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2. I vari tipi di cemento

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2. I vari tipi di cemento
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2. I vari tipi di cemento
2.1 Principali caratteristiche dell’impasto e della macinazione dei cementi
In generale, i cementi maggiormente utilizzati nell’attività edilizia sono costituiti
essenzialmente da materiali calcarei e da allumina e silice sotto forma di argilla e scisti.
Possono anche contenere marne, costituite da una mescolanza di materiali calcari e argillosi.
Il processo di produzione consiste nel macinare le materie grezze, miscelarle nelle
proporzioni volute e trattarle in un grande forno rotante a circa 1300 ÷ 1400°C; temperature
alle quali il materiale sinterizza e fonde parzialmente in piccole masse sferoidali note come
clinker. Il clinker viene raffreddato e macinato in polvere sottile con aggiunta di piccole
quantità di gesso. Il prodotto risultante è il cemento Portland largamente usato in ogni parte
del mondo.
Il mescolamento e la macinazione dei materiali grezzi possono essere effettuati sia in acqua
che a secco, da cui i nomi dei processi per «via umida» o per «via secca». La scelta del
processo dipende dalla natura delle materie prime usate.
Il processo per via umida, adatto soprattutto per crete friabili, viene eseguito disperdendo il
materiale in acqua in una vasca circolare con bracci radiali forniti di pale che, con il loro moto
di rotazione, rompono gli agglomerati solidi. Anche l’argilla viene trattata in modo analogo.
Le due misture vengono miscelate in proporzioni predeterminate e fatte passare attraverso una
serie di setacci. Il materiale che ne risulta (poltiglia) viene poi mandato nei serbatoi di
raccolta. Se si utilizza il calcare, esso deve essere preventivamente frantumato poi introdotto,
con l’argilla dispersa in acqua, in un mulino, dove la macinazione viene completata. Il
materiale risultante (poltiglia) viene poi convogliato in serbatoi di raccolta.
La poltiglia è un liquido cremoso con un contenuto di acqua dal 35 al 50%, nel quale solo una
piccola parte di materiale (circa il 2%) non passa attraverso un setaccio con maglie da 90 μm.
Il tenore in calce desiderato viene ottenuto dosando le quantità dei materiali calcarei e
argillosi come sopra specificato. Un’aggiustamento successivo per ottenere l’esatta
composizione voluta viene eseguito rimescolando poltiglie prelevate da serbatoi diversi,
ricorrendo a complicati sistemi di serbatoi di miscelamento.
La poltiglia viene poi inviata nel forno rotante consistente in un cilindro in acciaio, rivestito
internamente di materiale refrattario, che può raggiungere gli 8 m di diametro con una
lunghezza fino a 200 m. Esso ruota lentamente e viene tenuto leggermente inclinato rispetto
all’orizzontale. La poltiglia entra dalla parte superiore mentre polverino di carbone, olio
combustibile o gas naturale vengono bruciati con aria compressa nella parte inferiore, dove la
temperatura raggiunge i 1400 ÷ 1500°C.
La poltiglia, nel suo tragitto verso la parte inferiore del forno, incontra temperature
progressivamente crescenti. Inizialmente l’acqua evapora e si libera CO2; successivamente il
materiale asciutto subisce una serie di reazioni chimiche finché circa il 20 ÷ 30% di esso
passa allo stato liquido e la calce, la silice e l’allumina si combinano tra loro. Questa massa si
agglomera in piccole sfere di diametro da circa 3 a 25 mm, denominate clinker. Il clinker cade
nei raffreddatori che permettono il recupero di calore a mezzo dell’aria che viene utilizzata
per alimentare la combustione. Un forno di grandi dimensioni può produrre fino a 700
tonnellate di cemento al giorno. La macinazione del clinker avviene in mulini a palle (sfere),
dotati di diversi scomparti con palle di acciaio di diametro decrescente. In alcuni impianti
viene utilizzato un sistema di macinazione a circuito chiuso che evita l’inconveniente della
presenza di alte percentuali di materiale troppo fine o di piccole quantità di materiale troppo
grosso. A macinazione avvenuta, il cemento contiene circa 1,1 1012 /particelle per kg ed è
pronto per la confezione negli usuali sacchi di carta o per essere trasportato sfuso.
Nel processo per via secca, le materie prime vengono frantumate e introdotte in un mulino,
dove vengono asciugate e polverizzate; questa polvere così ottenuta viene chiamata «farina
cruda». Tale polvere viene trasportata in un silo di miscelazione dove viene effettuato un
aggiustamento della composizione nelle proporzioni richieste per la produzione del cemento.
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Per ottenere una miscelazione più omogenea viene insufflato dal basso di uno dei quadranti
del silo un getto di aria. Ciò fa sì che il materiale dei quadranti non sottoposti al getto d’aria,
dotato di densità maggiore, si sposti verso il quadrante arieggiato in cui il materiale, sostenuto
dal getto di aria, assume un comportamento fluido. Aereando tutti i quadranti a turno, nel giro
di un’ora, è possibile ottenere una miscela perfettamente omogenea.
La farina cruda così miscelata viene inviata in un granulatore insieme a circa il 12% in peso
di acqua. Si ottiene così una graniglia costituita da sferette di circa 15 mm di diametro
(clinker).
Prima di essere immessa nel forno, la graniglia viene consolidata su una griglia di
preriscaldamento alimentata da fumi caldi di combustione. Da questo punto in poi il processo
è uguale a quello descritto per via umida.
2.1.1
La presa
Con il termine di «presa», si indica il consolidamento dell’impasto fresco, cioè il passaggio
della pasta dallo stato fluido a quello rigido. È però necessario distinguere la presa
dall’«indurimento», che consiste nell’acquisizione di durezza che avviene successivamente
alla presa stessa.
La presa si può attribuire all’idratazione selettiva iniziale di alcuni composti e,
particolarmente, del C3 A (alluminato tricalcico 3CaO•Al2 O3) e del C3S (silicato tricalcico
3CaO•SiO2). Il C3A ha la proprietà di far presa istantaneamente ma, vista l’azione ritardante
del gesso su di esso, l’influenza del C3S diventa di primaria importanza. Infatti il C3S puro ha
tempi di presa iniziale molto simili a quelli del cemento, mentre il C2S (silicato bicalcico
2CaO•SiO2) si consolida in modo molto più graduale.
Se il cemento è opportunamente ritardato, la struttura del cemento idrato è determinata dai
silicati di calcio, mentre se il C3A si idrata per primo – in assenza di ritardante – si forma un
alluminato di calcio idrato alquanto poroso. La successiva idratazione dei silicati avviene
nell’ambito della matrice di alluminati porosi, creando un sistema eterogeneo con possibili
conseguenze sulla resistenza finale.
Il processo di presa è accompagnato da effetti termici che comportano variazioni nella
temperatura dell’impasto. Infatti, all’inizio della presa si può riscontrare un rapido aumento
della temperatura, mentre alla fine della presa stessa si verifica un picco nei valori della
temperatura. In corrispondenza di questo picco, si riscontra una brusca caduta della
conducibilità elettrica, tanto che si possono utilizzare misure conduttometriche per
determinare i tempi di presa. I tempi di presa sono, infatti, influenzati dalla temperatura, essi
sono più brevi per temperature crescenti fino a circa 30°C, mentre, temperature superiori ai
30°C causano un’inversione di tendenza dei tempi di presa.
2.1.2
Falsa presa
Con il termine di «falsa presa», si indica una presa prematura del cemento, che può avvenire
nel giro di qualche minuto dopo l’aggiunta di acqua. Diversamente dalla presa rapida sopra
descritta, essa non presenta sviluppo di calore e semplicemente rimescolando
meccanicamente l’impasto si ristabilisce la plasticità originaria, fino a che non avviene la
presa normale, senza conseguenze per il successivo indurimento.
Una delle cause della falsa presa può essere la disidratazione del gesso, quando questo venga
macinato con clinker a temperature troppo elevate. In questo caso, si può formare gesso emiidrato (CaSO4•1/2H2 O) o anidrite (CaSO4), capaci di reidratarsi ed indurire rapidamente
quando vengono messi a contatto con acqua.
Un’altra causa può essere attribuita agli alcali, i quali, durante il magazzinaggio del cemento,
possono reagire con anidride carbonica per formare carbonati, che reagendo poi con il
Ca(OH)2, prodotto per idrolisi dei silicati, portano alla precipitazione del carbonato di calcio
(CaCO3) che crea un irrigidimento della pasta.
Generalmente, le prove di laboratorio eseguite nei cementifici dovrebbero assicurare
l’assenza di falsa presa nei cementi commerciali. Ma, se questa dovesse avvenire, si può
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ovviare al problema con un semplice rimescolamento della massa, anche se ciò non sempre è
di facile esecuzione.
2.1.3
Finezza di macinazione
La macinazione del clinker è uno dei processi finali nella produzione del cemento. Poiché
l’idratazione inizia sulla superficie dei granuli, è naturale che la superficie totale del cemento
rappresenti la parte attiva nella reazione con acqua. D’altronde, la superficie totale dipende
dalla finezza con cui il cemento è macinato ed è quindi evidente che vi sia una relazione fra la
finezza e la velocità di indurimento (figura 2.1).
ARTSCAP1ACAP6/21/1.4_21.tif
Figura 2.1 – Relazione tra finezza di macinazione e resistenza a compressione del cemento in
funzione delle differenti stagionature.
Comunque i costi di macinazione non sono trascurabili, e quanto maggiore è la finezza, tanto
maggiore è la velocità di deterioramento per esposizione all’atmosfera. Una maggiore
finezza, inoltre, aumenta l’effetto della reazione fra alcali ed inerti e rende l’impasto, anche se
non il calcestruzzo, più sensibile al ritiro idraulico e alle screpolature. Al contrario, viene
diminuita la tendenza alla segregazione. Una maggiore finezza, inoltre, aumenta il fabbisogno
di gesso a causa della maggiore disponibilità di C3A nella fase iniziale dell’idratazione.
In un impasto di consistenza standard, la quantità di acqua aumenta al diminuire del diametro
dei granuli, mentre, al contrario, aumenta leggermente la lavorabilità di un calcestruzzo.
Questa caratteristica può essere causata dalle prove di consistenza e di lavorabilità che
misurano grandezze fisiche diverse nell’impasto fresco, oppure da un’accidentale ritenzione
di aria, la cui quantità può variare in funzione della finezza di macinazione del cemento
anidro. È dunque importante che il grado di finezza delle particelle di cemento sia
attentamente controllato. A questo scopo, in Italia il D.M. del 3 giugno 1968 limita al 2% il
residuo non passante da un setaccio le cui maglie abbiano un’apertura di 0,18 mm (0,18
U.N.I. 2331), e stabilisce le varie modalità di prova. La prova della vagliatura non fornisce
informazioni sulla finezza della frazione passante dal setaccio, mentre sono proprio le
particelle più piccole che interessano ai fini del processo di idratazione. Infatti, sono stati fatti
tentativi usando reti più sottili, ad esempio di 0,053 mm, ma non sono stati riscontrati risultati
soddisfacenti, perché esse tendono ad ostruirsi. Per questo motivo, varie norme prescrivono,
come indice della finezza di macinazione, la determinazione dell’area superficiale specifica
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espressa in unità di superficie/unità di peso, normalmente in cm2/g. Un metodo diretto
consiste nel misurare la distribuzione del diametro delle particelle per sedimentazione e per
elutriazione, metodi basati entrambi sulla dipendenza dal diametro delle particelle della
velocità di caduta libera per gravità in un mezzo fluido rispettivamente liquido e gassoso
(legge di Stokes). Naturalmente il mezzo fluido deve essere chimicamente inerte rispetto al
cemento ed è opportuna una buona dispersione iniziale al fine di evitare una parziale
flocculazione delle particelle, che produrrebbe un’apparente diminuzione di area superficiale.
