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parchi e riserve marine in italia
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI “LA SAPIENZA” DI ROMA
Facoltà di Lettere e Filosofia corso di laurea in Geografia
PARCHI E RISERVE MARINE IN ITALIA
Relatore: Gianfranco Bussoletti
Correlatore: Giovanni Calafiore
Candidata: Valentina Fares
Numero matricola: 962778
Anno accademico 2003/2004
INDICE
Introduzione...........................................................................................................
pag. 4
Capitolo 1
L’ecosistema a rischio nel Mediterraneo………………………………………
pag. 9
1.1- L’inquinamento marino……………………………………………………...
1.2- Le leggi nazionali sui parchi marini………………………………………. ..
1.2.1- Le aree marine protette previste dalle leggi nazionali……………....
1.3- Elementi per un sistema di tutela…………………………………………….
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Capitolo 2
Le aree marine protette………………………………………………………..... pag. 17
2.1- Considerazioni di carattere generale…………………………………………
2.2- Le funzioni delle aree marine protette……………………………………….
2.2.1- Conservazione della diversità genetica …………………………...
2.2.2- Mantenimento dei processi ecologici……………………………..
2.2.3- Uso sostenibile dell’ambiente…………………………………….
2.2.4- Mantenimento delle aree naturali per educazione e ricerca………
2.2.5- Benefici sociali ed economici…………………………………….
2.3- Pianificazione delle aree marine protette…………………………………….
2.4- Criteri per l’istituzione delle aree marine protette…………………………...
2.4.1- Identificazione delle aree critiche…………………………………
2.4.2- Identificazione dei processi chimico-fisici ed ecologici………….
2.4.3- Identificazione dei fattori socio-economici……………………….
2.4.4- Criteri di selezione delle aree……………………………………..
2.5- Iter per l’istituzione delle aree marine protette………………………………
2.6- Studi di supporto all’istituzione delle aree marine protette………………….
2.6.1- Fase conoscitiva…………………………………………………...
2.6.2- Fase progettuale……………………………………………………
Capitolo 3
Le aree marine protette in Italia………………………………………………..
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pag. 51
3.1- Le aree marine protette previste dalle normative……………………………. pag. 51
3.2- Le aree marine protette istituite ……………………………………………... pag. 52
3.3- Le aree marine protette in via di istituzione…………………………………. pag. 99
Capitolo 4
Un esempio di Area Marina Protetta: le “Secche di Tor Paterno”………….
pag.144
4.1- Considerazioni di carattere generale………………………………...……….
4.1.1- La storia………………………………………………………………...
4.2- Caratteristiche ambientali e risorse…………………………………………..
4.2.1- Morfobatimetria………………………………………………………..
4.2.2- Oceanografia…………………………………………………………...
pag.144
pag.145
pag.145
pag.146
pag.147
2
4.2.3- Fisico-chimica delle acque e microbiologia…………………………..
4.2.4- Elaborazioni morfobatimetriche……………………………………...
4.3- Il contesto di riferimento dell’Area Marina Protetta……………………….
4.3.1- Inquadramento turistico………………………………………………
4.3.2- Le attività umane……………………………………………………...
4.4- L’Ente gestore………………………………………………………………
4.4.1- Come visitare l’Area Marina Protetta………………………………...
4.4.2- I servizi……………………………………………………………….
4.5- Gestione dell’Area Marina Protetta………………………………………..
4.5.1- Struttura del piano di gestione………………………………………..
4.5.2- La tecnologia al servizio dell’ambiente………………………………
4.6- Valorizzazione dell’area attraverso l’uso di strutture a terra………………
4.6.1- Descrizione delle opere e fattibilità tecnico-urbanistica……………..
4.7- La flora e la fauna………………………………………………………….
4.8- Le normative……………………………………………………………….
4.8.1- Decreto Ministero dell’Ambiente 29 novembre 2000……………….
4.8.2- Disciplinare inerente le attività di pesca sportiva……………………
4.8.3- Disciplinare inerente le attività subacquee…………………………..
pag.148
pag.149
pag.151
pag.151
pag.154
pag.156
pag.159
pag.160
pag.161
pag.162
pag.170
pag.171
pag.172
pag.174
pag.182
pag.182
pag.185
pag.189
Conclusioni…………………………………………………………………….
pag.193
Bibliografia e siti web………………………………………………………….
pag.198
3
INTRODUZIONE
Dagli inizi del XX secolo l’uomo ha notevolmente modificato il suo modo di vivere;
oggigiorno la crescente spinta demografica unita alla straordinaria e rapidissima evoluzione delle
tecnologie mettono in pericolo in modo preoccupante l’equilibrio biologico del pianeta.
In conseguenza si deve far fronte ad una vera e propria crisi ambientale che ha da tempo
raggiunto gli oceani e sempre più considerevolmente aumenta la sua gravità. L’umanità moderna
deve prendere finalmente coscienza di un deterioramento della vita del pianeta, accompagnato dalla
diminuzione delle risorse vitali. Detto impoverimento è determinato da due congiunte motivazioni:
la richiesta sempre più pressante di risorse proteiche utilizzabili e l’aumento esponenziale dei rifiuti
e dei materiali inquinanti dovuto alla modernizzazione, eliminati in mare.
Tali rifiuti e materiali inquinanti deteriorano progressivamente l’ambiente impoverendo la
flora e la fauna marina. Come vedremo in seguito in modo più approfondito, una forma
d'impoverimento particolarmente grave e dannosa è quella da idrocarburi, a causa della sua azione
prolungata derivante non solo dai trasporti per via marittima ma anche dalle sempre più frequenti
prospezioni ed azioni di sfruttamento in mare, con l’aumento conseguente dei rischi di un
riversamento nell’oceano di enormi volumi di petrolio e dei suoi derivati e conseguente
sterilizzazione di aree marine sempre più vaste.
Diminuiscono i chilometri di coste e di spiagge liberi da costruzioni e cemento. Cresce
l’inquinamento da scarichi industriali e civili, mettendo in pericolo centinaia di specie vegetali e
animali. Interi ecosistemi rischiano di sparire e le uniche testimonianze saranno solo quelle dei libri
di scienze naturali.
Questi pericoli sono stati già avvertiti prima dell’ultima guerra mondiale quando, dietro gli
ammonimenti di numerosi naturalisti, molte nazioni avevano deciso di proteggere da azioni
inquinanti e di mantenere ad un “naturale” stato di equilibrio alcune aree dei propri territori
nazionali, particolarmente significative sotto il profilo biologico.
Nacquero così le riserve e i parchi nazionali terrestri che oggi si sono moltiplicati in tutto il
mondo e che determinano l’orgoglio dei Paesi che il hanno creati.
Il concetto di “parco marino”, logica conseguenza di quello terrestre appare molto più tardi.
Fatta eccezione per alcune prime iniziative isolate assunte da poche nazioni, che tuttavia
dimostravano come l’idea della salvaguardia del patrimonio marino fosse presente nella intenzione
di alcuni, bisognava tramutare tale idea in realtà, sensibilizzando il grande pubblico e gli uomini di
stato.
Il momento determinante che segnerà la nascita di una vera e propria politica internazionale
di protezione dell’ambiente marino è legato alla conferenza mondiale sui parchi nazionali, tenuta a
Seattle nel 1962. L’assemblea che raggruppava i maggiori specialisti mondiali votò la risoluzione di
raccomandare alle nazioni che possedevano frontiere marittime di creare dei parchi per la
conservazione dell’ambiente marino.
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Da tale data alcuni Paesi avviarono in tal senso delle azioni che tuttavia procedettero molto
lentamente, considerando le incidenze a livello politico ed economico che le iniziative in parola
possono provocare all’interno di un paese.
I motivi sono diversi ma è possibile che, in alcune occasioni, abbia avuto un suo ruolo la
difficoltà avanzata di alcuni biologi che, avendo sposato pienamente i propri convincimenti, non
hanno saputo esprimersi senza passionalità e convincere i loro interlocutori, spesso poco preparati
sulle specifiche problematiche da discutere. Infatti conservare e, su più vasta scala, controllare
l’equilibrio dell’ambiente marino non significa solamente rimanere ad uno “status quo” poco
verosimile al momento attuale. Siamo troppo progrediti nelle tecnologie, nelle organizzazioni
economiche e sociali non soltanto per arrestare questo progresso ma per fare uno o diversi passi
indietro al fine di ritrovare la natura nella sua selvaggia pienezza. Siamo invece allo stadio in cui,
idoneamente supportati da una tecnologia più avanzata, dobbiamo prendere le opportune decisioni
per mantenere il più possibile integro questo ambiente, arricchirlo e valorizzarlo, proteggerlo
certamente ma utilizzarlo anche con cognizione quale risorsa insostituibile.
Tale obiettivo è raggiungibile anche attraverso l’istituzione di parchi marini perchè offrono i
mezzi per educare gli uomini, molti dei quali ancora non conoscono a pieno ciò che l’oceano
rappresenta per la conservazione dell’umanità.
Non esiste una definizione comunemente accettata per delineare cosa sia una “riserva” o un
parco marino. Per comodità accettiamo la descrizione che prendiamo da una pubblicazione della
Fondazione Agnelli (1).
“I parchi e le riserve marine costituiscono categorie di usi del mare di origini piuttosto
recente, per lo più allestiti in aree marine appartenenti a paesi economicamente sviluppati, come gli
Stati Uniti e gli stati dell’Europa occidentale. La protezione ambientale viene assunta nella più
ampia eccezione e come finalità trainante. Nella più ampia accezione, perché la protezione si
estende alla geomorfologia, alle proprietà (fisiche, chimiche e biologiche) e agli ecosistemi. Finalità
trainante, perché nell’area di riserva e del parco marino sono vietate tutte le attività salvo quelle che
non diano luogo a rischi ambientali”.
In un’altra pubblicazione di G. Cognetti (2), troviamo gli stessi termini di definizione.
“Col termine di riserva naturale i conservazionisti definiscono quelle aree protette integralmente
per le loro particolari caratteristiche naturali e che quindi in nessun modo devono essere oggetto di
modifiche da parte dell’uomo”. Esse sono sotto il controllo dei poteri pubblici al fine di garantire la
conservazione e la protezione delle caratteristiche naturali.
All’interno del parco vengono promosse attività di ricerca, di didattica e altre attività
compatibili per le esigenze “ambientali”. Come dire: i parchi non solo sono conservazione delle
specie animali e vegetali, ma una vera e propria arma per la sopravvivenza del pianeta.
^^^^^^^^^^
1) Fondazione Agnelli: “Manuale per la difesa del mare e della costa”.
2) G. Cognetti: “I parchi marini sotto la legislazione italiana” .
5
Non a caso si è cominciato a parlare di protezione e di protezionismo dell’ambiente quando
l’uomo si è accorto che cominciava a consumare sempre più risorse.
Attualmente esistono nel mondo circa 3.000 aree marine protette di vario tipo: parchi, riserve,
oasi, santuari, zone di tutela biologica, aree pelagiche e riserve biogenetiche, parte delle quali
comprendente anche la fascia costiera terrestre.
Numerosi sono i parchi marini nel Mediterraneo: quelli francesi (Port Cros, Banyuls,
Scandola, Lavezzi), quelli spagnoli (Isole Medes, Tabarca, Columbretes), quelli greci (Zacinto,
Sporadi settentrionali), quelli croati (Lokrum, Maloston), quello di Zembra in Tunisia, per citare i
più noti.
Tutti hanno come principale obiettivo la conservazione e la tutela di aree di particolare
interesse naturalistico esercitando nel contempo un controllo sulla situazione ecologica. Pertanto
queste riserve sono dotate di laboratori adeguati e di efficaci mezzi di rilevamento e di studio sì da
farne dei veri centri di difesa del mare con una loro specifica funzione operativa, scientifica e
culturale.
In Grecia sono stati istituiti, in base a una specifica legge del 1986, parchi marini mirati
prevalentemente alla protezione della foca monaca e delle tartarughe marine. Eccellenti risultati
sono stati ottenuti nei parchi di Zacinto e delle Sporadi settentrionali dove vivono numerose coppie
di foche.
Oltre ad avere una funzione di tutela e conservazione ambientale il parco marino è un
efficace strumento di sviluppo per nuove attività economiche che possono essere di tipo:
- culturale: per il significato di elevazione che la natura protetta irradia sull’uomo che ne
gode;
- sociale: per la possibilità di un sano impiego del tempo libero;
- igienico-sanitario: per la salute derivante dalle attività ricreative e per la tutela di zone non
inquinate;
- urbanistico: per il valore di esempio, modello e fattore di riequilibrio sull’assetto
territoriale di un paese civile;
- scientifico: per il campo illimitato aperto all’indagine, sperimentazione, osservazione, alla
ricerca di base o applicata;
- educativo: per il riflesso formativo e informativo a favore soprattutto dei giovani;
- di tutela del patrimonio naturale: a vantaggio delle generazioni future;
- economico: per l’incremento del patrimonio ittico delle zone di pesca circostanti (con la
difesa delle aree di riproduzione); per la formazione di nuove fonti di reddito grazie
all’aumento delle risorse pescabili; per il più intenso afflusso turistico, per l’insorgere di
nuovi posti di lavoro; per il plusvalore delle zone circostanti prive di vincoli; per
l’attuazione delle infrastrutture e opere secondarie di nuova progettazione o di ripristino sia
architettonico sia naturalistico.
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Un esempio è il parco delle isole Medes sulla Costa Brava in Spagna, la cui istituzione ha
determinato nel giro di pochi anni un eccezionale sviluppo economico dell’area fino a non molto
tempo fa di scarso interesse turistico. Situazioni analoghe si sono verificate per l’Isola di Tabarca
sulle coste di Alicante e Lavezzi in Corsica.
Per quanto riguarda la situazione nazionale, la possibilità di istituire riserve in aree marine è
prevista nella legge 979/82 (1). Come noto, la legge definisce le riserve naturali marine quali aree
“costituite da ambienti marini, dati dalle acque, dai fondali e dai tratti di costa prospicienti che
presentano un rilevante interesse per le caratteristiche naturali, geomorfologiche, fisiche,
biochimiche con particolare riguardo alla flora e alla fauna marina e costiera e per l’importanza
scientifica, ecologica, culturale, educativa ed economica che rivestono”. Essa non aggiunge ulteriori
specifiche né per quanto attiene i criteri da applicare nella scelta delle aree da tutelare, né per quanto
attiene gli obiettivi della tutela, demandando alla Consulta per la difesa del mare dagli inquinamenti
(organismo di cui parleremo in seguito), il compito di proporre e verificare la congruità dei luoghi e
delle misure.
Tuttavia la legge richiamata individua venti aree su cui operare l’accertamento di idoneità da
parte di una “Consulta per la difesa del mare” , e promuove quale strumento di coordinamento delle
politiche nazionali in materia, il “Piano Generale di Difesa del Mare e delle Coste marine
dall’Inquinamento e di Tutela dell’Ambiente Marino”, senza peraltro definirne in maniera
esauriente contenuti, criteri e obiettivi.
Comunque, in osservanza alle norme, si è avviata l’istituzione delle venti riserve indicate
dalla legge attraverso singole procedure; l’iter istitutivo per alcune di esse è completato, e per
alcune altre è in corso di completamento, come vedremo in seguito, ma la portata di tale operazione
è stata ridotta dalla assenza di un quadro organico all’interno del quale ciascuna area avesse una
riconoscibile funzione, una rappresentatività ed un valore precipuo nell’ambito della generale
conservazione e gestione dell’ambiente marino-costiero.
Lo spazio operativo e finanziario dato alla Legge 979/82 ed in particolare alle attività
relative alle riserve marine, riduce la portata programmatica ed offusca l’obiettivo perseguibile,
limitando le potenzialità insite nell’azione di tutela e relegandole al margine degli interessi della
collettività.
La successiva Legge 394/91, pur potendo avvalersi delle esperienze maturate nei decenni
precedenti, ripropone lo stesso approccio operativo.
Anche in questo caso siamo in presenza di un elenco di aree, in parte individuate sulla base
di studi precedentemente svolti, la cui scelta, non riferendosi a criteri e obiettivi definiti, è di vaga
motivazione.
^^^^^^^^^^
1) Legge 979/82 “Disposizioni per la difesa del mare”
7
La Legge 394/91 (1), così come la 979/82, non scioglie i nodi relativi al ruolo di vincoli di
carattere ambientale e neppure al ruolo della conservazione nel quadro del generale degrado
dell’ambiente.
E’ noto infatti che le biocenosi marine sono molto sensibili alle condizioni del mare, al suo
uso ed all’uso delle aree costiere e dei territori ad esse connesse; chiarire quali siano le misure che
l’istituzione di una riserva comporta sugli ambiti limitrofi e le limitazioni da applicare non solo
all’area specifica ma nelle aree e sulle attività che con essa interagiscono è obiettivo imprescindibile
per una sua qualificata realizzazione.
Le biocenosi marine si modificano con il modificarsi delle condizioni di contorno, e quindi
sono perimetrabili ma non alienabili dal contesto in cui si situano; l’unitarietà dell’ambiente
marino-costiero viene fortemente inibita dalla perimetrazione di aree, quando non si consideri che
per la loro salvaguardia si deve avviare un intervento più esteso.
^^^^^^^^^^
1) Legge 394/91: “Legge quadro sulle aree marine protette”.
8
Capitolo 1
L’ECOSISTEMA A RISCHIO DEL MEDITERRANEO
1.1- L’inquinamento marino
Il Mare Mediterraneo, compreso fra l’Europa, l’Asia minore e l’Africa, ha una superficie di
2.516.000 kmq, otto volte quella dell’Italia. È un mare piccolo, quasi chiuso, se si considera che le
uniche vie di comunicazione sono date dallo Stretto di Gibilterra con l’Oceano Atlantico, dal
Canale di Suez con il Mar Rosso e dal Mar Nero attraverso lo Stretto dei Dardanelli e del Bosforo.
Esso è soggetto a un ciclo idrologico abbastanza semplice caratterizzato da una
evaporazione (4.144 kmc al giorno) che supera di molto l’apporto delle precipitazioni (24,11%) e
l’afflusso di acque dei fiumi (5,56%) e del Mar Nero (3,68%) per cui il deficit idrico è compensato
con l’ingresso di acqua atlantica (66,65%) dallo Stretto di Gibilterra. Per questo fatto il ricambio
idrico del Mediterraneo risulta molto lento e si completa nell’ordine di circa cento anni. Tuttavia
esso riveste un’importanza ecologica eccezionale se si considera che influenza fortemente il clima e
quindi il ciclo idrologico, la vegetazione, la fauna di ben 34 paesi, tra cui l’Italia, la Francia
meridionale, la Grecia, la Spagna, la Siria, la Turchia, i paesi del Magreb.
Nei paesi che circondano il Mare Mediterraneo, secondo la Fao (1959) nel 1936 viveva una
popolazione residente di circa 136 milioni di abitanti, che sale a 355 milioni se si considerano i
bacini fluviali tributari del Mediterraneo a cui si devono aggiungere, nel periodo estivo, almeno 150
milioni di arrivi turistici. Secondo stime prudenti dell’Omt (Organizzazione mondiale del turismo)
questa cifra è destinata a raddoppiare nei prossimi dieci anni. Questi arrivi si distribuiscono
attualmente sulle coste di tutti i paesi mediterranei con una netta prominenza per i mercati leader
come Italia, Francia, Spagna, ma con un ritmo elevato di crescita anche nei paesi emergenti tra cui
Grecia, Egitto, Turchia, Cipro, Malta, Marocco, Tunisia, Israele.
Secondo l’Unep l’85% degli scarichi fognari di 120 città costiere viene immesso nel
Mediterraneo senza un’adeguata depurazione. Il 24% delle spiagge mediterranee risulta pericoloso
per la balneazione. Secondo le previsioni sullo sviluppo socio-economico del bacino del
Mediterraneo, prendendo come base di valutazione le tendenze dei precedenti trent’anni, nel 1984
l’Unep prevedeva che nei successivi quarant’anni il 95% delle coste sarà urbanizzato. Già ora
abbiamo in vari paesi zone con carico urbano litoraneo molto elevato come ad esempio in Liguria,
ove su 211 km di coste presenti 114 km sono occupati da opere marittime (540 m ogni 1.000 m di
spiaggia). In zone come Chiavari e Lavagna, l’indice di occupazione sale a 900 m di spiaggia
(Cortemiglia 1991). Una situazione simile a quella della Liguria si trova in altre zone litoranee di
diversi paesi mediterranei.
Inoltre il bacino del Mediterraneo è sede di un’intensa attività di pesca. Se si analizzano i
dati elaborati dalla Fao si nota che il pescato è in costante aumento. Infatti il pescato nel 1984 si
aggirava intorno ai 4.650.000 t/anno con un incremento del 3,1%. Nel 1986 si era raggiunto un
valore di 4.800.000 t/anno con un ulteriore incremento del 3,6%. I dati degli ultimi anni (1990-94)
registrano invece una flessione dovuta a diverse cause fra cui la principale potrebbe essere il
sovrasfruttamento delle risorse ittiche.
9
Per quanto riguarda la marinicoltura, il nostro paese, con oltre 8.000 km di coste e circa
150.000 ettari di stagni costieri e lagune, ha raggiunto nel 1994 una produzione complessivamente
di 159.000 tonnellate (poco più del 10% del totale fabbisogno nazionale di prodotti ittici), ma in tale
quantitativo sono comprese 120.000 t di cozze, 29.000 di vongole, 2.850 di spigole, 1.850 di orate,
3.000 di anguille e 2.900 di cefali.
Un altro aspetto rilevante è dato dal traffico marittimo costituito in gran parte dal trasporto
di prodotti petroliferi. Basta infatti considerare che nelle acque del Mar Mediterraneo transita il
20% del traffico mondiale di petrolio. Nei principali porti petroliferi italiani transitano ogni anno
qualcosa come 200 milioni di tonnellate di greggio destinate anche a paesi d’oltralpe.
Infatti, secondo i dati rilevati negli ultimi dieci anni dalla US National Academy of
Sciences, il petrolio che attraversa o viene sbarcato nel bacino del Mediterraneo è valutabile in 600800 milioni di t/anno pari a circa il 30-40% della quantità trasportata per mare a livello mondiale.
Secondo diverse fonti (US National Academy of Science 1975; National Researce Councilin 1985)
si evidenzia che in tutta la quantità di idrocarburi liquidi che viene attualmente riversata in mare, su
scala mondiale, soltanto una piccolissima quantità (da 1,3 a 3,75%) è da imputarsi all’attività
petrolifera off-shore mentre la quasi totalità è dovuta alla navigazione (35-45%) e agli scarichi
industriali e urbani (33-44%).
Poco risalto, invece, si dà a un danno da inquinamento ambientale ben maggiore: l’eccesso
di concimi chimici e di pesticidi portati dai fiumi ai mari. In tutto il mondo, per ottenere
dall’agricoltura quanti raccolti sia possibile, si eccede nell’uso di prodotti utili (forse) alla terra,
mortali (di certo) per il mare. Prodotti che, avvelenandole, inaridiscono le distese sottomarine di
posidonia oceanica nel Mediterraneo.
Si calcola che i vegetali acquatici sia dei mari che delle acque dolci producano circa il 70%
dell’ossigeno atmosferico, ma ciò è sempre più ostacolato dagli inquinamenti di vario genere che
concorrono a sopprimere la vegetazione per intossicazione diretta e a impedire gli scambi gassosi
aria/acqua, frapponendo un velo isolante di idrocarburi.
Di fronte a questa situazione preoccupante, sono pochissimi gli studi di ecologia applicata
tesi a studiare i diversi fenomeni di alterazione, quantificandone l’entità e individuandone le
molteplici cause.
La difesa del mare è stata a lungo un sogno di scienziati e ambientalisti. Era difficile parlare
di queste cose mentre venivano perpetrate le più selvagge aggressioni degli spazi costieri che si
ricordano nella storia, e la tutela delle acque era limitata ai meri aspetti igienico-sanitari.
Nel 1995 si sono poste le basi, con la rivisitazione del Piano d’azione del Mediterraneo
(Map) del Programma ambientale delle Nazioni Unite (Unep), dopo un lungo e difficile processo
politico, per un nuovo processo di cooperazione e di collaborazione tra i Paesi dell’area
mediterranea con l’obiettivo di ridurre i fenomeni di alterazione e salvaguardare le risorse
biologiche del bacino.
^^^^^^^^^^
- Le informazioni e i dati statistici sono tratti dal sito: http://www.pubit.it
10
1.2- Le leggi sui parchi marini
In Italia la gestione e la tutela della fascia costiera è regolata dalla Legge 17 febbraio 1982 n.
41 (1) e dalla Legge 31 dicembre 1982 n. 979 (2).
Una sezione rilevante della Legge 979/82 riguarda le riserve marine. Con tale termine si fa
riferimento a zone di mare che, per le loro peculiari caratteristiche morfologiche, oceanografiche e
biologiche, sono meritevoli di tutela e gestione. Questa materia, ripresa, anche se con poche
modifiche, dalla Legge 394/91 (3), si ispira a criteri e principi mutuati dalla teoria e dalla pratica dei
parchi terrestri.
In base alla legge 979/82 sono state istituite o sono in fase di istituzione varie riserve marine.
In particolare l’art. 25 della citata legge afferma che le riserve naturali marine sono costituite
da ambienti marini, dati dalle acque, dai fondali e dai tratti di costa prospicienti, che presentano un
rilevante interesse per le caratteristiche naturali, geomorfologiche, fisiche e biochimiche con
particolare riguardo alla flora e alla fauna marina e costiera e per l’importanza scientifica,
ecologica, culturale, educativa ed economica che rivestono.
La localizzazione di una riserva o di un parco marino avviene dopo attenti studi sulla fauna,
la flora, la geomorfologia, la presenza di endemismi particolari, la posizione, ecc.
La Consulta per la Difesa del Mare, l’organo consultivo dell’Ispettorato per la Difesa del
Mare cui spetta per legge l’individuazione e l’istruttoria per l’istituzione delle aree marine protette
in base all’art. 26 della Legge 979/82, accerta:
a) la situazione naturale dei luoghi e la superficie da proteggere;
b) i fini scientifici, ecologici, culturali, educativi, minerari ed economici con cui va
coordinata la protezione dell’area;
c) i programmi eventuali di studio e ricerca, nonché di valorizzazione dell’area;
d) i riflessi della protezione nei rapporti con la navigazione marittima e le attività di
sfruttamento economico del mare e del demanio marittimo;
e) gli effetti che prevedibilmente deriveranno dall’istituzione della riserva marina
sull’ambiente marino e costiero, nonché sull’assetto economico e sociale del territorio e
delle popolazioni interessate;
^^^^^^^^^^
1) Legge 41/82: “Piano per la razionalizzazione e lo sviluppo della pesca marittima”.
2) Legge 979/82: “Disposizione per la difesa del mare”.
3) Legge 394/91: “Legge quadro sulle aree marine protette”.
11
f) il piano dei vincoli e delle misure di protezione e valorizzazione ritenuti necessari per
l’attuazione delle finalità della riserva marina.
Successivamente il Ministro dell’Ambiente ai sensi dell’art. 18 della legge 394/91, d’intesa
con il Ministro del Tesoro e in attuazione del programma triennale di cui all’art. 4, emette il decreto
che istituisce formalmente la riserva, indicandone la denominazione, le finalità, la perimetrazione,
le attività vietate e consentite, l’individuazione di aree a differente grado di protezione, gli enti di
gestione e vigilanza e i mezzi finanziari per far fronte ai costi di gestione.
1.2.1- Le aree marine protette previste dalle leggi nazionali
L’art. 31 della legge 979/82 individua 20 aree marine meritevoli di tutela:
- Golfo di Portofino,
- Cinque Terre,
- Secche della Meloria,
- Arcipelago Toscano,
- Isole Pontine (Ventotene e S. Stefano),
- Punta Campanella
- Capo Rizzuto,
- Porto Cesareo,
- Torre Guaceto,
- Isole Tremiti,
- Miramare,
- Capo Caccia- Isola Piana,
- Penisola del Sinis-Isola Mal di Ventre,
- Golfo di Orosei-Capo Monte Santu,
- Tavolara, Molara, Capo Coda Cavallo,
- Isola di Uscita,
- Isole Eolie,
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- Isole Egadi,
- Isole Pelagie,
- Isole Ciclopi.
La legge 6 dicembre 1991 n. 394 detta una disciplina di carattere generale sulle aree marine
protette, lasciando in vigore le disposizioni del titolo V della legge 979/82, purché non siano in
contrasto con le disposizioni della stessa legge 394/91.
L’istituzione di un’area marina protetta è la fase conclusiva di un lungo iter procedimentale
che inizia con l’individuazione da parte del Parlamento delle cosiddette "aree di reperimento", cioè
delle aree che hanno per le loro caratteristiche la vocazione a diventare aree protette.
L’art. 36 della legge 394/91 prevede che possono essere istituiti parchi marini o riserve
marine nelle seguenti 26 aree:
- Isola Gallinara,
- Isola di Bergeggi,
- Monti dell’Uccellina,
- Secche di Torpaterno,
- Monte Scauri,
- Isola di Capri,
- Ischia, Vivara e Procida,
- Santa Maria di Castellabate,
- Costa degli Infreschi
- Costa di Maratea,
- Penisola Salentina,
- Piceno,
- Costa del Monte Conero,
- Arcipelago della Maddalena,
- Capo Testa-Punta Falcone,
- Isola dell’Asinara,
- Isola di San Pietro,
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- Capo Spartivento-Capo Teulada,
- Capo Carbonara,
- Capo Gallo-delle Femmine,
- Monte Cofano-Golfo di Custonaci,
- Stagnone di Marsala,
- Isola di Pantelleria,
- Pantani di Vindicari,
- Capo Passero,
- Grotte di Aci Casello.
L’art. 4 della Legge 344/1997 (1), ha istituito il parco marino di "Torre del Cerrano".
L’art. 2 della Legge 426/1998 (2), ha istituito il parco marino “Alto Tirreno-Santuario dei
cetacei”
^^^^^^^^^^
1) Legge 344/97: “Disposizioni per lo sviluppo e la qualificazione degli interventi in campo
ambientale”.
2) Legge 426/98: “Nuovi interventi in campo ambientale”.
14
1.3- Elementi per un sistema di tutela
Quando saranno tutte a regime, le 50 aree naturali protette marine individuate dalle leggi
979/82, 394/91, 344/97 e 426/98 costituiranno una costellazione di ecosistemi marini
rappresentativi, principalmente, del Mediterraneo centrale. Nel frattempo ci sono strumenti che
possono fornire delle scorciatoie per raggiungere, almeno in parte, gli obiettivi che si perseguono
attraverso le aree naturali protette marine.
La Legge 14 luglio 1965 n. 936 (1), prevede la possibilità di istituire zone di tutela biologica
nelle quali la tutela stessa è principalmente indirizzata al mantenimento o al ripristino delle risorse
di pesca. Anche se, almeno in apparenza, il percorso burocratico è semplice, solo pochissime di
queste zone sono state istituite e nessuno sa quali risultati abbiano dato. L’azione amministrativa è
in capo al Ministero delle Politiche agricole, Direzione generale della Pesca e dell’Acquacoltura e
sarebbe interessante iniziare un discorso comune, anche con il concorso dei pescatori e delle loro
associazioni, che potrebbe anche comprendere aspetti della gestione integrata delle risorse costiere.
Lo scopo principale dovrebbe essere quello di coinvolgere le comunità di pescatori, che
potrebbero essere le più penalizzate per la costituzione dell’area protetta marina, nel definire una
politica di razionalizzazione e anche potenziamento dell’attività di pesca e di agevolare processi di
riconversione, affidando ai pescatori i nuovi lavori che l’istituzione dell’area protetta marina potrà
realizzare.
Un’altra possibilità è quella delle "oasi blu". Un ente pubblico, un’associazione
ambientalista o un qualunque soggetto che ne faccia richiesta può ottenere una concessione
demaniale di uno specchio di mare, per finalità di tutela e protezione dell’ambiente marino. Il
demanio marittimo è oggi in capo al Ministero dei Trasporti il quale si avvale delle competenti
capitanerie di porto.
