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L’EFFETTO DEL CONFLITTO REALISTICO SU PREGIUDIZIO SOTTILE E
MANIFESTO: IL CASO CINESE.
Pia Cariota Ferrara*, Francesco La Barbera**
*Dipartimento di Analisi delle Dinamiche Territoriali ed Ambientali,
Università degli Studi di Napoli “Federico II”. E-mail: [email protected]
**Dipartimento di Scienze dello Stato, Università degli Studi di Napoli “Federico II”.
E-mail: [email protected]
Il pregiudizio come processo intergruppi
Il pregiudizio è un tema che ha suscitato un grandissimo interesse nelle scienze umane e
sociali, poiché fa riferimento ad ambiti e problemi - quali il rapporto con la diversità, la
discriminazione, la convivenza civile, la pace, l’interculturalità - di estremo rilievo
teorico, pratico, politico. Tale interesse si è intensificato a partire dal secondo
dopoguerra, in relazione ai programmi discriminatori che si sono sviluppati intorno alle
ideologie totalitarie, alle importanti forme di razzismo che hanno interessato gli Stati
Uniti d’America e in tempi recenti per l’importante fenomeno migratorio che interessa
l’Europa.
Eminenti studiosi hanno indicato come basi del pregiudizio alcune caratteristiche
personalitarie, riducendolo ad un fenomeno essenzialmente individuale, seppure
influenzato da processi sociali come l’educazione familiare (cfr. Adorno, FrenkelBrunswick, Levinson e Sandford, 1950). La prospettiva psico-sociale, invece, ha il suo
proprium nell’intendere il pregiudizio come un processo intergruppi (Brown, 1995).
Nella tradizione psicosociale, difatti, è possibile trovare approcci e teorie che, seppure
con argomentazioni differenti, spiegano il pregiudizio e la discriminazione come
fenomeni legati a dinamiche gruppali.
A partire dal lavoro, ormai classico, di Allport (1954), si è creato un ampio consenso tra
gli studiosi sull’assunto che alla base del pregiudizio ci sia sempre una categorizzazione
sociale: il pregiudizio è tale proprio perché viene subìto da un individuo in quanto
membro di una specifica categoria. Nei famosi studi condotti su situazioni intergruppi
minimali, Tajfel e colleghi (1971) hanno trovato evidenze a sostegno della tesi secondo
cui la categorizzazione in gruppi differenti (ingroup vs. outgroup) è condizione
necessaria e sufficiente affinché si sviluppi il conflitto intergruppi e si pongano le basi
per la discriminazione dei membri dell’outgroup. La Teoria dell’Identità Sociale (Tajfel
e Turner, 1979) afferma che il favoritismo per l’ingroup e la discriminazione
dell’outgroup si fondano sulla motivazione individuale a mantenere alta l’autostima:
essendo l’immagine di sé fortemente legata ai gruppi con cui il soggetto si identifica,
egli si impegnerà in una serie di confronti sociali in cui tenderà a promuovere
un’immagine positiva dei propri gruppi a scapito dei gruppi estranei.
D’altra parte è stato ampiamente dimostrato che, al di là della mera categorizzazione,
diversi sono i fattori che possono influenzare il conflitto intergruppi (cfr. Rubini e
Moscatelli, 2004). Nel modello di Sherif (1967), la compatibilità degli scopi che i
gruppi si prefiggono è un fattore fondamentale nella genesi del conflitto intergruppi.