Su questa base è stato sviluppato, negli Stati Uniti, il metodo turbidimetrico di Wagner
(A.S.T.M. Standard C 115-70), in cui la concentrazione di particelle ad una determinata
altezza di una sospensione in cherosene viene determinata dall’intensità di un fascio di luce
trasmessa, rilevata con una fotocellula. I risultati sono generalmente attendibili, salvo un
errore risultante dal presupporre che tutte le particelle al di sotto di 7,5μm abbiano uguale
diametro. Questo errore può divenire significativo per i cementi attualmente usati, in cui
questa frazione è di primaria importanza. Sono stati perciò proposti alcuni miglioramenti del
metodo prendendo in considerazione la concentrazione di particelle fino a 5μm e modificando
i calcoli relativi. Una tipica curva di distribuzione granulometrica è riportata nella figura 2.2,
che mostra anche il corrispondente contributo delle singole frazioni all’area totale del
campione. La curva di distribuzione di un cemento dipende dalle modalità di macinazione ed
è diversa per diversi stabilimenti di produzione.
ARTSCAP1ACAP6/23/1.5_23.tif
Figura 2.2 – Tipica curva di distribuzione dei diametri delle particelle e corrispondente contributo
cumulativo all’area superficiale.
In ogni caso, non esiste un criterio preciso per definire una «buona» macinazione, né è stato
stabilito se sia meglio che tutte le particelle abbiano la stessa misura o siano distrivuite in
modo tale da permettere la massima compattezza.
Tra i vari metodi è interessante osservare quello proposto da Lea e Nurse descritto nel B.S.
12:1958. Questo metodo si basa sul fatto che, la resistenza opposta a un flusso di aria da una
pastiglia di polvere di cemento compressa fino ad avere un determinato volume ed una
determinata porosità è proporzionale alla superficie specifica della polvere stessa. Lo schema
del dispositivo di Lea e Nurse è illustrato nella figura 2.3.
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ARTSCAP1ACAP6/24/1.6_24.tif
Figura 2.3 – Schematizzazione dell’apparecchio di Lea e Nurse impiegato per effettuare misure di
permeabilità.
Nella cella di permeabilità viene posta una quantità di cemento tale che, una volta compresso
per mezzo di un pistone in un volume prefissato, esso abbia una porosità uguale a 0,457. Per
porosità si intende il volume degli spazi vuoti rispetto al volume totale. Attraverso il letto di
cemento così formato, viene fatto passare un flusso di aria secca a velocità costante. La
perdita di carico che il flusso di aria subisce nell’attraversare la pastiglia viene misurata da un
manometro collegato tra i due estremi della cella di permeabilità, mentre il flusso totale viene
misurato con un flussimetro capillare.
Un’equazione, precedentemente proposta da Carman dà la superficie specifica Sp in cm2/g,
secondo:
14
3 Ah1
Sp =
(1 )
KLh2
dove:
= densità del cemento (g/cm3);
= porosità del letto (0,475 nella prova B.S.);
A = superficie del letto (5,066 cm2);
L = altezza del letto (1 cm);
h1 = caduta di pressione attraverso il letto;
h2 = caduta di pressione del flussimetro a capillare (vedi figura 2.3);
K = costante del flussimetro.
Per una data porosità e un dato strumento, la formula si semplifica in:
K
h
Sp = 1 1 ;
h2
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dove K1 è una costante dello strumento impiegato. Una versione modificata del metodo di Lea
e Nurse è descritta nello standard A.S.T.M. C 204-68 e nella norma U.N.I. 7374-74. Secondo
questa prova, nota con il nome di Blaine, un volume noto di aria viene fatto passare attraverso
una pastiglia di prova con porosità 0,5. Anziché misurare la caduta di pressione, si misura il
tempo t impiegato dal volume di aria per attraversare la pastiglia, e la superficie specifica Sp è
data semplicemente da:
Sp = K 2 t ;
dove K2 è una costante che dipende dalle caratteristiche dello strumento stesso, che viene
determinata mediante una taratura con campioni di cemento con superficie a massa volumica
noti.
I metodi di Lea e Nurse e quello di Blaine, che coinvolgono tutte le particelle presenti, danno
valori in buon accordo tra loro ma sensibilmente più alti di quelli ottenuti col metodo Wagner
che risente dell’errore introdotto con l’assunzione che le particelle inferiori a 7,5μm siano
tutte uguali con un diametro medio di 3,75μm. I valori sono superiori, in media, di un fattore
1,8 rispetto al metodo Wagner; tra 1,6 e 2,2 a seconda della finezza di macinazione e del
tenore in gesso.
Ambedue i metodi hanno comunque una buona rappresentazione delle variazioni relative
della finezza del cemento, ciò che in definitiva costituisce il requisito più importante ai fini
pratici; il metodo di Wagner dà indicazioni anche sulla distribuzione granulometrica.
Una misura assoluta dell’area superficiale si ottiene con il classico metodo di B.E.T.
(Brunauer, Emmet e Teller) basato sull’assorbimento di azoto. Con questo metodo viene
misurata anche la porosità interna dei granuli non accessibile al flusso di aria nel metodo a
permeabilità, o al fluido di sedimentazione nel metodo turbimetrico. Per questi motivi i valori
trovati sono decisamente superiori a quelli ottenuti con altri metodi, come mostra la tabella
2.1.
Superficie specifica m2/kg misurata con
cemento
Metodo
Metodo
Wagner
Lea e Nurse
A
180
260
B
230
415
Tabella 2.1 – Superficie specifica del cemento misurata con metodi diversi
Metodo
B.E.T.
790
1000
F.M. Lea, The Chemistry of cement and Concrete, London, Arnold, 1970.
Il B.S. 12: 1958 stabilisce che la superficie specifica per il cemento Portland deve essere 225 m2/kg (metodo di Lea e Nurse) mentre il cemento Portland a rapido indurimento deve
essere > 325 m2/kg. Altre norme stabiliscono 225 m2/kg come minimo per il cemento
d’altoforno (B.S. 146: 1958) e 320 m2/kg per il cemento a basso calore di idratazione (B.S.
1370: 1958).
Attualmente, però, i cementi Portland commerciali superano normalmente i limiti minimi
stabiliti dalle norme. I cementi alluminosi sono generalmente più grossi. Il B.S. 915: 1947
stabilisce un minimo di 225 m2/kg, sebbene, anche in questo caso, il limite venga
generalmente superato.
2.1.4
Struttura del cemento idrato
Molte proprietà meccaniche della pasta di cemento indurita e del calcestruzzo dipendono
dalla struttura fisica dei prodotti di idratazione, il cosiddetto «gel di cemento».
L’impasto di cemento fresco è una dispersione di particelle solide in acqua, che devono la
loro plasticità alla caratteristica di essere debolmente legate tra loro, ma lubrificate dall’acqua
che si trova libera tra di esse.
Con l’inizio dei processi di idratazione, i silicati idrati assumono la struttura di un gel, che
cresce sia verso l’interno che verso l’esterno di ogni granulo, andando ad occupare lo spazio
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precedentemente occupato dall’acqua. In questo modo, i granuli si allacciano tra loro, il tutto
perde di elasticità ed inizia la presa. Il successivo indurimento è, invece, dovuto al
riempimento dello spazio precedentemente occupato dall’acqua sia da parte del gel che dei
cristalli di idrato di calcio derivati dall’idrolisi dei silicati. Se è presente una quantità d’acqua
maggiore rispetto a quella necessaria per la formazione dei prodotti di idratazione,
l’eccedenza rimane nel sistema creando una porosità detta porosità capillare.
Il gel di cemento è costituito da due fasi che si estendono con continuità su tutto il sistema.
Una fase è costituita dall’acqua, che riempie un secondo tipo di porosità detta porosità di gel,
ed una fase è costituita dai silicati idrati, che formano un reticolo continuo di particelle solide
tra le quali si estende la porosità capillare. Nella figura 2.4 i pori di gel sono rappresentati
dalle zone bianche che si estendono tra le particelle dei silicati (zone nere).
ARTSCAP1ACAP6/26/1.7_26.tif
Figura 2.4 – Modello semplificato della struttura di un impasto indurito. Con i cerchi neri si sono
schematizzate le particelle di gel; gli spazi indicati con la lettera “C” schematizzano i pori capillari.
Vista la natura colloidale dei prodotti di idratazione e l’esistenza di un gran numero di pori,
l’area superficiale della fase solida diviene estremamente elevata. Se non è possibile
apportare acqua dall’ambiente esterno può accadere, in special modo se il rapporto
acqua/cemento è minore di 0,5, che l’acqua non fissata chimicamente dai prodotti clinker sia
insufficiente a saturare l’intera superficie; ciò provoca un abbassamento della tensione di
vapore all’interno della pasta al di sotto del valore di saturazione con un conseguente
asciugamento del sistema. Siccome il gel può formarsi solo in fase acquosa, l’asciugamento
provoca l’arresto dell’idratazione ad un grado inferiore a quello che si sarebbe potuto avere in
ambiente umido. Dunque, al momento della presa e dell’indurimento dell’impasto, il volume
totale di quest’ultimo (cemento più acqua) rimane invariato, qualunque sia il grado di
idratazione del cemento. La pasta di cemento indurita sarà sempre formata dagli idrati dei
diversi composti strutturati in forma di gel e contenenti acqua di gel (complessivamente
chiamato tobermorite), da cristalli di idrato di calcio (chiamati portlandite), da cemento non
idratato, da alcuni composti secondari e da pori capillari vuoti contenenti acqua.
2.1.5
Volume dei prodotti di idratazione
Come si è visto nel paragrafo precedente, il volume totale dell’impasto non varia durante
l’indurimento, quindi, si può affermare che il volume disponibile per i prodotti di idratazione
che si formano è uguale al volume assoluto del cemento all’origine, più il volume dell’acqua
aggiunta. Si può inoltre anticipare che, per un normale cemento, l’acqua legata (non
evaporabile) sia il 23% del peso del cemento anidro, anche se a volte può essere inferiore.
