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Scarica e leggi il testo completo della riflessione
La magistratura italiana: tra valutazioni di professionalità e giudizi
disciplinari
E’ trascorso un anno dall’inizio della mia esperienza di componente del
Consiglio Giudiziario di Milano e la tematica delle valutazioni di
professionalità è stata quella che mi ha offerto numerosi spunti di riflessione.
La circolare sulle valutazioni di professionalità ha indubbiamente avuto il
merito di specificare in modo dettagliato gli indicatori per ciascun parametro
al fine di offrire ai Dirigenti degli Uffici e, quindi ai Consigli Giudiziari, un
sistema di elementi su cui basare il giudizio relativo all’attività svolta dal
magistrato nel quadriennio di riferimento.
Ma è la scelta legislativa ciò che impedisce di poter valutare con obiettività la
professionalità dei magistrati italiani; la rigidità del dettato legislativo – con
riferimento alla valutazione dei quattro parametri - non dà la possibilità di
poter formulare un giudizio autenticamente unitario.
Quindi occorrerebbe una modifica della normativa primaria che, in
particolare, consenta soprattutto di valutare unitariamente i parametri della
diligenza, della laboriosità e dell’impegno: si tratta di parametri che sono
ontologicamente collegati e non si comprende perché debbano essere valutati,
invece, in modo distinto; il parametro della capacità riveste, invece,
caratteristiche diverse.
Deve, infatti, evidenziarsi che mentre i pre – requisiti ( indipendenza,
imparzialità ed equilibrio ) ed il parametro della capacità risentono in misura
ridotta di componenti e fattori estranei alla sfera valoriale e di comportamento
del singolo, gli altri tre parametri sono fortemente influenzati da elementi di
variabilità non solo spesso indipendenti dalla condotta del singolo magistrato,
ma molto frequentemente dallo stesso “ subiti”.
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Le conseguenze della scelta legislativa sono aggravate dai recenti orientamenti
del CSM sia in tema di valutazioni di professionalità che in tema di
responsabilità disciplinare.
Le riflessioni che seguono riguardano il tema dei ritardi nel deposito dei
provvedimenti; gli altri casi in cui si perviene ad una valutazione non positiva
o negativa o all’affermazione di responsabilità disciplinare per altri illeciti
costituiscono casi meno numerosi e, a mio parere, meno “ influenzati” da
fattori esterni alla condotta del singolo.
Prima di evidenziare alcuni elementi di riflessione occorre forse tentare di
individuare le cause dei ritardi e provare a riflettere se esistono degli
strumenti di prevenzione.
Le cause sono molteplici e, tra queste, se ne possono individuare almeno tre:
1) difficoltà del singolo magistrato ad organizzare il proprio ruolo non
connesse alla specifica situazione lavorativa, ma a “ deficit” di carattere
personale;
2) difficoltà dipendenti dalla specifica situazione lavorativa in cui il
magistrato si trova ad operare;
3) difficoltà dipendenti non da “ deficit” di carattere personale, ma da una
progressiva perdita di interesse per il lavoro giudiziario congiunta alla
ricerca di incarichi o allo svolgimento di altre attività che comportano
vantaggi economici o anche solo soddisfazioni di natura “ morale”;
La prima di tali cause è quella meno interdipendente dei mutamenti economici
e culturali che hanno investito la nostra società e, quindi, anche il nostro
lavoro; le altre sono strettamente connesse a questi mutamenti che hanno
determinato in molti territori e in molti uffici una difficile situazione lavorativa
caratterizzata da carichi di lavoro eccessivi, da organici ridotti, da personale
amministrativo insufficiente ecc.; situazione che negli ultimi anni è
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indubbiamente peggiorata; tra le conseguenze di ciò deve annoverarsi oltre
alla oggettiva percezione di non rendere giustizia ai cittadini a causa
dell’allungamento dei tempi dei processi anche, purtroppo, una forte
disaffezione che serpeggia e che cresce per il nostro faticoso lavoro
quotidiano.
