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parchi e riserve marine in italia
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI “LA SAPIENZA” DI ROMA Facoltà di Lettere e Filosofia corso di laurea in Geografia PARCHI E RISERVE MARINE IN ITALIA Relatore: Gianfranco Bussoletti Correlatore: Giovanni Calafiore Candidata: Valentina Fares Numero matricola: 962778 Anno accademico 2003/2004 INDICE Introduzione........................................................................................................... pag. 4 Capitolo 1 L’ecosistema a rischio nel Mediterraneo……………………………………… pag. 9 1.1- L’inquinamento marino……………………………………………………... 1.2- Le leggi nazionali sui parchi marini………………………………………. .. 1.2.1- Le aree marine protette previste dalle leggi nazionali…………….... 1.3- Elementi per un sistema di tutela……………………………………………. pag. pag. pag. pag. 9 11 12 15 Capitolo 2 Le aree marine protette………………………………………………………..... pag. 17 2.1- Considerazioni di carattere generale………………………………………… 2.2- Le funzioni delle aree marine protette………………………………………. 2.2.1- Conservazione della diversità genetica …………………………... 2.2.2- Mantenimento dei processi ecologici…………………………….. 2.2.3- Uso sostenibile dell’ambiente……………………………………. 2.2.4- Mantenimento delle aree naturali per educazione e ricerca……… 2.2.5- Benefici sociali ed economici……………………………………. 2.3- Pianificazione delle aree marine protette……………………………………. 2.4- Criteri per l’istituzione delle aree marine protette…………………………... 2.4.1- Identificazione delle aree critiche………………………………… 2.4.2- Identificazione dei processi chimico-fisici ed ecologici…………. 2.4.3- Identificazione dei fattori socio-economici………………………. 2.4.4- Criteri di selezione delle aree…………………………………….. 2.5- Iter per l’istituzione delle aree marine protette……………………………… 2.6- Studi di supporto all’istituzione delle aree marine protette…………………. 2.6.1- Fase conoscitiva…………………………………………………... 2.6.2- Fase progettuale…………………………………………………… Capitolo 3 Le aree marine protette in Italia……………………………………………….. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. 17 19 19 21 21 23 23 24 26 27 27 27 28 34 36 36 38 pag. 51 3.1- Le aree marine protette previste dalle normative……………………………. pag. 51 3.2- Le aree marine protette istituite ……………………………………………... pag. 52 3.3- Le aree marine protette in via di istituzione…………………………………. pag. 99 Capitolo 4 Un esempio di Area Marina Protetta: le “Secche di Tor Paterno”…………. pag.144 4.1- Considerazioni di carattere generale………………………………...………. 4.1.1- La storia………………………………………………………………... 4.2- Caratteristiche ambientali e risorse………………………………………….. 4.2.1- Morfobatimetria……………………………………………………….. 4.2.2- Oceanografia…………………………………………………………... pag.144 pag.145 pag.145 pag.146 pag.147 2 4.2.3- Fisico-chimica delle acque e microbiologia………………………….. 4.2.4- Elaborazioni morfobatimetriche……………………………………... 4.3- Il contesto di riferimento dell’Area Marina Protetta………………………. 4.3.1- Inquadramento turistico……………………………………………… 4.3.2- Le attività umane……………………………………………………... 4.4- L’Ente gestore……………………………………………………………… 4.4.1- Come visitare l’Area Marina Protetta………………………………... 4.4.2- I servizi………………………………………………………………. 4.5- Gestione dell’Area Marina Protetta……………………………………….. 4.5.1- Struttura del piano di gestione……………………………………….. 4.5.2- La tecnologia al servizio dell’ambiente……………………………… 4.6- Valorizzazione dell’area attraverso l’uso di strutture a terra……………… 4.6.1- Descrizione delle opere e fattibilità tecnico-urbanistica…………….. 4.7- La flora e la fauna…………………………………………………………. 4.8- Le normative………………………………………………………………. 4.8.1- Decreto Ministero dell’Ambiente 29 novembre 2000………………. 4.8.2- Disciplinare inerente le attività di pesca sportiva…………………… 4.8.3- Disciplinare inerente le attività subacquee………………………….. pag.148 pag.149 pag.151 pag.151 pag.154 pag.156 pag.159 pag.160 pag.161 pag.162 pag.170 pag.171 pag.172 pag.174 pag.182 pag.182 pag.185 pag.189 Conclusioni……………………………………………………………………. pag.193 Bibliografia e siti web…………………………………………………………. pag.198 3 INTRODUZIONE Dagli inizi del XX secolo l’uomo ha notevolmente modificato il suo modo di vivere; oggigiorno la crescente spinta demografica unita alla straordinaria e rapidissima evoluzione delle tecnologie mettono in pericolo in modo preoccupante l’equilibrio biologico del pianeta. In conseguenza si deve far fronte ad una vera e propria crisi ambientale che ha da tempo raggiunto gli oceani e sempre più considerevolmente aumenta la sua gravità. L’umanità moderna deve prendere finalmente coscienza di un deterioramento della vita del pianeta, accompagnato dalla diminuzione delle risorse vitali. Detto impoverimento è determinato da due congiunte motivazioni: la richiesta sempre più pressante di risorse proteiche utilizzabili e l’aumento esponenziale dei rifiuti e dei materiali inquinanti dovuto alla modernizzazione, eliminati in mare. Tali rifiuti e materiali inquinanti deteriorano progressivamente l’ambiente impoverendo la flora e la fauna marina. Come vedremo in seguito in modo più approfondito, una forma d'impoverimento particolarmente grave e dannosa è quella da idrocarburi, a causa della sua azione prolungata derivante non solo dai trasporti per via marittima ma anche dalle sempre più frequenti prospezioni ed azioni di sfruttamento in mare, con l’aumento conseguente dei rischi di un riversamento nell’oceano di enormi volumi di petrolio e dei suoi derivati e conseguente sterilizzazione di aree marine sempre più vaste. Diminuiscono i chilometri di coste e di spiagge liberi da costruzioni e cemento. Cresce l’inquinamento da scarichi industriali e civili, mettendo in pericolo centinaia di specie vegetali e animali. Interi ecosistemi rischiano di sparire e le uniche testimonianze saranno solo quelle dei libri di scienze naturali. Questi pericoli sono stati già avvertiti prima dell’ultima guerra mondiale quando, dietro gli ammonimenti di numerosi naturalisti, molte nazioni avevano deciso di proteggere da azioni inquinanti e di mantenere ad un “naturale” stato di equilibrio alcune aree dei propri territori nazionali, particolarmente significative sotto il profilo biologico. Nacquero così le riserve e i parchi nazionali terrestri che oggi si sono moltiplicati in tutto il mondo e che determinano l’orgoglio dei Paesi che il hanno creati. Il concetto di “parco marino”, logica conseguenza di quello terrestre appare molto più tardi. Fatta eccezione per alcune prime iniziative isolate assunte da poche nazioni, che tuttavia dimostravano come l’idea della salvaguardia del patrimonio marino fosse presente nella intenzione di alcuni, bisognava tramutare tale idea in realtà, sensibilizzando il grande pubblico e gli uomini di stato. Il momento determinante che segnerà la nascita di una vera e propria politica internazionale di protezione dell’ambiente marino è legato alla conferenza mondiale sui parchi nazionali, tenuta a Seattle nel 1962. L’assemblea che raggruppava i maggiori specialisti mondiali votò la risoluzione di raccomandare alle nazioni che possedevano frontiere marittime di creare dei parchi per la conservazione dell’ambiente marino. 4 Da tale data alcuni Paesi avviarono in tal senso delle azioni che tuttavia procedettero molto lentamente, considerando le incidenze a livello politico ed economico che le iniziative in parola possono provocare all’interno di un paese. I motivi sono diversi ma è possibile che, in alcune occasioni, abbia avuto un suo ruolo la difficoltà avanzata di alcuni biologi che, avendo sposato pienamente i propri convincimenti, non hanno saputo esprimersi senza passionalità e convincere i loro interlocutori, spesso poco preparati sulle specifiche problematiche da discutere. Infatti conservare e, su più vasta scala, controllare l’equilibrio dell’ambiente marino non significa solamente rimanere ad uno “status quo” poco verosimile al momento attuale. Siamo troppo progrediti nelle tecnologie, nelle organizzazioni economiche e sociali non soltanto per arrestare questo progresso ma per fare uno o diversi passi indietro al fine di ritrovare la natura nella sua selvaggia pienezza. Siamo invece allo stadio in cui, idoneamente supportati da una tecnologia più avanzata, dobbiamo prendere le opportune decisioni per mantenere il più possibile integro questo ambiente, arricchirlo e valorizzarlo, proteggerlo certamente ma utilizzarlo anche con cognizione quale risorsa insostituibile. Tale obiettivo è raggiungibile anche attraverso l’istituzione di parchi marini perchè offrono i mezzi per educare gli uomini, molti dei quali ancora non conoscono a pieno ciò che l’oceano rappresenta per la conservazione dell’umanità. Non esiste una definizione comunemente accettata per delineare cosa sia una “riserva” o un parco marino. Per comodità accettiamo la descrizione che prendiamo da una pubblicazione della Fondazione Agnelli (1). “I parchi e le riserve marine costituiscono categorie di usi del mare di origini piuttosto recente, per lo più allestiti in aree marine appartenenti a paesi economicamente sviluppati, come gli Stati Uniti e gli stati dell’Europa occidentale. La protezione ambientale viene assunta nella più ampia eccezione e come finalità trainante. Nella più ampia accezione, perché la protezione si estende alla geomorfologia, alle proprietà (fisiche, chimiche e biologiche) e agli ecosistemi. Finalità trainante, perché nell’area di riserva e del parco marino sono vietate tutte le attività salvo quelle che non diano luogo a rischi ambientali”. In un’altra pubblicazione di G. Cognetti (2), troviamo gli stessi termini di definizione. “Col termine di riserva naturale i conservazionisti definiscono quelle aree protette integralmente per le loro particolari caratteristiche naturali e che quindi in nessun modo devono essere oggetto di modifiche da parte dell’uomo”. Esse sono sotto il controllo dei poteri pubblici al fine di garantire la conservazione e la protezione delle caratteristiche naturali. All’interno del parco vengono promosse attività di ricerca, di didattica e altre attività compatibili per le esigenze “ambientali”. Come dire: i parchi non solo sono conservazione delle specie animali e vegetali, ma una vera e propria arma per la sopravvivenza del pianeta. ^^^^^^^^^^ 1) Fondazione Agnelli: “Manuale per la difesa del mare e della costa”. 2) G. Cognetti: “I parchi marini sotto la legislazione italiana” . 5 Non a caso si è cominciato a parlare di protezione e di protezionismo dell’ambiente quando l’uomo si è accorto che cominciava a consumare sempre più risorse. Attualmente esistono nel mondo circa 3.000 aree marine protette di vario tipo: parchi, riserve, oasi, santuari, zone di tutela biologica, aree pelagiche e riserve biogenetiche, parte delle quali comprendente anche la fascia costiera terrestre. Numerosi sono i parchi marini nel Mediterraneo: quelli francesi (Port Cros, Banyuls, Scandola, Lavezzi), quelli spagnoli (Isole Medes, Tabarca, Columbretes), quelli greci (Zacinto, Sporadi settentrionali), quelli croati (Lokrum, Maloston), quello di Zembra in Tunisia, per citare i più noti. Tutti hanno come principale obiettivo la conservazione e la tutela di aree di particolare interesse naturalistico esercitando nel contempo un controllo sulla situazione ecologica. Pertanto queste riserve sono dotate di laboratori adeguati e di efficaci mezzi di rilevamento e di studio sì da farne dei veri centri di difesa del mare con una loro specifica funzione operativa, scientifica e culturale. In Grecia sono stati istituiti, in base a una specifica legge del 1986, parchi marini mirati prevalentemente alla protezione della foca monaca e delle tartarughe marine. Eccellenti risultati sono stati ottenuti nei parchi di Zacinto e delle Sporadi settentrionali dove vivono numerose coppie di foche. Oltre ad avere una funzione di tutela e conservazione ambientale il parco marino è un efficace strumento di sviluppo per nuove attività economiche che possono essere di tipo: - culturale: per il significato di elevazione che la natura protetta irradia sull’uomo che ne gode; - sociale: per la possibilità di un sano impiego del tempo libero; - igienico-sanitario: per la salute derivante dalle attività ricreative e per la tutela di zone non inquinate; - urbanistico: per il valore di esempio, modello e fattore di riequilibrio sull’assetto territoriale di un paese civile; - scientifico: per il campo illimitato aperto all’indagine, sperimentazione, osservazione, alla ricerca di base o applicata; - educativo: per il riflesso formativo e informativo a favore soprattutto dei giovani; - di tutela del patrimonio naturale: a vantaggio delle generazioni future; - economico: per l’incremento del patrimonio ittico delle zone di pesca circostanti (con la difesa delle aree di riproduzione); per la formazione di nuove fonti di reddito grazie all’aumento delle risorse pescabili; per il più intenso afflusso turistico, per l’insorgere di nuovi posti di lavoro; per il plusvalore delle zone circostanti prive di vincoli; per l’attuazione delle infrastrutture e opere secondarie di nuova progettazione o di ripristino sia architettonico sia naturalistico. 6 Un esempio è il parco delle isole Medes sulla Costa Brava in Spagna, la cui istituzione ha determinato nel giro di pochi anni un eccezionale sviluppo economico dell’area fino a non molto tempo fa di scarso interesse turistico. Situazioni analoghe si sono verificate per l’Isola di Tabarca sulle coste di Alicante e Lavezzi in Corsica. Per quanto riguarda la situazione nazionale, la possibilità di istituire riserve in aree marine è prevista nella legge 979/82 (1). Come noto, la legge definisce le riserve naturali marine quali aree “costituite da ambienti marini, dati dalle acque, dai fondali e dai tratti di costa prospicienti che presentano un rilevante interesse per le caratteristiche naturali, geomorfologiche, fisiche, biochimiche con particolare riguardo alla flora e alla fauna marina e costiera e per l’importanza scientifica, ecologica, culturale, educativa ed economica che rivestono”. Essa non aggiunge ulteriori specifiche né per quanto attiene i criteri da applicare nella scelta delle aree da tutelare, né per quanto attiene gli obiettivi della tutela, demandando alla Consulta per la difesa del mare dagli inquinamenti (organismo di cui parleremo in seguito), il compito di proporre e verificare la congruità dei luoghi e delle misure. Tuttavia la legge richiamata individua venti aree su cui operare l’accertamento di idoneità da parte di una “Consulta per la difesa del mare” , e promuove quale strumento di coordinamento delle politiche nazionali in materia, il “Piano Generale di Difesa del Mare e delle Coste marine dall’Inquinamento e di Tutela dell’Ambiente Marino”, senza peraltro definirne in maniera esauriente contenuti, criteri e obiettivi. Comunque, in osservanza alle norme, si è avviata l’istituzione delle venti riserve indicate dalla legge attraverso singole procedure; l’iter istitutivo per alcune di esse è completato, e per alcune altre è in corso di completamento, come vedremo in seguito, ma la portata di tale operazione è stata ridotta dalla assenza di un quadro organico all’interno del quale ciascuna area avesse una riconoscibile funzione, una rappresentatività ed un valore precipuo nell’ambito della generale conservazione e gestione dell’ambiente marino-costiero. Lo spazio operativo e finanziario dato alla Legge 979/82 ed in particolare alle attività relative alle riserve marine, riduce la portata programmatica ed offusca l’obiettivo perseguibile, limitando le potenzialità insite nell’azione di tutela e relegandole al margine degli interessi della collettività. La successiva Legge 394/91, pur potendo avvalersi delle esperienze maturate nei decenni precedenti, ripropone lo stesso approccio operativo. Anche in questo caso siamo in presenza di un elenco di aree, in parte individuate sulla base di studi precedentemente svolti, la cui scelta, non riferendosi a criteri e obiettivi definiti, è di vaga motivazione. ^^^^^^^^^^ 1) Legge 979/82 “Disposizioni per la difesa del mare” 7 La Legge 394/91 (1), così come la 979/82, non scioglie i nodi relativi al ruolo di vincoli di carattere ambientale e neppure al ruolo della conservazione nel quadro del generale degrado dell’ambiente. E’ noto infatti che le biocenosi marine sono molto sensibili alle condizioni del mare, al suo uso ed all’uso delle aree costiere e dei territori ad esse connesse; chiarire quali siano le misure che l’istituzione di una riserva comporta sugli ambiti limitrofi e le limitazioni da applicare non solo all’area specifica ma nelle aree e sulle attività che con essa interagiscono è obiettivo imprescindibile per una sua qualificata realizzazione. Le biocenosi marine si modificano con il modificarsi delle condizioni di contorno, e quindi sono perimetrabili ma non alienabili dal contesto in cui si situano; l’unitarietà dell’ambiente marino-costiero viene fortemente inibita dalla perimetrazione di aree, quando non si consideri che per la loro salvaguardia si deve avviare un intervento più esteso. ^^^^^^^^^^ 1) Legge 394/91: “Legge quadro sulle aree marine protette”. 8 Capitolo 1 L’ECOSISTEMA A RISCHIO DEL MEDITERRANEO 1.1- L’inquinamento marino Il Mare Mediterraneo, compreso fra l’Europa, l’Asia minore e l’Africa, ha una superficie di 2.516.000 kmq, otto volte quella dell’Italia. È un mare piccolo, quasi chiuso, se si considera che le uniche vie di comunicazione sono date dallo Stretto di Gibilterra con l’Oceano Atlantico, dal Canale di Suez con il Mar Rosso e dal Mar Nero attraverso lo Stretto dei Dardanelli e del Bosforo. Esso è soggetto a un ciclo idrologico abbastanza semplice caratterizzato da una evaporazione (4.144 kmc al giorno) che supera di molto l’apporto delle precipitazioni (24,11%) e l’afflusso di acque dei fiumi (5,56%) e del Mar Nero (3,68%) per cui il deficit idrico è compensato con l’ingresso di acqua atlantica (66,65%) dallo Stretto di Gibilterra. Per questo fatto il ricambio idrico del Mediterraneo risulta molto lento e si completa nell’ordine di circa cento anni. Tuttavia esso riveste un’importanza ecologica eccezionale se si considera che influenza fortemente il clima e quindi il ciclo idrologico, la vegetazione, la fauna di ben 34 paesi, tra cui l’Italia, la Francia meridionale, la Grecia, la Spagna, la Siria, la Turchia, i paesi del Magreb. Nei paesi che circondano il Mare Mediterraneo, secondo la Fao (1959) nel 1936 viveva una popolazione residente di circa 136 milioni di abitanti, che sale a 355 milioni se si considerano i bacini fluviali tributari del Mediterraneo a cui si devono aggiungere, nel periodo estivo, almeno 150 milioni di arrivi turistici. Secondo stime prudenti dell’Omt (Organizzazione mondiale del turismo) questa cifra è destinata a raddoppiare nei prossimi dieci anni. Questi arrivi si distribuiscono attualmente sulle coste di tutti i paesi mediterranei con una netta prominenza per i mercati leader come Italia, Francia, Spagna, ma con un ritmo elevato di crescita anche nei paesi emergenti tra cui Grecia, Egitto, Turchia, Cipro, Malta, Marocco, Tunisia, Israele. Secondo l’Unep l’85% degli scarichi fognari di 120 città costiere viene immesso nel Mediterraneo senza un’adeguata depurazione. Il 24% delle spiagge mediterranee risulta pericoloso per la balneazione. Secondo le previsioni sullo sviluppo socio-economico del bacino del Mediterraneo, prendendo come base di valutazione le tendenze dei precedenti trent’anni, nel 1984 l’Unep prevedeva che nei successivi quarant’anni il 95% delle coste sarà urbanizzato. Già ora abbiamo in vari paesi zone con carico urbano litoraneo molto elevato come ad esempio in Liguria, ove su 211 km di coste presenti 114 km sono occupati da opere marittime (540 m ogni 1.000 m di spiaggia). In zone come Chiavari e Lavagna, l’indice di occupazione sale a 900 m di spiaggia (Cortemiglia 1991). Una situazione simile a quella della Liguria si trova in altre zone litoranee di diversi paesi mediterranei. Inoltre il bacino del Mediterraneo è sede di un’intensa attività di pesca. Se si analizzano i dati elaborati dalla Fao si nota che il pescato è in costante aumento. Infatti il pescato nel 1984 si aggirava intorno ai 4.650.000 t/anno con un incremento del 3,1%. Nel 1986 si era raggiunto un valore di 4.800.000 t/anno con un ulteriore incremento del 3,6%. I dati degli ultimi anni (1990-94) registrano invece una flessione dovuta a diverse cause fra cui la principale potrebbe essere il sovrasfruttamento delle risorse ittiche. 9 Per quanto riguarda la marinicoltura, il nostro paese, con oltre 8.000 km di coste e circa 150.000 ettari di stagni costieri e lagune, ha raggiunto nel 1994 una produzione complessivamente di 159.000 tonnellate (poco più del 10% del totale fabbisogno nazionale di prodotti ittici), ma in tale quantitativo sono comprese 120.000 t di cozze, 29.000 di vongole, 2.850 di spigole, 1.850 di orate, 3.000 di anguille e 2.900 di cefali. Un altro aspetto rilevante è dato dal traffico marittimo costituito in gran parte dal trasporto di prodotti petroliferi. Basta infatti considerare che nelle acque del Mar Mediterraneo transita il 20% del traffico mondiale di petrolio. Nei principali porti petroliferi italiani transitano ogni anno qualcosa come 200 milioni di tonnellate di greggio destinate anche a paesi d’oltralpe. Infatti, secondo i dati rilevati negli ultimi dieci anni dalla US National Academy of Sciences, il petrolio che attraversa o viene sbarcato nel bacino del Mediterraneo è valutabile in 600800 milioni di t/anno pari a circa il 30-40% della quantità trasportata per mare a livello mondiale. Secondo diverse fonti (US National Academy of Science 1975; National Researce Councilin 1985) si evidenzia che in tutta la quantità di idrocarburi liquidi che viene attualmente riversata in mare, su scala mondiale, soltanto una piccolissima quantità (da 1,3 a 3,75%) è da imputarsi all’attività petrolifera off-shore mentre la quasi totalità è dovuta alla navigazione (35-45%) e agli scarichi industriali e urbani (33-44%). Poco risalto, invece, si dà a un danno da inquinamento ambientale ben maggiore: l’eccesso di concimi chimici e di pesticidi portati dai fiumi ai mari. In tutto il mondo, per ottenere dall’agricoltura quanti raccolti sia possibile, si eccede nell’uso di prodotti utili (forse) alla terra, mortali (di certo) per il mare. Prodotti che, avvelenandole, inaridiscono le distese sottomarine di posidonia oceanica nel Mediterraneo. Si calcola che i vegetali acquatici sia dei mari che delle acque dolci producano circa il 70% dell’ossigeno atmosferico, ma ciò è sempre più ostacolato dagli inquinamenti di vario genere che concorrono a sopprimere la vegetazione per intossicazione diretta e a impedire gli scambi gassosi aria/acqua, frapponendo un velo isolante di idrocarburi. Di fronte a questa situazione preoccupante, sono pochissimi gli studi di ecologia applicata tesi a studiare i diversi fenomeni di alterazione, quantificandone l’entità e individuandone le molteplici cause. La difesa del mare è stata a lungo un sogno di scienziati e ambientalisti. Era difficile parlare di queste cose mentre venivano perpetrate le più selvagge aggressioni degli spazi costieri che si ricordano nella storia, e la tutela delle acque era limitata ai meri aspetti igienico-sanitari. Nel 1995 si sono poste le basi, con la rivisitazione del Piano d’azione del Mediterraneo (Map) del Programma ambientale delle Nazioni Unite (Unep), dopo un lungo e difficile processo politico, per un nuovo processo di cooperazione e di collaborazione tra i Paesi dell’area mediterranea con l’obiettivo di ridurre i fenomeni di alterazione e salvaguardare le risorse biologiche del bacino. ^^^^^^^^^^ - Le informazioni e i dati statistici sono tratti dal sito: http://www.pubit.it 10 1.2- Le leggi sui parchi marini In Italia la gestione e la tutela della fascia costiera è regolata dalla Legge 17 febbraio 1982 n. 41 (1) e dalla Legge 31 dicembre 1982 n. 979 (2). Una sezione rilevante della Legge 979/82 riguarda le riserve marine. Con tale termine si fa riferimento a zone di mare che, per le loro peculiari caratteristiche morfologiche, oceanografiche e biologiche, sono meritevoli di tutela e gestione. Questa materia, ripresa, anche se con poche modifiche, dalla Legge 394/91 (3), si ispira a criteri e principi mutuati dalla teoria e dalla pratica dei parchi terrestri. In base alla legge 979/82 sono state istituite o sono in fase di istituzione varie riserve marine. In particolare l’art. 25 della citata legge afferma che le riserve naturali marine sono costituite da ambienti marini, dati dalle acque, dai fondali e dai tratti di costa prospicienti, che presentano un rilevante interesse per le caratteristiche naturali, geomorfologiche, fisiche e biochimiche con particolare riguardo alla flora e alla fauna marina e costiera e per l’importanza scientifica, ecologica, culturale, educativa ed economica che rivestono. La localizzazione di una riserva o di un parco marino avviene dopo attenti studi sulla fauna, la flora, la geomorfologia, la presenza di endemismi particolari, la posizione, ecc. La Consulta per la Difesa del Mare, l’organo consultivo dell’Ispettorato per la Difesa del Mare cui spetta per legge l’individuazione e l’istruttoria per l’istituzione delle aree marine protette in base all’art. 26 della Legge 979/82, accerta: a) la situazione naturale dei luoghi e la superficie da proteggere; b) i fini scientifici, ecologici, culturali, educativi, minerari ed economici con cui va coordinata la protezione dell’area; c) i programmi eventuali di studio e ricerca, nonché di valorizzazione dell’area; d) i riflessi della protezione nei rapporti con la navigazione marittima e le attività di sfruttamento economico del mare e del demanio marittimo; e) gli effetti che prevedibilmente deriveranno dall’istituzione della riserva marina sull’ambiente marino e costiero, nonché sull’assetto economico e sociale del territorio e delle popolazioni interessate; ^^^^^^^^^^ 1) Legge 41/82: “Piano per la razionalizzazione e lo sviluppo della pesca marittima”. 2) Legge 979/82: “Disposizione per la difesa del mare”. 3) Legge 394/91: “Legge quadro sulle aree marine protette”. 11 f) il piano dei vincoli e delle misure di protezione e valorizzazione ritenuti necessari per l’attuazione delle finalità della riserva marina. Successivamente il Ministro dell’Ambiente ai sensi dell’art. 18 della legge 394/91, d’intesa con il Ministro del Tesoro e in attuazione del programma triennale di cui all’art. 4, emette il decreto che istituisce formalmente la riserva, indicandone la denominazione, le finalità, la perimetrazione, le attività vietate e consentite, l’individuazione di aree a differente grado di protezione, gli enti di gestione e vigilanza e i mezzi finanziari per far fronte ai costi di gestione. 1.2.1- Le aree marine protette previste dalle leggi nazionali L’art. 31 della legge 979/82 individua 20 aree marine meritevoli di tutela: - Golfo di Portofino, - Cinque Terre, - Secche della Meloria, - Arcipelago Toscano, - Isole Pontine (Ventotene e S. Stefano), - Punta Campanella - Capo Rizzuto, - Porto Cesareo, - Torre Guaceto, - Isole Tremiti, - Miramare, - Capo Caccia- Isola Piana, - Penisola del Sinis-Isola Mal di Ventre, - Golfo di Orosei-Capo Monte Santu, - Tavolara, Molara, Capo Coda Cavallo, - Isola di Uscita, - Isole Eolie, 12 - Isole Egadi, - Isole Pelagie, - Isole Ciclopi. La legge 6 dicembre 1991 n. 394 detta una disciplina di carattere generale sulle aree marine protette, lasciando in vigore le disposizioni del titolo V della legge 979/82, purché non siano in contrasto con le disposizioni della stessa legge 394/91. L’istituzione di un’area marina protetta è la fase conclusiva di un lungo iter procedimentale che inizia con l’individuazione da parte del Parlamento delle cosiddette "aree di reperimento", cioè delle aree che hanno per le loro caratteristiche la vocazione a diventare aree protette. L’art. 36 della legge 394/91 prevede che possono essere istituiti parchi marini o riserve marine nelle seguenti 26 aree: - Isola Gallinara, - Isola di Bergeggi, - Monti dell’Uccellina, - Secche di Torpaterno, - Monte Scauri, - Isola di Capri, - Ischia, Vivara e Procida, - Santa Maria di Castellabate, - Costa degli Infreschi - Costa di Maratea, - Penisola Salentina, - Piceno, - Costa del Monte Conero, - Arcipelago della Maddalena, - Capo Testa-Punta Falcone, - Isola dell’Asinara, - Isola di San Pietro, 13 - Capo Spartivento-Capo Teulada, - Capo Carbonara, - Capo Gallo-delle Femmine, - Monte Cofano-Golfo di Custonaci, - Stagnone di Marsala, - Isola di Pantelleria, - Pantani di Vindicari, - Capo Passero, - Grotte di Aci Casello. L’art. 4 della Legge 344/1997 (1), ha istituito il parco marino di "Torre del Cerrano". L’art. 2 della Legge 426/1998 (2), ha istituito il parco marino “Alto Tirreno-Santuario dei cetacei” ^^^^^^^^^^ 1) Legge 344/97: “Disposizioni per lo sviluppo e la qualificazione degli interventi in campo ambientale”. 2) Legge 426/98: “Nuovi interventi in campo ambientale”. 14 1.3- Elementi per un sistema di tutela Quando saranno tutte a regime, le 50 aree naturali protette marine individuate dalle leggi 979/82, 394/91, 344/97 e 426/98 costituiranno una costellazione di ecosistemi marini rappresentativi, principalmente, del Mediterraneo centrale. Nel frattempo ci sono strumenti che possono fornire delle scorciatoie per raggiungere, almeno in parte, gli obiettivi che si perseguono attraverso le aree naturali protette marine. La Legge 14 luglio 1965 n. 936 (1), prevede la possibilità di istituire zone di tutela biologica nelle quali la tutela stessa è principalmente indirizzata al mantenimento o al ripristino delle risorse di pesca. Anche se, almeno in apparenza, il percorso burocratico è semplice, solo pochissime di queste zone sono state istituite e nessuno sa quali risultati abbiano dato. L’azione amministrativa è in capo al Ministero delle Politiche agricole, Direzione generale della Pesca e dell’Acquacoltura e sarebbe interessante iniziare un discorso comune, anche con il concorso dei pescatori e delle loro associazioni, che potrebbe anche comprendere aspetti della gestione integrata delle risorse costiere. Lo scopo principale dovrebbe essere quello di coinvolgere le comunità di pescatori, che potrebbero essere le più penalizzate per la costituzione dell’area protetta marina, nel definire una politica di razionalizzazione e anche potenziamento dell’attività di pesca e di agevolare processi di riconversione, affidando ai pescatori i nuovi lavori che l’istituzione dell’area protetta marina potrà realizzare. Un’altra possibilità è quella delle "oasi blu". Un ente pubblico, un’associazione ambientalista o un qualunque soggetto che ne faccia richiesta può ottenere una concessione demaniale di uno specchio di mare, per finalità di tutela e protezione dell’ambiente marino. Il demanio marittimo è oggi in capo al Ministero dei Trasporti il quale si avvale delle competenti capitanerie di porto. Ci sono quattro "oasi blu" (Gianola, Monte Orlando, Villa di Tiberio e Scogli Isca), tutte gestite dal WWF che ne cura anche la sorveglianza e la fruizione. Sta nascendo infine una nuova forma di area marina protetta che è il "santuario", sotto la forma concreta del Santuario internazionale per i Cetacei del Mar Ligure (ispirato a una proposta dell’Istituto Tethys), oggetto di una dichiarazione di Italia, Francia e Principato di Monaco siglata nel 1993 e attualmente in fase di negoziazione. L’estensione (70.000 kmq tra Liguria, Costa Azzurra, Corsica e Sardegna) del "santuario", così come proposta dal Ministero dell’Ambiente è supportata anche dalla presenza, all’interno della perimetrazione, di due parchi nazionali di recente istituzione: PN dell’Arcipelago de La Maddalena e PN dell’Arcipelago Toscano. La nozione di "santuario", in questo caso, riguarda uno strumento di tutela e gestione di un ambiente pelagico in acque internazionali. ^^^^^^^^^ 1) Legge 936/65: “Disciplina della pesca marittima”. 