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Il peso specifico del gel di cemento è tale che occupa un volume maggiore del volume iniziale
del cemento anidro, ma minore della somma dei volumi del cemento anidro e dell’acqua non
evaporabile, per una differenza pari a circa il 25,4% del volume di quest’ultima. Inoltre, il
peso specifico medio apparente del gel di cemento è di 2,16 g/cm3. Come esempio
consideriamo l’idratazione di 100 g di cemento anidro. Preso un peso specifico assoluto
uguale a 3,15, il suo volume assoluto è 100/3,15 = 31,8 ml. La quantità d’acqua non
evaporabile è il 23% del peso del cemento anidro, quindi risulta uguale a 23 ml, mentre i
prodotti solidi di idratazione occupano un volume pari alla somma del volume di cemento
anidro più il volume dell’acqua non evaporabile ridotto del 25,4%, cioè:
31, 8 + 23 100 ( 1 0,254 ) = 48, 9ml .
Poiché l’impasto in queste condizioni ha una porosità di gel di circa il 28%, il volume
dell’acqua di gel Wg è ricavabile considerando che:
Wg
= 0,28 , da cui: Wg = 19,0 ml
48, 9 + Wg
e, di conseguenza, il volume del cemento idrato sarà di (48,9 + 19,0) ml = 67,9 ml.
In sintesi, abbiamo:
peso del cemento anidro
Volume assoluto del cemento anidro
Peso dell’acqua combinata
Volume dell’acqua di gel
Acqua totale nell’impasto
Rapporto acqua/cemento (peso)
Rapporto acqua/cemento (volume)
Volume cemento idrato
Volume originale del cemento più acqua
Diminuzione di volume in seguito all’idratazione
Volume dei prodotti di idratazione di 1 ml di cemento
anidro.
= 100,0 g
= 31,8 ml
= 23,0 g
= 19 ml
= 42 ml
= 0,42
= 1,32
= 67,9 ml
= 73,8 ml
= 5,9 ml
= 2,1 ml
Le variazioni volumetriche sono mostrate nella figura 2.5. La «diminuzione di volume»
assoluta del solido di 5,9 ml rappresenta lo spazio capillare vuoto distribuito nell’ambito
dell’impasto indurito. Lo schema riportato è approssimativo. Esso comunque mostra che se la
quantità di acqua fosse stata inferiore a 42 ml, in assenza di altri apporti dall’esterno, essa
sarebbe stata insufficiente a far procedere le reazioni chimiche di idratazione e a riempire i
pori di gel. L’acqua di gel, inoltre, anche se presente nel cemento, è legata alla sua posizione
e non può migrare nei pori capillari, infatti essa diviene molto lenta quando la tensione di
vapore all’interno scende al di sotto dell’80% del suo totale valore di saturazione.
A questo punto, si supponga di operare in condizioni tali che l’acqua possa essere fornita
dall’esterno non appena si verifica una carenza interna. E’ stato dimostrato che 100 g di
cemento anidro (31,8 ml) occupano, dopo l’idratazione 67,9 ml. In questo caso l’assenza di
pori capillari si verifica allorché l’acqua di impasto aggiunta è circa (67,9 – 31,8) ml = 36,1
ml, corrispondenti ad un rapporto acqua/cemento di 1,14 in volume e 0,36 in peso.
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5,9 ml
pori capillari vuoti
19,0 ml
acqua del gel
Cemento idrato
42,0 ml
acqua
31,8 ml
cemento
Nessuna idratazione
48,5 ml
prodotti
solidi di
idratazione
Idratazione completa
Figura 2.5 – Rappresentazione diagrammatica delle variazioni di volume del cemento in
seguito all’idratazione per un impasto con rapporto acqua/cemento uguale a 0,42.
Se il rapporto acqua/cemento in un impasto fresco è minore di 0,38 in peso, una completa
idratazione del cemento non è possibile perché lo spazio disponibile per i prodotti idrati
diventa insufficiente. Come esempio si consideri una miscela di 100 g di cemento (31,8 ml)
con 30 g di acqua. In questo caso, l’acqua sarà sufficiente ad idratare x grammi di cemento
che si possono ricavare dalle seguenti relazioni:
Contrazione di volume del solido nell’idratazione = 0,254 · 0,23x = 0,0585x
Volume occupato dai prodotti solidi di idratazione =
x
=
+ 0, 23x 0,0585x = 0, 489x ;
3, 15
Wg
porosità del gel =
= 0, 28 ;
0, 489x + Wg
acqua totale = 0,23x + Wg = 30;
da cui: x = 71,5 g = 22,7 ml e Wg = 13,5 g, mentre il volume del cemento idrato è uguale a
(0,489 · 71,5) + 13,5 = 48,5 ml, ed il volume del cemento rimasto non idratato è 31,8 – 22,7
= 9,1 ml. Da questi dati si ricava il volume dei pori capillari = (31,8 + 30) ml – (48,5 + 9,1)
ml = 4,2 ml. Se l’acqua è reperibile dall’esterno per imbibizione dei capillari, si può avere
un’ulteriore idratazione, fino al completo riempimento dei 4,2 ml. È importante notare che la
presenza di cemento non idratato non è pregiudizievole ai fini della resistenza finale
dell’impasto. Invece, se il rapporto acqua/cemento supera il valore di 0,38, tutto il cemento
può raggiungere lo strato idrato, ma una certa quantità di pori capillari rimangono presenti
nella massa e possono, in parte, trattenere acqua d’impasto e, in parte, riempirsi per
imbibizione dall’esterno. La figura 2.6 mostra i volumi relativi del cemento non idratato, dei
prodotti di idratazione e dei pori capillari per diverso rapporto acqua/cemento a diversi gradi
di idratazione.
Per esempio, consideriamo l’idratazione di un impasto con rapporto acqua/cemento pari a
0,475 in condizioni di isolamento dall’esterno (saldato in un tubo di vetro). Si supponga che il
cemento anidro sia uguale a 126 g, corrispondenti a 40 ml. Il volume di acqua sarà 0,475 ·
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126 = 60 ml. Ciò è mostrato nella figura 2.7 (lato sinistro). Si consideri ora la situazione che
si verifica quando tutto il cemento è idratato. L’acqua non evaporabile è 0,23 · 126 = 29,0 ml
e l’acqua di gel è tale che:
Wg
+ Wg = 0,28 ;
40 + 29, 0 ( 1 0, 254 )
da cui Wg = 24,0 ml e il volume del cemento idrato è di 85,6 ml. Rimangono dunque 60 ml –
(29,0 + 24,0) ml = 7,0 ml di acqua capillare distribuiti nell’impasto. In più 100 ml – (29,0 +
7,0) ml = 7,4 ml rimangono come capillari vuoti che si sarebbero riempiti di acqua nel caso
questa potesse essere assorbita dall’esterno.
ARTSCAP1ACAP6/31/1.9_31.tif
Figura 2.6 – Composizione dell’impasto di cemento a diversi stadi di idratazione per impasti nei quali
il volume d’acqua è sufficiente ad accogliere i prodotti di idratazione al grado indicato.
La situazione (100% di idratazione) è mostrata nella parte destra della figura 2.5. Poiché il
volume iniziale (acqua + cemento) è 100 ml e il cemento idratato è 85,6 ml, il rapporto
gel/spazio è pari a 0,865. La figura 2.7 riporta inoltre, al centro, il caso in cui l’idratazione è
solo del 50% con un rapporto gel/spazio dato da:
0, 5 40 + 29 ( 1 0,254 ) + 24
= 0, 535 .
100 20
34
Documento #:
Doc_a2.doc
3,7 ml pori
capillari vuoti
Cemento idrato
60 ml
acqua
40 ml
cemento
12,0 ml
acqua del
gel
30,8 ml
prodotti
solidi di
idratazione
20 ml
cemento
non idratato
Nessuna
idratazione
50% idrato
Capillari
7,0 ml acqua
capillare
24,0 ml acqua
di gel
Cemento idrato
33,5 ml
acqua
capillare
7,4 ml pori
capillari vuoti
61,6 ml
prodotti
solidi di
idratazione
100% idrato
Figura 2.7 – Rappresentazione diagrammatica delle proporzioni in volume dei
componenti di un impasto di cemento a diversi stadi di idratazione.
2.1.6
Pori capillari
I pori capillari costituiscono quella parte del volume totale che, in qualunque momento
dell’idratazione, non è stata ancora riempita rispetto al cemento anidro originario, è evidente
che il volume dei capillari si riduce mentre l’idratazione procede, per cui la porosità capillare
dipende, oltre che dal rapporto acqua/cemento iniziale, anche dal grado di idratazione. Si è
già visto come, per un rapporto acqua/cemento maggiore di 0,38, si prevede in linea teorica la
permanenza di pori capillari anche dopo una completa idratazione.
La grandezza dei pori capillari è dell’ordine dei micron; essi sono di forma variabile e
formano una canalizzazione continua nell’ambito del cemento. Questa porosità è causa della
permeabilità che si ritrova in pratica nei calcestruzzi induriti oltre che della loro vulnerabilità
al gelo.
Con l’aumento del grado di idratazione, il gel solido aumenta di volume fino a che, in un
impasto maturo, i pori capillari possono ostruirsi e rimanere interconnessi solo mediante la
porosità del gel. Perciò l’assenza di porosità capillare può essere raggiunta, per un dato
rapporto acqua/cemento, dopo un periodo di stagionatura abbastanza lungo in ambiente
umido. Il grado di idratazione necessario perché questo avvenga, nei normali cementi
Portland, è mostrato nella figura 2.8, mentre il tempo necessario, indicativo, è riportato nella
tabella 2.2.
35
Documento #:
Doc_a2.doc
Rapporto acqua/cemento
Tempo richiesto
0,40
3 giorni
0,45
7 giorni
0,50
14 giorni
0,60
6 mesi
0,70
1 anno
oltre 0,70
non raggiungibile
Tabella 2.2 – Tempo approssimativo richiesto per raggiungere una «porosità capillare chiusa» in
funzione del rapporto acqua/cemento.
ARTSCAP1ACAP6/33/1.11_33.tif
Figura 2.8 – Relazione tra il rapporto acqua/cemento e il grado di idratazione necessario per il
raggiungimento di una “porosità chiusa”.
Questi dati dipendono in una certa misura dal tipo di cemento usato, ma dimostrano
comunque che per raggiungere una porosità capillare chiusa, il rapporto acqua/cemento non
deve superare il valore di 0,7 anche se delle variazioni possono verificarsi in funzione della
finezza di macinazione.
Si può, quindi, affermare che nei manufatti in opera l’eliminazione della porosità continua è
un requisito essenziale per poter qualificare un «buon» calcestruzzo.
2.2 Composizione e caratteristiche chimiche dei cementi Portland
Le materie prime per la fabbricazione del cemento consistono principalmente di calce (CaO),
silice (SiO2), allumina (Al2O3) e ossido di ferro (Fe2 O3).
Questi elementi, reagendo tra loro durante la cottura, creano prodotti più complessi e le fasi
che si formano alla temperatura di clinkerizzazione sono in uno stato di equilibrio
termodinamico. Questo equilibrio però, durante il raffreddamento, non viene mantenuto ed è
la velocità del raffreddamento stesso che determina il rapporto tra la quantità di materiale
36
Documento #:
Doc_a2.doc
cristallino presente nel clinker freddo e la quantità di materiale fuso che rimane,
raffreddandosi, allo stato amorfo (vetroso). In un cemento Portland vengono individuati
quattro composti principali che sono elencati nella tabella 2.3, insieme ai loro simboli
abbreviati. Questi simboli indicano ciascun ossido con la corrispondente lettera iniziale.