Condividere uno scopo, infatti, è secondo l’autore la base dell’interdipendenza tra i
membri dell’ingroup e della cooperazione al suo interno; allo stesso modo, il fatto che
ingroup e outgroup abbiano scopi incompatibili genera una situazione di
interdipendenza negativa tra i due gruppi che determina il conflitto. In altri termini, il
conflitto tra gruppi è determinato dalla competizione che deriva da scopi inconciliabili
e/o scarsità di risorse. Questo modello, noto come Teoria del Conflitto Realistico
(Campbell, 1965; Sherif, 1967) è stato messo in discussione dagli studi di Tajfel e
collaboratori; nondimeno, lo stesso Tajfel (1982) ha riconosciuto l’importante ruolo che
l’interdipendenza su base oggettiva/strumentale riveste nei conflitti intergruppi,
ponendo le basi per il pregiudizio e la discriminazione. Nella letteratura internazionale,
anche recente, si trovano diverse conferme dell’effetto negativo che la competizione su
basi reali/materiali esercita sugli atteggiamenti intergruppi (cfr. ad es.: Esses, Dovidio,
Jackson e Armstrong, 2001; Moghaddam, 2008), ed emergono come temi di estremo
rilievo le complesse interazioni tra competizione, cooperazione, identità sovraordinata e
percezione di somiglianza con l’outgroup (cfr. in particolare Brewer, 2005; Riketta e
Sacramento, 2008).
Nuove forme di pregiudizio
Nella letteratura psicosociale, negli ultimi decenni l’interesse degli studiosi si è
concentrato sulle “nuove” forme di pregiudizio, ovvero sulle espressioni indirette e
meno evidenti di discriminazione dell’outgroup che permangono nel mondo
contemporaneo, nonostante la diffusa normativa sociale che rende poco desiderabili le
espressioni di pregiudizio nei confronti delle minoranze (Pettigrew e Meertens, 1995).
Pertanto, a fianco delle “vecchie” (old fashioned) forme di pregiudizio, sono stati
proposti costrutti teorici che fanno riferimento a forme di pregiudizio più sottili e meno
socialmente indesiderabili: il razzismo moderno (Akrami, Ekehammar e Araya, 2000;
McConahay, 1986), il sessismo moderno (Benokraitis e Feagin, 1986), il razzismo
“aversivo” (Gaertner e Dovidio, 1986), il pregiudizio sottile (Pettigrew e Meertens,
1995), il razzismo simbolico (Sears, 1988).
Parallelamente allo sforzo di concettualizzazione teorica, gli studiosi hanno portato
avanti un lavoro metodologico che ha consentito nuovi sviluppi rispetto alla
misurazione delle diverse forme di pregiudizio: attualmente si dispone di un ampio set
di tecniche che sono diversamente soggette al controllo intenzionale delle persone,
quindi all’influenza della desiderabilità sociale (Maass, Castelli, Arcuri, 2005), che
vanno dal tradizionale questionario carta e matita alla registrazione di indici fisiologici
quali la conduttanza cutanea (cfr. La Barbera, Andrighetto e Trifiletti, 2007). Tra questi
due estremi troviamo alcune misure che permettono ai soggetti solo un “certo” grado di
controllo intenzionale; tali tecniche hanno avuto una rapida fortuna grazie alla loro
capacità di combinare i pregi degli strumenti self report strutturati (bassa intrusività, alta
efficienza in termini di costo-contatto) con un livello di misurazione e rappresentazione
dei fenomeni più raffinato e complesso rispetto a strumenti “carta e matita” più
tradizionali.
Tra questi ultimi strumenti vi è la nota scala di pregiudizio manifesto e sottile di
Pettigrew e Meertens (1995), che ha suscitato un ampio dibattito a livello teorico e
metodologico (cfr. ad es., Pettigrew e Meertens, 2001, e Coenders, Scheepers,
Snidermann e Verberk, 2001; tra i più recenti studi italiani cfr. Leone, Chirumbolo e
Aiello, 2006, e Mancini e Carbone, 2007) ed è stata utilizzata e validata in diversi Paesi
(cfr. ad es.: Hamberger e Hewstone, 1997; Pedersen e Walker, 1997; Rueda e Navas,
1996; Vala, Brito e Lopes, 1999).
