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Le fonti del diritto tributario

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Le fonti del diritto tributario
Dispense delle lezioni di diritto tributario – Prof. Giovanni Girelli
LE FONTI DEL DIRITTO TRIBUTARIO
LA NATURA RELATIVA DELLA RISERVA DI LEGGE
A norma dell’art. 23 della Cost. “Nessuna prestazione personale o patrimoniale può
essere imposta se non in base alla legge”.
Dalla natura relativa della riserva di legge discende che quest’ultima deve provvedere
alla disciplina diretta soltanto degli elementi essenziali della fattispecie impositiva
(soggetto, presupposto, criteri di determinazione della base imponibile, tasso
d’imposta), potendo rimettere a fonti diverse e subordinate la regolamentazione degli
elementi non essenziali o secondari.
GLI ELEMENTI ESSENZIALI DELLA PRESTAZIONE IMPOSITIVA
A)
il soggetto passivo,
B)
il presupposto,
C)
i criteri di determinazione della base imponibile
D)
il tasso d’imposta.
Si ritiene, invece, che siano suscettibili di integrazione mediante fonte diversa dalla
legge:
a) la disciplina dell’aliquota dell’imposta,
b) la disciplina delle procedure di accertamento o di riscossione (norme cc.dd.
procedimentali).
Tuttavia, anche in questi casi si ritiene necessario porre un limite a possibili forme di
arbitrio da parte del potere esecutivo attraverso:
-
la fissazione con norma primaria dei principi e criteri direttivi in base a cui
completare la disciplina normativa del tributo, nonché degli strumenti di
controllo dell’esito e del corretto operato degli organi amministrativi,
-
la fissazione con norma primaria di limiti minimi e massimi per la
determinazione delle aliquote, ovvero l’ancoraggio al fabbisogno finanziario
dell’ente beneficiario della prestazione, ovvero l’affidamento ad un organo
tecnico.
Alla legge tributaria sono dedicati alcuni principi costituzionali “minori”, quali:
-
il divieto di referendum abrogativo in materia tributaria (art. 75, secondo
comma, Cost.).
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Nell’attuale sistema istituzionale, in cui il Parlamento ed il potere esecutivo sono
direttamente rappresentati dal popolo, il principio della riserva di legge svolge una
funzione riconducibile alla garanzia del principio di legalità.
Tale principio, come visto, si riferisce a:
-
prestazioni personali (es. obbligo di presentazione della dichiarazione dei redditi);
-
prestazioni patrimoniali.
LA LEGGE ORDINARIA
Rappresenta lo strumento di migliore realizzazione della garanzia insita nel principio
costituzionale dell’art. 23 Cost..
Tuttavia, esigenze di celerità o, all’opposto, di elevato tecnicismo giuridico
impongono il ricorso a strumenti normativi diversi seppur dotati della medesima
efficacia (es. D.Lgs. e D.L.).
Al fine di garantire la chiarezza e la trasparenza delle disposizioni tributarie, l’art. 2
della L. n. 212/2000 (c.d. Statuto dei diritti del contribuente) prevede che:
-
le leggi e gli atti aventi forza di legge che contengono disposizioni tributarie
devono menzionare l’oggetto delle disposizioni ivi contenute;
-
le leggi e gli atti aventi forza di legge che non hanno un oggetto tributario non
possono contenere disposizioni di carattere tributario, fatte salve quelle
strettamente inerenti all’oggetto della legge medesima,
-
i richiami di altre disposizioni contenuti in provvedimenti in materia tributaria
richiedono l’indicazione sintetica della disposizione cui si fa rinvio,
-
le disposizioni modificative di leggi tributarie debbono essere introdotte
riportando il testo conseguentemente modificato.
DECRETI LEGISLATIVI
ART. 76 COST.:
-
emanabili dal Governo su delega delle Camere;
-
la delega deve contenere la determinazione di criteri e principi direttivi cui dovrà
attenersi il legislatore delegato nell’esercizio della delega;
-
deve essere rilasciata soltanto per tempi limitati ed oggetti definiti.
