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Capitolo 1- CAFFÈ - Portale dell`educazione
Capitolo 1- CAFFÈ Non si scriverà mai abbastanza sui mali del lavoro minorile. Non si scriverà mai abbastanza sui mali fisici, psichici, intellettivi, morali subiti dai bambini che sono condannati al lavoro. Altri prodotti vengono da lontano e non sempre ne conosciamo la storia. Ricerchiamo e approfondiamo la nostra conoscenza sul La pianta del caffè e originaria degli altipiani dell'Etiopia, ma la coltivazione e il suo uso come droga eccitante iniziò probabilmente nello Yemen, nella provincia di Mokka, per secoli la principale fornitrice per i mercati arabi; è da questa che gli Arabi nel X secolo e i Turchi poi traevano una bevanda. Un diffuso racconto sulla scoperta degli effetti psicoattivi del caffè riguarda un capraio di nome Kaldi..... ... Le capre ballerine e i dervisci instancabili... " un pastore abissino di nome Kaldi stava pascolando il suo gregge intorno a Mokka, città e Yemenita, quando vide ballare come matte le sue capre che avevano brucato delle bacche rosse da un grosso cespuglio. Il pastore, sorpreso dallo strano effetto sortito, ne informò il priore del monastero Cheodet, l'abate Yahia, al quale apparteneva il gregge. Il monaco, non dando credito al racconto del pastore, gettò nel fuoco delle bacche malefica. Inaspettatamente, da quelle bacche abbrustolite, cominciò ad emanare un intenso e piacevole aroma che induceva ad indagare sul loro mistero. Nel tentativo di recuperarli, i chicchi anneriti vennero messi in acqua in infusione, in questo modo si scoprì che se ne poteva ricavare una bevanda gradevole nel gusto e che poteva essere somministrata ai dervisci del convento in modo che ne risultassero rinvigoriti e potessero pregare tutta la notte senza addormentarsi. La bevanda ottenuta fu denominata, in arabo "kah wah" o "Cahuè", cioè forza e, nella versione turca, "kahvè" che significa lo stimolante, l'eccitante ". (tratto da "De saluberrima potione", Il caffè e una pianta tropicale: cresce solo nelle regioni tropicali o subtropicali, tra i 23° di latitudine Nord e 25° di latitudine sud. Necessita di una temperatura media compresa tra il 17 e i 23 gradi, di abbondanti precipitazioni e di buona condizione del terreno. I semi del caffè vengono seminati singolarmente: dopo cinque o sei settimane iniziano spuntare le prime pianticelle. Dopo sei mesi le piante vengono trapiantate tenendo distanziate da 2 a 4 metri tra l'una e l'altra. Dopo 4 anni sbocciano i primi fiori, che danno i frutti, ma sono necessari ancora da 9 a 12 mesi per la maturazione. Piante di banane, mais o altri alberi ombrosi proteggono spesso le piante di caffè dei raggi di sole troppo forti; ciò migliora la resa delle piante. Sarchiatura, potatura, concimazione, innaffiamento e lotta contro i parassiti danno lavoro per l'intero anno ai coltivatori di caffè. Mediante continue operazioni di potatura, le piante di caffè vengono mantenute ad un'altezza da 2,5 a 3 metri; ciò aumenta la resa e facilita la raccolta. Alla raccolta il lavoro è particolarmente intenso, le ciliegie delle piante di caffè durante la maturazione mutano il loro colore dal verde al rosso; circa nove mesi dopo la fioritura sono mature e possono essere raccolte. Mai comunque tutti i frutti maturano contemporaneamente. Si trovano perfino frequentemente fiori e frutti sullo stesso ramo. Perciò fino ad ora ogni tentativo di meccanizzare la raccolta è fallito: la raccolta del caffè rimane un lavoro manuale che dura da 2 a 4 mesi ed impegna molte persone. I frutti raccolti sono immagazzinabili solo per pochi giorni, perciò la raccolta è direttamente legata alla lavorazione del caffè. I chicchi (noccioli dei frutti chiusi) devono essere separati dalla polpa. Per questo