15 Il bacino corso-liguro-provenzale è una delle regioni del Mediterraneo dove la presenza dei cetacei (otto specie) è più consistente, tanto sotto il profilo della quantità di esemplari quanto sotto quello della diversità della specie. Tale affermazione è oggi suffragata da una quantità di ricerche. Considerando solo le specie frequenti e quelle regolari, il bacino corso–liguro-provenzale presenta un’importanza capitale per la loro alimentazione, per la loro riproduzione e per il loro svernamento. Le caratteristiche ecologiche della zona considerata spiegano i motivi della sua ricchezza e giustificano l’adozione di misure di conservazione in situ dei cetacei e del loro habitat. Del tutto diversi sono i “parchi marini sommersi” di Baia e di Gaiola, istituiti con decreto del Ministero dell’Ambiente, di concerto con i Ministeri per i Beni e le Attività culturali, dei Trasporti e della Navigazione e delle Politiche agricole e forestali e di intesa con la regione Campania. I due parchi, che rappresentano una novità in ambito mediterraneo, non si limitano a proteggere una parte dei fondali partenopei, ma tutelano e valorizzano un ambiente marino che ha anche un rilevante valore storico, archeologico e culturale. 16 Capitolo 2 LE AREE MARINE PROTETTE 2.1- Considerazioni di carattere generale Per l’Italia, situata al centro del Mediterraneo e con più di 8.000 chilometri di sviluppo costiero, il mare è una risorsa inestimabile, data la ricchezza e la varietà delle specie animali e vegetali, la straordinaria presenza di testimonianze archeologiche, storiche e architettoniche, le peculiarità paesaggistiche, la diffusa influenza sugli usi e costumi della sua popolazione. Questo immenso patrimonio nell’ultimo secolo è stato aggredito dall’inquinamento, dalla speculazione edilizia, da numerose attività economiche ed industriali. La repentina crescita della pressione demografica, l’industrializzazione, l’agricoltura intensiva hanno fortemente influito sugli scarichi che arrivano direttamente o indirettamente sulla fascia costiera. Inoltre, la diffusione di impianti chimici, le raffinerie, le metropoli costiere, il boom dei traffici marittimi pericolosi, lo sfruttamento a fini energetici dei fondali marini, la pesca incontrollata, l’uso dissennato e la cementificazione della fascia costiera hanno assai appesantito le condizioni qualitative del nostro mare e, tutto, in un bacino semichiuso quale è il Mediterraneo, con cadenze secolari per il ricambio delle acque. A fronte di tale degrado, non sono stati messi in atto sforzi per la salvaguardia del patrimonio marino e costiero altrettanto decisi ed imponenti di quelli praticati, invece, nelle aree terrestri. Basti pensare che oggi abbiamo oltre 500 aree protette, pari a 2.300.000 ettari, di cui soltanto 190.000 di mare, nonostante si fosse partiti con largo anticipo nella produzione normativa in ambito marino. Tanta precarietà e trascuratezza nei confronti del mare e delle coste non poteva che riflettersi in una mancata esperienza pianificatoria e gestionale, oltre che di comunicazione e relazione con le comunità locali, testimoniata anche dallo scarso consenso che, normalmente, le Aree Marine Protette (A.M.P.) riscuotono nel nostro Paese a differenza di ciò che avviene in altre realtà europee. L’assenza di precise e celeri azioni istitutive per dette aree ha fatto in modo che non si giungesse alla definizione di una puntuale ed uniforme metodologia da seguire, attraverso criteri standard, per la loro creazione. Questa mancanza procedurale, soprattutto in fase di zonazione, è la causa principale del frequente fallimento nel raggiungimento di quelle finalità, sia conservazionistiche, che di rilancio dello sviluppo, che giustificano l’istituzione dei parchi marini. A conferma di quanto detto è possibile osservare che i pochi studi del genere finora condotti in Italia mostrano un’assoluta disomogeneità, non solo nei contenuti, bensì anche nei metodi e nelle procedure seguite. In particolare molti mancano di una fase progettuale, momento fondamentale nell’iter istitutivo, nel quale si dovrebbero individuare i diversi livelli di protezione in cui suddividere l’area ed i possibili settori di sviluppo compatibile. 17 Un altro elemento di debolezza di questi lavori è la settorialità nelle competenze, dal momento che vengono spesso affidati ad una o poche persone con esperienza nel medesimo settore (generalmente biologi), anziché ad un team di esperti (biologo, geologo, architetto, ingegnere ambientale, ecc.) che lavorino sinergicamente, così da considerare tutte le complesse interazioni esistenti tra i diversi ambiti presenti in un’area marina protetta. La gestione razionale dell’ambiente costiero e marino, è fondamentale per poter utilizzare efficacemente le sue risorse, conservandolo per le generazioni future (saper amministrare un patrimonio significa utilizzarne ed investirne proficuamente gli interessi, mantenendo intatto il capitale, Diviacco 1999), in linea con i principi dello sviluppo sostenibile. Si deve purtroppo constatare che tali risorse sono sempre più minacciate da numerose attività antropiche proprio per la carenza, spesso assai marcata, di una politica gestionale, sia a livello centrale, che locale. Proprio per sopperire a tali lacune, o per rafforzare le azioni di gestione dell’ambiente costiero, è di estrema importanza istituire aree naturali protette, cioè zone in cui la natura venga conservata nel miglior modo possibile. Tali azioni di salvaguardia si rendono necessarie sia per non depauperare le risorse biologiche, sia ai fini turistico-ricreativi, sempre più condizionati dalla ricerca di “naturalità”. L’esperienza pluridecennale acquisita dai ricercatori a livello internazionale permette di affermare che le Aree Protette Marine rivestono un ruolo molto importante nella gestione dell’ambiente costiero, e la loro istituzione deve divenire parte integrante di un programma per la gestione delle risorse avente quali obiettivi la conservazione della ricchezza biologica e la definizione di una nuova relazione tra uomo e ambiente. La nascita di un’area marina protetta segue un iter complesso ma necessario a causa della varietà dell’ambiente marino e delle molteplici competenze richieste per le numerose indagini (ambientali, economiche, sociologiche) che l’istituzione di un’area protetta richiede. Al termine delle indagini conoscitive, viene formulata dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio la proposta di provvedimento per l’istituzione dell’area marina, che prevede la perimetrazione, la zonizzazione e la regolamentazione per assicurare la tutela ambientale e lo sviluppo socioeconomico dell’area. La proposta è discussa con gli enti locali interessati e con la relativa regione, affinché si possa tenere conto di tutti gli interessi coinvolti. Una volta raggiunto l’accordo il Ministro dell’ Ambiente e della Tutela del Territorio emana il decreto ufficiale di istituzione dell’area marina protetta. Una volta istituita, l’area marina protetta ha lo scopo di preservare e tutelare i valori di particolare pregio ambientale che hanno portato alla sua creazione e, se possibile, migliorarli. Questo è un compito riconosciuto internazionalmente e ribadito dalla Convenzione di Barcellona (Convenzione per la protezione dell’ambiente marino e della regione costiera del Mediterraneo, 1976) secondo la quale un’area marina protetta ha lo scopo di conservare attivamente la biodiversità marina a tutti i livelli di organizzazione della materia vivente (dal corredo genetico agli ecosistemi). Per fare ciò, in tutte le aree marine protette è prevista una zonazione, nata dall’esperienza e dallo studio a livello internazionale, basata su puntuali analisi tecniche e scientifiche. Grazie a questa procedura, un’area marina è ripartita, a seconda delle caratteristiche ambientali in zona A o di riserva integrale, B o di riserva generale, C di riserva parziale. Nella zona A il livello di tutela è massimo e l’accesso è consentito solo per motivi di studio al fine di ridurre al minimo ogni disturbo nel luogo dove è più alta l’integrità naturale. Nella zona B sono invece consentite alcune attività, compatibili con la conservazione dell’ambiente, quali le immersioni subacquee, la navigazione, la balneazione e la pesca. Ovviamente tutte queste attività 18 sono opportunamente regolamentate per ridurre al minimo l’impatto antropico. Nella zona C le attività consentite sono più numerose, in quanto è maggiore il grado di tolleranza dell’impatto sull’ambiente, anche se sempre regolamentate. 2.2- Le funzioni delle Aree Marine Protette L’IUCN (International Union for the Conservation of the Nature) così riassume le funzioni principali delle Aree Protette Marine: “Protezione dei valori biologici ed ecologici”: questo è lo scopo principale dell’istituzione di un’Area Protetta Marina e comprende il mantenimento: - della diversità genetica attraverso la protezione degli habitat di specie, sottospecie e varietà, stanziali e migratrici, commerciali e non, minacciate e comuni, animali e piante; - delle aree di riproduzione, specialmente per specie minacciate o commerciali; - delle aree di alta produttività biologica; - dei processi ecologici. “Ripristino, mantenimento ed incremento dei valori biologici ed ecologici” che sono stati ridotti o, comunque, perturbati da attività umane. “Promozione dell’uso sostenibile delle risorse”, con particolare riguardo per quelle che sono state sovra o sottoutilizzate. “Monitoraggio, ricerca, educazione ed addestramento”, per approfondire le conoscenze. “Forme di ricreazione e turismo compatibili” dal punto di vista ambientale. Tutte queste funzioni, alcune delle quali sono analizzate più analiticamente nei paragrafi seguenti, permettono, inoltre, il raggiungimento di alcuni benefici sociali ed economici. 2.2.1- Conservazione della diversità genetica Funzione delle aree naturali protette in genere è la conservazione della diversità genetica. E’ qui opportuno conoscere le differenze tra “diversità biologica” o “biodiversità” e “diversità genetica”: semplificando concetti abbastanza complessi e specialistici, è possibile affermare che mentre la prima è legata al numero di specie, la seconda tiene conto delle variazioni all’interno della stessa specie. Le risorse genetiche naturali vengono perdute sia a causa dell’estinzione di una specie, sia per l’estinzione di una popolazione di tale specie (impoverimento genetico). Mentre il primo 19 processo è definitivo ed irreversibile, il secondo può essere, in alcuni casi, reversibile. Nell’ambiente marino, in cui il numero di endemismi è inferiore a quello terrestre, il problema non è tanto dell’estinzione delle specie, quanto dell’impoverimento genetico. Infatti, mentre in mare non si notano particolari aumenti del tasso di estinzione di specie, si osservano, al contrario, estinzioni di popolazioni, a causa della sovrappesca, inquinamento e distruzione degli habitat. Le suddette attività antropiche stanno causando una diminuzione della diversità genetica, la quale può invece essere conservata in tre maniere, come ricordato da Salm e Clark (1989) (1): - costituzione di banche dei geni, sorte di “magazzini” che conservano i geni per usi futuri; - gestione delle risorse biologiche, evitando il sovrasfruttamento o aggiungendo alle risorse disponibili in natura quelle prodotte in allevamento o, ancora, impedendo pesca e commercializzazione di specie minacciate; - creazione di aree protette, in quanto la minaccia maggiore alla sopravvivenza di popolazioni di specie è la distruzione del loro habitat. Le aree protette costituiscono, in pratica, delle banche genetiche “in situ” per la conservazione dei geni in natura, piuttosto che in magazzino. Bisogna, anzi, aggiungere che la tendenza attuale alla diminuzione della diversità genetica, oltre che alla biodiversità, in gran parte imputabile all’uomo e alle sue attività, rappresenta una seria minaccia al nostro sviluppo; per garantire il mantenimento dei patrimoni genetici delle varie specie occorre conservare la diversità degli ecosistemi. Non basta certo creare banche genetiche “ex situ”, come acquari o, in ambiente terrestre, giardini zoologici ed orti botanici. Un acquario potrà forse garantire il mantenimento, ad esempio, di un certo numero di ciuffi fogliari di una pianta marina come la Posidonia oceanica, ma non il funzionamento dell’ecosistema naturale, in cui ogni singola specie gioca un ruolo fondamentale. In questo caso un’area protetta preserverà, invece, integralmente, per quanto possibile, le componenti del posidonieto, uno degli ecosistemi marini mediterranei più complessi e produttivi, caratterizzato da un’elevata complessità delle relazioni esistenti tra la pianta e le numerose specie vegetali ed animali che appartengono all’ecosistema. Il patrimonio genetico determina il modo in cui le specie possono adattarsi alle modificazioni ambientali. In molti organismi, tra cui alcune specie di pesci, gli individui che possiedono le maggiori variazioni genetiche (e, quindi, una maggior tolleranza ai cambiamenti dell’ambiente), hanno mostrato un maggior tasso di sopravvivenza o di crescita. La diversità genetica rappresenta, quindi, una misura dell’abilità della popolazione ad adattarsi a modificazioni dell’ambiente esterno e, pertanto, una migliore capacità di sopravvivenza. ^^^^^^^^^ 1) Salm R. Clark G.R. 1989 “Marine and coastal protected areas: a guide for planners and managers”. 20 Molti tipi di ambiente, poi, offrono rifugio a specie in fasi delicate del loro ciclo vitale, a specie minacciate o migratrici, le quali li utilizzano per alimentarsi, riprodursi, crescere e trovare riparo dai predatori. La conservazione di questi habitat marini critici, mediante l’istituzione di aree protette, contribuisce al mantenimento delle popolazioni di specie protette e delle risorse genetiche che esse rappresentano. Le aree protette, permettendo la conservazione di ecosistemi unici, rappresentativi e particolarmente ricchi di specie, costituiscono quindi un valido investimento in termini di risorse genetiche, con le quali possono essere rifornite, in seguito, aree depauperate, assicurando così un idoneo reclutamento. 2.2.2- Mantenimento dei processi ecologici Altra funzione delle Aree Protette Marine è favorire il mantenimento della produttività degli ecosistemi, salvaguardando i processi ecologici essenziali attraverso il controllo delle attività che possono comprometterne la funzionalità o danneggiare comunque l’ambiente naturale. Tali processi, che possono essere di tipo fisico, chimico e biologico, assicurano il mantenimento dell’ecosistema. Dal momento che tra gli scopi principali delle aree protette, e quindi anche di quelle marine e costiere, vi è la conservazione delle risorse genetiche, e che queste ultime non possono essere conservate se non si riescono a mantenere i processi ecologici, è indispensabile conservare le une e gli altri, per consentire un uso sostenibile delle specie e degli ecosistemi. E’ di enorme importanza economica, ad esempio, il mantenimento della produttività biologica, finalizzato alle attività di pesca. Questo è un chiaro esempio di come un processo ecologico influisca sul benessere economico e sociale, poiché la presenza di un’area altamente produttiva, in termini di biomassa ittica, consente un buon tenore di vita ai pescatori, lavoratori dei cantieri, distributori, commercianti di attrezzi ed accessori con conseguenti effetti positivi sulla realtà sociale. 2.2.3- Uso sostenibile dell’ambiente Considerando, poi, l’uso dell’ambiente naturale e delle sue risorse, è auspicabile che questo conduca ad uno sviluppo sostenibile, tale cioè da permettere alle risorse stesse di rinnovarsi. L’utilizzo dell’ambiente naturale, con particolare riferimento a quello marino costiero, può essere compreso in tre categorie: - usi che alterano permanentemente gli ecosistemi (urbanizzazione, attività industriali ed agricole); - usi estrattivi (raccolta di risorse alimentari, come i prodotti della pesca, e di risorse di altro genere, come quelle ornamentali, comprendenti coralli, perle, conchiglie, quelle domestiche, come le spugne, quelle scientifiche, comprendenti molte specie, quelle industriali, per l’industria farmaceutica e quelle interessanti per l’acquacoltura; 21 - usi non estrattivi, che comprendono attività ricreazionali (attività balneare, immersioni subacquee, nautica da diporto, bird-watching e sea-watching), ricerca, educazione ambientale, sviluppo di Aree Protette Marine. Spesso può essere molto utile proteggere ambienti naturali sensibili quali, ad esempio, zone di riproduzione o di reclutamento ittico, per prevenire il depauperamento delle specie di interesse commerciale e, quindi, per garantire un ritorno economico durevole attraverso l’attività di pesca. Molte specie importanti sotto questo punto di vista non sono minacciate dal pericolo di estinzione, ma, poiché sono sfruttate in maniera massiccia, sono state incluse nel “Red Data Book”, cioè nella lista dell’IUCN delle specie a rischio, nella categoria delle specie “minacciate commercialmente”, che vengono definite “attualmente non a rischio di estinzione, ma molte o tutte le loro popolazioni sono minacciate come risorse commerciali sostenibili o lo saranno se il loro sfruttamento non verrà regolamentato”. La maniera in cui le aree protette possono contribuire alla gestione di tali risorse è già stata descritta da Wells (1982) (1). Esse possono comunque tutelare le aree di riproduzione, le quali costituiscono il punto di partenza per il ripopolamento di zone sovrasfruttate, oltre che salvaguardare comprensori di accrescimento degli stadi giovanili. Nei nostri mari, ad esempio, è tipico il caso della cernia (Epinephelus marginatus), pesce predatore, al massimo livello della catena trofica, ad accrescimento e tasso di riproduzione molto lenti, quindi molto sensibile alla sovrappesca. Per tale motivo questa specie era quasi scomparsa nel Mediterraneo, al di fuori delle aree protette, come risulta da numerosi studi, anche recenti (Chauvet, 1991) (2). Anche in Italia la cernia ormai si trova con una certa frequenza, anche a bassa profondità e con varie classi di taglia, solamente all’interno di zone soggette a limitazione o interdizione delle attività di pesca (Ustica e Gorgona), mentre in molte altre località, un tempo ricche di questa specie, le segnalazioni sono diventate sempre più rare, più profonde e riguardano spesso giovani individui. E’ ovvio che le catture selettive operate dai pescatori subacquei, principalmente su individui di grandi dimensioni, quindi di sesso maschile, riducono drasticamente le opportunità riproduttive della specie in zone in cui la pesca è consentita. Fortunatamente le osservazioni di questi ultimi anni stanno indicando un lento ma progressivo incremento delle presenze di tale specie, probabilmente dovuto proprio all’aumento di zone protette e ad una diminuzione della pesca subacquea. ^^^^^^^^^^ 1) Wells J. “Marine aprotected areas and the conservation of invertebrates”. 2) Chauvet C. “ Recensements du mèrou Epinephelus guaza dans les rèserves et parcs marins des cotes mèditerranèennes”. 22 2.2.4- Mantenimento di aree naturali per educazione e ricerca Le aree marine protette, con il loro patrimonio storico, culturale e naturalistico, svolgono una funzione educativa fondamentale, i cui benefici sono difficilmente quantificabili. La possibilità di venire a stretto contatto con la natura aiuta a scoprirne i processi e a capire quanto l’uomo dipenda da essi. Le tendenze registrate in questi ultimi anni a livello internazionale portano a ritenere che all’inizio del nuovo millennio il turismo costituirà la più grande industria del mondo. Anche nell’ambito dell’Unione Europea l’industria turistica occupa un posto molto importante nell’economia (5,5%) e garantisce l’occupazione a tempo pieno per circa sette milioni di persone; la parte più significativa interesserà le zone costiere e quelle montane e si concentrerà in larga misura nella regione mediterranea. L’ambiente costituisce, quindi, un’importante materia prima per il turismo e, al tempo stesso, quest'ultimo è uno dei primi strumenti che l’ambiente possiede o per valorizzare economicamente le proprie potenzialità; ne consegue che, accanto ad obiettivi specifici di settore, è da perseguire una maggiore integrazione tra le varie strategie che compongono il quadro del governo del territorio e delle sue risorse e, in primo luogo, tra quelle che riguardano la tutela del paesaggio, la promozione e la gestione delle aree protette, la pianificazione del territorio e la politica turistica. Tra gli obiettivi citati nel “Piano Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile”, in attuazione dell’Agenda 21 (G.U. 47/1994), vi è anche la diffusione del concetto di “turismo sostenibile”, inteso come turismo che non “consuma”, ma riscopre e valorizza, nonché l’individuazione e la conseguente tutela di aree interessanti dal punto di vista naturalistico e maggiormente minacciate da quello ambientale. Sempre nel Piano Nazionale vengono indicate una serie di azioni e strumenti che, nel medio e breve termine, possono consentire il raggiungimento degli obiettivi nazionali, quali l’individuazione, a livello di “Carta della Natura” (legge 394/91), delle aree fragili dal punto di vista ambientale, l’emanazione di norme specifiche di tutela, l’estensione dei casi di applicazione di V.I.A. (Valutazione di Impatto Ambientale) agli insediamenti turistici che influenzano le aree protette, l’elaborazione di un “Piano Nazionale delle Coste e delle Isole”, che tenga conto della necessità di fronteggiare l’aumento della richiesta di fruizione di questi ambienti nei prossimi anni e la promozione e incentivazione del turismo scolastico, introducendo “settimane naturali” all’interno della programmazione annuale. Inoltre, nelle Aree Protette Marine è possibile effettuare ricerche in vari campi, seguendo l’evoluzione dei fenomeni naturali senza l’azione di disturbo da parte di visitatori. 2.2.5- Benefici sociali ed economici Si tende sempre più a giustificare le aree protette da un punto di vista economico, affermando che i benefici offerti da queste zone superano i costi sostenuti per istituirle, ma tale affermazione spesso non è facile da dimostrare. Infatti, in genere, è più facile descrivere i valori delle aree protette, piuttosto che quantificarli. Si sa, infatti, che i parchi marini e costieri sono utili per la riproduzione e per l’accrescimento di specie di interesse commerciale, o per la conservazione di specie minacciate, 23 sono fonte di ricreazione e di divertimento e di altre attività (ricerca, didattica), ma è molto difficile assegnare un valore monetario a tutti questi benefici. Questi ultimi, comunque, possono essere in qualche modo quantificati, come verrà esposto più in dettaglio successivamente, in termini di vantaggi economici e di fruizione delle Aree Protette Marine. Qui basti ricordare che attività effettuate nel rispetto dell’ambiente, come il nuoto, la semplice visione del fondo con maschera dalla superficie (snorkelling) o in apnea, l’immersione subacquea con autorespiratore, il surf, la barca a vela e tutti gli sport legati al mare portano benessere economico a comunità spesso tradizionalmente caratterizzate da un’economia povera, in quanto favoriscono il proliferare di attività produttive connesse a questo tipo di turismo. Tra queste si ricorda l’industria alberghiera, i campeggi, le case in affitto, la ristorazione, la vendita di prodotti locali qualificati (marchio di origine e di qualità), di guide turistiche, l’offerta di visite naturalistiche, anche subacquee, di corsi per le scuole, l’affitto di natanti, le scuole di vela, di surf, di immersione, ecc. E’, inoltre, sbagliato ritenere che le aree protette, sia marine che terrestri, ostacolino lo sviluppo economico a causa dell’imposizione di divieti che allontanerebbero i turisti; questi ultimi, infatti, cercano sempre con maggiore interesse zone pulite e meno contaminate, abbandonando località un tempo famose e, per questo, troppo frequentate e danneggiate dall’assenza di una adeguata regolamentazione. I parchi, quindi, oltre a rispondere alla sempre maggiore richiesta di un turismo nella natura, hanno anche la funzione di selezionare i visitatori, in quanto chi non possiede la sensibilità per una corretta fruizione dell’ambiente, come coloro che abbandonano i rifiuti ovunque o sfrecciano ad alta velocità con potentissimi motoscafi a breve distanza dalla costa, sarà automaticamente tenuto al di fuori delle aree protette. Altri benefici economici sono legati alla regolamentazione dell’attività di pesca, che impedisce fenomeni di sovrappesca e, pertanto, il depauperamento delle risorse nel medio termine. Salm e Clark (1989) citano numerosi esempi documentati di benefici economici arrecati dalle Aree Protette Marine, in varie parti del mondo, e ricordano, nel contesto di un’analisi costi-benefici, che esistono, e possono essere anche molto alti, i costi dovuti alla “non-protezione” di un’area naturale, cioè quelli necessari per tentare di ripristinare le condizioni originarie. Detto in altre parole, si può affermare che la prevenzione è più conveniente ed efficace della cura. 2.3- Pianificazione delle Aree Marine Protette La pianificazione ha come obiettivo organizzare e coordinare gli interventi, definire i criteri, indicare le priorità di intervento. Nel caso delle Aree Protette Marine, ed in particolare di quelle italiane, bisogna considerare l’elevato grado di antropizzazione della costa, per cui appare spesso difficile effettuare confronti con situazioni diverse. Tutti gli interventi finalizzati alla protezione dell’ambiente marino devono essere, quindi, inseriti in un contesto di azioni opportunamente programmate e coordinate tra loro, mirate alla gestione razionale ed integrata della fascia costiera. In pratica, devono essere elaborati programmi gestionali, i quali permettano la convivenza delle esigenze naturalistiche con quelle socioeconomiche, non per singole e sporadiche zone, ma per tutto l’ambiente costiero. Non ha molto senso, infatti, proteggere piccole aree, consentendo l’alterazione di tutto il resto. Il “Piano per la Difesa del Mare e delle Coste dall’Inquinamento”, 24 previsto dalla legge 979/82 e mai realizzato nella sua versione definitiva, nonostante l’esecuzione di numerosi studi propedeutici, avrebbe proprio lo scopo di rispondere a queste esigenze. Secondo Salm e Clark (1989), un programma di pianificazione di aree naturali protette dovrebbe prevedere, nell’ordine, le seguenti azioni: - la politica e la legislazione formalizzano la decisione del Governo di sviluppare il programma e di definirne gli obiettivi per la sua realizzazione, giungendo al “Piano Generale del Sistema Nazionale delle Aree Protette”. In seguito alla decisione politica di attuare un programma di tutela delle risorse in una data regione, vengono identificate le aree in base agli obiettivi prefissati, suffragati da studi tecnico-scientifici e guidati da un altrettanto rigoroso processo decisionale e procedimento amministrativo. Le zone oggetto di attenzione sono da identificarsi secondo logiche omogenee intorno a valori ben determinati: elementi biologici, ecologici e socioeconomici. Dopo l’individuazione e qualificazione di tali aree, si passa alla scelta e delimitazione definitiva della zona da proteggere; - la pianificazione preliminare interpreta la politica e la legislazione, organizza lo schema ed i tempi di azione, identifica le competenze necessarie e definisce gli obiettivi; - la pianificazione del sistema esamina gli obiettivi del programma e fornisce i criteri per identificare e scegliere i siti; - la pianificazione del sito fornisce il progetto iniziale, compresi la zonazione ed il piano preliminare di gestione per ogni area. Lo studio approfondito delle caratteristiche ambientali e l’analisi socioeconomica di ogni area permettono la preparazione dei piani di zonazione e l’identificazione delle necessità infrastrutturali e gestionali per l’istituzione dell’area protetta; - l’istituzione e la gestione sviluppano, amministrano ed attuano la conduzione e la crescita dell’area protetta. In condizioni ideali tale sequenza dovrebbe essere rispettata, ma, in realtà, ciò succede raramente poiché una di queste fasi viene spesso evitata o spostata rispetto all’ordine che abbiamo citato. Considerata la realtà italiana, il processo di identificazione non potrà essere mirato solamente alle scelta di siti in cui non vi siano insediamenti o conflittualità di tipo socioeconomico, dovendosi prestare, invece, la massima attenzione a quegli interventi protettivi che valgono a limitare e controllare le attività umane aggressive delle risorse naturali in un’area particolare. La concreta pianificazione delle attività antropiche dovrà così giungere a risultati di protezione proprio in forza dello svolgimento regolato e controllato di tali attività. E’ importante distinguere tra pianificazione e gestione di un’area. La pianificazione fornisce le basi per le decisioni relative all’allocazione delle risorse, il disegno di zonazione ed un programma di gestione. La gestione, invece, indirizza le operazioni necessarie a soddisfare gli obiettivi del “Piano di Gestione”. Come suggerito dall’I.U.C.N. (International Union for the Conservation of the Nature) (1984), questo Piano non deve essere considerato come la meta finale; l’esperienza e le nuove conoscenze, così come gli errori di pianificazione, riveleranno nuovi argomenti per ulteriori risoluzioni. Sono molto importanti, quindi, quei meccanismi di feed-back che permettono di seguire nuove esigenze gestionali. 