismo, il razzismo e i muri in Europa
Celebrato nelle piazze
d’Italia il 25 Aprile
Lo striscione “Liberiamoci dal governo Renzi” apre il corteo di Napoli, da dove è cacciata la candidata sindaco del PD. Apprezzato
il cartello del PMLI con l’invito a cacciare il nuovo Mussolini Renzi. Identificati a Mirandola i compagni innalzavano le bandiere.
A Milano contestati i vessilli di Israele. I partigiani romani cantano “Bella ciao”. Mattarella chiama “missioni di pace” le guerre
imperialiste e non osa dire una sola parola contro la controriforma del senato. I media fascisti chiedono l’abolizione del 25 Aprile
Importante discorso di Chiavacci a nome dell’Anpi di Rufina
Anche quest’anno il 25 Aprile, nel 71° Anniversario della
Liberazione dell’Italia dal nazifascismo, è stato degnamente
ricordato e celebrato in tutto il
Paese dalle masse popolari antifasciste, democratiche e progressiste, con alla testa i vecchi
eroici partigiani e tanti, tanti giovani, a confermare il passaggio
ininterrotto del testimone della
Resistenza tra le generazioni.
E questo è tanto più degno di
essere sottolineato considerando come e ancor più degli anni
precedenti, da parte di tutti i
partiti, delle istituzioni e dei media del regime neofascista, si
sia cercato in tutti i modi di sten-
niente ha a che spartire con l’omaggio ai caduti partigiani e
della Resistenza.
Strumentalizzazioni
in chiave
interventista
Per non parlare dell’intervento in giornata di Mattarella a Varallo Sesia, in cui mentre proferiva parole piene di retorica
sulla Resistenza e sulla libertà
“nata su queste montagne”, si
è ben guardato dal dire anche
una sola parola sul definitivo affossamento della Costituzione
poli che stanno combattendo
per la loro ‘Resistenza’ e la loro
‘Liberazione’”.
Altri tentativi di inquinare e
stravolgere lo spirito antifascista di questa giornata e dividere i manifestanti sono stati fatti
utilizzando l’ormai immancabile
Brigata ebraica sionista, come a
Roma e Milano, oppure cercando di infiltrare nei cortei i candidati alla corsa per le comunali di giugno, come a Milano e a
Napoli, o addirittura di fare delle vere e proprie contromanifestazioni: non parliamo soltanto
di quella squallida e intollerabile parata di nostalgici fascisti e
neonazisti che si è svolta al ci-
la Brigata ebraica con le bandiere di Israele c’era, ma è stata
sonoramente fischiata dai manifestanti al passaggio in piazza San Babila, al grido di “fuori
i sionisti dal corteo”, “Israele fascista, Stato terrorista”. Fischiato anche il candidato del “centro-destra” Parisi, dopodiché la
stessa sorte è toccata anche al
suo “rivale” del “centro-sinistra”,
Sala, contestato insieme allo
spezzone “giallo” del PD, accolto al grido di “servi del potere”. La delegazione del PMLI
è stata apprezzata come avanguardia antifascista dell’intero
corteo. Dal palco il sindaco di
Lampedusa, Giusi Nicolini, ha
pieno successo dal Colosseo
a Porta San Paolo, aperto dallo striscione “I Partigiani”, con i
vecchi partigiani che cantavano “Bella Ciao”, e con la partecipazione di Cgil, Cisl e Uil e
di Cub e Cobas, di Emergency,
dei curdi e di molte bandiere palestinesi e di manifestanti con la
kefiah.
A Genova è stato fischiato il
governatore eletto da Forza Italia e Lega, Giovanni Toti, quando parlando in piazza Matteotti
ha chiesto di dedicare la manifestazione anche ai due marò
italiani sotto processo in India.
La presidente della Camera
Boldrini, che ha parlato dopo di
richiamato l’attenzione sull’olocausto dei migranti nel Mediterraneo.
Un avvenimento inedito e
straordinario si è avuto a Berceto, nel comune di Rufina,
dove si commemorava nel pomeriggio l’eccidio di 11 martiri
antifascisti, e dove il compagno
Enrico Chiavacci ha tenuto un
forte, coraggioso e attualissimo
discorso antifascista e antimperialista per conto della Sezione
ANPI di Rufina, che pubblichiamo integralmente a pagina 7.
A Roma, senza le provocazioni della Brigata ebraica come
avvenne l’anno scorso, il corteo
organizzato dall’Anpi si è svolto anzi in perfetto ordine e con
lui, si è spesa vergognosamente in favore della controriforma
costituzionale fascista e piduista Renzi-Boschi, sostenendo
che “Il referendum non tocca la
prima parte della Costituzione
che sono i nostri valori fondativi”, e che d’altra parte in parlamento “c’è stato dibattito (sic):
tutti erano d’accordo a rivedere
il bicameralismo perfetto”.
A Bergamo è stato clamorosamente contestato il sindaco
PD, già “spin-doctor” renziano,
Giorgio Gori, innalzando anche
grandi sagome di cartone con
la sua effige accanto a quella di Mussolini. Tra i motivi della contestazione il rifiuto dell’ex
berlusconiano e direttore di Ca-
Milano, 25 Aprile 2016. Le insegne del PMLI in piazza Duomo al termine del corteo (foto Il Bolscevico)
dere un velo di indifferenza e di
oblio su questa incancellabile ricorrenza, sperando di farne impallidire e svanire con gli anni la
memoria stessa dalla mente e
dal cuore delle masse popolari
italiane, e in particolare dei giovani. Per non parlare di chi anche stavolta, come i giornali di
ispirazione fascista, “Il Tempo”
in testa, non ha perso l’occasione per chiederne addirittura la
cancellazione.
Non è riuscito, o è riuscito
solo in parte, nemmeno il tentativo di istituzionalizzare questa
storica ricorrenza trasformandola in una festa tricolore, patriottarda e a sostegno del militarismo e dell’interventismo
dell’Italia imperialista di Renzi
e Mattarella. Anche se da parte istituzionale si è fatto di tutto per raggiungere questo nero
obiettivo, cominciando di buon
mattino con la cerimonia all’“altare della patria”, in mezzo a un tripudio di tricolori, picchetti d’onore, bande militari
che suonavano inni patriottici e
bellicisti come l’inno del Piave,
con la deposizione di una corona di fiori “a tutti i caduti” da parte del capo dello Stato, accompagnato dal nuovo duce Renzi,
dai presidenti delle due Camere e dalla ministra della Difesa
Pinotti. Una cerimonia del tutto
identica a quella nazionalista e
militarista del 4 novembre, che
del 1948 attraverso la controriforma fascista e piduista RenziBoschi imposta dal governo al
parlamento, e che il nuovo duce
vuol imporre al popolo italiano
con un referendum plebiscitario
sulla sua persona alla maniera
di Mussolini.
Non ha comunque rinunciato, nel finale, ad inserire un’esaltazione delle “missioni di
pace della comunità internazionale alle quali responsabilmente partecipiamo”, accampando
la loro necessità per “sostenere la battaglia della liberazione
dei popoli anzitutto dal terrorismo che affligge e destabilizza
interi paesi dell’Africa e del Medio Oriente e si riverbera in Europa”.
Una sporca strumentalizzazione della Resistenza, la sua,
a sostegno delle ambizioni neocolonialiste dell’imperialismo
italiano e del governo Renzi,
specie se letta alla luce delle
dichiarazioni del giorno dopo
di Renzi che ha dato la “piena
disponibilità” all’invio di truppe
italiane in Libia in risposta alla
“richiesta d’aiuto” del leader libico Serraj. La stessa sporca
strumentalizzazione dello spirito antifascista e resistenziale
fatta anche dalla guerrafondaia Pinotti nel messaggio alle forze armate, in cui ha detto che è
“un nostro preciso dovere morale essere al fianco di altri po-
mitero Maggiore di Milano per
rendere omaggio ai caduti della
“repubblica di Salò” ivi sepolti,
ma soprattutto di quella contromanifestazione indetta al museo di via Tasso a Roma con la
Brigata ebraica, in contrapposizione al corteo ufficiale dell’Anpi
con la scusa della presenza in
esso di gruppi filopalestinesi
“intolleranti”. Contromanifestazione a cui hanno voluto dare
risonanza con la loro ostentata
partecipazione anche il rinnegato e filosionista Napolitano,
nonché il candidato berlusconiano Bertolaso e il commissario prefettizio Tronca a nome
dell’amministrazione capitolina.
Tentativi respinti
dalle piazze
Ci si è messo d’impegno anche il ministro Franceschini per
distrarre gli antifascisti dalle
manifestazioni, con l’apertura
straordinaria di ben 320 musei
e siti culturali statali. E invece
i più importanti di questi tentativi di sabotare e stravolgere il
25 Aprile sono stati duramente
frustrati e respinti dalle piazze,
che hanno condannato il fascismo, il razzismo e i muri in Europa.
A Milano, che ha visto un
imponente corteo di migliaia e
migliaia di antifascisti sfilare da
Porta Venezia a Piazza Duomo,
nale 5 di accogliere la richiesta
dell’Anpi e dei comitati antifascisti di togliere la cittadinanza
onoraria al duce, concessa dalla città di Bergamo negli anni
venti e mai cancellata.
Contro il governo e
il nuovo duce Renzi
A Napoli un nutrito corteo di
migliaia di manifestanti, con la
partecipazione dell’Anpi, della
Cgil, dei centri sociali, studenti, di Libera, di Legambiente,
dell’associazione Un popolo in
cammino e tanti migranti, è sfilato dalla stazione centrale al
rione Sanità, dove è entrato al
canto di “Bella Ciao” e al grido
di “Lavoro sì, camorra no”. Strada facendo è passato da via
Foria, per protestare anche con
fumogeni davanti alla sede di
Casapound, difesa da un imponente schieramento di poliziotti.
Presenti compagni del PMLI,
la manifestazione ha avuto anche un forte carattere antigovernativo e antirenziano, evidenziato dallo striscione di testa
con la scritta “Liberiamoci da fascismo, razzismo, guerra, sfruttamento e governo Renzi”. Molto apprezzato infatti ovunque il
cartello del PMLI con l’esortazione a cacciare il nuovo Mussolini. Una parola d’ordine che
comincia evidentemente a fare
breccia tra le masse, se a Mirandola i nostri compagni che
innalzavano le bandiere sono
stati identificati dalle “forze
dell’ordine” con chiaro intento
intimidatorio.
Il forte odio dei manifestanti partenopei verso Renzi si è
sfogato anche contro la candidata renziana del PD alle comunali, Valeria Valente, duramente contestata e costretta ad
uscire dal corteo anche a causa
della marchetta elettorale che lo
stesso nuovo duce aveva organizzato il giorno prima venendo a Napoli per farsi fotografare con lei. In suo soccorso si è
mosso il capogruppo di SEL-SI
alla Camera, Scotto, piagnucolando che “è stato un errore
molto grave perché il 25 Aprile
è di tutti”.
Ci fermiamo qui per ragioni
di spazio, e del resto i lettori potranno trovare ampi servizi su
queste e altre manifestazioni locali nelle pagine successive del
giornale.
Rufina (Firenze), 25 Aprile 2016. La manifestazione presso il casale di Berceto, teatro di una strage nazista
(foto Il Bolscevico)
6 il bolscevico / 25 Aprile
N. 18 - 5 maggio 2016
MILANO
Migliaia gli antifascisti in piazza. Contestato lo spezzone del PD e Renzi.
Apprezzata la delegazione del PMLI.
Contestato il sionismo israeliano
‡‡Redazione di Milano
Migliaia di manifestanti sono
scesi in piazza a Milano, città
Medaglia d’Oro alla Resistenza,
nel pomeriggio di lunedì 25 Aprile per celebrare il 71° Anniversario della Liberazione dell’Italia
dal nazifascismo. Al tradizionale
concentramento in Porta Venezia sono giunti antifascisti di tutte le età, dai giovani di allora che
avevano vissuto e combattuto il
fascismo fino ai giovani d’oggi
che si battono contro la devastazione del diritto allo studio e
al lavoro e la devastazione ambientale perpetrata dall’odierno
regime neofascista governato
dal nuovo duce Renzi.
Anche quest’anno il colore
lombarda e uno schieramento di rosse bandiere del Partito
e di cartelli con i manifesti sul
25 Aprile che sul retro avevano il manifesto contro il governo
Renzi “Cacciamolo”, il manifesto “Mettere fuorilegge i gruppi
nazifascisti – Applicare la legge
n.645 del 20 giugno 1952” e un
manifesto che raffigura Renzi in
vesti mussoliniane che sovrasta
il Senato con su scritto: “Affossiamo col referendum la controriforma piduista e fascista del
Senato”. Gli ultimi due manifesti
realizzati dal Comitato lombardo del PMLI. Molti manifestanti
hanno fotografato e anche applaudito con piena approvazione i nostri cartelli perché evi-
Milano. Compagni del PMLI nel corteo del 25 Aprile 2016 (foto Il Bolscevico)
prevalente del corteo, che ha
raggiunto infine piazza Duomo,
è stato il rosso. C’erano con le
loro insegne sezioni dell’ANPI
e dei deportati dell’ANED, questi ultimi coi cartelli neri riportanti i nomi dei lager nazisti. Sono
scese in piazza intere famiglie
con bambini, delegazioni dei
sindacati confederali e non confederali, dei partiti, dei comitati
migranti, dei centri sociali e di
associazioni cattoliche, di atei
razionalisti (UAAR) e umanitarie
come Emergency. E poi nutrite
delegazioni delle associazioni
per i diritti dei migranti, del movimento NO TAV, tanti i giovani
tra studenti medi e universitari
e lavoratori precari e disoccupati associati in comitati di lotta
contro la precarietà lavorativa e
il Jobs Act.
Non sono mancate le contestazioni contro il governo Renzi
rinfacciate ai rappresentanti del
PD che assieme a un cordone di
polizia in tenuta antisommossa,
ha coperto le spalle a quello dei
sionisti sfilato dietro lo striscione
che ricordava la “Brigata Ebraica” sionista - ossia il Jewish Infantry brigade Group inquadrata
nell’esercito britannico durante
le ultime battute dell’avanzata
degli Alleati in nord Italia – i cui
militi tornati in Palestina hanno
dato il loro fondamentale contributo nell’invadere, massacrare
ed opprimere l’autoctono popolo palestinese.
Al grido “Fuori i sionisti dal
corteo”, lo spezzone sionista è
stato fortemente contestata in
piazza San Babila.
Anche quest’anno l’avanguardia antifascista dell’intero corteo milanese l’ha rappresentata indubbiamente il PMLI
con la combattiva delegazione
dentemente esprimevano i loro
sentimenti politici.
Diffuse centinaia di copie di
un volantino riportanti estratti dall’editoriale de Il Bolscevico
n. 17 dal titolo “Nello spirito della Resistenza, cacciamo il nuovo Mussolini Renzi, per il socialismo”.
