il gioco e il giocattolo nella didattica della scuola di base
by user
Comments
Transcript
il gioco e il giocattolo nella didattica della scuola di base
Dispensa del laboratorio “Il gioco e il giocattolo nella didattica della scuola di base”. Dott.ssa Elena Musci Università degli Studi della Basilicata Dispensa di IL GIOCO E IL GIOCATTOLO NELLA DIDATTICA DELLA SCUOLA DI BASE Dott.ssa Elena Musci [email protected] • I Testi di approfondimento • Alcuni giochi realizzati durante il laboratorio • Una bibliografia 1 Dispensa del laboratorio “Il gioco e il giocattolo nella didattica della scuola di base”. Dott.ssa Elena Musci IL GIOCO E LA SCUOLA. DEFINIZIONI E RIFLESSIONI. IL DEBRIEFING. Di Elena Musci, In INSEGNARE STORIA. Guida alla didattica del laboratorio storico, a cura di P. Bernardi, UTET Università, Torino 2006: - Il laboratorio con i giochi didattici , pp. 226-239. - . Il gioco e sue definizioni Descrivere il gioco è compito arduo. Secondo alcuni è arduo quanto descrivere l’amore o la libertà. Molti sono gli studiosi che si sono cimentati in questa impresa, ed è possibile trovare classificazioni e categorizzazioni sul gioco che, per esempio, prendono in considerazione come variabili entro cui “ingabbiarlo” la Simulazione, il Game (gioco come insieme di regole) e il Ruolo 1, oppure le componenti di Agon (competizione), Alea (fortuna), Mimicry (simulacro) e Ilynx (vertigine) in ballo tra Paidia (fantasia incontrollata, improvvisazione) e Ludus (tendenza a superare gli ostacoli)2. Per chi volesse approfondire questi aspetti, rimandiamo ai testi indicati nella bibliografia ragionata. Quello che a noi interessa in questa sede è riconoscere gli elementi peculiari del gioco che ci possono servire per ragionare sul suo inserimento nella realtà scolastica e nel contesto disciplinare delle scienze sociali. Quali sono dunque queste caratteristiche, quelle che ci permettono di dire che un’attività è un gioco? Quali sono gli elementi che la rendono tale senza alcun dubbio? Il fatto che ci siano delle regole da rispettare, che i giocatori competano per la vittoria3 e che questa vittoria sia interna alla logica del gioco stesso: si vince seguendo non le regole di tutti i giorni, ma quelle proprie del mondo in cui il gioco ci inserisce. Ancora, il fatto che queste attività si svolgono in un tempo limitato e distinto dalla vita comune (qualcuno ha parlato a questo proposito di “mondo simulato”). Ed infine, ma non da ultimo, un gioco è qualcosa di piacevole! Le attività ludiche possono avere altre caratteristiche, ma solo la contemporanea presenza di queste ci permette di dire che quello a cui stiamo pensando è un gioco. Come ci suggerisce Arnaldo Cecchini, esistono attività piacevoli ma senza regole, o con regole ma non per vincere (come i passatempo), o che si svolgono nel mondo reale (basti pensare alla seduzione), ma esse per un verso o per l’altro non sono “giochi”, il che sia ben chiaro, non le diminuisce (né le accresce), le caratterizza soltanto4. Un ulteriore contributo in questa ricerca di sistematizzazione ci è data da Roger Caillois5, che riconosce il gioco come un'attività: - LIBERA E VOLONTARIA: a cui il giocatore non può essere obbligato senza che il gioco perda subito la sua natura di divertimento attraente e gioioso. Esso esiste solo se i giocatori hanno voglia di giocare e lo fanno, e se hanno la possibilità di smettere quando lo desiderano; 1 Cecchini, A. Il gioco tra game e play. In Cecchini, A.; Montanari, P. I mondi del nuovo millennio. edizioni la meridiana, Molfetta 1993. Pagg. 21-22. 2 Caillois, R. (1967). I giochi e gli uomini. La maschera e la vertigine. Bompiani, Milano 1981. Pag. 55. 3 Secondo alcuni studi, fra cui Giuliano L., I padroni della menzogna, Meltemi, Roma 1997, esistono però dei giochi, come quelli di ruolo, in cui il carattere agonistico è assente, in cui «la competizione […] non è fine a sé stessa, ma è una guida per la narrazione». A questo proposito si dovrebbe discutere sul “preciso” significato della parola vittoria. Il nostro invito è a prendere queste questioni non come un vincolo classificatorio, ma come uno spunto per la problematizzazione. 4 Cecchini, A. (1993), Il gioco tra game e play. In Cecchini, A.; Montanari, P. I mondi … op. cit., Molfetta 1993. Pag. 10. 5 Caillois, R. (1967). I giochi e gli uomini. La maschera e la vertigine. Bompiani, Milano 1981. Pagg. 19-26. 2 Dispensa del laboratorio “Il gioco e il giocattolo nella didattica della scuola di base”. Dott.ssa Elena Musci - SEPARATA: circoscritta, con chiari limiti nel tempo e nello spazio; - INCERTA: il cui svolgimento non può essere noto preliminarmente, così come il risultato. Il gioco consiste nella necessità di trovare o inventare una mossa che, pur mantenendosi all’interno delle regole, sia libera; - IMPRODUTTIVA: che non crea nessun elemento nuovo nel senso di beni e ricchezze. Ad eccezione di uno spostamento di proprietà all'interno della cerchia dei giocatori, essa riporta a una situazione identica a quella dell'inizio della partita6. - REGOLATA: sottoposta a convenzioni che sospendono le leggi ordinarie 7 e instaurano momentaneamente una legislazione nuova (precisa, arbitraria e irrevocabile) che è la sola a contare8; - FITTIZIA: accompagnata dalla consapevolezza che essa fa entrare in un mondo virtuale, diverso dalla vita di tutti i giorni. Ci sembra che la seguente formula riassuma efficacemente quanto detto fino ad ora: «il gioco è un’attività piacevole che ha fine in se stessa, che è sottoposta a regole ma è scelta liberamente, si svolge in un mondo simulato ed ha come obiettivo la vittoria»9. Ma allora… se si definisce gioco un’attività scelta liberamente, è possibile per un insegnante “costringere” gli alunni a giocare? Ancora, se si definisce gioco un’attività che ha fine in se stessa, è possibile per un insegnante far giocare gli alunni con la consapevolezza che il gioco è loro proposto affinché imparino qualcosa? È possibile cioè proporre un gioco il cui fine è altro rispetto alla vittoria e quindi al gioco stesso? Un gioco può essere didattico? Ovvero, ha senso far giocare i propri studenti? A scuola vengono inserite attività ludiche di diverso genere. Se pensiamo alla scuola dell’infanzia e a quella elementare dovremo riconoscere che il gioco è spesso presente, soprattutto grazie all’idea che esso sia nella natura stessa del bambino e che i primi apprendimenti avvengano in forma ludica: il gioco, facendo parte della sfera culturale dell’infanzia e dell’adolescenza è vissuto in modo spontaneo e naturale come fattore inevitabile di comunicazione e di motivazione, che stimola l’interazione e la scoperta di nuove qualità negli altri10. Durante queste attività i bambini acquisiscono abilità legate alla capacità di relazionarsi con gli altri, al rispetto delle regole, allo sviluppo della concentrazione, al pensiero progettuale (per vincere, devo agire in un modo piuttosto che in un altro) e gli insegnanti lo sanno bene. Ma spesso questo tipo di gioco è lasciato ai momenti di intervallo, come fosse uno svago necessario e al contempo utile, fra una lezione e l’altra. Alcuni insegnanti, invece, utilizzano attività ludiche per l’accoglienza, per stimolare la capacità di lavorare in gruppo, o per l’orientamento valorizzando in modo consapevole quelle proprietà che rendono un gioco “utile” in senso educativo per il semplice fatto di essere giocato11. 6 Anche nei casi dei giochi d’azzardo, la somma delle vincite non può che essere uguale a quella delle perdite degli altri giocatori e spesso, anzi, le è inferiore a causa di spese come quelle di gestione o come le tasse. 7 Per giochi come quello con le bambole o del “fare il treno o il cavallo”, Caillois afferma che il “sentimento del come se” che li caratterizza ne costituisce la regola assolvendone la stessa funzione. 8 Insopportabile in un gioco non è infatti il baro, che aggira le regole fingendo di rispettarle, ma il guastafeste, colui che si rifiuta di giocare e/o che denuncia l’assurdità delle regole. 9 Cecchini, A. Il gioco tra game e play. In Cecchini, A.; Montanari, P. I mondi … op. cit. Pag. 10. 10 Cecchini, A., Lupoli, M. G., Musci, E. Un laboratorio per giocare. Arti Grafiche Edoardo Liantonio, Matera 2001. pag. 13. 11 Sembra avvicinarsi a questa posizione Frabboni, F., Pinto Minerva, F. Introduzione alla pedagogia generale. Laterza, Roma-Bari 2003. Pagg. 250-252, in cui, senza entrare nel merito delle didattiche disciplinari o di specifiche definizioni e tipologie di gioco, si auspica che la scuola elevi "il gioco a cultura", riponendovi così una enfasi eccessiva sottolineata da espressioni come "medicina pedagogica vincente", "potente controveleno educativo", "presenza propulsiva a tutto 3 Dispensa del laboratorio “Il gioco e il giocattolo nella didattica della scuola di base”. Dott.ssa Elena Musci In altri casi l’insegnante propone un “gioco” per stimolare gli apprendimenti, per far vivere in modo ludico un esercizio altrimenti pesante. Siamo di fronte ad una pratica che Visalberghi definisce ludiforme12. Egli afferma che il ludiforme caratterizza quelle attività giocose che hanno carattere ludico, allegro, ma che non hanno fine in sé stesse. Le attività ludiformi, dunque, sono assimilabili ai giochi didattici perché il fine che si persegue non è interno a ciò che si fa, non si conclude con il gioco, ma rimane esterno al giocare e, normalmente, esso è predeterminato dall’adulto13. In questo senso il gioco diviene lavoro vestito di ludicità, un supporto per sedurre l’allievo. La posizione assunta nel presente saggio è differente: nell’insegnamento della storia non è importante inserire il gioco come strumento ingannatore. La proposta qui presentata non verte su esercizi “vestiti di ludicità”, ma sull’inserimento di giochi veri e propri, creati appositamente per il contesto formativo o per esso riadattati ad hoc. Questo perché il gioco consente di stimolare abilità in storia che altrimenti sarebbe molto difficile attivare e consente a livello immediato di acquisire conoscenze storiche altrimenti difficili da raggiungere. Il problema però resta: cosa accade quando in classe presentiamo un gioco disciplinare, quando l’insegnante vuole che attraverso un gioco gli alunni imparino come viveva un cavaliere medioevale o quali merci circolavano nel Mediterraneo del Trecento? Gli insegnanti che si sono cimentati in questa impresa, sanno bene che gli