25 2.4- Criteri per l'istituzione delle aree marine protette Sino ad ora, a livello internazionale, sono stati utilizzati vari criteri per la scelta dei siti in cui istituire Aree Protette Marine. Si possono citare, ad esempio, quelli adottati rispettivamente negli Stati Uniti ed in Giappone (Marini, 1986 (1); Diviacco, 1992 (2)). In Italia non esiste una codificazione dei criteri di scelta dei siti, ma questi sono stati indicati nelle leggi) 979/82 e 394/91. Secondo il documento redatto dall’I.U.C.N. (International Union for the Conservation of the Nature) la scelta delle potenziali aree protette marine dovrebbe essere effettuata in modo sistematico, secondo precisi criteri scientifici, tenendo conto di tutti i molteplici fattori in gioco. Per giungere a ciò bisognerebbe: - identificare le aree critiche che possono richiedere particolari forme di protezione e tutela; - applicare dei criteri per determinare quali tra tali aree necessitano maggiormente dello status di area protetta. Volendo entrare maggiormente nello specifico, possiamo rappresentare l’iter proposto dall’I.U.C.N. come segue: - identificazione di aree critiche - identificazione dei processi chimico-fisici ed ecologici - indicazione dei fattori socio-economici - criteri di selezione delle aree ^^^^^^^^^^ 1) Marini L. 1986. “Stato attuale e criteri naturalistici di istituzione di aree marine protette”. 2) Diviacco G. 1992.”La progettazione delle aree protette marine”. Atti del Convegno “Piani per parchi” Torino. 26 2.4.1- Identificazione di aree critiche Il metodo proposto dall’ I.U.C.N., applicabile sia a scala locale che a quella nazionale, o perfino mediterranea, ha lo scopo di permettere l’individuazione di aree critiche dal punto di vista della conservazione delle risorse marine e costiere. I dati esistenti in bibliografia o presso Enti ed Istituzioni, nonché quelli raccolti mediante opportune indagini di campo, devono essere trattati in modo da essere facilmente utilizzati per l’analisi e la sintesi, sia in forma scritta, sia elaborati in carte tematiche. Le indagini hanno lo scopo di: - identificare le aree critiche per la riproduzione, deposizione, nutrizione, sopravvivenza di specie economicamente importanti; - identificare eventuali specie in pericolo ed importanti specie migratrici, fornendo informazioni sul loro ciclo biologico; - compilare un elenco di habitat marini e costieri, comprendente struttura e composizione specifica. Al termine di tali attività si dovrebbe poter ottenere un elenco delle specie e degli habitat principali, secondo una scala di priorità, per poter stabilire la rappresentatività delle aree in studio. 2.4.2- Identificazione dei processi chimico-fisici ed ecologici E’ importante conoscere i processi chimico-fisici ed ecologici, per identificare eventuali habitat critici. L’esame di tali processi può essere molto complesso, a causa della carenza di informazioni sulla dinamica degli ecosistemi marini e costieri del Mediterraneo. I risultati dell'identificazione dei processi ecologici sono fondamentali per conoscere l’ecologia e la distribuzione delle specie, al fine di poter intraprendere idonee misure di protezione. In altri termini, l’identificazione dei siti importanti dal punto di vista ecologico fornisce un’indicazione di cosa gestire, mentre la conoscenza dei fenomeni e delle relazioni ecologiche coinvolte permette di indicarne le modalità. 2.4.3- Identificazione dei fattori socioeconomici Sebbene le situazioni ambientali critiche derivino in massima parte da attività socioeconomiche, queste ultime, nei limite del possibile, non dovrebbero essere eliminate all’interno di un’area protetta, bensì regolamentate e disciplinate, così da poter trarre beneficio dalla presenza del parco o della riserva. 27 A tale scopo dovrebbero essere valutati i fattori socioeconomici in grado di influire sull’ambiente naturale dell’area in esame, sia mediante un’adeguata conoscenza della situazione esistente, sia attraverso modelli che permettano di effettuare stime e valutazioni per il futuro. Tali indagini, che rientrano nel complesso degli studi interdisciplinari sulla fascia costiera, sono fondamentali per identificare potenziali conflittualità nell’uso del territorio e delle risorse naturali, nonché eventuali effetti dannosi, anche cumulativi, delle attività umane sull’ambiente. Ci pare utile ricordare ancora una volta, a questo proposito, che spesso le azioni antropiche irrazionali sull’ambiente producono effetti negativi per la stessa economia, provocando, ad esempio, una riduzione delle presenze turistiche o una diminuzione del pescato. 2.4.4- Criteri di selezione delle aree Tutti i dati raccolti devono poi essere opportunamente elaborati ed utilizzati per l’inquadramento ambientale e socioeconomico, visualizzati e resi disponibili mediante carte tematiche che possiedono una notevole capacità di sintesi e di comprensione anche da parte dei non addetti ai lavori e degli amministratori pubblici. Non è però sufficiente conoscere la situazione ambientale ed antropica, bisogna anche stabilire i criteri per selezionare le aree più meritevoli di tutela, secondo una scala di priorità. Per fare questo sono stati identificati diversi criteri, riuniti in alcune categorie (I.U.C.N., 1981 (1); Salm e Clark, 1989), da applicare a tutte le aree meritevoli di tutela a livello nazionale, al fine di stabilire le priorità con cui operare nella fase successiva, cioè quella dell’istituzione. Assegnando alle seguenti categorie opportuni valori numerici, in funzione dei risultati degli studi eseguiti da una equipe interdisciplinare di esperti nei vari settori, è possibile stilare una graduatoria utile per pianificare tali priorità di intervento. Tali valori numerici sono: 1- punto: valore basso. L’area non è significativa per un determinato criterio o esistono esempi maggiormente validi in altre zone. 2- punti: valore medio. L’area è importante ma non critica; esistono pochi esempi simili in altre zone. 3- punti: valore alto. La zona presenta livelli di qualità molto elevati, rappresentando un esempio unico. ^^^^^^^^^^ 1) I.U.C.N., 1981. “Princiles, criteria and guidelines for the selection, establishment and management of Mediterranean marine and coastal protected areas”, Gland, CH. - Le informazioni sono tratte dal sito: http://www.tiscali.it//areeprotettemarine/htm. 28 Le categorie in cui sono stati suddivisi i criteri sono le seguenti: “Criteri operativi”; considerano le azioni da compiere. Urgenza: indica la priorità delle azioni di tutela da intraprendere, prima che le peculiarità ambientali dell’area vengano minacciate o modificate. Opportunità: indica la possibilità di agire con nuovi interventi, laddove le condizioni preesistenti lo consentano. Facilità di protezione: rappresenta la capacità di proteggere un’area senza difficoltà. Difendibilità: è legata alla possibilità di protezione sulla base della regolamentazione esistente. Dimensioni: le aree devono essere grandi abbastanza per funzionare come unità ecologiche. Ripristinabilità: rappresenta il grado con cui l’area può essere riportata alla condizione naturale originaria. “Criteri ecologici”; legati al valore naturalistico degli ecosistemi e delle specie. Dipendenza: costituisce il grado con cui una specie dipende, per tutto o parte del proprio ciclo vitale, dal territorio compreso nell’area. Per esempio, la presenza di zone per la riproduzione, di sosta per la migrazione o aree dove sono presenti specie rare o minacciate. Rappresentatività: indica il grado in cui l’area è rappresentativa di un tipo di habitat o di particolari caratteristiche ecologiche. Habitat particolari, non protetti altrove, conferiranno un elevato valore alla zona. Integrità naturale: misura il grado in cui l’area non è disturbata o alterata dalle attività umane. Bisogna tener presente che ormai sono molto poche le aree non disturbate o modificate dall’uomo, per cui è fondamentale considerare l’importanza di recupero di alcune zone degradate. Unicità: indica la presenza di specie rare o minacciate. Diversità: rappresenta il grado di ricchezza di habitat, comunità o specie. Autonomia: è legata alla possibilità, per un’area, di funzionare come entità ecologica autosufficiente, quindi con maggiore facilità di protezione. Produttività: costituisce il livello con cui i processi produttivi dell’area contribuiscono al benessere dell’uomo ed alla sopravvivenza delle specie. Vulnerabilità: misura la sensibilità dell’area ad impatti di tipo naturale ed antropico. Aree con comunità biotiche aventi ristretti limiti di tolleranza alle variazioni delle condizioni ambientali avranno una maggiore considerazione. 29 “Criteri legati a ricerca, educazione ed addestramento” Accessibilità: la facilità di accesso per attività di ricerca, educazione ed addestramento. Area di riferimento: il grado in cui una zona può servire come "controllo" in senso scientifico, vale a dire come area intatta e non alterata, per poter valutare le modificazioni ecologiche che avvengono altrove. Interesse scientifico. “Criteri legati a benefici economici e sociali” Benefici e/o perdite economiche: indicano il grado in cui la protezione può arrecare benefici all'economia locale a breve e lungo termine. Importanza delle attività di pesca. Accettabilità sociale e conflitti di interessi: rappresenta il livello di sostegno delle popolazioni locali. Salute pubblica: il grado in cui la protezione dell'area può contribuire a ridurre i problemi di salute legati all'inquinamento. Ricreazione: la capacità di un'area di fornire opportunità di svago e di divertimento, legate alle sue caratteristiche naturali. Turismo: possibilità di forme di turismo compatibili con le finalità di conservazione. “Criteri paesaggistici e culturali” Proprietà paesaggistiche. Proprietà culturali. Volendo, per esempio, applicare questo metodo a degli ipotetici siti previsti dalla normativa nazionale, si potrebbero ottenere, in via puramente indicativa, i quadri esposti nella tabella di seguito riportata. Sito 1 Sito 2 Sito 3 Sito 4 Urgenza 3 2 2 2 Opportunità 1 3 2 2 di 1 2 2 3 Difendibilità 2 2 2 2 Accessibilità 3 2 2 3 Criteri pratici Facilità protezione 30 Ripristinabilità 2 SUB- TOTALE 12 2 2 3 13 12 15 Criteri ecologici Dipendenza 2 2 2 2 Naturalità 2 2 2 2 Rappresentatività 2 2 2 2 Unicità 3 2 2 2 Diversità 3 2 2 2 Autonomia 3 3 2 2 Produttività 2 2 2 2 15 14 14 SUB- TOTALE 16 Criteri legati a ricerca, educazione ed addestramento Accessibilità 2 2 2 3 di 2 2 2 2 3 3 3 2 SUB- TOTALE 7 7 7 7 Area riferimento Interesse scientifico Criteri legati a benefici economici e sociali Benefici economici 2 3 2 2 Accettabilità sociale 1 3 2 2 Salute pubblica 2 2 2 2 Ricreazione 3 3 2 2 Turismo 3 3 2 2 14 10 10 SUB- TOTALE 11 Criteri paesaggistici e culturali Proprietà paesaggistiche 3 3 2 2 Proprietà culturali 3 3 2 2 SUB- TOTALE 6 6 4 4 TOTALE 55 47 50 52 31 L'esame della tabella evidenzia che il sito 2 ha ottenuto, in totale, il valore più alto, perciò su di esso dovrebbero essere concentrate le priorità di intervento. Anche il sito 1, d'altra parte, presentando un punteggio di poco inferiore, evidenzia un notevole interesse che, sulla base dell'urgenza e dei criteri ecologici, è addirittura maggiore di quello del sito 2: entrambi i siti sono quindi da considerarsi prioritari, ma il sito 1, caratterizzato da una scarsa accettabilità da parte delle comunità locali, richiederà un maggiore impegno e tempi più lunghi per il raggiungimento del consenso, mentre l'istituzione dell'area protetta nel sito 2 potrà avvenire in tempi più brevi. Ancora un altro esempio dal puro carattere esemplificativo: VALORE TURISTICO DEL PARCO X Sito Criterio 1 2 3 4 5 TOTALE Sito A 1 1 2 0 0.86 4.86 Sito B 2 1 1 1 0.71 5.71 Sito C 2 1 1 1 0.71 5.71 Sito D 2 2 2 0 0.86 6.86 Sito E 2 2 2 0 0.86 6.86 Sito F 1 2 2 0 0.86 6.86 Sito G 1 2 2 0 0.71 5.71 Sito H 2 1 1 1 0.71 5.71 Sito I 2 2 1 1 0.71 6.71 Sito L 2 1 1 1 0.71 5.71 Criteri: 1. Estetica: varietà e ricchezza degli ambienti, limpidezza delle acque (Valore estetico: 0 = basso, 1 = medio, 2 = alto). 2. Sicurezza: scarsa influenza del moto ondoso o di correnti o altri fattori ambientali (Fattore di sicurezza: 0 = basso, 1 = medio, 2 = alto). 3. Accessibilità: distanza da infrastrutture turistiche (Punteggio di accessibilità: 0 = basso, 1 = medio, 2 = alto). 4. Livello di attività di pesca, stimato in base alla distanza da un porto con pescatori e dal numero di addetti (Livello di attività di pesca: 0 = alto, 1 = basso). 5. Valore turistico, calcolato come percentuale del punteggio massimo potenziale (= 7). 32 VALORE CONSERVAZIONISTICO DEL PARCO X Sito Criterio 1 2 3 4 TOTALE Sito A 3 0 1 0.57 4.57 Sito B 4 1 1 0.86 6.86 Sito C 5 1 1 071 7.71 Sito D 2 0 1 0.43 3.43 Sito E 4 0 1 0.71 5.71 Sito F 2 0 1 0.43 3.43 Sito G 2 0 0 0.29 2.29 Sito H 4 0 1 0.71 5.71 Sito I 2 0 1 0.43 3.43 Sito L 4 0 1 0.71 5.71 Criteri: 1. Varietà di ambienti: valutazione dell’eterogeneità degli ambienti presenti, quali praterie di Posidonia oceanica, prati di Cymodocea nodosa, Coralligeno, ecc. (da 1 = varietà bassa a 5 = varietà estremamente alta). 2. Unicità: presenza di una biocenosi, comunità, ecc., non ritrovata in altre zone ( 0 = assente, 1 = presente). 3. Integrità: stima del livello di danneggiamento delle biocenosi, comunità, ecc., (0 = molto danneggiato, 1 = poco o per niente danneggiato). 4. Valore conservazionistico, calcolato come percentuale del punteggio massimo potenziale (= 7). Sommando i punteggi per ciascun sito, ovvero lungo le righe, si ottiene: VALORI TURISTICI E CONSERVAZIONISTICI DEL PARCO X Sito Criterio Turistico Conservazionistico TOTALE Sito A 4.86 4.57 9.40 Sito B 5.71 6.86 12.60 Sito C 5.71 7.71 13.40 Sito D 6.86 3.43 10.30 Sito E 6.86 5.71 12.60 33 Sito F 5.71 3.43 9.10 Sito G 5.71 2.29 8.00 Sito H 5.71 5.71 11.40 Sito I 6.71 3.43 10.10 Sito L 5.71 5.71 11.40 E’ così possibile costruire delle mappe indicative delle zone con diverso interesse. Aree con elevato punteggio turistico saranno gestite al fine di promuovere, ad esempio, attività subacquee e di diporto; aree con alto valore conservazionistico, invece, verranno gestite in ordine alla protezione dei siti o delle specie particolari. Le rimanenti zone combineranno conservazione a turismo. 2.5- Iter per l'istituzione di Aree Marine Protette Successivamente alla pianificazione del Sistema Nazionale delle Aree Marine Protette (Legge 979/82 e Legge 349/91) bisogna analizzare ogni singola area. Tra i molteplici problemi da affrontare nella progettazione della zona da tutelare riveste particolare importanza la definizione dei confini, condotta sulla base delle caratteristiche naturali, geomorfologiche ed antropiche note dalla bibliografia esistente e dagli studi di settore condotti, nonché la determinazione dell’estensione ottimale. Successivamente, dovranno essere condotte le indagini interdisciplinari e, infine, sulla base dei risultati e con opportuni strumenti di valutazione, verrà elaborato il progetto di area protetta da presentare alle comunità locali per la discussione. Gli studi relativi all’istituzione di un’area protetta marina devono necessariamente prevedere varie fasi, secondo un processo assimilabile a quello proprio di un “Bilancio di Impatto Ambientale e Sociale”. In base a questo tipo di approccio l’istituzione deve prevedere due momenti ben distinti, in cui vengono presi in esame i molteplici temi di indagine: Fase conoscitiva, comprensiva delle analisi delle situazioni ambientale, urbanistica e socioeconomica. Fase progettuale che prevede: - definizione dei confini, estensione, zonazione e strutture del parco; - ipotesi di sviluppo dei settori congruenti con le finalità dell’area protetta, allo scopo di giungere all’elaborazione di un’analisi costi-benefici. ^^^^^^^^^^ - Le tabelle sono tratte dal sito: http://www.tiscali.it//areeprotettemarine/htm. 34 Nell’ambito della seconda fase,l’elaborazione della proposta di zonazione o zonizzazione (suddivisione in zone) riveste un ruolo strategico poiché da essa dipende la correttezza delle successive analisi delle ipotesi di sviluppo dei settori congruenti con le finalità del parco e, inoltre, rappresenta un importante momento di confronto con le realtà locali. Schema dell’Iter per l’istituzione di aree marine protette (fonte: Diviacco, 1999). (1) Schema delle fasi per l'istituzione (2) Climatologia FASE CONOSCITIVA FASE PROGETTUALE Geomorfologia Geologia Analisi Sedimentologia situazione Idrogeologia ambientale Oceanografia Vegetazione marina Vegetazione terrestre Fauna marina Fauna terrestre Analisi Pianificazione situazione Vincoli territoriale Congruità Utilizzazione del territorio Elementi di zonazione Analisi Aspetti demografici situazione Aspetti occupazionali socio-economica Attività agro-silvo-pastorali Attività industriali e artigianali Attività turistiche Attività di pesca Attività commerciali Trasporti Definizione Area Protetta Confini e strutture Zonazione Infrastrutture Sviluppo dei settori congruenti con l'area protetta ^^^^^^^^^^ 1) Diviacco G. 1999. “Aree protette marine: finalità e gestione”. Comunicazione Edizione Forlì. 2) La tabella è tratta dal sito: http://www.tiscali.it//areeprotettemarine/htm. 35 2.6- Studi di supporto all’istituzione di Aree Marine Protette L’istituzione di un’Area Marina Protetta (A.M.P.) necessita di un’approfondita conoscenza delle caratteristiche ecologiche e degli aspetti socioeconomici. Solo attraverso la comprensione di questi fattori è possibile conciliare gli interessi della conservazione con quelli della gestione e dello sviluppo delle economie locali, adattando le strategie di sviluppo e gestione alle caratteristiche dei singoli biotopi. In particolare: - il successo del parco marino dipende dal livello di coinvolgimento locale. Questo si deve manifestare sia nella fase istitutiva che in quella gestionale e dipende, a sua volta, dall’opera di sensibilizzazione a livello locale, aspetto che deve essere seguito con cura particolare fin dall’inizio delle attività; - lo studio di fattibilità richiede tempi brevi di realizzazione, per poter far fronte alle necessità imposte dalla conservazione di un fragile patrimonio naturale. Pertanto, nella scelta dei dati da raccogliere, le attività di ricerca vanno focalizzate su aspetti indispensabili alla formulazione del Piano di Gestione. Studi più esaustivi devono essere l’oggetto di specifici programmi a lungo termine, facenti parte del Piano di Gestione stesso. Questi studi possono essere suddivisi in due fasi, qui analizzate nel dettaglio nel tentativo di fornirne delle linee guida, e cioè: - fase conoscitiva - fase progettuale 2.6.1- Fase conoscitiva In questa fase bisogna raccogliere tutte le informazioni utili ad avere un quadro dettagliato dell'area in esame per poter elaborare il progetto dell'area protetta. - Approccio conoscitivo all’area E' il momento preliminare ad ogni attività conoscitiva organizzata e consiste in una presa di contatto con il territorio oggetto di studio per l’individuazione delle sue caratteristiche ambientali generali, non soltanto ecologico-naturalistiche, ma anche storico-culturali. Tale operazione, essenziale al fine di orientare la metodologia analitica e valutativa, permetterà di evitare perdite di tempo in tentativi di conoscenza esaustiva ed onnicomprensiva e di ordinare le diverse indagini settoriali sulla base delle specificità emerse (risorse, caratteristiche e problematiche). Le operazioni da esplicare possono essere sinteticamente descritte come segue: a) Definizione dei limiti dell'area oggetto di studio. Sarà opportuno distinguere i confini amministrativi dai limiti del territorio da esaminare. Quest'ultimo probabilmente oltrepasserà i confini previsti dal Decreto Istitutivo ed includerà quei territori limitrofi che si rapportano e spesso completano gli ecosistemi presenti nell'Area Protetta. Tale allargamento dell'area è utile anche al fine di mettere in contatto i sistemi di particolare valore naturale interni al parco con quelli del territorio circostante. 36 b) Inquadramento biogeografico dell'area oggetto di studio. Allo scopo di precisare le caratteristiche ambientali generali del territorio ove è stato istituito il parco è necessario precisarne le caratteristiche biogeografiche. Ciò può essere fatto in via preliminare riconoscendo a quale unità biogeografica appartiene il parco, a partire dalle unità di rango superiore (regioni), fino a quelle inferiori (province, distretti e settori). Il territorio dell’Italia appartiene a due regioni biogeografiche e, precisamente, alla Regione Eurosiberiana e alla Regione Mediterranea, a sua volta suddivise in diverse province, distretti e settori. Ogni regione biogeografica presenta problemi ecologici specifici, non soltanto relativamente alla flora e alla fauna, ma anche alla stessa presenza dell’uomo, ai tipi di paesaggio, ai processi ecologici e così via. c) Raccolta di studi e ricerche scientifiche, utili ai fini del Piano, svolte sull'area oggetto d'intervento. La maggior parte delle Aree Protette sono ricche di indagini e studi realizzati da enti di ricerca e da singoli studiosi. Pertanto ogni futura attività conoscitiva non potrà ricominciare da zero dilapidando tempo e risorse economiche per rifare quanto già esiste. Un esame critico degli studi esistenti permette di vagliare la completezza o la parzialità delle indagini di cui si potrà disporre. Particolare interesse acquistano anche le notizie relative alle proposte di carattere conservazionistico che hanno preceduto l’istituzione del parco (resoconti di congressi, relazioni, ordini del giorno, articoli e contributi sulla stampa e sulle riviste specializzate), dalle quali si possono trarre utili indicazioni sui vari problemi di carattere ambientale che interessano il territorio del parco. d) Prima ricognizione dell'area. Prima di studiare in modo sistematico un territorio ai fini della pianificazione sarà necessario percorrerlo, osservare ogni cosa e annotare quei segni e contenuti che emergono sin dal primo contatto con l’area oggetto di studio al fine di riconoscerne le caratteristiche ambientali generali. e) Stesura di una scheda delle specificità dell'area, capace di evidenziare risorse, caratteristiche e problematiche. Ogni azione conoscitiva, valutativa e decisionale è infatti costruita su misura per i caratteri specifici dell'area e, quindi, per le sue problematiche più rilevanti. - Raccolta e prima elaborazione dati: interpretazione e valutazione delle relazioni Nel processo complesso e iterativo di elaborazione del “Piano” di un parco marino gli studi scientifici sono del tutto indispensabili, sia nella fase dell'approccio conoscitivo, che in quello degli approfondimenti successivi. L'intervallo di tempo, relativamente corto, nel quale deve emergere la prima ipotesi di zonazione non permette lo svolgimento di indagini esaustive. Pertanto esse dovrebbero sfruttare, in primo luogo, tutti i dati bibliografici relativi al territorio del parco e, solo poi, completare ed aggiornare le conoscenze, in modo da cogliere tutti gli aspetti essenziali e importanti ai fini di una corretta pianificazione e gestione. Si procede, quindi, all'analisi dei diversi settori disciplinari, ordinati in tre sistemi (fisico, biologico ed antropico) correlati fra di loro. 37 Questi studi devono riguardare, di norma, l’intero complesso del sistema ambientale costituito dai bacini imbriferi nella porzione continentale e, per quanto riguarda la parte a mare, da adeguate porzioni dei bacini di sedimentazione afferenti. Ciò in ragione della strettissima interdipendenza dei parametri fisici, chimici, biologici ed ecologici dell’ambiente marino dai fenomeni naturali e dalle attività antropiche che si svolgono lungo le coste e nell’entroterra. Pertanto è necessario non solo definire il reticolo idrografico, ma anche la quantità e la qualità delle acque che giungono nel tratto di mare interessato, consentendo in tal modo le più opportune azioni di prevenzione e di risanamento dagli inquinanti. E' poi necessario descrivere le caratteristiche naturali ed i fenomeni antropici più rilevanti all’interno degli ambiti territoriali prospicienti le istituende riserve naturali marine. Sotto tale profilo si ritiene che gli aspetti relativi all’istituzione ed alla successiva gestione delle riserve non possano essere definiti senza avere prima individuato e definito, almeno in linea di massima, le interrelazioni tra le aree marine interessate e l’ambiente terrestre circostante. In sintesi, quindi, la fase conoscitiva prevede: - l'analisi della bibliografia disponibile per l'area in oggetto; - l'indagine sull'urbanizzato (presente e futuro), sulle principali attività economiche dell'area (turismo, pesca, ecc.) e sulla situazione vincolistica in atto; - la verifica delle informazioni riportate dalla bibliografia sulle emergenze ambientali e sui popolamenti bentonici, con specifiche campagne di rilevamento a mare. Più in particolare si dovrà eseguire: - l’analisi della situazione ambientale - l’analisi della situazione territoriale ed urbanistica - l’analisi della situazione socio-economica - indagini integrative e suppletive di campo - produzione cartografica e di G.I.S. (Geographic Information System) 2.6.2- Fase progettuale Nella fase progettuale bisogna affrontare “la definizione del parco” intesa come: - identificazione dei confini - proposta di zonazione - definizione ed ubicazione delle strutture “le ipotesi di sviluppo dei settori congruenti con le finalità del parco” 38 “elaborazione di un'analisi dei costi-benefici” Identificazione dei confini La definizione dei confini delle Aree Marine Protette risulta spesso di estrema importanza per la riuscita del progetto. I criteri di scelta non dovrebbero basarsi esclusivamente su divisioni amministrative o su considerazioni economico-sociali, ma devono assicurare la massima protezione, tenendo conto dell’impossibilità , nell’ambiente marino, della creazione di barriere che impediscano gli scambi con l’ambiente circostante. Salm e Clark (1989) propongono che la dimensione minima per un Parco Marino Nazionale sia di 1.000 ettari. Pare evidente, a questo punto, la difficoltà di applicazione di questo principio nella realtà delle coste ed acque italiane. Le dimensioni delle attuali riserve nel mondo sono molto varie, andando, per esempio, dal Parco Nazionale Marino di Malindi-Wantamu in Kenya, che occupa 19.000 ettari, al Parco di Miramare , che ricopre soli 30 ettari. La superficie di un' Area Marina Protetta non può comprendere esclusivamente componenti acquatiche, ma deve includere aree terrestri, sia che queste influenzino l'ambiente marino (inquinamento, sedimentazione, ecc.), sia che ne siano influenzate (spiagge, dune, scogliere, ecc.). Nelle aree terrestri la protezione deve mirare alla proibizione di tutte le attività che si ripercuotono sull'ambiente litoraneo marino, come lo scarico nei fiumi che sfociano direttamente o per trasporto di corrente nell'area da proteggere, l'urbanizzazione o la costruzione di strade costiere, ecc. Per quanto riguarda i confini in mare aperto, generalmente la protezione si spinge fino alla batimetrica dei 200 metri, riconosciuta come limite della piattaforma continentale. Tale limite, comunque, può notevolmente variare in funzione della realtà geografica di ogni singola area. In Italia viene generalmente considerato come limite esterno delle Aree Marine Protette la batimetrica dei 50 metri o il limite di tre miglia dalla costa, in modo da permettere una completa fruibilità della zona ed un miglior controllo. Sviluppo dei settori congruenti con le finalità dell'Area Protetta Dopo aver elaborato una prima proposta di zonazione si dovrà individuare, anche sulla base dei dati acquisiti durante la fase conoscitiva, tutta quella serie di attività economiche il cui sviluppo sia pienamente realizzabile entro i vincoli determinati dall'istituzione dell'Area Marina Protetta. Tali attività si articolano su due livelli ben distinti. Un primo livello che raggruppa quelle attività che nascono insieme all'istituzione del parco stesso e che sono gestite e promosse dall'Ente preposto (ricerca scientifica, acquisizione e divulgazione dei risultati, informazione per i diversi livelli di pubblico, visite guidate lungo itinerari naturalistici terrestri e marini,ecc.), tutte supportate da strutture di ricezione e informazione; un secondo livello che riguarda le attività legate allo sviluppo di un turismo controllato e sostenibile e delle relative strutture ricettive e di ristorazione (agriturismo, attività espositive e di promozione dell'artigianato locale, ecc.). 