“Il 25 Aprile non si tocca, onore e gloria ai partigiani” risuonava dal megafono del PMLI, apprezzato come altri slogan tipo
quelli a favore dell’applicazione delle norme della XII disposizione transitoria e finale della
Costituzione anche affinché si
contrasti la proliferazione assistita dei gruppi squadristici nazifascisti tra i quali Lealtà Azione
che il giorno prima (assieme ai
repubblichini dell’associazione
Arditi d’Italia e dell’Unione Combattenti della RSI) e alle ore 10
dello stesso 25 Aprile, in segno
di sfregio, hanno osato commemorare l’ingloriosa fine della criminale “repubblica di Salò”
presso il campo 10 del Cimitero Maggiore, avvalendosi così
dell’impunità che l’attuale regime neofascista gli concede.
La delegazione del PMLI guidata dal compagno Angelo Urgo coadiuvato dal compagno Alessandro Frezza - per la
qualità politica delle parole d’ordine scandite e per le canzoni partigiane e comuniste proposte (“Bella Ciao”, “Fischia il
Vento”) ha attirato sempre più
manifestanti di ogni età suscitando applausi e saluti a pugni
alzati da chi sostava ai bordi del
corteo. Applausi ai nostri compagni anche per gli slogan tra
cui: “Neofascista è il nuovo Senato, col NO al referendum va
affossato”, “Al referendum NO
dobbiam votare, il nuovo duce
Renzi dobbiam cacciare”, “Con
l’Italicum e il nuovo Senato, governo neofascista diventa premierato”, “Israele razzista, Stato terrorista”, “Palestina libera”,
“Le spese inutili sono da tagliare, missioni di guerra da cancellare, fuori dai confini nemmeno
un militare”.
In Piazza Duomo si sono
svolti i comizi conclusivi del neopodestà “arancione” Giuliano
Pisapia, della segretaria nazionale della CISL Annamaria Furlan, della sindaca di Lampedusa
Giusi Nicolini, e di Carlo Smuraglia, Presidente nazionale
dell’ANPI.
Fatto salvo l’intervento della Nicolini che ha denunciato le
condizioni disumane in cui versano i migranti che attraversano
il Mediterraneo per fuggire dalla
fame e dalle guerre generate e
fomentate dall’imperialismo, tutti gli altri si sono dichiarati, chi
più e chi meno per la “difesa della Costituzione” democraticoborghese del ’48 non certo per
denunciare le sue attuali storpiature de iure - come sul Titolo
V e sul pareggio di bilancio – e
la sua cancellazione de facto –
tramite le vigenti leggi incostituzionali della seconda repubblica
neofascista – ma per affermare che questa addirittura sarebbe ancora operativa o quantomeno “non del tutto applicata”.
Di più: nessuno si è permesso
di denunciare le controriforme
fasciste e piduiste della legge
elettorale Italicum e del Senato
propugnate da Renzi, nemmeno nominato.
Vergognoso è inoltre il fatto
che nemmeno Smuraglia si sia
minimamente espresso sul referendum costituzionale di ottobre e sull’indicazione antifascista del NO alla controriforma del
Senato, tra l’altro posizione presa ufficialmente dell’ANPI.
Il PMLI ha portato fin davanti al palco i suoi cartelli per far
comprendere alle masse che
occorre far rivivere l’autentico
spirito della Resistenza lottando per spazzar via il governo del
nuovo duce Renzi che sta realizzando il piano fascista della P2,
che occorre impedire il completamento della seconda repubblica neofascista. Solo il nostro
Partito ha propagandato il NO
referendario nel principale giorno e nella manifestazione nazionale dell’antifascismo italiano!
Con la sua propaganda il
PMLI ha ancora una volta invitato il proletariato ad essere la
testa di questa nuova lotta antifascista, come fu anche nella
Resistenza, perché oggettivamente è la classe più rivoluzionaria e istintivamente antagonista al fascismo, che è la forma
più scoperta e brutale della dittatura della classe dominante
borghese. Fermo restando che
l’obiettivo strategico che il proletariato deve perseguire, una
volta che avrà riacquistato la
coscienza di classe per sé, non
può che essere la conquista del
potere politico per cambiare da
cima a fondo questa marcia società borghese e fare l’Italia unita, rossa e socialista, come la
sognavano gli eroici partigiani
e i martiri antifascisti di orientamento comunista.
Viva il 25 Aprile!
Gloria eterna alle partigiane
e ai partigiani!
Cacciamo via il nuovo Mussolini Renzi, per il socialismo!
Coi Maestri e il PMLI vinceremo!
BIELLA
La piazza canta “Bella Ciao” e “Fischia il vento” col PMLI. Deposta una
corona di gerbere rosse ai partigiani caduti. Ampio volantinaggio al corteo
in frazione Lace
‡‡Dal corrispondente
dell’Organizzazione di
Biella del PMLI
Un successo generale riscontrabile da una notevole
partecipazione delle masse popolari biellesi ha messo in risalto le celebrazione del 25 Aprile
2016 dove la delegazione del
PMLI ha fatto quasi l’impossibile per essere presente a tutte
le iniziative ufficiali programma-
ter Fillak.
L’orazione ufficiale è stata tenuta dal prof. Italo Poma, figlio
del famoso partigiano internazionalista Anello Poma che partecipò alla Guerra di Spagna.
Hanno successivamente preso
la parola gli studenti del Liceo
Classico “A. Gramsci” di Ivrea
(Torino) e Marco Bellini del Comitato per il NO al referendum
costituzionale del prossimo ot-
dai presenti che, in più occasioni, lo richiedevano spontaneamente.
Come da programma, da
mezzogiorno in poi, nei pressi
del prato adiacente l’area monumentale, s’è svolto il pranzo
“condiviso” dove decine di partecipanti hanno portato un piatto cucinato in proprio da suddividere con tutti. Nel primo
pomeriggio si è tenuto lo spet-
Donato (Bella), 25 Aprile 2016. Le insegne del PMLI nel corteo organizzato dall’ANPI nella frazione di Lace (foto
Il Bolscevico)
te dall’ANPI provinciale per rendere onore ai valorosi partigiani morti durante la liberazione di
Biella nel biennio 1943/’45.
Le celebrazioni hanno preso il via la sera del 24 aprile
con la “Fiaccolata della Resistenza” il cui corteo s’è snodato per le vie cittadine con partenza presso Villa Schneider,
sede delle SS tedesche durante il secondo conflitto mondiale e luogo, negli scantinati della villa, di torture inenarrabili
ai danni dei partigiani catturati
sulle Alpi biellesi.
Il corteo è stato animato dai marxisti-leninisti biellesi
che hanno intonato le storiche
canzoni della Resistenza “Bella ciao” e “Fischia il vento” seguiti e intonati con entusiasmo
dai presenti. Il corteo ha fatto
tappa nei luoghi simbolo della
Resistenza a Biella come il monumento ai partigiani di Piazza
Martiri della Libertà e in Piazza
San Giovanni Bosco dove nel
dicembre del 1943 vennero trucidati 7 partigiani. L’Organizzazione biellese del PMLI ha diffuso oltre 150 volantini sul 25
Aprile.
Il giorno seguente, come
annunciato da un comunicato stampa dell’Organizzazione
di Biella del PMLI, e vergognosamente ignorato da tutti gli organi d’informazione, i compagni militanti e simpatizzanti del
PMLI, hanno deposto una bellissima corona di gerbere rosse
con la scritta “I marxisti-leninisti
biellesi ai partigiani caduti” ai
piedi del monumento partigiano
di Piazza Martiri della Libertà e
dopo le fotografie si sono prontamente recati presso la frazione Lace del Comune di Donato
per partecipare al corteo ufficiale organizzato unitariamente dall’ANPI della Valle Elvo e
Serra e quello d’Ivrea e Basso Canavese; qui dopo il corteo al monumento ai partigiani è stato deposto un omaggio
floreale alla Cascina di Lace, in
quella che fu la sede del Distaccamento partigiano del valoroso comandante comunista Wal-
tobre. Quest’ultimo intervento è
stato molto applaudito nel passaggio in cui ha criticato il governo Renzi che intende stravolgere la Costituzione del ’48.
Il Coro Bajolese ha intonato
le belle canzoni partigiane tra
un intervento e l’altro rendendo l’atmosfera ancora più suggestiva e appassionante. Anche
in questa occasione militanti e
simpatizzanti del PMLI hanno
diffuso altre 350 copie del volantino di Partito sul 25 Aprile
accolto con estremo interesse
tacolo teatrale dal titolo “Il Ritorno” ideato e scritto da Salvatore Arena e recitato da Massimo
Zaccaria in cui, in un crescendo
di tragici e cruenti aneddoti, viene presentata la dura esperienza della guerra di un giovane
soldato del Sud che matura politicamente diventando comunista e partigiano e, dopo il 25
Aprile e la Liberazione dell’Italia dal nazifascismo, riesce a riabbracciare la madre e il padre
tornando nel suo piccolo paese
in Puglia.
Biella, 24 aprile 2016. Le insegne del PMLI alla fiaccolata organizzata
dall’ANPI (foto Il Bolscevico)
Biella, 25 Aprile 2016. La bellissima corona di gerbere rosse deposta dai
compagni biellesi ai piedi del monumento partigiano di Piazza Martiri
della Libertà. Il primo a destra Gabriele Urban (foto Il Bolscevico)
25 Aprile / il bolscevico 7
N. 18 - 5 maggio 2016
Intervento di Enrico Chiavacci,
Vice Presidente della Sezione ANPI di Rufina,
alla celebrazione del 25 Aprile a Berceto
Vi porto i saluti del Comitato della sezione ANPI “Martiri
di Berceto” di Rufina, da pochi mesi rinnovato, e colgo
l’occasione per ringraziare di
cuore le compagne e di compagni che, loro malgrado, non
hanno più potuto rimanere
all’interno del nostro gruppo.
In particolare, un sentito ringraziamento a Milena Batistoni, Luciano Celli, Laura Tinti
ed Anna Biffoli che siamo certi continueranno a dare il loro
contributo all’associazione.
È un onore per me avere l’occasione di pronunciare questo intervento in questo luogo, che più di ogni altro
nel nostro territorio è simbolo
di atrocità ma anche di coraggio; di ingiustizia, ma anche
di giustizia; di prevaricazione
ma anche di riscatto.
Il 17 aprile del ’44 furono
massacrate 11 persone, delle
quali gran parte donne e bambini, oltre a due partigiani.
Voglio ricordare uno per
uno i loro nomi: Isola Geri in
Ebicci di anni 49; Giulia Alinari in Vangelisti di anni 46; Bruna Vangelisti di anni 23; Angiolina Vangelisti di anni 22;
Iolanda Soldeti di anni 19;
Iole Vangelisti di anni 9; Anna
Vangelisti di 2 anni e 8 mesi
(la mia bimba ha 2 anni e 7
mesi…); Alessandro Ebicci di
anni 78; Fabio Soldeti di anni
81; il partigiano Mauro Chiti di
anni 19; il partigiano Guglielmo Tesi di anni 21.
Questa
“composizione”
simboleggia di fatto anche nel
suo più ampio raggio, le atro-
cità della guerra quando, oltre
ai combattenti, in ogni parte
del mondo i primi a soffrirne e
a perdere la vita, sono proprio
gli elementi più deboli e innocenti della popolazione.
Coloro che sono contrari
per natura data lo loro estrazione sociale alla guerra, e
che nessun vantaggio possono aver mai dalla guerra stessa, e nessuna guerra fa eccezione a questa spietata legge
umana e d’interesse economico e politico.
Ma, come abbiamo detto,
questo è anche luogo di riscatto, quello cercato con fatica, con le unghie e poi raggiunto da Lazzaro Vangelisti
poiché è grazie alla sua costanza e alla sua grande combattività nel ricercare verità e
PONTASSIEVE
Il PMLI tinge di rosso il corteo della Valdisieve (Firenze). I compagni
intonano “Bella ciao” e tutta la piazza risponde. La celebrazione snobbata
da tutti i partiti istituzionali. Nel pomeriggio iniziative a Berceto
Chiavacci per conto dell’Anpi di Rufina, invita la
popolazione a mobilitarsi per opporsi ad ogni mira
interventista italiana in Libia o in Medio Oriente
‡‡Dal corrispondente
dell’Organizzazione di
Rufina del PMLI
Molte iniziative hanno celebrato il 71° Anniversario della
Liberazione dell’Italia dal nazifascismo in Valdisieve, a cominciare da alcune proiezioni
promosse dalla Sezione ANPI
di Rufina nei giorni immediatamente precedenti il 25 Aprile, fino a giungere alla manifestazione che come ogni anno
si tiene a Pontassieve, organizzata dalle amministrazioni
comunali di Pontassieve, Pelago e Rufina, e dall’ANPI locale.
Il corteo ha attraversato le vie
del comune onorando i caduti
per la Resistenza con corone di
fiori ma, nonostante l’accompagnamento musicale, nessuna
canzone popolare o antifascista
è stata intonata. Al termine del
percorso, il breve comizio finale nel quale i rappresentanti delle tre amministrazioni con i soliti interventi di circostanza ma,
quest’anno, con l’aggravante
di ribadire la necessità di salvaguardare la Costituzione, tacendo sia sul fatto che proprio
il loro partito (il PD) la sta demolendo giorno per giorno con
una insistenza senza precedenti, sia sul fatto che nel prossimo
autunno ci sarà il referendum
sulle riforme costituzionali del
nuovo duce Renzi.
L’Organizzazione di Rufina
del PMLI coi suoi simpatizzanti
ha partecipato al corteo donandogli la propria connotazione di
classe, mentre per l’ennesima
volta l’iniziativa è stata disertata
da tutti i partiti istituzionali, nessuno escluso. Le compagne e i
compagni hanno diffuso volantini sul 25 Aprile e hanno sventolato fieramente le rosse bandiere dei Maestri e del PMLI.
Al termine del comizio che
stava per concludersi senza
alcuna canzone antifascista, i
nostri compagni hanno iniziato
Pontassieve (Firenze), 25 Aprile 2016. Le insegne del PMLI spiccano nel
corteo (foto Il Bolscevico)
a cantare “Bella ciao” e, come
se non aspettasse altro, l’intera piazza ha risposto unendosi
al coro. Un bel segnale di forte
legame con la popolazione, rafforzato dai numerosi apprezzamenti che i compagni hanno ricevuto.
Nel pomeriggio un’altra importante iniziativa si è tenuta a
Berceto, nel comune di Rufina,
dove oltre alla Liberazione, si è
commemorato anche il 72° anniversario dell’eccidio degli 11
innocenti, fra i quali numerose donne e bambine e 2 giovanissimi partigiani. All’iniziativa,
molto sentita e partecipata dalla
popolazione, il compagno Enrico Chiavacci è intervenuto per
conto della sezione ANPI di Rufina, sottolineando tra l’altro la
necessità di attualizzare l’antifascismo sul fronte dell’opposizione alla guerra imperialista in
Medio Oriente, sul diritto al lavoro, sul dilagare dei movimenti neofascisti e alla loro vergognosa libertà di scorrazzare per
le nostre città senza alcun problema, sulla questione dei migranti.