studenti sono abili a scovare “l’esercizio mascherato da gioco” e che non basta dire “adesso facciamo un gioco!” per ottenere l’entusiasmo generale, soprattutto se le esperienze precedenti non sono state onestamente ludiche (ovvero gratuite, libere, ecc…). È innegabile che il gioco didattico, pensato per un uso scolastico, perde parte di quella gratuità e libertà di scelta che caratterizza l’attività ludica extrascolastica, in quanto proposto dal docente e non liberamente scelto. Tuttavia esso conserva, se ben gestito, tutte le caratteristiche che lo rendono gradevole ai ragazzi e agli adulti. Bisogna evitare però che il gioco utilizzato a scuola venga appesantito da esercitazioni “classiche” che lo risucchino nella tipica rigidità del sistema scolastico. Deve rappresentare un momento a sé stante, un’occasione per suscitare interesse, per aprire nuove porte mentali, per riflettere sulle proprie esperienze, e soprattutto per divertirsi14. Come sottolinea Cecchini, «un gioco usato per educare deve essere un vero gioco e il suo primo obiettivo è creare un mondo, un ambiente, un comportamento, sviluppando il gusto per il piacere e, con esso e in esso, la curiosità, l’audacia, la combattività, la cooperazione, la determinazione lasciando anche tuttavia apparire la crudeltà. L’educazione viene veicolata dal gioco in modo inconsapevole ma efficace, per gioco appunto. Il che non implica senza fatica: giocando si suda, ci si sforza, si accetta lo stress; ma è una fatica scelta liberamente. Noia, ripetitività, fatica, tenacia nel gioco non sono oppressive, autoritarie, eterne. Imparare il gioco e giocare può surrettiziamente veicolare oltre che competenze anche nozioni e conoscenze. Sta al progettista di giochi riuscire a farlo all’interno di un bel gioco, di un vero gioco»15. E sta, inoltre e soprattutto, al conduttore (master) riuscire a far emergere, in uno spazio di tempo successivo, le nozioni e le conoscenze presenti nel puro spazio di gioco. La nostra posizione, infatti, campo, ecologica", ecc. Sul gioco per l’accoglienza, l’orientamento e il lavoro di gruppo, si veda Cecchini, A., Lupoli, M. G., Musci, E. Un laboratorio … op. cit., in particolare la seconda parte. 12 Cfr Visalberghi, A. Esperienza e valutazione. Taylor, Torino 1958. 13 Staccioli, G. Il gioco e il giocare. Carocci, Roma 1998. Pag. 16 14 Caporusso, M., Impellizzeri, F., Musci, E. E’ in gioco la storia…. In Guaragno, G., Guerzoni, M., Roda, M. (a cura di), Labirinto. Edizioni la meridiana, Molfetta 2000. Pag. 9. 15 Cecchini, A. Chi ha paura dei videogiochi?. In Tantucci, A. P., Cecinelli, E. Europa Ludens. Edizioni la meridiana, Molfetta 2000. Pag. 37. 4 Dispensa del laboratorio “Il gioco e il giocattolo nella didattica della scuola di base”. Dott.ssa Elena Musci è che si debba proporre a scuola un gioco educativo, nel senso di «un gioco-giocato più una disamina (debriefing) della partita»16. Il debriefing La parola debriefing, mutuata dal mondo militare, è ormai di uso comune fra gli esperti di didattica ludica. Essa indica il “dopogioco”, la ristrutturazione cognitiva dell’agito ludico17, la sua analisi scientifica. Il debriefing è quel momento del gioco educativo in cui gli studenti si fermano a riflettere e portano alla luce quanto attivato nella fase ludica. È ormai chiaro che non stiamo parlando di un’appendice del gioco, ma di un momento essenziale che richiede il giusto tempo e la giusta concentrazione. Durante l’attività ludica vera e propria ogni giocatore "mette in gioco" la propria dimensione affettiva, cognitiva e del desiderio, sia a livello personale che, in certi casi, anche del gruppo. Nella fase di rielaborazione è essenziale che i giocatori compiano un processo di negoziazione di significati18 in cui socializzino quanto vissuto. Essenziale è l’analisi di ciò che è accaduto: il gioco ci permette di inserire il modello proposto nel campo dell’esperienza, sia che si tratti dell’avventura di fondare una colonia nella Magna Grecia, sia che si tratti di fare gli interessi di una multinazionale nel mondo globalizzato. Questa ricchezza non può essere perduta o lasciata al caso, ma va fatta sedimentare attraverso un percorso di consapevolizzazione collettivo. «Il processo di debriefing può essere quindi definito come quella riflessione a voce alta che il gruppo al termine dell’attività fa per “metacomunicare” sui punti di forza e sui punti deboli del lavoro svolto assieme e che i singoli giocatori compiono riflettendo sui contributi personali o gli errori individuali commessi nel lavoro di gruppo»19. In questo momento, infatti, l’errore assume un significato non penalizzante: se già durante il gioco esso era stato vissuto come momento da cui ripartire e ripensare le proprie strategie senza essere per questo esclusi dalla competizione, adesso diviene spunto di riflessione. Le domande sugli “errori” commessi consentono di ripercorre le dinamiche di gioco, di compiere analogie immediate con l’argomento storico affrontato e capire perché una strategia non si è rivelata vincente. Perché, per esempio, un viaggio compiuto da Corinto verso le sponde della Magna Grecia nel 710 a. C. è molto rischioso se viene fatto navigando per mare aperto e non con una rotta di cabotaggio. Il ruolo del docente nel debriefing Realizzare un buon debriefing significa uscire con una certa consapevolezza dal micromondo in cui il gioco ci ha catapultato: il master deve condurre il gruppo con sapienza in questo percorso, rispettando il desiderio dei giocatori di raccontare la propria esperienza e nello stesso tempo dando a questa esperienza la sua contestualizzazione storica di riferimento. Se è il docente a rivestire il ruolo del master, egli deve prestare particolare attenzione: nel debriefing può avere una funzione che è simile a quella abituale, ma che non coincide con essa. Gli studenti non devono sentirsi sotto esame, altrimenti verrebbe vanificato lo spirito del gioco. Né, d’altro canto, questo momento deve coincidere con una lezione cattedratica in cui l’insegnante rende partecipi gli studenti di quello che avrebbero dovuto apprendere nella fase ludica. Egli deve 16 Cecchini, A. Ancora Homo Ludens, in Cecchini, A. et al, I giochi di simulazione nelle scuola. Zanichelli, Bologna 1987. Pag. 24. 17 Le riflessioni in Italia sul debriefing partono inevitabilmente dai testi presenti in Marcato, P., Del Guasta, C., Bernacchia, M. Gioco e dopogioco. Edizioni la meridiana, Molfetta 1995. 18 Per l'idea di educazione come processo sociale di negoziazione di significati si veda l'opera di L.S. Vygotsky. Cfr. Bruner J. (1986), La mente a più dimensioni. Laterza, Roma-Bari 2003. 19 Musci, E., Il debriefing. In Cecchini, A., Lupoli, M. G., Musci, E. Un laboratorio … op. cit. Pag. 33. 5 Dispensa del laboratorio “Il gioco e il giocattolo nella didattica della scuola di base”. Dott.ssa Elena Musci essere piuttosto un facilitatore, colui che stimola il dialogo, la circolazione di idee e la riflessione sulle stesse. Per quel che riguarda i concetti storici egli dovrà guidare i ragazzi alla loro negoziazione, comprensione e condivisione, soprattutto qualora il gioco li contenesse in modo implicito. Questo è forse il momento più difficile per un docente se ha deciso di condurre il gioco nella propria classe: deve fare attenzione a non cedere alle dinamiche di tutti i giorni. Ha davanti a sé un’ottima occasione per scoprire aspetti diversi dei propri alunni, anche di quelli che solitamente partecipano di meno alle lezioni. Deve cercare di ascoltare tutti e di dare a ciascuno il tempo necessario per riflettere ed esprimersi. È importante non dare la parola sempre agli stessi e assumere un reale atteggiamento incoraggiante nei confronti di chi solitamente è in disparte o si esprime con difficoltà. Le fasi del debriefing Al momento del debriefing i giocatori devono poter percepire che il gioco è terminato: far riporre il materiale sui banchi e disporre le sedie in circolo aiuta in questa operazione. Per uscire a pieno dal momento ludico, il master deve tenere ben presente le fasi del debriefing20: Fase 1: la descrizione: il master invita ciascuno ad esprimersi senza il timore di essere giudicato. È importante che si stabilisca un clima di rispetto e che le impressioni siano condivise in un racconto collettivo. Fase 2: l’analogia – analisi: il master e la classe esaminano in modo puntuale il modello del gioco e il significato storico di alcuni elementi ludici. Si individuano i possibili parallelismi con il mondo reale. Se il gioco prevede un trucco (se per esempio alcuni gruppi vengono avvantaggiati a discapito di altri), è questo il momento di dichiararlo per esaminarne insieme i motivi. Fase 3: l’applicazione: i partecipanti si interrogano sugli apprendimenti: quali scoperte rilevanti sono state fatte? Possono queste essere utili per lo studio di altri argomenti o per ulteriori ricerche? «Attraverso il racconto del gioco i ragazzi stanno già affrontando i contenuti e i concetti di storia che volevamo far loro conoscere attraverso la pratica diretta del gioco. Sarà interessante per i ragazzi scoprire quanto hanno imparato giocando»21. Anche chi non studia, o studia male potrà dire di avere imparato argomenti, concetti, termini ed eventi della storia. 20 Cfr. Steinwachs, B., Come facilitare un debriefing. In Marcato, P., Del Guasta, C., Bernacchia, M., Gioco … op. cit. Pagg. 179-186. 21 Impellizzeri, F. Il gioco nella programmazione di storia. In Brusa, A., Il nuovo racconto delle grandi trasformazioni. Guida per l’insegnate per il primo anno, Paravia-Bruno Mondadori, Milano 2004. Pag. 85. 