39 Le forme di fruizione e didattica ambientale nelle Aree Protette Marine Un’area protetta può offrire diverse forme di attività di tipo ricreazionale o di tipo didattico che spesso si integrano tra loro, in modo che quelle del primo tipo acquisiscano una connotazione educativa. In altri termini un visitatore dovrebbe uscire da un parco sapendone di più di quando vi è entrato, avendo appreso senza essersene accorto e con divertimento. E’ opportuno, comunque, distinguere le attività a scopo strettamente turistico-ricreativo da quelle didattico-educative, in quanto programmate per utenze diverse. I programmi turistico-ricreativi sono rivolti a coloro che vogliono usufruire del parco senza particolari impegni o esigenze. Il proposito di queste attività non deve essere quello di concentrare turisti in luoghi che sono già affollati, ma incoraggiare e promuovere un turismo a scopo culturale. I programmi didattico-educativi tendono, invece, a far comprendere il significato della conservazione della natura, stimolando il rispetto per essa. In questo caso l’interpreting e l’educazione ambientale divengono efficaci solo se riescono ad attrarre contemporaneamente le attività cognitive (in modo che i visitatori acquisiscano conoscenze e capiscano nuovi concetti) ed emotive, con l’adozione di valori e comportamenti nuovi. In alcune aree si è creato uno specifico servizio didattico-pedagogico che fornisce vari moduli educativi con lezioni, laboratori e visite ormai sperimentate, organizzati per diverse durate di permanenza (mezza e una giornata, settimane di studio). In tal modo le scolaresche hanno la possibilità di visitare il museo e il centro visite del parco e di usufruire di sentieri-natura, laboratori, acquari e imbarcazioni con il fondo trasparente, sempre con l'assistenza di personale specializzato. L’educazione ambientale si distingue dall’educazione naturalistica: con il primo termine viene indicato il processo che, partendo dallo studio dell'ambiente come ecosistema, ossia come insieme delle relazioni esistenti tra gli organismi e tra questi e le caratteristiche fisiche e chimiche del sito in cui vivono, si propone di far acquisire la consapevolezza che l'uomo e i suoi interventi sono elemento di tali relazioni. L’educazione ambientale utilizza, quindi, la conoscenza scientifica per far capire le potenzialità progettuali dell'uomo come elemento attivo dell'ambiente. L’educazione naturalistica, invece, attraverso la conoscenza dei metodi e dei contenuti propri delle scienze della natura, fornisce gli strumenti per capire i delicati equilibri che condizionano l'esistenza di tutti gli esseri viventi. Come già accennato, molteplici sono le forme di fruizione prettamente didattica, a cui si aggiungono quelle più turistico-ricreative. Vediamo quindi sinteticamente quali sono le strutture e le attività che si riferiscono in particolare all'ambiente marino. a)- Centro visite Questa struttura è indispensabile per fornire accoglienza e documentazione dei visitatori e deve costituire un tutt’uno con l’Area Protetta stessa e con la sua gestione tecnica e scientifica. In un programma educativo interpretativo ed informativo esso non è solo il punto centrale, nel quale il visitatore può ottenere notizie sugli aspetti naturali, sulle escursioni e 40 sulle strutture e servizi dell'area, ma anche il luogo in cui acquistare pubblicazioni, visitare mostre tematiche ed assistere a proiezioni di diapositive, film e altri programmi educativi. Inoltre, presso il centro visite devono essere forniti i programmi delle escursioni, che, quando possibile, dovrebbero avere inizio al centro visite stesso. Le informazioni devono essere puntuali e aggiornate, inserite in guide, mappe, pieghevoli e disponibili durante tutto l'arco della giornata. Nelle aree di limitate dimensioni può essere sufficiente un solo centro di documentazione, mentre in quelle più ampie, in corrispondenza degli accessi, possono essere realizzate più strutture finalizzate e/o specializzate in funzione di una particolare tematica come, ad esempio, la flora e la fauna. b)- Museo I musei presenti nelle aree protette possono essere di dimensioni limitate, contenenti solamente informazioni e reperti relativi alla singola area, e collegati ai centri di documentazione e accoglienza, oppure possono rappresentare una fonte culturale più ampia e più approfondita scientificamente, finalizzata non solo alla didattica, ma anche alla ricerca scientifica, attraverso collezioni e laboratori a disposizione dei ricercatori e degli studenti. Si stanno ormai diffondendo i sistemi informatici e multimediali interattivi, con il fine di comunicare concetti di base ad individui di media cultura, scolare, assimilando l'istruzione al gioco. Nei musei delle Aree Marine Protette, inoltre, vengono spesso allestiti acquari, collezioni malacologiche o di altri invertebrati, con lo scopo di stimolare nel visitatore una curiosità che egli potrà appagare, in parte, con una passeggiata sulla riva del mare. Molto importante è la leggibilità e la comprensione delle informazioni proposte, le quali devono essere possibili anche a livelli di cultura non molto alti. c)- Attività subacquee L’osservazione del mondo marino mediante immersione subacquea o il “seawatching”, negli ultimi anni, è diventa un importante fenomeno di massa, con cui si può sviluppare una forma di eco-turismo intelligente, costituendo da un lato un nuovo approccio di fruizione del mare e, dall'altro, un'alternativa di sviluppo sostenibile per le economie locali. Nelle Aree Protette Marine in cui si svolge tale attività, viene generalmente richiesto il brevetto, per motivi di sicurezza, ed i visitatori vengono informati su ciò che potranno trovare sott'acqua, anche al fine di conciliare la massima informazione possibile con il minimo impatto sull'area tutelata e di limitare la durata dell'immersione al tempo strettamente necessario. Possono essere inoltre forniti manuali di identificazione o di disegni plastificati per il riconoscimento degli organismi di immersione. L’attività subacquea può essere subordinata ad un’autorizzazione e alla presenza di un accompagnatore, il quale ha la funzione di illustrare l'ambiente e di condurre il gruppo, facendo rispettare le disposizioni vigenti. 41 Un altro tipo di attività subacquea è rappresentato dall’immersione in apnea con maschera, tubo areatore e pinne (snorkeling), la quale viene offerta a chi vuol conoscere l'ambiente marino costiero pur senza possedere un brevetto subacqueo. Le attività di seawatching vengono, in genere, svolte lungo itinerari stabiliti, snodandosi attraverso habitat rappresentativi, che possono essere evidenziati tramite una speciale segnaletica. d)- Imbarcazioni con il fondo trasparente Le imbarcazioni con il fondo trasparente sono state utilizzate in varie Aree Marine. Esse permettono l'osservazione dei fondali e della vita subacquea durante la navigazione, attraverso il fondo trasparente dell'imbarcazione o attraverso oblò adeguatamente dimensionati, ed allarga la fascia di utenza del mare a coloro i quali non si immergono, consentendo di portare il grande pubblico alla scoperta dell'ambiente sommerso. A bordo è infatti presente personale del parco che illustra ai visitatori gli aspetti più evidenti dell'ambiente sottostante. Queste imbarcazioni, diffuse in molti parchi marini nel mondo, possono essere dotate anche di motori ausiliari elettrici, da utilizzare all'interno dell'area protetta, per eliminare l'inquinamento acustico e delle acque, limitando il propulsore a combustione per i trasferimenti da e per il porto di imbarco. Gli inconvenienti possono essere così riassunti: 1- i passeggeri, in alcuni casi, sono costretti a restare seduti, con il capo chino, in una posizione che facilita l'insorgere del mal di mare; 2- manca la percezione prospettica del fondo marino; 3- è frequente la formazione di bolle d'aria sull'oblò, con possibile disturbo della visione. e)- Natante semisommergibile Costituisce un’alternativa intermedia tra le imbarcazioni a fondo trasparente e i sommergibili, ed offre alcuni vantaggi rispetto a questi ultimi, in quanto non necessita di equipaggio specializzato e di imbarcazioni di appoggio, ha una grande facilità di impiego operativo ed economia di gestione ed i passeggeri hanno la possibilità di salire in coperta durante la navigazione. f)- Telescafo E’ una cabina sommersa, con finestre panoramiche che scorre su una rotaia. Richiede costi molto elevati ed esercita un certo impatto sull'ambiente e non se ne prevedono realizzazioni in Italia. g)- Battello sommergibile Il sommergibile, a differenza degli altri natanti citati, non limita l’osservazione dell’ambiente sommerso allo strato più superficiale, ma consente la visione anche a profondità maggiori. 42 All’inizio degli anni Novanta in Italia sono entrati in funzione due sommergibili, a Capri e a Portofino, aventi le stesse caratteristiche tecniche: 46 posti, oltre ai 2 per l'equipaggio, lunghezza di circa 18 m, profondità massima di 75 m, ridotta di 50 m dall'Autorità Marittima Italiana per motivi di sicurezza. La propulsione è elettrica, alimentata da due accumulatori ricaricabili da navi appoggio. Secondo i programmi iniziali i due sommergibili ,durante i mesi invernali, avrebbero dovuto essere destinati alla ricerca scientifica, ed in primavera sarebbero state destinate alcune giornate alle visite scolastiche. Nel periodo estivo i battelli sarebbero stati adibiti a servizio turistico, con visite, di circa un’ora, in presenza di un biologo con lo scopo di illustrare i vari ecosistemi incontrati durante l'immersione. Problemi di ordine economico hanno causato, purtroppo, l’interruzione di questo servizio nell’area di Portofino, dopo circa due anni. Gli elevati investimenti iniziali, dell’ordine di qualche miliardo di lire, e gli alti costi di gestione, rendevano, infatti, necessario mantenere il prezzo delle visite a livelli tali da non incoraggiare il turismo di massa a questa esperienza. h)- Telecamera subacquea Il centro visite può ricevere immagini televisive subacquee mostranti dal vivo l’ambiente sommerso ai visitatori che non si immergono. La telecamera può venire utilizzata in più modi: - manovrata da sommozzatori e collegata in video e audio con un’imbarcazione o con il centro visite; - montata su veicoli subacquei guidati via cavo e collegati al monitor a terra o su un’imbarcazione. Questi veicoli hanno costi elevati, ma sono facilmente manovrabili, anche dai visitatori stessi; - fissata al fondo marino, ma azionabile e orientabile dal centro visite, che ne riceve l’immagine. i)- Torre di osservazione sottomarina Le torri possono essere ad esempio suddivise in tre piani: - 1° Piano) con vista panoramica, in cui sono situati l’ingresso, l’ufficio informazioni, ed il punto di ristoro; - 2° Piano) completamente dedicato agli acquari, disposti lungo le pareti; - 3° Piano) che ospita l’osservatorio sul fondale attraverso una vetrata di spessore e dimensioni adeguate. Torri di questo genere esistono già in parchi stranieri ed hanno il pregio di potere ospitare un gran numero di visitatori, soprattutto quando le condizioni del mare non consentono le immersioni o le uscite con i natanti, ma presentano una serie di inconvenienti, quali costi elevati, necessità di evitare zone facilmente soggette a mareggiate ed impatto sull’ambiente naturale. Un altro inconveniente è costituito dal fatto che, mentre nei ricchi ambienti corallini il panorama godibile dalle finestre risulta sicuramente spettacolare, nei nostri mari, 43 per le caratteristiche fisiche e biologiche delle acque e dei fondali, la visione è più limitata e di interpretazione più difficile per la maggioranza dei visitatori. l)- Acquari Gli acquari allestiti nei centri visita ripropongono, in genere, i fondali dell’area, con i principali organismi che li popolano. Può essere, inoltre, presente una particolare vasca, detta vasca sensoriale (touch-tank) posta più in basso e aperta superiormente, la quale permette al visitatore un contatto diretto con alghe ed invertebrati come stelle, ricci di mare, ecc. Questa vasca, basata sul nuovo concetto di musealità, che al posto del classico “non toccare” sostituisce con “si prega di toccare”, si usa soprattutto durante le visite scolastiche per spiegare, ad esempio, gli adattamenti morfologici degli organismi. m)- Diaproiezioni e videofilmati Nei centri visita si può assistere alla proiezione di diapositive e di videofilmati sull’Area Protetta e sui principali organismi che la popolano. Essi devono essere realizzati in modo tale da fornire un’adeguata descrizione delle situazioni statiche e dinamiche della riserva. n)- Supporti informativi scritti Oltre alle esposizioni visive animate possono essere approntate piantine pieghevoli, volumetti specifici che, oltre a costituire uno strumento introduttivo, diventano il “ricordo” della visita, lo stimolo al ricordare e ad approfondire le conoscenze con lo studio e con nuove visite alla stessa o ad altre realtà. Il visitatore deve trovare nella documentazione del centro un’informazione sufficiente a comprendere l’importanza scientifica, naturalistica, culturale di quanto esiste nell’Area Protetta Marina pur non avendo modo di osservarlo direttamente. La documentazione, quindi, deve far capire la preziosità degli elementi che qualificano il parco, nella speranza che “conoscere” voglia dire “rispettare”. Analisi Costi-Benefici L’ultimo passo della fase progettuale consiste nell'elaborazione di un’Analisi Costi-Benefici (CB) che permetta di valutare la convenienza economica delle ipotesi di sviluppo dei settori congruenti con le finalità del parco precedentemente individuate. In genere si sceglie proprio un’analisi CB perché viene correntemente usata nella valutazione dei progetti proposti per gli investimenti pubblici e perché risulta essere una metodologia largamente conosciuta ed utilizzata in tutto il mondo, con una vastissima letteratura, soprattutto inglese e nordamericana. 44 Criteri metodologici per la proposta di zonazione La proposta di zonazione costituisce il momento di sintesi delle analisi ambientali, socioeconomiche ed urbanistiche, permettendo di quantificare le principali variabili ambientali ed antropiche che connotano la funzione di equilibrio tra salvaguardia e valorizzazione. Il problema del rapporto tra conservazione e fruibilità delle aree protette viene risolto con la divisione in zone in cui siano regolate attività tra loro compatibili e per le quali vengono previsti diversi gradi di protezione. La zonazione è il metodo più diffuso per allocare le risorse, per regolare le attività nelle aree più sensibili dal punto di vista ambientale e limitare l'impatto dei visitatori, e riveste un ruolo fondamentale, sia perché da essa dipende la correttezza delle successive analisi delle ipotesi di sviluppo dei settori congruenti con le finalità dell’Area Marina Protetta, sia perché rappresenta un importante momento di confronto con le realtà locali. In sintesi, la zonazione deve permettere: - il controllo selettivo delle attività in differenti siti, nonché la pianificazione dei diversi livelli di uso; - la conservazione stretta in aree particolari (siti ad alta diversità biologica, habitat critici per alcune specie in pericolo di estinzione, aree di riproduzione o accrescimento, aree di ricerca, ecc.); - la separazione delle attività ricreative compatibili ed incompatibili; - il recupero di aree danneggiate. Le attività all'interno delle diverse zone vanno pianificate in accordo con gli obiettivi dell'Area Marina Protetta. Alcune possono richiedere una gestione molto restrittiva, altre meno. La zonazione permette la protezione delle zone più importanti dal punto di vista naturalistico, il monitoraggio dell'impatto delle differenti attività e l'efficace allocazione delle attrezzature di fruizione, di fondi e di personale. In Italia non sono ancora stati elaborati dei criteri standard per la stesura delle proposte di zonazione e ciò costituisce uno degli anelli deboli del processo di realizzazione di un’Area Marina Protetta, tanto da poterne comprometterne il successo. Finora sono stati utilizzati diversi metodi (matrici a punteggio, analisi MCA e, di recente, analisi SMCA) con i quali si è cercato di rendere il più oggettiva possibile la suddivisione in zone dei parchi marini. Bisogna comunque dire che ogni metodo, per quanto razionale possa essere, non può prescindere dalla soggettività di chi lo sta applicando, che si manifesta, in genere, nella scelta delle variabili da considerare e nell'attribuzione dei relativi pesi. Perciò, a nostro avviso, è importante che il progettista giustifichi ogni sua scelta sulla base dei dati acquisiti con gli studi conoscitivi, in modo tale da rendere facilmente comprensibile a tutti (amministratori locali, pescatori, agricoltori, ecc.) come si è arrivati a formulare una certa proposta di zonazione. La “trasparenza” di questo procedimento è di fondamentale importanza nel momento del confronto con “interlocutori privilegiati”, poiché permette di rispondere con mezzi adeguati ad eventuali critiche strumentali avanzate da questi ultimi, dal momento che il successo di un’ Area Marina Protetta dipende fortemente dal consenso delle popolazioni locali. 45 Infatti, in genere, non è facile accomodare gli interessi e le necessità delle popolazioni, dello sviluppo turistico e della conservazione. Il turismo, generalmente, non è incompatibile con la tutela, anzi, le zone che ospitano infrastrutture turistiche possono contribuire alla conservazione grazie alla capacità di controllo su altri tipi di danneggiamenti e sviluppi. Particolare è il problema della pianificazione di aree protette in ambienti insulari. I due problemi principali per la protezione di isole abitate sono, probabilmente, stabilire i limiti massimi di popolazione locale e il movimento turistico sopportabile dall’ambiente, nonché l’integrazione degli ambienti protetti nell’economia degli abitanti locali (visite turistiche, attività di pesca, ecc.), in modo che essi abbiano un reale interesse nella protezione e nella conservazione delle isole stesse. In linea di massima andrebbero tenuti presenti i seguenti principi nella pianificazione di un’area protetta negli arcipelaghi: - utilizzare limiti naturali per le diverse zone protette (intere isole); - impiegare appropriate tecnologie soft in modo che gli abitanti utilizzino le risorse con metodi tradizionali e non siano forzati ad una completa dipendenza dall’esterno; - integrare la gestione e la conservazione delle risorse terrestri e marine delle isole; - coinvolgere quanto più possibile l’economia locale nella pianificazione e nella gestione delle aree protette. - Livelli di zonazione - Metodi per l'elaborazione della proposta di zonazione Livelli di zonazione In generale, ogni Area Marina Protetta è divisibile in almeno due zone: quella centrale, comprendente il settore più importante ai fini della conservazione, e quella che viene usualmente definita cuscinetto, che circonda la prima e la protegge da eccessive pressioni esterne. Negli ambienti terrestri, dove viene applicato lo stesso principio, è possibile determinare un gradiente ecologico che si dirama da un’area, che costituirà la zona centrale, definendo un sistema di protezione pressoché concentrico. Nell'ambiente marino, a causa della complessità dei sistemi biologici, l’ecosistema costiero tende a raccogliere le zone secondo un gradiente che, in genere, va dalla costa verso il mare aperto; pertanto nello scegliere la zona più idonea alla conservazione dell'ambiente marino e costiero sarà opportuno includere tutte le biocenosi dal litorale verso il largo. In tal modo la zonazione sarà effettuata in bande perpendicolari alla linea di costa, in cui le zone centrali saranno fiancheggiate da zone cuscinetto. Il principio della zonazione concentrica trova applicazione per le Aree Protette Marine e costiere di entità insulare. In questo caso la zona centrale può essere rappresentata dall'intera isola e da una fascia costiera più o meno ampia, mentre la zona cuscinetto risulterà più esterna. Attualmente non si osserva più una divisione in due zone ma, generalmente, viene inserita un’ulteriore area di protezione, esterna alle prime due, detta di Riserva parziale. Pertanto la zonazione si articola su tre livelli: - Zone di Riserva Integrale A: è il luogo con i più alti valori ai fini conservativi; è sensibile ai disturbi di origine antropica e non può tollerare alcuna forma di utilizzo da parte dell’uomo. Quest’area dovrebbe essere abbastanza estesa da includere il maggior numero 46 possibile di habitat e mantenere una popolazione di specie chiave, sia ai fini conservazionistici, che per il recupero di stock depauperati. In queste aree è permesso l'accesso al solo personale scientifico per lo svolgimento di ricerche autorizzate. - Zone di Riserva Generale B: è la zona limitrofa alla zona centrale e contiene luoghi di particolare valore per la conservazione e che sono in stretta relazione con le aree precedenti. Tale zona può tollerare diversi usi umani che vanno dalla ricerca ad alcune forme di attività ricreative e di pesca professionale, se pure in modo controllato.Queste zone sono, infatti, sedi di attività turistiche per una fruizione rispettosa dell'ambiente marino mediante lo sviluppo di percorsi subacquei guidati, di itinerari didattici e con l’impiego di natanti appropriati. Sono permesse attività quali la balneazione, attività subacquea esercitata in modo compatibile con la tutela delle caratteristiche naturali, accesso a remi e a vela di imbarcazioni di lunghezza ridotta e la pesca professionale esercitata con attrezzi selettivi autorizzati dall' Ente Gestore. - Zone di Riserva Parziale C: tali zone circondano le precedenti e sono stabilite in modo da compiere un'azione di controllo delle attività che in qualche modo possano incidere negativamente sulle due zone precedenti (apporti di vario tipo dall'esterno, dragaggi, attività di diporto, pesca professionale e sportiva, ecc.); sono finalizzate a regolamentare le presenze nelle aree a maggiore vocazione turistica attraverso la creazione di zone cuscinetto tra quelle soggette a maggiori vincoli e l'area esterna al parco. Queste aree ospitano le strutture d'accoglienza delle Aree Marine Protette, quali centri per visitatori, museo didattico, acquario, ecc. In generale è consentita la navigazione da diporto, l'accesso a motore a velocità ridotta, la pesca professionale e la pesca sportiva opportunamente regolamentata. La classificazione qui riportata può ovviamente subire delle modificazioni dettate dalle diverse condizioni ambientali e socioeconomiche delle zone in cui si vuole creare un’Area Marina Protetta . Una zonazione articolata in questo modo manca di un livello, che può essere considerato uno dei principali motivi di successo delle Aree Marine Protette internazionali, ovvero zone nelle quali sia vietata ogni forma di prelievo, ma sia consentito l’accesso pubblico in modo regolamentato e controllato. Solo in questo modo è possibile permettere ad un visitatore di cogliere uno degli aspetti più importanti e meglio apprezzabili di un parco marino, l’effetto riserva, caratterizzato dalla presenza di un popolamento ittico assimilabile a quello naturale, unico per composizione di specie e di taglie. Questo costituisce un notevole plus-valore per l’area protetta stessa, sia perché in grado di polarizzare il turismo subacqueo verso il parco, sia per il suo valore di stimolo allo sviluppo di una coscienza ambientale nei visitatori della riserva. Per tali motivi , la proposta formulata dall’I.C.R.A.M. (Istituto Centrale per la Ricerca scientifica e tecnologica Applicata al Mare) relativa all'A.M.P. dell'Isola dell'Asinara prevede una zonazione a 4 livelli. Il nuovo livello (entry - no take), per il quale si propone la sigla A2, prevede l’assenza di ogni forma di prelievo ma la possibilità di ospitare visite guidate, allineando la zonazione italiana a quella già in essere nella maggior parte delle Aree Marine Protette mondiali. La scelta della sigla A2 per questo tipo di zona può essere motivata dal fatto che la A viene associata al concetto di assenza di prelievo (no take zone). La zona A, a sua volta, è composta da un ambito A1 (no entry – no take) nel quale è permesso solo l’accesso di personale scientifico autorizzato e da un ambito A2 (entry – no take) nel quale è consentito l’accesso anche a visitatori, nei modi indicati dall’Ente Gestore. 47 Quindi la proposta di zonazione a 4 livelli risulta così articolata: - Zone di Riserva Integrale A (no take) suddivisa in: - zona A1 (no entry - no take) nel quale è permesso solo l’accesso di personale scientifico autorizzato; - zona A2 (entry - no take) che prevede l’assenza di ogni forma di prelievo ma la possibilità di ospitare visite guidate nei modi indicati dall’Ente Gestore, allineando la zonazione italiana a quella esistente nella maggior parte delle A.M.P. mondiali. - Zone di Riserva Generale B - Zone di Riserva Parziale C Lo schema di riferimento delle attività consentite nell’ambito di un’Area Marina Protetta è presentato in tabella 1. Tabella 1 - Guida delle attività nell’ambito di un’Area Marina Protetta. ATTIVITA’ A1 A2 B C autorizzata autorizzata consentita consentita Diporto-vela vietato autorizzato e consentito regolamentato consentito Diporto-a motore vietato vietato autorizzato e regolamentato regolamentato Balneazione vietata vietata consentita Ancoraggio vietato vietato autorizzato e regolamentato regolamentato Ormeggio vietato autorizzato autorizzato solo per attività di fruizione consentite Attività di studio Ricerca scientifica Accesso consentita Sosta consentito 48 Attività di fruizione Attività subacquee (ARA e vietate snorkeling) autorizzate e autorizzate e consentite regolamentate regolamentate Visite guidate vietate autorizzate e regolamentate consentite regolamentate Pescaturismo vietata vietata regolamentata consentita Pesca a strascico e a vietate circuizione vietate vietate Pesca artigianale vietata vietata autorizzata e autorizzata e regolamentata regolamentata Pesca sportiva vietata vietata vietata autorizzata e regolamentata Pesca subacquea vietata vietata vietata vietata Attività di prelievo vietate Nel processo di zonazione si può tener presente la possibilità di effettuare una rotazione delle utilizzazioni delle varie zone, soprattutto tra aree di Riserva Generale e di Riserva Parziale; in tal modo la conservazione degli habitat può risultare maggiore, permettendo l'isolamento, almeno periodico, di tutta la superficie dell’area protetta. Legenda: Attività autorizzata: attività permessa previa autorizzazione da parte dell’Ente Gestore; l’autorizzazione permette la raccolta dei dati relativi ad una specifica attività, consentendo di disporre di informazioni atte alla sua gestione; Attività regolamentata: attività soggetta a specifiche disposizioni dell’Ente Gestore ^^^^^^^^^^ - La tabella è tratta dal sito: http://www.tiscali.it//areeprotettemarine/htm. 49 Metodologie per elaborare la proposta di zonazione Come accennato in precedenza, in Italia non esistono dei criteri metodologici standard per effettuare la proposta di zonazione: sicuramente, però, si dovrà utilizzare un tipo di Analisi a Molti Obiettivi (MCA), poiché permette di combinare informazioni eterogenee (misure quantitative possono essere usate insieme ad informazioni semi-quantitative e con informazione classificata in ranghi). Esistono diversi metodi di valutazione MCA, sviluppati per supportare la pianificazione urbana o regionale (Nijkamp et al., 1990 (1); Alphonce, 1997(2)). La tecnica si basa sull’analisi di concordanza o di discordanza: un set di osservazioni con attributi misurati è ordinato in accordo alla concordanza (o discordanza) con un set di priorità esprimenti l’importanza di ogni attributo all’interno di un particolare scenario. A questo proposito, è pratica comune comparare scenari d’uso sulla base di punteggi di concordanza calcolati in funzione di una situazione esistente o pianificata. Finora in Italia è stato molto utilizzato (Portofino, Cinque Terre, Isole Ciclopi) un modello concepito da Salm e Clark e successivamente adattato per il Mediterraneo da Marini 1991 (3), che permette di classificare le diverse aree del parco in base all'analisi dei valori (ambientali, territoriali ed economici) in esse racchiusi calcolati attraverso l'impiego di matrici a punteggio. La MCA, però, non considera direttamente gli aspetti spaziali, la cui analisi viene di solito svolta attraverso GIS. Per questo di recente l’I.C.R.A.M. (Ispettorato Centrale per la Ricerca scientifica e tecnologica Applicata al Mare) per effettuare la proposta di zonazione dell’Isola dell’Asinara, ha scelto, seguendo l’esempio di quanto realizzato da Villa 1996 (4), di applicare uno specifico subset della MCA al contesto GIS, producendo mappe di concordanza dell’area di studio con scenari di uso identificati attraverso schemi di priorità corrispondenti ai diversi obiettivi della zonazione. Tale metodo può essere definito Spatial Multiple Criteria Analysis o SMCA. In ogni caso non va dimenticato che, per segnalare la suddivisione in zone della parte marina, vengono utilizzate delle boe (come quella in figura davanti al Castelletto di Miramare), perciò è sempre meglio evitare di produrre una zonazione “artistica”, a favore di forme geometriche poligonali, più facilmente realizzabili nella pratica. ^^^^^^^^^^ 1) Nijkamp P., Rietveld P., Voogd H. 1990. “Multicriteria Evaluation in Phisical Planning”. Holland Publishers Press. The Natherlands. 2) Alphonce C.B. 1997. “Application of the Analytic Hierarchy Process in agricolture in developing countries”. Agricultural Systems. 3) Marini L. 1991. “Il processo di zonazione di aree marine protette mediante l’applicazione di matrici di valutazione” V.I.A. Progettare l’ambiente. 4) Villa F. 1996 A Gis-based method for multi-objective evalutation of park vegetation. “Landscape and Urban Planning”. 50 Capitolo 3 LE AREE MARINE PROTETTE IN ITALIA 3.1- Le aree marine protette previste dalle normative Legge 979/82 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Golfo di Portofino Cinque Terre Secche della Meloria Arcipelago Toscano Isole Pontine di Ventotene e S.Stefano Punta Campanella Capo Rizzuto Porto Cesareo Torre Guaceto Isole Tremiti Legge 394/91 21 Isola Gallinara 22 Isola di Bergeggi 23 Monti dell'Uccellina 24 Secche di Tor Paterno 25 Monte di Scauri 26 Isola di Capri 27 Ischia, Vivara, Procida 28 Santa Maria di Castellabate 29 Costa degli Infreschi 30 Costa di Maratea 51 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 Miramare Capo Caccia-Isola Piana Penisola del Sinis-Isola Mal di Ventre Golfo di Orosei-Capo Monte Santu Tavolara, Molara, Capo Coda Cavallo Isola di Ustica Isole Eolie Isole Egadi Isole Pelagie Isole Ciclopi 31 Penisola Salentina 32 Piceno 33 Costa del Monte Conero 34 Arcipelago della Maddalena 35 Capo Testa-Punta Falcone 36 Isola dell'Asinara 37 Isola di San Pietro 38 Capo Spartivento-Capo Teulada 39 Capo Carbonara 40 Capo Gallo-Isola delle Femmine 41 Monte Cofano-Golfo di Custonaci 42 Stagnone di Marsala 43 Isola di Pantelleria 44 Pantani di Vendicari 45 Capo Passero 46 Grotte di Aci Castello Legge 344/97 Torre di Cerrano Legge 426/98 Mar Ligure-Santuario dei cetacei Legge 388/2000 Parco sommerso di Baia Parco sommerso di Gaiola 3.2- Le aree marine protette istituite Agli inizi del 2003 sono state effettivamente istituite 23 aree marine protette che tutelano complessivamente circa 190.000 ettari di mare e circa 565 km di costa. Tra queste sono comprese, sulla base di un iter normativo diverso da quello previsto per l’istituzione delle aree marine protette: - il “Santuario” per i mammiferi marini (conosciuto anche come il Santuario dei Cetacei) nato da un Accordo internazionale tra l’Italia, la Francia e il Principato di Monaco che salvaguardia una grande estensione di mare (circa 87.000 ettari), per tutelare le aree di sosta e riproduzione di questi splendidi animali a rischio di estinzione; - i parchi sommersi di Baia e Gaiola, istituiti con decreto del Ministro dell’Ambiente, di concerto con i Ministri per i Beni e le Attività culturali,dei Trasporti e della Navigazione e delle Politiche agricole e forestali e di intesa con la regione Campania. ^^^^^^^^^^ - Le cartine delle aree marine di reperimento sono tratte dal sito http://www.minambiente.it. 52 1) Golfo di Portofino Identificata come area marina di reperimento dalla Legge 979/82 Anno di istituzione: D.M. 6/6/1998, D.M. 26/4/1999, D.M. 27/9/1999 e D.M. 27/9/2000, Regolamento D.M. 19/2/2002. Provincia: Genova. Comuni: Camogli, Portofino , Santa Margherita Ligure. Superficie: 346 ettari. Tipologia: promontorio roccioso tra il Golfo Paradiso e il Golfo del Tigullio. Ente gestore: Consorzio di gestione tra provincia di Genova, comuni interessati dell’area e Università di Genova. Sede: Villa Campagnola, viale Raisunno 14 16038 Santa Margherita Ligure (Genova). Posizione geografica: 44° 18’ lat. N-9° long. E. Cartografia: Carta n. 107 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:25.000. Carta delle biocenosi bentoniche (ENEA, 1986). Tavolette 94 I NO; 94 IV NE; 83 II SO; 83 III SE della Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000 dell’Istituto Geografico Militare Italiano. Cenni generali: Il Promontorio di Portofino, roccioso e alto 610 metri, si protende nel Mar Ligure per oltre 3 km come una fortezza squadrata, dividendo il Golfo Paradiso, a ponente, dal Golfo del Tigullio, a levante. Il suo perimetro si estende per oltre 13 km ed è rettilineo nella parte occidentale, dove spicca lo sperone di Punta Chiappa, mentre è più articolato a sud dove si susseguono insenature e cale come quella, notissima, di San Fruttuoso. A levante, doppiata la piccola penisola di San 53 Giorgio, il profilo costiero si f a meno scosceso e la vegetazione si spinge fino al mare, circondando i verde le piccole baie. Problematiche emerse: Le comunità di Portofino, Paraggi, San Fruttuoso e Camogli, che in passato sono state porti di pesca e rocche della vicina Genova, dalla fine del secolo scorso sono oggetto di opere, trafori, colate di cemento che arrecano ingenti danni agli equilibri biologici dei fondali. L’inquinamento comincia a far sentire i suoi effetti e la pesca subacquea, negli ultimi 20 anni, ha contribuito alla scomparsa di varie specie marine. La biocenosi costiera della zona di Portofino era caratterizzata dalla massiccia presenza di Corallo rosso (Corallium rubrum) che attualmente ha subito imponenti devastazioni ad opera dell’uomo. Alcune baie, nel periodo estivo, in particolare quelle di San Fruttuoso e di Cala dell’Oro, risentono dell’inquinamento acustico, atmosferico e marino, conseguenza dell’eccessiva e non controllata concentrazione di imbarcazioni. Caratteristiche dell’ambiente marino: Morfobatimetria La morfologia dei fondali rispecchia l’andamento delle terre emerse: pareti di conglomerato si mantengono praticamente verticali per 20-30 metri, arrivando fino a 50 metri, diminuendo successivamente la pendenza e lasciando il posto a distese sabbio-pietrose e fangose tipiche del piano circalitorale. Il carattere aspro del conglomerato è riscontrabile anche nella fascia subacquea con una presenza costante di fessure, anfratti e tettoie, con un orientamento quanto mai vario ai punti cardinali e con una diversa esposizione alla luce. Biocenosi bentoniche I piani più superficiali delle scogliere presentano tipiche associazioni del Mediterraneo occidentale quali: Verrucario – Melaraphetum neritoidis nel sopralitorale; Chiamalo – Porphyretum leucostictae e Nemalio – Rissoelletum verruculosae nel mesolitorale superiore; Neogoniolitho – Lithophylletum tortuosi nel mesolitorale inferiore; le ultime due, tipiche di coste battute, sono presenti solo nella parte meridionale del promontorio. Per quanto riguarda i popolamenti algali fotofili dell’infralitorale, sono rappresentati nella fascia più superficiale delle coste battute da Cystoseiretum strictae, che viene sostituito in altre zone da facies a Corallina elongata, e da Posidonia oceanica. Fino a profondità di 10-15 metri, sempre su scogliera, sono presenti le facies a Dyctiopteris membranacea e Sargassum vulgare. Abbondanti anche le alghe Udotea petiolata e Halimeda tuna. Per ciò che riguarda i popolamenti sciabili, questi sono riconducibili essenzialmente al Coralligeno. Alla base di scogliere profonde e su blocchi sparsi sul fondo sono presenti facies a Lophogorgia ceratophyta e Funicella verrucosa, mentre i tratti a falesia sommersa sono caratterizzati da Corallum rubrum, Parazoanthus axinellae, Leptopsammia pruvoti. In particolare il Corallo rosso è presente a Punta Torretta a 38 metri di profondità, con una densità di 600-700 colonie al m2. 