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Agrilo, l`insetto più temuto nei noccioleti piemontesi

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Agrilo, l`insetto più temuto nei noccioleti piemontesi
DAI FRUTTETI PIEMONTESI
Gli interventi per ridurre il potenziale di infestazione
Agrilo, l’insetto più temuto
nei noccioleti piemontesi
N
egli ultimi anni la corilicoltura piemontese si è
trovata a fare i conti con i crescenti attacchi dell’agrilo (Agrilus viridis L.). Si tratta di un buprestide xilofago che scava gallerie nelle pertiche e nelle
branche del nocciolo, provocandone un progressivo
deperimento fino al disseccamento. Le infestazioni si
sono intensificate nelle ultime stagioni, vuoi per una serie di estati siccitose che indeboliscono le piante, vuoi
per l’abbandono dei noccioleti “marginali”, che si trasformano in focolai di infezione. I sintomi sono l’ingial-
limento della chioma nel periodo estivo, il disseccamento delle branche e, nei casi più gravi, la morte della pianta.
Considerata la gravità dei danni e le forti preoccupazioni degli operatori corilicoli, a partire dal 2006 il
Creso in collaborazione con il Settore Entomologia del
Divapra dell’Università di Torino, ha avviato un programma di ricerca su: cause delle recenti infestazioni,
bio-etologia del parassita, metodi di campionamento e
interventi di difesa.
Le cause delle recenti infestazioni
Si può parlare di una concomitanza di cause che
hanno favorito l’intensificarsi degli attacchi dell’agrilo.
Un ruolo preponderante è da attribuirsi ai fattori climatico-ambientali, quali la ripetuta sovrapposizione di annate siccitose con il sovraccarico produttivo. Il fenomeno provoca stress al noccioleto e le piante indebolite
diventano facile preda del parassita. Altro fattore non
trascurabile è l’abbandono dei noccioleti, spesso senescenti e improduttivi, che diventano ambiente ideale
per la proliferazione dell’insetto.
Come riconoscere le piante colpite
5 Fig. 1 - Ingiallimenti su chiome di nocciolo.
Non è difficile individuare piante con attacchi di
agrilo. In estate presentano chiome ingiallite con aspetto sofferente, cui spesso si aggiungono branche deperite che possono disseccare per intero. Tali sintomi sono
generici, non univocamente imputabili alle infestazioni
di agrilo. Ad esempio, gli ingiallimenti si verificano anche in casi di stress idrici o di carenze minerali mentre
il disseccamento delle pertiche è talvolta conseguente
all’infezione fungina di Cytospora corylicola.
Sintomi inconfondibili dell’agrilo sono invece i rigonfiamenti sui rami in corrispondenza delle gallerie
sottocorticali, ad andamento irregolare, scavate dalle
larve. Le gallerie possono essere messe in evidenza,
scortecciando le branche con un coltello da innesto.
Ciclo biologico dell’agrilo
5 Fig. 2 - Rigonfiamenti su rami di nocciolo
in corrispondenza delle gallerie scavate dalle larve di agrilo.
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Gli studi condotti in questi anni hanno permesso di
determinare il ciclo di sviluppo dell’agrilo associandolo all’andamento climatico stagionale.
Adulti. L’agrilo compie una generazione all’anno e
sverna come larva all’interno del legno del nocciolo. Le
femmine e i maschi sono di colore da bronzeo a verdebluastro con riflessi metallici. Sfarfallano in primavera
praticando un tipico foro circolare e appiattito su un lato. Si nutrono in modo occasionale incidendo il lembo
delle foglie, ma ciò non provoca danno. Le indagini finora condotte hanno permesso di conoscere il periodo
d'inizio degli sfarfallamenti, che avvengono a partire
dalla metà-fine maggio, a seconda dell’andamento cli-
Guido Cipriani, Francesco Intrigliolo ed Enzo Perri:
nuovi direttori nei Centri CRA di Frutticoltura, Agrumicoltura e Olivicoltura
Il Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura (CRA) ha compiuto un altro importante passo avanti nella riforma degli ex
IRSA (Istituti per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura). Si tratta di quelli di Frutticoltura a Roma, Agrumicoltura ad Acireale (Ct)
e Olivicoltura ed elaiotecnica (a Cosenza e Pescara) dove sono stati nominati i tre nuovi direttori, rispettivamente Guido Cipriani, Francesco Intrigliolo ed Enzo Perri. La loro presa di servizio avverrà, presumibilmente, entro il primo semestre 2010.