ci sono due differenti procedimenti: la lavorazione a secco e quella a umido. Nel processo a secco le ciliegie del caffè vengono asciugate al sole o in essicatori a tamburo, poi la polpa essiccata e la pelle circostante vengono separate dai chicchi, che vengono quindi selezionati e imballati in sacchi. Molto più dispendioso è il processo di lavorazione a umido, che viene utilizzato per le qualità migliori. I frutti vengono messi in serbatoi d'acqua a bagno in canali in modo da togliere le impurità. Nel cosiddetto pulper la polpa viene spremuta via dai chicchi, in seguito i chicchi fermentano nelle vasche di fermentazione sciogliendo il resto della polpa. Attraverso il lungo bagno i chicchi perdono anche una parte del'acidità naturale. Dopo l'ultimo lavaggio in lunghi canali, i chicchi vengono essiccati su piani di calcestruzzo o in essicatoi, e con macchine sbucciatrici vengono ripuliti dall'ultimo involucro (pelle di pergamenapellicine d'argento ). Come avanzo rimane, accanto al caffè grezzo, la polpa del frutto. Per questo procedimento sono richiesti circa 130-150 litri di acqua per ogni chilo di caffè grezzo finito. Arabica e robusta Ci sono più di 80 tipi di caffè, due soli dei quali hanno un vero significato economico, con una quota del '99 % della produzione mondiale: L’Arabica e il Robusta. L'Arabica viene coltivato soprattutto in America Latina, Africa orientale, India e Papuasia-Nuova Guinea. I chicchi e i frutti dell'arabica vengono ottenuti sia a umido (lavati ) sia a secco ( non lavati ). In commercio le qualità lavate vengono indicate a seconda della provenienza come " Colombia milds" o "Other Milds” e le qualità non lavate come “Brasilian & Other Arabicas". L'arabica e molto aromatica e contiene meno caffeina del robusta. La richiesta di qualità Arabica è grande, perciò il 70-75% della produzione mondiale è Arabica. Il caffè Arabica è del 10-30% più caro della Robusta. Il Robusta proviene prevalentemente dall'Africa occidentale, dall'Uganda, dall'Indonesia e Madagascar, ma anche dal Brasile e dall'India. Il caffè Robusta ha un sapore più amaro dell'Arabica, è meno aromatico e presenta maggiore acidità. Le piante di Robusta si sviluppano però più rapidamente, il raccolto è più ricco e più resistente ai parassiti delle piante di Arabica. La caffeina prodotta dalle piante ha la doppia funzione di insetticida, consentendo alla pianta di difendersi dai parassiti, e germicida, permettendo la difesa dalla vegetazione circostante. Coltivazione biologica del caffè Quando le piante vengono coltivate con fertilizzanti e antiparassitari chimici, i residui velenosi non arrivano nella tazza del caffè ma rimangono sulla buccia della ciliegie, cioè nel paese di produzione, ed eventuali residui nei chicchi vengono eliminati durante il processo di tostatura. Presto l'uso della bevanda si estese e varcò i confini dello Yemen, arrivando, tramite i mercanti e i navigatori, in Occidente. In seguito, le potenze coloniali europee esportarono e coltivarono una pianta nelle “terre conquistate". Il caffè divenne una delle più importanti voci attive del bilancio di alcuni di questi paesi colonizzati, con effetti, tuttavia, poco vantaggiosi per le popolazioni locali. COSA ABBIAMO SCOPERTO FINORA SUL CAFFÈ? Per avere un'idea più chiara di chi guadagna davvero dalla vendita del caffè, vale la pena dare uno sguardo alla composizione del prezzo finale. Da quest'esame si nota subito che la maggior parte dei soldi che noi paghiamo si ferma nel Nord, perché il prezzo al dettaglio è 7 volte più alto del prezzo pagato ai paesi produttori. Ciò significa che per ogni 100 lire che paghiamo su ogni pacchetto di caffè, ben 87 si fermano al Nord, e solo 13 tornano nel Sud. A loro volta queste 13 lire sono ulteriormente spartite fra lo