Possibile ruolo della sostanza P e del suo recettore NK 1 nei disturbi
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Possibile ruolo della sostanza P e del suo recettore NK 1 nei disturbi
Rassegna Possibile ruolo della sostanza P e del suo recettore NK 1 nei disturbi dell’umore ed in altre condizioni psichiatriche A possible role of substance P and its NK 1 receptor in mood disorders and in other psychiatric diseases EMANUELA MASSONI, GIUSEPPE BERSANI III Clinica Psichiatrica, Università di Roma, La Sapienza RIASSUNTO. La sostanza P è un neuropeptide appartenente alla famiglia delle tachinine; esso esercita i suoi effetti attraverso il legame al recettore Neurokinina 1 (NK 1). Dati gli effetti neuromodulatori e l’ampia distribuzione nel corpo umano della sostanza P, sono stati effettuati molti studi tesi ad indagare il suo possibile coinvolgimento nell’eziopatogenesi di un’ampia varietà di condizioni psichiatriche. Nel 1998 è stata dimostrata l’efficacia dell’antagonista MK-0869 del recettore NK 1 per la sostanza P nei pazienti con Disturbo Depressivo Maggiore. Questa scoperta ha offerto una potenziale via alternativa alla conoscenza dei meccanismi patogenetici ed al trattamento della Depressione, suggerendo l’uso di antagonisti del neuropeptide nella terapia di disturbi mentali in un campo al momento dominato dai farmaci che modulano la neurotrasmissione mediata dalle monoamine. La presente revisione riporta i principali studi su questo argomento. PAROLE CHIAVE: sostanza P, neurokinina 1, disturbo depressivo maggiore. SUMMARY. Substance P is a neuropeptide that belongs to the family of tachykinins; it produces effects via interactions through Neurokinin 1 receptor (NK 1). Given substance P neuromodulator effects and its wide distribution on human body, an increasing number of studies have been produced in order to investigate the possible involvement of substance P in the ethiopathogenesis of a wide variety of psychiatric conditions. In 1998 the efficacy of the substance P NK 1 receptor antagonist MK-0869 was demonstrated in patients with Major Depressive Disorder. This discovery offered a potential alternative way to the knowledge of pathogenetic mechanisms and to the treatment of depression, suggesting the use of neuropeptide antagonists in the therapy of mental disorders in a field currently dominated by drugs that modulate the neurotransmission mediated by monoamines. The principal studies on this argument are reviewed. KEY WORDS: substance P, neurokinin 1, major depressive disorder. INTRODUZIONE Dopo la sua scoperta nel 1931 da parte di von Euler, la sostanza P, un polipeptide composto da 11 aminoacidi isolato nell’intestino e nel Sistema Nervoso Centrale (SNC), rimane per diverse decadi l’unico elemento conosciuto della famiglia delle tachinine, una famiglia di peptidi neurotrasmettitori, evoluzionarmente conservata, i cui membri condividono la sequenza aminoacidica C-terminale “Phe-X-Gly-LeuMet-NH2”. Negli ultimi anni la famiglia delle tachinine dei mammiferi si è ingrandita con l’isolamento di due nuovi peptidi dal SNC bovino e suino, la neurochinina A e la neurochinina B (1) che, al pari della sostanza P, esercitano i loro effetti attraverso il legame a specifici recettori, chiamati rispettivamente Neurokinina 1 (NK 1), Neurokinina 2 (NK 2) e Neurokinina 3 (NK 3), i quali, una volta clonati, sono risultati costituiti da 7 segmenti attraversanti la membrana cellulare, suggerendo così la loro inclusione nella famiglia dei recettori legati alla proteina-G. E-mail: [email protected] Rivista di psichiatria, 2003, 38, 6 289 Massoni E, Bersani G Da diversi studi è emerso che il ligando naturale con la più alta affinità per il recettore NK 1 è la sostanza P