54 2) Cinque Terre Identificata come area marina di reperimento dalla Legge 979/82 Anno di istituzione: D.M. 12/12/1997 e D.M. 31/1/2001. Provincia: La Spezia. Comuni: Levanto, Monterosso al Mare, Riomaggiore, Vernazza. Superficie: 2784 ettari. Tipologia: Promontori, insenature e versanti montuosi della Riserva di Levante. Ente gestore: Ente Parco delle Cinque Terre, via T. Signorini 118, 19017 Riomaggiore (SP). Posizione geografica: 44° 01’ lat. N-9° 38’ long. E. Cartografia: Carta n. 3 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:100.000. Carta delle biocenosi bentoniche (ENEA, 1986). Tavolette 270 IV NE-SE della Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000 dell’Istituto Geografico Militare Italiano. Cenni generali: Al centro della Riserva di Levante, ancora in vista del Promontorio di Portofino, il litorale si innalza rapidamente dal livello del mare fino a 700/800 metri. E’ un tratto aspro, con falesie alte e a strapiombo, interrotte da promontori, spiagge ciottolose e insenature, eppure in pochi altri punti liguri è così evidente l’azione dell’uomo, che in secoli di duro lavoro ha saputo creare un paesaggio tanto particolare, fatto di terrazzamenti e muretti a secco, da essere inserito dall’ Unisco tra i Siti patrimonio dell’ Umanità. Il valore dell’area è stato riconosciuto anche nel nostro Paese con 55 l’istituzione a breve distanza uno dall’altra di un parco nazionale e di un ‘area marina protetta, la cui attività congiunta potrà consentire una protezione integrata dell’intera zona. Problematiche emerse: Emergenze naturalistiche rilevate: la zona presenta notevoli interessi sia per l’ambiente terrestre (geologia, vegetazione e fauna), che per quello marino. I fondali presentano una eterogeneità di comunità presenti (praterie di Posidonia oceanica e Cymodocea nodosa su fondi mobili e su roccia, su fondi duri con alghe fotofile, Precoralligeno e Coralligeno). Caratteristiche dell’ambiente marino: Morfobatimetria La composizione granulometrica dei sedimenti viene influenzata, da un lato, dalla conformazione geologica della costa (rocce argillose con complessi ofiolitici a nord e rocce arenacee e sud) e, dall’altro, dagli apporti prevalentemente silicei ed argillosi del fiume Magra a sud. I sedimenti grossolani che si depositano alla base delle falesia sono di natura carbonatica ed hanno origine marina. Nel complesso si può dire che le sabbie tendono a concentrarsi nella zona più settentrionale, a ridosso di Punta Mesco, mentre nelle rimanenti aree prevalgono, già a basse profondità, sedimenti composti da limi ed argille. L’andamento morfobatimetrico di questo tratto di costa è caratterizzato da falesie costiere che raggiungono immediatamente i 15-18 metri di profondità. L’isobata dei 60 metri viene raggiunta tra i 2000 e i 3000 metri di distanza dalla terraferma. A Punta Mesco, estremità occidentale del litorale, i fondali degradano con notevole rapidità verso la batimetrica dei 60 metri e presentano terrazzamenti a diverse profondità. Nella zona compresa tra Monterosso a Mare e Corniglia i fondali scendono rapidamente fino a 13-17 metri e degradano poi lentamente su sabbia a profondità maggiori. La Spiaggia di Corniglia raggiunge rapidamente la batimetrica degli 8 metri, oltre la quale il fondo presenta una dolce pendenza. A Menarola il fondale scende velocemente fino a 13 metri ed è caratterizzato da grossi massi isolati su fondo sabbioso. Il promontorio di Riomaggiore, infine, scende velocemente fino a 35 metri e presenta due terrazzi a 16 e a 32 metri di profondità. Biocenosi bentoniche Nel tratto di costa considerato coesistono substrati rocciosi, prevalenti nella zona prossima alla linea di riva, e substrati mobili che, pur caratterizzando alcune insenature costiere, sono più frequenti a profondità maggiori. Relativamente ai substrati duri dei piani sopralitorale e mesolitorale, i popolamenti riscontrabili sono piuttosto uniformi, pur essendo presenti con una diversa estensione in rapporto al grado di esposizione della roccia al moto ondoso. Nel sopralitorale prevalgono il Cirripede Euraphia depressa, il Gasteropode Littorina neritoides, le Cianofite ed il Brachiuro Pachigrapsus marmoratus. 56 Per il mesolitorale si citano, per l’orizzonte superiore, i Cirripedi Chthamalus stellatus ed i generi Patella e Monodonta. L’orizzonte inferiore è caratterizzato da una fascia a Lithophyllum tortuosum qua e là interrotta da Mitili provenienti dall’infralitorale. Il tratto di costa compreso tra i due promontori, in funzione della profondità esaminata e dell’esposizione del substrato all’idrodinamismo, ospita diverse facies della biocenosi delle Alghe Fotofile. La presenza di acque di scarico viene rilevata dalla composizione della biocenosi ad Alghe Fotofile superficiali di Manarola, dove le Corallinacee sono associate alle Alghe verdi (Enteroporpha). Caratteristica peculiare del tratto compreso tra Punta Mesco e il promontorio di Montenegro è la biocenosi del Coralligeno, insediata già a deboli profondità sui fondali rocciosi molto ripidi, la cui composizione è notevolmente influenzata dall’evidente torpidità dell’acqua e dall’accentuato processo di sedimentazione. Da un’indagine svolta dall’ENEA (1995) i dati raccolti sui popolamenti bentonici confermano un certo impoverimento qualitativo e quantitativo del Coralligeno presente. Non è stato infatti segnalato il Corallo nero e le colonie di Paramuricea sono molto meno vistose di quanto descritto negli studi precedenti. Oltre i 10-18 metri i substrati duri confinano con sedimenti a granulometria variabile sui quali, in talune zone, s’insediano praterie di fanerogame, quali Posidonia oceanica e Cymodocea nodosa. I substrati molli presentano, in uno spazio relativamente ristretto, diversi insediamenti biocenotici in rapporto alla granulometria del sedimento presente. Nella fascia più costiera sono state individuate le biocenosi caratteristiche delle sabbie fini ben calibrate. A batimetriche maggiori è presente la biocenosi particolare della zona di transizione tra il detritico costiero ed i fanghi terrigeni, tipica inoltre degli ambienti più profondi. 57 5) Isole Pontine (Ventotene e Santo Stefano) Identificata come area marina di reperimento dalla Legge 979/82 Anno di istituzione: D.M. 12/12/1997. Provincia: Latina. Comune: Ventotene. Superficie: 2799 ettari. Tipologia: Isole rocciose della parte orientale dell’Arcipelago Pontino. Ente gestore: Comune di Ventotene. Sede: P.zza Castello 1, 04020 Ventotene (LT). Posizione geografica: Ventotene 40°47' lat. N-13°25' long. E. S.Stefano 39°47' lat. N-13°27' long. E. Cartografia: Carte n. 124 e 136 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:25.000. Tavoletta 170 III SO della Carta Topografica d'Italia alla scala 1:25.000 dell'Istituto Geografico Militare. Cenni generali: Sono stati i vulcani ad innalzare l’arcipelago pontino al largo delle coste laziali e campane, formando due gruppi ben distinti non solo geograficamente, ma anche geologicamente. Se a occidente troviamo Ponza, Zannone e Palmarola , che al tempo delle ultime glaciazioni formavano un’unica terra emersa, a oriente si innalzano Ventotene e Santo Stefano, le due isole interessate dall’area marina protetta. Esse rappresentano la parte sommatale di un antico vulcano che si stima avesse un diametro di una ventina di km e un’altezza di poco più di 1000 m, tanto da sporgere relativamente poco dai fondali marini circostanti che raggiungono rapidamente i 900 m di profondità. 58 Caratteristiche dell’ambiente marino: Il territorio dell’Arcipelago Ponziano (o Pontino), pur mostrando una forte antropizzazione, riunisce in sé una serie di emergenze di elevato valore paesistico e ambientale: il paesaggio geologico, che dà vita a morfologie costiere quanto mai varie e peculiari, la presenza di numerosi endemismi di grande interesse biogeografico riscontabili sia tra le entità floristiche, che tra quelle faunistiche, la ricca avifauna di passo. A queste si associa un altro elemento di grande rilievo: l’ambiente marino, che appare ancora notevolmente ricco e diversificato e accoglie alcune tra le più interessanti biocenosi del Mediterraneo. Per i loro innumerevoli valori ambientali, le Isole Ponziane sono state una delle prime aree oggetto di indagini e di proposte per la creazione di una riserva marina ai sensi della legge n. 979/82. Nonostante l'istruttoria per l’istituzione dell’Area Marina sia stata conclusa nel 1998, dopo anni di studi e di proposte di perimetrizzazione, la riserva marina è ancora oggetto di dibattiti e di accanite polemiche da una parte della comunità isolana di Ponza che si oppone drasticamente alla sua realizzazione. Solo il Comune di Ventotene ha sostenuto l'idea dell'Area Protetta, consentendo l’istituzione dell'Area Protetta delle Isole di Ventotene e di Santo Stefano, avvenuta con Decreto del Ministero dell'Ambiente in data 12/12/97. Successivamente, per la stessa isola di Ventotene, agli inizi del 1999, la tutela è stata estesa anche sulla terraferma, con l’istituzione di una Riserva Naturale dello Stato. Per queste isole è così oggi possibile una gestione integrata terra-mare, che meglio garantisce la tutela e la valorizzazione delle risorse naturali, sia marine che terrestri. Anche l’isola di Zannone è tutelata a terra, essendo compresa nel Parco Nazionale del Circeo. L’arcipelago ponziano si trova nel Mar Tirreno al largo delle coste laziali e campane. E’ formato, come già ricordato, da due distinti gruppi di isole: ad occidente Ponza, Zannone e Palmarola (che fanno parte del Comune di Ponza); più ad oriente Ventotene e Santo Stefano (afferenti, invece, al Comune di Ventotene). Questi due gruppi distano tra loro 39 km e si trovano a sud del Capo Circeo. Soltanto le isole di Ponza e Ventotene sono abitate. Tutte le isole dell’arcipelago sono di origine vulcanica, ad eccezione di Zannone, formata da calcari e dolomie risalenti al Trias superiore. Anche da un punto di vista geologico, oltre che geografico, si possono identificare due gruppi: quello occidentale, formato da Ponza, Zannone e Palmarola, e quello orientale con Ventotene e Santo Stefano. Infatti, mentre queste ultime rappresentano la parte apicale di un antico cono vulcanico che aveva un diametro di circa 15-20 km e che si innalzava per 1.039 metri da fondali di circa 900 metri di profondità, Ponza, Zannone e Palmarola fanno parte di un'unica unità morfologica. Queste tre isole, infatti, sorgono all'interno della stessa isobata dei 100 metri; Zannone è collegata a Ponza da una dorsale accidentata che rappresenta un residuo di intrusioni domiformi, e tutte e tre le isole formavano un'unica terra emersa durante l’ultima glaciazione wurmiana. 59 6) Punta Campanella Identificata come area marina di reperimento dalla Legge 979/82 Anno di istituzione: D.M. 12/12/1997, modificato con D.M. 13/6/2000. Province: Napoli, Salerno. Comuni: Massa Lubrese, Meta di Sorrento, Pino di Sorrento, Positano, Sant’Agnello, Sorrento, Vico Equense. Superficie: 1539 ettari. Tipologia: Costa rocciosa antistante tratto di mare. Ente gestore: Consorzio Riserva. Sede: V.le Filangeri 40, 80061 Massa Lubrense (NA). Posizione geografica: 40°34' lat. N-14°19' long. E. Cartografia: Carta n. 127 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:60.000. Tavoletta 196 I NE (Sorrento) della Carta Topografica d'Italia alla scala 1:25.000 dell'Istituto Geografico Militare Italiano. Cenni generali: Punta campanella, l’antico Promontorium Minervae dei Romani che il canale di Bocca Piccola separa dall’Isola di Capri, è la propaggine estrema del lungo sperone roccioso della penisola sorrentina che chiude a sud-est il Golfo di Napoli separandolo da quello di Salerno. Il promontorio vero e proprio comprende la dorsale da Punta campanella a Monte San Costanzo, le due baie di Mitigliano e di Ieranto (un gioiello del FAI, il Fondo per l’Ambiente Italiano) chiuso dalla penisoletta di Montalto mentre l’area occupata dalla riserva marina si estende da Punta del Capo, poco dopo Sorrento, fino a Punta Germano, non lungi da Positano. 60 Caratteristiche dell’ambiente marino: La costa si presenta molto ripida e frastagliata, con parecchie cavità e grotte. Similmente alla vicina Isola di Capri, anche i fondali di Punta Campanella ospitano il Coralligeno, anche se appare danneggiato dall'attività di pesca indiscriminata. Inoltre, la pesca del tartufo di mare, la cui raccolta si effettua estirpando la Posidonia oceanica, ha fortemente alterato l'ecosistema marino. Anche la raccolta illegale di datteri di mare, che viene svolta demolendo il substrato roccioso, ha notevolmente contribuito a distruggere l'habitat, con la conseguente scomparsa di parecchie specie animali e vegetali. 61 7) Capo Rizzuto Identificata come area marina di reperimento dalla Legge 979/82 Anno di istituzione: D.I. 27/12/1991 modificato con D.M. 19/2/2002. Provincia: Crotone. Comuni: Crotone, Isola di Capo Rizzuto. Superficie: 14.721 ettari. Tipologia: Coste rocciose, fondali in forma di terrazzi digradanti. Ente gestore: Provincia di Crotone. Sede: P.zza Uccialli, Le Castella, 88841 Isola di Capo Rizzuto. Posizione geografica: 38° 53' lat. N-17°05' long. E. Cartografia: Carte n. 24 e 25 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:100.000. Tavolette 243 IV NE-NO e 238 III SE della Carta Topografica d'Italia alla scala 1:25.000 dell'Istituto Geografico Militare Italiano. Cenni generali: Sono circa 40 km di litorale ionico nel tratto costiero a sud di Crotone che abbracciano l’intera penisola che prende il nome da questa località, così ricca di storia per essere stata uno dei centri principali della Magna Grecia. 62 La costa calabra qui segue una linea ideale che unisce tra loro ben otto promontori, da quello storico di Capo Colonna, così chiamato a causa della solitaria colonna che testimonia l’esistenza dell’antico tempio di Hera Lacinia, fino a quello di Le Castella, che rappresenta l’ultimo sul quale sorge, a dominare il paesaggio costiero un imponente castello aragonese. Caratteristiche dell’ambiente marino: I fondali di Capo Rizzuto si differenziano da quelli della restante parte della Calabria centroorientale, in quanto caratterizzati da profondità modeste quasi ovunque, tranne che in prossimità dei capi rocciosi. Basti pensare che l'isobata dei 10 metri si raggiunge, generalmente, ad oltre un chilometro di distanza dalla costa. L'ambiente marino possiede un'elevata ricchezza di popolamenti algali ed ospita una vasta prateria di Posidonia oceanica e vasti prati di Cymodocea nodosa. Nell'area si possono riscontrare vari tipi di ambiente, di substrato sia sabbioso che roccioso, ospitanti ciascuno popolamenti e specie diverse. Tra le specie della ricca fauna spiccano Poriferi, Cnidari, Molluschi, Anellidi, Crostacei ed Echinodermi. Tra le specie ittiche si segnala la presenza di saraghi, cernie, triglie, donzelle, scorfani, murene ed il raro e coloratissimo pesce pappagallo, di origine tropicale. 63 8) Porto Cesareo Identificata come area marina di reperimento dalla Legge 979/82 Anno di istituzione: D.M. 12/12/1997. Provincia: Lecce. Comuni: Nardò, Porto Cesareo. Superficie: 16.654 ettari. Tipologia: Tratto di mare e fascia litoranea. Ente gestore: Capitaneria di Porto di Gallipoli. Sede: Lungomare Marconi 1, 73014 Gallipoli (LE). Posizione geografica: 40°15' lat. N-18°53' long. E. Cartografia: Carte n. 27 e 28 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:100.000. Tavoletta 213 I NE-SE-NO della Carta Topografica d'Italia alla scala 1:25.000 dell'Istituto Geografico Militare Italiano. Cenni generali: L’area marina protetta si trova nella parte orientale del Golfo di Taranto, a nord di Gallipoli, ed è compresa tra Punta Prosciutto e Torre dell’Inserraglio. Il suo centro principale, Porto Cesareo, si riconosce da lontano per la grande masseria e per la chiara costruzione quadrangolare di Torre Chianca, una delle sette torri fortificate che si ergono lungo la costa della riserva e che erano parte del sistema di avvistamento e di difesa di questa regione dagli assalti dei Turchi e dei Saraceni. 64 Caratteristiche dell’ambiente marino: In prosecuzione delle spiagge costiere, i fondali si estendono con ambienti sabbiosi o ghiaiosi, fino a circa 7 metri di profondità. Essi non sono particolarmente accidentati e, spesso, sono costituiti dagli stessi terrazzamenti presenti nell'ambiente emerso. La buona diversità di ambienti permette la convivenza di diverse associazioni biologiche e organismi marini. Così, in estate, si riscontra la vita di specie termofile e, più lontano dalla costa, si trovano praterie miste di piante superiori ed alghe (Cymodocea e Caulerpa). I fondi rocciosi comprendono, nei primi metri, la tipica vegetazione algale fotofila, e proseguono, più in profondità, con interessanti formazioni di Coralligeno, di cui si ricordano il porifero Axinella cannabina ed il nudibranco Phyllidia pulitzeri. L’area ospita, inoltre, uno degli ecosistemi più interessanti del Mediterraneo: la prateria di Posidonia oceanica, che qui raggiunge eccezionalmente profondità vicine ai 50 metri. Nella zona si segnalano, poi, la tartaruga marina comune (Caretta caretta) e la tartaruga liuto (Dermochelys coriacea), entrambe protette. 65 9) Torre Guaceto Identificata come area marina di reperimento dalla Legge 979/82 Anno di istituzione: D.I. 4/12/1991. Provincia: Brindisi. Comuni: Brindisi, Carovigno. Superficie: 2227 ettari. Tipologia: Tratto costiero con baie, dune, stagni retrodunali e foresta sempreverde. Ente gestore: Consorzio tra i comuni di Brindisi e Carovigno. Sede: WWF Italia, via S. Anna 6, 72012 Carovigno (BR). Posizione geografica: 40°43' lat. N-17°43' long. E. Cartografia: Carta n. 30 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:100.000. Tavoletta 191 II SO della Carta Topografica d'Italia alla scala 1:25.000 dell'Istituto Geografico Militare Italiano. Cenni generali: Posta a 17 km a nord di Brindisi, Torre Guaceto è un piccolo gioiello della costa compresa tra la località di Penna Grossa, a nord, e quella di Apani e sud, che integra in un unico complesso protetto una riserva terrestre (che conta un’importante zona umida, dune e interessanti biocenosi vegetali), una riserva marina ed emergenze archeologiche. 66 Caratteristiche dell’ambiente marino: L’articolata e diversificata morfologia dei fondali conferisce all'ambiente marino un notevole interesse naturalistico. Il mare antistante Torre Guaceto racchiude, infatti, in un’area di limitata estensione, comunità varie e ricche, da quelle semplici dei fondali sabbiosi, a quelle più complesse dei substrati rocciosi. Si riscontra una vasta prateria di Posidonia oceanica, che offre rifugio a diversi organismi, come il riccio di prateria, il cerianto e numerosi policheti sedentari. I fondali rocciosi, invece, si caratterizzano, nei primi metri di profondità, per un enorme sviluppo algale, tra cui la Cystoseira e l'Acetabularia. Con l’aumentare della profondità, le alghe si fanno più rade e sono sostituite da organismi incrostanti, come le spugne Crambe crambe e Aplysina aerophoba, che tappezzano di arancione e giallo le pareti. Lungo la costa rocciosa si aprono piccole grotte e cavità colonizzate da tipici popolamenti sciafili, cioè amanti della penombra. In alcune di queste cavità trova rifugio il gambero Lysmata seticaudata. La diminuita attività di pesca ha determinato un notevole incremento delle specie ittiche. Nelle acque di Torre Guaceto nuotano pesci come i cefali, le salpe, i pesci erbivori, i saraghi, i dentici e le marmore. Tra le specie bentoniche, che vivono cioè in stretto contatto con i fondali, abbondante è la donzella, che costruisce con frammenti di Posidonia oceanica dei piccoli nidi in cui depone le uova. 67 10) Isole Tremiti Identificata come area marina di reperimento dalla Legge 979/82 Anno di istituzione: D.I. 14/7/1989. Provincia: Foggia. Comune: Isole Tremiti, 71040 Isola S. Nicola. Superficie: 1466 ettari. Tipologia: Piccolo Arcipelago con Ambiente marino costiero e fondali di eccezionale interesse scientifico e bellezza paesaggistica. Ente gestore: Ente Parco Nazionale del Gargano. Sede: Via Sant’Antonio Abate 121, 71037 Monte S.Angelo (FG). Posizione geografica: 42°07' lat. N-15°30' long. E (San Domino). Cartografia: Carta n. 32 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:100.000. Tavoletta 156 IV della Carta Topografica d'Italia alla scala 1:25.000 dell'Istituto Geografico Militare Italiano. Cenni generali: Le perle dell’Adriatico, così si possono definire San Domino, San Nicola, Caparra, oltre ad alcuni scogli minori quali crepaccio e La Vecchia, si trovano a sole 12 miglia dalla costa a nord-est del Gargano. Più lontana, quasi ai confini delle acque territoriali, sorge l’isola di Pianosa che completa l’arcipelago. Basse sul mare (l’altitudine massima è raggiunta dal Colle Romito di 116 metri, a San Domino), le isole formano un minuscolo arcipelago di soli 4 kmq forse perché anche gli eroi hanno dei limiti e Diomede, re dell’Etolia, non riuscì a lanciare in mare pietre più grandi quando, come narra la leggenda, raggiunse queste acque dopo aver combattuto nella lunga guerra di Troia. 68 Caratteristiche dell’ambiente marino: I fondali delle isole rivestono un'importanza strategica per la conservazione delle risorse marine: creano, infatti, un'area di estremo valore per numerosissime comunità animali che qui trovano le condizioni adatte per alimentarsi e, sopratutto, per riprodursi. Sott’acqua la variegata morfologia esterna delle coste si traduce in un mosaico di habitat diversi, davvero sorprendente se si considerano le piccole dimensioni dell'arcipelago. Profonde pareti verticali, lambite dalle fredde correnti di nord-est; accumuli di massi franati ricchi di tane e di anfratti; costoni di roccia calcarea dalle superfici particolarmente tormentate da incisioni, fessure e cavità; pendii rocciosi a basse profondità e secche isolate. Il tutto costituisce un vasto repertorio di fondali che permette l'insediamento a comunità animali e vegetali altamente diversificate e tra le più caratteristiche del Mediterraneo. Tra i pesci maggiormente significativi si segnala la presenza di torpedini, rombi e rane pescatrici. In queste aree si sviluppano anche alcune praterie di Posidonia oceanica. 69 11) Miramare Identificata come area marina di reperimento dalla Legge 979/82 Anno di istituzione: D.I. 12/11/1986 e D.M. 27/9/1999, Regolamento D.I. 20/7/1989. Provincia: Trieste. Comune: Trieste. Superficie: 127,3 ettari. Tipologia: Promontorio roccioso compreso nel parco di Miramare. Ente gestore: WWF Italia. Sede: Via Miramare 349, 34014 Grignano (TS). Posizione geografica: 45° 42' lat. N-13°43' long. E. Cartografia . Carta n. 3 in scala 1:25.000 dell’Istituto Idrografico della Marina. Tavoletta 40a II SO della Carta Topografica d'Italia alla scala 1:25.000 dell'Istituto Geografico Militare Italiano. Cenni generali: Strano ed unico esempio di area marina protetta che sorge accanto a una grande città tanto da potersi quasi definire un parco marino urbano, la riserva di Miramare fronteggia il castello omonimo con il suo parco legati alla storia di Massimiliano d’Austria e della moglie Carlotta. 70 Caratteristiche dell’ambiente marino: Morfobatimetria Immediatamente sotto al castello si possono avere anche 10 metri di profondità e ai confini della Riserva, in prossimità delle boe gialle, si raggiungono i 18 metri. La profondità, sommata alla particolare conformazione ed esposizione del promontorio, fa sì che ci siano notevoli movimenti di masse d'acqua e, quindi, un forte ricambio idrico, importante per la riserva, data la vicinanza con la città di Trieste e con il suo porto. Una corrente di fondamentale importanza è quella legata alle piene del fiume Isonzo: enormi masse di acqua si incuneano in mare, a pochi chilometri dall'Area Protetta, e questo porta a movimenti locali, a volte impetuosi come fiumi di acque costiere, spesso con direzioni opposte a quella della corrente in uscita. Biocenosi bentoniche La porzione nord-occidentale del Golfo di Trieste gode di condizioni idrologiche e biologiche uniche in tutto il Mediterraneo. Le oscillazioni di marea, che raggiungono i 2 metri di altezza per la particolare forma chiusa dell'Adriatico, unita alla bassa salinità determinata dall'imponente afflusso fluviale e la temperatura piuttosto bassa dell'acqua (7°C in febbraio, 26°C in agosto), determinano l'insediamento di biocenosi molto particolari, estremamente affini a quelle dell'Atlantico settentrionale, tra le quali si annovera quella a Mytilus galloprovincialis, Catanella repens e Fucus virsoides del piano mesolitorale. Data la forte escursione di marea, i popolamenti dei piani sopra e mesolitorale di substrato duro presentano, in questa zona, delle cinture caratteristiche ben evidenti: nell'orizzonte superiore del sopralitorale è evidente una fascia continua a Littorina neritoides e Ligia italica, contenute da una distribuzione a Chthamalus stellatus ed Enteromorpha. Il substrato sottostante è popolato dalla biocenosi Mytilus, Patella, Fucus virsoides, caratteristica dei biotopi a forte escursione di marea. In associazione si rinvengono altre alghe quali Hildebrandia prototipus e diverse cianoficee epilitiche. Ai limiti inferiori del piano infralitorale, le specie presenti hanno una distribuzione variabile. Tra queste si annoverano Actinia equina e Actinia zonata, i molluschi Monodonta turbinata e Chiton olivaceus. Sui fondi rocciosi infralitorali si segnala la presenza della facies a Cystoseira barbata, a cui si associano la spugne Tethya aurantia, Chondrosia reniformis ed il tunicato Microcosmus vulgaris. In superficie, fino ad un metro e mezzo di profondità, è stata osservata Scystosiphon lomentaria, un'alga bruna filamentosa, indicatore di temperatura dell'acqua inferiore ai 10°C. E' evidente che vicino alla superficie l'ambiente marino risentirà maggiormente della temperatura esterna: a febbraio l'acqua appare cristallina, ma il paesaggio subacqueo è privo completamente di pesci. Infatti alcuni si rintanano negli anfratti in una specie di letargo, altri compiono piccoli spostamenti laddove l'acqua, pur fredda, non raggiunge le temperature gelide della riserva. 71 All’aumentare della temperatura e con le prime mareggiate di marzo-aprile, la copertura algale viene strappata dal fondale, in montagna inizia a sciogliersi la neve ed i fiumi trasportano il detrito: da un’acqua limpida e fredda si arriva, dunque, lentamente ad un’acqua torbida e calda. E’ il periodo di riproduzione dei Nudibranchi ed è facile osservare le loro ovature. Verso maggio si può osservare l'attività dei pesci, comparendo i Blennidi e i Gobidi, con la presenza, anche, dei cavallucci marini, fino ai tordi fasciati e ai tordi neri. Al largo vengono osservati giovani del genere Diplodus ed esemplari maestosi tra le corvine, che possono essere considerate tra le specie più caratteristiche della Riserva, in quanto presenti in banchi molto grandi. D’estate iniziano a comparire gruppi di saraghi nei pressi della scogliera, dove rimarranno per tutta la stagione. 