La Rivista di Frutticoltura si ripromette di riportare presto informazioni circa i programmi e le priorità di ricerca che i tre neodirettori intendono sviluppare o consolidare, alla guida dei rispettivi Centri. Data la rilevanza nazionale degli ex-Istituti e il ruolo che dovranno comunque svolgere nel coordinamento delle attività di ricerca e di promozione nella stessa, insieme alle diverse Regioni (per i progetti di valenza nazionale), ci si augura che possano costituire un importante punto di riferimento nei tre importanti settori produttivi dellʼarboricoltura
da frutto, sia al Nord sia al Sud dellʼItalia. La ricerca continuerà a svolgere certamente un ruolo di primo piano, grazie ai loro apporti, nel
futuro dellʼeconomia agricola italiana. Presto sarà completato anche il concorso per il nuovo direttore dell'ex Istituto sperimentale di viticoltura di Conegliano.
Guido Cipriani
Nato a Cividale del Friuli (1961), laureato in Scienze Agrarie presso lʼUniversità di Udine, ha conseguito il Dottorato di ricerca in “Produttività delle piante agrarie”. Ricercatore dal 2010 presso lʼUniversità di Udine, ha svolto unʼimportante esperienza allʼestero presso lʼUniversity of Auckland (NZ), lʼHortResearch di Auckland (NZ) e
una borsa di studio dellʼOrganisation for Economic Co-operation and Development allʼUniversità del Chile a
Santiago. È stato responsabile di unità operativa in progetti nazionali finanziati da Miur e Mipaaf.
È coautore di circa sessanta pubblicazioni scientifiche. Ha tenuto lezioni di Biotecnologie delle piante frutticole e di Arboricoltura da legno presso lʼUniversità di Udine e lezioni di Genetica della vite nellʼambito del
Programma Euromater Vinifera (Emave) che si tiene a Montpellier (Francia). È costitutore, assieme a R. Testolin, della varietà di Actinidia chinensis a polpa gialla Soreli.
Le aree di ricerca di Guido Cipriani sono quelle della genetica e del miglioramento varietale delle piante da
frutto: “breeding” convenzionale in Actinidia allo scopo di ottenere varietà a frutto di diverso colore e con
epoca di maturazione estesa; maschi con epoca di fioritura sovrapposta rispetto alle cv femminili, specificamente in A. chinensis; miglioramento genetico per le resistenze a peronospora e oidio in vite; miglioramento genetico per le resistenze in melo; studio della dioicia in Actinidia; sviluppo di marcatori molecolari, in particolar modo microsatelliti, in Actinidia, vite, fragola, pesco, olivo, albicocco, mandorlo, castagno; mappe di associazione in Actinidia, vite
e fragola; studio della filogenesi in Actinidia e vite.
Francesco Intrigliolo
Laureato in Scienze Agrarie allʼUniversità di Catania, nel triennio ʻ73 - 1975 è stato per qualche anno borsista
e contrattista presso lʼIstituto di Coltivazioni Arboree dellʼUniversità di Catania. Dal 1978 è stato ricercatore e
direttore della Sezione operativa centrale di Tecniche colturali dellʼIstituto Sperimentale per lʼAgrumicoltura di
Acireale (dal 2007 Centro di Ricerca per lʼAgrumicoltura e le Colture Mediterranee - CRA-ACM).