Lavoro non valutato economicamente allo stesso modo di quello svolto dai
giudici amministrativi; deve, quindi – attraverso una ripresa della riflessione in
seno alle correnti e l’azione dell’ANM – essere perseguito l’ obiettivo di
parificazione del trattamento economico; lavoro che
- per le condizioni
concrete in cui è svolto – rischia di farci perdere di vista la natura dello stesso
che non può essere equiparato ad altre attività in quanto esercizio di un potere
dello Stato e per il quale non possiamo barattare le nostre prerogative
costituzionali in cambio di vantaggi economici; ma non possiamo neppure
accettare che delle situazioni oggettive di difficoltà ne siano vittime i
magistrati; in questi ultimi anni, infatti, mentre la magistratura ha lealmente
applicato continuato ad applicare le leggi dello Stato intensificando i sistemi di
controllo al proprio interno e a tutti i livelli, non si è assistito ad un’azione
veramente riformatrice della politica intesa ad apprestare le risorse strutturali e
ad incidere sugli istituti processuali( sia nel settore civile che nel settore penale)
che determinano l’allungamento dei tempi dei processi e le numerose
inefficienze.
E’ peraltro, indubbio, che
la difesa dell’assetto costituzionale non può
significare che l’autonomia e l’indipendenza del magistrato possano essere
esercitate senza l’esistenza di un effettivo sistema di controlli sulla
professionalità in quanto, altrimenti, potrebbero tradursi nell’affermazione di
un’assoluta deresponsabilizzazione che, portata alle estreme conseguenze, può
tramutarsi in arbitrio.
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Per rispondere oggi alle accuse intese a delegittimarci che ci dipingono come
una “ casta” è necessario, a mio avviso, che il sistema disciplinare accerti e
sanzioni tutte quelle condotte che minano la credibilità della magistratura,
l’indipendenza, l’imparzialità nonchè l’effettiva neghittosità e la consapevole
superficialità nell’ esercizio della funzione; ciò implica che deve essere costante
sia l’attenzione sulla questione morale al nostro interno sia l’attenzione a che
il sistema disciplinare non finisca, invece, per muoversi alla ricerca di
sanzionare violazioni formali relative al mancato rispetto dei termini, valutate
spesso in modo isolato dal contesto organizzativo del’ufficio.
Occorre, quindi, riflettere sull’attività di prevenzione che deve avere come
protagonisti sia il singolo magistrato che il Dirigente dell’Ufficio
a) Il singolo magistrato deve svolgere un’attività di prevenzione basata sulla
conoscenza e valutazione – sin dal momento iniziale dell’insediamento
nell’ufficio delle cartatteristiche qualitative e quantitative del proprio ruolo con
particolare riguardo ai processi più complessi e più risalentiiti – nonché degli
assetti organizzativi complessivi dell’ufficio.
Al fine di supportare soprattutto i magistrati più giovani che spesso sono
quelli che scontano maggiormente le conseguenze di scelte organizzative
irrazionali o illegittime effettuate in violazioni delle circolari sulle tabelle, è
necessario che in ogni ufficio il nostro Gruppo sia presente mediante l’attività
di uno o più magistrati che, con spirito di servizio, possano farsi interpreti
delle esigenze dei colleghi più giovani al fine di evitare che questi siano lasciati
soli e, conseguentemente, o diventino i capri espiatori di situazioni create da
altri nel corso del tempo o perseguano, svilendo l’esercizio della funzione, solo
l’obiettivo di individuare le soluzioni che li “ proteggano” da possibili
problemi in sede disciplinare.
Particolare rilevanza assume - anche a fini preventivi in quanto consente al
singolo di acquisire maggiore consapevolezza del lavoro svolto – la redazione
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della c.d. autorelazione del magistrato sottoposto a valutazione di
professionalità.
Tra le modifiche adottate il 25 luglio 2012 dal CSM della circolare n. 20691
dell’8 ottobre 2007 particolare rilievo assume la parte secondo cui “ la relazione
deve tendenzialmente strutturarsi considerando l’ordine e l’articolazione dei parametri di
valutazione indicati nella parte I della Circolare, nella prospettiva di ottenere informazioni
precise e coerenti ai canoni di valutazione vigente ma non “ ingessate” rispetto alla ricchezza
e varietà possibile delle esperienze professionali presenti in magistratura”; quindi è un
dovere, ma è anche interesse del magistrato quello di fornire in modo
obiettivo tutti gli elementi fattuali utili a comprendere il lavoro effettivamente
svolto, a leggere in modo corretto le statistiche comparate allegate, a dare
conto di quali modalità sono state adottate nell’organizzazione del proprio
lavoro e nel contenimento dell’arretrato, a fornire informazioni precise sui
sistemi adottati per il rispetto dei termini nonché su quali attività di
collaborazione sono state svolte nell’interesse dell’ufficio; è importante che in
sede di auto relazione – qualora nel quadriennio in valutazione si siano
verificati dei ritardi – si indichino le ragioni di tali ritardi ( che possono essere
delle tipologie più diverse : da motivi di salute proprie o di familiari
all’assunzione di incarichi istituzionali, all’ esistenza di carichi di lavoro
ingestibili ).