Ampia attuazione in campo tributario, in conseguenza dell’elevato tecnicismo
giuridico, che contraddistingue la costruzione della fattispecie impositiva
Possibili rischi di abuso dell’esecutivo nei casi in cui la legge delega risulti tale da
lasciare ampi margini di discrezionalità normativa.
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In tal caso, soccorre il rimedio della denuncia di incostituzionalità del decreto
legislativo per eccesso di delega.
DECRETI LEGGE
ART. 77 COST.:
-
assunti sotto la responsabilità del Governo;
-
in casi di necessità e di urgenza;
-
devono essere presentati il giorno stesso dell’emanazione alle Camere per la
conversione;
-
perdono di efficacia se non convertiti in legge entro 60 gg. dalla pubblicazione.
La materia tributaria si presta all’utilizzo del decreto legge.
Necessità di intervenire con sollecitudine ed impedire la possibilità di manovre
speculative (soprattutto nel settore delle imposte di fabbricazione e di consumo).
L’art. 4 della L. n. 212/2000 ha tuttavia limitato il ricorso al decreto legge in materia
tributaria, stabilendo che:
-
non si può disporre con decreto legge l’istituzione di nuovi tributi né prevedere
l’applicazione di tributi esistenti ad altre categorie di soggetti.
I REGOLAMENTI
Varie categorie di regolamenti:
a) regolamenti esecutivi;
b) regolamenti attuativi o integrativi;
c) regolamenti autonomi o indipendenti;
d) regolamenti delegati (in materie non coperte da riserva assoluta di legge ed in
virtù di specifica legge di autorizzazione).
In diritto tributario non possono esservi regolamenti autonomi o indipendenti, ma solo
regolamenti esecutivi o attuativi-integrativi.
Esempi: decreti ministeriali che approvano i modelli per le dichiarazioni dei redditi e
le istruzioni per la relativa compilazione.
Dai regolamenti vanno differenziati gli ATTI GENERALI.
Sono atti amministrativi che regolano, con riferimento a fattispecie particolari,
l’attuazione della norma tributaria o il modo di porsi dell’Amministrazione chiamata a
darvi attuazione.
Esempi: a) il Decreto Ministeriale che fissa le quote di ammortamento dei beni
strumentali; b) il Decreto Ministeriale (c.d. redditometro) che predetermina il reddito
derivante dalla disponibilità di beni o servizi considerati rilevanti.
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LE FONTI NORMATIVE LOCALI
Le fonti normative locali consistono in atti normativi emanati da Comuni, Province e
Regioni.
Nel corso degli ultimi due secoli si è assistito ad un continuo mutamento delle
competenze impositive riconosciute agli Enti locali.
EVOLUZIONE STORICA
RIFORMA MINGHETTI DEL 1865
Criterio di tendenziale separazione della finanza locale dalla finanza statale.
TESTO UNICO DEL 1931
Riconosciuto uno spazio alla potestà tributaria degli Enti locali (v. l’imposta sui
consumi).
RIFORMA DEGLI ANNI SETTANTA
Riduzione dello spazio operativo degli Enti locali (soppressi i tributi istituiti nel
1931).
Devoluzione ad essi solo di quote di tributi erariali o del gettito di alcuni di essi (c.d.
FINANZA DERIVATA).
Facoltà di intervenire sulle aliquote.
LEGGE 8 GIUGNO 1990, N. 142
Art. 54: riconosciuta agli enti locali una potestà impositiva autonoma in materia di
imposte, tasse e tariffe.
LA DISCIPLINA INTRODOTTA DALLA LEGGE COSTITUZIONALE N.
3/2001
I punti salienti della disciplina:
-
ai sensi del novellato art. 117 Cost., il coordinamento della finanza pubblica e del
sistema tributario rientra tra le materie di legislazione corrente, mentre prima era
riservato allo Stato.