Ci sono quattro "oasi blu" (Gianola, Monte Orlando, Villa di Tiberio e Scogli Isca), tutte
gestite dal WWF che ne cura anche la sorveglianza e la fruizione.
Sta nascendo infine una nuova forma di area marina protetta che è il "santuario", sotto la
forma concreta del Santuario internazionale per i Cetacei del Mar Ligure (ispirato a una proposta
dell’Istituto Tethys), oggetto di una dichiarazione di Italia, Francia e Principato di Monaco siglata
nel 1993 e attualmente in fase di negoziazione.
L’estensione (70.000 kmq tra Liguria, Costa Azzurra, Corsica e Sardegna) del "santuario",
così come proposta dal Ministero dell’Ambiente è supportata anche dalla presenza, all’interno della
perimetrazione, di due parchi nazionali di recente istituzione: PN dell’Arcipelago de La Maddalena
e PN dell’Arcipelago Toscano.
La nozione di "santuario", in questo caso, riguarda uno strumento di tutela e gestione di un
ambiente pelagico in acque internazionali.
^^^^^^^^^
1) Legge 936/65: “Disciplina della pesca marittima”.
15
Il bacino corso-liguro-provenzale è una delle regioni del Mediterraneo dove la presenza dei
cetacei (otto specie) è più consistente, tanto sotto il profilo della quantità di esemplari quanto sotto
quello della diversità della specie. Tale affermazione è oggi suffragata da una quantità di ricerche.
Considerando solo le specie frequenti e quelle regolari, il bacino corso–liguro-provenzale
presenta un’importanza capitale per la loro alimentazione, per la loro riproduzione e per il loro
svernamento.
Le caratteristiche ecologiche della zona considerata spiegano i motivi della sua ricchezza e
giustificano l’adozione di misure di conservazione in situ dei cetacei e del loro habitat.
Del tutto diversi sono i “parchi marini sommersi” di Baia e di Gaiola, istituiti con decreto
del Ministero dell’Ambiente, di concerto con i Ministeri per i Beni e le Attività culturali, dei
Trasporti e della Navigazione e delle Politiche agricole e forestali e di intesa con la regione
Campania. I due parchi, che rappresentano una novità in ambito mediterraneo, non si limitano a
proteggere una parte dei fondali partenopei, ma tutelano e valorizzano un ambiente marino che ha
anche un rilevante valore storico, archeologico e culturale.
16
Capitolo 2
LE AREE MARINE PROTETTE
2.1- Considerazioni di carattere generale
Per l’Italia, situata al centro del Mediterraneo e con più di 8.000 chilometri di sviluppo
costiero, il mare è una risorsa inestimabile, data la ricchezza e la varietà delle specie animali e
vegetali, la straordinaria presenza di testimonianze archeologiche, storiche e architettoniche, le
peculiarità paesaggistiche, la diffusa influenza sugli usi e costumi della sua popolazione.
Questo immenso patrimonio nell’ultimo secolo è stato aggredito dall’inquinamento, dalla
speculazione edilizia, da numerose attività economiche ed industriali. La repentina crescita della
pressione demografica, l’industrializzazione, l’agricoltura intensiva hanno fortemente influito sugli
scarichi che arrivano direttamente o indirettamente sulla fascia costiera. Inoltre, la diffusione di
impianti chimici, le raffinerie, le metropoli costiere, il boom dei traffici marittimi pericolosi, lo
sfruttamento a fini energetici dei fondali marini, la pesca incontrollata, l’uso dissennato e la
cementificazione della fascia costiera hanno assai appesantito le condizioni qualitative del nostro
mare e, tutto, in un bacino semichiuso quale è il Mediterraneo, con cadenze secolari per il ricambio
delle acque.
A fronte di tale degrado, non sono stati messi in atto sforzi per la salvaguardia del
patrimonio marino e costiero altrettanto decisi ed imponenti di quelli praticati, invece, nelle aree
terrestri. Basti pensare che oggi abbiamo oltre 500 aree protette, pari a 2.300.000 ettari, di cui
soltanto 190.000 di mare, nonostante si fosse partiti con largo anticipo nella produzione normativa
in ambito marino.
Tanta precarietà e trascuratezza nei confronti del mare e delle coste non poteva che riflettersi
in una mancata esperienza pianificatoria e gestionale, oltre che di comunicazione e relazione con le
comunità locali, testimoniata anche dallo scarso consenso che, normalmente, le Aree Marine
Protette (A.M.P.) riscuotono nel nostro Paese a differenza di ciò che avviene in altre realtà europee.
L’assenza di precise e celeri azioni istitutive per dette aree ha fatto in modo che non si
giungesse alla definizione di una puntuale ed uniforme metodologia da seguire, attraverso criteri
standard, per la loro creazione. Questa mancanza procedurale, soprattutto in fase di zonazione, è la
causa principale del frequente fallimento nel raggiungimento di quelle finalità, sia
conservazionistiche, che di rilancio dello sviluppo, che giustificano l’istituzione dei parchi marini.
A conferma di quanto detto è possibile osservare che i pochi studi del genere finora condotti
in Italia mostrano un’assoluta disomogeneità, non solo nei contenuti, bensì anche nei metodi e nelle
procedure seguite. In particolare molti mancano di una fase progettuale, momento fondamentale
nell’iter istitutivo, nel quale si dovrebbero individuare i diversi livelli di protezione in cui
suddividere l’area ed i possibili settori di sviluppo compatibile.
17
Un altro elemento di debolezza di questi lavori è la settorialità nelle competenze, dal
momento che vengono spesso affidati ad una o poche persone con esperienza nel medesimo settore
(generalmente biologi), anziché ad un team di esperti (biologo, geologo, architetto, ingegnere
ambientale, ecc.) che lavorino sinergicamente, così da considerare tutte le complesse interazioni
esistenti tra i diversi ambiti presenti in un’area marina protetta.
La gestione razionale dell’ambiente costiero e marino, è fondamentale per poter utilizzare
efficacemente le sue risorse, conservandolo per le generazioni future (saper amministrare un
patrimonio significa utilizzarne ed investirne proficuamente gli interessi, mantenendo intatto il
capitale, Diviacco 1999), in linea con i principi dello sviluppo sostenibile. Si deve purtroppo
constatare che tali risorse sono sempre più minacciate da numerose attività antropiche proprio per la
carenza, spesso assai marcata, di una politica gestionale, sia a livello centrale, che locale.
Proprio per sopperire a tali lacune, o per rafforzare le azioni di gestione dell’ambiente
costiero, è di estrema importanza istituire aree naturali protette, cioè zone in cui la natura venga
conservata nel miglior modo possibile. Tali azioni di salvaguardia si rendono necessarie sia per non
depauperare le risorse biologiche, sia ai fini turistico-ricreativi, sempre più condizionati dalla
ricerca di “naturalità”.
L’esperienza pluridecennale acquisita dai ricercatori a livello internazionale permette di
affermare che le Aree Protette Marine rivestono un ruolo molto importante nella gestione
dell’ambiente costiero, e la loro istituzione deve divenire parte integrante di un programma per la
gestione delle risorse avente quali obiettivi la conservazione della ricchezza biologica e la
definizione di una nuova relazione tra uomo e ambiente.
La nascita di un’area marina protetta segue un iter complesso ma necessario a causa della
varietà dell’ambiente marino e delle molteplici competenze richieste per le numerose indagini
(ambientali, economiche, sociologiche) che l’istituzione di un’area protetta richiede. Al termine
delle indagini conoscitive, viene formulata dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio
la proposta di provvedimento per l’istituzione dell’area marina, che prevede la perimetrazione, la
zonizzazione e la regolamentazione per assicurare la tutela ambientale e lo sviluppo socioeconomico dell’area. La proposta è discussa con gli enti locali interessati e con la relativa regione,
affinché si possa tenere conto di tutti gli interessi coinvolti. Una volta raggiunto l’accordo il
Ministro dell’ Ambiente e della Tutela del Territorio emana il decreto ufficiale di istituzione
dell’area marina protetta.
Una volta istituita, l’area marina protetta ha lo scopo di preservare e tutelare i valori di
particolare pregio ambientale che hanno portato alla sua creazione e, se possibile, migliorarli.
Questo è un compito riconosciuto internazionalmente e ribadito dalla Convenzione di Barcellona
(Convenzione per la protezione dell’ambiente marino e della regione costiera del Mediterraneo,
1976) secondo la quale un’area marina protetta ha lo scopo di conservare attivamente la biodiversità
marina a tutti i livelli di organizzazione della materia vivente (dal corredo genetico agli ecosistemi).
Per fare ciò, in tutte le aree marine protette è prevista una zonazione, nata dall’esperienza e dallo
studio a livello internazionale, basata su puntuali analisi tecniche e scientifiche. Grazie a questa
procedura, un’area marina è ripartita, a seconda delle caratteristiche ambientali in zona A o di
riserva integrale, B o di riserva generale, C di riserva parziale.
Nella zona A il livello di tutela è massimo e l’accesso è consentito solo per motivi di studio
al fine di ridurre al minimo ogni disturbo nel luogo dove è più alta l’integrità naturale. Nella zona B
sono invece consentite alcune attività, compatibili con la conservazione dell’ambiente, quali le
immersioni subacquee, la navigazione, la balneazione e la pesca. Ovviamente tutte queste attività
18
sono opportunamente regolamentate per ridurre al minimo l’impatto antropico. Nella zona C le
attività consentite sono più numerose, in quanto è maggiore il grado di tolleranza dell’impatto
sull’ambiente, anche se sempre regolamentate.
2.2- Le funzioni delle Aree Marine Protette
L’IUCN (International Union for the Conservation of the Nature) così riassume le funzioni
principali delle Aree Protette Marine:
“Protezione dei valori biologici ed ecologici”: questo è lo scopo principale dell’istituzione di
un’Area Protetta Marina e comprende il mantenimento:
- della diversità genetica attraverso la protezione degli habitat di specie, sottospecie e varietà,
stanziali e migratrici, commerciali e non, minacciate e comuni, animali e piante;
- delle aree di riproduzione, specialmente per specie minacciate o commerciali;
- delle aree di alta produttività biologica;
- dei processi ecologici.
“Ripristino, mantenimento ed incremento dei valori biologici ed ecologici” che sono stati ridotti o,
comunque, perturbati da attività umane.
“Promozione dell’uso sostenibile delle risorse”, con particolare riguardo per quelle che sono state
sovra o sottoutilizzate.
“Monitoraggio, ricerca, educazione ed addestramento”, per approfondire le conoscenze.
“Forme di ricreazione e turismo compatibili” dal punto di vista ambientale.
Tutte queste funzioni, alcune delle quali sono analizzate più analiticamente nei paragrafi
seguenti, permettono, inoltre, il raggiungimento di alcuni benefici sociali ed economici.
2.2.1- Conservazione della diversità genetica
Funzione delle aree naturali protette in genere è la conservazione della diversità genetica. E’
qui opportuno conoscere le differenze tra “diversità biologica” o “biodiversità” e “diversità
genetica”: semplificando concetti abbastanza complessi e specialistici, è possibile affermare che
mentre la prima è legata al numero di specie, la seconda tiene conto delle variazioni all’interno della
stessa specie.
Le risorse genetiche naturali vengono perdute sia a causa dell’estinzione di una specie, sia
per l’estinzione di una popolazione di tale specie (impoverimento genetico). Mentre il primo
19
processo è definitivo ed irreversibile, il secondo può essere, in alcuni casi, reversibile.
Nell’ambiente marino, in cui il numero di endemismi è inferiore a quello terrestre, il problema non
è tanto dell’estinzione delle specie, quanto dell’impoverimento genetico. Infatti, mentre in mare non
si notano particolari aumenti del tasso di estinzione di specie, si osservano, al contrario, estinzioni
di popolazioni, a causa della sovrappesca, inquinamento e distruzione degli habitat.
Le suddette attività antropiche stanno causando una diminuzione della diversità genetica, la
quale può invece essere conservata in tre maniere, come ricordato da Salm e Clark (1989) (1):
- costituzione di banche dei geni, sorte di “magazzini” che conservano i geni per usi futuri;
- gestione delle risorse biologiche, evitando il sovrasfruttamento o aggiungendo alle risorse
disponibili in natura quelle prodotte in allevamento o, ancora, impedendo pesca e
commercializzazione di specie minacciate;
- creazione di aree protette, in quanto la minaccia maggiore alla sopravvivenza di popolazioni di
specie è la distruzione del loro habitat. Le aree protette costituiscono, in pratica, delle banche
genetiche “in situ” per la conservazione dei geni in natura, piuttosto che in magazzino.
Bisogna, anzi, aggiungere che la tendenza attuale alla diminuzione della diversità genetica,
oltre che alla biodiversità, in gran parte imputabile all’uomo e alle sue attività, rappresenta una seria
minaccia al nostro sviluppo; per garantire il mantenimento dei patrimoni genetici delle varie specie
occorre conservare la diversità degli ecosistemi.
Non basta certo creare banche genetiche “ex situ”, come acquari o, in ambiente terrestre,
giardini zoologici ed orti botanici. Un acquario potrà forse garantire il mantenimento, ad esempio,
di un certo numero di ciuffi fogliari di una pianta marina come la Posidonia oceanica, ma non il
funzionamento dell’ecosistema naturale, in cui ogni singola specie gioca un ruolo fondamentale. In
questo caso un’area protetta preserverà, invece, integralmente, per quanto possibile, le componenti
del posidonieto, uno degli ecosistemi marini mediterranei più complessi e produttivi, caratterizzato
da un’elevata complessità delle relazioni esistenti tra la pianta e le numerose specie vegetali ed
animali che appartengono all’ecosistema.
Il patrimonio genetico determina il modo in cui le specie possono adattarsi alle
modificazioni ambientali. In molti organismi, tra cui alcune specie di pesci, gli individui che
possiedono le maggiori variazioni genetiche (e, quindi, una maggior tolleranza ai cambiamenti
dell’ambiente), hanno mostrato un maggior tasso di sopravvivenza o di crescita. La diversità
genetica rappresenta, quindi, una misura dell’abilità della popolazione ad adattarsi a modificazioni
dell’ambiente esterno e, pertanto, una migliore capacità di sopravvivenza.
^^^^^^^^^
1) Salm R. Clark G.R. 1989 “Marine and coastal protected areas: a guide for planners and
managers”.
20
Molti tipi di ambiente, poi, offrono rifugio a specie in fasi delicate del loro ciclo vitale, a specie
minacciate o migratrici, le quali li utilizzano per alimentarsi, riprodursi, crescere e trovare riparo dai
predatori. La conservazione di questi habitat marini critici, mediante l’istituzione di aree protette,
contribuisce al mantenimento delle popolazioni di specie protette e delle risorse genetiche che esse
rappresentano.
Le aree protette, permettendo la conservazione di ecosistemi unici, rappresentativi e
particolarmente ricchi di specie, costituiscono quindi un valido investimento in termini di risorse
genetiche, con le quali possono essere rifornite, in seguito, aree depauperate, assicurando così un
idoneo reclutamento.
2.2.2- Mantenimento dei processi ecologici
Altra funzione delle Aree Protette Marine è favorire il mantenimento della produttività degli
ecosistemi, salvaguardando i processi ecologici essenziali attraverso il controllo delle attività che
possono comprometterne la funzionalità o danneggiare comunque l’ambiente naturale. Tali
processi, che possono essere di tipo fisico, chimico e biologico, assicurano il mantenimento
dell’ecosistema.
Dal momento che tra gli scopi principali delle aree protette, e quindi anche di quelle marine
e costiere, vi è la conservazione delle risorse genetiche, e che queste ultime non possono essere
conservate se non si riescono a mantenere i processi ecologici, è indispensabile conservare le une e
gli altri, per consentire un uso sostenibile delle specie e degli ecosistemi.
E’ di enorme importanza economica, ad esempio, il mantenimento della produttività
biologica, finalizzato alle attività di pesca. Questo è un chiaro esempio di come un processo
ecologico influisca sul benessere economico e sociale, poiché la presenza di un’area altamente
produttiva, in termini di biomassa ittica, consente un buon tenore di vita ai pescatori, lavoratori dei
cantieri, distributori, commercianti di attrezzi ed accessori con conseguenti effetti positivi sulla
realtà sociale.
2.2.3- Uso sostenibile dell’ambiente
Considerando, poi, l’uso dell’ambiente naturale e delle sue risorse, è auspicabile che questo
conduca ad uno sviluppo sostenibile, tale cioè da permettere alle risorse stesse di rinnovarsi.
L’utilizzo dell’ambiente naturale, con particolare riferimento a quello marino costiero, può
essere compreso in tre categorie:
- usi che alterano permanentemente gli ecosistemi (urbanizzazione, attività industriali ed
agricole);
- usi estrattivi (raccolta di risorse alimentari, come i prodotti della pesca, e di risorse di altro
genere, come quelle ornamentali, comprendenti coralli, perle, conchiglie, quelle domestiche, come
le spugne, quelle scientifiche, comprendenti molte specie, quelle industriali, per l’industria
farmaceutica e quelle interessanti per l’acquacoltura;
21
- usi non estrattivi, che comprendono attività ricreazionali (attività balneare, immersioni
subacquee, nautica da diporto, bird-watching e sea-watching), ricerca, educazione ambientale,
sviluppo di Aree Protette Marine.
Spesso può essere molto utile proteggere ambienti naturali sensibili quali, ad esempio, zone
di riproduzione o di reclutamento ittico, per prevenire il depauperamento delle specie di interesse
commerciale e, quindi, per garantire un ritorno economico durevole attraverso l’attività di pesca.
Molte specie importanti sotto questo punto di vista non sono minacciate dal pericolo di
estinzione, ma, poiché sono sfruttate in maniera massiccia, sono state incluse nel “Red Data Book”,
cioè nella lista dell’IUCN delle specie a rischio, nella categoria delle specie “minacciate
commercialmente”, che vengono definite “attualmente non a rischio di estinzione, ma molte o tutte
le loro popolazioni sono minacciate come risorse commerciali sostenibili o lo saranno se il loro
sfruttamento non verrà regolamentato”.
La maniera in cui le aree protette possono contribuire alla gestione di tali risorse è già stata
descritta da Wells (1982) (1). Esse possono comunque tutelare le aree di riproduzione, le quali
costituiscono il punto di partenza per il ripopolamento di zone sovrasfruttate, oltre che
salvaguardare comprensori di accrescimento degli stadi giovanili.
Nei nostri mari, ad esempio, è tipico il caso della cernia (Epinephelus marginatus), pesce
predatore, al massimo livello della catena trofica, ad accrescimento e tasso di riproduzione molto
lenti, quindi molto sensibile alla sovrappesca. Per tale motivo questa specie era quasi scomparsa nel
Mediterraneo, al di fuori delle aree protette, come risulta da numerosi studi, anche recenti (Chauvet,
1991) (2). Anche in Italia la cernia ormai si trova con una certa frequenza, anche a bassa profondità
e con varie classi di taglia, solamente all’interno di zone soggette a limitazione o interdizione delle
attività di pesca (Ustica e Gorgona), mentre in molte altre località, un tempo ricche di questa specie,
le segnalazioni sono diventate sempre più rare, più profonde e riguardano spesso giovani individui.
E’ ovvio che le catture selettive operate dai pescatori subacquei, principalmente su individui di
grandi dimensioni, quindi di sesso maschile, riducono drasticamente le opportunità riproduttive
della specie in zone in cui la pesca è consentita. Fortunatamente le osservazioni di questi ultimi anni
stanno indicando un lento ma progressivo incremento delle presenze di tale specie, probabilmente
dovuto proprio all’aumento di zone protette e ad una diminuzione della pesca subacquea.
^^^^^^^^^^
1) Wells J. “Marine aprotected areas and the conservation of invertebrates”.
2) Chauvet C. “ Recensements du mèrou Epinephelus guaza dans les rèserves et parcs
marins des cotes mèditerranèennes”.
22
2.2.4- Mantenimento di aree naturali per educazione e ricerca
Le aree marine protette, con il loro patrimonio storico, culturale e naturalistico, svolgono
una funzione educativa fondamentale, i cui benefici sono difficilmente quantificabili. La possibilità
di venire a stretto contatto con la natura aiuta a scoprirne i processi e a capire quanto l’uomo
dipenda da essi.
Le tendenze registrate in questi ultimi anni a livello internazionale portano a ritenere che
all’inizio del nuovo millennio il turismo costituirà la più grande industria del mondo. Anche
nell’ambito dell’Unione Europea l’industria turistica occupa un posto molto importante
nell’economia (5,5%) e garantisce l’occupazione a tempo pieno per circa sette milioni di persone; la
parte più significativa interesserà le zone costiere e quelle montane e si concentrerà in larga misura
nella regione mediterranea.
L’ambiente costituisce, quindi, un’importante materia prima per il turismo e, al tempo
stesso, quest'ultimo è uno dei primi strumenti che l’ambiente possiede o per valorizzare
economicamente le proprie potenzialità; ne consegue che, accanto ad obiettivi specifici di settore, è
da perseguire una maggiore integrazione tra le varie strategie che compongono il quadro del
governo del territorio e delle sue risorse e, in primo luogo, tra quelle che riguardano la tutela del
paesaggio, la promozione e la gestione delle aree protette, la pianificazione del territorio e la
politica turistica.
Tra gli obiettivi citati nel “Piano Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile”, in attuazione
dell’Agenda 21 (G.U. 47/1994), vi è anche la diffusione del concetto di “turismo sostenibile”, inteso
come turismo che non “consuma”, ma riscopre e valorizza, nonché l’individuazione e la
conseguente tutela di aree interessanti dal punto di vista naturalistico e maggiormente minacciate da
quello ambientale.
Sempre nel Piano Nazionale vengono indicate una serie di azioni e strumenti che, nel medio
e breve termine, possono consentire il raggiungimento degli obiettivi nazionali, quali
l’individuazione, a livello di “Carta della Natura” (legge 394/91), delle aree fragili dal punto di vista
ambientale, l’emanazione di norme specifiche di tutela, l’estensione dei casi di applicazione di
V.I.A. (Valutazione di Impatto Ambientale) agli insediamenti turistici che influenzano le aree
protette, l’elaborazione di un “Piano Nazionale delle Coste e delle Isole”, che tenga conto della
necessità di fronteggiare l’aumento della richiesta di fruizione di questi ambienti nei prossimi anni e
la promozione e incentivazione del turismo scolastico, introducendo “settimane naturali” all’interno
della programmazione annuale. Inoltre, nelle Aree Protette Marine è possibile effettuare ricerche in
vari campi, seguendo l’evoluzione dei fenomeni naturali senza l’azione di disturbo da parte di
visitatori.
2.2.5- Benefici sociali ed economici
Si tende sempre più a giustificare le aree protette da un punto di vista economico,
affermando che i benefici offerti da queste zone superano i costi sostenuti per istituirle, ma tale
affermazione spesso non è facile da dimostrare. Infatti, in genere, è più facile descrivere i valori
delle aree protette, piuttosto che quantificarli.
Si sa, infatti, che i parchi marini e costieri sono utili per la riproduzione e per
l’accrescimento di specie di interesse commerciale, o per la conservazione di specie minacciate,
23
sono fonte di ricreazione e di divertimento e di altre attività (ricerca, didattica), ma è molto difficile
assegnare un valore monetario a tutti questi benefici. Questi ultimi, comunque, possono essere in
qualche modo quantificati, come verrà esposto più in dettaglio successivamente, in termini di
vantaggi
economici
e
di
fruizione
delle
Aree
Protette
Marine.
Qui basti ricordare che attività effettuate nel rispetto dell’ambiente, come il nuoto, la
semplice visione del fondo con maschera dalla superficie (snorkelling) o in apnea, l’immersione
subacquea con autorespiratore, il surf, la barca a vela e tutti gli sport legati al mare portano
benessere economico a comunità spesso tradizionalmente caratterizzate da un’economia povera, in
quanto favoriscono il proliferare di attività produttive connesse a questo tipo di turismo.
Tra queste si ricorda l’industria alberghiera, i campeggi, le case in affitto, la ristorazione, la
vendita di prodotti locali qualificati (marchio di origine e di qualità), di guide turistiche, l’offerta di
visite naturalistiche, anche subacquee, di corsi per le scuole, l’affitto di natanti, le scuole di vela, di
surf, di immersione, ecc.
E’, inoltre, sbagliato ritenere che le aree protette, sia marine che terrestri, ostacolino lo
sviluppo economico a causa dell’imposizione di divieti che allontanerebbero i turisti; questi ultimi,
infatti, cercano sempre con maggiore interesse zone pulite e meno contaminate, abbandonando
località un tempo famose e, per questo, troppo frequentate e danneggiate dall’assenza di una
adeguata regolamentazione. I parchi, quindi, oltre a rispondere alla sempre maggiore richiesta di un
turismo nella natura, hanno anche la funzione di selezionare i visitatori, in quanto chi non possiede
la sensibilità per una corretta fruizione dell’ambiente, come coloro che abbandonano i rifiuti
ovunque o sfrecciano ad alta velocità con potentissimi motoscafi a breve distanza dalla costa, sarà
automaticamente tenuto al di fuori delle aree protette.
Altri benefici economici sono legati alla regolamentazione dell’attività di pesca, che
impedisce fenomeni di sovrappesca e, pertanto, il depauperamento delle risorse nel medio termine.
Salm e Clark (1989) citano numerosi esempi documentati di benefici economici arrecati dalle Aree
Protette Marine, in varie parti del mondo, e ricordano, nel contesto di un’analisi costi-benefici, che
esistono, e possono essere anche molto alti, i costi dovuti alla “non-protezione” di un’area naturale,
cioè quelli necessari per tentare di ripristinare le condizioni originarie. Detto in altre parole, si può
affermare che la prevenzione è più conveniente ed efficace della cura.
2.3- Pianificazione delle Aree Marine Protette
La pianificazione ha come obiettivo organizzare e coordinare gli interventi, definire i criteri,
indicare le priorità di intervento. Nel caso delle Aree Protette Marine, ed in particolare di quelle
italiane, bisogna considerare l’elevato grado di antropizzazione della costa, per cui appare spesso
difficile effettuare confronti con situazioni diverse. Tutti gli interventi finalizzati alla protezione
dell’ambiente marino devono essere, quindi, inseriti in un contesto di azioni opportunamente
programmate e coordinate tra loro, mirate alla gestione razionale ed integrata della fascia costiera.
In pratica, devono essere elaborati programmi gestionali, i quali permettano la convivenza
delle esigenze naturalistiche con quelle socioeconomiche, non per singole e sporadiche zone, ma
per tutto l’ambiente costiero. Non ha molto senso, infatti, proteggere piccole aree, consentendo
l’alterazione di tutto il resto. Il “Piano per la Difesa del Mare e delle Coste dall’Inquinamento”,
24
previsto dalla legge 979/82 e mai realizzato nella sua versione definitiva, nonostante l’esecuzione di
numerosi studi propedeutici, avrebbe proprio lo scopo di rispondere a queste esigenze.
Secondo Salm e Clark (1989), un programma di pianificazione di aree naturali protette dovrebbe
prevedere, nell’ordine, le seguenti azioni:
- la politica e la legislazione formalizzano la decisione del Governo di sviluppare il programma e di
definirne gli obiettivi per la sua realizzazione, giungendo al “Piano Generale del Sistema Nazionale
delle Aree Protette”. In seguito alla decisione politica di attuare un programma di tutela delle risorse
in una data regione, vengono identificate le aree in base agli obiettivi prefissati, suffragati da studi
tecnico-scientifici e guidati da un altrettanto rigoroso processo decisionale e procedimento
amministrativo. Le zone oggetto di attenzione sono da identificarsi secondo logiche omogenee
intorno a valori ben determinati: elementi biologici, ecologici e socioeconomici. Dopo
l’individuazione e qualificazione di tali aree, si passa alla scelta e delimitazione definitiva della
zona da proteggere;
- la pianificazione preliminare interpreta la politica e la legislazione, organizza lo schema ed i tempi
di azione, identifica le competenze necessarie e definisce gli obiettivi;
- la pianificazione del sistema esamina gli obiettivi del programma e fornisce i criteri per
identificare e scegliere i siti;
- la pianificazione del sito fornisce il progetto iniziale, compresi la zonazione ed il piano
preliminare di gestione per ogni area. Lo studio approfondito delle caratteristiche ambientali e
l’analisi socioeconomica di ogni area permettono la preparazione dei piani di zonazione e
l’identificazione delle necessità infrastrutturali e gestionali per l’istituzione dell’area protetta;
- l’istituzione e la gestione sviluppano, amministrano ed attuano la conduzione e la crescita
dell’area protetta.
In condizioni ideali tale sequenza dovrebbe essere rispettata, ma, in realtà, ciò succede
raramente poiché una di queste fasi viene spesso evitata o spostata rispetto all’ordine che abbiamo
citato.
Considerata la realtà italiana, il processo di identificazione non potrà essere mirato
solamente alle scelta di siti in cui non vi siano insediamenti o conflittualità di tipo socioeconomico,
dovendosi prestare, invece, la massima attenzione a quegli interventi protettivi che valgono a
limitare e controllare le attività umane aggressive delle risorse naturali in un’area particolare. La
concreta pianificazione delle attività antropiche dovrà così giungere a risultati di protezione proprio
in forza dello svolgimento regolato e controllato di tali attività.
E’ importante distinguere tra pianificazione e gestione di un’area. La pianificazione fornisce
le basi per le decisioni relative all’allocazione delle risorse, il disegno di zonazione ed un
programma di gestione.
La gestione, invece, indirizza le operazioni necessarie a soddisfare gli obiettivi del “Piano di
Gestione”. Come suggerito dall’I.U.C.N. (International Union for the Conservation of the Nature)
(1984), questo Piano non deve essere considerato come la meta finale; l’esperienza e le nuove
conoscenze, così come gli errori di pianificazione, riveleranno nuovi argomenti per ulteriori
risoluzioni. Sono molto importanti, quindi, quei meccanismi di feed-back che permettono di seguire
nuove esigenze gestionali.
25
2.4- Criteri per l'istituzione delle aree marine protette
Sino ad ora, a livello internazionale, sono stati utilizzati vari criteri per la scelta dei siti in cui
istituire Aree Protette Marine. Si possono citare, ad esempio, quelli adottati rispettivamente negli
Stati Uniti ed in Giappone (Marini, 1986 (1); Diviacco, 1992 (2)). In Italia non esiste una
codificazione dei criteri di scelta dei siti, ma questi sono stati indicati nelle leggi) 979/82 e 394/91.
Secondo il documento redatto dall’I.U.C.N. (International Union for the Conservation of the
Nature) la scelta delle potenziali aree protette marine dovrebbe essere effettuata in modo
sistematico, secondo precisi criteri scientifici, tenendo conto di tutti i molteplici fattori in gioco. Per
giungere a ciò bisognerebbe:
- identificare le aree critiche che possono richiedere particolari forme di protezione e tutela;
- applicare dei criteri per determinare quali tra tali aree necessitano maggiormente dello status di
area protetta.
Volendo entrare maggiormente nello specifico, possiamo rappresentare l’iter proposto dall’I.U.C.N.
come segue:
- identificazione di aree critiche
- identificazione dei processi chimico-fisici ed ecologici
- indicazione dei fattori socio-economici
- criteri di selezione delle aree
^^^^^^^^^^
1) Marini L. 1986. “Stato attuale e criteri naturalistici di istituzione di aree marine protette”.
2) Diviacco G. 1992.”La progettazione delle aree protette marine”. Atti del Convegno “Piani per
parchi” Torino.
26
2.4.1- Identificazione di aree critiche
Il metodo proposto dall’ I.U.C.N., applicabile sia a scala locale che a quella nazionale, o
perfino mediterranea, ha lo scopo di permettere l’individuazione di aree critiche dal punto di vista
della conservazione delle risorse marine e costiere. I dati esistenti in bibliografia o presso Enti ed
Istituzioni, nonché quelli raccolti mediante opportune indagini di campo, devono essere trattati in
modo da essere facilmente utilizzati per l’analisi e la sintesi, sia in forma scritta, sia elaborati in
carte tematiche.
Le indagini hanno lo scopo di:
- identificare le aree critiche per la riproduzione, deposizione, nutrizione, sopravvivenza di specie
economicamente importanti;
- identificare eventuali specie in pericolo ed importanti specie migratrici, fornendo informazioni sul
loro ciclo biologico;
- compilare un elenco di habitat marini e costieri, comprendente struttura e composizione specifica.