Altro momento da valorizzare per acquisire consapevolezza dei problemi
organizzativi dell’ufficio ( che inevitabilmente si riverberano sulla quotidianità
del lavoro svolto dal singolo magistrato ) potrebbero essere le riunioni
periodiche dei magistrati dell’ufficio che potrebbero quindi, servire, non
solo a discutere sulle innovazioni legislative e sull’evoluzione della
giurisprudenza ma anche su specifici problemi organizzativi dell’ufficio così
condividendo, insieme al Dirigente dell’Ufficio, anche le scelte più idonee per
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la soluzione di criticità e per l’ arricchimento professionale reciproco,
finalizzati ad una migliore risposta di giustizia;
b) L’attività di “ prevenzione” che il dirigente deve svolgere è strettamente
connessa alla sua capacità organizzativa e a quella di riuscire a coinvolgere tutti
nella risoluzione dei problemi; la nomina dei dirigenti è un compito difficile,
ma, spesso, ritengo che sia ancora più difficile la valutazione dell’attività svolta
ai fini della conferma o meno; a mio avviso tra gli elementi da tener in
considerazione è quello di individuare come tale attività volta a “ prevenire” i
ritardi e, quindi, le ricadute negative sui singoli magistrati sia stata esercitata;
ciò richiede una forte responsabilizzazione di tutti i magistrati dell’ufficio
e, in particolar modo del Dirigente, che deve operare una vigilanza non di
natura burocratica o repressiva, bensì finalizzata al rispetto delle regole,
all’individuazione delle situazioni critiche che possono riguardare un singolo o
un settore, alla ricerca di soluzioni effettive; riporto perché mi sembra che
possa sintetizzare al meglio il mio pensiero la parte finale di una relazione del
collega Maurizio Millo “ Si tratta di divenire tutti, naturalmente a cominciare dai
dirigenti, molto più consapevoli che solo l’innesto del lavoro personale su un sistema positivo
nel suo insieme può dare vere soddisfazioni e tutele personali.Dobbiamo saper riscoprire il
senso ed il valore profondo che il concetto di bene comune, da troppo tempo dimenticato o
persino negato, può avere per il bene di ciascuno”.
Strettamente connesso vi è il problema che spesso per la lunghezza dei tempi
nella nomina dei Dirigenti degli Uffici vi sono tempi in cui molti facenti
funzioni non intendono o non sono capaci di assumersi responsabilità e vi è il
rischio che di ciò ne facciano le spese i più giovani ed inesperti.
Sottopongo alla riflessione altre tre tematiche che ritengo rilevanti:
1) dalle recenti delibere del CSM è emerso in modo netto che in tema di
valutazioni di professionalità , nel caso di inosservanza dei termini di
deposito dei provvedimenti, deve farsi riferimento alle disposizioni
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della circolare sulle valutazioni di professionalità che tra gli indicatori
necessari per il conseguimento del giudizio positivo in ordine al
parametro della diligenza pone la generale osservanza dei termini,
tenuto conto del carico di lavoro, degli standard degli altri magistrati
assegnati alle medesime funzioni concrete e dell’assenza di cause di
giustificazione; quindi le soluzioni adottate sono state diverse a seconda
della valutazione complessiva degli elementi suindicati; deve secondo
me essere approfondito il concetto di “ ragioni obiettivamente
giustificabili” che non può avere soltanto una connotazione riferita a
motivi di salute o di carattere personale; dovrebbe porsi particolare
attenzione a quale è stato il ruolo svolto dal Dirigente dell’ufficio nel
periodo in cui si siano verificati i ritardi: è intervenuto con delle
soluzioni? Ha controllato che tutti avessero il medesimo carico di
lavoro? Ha assunto delle decisioni intese a comprendere le cause dei
ritardi e ad arginarli con la predisposizione di specifici piani di rientro?