6 Dispensa del laboratorio “Il gioco e il giocattolo nella didattica della scuola di base”. Dott.ssa Elena Musci IL GIOCO Di Rossella Andreassi La valenza formativa del gioco è rintracciabile in tutte le culture. In più il gioco ha due caratteristiche fondamentali: l’universalità e la transculturalità. Il gioco deve essere integrato nel curricolo scolastico (o Piano di Lavoro) non come un’esperienza episodica e legata al concetto di “ricreazione”, ma deve rappresentare una vera e propria attività formativa pienamente integrata nel processo formativo. Il bambino ha tre livelli di rappresentazione della realtà: attivo, iconico, simbolico, corrispondenti ciascuno a tre modalità della conoscenza: mediante l’azione, l’immaginazione, e in ultimo la simbolizzazione22. “I primi livelli di sviluppo della conoscenza sono, quindi, di natura ‘esecutiva’ e, prima ancora che il bambino sia in grado di rappresentarsi il mondo con simboli relativamente indipendenti dall’azione, egli apprende attraverso le azioni concretamente e abitualmente compiute per conoscerlo. E la concretezza del pensiero infantile esige una scuola del bambino che sia scuola di vita e di esperienze, colorata da curiosità e da personali esperienze...”23. Nel gioco il bambino impara a fruire dell’ambiente che lo circonda, modificandolo, e impara anche a valutare i propri limiti per superare o evitare gli ostacoli, a operare confronti; in una parola sola, impara ad agire. “La definizione del gioco sulla base del piacere non può essere considerata corretta. Occorre analizzare il gioco dal punto di vista del soddisfacimento dei bisogni soggettivi. E, sul piano evolutivo, non vi può essere per l’individuo progresso e crescita se non si tengano nel dovuto conto i suoi bisogni, le sue inclinazioni, le motivazioni ad agire. Secondo Lev S. Vygotskij il gioco sorge nel corso dello sviluppo del bambino nel momento in cui si manifestano tendenze irrealizzabili, così che il gioco può essere interpretato come realizzazione immaginaria e illusoria di desideri irrealizzabili”24. In questa concezione, il gioco, essendo essenzialmente appagamento dei desideri, crea una situazione immaginaria; importante è che questa situazione sia vicina a quella reale, in modo tale da poterla sfruttare didatticamente. Quindi gioco come ‘straniamento’, come possibilità di leggere la realtà, in un modo più vicino a sé e alla propria realtà di bambino. Il gioco è importante perché è una forma di competizione e collaborazione con se stessi e con gli altri: nell’ambito ludico si possono scoprire più saperi e scoprire gli altri nella loro diversità e conseguentemente se stessi come identità personale e culturale25. Il ‘prodotto’ dell’assimilazione dell’esperienza e dell’adattamento ai propri schemi mentali è l’apprendimento. Il gioco26 come mezzo per l’apprendimento è utilizzato anche nelle ‘strategie didattiche’, per rendere il processo formativo del ragazzo più personale e più vivo. In questo caso il gioco, ovviamente, avrà delle regole e delle finalità particolari. Spesso si parte dal presupposto che il gioco a scuola è usabile solo per la scuola dell’infanzia e solo in alcuni casi per la scuola primaria. Si tralascia spesso la valenza educativa e formativa che può avere il gioco, relegandolo spesso solo alle sue funzioni ricreative. 22 PERLA L., Conoscere giocando con le mani, in Per una didattica dei beni culturali, «Cultura ed innovazione», trimestrale di problemi culturali ed educativi, anno V, n. 3-4, sett.-dic. 1990, Mandese ed., pp. 63-64. 23 Ivi, p. 63. 24 CAMILLETTI E., Riflessioni sul ruolo del gioco nella psicodinamica dello sviluppo soggettivo, in Il gioco nella scuola di base, Camilletti E., Locarno F., Giunti Lisciani ed., Firenze 1994, p. 71. 25 Ivi, p. 73. 26 Per approfondimenti sul ruolo del gioco nell’apprendimento: CECCHINI A., LUPOLI M.G., MUSCI E., Un laboratorio per giocare, Arti Grafiche Liantonio, Matera 2001. 7 Dispensa del laboratorio “Il gioco e il giocattolo nella didattica della scuola di base”. Dott.ssa Elena Musci “Il gioco è una cosa seria”: credendo in questa affermazione è possibile costruire delle attività realmente formative, ma anche divertenti. L’opinione più diffusa è invece che “lo studio è una cosa seria” e come tutte le cose serie porta con sé fatica, sudore, e perché no, noia. Attraverso le attività laboratoriali e ludiche si può far scoprire al ragazzo un’altra realtà: lo studio e la conoscenza sono conquista, piacere, avventura, e divertimento ed è possibile sperimentare tutto ciò attraverso una didattica innovativa27. TIPOLOGIA LUDICA PRESCELTA: IL GIOCO COOPERATIVO28 I giochi possono essere di vari tipi. In questo contesto abbiamo scelto di privilegiare il gioco di tipo cooperativo: ciò che caratterizza il gioco cooperativo è l’assenza di un vincitore e di un vinto perché non ci sono avversari ma obiettivi da conquistare. La competizione non è eliminata ma è incanalata verso il raggiungimento degli obiettivi del gioco: un enigma da risolvere, un tempo entro cui agire, un prodotto da realizzare. Gli ostacoli da superare non sono gli avversari ma le mete da raggiungere. Il gioco a modo d’essere solo grazie alla collaborazione tra i vari giocatori: ognuno contribuisce con la sua collaborazione all’andamento del gioco. L’interazione cooperativa permette a ciascuno di ampliare le proprie competenze operando in sinergia con gli altri. Un altro elemento che facilita la comunicazione all’interno del gioco è la struttura circolare, di reciprocità e uguaglianza. Tutti hanno la possibilità di comunicare e tutti hanno la possibilità di partecipare. Un altro elemento fondamentale è la flessibilità e interscambiabilità dei ruoli che si può vivere all’interno dei giochi. Il gioco cooperativo infatti può essere anche di tipo simulativi: cioè è chiesto ai ragazzi di calarsi in altre situazioni in altri ambienti sociali, geografici e storici per comprendere situazioni e acquisire concetti in maniera diretta. Il gioco deve costituire l'occasione per vivere sino in fondo un rischio simulato dal quale si possa uscire indenni dopo aver giocato. CONDUZIONE DEL GIOCO Il successo di un’attività di tipo ludico è legato anche alle capacità del conduttore (professore o operatore didattico), che deve saper cadenzare i tempi, animare le situazioni ludiche, mediare in eventuali situazioni di conflitto (scaturite dal gioco), leggere attentamente i processi di interazione al gioco e con i compagni in modo tale da poterli riproporre a conclusione dell’attività. Le competenze del conduttore devono pertanto insistere nell'area psicopedagogica. Conduttore di giochi non ci si improvvisa, tanto più quando questi ultimi sono stati pensati come episodi metodologici all'interno della strategia didattica in un iter formativo29. Il conduttore del gioco, o master, oltre che creare aspettative e motivazioni, deve fungere da arbitro e da guida, deve assicurare lo svolgimento corretto delle varie fasi del gioco. Inoltre deve chiarire i problemi di natura lessicale/concettuale che possono sorgere durante lo svolgimento del gioco. Soffermarsi nelle spiegazioni può divenire uno dei punti chiave del meccanismo didattico: l'interazione tra elementi di conoscenza e meccanismo di gioco crea una situazione di ascolto favorevole. ELEMENTI COSTITUTIVI DI UN GIOCO 27 IMPELLIZZERI F. (a cura di), Io studio, tu studi…noi giochiamo, intervista ad Antonio Brusa, in Marcondiro, anno I dicembre 1998, pp 2-5. 28 DI MONICA V., DI RIENZO A., MAZZINI R., Le Forme del gioco, Carrocci Faber, Roma 2005, pagg. 16-19 29 P. MARCATO, Introduzione, in P. MARCATO, C. DEL GUASTA, M. BERNACCHIA, Gioco e dopogioco, La Meridiana, Molfetta, 1996, pp.7-11. 8 Dispensa del laboratorio “Il gioco e il giocattolo nella didattica della scuola di base”. Dott.ssa Elena Musci Nella costruzione di un gioco bisogna unire varie componenti tra cui: - l' hardware (il tavoliere, le carte, le fiches) - il software o le regole (le procedure formali obbligatorie e/o consentite che devono/possono essere seguite nel gioco) - la strategia e l'evoluzione (ai giocatori si devono consentire margini di manovra all'interno delle regole prescritte) - la conquista dell'obiettivo (i modi per concludere il gioco sono di solito definiti dall'obiettivo per il quale i giocatori lottano e ciò determina il vincitore) - la competizione/collaborazione - il caso (l'elemento casualità può esistere a diversi livelli, dall'uso dei dadi alle carte degli imprevisti)30. L'elemento casualità va sottolineato: le procedure scolastiche simulano eventi casuali sottoposti alla teoria delle probabilità e si prestano a rappresentare con un buon grado di verosimiglianza processi reali sottoposti ad un insieme di condizioni non numerabili. E' il caso, ad esempio, della simulazione di eventi bellici o di andamenti produttivi. Ci si può chiedere, per concludere, quale posto può occupare il gioco didattico così costruito, nell'attività scolastica? Di quali aspettative didattiche dobbiamo caricare questa attività? Il gioco rappresenta un momento di rottura nell'attività didattica: usa infatti strumenti diversi dai soliti (dadi, pedine, plance, carte…), modifica la disposizione fisica dell'aula, consente di svolgere un'attività di gruppo competitiva e/o collaborativa, consente di ricollocarsi all'interno di un gruppo che spesso tende a perpetuare ruoli e gerarchie. Offre a tutti gli alunni pari opportunità in quanto tutti, anche i meno dotati e i cosiddetti ‘ragazzi difficili’, possono partecipare, purché sappiano entrare nella dinamica del gioco. ------------------------------------------------------------------------------------------------ I Laboratori Bruno Munari® http://www.brunomunari.it/i_laboratori.htm Il primo laboratorio per bambini - Milano 1977 "Ciò che distingue questo laboratorio da tutti gli altri laboratori esistenti è il metodo" scrive Bruno Munari nella presentazione del primo laboratorio per bambini alla Pinacoteca di Brera, Milano, 1977. Non un semplice "parcheggio", dove i bambini possono giocare con pennelli e tempere, "liberi di fare quello che vogliono avendo davanti agli occhi le riproduzioni esposte nel museo... (libertà che è un abbandonarli all'imitazione) e nemmeno soltanto un "raccontare" le opere d'arte ..." Che cosa si propongono i laboratori Munari propone di insegnare ai bambini come si guarda un'opera piuttosto che leggerne solo il contenuto o il messaggio. L'arte visiva non va raccontata a parole, va sperimentata: le parole si dimenticano, l'esperienza no. Se ascolto dimentico, se vedo ricordo, se faccio capisco, soleva ripetere l'artista, citando un antico proverbio cinese. Nel Laboratorio "si gioca all'arte visiva", si sperimentano tecniche e regole ricavate dalle opere d'arte di ogni epoca e di ogni luogo, trasformate in giochi: è facendo che si scoprono le qualità diverse dei materiali e le caratteristiche degli strumenti. I bambini imparano giocando. Nei laboratori Munari pertanto si intende promuovere la conoscenza e la comprensione delle tecniche dell'espressione e della comunicazione artistica, affinchè si possa fruirne con maggiore consapevolezza e spirito critico. Come si fa: "Capire che cos'è l'arte è una preoccupazione (inutile) dell'adulto. Capire come si fa a farla è invece un interesse autentico del bambino". In questa riflessione Alberto Munari, docente di psicologia dell'educazione all'Università di Ginevra, indica il principio essenziale del metodo. Le idee non vengono proposte dagli adulti, nascono dalla sperimentazione, 30 D: CROOKALL, Concetti fondamentali dei giochi di simulazione, in A. CECCHINI, F. INDOVINA, Simulazione, Franco Angeli, Milano 1987, pp. 155-170. 