stessa e che la sequenza C-terminale è l’esapeptide essenziale per l’affinità con il suo recettore e quindi per la sua attività (2). L’interazione della tachinina con il suo recettore attiva la Gq (proteina-G attivatrice), con conseguente attivazione della fosfolipasi C a scindere il fosfatidilinositolo bifosfato in inositolo trifosfato (con successiva liberazione di calcio dalle riserve mitocondriali e dal reticolo sarcoplasmatico) e diacil-glicerolo (con apertura dei canali del calcio nella membrana plasmatica). Appare chiaro, quindi, che è l’incremento del calcio intracellulare ad indurre la risposta tissutale mediata dalle tachinine (3). FUNZIONI PERIFERICHE E CENTRALI DELLA SOSTANZA P E DEL SUO RECETTORE I neuroni contenenti la sostanza P sono largamente distribuiti in periferia e nel SNC, nel quale sono stati casualmente scoperti nel mesencefalo, nei gangli della base, nell’ipotalamo e nel sistema limbico (4). È comunque ancora scarsa la conoscenza riguardo la distribuzione anatomica del recettore NK 1 nel SNC e nel Sistema Nervoso Periferico (SNP). Due interessanti nonché recenti studi (5,6), utilizzando l’ibridizzazione in situ, l’analisi quantitativa PCR e le metodiche immunoistochimiche hanno rilevato che i massimi livelli di mRNA del recettore sono localizzati nello striato ventrale e nella membrana plasmatica dei neuroni tirosina-idrossilasi-positivi del locus coeruleus e che esiste una distribuzione differenziale delle isoforme lunga e corta del recettore, con prevalenza della prima in tutto l’ambito cerebrale e della forma troncata soprattutto nei tessuti periferici. I risultati ottenuti da queste ricerche suggeriscono l’ ipotesi che gli NK1 potrebbero mediare l’attivazione dei neuroni del locus coeruleus durante un evento stressante, fornendo l’evidenza anatomica che questi recettori hanno una forte associazione con i circuiti neuronali che, nel cervello umano, ricevono un’innervazione monoaminergica e coordinano le risposte adattive allo stress e che quindi entrano in gioco nella regolazione dell’umore, nel comportamento emozionale e nella patogenesi dello stress (7). È infatti emerso che la densità degli NK 1 negli animali è rapidamente ridotta da quegli stressors psicologici che potrebbero provocare la depressione negli esseri umani, verosimilmente per un effetto di down-regulation compensatoria del recettore provocata dal rilascio, stress-indotto, della sostanza P (8). Il continuo sviluppo di agonisti ed antagonisti selettivi per i recettori delle tachinine ha aiutato a chiarire il ruolo di questi mediatori, che spazia ampiamente dalla perpetuazione della risposta infiammatoria in periferia ad effetti consistenti a carico del SNC. Nel SNC, infatti, le tachinine rivestono il ruolo di neuromodulatori determinando una depolarizzazione della membrana neuronale, probabilmente attraverso una riduzione delle correnti correttrici di potassio. I neuroni contenenti la sostanza P sono neuroni dopaminergici della sostanza nera, neuroni colinergici dei nuclei basali del prosencefalo, neuroni noradrenergici del locus coeruleus e neuroni serotoninergici dei nuclei del rafe pontino. La somministrazione di sostanza P in queste aree induce il rilascio di neurotrasmettitori dalla cui disfunzione sembrano dipendere molte patologie del SNC, come la malattia di Alzheimer, il morbo di Parkinson e l’ ansia, suggerendo così la possibilità che le tachinine giochino un ruolo rilevante nell’eziologia neurodegenerativa di questi disturbi. La sostanza P possiede, inoltre, una potente azione vasodilatatrice e stimolante la muscolatura liscia dell’intestino, occupa un ruolo importante nel controllo centrale della respirazione e si ritiene che abbia anche funzioni di neuro-ormone e di