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Comunicazione n. 0056640 del 16 giugno 2016, Anima

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Comunicazione n. 0056640 del 16 giugno 2016, Anima
 Comunicazione n. 0056640 del 16-6-2016
inviata a Poste Italiane spa, studio legale …. e, p.c. Banca Popolare di Milano scarl
OGGETTO: Anima Holding S.p.A. – Quesito in merito alla soglia applicabile ai fini della disciplina
in materia di offerta pubblica di acquisto obbligatoria di cui agli artt. 105 e ss. del D. Lgs. n. 58 del
1998
Si fa riferimento al quesito (il “Quesito”) posto da codesta Società, tramite il … (il “Legale”), con
nota del …, in merito alla qualificabilità di Anima Holding S.p.A. (“Anima” o l’“Emittente”) come
“PMI”, ai sensi dell’art. 1, comma 1, lettera w – quater.1), del D. Lgs. n. 58 del 1998(“Tuf”), con
riferimento, in particolare, all’individuazione delle soglie previste dai commi 1 e 1- bis dell’art. 106
del Tuf in tema di Opa obbligatoria. Tale richiesta è connessa ad un’operazione di compravendita
azionaria, intercorrente tra Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. (“MPS” o l’ “Alienante”) e Poste
Italiane S.p.A. (“Poste” o l’ “Acquirente”), avente ad oggetto azioni Anima.
Precedentemente alla presentazione del Quesito, il 14 aprile 2015, come comunicato al mercato il
successivo 15 aprile, Poste aveva sottoscritto con MPS un contratto preliminare per l’acquisto
dell’intera partecipazione azionaria, pari al 10,32% del capitale, da quest’ultima detenuta
nell’Emittente, a fronte del pagamento di euro 210 milioni, pari a circa euro 6,9 per azione.
Il 25 giugno 2015, come comunicato al mercato in pari data dalle parti, la suddetta operazione è stata
realizzata nei termini descritti nel Quesito e Poste ha acquistato la partecipazione detenuta da MPS in
Anima, pari al 10,32% del capitale, subentrando contestualmente nel patto parasociale (il “Patto”),
all’epoca vigente tra MPS e Banca Popolare di Milano S.c.a.r.l. (BPM), e assumendo al posto di MPS
ogni diritto ed obbligazione previsto nel suddetto accordo.
Pertanto, ad esito dell’operazione, Poste e BPM (la quale deteneva e detiene tuttora circa il 16,85%
del capitale di Anima) sono titolari congiuntamente di circa il 27,17% del capitale dell’Emittente
(medesima percentuale prima detenuta da BPM e MPS). Tale, percentuale è superiore alla soglia del
25% del capitale prevista dal comma 1-bis dell’art. 106 del Tuf per le società non qualificabili come
PMI, ma inferiore alla più alta soglia del 30%, prevista dal comma 1 del medesimo articolo del Tuf
per le società qualificabili come PMI.
Contestualmente al perfezionamento dell’operazione, BPM, come comunicato al mercato in data 25
giugno 2015 e rappresentato nel Patto, si è impegnata “ai fini e per gli effetti di cui all’art. 49, co.1,
n.3, lettera e) RE” – esenzione dall’obbligo di Opa per operazioni a carattere temporaneo - a “(i)
cedere a terzi che non siano qualificabili come parti correlate di BPM e/o Poste, con le modalità ed
al prezzo che riterrà più opportuni, entro e non oltre dodici mesi dal 26 giugno 2015, una quota
della partecipazione in AH [Anima] detenuta da BPM tale per cui la partecipazione complessiva
apportata al patto parasociale (…) da BPM e Poste risulti non superiore alle soglie indicate dall’art.