-
L’art. 119 Cost., prevede che
a)
le Regioni, i Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno
autonomia finanziaria di entrata e di spesa,
b)
tali enti dispongono di risorse autonome stabilendo ed applicando
tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i
principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema
tributario.
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La L. Cost. n. 1/2012, che introduce nella Carta costituzionale il principio del
pareggio di bilancio, modifica ulteriormente gli artt. 117 e 119 Cost..
Le disposizioni della L. Cost. si applicano a decorrere dall’esercizio finanziario
relativo all’anno 2014.
IL FEDERALISMO FISCALE
Sul federalismo fiscale si rinvia alla L. 5 maggio 2009, n. 42 “Delega al Governo in
materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’art. 119 della Costituzione”.
OBIETTIVI DELLA RIFORMA FEDERALISTA:
-
assicurare autonomia finanziaria di entrata e di spesa a Regioni ed Enti Locali;
-
responsabilizzare ed ottimizzare la gestione dei livelli di governo sub-statali
anche attraverso criteri di trasparenza;
-
livellare le differenze tra le strutture periferiche attraverso uno storico
passaggio da un modello di finanziamento statalista - accentrato ad un modello
federale – periferico;
-
ridurre il costo della spesa pubblica sul bilancio statale.
Ulteriori obiettivi della riforma federalista sono:
-
la semplificazione del sistema tributario;
-
l’esclusione di forme di doppie imposizioni interne;
-
la progressiva diminuzione della pressione fiscale.
La legge delega del 5 maggio 2009, n.42.
A seguito della legge delega n. 42/2009 il Governo ha emanato nove decreti attuativi
dell’art. 119 della Cost. ed istitutivi del Federalismo fiscale. I decreti attuativi sono in
tema di:
-
Federalismo demaniale (D. Lgs. n. .85/2010);
-
Roma Capitale (D. Lgs. n. 156/2010) e (D.Lgs. n. 61/12);
-
Costi e fabbisogni standard (D. Lgs. n. 216/2010);
-
Federalismo municipale (D. Lgs. n. 23/2011);
-
Federalismo regionale (D. Lgs. n. 68/2011);
-
Risorse aggiunte e perequazione (D. Lgs. n. 88/2011);
-
Armonizzazione contabile (D. Lgs. n. 118/2011);
-
Meccanismi sanzionatori e premiali (D. Lgs. n. 149/11).
LE FONTI NORMATIVE COMUNITARIE
Si tratta di norme operanti nell’ordinamento tributario interno di uno Stato che però
derivano da un ordinamento autonomo distinto, quale quello dell’Unione Europea.
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Quale, dunque, il fondamento costituzionale di operatività di tali norme?
Secondo una parte della dottrina:
Art. 10 Cost.: l’ordinamento italiano si conforma alle norme di diritto internazionale
generalmente riconosciute.
Secondo la prevalente dottrina:
Art. 11 Cost.: l’Italia consente in condizioni di parità con gli altri Stati alle
limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la
giustizia tra le Nazioni e promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte
a tale scopo.
FONTI NORMATIVE COMUNITARIE PRIMARIE
Disposizioni elaborate direttamente dagli Stati membri e contenute nel Trattato e negli
atti che lo modificano o integrano.
Sono fonti normative primarie:
-
Il Trattato sull’Unione Europea (TUE), firmato a Maastricht nel 1992, che
disciplina i principi, le Istituzioni e l’azione esterna dell’UE;
-
Il Trattato sul funzionamento dell’UE (TFUE), firmato a Lisbona nel 2007,
che ha modificato il Trattato di Roma (1957) istitutivo della CEE e disciplina
le politiche di intervento dell’UE.
TRATTATO DI ROMA
del 25 marzo 1957, istitutivo della CEE, include nell’ambito della “Politica della
Comunità”, alcune norme in materia di fiscalità:
a) divieto di discriminazione fiscale (art. 90 - ex art. 95): divieto di applicare a
prodotti degli Stati membri imposizioni maggiori di quelle applicate ai prodotti
nazionali similari;
b) divieto di beneficiare i prodotti esportati di un ristorno di imposizioni interne
superiore a quelle ad essi applicate direttamente o indirettamente (art. 91 - ex art.