72 12) Capo Caccia-Isola Piana Identificata come area marina di reperimento dalla Legge 979/82 Anno di istituzione: D.M. 20/09/2002. Provincia: Sassari. Comune: Alghero. Superficie: 2631 ettari. Tipologia: Promontorio roccioso con numerore grotte subacquee e un ampio golfo sabbioso. Ente gestore: Comune di Alghero (gestione provvisoria) Posizione geografica: 40° 34' lat. N-8° 13' long. E. Cartografia: Carta n. 48 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:100.000. Tavoletta 192 IV SE-NE della Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000 dell’Istituto Geografico Militare Italiano. Cenni generali: L’insenatura di Porto ponte, un porto naturale profondo 6 km e largo 2, dove l’acqua si mantiene calma anche durante le più violente maestralate, è chiusa a ovest ed a est da 2 imponenti bastioni calcarei: Punta del giglio e Capo Caccia. Quest’ ultimo è una penisola calcarea che ha al centro il Monte Timidone (362 metri) e appare come una vera fortezza di roccia che si restringe verso l’estremità meridionale, dove un sottile istmo si unisce al Capo su cui è situato un faro. Davanti alle alte falesie del promontorio sta l’Isola Foradada, un blocco di calcare staccatosi dalla costa, e più a nord, davanti a Cala Barca, l’Isola Piana. Subito dopo la costa occidentale si innalza, 73 in corrispondenza di Punta Cristallo, dove il Capo arriva a toccare i 326m di quota, affacciandosi sul mare e creando un panorama aereo che lascia senza fiato: qui è dominio assoluto di uccelli marini, di preziosi falchi pellegrini e di rarissimi grifoni, i grandi avvoltoi che lentamente stanno ritornando a colonizzare i cieli dell’isola. Caratteristiche dell’ambiente marino: Sott’acqua si nasconde un patrimonio naturalistico ed ambientale di indubbio valore. Nella baia di Porto Conte, tra i 10 e i 35 metri di profondità, è presente una estesa prateria di Posidonia oceanica. La presenza di colonie di corallo rosso ad una profondità compresa tra i 40 e i 50 metri, giustifica appieno il toponimo Riviera del Corallo. Sempre a queste profondità sono presenti popolamenti a gorgonia rossa e a spugne del genere Axinella. 74 13) Penisola del Sinis-Isola del Mal di Ventre Identificata come area marina di reperimento dalla Legge 979/82 Anno di istituzione: D.M. 12/12/1997, D.M. 22/07/1999, D.M 6/9/1999, modificati con D.M. 17/7/2003. Provincia: Oristano. Comune: Cabras. Superficie: 32.900 ettari. Tipologia: Penisola con sistemi dunali e zone umide di rilevanza internazionale. Ente gestore: Comune di Cabras. Sede: P.zza Eleonora 1, 09072 Cabras (OR). Posizione geografica: 40° 00' lat. N-8° 18' long. E. Cartografia: Carta n. 293 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:50.000. Tavolette 216 I SE e 205 II SE della Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000 dell’Istituto Geografico Militare Italiano. Cenni generali: Era prevedibile che una zona come questa, dove è facile accorgersi quanto la natura sappia essere generosa e creativa e dove l’uomo ha lasciato tracce importanti della sua storia, diventasse area protetta. Non è stato facile, ma oggi l’area marina, che comprende la Penisola del Sinis, la piccola isola Mal di Ventre e lo Scoglio del Catalano, contribuisce a conservare e tutelare un territorio che si completa idealmente con i sistemi dunali del Sinis e di Is Arenas, che si continuano con le pareti di arenarie su cui il vento e l’acqua si sono esercitati, costruendo un simbolo di questo paesaggio costiero, S’Archittu, un grande arco naturale attraversato da parte a parte dal mare e che si 75 collegano con gli stagni di Cabras (il più grande specchio naturale dell’isola), Mistras e Sale Porcus, una delle più grandi distese palustri e lagunari d’Italia. Caratteristiche dell’ambiente marino: La varietà delle coste si traduce anche sott'acqua in una notevole ricchezza di situazioni, con fondali sabbiosi colonizzati da vaste praterie di Posidonia oceanica e fondali rocciosi con falesie di rocce basaltiche, con grandi blocchi granitici, grotte, anfratti ed estese formazioni di Coralligeno. La Posidonia si spinge ad una delle profondità massime per il Mediterraneo, oltre i 40 metri, indice di acque molto limpide e di una buona integrità ambientale. Le acque e i fondali sono animati da una grande varietà di Pesci, Molluschi e Crostacei: castagnole, triglie, seppie, polpi, nudibranchi, bavose, scorfani, cernie, cicale ed aragoste. A profondità maggiori coralli, madrepore e spugne tappezzano con le colorazioni più svariate i fondali rocciosi. Nelle acque antistanti la costa è facile osservare alcune specie di delfini (Delphinus striatus) che accompagnano la navigazione delle barche. 76 15) Tavolara, Molara, Capo Coda Cavallo Identificata come area marina di reperimento dalla Legge 979/82 Anno di istituzione: D.M. 12/12/1997, modificato con D.M. 28/11/2001. Province: Nuoro, Sassari. Comuni: Loiri, Porto San Paolo, Olbia, San Teodoro. Superficie: 15.091 ettari. Tipologia: Isole granitiche e fascia costiera con vegetazione mediterranea. Ente gestore: In corso di individuazione. La gestione è temporaneamente affidata alla Capitaneria di Porto di Olbia, v.le Isola Bianca. Posizione geografica: 40° 54' lat. N-9° 41' long. E. Cartografia: Carta dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:100.000. Cenni generali: Situate vicino alle coste nord orientali della Sardegna, non lontano in linea d’area dalla famosa Costa Smeralda, le isole di Tavolara, Molara e Molarotto sono gli elementi di spicco di questa area marina ricca di colori mediterranei che inizia da Capo Ceraso e che con un susseguirsi di insenature, spiagge, calette e promontori, giunge fino a Capo Coda Cavallo. 77 Caratteristiche dell’ambiente marino: La costa sarda compresa tra Capo Ceraso e Capo Coda Cavallo, un susseguirsi di piccole cale e promontori dove alla sabbia si alterna il granito, è impreziosita dalla sagoma incombente dell'Isola di Tavolara, che si staglia proprio di fronte. L'isola, per la sua mole, appare subito in tutti i suoi 565 metri di altezza, con pareti scoscese ed inaccessibili che s'innalzano verticali dall'acqua. Questo impressionante prisma calcareo poggia su una base granitica che si prolunga in varie isolette. Solo la punta meridionale dell'isola si estende verso la costa sarda con una stretta lingua di sabbia e rocce, lo Spalmatore di Terra. Questa propaggine, quasi completamente pianeggiante, è l'unica parte dell'isola accessibile. Qui sono presenti due spiaggette, le poche case dell'isola ed alcuni moli per l'approdo. Inoltre, per la presenza di una base militare NATO, i due terzi dell'isola sono tassativamente off-limits, con accesso interdetto sia da mare che da terra. Ciò ha certamente permesso la conservazione di alcune rare specie botaniche come il giglio marino di Sardegna e l'alisso di Tavolara. Nelle falesie a strapiombo sul mare nidificano il falco pellegrino (Falco peregrinus), il falco della regina (Falco eleonorae), il gabbiano corso (Larus audouinii), il falco pescatore (Pandion haliaetus) e l'uccello delle tempeste (Hieraaetus fasciatus). Dalla terraferma le bianche pareti verticali di Tavolara contrastano con le forme arrotondate delle isole granitiche che la circondano (Molara e Molarotto). Tale diversità di morfologie è evidente anche sott'acqua e dà vita ad una grande varietà di scenari popolati da una miriade di organismi, dalle grandi cernie ai minuscoli nudibranchi. I fondali del settore sud-est di Tavolara scendono rapidamente fino a 15-20 metri di profondità, dove è presente un gradino oltre il quale il pendio è più dolce, mentre il versante di nord-ovest ha un andamento più dolce. Gli scenari subacquei più spettacolari si trovano nei posti più isolati, come secche e cigliate. Spugne policrome e astroidi tappezzano i fondali con varie sfumature di colore. In profondità si rinvengono aragoste, cicale di mare, grossi esemplari di cernie, nonché diversi reperti archeologici, quali relitti di navi romane e galeoni spagnoli. 78 16) Isola di Ustica Identificata come area marina di reperimento dalla Legge 979/82 Anno di istituzione: D.I. 12/11/1986, Regolamento D.M. 30/8/1990. Provincia: Palermo. Comune: Ustica. Superficie: 15.951 ettari. Tipologia: Isola di origine vulcanica; fondali di diverse tipologie e profondità, con ricche flora e fauna marina. Ente gestore: Capitaneria di Porto. Sede: Via F. Crispi 153, 90133 Palermo. Posizione geografica: 38° 31' lat. N-14°21' long. E. Cartografia: Carta n. 251 in scala 1:25.000 dell’Istituto Idrografico della Marina. Tavoletta 249 IV NE della Carta Topografica d'Italia alla scala 1:25.000 dell'Istituto Geografico Militare Italiano. Cenni generali: A 36 miglia da Palermo, tra le acque color cobalto del Tirreno meridionale, emerge un antico vulcano oggi diventato un’isola splendida: Ustica, la “Perla nera” del Mediterraneo per il colore delle sue rocce. 79 Caratteristiche dell’ambiente marino: Morfobatimetria I fondali orientali e settentrionali dell'isola raggiungono velocemente i 70 metri di profondità a breve distanza dalla costa (circa 250 metri), mentre il tratto di costa nord-occidentale presenta declivi meno accentuati. A Punta Spalmatore, ove il pendio è più sensibile, il fondale roccioso termina a 200 metri dalla riva su un pendio di sabbia e fango che inizia a 40 metri di profondità e che si spinge verso il largo con sensibile pendenza e con scarsi affioramenti rocciosi. Biocenosi bentoniche Piano sopralitorale: sulla roccia sono presenti Chtamalus depressus, Ligia italica, Melaraphe neritoides. Piano infralitorale: i primi sette metri di profondità sono interamente colonizzati dalla Cystoseira stricta. Sotto la cintura a C. stricta si trova una fascia a C. crinita, una a C. sauvageauana ed, infine, una a C. spinosa. E' presente, inoltre, l’ormai rara C. brachycarpa. Praterie di Posidonia oceanica sono presenti in diverse zone dell'isola, fino a 30-35 metri di profondità. Piano circalitorale: al di sotto dei 30-35 metri si ha la rarefazione del manto vegetale e l'affermarsi di elementi zoologici come le Eunicelle; si trovano, spesso, estesi popolamenti a Laminaria rodriguezii ad elevate profondità (50-70 metri). Per quanto riguarda la fauna marina sono da segnalare Patella ulyssiponensis e P. rustica, Monodonta articulata e M. turbinata nelle rocce emerse. Più in profondità è presente Phyllidia poilitzeri e Platydoris argo, due nudibranchi piuttosto rari. Sui madreporari Cladocora cespitosa e Polyciathus muellerae si ritrova il mollusco Latiaxis babelis. Presenti, inoltre, i Buccini Argobuccinum olearium a Charonia rubicunda. 80 18) Isole Egadi Identificata come area marina di reperimento dalla Legge 979/82 Anno di istituzione: D.I. 27/12/1991, D.I. 6/8/1993 e D.M. 17/5/1996. Provincia: Trapani. Comune: Favignana. Superficie: 53.992 ettari. Tipologia: Tratto di mare molto ricco di fauna, costoni rocciosi, secche, posidonieti. Ente gestore: Comune di Favignana. Sede: Via Florio 1, 91023 Favignana (TP). Posizione geografica: Favignana: 37° 55' lat. N-12°19' long. E , Marettimo: 37°57' lat. N-12°03' long. E, Levanzo: 37°59' lat. N - 12°20’ long. E. Cartografia: Carta n. 17 in scala 1:100.000 dell’Istituto Idrografico della Marina. Tavoletta 256 IV della Carta Topografica d’Italia alla scala 1:25.000 dell’Istituto Geografico Militare Italiano. Cenni generali: L’area comprende le isole calcaree di Favignana, la maggiore, Levanzo e Marettimo, gli isolotti Formica e gli scogli Maraone e Porcelli. E’ caratterizzata da un paesaggio brullo, assolato, con coste alte e frastagliate, scogli, spaccature, falesie e grotte marine, immerse in un are blu intenso. La riserva marina a differenza di quanto accade nella maggior parte delle aree marine protette italiane, è suddivisa in quattro zone a protezione differenziata, per ciascuna delle quali valgono regole specifiche di accesso e di fruizione. Alle usuali zone A,B e C, infatti l’ente gestore ha aggiunto una zona D in cui è consentita la pesca professionale e che riguarda soprattutto l’isola di Marettimo. 81 Caratteristiche dell’ambiente marino: Favignana viene raffigurata come una farfalla le cui ali, rivolte rispettivamente a levante e a ponente, hanno caratteristiche profondamente diverse. La costa è orlata da numerose cale e spiagge facilmente raggiungibili da un reticolo di strade e stradine. L'altra metà dell'isola, dominata dal Monte Santa Caterina (302 m slm) ha coste alte e rocciose, senza spiagge. In mezzo alle due ali sta il "corpo della farfalla", la stretta penisola di Punta Lunga, con il suo piccolo porticciolo e la cittadina di Favignana. Marettimo è un'isola montuosa di natura calcarea, con rilievi che superano i 600 metri. Le sue coste, alte e scoscese, sono un susseguirsi di falesie a strapiombo sul mare, di spiaggette con piccoli ciottoli e di grotte marine. Anche la piccola isola di Levanzo ha una natura montuosa, con le coste costellate da numerose grotte. I fondali delle isole presentano una morfologia tormentata a causa dell'elevata erodibilità dei calcari e, quindi, dei notevoli processi di sedimentazione. Questi fattori fisici determinano la presenza di rigogliose praterie di Posidonia oceanica, con tutte le favorevoli ricadute che ciò comporta per le attività di piccola pesca costiera. Sempre la morfologia dei fondali consente buone condizioni di sviluppo per l'alga Cystoseira ercegovicii e Caulerpa prolifera. 82 19) Isole Pelagie Identificata come area marina di reperimento dalla Legge 979/82 Anno di istituzione: D.I. 21/10/2002. Provincia: Agrigento. Comuni: Lampedusa e Linosa. Superficie: 3230 ettari. Tipologia: Isola di origine vulcanica e calcarea. Ente gestore: In corso di 83 individuazione. Posizione geografica: Lampedusa: 35° 30' lat. N-12°37' long. E, Linosa: 35°52' lat. N-12°21' long. E. Cartografia: Carta n. 217 in scala 1:25.000 dell’Istituto Idrografico della Marina. Cenni generali: Ci sono tre isole sperdute: una bianca, una nera, una piccolissima. Potrebbe iniziare così la storia dell’Arcipelago delle Pelagie; isole riunite dalla geografia ma appartenenti geologicamente parlando, a due continenti: all’Africa Lampedusa e Lampione, all’Europa Linosa. Le prime infatti, hanno una natura prevalentemente calcarea e appoggiano su una piattaforma che si protende fino a quella tunisina. Linosa invece emerge da una fossa che separa la piattaforma siciliana da quella africana. Caratteristiche dell’ambiente marino: La morfologia dei fondali è considerevolmente accidentata e presenta una serie di apparati eruttivi. Questi stessi fondali, dove la trasparenza delle acque è incredibile, sono colonizzati da spugne, tunicati, serpulidi, madreporari, briozoi con un'abbondanza di specie e una varietà inconsueta. La zona è anche ricchissima di pesci di passo come ricciole, dentici, palamiti e sgombri che accostano dal largo. Degna di attenzione è la presenza del pesce pappagallo, con le due livree maschile e femminile. 84 20)Isole Ciclopi Identificata come area marina di reperimento dalla Legge 979/82 Anno di istituzione: D.I. 7/12/1989, D.M. 17/5/1996 e Legge 394/91. Provincia: Catania. Comune: Aci Castello. Superficie: 623 ettari. Tipologia: Isole e faraglioni di origine vulcanica a poca distanza dalla costa. Ente gestore: Consorzio tra il Comune di Aci Castello e l’Università di Catania. Sede: c/o Comune di Aci Castello, via Dante 28, 95021 Aci Castello (CT). Posizione geografica: 31° 35' lat. N-15° 08' long. E. Cartografia: Carta n. 2074 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:25.000. Tavoletta 270 IV SE-NE della Carta Topografica d'Italia in scala 1:25.000 dell'Istituto Geografico Militare Italiano. Cenni generali: Le isole Ciclopi, neri faraglioni basaltici, residuo di emissioni laviche sottomarine, così chiamate con riferimento a Polifemo, si trovano nella parte orientale della Sicilia, lungo il tratto di costa di fronte ad Aci Trezza. Le Ciclopi costituiscono di fatto un piccolo arcipelago composto dalle isole Lachea, Faraglione Grande, Faraglione Piccolo e da alcuni scogli. Se il mito si perde nella notte dei tempi, non meno antiche sono le vicende geologiche dell’area protetta. 85 Sommersa dal mare fino a 600-500 mila anni fa, questa terra fu interessata da un’intensa attività eruttiva collegata alla nascita dei vulcani delle Eolie (Stromboli e Vulcano) e nel Mar Ionio da cui fuoriuscirono grandi quantità di magma che a contatto con l’acqua di mare originarono le particolari formazioni basaltiche di questo territorio. Caratteristiche dell’ambiente marino: Il fondale tra le isole e la costa è di tipo sabbioso e non supera i 12 metri di profondità. Quest'area è segnata da parecchi grossi massi che formano anfratti e grotte. L'isola e i faraglioni fuoriescono dal fondo sabbioso con pareti scoscese circondate da blocchi rocciosi sparsi e da franate che, verso i lati nord, sud, ed est raggiungono facilmente i 25 metri. Sui substrati duri (pareti rocciose, massi e ciottoli) è presente, nei primi metri di profondità, una ricca vegetazione algale dominata dal genere Cystoseira, ed è comune l'astroide. Più in profondità, verso il Coralligeno, abbondano i Poriferi (Axinella damicornis, Agelas oroides, Spongia officinalis), mentre sono meno rappresentate le gorgonie, come Eunicella cavolini. Sui fondi detritici e costieri sono comuni gli Echinodermi e, in particolare, i Crinoidi (gigli di mare) e le ofiure. 86 24) Secche di Tor Paterno Identificata come area marina di reperimento dalla Legge 394/91 Anno di istituzione: D.M. 29/11/2000. Provincia: Roma. Comuni: Roma , Pomezia. Superficie: 1387 ettari. Tipologia: Secca rocciosa su fondali sabbio-fangosi. Ente gestore: RomaNatura, Ente Regionale per la Gestione del Sistema delle Aree naturali Protette nel Comune di Roma. Sede: Villa Mazzanti, via Gomenizza 81, 00195 Roma. Posizione geografica: 41° 38' lat. N-12° 20' long. E. Cartografia: Carte n. 7 e 8 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:100.000. Cenni generali: Le secche di Tor Paterno devono il loro nome, così vuole la tradizione, a una vecchia torre oggi scomparsa che si trovava all’interno dell’attuale riserva della tenuta di Castel Porziano e che serviva ai pescatori per individuare i ricchi e pescosi fondali della zona. E’ questo, infatti, l’unico riferimento alla terraferma di tutta l’area protetta , una riserva insolita perché lontana circa 5 miglia da una costa bassa e sabbiosa, meta prediletta dei bagnanti della capitale, e senza alcun punto di riferimento visibile se si eccettuano le quattro boe che oggi ne delimitano il perimetro e i rilievi degli ecoscandagli delle imbarcazioni dei pescatori e dei subacquei che in questo punto segnalano la presenza di una secca che risale fino a 18-20 metri dalla superficie. 87 Caratteristiche dell’ambiente marino: Poco al largo delle aree protette costiere di Castel Fusano e di Castel Porziano, a pochi chilometri dalle pinete dove nidificano il gheppio, l'upupa e l'allocco e dalla macchia mediterranea in cui vive la testuggine, si trovano le Secche di Tor Paterno, una zona marina priva di paesaggio emerso e, quindi, totalmente subacquea. Le Secche, che sono gli unici substrati rocciosi di tutta la zona vicina le foci del Tevere, hanno struttura isolata di forma oblunga, a sviluppo nord-est/sud-ovest, con una lunghezza di 2 km circa ed una larghezza di poco più di 500 metri. L'altezza massima rispetto ai fondali circostanti è di circa 20 metri, per una profondità minima di 19 metri. La loro natura è, probabilmente, tettonica, con pieghe e faglie. Nel dettaglio si possono osservare, oltre a rotture di pendio curvilinee che generano terrazzi morfologici sul versante centro-orientale, degli alti isolati con sommità sub-pianeggianti situati al centro delle Secche. Nella parte più rilevata la presenza di sedimenti è scarsa e limitata al fondo di strutture erosive o di crollo e, soprattutto, alle matte della prateria di Posidonia oceanica. Da un punto di vista bentonico, le Secche rappresentano certamente un ambiente molto particolare, la cui caratteristica essenziale è la presenza di formazioni coralligene inframmezzate dalla Posidonia. L'intercalarsi di queste formazioni determina una notevole varietà di microhabitat, la quale, a sua volta, ne costituisce l'elemento di maggior pregio da un punto di vista naturalistico. E' evidente, infatti, che alla diversità fisica dei fondali è associata una diversità biologica altrettanto rimarchevole. 88 36) Isola dell’Asinara Identificata come area marina di reperimento dalla Legge 394/91 Anno di istituzione: D.M. 13/08/2002. Provincia: Sassari. Comune: Porto Torres. Superficie: 10.732 ettari. Tipologia: Isola con coste prevalentemente rocciose e fondali con roccia, sabbia e praterie. Ente gestore: In corso di individuazione. Posizione geografica: 41° 07' lat. N-8° 19' long. E. Cartografia: Carta n. 289 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:100.000. Cenni generali: Colonia penale, stazione sanitaria, campo di prigionia, carcere e infine parco e area marina protetta: queste le tappe che hanno prima isolato e poi restituito l’isola alla fruizione dei cittadini. Separata dalla costa da uno stretto che a stento raggiunge i 5 metri di profondità, l’Asinara si prolunga nel mare occidentale della Sardegna per circa 18 km apparendo come un complesso di 89 isole a causa dei suoi 4 piccoli rilievi montuosi uniti da istmi. Lungo le coste è evidente la diversa azione esercitata dal vento sulle rocce. La costa occidentale è quasi interamente inaccessibile per le alte falesie che raggiungono anche i 200 metri, mentre la costa orientale è in genere bassa, rocciosa e con spiagge nelle cale più ampie e a riparo delle punte. Dissesti ed inquinamenti riconducibili alla vicinanza (13 miglia) dagli impianti industriali e petrolchimici di Porto Torres. Caratteristiche dell’ambiente marino: La rigida protezione di una fascia costiera marina profonda un miglio, che ha vietato per decenni la pesca, le immersioni subacquee e altre attività di disturbo dell'ambiente naturale, ha consentito la conservazione di comunità marine ben strutturate, con la conseguente possibilità di osservare, anche a profondità limitate, una notevole varietà di organismi che in altre località non è più possibile vedere neppure a profondità maggiori. I fondali sono costituiti da numerose frane ricche di anfratti, canaloni e spaccature. Nella parte occidentale sprofondano rapidamente, raggiungendo la batimetrica dei 50 metri, mentre nel settore orientale il fondale degrada più dolcemente. La zona di spruzzo è colonizzata, nella parte superiore, da licheni, gasteropodi, istopodi e cirripedi. La sottostante zona di marea, il cui inizio è segnalato da una fascia a Chtamalus stellatus, è caratterizzata da diverse specie di alghe verdi, rosse e brune, da patelle e da diversi granchi, tra cui il granchio favollo, una specie ormai rara nel Mediterraneo, qui abbondante lungo le coste orientali dell'Asinara. Tra gli organismi che colonizzano la scogliera immersa è da segnalare la presenza di due specie ad elevato valore naturalistico: l'alga rossa incrostante Lithophyllum lichenoides e la patella gigante. Entrambe sono particolarmente sensibili all'inquinamento marino e sono in forte regressione nel Mediterraneo nord-occidentale, tanto da essere incluse tra le specie da proteggere. I fondi duri più illuminati sono colonizzati da alghe come la coda di pavone, l'ombrellino di mare e diverse specie di Cystoseira. I substrati incoerenti, localizzati prevalentemente lungo il versante orientale, ospitano estese praterie di Posidonia oceanica in evidente stato di benessere, testimoniando l'ottimo stato di salute di questi fondali. Numerose specie vivono all'interno della prateria: tra tutte si segnala la presenza della rara Pinna nobilis, una bivalve ormai in forte regressione per le raccolte effettuate dall'uomo, e numerosi Crostacei, tra cui il granchio Maya verrucosa, dalla forte capacità mimetica. In prossimità del limite inferiore della prateria si instaurano comunità del precoralligeno, con elementi tipici come il fico d'India marino. Le acque dell'Asinara sono ricche di pesci d'interesse commerciale, tanto che l'attività di pesca nell'area è sempre stata svolta, anche se regolamentata dai vincoli legati alla presenza del penitenziario. Le specie oggi più pescate nel versante occidentale, sono quelle tipiche della scogliera: corvine, dentici, saraghi, scorfani, labridi e aragoste; mentre in quello orientale il pesce di San Pietro. 90 39) Capo Carbonara Identificata come area marina di reperimento dalla Legge 394/91 Anno di istituzione: D.M. 15/9/1998 e D.M. 3/8/1999. Provincia: Cagliari. Comune: Villasimius. Superficie: 8598 ettari. Tipologia: Promontorio roccioso a cavallo di due e sistema di isole e secche. Ente gestore: Comune di Villasimius. Sede: Viale Colombo 2, 09049 Villasimius (CA). Posizione geografica: 39° 05' lat. N-9° 32' long. E. Cartografia: Carta n. 304 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:50.000. Tavoletta 235 III NO della Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000 dell’Istituto Geografico Militare Italiano. Cenni generali: L’area marina protetta si trova lungo le coste cagliaritane e si estende da Capo Boi fino alla Punta Porceddus; al centro, a dominare il mare circostante, si eleva il promontorio di Capo Carbonara che separa un ampio golfo in due bacini estinti che prendono il nome di Porto Giunco, a est, e di Golfo di Carbonara a ovest. Davanti al promontorio si trovano parti integranti dell’area tutelata, le isole dei Cavoli e di Serpentara la cui zona ovest costituisce la zona A di riserva integrale dell’area. 91 Caratteristiche dell’ambiente marino: La bella costa ad oriente di Cagliari è caratterizzata dall'ampio Golfo di Carbonara con l'omonimo Capo, da cui si domina l'Isola dei Cavoli. La costa orientale comprende le belle spiagge di Porto Giunco e di Simius. Di fronte alla costa orientale, in prossimità di Punta Molentis, si trova l'Isola Serpentara, così chiamata per la sua forma sinuosa. Poco più a nord si incontra il vasto insediamento turistico di Costa Rei-Monte Nai, che interessa un tratto costiero di notevole valore paesaggistico, dominato da un'immensa spiaggia. 92 40) Capo Gallo-Isola delle Femmine Identificata come area marina di reperimento dalla Legge 394/91 Anno di istituzione: D.M. 24/7/2002. Provincia: Palermo. Comuni: Isola delle Femmine, Palermo. Superficie: 2173 ettari. Tipologia: Massiccio montuoso con alte falesie e isolotto di calcare stratificato. Ente gestore: In corso di istituzione. Posizione geografica: 38° 13' lat. N-13°18' long. E. Cartografia: Carta n. 16 in scala 1:100.000 dell’Istituto Idrografico della Marina. Tavoletta 249 I SO della Carta Topografica d'Italia alla scala 1:25.000 dell'Istituto Geografico Militare Italiano. Cenni generali: Pittoresche scogliere e un’alte rupe che chiude a ponente il Golfo di Palermo e sovrasta la spiaggia di Mondello. Questa è la sintetica descrizione di come appare dal mare quest’area protetta marina, una delle ultime istituite dal Ministro per l’Ambiente e la Difesa del territorio. 93 Caratteristiche dell’ambiente marino: Nonostante le pessime condizioni ambientali del Golfo di Palermo, i fondali antistanti il promontorio di Monte Capo Gallo sono ricchi di vita, con una vasta prateria di Posidonia oceanica. Interessanti anche i fondali che circondano l'Isola delle Femmine, con diversi organismi legati agli ambienti sabbiosi, come la rara Pinna nobilis, imponente Mollusco bivalve minacciato di estinzione. Anfratti e pareti rocciose offrono, invece, dimora a numerosi Invertebrati, mentre polpi, nudibranchi, ricci, cavallucci marini e stelle di mare popolano i bassi fondali. Madrepore, attinie e diversi Molluschi danno luce, con i loro colori, anche ai fondali più profondi. Rigogliose gorgonie rosse si dipartono dalle rocce. Anche la flora subacquea dell'isola è caratterizzata da elementi di spicco, con oltre cento specie di alghe tra cui la Cystoseira mediterranea, la rosa di mare e la coda di pavone. 94 Mar Ligure-Santuario dei cetacei Anno di istituzione: Legge 426/98. Accordo internazionale per la costituzione di un santuario dei mammiferi marini nel Mar Mediterraneo 25/11/1999, Legge 391/2001 di ratifica dell’Accordo, Comunicato di entrata in vigore dell’Accordo G.U. 67 del 20/3 2002. Stati interessati: Italia, Francia, Principato di monaco. Regioni interessate: Liguria, Sardegna, Toscana, Superficie: circa 87.000 ettari. E’ un’area grandiosa, degna degli animali più grossi che il Mediterraneo conosca: le balenottere comuni e i capodogli. Nato da un’idea avveniristica, presto sposata dalla comunità scientifica e dalle associazioni protezionistiche, il grande triangolo, la cui base si estende dalla Punta Escampobariu (punta ovest della Penisola di Giens), in Francia, fino a Fosso Chiarone, in Toscana, e che ha come vertici Capo Falcone e Capo Ferro, rispettivamente sulla costa occidentale e nord-orientale della Sardegna, tutela una zona da sempre frequentata dai cetacei. Per le sue caratteristiche, per i vincoli di tutela (le gare di barche veloci a motore e talune attività di pesca sono interdette e altre sono limitate o regolamentate) e per l’iter costitutivo, che ha richiesto la stipula di accordi internazionali tra gli Stati coinvolti nel progetto, il Santuario dei mammiferi marini risulta atipico rispetto alle altre aree marine protette italiane anche se ha ricevuto proprio per questo numerosi riconoscimenti internazionali. Infatti è stato inserito nella lista delle aree specialmente protette di importanza mediterranea, una categoria prevista dalla Convenzione di Barcellona, un accordo internazionale per la protezione dell’ambiente marino e della regione costiera mediterranea. L’area protetta detiene anche un altro record, e cioè quello di essere il primo parco per cetacei di tutto l’emisfero boreale. La presenza di molte specie di cetacei spesso con popolazioni quantitativamente importanti, in questo tratto di mare (pur sempre limitato nonostante la sua 95 estensione), trova spiegazione nelle favorevoli condizioni oceanografiche di quello che gli studiosi sono soliti definire come il bacino ligure-corso-provenzale. D’inverno, complici anche i venti che spirano da settentrione, il Golfo di Genova e il Golfo del Leone sono interessati da un intenso raffreddamento delle acque superficiali. Conseguentemente queste acque diventano più dense e affondano, provocando la risalita di masse d’acqua più profonde e ricche di composti chimici, definiti nutrienti per l’alta concentrazione di fosforo e azoto, che vengono integrati dal Rodano. La presenza di abbondanti nutrienti ha quale naturale conseguenza lo sviluppo del plancton, primo anello di tutte le catene alimentari marine, che diventa alimento di organismi superiori quali crostacei, rappresentati da popolazioni di krill mediterraneo e da decapoti, molluschi cefalopodi e pesci che sono prede abituali dei mammiferi marini. L’abbondanza di alimento abbinata alla varietà di habitat di quest’area marina che raggiunge i 2500 metri di profondità ed è contraddistinta dalla presenza di lunghi canyon costieri che mettono in comunicazione quasi diretta la costa con le piane abissali, richiama nella zona molti dei cetacei noti per il Mediterraneo, che si distribuiscono nelle acque del Santuario secondo le loro abitudini eco-etologiche. Si potranno così incontrare, navigando dal mare aperto in direzione della costa, specie pelagiche, che prediligono le acque con profondità superiore ai 2000 metri, di scarpata profonda (tra i 1000 e i 2000) e costiere. Sono una ventina le specie che è possibile avvistare nel bacino ligure-corso-provenzale e otto sono considerate comuni. Tra queste si possono citare: la balenottera comune, il capodoglio che molti non assocerebbero mai al Mediterraneo e tanto meno alle acque di regioni turisticamente molto affollate come la Liguria e la Costa Azzurra, la stenella stiriata, il tursiope, il delfino comune, lo zifio, il grampo, e il globicefalo, un grosso delfinide di colore scuro che spesso si incontra in banchi di parecchie decine di individui. Il picco delle presenze si raggiunge in estate, quando si stima che in queste acque si concentrino tra le 25.000 e le 40.000 stenelle e fino a 2.000 balenottere. Numeri così elevati hanno stimolato negli ultimi anni il fenomeno del whale-watching, cioè le uscite in mare a bordo di imbarcazioni più o meno grosse, e più o meno attrezzate per avvistare da vicino questi cetacei. Questa attività spesso condotta con l’ausilio di esperti naturalisti, ha avuto il merito di avvicinare il grande pubblico all’ambiente marino e di sensibilizzarlo nei confronti non solo della difesa dei cetacei ma di tutti i suoi abitanti. 