106 del TUF; (ii) non esercitare i diritti di voto afferenti alla quota della partecipazione in AH
detenuta da BPM eccedente, considerata la partecipazione detenuta da Poste e apportata al patto
parasociale oggetto del presente estratto, le soglie indicate dall’art. 106 del TUF. Tale impegno
diverrà automaticamente inefficace qualora Consob, alla quale è stato sottoposto specifico quesito,
ritenga che non sussista in capo agli aderenti al patto parasociale un obbligo di promuovere
un’offerta pubblica di acquisto totalitaria su azioni AH”.
1 Nel Quesito posto in data 21 maggio 2015 è stato chiesto alla Consob di valutare l’operazione di
acquisto delle azioni Anima e il suo ingresso nel Patto che aggrega una quota di capitale superiore
alla soglia del 25% ai fini dell’eventuale applicabilità della disciplina dell’Opa obbligatoria per
acquisto di concerto di cui agli art. 106 e 109 del Tuf, nonché di chiarire se Anima rientri o meno
nella qualifica di PMI di cui all’art 1, comma 1, lettera w-quater.1), del Tuf.
In estrema sintesi, nel Quesito si sostiene che Anima può essere definita una PMI e che applicandosi,
dunque, la soglia del 30% del capitale di cui all’art. 106, comma 1, del Tuf, l’operazione non
comporta alcun obbligo di Opa in capo ai paciscenti. Il Legale giunge a tale conclusione
essenzialmente analizzando il concetto di fatturato - ossia uno dei due parametri previsti dalla
definizione legislativa di PMI di cui all’art. 1, comma 1, lettera w-quater.1), del Tuf - applicabile alle
società che svolgono attività di intermediazione finanziaria non creditizia, quali Anima.
A tale riguardo, il Legale rinvia ad un atto della Camera dei Deputati O.d.g. 9/02568- AR/162 del 6
agosto 2014 (l’“Atto”), accolto dal Governo come raccomandazione e al “documento di
consultazione del 5 novembre 2014 (“Proposte di modifica al Regolamento Emittenti in materia di
voto plurimo”)”, in cui, nell’esaminare il problema della definizione di PMI contenuta nel Tuf nella
versione all’epoca vigente e l’applicabilità del criterio del fatturato alle società “diverse da quelle
industriali” si faceva riferimento al parametro individuato, “in materia di comunicazione delle
concentrazioni, per gli istituti bancari e finanziari”, dall’art. 16 della legge n. 287 del 1990 (“Legge
Antitrust”) ossia il “decimo del totale dell’attivo dello stato patrimoniale, esclusi i conti
d'ordine…..”.
A detta del Legale, tale criterio di calcolo del fatturato -il decimo del totale dell’attivo dello stato
patrimoniale - avrebbe dovuto trovare applicazione nei confronti di Anima in qualità di intermediario
finanziario. Pertanto, utilizzando tale criterio, sulla base dei dati relativi al bilancio consolidato
dell’intera holding, Anima risulterebbe avere, per gli anni 2014, 2013, 2012, un fatturato inferiore
alla soglia dei 300 milioni di euro stabilita dall’art. 1, comma 1, lettera w.quater.1), del Tuf e,
dunque, sarebbe qualificabile come PMI.
Inoltre, come seconda argomentazione volta ad escludere l’applicabilità dell’Opa obbligatoria, il
Legale, premettendo che “le osservazioni che precedono [relative al fatturato] sono sufficienti ad
escludere la sussistenza dell’obbligo di Opa …”, rappresenta che la quota complessivamente
detenuta dal Patto, pur se in linea teorica superiore alla soglia di cui al comma 1-bis dell’art. 106 del
Tuf, non garantirebbe in concreto alcuna possibilità di reale controllo sulla società target.