9 Dispensa del laboratorio “Il gioco e il giocattolo nella didattica della scuola di base”. Dott.ssa Elena Musci secondo il principio didattico: "Non dire cosa fare ma come". Il metodo si basa sul fare affinchè i bambini possano esprimersi liberamente senza l'interferenza degli adulti, diventando indipendenti e imparando a risolvere i problemi da soli. "Aiutami a fare da me" è anche il motto di Maria Montessori Che cos’è il Laboratorio Il laboratorio è dunque un luogo di creatività e conoscenza, di sperimentazione, scoperta e autoapprendimento attraverso il gioco: è il luogo privilegiato del fare per capire, dove si fa "ginnastica mentale" e si costruisce il sapere. E´ anche un luogo di incontro educativo, formazione e collaborazione. Uno spazio dove sviluppare la capacità di osservare con gli occhi e con le mani per imparare a guardare la realtà con tutti i sensi e conoscere di più, dove stimolare la creatività e il "pensiero progettuale creativo" fin dall'infanzia. A chi si rivolgono i laboratori Le attività proposte nel laboratorio di Brera erano dedicate ai bambini delle scuole elementari; in seguito vennero estese ai bambini delle materne, ai ragazzi delle medie e talvolta anche a quelli delle superiori. Oggi i laboratori si rivolgono a piccoli e grandi, dai due ai novant'anni! Che cosa si fa: si gioca con l’arte Le tecniche e le regole sperimentate nel laboratorio di Brera furono: il Divisionismo, i Segni, le Texture, Lontano e Vicino, ovvero la prospettiva cromatica, Formati Diversi, il Collage, Forme Componibili, il Colore, le Gabbie e le Proiezioni Dirette. Seguono i Laboratori Tattili realizzati in occasione della mostra Le mani guardano (Milano, Palazzo Reale, 1979), Giocare con l'Arte a Palazzo Reale all'interno della mostra antologica dell'artista (Milano 1986/87) Giocare con la natura, al Museo di Storia Naturale (Milano, 1988) e al Museo Pecci di Prato nel 1992 il LabLib ovvero il laboratorio liberatorio per le combinazioni di materiali, per citare solo quei laboratori realizzati nei musei e progettati dallo stesso Munari con i suoi collaboratori. Elencarli tutti sarebbe lungo. Nel corso degli anni vari temi sono stati sviluppati e approfonditi nel rispetto delle indicazioni metodologiche dell'artista, fino ai recenti progetti speciali. Il Laboratorio al Museo Internazionale delle Ceramiche - Faenza 1979 Il secondo Laboratorio creato da Munari in una struttura museale nel 1979 è quello nel Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza, per volere del direttore, Gian Carlo Bojani con l'intento di avvicinare i bambini all'arte in modo concreto per favorire la comprensione delle opere esposte nel museo, non certo per avviarli alla professione del ceramista nè per farne futuri artisti. Nel laboratorio i bambini sperimentano la manipolazione della materia e le tecniche della ceramica: possono giocare con argille e colori, liberi di fare quello che creativamente sentono e visualmente vedono. Attraverso la sperimentazione di una serie di tecniche in successione, si intende promuovere le capacità di codificazione e di rielaborazione: pertanto la conoscenza dei codici elementari non è finalizzata a una ripetizione meccanica condizionante, ma alla possibilità e alla necessità, in termini formativi e creativi, di una "loro manipolazione", sviluppando così le capacità soggettive. Le tecniche e le regole che si continuano a sperimentare nel laboratorio di Faenza sono: Manipolazione guidata, Texture, Calco in gesso, Lucignolo, Palline, Sfoglia, Trafila, Terre colorate, Decalcomania, Ingobbio e Perle."Non può esservi manipolazione, rielaborazione e creatività se non vi è conoscenza" osserva Bruno Munari e aggiunge: "Non è importante l'oggetto finito, ma il percorso che il bambino fa per arrivare allo stesso". Il Metodo Bruno Munari® Il metodo "Giocare con l'arte", come viene inizialmente chiamato, suscita un enorme interesse, sia in Italia sia all'estero. Bruno Munari, artista e designer, ma anche pedagogo intuitivo, lo definiva un metodo attivo-scientifico, affermando di sentirsi vicino a quello della Montessori. Applica i principi fondamentali della "pedagogia attiva", come sostiene il figlio Alberto Munari nell'illuminante saggio Munari, Piaget e Munari, dove descrive le numerose convergenze di pensiero tra suo padre e Piaget, di cui Alberto fu collaboratore diretto. Entrambi sono contrari all'imposizione, entrambi propongono il fare: sperimentare, cercare e scoprire da soli, in modo autonomo. 1 Dispensa del laboratorio “Il gioco e il giocattolo nella didattica della scuola di base”. Dott.ssa Elena Musci Un metodo fatto soprattutto di azioni didattiche ispirate a principi per lo più di origine orientale. Principi espressi con frasi semplici, essenziali, per essere capite bene da tutti. Ma spesso fraintesi. "E' tutto qui? Facile, troppo facile...."Semplificare è più difficile che complicare..." soleva ripetere l'artista. Un metodo "in progress", perchè intende lasciare ampio spazio di azione creativa a chi ad esso si ispira. ----------------------------------------------------------------------------------------- Classificazione dei giochi (Caillois) - Agonisti (agon) rispondono al bisogno umano di competizione - Di fortuna (alea) sono i giochi di sfida alla sorte come la tombola - Di vertigine (ilinx) il cui piacere nasce dalla vertigine, come le montagne russe - Di finzione (mimicry) cioè i giochi del “far finta di...” -----------------------------------------------Il gioco permette - di acquisire: − − − competenze sviluppo dell'identità relazioni sociali − interiorizzare regole e valori − motivare all'apprendimento. Attraverso il gioco l'uomo apprende - i comportamenti - il fatto che esistono categorie di comportamenti. INDICAZIONI PER IL CURRICOLO per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione LA SCUOLA DELL’INFANZIA Per ogni bambino o bambina, la scuola dell’infanzia si pone la finalità di promuovere lo sviluppo dell’identità, dell’autonomia, della competenza, della cittadinanza. Campi di esperienza I campi di esperienza sono luoghi del fare e dell’agire del bambino orientati dal-l’azione consapevole degli insegnanti e introducono ai sistemi simbolico-culturali. Traguardi per lo sviluppo della competenza Il sé e l’altro Le grandi domande, il senso morale, il vivere insieme 1 Dispensa del laboratorio “Il gioco e il giocattolo nella didattica della scuola di base”. Dott.ssa Elena Musci Il bambino sviluppa il senso dell’identità personale, è consapevole delle proprie esigenze e dei propri sentimenti, sa controllarli ed esprimerli in modo adeguato. Sa di avere una storia personale e familiare, conosce le tradizioni della famiglia, della comunità e sviluppa un senso di appartenenza. Pone domande sui temi esistenziali e religiosi, sulle diversità culturali, su ciò che è bene o male, sulla giustizia, e ha raggiunto una prima consapevolezza dei propri diritti e dei diritti degli altri, dei valori, delle ragioni e dei doveri che determinano il suo comportamento. Riflette, si confronta, discute con gli adulti e con gli altri bambini, si rende conto che esistono punti di vista diversi e sa tenerne conto. Comprende chi è fonte di autorità e di responsabilità nei diversi contesti, sa seguire regole di comportamento e assumersi responsabilità. Il corpo in movimento Identità, autonomia, salute Il bambino raggiunge una buona autonomia personale nell’alimentarsi e nel vestirsi, riconosce i segnali del corpo, sa che cosa fa bene e che cosa fa male, conosce il proprio corpo, le differenze sessuali e di sviluppo e consegue pratiche corrette di cura di sé, di igiene e di sana alimentazione. Controlla la forza del corpo, valuta il rischio, si coordina con gli altri. Esercita le potenzialità sensoriali, conoscitive, relazionali, ritmiche ed espressive del corpo. Conosce le diverse parti del corpo e rappresenta il corpo in stasi e in movimento. Linguaggi, creatività, espressione Gestualità, arte, musica, multimedialità Il bambino segue con attenzione e con piacere spettacoli di vario tipo (teatrali, musicali, cinematografici…); sviluppa interesse per l’ascolto della musica e per la fruizione e l’analisi di opere d’arte. Comunica, esprime emozioni, racconta, utilizzando le varie possibilità che il linguaggio del corpo consente. Inventa storie e si esprime attraverso diverse forme di rappresentazione e drammatizzazione. Si esprime attraverso il disegno, la pittura e altre attività manipolative e sa utilizzare diverse tecniche espressive. Esplora i materiali che ha a disposizione e li utilizza con creatività. Esplora i primi alfabeti musicali. Esplora le possibilità offerte dalle tecnologie per fruire delle diverse forme artistiche, per comunicare e per esprimersi attraverso di esse. I discorsi e le parole Comunicazione, lingua, cultura Il bambino sviluppa la padronanza d’uso della lingua italiana e arricchisce e precisa il proprio lessico. Racconta, inventa, ascolta e comprende le narrazioni e la lettura di storie, dialoga, discute, chiede spiegazioni e spiega, usa il linguaggio per progettare le attività e per definirne le regole. Riflette sulla lingua, confronta lingue diverse, riconosce, apprezza e sperimenta la pluralità linguistica e il linguaggio poetico. Formula ipotesi sulla lingua scritta e sperimenta le prime forme di comunicazione attraverso la scrittura, anche utilizzando le tecnologie. La conoscenza del mondo Ordine, misura, spazio, tempo, natura Il bambino raggruppa e ordina secondo criteri diversi, confronta e valuta quantità; utilizza semplici simboli per registrare; compie misurazioni mediante semplici strumenti. Colloca correttamente nello spazio se stesso, oggetti, persone; segue correttamente un percorso sulla base di indicazioni verbali. 