96 Parco sommerso di Baia Identificato come parco sommerso dalla Legge 388/2000 Anno di istituzione: D.M. 7/8/2002. Provincia: Napoli. Comuni: Bacoli, Pozzuoli. Superficie: 176,6 ettari. Tipologia: Parco sommerso a salvaguardia di importanti resti archeologici. Ente gestore: Affidato provvisoriamente in gestione alla Soprintendenza per i Beni Archeologici delle province di Napoli e Caserta. L’ente gestore verrà individuato ai sensi dell’art.114, comma 10 della legge 23 dicembre 2000 n. 388, così come modificato dall’art. 9 della Legge 31 luglio 2002 n. 179, di concreto con il Ministero per i beni e le attività culturali della regione e gli enti locali territorialmente interessati. Il parco sommerso di Baia è un’area marina protetta istituita con decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, di concerto con i Ministeri per i Beni e le attività culturali, delle Infrastrutture e dei Trasporti, delle Politiche agricole e forestali e di intesa con la Regione Campania, per tutelare i resti archeologici sommersi che costituiscono l’evidenza monumentale emergente delle costruzioni situate in epoca romana lungo tutta la fascia costiera dei Campi Flegrei, che si estendeva fino a circa 500 metri dall’attuale costa, e che oggi, sprofondata per effetto del fenomeno vulcanico del bradisisma flegreo, giace sommersa ad una profondità variabile da un minimo di 2 ad un massimo di 16 metri sotto il livello del mare. 97 Gaiola Identificato come parco sommerso dalla Legge 388/2000 Anno di istituzione: D.M. 7/8/2002. Provincia: Napoli. Comune: Napoli. Superficie: 41,6 ettari. Tipologia: Parco sommerso a salvaguardia di importanti resti archeologici. Ente gestore: Affidato provvisoriamente in gestione alla Soprintendenza per i Beni Archeologici delle province di Napoli e Caserta. L’ente gestore verrà individuato ai sensi dell’art. 114, comma 10 della Legge 23 dicembre 2000 n. 388, così come modificato dall’art. 9 della Legge 31 luglio 2002 n. 179, di concreto con il Ministero per i beni e le attività culturali della regione e gli enti locali territorialmente interessati. Come Baia anche Gaiola è un parco sommerso istituito con decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, di concerto con i Ministri per i Beni e le attività culturali, delle Infrastrutture e dei Trasporti, delle Politiche agricole e forestali e di intesa con la Regione Campania, per tutelare i resti archeologici sommersi per effetto del fenomeno vulcanico del bradisisma flegreo. 98 3.3- Le aree marine protette in via di istituzione Le aree marine protette di seguito riportate, sono le aree per le quali è stato avviato l’iter istruttorio, pertanto di prossima attivazione (qualunque sia lo stato di avanzamento di tale iter amministrativo che porterà alla emanazione del Decreto Istitutivo), nonché le aree di reperimento individuate dalle Leggi come meritevoli di tutela ma per le quali non è stato ancora avviato alcun iter amministrativo per la relativa istituzione. 1) Secche della Meloria Iter istitutivo: istruttoria in corso Istituzione: Legge n. 979/82. Provincia: Livorno. Comune: Livorno. Superficie: 30 km2.Ente Gestore: Comune di Livorno. Posizione geografica: 43° 34' lat. N-10° 13' long. E. ^^^^^^^^^^ - Le cartine delle aree marine di reperimento sono tratte da: Zunica M. “Lo spazio costiero italiano: dinamiche fisiche e umane” Valerio Levi Editore 1987. 99 Cartografia: Carta n. 120 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:30.000. Tavoletta 111 I SO della Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000 dell’Istituto Geografico Militare Italiano. Caratteristiche dell’ambiente marino: Le Secche della Meloria sono situate in un’area di bassi fondali circa 6 km ad ovest del porto di Livorno. La Meloria, oltre ad essere una località ove i subacquei livornesi hanno da sempre effettuato immersioni, è un luogo storico che conserva importanti testimonianze del passato. L’estremità nord delle Secche della Meloria è rappresentata dalla Testa di Tramontana, fondale interessante per i subacquei che vi trovano un ambiente di Coralligeno, ricco di anfratti, che si leva dai 24 metri del fondale di fango e sabbia, fino ad un sommo di circa 9 metri. A ponente, il ciglio esterno determina una lunga formazione coralligena che abbraccia le Secche e si presenta come un ambiente suggestivo, ricco di vita e carico di colori. Tutta l'area è caratterizzata dalla presenza della Posidonia oceanica, il cui sviluppo è favorito dalla scarsa profondità dei fondali e dal ricco sedimento. La prateria, estesa dai primi metri di profondità fino alla batimetrica dei 30 metri, è sottoposta a diverse fonti di disturbo, sia di origine antropica (vicinanza del porto di Livorno, impatto delle reti a strascico, ancoraggi), che naturale (erosione per azione delle correnti di fondo), che ne alterano la fisionomia in modo più o meno consistente nelle diverse zone. Nel lato sud-ovest vi sono ampi banchi di Coralligeno dominati dalla gorgonia bianca e dalla Posidonia. In tutta l'area, inoltre, è attivo un processo di espansione delle alghe Caulerpa racemosa e Caulerpa prolifera che risultano aver ampliato la loro distribuzione, colonizzando aree più profonde, che raggiungono anche i 40 metri. 100 4) Arcipelago Toscano Iter istitutivo: istruttoria in corso Istituzione: Legge 979/8, D.P.R. 22/7/1996. Ente Gestore: D.P.R. 22/07/96. Provincie: Livorno, Grosseto. Comuni: Campo nell’Elba, Capoliveri, Marciana, Marciana Marina, Porto Azzurro, Portoferraio, Rio marina, Rio nell’Elba, Isola di Pianosa, Giglio Isola. Superficie: 17.887 ha a terra; 56.766 ha a mare. Ente Gestore: Presidente: Giuseppe Tanelli. Il Consiglio Direttivo è formato da elementi designati dalla Comunità del Parco (organo consultivo dell’Ente Parco formato dai rappresentati dei Comuni interessati), dalle Associazioni ambientaliste, dagli Enti scientifici, dal Ministero per le Politiche Agricole e dal Ministero dell’Ambiente. Sede: Via Guerrazzi 1, 57037 Portoferraio (LI), Isola d’Elba. Posizione geografica: Isola di Gorgona 43° 26’ lat. N-15° 00’ long. E, Isola di Capraia 43° 01’ lat. N-15° 05’ long. E, Isola di Pianosa 42° 34’ lat. N-14° 49’ long. E, Isola di Montecristo 42° 20’ lat. N-14° 36’ long. E, Isola d’Elba 42° 47’ lat. N-14° 37’ long. E, Isola del Giglio 42° 22’ lat. N-14° 00’ long. E, Isola di Giannutri 42° 15’ lat. N-13° 48’ long. E. Cartografia: Carta n. 88 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:20.000 (Isole di Gorgonia, Pianosa, Montecristo e Giannutri); Carta n. 91 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:20.000 (Isola d’Elba); 101 Carta n. 92 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:38.000 (Isola d’Elba); Carta n. 87 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:25.000 (Isola del Giglio); Carta delle biocenosi bentoniche (ENEA, 1986); Tavolette 126 II SO; 126 I SO; 126 IV NO; 142 IV SO; 111 I SO della Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000 dell’Istituto Geografico Militare Italiano. Caratteristiche generali: L’Arcipelago Toscano comprende 5 splendide isole: Elba, Giglio, Capraia, Montecristo, Pianosa e Gorgona, quasi tutte caratterizzate da fondali ripidi dove la profondità di oltre 100 m è spesso raggiunta non lontano dalla costa. Le isole del Giglio e di Giannutri sono considerate un vero paradiso per gli appassionati di immersioni subacquee grazie ai loro fondali multicolori e alla varietà di specie presenti. Le coste, purtroppo inaccessibili, dell’Isola di Montecristo sono tuttora intatte grazie al programma di protezione pluriennale di cui sinora ha goduto l’isola, mentre, per quanto riguarda Capraia, di particolare interesse è il ritrovamento nei fondali di specie di Policheti e “Crostacei di provenienza indopacifica”. Caratteristiche dell’ambiente marino: Morfobatimetria Elba I fondali occidentali dell’isola, da Punta del Nasuto a Capo di Poro, sono a pendio ripido, raggiungendo la batimetrica dei 50 metri a circa 450 metri dalla costa. Il tratto più orientale dell’isola presenta ugualmente fondali che sprofondano nel blu a poca distanza dalla costa e, nella parte più settentrionale, un fondale di 30-40 metri che congiunge l’Isola di Palmarola e l’Isola di Cerboli alla costa elbana. Il versante meridionale presenta tre grossi golfi (Golfo di Campo, Golfo della Lacuna, Golfo Stella), dove il fondale degrada dolcemente. Gorgona Le coste dell’isola sprofondano a picco nel mare, cosicché la batimetrica dei 100 metri viene raggiunta a meno di un chilometro dalla costa. Pianosa Le pareti verticali, di alcuni metri di altezza, che caratterizzano la linea di costa, continuano in mare fino a circa 12-15 metri di profondità, ove confinano con i fondi sabbiosi. Montecristo I fondali dell’isola sono a ripido pendio e la batimetrica dei 100 metri viene raggiunta a meno di 400 metri dalla costa. 102 Giglio Formata da rocce granitiche, il suo perimetro costiero è articolato in diverse insenature sabbiose interrotte sulle punte da coste alte a strapiombo. In località Campese è presente una spiaggia. Sul lato orientale i fondali scendono rapidamente fino alla profondità di 100 metri, mentre sulla costa opposta si presentano leggermente più degradanti. Giannutri Le coste sono molto ripide e frastagliate e la batimetrica dei 100 metri è situata a poca distanza dalla costa. Sono presenti numerose grotte sottomarine una volta rifugio naturale della Foca monaca. Biocenosi bentoniche Elba La condizione delle biocenosi bentoniche dell’Isola d’Elba risulta essere spesso degradata a causa dell’imponente afflusso turistico che si verifica nel periodo estivo. In migliore stato si trovano, invece, le biocenosi bentoniche della zona sottoposta a tutela biologica in località Le Ghiaie, ove sono proibite la pesca subacquea e professionale. La componente vegetale dei popolamenti macrobentonici è stata oggetto di studio nell’area di Capo Sant’Andrea, piccolo promontorio situato a nord dell’isola, in corrispondenza della quale coesistono substrati rocciosi, su cui sono insediate le alghe, e fondi sabbiosi, colonizzati da una prateria di Posidonia oceanica. Da segnalare la presenza della specie termofila Penicillus capitatus, la cui distribuzione geografica sembra essere limitata al Tirreno centro-settentrionale. Su substrato roccioso i campionamenti a Capo Sant’Andrea sono stati effettuati in autunno, a 9 e a 24 metri di profondità. Alla prima batimetrica la biocenosi delle alghe fotofile è rappresentata da Cystoseiretum crinitae. Alla profondità di 24 metri prevale invece l’associazione UdoteoPeyssonelietum, con le specie tipiche dell’infralitorale. Altrettanto importante è il sottostrato algale formato da Corallinacee incrostanti. Relativamente alle zoocenosi bentoniche, le informazioni sono piuttosto frammentarie e limitate solo ad alcune località dell’isola. La frazione a Policheti è stata studiata nella baia di Portoferraio, ove si evidenziano comunità ben distinguibili in rapporto al tipo di substrato. Nella zona del porto sono contemporaneamente presenti specie di acque pure ed altre verosimilmente legate alle condizioni eutrofiche del biotopo (Schistomeringos rudolphii, Nereis caudata, ecc.). Lo stesso gruppo zoologico è stato oggetto di studio per quanto riguarda i fondi mobili della costa meridionale (Farina et al., 1994). Campionamenti effettuati a 5 e a 12 metri di profondità hanno permesso di evidenziare l’esistenza di una comunità tipica delle sabbie fini ben calibrate, che tende ad impoverirsi negli strati più superficiali, in rapporto all’aumentare dell’idrodinamismo. Gorgona L’ambiente marino dell’isola si è mantenuto pressoché intatto grazie alla severa regolamentazione dell’afflusso turistico, dovuta alla presenza del penitenziario. Il piano mesolitorale si caratterizza 103 per il cospicuo sviluppo della cornice a Lytophillum tortuosum che, in rapporto all’antropizzazione, presenta fenomeni di regressione in diversi tratti della costa italiana. Capraia Le biocenosi dell’isola sono al momento oggetto di studio da parte dei gruppi di ricerca delle Università di Genova e Pisa, coordinati dal Prof. Da Pozzo. Relativamente al piano mesolitorale è da rilevare la presenza di Patella ferruginea che, a seguito della pressante attività di pesca, è ormai scomparsa dal resto delle acque toscane. Campionamenti tra i 30 e i 200 metri di profondità sono stati effettuati da Drago (1988) nei fondali che circondano l’isola. Sono stati evidenziati tre tipi fondamentali di popolamenti: la biocenosi dei fondi misti sabbia a Posidonia oceanica, quella dei fondi a sabbia e, infine, quella del detritico del largo. Di particolare interesse è il ritrovamento in questi fondali di alcune specie di provenienza indopacifica quali i Policheti Eurythoe complanata ed Hesispina similis, nonché il Crostaceo Antipode Maera amigera. Informazioni sulle biocenosi presenti nel porto dell’isola vengono fornite da Curini e Galletti (1985). La superficie sottomarina della baia e del porto è costituita da frane litorali che si appoggiano sul sottostante fondale sabbioso, ricoperto da una densa prateria di Posidonia oceanica (Bertozzi, 1984). Pianosa In relazione alla natura essenzialmente rocciosa dell’isola, il piano sopralitorale è caratterizzato da una fascia quasi ininterrotta a Verrucaria e Littorina neritoides; presente quasi ovunque è il Crostaceo Ligia italica. Le uniche due spiagge dell’isola localizzate a Cala d’Arco e a Cala San Giovanni sono occupate, nel periodo invernale, da foglie di Posidonia oceanica che formano banchine di alcuni metri di spessore. Nell’orizzonte superiore del piano mesolitorale si distingue una fascia a Chthamalus stellatus; al di sotto di questa vi è una zona a Rissoella verrucosa e Nemalion helimntoides. L’orizzonte inferiore è invece occupato da un’incrostazione di alghe calcaree afferenti all’associazione Neogoniolitho-Lithophylletum tortuosi. Parte del piano infralitorale è colonizzato dalla biocenosi ad alghe fotofile che si presenta con diverse facies (Cystoseira striata, Cystoseira elegans, Laurencia obtusa, Padina pavonia, ecc.). Di particolare interesse è l’associazione termofila, insediata in località Porto Romano, delle specie Anadyomena stellata, Dasycladus vermicularis e Acetabularia acetabulum. Sulle pareti verticali esposte a nord si rinviene l’associazione Udoteo-Peyssonelietum. I fondi mobili circostanti sono quasi ovunque colonizzati da una prateria di Posidonia oceanica che si estende fino a circa 25-30 metri di profondità e fino a 4 miglia a nord della Punta del Marchese, raggiungendo il banco di Mezzo Canale. In certe zone la prateria si alterna a fondi di sabbia, fango, detriti e roccia. 104 Sulle falesie rocciose è particolarmente diffuso il Corallo (Corallium rubrum), i cui banchi più consistenti sono stati individuati in prossimità dello Scoglio La Scarpa. Fino a 40 metri circa si trovano vaste praterie di Posidonia oceanica inframmezzate da fondi misti sabbie. Specie caratteristiche di questo biotopo sono Dentalium inaequicostatum, Dirupa aretina, Eurhalanessa dendrolepis, Tellina donacina. Oltre gli 85 metri di profondità vi sono specie tipiche del detritico costiero e del fango profondo. Un confronto con il popolamento di Capraia, campionato in modo analogo dagli stessi autori (CuriniGalletti, 1985), evidenzia una grande povertà qualitativa e quantitativa delle biocenosi di fondo mobile dell’Isola di Pianosa, che è verosimilmente legata ad una generale instabilità delle condizioni di questa zona. Montecristo Le biocenosi bentoniche si trovano in buono stato di conservazione grazie alla protezione pluriennale di cui ha goduto l’isola. Informazioni sui fondali circostanti l’isola e compresi tra 100 e 500 metri di profondità si possono trovare, anche se piuttosto datate, in Lumare (1968). Giglio Non sono attualmente disponibili informazioni bibliografiche sulle biocenosi bentoniche della zona costiera dell’Isola del Giglio. Giannutri Anche per quest’isola sono assai scarse le informazioni bibliografiche. Sulle pareti rocciose, gran parte delle quali scendono a picco fino a 40 metri di profondità, sono presenti ricchi popolamenti sciafili. La zona sabbiosa che circonda l’isola è colonizzata da una prateria di Posidonia oceanica, particolarmente densa nel golfo degli Spalmatoi. 105 14) Golfo di Orosei-Campo Monte Santu Iter istitutivo: istruttoria integrata Difesa Mare e Conservazione Natura Istituzione: Legge 979/82. Provincia: Nuoro. Comuni interessati: Arzana, Aritzo, Baunei, Belvi, Desulo, Dorgali, Fonni, Gairo, Gavoi, Lodine, Meana, Oliena, Ollolai, Olzai, Orgosolo, Ovodda, Seui, Seulo, Sorgono, Talana, Tiana, Tonara, Orosei, Urzulei, Villagrande. Superficie: 73.935 ha. Ente Gestore: da definire. Posizione geografica: 40° 18' lat. N - 9° 38' long. E. Cartografia: Carta n. 43 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:100.000. Tavolette 195 II SO e III NO-SO della Carta Topografica d’Italia in scala 1:100:000 dell’Istituto Geografico Militare Italiano. Caratteristiche dell’ambiente marino: I 40 km del Golfo di Orosei sono uno degli ultimi lembi di costa italiana senza case e strade, con alle spalle un territorio selvaggio, difficile da penetrare e da percorrere anche a piedi. 106 Sul mare si sviluppa una successione di bianche scogliere calcaree, alte da qualche decina a qualche centinaio di metri, interrotte da piccole calette con spiagge deserte, dalle quali partono verso l'interno le codule, strette valli lunghe e profondissime, punteggiate di grotte marine, tra cui la famosa Grotta del Bue Marino, localizzata poco a sud di Cala Gonone. Il suo nome ricorda la presenza passata della foca-monaca che, forse, sembra ancora frequentare questi luoghi. Sulle falesie che si affacciano sul mare nidificano indisturbati il falco pellegrino (Falco peregrinus), la rara aquila del Bonelli (Hieraaetus fasciatus) e il falco della regina (Falco eleonorae) che, nella zona di Capo Monte Santu, è presente con la colonia più numerosa d'Europa. Risalendo le codule, talvolta vere e proprie gole invase dagli oleandri, si penetra nell'interno. Qui regna incontrastata la più fitta macchia mediterranea, con secolari cespugli di ginepro sabino. La costa si presenta alta e rocciosa, con fondali di notevole interesse naturalistico. Da Capo Comino fino ad un paio di miglia a nord di Cala Gonone, si sviluppa un'estesa piattaforma continentale, che si prolunga verso est per circa 7 miglia, con piane aperte verso il largo disposte a diverse quote. Nel tratto che va da Osalla a Capo Monte Santu la piattaforma si limita, invece, ad un paio di miglia di estensione. I popolamenti bentonici risentono della notevole variabilità della geomorfologia della costa: nella zona costiera rocciosa di spruzzo sono presenti Molluschi come la patella, Monodonta turbinata e Littorina neritoides, Crostacei quali Euraphia depressa e numerosi Isopodi. Più in profondità, sulla scogliera sommersa, si trova il crostaceo Chtamallus stellatus, accompagnato da granchi e gasteropodi. A 4-5 metri di profondità è presente, lungo tutta la fascia costiera, una prateria di Posidonia oceanica in forma abbastanza compatta, occupando un'area di circa mezzo miglio dalla costa, dove le batimetriche scendono molto rapidamente lungo il versante meridionale del golfo; sul versante settentrionale, invece, la prateria occupa più di un miglio di estensione verso il largo. La varietà delle biocenosi allontanandosi dalla costa è notevole; si segnala, in particolare, il Coralligeno, con pinnacoli e spuntoni di varia dimensione. 107 17) Isole Eolie Iter istitutivo: istruttoria tecnica in corso Istituzione: Legge 979/82. Provincia: Messina. Comuni: Lipari, Leni, Malfa, Santa Marina di Salina. Ente Gestore: da definire; proposta di gestione da parte dell'Azienda Foreste Demaniali della Regione Sicilia.Posizione geografica: Salina: 38° 34' lat. N-14°50' long. E, Lipari: 38°29' lat. N-14°48' long. E, Vulcano: 38°23' lat. N-14°58' long. E, Stromboli: 38°47' lat. N-15°04' long. E. Cartografia: Carte n. 248 (scala 1:25.000), n. 13 (scala 1:5.000), n. 14 (scala 1:100.000) dell’Istituto Idrografico della Marina. Tavoletta 244 della Carta Topografica d'Italia alla scala 1:25.000 dell'Istituto Geografico Militare Italiano. 108 Caratteristiche dell’ambiente marino: I fondali vulcanici, rocciosi e ricchi di grotte, scendono velocemente verso profondità elevate (la batimetrica dei 100 metri rasenta spesso le isole), formando una grande varietà di ambienti con cavità e falesie. I tratti di costa sono ricchi di vita animale con polpi, aragoste, stelle di mare e una miriade di invertebrati e pesci di scogliera. Nel canale tra Salina e Lipari sono presenti estese praterie di Posidonia oceanica, indicate in regressione, nonché di Cymodocea nodosa e di Cystoseira. In mare aperto nuotano numerose specie d'interesse commerciale. Tipica è la pesca del palamito, del tonno e del pesce spada. Abbondante risulta anche la raccolta di Molluschi e Crostacei. 109 21) Isola Gallinara Iter istitutivo: istruttoria tecnica in corso Istituzione: Legge 394/91. Provincia: Savona. Comune: Albenga. Superficie: 11 ha. Ente Gestore: Comune di Alberga. Posizione geografica: 44° 01' lat. N - 8° 14' long. E. Cartografia: Carta n. 2 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:100.000. Tavolette 92 III SE e 103 II NO della Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000 dell’Istituto Geografico Militare Italiano. Caratteristiche dell’ambiente marino: I fondali marini sono ricchi di specie ed ospitano numerose associazioni biologiche di fondo duro e di fondo mobile. I lati occidentale e nord-orientale dell'isola sono caratterizzati da brevi falesie con popolamenti algali, a partire dai 10-15 metri di profondità, da praterie di Posidonia oceanica e fondi molli. Il lato sud-orientale possiede una maggior varietà di situazioni ambientali e di ricchezza di popolamenti biologici. La parete rocciosa, infatti, su questo lato giunge fino a 35 metri di profondità ed ospita vari popolamenti algali, a cui segue un tratto di Coralligeno dominato da grandi Poriferi, come Axinella polypoides e Cacospongia scalaris. Tra le formazioni più interessanti spiccano il raro corallo nero (Gerardia savalia), la gorgonia e le praterie di Posidonia. 110 22) Isola di Bergeggi Iter istitutivo: istruttoria tecnica in corso Istituzione: Legge 394/91. Provincia: Savona. Comune: Bergeggi. Superficie: 8 ha. Ente Gestore: Comune di Bergeggi, Sede: Piazza XX Settembre - 17042 Bergeggi (SV), Posizione geografica: 44° 14' lat. N-8° 26' long. E. Cartografia: Carta n. 104 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:25.000. Tavoletta 92 I SE della Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000 dell’Istituto Geografico Militare Italiano. Caratteristiche dell’ambiente marino: Lungo la costa il fondale roccioso non raggiunge grandi profondità, ma è ricco di piccole grotte e anfratti. In particolare la Grotta di Bergeggi, oltre ad un'ampia parte emersa, comprende alcune cavità sommerse caratterizzate dai popolamenti delle grotte semioscure. Nel complesso costituisce un ambiente notevolmente diversificato e di grande valore naturalistico, oltre che per la ricchezza dei fenomeni carsici, anche per la varietà di popolamenti biologici. 111 I fondali dell'isola sono, invece, più profondi, soprattutto in corrispondenza delle punte più meridionali. La ricchezza di cavità ha favorito lo sviluppo di formazioni sciafile, costituite cioè da specie che prediligono condizioni di luce attenuata, di acque calme e semicalme. Sul fondo si possono osservare numerose specie e popolamenti, tra cui spiccano quelli del Coralligeno, delle grotte semioscure ed oscure e della prateria di Posidonia oceanica. Le pareti subverticali della zona sud e sud-est sono dominate, a partire da 12-15 metri di profondità, dalla margherita di mare, dalle alghe Pseudolithophyllum e fico d'India marino, dal porifero Crambe crambe, dal falso corallo, dalla spruzzetta di mare e da gorgonie del genere Eunicella. Si ricorda, infine, la presenza di una specie tropicale, la madrepora, segnalata in Italia solamente a Bergeggi e ad Albisola, probabilmente spiegabile con il trasporto da parte di qualche nave diretta al vicino porto di Savona. 112 23) Monti dell’Uccellina Area marina di reperimento: iter istitutivo non avviato Istituzione: Legge 394/91. Provincia: Grosseto. Comuni: Magliano in Toscana, Orbetello. Ente Gestore: da definire.Posizione geografica: 42° 35' lat. N-10° 53' long. E. Cartografia: Carta n. 5 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:100.000. Tavoletta 135 IV NO della Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000 dell’Istituto Geografico Militare Italiano. Caratteristiche dell’ambiente marino: La foce dell’Ombrone forma il margine meridionale della Palude della Trappola, localizzata immediatamente a ridosso della duna costiera. 113 Questa zona umida è formata da una serie di piccoli laghi, pozze ed acquitrini che ospitano, specialmente in inverno, miriadi di uccelli acquatici: molti i limicoli, dalle diverse specie di piropiro ai beccaccini, ai grandi ciurli. Qui sostano anche le rare canapiglie e marzaiole e, nelle acque più profonde, si tuffano, assieme alle folaghe, le morette e i moriglioni. La regione costiera tra Talamone e la foce dell'Ombrone presenta un andamento piuttosto pianeggiante e questo fattore si riflette sulla struttura dei fondali marini che degradano dolcemente fino alla batimetrica dei 50 metri. Il tratto del litorale può essere sommariamente diviso in due zone. Quella a nord, tra Cala di Forno e l'Ombrone, è di natura sabbiosa ed è caratterizzata dalla batimetrica dei 10 metri che dista 1-2 km dalla linea di riva. La porzione a sud è, invece, caratterizzata da una morfologia rocciosa, tanto che la batimetrica dei 10 metri si trova a pochi metri dalla costa. Le Formiche di Grosseto si trovano a circa una ventina di chilometri dalla terra ferma; sono piccoli isolotti che si ergono bruscamente da un fondale di circa 100 metri. 114 26) Isola di Capri Iter istitutivo: istruttori tecnica in corso Istituzione: Legge 394/91. Provincia: Napoli. Comuni: Capri, Anacapri. Superficie: 1036 ha. Ente Gestore: da definire. Posizione geografica: Ischia: 40° 33' lat. N-1° 48' long. E. Cartografia: Carta n. 132 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:25.000. Tavoletta della Carta Topografica d'Italia alla scala 1:25.000 dell'Istituto Geografico Militare Italiano. Carta n. 4004/4 della Nauticard in scala 1:25.000. Caratteristiche dell’ambiente marino: Le sue innumerevoli grotte, alcune poste anche a 200 metri sul livello del mare, sono frutto di fenomeni di erosione marina e sono ricche di reperti fossili di specie marine. 115 Tutto ciò testimonia come il livello del mare sia considerevolmente mutato con l'avvicendarsi delle diverse ere geologiche nel corso delle quali Capri è stata collegata con la Penisola Sorrentina, di cui risulta un frammento isolatosi in tempi non molto remoti. Scoscese e per lo più inaccessibili, le coste con le loro pareti dolomitiche si alzano verticali sull'acqua. Il Monte Tiberio (334 m) a oriente ed il Monte Solaro (589 m) ad occidente, sono i due massicci principali dell'isola, tra i quali, in una sella a cavallo di Marina Grande e Marina Piccola, si trova la cittadina di Capri. I fondali sono estremamente ripidi, con la batimetrica dei 50 metri che dista spesso poche decine di metri dalla costa. Lungo la costa meridionale è presente un'interessante prateria di Cystoseira, mentre su quella settentrionale sono stati riscontrati floridi insediamenti di Posidonia oceanica e Cymodocea nodosa. Data la ripidità della costa, la zonazione delle biocenosi bentoniche è molto netta; tra queste una delle più interessanti è quella del Coralligeno, che si trova a partire dai 35 ai 40 metri di profondità. Tra le specie presenti, la gorgonia rossa (Paramuricea clavata) con colonie di grosse dimensioni, il raro corallo nero e l'asteroide Sphaeodiscus placenta. Le numerose grotte sommerse dell'isola ospitano gli organismi tipici degli ambienti bui e profondi: penetrare in una grotta è, infatti, il metodo più rapido per accedere alla fauna delle maggiori profondità marine, in quanto le condizioni, nei recessi più scuri, sono simili (scarsa, se non nulla, luminosità, acqua immobile ed un elevato tasso di sedimentazione). E’ proprio per questo motivo che in alcune grotte sono stati rinvenuti organismi che solitamente vivono centinaia di metri più in basso. Le grotte, inoltre, offrono rifugio ad una grande quantità di esseri viventi: dai Crostacei, come l'elegante parapandalo che affolla la Grotta Segreta, ai granchi facchino della Grotta Azzurra, e ancora cicale di mare, astici, aragoste, corvine, musdee e qualche cernia. 116 27) Ischia,Vivara, Procida Iter istitutivo: istruttori tecnica in fase di completamento Istituzione: Legge 394/91. Provincia: Napoli. Comuni: Procida, Casamicciola Terme, Lacco Ameno, Barano, Ischia Porto, Serrara Fontana, Forio, Sant'Angelo. Ente Gestore: da definire. Posizione geografica: Ischia: 39° 43' lat. N-13° 55' long. E,Procida: 40°45' lat. N-14°01' long. E,Vivara: 40°44' lat. N-13°59' long. E. Cartografia: Carta n. 127 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:60.000. Tavolette 184 NO (Procida e Vivara) e183 II SE (Ischia) della Carta Topografica d'Italia alla scala 1:25.000 dell'Istituto Geografico Militare Italiano. Carta della distribuzione delle praterie di Posidonia oceanica intorno all'Isola di Ischia.. 