mediatore della trasmissione nervosa nelle terminazioni nervose di tipo C di origine periferica, nelle quali provoca un’eccitazione dell’elemento postsinaptico. Si ritiene, infatti, che laddove le fibre C facciano sinapsi nelle corna posteriori del midollo spinale, esse liberino come neurotrasmettitore proprio la sostanza P, un neuropeptide che si forma lentamente a livello della sinapsi ed anche lentamente viene distrutto; perciò, dopo l’inizio della stimolazione dolorifica, la sua concentrazione a livello dello spazio sinaptico aumenta per diversi secondi e persiste per alcuni minuti dopo che la stimolazione è cessata, rendendo ragione del fatto che il dolore lentocronico aumenta progressivamente di intensità con il tempo e persiste anche dopo la cessazione dello stimolo dolorifico. La liberazione di sostanza P viene successivamente bloccata nel momento in cui la metenkefalina, un oppioide endogeno (endorfina), si lega ai recettori morfino-simili localizzati sulla terminazione presinaptica (9). SOSTANZA P E PATOLOGIE DEL SISTEMA NERVOSO Nel 1998 alcuni ricercatori della Merck & Co pubblicarono sulla rivista Science la scoperta, quasi casuale, che gli antagonisti del recettore della sostanza P non possedevano proprietà cliniche tipicamente anti- Rivista di psichiatria, 2003, 38, 6 290 Ruolo della sostanza P e del suo recettore NK 1 dolorifiche, bensì mostravano spiccate capacità antidepressive ed ansiolitiche. Da allora, dati anche gli effetti neuromodulatori e l’ampia distribuzione a livello centrale e periferico della sostanza P, sono nati molti studi tesi a dimostrare il suo coinvolgimento non solo nell’eziopatogenesi dei disturbi affettivi e dei disturbi d’ansia, ma in un’ampia varietà di condizioni psichiatriche e non, come la schizofrenia, i disturbi dell’alimentazione, il disturbo posttraumatico da stress, le alterazioni dei ritmi neuroendocrini e del sonno, la psoriasi, il vomito indotto dalla chemioterapia, la sindrome dell’intestino irritabile, il dolore cronico, la malattia di Alzheimer, il morbo di Parkinson, l’asma e l’artrite reumatoide. Sostanza P e Depressione Le scoperte riguardanti una co-localizzazione funzionale e anatomica della sostanza P con il sistema dopaminergico nel mesencefalo e nello striato, con il fattore di rilascio per l’ormone corticotropo (CRH) nell’ipotalamo (10) e, soprattutto, con i sistemi serotoninergico e noradrenergico nel nucleo del rafe dorsale (11,12), entrambi sempre ampiamente considerati nelle ipotesi sulla Depressione (13), hanno fornito un importante collegamento tra questo neuropeptide e l’eziologia della Depressione. Lo studio più recente (14) sulla correlazione tra questa tachinina e la Depressione Maggiore è nato con lo scopo di analizzare le concentrazioni sieriche di sostanza P nei pazienti depressi e nei controlli sani prima e dopo trattamento antidepressivo. La linea media basale della concentrazione sierica di sostanza P è risultata essere significativamente più alta nei pazienti depressi rispetto ai controlli; il 37% dei pazienti ha risposto ad un trattamento antidepressivo di 4 settimane con un decremento della concentrazione di sostanza P, accompagnato da una migliore risposta alla terapia, suggerendo che i pazienti che mostrano incrementati livelli della tachinina potrebbero essere i candidati ideali al trattamento con antagonisti del recettore NK 1 per la sostanza P. Anche i risultati ottenuti da studi su animali supportano l’ipotesi di un coinvolgimento della sostanza P, mostrando un decremento della concentrazione di questa tachinina in diverse regioni cerebrali, come effetto diretto della terapia con antidepressivi (15). Allo stesso tempo, il blocco prolungato dei recettori NK 1 con antagonisti selettivi