***
L’art. 1, comma 1, lettera w– quater.1), a fronte delle modifiche apportate dall’art. 1 del D. Lgs. n. 25
del 15 febbraio 2016, stabilisce che, “fermo quanto previsto da altre disposizioni di legge, le piccole
e medie imprese, emittenti azioni quotate, il cui fatturato anche anteriormente all’ammissione alla
negoziazione delle proprie azioni, sia inferiore a 300 milioni di euro, ovvero che abbiano una
capitalizzazione di mercato inferiore ai 500 milioni di euro”. In base alla medesima disposizione,
non sono PMI “gli emittenti azioni quotate che abbiano superato entrambi i predetti limiti per tre
anni consecutivi”. Viene, inoltre, delegata la Consob a regolamentare le “disposizioni attuative della
presente lettera, incluse le modalità informative cui sono tenuti tali emittenti in relazione all’acquisto
ovvero alla perdita della qualifica di PMI. La Consob sulla base delle informazioni fornite dagli
emittenti pubblica l’elenco delle PMI tramite il proprio sito internet”.
2 L’operazione così come è stata eseguita ha comportato l’ingresso in Anima di un nuovo soggetto,
Poste, con una quota di minoranza pari al 10,32% del capitale unitamente al subentro della medesima
in un Patto che aggrega il 27,17% del capitale dell’Emittente, dunque, una quota, come detto,
superiore alla soglia del 25% prevista dall’art. 106, comma 1-bis, del Tuf ma inferiore alla soglia del
30% del capitale prevista dal comma 1 del medesimo articolo.
Ad esito dell’operazione, si è verificato, dunque, unitamente ad una novazione soggettiva del Patto,
un acquisto di concerto potenzialmente rilevante - ove si applichi la soglia del 25% - ai sensi del
combinato disposto degli artt. 101-bis, comma 4-bis, lett. a), 106, comma 1- bis, e 109, comma 1, del
Tuf, da parte dei soggetti che partecipano al Patto medesimo.
Dato l’impegno assunto da BPM di rivendere, entro 12 mesi dall’esecuzione dell’operazione, la quota
eccedente “le soglie indicate dall’art. 106” - ricomprendendo, dunque, anche la soglia del 25% unitamente all’impegno a non votare nell’arco del medesimo lasso di tempo, la fattispecie può essere
ricondotta ad un’“operazione a carattere temporaneo” di cui al combinato disposto dell’art. 106,
comma 5, lettera d), del Tuf e dell’art. 49, comma 1, lettera e), del Regolamento Consob n. 11971 del
1999 (“Regolamento Emittenti”), e pertanto l’eventuale obbligo solidale di Opa in capo a Poste e
BPM non sorgerà sino allo scadere del suddetto termine di 12 mesi.
Dalla qualificabilità o meno di Anima quale PMI ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. w quater.1), del
Tuf, discende, per quel che qui interessa, i) l’applicazione della soglia del 30% del capitale
rappresentato da diritti di voto dell’Emittente di cui al primo comma dell’art. 106 del Tuf ovvero ii)
l’applicazione della minor soglia del 25% di cui al comma 1-bis del medesimo articolo 106.
Posto che:
i) ai fini della qualificabilità di una società come PMI, è sufficiente l’integrazione di uno dei due
requisiti normativi relativi alla capitalizzazione o al fatturato e che, ii) la capitalizzazione media
annua di Anima risulta ben maggiore di quella massima richiesta, assume rilievo la nozione di
fatturato applicabile ad Anima in qualità di società che svolge attività di intermediazione finanziaria
non creditizia.
In merito, il Legale si limita ad affermare l’applicabilità della nozione di fatturato prevista per gli
intermediari finanziari dall’art. 16 Legge Antitrust, richiamata dal citato Atto della Camera dei
Deputati del 6 agosto 2014.
Tale norma non è in linea con la nozione di fatturato richiamata dalla normativa comunitaria in tema
di vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e, in particolare, dalla Direttiva 2013/36/UE del 26 giugno
2013 sull'accesso all'attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle
imprese di investimento (“CRD IV”), nonché dal Regolamento (UE) n. 575/2013 del 26 giugno 2013
relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento (“CRR”); sia la CRD
IV che il CRR individuano la nozione di fatturato facendo riferimento ad un parametro economico
dato da una somma di componenti reddituali e non ad una quota dell’attivo patrimoniale.