Nome del composto
Sua composizione in ossidi
Silicato tricalcico
3 CaO•SiO2
Silicato bicalcico
2 CaO•SiO2
Alluminato tricalcico
3 CaO•Al2 O3
Ferro alluminato tetracalcico
4 CaO•Al2 O3•Fe2 O3
Tabella 2.3 – Principali composti del cemento Portland
Abbreviazione
C3S
C2S
C3A
C4AF
In realtà i silicati nel cemento non sono puri, ma contengono, in soluzione solida, piccole
quantità di ossidi che possono influenzare significativamente gli arrangiamenti atomici, la
forma cristallina e le proprietà idrauliche dei silicati stessi. Il calcolo della «composizione
potenziale» del cemento Portland si basa sui lavori di P.H. Bougue ed altri, ed è per questo
spesso indicata come «composizione Bogue». Malgrado esistano anche altri metodi di calcolo
si riporta qui solo le formule di Bogue, in cui all’interno delle parentesi devono intendersi le
percentuali in peso di ciascun ossido contenute nel cemento:
C 3S = 4, 07(CaO) 7, 60(SiO2 ) 6,72( Al2O3 ) 1, 43(Fe 2O3 ) 2, 85(SO3 )
C2 S = 2,87(SiO2 ) 0,754(3CaO SiO2 )
C 3 AF = 3,04(Fe 2O3 ) .
Oltre ai composti riportati nella tabella 2.3, esistono composti secondari la cui somma non
supera alcune unità per cento del peso totale del cemento, essi sono: MgO, TiO2, Mn2O3, K2O
e Na2 O. Questi ultimi (K2O e Na2 O), noti come alcali, reagiscono con alcuni tipi di inerti
causando la disgregazione del calcestruzzo ed influiscono sulla velocità di indurimento.
La struttura del cemento, nei suoi componenti, è stata stabilita tramite gli studi effettuati sui
diagrammi di equilibrio dei sistemi ternari (vedere più avanti tabella 2.5) C-A-S e C-A-F, del
sistema quaternario C-C2 S-C5 A3-C4 AF, e di altri sistemi. Sono stati tracciati gli andamenti
della fusione e della cristallizzazione e calcolata la composizione del liquido e del solido in
funzione della temperatura. Oltre ai metodi convenzionali della chimica analitica, la
composizione del clinker può essere determinata tramite esami microscopici e
l’identificazioni delle fasi può avvenire per mezzo di misure dell’indice di rifrazione.
Il C3S (silicato tricalcico), che generalmente è il componente più abbondante, è presente sotto
forma di grani incolori equidimensionali. Per raffreddamento al di sotto di 1250°C si
decompone lentamente, ma se il raffreddamento è abbastanza veloce, esso rimane inalterato e
relativamente stabile a temperatura ambiente.
Il C3A (alluminato tricalcico) forma cristalli rettangolari mentre, allo stato vetroso, dà luogo
ad una fase interstiziale amorfa. Il C4 AF (ferro alluminato tetra calcico) è una soluzione solida
di composizione variabile da C2F (2CaO•Fe2 O3) a C6A2F (6CaO•2Al2O•Fe2 O3). La
denominazione C4 AF è dunque una semplificazione.
Le quantità dei composti principali possono variare entro ampi limiti, quindi diversi tipi di
cemento vengono ottenuti variando in modo opportuno le proporzioni degli ingredienti.
Un’idea della composizione del cemento può essere desunta dalla tabella 2.4, che riporta i
limiti delle concentrazioni degli ossidi nel cemento Portland. La tabella 2.5 riporta, invece, la
composizione in ossidi di un cementi tipico, insieme alla relativa composizione di Bogue.
37
Documento #:
Doc_a2.doc
Ossidi
Contenuto [%]
CaO
60 ÷ 67
SiO2
17 ÷ 25
Al2O3
3÷8
0,5 ÷ 6
Fe2O3
MgO
0,1 ÷ 4
0,2 ÷ 1,3
Alcali
SO3
1÷ 3
Tabella 2.4 – Limiti approssimati di composizione del cemento Portland.
Tipica composizione in ossidi [%]
Corrispondente composizione di Bogue [%]
CaO
10,8
63
C3A
SiO2
C3S
54,1
20
Al2O3
C
16,6
6
2S
Fe2O3
C4AF
9,1
3
MgO
Composti secondari –
1,5
SO3
2
K2 O
1
Na2 O
Altri
1
Perdita al fuoco
2
Residuo insolubile
0,5
Tabella 2.5 – Composizione in ossidi e composti di un tipico cemento Portland.
Due termini utilizzati nella tabella 2.5 richiedono una ulteriore spiegazione. Il residuo
insolubile, cioè la parte non disciolta dopo un trattamento con acido cloridrico, è una misura
dell’adulterazione del cemento, derivante principalmente da impurità contenute nel gesso. La
sua quantità deve essere limitata al massimo all’1,5% del peso del cemento. La perdita al
fuoco misura invece il grado di carbonizzazione e di idratazione della calce libera e
dell’ossido di magnesio libero, dovuti a esposizione del cemento all’aria. La massima perdita
al fuoco (a 1000°C) consentita è del 3% in climi temperati e del 4% in climi tropicali.
Poiché l’idrato di calcio libero è innocuo nel cemento, un’elevata perdita al fuoco a parità di
tenore in calce libera è da ritenersi vantaggiosa.
2.3 Idratazione dei cementi Portland
Il cemento Portland diventa un componente legante per mezzo di reazioni chimiche che
avvengono nella pasta acqua-cemento. Infatti gli alluminati elencati nella tabella 2.3 ed i
silicati, in presenza di acqua, formano prodotti di idratazione che, nel tempo, creano una
massa dura (pasta di cemento indurita). Nella figura 2.9 viene visualizzato il processo di
formazione e di idratazione del cemento Portland.
38
Documento #:
Doc_a2.doc
Composizione in elementi
O2
Si
Ca
Al
Fe
Composizione in ossidi
CaO
SiO2
Al2O3
Fe2O3
Composizione in composti
C3S
C2S
C3A
C4AF
Cementi Portland
Vari tipi di cementi Portland
Prodotti idratati
Gel
Ca(OH)2
Figura 2.9 – Rappresentazione schematica della formazione e dell’idratazione
del cemento Portland.
Le reazioni principali coinvolte in questo processo possono essere di due tipi; una semplice
reazione di addizione di molecole d’acqua (reazione di idratazione), oppure una reazione di
idrolisi. Entrambe comunque vengono indicate con il termine «idratazione».
Come dimostra la stabilità del cemento indurito in presenza di acqua, i prodotti di idratazione
sono praticamente insolubili. Il cemento che ha subito il processo di idratazione rimane
strettamente legato a quella parte dei granuli di cemento che non ha ancora reagito. Per
spiegare il modo in cui avviene questo legame sono state studiate tre possibilità. Non è chiaro
infatti se il nuovo prodotto idrato, formatosi intorno ai granuli, accresca verso l’interno per
reazione con l’acqua che attraversa lo strato stesso, oppure se i silicati disciolti attraversino lo
strato idrato per poi precipitare all’esterno. La terza possibilità è che una soluzione colloidale
inizialmente formata, precipiti in massa allorché vengano raggiunte le condizioni di
saturazione, e che una successiva idratazione proceda nella struttura che si viene a formare.
La velocità di idratazione diminuisce nel tempo, infatti anche dopo lunghi periodi una buona
parte del cemento rimane allo stato non idratato. Ad esempio, dopo 28 giorni di stagionatura
in presenza di acqua, sono stati trovati granuli di cemento idratato per una profondità di 4μm,
e di soli 8μm dopo un anno. È stato calcolato che, in condizioni normali, una completa
idratazione è possibile solo per granuli di cemento di diametro inferiore a 50μm.
I prodotti di idratazione possono essere indicati come silicati di calcio idrati e alluminato
tricalcico idrato. Si ritiene inoltre che il C4 AF formi alluminato tricalcico idrato,
probabilmente contenente Fe2 O3 in soluzione solida, oltre ad una fase amorfa di probabile
costituzione CaO•Fe2O3•nH2 O.
Il progredire dell’idratazione nel cemento può essere messo in evidenza con diversi metodi,
ad esempio misurando:
• la quantità di Ca(OH)2 formato;
• la quantità di calore svolto;
• la densità della pasta;
• la quantità di acqua combinata chimicamente;
• la quantità di cemento non idratato (analisi quantitativa ai raggi X);
• indirettamente, attraverso la misura dell’indurimento della pasta.
2.4 I tipi di cemento Portland
Si riportano nella tabella 2.6 le denominazioni dei tipi di cemento Portland con la
denominazione degli standard A.S.T.M. e nella tabella 2.7 i valori tipici di composizione.
39
Documento #:
Doc_a2.doc
Denominazione
Portland normale
Portland a rapido indurimento
Portland a indurimento ultra rapido
Portland a basso calore di idratazione
Cemento modificato
Portland resistente ai solfati
Cemento d’altoforno
Portland bianco
Cemento pozzolanico
Tabella 2.6 – Principali tipi di cemento Portland.
Cemento
Valore
A.S.T.M.
Tipo I
Tipo III
Tipo IV
Tipo II
Tipo V
Tipo IS
Tipo IP
Composizione [%]
3,8
0,7
2,4
Perdita al
fuoco
2,3
0,6
1,2
21
1,8
0,1
0,6
4,4
1,5
3,0
2,0
0,5
1,0
28
4,6
2,2
3,9
4,2
0,1
1,3
4,8
1,0
2,6
2,7
1,1
1,9
5
3,5
2,6
2,9
0,9
0,0
0,3
4,1
1,0
2,7
1,9
0,6
1,0
16
2,3
0,6
3,9
15
5
49
54
Max.
0,7
0,1
2,4
6
1
24
35
Min.
1,6
0,4
2,7
12
4
36
43
Medio
Tabella 2.7 – Valori tipici di composizione di cementi Portland di diversi tipi.
1,2
0,8
1,0
22
Tipo I
Tipo II
Tipo III
Tipo IV
Tipo V
C3S
C2S
C3A
C3AF
CaSO4
Max.
Min.
Medio
67
42
49
31
8
25
14
5
12
12
6
8
Max.
Min.
Medio
55
37
46
39
19
29
8
4
6
Max.
Min.
Medio
70
34
56
38
0
15
Max.
Min.
Medio
44
21
30
57
34
46
Numero
di campioni
MgO
3,4
2,6
2,9
CaO
libero
1,5
0,0
0,8
16
6
12
3,4
2,1
2,8
17
7
12
10
6
8
7
3
5
18
6
13
Questi cementi sono stati studiati per assicurare una buona durata del calcestruzzo in diverse
condizioni operative. La figura 2.10 mostra la velocità di indurimento di calcestruzzi
fabbricati con cementi di diversi tipi: mentre la velocità varia a seconda del tipo di cemento
utilizzato, la resistenza raggiunge pressappoco lo stesso valore per tutti i tipi verso i 90 giorni,
per poi svilupparsi maggiormente in quelli che mostrano una minore velocità iniziale.