Al termine di tali attività si dovrebbe poter ottenere un elenco delle specie e degli habitat
principali, secondo una scala di priorità, per poter stabilire la rappresentatività delle aree in studio.
2.4.2- Identificazione dei processi chimico-fisici ed ecologici
E’ importante conoscere i processi chimico-fisici ed ecologici, per identificare eventuali
habitat critici. L’esame di tali processi può essere molto complesso, a causa della carenza di
informazioni sulla dinamica degli ecosistemi marini e costieri del Mediterraneo.
I risultati dell'identificazione dei processi ecologici sono fondamentali per conoscere
l’ecologia e la distribuzione delle specie, al fine di poter intraprendere idonee misure di protezione.
In altri termini, l’identificazione dei siti importanti dal punto di vista ecologico fornisce
un’indicazione di cosa gestire, mentre la conoscenza dei fenomeni e delle relazioni ecologiche
coinvolte permette di indicarne le modalità.
2.4.3- Identificazione dei fattori socioeconomici
Sebbene le situazioni ambientali critiche derivino in massima parte da attività
socioeconomiche, queste ultime, nei limite del possibile, non dovrebbero essere eliminate
all’interno di un’area protetta, bensì regolamentate e disciplinate, così da poter trarre beneficio dalla
presenza del parco o della riserva.
27
A tale scopo dovrebbero essere valutati i fattori socioeconomici in grado di influire
sull’ambiente naturale dell’area in esame, sia mediante un’adeguata conoscenza della situazione
esistente, sia attraverso modelli che permettano di effettuare stime e valutazioni per il futuro.
Tali indagini, che rientrano nel complesso degli studi interdisciplinari sulla fascia costiera,
sono fondamentali per identificare potenziali conflittualità nell’uso del territorio e delle risorse
naturali, nonché eventuali effetti dannosi, anche cumulativi, delle attività umane sull’ambiente.
Ci pare utile ricordare ancora una volta, a questo proposito, che spesso le azioni antropiche
irrazionali sull’ambiente producono effetti negativi per la stessa economia, provocando, ad esempio,
una riduzione delle presenze turistiche o una diminuzione del pescato.
2.4.4- Criteri di selezione delle aree
Tutti i dati raccolti devono poi essere opportunamente elaborati ed utilizzati per
l’inquadramento ambientale e socioeconomico, visualizzati e resi disponibili mediante carte
tematiche che possiedono una notevole capacità di sintesi e di comprensione anche da parte dei non
addetti ai lavori e degli amministratori pubblici.
Non è però sufficiente conoscere la situazione ambientale ed antropica, bisogna anche
stabilire i criteri per selezionare le aree più meritevoli di tutela, secondo una scala di priorità. Per
fare questo sono stati identificati diversi criteri, riuniti in alcune categorie (I.U.C.N., 1981 (1); Salm
e Clark, 1989), da applicare a tutte le aree meritevoli di tutela a livello nazionale, al fine di stabilire
le priorità con cui operare nella fase successiva, cioè quella dell’istituzione.
Assegnando alle seguenti categorie opportuni valori numerici, in funzione dei risultati degli
studi eseguiti da una equipe interdisciplinare di esperti nei vari settori, è possibile stilare una
graduatoria utile per pianificare tali priorità di intervento.
Tali valori numerici sono:
1- punto: valore basso. L’area non è significativa per un determinato criterio o esistono esempi
maggiormente validi in altre zone.
2- punti: valore medio. L’area è importante ma non critica; esistono pochi esempi simili in altre
zone.
3- punti: valore alto. La zona presenta livelli di qualità molto elevati, rappresentando un esempio
unico.
^^^^^^^^^^
1) I.U.C.N., 1981. “Princiles, criteria and guidelines for the selection, establishment and
management of Mediterranean marine and coastal protected areas”, Gland, CH.
- Le informazioni sono tratte dal sito: http://www.tiscali.it//areeprotettemarine/htm.
28
Le categorie in cui sono stati suddivisi i criteri sono le seguenti:
“Criteri operativi”; considerano le azioni da compiere.
Urgenza: indica la priorità delle azioni di tutela da intraprendere, prima che le peculiarità ambientali
dell’area vengano minacciate o modificate.
Opportunità: indica la possibilità di agire con nuovi interventi, laddove le condizioni preesistenti lo
consentano.
Facilità di protezione: rappresenta la capacità di proteggere un’area senza difficoltà.
Difendibilità: è legata alla possibilità di protezione sulla base della regolamentazione esistente.
Dimensioni: le aree devono essere grandi abbastanza per funzionare come unità ecologiche.
Ripristinabilità: rappresenta il grado con cui l’area può essere riportata alla condizione naturale
originaria.
“Criteri ecologici”; legati al valore naturalistico degli ecosistemi e delle specie.
Dipendenza: costituisce il grado con cui una specie dipende, per tutto o parte del proprio ciclo
vitale, dal territorio compreso nell’area. Per esempio, la presenza di zone per la riproduzione, di
sosta per la migrazione o aree dove sono presenti specie rare o minacciate.
Rappresentatività: indica il grado in cui l’area è rappresentativa di un tipo di habitat o di particolari
caratteristiche ecologiche. Habitat particolari, non protetti altrove, conferiranno un elevato valore
alla zona.
Integrità naturale: misura il grado in cui l’area non è disturbata o alterata dalle attività umane.
Bisogna tener presente che ormai sono molto poche le aree non disturbate o modificate dall’uomo,
per cui è fondamentale considerare l’importanza di recupero di alcune zone degradate.
Unicità: indica la presenza di specie rare o minacciate.
Diversità: rappresenta il grado di ricchezza di habitat, comunità o specie.
Autonomia: è legata alla possibilità, per un’area, di funzionare come entità ecologica
autosufficiente, quindi con maggiore facilità di protezione.
Produttività: costituisce il livello con cui i processi produttivi dell’area contribuiscono al benessere
dell’uomo ed alla sopravvivenza delle specie.
Vulnerabilità: misura la sensibilità dell’area ad impatti di tipo naturale ed antropico. Aree con
comunità biotiche aventi ristretti limiti di tolleranza alle variazioni delle condizioni ambientali
avranno una maggiore considerazione.
29
“Criteri legati a ricerca, educazione ed addestramento”
Accessibilità: la facilità di accesso per attività di ricerca, educazione ed addestramento.
Area di riferimento: il grado in cui una zona può servire come "controllo" in senso scientifico, vale
a dire come area intatta e non alterata, per poter valutare le modificazioni ecologiche che avvengono
altrove.
Interesse scientifico.
“Criteri legati a benefici economici e sociali”
Benefici e/o perdite economiche: indicano il grado in cui la protezione può arrecare benefici
all'economia locale a breve e lungo termine.
Importanza delle attività di pesca.
Accettabilità sociale e conflitti di interessi: rappresenta il livello di sostegno delle popolazioni
locali.
Salute pubblica: il grado in cui la protezione dell'area può contribuire a ridurre i problemi di salute
legati all'inquinamento.
Ricreazione: la capacità di un'area di fornire opportunità di svago e di divertimento, legate alle sue
caratteristiche naturali.
Turismo: possibilità di forme di turismo compatibili con le finalità di conservazione.
“Criteri paesaggistici e culturali”
Proprietà paesaggistiche.
Proprietà culturali.
Volendo, per esempio, applicare questo metodo a degli ipotetici siti previsti dalla normativa
nazionale, si potrebbero ottenere, in via puramente indicativa, i quadri esposti nella tabella di
seguito riportata.
Sito 1
Sito 2
Sito 3
Sito 4
Urgenza
3
2
2
2
Opportunità
1
3
2
2
di 1
2
2
3
Difendibilità
2
2
2
2
Accessibilità
3
2
2
3
Criteri pratici
Facilità
protezione
30
Ripristinabilità
2
SUB- TOTALE 12
2
2
3
13
12
15
Criteri ecologici
Dipendenza
2
2
2
2
Naturalità
2
2
2
2
Rappresentatività 2
2
2
2
Unicità
3
2
2
2
Diversità
3
2
2
2
Autonomia
3
3
2
2
Produttività
2
2
2
2
15
14
14
SUB- TOTALE 16
Criteri legati a ricerca, educazione ed addestramento
Accessibilità
2
2
2
3
di 2
2
2
2
3
3
3
2
SUB- TOTALE 7
7
7
7
Area
riferimento
Interesse
scientifico
Criteri legati a benefici economici e sociali
Benefici
economici
2
3
2
2
Accettabilità
sociale
1
3
2
2
Salute pubblica
2
2
2
2
Ricreazione
3
3
2
2
Turismo
3
3
2
2
14
10
10
SUB- TOTALE 11
Criteri paesaggistici e culturali
Proprietà
paesaggistiche
3
3
2
2
Proprietà
culturali
3
3
2
2
SUB- TOTALE 6
6
4
4
TOTALE
55
47
50
52
31
L'esame della tabella evidenzia che il sito 2 ha ottenuto, in totale, il valore più alto, perciò su
di esso dovrebbero essere concentrate le priorità di intervento. Anche il sito 1, d'altra parte,
presentando un punteggio di poco inferiore, evidenzia un notevole interesse che, sulla base
dell'urgenza e dei criteri ecologici, è addirittura maggiore di quello del sito 2: entrambi i siti sono
quindi da considerarsi prioritari, ma il sito 1, caratterizzato da una scarsa accettabilità da parte delle
comunità locali, richiederà un maggiore impegno e tempi più lunghi per il raggiungimento del
consenso, mentre l'istituzione dell'area protetta nel sito 2 potrà avvenire in tempi più brevi.
Ancora un altro esempio dal puro carattere esemplificativo:
VALORE TURISTICO DEL PARCO X
Sito
Criterio
1
2
3
4
5
TOTALE
Sito A
1
1
2
0
0.86
4.86
Sito B
2
1
1
1
0.71
5.71
Sito C
2
1
1
1
0.71
5.71
Sito D
2
2
2
0
0.86
6.86
Sito E
2
2
2
0
0.86
6.86
Sito F
1
2
2
0
0.86
6.86
Sito G
1
2
2
0
0.71
5.71
Sito H
2
1
1
1
0.71
5.71
Sito I
2
2
1
1
0.71
6.71
Sito L
2
1
1
1
0.71
5.71
Criteri:
1. Estetica: varietà e ricchezza degli ambienti, limpidezza delle acque (Valore estetico: 0 =
basso, 1 = medio, 2 = alto).
2. Sicurezza: scarsa influenza del moto ondoso o di correnti o altri fattori ambientali (Fattore di
sicurezza: 0 = basso, 1 = medio, 2 = alto).
3. Accessibilità: distanza da infrastrutture turistiche (Punteggio di accessibilità: 0 = basso, 1 =
medio, 2 = alto).
4. Livello di attività di pesca, stimato in base alla distanza da un porto con pescatori e dal
numero di addetti (Livello di attività di pesca: 0 = alto, 1 = basso).
5. Valore turistico, calcolato come percentuale del punteggio massimo potenziale (= 7).
32
VALORE CONSERVAZIONISTICO DEL PARCO X
Sito
Criterio
1
2
3
4
TOTALE
Sito A
3
0
1
0.57
4.57
Sito B
4
1
1
0.86
6.86
Sito C
5
1
1
071
7.71
Sito D
2
0
1
0.43
3.43
Sito E
4
0
1
0.71
5.71
Sito F
2
0
1
0.43
3.43
Sito G
2
0
0
0.29
2.29
Sito H
4
0
1
0.71
5.71
Sito I
2
0
1
0.43
3.43
Sito L
4
0
1
0.71
5.71
Criteri:
1. Varietà di ambienti: valutazione dell’eterogeneità degli ambienti presenti, quali praterie di
Posidonia oceanica, prati di Cymodocea nodosa, Coralligeno, ecc. (da 1 = varietà bassa a 5
= varietà estremamente alta).
2. Unicità: presenza di una biocenosi, comunità, ecc., non ritrovata in altre zone ( 0 = assente,
1 = presente).
3. Integrità: stima del livello di danneggiamento delle biocenosi, comunità, ecc., (0 = molto
danneggiato, 1 = poco o per niente danneggiato).
4. Valore conservazionistico, calcolato come percentuale del punteggio massimo potenziale (=
7).
Sommando i punteggi per ciascun sito, ovvero lungo le righe, si ottiene:
VALORI TURISTICI E CONSERVAZIONISTICI DEL PARCO X
Sito
Criterio
Turistico
Conservazionistico
TOTALE
Sito A
4.86
4.57
9.40
Sito B
5.71
6.86
12.60
Sito C
5.71
7.71
13.40
Sito D
6.86
3.43
10.30
Sito E
6.86
5.71
12.60
33
Sito F
5.71
3.43
9.10
Sito G
5.71
2.29
8.00
Sito H
5.71
5.71
11.40
Sito I
6.71
3.43
10.10
Sito L
5.71
5.71
11.40
E’ così possibile costruire delle mappe indicative delle zone con diverso interesse.
Aree con elevato punteggio turistico saranno gestite al fine di promuovere, ad esempio,
attività subacquee e di diporto; aree con alto valore conservazionistico, invece, verranno gestite in
ordine alla protezione dei siti o delle specie particolari. Le rimanenti zone combineranno
conservazione a turismo.
2.5- Iter per l'istituzione di Aree Marine Protette
Successivamente alla pianificazione del Sistema Nazionale delle Aree Marine Protette
(Legge 979/82 e Legge 349/91) bisogna analizzare ogni singola area. Tra i molteplici problemi da
affrontare nella progettazione della zona da tutelare riveste particolare importanza la definizione dei
confini, condotta sulla base delle caratteristiche naturali, geomorfologiche ed antropiche note dalla
bibliografia esistente e dagli studi di settore condotti, nonché la determinazione dell’estensione
ottimale.
Successivamente, dovranno essere condotte le indagini interdisciplinari e, infine, sulla base
dei risultati e con opportuni strumenti di valutazione, verrà elaborato il progetto di area protetta da
presentare alle comunità locali per la discussione.
Gli studi relativi all’istituzione di un’area protetta marina devono necessariamente prevedere
varie fasi, secondo un processo assimilabile a quello proprio di un “Bilancio di Impatto Ambientale
e Sociale”. In base a questo tipo di approccio l’istituzione deve prevedere due momenti ben distinti,
in cui vengono presi in esame i molteplici temi di indagine:
Fase conoscitiva, comprensiva delle analisi delle situazioni ambientale, urbanistica e
socioeconomica.
Fase progettuale che prevede:
- definizione dei confini, estensione, zonazione e strutture del parco;
- ipotesi di sviluppo dei settori congruenti con le finalità dell’area protetta, allo scopo di giungere
all’elaborazione di un’analisi costi-benefici.
^^^^^^^^^^
- Le tabelle sono tratte dal sito: http://www.tiscali.it//areeprotettemarine/htm.
34
Nell’ambito della seconda fase,l’elaborazione della proposta di zonazione o zonizzazione
(suddivisione in zone) riveste un ruolo strategico poiché da essa dipende la correttezza delle
successive analisi delle ipotesi di sviluppo dei settori congruenti con le finalità del parco e, inoltre,
rappresenta un importante momento di confronto con le realtà locali.
Schema dell’Iter per l’istituzione di aree marine protette (fonte: Diviacco, 1999). (1)
Schema delle fasi per l'istituzione (2)
Climatologia
FASE
CONOSCITIVA
FASE
PROGETTUALE
Geomorfologia
Geologia
Analisi
Sedimentologia
situazione
Idrogeologia
ambientale
Oceanografia
Vegetazione marina
Vegetazione terrestre
Fauna marina
Fauna terrestre
Analisi
Pianificazione
situazione
Vincoli
territoriale
Congruità
Utilizzazione del territorio
Elementi di zonazione
Analisi
Aspetti demografici
situazione
Aspetti occupazionali
socio-economica
Attività agro-silvo-pastorali
Attività industriali e
artigianali
Attività turistiche
Attività di pesca
Attività commerciali
Trasporti
Definizione Area Protetta
Confini
e strutture
Zonazione
Infrastrutture
Sviluppo dei settori congruenti
con l'area protetta
^^^^^^^^^^
1) Diviacco G. 1999. “Aree protette marine: finalità e gestione”. Comunicazione Edizione Forlì.
2) La tabella è tratta dal sito: http://www.tiscali.it//areeprotettemarine/htm.
35
2.6- Studi di supporto all’istituzione di Aree Marine Protette
L’istituzione di un’Area Marina Protetta (A.M.P.) necessita di un’approfondita conoscenza delle
caratteristiche ecologiche e degli aspetti socioeconomici. Solo attraverso la comprensione di questi
fattori è possibile conciliare gli interessi della conservazione con quelli della gestione e dello
sviluppo delle economie locali, adattando le strategie di sviluppo e gestione alle caratteristiche dei
singoli biotopi. In particolare:
- il successo del parco marino dipende dal livello di coinvolgimento locale. Questo si deve
manifestare sia nella fase istitutiva che in quella gestionale e dipende, a sua volta, dall’opera di
sensibilizzazione a livello locale, aspetto che deve essere seguito con cura particolare fin dall’inizio
delle attività;
- lo studio di fattibilità richiede tempi brevi di realizzazione, per poter far fronte alle necessità
imposte dalla conservazione di un fragile patrimonio naturale. Pertanto, nella scelta dei dati da
raccogliere, le attività di ricerca vanno focalizzate su aspetti indispensabili alla formulazione del
Piano di Gestione. Studi più esaustivi devono essere l’oggetto di specifici programmi a lungo
termine, facenti parte del Piano di Gestione stesso.
Questi studi possono essere suddivisi in due fasi, qui analizzate nel dettaglio nel tentativo di
fornirne delle linee guida, e cioè:
- fase conoscitiva
- fase progettuale
2.6.1- Fase conoscitiva
In questa fase bisogna raccogliere tutte le informazioni utili ad avere un quadro dettagliato
dell'area in esame per poter elaborare il progetto dell'area protetta.
- Approccio conoscitivo all’area
E' il momento preliminare ad ogni attività conoscitiva organizzata e consiste in una presa di
contatto con il territorio oggetto di studio per l’individuazione delle sue caratteristiche ambientali
generali, non soltanto ecologico-naturalistiche, ma anche storico-culturali.
Tale operazione, essenziale al fine di orientare la metodologia analitica e valutativa,
permetterà di evitare perdite di tempo in tentativi di conoscenza esaustiva ed onnicomprensiva e di
ordinare le diverse indagini settoriali sulla base delle specificità emerse (risorse, caratteristiche e
problematiche).
Le operazioni da esplicare possono essere sinteticamente descritte come segue:
a) Definizione dei limiti dell'area oggetto di studio. Sarà opportuno distinguere i confini
amministrativi dai limiti del territorio da esaminare. Quest'ultimo probabilmente oltrepasserà
i confini previsti dal Decreto Istitutivo ed includerà quei territori limitrofi che si rapportano
e spesso completano gli ecosistemi presenti nell'Area Protetta. Tale allargamento dell'area è
utile anche al fine di mettere in contatto i sistemi di particolare valore naturale interni al
parco con quelli del territorio circostante.
36
b) Inquadramento biogeografico dell'area oggetto di studio. Allo scopo di precisare le
caratteristiche ambientali generali del territorio ove è stato istituito il parco è necessario
precisarne le caratteristiche biogeografiche. Ciò può essere fatto in via preliminare
riconoscendo a quale unità biogeografica appartiene il parco, a partire dalle unità di rango
superiore (regioni), fino a quelle inferiori (province, distretti e settori).
Il territorio dell’Italia appartiene a due regioni biogeografiche e, precisamente, alla Regione
Eurosiberiana e alla Regione Mediterranea, a sua volta suddivise in diverse province,
distretti e settori. Ogni regione biogeografica presenta problemi ecologici specifici, non
soltanto relativamente alla flora e alla fauna, ma anche alla stessa presenza dell’uomo, ai tipi
di paesaggio, ai processi ecologici e così via.
c) Raccolta di studi e ricerche scientifiche, utili ai fini del Piano, svolte sull'area oggetto
d'intervento. La maggior parte delle Aree Protette sono ricche di indagini e studi realizzati
da enti di ricerca e da singoli studiosi. Pertanto ogni futura attività conoscitiva non potrà
ricominciare da zero dilapidando tempo e risorse economiche per rifare quanto già esiste.
Un esame critico degli studi esistenti permette di vagliare la completezza o la parzialità delle
indagini di cui si potrà disporre. Particolare interesse acquistano anche le notizie relative alle
proposte di carattere conservazionistico che hanno preceduto l’istituzione del parco
(resoconti di congressi, relazioni, ordini del giorno, articoli e contributi sulla stampa e sulle
riviste specializzate), dalle quali si possono trarre utili indicazioni sui vari problemi di
carattere ambientale che interessano il territorio del parco.
d) Prima ricognizione dell'area. Prima di studiare in modo sistematico un territorio ai fini
della pianificazione sarà necessario percorrerlo, osservare ogni cosa e annotare quei segni e
contenuti che emergono sin dal primo contatto con l’area oggetto di studio al fine di
riconoscerne le caratteristiche ambientali generali.
e) Stesura di una scheda delle specificità dell'area, capace di evidenziare risorse,
caratteristiche e problematiche. Ogni azione conoscitiva, valutativa e decisionale è infatti
costruita su misura per i caratteri specifici dell'area e, quindi, per le sue problematiche più
rilevanti.
- Raccolta e prima elaborazione dati: interpretazione e valutazione delle relazioni
Nel processo complesso e iterativo di elaborazione del “Piano” di un parco marino gli studi
scientifici sono del tutto indispensabili, sia nella fase dell'approccio conoscitivo, che in quello degli
approfondimenti successivi.
L'intervallo di tempo, relativamente corto, nel quale deve emergere la prima ipotesi di
zonazione non permette lo svolgimento di indagini esaustive. Pertanto esse dovrebbero sfruttare, in
primo luogo, tutti i dati bibliografici relativi al territorio del parco e, solo poi, completare ed
aggiornare le conoscenze, in modo da cogliere tutti gli aspetti essenziali e importanti ai fini di una
corretta pianificazione e gestione.
Si procede, quindi, all'analisi dei diversi settori disciplinari, ordinati in tre sistemi (fisico,
biologico ed antropico) correlati fra di loro.
37
Questi studi devono riguardare, di norma, l’intero complesso del sistema ambientale
costituito dai bacini imbriferi nella porzione continentale e, per quanto riguarda la parte a mare, da
adeguate porzioni dei bacini di sedimentazione afferenti.
Ciò in ragione della strettissima interdipendenza dei parametri fisici, chimici, biologici ed
ecologici dell’ambiente marino dai fenomeni naturali e dalle attività antropiche che si svolgono
lungo le coste e nell’entroterra. Pertanto è necessario non solo definire il reticolo idrografico, ma
anche la quantità e la qualità delle acque che giungono nel tratto di mare interessato, consentendo in
tal modo le più opportune azioni di prevenzione e di risanamento dagli inquinanti.
E' poi necessario descrivere le caratteristiche naturali ed i fenomeni antropici più rilevanti
all’interno degli ambiti territoriali prospicienti le istituende riserve naturali marine. Sotto tale
profilo si ritiene che gli aspetti relativi all’istituzione ed alla successiva gestione delle riserve non
possano essere definiti senza avere prima individuato e definito, almeno in linea di massima, le
interrelazioni tra le aree marine interessate e l’ambiente terrestre circostante.
In sintesi, quindi, la fase conoscitiva prevede:
- l'analisi della bibliografia disponibile per l'area in oggetto;
- l'indagine sull'urbanizzato (presente e futuro), sulle principali attività economiche dell'area
(turismo, pesca, ecc.) e sulla situazione vincolistica in atto;
- la verifica delle informazioni riportate dalla bibliografia sulle emergenze ambientali e sui
popolamenti bentonici, con specifiche campagne di rilevamento a mare.
Più in particolare si dovrà eseguire:
- l’analisi della situazione ambientale
- l’analisi della situazione territoriale ed urbanistica
- l’analisi della situazione socio-economica
- indagini integrative e suppletive di campo
- produzione cartografica e di G.I.S. (Geographic Information System)
2.6.2- Fase progettuale
Nella fase progettuale bisogna affrontare “la definizione del parco” intesa come:
- identificazione dei confini
- proposta di zonazione
- definizione ed ubicazione delle strutture
“le ipotesi di sviluppo dei settori congruenti con le finalità del parco”
38
“elaborazione di un'analisi dei costi-benefici”
Identificazione dei confini
La definizione dei confini delle Aree Marine Protette risulta spesso di estrema importanza
per la riuscita del progetto. I criteri di scelta non dovrebbero basarsi esclusivamente su divisioni
amministrative o su considerazioni economico-sociali, ma devono assicurare la massima
protezione, tenendo conto dell’impossibilità , nell’ambiente marino, della creazione di barriere che
impediscano gli scambi con l’ambiente circostante.
Salm e Clark (1989) propongono che la dimensione minima per un Parco Marino Nazionale
sia di 1.000 ettari. Pare evidente, a questo punto, la difficoltà di applicazione di questo principio
nella realtà delle coste ed acque italiane. Le dimensioni delle attuali riserve nel mondo sono molto
varie, andando, per esempio, dal Parco Nazionale Marino di Malindi-Wantamu in Kenya, che
occupa 19.000 ettari, al Parco di Miramare , che ricopre soli 30 ettari.
La superficie di un' Area Marina Protetta non può comprendere esclusivamente componenti
acquatiche, ma deve includere aree terrestri, sia che queste influenzino l'ambiente marino
(inquinamento, sedimentazione, ecc.), sia che ne siano influenzate (spiagge, dune, scogliere, ecc.).
Nelle aree terrestri la protezione deve mirare alla proibizione di tutte le attività che si ripercuotono
sull'ambiente litoraneo marino, come lo scarico nei fiumi che sfociano direttamente o per trasporto
di corrente nell'area da proteggere, l'urbanizzazione o la costruzione di strade costiere, ecc.
Per quanto riguarda i confini in mare aperto, generalmente la protezione si spinge fino alla
batimetrica dei 200 metri, riconosciuta come limite della piattaforma continentale. Tale limite,
comunque, può notevolmente variare in funzione della realtà geografica di ogni singola area. In
Italia viene generalmente considerato come limite esterno delle Aree Marine Protette la batimetrica
dei 50 metri o il limite di tre miglia dalla costa, in modo da permettere una completa fruibilità della
zona ed un miglior controllo.
Sviluppo dei settori congruenti con le finalità dell'Area Protetta
Dopo aver elaborato una prima proposta di zonazione si dovrà individuare, anche sulla base
dei dati acquisiti durante la fase conoscitiva, tutta quella serie di attività economiche il cui sviluppo
sia pienamente realizzabile entro i vincoli determinati dall'istituzione dell'Area Marina Protetta. Tali
attività si articolano su due livelli ben distinti.
Un primo livello che raggruppa quelle attività che nascono insieme all'istituzione del parco
stesso e che sono gestite e promosse dall'Ente preposto (ricerca scientifica, acquisizione e
divulgazione dei risultati, informazione per i diversi livelli di pubblico, visite guidate lungo itinerari
naturalistici terrestri e marini,ecc.), tutte supportate da strutture di ricezione e informazione; un
secondo livello che riguarda le attività legate allo sviluppo di un turismo controllato e sostenibile e
delle relative strutture ricettive e di ristorazione (agriturismo, attività espositive e di promozione
dell'artigianato locale, ecc.).
39
Le forme di fruizione e didattica ambientale nelle Aree Protette Marine
Un’area protetta può offrire diverse forme di attività di tipo ricreazionale o di tipo didattico
che spesso si integrano tra loro, in modo che quelle del primo tipo acquisiscano una connotazione
educativa. In altri termini un visitatore dovrebbe uscire da un parco sapendone di più di quando vi è
entrato, avendo appreso senza essersene accorto e con divertimento.
E’ opportuno, comunque, distinguere le attività a scopo strettamente turistico-ricreativo da
quelle didattico-educative, in quanto programmate per utenze diverse.
I programmi turistico-ricreativi sono rivolti a coloro che vogliono usufruire del parco senza
particolari impegni o esigenze. Il proposito di queste attività non deve essere quello di concentrare
turisti in luoghi che sono già affollati, ma incoraggiare e promuovere un turismo a scopo culturale.
I programmi didattico-educativi tendono, invece, a far comprendere il significato della
conservazione della natura, stimolando il rispetto per essa. In questo caso l’interpreting e
l’educazione ambientale divengono efficaci solo se riescono ad attrarre contemporaneamente le
attività cognitive (in modo che i visitatori acquisiscano conoscenze e capiscano nuovi concetti) ed
emotive, con l’adozione di valori e comportamenti nuovi.
In alcune aree si è creato uno specifico servizio didattico-pedagogico che fornisce vari
moduli educativi con lezioni, laboratori e visite ormai sperimentate, organizzati per diverse durate
di permanenza (mezza e una giornata, settimane di studio).
In tal modo le scolaresche hanno la possibilità di visitare il museo e il centro visite del parco
e di usufruire di sentieri-natura, laboratori, acquari e imbarcazioni con il fondo trasparente, sempre
con l'assistenza di personale specializzato.
L’educazione ambientale si distingue dall’educazione naturalistica: con il primo termine
viene indicato il processo che, partendo dallo studio dell'ambiente come ecosistema, ossia come
insieme delle relazioni esistenti tra gli organismi e tra questi e le caratteristiche fisiche e chimiche
del sito in cui vivono, si propone di far acquisire la consapevolezza che l'uomo e i suoi interventi
sono elemento di tali relazioni.
L’educazione ambientale utilizza, quindi, la conoscenza scientifica per far capire le
potenzialità progettuali dell'uomo come elemento attivo dell'ambiente. L’educazione naturalistica,
invece, attraverso la conoscenza dei metodi e dei contenuti propri delle scienze della natura,
fornisce gli strumenti per capire i delicati equilibri che condizionano l'esistenza di tutti gli esseri
viventi.
Come già accennato, molteplici sono le forme di fruizione prettamente didattica, a cui si
aggiungono quelle più turistico-ricreative. Vediamo quindi sinteticamente quali sono le strutture e
le attività che si riferiscono in particolare all'ambiente marino.
a)- Centro visite
Questa struttura è indispensabile per fornire accoglienza e documentazione dei visitatori e
deve costituire un tutt’uno con l’Area Protetta stessa e con la sua gestione tecnica e
scientifica. In un programma educativo interpretativo ed informativo esso non è solo il punto
centrale, nel quale il visitatore può ottenere notizie sugli aspetti naturali, sulle escursioni e
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sulle strutture e servizi dell'area, ma anche il luogo in cui acquistare pubblicazioni, visitare
mostre tematiche ed assistere a proiezioni di diapositive, film e altri programmi educativi.
Inoltre, presso il centro visite devono essere forniti i programmi delle escursioni, che,
quando possibile, dovrebbero avere inizio al centro visite stesso. Le informazioni devono
essere puntuali e aggiornate, inserite in guide, mappe, pieghevoli e disponibili durante tutto
l'arco della giornata.
Nelle aree di limitate dimensioni può essere sufficiente un solo centro di documentazione,
mentre in quelle più ampie, in corrispondenza degli accessi, possono essere realizzate più
strutture finalizzate e/o specializzate in funzione di una particolare tematica come, ad
esempio, la flora e la fauna.
b)- Museo
I musei presenti nelle aree protette possono essere di dimensioni limitate, contenenti
solamente informazioni e reperti relativi alla singola area, e collegati ai centri di
documentazione e accoglienza, oppure possono rappresentare una fonte culturale più ampia
e più approfondita scientificamente, finalizzata non solo alla didattica, ma anche alla ricerca
scientifica, attraverso collezioni e laboratori a disposizione dei ricercatori e degli studenti.
Si stanno ormai diffondendo i sistemi informatici e multimediali interattivi, con il fine di
comunicare concetti di base ad individui di media cultura, scolare, assimilando l'istruzione al
gioco.