96);
c) obbligo di istituire in ciascuno Stato membro una imposta sulla cifra d’affari
(art. 92 - ex artt. 97 e 98);
d) adozione da parte del Consiglio, delle disposizioni che riguardano
l’armonizzazione delle legislazioni relative all’imposta sulla cifra d’affari, alle
imposte di consumo ed ad altre imposte indirette, nelle misura in cui detta
armonizzazione sia necessaria per l’instaurazione ed il funzionamento del
mercato interno (art. 93 - ex art. 99).
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L’art. 93 dispone solo in merito all’armonizzazione dei tributi indiretti.
Tale limite trova giustificazione nel contesto storico in cui l’art. 93 ha assunto la sua
più recente formulazione (con l’art. 17 dell’Atto Unico Europeo del 1986
modificativo del Trattato di Roma), cioè in occasione del passaggio dal mercato
comune (zona di libero scambio) al mercato interno (area economica integrata in
direzione di un’unione economica e monetaria).
Tale innovazione rendeva necessaria, dal punto di vista fiscale, la creazione di uno
spazio senza frontiere interne attraverso l’eliminazione delle barriere doganali e
l’introduzione di un sistema di tassazione sui consumi quanto più neutrale possibile.
Sempre in merito all’armonizzazione, possibilità di ricorrere all’uso delle direttive per
favorire
il
ravvicinamento
delle
disposizioni
legislative,
regolamentari
ed
amministrative degli Stati membri che abbiano un’incidenza diretta sull’instaurazione
o sul funzionamento del mercato comune (art. 94 - ex art. 100).
L’art. 94 del Trattato, sebbene abbia una portata generale, rappresenta la base
giuridica dei principali provvedimenti comunitari di armonizzazione fiscale in materia
di imposte dirette.
Facendo ricorso all’art. 94 del Trattato sono state indirettamente legittimate le
iniziative di armonizzazione fiscale anche in materia di imposte dirette, superando il
limite indicato dall’art. 93 del Trattato.
Tutte le deliberazioni comunitarie in materia fiscale richiedono l’unanimità dei Paesi
membri.
Il principio dell’unanimità frena il processo di armonizzazione delle legislazioni
fiscali dei Paesi membri.
I Paesi membri mostrano ostilità a rinunciare o limitare la propria sovranità fiscale in
favore delle istituzioni comunitarie. La leva fiscale, dopo l’eliminazione della politica
dei cambi conseguente all’introduzione dell’euro, resta un importante ed
“irrinunciabile” strumento di politica economica a disposizione dei governi nazionali.
N.B.: la nuova Costituzione europea non ha introdotto alcuna novità in materia
fiscale. In sostanza tutto è rimasto inalterato, compreso il quorum dell’unanimità che
resta un limite oggettivo all’armonizzazione dei regimi impositivi degli Stati membri.
TRATTATO DI LISBONA (2007)
Il Trattato di Lisbona, firmato nel 2007 ed entrato in vigore nel 2009 prevede alcune
disposizioni in materia fiscale, già previste dal Trattato di Roma. Tali disposizioni
sono:
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-
divieto di discriminazione fiscale (art. 110);
-
divieto di beneficiare fiscalmente i prodotti esportati (art. 111);
-
obbligo di istituire in ciascuno Stato membro una imposta sulla cifra d’affari
(art. 112);
-
principio di armonizzazione fiscale in materia di imposte indirette (art. 113).
FONTI NORMATIVE COMUNITARIE SECONDARIE
Le fonti normative comunitarie secondarie si distinguono in Regolamenti e Direttive.
DIRITTO COMUNITARIO DERIVATO
Disposizioni emanate dagli organi della Comunità:
Esse si distinguono in
REGOLAMENTI e DIRETTIVE
(entrambi rilevanti in materia tributaria)
REGOLAMENTI
-
Hanno portata precettiva generale;
-
sono obbligatori in tutti i loro elementi;
-
sono direttamente applicabili in ciascuno degli Stati membri;
-
prevalgono direttamente sulla legislazione ordinaria anteriore e posteriore.