40
Documento #:
Doc_a2.doc
ARTSCAP1ACAP6/56/2.1_56.tif
Figura 2.10 – Sviluppo della resistenza in calcestruzzi contenenti 335 kg/m3 di cemento di differenti
tipi.
Per esempio, il tipo IV ha la resistenza più bassa a sette giorni, ma diventa secondo come
resistenza dopo 5 anni. La caratteristica di avere bassa resistenza iniziale ed alta resistenza
finale si deve al modo di consolidarsi della struttura morfologica dei prodotti di idratazione,
che fa in modo che quanto più lentamente la struttura viene stabilita, tanto più denso è il gel
che si sviluppa, a vantaggio della resistenza.
2.4.1
Cemento normale
Il cemento Portland normale (tipo I) è il più comunemente utilizzato. Esso è adatto alla
costruzione di strutture in calcestruzzo che non vengono a contatto con acque solfatiche.
Secondo la vigente normativa italiana, esso deve avere resistenza a compressione minima (su
malta normale) di 175 kg/cm2 a 7 giorni e 325 kg/cm2 a 28 giorni, mentre le corrispondenti
resistenze a flessione sono di 40 e 60 kg/cm2. Inoltre, la normativa prescrive le concentrazioni
massime di MgO (4%) e di SO3 (3,5%) ed i limiti per la perdita al fuoco (5%) e per il residuo
insolubile (3%), comuni a tutti i cementi Portland. Sempre la normativa stabilisce un «fattore
di saturazione» per la calce rappresentato da:
(CaO) 0,7 (SO3 )
2,8 ( SiO2 ) + 1, 2 ( Al2 O3 ) + 0, 65( Fe2 O3 )
che deve essere compreso tra 0,66 e 1,02 (i simboli tra parentesi devono intendersi come
percentuali in peso dei rispettivi ossidi). Il limite di 1,02 di questo fattore dovrebbe assicurare
che, durante la clinkerizzazione, non rimanga calce libera in equilibrio con il liquido.
I cementi attuali hanno un contenuto più alto in C3S (silicato tricalcico) ed una maggiore
finezza di macinazione, tuttavia non ci sono state grandi variazioni negli anni dell’incremento
di resistenza a compressione tra 28 giorni e 10 anni, incremento che è rimasto costante e
nell’ordine di 20 MN/m2 (figura 2.11).
41
Documento #:
Doc_a2.doc
ARTSCAP1ACAP6/58/2.3_58.tif
Figura 2.11 – Sviluppo della resistenza di alcuni cementi prodotti, misurato su provini standard con
rapporto acqua/cemento pari a 0,53.
2.4.2
Cemento a rapido indurimento
È molto simile al cemento Portland normale, l’unica differenza è un indurimento iniziale più
rapido. La velocità di presa, però, rimane uguale per entrambi i tipi di cemento.
La resistenza a compressione a tre giorni di un Portland a rapido indurimento, è uguale a
quella a sette giorni di un Portland normale. Questa maggiore velocità è dovuta ad un
contenuto più elevato di C3S (silicato tricalcico) e ad una maggiore finezza di macinazione.
Le prove fisiche e chimiche sui cementi a rapido indurimento, sono simili a quelle per il
Portland normale. La normativa italiana definisce un cemento Portland ad alta resistenza ed
un cemento Portland ad alta resistenza e rapido indurimento. Per questi cementi i limiti di
resistenza a 28 giorni (su malta normale) sono rispettivamente 425 e 525 kg/cm2, da
confrontare con i 325 kg/cm2 del Portland normale.
L’uso del cemento a rapido indurimento è indicato in tutti quei casi in cui si richieda, ad
esempio, una rapida rimozione delle casseformi o una sufficiente resistenza per successive
sovra-elevazioni. Dato il maggiore aumento di temperatura che si verifica durante
l’indurimento di questo tipo di cemento, è sconsigliabile l’utilizzo di quest’ultimo per grandi
gettate, mentre, al contrario, è utile per costruzioni in luoghi dove vi siano pericoli di gelate.
2.4.3
Cementi speciali a rapido indurimento
Esistono diversi tipi di cemento speciale a rapido indurimento. Uno di questi è ottenuto per
macinazione del clinker Portland a rapido indurimento con aggiunta di cloruro di calcio in
quantità non superiore al 2%. La caratteristica deliquescente del cloruro di calcio rende
necessario uno stoccaggio in ambiente anidro e l’utilizzo non oltre un mese dalla
preparazione. Esso è adatto a climi freddi o quando è richiesto un indurimento molto rapido.
La sua resistenza a compressione è dopo uno o due giorni, superiore di circa il 25% a quella
del Portland a rapido indurimento, e di circa il 10-20% dopo 7 giorni. Il tempo di presa è
breve anch’esso, tanto che si richiede una rapida messa in opera. La preparazione di questo
tipo di cemento avviene separando la frazione più fine di un cemento Portland a rapido
indurimento in un elutriatore a ciclone. La sua finezza, però, causa una bassa densità
apparente e quindi un deterioramento a contatto con l’aria. Normalmente la resistenza
raggiunta con un normale Portland a rapido indurimento in 3 e 7 giorni, viene raggiunta con
42
Documento #:
Doc_a2.doc
un cemento ultra rapido rispettivamente in 16 e 24 ore. Dopo 28 giorni, però, l’aumento di
resistenza è minimo, come mostra la tabella 2.8.
Resistenza a compressione
con rapporto acqua/cemento:
[tempo]
0,40
0,45
0,50
2
2
[MN/m ]
[MN/m ]
[MN/m2]
8 ore
12
10
7
16 ore
33
26
22
24 ore
39
34
30
28 giorni
59
57
52
1 anno
62
59
57
Tabella 2.8 – Resistenza tipiche di un calcestruzzo 1:3 preparato con cemento ultrarapido.
Il cemento ultrarapido viene usato nei casi in cui è necessaria una precompressione in tempi
brevi o una rapida messa in opera del manufatto.
Un altro tipo di cemento rapido è il cosiddetto cemento a presa regolata (regulated-set
cement). Esso consiste in una mescolanza di cemento Portland e fluoroalluminato di calcio
(C11A7CaF2) con opportuno ritardante. Il tempo di presa può essere regolato dal produttore, tra
uno e 30 minuti. La velocità di indurimento dipende dalla percentuale in fluoroalluminato di
calcio: con il 5% si possono raggiungere 6 MN/m2 (circa 60 kg/cm2) in un’ora (con impasti
contenenti 330 kg/m3), mentre con il 50% si raggiungono 20 MN/m2 (circa 205 kg/cm3) nello
stesso tempo. La resistenza finale è praticamente la stessa raggiunta con il 100% di cemento
Portland.
2.4.4
Cementi a basso calore di idratazione
L’aumento di temperatura in una grande massa di cemento, dovuta al calore di idratazione,
può causare danni alla struttura. Quindi, il cemento utilizzato per lavorazioni con grandi
gettate, crea un calore di idratazione lentamente nel tempo per dare la possibilità alla struttura
di disperderlo e di limitare l’aumento della temperatura.
Cementi con questa caratteristica furono prodotti negli Stati Uniti per la costruzione di grandi
dighe e furono denominati cementi Portland a basso calore di idratazione (tipo IV). La
normativa limita il calore di idratazione a 251 J/g (60 cal/g) a 7 giorni, e 293 J/g ((70 cal/g) a
28 giorni. I limiti per il contenuto di calce sono:
(CaO)
1
2,4 ( SiO2 ) + 1, 2 ( Al2 O3 ) + 0, 65( Fe2 O3 )
e
(CaO)
1, 9 ( SiO2 ) + 1, 2 ( Al2O3 ) + 0,65 ( Fe2 O3 )
1;
pertanto ne risulta una minore quantità dei composti più rapidamente idratabile, cioè il C3S e
il C3A, che causa una minore velocità di indurimento dei cementi a basso calore di
idratazione, rispetto ai normali Portland; mentre la resistenza finale è la stessa. Per avere una
sufficiente velocità di indurimento, la superficie specifica non deve essere inferiore a 320
m2/kg. A volte un lento indurimento può creare dei problemi. Per questo è stato sviluppato il
cosiddetto «cemento modificato» (tipo II), che combina un calore leggermente superiore al
tipo IV, con una velocità di indurimento simile al Portland normale. Questo cemento è anche
indicato in ambienti in cui vi sia pericolo di attacco da parte dei solfati.
2.4.5
Cementi resistenti ai solfati
Nel cemento indurito l’alluminato di calcio può reagire con solfati dell’ambiente esterno,
formando del solfoalluminato di calcio nella pasta di cemento idrata. Ciò causa una graduale
disintegrazione della massa, dovuta all’aumento di volume del 227% della fase solida.
43
Documento #:
Doc_a2.doc
Un’altra reazione è la combinazione dello ione SO42 con il Ca(OH)2 che causa un aumento di
volume del 124%. L’insieme di queste reazioni viene definito «attacco solfatico». I due sali
che sono più attivi in questo tipo di attacco sono il solfato di sodio e di magnesio, i quali
svolgono un’azione molto accentuata specialmente nei luoghi di mare, dove la costruzione
viene alternativamente bagnata ed asciugata con il flusso marino.
Per ovviare a questo problema si usano cementi a basso contenuto di C3A, detti cementi
Portland «resistenti ai solfati».
2.4.6
Cementi d’altoforno
Vengono prodotti macinando clinker Portland con scorie d’altoforno granulate in quantità
variabile fino a 65 ÷ 75%. Le scorie d’altoforno sono un prodotto secondario nella produzione
della ghisa. Sono costituite da calce, silice e allumina. Per quanto riguarda la concentrazione
di questi elementi, la scoria ottimale deve contenere circa il 42% di calce, il 30% di silice, il
19% di allumina, il 5% di ossido di magnesio e l’1% di alcali. Le scorie escono dagli altiforni
allo stato liquido, vengono raffreddate velocemente e solidificano allo stato vetroso. Esse
possono essere utilizzate in vari modi, ad esempio, essere usate insieme a calcare come
materiale grezzo da inviare alla cottura secondo il metodo tradizionale per la produzione del
clinker.
Il meccanismo d’idratazione del cemento d’altoforno non è ben chiaro. I componenti del
cemento Portland contenuti in questo tipo di cemento si idratano in modo normale, mentre
l’idrato di calcio pare agisca da innesco per l’idratazione della scoria. I cementi Portland
d’altoforno hanno le stesse caratteristiche di finezza di macinazione, tempi di presa, stabilità
di volume previste dalla normativa per il cemento Portland normale. La velocità di
indurimento, invece, è di poco inferiore a quella del Portland normale nei primi 28 giorni. Nei
lunghi periodi, invece, le resistenze tendono ad uguagliarsi come mostra la figura 2.12.
ARTSCAP1ACAP6/64/2.4_64.tif
Figura 2.12 – Sviluppo della resistenza di calcestruzzi confezionati con cemento Portland e
d’altoforno e con rapporto acqua/cemento pari a 0,6.