Nei musei delle Aree Marine Protette, inoltre, vengono spesso allestiti acquari, collezioni
malacologiche o di altri invertebrati, con lo scopo di stimolare nel visitatore una curiosità
che egli potrà appagare, in parte, con una passeggiata sulla riva del mare. Molto importante è
la leggibilità e la comprensione delle informazioni proposte, le quali devono essere possibili
anche a livelli di cultura non molto alti.
c)- Attività subacquee
L’osservazione del mondo marino mediante immersione subacquea o il “seawatching”, negli
ultimi anni, è diventa un importante fenomeno di massa, con cui si può sviluppare una forma
di eco-turismo intelligente, costituendo da un lato un nuovo approccio di fruizione del mare
e, dall'altro, un'alternativa di sviluppo sostenibile per le economie locali.
Nelle Aree Protette Marine in cui si svolge tale attività, viene generalmente richiesto il
brevetto, per motivi di sicurezza, ed i visitatori vengono informati su ciò che potranno
trovare sott'acqua, anche al fine di conciliare la massima informazione possibile con il
minimo impatto sull'area tutelata e di limitare la durata dell'immersione al tempo
strettamente necessario. Possono essere inoltre forniti manuali di identificazione o di disegni
plastificati per il riconoscimento degli organismi di immersione.
L’attività subacquea può essere subordinata ad un’autorizzazione e alla presenza di un
accompagnatore, il quale ha la funzione di illustrare l'ambiente e di condurre il gruppo,
facendo rispettare le disposizioni vigenti.
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Un altro tipo di attività subacquea è rappresentato dall’immersione in apnea con maschera,
tubo areatore e pinne (snorkeling), la quale viene offerta a chi vuol conoscere l'ambiente
marino costiero pur senza possedere un brevetto subacqueo.
Le attività di seawatching vengono, in genere, svolte lungo itinerari stabiliti, snodandosi
attraverso habitat rappresentativi, che possono essere evidenziati tramite una speciale
segnaletica.
d)- Imbarcazioni con il fondo trasparente
Le imbarcazioni con il fondo trasparente sono state utilizzate in varie Aree Marine. Esse
permettono l'osservazione dei fondali e della vita subacquea durante la navigazione,
attraverso il fondo trasparente dell'imbarcazione o attraverso oblò adeguatamente
dimensionati, ed allarga la fascia di utenza del mare a coloro i quali non si immergono,
consentendo di portare il grande pubblico alla scoperta dell'ambiente sommerso. A bordo è
infatti presente personale del parco che illustra ai visitatori gli aspetti più evidenti
dell'ambiente sottostante.
Queste imbarcazioni, diffuse in molti parchi marini nel mondo, possono essere dotate anche
di motori ausiliari elettrici, da utilizzare all'interno dell'area protetta, per eliminare
l'inquinamento acustico e delle acque, limitando il propulsore a combustione per i
trasferimenti da e per il porto di imbarco.
Gli inconvenienti possono essere così riassunti:
1- i passeggeri, in alcuni casi, sono costretti a restare seduti, con il capo chino, in una
posizione che facilita l'insorgere del mal di mare;
2- manca la percezione prospettica del fondo marino;
3- è frequente la formazione di bolle d'aria sull'oblò, con possibile disturbo della visione.
e)- Natante semisommergibile
Costituisce un’alternativa intermedia tra le imbarcazioni a fondo trasparente e i
sommergibili, ed offre alcuni vantaggi rispetto a questi ultimi, in quanto non necessita di
equipaggio specializzato e di imbarcazioni di appoggio, ha una grande facilità di impiego
operativo ed economia di gestione ed i passeggeri hanno la possibilità di salire in coperta
durante la navigazione.
f)- Telescafo
E’ una cabina sommersa, con finestre panoramiche che scorre su una rotaia. Richiede costi
molto elevati ed esercita un certo impatto sull'ambiente e non se ne prevedono realizzazioni
in Italia.
g)- Battello sommergibile
Il sommergibile, a differenza degli altri natanti citati, non limita l’osservazione
dell’ambiente sommerso allo strato più superficiale, ma consente la visione anche a
profondità maggiori.
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All’inizio degli anni Novanta in Italia sono entrati in funzione due sommergibili, a Capri e a
Portofino, aventi le stesse caratteristiche tecniche: 46 posti, oltre ai 2 per l'equipaggio,
lunghezza di circa 18 m, profondità massima di 75 m, ridotta di 50 m dall'Autorità Marittima
Italiana per motivi di sicurezza. La propulsione è elettrica, alimentata da due accumulatori
ricaricabili da navi appoggio. Secondo i programmi iniziali i due sommergibili ,durante i
mesi invernali, avrebbero dovuto essere destinati alla ricerca scientifica, ed in primavera
sarebbero state destinate alcune giornate alle visite scolastiche.
Nel periodo estivo i battelli sarebbero stati adibiti a servizio turistico, con visite, di circa
un’ora, in presenza di un biologo con lo scopo di illustrare i vari ecosistemi incontrati
durante l'immersione.
Problemi di ordine economico hanno causato, purtroppo, l’interruzione di questo servizio
nell’area di Portofino, dopo circa due anni. Gli elevati investimenti iniziali, dell’ordine di
qualche miliardo di lire, e gli alti costi di gestione, rendevano, infatti, necessario mantenere
il prezzo delle visite a livelli tali da non incoraggiare il turismo di massa a questa esperienza.
h)- Telecamera subacquea
Il centro visite può ricevere immagini televisive subacquee mostranti dal vivo l’ambiente
sommerso ai visitatori che non si immergono. La telecamera può venire utilizzata in più
modi:
- manovrata da sommozzatori e collegata in video e audio con un’imbarcazione o con il
centro visite;
- montata su veicoli subacquei guidati via cavo e collegati al monitor a terra o su
un’imbarcazione. Questi veicoli hanno costi elevati, ma sono facilmente manovrabili, anche
dai visitatori stessi;
- fissata al fondo marino, ma azionabile e orientabile dal centro visite, che ne riceve
l’immagine.
i)- Torre di osservazione sottomarina
Le torri possono essere ad esempio suddivise in tre piani:
- 1° Piano) con vista panoramica, in cui sono situati l’ingresso, l’ufficio informazioni, ed il
punto di ristoro;
- 2° Piano) completamente dedicato agli acquari, disposti lungo le pareti;
- 3° Piano) che ospita l’osservatorio sul fondale attraverso una vetrata di spessore e
dimensioni adeguate.
Torri di questo genere esistono già in parchi stranieri ed hanno il pregio di potere ospitare un
gran numero di visitatori, soprattutto quando le condizioni del mare non consentono le
immersioni o le uscite con i natanti, ma presentano una serie di inconvenienti, quali costi
elevati, necessità di evitare zone facilmente soggette a mareggiate ed impatto sull’ambiente
naturale. Un altro inconveniente è costituito dal fatto che, mentre nei ricchi ambienti
corallini il panorama godibile dalle finestre risulta sicuramente spettacolare, nei nostri mari,
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per le caratteristiche fisiche e biologiche delle acque e dei fondali, la visione è più limitata e
di interpretazione più difficile per la maggioranza dei visitatori.
l)- Acquari
Gli acquari allestiti nei centri visita ripropongono, in genere, i fondali dell’area, con i
principali organismi che li popolano. Può essere, inoltre, presente una particolare vasca,
detta vasca sensoriale (touch-tank) posta più in basso e aperta superiormente, la quale
permette al visitatore un contatto diretto con alghe ed invertebrati come stelle, ricci di mare,
ecc. Questa vasca, basata sul nuovo concetto di musealità, che al posto del classico “non
toccare” sostituisce con “si prega di toccare”, si usa soprattutto durante le visite scolastiche
per spiegare, ad esempio, gli adattamenti morfologici degli organismi.
m)- Diaproiezioni e videofilmati
Nei centri visita si può assistere alla proiezione di diapositive e di videofilmati sull’Area
Protetta e sui principali organismi che la popolano. Essi devono essere realizzati in modo
tale da fornire un’adeguata descrizione delle situazioni statiche e dinamiche della riserva.
n)- Supporti informativi scritti
Oltre alle esposizioni visive animate possono essere approntate piantine pieghevoli,
volumetti specifici che, oltre a costituire uno strumento introduttivo, diventano il “ricordo”
della visita, lo stimolo al ricordare e ad approfondire le conoscenze con lo studio e con
nuove visite alla stessa o ad altre realtà.
Il visitatore deve trovare nella documentazione del centro un’informazione sufficiente a
comprendere l’importanza scientifica, naturalistica, culturale di quanto esiste nell’Area
Protetta Marina pur non avendo modo di osservarlo direttamente. La documentazione,
quindi, deve far capire la preziosità degli elementi che qualificano il parco, nella speranza
che “conoscere” voglia dire “rispettare”.
Analisi Costi-Benefici
L’ultimo passo della fase progettuale consiste nell'elaborazione di un’Analisi Costi-Benefici (CB)
che permetta di valutare la convenienza economica delle ipotesi di sviluppo dei settori congruenti
con le finalità del parco precedentemente individuate.
In genere si sceglie proprio un’analisi CB perché viene correntemente usata nella valutazione dei
progetti proposti per gli investimenti pubblici e perché risulta essere una metodologia largamente
conosciuta ed utilizzata in tutto il mondo, con una vastissima letteratura, soprattutto inglese e
nordamericana.
44
Criteri metodologici per la proposta di zonazione
La proposta di zonazione costituisce il momento di sintesi delle analisi ambientali,
socioeconomiche ed urbanistiche, permettendo di quantificare le principali variabili ambientali ed
antropiche che connotano la funzione di equilibrio tra salvaguardia e valorizzazione.
Il problema del rapporto tra conservazione e fruibilità delle aree protette viene risolto con la
divisione in zone in cui siano regolate attività tra loro compatibili e per le quali vengono previsti
diversi gradi di protezione.
La zonazione è il metodo più diffuso per allocare le risorse, per regolare le attività nelle aree più
sensibili dal punto di vista ambientale e limitare l'impatto dei visitatori, e riveste un ruolo
fondamentale, sia perché da essa dipende la correttezza delle successive analisi delle ipotesi di
sviluppo dei settori congruenti con le finalità dell’Area Marina Protetta, sia perché rappresenta un
importante momento di confronto con le realtà locali.
In sintesi, la zonazione deve permettere:
- il controllo selettivo delle attività in differenti siti, nonché la pianificazione dei diversi livelli di
uso;
- la conservazione stretta in aree particolari (siti ad alta diversità biologica, habitat critici per alcune
specie in pericolo di estinzione, aree di riproduzione o accrescimento, aree di ricerca, ecc.);
- la separazione delle attività ricreative compatibili ed incompatibili;
- il recupero di aree danneggiate.
Le attività all'interno delle diverse zone vanno pianificate in accordo con gli obiettivi
dell'Area Marina Protetta. Alcune possono richiedere una gestione molto restrittiva, altre meno. La
zonazione permette la protezione delle zone più importanti dal punto di vista naturalistico, il
monitoraggio dell'impatto delle differenti attività e l'efficace allocazione delle attrezzature di
fruizione, di fondi e di personale.
In Italia non sono ancora stati elaborati dei criteri standard per la stesura delle proposte di
zonazione e ciò costituisce uno degli anelli deboli del processo di realizzazione di un’Area Marina
Protetta, tanto da poterne comprometterne il successo.
Finora sono stati utilizzati diversi metodi (matrici a punteggio, analisi MCA e, di recente,
analisi SMCA) con i quali si è cercato di rendere il più oggettiva possibile la suddivisione in zone
dei parchi marini. Bisogna comunque dire che ogni metodo, per quanto razionale possa essere, non
può prescindere dalla soggettività di chi lo sta applicando, che si manifesta, in genere, nella scelta
delle variabili da considerare e nell'attribuzione dei relativi pesi. Perciò, a nostro avviso, è
importante che il progettista giustifichi ogni sua scelta sulla base dei dati acquisiti con gli studi
conoscitivi, in modo tale da rendere facilmente comprensibile a tutti (amministratori locali,
pescatori, agricoltori, ecc.) come si è arrivati a formulare una certa proposta di zonazione.
La “trasparenza” di questo procedimento è di fondamentale importanza nel momento del
confronto con “interlocutori privilegiati”, poiché permette di rispondere con mezzi adeguati ad
eventuali critiche strumentali avanzate da questi ultimi, dal momento che il successo di un’ Area
Marina Protetta dipende fortemente dal consenso delle popolazioni locali.
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Infatti, in genere, non è facile accomodare gli interessi e le necessità delle popolazioni, dello
sviluppo turistico e della conservazione. Il turismo, generalmente, non è incompatibile con la tutela,
anzi, le zone che ospitano infrastrutture turistiche possono contribuire alla conservazione grazie alla
capacità di controllo su altri tipi di danneggiamenti e sviluppi.
Particolare è il problema della pianificazione di aree protette in ambienti insulari. I due
problemi principali per la protezione di isole abitate sono, probabilmente, stabilire i limiti massimi
di popolazione locale e il movimento turistico sopportabile dall’ambiente, nonché l’integrazione
degli ambienti protetti nell’economia degli abitanti locali (visite turistiche, attività di pesca, ecc.), in
modo che essi abbiano un reale interesse nella protezione e nella conservazione delle isole stesse. In
linea di massima andrebbero tenuti presenti i seguenti principi nella pianificazione di un’area
protetta negli arcipelaghi:
- utilizzare limiti naturali per le diverse zone protette (intere isole);
- impiegare appropriate tecnologie soft in modo che gli abitanti utilizzino le risorse con metodi
tradizionali e non siano forzati ad una completa dipendenza dall’esterno;
- integrare la gestione e la conservazione delle risorse terrestri e marine delle isole;
- coinvolgere quanto più possibile l’economia locale nella pianificazione e nella gestione delle aree
protette.
- Livelli di zonazione
- Metodi per l'elaborazione della proposta di zonazione
Livelli di zonazione
In generale, ogni Area Marina Protetta è divisibile in almeno due zone: quella centrale,
comprendente il settore più importante ai fini della conservazione, e quella che viene usualmente
definita cuscinetto, che circonda la prima e la protegge da eccessive pressioni esterne. Negli
ambienti terrestri, dove viene applicato lo stesso principio, è possibile determinare un gradiente
ecologico che si dirama da un’area, che costituirà la zona centrale, definendo un sistema di
protezione pressoché concentrico. Nell'ambiente marino, a causa della complessità dei sistemi
biologici, l’ecosistema costiero tende a raccogliere le zone secondo un gradiente che, in genere, va
dalla costa verso il mare aperto; pertanto nello scegliere la zona più idonea alla conservazione
dell'ambiente marino e costiero sarà opportuno includere tutte le biocenosi dal litorale verso il largo.
In tal modo la zonazione sarà effettuata in bande perpendicolari alla linea di costa, in cui le zone
centrali saranno fiancheggiate da zone cuscinetto. Il principio della zonazione concentrica trova
applicazione per le Aree Protette Marine e costiere di entità insulare. In questo caso la zona centrale
può essere rappresentata dall'intera isola e da una fascia costiera più o meno ampia, mentre la zona
cuscinetto risulterà più esterna. Attualmente non si osserva più una divisione in due zone ma,
generalmente, viene inserita un’ulteriore area di protezione, esterna alle prime due, detta di Riserva
parziale. Pertanto la zonazione si articola su tre livelli:
- Zone di Riserva Integrale A: è il luogo con i più alti valori ai fini conservativi; è sensibile
ai disturbi di origine antropica e non può tollerare alcuna forma di utilizzo da parte
dell’uomo. Quest’area dovrebbe essere abbastanza estesa da includere il maggior numero
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possibile di habitat e mantenere una popolazione di specie chiave, sia ai fini
conservazionistici, che per il recupero di stock depauperati. In queste aree è permesso
l'accesso al solo personale scientifico per lo svolgimento di ricerche autorizzate.
- Zone di Riserva Generale B: è la zona limitrofa alla zona centrale e contiene luoghi di
particolare valore per la conservazione e che sono in stretta relazione con le aree precedenti.
Tale zona può tollerare diversi usi umani che vanno dalla ricerca ad alcune forme di attività
ricreative e di pesca professionale, se pure in modo controllato.Queste zone sono, infatti,
sedi di attività turistiche per una fruizione rispettosa dell'ambiente marino mediante lo
sviluppo di percorsi subacquei guidati, di itinerari didattici e con l’impiego di natanti
appropriati. Sono permesse attività quali la balneazione, attività subacquea esercitata in
modo compatibile con la tutela delle caratteristiche naturali, accesso a remi e a vela di
imbarcazioni di lunghezza ridotta e la pesca professionale esercitata con attrezzi selettivi
autorizzati dall' Ente Gestore.
- Zone di Riserva Parziale C: tali zone circondano le precedenti e sono stabilite in modo da
compiere un'azione di controllo delle attività che in qualche modo possano incidere
negativamente sulle due zone precedenti (apporti di vario tipo dall'esterno, dragaggi, attività
di diporto, pesca professionale e sportiva, ecc.); sono finalizzate a regolamentare le presenze
nelle aree a maggiore vocazione turistica attraverso la creazione di zone cuscinetto tra quelle
soggette a maggiori vincoli e l'area esterna al parco. Queste aree ospitano le strutture
d'accoglienza delle Aree Marine Protette, quali centri per visitatori, museo didattico,
acquario, ecc. In generale è consentita la navigazione da diporto, l'accesso a motore a
velocità ridotta, la pesca professionale e la pesca sportiva opportunamente regolamentata.
La classificazione qui riportata può ovviamente subire delle modificazioni dettate dalle diverse
condizioni ambientali e socioeconomiche delle zone in cui si vuole creare un’Area Marina Protetta .
Una zonazione articolata in questo modo manca di un livello, che può essere considerato uno dei
principali motivi di successo delle Aree Marine Protette internazionali, ovvero zone nelle quali sia
vietata ogni forma di prelievo, ma sia consentito l’accesso pubblico in modo regolamentato e
controllato. Solo in questo modo è possibile permettere ad un visitatore di cogliere uno degli aspetti
più importanti e meglio apprezzabili di un parco marino, l’effetto riserva, caratterizzato dalla
presenza di un popolamento ittico assimilabile a quello naturale, unico per composizione di specie e
di taglie. Questo costituisce un notevole plus-valore per l’area protetta stessa, sia perché in grado di
polarizzare il turismo subacqueo verso il parco, sia per il suo valore di stimolo allo sviluppo di una
coscienza ambientale nei visitatori della riserva.
Per tali motivi , la proposta formulata dall’I.C.R.A.M. (Istituto Centrale per la Ricerca scientifica e
tecnologica Applicata al Mare) relativa all'A.M.P. dell'Isola dell'Asinara prevede una zonazione a 4
livelli. Il nuovo livello (entry - no take), per il quale si propone la sigla A2, prevede l’assenza di
ogni forma di prelievo ma la possibilità di ospitare visite guidate, allineando la zonazione italiana a
quella già in essere nella maggior parte delle Aree Marine Protette mondiali. La scelta della sigla
A2 per questo tipo di zona può essere motivata dal fatto che la A viene associata al concetto di
assenza di prelievo (no take zone). La zona A, a sua volta, è composta da un ambito A1 (no entry –
no take) nel quale è permesso solo l’accesso di personale scientifico autorizzato e da un ambito A2
(entry – no take) nel quale è consentito l’accesso anche a visitatori, nei modi indicati dall’Ente
Gestore.
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Quindi la proposta di zonazione a 4 livelli risulta così articolata:
- Zone di Riserva Integrale A (no take) suddivisa in:
- zona A1 (no entry - no take) nel quale è permesso solo l’accesso di personale
scientifico autorizzato;
- zona A2 (entry - no take) che prevede l’assenza di ogni forma di prelievo ma la
possibilità di ospitare visite guidate nei modi indicati dall’Ente Gestore, allineando la
zonazione italiana a quella esistente nella maggior parte delle A.M.P. mondiali.
- Zone di Riserva Generale B
- Zone di Riserva Parziale C
Lo schema di riferimento delle attività consentite nell’ambito di un’Area Marina Protetta è
presentato in tabella 1.
Tabella 1 - Guida delle attività nell’ambito di un’Area Marina Protetta.
ATTIVITA’
A1
A2
B
C
autorizzata
autorizzata
consentita
consentita
Diporto-vela
vietato
autorizzato e consentito
regolamentato
consentito
Diporto-a motore
vietato
vietato
autorizzato e regolamentato
regolamentato
Balneazione
vietata
vietata
consentita
Ancoraggio
vietato
vietato
autorizzato e regolamentato
regolamentato
Ormeggio
vietato
autorizzato
autorizzato
solo
per
attività
di
fruizione
consentite
Attività di studio
Ricerca scientifica
Accesso
consentita
Sosta
consentito
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Attività di fruizione
Attività subacquee (ARA e vietate
snorkeling)
autorizzate e autorizzate e consentite
regolamentate regolamentate
Visite guidate
vietate
autorizzate e regolamentate consentite
regolamentate
Pescaturismo
vietata
vietata
regolamentata consentita
Pesca a strascico e a vietate
circuizione
vietate
vietate
Pesca artigianale
vietata
vietata
autorizzata e autorizzata e
regolamentata regolamentata
Pesca sportiva
vietata
vietata
vietata
autorizzata e
regolamentata
Pesca subacquea
vietata
vietata
vietata
vietata
Attività di prelievo
vietate
Nel processo di zonazione si può tener presente la possibilità di effettuare una rotazione
delle utilizzazioni delle varie zone, soprattutto tra aree di Riserva Generale e di Riserva Parziale; in
tal modo la conservazione degli habitat può risultare maggiore, permettendo l'isolamento, almeno
periodico, di tutta la superficie dell’area protetta.
Legenda:
Attività autorizzata: attività permessa previa autorizzazione da parte dell’Ente Gestore;
l’autorizzazione permette la raccolta dei dati relativi ad una specifica attività, consentendo di
disporre di informazioni atte alla sua gestione;
Attività regolamentata: attività soggetta a specifiche disposizioni dell’Ente Gestore
^^^^^^^^^^
- La tabella è tratta dal sito: http://www.tiscali.it//areeprotettemarine/htm.
49
Metodologie per elaborare la proposta di zonazione
Come accennato in precedenza, in Italia non esistono dei criteri metodologici standard per
effettuare la proposta di zonazione: sicuramente, però, si dovrà utilizzare un tipo di Analisi a Molti
Obiettivi (MCA), poiché permette di combinare informazioni eterogenee (misure quantitative
possono essere usate insieme ad informazioni semi-quantitative e con informazione classificata in
ranghi).
Esistono diversi metodi di valutazione MCA, sviluppati per supportare la pianificazione urbana o
regionale (Nijkamp et al., 1990 (1); Alphonce, 1997(2)). La tecnica si basa sull’analisi di
concordanza o di discordanza: un set di osservazioni con attributi misurati è ordinato in accordo
alla concordanza (o discordanza) con un set di priorità esprimenti l’importanza di ogni attributo
all’interno di un particolare scenario. A questo proposito, è pratica comune comparare scenari d’uso
sulla base di punteggi di concordanza calcolati in funzione di una situazione esistente o pianificata.
Finora in Italia è stato molto utilizzato (Portofino, Cinque Terre, Isole Ciclopi) un modello
concepito da Salm e Clark e successivamente adattato per il Mediterraneo da Marini 1991 (3), che
permette di classificare le diverse aree del parco in base all'analisi dei valori (ambientali, territoriali
ed economici) in esse racchiusi calcolati attraverso l'impiego di matrici a punteggio.
La MCA, però, non considera direttamente gli aspetti spaziali, la cui analisi viene di solito svolta
attraverso GIS. Per questo di recente l’I.C.R.A.M. (Ispettorato Centrale per la Ricerca scientifica e
tecnologica Applicata al Mare) per effettuare la proposta di zonazione dell’Isola dell’Asinara, ha
scelto, seguendo l’esempio di quanto realizzato da Villa 1996 (4), di applicare uno specifico subset
della MCA al contesto GIS, producendo mappe di concordanza dell’area di studio con scenari di
uso identificati attraverso schemi di priorità corrispondenti ai diversi obiettivi della zonazione. Tale
metodo può essere definito Spatial Multiple Criteria Analysis o SMCA.
In ogni caso non va dimenticato che, per segnalare la suddivisione in zone della parte marina,
vengono utilizzate delle boe (come quella in figura davanti al Castelletto di Miramare), perciò è
sempre meglio evitare di produrre una zonazione “artistica”, a favore di forme geometriche
poligonali, più facilmente realizzabili nella pratica.
^^^^^^^^^^
1) Nijkamp P., Rietveld P., Voogd H. 1990. “Multicriteria Evaluation in Phisical Planning”.
Holland Publishers Press. The Natherlands.
2) Alphonce C.B. 1997. “Application of the Analytic Hierarchy Process in agricolture in developing
countries”. Agricultural Systems.
3) Marini L. 1991. “Il processo di zonazione di aree marine protette mediante l’applicazione di
matrici di valutazione” V.I.A. Progettare l’ambiente.
4) Villa F. 1996 A Gis-based method for multi-objective evalutation of park vegetation. “Landscape
and Urban Planning”.
50
Capitolo 3
LE AREE MARINE PROTETTE IN ITALIA
3.1- Le aree marine protette previste dalle normative
Legge 979/82
1
2
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4
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10
Golfo di Portofino
Cinque Terre
Secche della Meloria
Arcipelago Toscano
Isole Pontine di Ventotene e S.Stefano
Punta Campanella
Capo Rizzuto
Porto Cesareo
Torre Guaceto
Isole Tremiti
Legge 394/91
21 Isola Gallinara
22 Isola di Bergeggi
23 Monti dell'Uccellina
24 Secche di Tor Paterno
25 Monte di Scauri
26 Isola di Capri
27 Ischia, Vivara, Procida
28 Santa Maria di Castellabate
29 Costa degli Infreschi
30 Costa di Maratea
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15
16
17
18
19
20
Miramare
Capo Caccia-Isola Piana
Penisola del Sinis-Isola Mal di Ventre
Golfo di Orosei-Capo Monte Santu
Tavolara, Molara, Capo Coda Cavallo
Isola di Ustica
Isole Eolie
Isole Egadi
Isole Pelagie
Isole Ciclopi
31 Penisola Salentina
32 Piceno
33 Costa del Monte Conero
34 Arcipelago della Maddalena
35 Capo Testa-Punta Falcone
36 Isola dell'Asinara
37 Isola di San Pietro
38 Capo Spartivento-Capo Teulada
39 Capo Carbonara
40 Capo Gallo-Isola delle Femmine
41 Monte Cofano-Golfo di Custonaci
42 Stagnone di Marsala
43 Isola di Pantelleria
44 Pantani di Vendicari
45 Capo Passero
46 Grotte di Aci Castello
Legge 344/97
Torre di Cerrano
Legge 426/98
Mar Ligure-Santuario dei cetacei
Legge 388/2000 Parco sommerso di Baia
Parco sommerso di Gaiola
3.2- Le aree marine protette istituite
Agli inizi del 2003 sono state effettivamente istituite 23 aree marine protette che tutelano
complessivamente circa 190.000 ettari di mare e circa 565 km di costa.
Tra queste sono comprese, sulla base di un iter normativo diverso da quello previsto per
l’istituzione delle aree marine protette:
- il “Santuario” per i mammiferi marini (conosciuto anche come il Santuario dei Cetacei)
nato da un Accordo internazionale tra l’Italia, la Francia e il Principato di Monaco che
salvaguardia una grande estensione di mare (circa 87.000 ettari), per tutelare le aree di sosta
e riproduzione di questi splendidi animali a rischio di estinzione;
- i parchi sommersi di Baia e Gaiola, istituiti con decreto del Ministro dell’Ambiente, di
concerto con i Ministri per i Beni e le Attività culturali,dei Trasporti e della Navigazione e
delle Politiche agricole e forestali e di intesa con la regione Campania.
^^^^^^^^^^
- Le cartine delle aree marine di reperimento sono tratte dal sito http://www.minambiente.it.
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1) Golfo di Portofino
Identificata come area marina di reperimento dalla Legge 979/82
Anno di istituzione: D.M. 6/6/1998, D.M. 26/4/1999, D.M. 27/9/1999 e D.M. 27/9/2000,
Regolamento D.M. 19/2/2002. Provincia: Genova. Comuni: Camogli, Portofino , Santa Margherita
Ligure. Superficie: 346 ettari. Tipologia: promontorio roccioso tra il Golfo Paradiso e il Golfo del
Tigullio. Ente gestore: Consorzio di gestione tra provincia di Genova, comuni interessati dell’area e
Università di Genova. Sede: Villa Campagnola, viale Raisunno 14 16038 Santa Margherita Ligure
(Genova). Posizione geografica: 44° 18’ lat. N-9° long. E.
Cartografia:
Carta n. 107 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:25.000.
Carta delle biocenosi bentoniche (ENEA, 1986).
Tavolette 94 I NO; 94 IV NE; 83 II SO; 83 III SE della Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000
dell’Istituto Geografico Militare Italiano.
Cenni generali:
Il Promontorio di Portofino, roccioso e alto 610 metri, si protende nel Mar Ligure per oltre 3 km
come una fortezza squadrata, dividendo il Golfo Paradiso, a ponente, dal Golfo del Tigullio, a
levante. Il suo perimetro si estende per oltre 13 km ed è rettilineo nella parte occidentale, dove
spicca lo sperone di Punta Chiappa, mentre è più articolato a sud dove si susseguono insenature e
cale come quella, notissima, di San Fruttuoso. A levante, doppiata la piccola penisola di San
53
Giorgio, il profilo costiero si f a meno scosceso e la vegetazione si spinge fino al mare, circondando
i verde le piccole baie.
Problematiche emerse:
Le comunità di Portofino, Paraggi, San Fruttuoso e Camogli, che in passato sono state porti di pesca
e rocche della vicina Genova, dalla fine del secolo scorso sono oggetto di opere, trafori, colate di
cemento che arrecano ingenti danni agli equilibri biologici dei fondali. L’inquinamento comincia a
far sentire i suoi effetti e la pesca subacquea, negli ultimi 20 anni, ha contribuito alla scomparsa di
varie specie marine.
La biocenosi costiera della zona di Portofino era caratterizzata dalla massiccia presenza di Corallo
rosso (Corallium rubrum) che attualmente ha subito imponenti devastazioni ad opera dell’uomo.
Alcune baie, nel periodo estivo, in particolare quelle di San Fruttuoso e di Cala dell’Oro, risentono
dell’inquinamento acustico, atmosferico e marino, conseguenza dell’eccessiva e non controllata
concentrazione di imbarcazioni.
Caratteristiche dell’ambiente marino:
Morfobatimetria
La morfologia dei fondali rispecchia l’andamento delle terre emerse: pareti di conglomerato si
mantengono praticamente verticali per 20-30 metri, arrivando fino a 50 metri, diminuendo
successivamente la pendenza e lasciando il posto a distese sabbio-pietrose e fangose tipiche del
piano circalitorale. Il carattere aspro del conglomerato è riscontrabile anche nella fascia subacquea
con una presenza costante di fessure, anfratti e tettoie, con un orientamento quanto mai vario ai
punti cardinali e con una diversa esposizione alla luce.
Biocenosi bentoniche
I piani più superficiali delle scogliere presentano tipiche associazioni del Mediterraneo occidentale
quali: Verrucario – Melaraphetum neritoidis nel sopralitorale; Chiamalo – Porphyretum
leucostictae e Nemalio – Rissoelletum verruculosae nel mesolitorale superiore; Neogoniolitho –
Lithophylletum tortuosi nel mesolitorale inferiore; le ultime due, tipiche di coste battute, sono
presenti solo nella parte meridionale del promontorio. Per quanto riguarda i popolamenti algali
fotofili dell’infralitorale, sono rappresentati nella fascia più superficiale delle coste battute da
Cystoseiretum strictae, che viene sostituito in altre zone da facies a Corallina elongata, e da
Posidonia oceanica. Fino a profondità di 10-15 metri, sempre su scogliera, sono presenti le facies a
Dyctiopteris membranacea e Sargassum vulgare. Abbondanti anche le alghe Udotea petiolata e
Halimeda tuna. Per ciò che riguarda i popolamenti sciabili, questi sono riconducibili essenzialmente
al Coralligeno.
Alla base di scogliere profonde e su blocchi sparsi sul fondo sono presenti facies a Lophogorgia
ceratophyta e Funicella verrucosa, mentre i tratti a falesia sommersa sono caratterizzati da
Corallum rubrum, Parazoanthus axinellae, Leptopsammia pruvoti.