Anche il vigente regolamento (UE) n. 139/2004 che abroga il Regolamento n. 4064/1989 fa
riferimento, all’articolo 5, paragrafo 3, per gli enti creditizi e gli altri istituti finanziari ad un
indicatore calcolato come somma di un insieme predeterminato di voci di provento lorde definite
nella direttiva 86/635/CEE.
Si rileva, inoltre, che, per quel riguarda la normativa di competenza Consob, con Delibera n. 19521
del 24 febbraio 2016, è stata introdotta - in attuazione della delega contenuta nell’art. 196 - bis del
3 Tuf introdotto dal D. Lgs. n. 72 del 2015 - una specifica definizione di fatturato valida ai fini della
commisurazione delle sanzioni pecuniarie previste dal Tuf. Tale definizione è riportata
nell’Appendice al Regolamento generale sui procedimenti sanzionatori della Consob adottato con
delibera n. 18750 del 19 dicembre 2013, ai sensi dell’articolo 24 della legge n. 262 del 28 dicembre
2005 (“Regolamento Sanzioni”).
Secondo quanto stabilito nell’Appendice al Regolamento Sanzioni, la nozione di fatturato e i criteri
di calcolo applicabili agli istituti bancari ed agli intermediari finanziari sono i seguenti: “l’aggregato
costituito dalla somma delle seguenti voci di provento così come definite nella direttiva 86/635/CEE,
al netto, se del caso, dell'imposta sul valore aggiunto e di altre imposte direttamente associate ai
suddetti proventi: i) interessi e proventi assimilati; ii) proventi su titoli: - proventi di azioni, quote ed
altri titoli a reddito variabile, - proventi di partecipazioni, - proventi di partecipazioni in imprese
collegate; iii) proventi per commissioni; iv) profitti (netti) da operazioni finanziarie (da non
considerare le operazioni relative ai titoli non inclusi nel portafoglio di negoziazione); v) altri
proventi di gestione.”
Ciò stante, in relazione al Quesito, allo stato, anche con riguardo alla definizione di fatturato rilevante
per la qualificazione di un emittente come PMI, si ritiene debba farsi riferimento alla predetta
nozione e ai medesimi criteri adottati dalla Consob ai fini del Regolamento Sanzionatorio e sopra
citati, essendo essa l’unica nozione rilevante nell’ambito della disciplina di settore di competenza
della Consob e in linea con la citata normativa comunitaria.
Sicché, applicando ad Anima la definizione di fatturato prevista dall’Appendice al Regolamento
Sanzioni, si ottengono risultati di molto superiori alla somma di 300 milioni di euro di cui all’art. 1,
comma 1, lettera w- quater.1), del Tuf.
Si ritiene, pertanto, che Anima superi entrambi i requisiti di capitalizzazione massima e di fatturato
previsti dalla citata disposizione e che ad essa sia, dunque, applicabile la soglia Opa del 25% del
capitale di cui all’art. 106, comma 1-bis, del Tuf.
Le considerazioni sopra svolte, in tema di applicabilità della soglia del 25%, assorbono ogni altra
valutazione in ordine all’impossibilità per il Patto di esercitare il controllo su Anima, circostanza
evocata nel Quesito; ciò in quanto nel caso di specie, l’applicabilità dell’obbligo di Opa discende in
via automatica dal superamento di determinate soglie fisse a prescindere dall’analisi della fattispecie
concreta. Il superamento delle soglie di cui all’art. 106 del Tuf costituisce, infatti, una presunzione
assoluta di controllo al verificarsi della quale sorge automaticamente, in assenza di casi di esenzione,
l’obbligo di Opa.
IL PRESIDENTE
Giuseppe Vegas
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