Il calore d’idratazione è inferiore a quello del Portland normale, quindi è un tipo di cemento
adatto per i grandi getti, ma non è consigliato per manufatti in luoghi dove si teme il gelo.
44
Documento #:
Doc_a2.doc
Grazie alla resistenza all’attacco dei solfati, questo tipo di cemento è utilizzato nelle
costruzioni marine.
2.4.7
Cementi soprasolfatati
Questi tipi di cemento si preparano macinando insieme l’80 ÷ 85% di scorie d’altoforno con il
10 ÷ 15% di solfato di calcio (sotto forma di anidrite o di gesso) e circa il 15% di clinker
Portland, fino ad ottenere una finezza di 400 ÷ 500 m2/kg.
Il calore di idratazione dei cementi soprasolfatati è basso: circa 170 ÷ 190 J/g (40 ÷ 45 cal/g)
a 7 giorni e 190 ÷ 210 J/g (45 ÷ 50 cal/g) a 28 giorni. Per questo motivo il suo utilizzo è
indicato per grandi getti, ma sconsigliato in climi freddi.
I manufatti con questo tipo di cemento devono essere tenuti bagnati per almeno 4 giorni dopo
la gettata. Se questa accortezza non viene rispettata, l’asciugamento prematuro provoca la
formazione di uno strato friabile sulla superficie.
Il cemento soprasolfatato si combina con una quantità di acqua maggiore rispetto al Portland
normale, per questo bisogna utilizzare un rapporto acqua/cemento non minore di 0,4. La
tabella 2.9 riporta gli standard relativi alle resistenza tipiche di questo tipo di cementi. Questi
dati si riferiscono alla normativa inglese in quanto la normativa italiana non contempla questo
tipo di cemento.
Resistenza a compressione
prove
prove
[tempo]
su malta vibrata
su calcestruzzo
[MN/m2]
[MN/m2]
1 giorno
7
da 5 a 10
3 giorni
28
da 17 a 28
7 giorni
da 35 a 48
da 28 a 35
28 giorni
da 35 a 66
da 38 a 45
6 mesi
__
52
Tabella 2.9 – Valori tipici della resistenza a compressione per cementi soprasolfatati.
2.4.8
Cementi pozzolanici e pozzolane
Viene detto cemento pozzolanico, il legante che si ottiene per macinazione simultanea o per
miscelazione del cemento Portland con pozzolana, più l’aggiunta del gesso.
La pozzolana è un materiale, naturale o artificiale, contenente silice in forma reattiva. Essa,
finemente macinata ed in ambiente umido, reagisce chimicamente con l’idrossido di calcio a
temperatura ambiente dando luogo a composti leganti.
I materiali pozzolanici più usati sono le ceneri vulcaniche (pozzolana, scisti, farine fossili,
argilla calcinata, cenerino ventilato impalpabile, una delle più usate pozzolane artificiali). La
silice delle pozzolane deve essere amorfa, in quanto la sua forma cristallina ha una reattività
molto bassa.
Normalmente i cementi pozzolanici induriscono più lentamente e con una stagionatura
abbastanza lunga raggiungono resistenze anche superiori a quelle del cemento Portland (si
veda figura 2.13).
45
Documento #:
Doc_a2.doc
ARTSCAP1ACAP6/67/2.5_67.tif
Figura 2.13 – Sviluppo della resistenza di calcestruzzi confezionati con cemento Portland e cenerino
ventilato.
I requisiti richiesti dalla normativa sono gli stessi di quelli del cemento Portland, con
l’aggiunta del «saggio di pozzolanicità», che stabilisce la scomparsa della calce di idrolisi ad
opera della pozzolana, su campioni impastati e stagionati in condizioni standard.
Secondo le norme A.S.T.M. il cemento pozzolanico prende la denominazione IP con una
percentuale di Portland tra il 15 ed il 40% del peso totale.
Grazie alla loro lenta idratazione, questi tipi di cementi possono sostituire nelle grandi opere
il cemento a basso calore di idratazione ed hanno una buona resistenza all’attacco dei solfati.
2.4.9
Cemento bianco
Per ragioni ornamentali, a volte, vengono richiesti calcestruzzi di colore bianco. A questo fine
viene utilizzato il cemento Portland bianco impastato con inerti selezionati.
Esso si ottiene impiegando materiali a basso contenuto di ferro (che dona il caratteristico
colore grigio del cemento normale). A questo scopo, si utilizza caolino insieme a creta o a
calcari privi di impurità. Inoltre, per non inquinare il clinker con impurità derivate dalle
ceneri, il forno di cottura viene alimentato con oli o gas combustibili. Bisogna, inoltre, evitare
la contaminazione durante la macinazione con il ferro; per questo motivo vengono impiegati
mulini ad agata o in lega al nichel o al molibdeno (ciò giustifica il costo più elevato rispetto al
cemento normale).
Un esempio tipico di composizione di cemento bianco viene riportato nella tabella 2.10. Il
basso contenuto di alcali solubili evita la comparsa di macchie sul calcestruzzo in opera. Il
peso specifico è di poco inferiore al normale cemento Portland (3,05 ÷ 3,10). Così come è
inferiore la resistenza a compressione, sebbene rientri sempre nei limiti previsti per i cementi
Portland.
46
Documento #:
Doc_a2.doc
Composti
C3S
C2S
C3A
C4AF
SO3
alcali
Tabella 2.10 – Composizione tipica dei cementi Portland bianchi.
Contenuto [%]
51
26
11
1
2,6
0,25
2.5 Altri cementi Portland
Esistono cementi preparati per usi speciali, fra questi si ricordano:
– il cemento antibatterico, consistente nel cemento Portland normale macinato con agenti
antibatterici. Esso viene utilizzato dove vi è la possibilità di attacchi batterici (pavimenti di
stabilimenti alimentari, piscine, bagni pubblici, ecc.).
– il cemento idrofobo che si deteriora pochissimo anche con un immagazzinamento in
ambienti sfavorevoli. Esso si ottiene macinando il Portland con lo 0,1 ÷ 0,4% di acido oleico
o stearico, o con pentaclorofenolo. Le proprietà idrofobe sono dovute alla formazione di un
film idrorepellente sulla superficie dei granuli; film che si rompe e permette una normale
idratazione al momento dell’impasto con acqua, anche se ciò diminuisce, però, la velocità di
indurimento. L’aspetto di questo cemento è simile a quello del Portland normale, con in più
un caratteristico odore di muffa ed una fluidità maggiore.
Esistono poi diversi tipi di cementi per usi murari o per costruzioni in cui non sia richiesta una
resistenza meccanica o chimica. Un tipico cemento per murature (Masonry cement) viene
ottenuto per macinazione di cemento Portland con calcari ed un agente aerante, o con calce
idrata, scorie granulate od un riempitivo inerte, sempre aggiungendo un agente aerante. Il suo
vantaggio è di dare malte molto plastiche, con un minor ritiro ed una maggiore capacità di
trattenere acqua. Avendo, però una resistenza minore a quella del cemento Portland, non deve
essere usato per la preparazione di calcestruzzi, ma risulta vantaggioso l’uso nelle costruzioni
in mattoni grazie all’aria che trattiene.
La legislazione italiana indica inoltre i cementi per sbarramenti di ritenuta, a basso calore di
idratazione ed ad indurimento lento, e gli agglomerati cementizi costituiti da normali cementi
Portland, ma con requisiti chimici e meccanici inferiori. Le modalità di prova per questi
cementi sono simili a quelle degli altri.
47
Documento #:
Doc_a2.doc
2.6 Cementi naturali
Essi sono ottenuti tramite cottura e macinazione della pietra di cemento, consistente in calcare
e marne contenenti fino al 25% di materiale argilloso. Il cemento così ottenuto è una via di
mezzo tra la calce idraulica ed il cemento Portland. Essendo cotto a bassa temperatura non
contiene C3S e presenta un indurimento lento. Oggi, però, non è molto utilizzato a causa
dell’alto costo.
2.7 Cementi espansivi
Questi tipi di cemento non subiscono ritiri ed addirittura possono subire espansioni durante
l’indurimento. Un primo tipo di cemento espansivo è costituito da cemento Portland macinato
con un agente espansivo ed uno stabilizzante. Il primo si ottiene per cottura di una miscela di
gesso, bauxite e creta calcarea, in modo da formare solfato di calcio. In presenza di acqua
questi elementi reagiscono dando luogo al solfoalluminato di calcio idrato (ettringite). Lo
stabilizzante, costituito da scorie d’altoforno, si combina con la calce libera in eccesso
impedendo l’espansione dopo l’indurimento. Normalmente, per un’espansione ottimale, si
aggiungono da 8 a 20 parti di «clinker solfoalluminato» a 100 parti di clinker Portland e a 15
parti di stabilizzante.
Un altro tipo di cemento espansivo, detto «ad alta energia» è costituito da clinker Portland,
clinker alluminoso e gesso, macinati insieme in rapporti di circa 65:20:15. L’espansione,
come nel primo caso, è data dalla formazione di solfoalluminato di calcio, ed avviene entro
due o tre giorni dalla gettata. Questo tipo di cemento ha una presa rapida ed un altrettanto
rapido indurimento, una resistenza di circa 7 MN/m2 (circa 70 kg/cm2) in 6 ore e 50 MN/m2
(circa 510 kg/cm2) in 28 giorni. Ha inoltre una buona resistenza all’attacco dei solfati.
Un prodotto più recente, detto di «tipo K», è stato studiato in California. È costituito
anch’esso da una miscela di gesso, bauxite e creta calcarea, ma la selezione dei materiali e le
condizioni di clinkerizzazione dell’agente espansivo (temperatura massima 1300°C) fanno si
che si formi solfoalluminato di calcio anidro (C4A3SO3). L’espansione avviene anche in
questo caso per formazione di ettringite, ma la velocità ed il coefficiente di espansione sono
più costanti e danno maggiore affidabilità. Per assicurare un’espansione controllata in diverse
condizioni operative, è importante che, durante l’idratazione, il CaO, il SO3 e l’Al2O3 siano
disponibili per formare ettringite al momento opportuno. L’espansione, infatti, deve avvenire
dopo che l’impasto abbia raggiunto una certa consistenza, ma se continua per periodi troppo
lunghi, porta allo sgretolamento della massa. I fattori di controllo sono la quantità di CaSO4
ed il rapporto solfati/alluminati nell’impasto.
2.8 Cemento alluminoso
Questo tipo di cemento possiede un elevato contenuto di allumina. Esso contiene proporzioni
uguali (circa il 40%) di ossidi di calcio e di alluminio, oltre ad ossidi di ferro e di silice (fino
ad 8%). Le materie prime per la preparazione del cemento alluminoso sono il calcare e la
bauxite. A differenza del cemento Portland, i materiali usati per preparare il cemento
alluminoso sono completamento fusi nel forno. La tabella 2.11 riporta la composizione tipica
dei cementi alluminosi.
Ossido
SiO2
Al2O3
CaO
Fe2O3
FeO
TiO2
MgO
residuo insolubile
Tabella 2.11 – Composizione tipica dei cementi alluminosi.