ha mostrato di potenziare la trasmissione serotoninergica, aumentando la tonica attivazione dei recettori post-sinaptici 5-HT 1A nel rafe dorsale (16). Prove antecedenti indirette (17) e recenti dirette basate sulla ibridizzazione in situ (18) hanno mostrato che nell’uomo molti neuroni 5-HT 1A del rafe dorsale esprimono la sostanza P. Si può quindi ipotizzare che tali neuroni serotoninergici nei pazienti depressi siano compromessi in una maniera più globale che non solo determina bassi livelli extracellulari di serotonina, ma altera anche l’attività funzionale della sostanza P. Un’ interazione tra la sostanza P ed il sistema serotoninergico era peraltro già stata presa in considerazione nelle sindromi da dolore cronico (19). Sostanza P e Schizofrenia Le prime osservazioni (20) che hanno collegato le tachinine alla Schizofrenia hanno scoperto elevati livelli di sostanza P nella regione dell’ippocampo in tessuto cerebrale prelevato post-mortem da individui affetti da Schizofrenia. In un lavoro successivo (21), l’immunoreattività per la sostanza P è risultata incrementata in 10 regioni cerebrali di soggetti schizofrenici, includendo i gangli basali, la sostanza nera e la corteccia orbitofrontale. Inoltre, due tra i pochi studi relativi al possibile rapporto tra sostanza P e Schizofrenia hanno svelato la presenza di una aumentata immunoreattività per il recettore Neurokinina 1 nella corteccia prefrontale ed una più alta densità di recettori per le tachinine nel nucleo caudato e nel nucleo accumbens di pazienti schizofrenici rispetto ai controlli sani (22,23). Questi risultati rendono le tachinine, già note nel determinare notevoli cambiamenti comportamentali, possibili candidati nella patogenesi della Schizofrenia e nel suo trattamento. La sostanza P sembra modulare l’attività del sistema dopaminergico mesolimbico. Le fibre contenenti la tachinina contraggono, infatti, sinapsi con i neuroni dell’ area tegmentale ventrale, un’area dalla quale provengono le proiezioni dopaminergiche mesolimbiche. L’infusione di antagonisti del recettore della sostanza P in quest’area stimola l’attività locomotoria ed incrementa il turnover della dopamina nelle proiezioni terminali dell’area (nucleo accumbens). La capacità di anticorpi monoclonali diretti contro la sostanza P di attenuare, nel ratto, la risposta locomotoria alle anfetamine in seguito all’iniezione dell’anticorpo all’interno del nucleo accumbens, appare coerente con la proposta che la sostanza P endogena moduli il rilascio di dopamina nel sistema mesolimbico. In realtà, sono ancora poche e discordanti le scoperte a questo riguardo, anche se alcuni studi hanno dimostrato che i farmaci antipsicotici provocano una ridu- Rivista di psichiatria, 2003, 38, 6 291 Massoni E, Bersani G zione sia del contenuto di sostanza P, che della sua sintesi nelle regioni cerebrali ricche di fibre dopaminergiche. Se la loro efficacia antipsicotica fosse correlata proprio a questo calo funzionale della sostanza P, allora anche un antagonista del recettore NK 1 potrebbe essere in grado di produrre simili variazioni funzionali. La sostanza P in altre condizioni di interesse psichiatrico Sebbene siano limitati gli studi umani sulla sostanza P nei disturbi d’ansia, due recenti ricerche condotte su paracadutisti e civili durante un attacco di guerra hanno mostrato che i soggetti con una quota d’ansia più al- Figura 1. Gli autoradiogrammi mostrano l’espressione del mRNA del recettore NK1 nel cervello umano. Acc: accumbens; Amy: amigdala; CA: corno d’ammonio dell’ippocampo; Cb: cervelletto; Cl: claustrum; CN: nucleo caudato; Dg: giro dentato; GP: globo pallido; Hyp: ipotalamo; Pu: putamen; Sc: collicolo superiore; St Ctx: corteccia striata; Th: talamo. (Da