Pettigrew e Meertens (1995) distinguono gli aspetti manifesti (blatant) del pregiudizio,
maggiormente controllabili e socialmente indesiderabili, dagli aspetti sottili (subtle),
relativi ad una componente indiretta e più profonda di rifiuto dell’outgroup. Nella
proposta teorico-metodologica degli autori, il pregiudizio manifesto ha due componenti,
la minaccia percepita da parte dell’outgroup ed il rifiuto dell’intimità con i membri di
quest’ultimo, mentre il pregiudizio sottile consta di tre componenti, la difesa dei valori e
delle tradizioni dell’ingroup, l’esasperazione delle differenze ingroup-outgroup ed
infine la soppressione delle emozioni positive nei confronti dei membri del gruppo
estraneo. I due studiosi hanno costruito e validato su un ampio campione europeo un
questionario per misurare le due forme di pregiudizio; esso è costituito da 20 item (10
per il pregiudizio manifesto ed altrettanti per quello sottile) rispetto ai quali viene
chiesto ai rispondenti di indicare il proprio grado di accordo mediante una scala tipoLikert a 4 passi.
Le scale di Pettigrew e Meertens sono state tradotte e validate in Italiano da Arcuri e
Boca (1996) ed utilizzate in numerosi studi sul pregiudizio nei confronti di gruppi-target
differenti (cfr. ad es.: Cariota Ferrara, Solimeno Cipriano, Villani, 2002; Manganelli
Rattazzi e Volpato, 2001; Petrillo, La Barbera e Falasconi, 2003; Villano, 1999;
Volpato e Manganelli Rattazzi, 2000).
Obiettivi ed ipotesi
Questo studio nasce con l’obiettivo di indagare l’effetto del conflitto realistico sul
pregiudizio manifesto e sul pregiudizio sottile. L’effetto che può produrre una
situazione di interdipendenza negativa tra gruppi sulle diverse forme di pregiudizio
appare un tema di grande interesse. Allo stato, d’altra parte, non siamo a conoscenza di
studi che si occupino di questo specifico argomento. Dal punto di vista teorico, poiché il
conflitto realistico può generare un senso di minaccia per l’ingroup, dovremmo
aspettarci che esso presenti effetti maggiori sulla dimensione manifesta del pregiudizio,
dato che la minaccia percepita ne costituisce una delle componenti (cfr. Roncarati e
Ravenna, 2006). Il conflitto reale con i membri dell’outgroup, inoltre, plausibilmente
può rappresentare per l’ingroup la possibilità di un’interpretazione alternativa dei propri
atteggiamenti negativi nei confronti dell’outgroup. In altri termini, le persone possono
avere l’impressione che i loro giudizi, sebbene discriminatori, siano fondati su dati
oggettivi e quindi non attribuibili a posizioni pregiudiziali. Com’è ampiamente
dimostrato in letteratura (cfr., ad es., i lavori sul pregiudizio razziale di Gaertner e
Dovidio, 1977; Dovidio, Smith, Donnella e Gaertner, 1997), le persone esprimono più
facilmente il loro pregiudizio se il contesto offre loro la possibilità di interpretazioni
alternative in termini non pregiudiziali, razionalizzazioni di tipo economico, sociale e
politico.
L’ipotesi di un maggiore effetto del conflitto realistico sul pregiudizio manifesto può in
qualche misura essere supportata, peraltro, dalle recenti evidenze prodotte da Pettigrew
e colleghi (2008) in merito al rapporto tra deprivazione relativa di gruppo (Group
Relative Deprivation – GRD) e pregiudizio sottile e manifesto. Gli autori hanno infatti
trovato un effetto significativo della GRD su entrambe le forme di pregiudizio, ma in
misura più marcata su quella manifesta. Sebbene i concetti di deprivazione relativa e di
conflitto realistico non siano sovrapponibili, in entrambi i casi si tratta di una dinamica
intergruppi in cui giocano un ruolo cruciale il confronto ingroup-outgroup ed il senso di
minaccia che i membri dell’ingroup percepiscono da parte dell’outgroup, specie in
relazione al conseguimento dei propri scopi.
Per indagare tale questione, abbiamo condotto uno studio correlazionale con un
campione non probabilistico di partecipanti cui sono state somministrate le scale di
Pettigrew e Meertens (1995). Lo studio è stato condotto in una zona della provincia
napoletana dove vi sono in prevalenza tre gruppi di immigrati:
1 - Gli immigrati di provenienza cinese, che formano un gruppo numeroso ed
economicamente in conflitto con la popolazione autoctona. Tra gli immigrati e la
popolazione locale è evidente un processo di segregazione. L’outgroup è percepito
come molto diverso dal punto di vista della cultura, delle tradizioni, dei costumi, ecc.