Attualmente è dirigente di ricerca e direttore incaricato. È stato coordinatore nazionale di vari progetti finalizzati del Mipaaf, fra cui ricerche e sperimentazioni nel settore dellʼagrumicoltura italiana, liste di orientamento varietale degli agrumi, innovazioni per il raggiungimento della qualità globale in agrumicoltura, ricerche avanzate
multidisciplinari per lʼottenimento dʼinnovazioni di prodotto e di processo. Ha pubblicato circa 200 lavori scientifici. Ha incentrato la propria attività di ricerca prevalentemente verso le tematiche afferenti alle tecniche colturali degli agrumeti (fertilizzazione, gestione suolo e risorse idriche). Ha studiato lʼefficienza della concimazione
azotata, valutato lʼuso di concimi organici, di biomasse di recupero da sottoprodotti in agricoltura biologica, facendo uso di un sistema esperto per la fertilizzazione. Gli studi hanno riguardato lʼindividuazione dei sistemi
dʼirrigazione più adatti, la corretta programmazione dei volumi irrigui e le effettive esigenze idriche degli agru
mi. Ha condotto ricerche riguardanti sia la potatura manuale, sia le forme più o meno integrali di meccanizzazione, analizzando tra lʼaltro le risposte agronomiche e fisiologiche delle piante.
Enzo Perri
Laureato in Chimica presso lʼUniversità della Calabria (1986), dal 1989 è ricercatore allʼIstituto Sperimentale per lʼOlivicoltura di Cosenza e dal 2004 al 2007 direttore incaricato. Dal 2006 è Dirigente di ricerca del
CRA e dal 2007 direttore incaricato del Centro di ricerca per lʼOlivicoltura e lʼIndustria Olearia con sedi scientifiche a Rende (Cosenza) e a Città S. Angelo (Pe) e sede distaccata a Spoleto (Pg).
Coordinatore scientifico di progetti nazionali quali Opero (Reflui industria olearia, 2009), Riom (Ricerca e
innovazione per lʼolivicoltura meridionale, 2005/07 e 2008/10), Olbio (Sviluppo di sistemi di produzione di
olivo da agricoltura biologica, 2004/07), Progetto Mipaaf Agricoltura Biologica (2004/07), ha partecipato
attivamente anche a progetti interregionali e regionali: Olviva (Qualificazione del vivaismo olivicolo), Olibios (Caratterizzazione degli oli di oliva da agricoltura biologica siciliana), Strategie innovative per lʼaccertamento dellʼidentità genetica e della qualità di produzioni tipiche dellʼItalia meridionale, Definizione e
studio di aree vocate alla produzione di olio di oliva di qualità in funzione della sostenibilità della risorsa.
Ha svolto attività di docente a contratto presso varie Università, fra cui Catanzaro (dal 2004 al 2010) per corsi di Chimica degli alimenti, Tossicologia, Bromatologia degli alimenti zootecnici, e Master di II livello in Economia di sviluppo sostenibile e in Tecnologie produttive ed impatto ambientale. Si è distinto anche come organizzatore di convegni nazionali ed internazionali, fra cui “Mac-Oils mapping and comparing oils” (Rende, 2007) e “Ricerca ed innovazione per la filiera olivicolo-olearia dei Paesi del Mediterraneo” (Bari, 2007). È autore di più di 150 lavori scientifici a stampa.
S. S.
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5 Fig. 3 - Adulto di agrilo.
matico nel periodo e le prime ovideposizioni delle femmine che cominciano a partire dalla metà di giugno,
cioè un mese dopo i primi sfarfallamenti.
Ovature. Le uova sono unite in ovature (normalmente in ammassi di 6-12 elementi ciascuna) coperte
da un secreto (biancastro o rossastro) che le protegge e
le fissa saldamente alla corteccia. Si è potuto notare come le uova siano di preferenza deposte nella parte delle pertiche compresa tra 1 e 2 m dal livello del terreno,
principalmente sul lato esposto al sole. Le femmine depongono normalmente 30-40 uova ciascuna e l’incubazione dura 10-12 giorni prima che le larve penetrino
all’interno del legno.
Larve. Sono xilofaghe, cioè si nutrono dei tessuti legnosi. Una volta fuoriuscite dall’uovo, penetrano direttamente all’interno del legno scavando gallerie serpentine sia verso l’alto sia verso il basso. Lo sviluppo larvale si completa entro l’autunno e la larva, matura, si porta sottocorteccia dove rimane a svernare fino alla primavera successiva in cui sfarfallerà l’adulto.