Contenuto [%]
3÷8
37 ÷ 41
36 ÷ 40
9 ÷ 10
5÷6
1,5 ÷ 2
1
1
48
Documento #:
Doc_a2.doc
I composti più importanti nei cementi alluminosi sono gli alluminati a bassa basicità,
specialmente CA e C5A3. Ci sono poi altri componenti come C6 A4•FeO•S ed il suo isomorfo
C6A4•MgO•S. Il C2S ed il C2AS non superano alcune unità percentuali e sono contemplate tra
i composti secondari. Al contrario del cemento Portland, non vi alcuna traccia di calce libera.
L’idratazione dell’alluminato monocalcico CA, che ha maggiore velocità di indurimento,
provoca la formazione di CAH10, oltre ad una piccola parte di C2AH8 ed a un gel di allumina
(Al2 O3•acqua). Questi idrati, di forma esagonale, si trasformano nel tempo in cristalli cubici di
C3AH6 e in gel di allumina. Il C5A3 si idrata a C2AH8. Il C2S forma CSHx, mentre la calce
liberata per idrolisi, si combina con l’eccesso di allumina.
L’acqua di idratazione è circa il 50% del peso del cemento alluminoso anidro. Da ciò si può
evincere che, legandosi con una maggiore quantità d’acqua del cemento Portland, a parità di
rapporti, la porosità è inferiore e l’impermeabilità maggiore rispetto a quest’ultimo.
Il cemento alluminoso è stato sviluppato per resistere all’attacco solfatico. Questa sua
resistenza è dovuta all’assenza di Ca(OH) nell’impasto idratato ed all’azione protettiva del gel
di allumina, relativamente inerte. Questa resistenza diminuisce per miscele di cemento più
povere di un rapporto 1:8.
Il cemento alluminoso non viene intaccato dalla CO2 disciolta in acqua pura e quindi è adatto
per la costruzione di condutture idrauliche. Non resiste a soluzioni acide con pH inferiore a
3,5 ÷ 4. Verso gli alcali, invece, non ha alcuna resistenza, in quanto si combinano con il gel di
allumina dando luogo ad alluminati solubili.
Una caratteristica importante del cemento alluminoso è la velocità di indurimento. Circa
l’80% della sua resistenza finale viene raggiunta nelle prime 24 ore, e già dopo 6 ÷ 8 ore si
può procedere al disarmo e iniziare la preparazione dei getti sovrastanti. La figura 2.14 mostra
le curva tempo-resistenza di calcestruzzo cilindrici con diversi rapporti acqua/cemento,
stagionati a temperatura ambiente.
ARTSCAP1ACAP6/75/2.7_75.tif
Figura 2.14 – Sviluppo della resistenza di cilindri di calcestruzzo con diversi rapporti acqua/cemento
confezionati con cemento alluminoso, e stagionati a 18°C al 95% di umidità relativa.
49
Documento #:
Doc_a2.doc
Il calcestruzzo preparato con cemento alluminoso e con clinker di cemento alluminoso come
inerte, con rapporto acqua/cemento 0,5, può raggiungere una resistenza di 100 MN/m2 (1020
kg/cm2) in 24 ore e 120 MN/m2 (1225 kg/cm2) in 28 giorni.
Bisogna però notare che la velocità di indurimento, non corrisponde ad una presa altrettanto
veloce. Essa, al contrario, è abbastanza lenta (anche se più breve che nel cemento Portland), 4
÷ 5 ore per l’inizio e 30 minuti dopo si avrà il termine. La figura 2.15 indica l’andamento del
fattore di compattazione in funzione del tempo per una miscela di calcestruzzo (cemento:
sabbia: ghiaia, con rapporti in peso rispettivamente pari a 1:2:4) con rapporto acqua/cemento
di 0,55.
ARTSCAP1ACAP6/77/2.8_77.tif
Figura 2.15 – Dipendenza del fattore di compattazione dal tempo per calcestruzzo confezionato con
cemento alluminoso con rapporto acqua/cemento pari a 0,55.
A parità di dosaggio, il cemento alluminoso produce calcestruzzi più lavorabili rispetto a
quelli prodotti dal cemento Portland. Ciò avviene, probabilmente, grazie alla più bassa area
superficiale totale e al fatto che i granuli hanno superfici più lisce, perché derivanti da
composti completamente fusi durante la clinkerizzazione.
Anche in questo caso, alla velocità di idratazione, si aggiunge un rapido sviluppo di calore. Il
cemento alluminoso sviluppa fino a 38 J/g/ora (circa 9 cal/g/ora). Per questo motivo deve
essere gettato in sezioni sottili e mai un grandi masse. Nel caso del cemento alluminoso lo
sviluppo di troppo calore potrebbe causare seri danni influenzando negativamente il processo
di indurimento. Nella tabella 2.12 si possono osservare a confronto le resistenze ottenute nel
tempo stagionando uno stesso calcestruzzo a due diverse temperature nelle prime 24 ore
(21°C e 38°C) e mantenendolo poi a 21°C. Si può notare una notevole perdita di resistenza
per i campioni induriti a temperatura più alta ed una successiva regressione della resistenza
nel tempo. Per ovviare al problema della perdita di resistenza bisogna tenere bagnato il
calcestruzzo dal termine della presa fino ad almeno 18 ÷ 24 ore, per prevenire l’evaporazione
dell’acqua durante il processo di idratazione. Inoltre, anche un calcestruzzo normalmente
indurito e con ottima resistenza, ma in ambiente umido, può andare incontro alla perdita di
quest’ultima per la semplice azione concomitante dell’aumento della temperatura e
dell’umidità. Questa degradazione è dovuta alla conversione degli idrati di alluminio instabili
con struttura esagonale, (CAH10 e C2AH8), nell’idrato cubico stabile C3AH6, con una reazione
del tipo: 3 CAH10 C3 AH6 + 2 AH3 + 18H.
Eseguendo studi con il microscopio a scansione elettronico si è potuta verificare la
formazione di vuoti in seguito alla conversione; mentre misure di porosità per assorbimento
50
Documento #:
Doc_a2.doc
di mercurio mostrano sia un aumento di porosità totale che di dimensioni medie dei pori. Ciò
spiega la diminuzione di resistenza. Se la conversione avviene lentamente e il calcestruzzo è
stato preparato con un rapporto acqua/cemento abbastanza basso, la formazione di vuoti può
venire compensata dall’idratazione del cemento rimasto anidro senza quindi perdita di
resistenza.
Resistenza a compressione a:
campione
A
Temperatura
nelle prime
24 ore
[°C]
21
38
1 giorno
3 giorni
7 giorni
[MN/m 2] [Kg/cm 2] [MN/m 2] [Kg/cm 2] [MN/m 2]
28 giorni
[Kg/cm 2] [MN/m 2] [Kg/cm 2]
28,1
18,8
286
192
29,6
19,3
302
197
28,9
19,3
294
197
25,2
12,5
256
127
B
21
38
24,2
15,7
247
160
28,1
17,6
286
179
29,5
18,9
301
193
31,4
11,9
320
121
C
21
38
20,3
16,2
207
165
28,3
17,2
289
175
28,9
19,0
295
194
27,8
15,6
283
159
D
21
38
25,6
18,9
261
193
27,9
22,7
284
231
30,6
18,5
312
188
27,8
11,2
283
114
E
21
38
24,3
19,8
248
202
30,3
18,9
309
193
32,4
19,9
330
203
34,4
13,2
350
135
40,3
400
39,2
315
30,9
435
21
42,7
411
22,0
223
21,9
223
21,9
189
38
18,5
224
Tabella 2.12 – influenza della temperatura di stagionatura nelle prime 24 ore sulla resistenza di un
calcestruzzo alluminoso (A/C = 0,53) stagionato successivamente a 21°C.
F
La figura 2.16 mostra l’esempio della variazione di resistenza, per stagionatura in acqua a
diverse temperature di una malta 1:(5 ÷ 6), con rapporto acqua/cemento 0,65. Si nota,
evidentemente, che la perdita di resistenza avviene anche a temperature modeste (25 ÷ 30°C).
nei primi due giorni una temperatura più elevata aumenta la velocità di indurimento, ma
questo beneficio viene annullato, nei giorni successivi, dalla perdita di resistenza causata
dall’aumento della temperatura.
51
Documento #:
Doc_a2.doc
ARTSCAP1ACAP6/79/2.9_79.tif
Figura 2.16 – Resistenza di malta alluminosa stagionata in acqua a differenti temperature, espressa
come percentuale della resistenza della stessa stagionata in acqua a temperatura ambiente.
Indipendentemente dalla velocità con cui avviene la conversione, calcestruzzi di uguale
composizione raggiungono nel tempo una «resistenza residua» tipica, corrispondente alla
resistenza mostrata quando tutto l’alluminato di calcio esagonale si è trasformato nella forma
stabile C3AH6. La perdita di resistenza è tanto più elevata quanto più il rapporto
acqua/cemento è alto: ad esempio, è stato dimostrato che calcestruzzi con rapporto
acqua/cemento 0,29 riducono la resistenza da 91 a 54 MN/m2, mentre calcestruzzi con
rapporto 0,65 hanno una diminuzione da 43 a 5 MN/m2. La Figura 2.17 evidenzia la
resistenza di vari calcestruzzi stagionati per 100 giorni a 18°C e 40°C dopo che la presa era
avvenuta a temperatura ambiente. La Figura 2.18 indica, invece, la relazione esistente tra
resistenza e rapporto acqua/cemento alle stesse temperature.
52
Documento #:
Doc_a2.doc
ARTSCAP1ACAP6/81/2.11_81.tif
Figura 2.17 – Relazione tra le resistenze cubiche di calcestruzzo alluminoso stagionato per 100 giorni
a 40°C e a 18°C dopo una presa avvenuta a 18°C.
ARTSCAP1ACAP6/81/2.12_81.tif
Figura 2.18 – Relazione tra resistenza e rapporto acqua/cemento per calcestruzzo alluminato
stagionato per 100 giorni a 18°C e 40°C.
L’effetto del rapporto acqua/cemento sulla perdita di resistenza può essere associato alla
porosità che viene a crearsi nell’impasto indurito e della conseguente penetrazione di acqua
dall’esterno. Infatti, al diminuire del rapporto acqua/cemento diminuisce la porosità e dunque
la quantità di acqua disponibile all’interno dell’impasto.
53
Documento #:
Doc_a2.doc
Un metodo per prevenire gli effetti dannosi della conversione degli alluminati idrati (metodo
di Budnikow), consiste nell’aggiunta del 25% in peso di gesso o anidrite (CaSO4). In questo
caso gli alluminati CA e C5A3 reagiscono con il gesso per formare C3 A•3CaSO4•H31
(solfoalluminato idrato), ma siccome la reazione avviene prima che la presa sia stata
completata ed il volume della massa si sia stabilizzato, i suoi effetti espansivi non creano
danni. Un cemento di questo tipo indurisce rapidamente e raggiunge alte resistenze,
specialmente per alte temperature. Mostra, inoltre, una buona resistenza ai solfati ed ai
cloruri. Però, l’aggiunta del gesso altera la natura del cemento alluminoso, tanto che possiamo
dire di trovarci di fronte ad un altro tipo di cemento, il cemento «solfo-alluminoso».