1 Dispensa del laboratorio “Il gioco e il giocattolo nella didattica della scuola di base”. Dott.ssa Elena Musci Si orienta nel tempo della vita quotidiana. Coglie le trasformazioni naturali. Prova interesse per gli artefatti tecnologici, li esplora e sa scoprirne funzioni e possibili usi. È curioso, esplorativo, pone domande, discute, confronta ipotesi, spiegazioni, soluzioni e azioni. LA SCUOLA DEL PRIMO CICLO La finalità del primo ciclo è la promozione del pieno sviluppo della persona. La scuola accompagna gli alunni nell’elaborare il senso della propria esperienza, promuove la pratica consapevole della cittadinanza attiva e l’acquisizione degli alfabeti di base della cultura. IL SENSO DELL’ESPERIENZA La scuola favorisce lo sviluppo delle capacità necessarie per imparare a leggere le proprie emozioni e a gestirle, per rappresentarsi obiettivi non immediati e perseguirli. Promuove inoltre quel primario senso di responsabilità che si traduce nel fare bene il proprio lavoro e nel portarlo a termine, nell’avere cura di sé, degli oggetti, degli ambienti che si frequentano, sia naturali sia sociali. Sollecita gli alunni a un’attenta riflessione sui comportamenti di gruppo al fine di individuare quegli atteggiamenti che violano la dignità della persona e il rispetto reciproco, li orienta a sperimentare contesti di relazione dove sviluppare atteggiamenti positivi e realizzare pratiche collaborative. Crea contesti in cui gli alunni trovano stimoli al pensare analitico e critico, coltivano la fantasia e il pensiero divergente, si confrontano per ricercare significati ed elaborare mappe cognitive. L’ALFABETIZZAZIONE CULTURALE DI BASE La scuola primaria mira all’acquisizione degli apprendimenti di base, come primo esercizio dei diritti costituzionali. Ai bambini e alle bambine che la frequentano va offerta l’opportunità di sviluppare le dimensioni cognitive, emotive, affettive, sociali, corporee, etiche e religiose, e di acquisire i saperi irrinunciabili. Si pone come scuola formativa che, attraverso gli alfabeti delle discipline, permette di esercitare differenti potenzialità di pensiero, ponendo così le premesse per lo sviluppo del pensiero riflessivo e critico. LA CITTADINANZA L’educazione alla cittadinanza viene promossa attraverso esperienze significative. Obiettivi irrinunciabili dell’educazione alla cittadinanza sono la costruzione del senso di legalità e lo sviluppo di un’etica della responsabilità, che si realizzano nel dovere di scegliere e agire in modo consapevole e che implicano l’impegno a elaborare idee e a promuovere azioni finalizzate al miglioramento continuo del proprio contesto di vita. Così intesa, la scuola diventa luogo privilegiato di confronto libero e pluralistico. L’AMBIENTE DI APPRENDIMENTO Il primo ciclo persegue efficacemente le finalità che le sono assegnate nella misura in cui si costituisce come un contesto idoneo a promuovere apprendimenti significativi e a garantire il successo formativo per tutti gli alunni. A tal fine è possibile individuare, nel rispetto della libertà di insegnamento, alcune IMPOSTAZIONI METODOLOGICHE DI FONDO. - Valorizzare l’esperienza e le conoscenze degli alunni, per ancorarvi nuovi contenuti. - Attuare interventi adeguati nei riguardi delle diversità, per fare in modo che non diventino disuguaglianze. - Favorire l’esplorazione e la scoperta, al fine di promuovere la passione per la ricerca di nuove conoscenze. 1 Dispensa del laboratorio “Il gioco e il giocattolo nella didattica della scuola di base”. Dott.ssa Elena Musci In questa prospettiva, la problematizzazione svolge una funzione insostituibile: sollecita gli alunni a individuare problemi, a sollevare domande, a mettere in discussione le mappe cognitive già elaborate, a trovare piste d’indagine adeguate ai problemi, a cercare soluzioni anche originali attraverso un pensiero divergente e creativo. - Incoraggiare l’apprendimento collaborativo. Imparare non è solo un processo individuale. - Promuovere la consapevolezza del proprio modo di apprendere, al fine di “imparare ad apprendere”. Riconoscere le difficoltà incontrate e le strategie adottate per superarle, prendere atto degli errori commessi, ma anche comprendere le ragioni di un insuccesso, conoscere i propri punti di forza, - Realizzare percorsi in forma di laboratorio, per favorire l’operatività e allo stesso tempo il dialogo e la riflessione su quello che si fa. Roma,settembre2007[estratti http://www.pubblica.istruzione.it/normativa/2007/allegati/dir_310707.pdf 1 Dispensa del laboratorio “Il gioco e il giocattolo nella didattica della scuola di base”. Dott.ssa Elena Musci I GIOCHI Alberi per discutere Di Beniamino Sidoti Chi: almeno 15 bambini o ragazzi da 9 anni in su Cosa: discutere intorno a un tema accogliendo posizioni diverse Dove: occorre una parete vuota di almeno 4 metri di lunghezza Quando: meno di due ore, all’inizio o a conclusione di un percorso Perché: per ragionare intorno a un tema e fare emergere la complessità Il gioco dell’albero consente di raccogliere, in forma di scrittura collettiva, le opinioni di tutti in forma più articolata, a partire da due frasi stimolo “tronche”, una legata al “piacere” e l’altra alla “paura”. Il tema che abbiamo scelto per il nostro corso erano “le parole”; altro bel tema può essere “la città”. Su una finestra sufficientemente grande o su una parete libera, appendiamo due fogli grandi (50 x 70 cm circa) a circa due metri di distanza l’uno dall’altro, sulla stessa parete; prepariamo anche, ritagliandole dalla carta da pacchi, delle strisce di carta bianca lunghe circa settanta centimetri e larghe circa dieci. Serviranno inoltre dei pennarelloni grandi, dei fogli di carta colorata, un paio di forbici e due rotoli di scotch. Annunciamo che faremo un ragionamento collettivo in forma di albero: i due fogli bianchi saranno i tronchi dei nostri ragionamenti, cioè le affermazioni di partenza da sviluppare. Su un tronco scriviamo “la città mi piace…”; sull’altro “la città mi fa paura…” Dividiamo la classe in sei piccoli gruppi; a ogni gruppo diamo due strisce di carta. Ogni gruppo deve scrivere su ogni striscia la continuazione di una delle due frasi, quindi attaccare le due strisce con lo scotch alla parete, inclinate rispetto alle frasi “tronco” in modo da ricordare il ramo di un albero; è vietato nominare delle persone nei rami. Quando tutti i gruppi hanno attaccato le proprie strisce, rileggiamo cosa è stato scritto, ripetendo a ogni cambio di frase la frase iniziale. Per esempio se due rami attaccati a “la città mi piace” sono “perché è sicura” e “perché ci stanno i miei amici”, si legge “la città mi piace perché è sicura; la città mi piace perché ci stanno i miei amici”. Adesso invitiamo tutti, anche singolarmente, a far crescere le affermazioni, attaccando ulteriori strisce di carta (più sottili) a quelle esistenti, con specificazioni o cambi di senso. Ognuno può attaccare la propria striscia/ramo a qualsiasi ramo esistente (non ci sono rami “propri” o “rami degli altri”), tranne che al tronco; ogni frase va quindi letta contestualmente (cioè come il seguito della frase/ramo cui è attaccata) Quando non ci sono più rami da attaccare, o quando tutti sono soddisfatti del risultato raggiunto, rileggiamo la complessa ramificazione dei due alberi, ripetendo la frase di partenza ogni volta che cambiamo ramo Volendo, si possono completare entrambi gli alberi con l'aggiunta di foglie, fiori o frutti - piccoli pezzi di carta colorata, su cui scrivere commenti di poche parole (massimo tre), e che possono essere attaccati in qualsiasi punto dell'elaborato (riferiti a quel punto) Si rilegge ancora una volta tutto quanto A questo punto, cosa manca? Le radici. Attacchiamo alla base degli alberi sei/sette pozze d’acqua che nutrono entrambi gli alberi. Devono essere dei termini preferibilmente dotati di una certa ambiguità: il “potere”, per esempio, può nutrire sia l’albero della città che mi piace che quello della città che mi fa paura. Le parole dovrebbero essere quelle emerse dalla discussione e dal lavoro svolto insieme nel corso. 1 Dispensa del laboratorio “Il gioco e il giocattolo nella didattica della scuola di base”. Dott.ssa Elena Musci Attaccate le sei “pozze” o “sorgenti”, chiediamo a ognuno, individualmente, di mettere le radici che desidera. Una radice è un filo che collega uno dei due alberi a una delle pozze (per una più efficace discussione nel dopogioco può convenire usare due colori diversi per ciascuno degli alberi; per esempio, l’albero della città che mi piace avrà radici blu e l’altro verdi). Via via che vengono messe le radici, ognuno dovrà chiamarle per nome: come si chiama la radice che collega la città che mi piace al potere? Possibilità? Occasioni? Libertà? (la scelta è personale e anonima). Il nome va scritto su un cartoncino colorato e bucato in un angolo, e legato alla radice cui si riferisce. È lecito usare anche frasi più articolate per spiegare concetti meno chiari. Si continua finché tutti non desiderano aggiungere altro. Si rilegge un’ultima volta, e si discute. Note La scelta delle frasi stimolo scritte sui due tronchi è importante: qui abbiamo suggerito di centrarle sulla “città”, tema che però potrebbe in alcuni contesti essere fuorviante. Suggeriamo in generale di circoscrivere la riflessione sulla paura a un ambito più limitato, dicendo “cosa” ci piace o ci fa paura: “la casa”, “la scuola”, “la discoteca”; le frasi tronco saranno allora: “la casa mi piace / mi fa paura”, “la scuola mi piace / mi fa paura”, eccetera. Se si vuole lasciare ai partecipanti un pezzo di albero da portare a casa, li si può invitare a cogliere una foglia o un frutto dall'albero (ovvero le parole singole). La costruzione dell’albero è ispirata al metodo di Bruno Munari (Disegnare un albero, Zanichelli, Bologna, 1978 – ora riedito da Corraini, Mantova, 2004). ---------------------------------------------------------------------------------- Da I Draghi locopei Di Ersilia Zamponi ACROSTICI (pagg. 44-45) Scegli una parola e scrivila verticalmente in stampatello; poi componi una frase usando parole che comincino con le lettere incolonnate. Alcuni acrostici composti dai ragazzi: Là Un Cucciolo Amico Fragile Anatroccolo Beve In Osteria Con Immenso Amore Ovunque MESOSTICI (pag. 46-47) Scegli una parola (o una breve frase) e scrivila verticalmente in stampatello. Inserisci quindi - su righe orizzontali ciascuna lettera in una parola o frase, cosi che complessivamente ne risulti un testo collegato in qualche modo alla parola iniziale. Facendo questo gioco è possibile scrivere un messaggio, dentro il quale ce ne sia -seminascosto - un altro. La parola verticale potrebbe essere anche il tuo nome o il nome della persona a cui è indirizzato il messaggio. Alcuni mesostici scritti dai ragazzi: anChe aLtri papAveri radUnano arDui gIochi innOcenti aMore sOno anNoiato vIeni facCiamo quAlcosa camMinando sullA strada di caTrame dIsegno un volTo mAgico cAro paDre mi dispiace ma Devo gIrare il mOndo ABBECEDARIO (pag. 48-49) 1 Dispensa del laboratorio “Il gioco e il giocattolo nella didattica della scuola di base”. Dott.ssa Elena Musci Scegli un tema e mettilo come titolo. Poi scrivi le lettere dell'alfabeto verticalmente in stampatello. Ciascuna lettera sarà l'iniziale di una parola o frase che ti verrà in mente pensando al tema; alla fine risulterà un testo nato dalla tua fantasia e per lo stimolo iniziale delle lettere dell'alfabeto. Due testi scritti dai ragazzi: MARE ANDREA BRICCHI (AUTORITRATTO) A nnegato nell'acqua B ruciato dal sale C ircondato dal mondo D entro una fossa E norme F ruga G rida Ha I ncontri L unghi M a lievemente N oiosi O ndeggia P ercuote. O uando R ide S enza riso, T remendamente U mida V iene Z ompando la notte. A bile B ricchi C alciatore D isperso E saltatore F into di paglia G iovane H anno detto I mbrigliato L aborioso M ancato sciatore N on proprio perfetto O dioso alle volte P asta buona. Q uando gioco R ischio non troppo S e potessi guardare dentro il cuore T roppo bravo sarei Un V istoso Z atterone. --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Da Il gioco nella didattica interculturale Di Pasquale D’Andretta ETICHETTIAMOCI ( pagg 49-50) Il conduttore invita i partecipanti ad un ricevimento ed incolla sulla fronte di ciascuno dei giocatori un’etichetta, preparata in precedenza, su cui è scritto un apprezzamento molto negativo nei suoi confronti. Naturalmente si tratta di apprezzamenti assai fantasiosi ed attribuiti a caso, senza nessuna motivazione. Durante il ricevimento, ciascuno degli "invitati" può leggere agevolmente l'etichetta che portano incollata sulla fronte tutti gli altri, ma non può prendere visione della sua: in questa condizione di incertezza, ogni giocatore deve affrontare le conseguenze sociali dell'etichetta che, suo malgrado, gli è stata incollata sulla fronte, ed assumere nei confronti degli altri giocatori il comportamento che ritiene più adeguato all'etichetta che porta sulla fronte ciascuno di loro. 1 Dispensa del laboratorio “Il gioco e il giocattolo nella didattica della scuola di base”. Dott.ssa Elena Musci La discriminazione, per funzionare efficacemente, ha bisogno del pregiudizio: si tratta di una condizione sicuramente necessaria, anche se non sempre sufficiente. Chiunque sia rimasto vittima di una discriminazione, del resto, lo ha imparato molto bene, e a sue spese... E se invitassimo in classe, con l'aiuto di una maschera di buona fattura, il Lupo Cattivo... in persona e gli chiedessimo di raccontarci il suo punto di vista sulla nota vicenda in cui si è guadagnato quella fastidiosa etichetta? D IRITTI IN GIOCO ELENA MUSCI [email protected] Il progetto prevede dieci incontri da tre ore. Ogni incontro dura tre ore ed è focalizzato su uno dei diritti: • Diritto all’identità • Diritto ad essere difesi • Diritto alla salute • Diritto all’istruzione • Diritto al gioco • Diritto all’informazione • Diritto all’educazione • Diritto alla vita e allo sviluppo • Diritto alla libertà e alla pace • Diritti e doveri: il rovescio della medaglia Schema degli incontri: 1. lettura e commento della storia di Piumini “lo zio diritto”. Capitolo relativo al diritto da esaminare. 2. Disegno della scena che più ha colpito del racconto dello zio diritto e suo commento (questa parte viene realizzata dalla seconda classe con cui lavoro, mentre la prima classe, più problematica, ha bisogno di tempi molto più dilatati per svolgere le singole attività) 3. Attività ludico-pratica sul tema individuato. 4. Elaborazione di un cartellone o di elaborati individuali ogni volta con forme espressive diverse. P rimo incontro: il diritto all’identità 1. Le maestre si presentano con l’acrostico del proprio nome Estrosa Linguacciuta Entusiasta Notturna Amichevole I bambini realizzano il loro acrostico. I compagni lo leggono ad alta voce e lo commentano con un applauso. 2. Si procede all’attività “Alberi per pensare”. L’argomento di discussione è una versione più comprensibile per i bambini: invece che “io ho diritto a..”, “Io ho bisogno che/di…” Il gioco dell’albero consente di raccogliere, in forma di scrittura collettiva, le opinioni di tutti in forma più articolata, a partire da una frase stimolo “tronco”. In questo modo si rilevano le preconoscenze e le idee imprecise dei bambini sull’argomento. 1 Dispensa del laboratorio “Il gioco e il giocattolo nella didattica della scuola di base”. Dott.ssa Elena Musci 3. Lettura della storia “Lo zio diritto”. 4. Realizzazione del cartellone: Diritto all’identità: hai il diritto ad avere un nome, e al momento della nascita, il tuo nome e il nome dei tuoi genitori e la data dovrebbero venire scritti. S econdo incontro: il diritto ad essere difesi 1. Lettura della storia 2. Gioco di movimento I bambini vengono divisi in 3 gruppi: coloro che acchiappano, ovvero i PIGLIATUTTO (colore verde), coloro che scappano, ovvero i CORRI-CORRI (colore rosso) e coloro che fanno “la casa”, ovvero i RIFUGIO (colore azzurro). Per ogni bambino viene realizzato un cartellino da appendere al collo: PIGLIATUTTO CORRI –CORRI RIFUGIO 1 Dispensa del laboratorio “Il gioco e il giocattolo nella didattica della scuola di base”. Dott.ssa Elena Musci I corri-corri ricevono in dotazione 2 fiches colorate. Se vengono acchiappati da un pigliatutto, devono dargli una fiches. Quando i corri-corri vengono acchiappati da un pigliatutto che ha già preso altre fiches, gli consegnano tutte le fiches ed escono dal gioco. I corri-corri che restano senza fiches escono dal gioco. I corri-corri possono entrare nel rifugio e qui ricevono una fiches. Nel rifugio si può restare solo il tempo di contare fino a 5. (I bambini-rifugio consegnano una fiches al corri-corri e contano fino a 5. Poi lo fanno andare via). Il gioco finisce quando il numero dei corri-corri è uguale al numero dei rifugi. (ogni bambino ha una casa che lo protegge) Scopo del gioco è − − per i bambini che scappano, restare con almeno una fiches per i bambini che acchiappano, avere più fiches possibili Il gioco si ripete fino a quando i bambini non hanno sperimentato i 3 ruoli. Debriefing (dopogioco) Come ti sei sentito quando rincorrevi? Realizza un disegno che lo esprima. Come ti sei sentito venivi rincorso? Realizza un disegno che lo esprima. Come ti sei sentito quando hai trovato rifugio nella casa? Realizza un disegno che lo esprima. Realizzazione del cartellone finale. I bambini hanno scelto di disegnare un albero perché la chioma è per loro simbolo di sicurezza. All’interno della chioma hanno scritto: “Quando sono al sicuro, mi sento…” T erzo incontro: il diritto alla salute e all’assistenza Gioco dell’oca sulle diverse fasi dell’infanzia. Per ogni tappa i bambini ricevono elementi sul loro stato di salute e sulla loro condizione sociale. 2 Dispensa del laboratorio “Il gioco e il giocattolo nella didattica della scuola di base”. Dott.ssa Elena Musci Alla fine i bambini devono, aiutati da un testo a completamento, ricostruire la “loro” storia. Q uarto incontro: il diritto all’istruzione Memory sull’istruzione nel mondo con carte immagini e carte didascalia da associare alle immagini. Cartellone finale: Planisfero su cui i bambini mettono le immagini dei bimbi e un breve testo che indichi le condizioni in quella zona. 2 Dispensa del laboratorio “Il gioco e il giocattolo nella didattica della scuola di base”. Dott.ssa Elena Musci Q uinto incontro: il diritto al gioco e al riposo Realizzazione di pesciolini “tattili” con materiale di riciclo (sulla scia dei laboratori tattili di Munari) da pescare, a gara, alla fine dell’attività. I pesciolini tattili l'attività riguarda il diritto al gioco e all'espressione. In questa attività, i bambini realizzano il materiale per giocare. Riadattato dal dossier – Laboratori 1 del 2007 della vita scolastica Pagg 36-37 1. A pesca di domande e risposte Proponiamo un'attività di collage connessa a un gioco di prove da superare. 1. Dividiamo la classe in piccoli gruppi, distribuiamo carta da collage o ritagli di stoffe di consistenza e colori diversi e consegniamo una sagoma di pesciolino e un'attaché a ogni bambino. 2. Invitiamo gli alunni a ritagliare le sagome dei pesciolini e a collaborare con i compagni per decorarle, sul retro, con ritagli colorati di stoffe e piccoli oggetti (conchiglie, bottoni, palloncini, ecc…). Chiediamo di fissare un'attaché nel cerchietto all'altezza della bocca di ogni pesce. (o nel polistirolo come nelle indicazioni visive in bianco e nero). 3. Costruiamo una canna da pesca legando del filo di nylon a un righello o a un bastoncino di legno e annodiamo una vite ad uncino all’estremità del filo. 5. Dividiamo la classe in due squadre. A turno, un componente di ogni squadra cerca di "far abboccare" un pesce. Vince la squadra che pesca più pesci. Al termine del gioco invitiamo l'intero gruppo classe a preparare un cartellone murale che rappresenti un fondale marino, utilizzando anche sabbia, conchiglie e sassolini come elementi decorativi. Facciamo disporre le coppie di pesci sul fondale, facendo aderire solo la coda e la bocca al cartellone, in modo che le sagome possano essere facilmente staccate per leggere e revisionare i modelli di domande e risposte. Materiale necessario: fotocopie delle sagome dei pesciolini da distribuire ai bambini. Carta di giornale, colorata e in bianco e nero da attaccare sulle sagome. Colla. Polistirolo su cui attaccare le sagome dei pesciolini (per risparmiare tempo e non farsi male col taglierino, le sagome di polistirolo potrebbero già essere preparate). Graffette per le attaché. Bastoncini di legno. Nylon. Eventualmente calamite. NB - il gioco può essere variato per giocare con le emozioni tattili. In questo caso i bambini non devono solo incollare ritagli di carta di giornale sulla sagoma dei pesciolini, ma anche materiale di diverso tipo: stoffa, velluto, gomma, piume, bottoni, carta crespa, carta vetrata, ovatta … Quali materiali sceglierò se mi sento felice? E se mi sento triste? Quando i pesciolini sono tutti pronti, le squadre cercano di pescare. Un punto per ogni pesciolino pescato. 