Chiavacci, dopo la sua analisi, ha affermato: “Ma che mondo è questo? Non certo quello al quale aspiravano i nostri
partigiani, ma neanche quello
che possono accettare i moderni antifascisti quali noi, a ragione, ci professiamo”. Ha concluso invitando a partecipare in
forze alla campagna per il referendum costituzionale d’autunno per votare un NO deciso
alla controriforma e al governo
Renzi.
Anche Ubaldo Nannucci,
presidente del Comitato provinciale dell’ANPI, è intervenuto
rafforzando questo tema e entrambi gli interventi sono stati
molto applauditi.
Nonostante la palese difficoltà degli esponenti politici, tutti
PD, nessuna risposta alle questioni più contraddittorie è giunta dagli amministratori che si
sono susseguiti negli interventi e tanto meno dal presidente
del Consiglio regionale toscano, Eugenio Giani, che ha “elegantemente” sbrigato la propria
pratica di rappresentanza. L’iniziativa è proseguita poi con
letture e canti, stavolta popolari ed antifascisti, e ha mostrato
che, nonostante tutti gli attacchi e tutte le revisioni storiche,
la Resistenza è saldamente ancorata nelle menti e nel cuore di
gran parte della popolazione di
Rufina.
Berceto (Rufina), 25 Aprile 2016. Il compagno Enrico Chiavacci mentre interviene per conto della sezione ANPI
di Rufina all’iniziativa davanti al casolare teatro della strage nazi-fascista del 17 aprile 1944 (foto Il Bolscevico)
giustizia, se oggi possiamo
annunciare
pubblicamente
che questo luogo, dopo l’ottenimento della medaglia al
valor civile, è stato dichiarato
di “interesse storico e sociale
particolarmente importante”
dalla Commissione Regionale per il Patrimonio Culturale
del Ministero dei Beni e delle
attività culturali e del turismo.
Oltre a ringraziare questo
ente e tutte le Istituzioni coinvolte in questo lungo e non facile processo, l’obbligata tutela del casolare e di tutta l’area
limitrofa, apre nuove possibili
destinazioni capaci di fermare
nella realtà la memoria in questo luogo.
Ci auguriamo di poter al
più presto iniziare le attività
necessarie affinchè una parte
della casa possa essere adibita a punto sosta, trovandosi
sul tracciato del Sentiero della
Memoria.
Quale obiettivo minimo abbiamo pensato ad un luogo
di possibile fruizione diurna
e notturna, con al suo interno
una sezione dedicata alla sua
storia, agli avvenimenti tristemente noti, e a quelli del contesto storico politico più generale nel quale si verificarono.
Un piccolo museo dunque,
simbolo generale della civiltà,
poichè troppe persone persero la vita “colpevoli” solo di essere stati solidali coi partigiani, e della Resistenza stessa,
punto più alto della storia politica e popolare del nostro Paese.
Noi abbiamo un’idea ma,
siccome l’ANPI è la casa di
tutti gli antifascisti, ogni proposta o suggerimento sono
più che bene accetti per dare
gambe a quello che poco più
di tre anni fa sembrava un
vero e proprio miraggio.
In questo luogo poi, contiamo di intensificare l’attività
dei nostri studenti che hanno
bisogno di conoscere la Resistenza, come un pesce ha bisogno dell’acqua.
Oggi festeggiamo anche
il 25 Aprile, Anniversario della Liberazione dell’Italia dal
nazifascismo, e l’ufficiale fine
della guerra che tanta sofferenza aveva arrecato al nostro Paese e al nostro popolo.
Su di un recente numero di
ANPI News, in un articolo di
Smuraglia dal titolo “Un’altra
avventura in Libia” si legge:
“Ci stanno lusingando, gli altri Paesi, facendoci intravedere l’incarico di dirigere le operazioni militari che si pensa di
realizzare in Libia; Ci sia consentita - quantomeno - qualche considerazione, anzitutto
fondata sull’articolo 11 della
Costituzione, che è davvero
molto difficile mettere da parte, perfino per i peggiori guerrafondai. Su questo, c’è ben
poco da dire: basta leggere
la norma e capirne il senso,
tutt’altro che favorevole alle
avventure.”
Una posizione chiara, promotrice del non intervento,
alla quale la sezione di Rufina dà il proprio appoggio morale e pratico; qualora evolvesse in questa direzione la
posizione del nostro governo,
saremo pronti alla mobilitazione affinché sia la popolazione
antifascista stessa ad opporsi
ad ogni mira interventista italiana in Libia o in Medio Oriente.
Siamo al momento spettatori dell’ennesima guerra
d’ingerenza, di fatto guerra
di superpotenze che mirano
al dominio di territori-chiave
per la geopolitica, sulla pelle
di popolazioni inermi che ogni
giorno subiscono repressione interna unita a bombardamenti dal cielo.
La questione religiosa, nel-
la realtà, è solo sullo sfondo.
Anche in quei territori,
come a Berceto, la metà dei
morti sono donne e bambini.
In quelle terre si registrano
quotidiani “Bataclan” o Bruxelles senza che nessuno se
ne accorga, mentre giustamente fanno orrore e scalpore sui nostri media se accadono in Francia, in Belgio o nel
cosiddetto Occidente progredito.
Sono decine e decine gli
ospedali bombardati dall’inizio della guerra dagli aerei
russi ed occidentali, molti dei
quali con la tattica del doppio
attacco a distanza di qualche
decina di minuti, per colpire
anche i soccorritori, come riportato più volte dai portavoce
di Medici senza Frontiere e di
Emergency.
L’Italia NON DEVE ENTRARE IN GUERRA contro lo
Stato Islamico!
Se lo farà sarà il suo popolo, in Italia, a pagarne le probabili quanto incalcolabili conseguenze.
Vorrei parlare anche della più grande piaga sociale
che oscura il futuro del nostro
Paese e dei giovani, e che li
pone nudi e impotenti di fronte a sempre maggiori ricatti e
sfruttamento; mi riferisco alla
disoccupazione e al precariato, quest’ultimo divenuto unico modello contrattuale dopo
l’entrata in vigore del Jobs
Act di Renzi, e che mi auguro di affrontare presto in qualche altra occasione. È questa nuova situazione, senza
precedenti, che nega di fatto
il suo diritto sancito dalla Costituzione ma sempre più disatteso.
Noi rivendichiamo la necessità del tanto denigrato
SEGUE IN 8ª ➫
8 il bolscevico / 25 Aprile
➫
DALLA 7ª
“posto fisso”; che non è un
retaggio ideologico obsoleto,
bensì la prima necessità sociale di ciascuno, cioè un lavoro stabile, a salario pieno e
sindacalmente tutelato, l’unico che può dare certezze e futuro ai giovani e a tutta la popolazione del nostro Paese.
Pare ormai evidente che
guerra, lavoro, migranti e ambiente sono fronti che si intrecciano fortemente; sono
consequenziali e dall’uno dipende l’altro: le conseguenze della guerra e di uno sviluppo economico ingiusto ed
ineguale, unito alle migrazioni
causate dalle carestie e dalla
progressiva aridità del suolo
dovuta al cambiamento climatico in atto, probabilmente definiscono la quasi totalità del
problema che oggi come non
mai l’occidente europeo si trova a dover affrontare.
Addirittura a poche centinaia di chilometri da qui, il dilagare del razzismo, dell’individualismo e dell’intolleranza,
fa avanzare l’estrema destra
in Francia ed in Austria, qui
assieme alla minaccia della
costruzione di un muro antimigranti, come già costruito
in Ungheria. Altrove, come in
Italia, i neofascisti sono liberi di scorrazzare nelle piazze
e anche all’interno delle istituzioni, se è vero com’è vero
che i rappresentanti di Casapound e simili possono presentare liste ed essere eletti
come comuni movimenti politici, nel perimetro della nostra
Costituzione.
Tutto ciò va di pari passo
con la concentrazione della ricchezza mondiale nelle
mani di un sempre minor numero di persone; secondo un
recente rapporto OXFAM, circa metà della ricchezza mondiale è posseduta da non più
dell’1% della sua popolazione, per un totale di 110.000
miliardi di dollari, 65 volte il totale della ricchezza della metà
della popolazione più povera
del mondo che ammonta a
circa 1.700 miliardi di dollari.
Ma che mondo è questo?
Non certo quello al quale
N. 18 - 5 maggio 2016
aspiravano i nostri partigiani,
ma neanche quello che possono accettare i moderni antifascisti quali noi, a ragione, ci
professiamo!
Come ultima nota non posso fare altro che esprimere la
nostra soddisfazione per la
decisione del Comitato Nazionale dell’ANPI di schierarsi
senza tentennamenti a favore
del “NO” al referendum popolare sulle Riforme Istituzionali
del prossimo autunno e contro la legge elettorale Italicum
che rende meno democratico
il nostro Paese. Ci auguriamo
che la nostra mobilitazione in
merito sia quanto più unitaria,
forte e vasta possibile e che
l’ANPI possa esercitare un
ruolo da trascinatore anche
nei Comitati Referendari che
si stanno formando su tutto il
territorio nazionale.
Su questo tema vi invito ad
informarvi bene, bene, bene e
in ogni caso sappiate che noi
contiamo su di voi.
Buon 25 Aprile!
MODENA
Il PMLI in prima fila nel corteo. Apprezzatissimo il cartello antiRenzi
“Cacciamolo”. A ruba il volantino del Partito. Picerni intervistato da tv e
giornali. Esponente del PD minaccia per farci abbassare il cartello
‡‡Dal corrispondente
dell’Organizzazione di
Modena del PMLI
L’Organizzazione di Modena
del PMLI ha partecipato attivamente al corteo cittadino in memoria del 71° Anniversario della
Liberazione dell’Italia dal nazifascismo. Durante l’attesa per
l’inizio corteo i compagni sono
stati avvicinati e fotografati da
tanti modenesi, le rosse bandiere del PMLI e il cartello “Cacciamolo” raffigurante il nuovo
Mussolini Renzi sono stati apprezzatissimi e alcuni si sono
stretti al PMLI durante il corteo.
Il compagno Federico Picerni,
Responsabile della Commissione giovani del CC del PMLI
è stato intervistato da tv e giornali locali.
Il corteo si è fermato davanti al sacrario partigiano della
ghirlandina in Piazza Torre per
rendere omaggio ai partigiani
caduti durante la guerra di Liberazione. Ha poi proseguito lungo le vie del centro per finire in
Piazza Grande, dove c’è stato
lo scandaloso e ipocrita discorso del sindaco Gian Carlo Muzzarelli (PD), il quale ha elogiato
di gran lunga il premier Renzi,
CALENDARIO
DELLE MANIFESTAZIONI
E DEGLI SCIOPERI
APRILE
28
Feneal, Filca e Fillea - In occasione della giornata
mondiale per la sicurezza, Sciopero generale
del comparto lapideo, Presidio a Roma a piazza
Montecitorio e presidi territoriali
MAGGIO
Sindacale Italiana – Sciopero generale
1 Unione
di tutte le categorie pubbliche e private
scuola – Sciopero lavoratori
scuola contro le prove Invalsi
4-5-12 Cobas
locale pubblico - Sciopero personale
date, modalità e orari diversi da città a città
4-22 conTrasporto
6
7
9
evitando di parlare del referendum costituzionale di ottobre,
ha elogiato il capitalismo in tutte le sue forme e gli interventi imperialisti come unica soluzione per porre fine alle guerre,
un discorso molto contorto e
contraddittorio. È sprofondato nel ridicolo quando ha esposto con grande sicurezza che la
situazione italiana è ottima per
quanto riguarda il lavoro e la
questione case, mentre anche
a Modena la disoccupazione
e l’emergenza sfratti sono alle
stelle. Insomma, Muzzarelli si è
dimostrato nuovamente uno dei
tanti burattini di Renzi.
L’Organizzazione di Modena
del PMLI aveva redatto un comunicato stampa sul 25 Aprile
dove tra l’altro si denunciava l’ipocrita celebrazione istituzionale e il sindaco Muzzarelli che
“con la propria faccia tosta e assoluta ipocrisia, è intenzionato opportunisticamente a dominare la piazza, fagocitando
e ‘intossicando’ così il glorioso
evento del 25 Aprile con solite
considerazioni fuorvianti e deleterie. Il PD che egli rappresenta
è inquadrato nel modello di una
nuova dittatura fascista mascherata sotto nuove forme e nuovi
vessilli, di cui occorre prendere
piena coscienza e combatterla
seriamente, per vincerla facendo rivivere fortemente lo spirito
della Resistenza!”.
A ruba il volantino del PMLI
sul 25 Aprile tra le masse mo-
denesi di cui abbiamo constatato la rabbia verso il governo
Renzi.
Da segnalare un episodio
grave: un esponente del PD
ha intimato i compagni di abbassare il cartello, addirittura minacciando di “venire alle
mani”; questa è un’ulteriore
dimostrazione di quanto il PD
non sia affatto un partito “democratico”. I compagni non si
sono fatti per niente intimidire e hanno tenuto ben visibile
il cartello e le rosse bandiere
fino alla fine.
Il PMLI riscontra sempre
un’ottima accoglienza tra le
masse modenesi grazie al duro
lavoro portato avanti con costanza e sacrificio.
Nello spirito della Resistenza, cacciamo il nuovo Mussolini
Renzi, per il socialismo!
Coi Maestri e il PMLI vinceremo!
MIRANDOLA
Gli antifascisti trovano risveglio e sollievo nella presenza del PMLI.
Contestata fortemente la presenza del PD. Ennesima provocatoria
identificazione dei nostri compagni da parte delle “forze dell’ordine”,
schivata la perquisizione
‡‡Dal corrispondente
dell’Organizzazione di
Modena del PMLI
Mirandola, sabato 23 aprile
2016. L’Organizzazione di Modena del PMLI ha partecipato al
corteo pacifico, democratico e
antifascista nel 71° Anniversario della Liberazione del comune della Bassa modenese per
ricordarne i caduti. Subito all’arrivo in piazza molti mirandolesi
si sono avvicinati ai compagni
del PMLI provando un’estrema
gioia nel rivedere il colore rosso
e la bandiera rossa con la falce e martello in piazza. Abbiamo ascoltato chi ci raccontava
storie di Resistenza e di quanto era importante per loro quel
simbolo. Qualcuno ha anche intonato il canto “Bandiera Rossa”.
Durante l’attesa per la partenza del corteo c’è stata l’ennesima provocatoria identificazione dei nostri compagni da
parte delle “forze dell’ordine”
con il rischio della perquisizione. Nonostante tutto i compagni
non si sono fatti intimidire dimostrando nuovamente coraggio
proletario e rivoluzionario. Le
“forze dell’ordine” si sono fermate “solo” alla richiesta dei documenti dei compagni del PMLI
poiché erano sott’occhio delle
masse in piazza. Evidentemente avevano capito che eravamo molto apprezzati dai manifestanti.