In particolare il Corallo rosso è presente a Punta Torretta a 38 metri di profondità, con una densità
di 600-700 colonie al m2.
54
2) Cinque Terre
Identificata come area marina di reperimento dalla Legge 979/82
Anno di istituzione: D.M. 12/12/1997 e D.M. 31/1/2001. Provincia: La Spezia. Comuni: Levanto,
Monterosso al Mare, Riomaggiore, Vernazza. Superficie: 2784 ettari. Tipologia: Promontori,
insenature e versanti montuosi della Riserva di Levante. Ente gestore: Ente Parco delle Cinque
Terre, via T. Signorini 118, 19017 Riomaggiore (SP). Posizione geografica: 44° 01’ lat. N-9° 38’
long. E.
Cartografia:
Carta n. 3 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:100.000.
Carta delle biocenosi bentoniche (ENEA, 1986).
Tavolette 270 IV NE-SE della Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000 dell’Istituto Geografico
Militare Italiano.
Cenni generali:
Al centro della Riserva di Levante, ancora in vista del Promontorio di Portofino, il litorale si innalza
rapidamente dal livello del mare fino a 700/800 metri. E’ un tratto aspro, con falesie alte e a
strapiombo, interrotte da promontori, spiagge ciottolose e insenature, eppure in pochi altri punti
liguri è così evidente l’azione dell’uomo, che in secoli di duro lavoro ha saputo creare un paesaggio
tanto particolare, fatto di terrazzamenti e muretti a secco, da essere inserito dall’ Unisco tra i Siti
patrimonio dell’ Umanità. Il valore dell’area è stato riconosciuto anche nel nostro Paese con
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l’istituzione a breve distanza uno dall’altra di un parco nazionale e di un ‘area marina protetta, la cui
attività congiunta potrà consentire una protezione integrata dell’intera zona.
Problematiche emerse:
Emergenze naturalistiche rilevate: la zona presenta notevoli interessi sia per l’ambiente terrestre
(geologia, vegetazione e fauna), che per quello marino. I fondali presentano una eterogeneità di
comunità presenti (praterie di Posidonia oceanica e Cymodocea nodosa su fondi mobili e su roccia,
su fondi duri con alghe fotofile, Precoralligeno e Coralligeno).
Caratteristiche dell’ambiente marino:
Morfobatimetria
La composizione granulometrica dei sedimenti viene influenzata, da un lato, dalla conformazione
geologica della costa (rocce argillose con complessi ofiolitici a nord e rocce arenacee e sud) e,
dall’altro, dagli apporti prevalentemente silicei ed argillosi del fiume Magra a sud.
I sedimenti grossolani che si depositano alla base delle falesia sono di natura carbonatica ed hanno
origine marina.
Nel complesso si può dire che le sabbie tendono a concentrarsi nella zona più settentrionale, a
ridosso di Punta Mesco, mentre nelle rimanenti aree prevalgono, già a basse profondità, sedimenti
composti da limi ed argille.
L’andamento morfobatimetrico di questo tratto di costa è caratterizzato da falesie costiere che
raggiungono immediatamente i 15-18 metri di profondità. L’isobata dei 60 metri viene raggiunta tra
i 2000 e i 3000 metri di distanza dalla terraferma.
A Punta Mesco, estremità occidentale del litorale, i fondali degradano con notevole rapidità verso la
batimetrica dei 60 metri e presentano terrazzamenti a diverse profondità. Nella zona compresa tra
Monterosso a Mare e Corniglia i fondali scendono rapidamente fino a 13-17 metri e degradano poi
lentamente su sabbia a profondità maggiori.
La Spiaggia di Corniglia raggiunge rapidamente la batimetrica degli 8 metri, oltre la quale il fondo
presenta una dolce pendenza. A Menarola il fondale scende velocemente fino a 13 metri ed è
caratterizzato da grossi massi isolati su fondo sabbioso. Il promontorio di Riomaggiore, infine,
scende velocemente fino a 35 metri e presenta due terrazzi a 16 e a 32 metri di profondità.
Biocenosi bentoniche
Nel tratto di costa considerato coesistono substrati rocciosi, prevalenti nella zona prossima alla linea
di riva, e substrati mobili che, pur caratterizzando alcune insenature costiere, sono più frequenti a
profondità maggiori.
Relativamente ai substrati duri dei piani sopralitorale e mesolitorale, i popolamenti riscontrabili
sono piuttosto uniformi, pur essendo presenti con una diversa estensione in rapporto al grado di
esposizione della roccia al moto ondoso.
Nel sopralitorale prevalgono il Cirripede Euraphia depressa, il Gasteropode Littorina neritoides, le
Cianofite ed il Brachiuro Pachigrapsus marmoratus.
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Per il mesolitorale si citano, per l’orizzonte superiore, i Cirripedi Chthamalus stellatus ed i generi
Patella e Monodonta. L’orizzonte inferiore è caratterizzato da una fascia a Lithophyllum tortuosum
qua e là interrotta da Mitili provenienti dall’infralitorale.
Il tratto di costa compreso tra i due promontori, in funzione della profondità esaminata e
dell’esposizione del substrato all’idrodinamismo, ospita diverse facies della biocenosi delle Alghe
Fotofile. La presenza di acque di scarico viene rilevata dalla composizione della biocenosi ad Alghe
Fotofile superficiali di Manarola, dove le Corallinacee sono associate alle Alghe verdi
(Enteroporpha).
Caratteristica peculiare del tratto compreso tra Punta Mesco e il promontorio di Montenegro è la
biocenosi del Coralligeno, insediata già a deboli profondità sui fondali rocciosi molto ripidi, la cui
composizione è notevolmente influenzata dall’evidente torpidità dell’acqua e dall’accentuato
processo di sedimentazione.
Da un’indagine svolta dall’ENEA (1995) i dati raccolti sui popolamenti bentonici confermano un
certo impoverimento qualitativo e quantitativo del Coralligeno presente. Non è stato infatti
segnalato il Corallo nero e le colonie di Paramuricea sono molto meno vistose di quanto descritto
negli studi precedenti.
Oltre i 10-18 metri i substrati duri confinano con sedimenti a granulometria variabile sui quali, in
talune zone, s’insediano praterie di fanerogame, quali Posidonia oceanica e Cymodocea nodosa.
I substrati molli presentano, in uno spazio relativamente ristretto, diversi insediamenti biocenotici in
rapporto alla granulometria del sedimento presente. Nella fascia più costiera sono state individuate
le biocenosi caratteristiche delle sabbie fini ben calibrate.
A batimetriche maggiori è presente la biocenosi particolare della zona di transizione tra il detritico
costiero ed i fanghi terrigeni, tipica inoltre degli ambienti più profondi.
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5) Isole Pontine (Ventotene e Santo Stefano)
Identificata come area marina di reperimento dalla Legge 979/82
Anno di istituzione: D.M. 12/12/1997. Provincia: Latina. Comune: Ventotene. Superficie: 2799
ettari. Tipologia: Isole rocciose della parte orientale dell’Arcipelago Pontino. Ente gestore:
Comune di Ventotene. Sede: P.zza Castello 1, 04020 Ventotene (LT). Posizione geografica:
Ventotene 40°47' lat. N-13°25' long. E. S.Stefano 39°47' lat. N-13°27' long. E.
Cartografia:
Carte n. 124 e 136 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:25.000.
Tavoletta 170 III SO della Carta Topografica d'Italia alla scala 1:25.000 dell'Istituto Geografico
Militare.
Cenni generali:
Sono stati i vulcani ad innalzare l’arcipelago pontino al largo delle coste laziali e campane,
formando due gruppi ben distinti non solo geograficamente, ma anche geologicamente. Se a
occidente troviamo Ponza, Zannone e Palmarola , che al tempo delle ultime glaciazioni formavano
un’unica terra emersa, a oriente si innalzano Ventotene e Santo Stefano, le due isole interessate
dall’area marina protetta. Esse rappresentano la parte sommatale di un antico vulcano che si stima
avesse un diametro di una ventina di km e un’altezza di poco più di 1000 m, tanto da sporgere
relativamente poco dai fondali marini circostanti che raggiungono rapidamente i 900 m di
profondità.
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Caratteristiche dell’ambiente marino:
Il territorio dell’Arcipelago Ponziano (o Pontino), pur mostrando una forte antropizzazione, riunisce
in sé una serie di emergenze di elevato valore paesistico e ambientale: il paesaggio geologico, che
dà vita a morfologie costiere quanto mai varie e peculiari, la presenza di numerosi endemismi di
grande interesse biogeografico riscontabili sia tra le entità floristiche, che tra quelle faunistiche, la
ricca avifauna di passo. A queste si associa un altro elemento di grande rilievo: l’ambiente marino,
che appare ancora notevolmente ricco e diversificato e accoglie alcune tra le più interessanti
biocenosi del Mediterraneo.
Per i loro innumerevoli valori ambientali, le Isole Ponziane sono state una delle prime aree oggetto
di indagini e di proposte per la creazione di una riserva marina ai sensi della legge n. 979/82.
Nonostante l'istruttoria per l’istituzione dell’Area Marina sia stata conclusa nel 1998, dopo anni di
studi e di proposte di perimetrizzazione, la riserva marina è ancora oggetto di dibattiti e di accanite
polemiche da una parte della comunità isolana di Ponza che si oppone drasticamente alla sua
realizzazione.
Solo il Comune di Ventotene ha sostenuto l'idea dell'Area Protetta, consentendo l’istituzione
dell'Area Protetta delle Isole di Ventotene e di Santo Stefano, avvenuta con Decreto del Ministero
dell'Ambiente in data 12/12/97.
Successivamente, per la stessa isola di Ventotene, agli inizi del 1999, la tutela è stata estesa anche
sulla terraferma, con l’istituzione di una Riserva Naturale dello Stato. Per queste isole è così oggi
possibile una gestione integrata terra-mare, che meglio garantisce la tutela e la valorizzazione delle
risorse naturali, sia marine che terrestri. Anche l’isola di Zannone è tutelata a terra, essendo
compresa nel Parco Nazionale del Circeo.
L’arcipelago ponziano si trova nel Mar Tirreno al largo delle coste laziali e campane. E’ formato,
come già ricordato, da due distinti gruppi di isole: ad occidente Ponza, Zannone e Palmarola (che
fanno parte del Comune di Ponza); più ad oriente Ventotene e Santo Stefano (afferenti, invece, al
Comune di Ventotene). Questi due gruppi distano tra loro 39 km e si trovano a sud del Capo Circeo.
Soltanto le isole di Ponza e Ventotene sono abitate.
Tutte le isole dell’arcipelago sono di origine vulcanica, ad eccezione di Zannone, formata da calcari
e dolomie risalenti al Trias superiore. Anche da un punto di vista geologico, oltre che geografico, si
possono identificare due gruppi: quello occidentale, formato da Ponza, Zannone e Palmarola, e
quello orientale con Ventotene e Santo Stefano. Infatti, mentre queste ultime rappresentano la parte
apicale di un antico cono vulcanico che aveva un diametro di circa 15-20 km e che si innalzava per
1.039 metri da fondali di circa 900 metri di profondità, Ponza, Zannone e Palmarola fanno parte di
un'unica unità morfologica.
Queste tre isole, infatti, sorgono all'interno della stessa isobata dei 100 metri; Zannone è collegata a
Ponza da una dorsale accidentata che rappresenta un residuo di intrusioni domiformi, e tutte e tre le
isole formavano un'unica terra emersa durante l’ultima glaciazione wurmiana.
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6) Punta Campanella
Identificata come area marina di reperimento dalla Legge 979/82
Anno di istituzione: D.M. 12/12/1997, modificato con D.M. 13/6/2000. Province: Napoli, Salerno.
Comuni: Massa Lubrese, Meta di Sorrento, Pino di Sorrento, Positano, Sant’Agnello, Sorrento,
Vico Equense. Superficie: 1539 ettari. Tipologia: Costa rocciosa antistante tratto di mare. Ente
gestore: Consorzio Riserva. Sede: V.le Filangeri 40, 80061 Massa Lubrense (NA). Posizione
geografica: 40°34' lat. N-14°19' long. E.
Cartografia:
Carta n. 127 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:60.000.
Tavoletta 196 I NE (Sorrento) della Carta Topografica d'Italia alla scala 1:25.000 dell'Istituto
Geografico Militare Italiano.
Cenni generali:
Punta campanella, l’antico Promontorium Minervae dei Romani che il canale di Bocca Piccola
separa dall’Isola di Capri, è la propaggine estrema del lungo sperone roccioso della penisola
sorrentina che chiude a sud-est il Golfo di Napoli separandolo da quello di Salerno.
Il promontorio vero e proprio comprende la dorsale da Punta campanella a Monte San Costanzo, le
due baie di Mitigliano e di Ieranto (un gioiello del FAI, il Fondo per l’Ambiente Italiano) chiuso
dalla penisoletta di Montalto mentre l’area occupata dalla riserva marina si estende da Punta del
Capo, poco dopo Sorrento, fino a Punta Germano, non lungi da Positano.
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Caratteristiche dell’ambiente marino:
La costa si presenta molto ripida e frastagliata, con parecchie cavità e grotte. Similmente alla vicina
Isola di Capri, anche i fondali di Punta Campanella ospitano il Coralligeno, anche se appare
danneggiato dall'attività di pesca indiscriminata.
Inoltre, la pesca del tartufo di mare, la cui raccolta si effettua estirpando la Posidonia oceanica, ha
fortemente alterato l'ecosistema marino.
Anche la raccolta illegale di datteri di mare, che viene svolta demolendo il substrato roccioso, ha
notevolmente contribuito a distruggere l'habitat, con la conseguente scomparsa di parecchie specie
animali e vegetali.
61
7) Capo Rizzuto
Identificata come area marina di reperimento dalla Legge 979/82
Anno di istituzione: D.I. 27/12/1991 modificato con D.M. 19/2/2002. Provincia: Crotone. Comuni:
Crotone, Isola di Capo Rizzuto. Superficie: 14.721 ettari. Tipologia: Coste rocciose, fondali in
forma di terrazzi digradanti. Ente gestore: Provincia di Crotone. Sede: P.zza Uccialli, Le Castella,
88841 Isola di Capo Rizzuto. Posizione geografica: 38° 53' lat. N-17°05' long. E.
Cartografia:
Carte n. 24 e 25 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:100.000.
Tavolette 243 IV NE-NO e 238 III SE della Carta Topografica d'Italia alla scala 1:25.000
dell'Istituto Geografico Militare Italiano.
Cenni generali:
Sono circa 40 km di litorale ionico nel tratto costiero a sud di Crotone che abbracciano l’intera
penisola che prende il nome da questa località, così ricca di storia per essere stata uno dei centri
principali della Magna Grecia.
62
La costa calabra qui segue una linea ideale che unisce tra loro ben otto promontori, da quello storico
di Capo Colonna, così chiamato a causa della solitaria colonna che testimonia l’esistenza dell’antico
tempio di Hera Lacinia, fino a quello di Le Castella, che rappresenta l’ultimo sul quale sorge, a
dominare il paesaggio costiero un imponente castello aragonese.
Caratteristiche dell’ambiente marino:
I fondali di Capo Rizzuto si differenziano da quelli della restante parte della Calabria centroorientale, in quanto caratterizzati da profondità modeste quasi ovunque, tranne che in prossimità dei
capi rocciosi.
Basti pensare che l'isobata dei 10 metri si raggiunge, generalmente, ad oltre un chilometro di
distanza dalla costa. L'ambiente marino possiede un'elevata ricchezza di popolamenti algali ed
ospita una vasta prateria di Posidonia oceanica e vasti prati di Cymodocea nodosa. Nell'area si
possono riscontrare vari tipi di ambiente, di substrato sia sabbioso che roccioso, ospitanti ciascuno
popolamenti e specie diverse.
Tra le specie della ricca fauna spiccano Poriferi, Cnidari, Molluschi, Anellidi, Crostacei ed
Echinodermi. Tra le specie ittiche si segnala la presenza di saraghi, cernie, triglie, donzelle,
scorfani, murene ed il raro e coloratissimo pesce pappagallo, di origine tropicale.
63
8) Porto Cesareo
Identificata come area marina di reperimento dalla Legge 979/82
Anno di istituzione: D.M. 12/12/1997. Provincia: Lecce. Comuni: Nardò, Porto Cesareo.
Superficie: 16.654 ettari. Tipologia: Tratto di mare e fascia litoranea. Ente gestore: Capitaneria di
Porto di Gallipoli. Sede: Lungomare Marconi 1, 73014 Gallipoli (LE). Posizione geografica: 40°15'
lat. N-18°53' long. E.
Cartografia:
Carte n. 27 e 28 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:100.000.
Tavoletta 213 I NE-SE-NO della Carta Topografica d'Italia alla scala 1:25.000 dell'Istituto
Geografico Militare Italiano.
Cenni generali:
L’area marina protetta si trova nella parte orientale del Golfo di Taranto, a nord di Gallipoli, ed è
compresa tra Punta Prosciutto e Torre dell’Inserraglio.
Il suo centro principale, Porto Cesareo, si riconosce da lontano per la grande masseria e per la
chiara costruzione quadrangolare di Torre Chianca, una delle sette torri fortificate che si ergono
lungo la costa della riserva e che erano parte del sistema di avvistamento e di difesa di questa
regione dagli assalti dei Turchi e dei Saraceni.
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Caratteristiche dell’ambiente marino:
In prosecuzione delle spiagge costiere, i fondali si estendono con ambienti sabbiosi o ghiaiosi, fino
a circa 7 metri di profondità. Essi non sono particolarmente accidentati e, spesso, sono costituiti
dagli stessi terrazzamenti presenti nell'ambiente emerso.
La buona diversità di ambienti permette la convivenza di diverse associazioni biologiche e
organismi marini. Così, in estate, si riscontra la vita di specie termofile e, più lontano dalla costa, si
trovano praterie miste di piante superiori ed alghe (Cymodocea e Caulerpa).
I fondi rocciosi comprendono, nei primi metri, la tipica vegetazione algale fotofila, e proseguono,
più in profondità, con interessanti formazioni di Coralligeno, di cui si ricordano il porifero Axinella
cannabina ed il nudibranco Phyllidia pulitzeri.
L’area ospita, inoltre, uno degli ecosistemi più interessanti del Mediterraneo: la prateria di
Posidonia oceanica, che qui raggiunge eccezionalmente profondità vicine ai 50 metri. Nella zona si
segnalano, poi, la tartaruga marina comune (Caretta caretta) e la tartaruga liuto (Dermochelys
coriacea), entrambe protette.
65
9) Torre Guaceto
Identificata come area marina di reperimento dalla Legge 979/82
Anno di istituzione: D.I. 4/12/1991. Provincia: Brindisi. Comuni: Brindisi, Carovigno. Superficie:
2227 ettari. Tipologia: Tratto costiero con baie, dune, stagni retrodunali e foresta sempreverde. Ente
gestore: Consorzio tra i comuni di Brindisi e Carovigno. Sede: WWF Italia, via S. Anna 6, 72012
Carovigno (BR). Posizione geografica: 40°43' lat. N-17°43' long. E.
Cartografia:
Carta n. 30 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:100.000.
Tavoletta 191 II SO della Carta Topografica d'Italia alla scala 1:25.000 dell'Istituto Geografico
Militare Italiano.
Cenni generali:
Posta a 17 km a nord di Brindisi, Torre Guaceto è un piccolo gioiello della costa compresa tra la
località di Penna Grossa, a nord, e quella di Apani e sud, che integra in un unico complesso
protetto una riserva terrestre (che conta un’importante zona umida, dune e interessanti biocenosi
vegetali), una riserva marina ed emergenze archeologiche.
66
Caratteristiche dell’ambiente marino:
L’articolata e diversificata morfologia dei fondali conferisce all'ambiente marino un notevole
interesse naturalistico. Il mare antistante Torre Guaceto racchiude, infatti, in un’area di limitata
estensione, comunità varie e ricche, da quelle semplici dei fondali sabbiosi, a quelle più complesse
dei substrati rocciosi. Si riscontra una vasta prateria di Posidonia oceanica, che offre rifugio a
diversi organismi, come il riccio di prateria, il cerianto e numerosi policheti sedentari. I fondali
rocciosi, invece, si caratterizzano, nei primi metri di profondità, per un enorme sviluppo algale, tra
cui la Cystoseira e l'Acetabularia.
Con l’aumentare della profondità, le alghe si fanno più rade e sono sostituite da organismi
incrostanti, come le spugne Crambe crambe e Aplysina aerophoba, che tappezzano di arancione e
giallo le pareti.
Lungo la costa rocciosa si aprono piccole grotte e cavità colonizzate da tipici popolamenti sciafili,
cioè amanti della penombra. In alcune di queste cavità trova rifugio il gambero Lysmata
seticaudata.
La diminuita attività di pesca ha determinato un notevole incremento delle specie ittiche. Nelle
acque di Torre Guaceto nuotano pesci come i cefali, le salpe, i pesci erbivori, i saraghi, i dentici e le
marmore. Tra le specie bentoniche, che vivono cioè in stretto contatto con i fondali, abbondante è la
donzella, che costruisce con frammenti di Posidonia oceanica dei piccoli nidi in cui depone le uova.
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10) Isole Tremiti
Identificata come area marina di reperimento dalla Legge 979/82
Anno di istituzione: D.I. 14/7/1989. Provincia: Foggia. Comune: Isole Tremiti, 71040 Isola S.
Nicola. Superficie: 1466 ettari. Tipologia: Piccolo Arcipelago con Ambiente marino costiero e
fondali di eccezionale interesse scientifico e bellezza paesaggistica. Ente gestore: Ente Parco
Nazionale del Gargano. Sede: Via Sant’Antonio Abate 121, 71037 Monte S.Angelo (FG).
Posizione geografica: 42°07' lat. N-15°30' long. E (San Domino).
Cartografia:
Carta n. 32 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:100.000.
Tavoletta 156 IV della Carta Topografica d'Italia alla scala 1:25.000 dell'Istituto Geografico
Militare Italiano.
Cenni generali:
Le perle dell’Adriatico, così si possono definire San Domino, San Nicola, Caparra, oltre ad alcuni
scogli minori quali crepaccio e La Vecchia, si trovano a sole 12 miglia dalla costa a nord-est del
Gargano. Più lontana, quasi ai confini delle acque territoriali, sorge l’isola di Pianosa che completa
l’arcipelago. Basse sul mare (l’altitudine massima è raggiunta dal Colle Romito di 116 metri, a San
Domino), le isole formano un minuscolo arcipelago di soli 4 kmq forse perché anche gli eroi hanno
dei limiti e Diomede, re dell’Etolia, non riuscì a lanciare in mare pietre più grandi quando, come
narra la leggenda, raggiunse queste acque dopo aver combattuto nella lunga guerra di Troia.
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Caratteristiche dell’ambiente marino:
I fondali delle isole rivestono un'importanza strategica per la conservazione delle risorse marine:
creano, infatti, un'area di estremo valore per numerosissime comunità animali che qui trovano le
condizioni adatte per alimentarsi e, sopratutto, per riprodursi.
Sott’acqua la variegata morfologia esterna delle coste si traduce in un mosaico di habitat diversi,
davvero sorprendente se si considerano le piccole dimensioni dell'arcipelago.
Profonde pareti verticali, lambite dalle fredde correnti di nord-est; accumuli di massi franati ricchi
di tane e di anfratti; costoni di roccia calcarea dalle superfici particolarmente tormentate da
incisioni, fessure e cavità; pendii rocciosi a basse profondità e secche isolate.
Il tutto costituisce un vasto repertorio di fondali che permette l'insediamento a comunità animali e
vegetali altamente diversificate e tra le più caratteristiche del Mediterraneo. Tra i pesci
maggiormente significativi si segnala la presenza di torpedini, rombi e rane pescatrici. In queste
aree si sviluppano anche alcune praterie di Posidonia oceanica.
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11) Miramare
Identificata come area marina di reperimento dalla Legge 979/82
Anno di istituzione: D.I. 12/11/1986 e D.M. 27/9/1999, Regolamento D.I. 20/7/1989. Provincia:
Trieste. Comune: Trieste. Superficie: 127,3 ettari. Tipologia: Promontorio roccioso compreso nel
parco di Miramare. Ente gestore: WWF Italia. Sede: Via Miramare 349, 34014 Grignano (TS).
Posizione geografica: 45° 42' lat. N-13°43' long. E.
Cartografia .
Carta n. 3 in scala 1:25.000 dell’Istituto Idrografico della Marina.
Tavoletta 40a II SO della Carta Topografica d'Italia alla scala 1:25.000 dell'Istituto Geografico
Militare Italiano.
Cenni generali:
Strano ed unico esempio di area marina protetta che sorge accanto a una grande città tanto da
potersi quasi definire un parco marino urbano, la riserva di Miramare fronteggia il castello
omonimo con il suo parco legati alla storia di Massimiliano d’Austria e della moglie Carlotta.
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Caratteristiche dell’ambiente marino:
Morfobatimetria
Immediatamente sotto al castello si possono avere anche 10 metri di profondità e ai confini della
Riserva, in prossimità delle boe gialle, si raggiungono i 18 metri.
La profondità, sommata alla particolare conformazione ed esposizione del promontorio, fa sì che ci
siano notevoli movimenti di masse d'acqua e, quindi, un forte ricambio idrico, importante per la
riserva, data la vicinanza con la città di Trieste e con il suo porto.
Una corrente di fondamentale importanza è quella legata alle piene del fiume Isonzo: enormi masse
di acqua si incuneano in mare, a pochi chilometri dall'Area Protetta, e questo porta a movimenti
locali, a volte impetuosi come fiumi di acque costiere, spesso con direzioni opposte a quella della
corrente in uscita.
Biocenosi bentoniche
La porzione nord-occidentale del Golfo di Trieste gode di condizioni idrologiche e biologiche
uniche in tutto il Mediterraneo.
Le oscillazioni di marea, che raggiungono i 2 metri di altezza per la particolare forma chiusa
dell'Adriatico, unita alla bassa salinità determinata dall'imponente afflusso fluviale e la temperatura
piuttosto bassa dell'acqua (7°C in febbraio, 26°C in agosto), determinano l'insediamento di
biocenosi molto particolari, estremamente affini a quelle dell'Atlantico settentrionale, tra le quali si
annovera quella a Mytilus galloprovincialis, Catanella repens e Fucus virsoides del piano
mesolitorale.
Data la forte escursione di marea, i popolamenti dei piani sopra e mesolitorale di substrato duro
presentano, in questa zona, delle cinture caratteristiche ben evidenti: nell'orizzonte superiore del
sopralitorale è evidente una fascia continua a Littorina neritoides e Ligia italica, contenute da una
distribuzione a Chthamalus stellatus ed Enteromorpha.
Il substrato sottostante è popolato dalla biocenosi Mytilus, Patella, Fucus virsoides, caratteristica
dei biotopi a forte escursione di marea. In associazione si rinvengono altre alghe quali Hildebrandia
prototipus e diverse cianoficee epilitiche.
Ai limiti inferiori del piano infralitorale, le specie presenti hanno una distribuzione variabile. Tra
queste si annoverano Actinia equina e Actinia zonata, i molluschi Monodonta turbinata e Chiton
olivaceus.
Sui fondi rocciosi infralitorali si segnala la presenza della facies a Cystoseira barbata, a cui si
associano la spugne Tethya aurantia, Chondrosia reniformis ed il tunicato Microcosmus vulgaris.
In superficie, fino ad un metro e mezzo di profondità, è stata osservata Scystosiphon lomentaria,
un'alga bruna filamentosa, indicatore di temperatura dell'acqua inferiore ai 10°C.
E' evidente che vicino alla superficie l'ambiente marino risentirà maggiormente della temperatura
esterna: a febbraio l'acqua appare cristallina, ma il paesaggio subacqueo è privo completamente di
pesci. Infatti alcuni si rintanano negli anfratti in una specie di letargo, altri compiono piccoli
spostamenti laddove l'acqua, pur fredda, non raggiunge le temperature gelide della riserva.
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All’aumentare della temperatura e con le prime mareggiate di marzo-aprile, la copertura algale
viene strappata dal fondale, in montagna inizia a sciogliersi la neve ed i fiumi trasportano il detrito:
da un’acqua limpida e fredda si arriva, dunque, lentamente ad un’acqua torbida e calda.
E’ il periodo di riproduzione dei Nudibranchi ed è facile osservare le loro ovature. Verso maggio si
può osservare l'attività dei pesci, comparendo i Blennidi e i Gobidi, con la presenza, anche, dei
cavallucci marini, fino ai tordi fasciati e ai tordi neri.
Al largo vengono osservati giovani del genere Diplodus ed esemplari maestosi tra le corvine, che
possono essere considerate tra le specie più caratteristiche della Riserva, in quanto presenti in
banchi molto grandi. D’estate iniziano a comparire gruppi di saraghi nei pressi della scogliera, dove
rimarranno per tutta la stagione.
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12) Capo Caccia-Isola Piana
Identificata come area marina di reperimento dalla Legge 979/82
Anno di istituzione: D.M. 20/09/2002. Provincia: Sassari. Comune: Alghero. Superficie: 2631
ettari. Tipologia: Promontorio roccioso con numerore grotte subacquee e un ampio golfo sabbioso.
Ente gestore: Comune di Alghero (gestione provvisoria) Posizione geografica: 40° 34' lat. N-8° 13'
long. E.
Cartografia:
Carta n. 48 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:100.000.
Tavoletta 192 IV SE-NE della Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000 dell’Istituto Geografico
Militare Italiano.
Cenni generali:
L’insenatura di Porto ponte, un porto naturale profondo 6 km e largo 2, dove l’acqua si mantiene
calma anche durante le più violente maestralate, è chiusa a ovest ed a est da 2 imponenti bastioni
calcarei: Punta del giglio e Capo Caccia.
Quest’ ultimo è una penisola calcarea che ha al centro il Monte Timidone (362 metri) e appare
come una vera fortezza di roccia che si restringe verso l’estremità meridionale, dove un sottile istmo
si unisce al Capo su cui è situato un faro.
Davanti alle alte falesie del promontorio sta l’Isola Foradada, un blocco di calcare staccatosi dalla
costa, e più a nord, davanti a Cala Barca, l’Isola Piana. Subito dopo la costa occidentale si innalza,
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in corrispondenza di Punta Cristallo, dove il Capo arriva a toccare i 326m di quota, affacciandosi
sul mare e creando un panorama aereo che lascia senza fiato: qui è dominio assoluto di uccelli
marini, di preziosi falchi pellegrini e di rarissimi grifoni, i grandi avvoltoi che lentamente stanno
ritornando a colonizzare i cieli dell’isola.
Caratteristiche dell’ambiente marino:
Sott’acqua si nasconde un patrimonio naturalistico ed ambientale di indubbio valore. Nella baia di
Porto Conte, tra i 10 e i 35 metri di profondità, è presente una estesa prateria di Posidonia oceanica.
La presenza di colonie di corallo rosso ad una profondità compresa tra i 40 e i 50 metri, giustifica
appieno il toponimo Riviera del Corallo. Sempre a queste profondità sono presenti popolamenti a
gorgonia rossa e a spugne del genere Axinella.
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13) Penisola del Sinis-Isola del Mal di Ventre
Identificata come area marina di reperimento dalla Legge 979/82
Anno di istituzione: D.M. 12/12/1997, D.M. 22/07/1999, D.M 6/9/1999, modificati con D.M.
17/7/2003. Provincia: Oristano. Comune: Cabras. Superficie: 32.900 ettari. Tipologia: Penisola con
sistemi dunali e zone umide di rilevanza internazionale. Ente gestore: Comune di Cabras. Sede:
P.zza Eleonora 1, 09072 Cabras (OR). Posizione geografica: 40° 00' lat. N-8° 18' long. E.
Cartografia:
Carta n. 293 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:50.000.
Tavolette 216 I SE e 205 II SE della Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000 dell’Istituto
Geografico Militare Italiano.
Cenni generali:
Era prevedibile che una zona come questa, dove è facile accorgersi quanto la natura sappia essere
generosa e creativa e dove l’uomo ha lasciato tracce importanti della sua storia, diventasse area
protetta.