2) i ritardi spesso vengono valutati “ in sé” e considerati sintomi del
difetto di organizzare il proprio lavoro anche in casi in cui i carichi
di lavoro erano stati definiti “ eccezionali” e la laboriosità raggiungeva
livelli molto elevati; ciò è giustificato dal fatto che - come dicevo
all’inizio – in applicazione del dettato legislativo ( di cui occorrerebbe
chiedere la modifica ) è stato stabilito che non è possibile il giudizio
complessivo tra i vari parametri di riferimento ( es. diligenza e
laboriosità ) che non sono compensabili tra loro in quanto la
valutazione si opera in modo rigido per ogni singolo parametro; quindi
sono sottoposti a sanzione magistrati molto laboriosi che per ingenuità
e inesperienza mandano tante cause in decisione senza poi riuscire a
redigere nei termini le sentenze; non sottoposti a procedimento
disciplinare tutti coloro che rinviano di anni le cause senza deciderle….;
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3) altro problema rilevante è che all’esito di un giudizio non positivo,
occorre procedere ad una nuova valutazione dopo un anno; ma , di
fatto, a seguito del notevole tempo che trascorre per i più disparati
motivi, il collega viene ad essere valutato per l’anno di riferimento ( per
il quale permangono le stesse criticità già evidenziate nel precedente
quadriennio ) quando ormai è già quasi trascorso il secondo
quadriennio in cui non solo sono state superate le criticità, ma il collega
si è distinto per il raggiungimento di ottimi risultati in relazione a tutti i
parametri; la situazione che si viene a creare è quella - per operare un
raffronto con il giudizio penale - dell’esecuzione della pena per un
delitto commesso miolti anni prima a carico di una persona che, per il
decorso del tempo, non è più la stessa;
4) interessante è anche riflettere su cosa debba intendersi come capacità
di organizzare il proprio lavoro atteso che non appare accettabile
l’opzione secondo cui è organizzato il magistrato che , per evitare
ritardi, scelga sempre e comunque la strada di rinvii molto lunghi,
contribuendo ad allungare i tempi già molto lunghi dei processi;
5) con riferimento al problema del rapporto tra valutazioni di
professionalità e giudizio disciplinare non può non evidenziarsi che
si tratta di giudizi aventi natura e funzione diversa; con riferimento alla
tematica dei ritardi non può accogliersi la tesi da alcuni proposta che vi
sia identità giuridica tra la giustificazione dei ritardi in sede disciplinare e
quella in sede di valutazione di professionalità; mentre in sede
disciplinare ci si basa nelle decisioni essenzialmente sulla giurisprudenza
delle SS.UU della Cassazione quanto ai caratteri richiesti per la gravità e
reiterazione dei ritardi, in sede di valutazioni di professionalità il
giudizio deve riguardare l’intero quadriennio e non può prescindere
dall’esame approfondito dei carichi di lavoro, delle plurime funzioni che
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i magistrati devono svolgere contemporaneamente, dalle complessive
condizioni di lavoro; tutti tali elementi, infatti, se in sede di disciplinare
possono non essere valutati come elementi eccezionali idonei ad essere
considerati causa di giustificazione, possono invece esserlo in sede di
valutazioni di professionalità.
Ritenere invece che il giudizio disciplinare sia vincolante per il giudizio di
valutazione di professionalità, oltre che portare allo “ svuotamento di
fatto” delle competenze della Quarta Commissione, avrebbe come
conseguenza quella di azzerare il lavoro svolto in questi anni alla ricerca di
elementi intesi a fornire il profilo dettagliato di ogni singolo magistrato in
quanto la professionalità si misurerebbe solo su dati numerici relativi
all’entità dei ritardi.
Al fine di conoscere quanto le condizioni concrete in cui operano i magistrati
abbiano influenza sulle violazioni disciplinari sarebbe interessante poter
individuare un sistema che consenta di catalogare per ciascun Distretto il
numero e la tipologia di decisioni assunte in sede disciplinare; ciò
consentirebbe anche ai Consigli Giudiziari di poter azionare in via preventiva
il potere di vigilanza sugli uffici giudiziari che – secondo la risoluzione del
CSM del 1 luglio 2010 – è diretto ad evitare che le problematicità degli uffici
appartenenti al Distretto “ si trasformino in rilievi ad esempio in sede
tabellare, di valutazione della professionalità ed altro”.
Anche a livello associativo potrebbero individuarsi degli strumenti ( ad es.
forme di raccordo organizzato tra il Gruppo ed i colleghi che assumono
frequentemente il ruolo di difensori nei procedimenti disciplinari al fine
di conoscere quali siano le problematiche più ricorrenti e in quali settori, la
natura delle difese apprestate e l’esito delle decisioni ).
Angela Scalise
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