DIRETTIVE
-
Vincolano lo stato membro quanto al risultato da raggiungere entro un termine
perentorio, salva la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai
mezzi di attuazione;
-
Es.: D.P.R. 633/72, istitutivo della disciplina sul valore aggiunto, in attuazione
della Direttiva n. 67/227.
Rilevante importanza assume la “sesta Direttiva” n. 77/388, recepita con il D.P.R. 29
gennaio 1979, n. 24 e il D.P.R. 31 marzo 1979, n. 94, che detta una puntuale
disciplina in relazione ai principali elementi dell’I.V.A..
DIRETTIVE “SELF EXECUTING” CONTRASTANTI CON LEGGI INTERNE
La Direttiva può dirsi “self executing” quando:
-
ponga un termine per la sua attuazione;
-
sia incondizionata;
-
detti obblighi chiari e precisi
In tale caso si rende applicabile all’interno dello Stato se, entro il termine prefissato,
non è stata recepita all’interno dell’ordinamento nazionale.
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La diretta applicazione della Direttiva potrà essere fatta valere solo nei confronti dello
Stato (effetto diretto verticale), in quanto il fondamento della immediata
applicabilità va ricercato nell’esigenza di impedire che lo Stato inadempiente possa
opporre ai singoli, giovandosene, il proprio inadempimento.
Si tratta di un effetto diretto verticale solo unilaterale, ovvero:
-
il singolo potrà fare valere un
proprio diritto nei confronti dello Stato
inadempiente;
-
ma, lo Stato non potrà far valere un obbligo del singolo sancito dalla Direttiva non
recepita.
Per mera completezza (atteso che l’obbligazione tributaria vede la amministrazione
finanziaria parte necessaria della fattispecie tributaria), la stessa giurisprudenza ha
escluso l’effetto diretto orizzontale:
- possibilità per il singolo di far valere la norma anche nei confronti di soggetti privati.
PROCEDIMENTO DI ATTUAZIONE DELLA DIRETTIVA DA PARTE DEL
PRIVATO:
La Corte Costituzionale ha ritenuto che in caso di contrasto tra norma interna e
direttiva “self executing” debba prevalere la direttiva comunitaria (sent. n. 168/1991).
1° CASO) Il contribuente a cui sia richiesto un tributo dovuto sulla base della norma
interna ma non più dovuto secondo la Direttiva comunitaria potrà impugnare l’atto
impositivo di fronte il giudice nazionale che non dovrà chiedere l’intervento della
Corte Costituzionale, ma deve direttamente disapplicare la legge nazionale ed
applicare la norma comunitaria annullando l’atto impositivo.
2° CASO) Il contribuente ha pagato in ottemperanza della norma interna un tributo
non più dovuto sulla base della normativa comunitaria.
Il contribuente chiederà il rimborso alla competente Agenzia fiscale.
Se il rimborso viene negato espressamente ovvero l’Agenzia non risponde all’istanza
del privato, il contribuente potrà ricorrere al giudice nazionale per farsi riconoscere il
rimborso richiesto.
DIFFERENZA DI APPLICABILITA’ TRA REGOLAMENTI COMUNITARI
E DIRETTIVE “SELF EXECUTING”
I regolamenti sono direttamente ed automaticamente applicabili erga omnes anche se
in contrasto con la norma interna. Il precetto è imperativo sia per il contribuente che
per l’Agenzia fiscale.
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Le Direttive “self executing” per essere attuate necessitano l’intervento del giudice
nazionale il cui pronunciamento fa stato esclusivamente sul caso concreto. È il
contribuente che deve farsi parte attiva per vedersi riconosciuta l’applicabilità della
disposizione della Direttiva in quanto ad oggi l’Agenzia fiscale ha sempre ritenuto di
essere obbligata ad applicare la norma interna non formalmente rimossa dalla
Direttiva.
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