Stato, l'esportatore, il grossista, e i produttori. IL LAVORO MINORILE Dallo schema precedente abbiamo capito che ai contadini spetta una piccolissima parte della cifra che noi paghiamo per un pacco di caffè. Se una confezione costa 5000 lire al produttore vanno appena 150 lire. DAVVERO UNA MISERIA! In questa situazione gli agricoltori non hanno denaro per pagare i braccianti che li aiutano nel lungo lavoro che comporta la produzione di caffè. Sono quindi costretti a far lavorare nei campi anche i loro figli fin dalla più tenera età. In molti paesi i bambini iniziano lavorare a cinque o sei anni e quindi vengono privati del loro diritto all'istruzione. Questa incresciosa realtà non è legata solo alla produzione del caffè ma è una caratteristica che si riscontra in molti paesi poveri e non solo. 250 MILIONI DI MINORI AL LAVORO Nel mondo, il numero dei minori che lavorano di età compresa fra i 5 e14 anni, ammonta a circa 250 milioni. Ma dove lavorano questi piccoli sfruttati? Contrariamente a quanto si crede non lavorano solo nel terzo mondo; l'Unione europea ne conta circa 2 milioni, in particolare in Gran Bretagna e nell'Europa meridionale: Portogallo, Spagna, Italia, Grecia. Questo riguarda numerosi settori: la lavorazione del cuoio, l'industria tessile, l'edilizia, le riparazioni di autoveicoli, il restauro eccetera. Negli Stati Uniti lo sfruttamento dei minori è ampiamente praticato, specialmente fra gli immigrati ispanici e soprattutto nell'agricoltura. Le coltivazioni agricole nelle vicinanze della frontiera messicana, ma anche le grandi fattorie del nord del paese, impiegano un numero considerevole di adolescenti, in aumento di anno in anno benché le autorità tentino di porvi rimedio. Infine l'Europa orientale assiste allo sviluppo massiccio di questo fenomeno per il crescente impoverimento delle famiglie. Beninteso, é nel terzo mondo che il fenomeno assume le sue massime proporzioni: nei paesi in via di sviluppo lavora mediamente un minore ogni quattro, l'Asia ha la metà dei minori sfruttati nel mondo; l'Africa non è da meno, perché vi lavora un minore ogni tre, mentre in America Latina ne lavora uno ogni cinque. MOLTEPLICITÀ DI CAUSE Le cause del lavoro minorile sono molteplici. La prima e senza alcun dubbio la povertà, la precarietà delle condizioni di vita. Molte volte, soprattutto quando i genitori sono disoccupati, il reddito generato dai loro piccoli diventa essenziale. Povertà delle famiglie ma anche povertà degli stati. Questi dedicano risorse insufficienti all'istruzione mentre si affannano a rimborsare gli interessi dei loro debiti, costretti a produrre colture da reddito come cacao, caffè, banane, thè, con le quali ottengono valuta pregiata. Fiaba del chicco di caffè FIABA DEL CHICCO DI CAFFÈ Chiara e Zongo fecero una gran corsa tra barattoli e sacchetti, fino a raggiungere lo scaffale del caffè. " Vedi quanti barattoli?". " Tantiiii!" " Sono belli, colorati, non è vero!" " Siiii!" " Ecco, guarda questo barattolo qui, come ti sembra?" " È un po' meno bello". " Sai cosa c'è scritto! " " No" "COMMERCIO EQUO SOLIDALE. Siediti qui che bussiamo". " Bussiamo dove?" " Nel barattolo". " E chi c'è?". " Adesso vedrai", disse Zongo; e toc toc, bussò sul coperchio del barattolo di caffè. " Chi è?", disse una vocina dal di dentro. " Io, Zongo, poi aprire?" Si sentirono dei passi nel barattolo. Dopo un po' il coperchio si aprì e apparve un chicco di caffè con i baffi, che sbuffava. " Ciao, come stai Pedro?", disse Zongo. " Abbastanza bene e tu?