European Journal of Neuroscience, 17: 1736-46). ta presentavano anche più elevati livelli plasmatici di sostanza P (24,25). Un altro studio è nato, invece, di recente per valutare gli effetti della sostanza P sui parametri del sonno, sull’umore e sui ritmi neuroendocrini (26); allo scopo è stata praticata ai soggetti volontari sani un’infusione intravenosa di sostanza P per tre notti consecutive, durante le quali le variazioni del sonno venivano monitorate mediante registrazioni polisonnografiche. Ciò che è emerso è che l’infusione di sostanza P ha provocato un significativo peggioramento dell’umore dei soggetti ed un aumento dei livelli di cortisolo e dell’ ormone TSH ed ha modificato i parametri del sonno, con un incremento della latenza REM, dell’ora del risveglio durante gli intervalli di infusione e dello stadio 1 del sonno nella prima parte della notte ed un decremento del sonno REM nella seconda parte della notte. Questi ultimi effetti possono essere interpretati come un’alterazione globale del sonno da parte della sostanza P per un suo effetto centrale di tipo eccitatorio. L’attività nel siero dell’enzima prolyl-endopeptidasi (PEP), un’endopeptidasi citosolica responsabile del clivaggio della prolina nelle proteine di massa molecolare relativamente piccole come la sostanza P (27,28), è stata esaminata mediante analisi fluorimetrica in tre studi successivi: il primo (29) ha evidenziato più bassi livelli di attività della PEP nella Depressione Maggiore; il secondo (30) ha riscontrato, al contrario, una più alta attività dell’enzima nel siero di pazienti affetti da Disturbo Post-traumatico da Stress con un’esaltata degradazione di peptidi attivi a livello neurocomportamentale che giocano un ruolo chiave nelle emozioni, nella risposta allo stress, nelle interazioni sociali e, come la sostanza P, nel rinforzo positivo (31); infine, il terzo studio ha mostrato una più bassa attività della PEP nel siero di pazienti affette da anoressia e bulimia nervose (32), lasciando ipotizzare che una disregolazione combinata dei peptidi neuroattivi come la sostanza P e dell’enzima deputato alla loro degradazione potrebbe essere una componente integrante della patofisiologia dei disturbi dell’alimentazione. Un decremento nella concentrazione urinaria di 5idrossiindol acido acetico, con elevati livelli di sostanza P nel liquido cerebrospinale, sono stati scoperti nella fibromialgia (33,34), ma non nei pazienti con la sindrome da affaticamento cronico (35). Questi risultati clinici sottolineano un’interazione tra i due sistemi nella fibromialgia, sindrome i cui meccanismi patofisiologici appaiono spesso correlati a quelli della Depressione (36). Rivista di psichiatria, 2003, 38, 6 292 Ruolo della sostanza P e del suo recettore NK 1 Effect of MK-869 and paroxetine on depression and anxiety Figura 2. Dosi impiegate: MK-0869: 300 mg/die; paroxetina: 20 mg /die. HAM-D21: Hamilton Depression Scale; HAM-A: Hamilton Anxiety Scale. (Da Science 1998, 281: 1640-45). RECENTI STUDI SULL’EFFICACIA ANTIDEPRESSIVA DEGLI ANTAGONISTI DEL RECETTORE (NK 1) DELLA SOSTANZA P Sebbene risultati sperimentali simili a quelli sulla fibromialgia manchino per la Depressione Maggiore, in seguito alla scoperta di aumentati livelli di sostanza P nel liquido cerebrospinale di pazienti depressi, è nato uno studio preliminare che ha testato l’efficacia antidepressiva dell’MK-0869, uno dei più recenti antagonisti del recettore NK 1, mediante un’infusione centrale del composto che, al pari dell’imipramina e della fluoxetina, ha mostrato di ridurre la vocalizzazione dei piccoli di cavia dopo separazione materna, un test comportamentale utilizzato come indice predittivo di attività antidepressiva. A questo è seguito