Mirandola (Modena), 23 aprile 2016. Il corteo con gli omaggi floreali ai
partigiani caduti (foto Il Bolscevico)
Il corteo ha percorso il centro, ancora devastato dal terremoto del 2012 nonostante le
false promesse del governo PD
di ricostruzione, fermandosi nei
vari ceppi ai caduti, deponendo un mazzo di fiori e cantando
“Bella Ciao”.
A fine corteo, tornati nuovamente in piazza, durante le
foto di gruppo, un esponente
dell’ANPI locale ha voluto abbracciarci poiché coerente con
i valori che trasmettiamo. Bella differenza col PD che è stato contestato pur se presente al
corteo con un solo esponente.
Il compagno dell’ANPI durante l’abbraccio ci ha detto che
in noi ha ritrovato il “karma” e
non vedeva l’ora di stare vicino
a noi molto infastidito della presenza piddina. Abbiamo sentito
molti commenti al riguardo del-
la presenza del PD, soprattutto uno che si è ripetuto, “come
hanno il coraggio di presentarsi”.
Ancora un successo per il
PMLI nel modenese, dove i
compagni riescono ad essere
presenti tra le masse popolari e
a lavorare per un ottimo radicamento.
Ci ha fatto molto piacere ricevere la fraterna e militante
solidarietà dei dirigenti nazionali del PMLI con alla testa il compagno Giovanni Scuderi per le
provocazioni subite a Mirandola
e a Modena.
Nello spirito della Resistenza cacciamo il nuovo Mussolini
Renzi, per il socialismo!
Coi Maestri e il PMLI vinceremo!
Comunicato dell’ANPI Bassa Resistente Modena
Comitati contro TTIP – Campagna Stop TTIP Manifestazione nazionale a Roma
Pubblichiamo
estratti
del comunicato ANPI Bassa Resistente con cui veniva annunciata la manifestazione per il 71°
Anniversario della Liberazione che si è svolta il 23
aprile a Mirandola (Modena).
FlmUniti-Cub - Telecomunicazioni Telecom Italia SpA
– Sciopero nazionale di 1 h a fine turno
per tutti i settori escluso AOA, 2 h a fine turno
per il settore AOA Telecom
Tra il 22 e il 23 aprile del 1945
ovunque nelle borgate e nei
centri della Bassa le prime ore
di libertà furono salutate da ma-
Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl, Uiltucs, Uiltrasporti Generale Plurisettoriale, Angem e altre – Sciopero
lavoratori turismo, ristorazione collettiva, agenzie
viaggio, industria turistica, pulizie, multiservizi, farmacie
Usb-Vvf – Sciopero dei Vigili del Fuoco
Modena, 25 Aprile 2016. Le bandiere e il cartello del PMLI in Piazza Grande durante la commemorazione istituzionale (foto Il Bolscevico)
nifestazioni di esultanza popolare: un sentimento questo che
era vivo anche in chi magari
non aveva preso parte in qualche modo alla lotta di liberazione ma avvertiva comunque un
gioioso sollievo: non soltanto lo
stato di guerra, con le sue privazioni e i suoi pericoli, era finalmente giunto a termine, ma
anche e soprattutto l’incubo più
terrorizzante, legato alla presenza vessatrice e sanguinaria dell’occupante tedesco e del
suo spietato collaborazionista
repubblichino, era stato scon-
fitto.
Da subito si insediarono le
nuove municipalità democratiche mentre a Roma si sarebbe
costituito, di lì a poco, il governo di unità antifascista guidato
da Ferruccio Parri “Maurizio”,
espressione politica della Resistenza vittoriosa.
Oggi, ci troviamo in una fase
in cui in tutta Europa spirano
venti di conservazione, di populismo e addirittura, in alcuni
casi, di autoritarismo: donde la
crescita e la diffusione di movimenti dichiaratamente neonazi-
sti e neofascisti.
In Italia, quelli che apparivano semplici rigurgiti di nostalgia,
si stanno manifestando con rinnovato impegno, con rinnovata
ampiezza e con crescente diffusione. Si aprono nuove sedi
di movimenti neofascisti, si assumono iniziative, spesso ardite, da parte di Forza Nuova,
di “Fiamma Tricolore”, di “Casa
Pound”, con un vero e proprio
crescendo e spesso con la protezione e l’incoraggiamento anche da parte di pubblici amministratori.
25 Aprile / il bolscevico 9
N. 18 - 5 maggio 2016
FIRENZE
Significativo successo della delegazione del PMLI, anche fra turisti cinesi,
americani e francesi. Cantata “Bella Ciao”. Silvano Sarti, presidente
onorario dell’ANPI provinciale, omette clamorosamente di lanciare il No ai
referendum sulla Costituzione
Firenze, 25 Aprile 2016. La delegazione del PMLI entra in Piazza della Signoria poco dietro lo striscione della
Carovana per la Costituzione (foto Il Bolscevico)
deludente discorso ha clamorosamente omesso ogni riferimento alla controriforma costituzionale di Renzi e all’appello
dell’ANPI nazionale a lavorare
per il No ai referendum costituzionali e sulla controriforma
elettorale. Saltando di palo in
frasca Sarti ha voluto però rilanciare il suo attacco astioso
all’astensionismo alle elezioni
politiche e amministrative.
Nel pomeriggio i marxistileninisti fiorentini sono stati presenti all’iniziativa in Piazza Santo Spirito organizzata
da Firenze antifascista, durante la quale è stata deposta
una corona al monumento alla
Medaglia d’Oro Aligi Barducci
“Potente” e un corteo ha raggiunto Piazza Tasso per deporre un’altra corona al monumento ai martiri trucidati dai
repubblichini il 17 luglio del
1944. Nel corteo i nostri compagni hanno sfilato con il cartello del PMLI sul 25 Aprile e
hanno diffuso alcune centinaia
di volantini.
BORGO S. LORENZO
Grazie a PMLI e PRC cantata integralmente “Bella ciao” al monumento
alla Resistenza. Il cartello del Partito apprezzato dai manifestanti
Firenze, 25 Aprile 2016. Le bandiere e il cartello del PMLI davanti a Palazzo Vecchio (foto Il Bolscevico)
‡‡Redazione di Firenze
In occasione del 71° Anniversario della Liberazione dal
nazi-fascismo i marxisti-leninisti fiorentini hanno festeggiato
come sempre tra le masse popolari.
Una bella delegazione del
PMLI, unico partito presente
con le proprie insegne, ben caratterizzata dal rosso, dei fazzoletti e delle magliette del Partito, dalle bandiere del Partito e
dal cartello con il manifesto per
il 25 Aprile ha partecipato alla
commemorazione istituzionale della mattina, in programma
la deposizione di una corona ai
caduti in piazza dell’Unità, successivo corteo fino a Palazzo
Vecchio, e qui, sull’Arengario, i
discorsi ufficiali.
La delegazione, guidata dalla compagna Claudia Del Decennale, Responsabile del
PMLI per la Toscana, ha otte-
Firenze, 25 Aprile 2016. Alcune turiste americane mentre posano con la
bandiera e il cartello del PMLI (foto Il Bolscevico)
Firenze, 25 Aprile 2016. Il cartello del PMLI nel corteo del pomeriggio che
ha attraversato l’Oltrarno (foto Il Bolscevico)
Firenze, 25 Aprile 2016. Angela Rossi, portabandiera dell’ANPI “Oltrarno” alla partenza del corteo in piazza dell’Unità. Alla sua sinistra Ubaldo
Nannucci, presidente provinciale dell’ANPI (foto Il Bolscevico)
nuto un significativo successo.
A parte lo sguardo esterefatto del sindaco Dario Nardella
quando ha visto il suo caporione, il nuovo Mussolini Renzi, in camicia nera sul manifesto del Partito, non ci sono stati
che apprezzamenti. Tra i partecipanti più di uno ha sottolineato compiaciuto: “guarda Renzi dove l’hanno messo”. Diversi
amici e conoscenti sono venuti
a salutare la delegazione e si
sono uniti ad essa. Il cartello è
stato super fotografato dai passanti, molti stranieri, in particolare cinesi che hanno voluto il
volantino indicando Mao e le
insegne del Partito con enfasi.
Larga diffusione del volantino ad hoc, accolto con espressioni di sostegno come “ci sono
ancora i comunisti”, “c’è ancora
qualcuno che porta in piazza la
falce e il martello”, un uomo ci
ha dichiarato: “vi amo”, lo stesso in pratica ha fatto una donna
in piazza Signoria.
Durante il corteo un gruppo
di americani di New York, composto in particolare da donne
molto combattive, hanno voluto sfilare portando il cartello e
la bandiera del Partito e ci hanno raccontato di avere dei parenti partigiani a Salerno.
Una ragazza friulana che
studia a Firenze si è avvicinata alla delegazione chiedendo
la bandiera del Partito per conto di suo padre in quanto nella
sua zona non esiste un partito
comunista autentico. Non potendola accontentare, poiché
la bandiera non viene venduta
e data a chi non è militante o
simpatizzante attivo del Partito,
ha lasciato un contributo per 2
fazzoletti del Partito e ha voluto
sfilare con noi.
All’ingresso di Piazza del
Duomo un gruppo di donne
ha salutato la Delegazione a
pugno chiuso. In Piazza della Signoria molti gli stranieri che venivano a chiedere informazioni sul cartello e sulla
giornata, scattavano foto, ci
facevano i complimenti. Un
giovanissimo, sui tredici anni
o anche meno, della Francia
ha voluto lasciare un contributo per un fazzoletto del Partito. La delegazione ha cantato
“Bella Ciao”.
Fra gli oratori davanti a Palazzo Vecchio il presidente
onorario dell’ANPI provinciale Silvano Sarti, che nel suo
‡‡Dal corrispondente
dell’Organizzazione di
Vicchio del Mugello del
PMLI
L’Organizzazione di Vicchio
del Mugello del PMLI ha partecipato al corteo per il 25 Aprile a
Borgo San Lorenzo (Firenze) in
occasione del 71° Anniversario
della Liberazione.
Circa duecento antifascisti
borghigiani e mugellani si sono
ritrovati in Piazza Dante per andare, col tradizionale corteo, a
deporre le corone ai cippi e mo-
numenti che ricordano la Resistenza. Come già succede da
anni l’organizzazione della celebrazione è all’insegna del nazionalismo patriottardo e dunque non sono mancate le varie
esecuzioni dell’inno nazionale.
Al monumento alla Resistenza
finalmente la banda musicale
di Marradi ha eseguito la canzone che rappresenta lo spirito
del 25 Aprile, “Bella ciao”. L’ha
però eseguita solo a metà per
cui a cantarla integralmente ci
hanno pensato i compagni del
Borgo San Lorenzo (Firenze), 25 Aprile 2016. Le insegne del PMLI al
corteo in occasione del 71° della Liberazione dal nazifascismo (foto del
compagno Antonio Banchi del PRC)
PMLI e del PRC della sezione
di Borgo San Lorenzo presenti
con le proprie bandiere.
I nostri militanti, simpatizzanti e amici oltre ad indossare al collo i fazzoletti del PMLI e
dell’ANPI, avevano le bandiere
dei Maestri e del PMLI e il cartello con sopra i manifesti del
Partito sul 25 Aprile dove, con la
sua splendida grafica, spiccava
la parola d’ordine “Nello spirito della Resistenza cacciamo
il nuovo Mussolini Renzi, per il
socialismo” che ha rappresentato, per la sua attualizzazione,
la punta più avanzata del corteo
e ha ricevuto molta attenzione
dai presenti. Molti gli antifascisti
che ci hanno salutato in modo
caloroso: insomma, i compagni si sono mossi come pesci
nell’acqua tra la popolazione
antifascista mugellana.
Un ringraziamento al compagno simpatizzante Andrea
che ha intonato benissimo “Bella ciao” al monumento alla Resistenza così come all’amico
Gianni che è stato esemplare nello sbandierare la bandiera dei Maestri e nel prodigarsi
con la banda musicale perché
eseguisse “Bella Ciao”. Un altro
ringraziamento all’amico Antonio Banchi del PRC che ha ben
curato, come sempre, il servizio
fotografico.
PRATO
Grande partecipazione al corteo, la piazza intona “Bella ciao”
La denuncia del PMLI del nuovo Mussolini Renzi
cattura l’attenzione delle masse e dei media
‡‡Dal corrispondente della
Cellula “Stalin” di Prato
Migliaia di manifestanti hanno preso parte al corteo cittadino partito da Piazza Duomo e
conclusosi in Piazza Del Comune.
A metà percorso, in Piazza
Delle Carceri, è andata in scena ancora una volta l’odiosa
parata militare con la prefetta di
Prato Maria Laura Simonetti e
il neopodestà renziano Matteo
Biffoni che hanno passato in
rassegna le forze armate mentre la banda musicale intonava
l’inno di Mameli e altre marcette
militariste.
In risposta a questa canea
revisionista che ormai da anni
lavora alacremente per spoglia-
re il 25 Aprile della sua peculiarità antifascista per ricondurlo
sotto il falso simbolo del patriottismo, del militarismo e del
“volemose tutti bene” mettendo sullo stesso piano vittime e
carnefici; militanti, simpatizzanti e amici del PMLI, Fed. PDCI,
Anpi-Prato e Comitato Gay e
Lesbiche hanno intonato ripetutamente “Bella ciao” e lanciato
alcuni slogan fra cui: “Ieri oggi
e anche domani gloria eterna ai
partigiani”.
Fin dal concentramento in
Piazza Duomo, la fulminante denuncia del manifesto del
PMLI con la parola d’ordine:
“Nello spirito della Resistenza, cacciamo il nuovo Mussolini Renzi, per il socialismo” e il
fotomontaggio di Renzi travestito da Mussolini ha suscitato
la piena approvazione di decine di manifestanti che sono sfilati al nostro fianco e ci hanno
fatto i complimenti per la coraggiosa denuncia politica e per la
bellissima grafica: Tra i commenti: finalmente qualcuno ha il
coraggio di smascherare completamente Renzi e di dire davvero come stanno le cose. Il
cartello ha catturato anche l’attenzione di molti fotografi, cineoperatori e dei media locali che
lo hanno superfilmato e superfotografato a più riprese dandogli anche un certo risalto nelle
cronache cittadine sia pure con
una titolazione fuorviante come
ha fatto ad esempio “La Nazio-
10 il bolscevico / 25 Aprile
Prato, 25 Aprile 2016. Il cartello del PMLI spicca nella piazza durante la
commemorazione ufficiale (foto Il Bolscevico)
ne” che ha scritto: “Liberazione,
festa e fuori programma” che
oltrepassa il ridicolo quando
nell’articolo spiega che il “fuori programma” sarebbe quello
inscenato dalle “rappresentanze del Partito marxista-leninista e del movimento Gay e Lesbiche” che giustamente hanno
criticato il cerimoniale conclusosi senza l’intonazione della “colonna sonora della Resistenza”
e insieme alla stragrande maggioranza dei manifestanti hanno cantato a squarcia gola “Bella Ciao” proprio in risposta alle
marcette militariste risalenti addirittura alla prima guerra mondiale imperialista intonate dalla
banda musicale per quasi tutto il corteo e che nulla hanno a
che vedere col 25 Aprile.