2 Dispensa del laboratorio “Il gioco e il giocattolo nella didattica della scuola di base”. Dott.ssa Elena Musci Cfr Beba Restelli, Giocare con tatto. Per una educazione plurisensoriale secondo il Metodo Bruno Munari, Franco Angeli. Sesto incontro: il diritto all’informazione Gioco-studio:gara di riconoscimento degli elementi principali della prima pagina di un quotidiano. Realizzazione della prima pagina semplificata di un giornale sul progetto “diritti in gioco” (uso di titoli ritagliati da giornali). Settimo incontro: il diritto all’educazione Ascolto della canzone “In fila per tre” di Edoardo Bennato e attività laboratoriale sulla differenza fra la scuola autoritaria ai tempi del fascismo e la scuola di adesso: selezione delle immagini appartenenti ai due diversi tipi di scuola data solo la didascalia senza datazione e riferimenti cronologici per ognuna di esse. 2 Dispensa del laboratorio “Il gioco e il giocattolo nella didattica della scuola di base”. Dott.ssa Elena Musci Ottavo incontro: il diritto alla vita e allo sviluppo Nella storia dello Zio Diritto , la piccola Bice viene trovata malnutrita e abbandonata. In questo incontro i bambini, divisi un due squadre, devono realizzare oggetti in pasta di sale che rappresentino cibo e acqua da portare alla piccola. Diritto alla vita e allo sviluppo In questo incontro i bambini dovranno partecipare ad una gara per realizzare oggetti che rappresentino cibo e acqua da portare, superando alcuni ostacoli. La classe viene divisa in due squadre. Ogni squadra deve riempire un cartone che sarà posto alla fine del percorso di gioco. Esempio di “cibo” da preparare: Panini, uova al tegamino, caramelle, coppette di gelato, piatti di pasta (questi possono essere fatti usando pasta vera da incollare ai piatti), polpette di carne, salsicciotti, frutta, verdura … (e quanto vi viene in mente) 2 Dispensa del laboratorio “Il gioco e il giocattolo nella didattica della scuola di base”. Dott.ssa Elena Musci Materiale necessario: colori a tempera, farina, sale, acqua, pennelli, bottiglie vuote, di diversa grandezza, ostacoli di diverso tipo (cerchi, sedie, birilli, …) N ono incontro: il diritto alla libertà e alla pace Ascolto della canzone di De Andrè “Girotondo” e laboratorio su disegni di ex-bambini soldato del Nord dell’Uganda. http://www.mostrabambinisoldato.org/disegni_sub1.php D ecimo incontro: Diritti e doveri: il rovescio della medaglia Attività motorie ludiche a squadre sul rispetto delle regole e sulla capacità di collaborare per vincere. Attività n. 1: La staffetta per l’acqua Materiale necessario: bottiglie di plastica. Se di diversa grandezza, si possono dare punteggi diversi. Dividere i bambini in due squadre dello stesso numero. 2 Dispensa del laboratorio “Il gioco e il giocattolo nella didattica della scuola di base”. Dott.ssa Elena Musci All’interno di ogni squadra far formare delle coppie. I bambini di ogni coppia si posizionano schiena contro schiena, interponendo tra loro una bottiglia di plastica. Iniziano il gioco una coppia per squadra. Scopo del gioco è portare al di là del percorso, nel cartone, più bottiglie possibili nel tempo stabilito. La maestra dà il via e le prime coppie iniziano il percorso: dovranno saltare nel cerchio, aggirare la sedia, passare sotto la corda, attraversare i birilli senza farli cadere (superare i diversi ostacoli, insomma). Appena la coppia arriva al termine posa la bottiglia e l’altra coppia della squadra riparte. Se durante il percorso la coppia lascia cadere la bottiglia, torna indietro e ricomincia tutto il percorso. Vince il gioco chi, nel tempo stabilito, porterà a destinazione più bottiglie. Attività n. 2: La staffetta per il cibo Dopo aver recuperato il cibo realizzato nell’ottavo incontro, i bambini devono portarlo, sempre seguendo le procedure della staffetta (quando un giocatore riesce a finire il suo compito, parte il secondo), in un piatto di carta sulla testa senza farlo cadere. L’articolo è on line all’indirizzo: http://www.thrillermagazine.it/rubriche/330 Il giorno del lupo (mannaro) di Lorenzo Trenti All'interno della raccolta di racconti Men and Cartoons del newyorchese Jonathan Lethem, ancora inedita in Italia, si trova un pezzo intitolato "The Vision", nel corso del quale alcuni dei personaggi si trovano per un gioco molto strano, fatto di efferati delitti in notturna ed esecuzioni in diurna condotte più sull'onda dell'isteria e della caccia a un capro espiatorio che non su approfondite indagini. Questo gioco è noto come Mafia ed è quasi impossibile rintracciarne la paternità autorale, non diversamente dalla morra cinese o dal pari e dispari. Le cose sono complicate dal fatto che il gioco si è diffuso tramite il passaparola con il nome e l'ambientazione fantastica di Lupi mannari. Ma come si gioca? Lupus in Tabula (DaVinci Games) Del regolamento sono in circolazione versioni pubblicate professionalmente; in italiano esiste per esempio Lupus in tabula, edito dalla DaVinci Games. Ma mettere in piedi un gioco di Lupi mannari o Mafia è facilissimo e per fare una partita di prova con le regole base non occorrono materiali particolari. Per prima cosa bisogna radunare attorno a un tavolo un congruo numero di giocatori, diciamo dai 9 in su. Vista la quantità di partecipanti, Lupi mannari è chiaramente un party game fracassone adatto a compagnie numerose e festaiole, ottimo per capodanni e serate analoghe. L'arbitro, che fa da moderatore in una vera e propria "narrazione giocata", racconta che siamo in un imprecisato villaggio rurale della Selva Nera (o in una cittadina statunitense se volete la versione Mafia). Il luogo è stato recentemente funestato da alcuni inquietanti omicidi avvenuti nel corso della notte: si sospetta la presenza di lupi mannari nel villaggio (o di killer mafiosi in città: avete capito). I superstiti ogni giorno si radunano e cercano allora di capire chi, tra loro, sia responsabile dei sanguinosi delitti, nel tentativo di fermarlo. Ci sarà un giro di accuse reciproche e poi si procederà con la messa al rogo del colpevole. Nel villaggio tutti si dichiarano contadini per ragioni fiscali, ma ogni giocatore pesca segretamente un bigliettino con su scritta la sua identità reale. Questo bigliettino va ovviamente tenuto segreto e non può essere mostrato a nessuno, nemmeno quando si è "morti". I nomi da scrivere sui bigliettini sono i più vari, a seconda delle versioni del gioco e di quanto lo si voglia complicare. Nella versione base, per una prima partita, potete iniziare semplicemente con: — due lupi mannari, che di notte si trasformano e aggrediscono assieme una vittima; 2 Dispensa del laboratorio “Il gioco e il giocattolo nella didattica della scuola di base”. Dott.ssa Elena Musci — un veggente, che ogni notte chiede alla propria palla di cristallo se un abitante è lupo; — un medium, che ogni notte parla con lo spirito degli abitanti bruciati e scopre chi era umano; — semplici contadini (tutti gli altri). Dopo che il narratore ha distribuito le carte e ognuno ha guardato che ruolo dovrà impersonare, il gioco va a iniziare, alternando fasi di notte e fasi di giorno. Si comincia con la prima notte, nel corso della quale il narratore avrà la possibilità di scoprire i ruoli dei giocatori. Il narratore dice «cala la notte»: a questo punto tutti chiudono gli occhi e tamburellano leggermente sul tavolo per creare un rumore di fondo. Il narratore chiama a questo punto i ruoli speciali, in questo modo: — «i lupi mannari aprono gli occhi e si riconoscono tra loro» — «i lupi mannari chiudono gli occhi» — «il veggente apre gli occhi e mi indica un altro abitante»; il narratore a questo punto deve dire «sì, è un lupo» o «no, non è un lupo» — «il veggente chiude gli occhi» Il medium nel corso della prima notte non entra in gioco; le vittime del primo giro sono personaggi fittizi (il narratore stesso, per esempio, in qualità di "personaggio non giocante"). Il narratore ordina «è giorno, aprite tutti gli occhi» e comunica che è stata trovata un'ennesima vittima orrendamente squartata. Urge fare qualcosa: si dia dunque inizio al processo! Durante la fase diurna inizia il dibattito con vicendevoli accuse. Chiunque può incolpare chiunque altro: chiaramente al primo turno tali accuse saranno completamente infondate e basate su particolari da giustizia sommaria (es: «Mario è peloso, sicuramente è un lupo!»); fa eccezione il veggente, che sa per certo se uno dei presenti è un lupo oppure no. Chiunque può millantare di essere il veggente, anche il veggente stesso; è ovvio però che in questo modo si espone a un grosso rischio, perché sarà con tutta probabilità la prossima vittima. Accusare qualcuno è un comportamento sospetto: in fondo potrebbe trattarsi benissimo di un lupo che tenta di deviare i sospetti su qualcun altro. Ma stare zitti e non accusare nessuno per non scoprirsi è un comportamento ancora più sospetto! Dopo alcuni minuti di dibattito, quando ritiene che siano state mosse sufficienti accuse, il narratore annuncia che il tramonto è vicino e che occorre decidere chi verrà giustiziato sul rogo. Partendo dal giocatore alla destra dell'ultima vittima (nel primo turno, quindi, dal giocatore alla destra del narratore), i giocatori dicono per chi votano e i votati devono indicare con le dita quanti voti hanno preso. Non è ammessa propaganda di alcun tipo nel corso delle procedure di voto. Quando le votazioni sono terminate, si scelgono i due abitanti che hanno ricevuto il maggior numero di voti (di più in caso di parità). Questi malcapitati vanno ora al ballottaggio, senza diritto di voto, ma possono tentare un'ultima arringa finale a propria discolpa, cercando di intenerire la giuria o di aizzarla contro uno degli altri candidati al rogo. Si effettua nuovamente un giro di votazioni e il poveretto indicato dalla volontà popolare come sicuro colpevole viene arso sul rogo. Woosh! Il giocatore esce dal gioco, non partecipa al dibattito (ovvio, è morto!) ma comunque non può rivelare a nessuno il bigliettino con la propria identità. Ma non c'è più tempo per complimentarsi dell'eccellente rogo, perché ormai è calata la sera e occorre rintanarsi nuovamente nelle proprie case. «Cala la notte» e tutti chiudono nuovamente gli occhi. La fasi notturne, dalla seconda notte in poi, seguono questo schema: — «il medium apre gli occhi e io gli comunico se la persona appena giustiziata era