Non è stato facile, ma oggi l’area marina, che comprende la Penisola del Sinis, la piccola isola Mal
di Ventre e lo Scoglio del Catalano, contribuisce a conservare e tutelare un territorio che si
completa idealmente con i sistemi dunali del Sinis e di Is Arenas, che si continuano con le pareti di
arenarie su cui il vento e l’acqua si sono esercitati, costruendo un simbolo di questo paesaggio
costiero, S’Archittu, un grande arco naturale attraversato da parte a parte dal mare e che si
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collegano con gli stagni di Cabras (il più grande specchio naturale dell’isola), Mistras e Sale Porcus,
una delle più grandi distese palustri e lagunari d’Italia.
Caratteristiche dell’ambiente marino:
La varietà delle coste si traduce anche sott'acqua in una notevole ricchezza di situazioni, con fondali
sabbiosi colonizzati da vaste praterie di Posidonia oceanica e fondali rocciosi con falesie di rocce
basaltiche, con grandi blocchi granitici, grotte, anfratti ed estese formazioni di Coralligeno.
La Posidonia si spinge ad una delle profondità massime per il Mediterraneo, oltre i 40 metri, indice
di acque molto limpide e di una buona integrità ambientale.
Le acque e i fondali sono animati da una grande varietà di Pesci, Molluschi e Crostacei: castagnole,
triglie, seppie, polpi, nudibranchi, bavose, scorfani, cernie, cicale ed aragoste. A profondità
maggiori coralli, madrepore e spugne tappezzano con le colorazioni più svariate i fondali rocciosi.
Nelle acque antistanti la costa è facile osservare alcune specie di delfini (Delphinus striatus) che
accompagnano la navigazione delle barche.
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15) Tavolara, Molara, Capo Coda Cavallo
Identificata come area marina di reperimento dalla Legge 979/82
Anno di istituzione: D.M. 12/12/1997, modificato con D.M. 28/11/2001. Province: Nuoro, Sassari.
Comuni: Loiri, Porto San Paolo, Olbia, San Teodoro. Superficie: 15.091 ettari. Tipologia: Isole
granitiche e fascia costiera con vegetazione mediterranea. Ente gestore: In corso di individuazione.
La gestione è temporaneamente affidata alla Capitaneria di Porto di Olbia, v.le Isola Bianca.
Posizione geografica: 40° 54' lat. N-9° 41' long. E.
Cartografia:
Carta dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:100.000.
Cenni generali:
Situate vicino alle coste nord orientali della Sardegna, non lontano in linea d’area dalla famosa
Costa Smeralda, le isole di Tavolara, Molara e Molarotto sono gli elementi di spicco di questa area
marina ricca di colori mediterranei che inizia da Capo Ceraso e che con un susseguirsi di insenature,
spiagge, calette e promontori, giunge fino a Capo Coda Cavallo.
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Caratteristiche dell’ambiente marino:
La costa sarda compresa tra Capo Ceraso e Capo Coda Cavallo, un susseguirsi di piccole cale e
promontori dove alla sabbia si alterna il granito, è impreziosita dalla sagoma incombente dell'Isola
di Tavolara, che si staglia proprio di fronte. L'isola, per la sua mole, appare subito in tutti i suoi 565
metri di altezza, con pareti scoscese ed inaccessibili che s'innalzano verticali dall'acqua.
Questo impressionante prisma calcareo poggia su una base granitica che si prolunga in varie
isolette. Solo la punta meridionale dell'isola si estende verso la costa sarda con una stretta lingua di
sabbia e rocce, lo Spalmatore di Terra.
Questa propaggine, quasi completamente pianeggiante, è l'unica parte dell'isola accessibile. Qui
sono presenti due spiaggette, le poche case dell'isola ed alcuni moli per l'approdo. Inoltre, per la
presenza di una base militare NATO, i due terzi dell'isola sono tassativamente off-limits, con
accesso interdetto sia da mare che da terra. Ciò ha certamente permesso la conservazione di alcune
rare specie botaniche come il giglio marino di Sardegna e l'alisso di Tavolara. Nelle falesie a
strapiombo sul mare nidificano il falco pellegrino (Falco peregrinus), il falco della regina (Falco
eleonorae), il gabbiano corso (Larus audouinii), il falco pescatore (Pandion haliaetus) e l'uccello
delle tempeste (Hieraaetus fasciatus).
Dalla terraferma le bianche pareti verticali di Tavolara contrastano con le forme arrotondate delle
isole granitiche che la circondano (Molara e Molarotto).
Tale diversità di morfologie è evidente anche sott'acqua e dà vita ad una grande varietà di scenari
popolati da una miriade di organismi, dalle grandi cernie ai minuscoli nudibranchi. I fondali del
settore sud-est di Tavolara scendono rapidamente fino a 15-20 metri di profondità, dove è presente
un gradino oltre il quale il pendio è più dolce, mentre il versante di nord-ovest ha un andamento più
dolce.
Gli scenari subacquei più spettacolari si trovano nei posti più isolati, come secche e cigliate. Spugne
policrome e astroidi tappezzano i fondali con varie sfumature di colore. In profondità si rinvengono
aragoste, cicale di mare, grossi esemplari di cernie, nonché diversi reperti archeologici, quali relitti
di navi romane e galeoni spagnoli.
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16) Isola di Ustica
Identificata come area marina di reperimento dalla Legge 979/82
Anno di istituzione: D.I. 12/11/1986, Regolamento D.M. 30/8/1990. Provincia: Palermo. Comune:
Ustica. Superficie: 15.951 ettari. Tipologia: Isola di origine vulcanica; fondali di diverse tipologie e
profondità, con ricche flora e fauna marina. Ente gestore: Capitaneria di Porto. Sede: Via F. Crispi
153, 90133 Palermo. Posizione geografica: 38° 31' lat. N-14°21' long. E.
Cartografia:
Carta n. 251 in scala 1:25.000 dell’Istituto Idrografico della Marina.
Tavoletta 249 IV NE della Carta Topografica d'Italia alla scala 1:25.000 dell'Istituto Geografico
Militare Italiano.
Cenni generali:
A 36 miglia da Palermo, tra le acque color cobalto del Tirreno meridionale, emerge un antico
vulcano oggi diventato un’isola splendida: Ustica, la “Perla nera” del Mediterraneo per il colore
delle sue rocce.
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Caratteristiche dell’ambiente marino:
Morfobatimetria
I fondali orientali e settentrionali dell'isola raggiungono velocemente i 70 metri di profondità a
breve distanza dalla costa (circa 250 metri), mentre il tratto di costa nord-occidentale presenta
declivi meno accentuati. A Punta Spalmatore, ove il pendio è più sensibile, il fondale roccioso
termina a 200 metri dalla riva su un pendio di sabbia e fango che inizia a 40 metri di profondità e
che si spinge verso il largo con sensibile pendenza e con scarsi affioramenti rocciosi.
Biocenosi bentoniche
Piano sopralitorale: sulla roccia sono presenti Chtamalus depressus, Ligia italica, Melaraphe
neritoides.
Piano infralitorale: i primi sette metri di profondità sono interamente colonizzati dalla Cystoseira
stricta. Sotto la cintura a C. stricta si trova una fascia a C. crinita, una a C. sauvageauana ed,
infine, una a C. spinosa. E' presente, inoltre, l’ormai rara C. brachycarpa. Praterie di Posidonia
oceanica sono presenti in diverse zone dell'isola, fino a 30-35 metri di profondità.
Piano circalitorale: al di sotto dei 30-35 metri si ha la rarefazione del manto vegetale e l'affermarsi
di elementi zoologici come le Eunicelle; si trovano, spesso, estesi popolamenti a Laminaria
rodriguezii ad elevate profondità (50-70 metri).
Per quanto riguarda la fauna marina sono da segnalare Patella ulyssiponensis e P. rustica,
Monodonta articulata e M. turbinata nelle rocce emerse. Più in profondità è presente Phyllidia
poilitzeri e Platydoris argo, due nudibranchi piuttosto rari. Sui madreporari Cladocora cespitosa e
Polyciathus muellerae si ritrova il mollusco Latiaxis babelis. Presenti, inoltre, i Buccini
Argobuccinum olearium a Charonia rubicunda.
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18) Isole Egadi
Identificata come area marina di reperimento dalla Legge 979/82
Anno di istituzione: D.I. 27/12/1991, D.I. 6/8/1993 e D.M. 17/5/1996. Provincia: Trapani. Comune:
Favignana. Superficie: 53.992 ettari. Tipologia: Tratto di mare molto ricco di fauna, costoni
rocciosi, secche, posidonieti. Ente gestore: Comune di Favignana. Sede: Via Florio 1, 91023
Favignana (TP). Posizione geografica: Favignana: 37° 55' lat. N-12°19' long. E , Marettimo: 37°57'
lat. N-12°03' long. E, Levanzo: 37°59' lat. N - 12°20’ long. E.
Cartografia:
Carta n. 17 in scala 1:100.000 dell’Istituto Idrografico della Marina.
Tavoletta 256 IV della Carta Topografica d’Italia alla scala 1:25.000 dell’Istituto Geografico
Militare Italiano.
Cenni generali:
L’area comprende le isole calcaree di Favignana, la maggiore, Levanzo e Marettimo, gli isolotti
Formica e gli scogli Maraone e Porcelli. E’ caratterizzata da un paesaggio brullo, assolato, con coste
alte e frastagliate, scogli, spaccature, falesie e grotte marine, immerse in un are blu intenso.
La riserva marina a differenza di quanto accade nella maggior parte delle aree marine protette
italiane, è suddivisa in quattro zone a protezione differenziata, per ciascuna delle quali valgono
regole specifiche di accesso e di fruizione. Alle usuali zone A,B e C, infatti l’ente gestore ha
aggiunto una zona D in cui è consentita la pesca professionale e che riguarda soprattutto l’isola di
Marettimo.
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Caratteristiche dell’ambiente marino:
Favignana viene raffigurata come una farfalla le cui ali, rivolte rispettivamente a levante e a
ponente, hanno caratteristiche profondamente diverse. La costa è orlata da numerose cale e spiagge
facilmente raggiungibili da un reticolo di strade e stradine.
L'altra metà dell'isola, dominata dal Monte Santa Caterina (302 m slm) ha coste alte e rocciose,
senza spiagge. In mezzo alle due ali sta il "corpo della farfalla", la stretta penisola di Punta Lunga,
con il suo piccolo porticciolo e la cittadina di Favignana.
Marettimo è un'isola montuosa di natura calcarea, con rilievi che superano i 600 metri. Le sue coste,
alte e scoscese, sono un susseguirsi di falesie a strapiombo sul mare, di spiaggette con piccoli
ciottoli e di grotte marine.
Anche la piccola isola di Levanzo ha una natura montuosa, con le coste costellate da numerose
grotte.
I fondali delle isole presentano una morfologia tormentata a causa dell'elevata erodibilità dei calcari
e, quindi, dei notevoli processi di sedimentazione.
Questi fattori fisici determinano la presenza di rigogliose praterie di Posidonia oceanica, con tutte
le favorevoli ricadute che ciò comporta per le attività di piccola pesca costiera. Sempre la
morfologia dei fondali consente buone condizioni di sviluppo per l'alga Cystoseira ercegovicii e
Caulerpa prolifera.
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19) Isole Pelagie
Identificata come area marina di reperimento dalla Legge 979/82
Anno di istituzione: D.I. 21/10/2002. Provincia: Agrigento. Comuni: Lampedusa e Linosa.
Superficie: 3230 ettari. Tipologia: Isola di origine vulcanica e calcarea. Ente gestore: In corso di
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individuazione. Posizione geografica: Lampedusa: 35° 30' lat. N-12°37' long. E, Linosa: 35°52' lat.
N-12°21' long. E.
Cartografia:
Carta n. 217 in scala 1:25.000 dell’Istituto Idrografico della Marina.
Cenni generali:
Ci sono tre isole sperdute: una bianca, una nera, una piccolissima. Potrebbe iniziare così la storia
dell’Arcipelago delle Pelagie; isole riunite dalla geografia ma appartenenti geologicamente
parlando, a due continenti: all’Africa Lampedusa e Lampione, all’Europa Linosa.
Le prime infatti, hanno una natura prevalentemente calcarea e appoggiano su una piattaforma che si
protende fino a quella tunisina. Linosa invece emerge da una fossa che separa la piattaforma
siciliana da quella africana.
Caratteristiche dell’ambiente marino:
La morfologia dei fondali è considerevolmente accidentata e presenta una serie di apparati eruttivi.
Questi stessi fondali, dove la trasparenza delle acque è incredibile, sono colonizzati da spugne,
tunicati, serpulidi, madreporari, briozoi con un'abbondanza di specie e una varietà inconsueta.
La zona è anche ricchissima di pesci di passo come ricciole, dentici, palamiti e sgombri che
accostano dal largo. Degna di attenzione è la presenza del pesce pappagallo, con le due livree
maschile e femminile.
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20)Isole Ciclopi
Identificata come area marina di reperimento dalla Legge 979/82
Anno di istituzione: D.I. 7/12/1989, D.M. 17/5/1996 e Legge 394/91. Provincia: Catania. Comune:
Aci Castello. Superficie: 623 ettari. Tipologia: Isole e faraglioni di origine vulcanica a poca
distanza dalla costa. Ente gestore: Consorzio tra il Comune di Aci Castello e l’Università di
Catania. Sede: c/o Comune di Aci Castello, via Dante 28, 95021 Aci Castello (CT). Posizione
geografica: 31° 35' lat. N-15° 08' long. E.
Cartografia:
Carta n. 2074 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:25.000.
Tavoletta 270 IV SE-NE della Carta Topografica d'Italia in scala 1:25.000 dell'Istituto Geografico
Militare Italiano.
Cenni generali:
Le isole Ciclopi, neri faraglioni basaltici, residuo di emissioni laviche sottomarine, così chiamate
con riferimento a Polifemo, si trovano nella parte orientale della Sicilia, lungo il tratto di costa di
fronte ad Aci Trezza. Le Ciclopi costituiscono di fatto un piccolo arcipelago composto dalle isole
Lachea, Faraglione Grande, Faraglione Piccolo e da alcuni scogli.
Se il mito si perde nella notte dei tempi, non meno antiche sono le vicende geologiche dell’area
protetta.
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Sommersa dal mare fino a 600-500 mila anni fa, questa terra fu interessata da un’intensa attività
eruttiva collegata alla nascita dei vulcani delle Eolie (Stromboli e Vulcano) e nel Mar Ionio da cui
fuoriuscirono grandi quantità di magma che a contatto con l’acqua di mare originarono le particolari
formazioni basaltiche di questo territorio.
Caratteristiche dell’ambiente marino:
Il fondale tra le isole e la costa è di tipo sabbioso e non supera i 12 metri di profondità. Quest'area è
segnata da parecchi grossi massi che formano anfratti e grotte. L'isola e i faraglioni fuoriescono dal
fondo sabbioso con pareti scoscese circondate da blocchi rocciosi sparsi e da franate che, verso i lati
nord, sud, ed est raggiungono facilmente i 25 metri.
Sui substrati duri (pareti rocciose, massi e ciottoli) è presente, nei primi metri di profondità, una
ricca vegetazione algale dominata dal genere Cystoseira, ed è comune l'astroide.
Più in profondità, verso il Coralligeno, abbondano i Poriferi (Axinella damicornis, Agelas oroides,
Spongia officinalis), mentre sono meno rappresentate le gorgonie, come Eunicella cavolini. Sui
fondi detritici e costieri sono comuni gli Echinodermi e, in particolare, i Crinoidi (gigli di mare) e le
ofiure.
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24) Secche di Tor Paterno
Identificata come area marina di reperimento dalla Legge 394/91
Anno di istituzione: D.M. 29/11/2000. Provincia: Roma. Comuni: Roma , Pomezia. Superficie:
1387 ettari. Tipologia: Secca rocciosa su fondali sabbio-fangosi. Ente gestore: RomaNatura, Ente
Regionale per la Gestione del Sistema delle Aree naturali Protette nel Comune di Roma. Sede: Villa
Mazzanti, via Gomenizza 81, 00195 Roma. Posizione geografica: 41° 38' lat. N-12° 20' long. E.
Cartografia:
Carte n. 7 e 8 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:100.000.
Cenni generali:
Le secche di Tor Paterno devono il loro nome, così vuole la tradizione, a una vecchia torre oggi
scomparsa che si trovava all’interno dell’attuale riserva della tenuta di Castel Porziano e che serviva
ai pescatori per individuare i ricchi e pescosi fondali della zona.
E’ questo, infatti, l’unico riferimento alla terraferma di tutta l’area protetta , una riserva insolita
perché lontana circa 5 miglia da una costa bassa e sabbiosa, meta prediletta dei bagnanti della
capitale, e senza alcun punto di riferimento visibile se si eccettuano le quattro boe che oggi ne
delimitano il perimetro e i rilievi degli ecoscandagli delle imbarcazioni dei pescatori e dei subacquei
che in questo punto segnalano la presenza di una secca che risale fino a 18-20 metri dalla superficie.
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Caratteristiche dell’ambiente marino:
Poco al largo delle aree protette costiere di Castel Fusano e di Castel Porziano, a pochi chilometri
dalle pinete dove nidificano il gheppio, l'upupa e l'allocco e dalla macchia mediterranea in cui vive
la testuggine, si trovano le Secche di Tor Paterno, una zona marina priva di paesaggio emerso e,
quindi, totalmente subacquea.
Le Secche, che sono gli unici substrati rocciosi di tutta la zona vicina le foci del Tevere, hanno
struttura isolata di forma oblunga, a sviluppo nord-est/sud-ovest, con una lunghezza di 2 km circa
ed una larghezza di poco più di 500 metri. L'altezza massima rispetto ai fondali circostanti è di circa
20 metri, per una profondità minima di 19 metri.
La loro natura è, probabilmente, tettonica, con pieghe e faglie. Nel dettaglio si possono osservare,
oltre a rotture di pendio curvilinee che generano terrazzi morfologici sul versante centro-orientale,
degli alti isolati con sommità sub-pianeggianti situati al centro delle Secche. Nella parte più rilevata
la presenza di sedimenti è scarsa e limitata al fondo di strutture erosive o di crollo e, soprattutto, alle
matte della prateria di Posidonia oceanica.
Da un punto di vista bentonico, le Secche rappresentano certamente un ambiente molto particolare,
la cui caratteristica essenziale è la presenza di formazioni coralligene inframmezzate dalla
Posidonia. L'intercalarsi di queste formazioni determina una notevole varietà di microhabitat, la
quale, a sua volta, ne costituisce l'elemento di maggior pregio da un punto di vista naturalistico.
E' evidente, infatti, che alla diversità fisica dei fondali è associata una diversità biologica altrettanto
rimarchevole.
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36) Isola dell’Asinara
Identificata come area marina di reperimento dalla Legge 394/91
Anno di istituzione: D.M. 13/08/2002. Provincia: Sassari. Comune: Porto Torres. Superficie:
10.732 ettari. Tipologia: Isola con coste prevalentemente rocciose e fondali con roccia, sabbia e
praterie. Ente gestore: In corso di individuazione. Posizione geografica: 41° 07' lat. N-8° 19' long.
E.
Cartografia:
Carta n. 289 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:100.000.
Cenni generali:
Colonia penale, stazione sanitaria, campo di prigionia, carcere e infine parco e area marina protetta:
queste le tappe che hanno prima isolato e poi restituito l’isola alla fruizione dei cittadini.
Separata dalla costa da uno stretto che a stento raggiunge i 5 metri di profondità, l’Asinara si
prolunga nel mare occidentale della Sardegna per circa 18 km apparendo come un complesso di
89
isole a causa dei suoi 4 piccoli rilievi montuosi uniti da istmi. Lungo le coste è evidente la diversa
azione esercitata dal vento sulle rocce.
La costa occidentale è quasi interamente inaccessibile per le alte falesie che raggiungono anche i
200 metri, mentre la costa orientale è in genere bassa, rocciosa e con spiagge nelle cale più ampie e
a riparo delle punte.
Dissesti ed inquinamenti riconducibili alla vicinanza (13 miglia) dagli impianti industriali e
petrolchimici di Porto Torres.
Caratteristiche dell’ambiente marino:
La rigida protezione di una fascia costiera marina profonda un miglio, che ha vietato per decenni la
pesca, le immersioni subacquee e altre attività di disturbo dell'ambiente naturale, ha consentito la
conservazione di comunità marine ben strutturate, con la conseguente possibilità di osservare, anche
a profondità limitate, una notevole varietà di organismi che in altre località non è più possibile
vedere neppure a profondità maggiori.
I fondali sono costituiti da numerose frane ricche di anfratti, canaloni e spaccature. Nella parte
occidentale sprofondano rapidamente, raggiungendo la batimetrica dei 50 metri, mentre nel settore
orientale il fondale degrada più dolcemente. La zona di spruzzo è colonizzata, nella parte superiore,
da licheni, gasteropodi, istopodi e cirripedi. La sottostante zona di marea, il cui inizio è segnalato da
una fascia a Chtamalus stellatus, è caratterizzata da diverse specie di alghe verdi, rosse e brune, da
patelle e da diversi granchi, tra cui il granchio favollo, una specie ormai rara nel Mediterraneo, qui
abbondante lungo le coste orientali dell'Asinara.
Tra gli organismi che colonizzano la scogliera immersa è da segnalare la presenza di due specie ad
elevato valore naturalistico: l'alga rossa incrostante Lithophyllum lichenoides e la patella gigante.
Entrambe sono particolarmente sensibili all'inquinamento marino e sono in forte regressione nel
Mediterraneo nord-occidentale, tanto da essere incluse tra le specie da proteggere.
I fondi duri più illuminati sono colonizzati da alghe come la coda di pavone, l'ombrellino di mare e
diverse specie di Cystoseira. I substrati incoerenti, localizzati prevalentemente lungo il versante
orientale, ospitano estese praterie di Posidonia oceanica in evidente stato di benessere,
testimoniando l'ottimo stato di salute di questi fondali. Numerose specie vivono all'interno della
prateria: tra tutte si segnala la presenza della rara Pinna nobilis, una bivalve ormai in forte
regressione per le raccolte effettuate dall'uomo, e numerosi Crostacei, tra cui il granchio Maya
verrucosa, dalla forte capacità mimetica.
In prossimità del limite inferiore della prateria si instaurano comunità del precoralligeno, con
elementi tipici come il fico d'India marino.
Le acque dell'Asinara sono ricche di pesci d'interesse commerciale, tanto che l'attività di pesca
nell'area è sempre stata svolta, anche se regolamentata dai vincoli legati alla presenza del
penitenziario. Le specie oggi più pescate nel versante occidentale, sono quelle tipiche della
scogliera: corvine, dentici, saraghi, scorfani, labridi e aragoste; mentre in quello orientale il pesce di
San Pietro.
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39) Capo Carbonara
Identificata come area marina di reperimento dalla Legge 394/91
Anno di istituzione: D.M. 15/9/1998 e D.M. 3/8/1999. Provincia: Cagliari. Comune: Villasimius.
Superficie: 8598 ettari. Tipologia: Promontorio roccioso a cavallo di due e sistema di isole e secche.
Ente gestore: Comune di Villasimius. Sede: Viale Colombo 2, 09049 Villasimius (CA). Posizione
geografica: 39° 05' lat. N-9° 32' long. E.
Cartografia:
Carta n. 304 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:50.000.
Tavoletta 235 III NO della Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000 dell’Istituto Geografico
Militare Italiano.
Cenni generali:
L’area marina protetta si trova lungo le coste cagliaritane e si estende da Capo Boi fino alla Punta
Porceddus; al centro, a dominare il mare circostante, si eleva il promontorio di Capo Carbonara che
separa un ampio golfo in due bacini estinti che prendono il nome di Porto Giunco, a est, e di Golfo
di Carbonara a ovest. Davanti al promontorio si trovano parti integranti dell’area tutelata, le isole
dei Cavoli e di Serpentara la cui zona ovest costituisce la zona A di riserva integrale dell’area.
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Caratteristiche dell’ambiente marino:
La bella costa ad oriente di Cagliari è caratterizzata dall'ampio Golfo di Carbonara con l'omonimo
Capo, da cui si domina l'Isola dei Cavoli. La costa orientale comprende le belle spiagge di Porto
Giunco e di Simius.
Di fronte alla costa orientale, in prossimità di Punta Molentis, si trova l'Isola Serpentara, così
chiamata per la sua forma sinuosa.
Poco più a nord si incontra il vasto insediamento turistico di Costa Rei-Monte Nai, che interessa un
tratto costiero di notevole valore paesaggistico, dominato da un'immensa spiaggia.
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40) Capo Gallo-Isola delle Femmine
Identificata come area marina di reperimento dalla Legge 394/91
Anno di istituzione: D.M. 24/7/2002. Provincia: Palermo. Comuni: Isola delle Femmine, Palermo.
Superficie: 2173 ettari. Tipologia: Massiccio montuoso con alte falesie e isolotto di calcare
stratificato. Ente gestore: In corso di istituzione. Posizione geografica: 38° 13' lat. N-13°18' long.
E.
Cartografia:
Carta n. 16 in scala 1:100.000 dell’Istituto Idrografico della Marina.
Tavoletta 249 I SO della Carta Topografica d'Italia alla scala 1:25.000 dell'Istituto Geografico
Militare Italiano.
Cenni generali:
Pittoresche scogliere e un’alte rupe che chiude a ponente il Golfo di Palermo e sovrasta la spiaggia
di Mondello. Questa è la sintetica descrizione di come appare dal mare quest’area protetta marina,
una delle ultime istituite dal Ministro per l’Ambiente e la Difesa del territorio.
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Caratteristiche dell’ambiente marino:
Nonostante le pessime condizioni ambientali del Golfo di Palermo, i fondali antistanti il
promontorio di Monte Capo Gallo sono ricchi di vita, con una vasta prateria di Posidonia oceanica.
Interessanti anche i fondali che circondano l'Isola delle Femmine, con diversi organismi legati agli
ambienti sabbiosi, come la rara Pinna nobilis, imponente Mollusco bivalve minacciato di
estinzione.
Anfratti e pareti rocciose offrono, invece, dimora a numerosi Invertebrati, mentre polpi,
nudibranchi, ricci, cavallucci marini e stelle di mare popolano i bassi fondali. Madrepore, attinie e
diversi Molluschi danno luce, con i loro colori, anche ai fondali più profondi. Rigogliose gorgonie
rosse si dipartono dalle rocce.
Anche la flora subacquea dell'isola è caratterizzata da elementi di spicco, con oltre cento specie di
alghe tra cui la Cystoseira mediterranea, la rosa di mare e la coda di pavone.
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Mar Ligure-Santuario dei cetacei
Anno di istituzione: Legge 426/98. Accordo internazionale per la costituzione di un santuario dei
mammiferi marini nel Mar Mediterraneo 25/11/1999, Legge 391/2001 di ratifica dell’Accordo,
Comunicato di entrata in vigore dell’Accordo G.U. 67 del 20/3 2002. Stati interessati: Italia,
Francia, Principato di monaco. Regioni interessate: Liguria, Sardegna, Toscana, Superficie: circa
87.000 ettari.
E’ un’area grandiosa, degna degli animali più grossi che il Mediterraneo conosca: le
balenottere comuni e i capodogli. Nato da un’idea avveniristica, presto sposata dalla comunità
scientifica e dalle associazioni protezionistiche, il grande triangolo, la cui base si estende dalla
Punta Escampobariu (punta ovest della Penisola di Giens), in Francia, fino a Fosso Chiarone, in
Toscana, e che ha come vertici Capo Falcone e Capo Ferro, rispettivamente sulla costa occidentale
e nord-orientale della Sardegna, tutela una zona da sempre frequentata dai cetacei.
Per le sue caratteristiche, per i vincoli di tutela (le gare di barche veloci a motore e talune
attività di pesca sono interdette e altre sono limitate o regolamentate) e per l’iter costitutivo, che ha
richiesto la stipula di accordi internazionali tra gli Stati coinvolti nel progetto, il Santuario dei
mammiferi marini risulta atipico rispetto alle altre aree marine protette italiane anche se ha ricevuto
proprio per questo numerosi riconoscimenti internazionali. Infatti è stato inserito nella lista delle
aree specialmente protette di importanza mediterranea, una categoria prevista dalla Convenzione di
Barcellona, un accordo internazionale per la protezione dell’ambiente marino e della regione
costiera mediterranea.
L’area protetta detiene anche un altro record, e cioè quello di essere il primo parco per
cetacei di tutto l’emisfero boreale. La presenza di molte specie di cetacei spesso con popolazioni
quantitativamente importanti, in questo tratto di mare (pur sempre limitato nonostante la sua
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estensione), trova spiegazione nelle favorevoli condizioni oceanografiche di quello che gli studiosi
sono soliti definire come il bacino ligure-corso-provenzale.
D’inverno, complici anche i venti che spirano da settentrione, il Golfo di Genova e il Golfo
del Leone sono interessati da un intenso raffreddamento delle acque superficiali. Conseguentemente
queste acque diventano più dense e affondano, provocando la risalita di masse d’acqua più profonde
e ricche di composti chimici, definiti nutrienti per l’alta concentrazione di fosforo e azoto, che
vengono integrati dal Rodano. La presenza di abbondanti nutrienti ha quale naturale conseguenza lo
sviluppo del plancton, primo anello di tutte le catene alimentari marine, che diventa alimento di
organismi superiori quali crostacei, rappresentati da popolazioni di krill mediterraneo e da decapoti,
molluschi cefalopodi e pesci che sono prede abituali dei mammiferi marini.
L’abbondanza di alimento abbinata alla varietà di habitat di quest’area marina che raggiunge
i 2500 metri di profondità ed è contraddistinta dalla presenza di lunghi canyon costieri che mettono
in comunicazione quasi diretta la costa con le piane abissali, richiama nella zona molti dei cetacei
noti per il Mediterraneo, che si distribuiscono nelle acque del Santuario secondo le loro abitudini
eco-etologiche. Si potranno così incontrare, navigando dal mare aperto in direzione della costa,
specie pelagiche, che prediligono le acque con profondità superiore ai 2000 metri, di scarpata
profonda (tra i 1000 e i 2000) e costiere.
Sono una ventina le specie che è possibile avvistare nel bacino ligure-corso-provenzale e
otto sono considerate comuni. Tra queste si possono citare: la balenottera comune, il capodoglio che
molti non assocerebbero mai al Mediterraneo e tanto meno alle acque di regioni turisticamente
molto affollate come la Liguria e la Costa Azzurra, la stenella stiriata, il tursiope, il delfino comune,
lo zifio, il grampo, e il globicefalo, un grosso delfinide di colore scuro che spesso si incontra in
banchi di parecchie decine di individui.
Il picco delle presenze si raggiunge in estate, quando si stima che in queste acque si
concentrino tra le 25.000 e le 40.000 stenelle e fino a 2.000 balenottere. Numeri così elevati hanno
stimolato negli ultimi anni il fenomeno del whale-watching, cioè le uscite in mare a bordo di
imbarcazioni più o meno grosse, e più o meno attrezzate per avvistare da vicino questi cetacei.
Questa attività spesso condotta con l’ausilio di esperti naturalisti, ha avuto il merito di avvicinare il
grande pubblico all’ambiente marino e di sensibilizzarlo nei confronti non solo della difesa dei
cetacei ma di tutti i suoi abitanti.
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Parco sommerso di Baia
Identificato come parco sommerso dalla Legge 388/2000
Anno di istituzione: D.M. 7/8/2002. Provincia: Napoli. Comuni: Bacoli, Pozzuoli. Superficie: 176,6
ettari. Tipologia: Parco sommerso a salvaguardia di importanti resti archeologici. Ente gestore:
Affidato provvisoriamente in gestione alla Soprintendenza per i Beni Archeologici delle province di
Napoli e Caserta. L’ente gestore verrà individuato ai sensi dell’art.114, comma 10 della legge 23
dicembre 2000 n. 388, così come modificato dall’art. 9 della Legge 31 luglio 2002 n. 179, di
concreto con il Ministero per i beni e le attività culturali della regione e gli enti locali
territorialmente interessati.