N. 18 - 5 maggio 2016
FUCECCHIO
Battagliera partecipazione del PMLI al corteo
‡‡Redazione di Fucecchio
Il 71° della Liberazione dal
nazifascismo è stato celebrato
con un breve corteo a Fucecchio (Firenze) che dalla piazza
antistante il comune si è concluso davanti al monumento ai
caduti. Una ricorrenza sempre
più istituzionale che le amministrazioni a guida PD della nostra zona stanno organizzando
sempre più stancamente, quasi
“obbligate” a farlo per evitare le
critiche dell’elettorato di sinistra.
Il PMLI non ha rinunciato ad
attualizzare i valori della Resistenza distribuendo volantini di
denuncia dell’attuale governo
guidato dal nuovo duce Renzi
che sta portando a termine le
controriforme piduiste e neofasciste. Una presenza, quella dei
marxisti-leninisti, sempre più indigesta ai dirigenti locali del PD
ma apprezzata da chi ha capito che Renzi e il suo partito non
sono altro che gli attuali amministratori degli affari della borghesia.
I compagni, con le loro ban-
diere rosse, i corpetti e le magliette del partito hanno partecipato con il loro spirito battagliero
cantando “Bella ciao” seguiti da
altri manifestanti che hanno
espresso anche parole di stima.
La giornata si è conclusa con
un pranzo popolare organizzato dall’Anpi alla Casa del popolo
dove non erano presenti esponenti del PD, a segnare anche
fisicamente il distacco avvenuto
tra questo partito e le masse di
sinistra e antifasciste.
Fucecchio, 25 Aprile 2016. La rossa presenza del PMLI al corteo (foto Il
Bolscevico)
RAVENNA
Prato, 25 Aprile 2016. PMLI, PDCI, Anpi-Prato e Comitato Gay e Lesbiche mentre intonano “Bella Ciao”
CATANIA
La presidente provinciale dell’ANPI critica l’Europa per la chiusura delle
frontiere e dove proliferano i movimenti neofascisti. Il neopodestà Bianco
scansa la contestazione pronunciando al chiuso il suo intervento. Il PMLI
sfila in corteo con le proprie insegne e diffonde il volantino sul 25 Aprile
La bandiera del PMLI sventola per la prima volta il 25 Aprile.
Apprezzamenti dall’ANPI e da un assessore
‡‡Dal corrispondente
dell’Organizzazione di
Ravenna del PMLI
Per la prima volta la bandiera rossa del PMLI ha sventolato sulla piazza di Mandriale.
Nonostante la mattinata fredda
e ventosa, un gruppo di manifestanti si è ritrovato per ricordare le gloriose giornate della lotta
partigiana che portarono alla Liberazione dal nazifascismo.
L’Organizzazione di Ravenna del PMLI era presente con
la propria bandiera, molto ammirata. Presenza apprezzata
anche dall’assessore comunale
Martina Monti e da Paolo Fratti,
dirigente locale dell’Anpi.
Dopo un breve discorso è
stato fatto il giro dei cippi nei
luoghi ove caddero i combattenti antifascisti per la libertà,
per deporre fiori rossi e corone.
Ravenna, 25
Aprile 2016.
In compagno
Franco Melandri davanti a
uno dei cippi
partigiani
visitati dai
manifestanti
per celebrare
la Liberazione
dal nazi-fascismo (foto Il
Bolscevico)
Una breve sosta è stata fatta
anche al monumento dove morì
Anita Garibaldi, alla cui memoria è stata deposta una corona
di fiori.
Una giornata interessante se non fosse che tutto si è
svolto sotto l’ala oscurante del
PD. Alcuni dei caduti combatterono seguendo l’ideale di
Mazzini ma la loro bandiera
non era presente. L’Anpi è di
tutti, così dovrebbe essere.
Viva il PMLI! Coi Maestri vinceremo!
FORLI’
Le bandiere dei Maestri e del PMLI ricordano il sacrificio dei partigiani
‡‡Dal corrispondente della
Catania, 25 Aprile 2016. Nel corteo per celebrare il 71° della Liberazione la presidente dell’ANPI provinciale
Santina Sconza sfila accanto al medagliere, poco dietro la delegazione del PMLI (foto Il Bolscevico)
‡‡Dal corrispondente della
Cellula “Stalin” della
provincia di Catania
Anche per le vie catanesi si
è celebrato il 71° Anniversario
della Liberazione dal nazifascismo. Compagne e compagni
della Cellula “Stalin” della provincia di Catania e dell’Organizzazione di Caltagirone del
PMLI hanno sfilato nel corteo
indetto dall’ANPI con le bandiere, indossando i corpetti e
distribuendo i volantini redatti
dal Partito in occasione di questo 25 Aprile.
Gran parte delle forze progressiste catanesi hanno partecipato alla manifestazione che,
partita da piazza Stesicoro, si è
conclusa in piazza Dante con i
discorsi della presidente provinciale dell’ANPI, Santina Scon-
za, e del segretario provinciale
della CGIL, Giacomo Rota.
Nel suo discorso, la presidente provinciale dell’ANPI ha
criticato duramente l’Europa
immersa nelle guerre, che chiude le proprie frontiere ai migranti, in cui prolificano i movimenti
neofascisti che fomentano l’odio tra i popoli. Altri punti salienti del discorso sono stati l’attacco alle politiche antipopolari di
Renzi, che vanno contro i principi sanciti dalla Costituzione
del ’48 e contro lo Statuto dei
lavoratori, ma anche il ricordo
delle proteste dell’ANPI di Catania contro le manifestazioni di
piazza dei movimenti neofascisti e la lotta affinché queste vengano proibite.
Forti sono state le contestazioni per la presenza delle isti-
tuzioni, rappresentate dal sindaco Enzo Bianco. Il sindaco
piddino ha scansato gli attacchi pronunciando il suo discorso
nel chiostro del municipio (dov’è
collocata la lapide) alla sola presenza di alcuni rappresentanti
dell’ANPI e di alcuni esponenti
del PD, consapevole delle reazioni che avrebbe suscitato tra
i manifestanti. Ciononostante,
parte del corteo ha lanciato slogan contro la sua ipocrita presenza e contro il governo Renzi.
Rivivere lo spirito della Resistenza oggi, per il PMLI, vuol
dire lottare per abbattere il regime piduista e imperialista retto
dal nuovo duce Renzi. Alla testa della nuova lotta antifascista
deve esserci, come nel ’45, la
classe operaia cui spetta di diritto il potere politico.
Cellula “Stalin” di Forlì
Lunedì 25 Aprile militanti e simpatizzanti della Cellula
“Stalin” di Forlì del PMLI hanno, come sempre, partecipato
alla celebrazione del 71° della
Liberazione dal nazi-fascismo,
che si è svolta in Piazza Saffi
dove ai piedi dei lampioni dove
venivano impiccati i partigiani e
poi lasciati lì dai fascisti come
minaccia e monito per la popolazione, sono stati depositati corone di fiori, così come al
Sacrario ai partigiani.
Il discorso del sindaco PD
Davide Drei, così come le premiazioni degli studenti partecipanti al concorso per il 25
Aprile, si sono tenuti dentro al
salone comunale, piuttosto che
in piazza come di consueto, a
causa del maltempo che minacciava pioggia.
Le bandiere dei Maestri e del
PMLI hanno ricordato ai presenti il contributo determinante che i comunisti hanno dato
alla Resistenza e alla Liberazione, così come i volantini distri-
buiti hanno chiarito che Renzi
è solo una versione più moderna e tecnologica di Mussolini e
che per tenere vivo oggi lo spirito dell’antifascismo e della Re-
sistenza occorre lottare uniti per
abbattere questo governo neofascista, antioperaio, piduista
e interventista e cacciare via il
nuovo duce Renzi.
Forlì, 25 Aprile 2016. Le insegne del PMLI in piazza Saffi. Con la bandiera
il compagno Denis Branzanti, Responsabile del PMLI per l’Emilia-Romagna (foto Il Bolscevico)
25 Aprile / il bolscevico 11
N. 18 - 5 maggio 2016
LECCE
La bandiera del PMLI sventola alta e attira la curiosità degli studenti medi
‡‡Dal corrispondente della
Cellula “Nerina ‘Lucia’
Paoletti” di Lecce
Quest’anno la ricorrenza del
25 Aprile nel leccese non è stata esclusivo appannaggio delle istituzioni borghesi: la Cellula “Nerina ‘Lucia’ Paoletti” di
Lecce del PMLI ha partecipato
con spirito combattivo e militante al corteo unitario, avuto luogo nella mattinata, organizzato
dal centro sociale CSOA Terra
Rossa, aperto a tutte le realtà
dell’antifascismo.
Come non accadeva da anni, le strade del capoluogo salentino sono state attraversate
da un fiume di bandiere rosse,
accompagnate dai tradizionali
canti di lotta partigiana.
La bandiera del PMLI ha
sempre sventolato in alto, suscitando la curiosità degli studenti
medi, i quali hanno certamente
costituito il cuore del corteo ma
che al contempo sono ancora
sotto il giogo della “sinistra” falsa e borghese.
Molti si sono fermati ad interagire con i compagni. Non
sono mancati scambi di punti di
vista circa l’astensionismo elettorale, le trivellazioni e la necessità di mettere fine alla barbarie
darsi appuntamento in via Tasso, oggi Museo della Liberazione, ieri famigerato carcere delle
torture inflitte dai nazi-fascisti.
Il corteo, partito dal Colosseo,
ha scandito i canti simbolo della Resistenza. I partigiani han-
‡‡Dal corrispondente
Lecce. Un aspetto del corteo per il 25 Aprile. Sulla destra si nota la bandiera del PMLI (foto Il Bolscevico)
dei CIE: in questo modo si evidenziano le differenze tra gli autentici marxisti-leninisti e coloro
che si spacciano tali o si riconoscono apertamente nel trotzkismo e nel revisionismo.
Il nostro Partito, con la sua
linea astensionista anticapitalista, non cedendo alle logiche
borghesi del cretinismo parlamentare, mette in luce le contraddizioni di quei gruppi politici
che si appoggiano sull’elettorato o di quei loschi personaggi che ipocritamente si dichiarano “comunisti” ma che in tempo
di elezioni si schierano aperta-
mente con liste civiche a fianco del candidato borghese. È
dunque necessario che qualsiasi autentico comunista, che
intende tenere alta la bandiera
del 25 Aprile e della Resistenza,
debba schierarsi col PMLI, nel
nome dell’emancipazione del
proletariato e delle masse, contro il governo del nuovo duce
Renzi, contro l’UE imperialista,
per il socialismo.
W la Resistenza!
Teniamo alta la bandiera del
25 Aprile!
Coi Maestri e il PMLI vinceremo!
dell’Organizzazione di
Civitavecchia del PMLI
Un 25 Aprile istituzionale molto sotto tono quello di
quest’anno a Civitavecchia, nel
71° Anniversario della Liberazione dell’Italia dal nazi-fascismo.
Al concentramento al Parco
della Resistenza dove tutti gli
anni si celebra il 25 Aprile erano
altri partiti, compagni di lavoro e
delegati della Barilla, funzionari
e iscritti della Cgil. Come sempre
l’atmosfera della manifestazione
era quella giusta, che solo il 25
Aprile può creare ma, nel contempo, ho notato che tutto quanto questa storica data rappresenta, spesso non riesce ad uscire
da questo giorno della memoria.
Si fatica a far entrare questi valori e ideali in fabbrica e nei luoghi di lavoro in generale. Si fatica a trovare quel coordinamento
per una battaglia di fronte unito,
fra i vari partiti della sinistra, per
lottare contro il governo del nuovo duce Renzi e tutte le sue malefatte. E ancora non si è riusciti
a smuovere la CGIL, dove inve-
ce è l’opposizione interna ad essere zittita in barba alla “carta dei
diritti” tanto declamata.
Il corteo dopo la sosta in
Piazzale della Pace si è diretto in Piazza Garibaldi, dove si è
svolto il comizio conclusivo. A latere un coro cittadino ha intonato diverse canzoni del movimento operaio e partigiano, attirando
all’ascolto molti manifestanti e
creando un’atmosfera particolare: un’intensa espressione del
movimento operaio e antifascista che ha urgente bisogno di
trovare una pratica che, noi diciamo, deve aprire la strada per
l’Italia unita, rossa e socialista.
Alberto Signifredi - Parma
PESARO
Il PMLI unico partito presente
dell’Organizzazione di
Gabicce Mare del PMLI
Lunedì 25 Aprile, nonostante il tempo incerto, si svolta a
Pesaro la manifestazione istituzionale per l’Anniversario della Liberazione dal nazifascismo
a cui il PMLI di Gabicce Mare
(Pesaro Urbino) ha partecipato tenendo alta la bandiera del
Partito.
Il corteo partito dopo le ore
10 da piazzale Collenuccio ha
fatto tappa al monumento della
Resistenza.
Nonostante fosse una cerimonia istituzionale hanno par-
tecipato diverse realtà come i
No Tav, Trivelle Zero, Azione
antifascista, Collettivo Malerba
(oltre al PMLI, l’unico presente
come Partito).
Al termine si sono svolti
gli interventi delle istituzioni e
dell’ANPI, per poi sciogliere il
corteo.
ROMA
Ben accolto il volantino del PMLI
in qualche decina. La cerimonia
coi militari, il sindaco, il pentastellato Antonio Cozzolino, e il
gonfalone del comune di Civitavecchia è stata liquidata con
la deposizione di una corona di
alloro.
Presenti tre timide bandiere, una dell’Italia dei valori,
una di Rifondazione e un’altra
dell’ex Unione Sovietica e, naturalmente la nostra gloriosa
Civitavecchia, 25 Aprile 2016. L’omaggio del PMLI al monumento agli
internati dei lager nel Parco della Resistenza (foto Il Bolscevico)
bandiera del PMLI portata con
orgoglio e fierezza da un nostro compagno. Si è così reso
omaggio al monumento agli internati dei lager nazi-fascisti.
Quest’anno niente palco,
una rappresentante dell’ANPI
con un piccolo megafono ha improvvisato un mini comizio dicendo che bisogna difendere
la Costituzione, anche se, aggiungiamo noi, è ormai da tempo carta straccia e di fatto è una
battaglia di retroguardia specie
se non la si lega a quella per il
No deciso e cosciente al prossimo referendum sulla controriforma del Senato.
Un nostro compagno si è
trattenuto a parlare con due
manifestanti, due pensionati, ambedue molto delusi della
poca partecipazione e dell’assenza delle bandiere del PD,
loro partito di riferimento.
È un’amara constatazione vedere oggi Civitavecchia,
storica roccaforte “rossa”, così
malgovernata da un sindaco
M5S che è solo un fantoccio del
regime neofascista.
NAPOLI
Un grande e colorato corteo celebra il 25 Aprile. Presente la bandiera del PMLI
‡‡Dal corrispondente
con la distribuzione dei volantini dal titolo “Nello spirito della
Resistenza, cacciamo il nuovo
Mussolini Renzi, per il socialismo”, accolti di buon grado dai
partecipanti.