un lupo» (attenzione, il narratore lo comunica silenziosamente con un cenno del capo!) — «il medium chiude gli occhi» — «i lupi mannari aprono gli occhi e mi indicano chi vogliono uccidere» — «i lupi mannari chiudono gli occhi» — «il veggente apre gli occhi e mi indica un altro abitante»; il narratore deve dire «sì, è un lupo» o «no, non è un lupo» — «il veggente chiude gli occhi» Da notare che il narratore deve chiamare e fingere di far aprire gli occhi anche agli abitanti che non 2 Dispensa del laboratorio “Il gioco e il giocattolo nella didattica della scuola di base”. Dott.ssa Elena Musci esistono più: nessuno deve esser certo di nulla. Al veggente morto risponderà sempre in modo negativo. Terminata la notte inizia una nuova fase di giorno. Il narratore annuncia che tutti si svegliano tranne la vittima (che indica), trovata squartata in modo orribile. Si procede quindi alla fase diurna con il solito giro di accuse tra i giocatori rimasti vivi e un rogo finale, e così via. Quando non ci sono più lupi o umani vivi, il gioco termina. Vincono i lupi (anche morti!) se sono riusciti a sterminare il villaggio. Vincono gli umani, anche morti, se sono riusciti a scovare tutti i lupi e a bruciarli sul rogo. Nella versione Mafia abbiamo poliziotti e medici legali al posto di veggenti e medium, ma il meccanismo di base è ovviamente identico. --------------------------------------------------------------- Favola motoria Animazione e gioco. Gli obiettivi formativi dell'animazione e del gioco sono: - capacità di riconoscere percettivamente le dimensioni, di denominarle e rappresentarle. - capacità di percepire le posizioni nello spazio, di denominarle e di rappresentarle (dentro-fuori, vicino-lontano, davanti- dietro, sopra-sotto, in mezzo – da un lato e dall'altro). - capacità di percepire le dimensioni: grande-piccolo; alto-basso; lungo – corto; largo -stretto; spesso-sottile. Esempi: 1) Cammina cammina la notte si avvicina (camminare), incontro un rriscello e faccio un saltello (saltare) incontro un grosso sasso, scavalco e lo sorpasso (scavalcare), incontro uno spino e non ci passo vicino (allontanarsi), incontro un carrretto e sopra mi ci metto (salto in alto). È tardi, corro viae ritorno a casa mia (tutti corrono e fanno la gara per chi corre più forte per tornare a casa) 2) Alice nel paese delle meraviglia: “Alice dorme sotto un albero, si sveglia e vede un coniglio bianco saltare. Il coniglio si infila in una tana e Alice lo segue gattonando, ma ad un certo punto comincia a rotolare come una palla. Alice si ferma (ad un segnale convenuto), assaggia uno strano fungo e diventa piccola piccola. Ne mangia un altro pezzetto e diventa grande grande (stendere il corpo). Arriva in uno strano paese, i cui abitanti sono le carte da gioco (diventare più piatti possibile). Anche i soldati sono carte da gioco e portano lunghe lance (diventare a punta e più alti possibile). In questo strano paese anche le rose parlano e per parlare si aprono e quando smettono di parlare si chiudono (sviluppare in ampiezza il proprio corpo e restringerlo al massimo: Es. seduti per terra, con la testa frsa le ginocchia e le braccia intorno alle gambe). Alice incontra il bruco lunghissimo che scivola sulle foglie lentamente, il bruco poi per riposare si acciambella in un fiore (assumere una forma curva). Come creare le storie: I gruppi ricevono dei cartellini con le domande chiave a cui devono fornire le risposte. L'insegnante raccoglie i cartellini divisi per domanda. Ogni gruppo pesca un cartellino per domanda e in base a quanto scritto realizza una storia includendo le parole pescate. Domande: − − − − Quante volte/quando Dove ChiaramenteCosa faceva/facevano Che cosa/Chi Gruppo five La rana Camilla e le sue amiche, nello stagno, di buon mattino si svegliano, si stiracchiano (ruotano il collo, allungano le braccia, inclinano il tronco a destra e sinistra, allungano le gambe), si guardano intorno per vedere se c'è qualche bel ranocchietto. Ad un certo punto avvertono dei rumori al di là dello stagno. Incuriosite da questi rumori si mettono in cammino e saltellando saltellando (i bambini saltellano) da un sasso all'atro, da una foglia all'altra, arrivano in un bellissimo prato fiorito, dove ci sono tanti ranocchietti che giocano a palla (a bambini fingono di lanciarsi la palla). Le ranocchiette entusiaste chiedono di poter giocare con loro. Insieme trascorrono un bel pomeriggio. 2 Dispensa del laboratorio “Il gioco e il giocattolo nella didattica della scuola di base”. Dott.ssa Elena Musci Bibliografia La bibliografia è stata organizzata indicando i testi utilizzati a lezione e altri testi che è possibile recuperare in Rete o in Libreria. I libri sono stati individuati secondo i temi affrontati durante il laboratorio. Testi utilizzati a lezione Mondoni Maurizio, Salvetti Cristina, Dire, fare, giocare. Un testo guida per gli operatori della scuola d'infanzia, libreria dello sport, Milano 2006. La vita scolastica, Firenze, Giunti. Dossier n. 1 e 2 del 2007. Sesamo, rivista allegata alla Vita scolastica, Giunti, Firenze. Taroni F., Giocare con gli altri in cerchio. Giochi di collaborazione e di fiducia per conoscere meglio se stessi e gli altri, Itaca, Castel Bolognese 2005. http://www.lameridiana.it/ Testi utilizzati a lezione R. Portmann, Anche i cattivi giocano. Giochi per gestire l'aggressività, edizioni la meridiana, Molfetta 1997. B. Fuchs, Fare gruppo. 160 giochi per creare il clima giusto, edizioni la meridiana, Molfetta 2006. M. Caldera, T. Santomauro, Parole in gioco, Esercizi e attività di ludolinguistica, edizioni la meridiana, Molfetta 2010. Altro per approfondire… B. Sidoti, Giochi con le storie. Modi, esercizi e tecniche per leggere, scrivere e raccontare, edizioni la meridiana, Molfetta 2005. A. Cecchini, E. Musci, Differenti? È Indifferente, Conoscere le differenze culturali e fare in modo che non ci importi, edizioni la meridiana, Molfetta 2008. E. Euli, I dilemmi (diletti) del gioco Manuale di training, edizioni la meridiana, Molfetta 2004. M. Nusbaum, Bolle di rabbia. 55 suggerimenti... quando il bambino fa i capricci, edizioni la meridiana, Molfetta 2004. G. Kaufmann-Huber, Gira gira il mondo… I bambini e il bisogno di rituali, edizioni la meridiana, Molfetta 2000. P. Stamer-Brandt, La regola vale. 55 suggerimenti...per aiutare i bambini ad apprendere le regole, edizioni la meridiana, Molfetta 2004. M. Stiefenhofer, Una bella litigata. 55 suggerimenti...quando i bambini litigano, edizioni la meridiana, Molfetta 2003. http://www.centroformazionecreativa.com/ Sezione Animazione (www.orioeditore.com) Testi utilizzati a lezione Orio Editore; Collana: I QUADERNI DI MARGHERITA (Libro + Audiocassetta) 1 - IL SÉ CORPOREO 3 - TUTTO ACQUA 5 – AMBIENTE 6 - COLORI E SENTIMENTI Altro per approfondire… 4 – ANIMALI Carocci Faber www.scuolafacendo.carocci.it Testi utilizzati a lezione Antonio Di Pietro, GIOCHI E GIOCATTOLI DI UNA VOLTA, Roma 2007. 2 Dispensa del laboratorio “Il gioco e il giocattolo nella didattica della scuola di base”. Dott.ssa Elena Musci Altro per approfondire… Valeria Di Modica, Adriana Di Rienzo, Roberto Mazzini, LE FORME DEL GIOCO. Tecniche espressive per i laboratori interculturali. Roma 2005. Cinzia Mandas, Renato Perra, Andrea Pittau, DA UNA SCOPA... UN CAVALLO. Costruire giochi e giocattoli, Carocci, Roma, 2006 Alessandra Anceschi, LUDUS IN MUSICA, Giochi per l'attività didattica nella scuola primaria, Carocci, Roma, 2007 Caneva Airaudo L., Volpi A. , La scienza in gioco, Carocci, Roma, 2006 Gianfranco Staccioli, CULTURE IN GIOCO. Attività ludiche per l'apprendimento, Carocci, Roma, 2004 Gianfranco Stacciali, Antonio Di Pietro, REFFO RIFFO RIFFO RERO. Giochi ritmici di mani, Carocci, Roma 2006. Edizioni Gruppo Abele http://www.egalibri.it/ Testi utilizzati a lezione Rita D'Alfonso - Giacomo Garghentini - L. Parolini, Emozioni in gioco. Giochi e attività per un'educazione alle emozioni, EGA, Torino 2005. Daniele Novara, Elena Passerini, La strada dei bambini. 100 giochi di strada, EGA, Torino 1999 -II ediz. 2002 Paola Manicotti, Il mondo in gioco. Giochi di strada per l'educazione interculturale, EGA, Torino 2007. Eliane Whitehouse - Warwick Pudney, Ho un vulcano nella pancia, EGA, Torino 1999, II ed. 2001 AA. VV. Il quadernone per colorare le emozioni, EGA, Torino 2005. Daniele Novara (a cura di), Abbracci e litigi, EGA, Torino 2004. Edizioni Junior , Azzano San Paolo http://www.edizionijunior.com/ Battista Quinto Borghi e Rodolfo Apostoli (a cura di), Giocare e documentare nella Scuola dell’Infanzia. Un’esperienza in rete, 2001. Paola Soccio e Francesca Bertolli a cura di Paola Soccio, Eugen Galasso, Barbara Ritter, Il tempo delle storie Esperienza di educazione al movimento espressivo del corpo, del suono, della parola Battista Quinto Borghi, Crescere con i laboratori. Manuale di didattica dei laboratori nella scuola dell’infanzia a cura di Pia Antonimi, Scoprire, conoscere e giocare con la natura a cura di Rodolfo Apostoli, Gioco, giocattoli, giocare. A che gioco giochiamo? Riflessioni intorno al gioco nella Scuola dell’infanzia Anna Bondioli e Donatella Savio, SVALSI - Osservare il gioco di finzione. Una scala di valutazione delle abilità ludico-simboliche infantili Edizioni Erickson http://www.erickson.it/ Mario Di Pietro , Monica Dacomo, Giochi e attività sulle emozioni. Nuovi materiali per l'educazione razionale-emotiva, Trento 2007. Margot Sunderland, Aiutare i bambini... a esprimere le emozioni. Attività psicoeducative con il supporto di una favola, Trento 2005. RED Edizioni http://www.red-edizioni.it J. – C. Olivier, GIOCHI DI LOTTA, Como, 2001. Doyon-Richard Louise, GIOCARE PER IMPARARE, Warner Sally, IL PICCOLO ARTISTA 3 Dispensa del laboratorio “Il gioco e il giocattolo nella didattica della scuola di base”. Dott.ssa Elena Musci Kreusch-Jacoob Dorothée, LA FABBRICA DEI SUONI Vicki, Woolf, GIOCHI DI MOVIMENTO N. Laniado, G. Pietra, RUBABANDIERA Altri siti utili: http://www.cemea.it/editoria.php3 http://www.ludens.it Editrice Missionaria Italiana http://www.emi.it/ Testi utilizzati a lezione D'Andretta Pasquale , IL GIOCO NELLA DIDATTICA INTERCULTURALE, EMI – 1999 Altro per approfondire… Anke Miltenburg - Alessio Surian, APPRENDIMENTO E COMPETENZE INTERCULTURALI Quaderno dell`interculturalita` - n. 24. 20 giochi e attività per insegnanti e educatori. Pasquale D'Andretta, FARE INTERCULTURA IN LABORATORIO 3