117 Caratteristiche dell’ambiente marino: Isole di Procida e Vivara La piccola Isola di Procida, con una forma irregolare lunga poco più di 3,3 km, con coste frastagliate e ripide, è collegata da un esile pontile realizzato nel 1957 all'ancor più piccola appendice di Vivara. La sua origine vulcanica è inequivocabile, non solo per i basalti ed i tufi gialli e grigi, ma soprattutto per i resti di cinque crateri ancora ben riconoscibili, che raccontano la tormentata origine geologica dell'isola. Per la friabilità dei tufi, l'erosione marina ed eolica ha profondamente modellato le coste, conferendo al paesaggio un'impronta del tutto particolare. I fondali, interessanti per l'origine vulcanica delle isole, si presentano estremamente ripidi lungo il versante meridionale, con l'isobata dei 50 metri prossima alla costa. Il versante più settentrionale presenta, invece, fondali che degradano più dolcemente verso profondità maggiori. Questi ultimi sono colonizzati da estese praterie di Posidonia oceanica. Le Secche delle Formiche di Vivara, localizzate a circa 700 metri ad ovest della piccola isola e segnalate da una boa, rappresentano un'area di interesse eccezionale, che da sola giustificherebbe l'istituzione dell''Area Protetta Marina. Sono, infatti, una piattaforma posta a 6-7 metri di profondità, caratterizzata da profondi canaloni, grotte e archi naturali, ricchi di Spugne, Briozoi, Crostacei e Pesci quali donzelle pavonine e corvine. Da segnalare, inoltre, la presenza di numerose colonie di corallo rosso, a circa 40 metri di profondità. Isola di Ischia L'Isola di Ischia, con una superficie di 4533 ha, è la più estesa delle isole partenopee. Lunga 10 km e larga 7, ha uno sviluppo costiero di 37 km. Di natura vulcanica, l'isola ha un'origine legata ad eruzioni "recenti", di cui la più antica di quelle note risale a circa 4000 anni fa, la più vicina a soli 1302 anni, come dimostra l'attuale esistenza di fenomeni vulcanici secondari quali le tipiche fumarole. L'isola presenta una morfologia prevalentemente montuosa, con la massima altezza raggiunta dal rilievo del Monte Epomeo (787 metri slm), che forma la parte centrale di Ischia. Sott'acqua, dalle pareti verticali ricoperte di gorgonia, con rami di corallo rosso e nero, alle praterie di Posidonia oceanica, ai fondali sabbiosi ricchi di pesci: Ischia concentra nel suo mare tutto quello che il Mediterraneo può ancora offrire. 118 28) Santa Maria di Castellabate Iter istitutivo: istruttoria tecnica in corso Istituzione: Legge 394/91. Provincia: Salerno. Comuni: Agropoli, Castellabate, Ogliastro, Montecorice, Casalvelino, Ascea. Ente Gestore: da definire; proposta avanzata da parte dell'Ente Gestore del Parco Nazionale del Cilento-Vallo di Diano. Posizione geografica: 40°16' lat. N-14°56' long. E. Cartografia:_ Carta n. 915 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:25.000. Tavolette 209 IV NO e 209 IV SO bis della Carta Topografica d'Italia alla scala 1:25.000 dell'Istituto Geografico Militare Italiano. Caratteristiche dell’ambiente marino: Lungo la fascia costiera si susseguono promontori, insenature con piccole spiagge, falesie a picco sul mare e grotte marine di inestimabile valore. 119 Anche se il litorale ha fortemente risentito dell'urbanizzazione, non mancano emergenze di estremo valore, come la famosa Grotta Azzurra di Palinuro. La diversa natura geologica del territorio (flysh del Cilento e calcari dolomitici) rende molto vario il profilo delle coste, che appare più dolce a nord e più aspro, inaccessibile e selvaggio nel settore meridionale. Lungo quest'ultimo tratto la abbondanti manifestazioni carsiche hanno formato numerose grotte, molte delle quali sono state invase dal mare che ha contribuito a rimodellare la loro originaria morfologia, impreziosendole con luci, colori e fenomeni erosivi che rendono unico questo tratto di costa. Molte delle grotte mostrano le tracce dell'antica presenza umana, a partire dall'epoca preistorica. Tra gli altri aspetti del paesaggio, molto interessanti sono i terrazzi di abrasione marina, tra i 2 e gli 8 metri sul mare. Nel tratto di costa più settentrionale la piattaforma continentale appare più estesa, mentre diventa più ristretta nella parte meridionale della costa. In corrispondenza delle foci dei fiumi il fondale marino degrada verso il largo più dolcemente. Lungo la costa si riscontrano numerose secche, tra le quali la più estesa è quella di Punta Licosa. Nella fascia di marea lo sviluppo della vegetazione è ridotto, probabilmente per la forte insolazione estiva. Nella scogliera sommersa la ricchezza delle specie diviene preponderante verso Punta Inferno e Santa Maria, con la littorina, la Rivularia atra e numerose alghe azzurre. Più in profondità i fondali sono caratterizzati da una grande varietà di specie di Cystoseira, associata alle alghe coda di pavone e fico d'India marino. Oltre i 5-10 metri di profondità si riscontra una estesa prateria di Posidonia oceanica, che si sviluppa fino a circa 30 metri, presentandosi ricca e rigogliosa. Tutto il litorale è ricchissimo di reperti archeologici: una vera e propria città sottomarina è stata scoperta recentemente di fronte a San Marco di Castellabate, con i resti di un antico molo romano. 120 29) Costa degli Infreschi Iter istitutivo: istruttoria tecnica in corso Istituzione: Legge 394/91. Provincia: Salerno. Comuni: Marina di Camerota, San Giovanni a Piro. Ente Gestore: da definire; proposta di gestione da parte del contiguo Parco Nazionale del CilentoVallo di Diano.Posizione geografica: 40°01' lat. N-15°27' long. E. Cartografia: Carta n. 11 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:100.000. Tavolette 210 III SO e 209 II SE della Carta Topografica d'Italia alla scala 1:25.000 dell'Istituto Geografico Militare Italiano. Caratteristiche dell’ambiente marino: La costa degli Infreschi, uno degli ultimi lembi ancora intatti e disabitati della costa tirrenica meridionale, si presenta frastagliata, alta e rocciosa. Lungo i suoi 18 km la natura ha conservato la sua integrità solo perché la strada costiera, che nelle altre zone della Campania si sviluppa a pochi metri dal mare, devia a nord verso l'entroterra. Il fondale degrada abbastanza dolcemente verso profondità maggiori lungo tutta la costa. Lungo le pareti rocciose, la componente algale appare scarsa, mentre ricchi sono i popolamenti a Echinoidi. Le rocce a maggiore pendenza sono ricoperte da ricci di mare. Le pareti terminano versi i 10 metri di profondità su fondali sabbiosi, colonizzati dalla Posidonia oceanica. 121 30) Costa di Maratea Area marina di reperimento: iter istitutivo non avviato Istituzione: Legge 394/91. Provincia: Potenza. Comune: Maratea. Ente Gestore: da definire. Posizione geografica: 39° 59' lat. N-15°43' long. E. Cartografia: Carte n. 11 e 12 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:100.000. Tavolette 210 III SE e 220 I NO della Carta Topografica d'Italia alla scala 1:25.000 dell'Istituto Geografico Militare Italiano. Caratteristiche dell’ambiente marino: La costa di Maratea, l’unico tratto di territorio col quale la Basilicata si affaccia sul Mar Tirreno, si presenta alta, variegata di scogli e secche, insenature e grotte, grandi e piccole spiagge, sabbiose o acciottolate, ferrigne o calcaree. Le notevoli variazioni di livello del mare sono, ancora oggi, testimoniate da terrazzi costieri presenti a diverse altezze, da nicchie di erosione e da fori di litodomi lasciati sulle pareti ora emerse. I monti di Maratea si protendono verso il mare, formando coste alte e rocciose. Il fondale roccioso prosegue fino a circa 5 metri di profondità, oltre i quali iniziano i fondi mobili. Procedendo verso sud, le falesie arrivano a profondità maggiori (anche fino ai 40 metri). 122 31) Penisola Salentina Area marina di reperimento: iter istitutivo non avviato Istituzione: Legge 394/91. Provincia: Lecce. Comuni: Tricase, Castro Marina, Santa Cesarea Terme. Ente Gestore: da definire. Posizione geografica: 40°02' lat. N-18°27' long. E. Cartografia: Carta n. 28 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:100.000. Tavolette 215 III SO e 223 I NE della Carta Topografica d'Italia alla scala 1:25.000 dell'Istituto Geografico Militare Italiano. Caratteristiche dell’ambiente marino: Il paesaggio della Costa Salentina si caratterizza per la bianca roccia calcarea, generalmente a picco sul mare, in cui si è sviluppata una ricca fenomenologia carsica, che ha dato origine a diverse grotte, tra cui le ben note Zinzulusa e Romanelli, raggiungibili solo via mare. I fondali continuano, per un certo tratto, con lo stesso tipo di morfologia rocciosa dell'ambiente costiero emerso, per terminare su di un fondo sabbioso interrotto, talvolta, dalla presenza di massi isolati. Il substrato roccioso è ricoperto, nella parte più superficiale, dai popolamenti algali fotofili, ai quali si sostituiscono, più in profondità, popolamenti sciafili (amanti dell'ombra), fino ad arrivare al Coralligeno, che in questa zona è particolarmente sviluppato, anche a profondità minori che altrove. 123 33) Costa del Monte Conero Iter istitutivo: istruttoria tecnica in corso Istituzione: Legge 394/91. Provincia: Ancona. Comuni: Sirolo, Numana. Superficie: 5.800 ha. Ente Gestore: Ente Gestione del Parco Naturale del Conero. Sede: Via Vivaldi 1/3 - 60020 Sirolo (AN). Posizione geografica: 43° 33' lat. N. Cartografia: Carta n. 35 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:100.000. Tavoletta 118 IV SE della Carta Topografica d’Italia in scala 1:100:000 dell’Istituto Geografico Militare Italiano. Caratteristiche dell’ambiente marino: Il Monte Conero, con i suoi 572 metri, è l'unico promontorio che dal Gargano fino al litorale triestino si protende nelle acque del Mare Adriatico. Con le sue coste a picco sul mare che s'innalzano dalla bassa costa adriatica, è inciso da cale ed insenature. 124 I fondali antistanti le Marche si possono considerare un prolungamento della pianura padana e sono caratterizzati da sedimenti sabbiosi e fangosi provenienti dalla catena alpina e nord-appenninica. La caratteristica batimetria dell'area è costituita dal leggero ed uniforme pendio dei fondali che raggiungono poco più di 60 metri di profondità, nella zona a nord del Conero, e gli 80 metri nell'area ad est del promontorio. L’isobata dei 10 metri si avvicina a pochi metri di distanza dalla costa in prospicenza del Monte Conero. Le coste rocciose che si affacciano sulla baia di Portonovo presentano, nella loro porzione più superficiale, insediamenti naturali di mitili. Lungo la scogliera sono state evidenziate zone dove predomina il genere algale Acetabularia oppure Cystoseira, mentre nella porzione esterna il popolamento algale è dominato da Ceratium e da Cladophora. Sui fondali antistanti il Monte Conero, è stata segnalata la presenza di banchi biocostruiti dal madreporario Cladocora cespitosa. Tra gli scogli e negli anfratti nuotano numerosi dentici, orate e saraghi, mentre le rocce sono colonizzate dai datteri di mare. 125 34) Arcipelago della Maddalena Iter istitutivo: Istruttoria integrata Difesa Mare Conservazione Natura Istituzione: Legge 394/91, D.P.R. 17/5/199. Provincia: Sassari. Comune: La Maddalena. Superficie: 5.134 ha a terra; 15.046 ha a mare. Ente Gestore: Comitato di Gestione Parco Nazionale Arcipelago de La Maddalena. Sede: c/o Municipio, Via dei Mille,3 - 07024 La Maddalena (SS). Posizione geografica: da lat. N 41°18' a lat. N 41°10'; da long. E 9°12' a long. E 9°31'. Cartografia : Carta n. 42 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:100.000. Tavolette 168 I SE, 168 I NE, 169 IV SO della Carta Topografica d'Italia alla scala 1:25.000 dell'Istituto Geografico Militare.. Caratteristiche dell’ambiente marino: L'arcipelago della Maddalena, una manciata di graniti rosa che emergono dal blu dello stretto passaggio di mare che divide la Corsica dalla Sardegna, è ciò che rimane di un antico ponte, una terra di congiunzione che, milioni di anni fa, univa le due isole. 126 Delle sette isole principali, quattro si trovano vicino alla costa sarda (La Maddalena, Caprera, Santo Stefano e Spargi) e tre più a nord-est (Budelli, Santa Maria e Razzoli), a delimitare le Bocche di Bonifacio. Queste isole, da sempre, hanno dovuto fare i conti con il Maestrale ed il Ponente, che soffiano con rabbia, e con le temibili correnti delle Bocche che, fin dai tempi antichi, hanno terrorizzato i naviganti. Per la particolare posizione sulle Bocche di Bonifacio, le acque dell'arcipelago mostrano fondali e popolamenti animali e vegetali di notevole valore. I fondali non presentano profondità notevoli, risultando tutti compresi entro l'isobata dei 60 metri, con rare depressioni oltre i 70. Le caratteristiche morfologiche sono piuttosto omogenee, con rilievi rocciosi alquanto movimentati che punteggiano l'intera area, a volte imponenti come cattedrali fitte di guglie, a volte formati da brevi crostoni o pinnacoli isolati, suggestivi e pieni di vita. Tra i tanti organismi che vivono in queste acque e colonizzano i fondali delle isole, spiccano i grandi ventagli rosso-arancio della gorgonia rossa ed il raro corallo nero. Tra i Pesci, verso la superficie nuotano le acciughe e le castagnole, accompagnate dalle aguglie, mentre avvicinandosi al fondo si muovono fitti branchi di anthias, menole, salpe e saraghi. Tra i pesci pelagici sono presenti i dentici ed i tonnetti, la cui presenza è testimoniata dalle buone catture che ne fanno i pescatori alla traina nelle zone in cui tale attività è consentita. Rilevante anche la presenza di Patella ferruginea, una rara specie di Gasteropode ormai in declino nell'area mediterranea. 127 35) Capo Testa-Punta Falcone Iter istitutivo: Istruttoria integrata Difesa Mare Conservazione Natura Istituzione: Legge 394/91. Provincia: Sassari. Comune: Santa Teresa di Gallura. Ente Gestore: da definire. Posizione geografica: 41° 09' lat. N - 9° 8' long. E. Cartografia: Carta n. 42 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:100.000. Caratteristiche dell’ambiente marino: La costa compresa tra Capo Testa e Punta Falcone delimita il promontorio di Santa Teresa di Gallura, localizzato di fronte alle ventose Bocche di Bonifacio. Santa Teresa, un antico borgo di pescatori divenuto un'importante località balneare, è distesa su un terrazzo di roccia che degrada a est nella profonda insenatura di Porto Longosardo. Tra i massi di granito scolpiti dal mare e dal vento e la rada vegetazione nidifcano il raro gabbiano corso (Larus audouinii), l'aquila del Bonelli (Hieraatus fasciatus) ed il gabbiano reale (Larus argentatus). 128 Inoltre, è presente la singolare lucertola del Bedriaga (Archaeolacerta bedriagae). Da Capo Testa la costa prosegue verso sud con una fascia litoranea sabbiosa interrotta da alcune formazioni rocciose, fino a giungere al promontorio di Monte Russu. A est di Santa Teresa si protende verso il mare il promontorio di Punta Falcone, ancora ricco di vegetazione, anche se ricoperto da una miriade di ville e villini. La costa è alta e frastagliata, con falesie orlate di scogli. La bellezza e la spettacolarità dei luoghi prosegue anche sott'acqua, dove sono presenti fondali e popolamenti marini di estremo interesse, di cui, purtroppo, non si dispone di vasti studi in letteratura. 129 37) Isola di San Pietro Area marina di reperimento: iter istitutivo non avviato Istituzione: Legge 394/91. Provincia: Cagliari. Comuni: Carloforte, S. Antioco, Calasetta, Portoscuso. Superficie: 50 km2. Ente Gestore: da definire. Posizione geografica: 39° 08' lat. N - 8° 17' long. E. Cartografia: Carta n. 46 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:100.000. Tavoletta 252 II SO-NO della Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000 dell’Istituto Geografico Militare Italiano. Caratteristiche dell’ambiente marino: Localizzata a poca distanza dalla costa, l'Isola di San Pietro si estende per circa 50 km2, con una morfologia montuosa. Imponenti falesie, che raggiungono anche i 130 metri di altezza, isolotti e scogli, spuntoni rocciosi modellati dal mare, anfratti e grotte denotano l'origine vulcanica dell'isola. 130 Le coste sono in prevalenza rocciose nella parte occidentale, sabbiose e basse in quella orientale. L'interno è un alternarsi di campagne, pinete, vigneti e suggestivi sentieri immersi nel verde. Un'emergenza morfologica di grande interesse è rappresentata dalle colonne trachitiche di Carloforte, che emergono dal mare formando dei caratteristici scogli. I fondali del canale di San Pietro sono caratterizzati da bassa profondità (5-15 metri) e presentano un andamento movimentato da una soglia sottomarina posta a circa 5 metri di profondità, con direzione est-ovest. La loro natura vulcanica è testimoniata da forme tormentate con frane e fratture che si prolungano in spuntoni, lastroni semisommersi, scogli e isolotti, soprattutto a nord di Portoscuso e alle estremità della costa orientale dell'isola. La tipologia delle comunità bentoniche corrisponde a quella del settore centrale del Mediterraneo occidentale. I substrati rocciosi presentano le tipiche successioni animali e vegetali, con l'eccezione della zona di spruzzo che, per la natura vulcanica del substrato, risulta abbastanza povera. I fondali del canale di San Pietro sono rinverditi da vaste praterie di Posidonia oceanica e Cymodocea nodosa in ottime condizioni e con abbondanti fenomeni di fruttificazione. Negli anfratti e nelle grotte dell'isola si nascondono corvine, spigole e magnoselle. 131 38) Capo Spartivento-Capo Teulada Area marina di reperimento: iter istitutivo non avviato Istituzione: Legge 394/91. Provincia: Cagliari. Comune: Teulada.Ente Gestore: da definire. Posizione geografica: 38° 52' lat. N - 8° 43' long. E. Cartografia: Carta n. 301 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:50.000. Tavolette 239 IS E-NO-NE-SO e 239 IV NE-SE della Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000 dell’Istituto Geografico Militare Italiano. Caratteristiche dell’ambiente marino: Nell’estrema propaggine sud-orientale della Sardegna, la costa compresa tra Capo Teulada e Capo Spartivento conserva ancora ambienti costieri integri e di rara bellezza. L'urbanizzazione sfrenata che ha interessato gran parte delle coste sarde sembra, infatti, essersi dimenticata di questo lembo di territorio. Certamente la presenza a Capo Teulada di una base militare NATO, territorio rigorosamente off-limits, ha contribuito alla conservazione di questa zona. La fascia costiera è chiusa a nord dai monti del Sulcis, un massiccio di natura prevalentemente granitica che si estende per circa 800 km2 nel settore sud-occidentale della Sardegna, ricoperto da un manto pressoché ininterrotto di foresta mediterranea sempreverde.La costa, costituita in prevalenza da ciglioni alti e a picco sul mare, è caratterizzata dall'alternanza di dure rocce granitiche e friabili rocce scistose. 132 41) Monte Cofano-Golfo di Custonacci Area marina di reperimento: iter istitutivo non avviato Istituzione: Legge 394/91. Provincia: Trapani. Comune: Custonaci. Ente Gestore: da definire; proposta di gestione da parte dell'Azienda Foreste Demaniali della Regione Sicilia. Posizione geografica: 38° 06' lat. N - 12°40' long. E. Cartografia: Carta n. 17 in scala 1:100.000 dell’Istituto Idrografico della Marina. Tavoletta 248 III NE della Carta Topografica d'Italia alla scala 1:25.000 dell'Istituto Geografico Militare Italiano. Caratteristiche dell’ambiente marino: I 650 metri del Monte Cofano proiettano la loro ombra a nord di Trapani, nella Sicilia nordoccidentale. Lungo il tratto di costa che delimita il Golfo del Cofano si susseguono, per 10 km, falesie, tozzi promontori, piattaforme rocciose e massi d'abrasione. 133 Il mare è una componente essenziale della zona: se ne avverte la presenza dai tipi e dalle forme della vegetazione rupestre e dai disegni che l'erosione incide sulle rocce. Il paesaggio sottomarino è, anch'esso, una continua rassegna di forme e colori. Il perimetro costiero si estende per circa 7 km e si presenta accidentato, alternando tratti a falesia con bruschi promontori che si prolungano con piattaforme rocciose e massi d'abrasione. Sott'acqua la morfologia è simile a quella emersa, con falesie e terrazzamenti. Numerose fessurazioni si aprono nella roccia, dando così luogo a grotte ed anfratti. Dove l'impatto con le onde si fa, invece, più violento, la sponda si adorna dell'intricato merletto rosato del Lithophyllum lichenoides, un'alga rossa, dallo spesso scheletro calcareo, le cui minute creste spezzano in mille rivoli la forza dirompente delle onde. Le barbe brune dell'alga Cystoseira stricta contornano i tratti rocciosi al livello di marea; al di sotto del primo metro la Cystoseira stricta cede il passo alla Dictyopteris membranacea e ad altre alghe brune. Dove il blu è uniforme si fanno più frequenti gli Invertebrati, come gli anemoni, le rose di mare e le madrepore Caryophyllia e Cladocora caespitosa. Su qualche spuntone roccioso, a profondità ragguardevoli, gemma ancora il corallo rosso. Poco sotto la zona di marea è presente la margherita di mare, una madrepora che accende le pareti di colori smaglianti, accompagnando Spugne ed altri Invertebrati bentonici. Non lontano dalla linea di costa si estendono ampie praterie di Posidonia oceanica. Pochi i Pesci, rappresentati soprattutto da labridi e blennidi dalle colorate livree. 134 42) Stagnone di Marsala Area marina di reperimento: iter istitutivo non avviato Istituzione: Legge 394/91. Provincia: Trapani. Comune: Marsala. Superficie: 2.000 ha. Ente Gestore: Provincia di Trapani, Sede: Ass. Territorio e Ambiente, Via V. Carrera, 2 - 91100 Trapani. Posizione geografica: 37° 52' lat. N - 12°28' long. E. Cartografia: Carta n. 17 in scala 1:100.000 dell’Istituto Idrografico della Marina. Tavolette 256 I SE e 257 IV SO della Carta Topografica d'Italia alla scala 1:25.000 dell'Istituto Geografico Militare Italiano. Caratteristiche dell’ambiente marino: Lo Stagnone è una vasta laguna di circa 2.000 ettari, poco profonda, separata dal mare aperto dall'Isola Grande. Al suo interno si trovano gli isolotti di Mozia, Santa Maria e di Scuola, quest'ultima così chiamata per la presunta presenza di una scuola retorica in epoca romana. Il collegamento con il mare ed il ricambio idrico avvengono attraverso due bocche, poste a nord e a sud. 135 Il paesaggio è caratterizzato da una costa bassa, pianeggiante, con piccole spiagge alternate a scogliere rocciose. Gran parte dell'Isola Grande è occupata dalle saline, che si susseguono a piccole paludi salmastre, pozze d'acqua dolce e altri ambienti costieri. La parte settentrionale della laguna è caratterizzata da acque più calme e stagnanti, mentre quella meridionale risente maggiormente dell'influenza marina. La profondità varia tra 0,5 e 3 metri. Il fondale ospita una ricca vegetazione acquatica, a volte affiorante, costituita da alghe e fanerogame. Le specie dominanti sono, tra le prime, Caulerpa prolifera, maggiormente presente in zone più stagnanti e, tra le seconde, Cymodocea nodosa, più abbondante in zone a maggior ricambio idrico. Nella parte più esterna della laguna fa la sua comparsa la vasta prateria di Posidonia oceanica. Tra gli Invertebrati si ricorda la presenza di seppie e molte altre specie di Molluschi e di Crostacei, ma lo Stagnone è soprattutto ricco di Pesci, come anguille, orate, branzini, cefali, triglie, saraghi e specie occasionali come scorfani e mormore. 136 43) Isola di Pantelleria Iter istitutivo: istruttoria tecnica in corso Istituzione: Legge 394/91. Provincia: Trapani. Comune: Pantelleria. Superficie: 83 km2. Ente Gestore: da definire. Posizione geografica: 36° 47' lat. N-12°03' long. E. Cartografia: Carta n. 242 in scala 1:40.000 dell’Istituto Idrografico della Marina. Tavolette LS6 III della Carta Topografica d'Italia alla scala 1:25.000 dell'Istituto Geografico Militare Italiano. Caratteristiche dell’ambiente marino: L'origine dell'Isola di Pantelleria, di natura vulcanica, pare sia collocabile intorno ai 250.000 anni fa; 200.000 anni dopo si originò una caldera e vi fu una forte esplosione di ignimbrite verde, minerale che avvolse l'isola in un mantello verde, mutandone la conformazione geologica. L’isola si presenta con il grosso massiccio centrale della Montagna Grande, circondato da numerose alture, avanzi di crateri vulcanici. 137 L’attività vulcanica si manifesta tuttora in segnali secondari, quali getti di vapore e fumarole presenti nella Montagna Grande. Le coste sono color del carbone, il mare raramente riesce a levigarle, quando può le rompe, formando grotte di ogni stile e dimensione. Pantelleria è un'isola persa al centro del Mediterraneo, che si innalza da fondali molto profondi. Le rocce laviche, nere e frastagliate, danno origine ad una morfologia costiera quanto mai spettacolare e varia, evidentissima nei suoi fondali. I popolamenti vegetali sottomarini comprendono, nella zona raggiunta dalla luce, le alghe corallinacee Lithophyllum incrustans e Lithophyllum lichenoides, oltre a Polysiphonia serularioides, che colonizza i tratti più esposti al moto ondoso. Nelle zone maggiormente calme sono presenti alghe verdi come Enteromorpha compressa; lo zoobenthos è rappresentato dai Crostacei Chtamalus stellatus, da patelle ed attinie. Più in profondità si trovano i popolamenti dell'astroide, associato alla spugna incrostante Spirastrella cunctatrix. La struttura dei fondi mobili favorisce la distribuzione delle colonie di fanerogame quali Cymodocea nodosa e Posidonia oceanica. 138 44) Pantani di Vendicari Area marina di reperimento: iter istitutivo non avviato Istituzione: Legge 394/91. Provincia: Siracusa. Comune: Noto. Ente Gestore: Azienda Foreste Demaniali della Regione Sicilia, Sede: Via Libertà, 97 - 90142 Palermo, Sede locale: Via San Michele, 4 - 91010 Castellamare del Golfo (TP). Caratteristiche dell’ambiente marino: I cinque stagni salmastri di Vendicari costituiscono una serie di acquitrini collegati tra loro e caratterizzati da un elevato valore naturalistico. La finalità della Riserva è quella di consentire la sosta e la nidificazione dell'avifauna ed il recupero della vegetazione psammofla e mediterranea. I Pantani sono, inoltre, una zona umida di importanza internazionale, tutelata ai sensi della Convenzione di Ramsar. Il loro interesse è dovuto sia per la ricca avifauna, che per la varietà e la ricchezza della sua vegetazione, presente sulle dune sabbiose e nei pantani. L'ambiente marino e costiero antistante i Pantani si presenta abbastanza vario, dal momento che i fondali, pur non scendendo mai a profondità elevate, sono costituiti, in parte, da ambienti sabbiosi e da praterie di Posidonia oceanica, in parte da roccia ricoperta da associazioni algali fotofile. E' proprio la prateria di Posidonia la protagonista di questi fondali, ospitando al suo interno numerose specie di organismi, in particolare Pesci. 139 45) Capo Passero Area marina di reperimento: iter istitutivo non avviato Istituzione: Legge 394/91. Provincia: Siracusa. Comune: Portopalo di Capo Passero. Ente Gestore: Ente per la Fauna Siciliana, Sede: Ctr. Cugno Vasco-96017 Noto (SR). Posizione geografica: 36° 40' lat. N - 15° 60' long. E. Cartografia: Carte n. 20 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:100.000. Tavoletta 277 III SE della Carta Topografica d'Italia in scala 1:25.000 dell'Istituto Geografico Militare Italiano. Caratteristiche dell’ambiente marino: L'estremità meridionale della Sicilia, con il promontorio dell'Isola di Capo Passero, segna lo spartiacque tra il Mar Ionio ed il Mediterraneo. La piccola isola è separata dalla costa siciliana da un basso fondale guadabile, lungo meno di 300 metri. 140 L'ambiente è arido ed il pendio si presenta più dolce nel lato rivolto verso la costa, mentre è scosceso verso il mare aperto. Le formazioni rocciose affioranti comprendono sia calcari ricchi di fossili, sia rocce vulcaniche. Per il suo ruolo di spartiacque tra Mar Jonio e Mediterraneo, Capo Passero è un sito di grande interesse biologico, caratterizzato da una grande biodiversità dell'ambiente marino. Nei primi metri di profondità della costa rocciosa sommersa sono presenti le associazioni algali fotofile, tra cui spicca l'acetabularia, mentre negli anfratti e nelle zone maggiormente in ombra abbondano specie sciafile, come Udotea petiolata e Peyssonelia squamaria. Tutto intorno il fondale è generalmente basso e sabbioso e ospita, tra i 10 e i 25 metri, una estesa prateria di Posidonia oceanica. 141 46) Grotte di Aci Castello Area marina di reperimento: iter istitutivo non avviato Istituzione: Legge 394/91. Provincia: Catania. Comune: Aci Castello. Superficie: 623 ettari. Tipologia: Isole e faraglioni di origine vulcanica a poca distanza dalla costa. Ente gestore: Consorzio tra il Comune di Aci Castello e l’Università di Catania. Sede: c/o Comune di Aci Castello, via Dante 28, 95021 Aci Castello (CT). Posizione geografica: 31° 35' lat. N-15° 08' long. E. Cartografia: Carte n. 2074 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:25.000. Tavoletta 270 IV SE-NE della Carta Topografica d'Italia in scala 1:25.000 dell'Istituto Geografico Militare Italiano. Cenni generali: Le Isole Ciclopi comprendono l’Isola Lachea, il Faraglione Grande e i Faraglioni Piccoli, costituiti dalla lava basaltica dell'Etna, caratterizzata da forme singolari di cristallizzazione colonnare, sulla quale le incrostazioni calcaree e l'erosione marina hanno prodotto effetti di notevole suggestione. Lachea, l'unica vera isola, è la più settentrionale di queste formazioni che, secondo la leggenda, sono state scagliate in mare da Polifemo contro Ulisse, e si trova proprio davanti all'imboccatura del porto di Aci Trezza, da cui dista circa 200 metri. Sull’isola, proprietà dell’Università di Catania che vi ha realizzato un laboratorio di ricerca, sono presenti numerose cavità. Anche la costa compresa tra Aci Trezza e Aci Castello è caratterizzata dalla scura roccia lavica dell'Etna. Il fondale tra le isole e la costa è di tipo sabbioso e non supera i 12 metri di profondità. Quest'area è segnata da parecchi grossi massi che formano anfratti e grotte. L’isola e i faraglioni fuoriescono dal fondo sabbioso con pareti scoscese circondate da blocchi rocciosi sparsi e da franate che, verso i lati nord, sud, ed est raggiungono facilmente i 25 metri. Su substrati duri (pareti rocciose, massi e ciottoli) è presente, nei primi metri di profondità, una ricca vegetazione algale dominata dal genere Cystoseira, ed è comune l’astroide. Più in profondità, verso il Coralligeno, abbondano i Poriferi (Axinella damicornis, Agelas oroides, Spongia officinalis), mentre sono meno rappresentate le gorgonie, come Eunicella cavolini. Sui fondi detritici e costieri sono comuni gli Echinodermi e, in particolare, i Crinoidi (gigli di mare) e le ofiure. 142 25) Monte di Scauri Identificato come area marina di reperimento dalla Legge 394/91. Regione: Lazio, Provincia: Latina, Comune: Formia. Iter istitutivo: non avviato. 32) Parco Marino del Piceno Identificato come area marina di reperimento dalla Legge 394/91. Regione: Marche/Abruzzo, Provincia: Ascoli/Teramo, Comune: Fermo, Porto Sant’Elpidio, Porto San Giorgio, Altidona, Pedaso, Campofilone, Massignano, Cupra Marittima, Grottammare, S:Benedetto del Tronto, Martinsicuro, Alba Adriatica. Iter istitutivo: istruttoria in corso. Torre di Cerrano Identificata come area marina di reperimento dalla Legge 344/91. Regione: Abruzzo, Provincia: Teramo, Comune: Pineto, Silvi Marina. Iter istitutivo: istruttoria in corso. 143