CIVITAVECCHIA
PARMA
La manifestazione di quest’anno ha visto una folta partecipazione. In piazzale S. Croce, luogo del
concentramento, tanti parmigiani
hanno ricordato la ricorrenza del
25 Aprile, Festa della Liberazione,
dando poi il via a un grande e colorato corteo che ha attraversato
le vie principali della città.
Erano presenti esponenti e
militanti di vari partiti di sinistra
e diverse associazioni e comitati come Italia-Cuba. Presente
anche la CGIL con diversi funzionari, delegati e iscritti.
Io ho partecipato portando
come sempre negli ultimi anni la
bandiera del PMLI. Muovendomi lungo il corteo ho incontrato
e parlato con tanti compagni di
no lanciato “Bella ciao”. Tante
le bandiere palestinesi.
Sul palco dell’ANPI si sono
alternati gli ex partigiani, molti dei quali visibilmente commossi. Per noi del PMLI le celebrazioni si sono concluse
Durante il corteo contestazioni al nuovo duce Renzi. I manifestanti
cacciano il candidato sindaco del PD Valente
‡‡Dal corrispondente della
Cellula “Vesuvio Rosso” di
Napoli
Migliaia di manifestanti sono
scesi in piazza a Napoli per il
71° Anniversario della Liberazione dal mostro nazifascista
con un riuscito corteo organizzato dalla rete cittadina con la
parola d’ordine “Liberiamoci dal
fascismo, dal razzismo, dalla
guerra, dallo sfruttamento e dal
governo Renzi”.
Alle ore 10,30, incuranti della pioggia battente divenuta
verso le 11 grandine, i partecipanti si sono dati appuntamento nel classico presidio di piazza
Mancini e poi hanno sfilato per
la zona della stazione centrale
di Napoli attraversando corso
Garibaldi e arrivando nella centrale piazza Cavour cantando
più volte a squarciagola “Bella
Ciao”. Hanno aderito al corteo
i centri sociali, studenti e studentesse medi ed universitari,
i disoccupati organizzati, il Comitato di Bagnoli, l’Arci gay, il
sindacato USB e tanti migranti
presenti anche con uno striscio-
Napoli, 25 Aprile 2016. Il corteo organizzato dalla rete cittadina
ne in lingua araba, contro le politiche dell’egiziano Al Sisi e per
la verità sul caso Regeni; c’erano anche i compagni del PMLI.
Non sono mancate durante il corteo le forti contestazioni
al governo del neoduce Renzi,
che in questi giorni ha fatto visita in città per firmare il fantomatico “Patto per il Sud”. Ad un
certo punto del corteo la contestazione si è spostata da Renzi alla sua candidata a sindaco
per le elezioni amministrative
del 5 giugno, Valeria Valente,
che ha cercato di partecipare
al corteo fin dagli inizi a piazza
Mancini ma è stata immediatamente cacciata come persona
non gradita. Non hanno perdonato al suo partito di non aver
organizzato uno straccio di manifestazione negli ultimi anni per
ricordare la Liberazione dal mostro nazifascista.
Provocazione della destra fascista contro il 25 Aprile
‡‡Dal corrispondente della
Cellula “Rivoluzione
d’Ottobre” di Roma
Come da tradizione il 25
Aprile gli antifascisti romani
scendono in piazza a fianco dei
partigiani e delle partigiane.
Dopo l’anomala formula
dell’anno scorso, si torna con
il corteo ufficiale e con il sit-in
conclusivo a Porta San Paolo, luogo simbolo della Resistenza romana, in cui persero
la vita 600 antifascisti. Anche
quest’anno la brigata ebraica e
gli ex deportati non hanno partecipato all’evento, preferendo
Le penne nere di di Gian Marco Chiocci, direttore de Il Tempo, e Maurizio Belpietro, direttore del giornale
berlusconiano Libero, si sono scagliate all’unisono, provocatoriamente, contro il 25 Aprile per cancellarlo.
L’articolo di Belpietro è stato rilanciato dal sito pressreader
Roma, 25 Aprile 2016. Gli interventi partigiani dal palco di Piazza S. Paolo (foto Il Bolscevico)
2 il bolscevico / documento dell’UP del PMLI
stampato in proprio - committente responsabile: M. MARTENGHI (art. 3 - Legge 10.12.93 n. 515)
PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANO
Sede centrale: Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 FIRENZE
Tel. e fax 055.5123164 e-mail: [email protected]
www.pmli.it
N. 3 - 22 gennaio 2015
lavoratori / il bolscevico 13
N. 18 - 5 maggio 2016
Metalmeccanici in piazza
per il contratto
Manifestazioni in tutta Italia, alta l’adesione allo sciopero indetto da Cgil, Cisl e Uil
Sono tornati nelle piazze i lavoratori metalmeccanici. Dopo lunghi mesi di trattative tra sindacati
e controparte padronale, in questo
caso Finmeccanica, si è giunti oramai a una fase di stallo sulla parte
salariale. L’associazione degli industriali meccanici porta un nuovo e virulento attacco al contratto collettivo nazionale di lavoro
(CCNL). Non è la prima volta che
accade poiché questo è stato uno
degli obiettivi principali della presidenza Squinzi in Confindustria;
in questo caso si tratta di colpire
la parte salariale che il CCNL dovrebbe solo sfiorare demandandola quasi completamente alla contrattazione aziendale.
I padroni non intendono recedere da quanto affermato nel loro
“Manifesto delle Relazioni Industriali” dove, tra le altre cose, si
sottolinea che “le dinamiche salariali devono essere strettamente collegate ai risultati economici e reddituali conseguiti dalle
aziende”. In poche parole d’ora
in avanti gli aumenti saranno concessi solo in quelle aziende dove
i padroni decideranno soddisfacente l’aumento di produttività e
il supersfruttamento dei lavoratori. Uno schema che riproduce il
famigerato modello Marchionne
imposto per la prima volta a Pomigliano e poi esteso a tutto il gruppo FCA, dove i lavoratori devono
piegarsi senza fiatare a ritmi forsennati di produzione in cambio di
qualche euro in più.
Per bloccare i salari Federmeccanica ha messo a punto una sua
proposta definita “organica”, ovvero la trasformazione del “minimo contrattuale” in “salario mini-
mo di garanzia”, che consiste in
una paga di basso livello retributivo su cui collocare la maggioranza
dei lavoratori, calcolata attraverso
l’IPCA (calcolo parziale dell’inflazione). Una proposta del tutto
simile a quella del governo Renzi che auspica un salario minimo
stabilito per legge lasciando tutto
il resto alle trattative aziendali con
lo scopo di privare i sindacati del
loro ruolo nella contrattazione nazionale.
Per fregare i lavoratori saranno
inglobati in paga base superminimi, aumenti periodici di anzianità, premi di risultato, ecc., per fare
in modo che gli aumenti di salario stabiliti dal rinnovo del contratto siano assegnati, in tutto o in
parte, solo se la nuova paga base
risulta inferiore ai nuovi minimi
salariali fissati dal contratto nazionale. Col risultato che non siano
assegnati per niente perché, spostando tutte le voci accessorie in
paga base, il 95% dei metalmeccanici supererà la soglia minima,
in pratica sarà concesso solo ai neoassunti. In conclusione la combinazione di questi fattori creerebbe
tra i lavoratori forti diseguaglianze territoriali, tra le varie aziende
e all’interno della stessa fabbrica,
oltre a togliere per sempre, come
già avvenuto per altri contratti con
la complicità sindacale, parti di salario come gli scatti di anzianità.
Questi sono i punti più contestati, dobbiamo però ricordare che
Cgil, Cisl e Uil si erano dette più
che disponibili e propense ad accettare altre proposte irricevibili di Federmaccanica. Come ad
esempio il divieto alle RSU di indire scioperi contro accordi firma-
Milano, 20 aprile 2016. Un aspetto della manifestazione dei metalmeccanici per il rinnovo del contratto
ti o di indirli durante le trattative;
il ricorso, da parte delle aziende,
all’adozione sistematica del criterio della flessibilità in materia di
orari, turni, organizzazione del lavoro; l’utilizzo dello straordinario come banca-ore per riduzioni
di orario negli ultimi anni precedenti l’andata in pensione (niente
pagamento degli straordinari), lo
sviluppo della previdenza e della
sanità integrativa, rinunciando a
difendere il servizio sanitario pubblico, sempre più privatizzato.
Eloquente è stato il comportamento della Fiom che in un primo momento aveva presentato
una propria piattaforma distinta da
Cisl e Uil, per poi ritirarla e adeguarla perché Landini ha ricercato ad ogni costo l’unità e un’unica proposta con le altre due sigle
confederali dopo anni di accordi
separati. Ma Federmeccanica e il
suo presidente Fabio Storchi non
si sono accontentati di queste concessioni. Il tavolo delle trattative
è comunque per il momento sospeso perché non si può rinnovare
un contratto con aumenti salariali
concessi solo al 5% dei lavoratori. Stiamo parlando di una categoria che raccoglie quasi 1milione e
700mila dipendenti e che storicamente rappresenta un modello per
tutti gli altri rinnovi contrattuali,
dove la paga netta si aggira tra i
mille e mille e cinquecento euro
mensili, tra le più basse d’Europa
nel settore.
Si è così arrivati allo sciopero nazionale di categoria di 4 ore
del 20 aprile che ha letteralmente svuotato le fabbriche, il primo
unitario dopo 8 anni. Nonostante
l’innegabile successo dell’inizia-
tiva, con manifestazioni e presidi
in 100 città e una partecipazione
che non si vedeva da anni, i mezzi
d’informazione hanno quasi ignorato l’avvenimento e per trovare
le notizie bisogna andare a spulciare nella cronaca locale. Ennesima riprova dell’appiattimento e
dell’omologazione dell’informazione oramai concentrata in poche mani. La manifestazione più
grande si è tenuta a Milano dove
ha parlato il segretario della Fiom
Landini. Migliaia di lavoratori
hanno percorso in corteo le strade della città fino alla sede padronale dell’Assolombarda, decisi a
respingere le proposte offensive e
umilianti di Federmeccanica. Tutti
i capoluoghi di provincia e i centri
industriali lombardi hanno visto le
tute blu in piazza per il contratto.
A Reggio Emilia presidio da-
vanti all’azienda di proprietà di
Fabio Storchi, presidente degli industriali meccanici, dove ha parlato il segretario della Uilm Rocco Palombella. A Napoli invece ha
tenuto il comizio Marco Bentivogli della Fim-Cisl. Manifestazioni
con migliaia di lavoratori a Torino, Asti, Cuneo e in tutto il Piemonte. Operai combattivi anche
nelle piazze di Genova, Parma,
Modena, Padova e in molte città
del nord, solo la durata di 4 ore ha
impedito una partecipazione ancora più alta. Ovunque altissime
le adesioni allo sciopero, generalmente sopra il 70%, ma in molte
zone e grandi fabbriche la percentuale è stata attorno al 90-95% e
in alcuni casi del 100%. Anche al
centro-sud c’è stata mobilitazione,
con manifestazioni, presidi e in
alcuni casi blocchi stradali a Firenze, Pisa e in tutta la Toscana, a
Roma, Terni, Pesaro. Manifestazione anche a Cagliari, presidi in
Puglia e davanti ai maggiori centri
e distretti industriali della Sicilia.
I lavoratori metalmeccanici con
questo sciopero hanno dimostrato
determinazione e volontà di lottare
per sconfiggere le posizioni di Federmeccanica e Confindustria che
sicuramente non cambieranno con
la nuova presidenza di Vincenzo
Boccia, forte anche dell’appoggio
e delle preziose agevolazioni che
il nuovo duce Renzi gli concede.
Landini preferisce evitare lo scontro perché il “Paese non ne ha bisogno”, ma ci dovrebbe spiegare come
potranno i metalmeccanici vincere
questa battaglia dal momento che i
padroni e il governo cercano in ogni
modo di comprimere i diritti e il salario dei lavoratori.
Come la precedente e successiva
La generazione 1980
andrà in pensione a 75 anni
Tito Boeri, attuale presidente
dell’Inps, il 19 aprile è intervenuto al “graduation day” dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e ha dato prospettive
tutt’altro che rosee sulle pensioni
per i nati dopo il 1980: “Abbiamo
preso in considerazione i lavoratori dipendenti, ma anche gli artigiani, persone che oggi hanno 36
anni e che probabilmente a causa
di episodi di disoccupazione vedono una discontinuità contributiva di circa due anni. Due anni
senza contributi”. Quindi, “se la
generazione 1980 dovesse andare in pensione con le regole attuali
che prevedono i 70 anni con l’interruzione contributiva registrata
ci andrà dopo due-tre o anche cinque anni perché non ha i requisiti minimi”. Quindi, a seconda del
prolungamento dell’interruzione,
l’agognata pensione potrebbe slittare fino a 75 anni.
Il fatto è che oggi si va in pen-
sione a 66 anni e 7 mesi, ma l’età
pensionabile salirà ogni due anni
a partire dal 2019 per adeguarsi
all’allungamento della speranza di
vita, raggiungendo il massimo dei
70 anni nel 2049. Solo che bisognerà avere maturati anche i contributi necessari, che aumenteranno a loro volta e, secondo le stime,
potrebbero arrivare a 46 anni nel
2049; ma i contributi sono tutt’altro che scontati, per via del dilagare del precariato che determina rapporti di lavoro discontinui e
non raramente anche lunghi periodi di disoccupazione, per non parlare del lavoro nero.
Tutto questo mentre anche la
generazione post-1970 vede allontanarsi sempre più la pensione,
comunque generalmente da fame.
Non parliamo proprio dei nati dagli anni ’90, molti dei quali non
hanno mai avuto un contratto stabile.
Insomma: pensione nel “due-
Il capitalismo ruba il futuro
milamai”, come hanno scritto certe testate. Intere generazioni rischiano concretamente di non
vedere mai la pensione, o quantomeno una pensione dignitosa, e
vedranno cancellato un diritto basilare.
Dichiarazioni sorprendenti?
Non proprio: già nell’ottobre 2010
il predecessore di Boeri, Antonio
Mastrapasqua, ammetteva candidamente: “Se dovessimo dare la
simulazione della pensione ai parasubordinati rischieremmo un
sommovimento sociale”. Lo stesso Mario Draghi ha recentemente
parlato di “generazione perduta”,
con la faccia tosta che può avere
solo il capo della BCE che promuove le politiche draconiane per
salvare il capitalismo sulla pelle,
le lacrime e il sangue dei lavoratori. Lo stesso Boeri è fra le menti
del “Jobs act” e tuttora non propone certo l’abolizione del precariato e l’abbassamento dell’età per la
pensione come soluzioni.