2 – Gli immigrati provenienti dai Paesi dell’Est (in prevalenza Polacchi ed Ucraini):
formano un gruppo integrato/assimilato nel tessuto socio-economico del gruppo
dominante, supportivo rispetto alle esigenze degli autoctoni. Sono frequenti i matrimoni
misti. L’outgroup non è percepito come eccessivamente diverso in relazione a cultura,
religione, tradizioni.
3 – Gli immigrati provenienti dall’area maghrebina (in prevalenza Marocchini):
anch’essi si pongono in posizione non conflittuale dal punto di vista economico,
occupando spesso posizioni lavorative sgradite agli autoctoni e/o rimanendo relegati in
situazioni di clandestinità/marginalità. D’altra parte, l’outgroup è fortemente svalutato
nonché percepito come molto distante dall’ingroup in termini di cultura e modi di vita, e
non vi sono segnali di integrazione quali matrimoni misti (Cariota Ferrara, La Barbera e
May, 2001).
I rispondenti sono stati selezionati in base ad alcune appartenenze categoriali. In primo
luogo, sono stati selezionati adulti lavoratori di entrambi i sessi appartenenti a varie
categorie lavorative: commercianti del settore tessile, commercianti di altro settore,
liberi professionisti. La prima di queste categorie è quella con un maggiore livello di
conflitto con il gruppo cinese, che ha “aggredito” l’economia locale proprio nel settore
tessile, tradizionalmente quello maggiormente sviluppato e trainante. In secondo luogo,
sono stati coinvolti nello studio alcuni studenti provenienti da due scuole superiori
presenti sul territorio: l’una, il Liceo Classico “Diaz”, che presenta un’utenza che
proviene in netta prevalenza da famiglie appartenenti alle categorie professionali, l’altra,
l’Istituto Tecnico Commerciale “Einaudi”, tradizionalmente riservata ai figli delle
diverse categorie di commercianti presenti sul territorio (Cariota Ferrara, La Barbera e
May, 2001).
Abbiamo quindi formulato le seguenti ipotesi:
1 – Il pregiudizio manifesto sarà espresso in misura maggiore nei confronti del gruppo
cinese, in virtù del conflitto realistico con il gruppo dominante.
2 – Il gruppo cinese, a livello manifesto, sarà maggiormente discriminato dai soggetti
appartenenti alle categorie a forte competitività (commercianti del settore tessile e
studenti dell’ITC).
Metodo
Partecipanti
Il campione non probabilistico della ricerca è composto da un totale di 230 partecipanti,
così suddiviso:
- 88 adulti (49 maschi e 39 femmine; età media: 38,6 anni) di cui 31 commercianti
del settore tessile, 32 commercianti di altri settori, 27 liberi professionisti;
-
142 studenti (68 maschi e 74 femmine; età media: 18,23 anni) di cui 61 del
Liceo Classico e 81 dell’Istituto Tecnico Commerciale.
I partecipanti adulti sono stati contattati tramite associazioni di categoria, gli studenti
con regolare autorizzazione dell’Istituto d’appartenenza.
Procedura
La ricerca è stata presentata come un’indagine sull’immigrazione nell’area vesuviana; il
questionario è stato autosomministrato durante sedute collettive (20-30 partecipanti per
seduta).
La parte iniziale dello strumento riportava l’intestazione universitaria, riprendeva
brevemente le finalità della ricerca già illustrate oralmente, sottolineava l’importanza di
esprimere le proprie opinioni in modo sincero, rassicurando i partecipanti sulla
soggettività delle risposte e sull’inesistenza di risposte sbagliate, e garantendo l’assoluto
anonimato. La seconda pagina spiegava il funzionamento delle modalità di risposta
mediante scala tipo-Likert.