un importante studio clinico con controllo in doppio-cieco (37), che ha dimostrato per l’ MK-0869 un’attività antidepressiva ed ansiolitica nettamente superiore a quella del placebo e totalmente comparabile a quella della paroxetina, antidepressivo inibitore selettivo per il re-uptake della serotonina (SSRI). La graduale riduzione della Depressione, valutata con la Hamilton Depression Scale, alla seconda settimana era significativamente più importante di quella ottenuta con il placebo e la differenza ha continuato ad aumentare alla sesta settimana, termine dell’operazione; dalla quarta settimana, invece, i due composti attivi hanno iniziato a ridurre anche il livello di ansia, valutata con la Hamilton Anxiety Scale, in misura significativamente maggiore del placebo. Dal momento però che gli effetti antidepressivi erano più importanti e comparivano prima di quelli ansiolitici, i ricercatori hanno concluso che l’azione dell’MK-0869 è primariamente antidepressiva piuttosto che ansiolitica. Affermare che l’MK-0869 sia un antidepressivo superiore rispetto alla paroxetina è senza dubbio ancora prematuro; quel che è già stato dimostrato è che l’antagonista del NK 1 provoca effetti collaterali minori dell’SSRI in termini di nausea ed alterazioni della sfera sessuale, anche se riduce meno la irritabilità, presumibilmente perché, a differenza degli SSRI, non incrementa l’attività serotoninergica. Ma la parte più interessante di questo studio è senza dubbio l’intuizione che gli antagonisti della sostanza P sembrano svolgere la loro azione antidepressiva in maniera indipendente da un aumento diretto della funzione delle monoamine cerebrali. Infatti, dato che in studi preclinici sia l’MK-0869 che i suoi metaboliti hanno mostrato di possedere una scarsa o nulla affinità per il sistema delle monoamino-ossidasi, i siti o i trasportatori per il re-uptake delle monoamine o per i loro recettori, l’effetto antidepressivo potrebbe essere attribuito alla sua azione diretta sui recettori NK 1 (38). Se questo venisse confermato, gli antagonisti della sostanza P potrebbero rappresentare un nuovo e radicale approccio alla conoscenza dei meccanismi patogenetici e, quindi, al trattamento della Depressione. D’altro canto, poiché i risultati sulla misurazione dei livelli di sostanza P nel liquido cerebro-spinale dei pazienti e dei controlli sani sono apparsi poco chiari ed inattendibili (39,40) e le indagini post-mortem sulla densità del recettore NK 1 o sull’espressione del suo m-RNA sono tuttora scarse e non sostengono un’alterazione univoca (41), il ruolo dei recettori NK 1 della sostanza P nella fisiopatologia della Depressione è certamente suggestivo, ma non ancora conclusivo. Rivista di psichiatria, 2003, 38, 6 293 Massoni E, Bersani G Sebbene l’attività modulatrice delle monoamine come strategia terapeutica continui a dominare la ricerca sulla terapia antidepressiva, importanti e nuovi sviluppi in questo settore provengono oggi dai dati sulla modulazione dell’attività dei neuropeptidi; la dimostrazione dell’efficacia antidepressiva dell’MK-0869 rappresenta la prima evidenza di un nuovo potenziale approccio non-monoaminergico alla farmacoterapia antidepressiva e, in caso di conferma delle prime evidenze cliniche, l’antagonismo del recettore della sostanza P potrebbe offrire una via alternativa alla conoscenza ed al trattamento della Depressione. 17. 18. 19. 20. 21. BIBLIOGRAFIA 22. 1. Mc Lean S: Nonpeptide antagonists of the NK 1 tachykinin receptor. Medicine Research Review, 1996, 16, 297-317. 2. Saria A: The tachykinin NK 1 receptor in the brain: pharmacology and putative functions. European Journal Pharmacology, 1999, 375(1-3), 51-60. 3. 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