È semmai grave che i governi
che si sono succeduti, da Berlusconi a Monti a Letta a Renzi, abbiano permesso che ciò avvenisse
senza muovere un dito, anzi hanno fatto scempio del sistema pensionistico pubblico, in particolare
con la riforma Fornero, alzando
sistematicamente l’età pensionabile e passando al solo contributivo; ma hanno distrutto anche il
diritto del lavoro, privando i giovani del lavoro stabile. Spalancando le porte a banche, assicurazioni e fondi privati, con conseguente
salasso per le masse popolari.
La segretaria della CGIL, Camusso, ha chiesto “un piano straordinario per l’occupazione giova-
nile da finanziare con una riforma
fiscale. Bisogna spostare la tassazione su chi ha di più” e detto che
“bisogna decidere come si fa, invece, a dare lavoro a questa generazione”. Una posizione, peraltro
piuttosto debole, che comunque
non è seguita da iniziative di lotta
dure e decise che la gravità della
situazione imporrebbe. Che altro
c’è da aspettare, per esempio, per
proclamare lo sciopero generale?
Comunque siamo di fronte ad
un’ulteriore riprova che il capitalismo e i governi che ne curano gli
interessi non fanno altro che rubare diritti e futuro ai giovani. La
“generazione perduta” non ha altra scelta che abbattere questo sistema capitalistico per conquistare un futuro dignitoso, libero dallo
sfruttamento e dalla povertà.
Direttrice responsabile: MONICA MARTENGHI
e-mail [email protected]
sito Internet http://www.pmli.it
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Iscritto al n. 2142 del Registro della stampa del Tribunale di Firenze. Iscritto come giornale
murale al n. 2820 del Registro della stampa del Tribunale di Firenze
Editore: PMLI
chiuso il 27/4/2016
ore 16,00
ISSN: 0392-3886
14 il bolscevico / interni
N. 18 - 5 maggio 2016
Nemmeno Berlusconi era giunto a tale falsa denuncia
Renzi: “Per 25 anni barbarie
del giustizialismo”
L’arroganza del nuovo duce non ha limite
La piazza lo deve cacciare
Ringalluzzito dalla vantata “vittoria” astensionista al referendum sulle trivelle, e per uscire
dall’angolo in cui le numerose inchieste giudiziarie, in testa quella
di Potenza l’avevano messo, Renzi ha approfittato del dibattito sulle due mozioni di sfiducia delle
opposizioni al governo per usare il
Senato come una tribuna per sferrare un ulteriore e più duro colpo
all’intera magistratura, e per sancire una volta per tutte la superiorità
e l’intoccabilità del potere politico
rispetto al potere giudiziario.
Prendendo spunto dall’intervento del NCD Gabriele Albertini, che aveva appunto rivendicato
il diritto di governo e parlamento
di approvare tutti i decreti Tempa Rossa che vogliono, senza che
la magistratura ci possa mettere becco (“faccio totalmente mie
le considerazioni del senatore Albertini”, aveva sottolineato infatti
come premessa Renzi, dopo aver
già fatto recapitare all’ex leghista
un biglietto di apprezzamento), il
nuovo duce si è così scagliato contro i magistrati: “Questo Paese ha
conosciuto figure di giudici eroi
che hanno perduto la vita nella
lotta contro la mafia, contro la camorra, contro la corruzione e contro l’illegalità. Ma questo Paese ha
conosciuto anche negli ultimi venticinque anni, pagine di autentica
barbarie legate al giustizialismo”.
Un attacco, nel tono e nel contenuto, di una violenza e di un’arroganza senza precedenti, tale da
far impallidire perfino quelli a
cui Berlusconi ci aveva abituato,
con i suoi “magistrati cancro della nazione” e “disturbati mentali”. Tant’è vero che a rincarare la
dose il premier non si è peritato di
aggiungere: “Un avviso di garanzia, strumento processuale a tutela dell’indagato, è stato per oltre
vent’anni una sentenza mediatica
definitiva. Vite di persone perbene, e ripeto persone perbene, sono
state distrutte mentre i delinquenti
avevano il loro guadagno nell’atteggiamento demagogico e populista di chi faceva di tutta l’erba
un fascio. E oggi io dico, davanti a
quest’Aula, che l’avviso di garanzia non è mai una condanna e dico
all’assessore dei 5 Stelle di Livorno che noi non chiederemo le sue
dimissioni perché è stato indagato
perché crediamo nella Costituzione e crediamo nei processi, che si
fanno nelle aule”.
Riabilitazione di Craxi
e di Berlusconi
In sostanza il nuovo Mussolini ha detto e sottolineato che da
“mani pulite” fino ad oggi la storia
giudiziaria di questo Paese è stata
solo una storia di “barbarie giustizialista”, comprese quindi anche le
condanne di Craxi e di Berlusconi,
i quali sono stati da lui implicitamente riabilitati come martiri della “persecuzione giudiziaria”, insieme a tutti i politici corrotti della
prima e della seconda repubblica neofascista, arrivando naturalmente a comprendere gli inquisiti e i condannati del suo partito. E
lo ha proclamato proprio mentre il
suo governo è stato beccato con le
mani nel barile di petrolio, nel pieno dell’inchiesta che in Basilicata
vede coinvolti tutti personaggi del
suo partito, dopo lo scandalo di
Banca Etruria che chiama in causa la Boschi e mentre in tutta Ita-
lia, dal Piemonte alla Sicilia, come
documentato da Il Fatto Quotidiano del 21 e 22 aprile, sono decine
e decine i sindaci, i governatori di
Regione, i consiglieri e gli esponenti del PD coinvolti a vario titolo in scandali e inchieste legate
a corruzione, mafie, abuso d’ufficio, appalti truccati, spese pazze, e
chi più ne ha più ne metta.
Non c’è da meravigliarsi, allora, se tra i più entusiasti a spellarsi
le mani per il suo sfacciato attacco ai magistrati, siano stati i suoi
ascari di Ala, il gruppo di fuorusciti dal partito di Berlusconi capeggiato dal plurinquisito Verdini:
“Ero seduto vicino a Denis Verdini e ci siamo dati dei pizzicotti”, ha raccontato ancora incredulo a Il Fatto il capogruppo di Ala,
l’ex sindaco di Aulla Lucio Barani, quello che nel suo comune aveva fatto erigere una statua a Craxi.
“L’ho detto a Denis: Ma è Renzi
o Craxi? Non volevo crederci, non
volevamo crederci... la stessa cultura garantista, socialista e riformista. Renzi è tornato alla casa
del Padre”, ha aggiunto trionfante
l’ex sindaco di Aulla, sottolineando anche che se nel 2013 ci fosse stato Renzi come presidente del
Consiglio Berlusconi non sarebbe
mai stato condannato.
Sulla scia del nuovo duce si è
subito infilato il rinnegato Napolitano, ben felice di poter aggiungere a quella di Renzi anche la sua
pugnalata alle spalle dei magistrati, per vendicarsi dello “sgarbo” dell’interrogatorio da parte dei
giudici di Palermo sul caso Mancino-D’Ambrosio: “Ci sono stati
– ha sentenziato l’(ex?) capo dello Stato - casi gravi di montature
scandalistiche e giornalistiche con-
tro persone che hanno ricevuto un
avviso di garanzia e sono state poi
scagionate... spesso vengono pubblicati pezzi di conversazioni non
contestualizzate, come è successo
al mio consigliere Loris D’Ambrosio che ci ha rimesso la pelle per un
attacco cardiaco e io queste cose
non le posso dimenticare”.
Il processo mediatico
a Davigo
Com’era scontato, anche se ciò
non rende la cosa meno scandalosa e intollerabile, non uno dei
mass-media e dei pennivendoli di regime ha condannato o anche solo criticato la provocazione
di Renzi. Al contrario, tutti costoro si sono scagliati come una muta
di cani rabbiosi sul neo presidente
dell’Associazione nazionale magistrati (Anm), l’ex pm di “mani
pulite” Piercamillo Davigo, non
appena questi si è sentito giustamente in dovere, a nome dei magistrati che rappresenta, di controbattere la tesi demagogica e
arrogante del nuovo Mussolini.
“Non commento le dichiarazioni del presidente del Consiglio – aveva detto il presidente
dell’Anm a Il Fatto del 20 aprile
- ma è una vecchia storia, questa
del ‘giustizialismo’ e del ‘conflitto’. Non c’è nessuna guerra. Noi
facciamo indagini e processi. Se
poi le persone coinvolte in base a
prove e indizi che dovrebbero indurre la politica e le istituzioni a
rimuoverle in base a un giudizio
non penale, ma morale o di opportunità, vengono lasciate o ricandidate o rinominate, è inevitabile
che i processi abbiano effetti poli-
tici. Se la politica usasse per le sue
autonome valutazioni gli elementi
che noi usiamo per i giudizi penali
e ne traesse le dovute conseguenze, processeremmo degli ex. Senza conseguenze politiche”.
Due giorni dopo Davigo aveva rilasciato un’intervista al Corriere della Sera, in cui riferendosi
alla differenza tra i politici corrotti di tangentopoli e quelli di oggi
aveva detto: “Non hanno smesso
di rubare; hanno smesso di vergognarsi. Rivendicano con sfrontatezza quel che prima facevano di
nascosto. Dicono cose tipo: ‘Con
i nostri soldi facciamo quello che
ci pare’. Ma non sono soldi loro;
sono dei contribuenti”. A questo
punto apriti cielo: tutti i titoli dei
giornali di regime, da La Stampa a
la Repubblica, da l’Unità al Giornale, e tutte le tv, dalla Rai a Mediaset a La7, hanno distorto le sue
parole mettendogli in bocca la frase, mai detta, che “tutti i politici
sono dei ladri”.
Renzi realizza il
disegno della P2
In questo modo truffaldino non solo giornalisti e politici,
con in testa il PD, si sono potuti sbizzarrire nel tiro al bersaglio
contro il magistrato “giustizialista”, facendo finta che la presunta “guerra tra politica e magistratura” fosse stata iniziata dalle sue
parole, e non da quelle di Renzi,
ma perfino alcuni magistrati compiacenti, come il garante all’ Anticorruzione, il convertito renziano
Carbone, l’ex procuratore di Milano Bruti Liberati, e l’imbelle ex
presidente dell’Anm, Luca Pala-
mara, hanno avuto la scusa buona
per intervenire e attaccare Davigo, fornendo a loro volta ai giornali il pretesto per inventarsi un
suo presunto “isolamento” all’interno dell’Anm. A censurare Davigo è piombato dall’alto anche
il vicepresidente del CSM, Legnini, dopo aver chiesto e ottenuto il
nulla osta di Mattarella. Intervento
censorio sottolineato con grande
enfasi dai media, come se non si
sapesse che Legnini è stato messo
lì da Renzi proprio per servirlo a
dovere in casi come questo!
In realtà Davigo non è affatto “isolato” tra i magistrati, come
millantano tutti i giornali di regime, ma anzi la sua denuncia ha
ricevuto l’appoggio esplicito di
molti magistrati che non sono caduti nel ricatto morale dei media
renziani, e in particolare di magistrati di prima linea nella lotta
a mafia, Camorra e ’ndrangheta:
come il procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, il pm antimafia di Palermo, Nino Di Matteo, e
il procuratore nazionale antimafia,
Franco Roberti.
Questa vicenda dimostra ancora una volta che l’arroganza di
Renzi non ha limiti, e che non si
darà pace finché non avrà saldato definitivamente i conti con la
magistratura, tagliando le sue teste indipendenti e pensanti e sottomettendola completamente al governo. Che poi non è altro che il
vecchio disegno della P2, subordinare il potere giudiziario a quello
esecutivo, che il nuovo Mussolini
ha ripreso dalle mani di Craxi e di
Berlusconi per portarlo finalmente a compimento. E l’unico modo
per impedirglielo è cacciarlo via al
più presto con la lotta di piazza.
Per l’esplosione dell’oleodotto Iplom
A Genova disastro ambientale colposo
Non è la prima volta che succede: l’ultimo incidente risale al
2012, ma questa volta è un disastro ambientale. Nella prima serata
del 17 aprile alle 20 cede un tubo
sotterraneo dell’oleodotto della raffineria IPLOM, che ha sede
a poca distanza da Borzoli, quartiere ovest di Genova. L’acqua del
torrente Fegino diventa immediatamente nera, perché la rottura avviene nel pieno delle operazioni
di pompaggio. Il petrolio arriva
al torrente Polcevera e persino in
mare. Molte persone che abitano
nei paraggi si sentono male a causa dei miasmi e almeno una di loro
deve ricorrere alle cure ospedaliere, alla faccia di quanto l’azienda
scrive in merito di prevenzione
di incidenti gravi sulla prima pagina del suo sito: “sulla base delle stime effettuate gli effetti dagli
scenari incidentali identificati nel
Rapporto di sicurezza della Raffineria non comportano danni a persone o cose nell’abitato...”.
I Vigili del Fuoco tentano di li-
mitare il danno, sistemando panne
di contenimento lungo le sponde
del Fegino e del Valpolcevera, ma
la diga cede a causa della pioggia
e il petrolio continua a sversarsi
nei torrenti e in mare.
Si susseguono comunicati e versioni contraddittori. Alle foto e alle
denunce della popolazione che rivelano la vera entità del disastro
ambientale si contrappone il solito atteggiamento negazionista e superficiale delle istituzioni borghesi,
in testa il governatore della Liguria,
Giovanni Toti, FI, che tenta di imbonire la popolazione: “A Genova il
peggio è passato, l’emergenza sta finendo e le coste liguri sono al sicuro
dal rischio petrolio. Le panne assorbenti hanno sostanzialmente impedito che in mare uscisse altro prodotto.
Il fiume è lavato dal 90% dell’idrocarburo uscito dal tubo”. Sulla stessa
linea del partito del neoduce, il ministro per le Infrastrutture Graziano
Delrio, PD, che parla di “un’emergenza a bassa intensità”.
Ma la situazione è ben più gra-
ve di quella rivelata dalle omertose
istituzioni borghesi. Il presidente di
Legambiente ligure, Santo Grammatico, segnala che l’intero ecosistema della zona più vicina alla
condotta è stato spazzato via. Gli
alvei del rio Penego e di un tratto
del rio Fegino, asciutti al momento
dell’incidente, si sono imbevuti di
petrolio. Gli orti e i frutteti nelle vicinanze subiranno gravi conseguenze, così le riserve idriche potrebbero risultare inquinate dal petrolio
penetrato nel sottosuolo. La situazione per la popolazione non è così
rosea come la presenta il goveratore. “Ne avremo per un anno – denuncia un operaio, addetto alla bonifica – come rimuovi il petrolio da
una parte, lo ritrovi dall’altra”. Nonostante le panne assorbenti, una
buona parte del’olio, arrivata alla
foce del Polcevera, si è riversata in
mare. Il greggio ha causato una moria di pesci e uccelli. Inutile dire che
ne pagheranno le conseguenze anche il turismo e la pesca sostenibile,
settori economici particolarmente
importanti nella zona. Sospinta dal
vento la chiazza, eufemisticamente
definita “iridescenza” dalle incompetenti autorità, si sta spostando
verso ovest, inquinando il litorale.