Seguivano le scale per la misurazione del pregiudizio manifesto e sottile di Pettigrew e
Meertens (1995) nell’adattamento italiano di Arcuri e Boca (1996), ripetute per tre
volte: ciascun partecipante, quindi, ha risposto agli item rispetto a tre gruppi-target
(Cinesi, Marocchini e Polacchi). L’ordine di presentazione dei gruppi è stato bilanciato.
L’ultima pagina del questionario richiedeva alcuni dati anagrafici, assicurando
nuovamente l’anonimato.
Analisi dei dati
Le analisi dei dati sono state effettuate, separatamente per gli adulti/lavoratori e gli
studenti, mediante il software SPSS.
Adulti lavoratori
È stata indagata l’affidabilità dello strumento, che si è rivelata soddisfacente sia per la
scala di pregiudizio manifesto (Cinesi: α=.86; Marocchini: α=.85; Polacchi: α=.84), che
per la scala di pregiudizio sottile, con l’eccezione del caso del gruppo-target polacco
(Cinesi: α=.71; Marocchini: α=.72; Polacchi: α=.63). I punteggi dei singoli item sono
stati aggregati in un punteggio medio relativo all’intera scala, su cui sono state effettuate
le successive analisi. Più alto il punteggio, maggiore il pregiudizio.
Sono state condotte due analisi della varianza (ANOVA) con un fattore con misure
ripetute (Target) a tre livelli (Cinesi, Marocchini, Polacchi) ed un fattore con misure
indipendenti (Gruppo: Commercianti del settore tessile, CT; Commercianti altro settore,
CA; liberi professionisti, LP), inserendo come variabile dipendente i punteggi di
pregiudizio manifesto in un caso, i punteggi di pregiudizio sottile nell’altro.
Per quanto riguarda il pregiudizio manifesto (PM), è significativo l’effetto principale
del fattore target: le medie dei punteggi sono diverse a seconda del gruppo-target
(F(2,170)=20.41; p≤.0001; η2=.201). In particolare, dai confronti effettuati mediante test t
per campioni appaiati emerge che la media dei punteggi di PM registrata verso i Cinesi
(M=2.73; DS=1.05) è maggiore di quella riscontrata nel caso dei Marocchini (M=2.54;
DS=.96; t(87)=2.85; p≤.005) e dei Polacchi (M=2.28; DS=.89; t(87)=5.91; p≤.0001), ed il
PM nei confronti dei Marocchini è superiore a quello verso i Polacchi (t(87)= -3.92;
p≤.0001).
Questo risultato sembra confermare la prima ipotesi: il gruppo Cinese, che è quello che
si pone in maniera maggiormente conflittuale con gli autoctoni, è in effetti quello verso
cui i soggetti esprimono un maggiore pregiudizio manifesto. È significativo anche
l’effetto principale del fattore gruppo (F(2,85)=5.64; p≤.005; η2=.117): dal test post hoc
(metodo: Bonferroni) emerge che le medie dei punteggi di PM dei liberi professionisti
sono sempre inferiori a quelle dei commercianti del settore tessile o di altro settore, che
invece non differiscono tra di loro. Non è significativo l’effetto dell’interazione tra
target e gruppo (F<1): la differenza tra i gruppi di autoctoni rispetto al PM non è in
funzione del target; in altri termini, per tutti i gruppi target si rileva la medesima
differenza tra i liberi professionisti da una parte, che mostrano punteggi di pregiudizio
manifesto più contenuti, ed i commercianti dall’altra, che invece hanno punteggi più
elevati (cfr. tab. 1).
Target
Cinesi
Polacchi
Marocchini
Categoria rispondenti
commercianti tessile
commercianti altro settore
liberi professionisti
Total
commercianti tessile
commercianti altro settore
liberi professionisti
Total
commercianti tessile
commercianti altro settore
liberi professionisti
Total
M
2,90
2,91
2,30
2,73
2,49
2,51
1,71
2,28
2,76
2,67
2,11
2,54
DS
1,00
1,02
1,05
1,05
,79
1,02
,53
,89
,89
,98
,90
,96
N
31
32
25
88
31
32
25
88
31
32
25
88
Tab. 1: I punteggi medi di pregiudizio manifesto dei lavoratori, suddivisi per categoria di appartenenza,
nei confronti di ciascun gruppo target.