Il parco sommerso di Baia è un’area marina protetta istituita con decreto del Ministero
dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, di concerto con i Ministeri per i Beni e le attività
culturali, delle Infrastrutture e dei Trasporti, delle Politiche agricole e forestali e di intesa con la
Regione Campania, per tutelare i resti archeologici sommersi che costituiscono l’evidenza
monumentale emergente delle costruzioni situate in epoca romana lungo tutta la fascia costiera dei
Campi Flegrei, che si estendeva fino a circa 500 metri dall’attuale costa, e che oggi, sprofondata per
effetto del fenomeno vulcanico del bradisisma flegreo, giace sommersa ad una profondità variabile
da un minimo di 2 ad un massimo di 16 metri sotto il livello del mare.
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Gaiola
Identificato come parco sommerso dalla Legge 388/2000
Anno di istituzione: D.M. 7/8/2002. Provincia: Napoli. Comune: Napoli. Superficie: 41,6 ettari.
Tipologia: Parco sommerso a salvaguardia di importanti resti archeologici. Ente gestore: Affidato
provvisoriamente in gestione alla Soprintendenza per i Beni Archeologici delle province di Napoli e
Caserta. L’ente gestore verrà individuato ai sensi dell’art. 114, comma 10 della Legge 23 dicembre
2000 n. 388, così come modificato dall’art. 9 della Legge 31 luglio 2002 n. 179, di concreto con il
Ministero per i beni e le attività culturali della regione e gli enti locali territorialmente interessati.
Come Baia anche Gaiola è un parco sommerso istituito con decreto del Ministero
dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, di concerto con i Ministri per i Beni e le attività
culturali, delle Infrastrutture e dei Trasporti, delle Politiche agricole e forestali e di intesa con la
Regione Campania, per tutelare i resti archeologici sommersi per effetto del fenomeno vulcanico
del bradisisma flegreo.
98
3.3- Le aree marine protette in via di istituzione
Le aree marine protette di seguito riportate, sono le aree per le quali è stato avviato l’iter
istruttorio, pertanto di prossima attivazione (qualunque sia lo stato di avanzamento di tale iter
amministrativo che porterà alla emanazione del Decreto Istitutivo), nonché le aree di reperimento
individuate dalle Leggi come meritevoli di tutela ma per le quali non è stato ancora avviato alcun
iter amministrativo per la relativa istituzione.
1) Secche della Meloria
Iter istitutivo: istruttoria in corso
Istituzione: Legge n. 979/82. Provincia: Livorno. Comune: Livorno. Superficie: 30 km2.Ente
Gestore: Comune di Livorno. Posizione geografica: 43° 34' lat. N-10° 13' long. E.
^^^^^^^^^^
- Le cartine delle aree marine di reperimento sono tratte da: Zunica M. “Lo spazio costiero italiano:
dinamiche fisiche e umane” Valerio Levi Editore 1987.
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Cartografia:
Carta n. 120 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:30.000.
Tavoletta 111 I SO della Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000 dell’Istituto Geografico
Militare Italiano.
Caratteristiche dell’ambiente marino:
Le Secche della Meloria sono situate in un’area di bassi fondali circa 6 km ad ovest del porto di
Livorno. La Meloria, oltre ad essere una località ove i subacquei livornesi hanno da sempre
effettuato immersioni, è un luogo storico che conserva importanti testimonianze del passato.
L’estremità nord delle Secche della Meloria è rappresentata dalla Testa di Tramontana, fondale
interessante per i subacquei che vi trovano un ambiente di Coralligeno, ricco di anfratti, che si leva
dai 24 metri del fondale di fango e sabbia, fino ad un sommo di circa 9 metri.
A ponente, il ciglio esterno determina una lunga formazione coralligena che abbraccia le Secche e si
presenta come un ambiente suggestivo, ricco di vita e carico di colori. Tutta l'area è caratterizzata
dalla presenza della Posidonia oceanica, il cui sviluppo è favorito dalla scarsa profondità dei
fondali e dal ricco sedimento.
La prateria, estesa dai primi metri di profondità fino alla batimetrica dei 30 metri, è sottoposta a
diverse fonti di disturbo, sia di origine antropica (vicinanza del porto di Livorno, impatto delle reti a
strascico, ancoraggi), che naturale (erosione per azione delle correnti di fondo), che ne alterano la
fisionomia in modo più o meno consistente nelle diverse zone.
Nel lato sud-ovest vi sono ampi banchi di Coralligeno dominati dalla gorgonia bianca e dalla
Posidonia. In tutta l'area, inoltre, è attivo un processo di espansione delle alghe Caulerpa racemosa
e Caulerpa prolifera che risultano aver ampliato la loro distribuzione, colonizzando aree più
profonde, che raggiungono anche i 40 metri.
100
4) Arcipelago Toscano
Iter istitutivo: istruttoria in corso
Istituzione: Legge 979/8, D.P.R. 22/7/1996. Ente Gestore: D.P.R. 22/07/96. Provincie: Livorno,
Grosseto. Comuni: Campo nell’Elba, Capoliveri, Marciana, Marciana Marina, Porto Azzurro,
Portoferraio, Rio marina, Rio nell’Elba, Isola di Pianosa, Giglio Isola. Superficie: 17.887 ha a terra;
56.766 ha a mare. Ente Gestore: Presidente: Giuseppe Tanelli. Il Consiglio Direttivo è formato da
elementi designati dalla Comunità del Parco (organo consultivo dell’Ente Parco formato dai
rappresentati dei Comuni interessati), dalle Associazioni ambientaliste, dagli Enti scientifici, dal
Ministero per le Politiche Agricole e dal Ministero dell’Ambiente. Sede: Via Guerrazzi 1, 57037
Portoferraio (LI), Isola d’Elba. Posizione geografica: Isola di Gorgona 43° 26’ lat. N-15° 00’ long.
E, Isola di Capraia 43° 01’ lat. N-15° 05’ long. E, Isola di Pianosa 42° 34’ lat. N-14° 49’ long. E,
Isola di Montecristo 42° 20’ lat. N-14° 36’ long. E, Isola d’Elba 42° 47’ lat. N-14° 37’ long. E,
Isola del Giglio 42° 22’ lat. N-14° 00’ long. E, Isola di Giannutri 42° 15’ lat. N-13° 48’ long. E.
Cartografia:
Carta n. 88 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:20.000 (Isole di Gorgonia, Pianosa,
Montecristo e Giannutri);
Carta n. 91 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:20.000 (Isola d’Elba);
101
Carta n. 92 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:38.000 (Isola d’Elba);
Carta n. 87 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:25.000 (Isola del Giglio);
Carta delle biocenosi bentoniche (ENEA, 1986);
Tavolette 126 II SO; 126 I SO; 126 IV NO; 142 IV SO; 111 I SO della Carta Topografica d’Italia in
scala 1:25.000 dell’Istituto Geografico Militare Italiano.
Caratteristiche generali:
L’Arcipelago Toscano comprende 5 splendide isole: Elba, Giglio, Capraia, Montecristo, Pianosa e
Gorgona, quasi tutte caratterizzate da fondali ripidi dove la profondità di oltre 100 m è spesso
raggiunta non lontano dalla costa. Le isole del Giglio e di Giannutri sono considerate un vero
paradiso per gli appassionati di immersioni subacquee grazie ai loro fondali multicolori e alla
varietà di specie presenti. Le coste, purtroppo inaccessibili, dell’Isola di Montecristo sono tuttora
intatte grazie al programma di protezione pluriennale di cui sinora ha goduto l’isola, mentre, per
quanto riguarda Capraia, di particolare interesse è il ritrovamento nei fondali di specie di Policheti e
“Crostacei di provenienza indopacifica”.
Caratteristiche dell’ambiente marino:
Morfobatimetria
Elba
I fondali occidentali dell’isola, da Punta del Nasuto a Capo di Poro, sono a pendio ripido,
raggiungendo la batimetrica dei 50 metri a circa 450 metri dalla costa. Il tratto più orientale
dell’isola presenta ugualmente fondali che sprofondano nel blu a poca distanza dalla costa e, nella
parte più settentrionale, un fondale di 30-40 metri che congiunge l’Isola di Palmarola e l’Isola di
Cerboli alla costa elbana. Il versante meridionale presenta tre grossi golfi (Golfo di Campo, Golfo
della Lacuna, Golfo Stella), dove il fondale degrada dolcemente.
Gorgona
Le coste dell’isola sprofondano a picco nel mare, cosicché la batimetrica dei 100 metri viene
raggiunta a meno di un chilometro dalla costa.
Pianosa
Le pareti verticali, di alcuni metri di altezza, che caratterizzano la linea di costa, continuano in mare
fino a circa 12-15 metri di profondità, ove confinano con i fondi sabbiosi.
Montecristo
I fondali dell’isola sono a ripido pendio e la batimetrica dei 100 metri viene raggiunta a meno di
400 metri dalla costa.
102
Giglio
Formata da rocce granitiche, il suo perimetro costiero è articolato in diverse insenature sabbiose
interrotte sulle punte da coste alte a strapiombo. In località Campese è presente una spiaggia. Sul
lato orientale i fondali scendono rapidamente fino alla profondità di 100 metri, mentre sulla costa
opposta si presentano leggermente più degradanti.
Giannutri
Le coste sono molto ripide e frastagliate e la batimetrica dei 100 metri è situata a poca distanza dalla
costa. Sono presenti numerose grotte sottomarine una volta rifugio naturale della Foca monaca.
Biocenosi bentoniche
Elba
La condizione delle biocenosi bentoniche dell’Isola d’Elba risulta essere spesso degradata a causa
dell’imponente afflusso turistico che si verifica nel periodo estivo. In migliore stato si trovano,
invece, le biocenosi bentoniche della zona sottoposta a tutela biologica in località Le Ghiaie, ove
sono proibite la pesca subacquea e professionale.
La componente vegetale dei popolamenti macrobentonici è stata oggetto di studio nell’area di
Capo Sant’Andrea, piccolo promontorio situato a nord dell’isola, in corrispondenza della quale
coesistono substrati rocciosi, su cui sono insediate le alghe, e fondi sabbiosi, colonizzati da una
prateria di Posidonia oceanica.
Da segnalare la presenza della specie termofila Penicillus capitatus, la cui distribuzione geografica
sembra essere limitata al Tirreno centro-settentrionale.
Su substrato roccioso i campionamenti a Capo Sant’Andrea sono stati effettuati in autunno, a 9 e a
24 metri di profondità. Alla prima batimetrica la biocenosi delle alghe fotofile è rappresentata da
Cystoseiretum crinitae. Alla profondità di 24 metri prevale invece l’associazione UdoteoPeyssonelietum, con le specie tipiche dell’infralitorale. Altrettanto importante è il sottostrato algale
formato da Corallinacee incrostanti.
Relativamente alle zoocenosi bentoniche, le informazioni sono piuttosto frammentarie e limitate
solo ad alcune località dell’isola. La frazione a Policheti è stata studiata nella baia di Portoferraio,
ove si evidenziano comunità ben distinguibili in rapporto al tipo di substrato. Nella zona del porto
sono contemporaneamente presenti specie di acque pure ed altre verosimilmente legate alle
condizioni eutrofiche del biotopo (Schistomeringos rudolphii, Nereis caudata, ecc.).
Lo stesso gruppo zoologico è stato oggetto di studio per quanto riguarda i fondi mobili della costa
meridionale (Farina et al., 1994). Campionamenti effettuati a 5 e a 12 metri di profondità hanno
permesso di evidenziare l’esistenza di una comunità tipica delle sabbie fini ben calibrate, che tende
ad impoverirsi negli strati più superficiali, in rapporto all’aumentare dell’idrodinamismo.
Gorgona
L’ambiente marino dell’isola si è mantenuto pressoché intatto grazie alla severa regolamentazione
dell’afflusso turistico, dovuta alla presenza del penitenziario. Il piano mesolitorale si caratterizza
103
per il cospicuo sviluppo della cornice a Lytophillum tortuosum che, in rapporto all’antropizzazione,
presenta fenomeni di regressione in diversi tratti della costa italiana.
Capraia
Le biocenosi dell’isola sono al momento oggetto di studio da parte dei gruppi di ricerca delle
Università di Genova e Pisa, coordinati dal Prof. Da Pozzo. Relativamente al piano mesolitorale è
da rilevare la presenza di Patella ferruginea che, a seguito della pressante attività di pesca, è ormai
scomparsa dal resto delle acque toscane.
Campionamenti tra i 30 e i 200 metri di profondità sono stati effettuati da Drago (1988) nei fondali
che circondano l’isola. Sono stati evidenziati tre tipi fondamentali di popolamenti: la biocenosi dei
fondi misti sabbia a Posidonia oceanica, quella dei fondi a sabbia e, infine, quella del detritico del
largo. Di particolare interesse è il ritrovamento in questi fondali di alcune specie di provenienza
indopacifica quali i Policheti Eurythoe complanata ed Hesispina similis, nonché il Crostaceo
Antipode Maera amigera.
Informazioni sulle biocenosi presenti nel porto dell’isola vengono fornite da Curini e Galletti
(1985).
La superficie sottomarina della baia e del porto è costituita da frane litorali che si appoggiano sul
sottostante fondale sabbioso, ricoperto da una densa prateria di Posidonia oceanica (Bertozzi,
1984).
Pianosa
In relazione alla natura essenzialmente rocciosa dell’isola, il piano sopralitorale è caratterizzato da
una fascia quasi ininterrotta a Verrucaria e Littorina neritoides; presente quasi ovunque è il
Crostaceo Ligia italica.
Le uniche due spiagge dell’isola localizzate a Cala d’Arco e a Cala San Giovanni sono occupate,
nel periodo invernale, da foglie di Posidonia oceanica che formano banchine di alcuni metri di
spessore. Nell’orizzonte superiore del piano mesolitorale si distingue una fascia a Chthamalus
stellatus; al di sotto di questa vi è una zona a Rissoella verrucosa e Nemalion helimntoides.
L’orizzonte inferiore è invece occupato da un’incrostazione di alghe calcaree afferenti
all’associazione Neogoniolitho-Lithophylletum tortuosi.
Parte del piano infralitorale è colonizzato dalla biocenosi ad alghe fotofile che si presenta con
diverse facies (Cystoseira striata, Cystoseira elegans, Laurencia obtusa, Padina pavonia, ecc.). Di
particolare interesse è l’associazione termofila, insediata in località Porto Romano, delle specie
Anadyomena stellata, Dasycladus vermicularis e Acetabularia acetabulum.
Sulle pareti verticali esposte a nord si rinviene l’associazione Udoteo-Peyssonelietum.
I fondi mobili circostanti sono quasi ovunque colonizzati da una prateria di Posidonia oceanica che
si estende fino a circa 25-30 metri di profondità e fino a 4 miglia a nord della Punta del Marchese,
raggiungendo il banco di Mezzo Canale. In certe zone la prateria si alterna a fondi di sabbia, fango,
detriti e roccia.
104
Sulle falesie rocciose è particolarmente diffuso il Corallo (Corallium rubrum), i cui banchi più
consistenti sono stati individuati in prossimità dello Scoglio La Scarpa.
Fino a 40 metri circa si trovano vaste praterie di Posidonia oceanica inframmezzate da fondi misti
sabbie. Specie caratteristiche di questo biotopo sono Dentalium inaequicostatum, Dirupa aretina,
Eurhalanessa dendrolepis, Tellina donacina.
Oltre gli 85 metri di profondità vi sono specie tipiche del detritico costiero e del fango profondo. Un
confronto con il popolamento di Capraia, campionato in modo analogo dagli stessi autori (CuriniGalletti, 1985), evidenzia una grande povertà qualitativa e quantitativa delle biocenosi di fondo
mobile dell’Isola di Pianosa, che è verosimilmente legata ad una generale instabilità delle
condizioni di questa zona.
Montecristo
Le biocenosi bentoniche si trovano in buono stato di conservazione grazie alla protezione
pluriennale di cui ha goduto l’isola. Informazioni sui fondali circostanti l’isola e compresi tra 100 e
500 metri di profondità si possono trovare, anche se piuttosto datate, in Lumare (1968).
Giglio
Non sono attualmente disponibili informazioni bibliografiche sulle biocenosi bentoniche della zona
costiera dell’Isola del Giglio.
Giannutri
Anche per quest’isola sono assai scarse le informazioni bibliografiche.
Sulle pareti rocciose, gran parte delle quali scendono a picco fino a 40 metri di profondità, sono
presenti ricchi popolamenti sciafili.
La zona sabbiosa che circonda l’isola è colonizzata da una prateria di Posidonia oceanica,
particolarmente densa nel golfo degli Spalmatoi.
105
14) Golfo di Orosei-Campo Monte Santu
Iter istitutivo: istruttoria integrata Difesa Mare e Conservazione Natura
Istituzione: Legge 979/82. Provincia: Nuoro. Comuni interessati: Arzana, Aritzo, Baunei, Belvi,
Desulo, Dorgali, Fonni, Gairo, Gavoi, Lodine, Meana, Oliena, Ollolai, Olzai, Orgosolo, Ovodda,
Seui, Seulo, Sorgono, Talana, Tiana, Tonara, Orosei, Urzulei, Villagrande. Superficie: 73.935 ha.
Ente Gestore: da definire. Posizione geografica: 40° 18' lat. N - 9° 38' long. E.
Cartografia:
Carta n. 43 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:100.000.
Tavolette 195 II SO e III NO-SO della Carta Topografica d’Italia in scala 1:100:000
dell’Istituto Geografico Militare Italiano.
Caratteristiche dell’ambiente marino:
I 40 km del Golfo di Orosei sono uno degli ultimi lembi di costa italiana senza case e strade, con
alle spalle un territorio selvaggio, difficile da penetrare e da percorrere anche a piedi.
106
Sul mare si sviluppa una successione di bianche scogliere calcaree, alte da qualche decina a qualche
centinaio di metri, interrotte da piccole calette con spiagge deserte, dalle quali partono verso
l'interno le codule, strette valli lunghe e profondissime, punteggiate di grotte marine, tra cui la
famosa Grotta del Bue Marino, localizzata poco a sud di Cala Gonone.
Il suo nome ricorda la presenza passata della foca-monaca che, forse, sembra ancora frequentare
questi luoghi.
Sulle falesie che si affacciano sul mare nidificano indisturbati il falco pellegrino (Falco peregrinus),
la rara aquila del Bonelli (Hieraaetus fasciatus) e il falco della regina (Falco eleonorae) che, nella
zona di Capo Monte Santu, è presente con la colonia più numerosa d'Europa. Risalendo le codule,
talvolta vere e proprie gole invase dagli oleandri, si penetra nell'interno. Qui regna incontrastata la
più fitta macchia mediterranea, con secolari cespugli di ginepro sabino. La costa si presenta alta e
rocciosa, con fondali di notevole interesse naturalistico.
Da Capo Comino fino ad un paio di miglia a nord di Cala Gonone, si sviluppa un'estesa piattaforma
continentale, che si prolunga verso est per circa 7 miglia, con piane aperte verso il largo disposte a
diverse quote. Nel tratto che va da Osalla a Capo Monte Santu la piattaforma si limita, invece, ad un
paio di miglia di estensione.
I popolamenti bentonici risentono della notevole variabilità della geomorfologia della costa: nella
zona costiera rocciosa di spruzzo sono presenti Molluschi come la patella, Monodonta turbinata e
Littorina neritoides, Crostacei quali Euraphia depressa e numerosi Isopodi. Più in profondità, sulla
scogliera sommersa, si trova il crostaceo Chtamallus stellatus, accompagnato da granchi e
gasteropodi.
A 4-5 metri di profondità è presente, lungo tutta la fascia costiera, una prateria di Posidonia
oceanica in forma abbastanza compatta, occupando un'area di circa mezzo miglio dalla costa, dove
le batimetriche scendono molto rapidamente lungo il versante meridionale del golfo; sul versante
settentrionale, invece, la prateria occupa più di un miglio di estensione verso il largo. La varietà
delle biocenosi allontanandosi dalla costa è notevole; si segnala, in particolare, il Coralligeno, con
pinnacoli e spuntoni di varia dimensione.
107
17) Isole Eolie
Iter istitutivo: istruttoria tecnica in corso
Istituzione: Legge 979/82. Provincia: Messina. Comuni: Lipari, Leni, Malfa, Santa Marina di
Salina. Ente Gestore: da definire; proposta di gestione da parte dell'Azienda Foreste Demaniali
della Regione Sicilia.Posizione geografica: Salina: 38° 34' lat. N-14°50' long. E, Lipari: 38°29' lat.
N-14°48' long. E, Vulcano: 38°23' lat. N-14°58' long. E, Stromboli: 38°47' lat. N-15°04' long. E.
Cartografia:
Carte n. 248 (scala 1:25.000), n. 13 (scala 1:5.000), n. 14 (scala 1:100.000) dell’Istituto Idrografico
della Marina.
Tavoletta 244 della Carta Topografica d'Italia alla scala 1:25.000 dell'Istituto Geografico Militare
Italiano.
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Caratteristiche dell’ambiente marino:
I fondali vulcanici, rocciosi e ricchi di grotte, scendono velocemente verso profondità elevate (la
batimetrica dei 100 metri rasenta spesso le isole), formando una grande varietà di ambienti con
cavità e falesie. I tratti di costa sono ricchi di vita animale con polpi, aragoste, stelle di mare e una
miriade di invertebrati e pesci di scogliera.
Nel canale tra Salina e Lipari sono presenti estese praterie di Posidonia oceanica, indicate in
regressione, nonché di Cymodocea nodosa e di Cystoseira. In mare aperto nuotano numerose specie
d'interesse commerciale. Tipica è la pesca del palamito, del tonno e del pesce spada. Abbondante
risulta anche la raccolta di Molluschi e Crostacei.
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21) Isola Gallinara
Iter istitutivo: istruttoria tecnica in corso
Istituzione: Legge 394/91. Provincia: Savona. Comune: Albenga. Superficie: 11 ha. Ente Gestore:
Comune di Alberga. Posizione geografica: 44° 01' lat. N - 8° 14' long. E.
Cartografia:
Carta n. 2 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:100.000. Tavolette 92 III SE e 103 II NO
della Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000 dell’Istituto Geografico Militare Italiano.
Caratteristiche dell’ambiente marino:
I fondali marini sono ricchi di specie ed ospitano numerose associazioni biologiche di fondo duro e
di fondo mobile. I lati occidentale e nord-orientale dell'isola sono caratterizzati da brevi falesie con
popolamenti algali, a partire dai 10-15 metri di profondità, da praterie di Posidonia oceanica e fondi
molli. Il lato sud-orientale possiede una maggior varietà di situazioni ambientali e di ricchezza di
popolamenti biologici. La parete rocciosa, infatti, su questo lato giunge fino a 35 metri di profondità
ed ospita vari popolamenti algali, a cui segue un tratto di Coralligeno dominato da grandi Poriferi,
come Axinella polypoides e Cacospongia scalaris. Tra le formazioni più interessanti spiccano il
raro corallo nero (Gerardia savalia), la gorgonia e le praterie di Posidonia.
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22) Isola di Bergeggi
Iter istitutivo: istruttoria tecnica in corso
Istituzione: Legge 394/91. Provincia: Savona. Comune: Bergeggi. Superficie: 8 ha. Ente Gestore:
Comune di Bergeggi, Sede: Piazza XX Settembre - 17042 Bergeggi (SV), Posizione geografica:
44° 14' lat. N-8° 26' long. E.
Cartografia:
Carta n. 104 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:25.000.
Tavoletta 92 I SE della Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000 dell’Istituto Geografico Militare
Italiano.
Caratteristiche dell’ambiente marino:
Lungo la costa il fondale roccioso non raggiunge grandi profondità, ma è ricco di piccole grotte e
anfratti. In particolare la Grotta di Bergeggi, oltre ad un'ampia parte emersa, comprende alcune
cavità sommerse caratterizzate dai popolamenti delle grotte semioscure.
Nel complesso costituisce un ambiente notevolmente diversificato e di grande valore naturalistico,
oltre che per la ricchezza dei fenomeni carsici, anche per la varietà di popolamenti biologici.
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I fondali dell'isola sono, invece, più profondi, soprattutto in corrispondenza delle punte più
meridionali.
La ricchezza di cavità ha favorito lo sviluppo di formazioni sciafile, costituite cioè da specie che
prediligono condizioni di luce attenuata, di acque calme e semicalme.
Sul fondo si possono osservare numerose specie e popolamenti, tra cui spiccano quelli del
Coralligeno, delle grotte semioscure ed oscure e della prateria di Posidonia oceanica.
Le pareti subverticali della zona sud e sud-est sono dominate, a partire da 12-15 metri di profondità,
dalla margherita di mare, dalle alghe Pseudolithophyllum e fico d'India marino, dal porifero Crambe
crambe, dal falso corallo, dalla spruzzetta di mare e da gorgonie del genere Eunicella.
Si ricorda, infine, la presenza di una specie tropicale, la madrepora, segnalata in Italia solamente a
Bergeggi e ad Albisola, probabilmente spiegabile con il trasporto da parte di qualche nave diretta al
vicino porto di Savona.
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23) Monti dell’Uccellina
Area marina di reperimento: iter istitutivo non avviato
Istituzione: Legge 394/91. Provincia: Grosseto. Comuni: Magliano in Toscana, Orbetello. Ente
Gestore: da definire.Posizione geografica: 42° 35' lat. N-10° 53' long. E.
Cartografia:
Carta n. 5 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:100.000.
Tavoletta 135 IV NO della Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000 dell’Istituto Geografico
Militare Italiano.
Caratteristiche dell’ambiente marino:
La foce dell’Ombrone forma il margine meridionale della Palude della Trappola, localizzata
immediatamente a ridosso della duna costiera.
113
Questa zona umida è formata da una serie di piccoli laghi, pozze ed acquitrini che ospitano,
specialmente in inverno, miriadi di uccelli acquatici: molti i limicoli, dalle diverse specie di piropiro ai beccaccini, ai grandi ciurli.
Qui sostano anche le rare canapiglie e marzaiole e, nelle acque più profonde, si tuffano, assieme alle
folaghe, le morette e i moriglioni.
La regione costiera tra Talamone e la foce dell'Ombrone presenta un andamento piuttosto
pianeggiante e questo fattore si riflette sulla struttura dei fondali marini che degradano dolcemente
fino alla batimetrica dei 50 metri.
Il tratto del litorale può essere sommariamente diviso in due zone. Quella a nord, tra Cala di Forno e
l'Ombrone, è di natura sabbiosa ed è caratterizzata dalla batimetrica dei 10 metri che dista 1-2 km
dalla linea di riva. La porzione a sud è, invece, caratterizzata da una morfologia rocciosa, tanto che
la batimetrica dei 10 metri si trova a pochi metri dalla costa.
Le Formiche di Grosseto si trovano a circa una ventina di chilometri dalla terra ferma; sono piccoli
isolotti che si ergono bruscamente da un fondale di circa 100 metri.
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26) Isola di Capri
Iter istitutivo: istruttori tecnica in corso
Istituzione: Legge 394/91. Provincia: Napoli. Comuni: Capri, Anacapri. Superficie: 1036 ha. Ente
Gestore: da definire. Posizione geografica: Ischia: 40° 33' lat. N-1° 48' long. E.
Cartografia:
Carta n. 132 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:25.000.
Tavoletta della Carta Topografica d'Italia alla scala 1:25.000 dell'Istituto Geografico Militare
Italiano.
Carta n. 4004/4 della Nauticard in scala 1:25.000.
Caratteristiche dell’ambiente marino:
Le sue innumerevoli grotte, alcune poste anche a 200 metri sul livello del mare, sono frutto di
fenomeni di erosione marina e sono ricche di reperti fossili di specie marine.
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Tutto ciò testimonia come il livello del mare sia considerevolmente mutato con l'avvicendarsi delle
diverse ere geologiche nel corso delle quali Capri è stata collegata con la Penisola Sorrentina, di cui
risulta un frammento isolatosi in tempi non molto remoti.
Scoscese e per lo più inaccessibili, le coste con le loro pareti dolomitiche si alzano verticali
sull'acqua. Il Monte Tiberio (334 m) a oriente ed il Monte Solaro (589 m) ad occidente, sono i due
massicci principali dell'isola, tra i quali, in una sella a cavallo di Marina Grande e Marina Piccola, si
trova la cittadina di Capri.
I fondali sono estremamente ripidi, con la batimetrica dei 50 metri che dista spesso poche decine di
metri dalla costa. Lungo la costa meridionale è presente un'interessante prateria di Cystoseira,
mentre su quella settentrionale sono stati riscontrati floridi insediamenti di Posidonia oceanica e
Cymodocea nodosa.
Data la ripidità della costa, la zonazione delle biocenosi bentoniche è molto netta; tra queste una
delle più interessanti è quella del Coralligeno, che si trova a partire dai 35 ai 40 metri di profondità.
Tra le specie presenti, la gorgonia rossa (Paramuricea clavata) con colonie di grosse dimensioni, il
raro corallo nero e l'asteroide Sphaeodiscus placenta.
Le numerose grotte sommerse dell'isola ospitano gli organismi tipici degli ambienti bui e profondi:
penetrare in una grotta è, infatti, il metodo più rapido per accedere alla fauna delle maggiori
profondità marine, in quanto le condizioni, nei recessi più scuri, sono simili (scarsa, se non nulla,
luminosità, acqua immobile ed un elevato tasso di sedimentazione).
E’ proprio per questo motivo che in alcune grotte sono stati rinvenuti organismi che solitamente
vivono centinaia di metri più in basso. Le grotte, inoltre, offrono rifugio ad una grande quantità di
esseri viventi: dai Crostacei, come l'elegante parapandalo che affolla la Grotta Segreta, ai granchi
facchino della Grotta Azzurra, e ancora cicale di mare, astici, aragoste, corvine, musdee e qualche
cernia.
116
27) Ischia,Vivara, Procida
Iter istitutivo: istruttori tecnica in fase di completamento
Istituzione: Legge 394/91. Provincia: Napoli. Comuni: Procida, Casamicciola Terme, Lacco
Ameno, Barano, Ischia Porto, Serrara Fontana, Forio, Sant'Angelo. Ente Gestore: da definire.
Posizione geografica: Ischia: 39° 43' lat. N-13° 55' long. E,Procida: 40°45' lat. N-14°01' long.
E,Vivara: 40°44' lat. N-13°59' long. E.
Cartografia:
Carta n. 127 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:60.000.
Tavolette 184 NO (Procida e Vivara) e183 II SE (Ischia) della Carta Topografica d'Italia alla scala
1:25.000 dell'Istituto Geografico Militare Italiano.
Carta della distribuzione delle praterie di Posidonia oceanica intorno all'Isola di Ischia..
117
Caratteristiche dell’ambiente marino:
Isole di Procida e Vivara
La piccola Isola di Procida, con una forma irregolare lunga poco più di 3,3 km, con coste
frastagliate e ripide, è collegata da un esile pontile realizzato nel 1957 all'ancor più piccola
appendice di Vivara. La sua origine vulcanica è inequivocabile, non solo per i basalti ed i tufi gialli
e grigi, ma soprattutto per i resti di cinque crateri ancora ben riconoscibili, che raccontano la
tormentata origine geologica dell'isola. Per la friabilità dei tufi, l'erosione marina ed eolica ha
profondamente modellato le coste, conferendo al paesaggio un'impronta del tutto particolare.
I fondali, interessanti per l'origine vulcanica delle isole, si presentano estremamente ripidi lungo il
versante meridionale, con l'isobata dei 50 metri prossima alla costa. Il versante più settentrionale
presenta, invece, fondali che degradano più dolcemente verso profondità maggiori. Questi ultimi
sono colonizzati da estese praterie di Posidonia oceanica.
Le Secche delle Formiche di Vivara, localizzate a circa 700 metri ad ovest della piccola isola e
segnalate da una boa, rappresentano un'area di interesse eccezionale, che da sola giustificherebbe
l'istituzione dell''Area Protetta Marina. Sono, infatti, una piattaforma posta a 6-7 metri di profondità,
caratterizzata da profondi canaloni, grotte e archi naturali, ricchi di Spugne, Briozoi, Crostacei e
Pesci quali donzelle pavonine e corvine. Da segnalare, inoltre, la presenza di numerose colonie di
corallo rosso, a circa 40 metri di profondità.