Ha già percorso oltre 12 miglia, dirigendosi verso il Santuario Pelagos, Area Specialmente Protetta di
Interesse Mediterraneo, compresa
nel territorio francese, monegasco e
italiano, dove i mammiferi marini
sono protetti.
L’impianto è stato posto sotto
sequestro dal sostituto procuratore
di Genova, Alberto Landolfi, che
ha aperto un’indagine per disastro
colposo. La produzione dell’oleodotto sarà ferma fino al 6 maggio. Per 240 dei 252 operai, che
rischiano giornalmente la salute
e l’incolumità a causa di impianti
spesso obsoleti e privi di sicurezza, ci sarà la cassa integrazione.
Il sindaco arancione di Genova,
Marco Doria tende a tirarsi fuori
dalla vicenda, mostrando il tesserino di presunto ecologista. Non è
sufficiente aver votato “Sì” al re-
ferendum sulle trivelle per declinare ogni responsabilità. E non è
neanche sufficiente costituirsi parte civile nel processo che presumibilmente avverrà. Doria è sindaco
d Genova dal 2012, l’anno in cui
un altro importante incidente era
avvenuto alla IPLOM. Il problema è che nessuno si è curato abbastanza della prevenzione. Nessuno ha controllato abbastanza. E
Doria non ha svolto fino in fondo il suo dovere. Altro problema
è la gestione complessiva del territorio di Genova, particolarmente
delicato per la sua particolare posizione geografica, per il dissesto
idrogeologico che lo caratterizza,
per la presenza di impianti pericolosi e obsoleti e per la mancanza pressoché totale di interventi di
messa in sicurezza, che competono alle amministrazioni. Cosa ha
fatto Doria?
Poi è anche chiaro che questo
disastro va rimediato con i soldi
della IPLOM. Il problema però è
ben più vasto. Come ha già detto il
PMLI nel suo documento sul referendum relativo alle trivelle, non
è pensabile che “la lotta su questo
fronte possa limitarsi alla sola soluzione referendaria tanto più visto
l’esito tutt’ora disatteso dell’altro
grande referendum, quello sulla ripubblicizzazione dell’acqua,
enormemente partecipato e stravinto”. La lotta, che è praticamente tutta da cominciare, implica di
“archiviare quantomeno l’idea di
un modello energetico bicentenario basato sui combustibili fossili
e scegliere finalmente le fonti rinnovabili che, oltre ad essere meno
nocive per l’ambiente e il clima,
rappresentano una potenziale opportunità per l’occupazione e per
l’innovazione tecnologica”, ma
questo è un obbiettivo da conseguire, passando per l’abrogazone
di tutte le parti dello “Sblocca Italia” cucite su misura per le multinazionali dell’energia e per i petrolieri stessi da Renzi, che non a
caso su Genova sta tacendo ostinatamente.
esteri / il bolscevico 15
N. 18 - 5 maggio 2016
In Iraq l’Italia di Renzi in prima linea
contro lo Stato islamico
L’arrivo di quattro elicotteri
NH90 a Erbil, nel Kurdistan iracheno, lo scorso 16 aprile rappresenta l’inizio ufficiale dello schieramento del contingente italiano
in prima linea contro lo Stato islamico in Iraq. I quattro velivoli della brigata Friuli, ai quali se ne aggiungeranno altrettanti verso la
fine del mese, saranno impiegati
in “attività di personnel recovery
in condizioni non permissive”, ovvero interverranno per soccorrere
feriti e recuperare soldati accerchiati, se necessario anche sotto il
fuoco nemico, nella zona di Mosul, la capitale del Califfato.
Questa è la versione ufficiale per l’impiego di quel tipo di
velivolo che può essere equipaggiato con armamenti o come elisoccorso; resta più difficile per il
governo italiano “camuffare” la
missione dei quattro elicotteri da
battaglia Mangusta, le cosiddette
cannoniere volanti che hanno partecipato a molte delle guerre di aggressione dell’imperialismo italiano dal Kosovo all’Afghanistan e
che arriveranno a breve in Iraq. Lo
squadrone della brigata Friuli sarà
pienamente operativo nel mese di
maggio quando è prevista l’offensiva su Mosul.
La missione è stata messa a
punto dal governo Renzi come un
intervento militare camuffato da
“protezione” per i lavori di consolidamento della diga di Mosul,
un appalto del valore di 273 milioni di euro che si era aggiudicata la ditta Trevi di Cesena. Il 20
aprile, sotto la protezione di alcuni incursori, sono iniziati i lavori
delle ruspe in piena zona di guerra per spianare l’area che ospiterà
i macchinari del colossale cantiere necessario all’intervento sulla
diga, un opera di cemento alta 131
metri e lunga più di tre chilometri.
Gli elicotteri già schierati in zona,
quelli che arriveranno, mezzi blindati e armi pesanti saranno la dotazione dei circa 450 soldati destinati alla protezione del cantiere.
Detto in altre parole l’imperialismo italiano allestirà entro l’estate una base che sarà la più grossa
tra quelle del contingente di occupazione dell’Iraq a poche decine
di chilometri dallo Stato islamico.
La ristrutturazione della diga di
Mosul non è solo un intervento di
ingegneria con un ritorno economico diretto per aziende italiane,
è anche e forse soprattutto un’operazione militare. Che vedrà quindi
in prima fila anche l’imperialismo
italiano.
Militari italiani
durante un
pattugliamento
in Iraq
Il Congresso del partito revisionista cubano conferma
la linea del “rinnovamento” borghese e capitalista
Fidel Castro appoggia il “rinnovamento” e non dice una sola parola contro l’imperialismo
e le guerre imperialiste. Per lui il problema principale è l’ecologia
Il VII congresso del Partito Comunista di Cuba (Pcc) che si è tenuto dal 16 al 19 aprile scorsi aveva come obiettivo principale la
valutazione dell’applicazione delle Linee guida della politica economica e sociale approvate nel congresso precedente di cinque anni
fa e che sono le basi della strategia
di sviluppo del paese fino al 2030.
Quella che starebbe attualizzando,
ovvero sviluppando l’aggiornamento del modello economico destinato a costruire “un socialismo
prospero e sostenibile”.
Il Congresso ha approvato all’unanimità la continuità del
processo di riforme economiche
e sociali, quelle misure che in sostanza allentano il controllo dello
Stato sull’economia e concedono
più autonomia alle imprese statali
e sempre maggior spazio al settore privato e agli investimenti dei
capitali stranieri. Detto in altre parole il Congresso del partito revisionista cubano ha confermato la
linea del “rinnovamento” borghese e capitalista; un processo avviato sotto la direzione di Raul Castro, col consenso di Fidel, come
riconfermato dagli interventi dei
due in apertura e chiusura dei lavori.
I documenti approvati saranno sottoposti alla discussione della base del partito con una significativa inversione del processo di
discussione interna che ha sollevato proteste, riportate dalla stampa
sindacale. Proteste che Raul ha voluto subito chiudere nella relazione sostenendo che “si tratta della
conferma e della continuità della
linea accordata cinque anni fa per
l’attualizzazione del nostro modello economico e sociale. I quattro progetti enumerati che si presentano in questa occasione sono
risultati di un’elaborazione collettiva con la partecipazione di professori universitari, accademici,
investigatori di scienze economiche e sociali e funzionari del Governo e del Partito”. Dopo una di-
scussione e elaborazione a cotanto
livello, siglata dal congesso, anche
i militanti potranno dire la loro.
Sarebbe interessante sapere che
cosa ne pensa la base del Pcc del
ragionamento espresso da Raul
sulla “convivenza” tra la pianificazione statale e le leggi di mercato
quando ha affemato che “l’introduzione della regola dell’offerta e
la domanda non è nemica del principio di pianificazione. I due concetti possono convivere e completarsi a beneficio del paese, com’è
stato dimostrato con successo
nei processi di riforma in Cina
(bell’esempio!!!, ndr) e di rinnovo in Vietnam, come loro li definiscono. Noi li chiamiamo attualizzazioni perché non cambieremo
l’obiettivo fondamentale della Rivoluzione”. Se si considera che
a distanza di più di mezzo secolo ancora il governo dell’Avana
non è riuscito, come ha sostenuto
Raul, a rendere effettivo “il principio socialista che dice ‘da ognuno
secondo le sue capacità e ad ognuno secondo il suo lavoro’”, ci metterà sicuramente molto meno tempo a tornare nell’isola l’economia
capitalista, sulla spinta anche del
processo di normalizzazione delle relazioni con l’imperialismo
americano avviato nel dicembre
del 2014; altro che un “socialismo
prospero e sostenibile”.
E non potrebbe essere diversamente dato che la “guida teorica e concettuale per la costruzione
del socialismo in Cuba”, ha ribadito Raul, sono principi che “partono dal legato martiano (il leader
sudamericano anticolonialista Farabundo Marti, ndr), dal marxismo leninismo (solo formalmente,
ndr), dal pensiero del leader storico della Rivoluzione cubana, Fidel Castro Ruz, e dall’opera stessa
della Rivoluzione”.
Quale maestro, ma di caratura
revisionista e trotzkista, sia Fidel
lo ha confermato lui stesso nel saluto al congresso dove ha appoggiato la linea del “rinnovamento”
di Raul e non ha detto una sola
parola contro l’imperialismo e le
guerre imperialiste.
In un passaggio dell’intervento ha affermato che è una lezione della storia “l’opera di Lenin, oltraggiata dopo 70 anni di
rivoluzione”; casomai dopo 40
anni, da parte di Krusciov alla
morte di Stalin. Ma non possiamo pretendere che Fidel disconosca i suoi maestri revisionisti
e non minimizzi pure Lenin e la
via dell’Ottobre, fingendo di rendergli omaggio, quando ha auspicato che non dovremo attendere
“altri settant’anni perché avvenga un altro avvenimento storico
come la Rivoluzione russa perché
l’umanità abbia un altro esempio
di una grandiosa rivoluzione sociale che costituisce un grande
progresso nella lotta contro il colonialismo e il suo inseparabile
compagno, l’imperialismo”.
Secondo Fidel “il pericolo
maggiore che oggi si addensa sulla terra deriva dal potere distruttivo degli armamenti moderni che
potrebbero minare la pace del pianeta e rendere impossibile la vita
umana sulla superficie terrestre”.
Qui aveva la possibilità di affondare il colpo contro l’imperialismo e le sue guerre ma manco ci
pensa, tutto preso dall’avvertire le
future generazioni che se il pianeta sopravviverà si troveranno di
fronte “un grande problema: come
alimentare le migliaia di milioni di
esseri umani le cui realtà si scontrano irrimediabilmente con i limiti dell’acqua potabile e delle risorse naturali di cui hanno bisogno”.
Insomma per Fidel il problema
principale è l’ecologia e non l’imperialismo e il sistema economico
capitalista.
Honduras
Assassinata leader ecologista
che difendeva gli indio
La dirigente indigena Berta
Caceres è stata uccisa il 2 marzo
da due uomini armati che le hanno sparato nella notte nella città di
Esperanza, nel dipartimento occidentale di Intibucá, a 200 chilometri dalla capitale Tegucigalpa,
dove viveva. Una morte annunciata che anzitutto chiama in causa
le responsabilità dello Stato, visto
che la leader del Consejo Cívico
de Organizaciones Populares e Indígenas de Honduras (Copinh) era
sottoposta a misure cautelari dopo
i processi subiti per la sua attività
in difesa degli indio e delle risorse naturali.
Per la sua attività nel 2015 aveva ricevuto il premio Goldman, il
massimo riconoscimento mondiale per un’ambientalista, e durante
la consegna del premio aveva denunciato di essere controllata e più
volte minacciata di morte o di sequestro da parte delle milizie paramilitari al servizio delle società
private che lei combatteva tanto
che la Commissione interamericana dei diritti umani aveva ordina-
to al governo neoliberista di Juan
Orlando Hernandez di garantire la
sua sicurezza.
I familiari della leader indigena
affermavano di ritenere “lo Stato
honduregno responsabile per aver
ostacolato la protezione della nostra Berta e averne favorito la persecuzione, la criminalizzazione
e l’assassinio” i cui responsabili
“sono i gruppi imprenditoriali in
combutta con il governo nazionale, i governi municipali e le istituzioni repressive dello Stato, che
coprono i nefasti progetti estrattivisti nella regione”. “Per questo denunciavano i familiari - anche i
finanziatori di questi progetti sono
responsabili della scomparsa della
nostra Berta e delle tante persone
che lottano contro lo sfruttamento
dei territori, poiché con il loro denaro rendono possibile l’imposizione degli interessi economici sui
diritti ancestrali dei popoli”.
L’ultima lotta a cui aveva partecipato era stata quella contro l’attività di una impresa idroelettrica
in una comunità indigena del Rio
Blanco, a Santa Barbara e pochi
giorni prima di essere assassinata aveva denunciato in una conferenza stampa che quattro dirigenti
della sua comunità erano stati assassinati e altri minacciati.
Berta Caceres aveva guidato la comunità di Rio Blanco nella lotta contro la realizzazione del
complesso idroelettrico Agua Zarca, previsto sul Rio Gualcarque,
nell’Honduras Nord-occidentale.
Un fiume sacro per il popolo Lenka, cui Berta apparteneva, che costituisce una fondamentale risorsa idrica per circa 600 famiglie
che vivono nella foresta pluviale. L’impianto era stato approvato
senza il consenso della comunità,
contravvenendo alla Convenzione
sul diritto all’autodeterminazione
dei popoli indigeni.
La resistenza delle popolazioni indigene organizzata da Berta
e dal Copinh contro le grandi imprese idroelettriche e minerarie
era riuscita a fermare la multinazionale Sinohydro che aveva deciso di ritirare la sua partecipazione
nel progetto del Rio Gualcarque a
cui era interessata anche la Corporazione finanziaria internazionale,
una istituzione della Banca Mondiale.
Quella della comunità di Rio
Blanco è stata una delle tante battaglie della leader ecologista indigena contro la devastazione dei
territori ancestrali ad opera delle
grandi multinazionali. Devastazione condotta senza alcun controllo
da parte del governo Hernandez e
di uno Stato asservito all’imperialismo americano. Obama non ha
tollerato la presidenza del moderato Manuel Zelaya che aveva iniziato a rivolgere le sue attenzioni
verso i paesi progressisti e nella
migliore delle ipotesi non aveva
mosso un dito nel 2009 quando il
presidente era stato spodestato dal
golpe militare. Nulla doveva mettere in pericolo i giganteschi interessi economici e militari americani nel paese che ospita tra l’altro a
Palmarola la più grande base militare Usa del continente.
Tenendo alta la bandiera
4 il bolscevico / governo renzi
N. 3 - 21 gennaio 2016
°
del 1 Maggio
LOTTIAMO PER
PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANO
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Stampato in proprio
E CONQUISTARE IL
SOCIALISMO E IL
POTERE POLITICO
DA PARTE DEL PROLETARIATO
Committente responsabile: M. MARTENGHI (art. 3 - Legge 10.12.93 n. 515)
ABBATTERE IL CAPITALISMO
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