-Rispose il chicco, stropicciandosi un po' gli occhi. -Scusa, ma ho fatto un viaggio lungo per arrivare fino qui". " Lo so, senti, io è Chiara siamo venuti a sentire la tua storia. Hai tempo per raccontarcela?" " Sì, sì volentieri, ma poi torno a dormire". Il chicco uscì dal barattolo, si sedette vicino a Chiara e cominciò a raccontare. " Mio padre si chiamava Pablo e anche lui faceva il chicco di caffè. Fin da quando era piccolo aveva vissuto nei campi di caffè con tutti i suoi parenti. Erano amici con Manuel, il contadino, che è un po' il padre di tutti noi chicchi. E’ lui che ci prepara la terra. Tutti i santi giorni di tutte le sante settimane stava là, nel suo campo insieme a sua moglie a zappare e a raccogliere. Però guadagnava poco. Poveri erano nati e poveri erano rimasti. A noi dispiaceva vederli tristi, perché gli volevamo bene. Ogni anno, quando noi chicchi eravamo maturi, ci ammucchiavano dentro dei sacchi lungo la strada. Stavamo lì, stretti stretti. Poi arrivavano i signori delle compagnie e si mettevano a discutere con Manuel sul prezzo. Ogni anno pagavano sempre meno, perché, così dicevano loro, il caffè doveva poi essere tostato da altri, lavato da altri ancora, macinato da chissà chi, poi messo nei barattoli e spedito in Europa e allora loro dovevano spendere un sacco di soldi. Si lamentavano sempre, e Manuel con i suoi vicini di casa, che erano anche loro padri di altri chicchi come noi, dovevano stare lì ad ascoltare le lamentele di quegli uomini delle compagnie. Intanto ero cresciuto e pian piano avevo cominciato anch'io a fare ogni anno quel viaggio dal campo fino ai negozi d'Europa. Però non mi piaceva tanto. Finché era Manuel a raccogliermi, a tenermi nella sua mano sporca di terra, a mettermi nel sacco, ero contento, perché sentivo che lui ci voleva bene. Poi però arrivavano quegli altri e non mi piaceva come mi trattavano. Passavo da una mano all'altra, ma nessuno mi guardava, nessuno mi accarezzava, nessuno mi diceva che ero un bel chicco, come faceva Manuel. A quelle mani non importava niente di me e poi puzzavano sempre di soldi. Un giorno arrivarono al villaggio due giovani dall'aria simpatica. Chiesero di poter parlare con gli uomini che coltivavano il caffè. Si radunarono tutti sulla piazza, anche Manuel, e i giovani iniziarono a spiegare che non era giusto che loro guadagnassero così poco, mentre quelli delle compagnie si arricchivano. Non erano forse loro che faticavano tutto il giorno su quei campi? Gli uomini ascoltavano a testa bassa e noi chicchi eravamo tutti lì, con le orecchie ben aperte per sentire cosa dicevano quei ragazzi. I due spiegarono che in Europa stavano aprendo delle botteghe che vendevano il caffè comprandolo direttamente dai contadini, senza passare per altre mani e che invece di dare soldi a quelle altre mani, li davano tutti a chi coltivava il caffè. Gli uomini discussero un po', poi decisero di provare. Quando noi chicchi fummo maturi ci vendettero a quei giovani e guadagnarono meglio di prima. Anche noi eravamo più felici per loro e quando arrivarono quelli delle compagnie rimasero a bocca asciutta, perché ormai ci avevano già imbarcati sulla nave. Anche nelle botteghe si sta meglio di prima, la gente che ci compra parla sempre degli uomini del villaggio, chiedono se stanno bene. Non so come fanno a conoscerli, ma quando prendono il barattolo, dicono " speriamo che serva ad aiutare quei poveri contadini!". Così adesso facciamo questo viaggio una volta all'anno, ma ora sono più contento e anche gli altri chicchi sono felici. Sulla nave cantiamo tutto il tempo. Questa gente ci vuole bene, si sente dalle loro mani!". " Che bella storia!", disse Chiara. " Ti è piaciuta?", le chiese Zongo accarezzandola. " Proprio bella". " Sono contento -disse Pedro- e ora scusatemi, torno a dormire perché muoio dal sonno". " Ciao Pedro, buonanotte!" Disse chiara e lo accarezzò con la manina. Pedro si allungò e le diede un bacino sulla guancia, pungendola un po' con i suoi baffi: " anche tu mi vuoi bene. Lo sento dalle tue mani".