Isola di Ischia
L'Isola di Ischia, con una superficie di 4533 ha, è la più estesa delle isole partenopee. Lunga 10 km
e larga 7, ha uno sviluppo costiero di 37 km.
Di natura vulcanica, l'isola ha un'origine legata ad eruzioni "recenti", di cui la più antica di quelle
note risale a circa 4000 anni fa, la più vicina a soli 1302 anni, come dimostra l'attuale esistenza di
fenomeni vulcanici secondari quali le tipiche fumarole. L'isola presenta una morfologia
prevalentemente montuosa, con la massima altezza raggiunta dal rilievo del Monte Epomeo (787
metri slm), che forma la parte centrale di Ischia.
Sott'acqua, dalle pareti verticali ricoperte di gorgonia, con rami di corallo rosso e nero, alle praterie
di Posidonia oceanica, ai fondali sabbiosi ricchi di pesci: Ischia concentra nel suo mare tutto quello
che il Mediterraneo può ancora offrire.
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28) Santa Maria di Castellabate
Iter istitutivo: istruttoria tecnica in corso
Istituzione: Legge 394/91. Provincia: Salerno. Comuni: Agropoli, Castellabate, Ogliastro,
Montecorice, Casalvelino, Ascea. Ente Gestore: da definire; proposta avanzata da parte dell'Ente
Gestore del Parco Nazionale del Cilento-Vallo di Diano. Posizione geografica: 40°16' lat. N-14°56'
long. E.
Cartografia:_
Carta n. 915 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:25.000.
Tavolette 209 IV NO e 209 IV SO bis della Carta Topografica d'Italia alla scala 1:25.000
dell'Istituto Geografico Militare Italiano.
Caratteristiche dell’ambiente marino:
Lungo la fascia costiera si susseguono promontori, insenature con piccole spiagge, falesie a picco
sul mare e grotte marine di inestimabile valore.
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Anche se il litorale ha fortemente risentito dell'urbanizzazione, non mancano emergenze di estremo
valore, come la famosa Grotta Azzurra di Palinuro.
La diversa natura geologica del territorio (flysh del Cilento e calcari dolomitici) rende molto vario il
profilo delle coste, che appare più dolce a nord e più aspro, inaccessibile e selvaggio nel settore
meridionale. Lungo quest'ultimo tratto la abbondanti manifestazioni carsiche hanno formato
numerose grotte, molte delle quali sono state invase dal mare che ha contribuito a rimodellare la
loro originaria morfologia, impreziosendole con luci, colori e fenomeni erosivi che rendono unico
questo tratto di costa. Molte delle grotte mostrano le tracce dell'antica presenza umana, a partire
dall'epoca preistorica.
Tra gli altri aspetti del paesaggio, molto interessanti sono i terrazzi di abrasione marina, tra i 2 e gli
8 metri sul mare.
Nel tratto di costa più settentrionale la piattaforma continentale appare più estesa, mentre diventa
più ristretta nella parte meridionale della costa. In corrispondenza delle foci dei fiumi il fondale
marino degrada verso il largo più dolcemente. Lungo la costa si riscontrano numerose secche, tra le
quali la più estesa è quella di Punta Licosa.
Nella fascia di marea lo sviluppo della vegetazione è ridotto, probabilmente per la forte insolazione
estiva. Nella scogliera sommersa la ricchezza delle specie diviene preponderante verso Punta
Inferno e Santa Maria, con la littorina, la Rivularia atra e numerose alghe azzurre. Più in profondità
i fondali sono caratterizzati da una grande varietà di specie di Cystoseira, associata alle alghe coda
di pavone e fico d'India marino. Oltre i 5-10 metri di profondità si riscontra una estesa prateria di
Posidonia oceanica, che si sviluppa fino a circa 30 metri, presentandosi ricca e rigogliosa.
Tutto il litorale è ricchissimo di reperti archeologici: una vera e propria città sottomarina è stata
scoperta recentemente di fronte a San Marco di Castellabate, con i resti di un antico molo romano.
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29) Costa degli Infreschi
Iter istitutivo: istruttoria tecnica in corso
Istituzione: Legge 394/91. Provincia: Salerno. Comuni: Marina di Camerota, San Giovanni a Piro.
Ente Gestore: da definire; proposta di gestione da parte del contiguo Parco Nazionale del CilentoVallo di Diano.Posizione geografica: 40°01' lat. N-15°27' long. E.
Cartografia:
Carta n. 11 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:100.000. Tavolette 210 III SO e 209 II
SE della Carta Topografica d'Italia alla scala 1:25.000 dell'Istituto Geografico Militare Italiano.
Caratteristiche dell’ambiente marino:
La costa degli Infreschi, uno degli ultimi lembi ancora intatti e disabitati della costa tirrenica
meridionale, si presenta frastagliata, alta e rocciosa. Lungo i suoi 18 km la natura ha conservato la
sua integrità solo perché la strada costiera, che nelle altre zone della Campania si sviluppa a pochi
metri dal mare, devia a nord verso l'entroterra. Il fondale degrada abbastanza dolcemente verso
profondità maggiori lungo tutta la costa. Lungo le pareti rocciose, la componente algale appare
scarsa, mentre ricchi sono i popolamenti a Echinoidi. Le rocce a maggiore pendenza sono ricoperte
da ricci di mare. Le pareti terminano versi i 10 metri di profondità su fondali sabbiosi, colonizzati
dalla Posidonia oceanica.
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30) Costa di Maratea
Area marina di reperimento: iter istitutivo non avviato
Istituzione: Legge 394/91. Provincia: Potenza. Comune: Maratea. Ente Gestore: da definire.
Posizione geografica: 39° 59' lat. N-15°43' long. E.
Cartografia:
Carte n. 11 e 12 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:100.000. Tavolette 210 III SE e 220
I NO della Carta Topografica d'Italia alla scala 1:25.000 dell'Istituto Geografico Militare Italiano.
Caratteristiche dell’ambiente marino:
La costa di Maratea, l’unico tratto di territorio col quale la Basilicata si affaccia sul Mar Tirreno, si
presenta alta, variegata di scogli e secche, insenature e grotte, grandi e piccole spiagge, sabbiose o
acciottolate, ferrigne o calcaree. Le notevoli variazioni di livello del mare sono, ancora oggi,
testimoniate da terrazzi costieri presenti a diverse altezze, da nicchie di erosione e da fori di
litodomi lasciati sulle pareti ora emerse.
I monti di Maratea si protendono verso il mare, formando coste alte e rocciose. Il fondale roccioso
prosegue fino a circa 5 metri di profondità, oltre i quali iniziano i fondi mobili. Procedendo verso
sud, le falesie arrivano a profondità maggiori (anche fino ai 40 metri).
122
31) Penisola Salentina
Area marina di reperimento: iter istitutivo non avviato
Istituzione: Legge 394/91. Provincia: Lecce. Comuni: Tricase, Castro Marina, Santa Cesarea
Terme. Ente Gestore: da definire. Posizione geografica: 40°02' lat. N-18°27' long. E.
Cartografia:
Carta n. 28 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:100.000. Tavolette 215 III SO e 223 I
NE della Carta Topografica d'Italia alla scala 1:25.000 dell'Istituto Geografico Militare Italiano.
Caratteristiche dell’ambiente marino:
Il paesaggio della Costa Salentina si caratterizza per la bianca roccia calcarea, generalmente a picco
sul mare, in cui si è sviluppata una ricca fenomenologia carsica, che ha dato origine a diverse grotte,
tra cui le ben note Zinzulusa e Romanelli, raggiungibili solo via mare. I fondali continuano, per un
certo tratto, con lo stesso tipo di morfologia rocciosa dell'ambiente costiero emerso, per terminare
su di un fondo sabbioso interrotto, talvolta, dalla presenza di massi isolati.
Il substrato roccioso è ricoperto, nella parte più superficiale, dai popolamenti algali fotofili, ai quali
si sostituiscono, più in profondità, popolamenti sciafili (amanti dell'ombra), fino ad arrivare al
Coralligeno, che in questa zona è particolarmente sviluppato, anche a profondità minori che altrove.
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33) Costa del Monte Conero
Iter istitutivo: istruttoria tecnica in corso
Istituzione: Legge 394/91. Provincia: Ancona. Comuni: Sirolo, Numana. Superficie: 5.800 ha.
Ente Gestore: Ente Gestione del Parco Naturale del Conero. Sede: Via Vivaldi 1/3 - 60020 Sirolo
(AN). Posizione geografica: 43° 33' lat. N.
Cartografia:
Carta n. 35 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:100.000.
Tavoletta 118 IV SE della Carta Topografica d’Italia in scala 1:100:000 dell’Istituto Geografico
Militare Italiano.
Caratteristiche dell’ambiente marino:
Il Monte Conero, con i suoi 572 metri, è l'unico promontorio che dal Gargano fino al litorale
triestino si protende nelle acque del Mare Adriatico. Con le sue coste a picco sul mare che
s'innalzano dalla bassa costa adriatica, è inciso da cale ed insenature.
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I fondali antistanti le Marche si possono considerare un prolungamento della pianura padana e sono
caratterizzati da sedimenti sabbiosi e fangosi provenienti dalla catena alpina e nord-appenninica.
La caratteristica batimetria dell'area è costituita dal leggero ed uniforme pendio dei fondali che
raggiungono poco più di 60 metri di profondità, nella zona a nord del Conero, e gli 80 metri
nell'area ad est del promontorio. L’isobata dei 10 metri si avvicina a pochi metri di distanza dalla
costa in prospicenza del Monte Conero.
Le coste rocciose che si affacciano sulla baia di Portonovo presentano, nella loro porzione più
superficiale, insediamenti naturali di mitili. Lungo la scogliera sono state evidenziate zone dove
predomina il genere algale Acetabularia oppure Cystoseira, mentre nella porzione esterna il
popolamento algale è dominato da Ceratium e da Cladophora.
Sui fondali antistanti il Monte Conero, è stata segnalata la presenza di banchi biocostruiti dal
madreporario Cladocora cespitosa. Tra gli scogli e negli anfratti nuotano numerosi dentici, orate e
saraghi, mentre le rocce sono colonizzate dai datteri di mare.
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34) Arcipelago della Maddalena
Iter istitutivo: Istruttoria integrata Difesa Mare Conservazione Natura
Istituzione: Legge 394/91, D.P.R. 17/5/199. Provincia: Sassari. Comune: La Maddalena.
Superficie: 5.134 ha a terra; 15.046 ha a mare. Ente Gestore: Comitato di Gestione Parco Nazionale
Arcipelago de La Maddalena. Sede: c/o Municipio, Via dei Mille,3 - 07024 La Maddalena (SS).
Posizione geografica: da lat. N 41°18' a lat. N 41°10'; da long. E 9°12' a long. E 9°31'.
Cartografia :
Carta n. 42 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:100.000.
Tavolette 168 I SE, 168 I NE, 169 IV SO della Carta Topografica d'Italia alla scala 1:25.000
dell'Istituto Geografico Militare..
Caratteristiche dell’ambiente marino:
L'arcipelago della Maddalena, una manciata di graniti rosa che emergono dal blu dello stretto
passaggio di mare che divide la Corsica dalla Sardegna, è ciò che rimane di un antico ponte, una
terra di congiunzione che, milioni di anni fa, univa le due isole.
126
Delle sette isole principali, quattro si trovano vicino alla costa sarda (La Maddalena, Caprera, Santo
Stefano e Spargi) e tre più a nord-est (Budelli, Santa Maria e Razzoli), a delimitare le Bocche di
Bonifacio.
Queste isole, da sempre, hanno dovuto fare i conti con il Maestrale ed il Ponente, che soffiano con
rabbia, e con le temibili correnti delle Bocche che, fin dai tempi antichi, hanno terrorizzato i
naviganti.
Per la particolare posizione sulle Bocche di Bonifacio, le acque dell'arcipelago mostrano fondali e
popolamenti animali e vegetali di notevole valore. I fondali non presentano profondità notevoli,
risultando tutti compresi entro l'isobata dei 60 metri, con rare depressioni oltre i 70.
Le caratteristiche morfologiche sono piuttosto omogenee, con rilievi rocciosi alquanto movimentati
che punteggiano l'intera area, a volte imponenti come cattedrali fitte di guglie, a volte formati da
brevi crostoni o pinnacoli isolati, suggestivi e pieni di vita.
Tra i tanti organismi che vivono in queste acque e colonizzano i fondali delle isole, spiccano i
grandi ventagli rosso-arancio della gorgonia rossa ed il raro corallo nero. Tra i Pesci, verso la
superficie nuotano le acciughe e le castagnole, accompagnate dalle aguglie, mentre avvicinandosi al
fondo si muovono fitti branchi di anthias, menole, salpe e saraghi.
Tra i pesci pelagici sono presenti i dentici ed i tonnetti, la cui presenza è testimoniata dalle buone
catture che ne fanno i pescatori alla traina nelle zone in cui tale attività è consentita. Rilevante anche
la presenza di Patella ferruginea, una rara specie di Gasteropode ormai in declino nell'area
mediterranea.
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35) Capo Testa-Punta Falcone
Iter istitutivo: Istruttoria integrata Difesa Mare Conservazione Natura
Istituzione: Legge 394/91. Provincia: Sassari. Comune: Santa Teresa di Gallura. Ente Gestore: da
definire. Posizione geografica: 41° 09' lat. N - 9° 8' long. E.
Cartografia:
Carta n. 42 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:100.000.
Caratteristiche dell’ambiente marino:
La costa compresa tra Capo Testa e Punta Falcone delimita il promontorio di Santa Teresa di
Gallura, localizzato di fronte alle ventose Bocche di Bonifacio.
Santa Teresa, un antico borgo di pescatori divenuto un'importante località balneare, è distesa su un
terrazzo di roccia che degrada a est nella profonda insenatura di Porto Longosardo.
Tra i massi di granito scolpiti dal mare e dal vento e la rada vegetazione nidifcano il raro gabbiano
corso (Larus audouinii), l'aquila del Bonelli (Hieraatus fasciatus) ed il gabbiano reale (Larus
argentatus).
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Inoltre, è presente la singolare lucertola del Bedriaga (Archaeolacerta bedriagae).
Da Capo Testa la costa prosegue verso sud con una fascia litoranea sabbiosa interrotta da alcune
formazioni rocciose, fino a giungere al promontorio di Monte Russu.
A est di Santa Teresa si protende verso il mare il promontorio di Punta Falcone, ancora ricco di
vegetazione, anche se ricoperto da una miriade di ville e villini. La costa è alta e frastagliata, con
falesie orlate di scogli.
La bellezza e la spettacolarità dei luoghi prosegue anche sott'acqua, dove sono presenti fondali e
popolamenti marini di estremo interesse, di cui, purtroppo, non si dispone di vasti studi in
letteratura.
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37) Isola di San Pietro
Area marina di reperimento: iter istitutivo non avviato
Istituzione: Legge 394/91. Provincia: Cagliari. Comuni: Carloforte, S. Antioco, Calasetta,
Portoscuso. Superficie: 50 km2. Ente Gestore: da definire. Posizione geografica: 39° 08' lat. N - 8°
17' long. E.
Cartografia:
Carta n. 46 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:100.000.
Tavoletta 252 II SO-NO della Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000 dell’Istituto Geografico
Militare Italiano.
Caratteristiche dell’ambiente marino:
Localizzata a poca distanza dalla costa, l'Isola di San Pietro si estende per circa 50 km2, con una
morfologia montuosa.
Imponenti falesie, che raggiungono anche i 130 metri di altezza, isolotti e scogli, spuntoni rocciosi
modellati dal mare, anfratti e grotte denotano l'origine vulcanica dell'isola.
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Le coste sono in prevalenza rocciose nella parte occidentale, sabbiose e basse in quella orientale.
L'interno è un alternarsi di campagne, pinete, vigneti e suggestivi sentieri immersi nel verde.
Un'emergenza morfologica di grande interesse è rappresentata dalle colonne trachitiche di
Carloforte, che emergono dal mare formando dei caratteristici scogli.
I fondali del canale di San Pietro sono caratterizzati da bassa profondità (5-15 metri) e presentano
un andamento movimentato da una soglia sottomarina posta a circa 5 metri di profondità, con
direzione est-ovest. La loro natura vulcanica è testimoniata da forme tormentate con frane e fratture
che si prolungano in spuntoni, lastroni semisommersi, scogli e isolotti, soprattutto a nord di
Portoscuso e alle estremità della costa orientale dell'isola.
La tipologia delle comunità bentoniche corrisponde a quella del settore centrale del Mediterraneo
occidentale.
I substrati rocciosi presentano le tipiche successioni animali e vegetali, con l'eccezione della zona di
spruzzo che, per la natura vulcanica del substrato, risulta abbastanza povera. I fondali del canale di
San Pietro sono rinverditi da vaste praterie di Posidonia oceanica e Cymodocea nodosa in ottime
condizioni e con abbondanti fenomeni di fruttificazione. Negli anfratti e nelle grotte dell'isola si
nascondono corvine, spigole e magnoselle.
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38) Capo Spartivento-Capo Teulada
Area marina di reperimento: iter istitutivo non avviato
Istituzione: Legge 394/91. Provincia: Cagliari. Comune: Teulada.Ente Gestore: da definire.
Posizione geografica: 38° 52' lat. N - 8° 43' long. E.
Cartografia: Carta n. 301 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:50.000. Tavolette 239 IS
E-NO-NE-SO e 239 IV NE-SE della Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000 dell’Istituto
Geografico Militare Italiano.
Caratteristiche dell’ambiente marino:
Nell’estrema propaggine sud-orientale della Sardegna, la costa compresa tra Capo Teulada e Capo
Spartivento conserva ancora ambienti costieri integri e di rara bellezza. L'urbanizzazione sfrenata
che ha interessato gran parte delle coste sarde sembra, infatti, essersi dimenticata di questo lembo di
territorio. Certamente la presenza a Capo Teulada di una base militare NATO, territorio
rigorosamente off-limits, ha contribuito alla conservazione di questa zona. La fascia costiera è
chiusa a nord dai monti del Sulcis, un massiccio di natura prevalentemente granitica che si estende
per circa 800 km2 nel settore sud-occidentale della Sardegna, ricoperto da un manto pressoché
ininterrotto di foresta mediterranea sempreverde.La costa, costituita in prevalenza da ciglioni alti e a
picco sul mare, è caratterizzata dall'alternanza di dure rocce granitiche e friabili rocce scistose.
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41) Monte Cofano-Golfo di Custonacci
Area marina di reperimento: iter istitutivo non avviato
Istituzione: Legge 394/91. Provincia: Trapani. Comune: Custonaci. Ente Gestore: da definire;
proposta di gestione da parte dell'Azienda Foreste Demaniali della Regione Sicilia. Posizione
geografica: 38° 06' lat. N - 12°40' long. E.
Cartografia:
Carta n. 17 in scala 1:100.000 dell’Istituto Idrografico della Marina.
Tavoletta 248 III NE della Carta Topografica d'Italia alla scala 1:25.000 dell'Istituto Geografico
Militare Italiano.
Caratteristiche dell’ambiente marino:
I 650 metri del Monte Cofano proiettano la loro ombra a nord di Trapani, nella Sicilia nordoccidentale. Lungo il tratto di costa che delimita il Golfo del Cofano si susseguono, per 10 km,
falesie, tozzi promontori, piattaforme rocciose e massi d'abrasione.
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Il mare è una componente essenziale della zona: se ne avverte la presenza dai tipi e dalle forme
della vegetazione rupestre e dai disegni che l'erosione incide sulle rocce. Il paesaggio sottomarino è,
anch'esso, una continua rassegna di forme e colori.
Il perimetro costiero si estende per circa 7 km e si presenta accidentato, alternando tratti a falesia
con bruschi promontori che si prolungano con piattaforme rocciose e massi d'abrasione. Sott'acqua
la morfologia è simile a quella emersa, con falesie e terrazzamenti. Numerose fessurazioni si aprono
nella roccia, dando così luogo a grotte ed anfratti.
Dove l'impatto con le onde si fa, invece, più violento, la sponda si adorna dell'intricato merletto
rosato del Lithophyllum lichenoides, un'alga rossa, dallo spesso scheletro calcareo, le cui minute
creste spezzano in mille rivoli la forza dirompente delle onde.
Le barbe brune dell'alga Cystoseira stricta contornano i tratti rocciosi al livello di marea; al di sotto
del primo metro la Cystoseira stricta cede il passo alla Dictyopteris membranacea e ad altre alghe
brune. Dove il blu è uniforme si fanno più frequenti gli Invertebrati, come gli anemoni, le rose di
mare e le madrepore Caryophyllia e Cladocora caespitosa.
Su qualche spuntone roccioso, a profondità ragguardevoli, gemma ancora il corallo rosso. Poco
sotto la zona di marea è presente la margherita di mare, una madrepora che accende le pareti di
colori smaglianti, accompagnando Spugne ed altri Invertebrati bentonici.
Non lontano dalla linea di costa si estendono ampie praterie di Posidonia oceanica.
Pochi i Pesci, rappresentati soprattutto da labridi e blennidi dalle colorate livree.
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42) Stagnone di Marsala
Area marina di reperimento: iter istitutivo non avviato
Istituzione: Legge 394/91. Provincia: Trapani. Comune: Marsala. Superficie: 2.000 ha. Ente
Gestore: Provincia di Trapani, Sede: Ass. Territorio e Ambiente, Via V. Carrera, 2 - 91100 Trapani.
Posizione geografica: 37° 52' lat. N - 12°28' long. E.
Cartografia:
Carta n. 17 in scala 1:100.000 dell’Istituto Idrografico della Marina.
Tavolette 256 I SE e 257 IV SO della Carta Topografica d'Italia alla scala 1:25.000 dell'Istituto
Geografico Militare Italiano.
Caratteristiche dell’ambiente marino:
Lo Stagnone è una vasta laguna di circa 2.000 ettari, poco profonda, separata dal mare aperto
dall'Isola Grande.
Al suo interno si trovano gli isolotti di Mozia, Santa Maria e di Scuola, quest'ultima così chiamata
per la presunta presenza di una scuola retorica in epoca romana. Il collegamento con il mare ed il
ricambio idrico avvengono attraverso due bocche, poste a nord e a sud.
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Il paesaggio è caratterizzato da una costa bassa, pianeggiante, con piccole spiagge alternate a
scogliere rocciose. Gran parte dell'Isola Grande è occupata dalle saline, che si susseguono a piccole
paludi salmastre, pozze d'acqua dolce e altri ambienti costieri.
La parte settentrionale della laguna è caratterizzata da acque più calme e stagnanti, mentre quella
meridionale risente maggiormente dell'influenza marina.
La profondità varia tra 0,5 e 3 metri. Il fondale ospita una ricca vegetazione acquatica, a volte
affiorante, costituita da alghe e fanerogame. Le specie dominanti sono, tra le prime, Caulerpa
prolifera, maggiormente presente in zone più stagnanti e, tra le seconde, Cymodocea nodosa, più
abbondante in zone a maggior ricambio idrico.
Nella parte più esterna della laguna fa la sua comparsa la vasta prateria di Posidonia oceanica.
Tra gli Invertebrati si ricorda la presenza di seppie e molte altre specie di Molluschi e di Crostacei,
ma lo Stagnone è soprattutto ricco di Pesci, come anguille, orate, branzini, cefali, triglie, saraghi e
specie occasionali come scorfani e mormore.
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43) Isola di Pantelleria
Iter istitutivo: istruttoria tecnica in corso
Istituzione: Legge 394/91. Provincia: Trapani. Comune: Pantelleria. Superficie: 83 km2. Ente
Gestore: da definire. Posizione geografica: 36° 47' lat. N-12°03' long. E.
Cartografia:
Carta n. 242 in scala 1:40.000 dell’Istituto Idrografico della Marina.
Tavolette LS6 III della Carta Topografica d'Italia alla scala 1:25.000 dell'Istituto Geografico
Militare Italiano.
Caratteristiche dell’ambiente marino:
L'origine dell'Isola di Pantelleria, di natura vulcanica, pare sia collocabile intorno ai 250.000 anni
fa; 200.000 anni dopo si originò una caldera e vi fu una forte esplosione di ignimbrite verde,
minerale che avvolse l'isola in un mantello verde, mutandone la conformazione geologica.
L’isola si presenta con il grosso massiccio centrale della Montagna Grande, circondato da numerose
alture, avanzi di crateri vulcanici.
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L’attività vulcanica si manifesta tuttora in segnali secondari, quali getti di vapore e fumarole
presenti nella Montagna Grande. Le coste sono color del carbone, il mare raramente riesce a
levigarle, quando può le rompe, formando grotte di ogni stile e dimensione.
Pantelleria è un'isola persa al centro del Mediterraneo, che si innalza da fondali molto profondi.
Le rocce laviche, nere e frastagliate, danno origine ad una morfologia costiera quanto mai
spettacolare e varia, evidentissima nei suoi fondali.
I popolamenti vegetali sottomarini comprendono, nella zona raggiunta dalla luce, le alghe
corallinacee Lithophyllum incrustans e Lithophyllum lichenoides, oltre a Polysiphonia
serularioides, che colonizza i tratti più esposti al moto ondoso.
Nelle zone maggiormente calme sono presenti alghe verdi come Enteromorpha compressa; lo
zoobenthos è rappresentato dai Crostacei Chtamalus stellatus, da patelle ed attinie. Più in profondità
si trovano i popolamenti dell'astroide, associato alla spugna incrostante Spirastrella cunctatrix. La
struttura dei fondi mobili favorisce la distribuzione delle colonie di fanerogame quali Cymodocea
nodosa e Posidonia oceanica.
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44) Pantani di Vendicari
Area marina di reperimento: iter istitutivo non avviato
Istituzione: Legge 394/91. Provincia: Siracusa. Comune: Noto. Ente Gestore: Azienda Foreste
Demaniali della Regione Sicilia, Sede: Via Libertà, 97 - 90142 Palermo, Sede locale: Via San
Michele, 4 - 91010 Castellamare del Golfo (TP).
Caratteristiche dell’ambiente marino:
I cinque stagni salmastri di Vendicari costituiscono una serie di acquitrini collegati tra loro e
caratterizzati da un elevato valore naturalistico. La finalità della Riserva è quella di consentire la
sosta e la nidificazione dell'avifauna ed il recupero della vegetazione psammofla e mediterranea. I
Pantani sono, inoltre, una zona umida di importanza internazionale, tutelata ai sensi della
Convenzione di Ramsar.
Il loro interesse è dovuto sia per la ricca avifauna, che per la varietà e la ricchezza della sua
vegetazione, presente sulle dune sabbiose e nei pantani.
L'ambiente marino e costiero antistante i Pantani si presenta abbastanza vario, dal momento che i
fondali, pur non scendendo mai a profondità elevate, sono costituiti, in parte, da ambienti sabbiosi e
da praterie di Posidonia oceanica, in parte da roccia ricoperta da associazioni algali fotofile. E'
proprio la prateria di Posidonia la protagonista di questi fondali, ospitando al suo interno numerose
specie di organismi, in particolare Pesci.
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45) Capo Passero
Area marina di reperimento: iter istitutivo non avviato
Istituzione: Legge 394/91. Provincia: Siracusa. Comune: Portopalo di Capo Passero. Ente Gestore:
Ente per la Fauna Siciliana, Sede: Ctr. Cugno Vasco-96017 Noto (SR). Posizione geografica: 36°
40' lat. N - 15° 60' long. E.
Cartografia:
Carte n. 20 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:100.000.
Tavoletta 277 III SE della Carta Topografica d'Italia in scala 1:25.000 dell'Istituto Geografico
Militare Italiano.
Caratteristiche dell’ambiente marino:
L'estremità meridionale della Sicilia, con il promontorio dell'Isola di Capo Passero, segna lo
spartiacque tra il Mar Ionio ed il Mediterraneo. La piccola isola è separata dalla costa siciliana da un
basso fondale guadabile, lungo meno di 300 metri.
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L'ambiente è arido ed il pendio si presenta più dolce nel lato rivolto verso la costa, mentre è
scosceso verso il mare aperto. Le formazioni rocciose affioranti comprendono sia calcari ricchi di
fossili, sia rocce vulcaniche.
Per il suo ruolo di spartiacque tra Mar Jonio e Mediterraneo, Capo Passero è un sito di grande
interesse biologico, caratterizzato da una grande biodiversità dell'ambiente marino.
Nei primi metri di profondità della costa rocciosa sommersa sono presenti le associazioni algali
fotofile, tra cui spicca l'acetabularia, mentre negli anfratti e nelle zone maggiormente in ombra
abbondano specie sciafile, come Udotea petiolata e Peyssonelia squamaria. Tutto intorno il fondale
è generalmente basso e sabbioso e ospita, tra i 10 e i 25 metri, una estesa prateria di Posidonia
oceanica.
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46) Grotte di Aci Castello
Area marina di reperimento: iter istitutivo non avviato
Istituzione: Legge 394/91. Provincia: Catania. Comune: Aci Castello. Superficie: 623 ettari.
Tipologia: Isole e faraglioni di origine vulcanica a poca distanza dalla costa. Ente gestore:
Consorzio tra il Comune di Aci Castello e l’Università di Catania. Sede: c/o Comune di Aci
Castello, via Dante 28, 95021 Aci Castello (CT). Posizione geografica: 31° 35' lat. N-15° 08' long.
E.
Cartografia:
Carte n. 2074 dell’Istituto Idrografico della Marina in scala 1:25.000.
Tavoletta 270 IV SE-NE della Carta Topografica d'Italia in scala 1:25.000 dell'Istituto Geografico
Militare Italiano.
Cenni generali:
Le Isole Ciclopi comprendono l’Isola Lachea, il Faraglione Grande e i Faraglioni Piccoli, costituiti
dalla lava basaltica dell'Etna, caratterizzata da forme singolari di cristallizzazione colonnare, sulla
quale le incrostazioni calcaree e l'erosione marina hanno prodotto effetti di notevole suggestione.
Lachea, l'unica vera isola, è la più settentrionale di queste formazioni che, secondo la leggenda,
sono state scagliate in mare da Polifemo contro Ulisse, e si trova proprio davanti all'imboccatura del
porto di Aci Trezza, da cui dista circa 200 metri.
Sull’isola, proprietà dell’Università di Catania che vi ha realizzato un laboratorio di ricerca, sono
presenti numerose cavità. Anche la costa compresa tra Aci Trezza e Aci Castello è caratterizzata
dalla scura roccia lavica dell'Etna.
Il fondale tra le isole e la costa è di tipo sabbioso e non supera i 12 metri di profondità. Quest'area è
segnata da parecchi grossi massi che formano anfratti e grotte. L’isola e i faraglioni fuoriescono dal
fondo sabbioso con pareti scoscese circondate da blocchi rocciosi sparsi e da franate che, verso i lati
nord, sud, ed est raggiungono facilmente i 25 metri.
Su substrati duri (pareti rocciose, massi e ciottoli) è presente, nei primi metri di profondità, una
ricca vegetazione algale dominata dal genere Cystoseira, ed è comune l’astroide.
Più in profondità, verso il Coralligeno, abbondano i Poriferi (Axinella damicornis, Agelas oroides,
Spongia officinalis), mentre sono meno rappresentate le gorgonie, come Eunicella cavolini. Sui
fondi detritici e costieri sono comuni gli Echinodermi e, in particolare, i Crinoidi (gigli di mare) e le
ofiure.
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25) Monte di Scauri
Identificato come area marina di reperimento dalla Legge 394/91. Regione: Lazio, Provincia:
Latina, Comune: Formia.
Iter istitutivo: non avviato.
32) Parco Marino del Piceno
Identificato come area marina di reperimento dalla Legge 394/91. Regione: Marche/Abruzzo,
Provincia: Ascoli/Teramo, Comune: Fermo, Porto Sant’Elpidio, Porto San Giorgio, Altidona,
Pedaso, Campofilone, Massignano, Cupra Marittima, Grottammare, S:Benedetto del Tronto,
Martinsicuro, Alba Adriatica.
Iter istitutivo: istruttoria in corso.
Torre di Cerrano
Identificata come area marina di reperimento dalla Legge 344/91. Regione: Abruzzo, Provincia:
Teramo, Comune: Pineto, Silvi Marina.
Iter istitutivo: istruttoria in corso.
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