2.8.1
Proprietà refrattarie
I calcestruzzi preparati con cemento alluminoso, mostrano un’ottima resistenza alle alte
temperature (vengono utilizzati largamente per costruzioni refrattarie). Questa caratteristica è
dovuta al tipo di legame ceramico ed a quello idraulico, che contribuiscono alla
solidificazione della massa.
Per evitare la conversione per riscaldamento troppo veloce, è opportuno stagionare a umido i
manufatti a temperatura ambiente per 24 ore dopo la gettata.
I calcestruzzi fabbricati con il cemento alluminoso e gli inerti refrattari sono stabili a
temperature dell’ordine dei 1300°C. Per temperature fino a 1600°C servono, invece, degli
inerti speciali, come l’allumina fusa o carborundum. Con uno speciale cemento alluminoso
bianco, preparato con 72% di allumina, 26% di calce e con l’1% di ossidi di ferro e di silice,
si possono ottenere calcestruzzi confezionati con allumina fusa resistenti a 1800°C.
I calcestruzzi refrattari presentano una buona resistenza agli acidi, possono venire gettati in
modo monolitico o con giunti di forma e dimensioni esattamente calcolati.
Per la realizzazione di isolamenti termici con previsioni di temperature di esercizio fino a
950°C, si possono preparare calcestruzzi leggeri mediante l’uso di inerti espansi. Si possono
raggiungere così, densità dell’ordine di 500 ÷ 1000 kg/m3 ed una conducibilità termica di 0,21
÷ 0,29 J m/m2 s°C (0,05 ÷ 0,07 cal m/m2 s°C).
2.8.2
Velocità di presa di miscele di cemento Portland e alluminoso
Si è visto che l’aggiunta di cemento Portland al cemento alluminoso abbrevia il tempo di
presa. Per miscele nell’intervallo del 20 ÷ 80% di ciascun cemento nell’altro la presa è
praticamente immediata. Valori tipici di presa sono indicati nella figura 2.19. Questo
fenomeno è dovuto alla formazione di un idrato del composto C4A, derivato a sua volta dalla
combinazione della calce di idrolisi del cemento Portland con l’alluminato di calcio presente
nel cemento alluminoso. Bisogna però far notare, che la caratteristica della presa immediata
(utile ad esempio per bloccare perdite d’acqua) è contrapposta ad una resistenza finale molto
bassa.
Per questo motivo è importante che, nei normali getti di calcestruzzo, impasti freschi dei due
tipi di cemento non vengano a contatto. Normalmente è opportuno attendere almeno 24 ore
prima di gettare un calcestruzzo Portland su di uno alluminoso, ed almeno 3 ÷ 7 giorni prima
di gettarne uno alluminoso su di uno Portland. È anche opportuno evitare ogni
contaminazione su attrezzi e impianti.
54
Documento #:
Doc_a2.doc
ARTSCAP1ACAP6/84/2.13_84.tif
Figura 2.19 – Tempi di presa di miscele di cemento Portland e alluminoso.
2.9 Additivi
Per apportare ai cementi determinate caratteristiche, e quindi avere calcestruzzi con precise
proprietà, è possibile aggiungere a questi degli additivi che ne modificano le proprietà. Gli
additivi vengono classificati in base agli effetti che essi producono sul calcestruzzo. I
principali additivi utilizzati sono:
– gli additivi acceleranti (tipo C);
– gli additivi ritardanti (tipo B);
– gli additivi riduttori di acqua d’impasto (tipo A).
Altri tipi di additivi, meno comuni, sono quelli aeranti, disaeranti, fungicidi, idrofobi,
espansivi, ecc.
2.9.1
Cloruro di calcio
L’aggiunta di cloruro di calcio (CaCl2) all’impasto aumenta la velocità di indurimento.
Questo additivo viene utilizzato per gettate in climi freddi (2 ÷ 4°C) o per fare riparazioni
urgenti. Nelle prime ore dall’impasto lo sviluppo di calore è maggiore. Il CaCl2 svolge
un’azione catalitica nei confronti dell’idratazione del C2S e del C3S. L’idratazione del C3 A è
leggermente ritardata ed il processo generale d’idratazione rimane inalterato.
Questo additivo può essere aggiunto sia ai cementi Portland normale che a quelli a rapido
indurimento; non deve venire usato però con il cemento alluminoso.
Con il cemento Portland a rapido indurimento, l’aumento di resistenza può raggiungere i
7MN/m2 (71 kg/cm2) dopo il primo giorno, mentre per il Portland normale questo aumento si
verifica dopo 3 ÷ 7 giorni. A 28 giorni il cemento a rapido indurimento non risente più della
presenza del cloruro di calcio, mentre il Portland subisce ancora un aumento di resistenza.
55
Documento #:
Doc_a2.doc
La quantità di CaCl2 aggiunta deve essere attentamente controllata. Normalmente l’aggiunta
dell’1% (sul peso del cemento) aumenta la velocità di indurimento in modo analogo ad un
aumento di temperatura di 6°C. Un eccesso di questo additivo può causare una presa troppo
immediata. La tabella 2.13 mostra gli andamenti tipici di accelerazione della presa. L’uso di
additivi acceleranti invece di cementi a presa rapida presenta il vantaggio di avere una
resistenza finale migliore.
Percentuale in peso di CaCl2
sul peso del cemento
0,1
0,3
0,5
1,0
Tabella 2.13 – influenza del CaCl2 sui tempi di presa.
Accelerazione della presa
[minuti]
25
15
45
85
È importante che il cloruro di calcio sia distribuito uniformemente nella miscela; ciò si ottiene
sciogliendolo nell’acqua dell’impasto. L’uso del cloruro di calcio può avere degli effetti
indesiderati. La resistenza all’attacco solfatico diminuisce, mentre la reattività degli alcali con
gli inerti aumenta; inoltre, il ritiro idraulico durante l’essiccamento aumenta del 10-15%.
Malgrado migliori la resistenza al gelo nei primi giorni, grazie ad un maggiore sviluppo di
calore, nel tempo la resistenza a cicli di gelo e disgelo di calcestruzzi aerati risulta influenzata
negativamente, come mostra la figura 2.20.
ARTSCAP1ACAP6/88/2.15_88.tif
Figura 2.20 – Resistenza al gelo e disgelo di calcestruzzo maturato a 4°C con diversi contenuti di
cloruro di calcio.
Tra gli effetti positivi troviamo, invece, che la resistenza all’abrasione ed all’erosione
sembrano aumentare in modo durevole nel tempo.
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Documento #:
Doc_a2.doc
2.9.2
Ritardanti
Questi additivi vengono utilizzati per avere un ritardo nei tempi di presa, associato,
naturalmente, anche ad un rallentamento della velocità di indurimento.
I ritardanti vengono usati specialmente in paesi con climi caldi, oppure per fini decorativi per
dar tempo agli inerti di essere portati a vista. Fra i ritardanti più comuni troviamo lo zucchero,
alcuni derivati dei carboidrati, sali di zinco solubili, borati solubili, ecc. Come per gli
acceleranti, anche per gli additivi ritardanti bisogna dosare molto attentamente la quantità
utilizzata. Infatti, una quantità eccessiva potrebbe impedire la presa ed il successivo
indurimento. È considerata una quantità di ritardante accettabile lo 0,05% sul peso del
cemento, che causa un ritardo dell’inizio di presa di circa 4 ore.
Per quanto riguarda l’indurimento, la resistenza iniziale viene diminuita dalla presenza di
ritardanti. Tuttavia, dopo circa una settimana si registra un aumento di resistenza che
raggiunge un valore di parecchie unità percentuali rispetto ad un calcestruzzo non ritardato.
Ciò è dovuto, molto probabilmente, alla formazione di un gel più denso.
2.9.3
Riduttori di acqua d’impasto
Secondo lo Standard A.S.T.M. C494-71, gli additivi per la riduzione dell’acqua d’impasto
sono classificati come di «tipo A» se svolgono solo l’azione di riduzione di acqua d’impasto,
se invece a ciò è associata anche un’azione ritardante vengono detti di «tipo D». Infine, se
svolgono l’azione di acceleranti sono denominati di «tipo E». I due più importanti additivi di
«tipo D» sono:
– acidi lignisolfonici o loro sali (tensioattivi noti come «classe I»);
– acidi carbossilici idrossilati o loro sali («classe III»);
– derivati di questi composti noti come «classe II e IV».
L’azione di questi additivi è dovuta alle loro proprietà tensioattive, cioè alla loro capacità di
concentrarsi all’interfase tra due fasi immiscibili tra loro. Le particelle di cemento contenute
nell’impasto fresco sono soggette ad attrazioni reciproche che determinano un certo grado di
flocculazione del sistema. Quando l’additivo viene adsorbito sulla superficie dei granuli di
cemento, le particelle conferiscono loro una carica negativa che causa una repulsione tra i
granuli stessi e quindi una deflocculazione, con l’aumento di dispersione del sistema. Inoltre,
esse favoriscono la formazione attorno alla superficie di uno stato di molecole d’acqua
orientate che impediscono un diretto contatto dei granuli tra di loro. Come risultato le
particelle hanno una mobilità maggiore, mentre l’acqua diventa disponibile per aumentare la
lavorabilità dell’impasto.
La riduzione di acqua di impasto provoca un aumento della resistenza finale del calcestruzzo.
L’aumento della dispersione delle particelle aumenta l’area superficiale disponibile per
l’idratazione, che avviene quindi, più velocemente nella fase iniziale. Per questo motivo,
aumenta anche la resistenza iniziale.
L’influenza di questi additivi sulla resistenza finale varia in funzione della composizione del
cemento ed i maggiori incrementi avvengono con cementi a basso contenuto di alcali o C3A.
La riduzione di acqua di impasto che si può ottenere va dal 5 al 15% (si veda la tabella 2.14).
Specialmente per gli additivi formati dagli acidi lignisolfonici e loro sali l’effetto è dovuto
all’aria contenuta nell’impasto. I fattori che determinano la diminuzione totale dell’acqua
d’impasto dipendono dal contenuto in cemento, dal tipo di inerti utilizzati e dalla presenza di
aeranti o di pozzolane.
La quantità degli additivi normalmente è inferiore a 1,5 ÷ 2% sul peso del cemento e si
richiede, quindi, un’opportuna dispersione nella massa.
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Documento #:
Doc_a2.doc
Additivo:
Agenti aeranti
Riduttore d’acqua d’impasto e
(resina Vinsol neutralizzata)
ritardante
Classe I Classe II Classe III Classe IV
70
70
65
75
75
4,8
4,3
4,5
4,5
4,7
Abbassamento del cono [mm]
Contenuto di aria [%]
Riduzione di acqua rispetto
al calcestruzzo non aerato
8
13
11
13
12
Tabella 2.14 – Riduzione dell’acqua di impasto ottenuta con diversi additivi ritardanti e riduttori
d’acqua.
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