Diffusione del parassita
Grazie alla collaborazione con i tecnici dei servizi
di consulenza alle aziende corilicole, è stato possibile
individuare l’areale di maggior diffusione dell’agrilo,
ottenendo informazioni anche sull’entità degli attacchi.
Le infestazioni più gravi sono concentrate nell’Alta Langa (Bossolasco, Castino, Cravanzana, Cortemilia, Torre
Bormida) e nel Carrucese (Carrù, Piozzo) mentre quelle
meno gravi sono raggruppate nella Bassa Langa (Barbaresco, Alba) e diventano sporadiche nell’Astigiano e
nell’Alessandrino. In particolare la maggior concentrazione degli attacchi nell’Alta Langa potrebbe essere
collegata al fatto che in queste aree il nocciolo sia diventato quasi una monocoltura; l’agrilo può trovarvi un
bacino di sviluppo e di alimentazione che gli garantisce
una buona sopravvivenza.
Monitoraggio del picco degli adulti
5 Fig. 4 - Fori di sfarfallamento degli adulti di agrilo.
Per monitorare gli sfarfallamenti degli adulti in campo, lo scuotimento meccanico delle pertiche di nocciolo
(frappage) è risultato il più efficace. Rispetto all’impiego
delle trappole cromotattiche gialle, utilizzate i primi anni
d'indagine e collocate sulle piante di nocciolo ad 1,5 m
dal suolo, questa tecnica ha il vantaggio di catturare
esclusivamente adulti della specie Agrilus viridis che è
quella dannosa su nocciolo. Si scuotono almeno 8 semichiome su due file (4 piante in tutto) per appezzamento. I
campionamenti si eseguono tra maggio e luglio, a cadenze regolari, nelle prime ore del mattino (tra le 5 e le 6). Si
procede stendendo un telo in plastica nell’interfila sotto la
chioma del nocciolo. Poi si scuotono le pertiche del cespuglio, in modo da far cadere gli insetti sul telo. La tecnica permette di individuare il momento di massima presenza di adulti in campo. I campionamenti sono fatti dai
tecnici di base e – per alcune zone – da corilicoltori di
buona volontà. I dati sono comunicati al Creso, che provvede all’elaborazione e a diramare i bollettini di difesa.
Come difendersi
5 Fig. 5 - Ovature di agrilo.
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La scalarità degli sfarfallamenti e la lunga presenza
in campo dell’insetto hanno finora reso difficile impostare programmi di difesa. Nel corso della sperimenta-
5 Fig. 6 - Gallerie scavate dalle larve di agrilo.
zione svolta nell’ultimo triennio sono stati ottenuti primi incoraggianti risultati con l’impiego di alcuni insetticidi (lambda cialotrina e spinosad) distribuiti con un
unico intervento posizionato nel momento di massima
presenza in campo del coleottero. Di qui l’importanza
del monitoraggio e delle tempestive segnalazioni del
Creso, direttamente o attraverso i tecnici di base.
In attesa degli sviluppi delle ricerche in corso, alla
difesa “diretta” devono essere affiancati interventi per
ridurre il potenziale di infestazione. Il metodo più efficace consiste nell’individuazione, durante i mesi estivi,
dei rami infestati dalle ovature e larve e nella successiva potatura eseguendo tagli consistenti per seguire le
gallerie sottocorticali scavate dalle larve.
Importantissimo. Il legno potato dovrà essere distrutto (trinciato o bruciato) e non accatastato al bordo del campo. La trinciatura o la bruciatura consentono di eliminare eventuali larve svernanti presenti
all’interno delle pertiche e di conseguenza favoriscono la riduzione degli sfarfallamenti primaverili degli
adulti.
Tra le prospettive della difesa, si segnala che è stata
individuata la presenza di un limitatore naturale, il parassitoide oofago, Oobius zahaikevitshi, la cui attività
di parassitizzazione, dal 2007 anno in cui è stato scoperto, è cresciuta costantemente con percentuali del
18% nel 2007, del 34% nel 2008 e del 41,57% nel
2009. L’incremento dell’attività di parassitizzazione
rappresenta un importante tassello nella strategia di difesa dall’agrilo.
Maria Corte
CReSO - Consorzio di Ricerca e Sperimentazione
per l’Ortofrutticoltura piemontese
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