Ciò sembra contraddire la seconda ipotesi, che prevedeva un diverso effetto del conflitto
realistico sul PM a seconda della tipologia di gruppo di appartenenza dei rispondenti.
Un’interpretazione a-posteriori delle differenze riscontrate tra i livelli di pregiudizio
manifesto dei commercianti e dei liberi professionisti può fare riferimento al diverso
status sociale e, soprattutto, al diverso grado di istruzione (ciclo primario – secondario
nel caso dei commercianti; istruzione universitaria nel caso dei liberi professionisti) che,
come ampiamente documentato in letteratura (cfr. Arcuri e Boca, 1996; Pettigrew et al.,
2008), è un fattore che influenza in maniera rilevante il pregiudizio, soprattutto nella sua
forma manifesta.
Anche rispetto al pregiudizio sottile l’effetto principale del fattore target è significativo:
le medie dei punteggi di pregiudizio sono diverse a seconda del gruppo-target
(F(2,170)=57.22; p≤.0001; η2=.402). Dai confronti effettuati mediante test t per campioni
appaiati emerge che la media dei punteggi di PS verso i Polacchi (M=2.85; DS=.62) è
inferiore a quella verso Cinesi (M=3.45; DS=.73; t(87)=9.00; p≤.0001) e Marocchini
(M=3.45; DS=.71; t(87)=8.40; p≤.0001), mentre non si riscontrano differenze
significative tra le medie di PS relative a questi ultimi due gruppi (t<1; p>.9). Anche
questo risultato sembra confermare la nostra ipotesi di una maggiore influenza del
conflitto realistico sulla dimensione manifesta del pregiudizio: nel caso del pregiudizio
sottile, infatti, scompare la maggiore discriminazione dei Cinesi rispetto ai Marocchini,
ed il discrimine tra i tre gruppi-target sembra maggiormente fondato su caratteristiche di
vicinanza somatico/culturale ed integrazione.
Anche nel caso del PS, inoltre, l’effetto principale del fattore gruppo risulta
significativo (F(2,85)=2.22; p≤.001; η2=.145): dal test post hoc (metodo: Bonferroni)
emerge che le medie dei punteggi dei liberi professionisti sono inferiori a quelle dei
commercianti del settore tessile o di altro settore, che invece non differiscono tra di loro
(cfr. tab. 2). Non è significativo, invece, l’effetto dell’interazione tra target e gruppo
(F<1.3; p>.3): anche nel caso del pregiudizio sottile, quindi, la differenza tra i punteggi
di PS dei diversi gruppi di appartenenza non è in funzione del target, presentando un
pattern costante indipendentemente dal gruppo immigrato considerato. Tale differenza
può essere, quindi, nuovamente attribuita ai fattori status sociale e livello di istruzione.
Target
Cinesi
Polacchi
Marocchini
Categoria rispondenti
commercianti tessile
commercianti altro settore
liberi professionisti
Total
commercianti tessile
commercianti altro settore
liberi professionisti
Total
commercianti tessile
commercianti altro settore
liberi professionisti
Total
M
3,51
3,65
3,13
3,45
3,05
3,02
2,39
2,85
3,57
3,56
3,17
3,45
DS
,62
,64
,86
,73
,51
,64
,49
,62
,58
,66
,85
,71
N
31
32
25
88
31
32
25
88
31
32
25
88
Tab. 2: I punteggi medi di pregiudizio sottile dei lavoratori, suddivisi per categoria di appartenenza, nei
confronti di ciascun gruppo target.
Studenti
Anche nel caso degli studenti delle due scuole superiori considerate, è stata indagata
l’affidabilità dello strumento, che si è rivelata soddisfacente sia per la scala di
pregiudizio manifesto (Cinesi: α=.87; Marocchini: α=.85; Polacchi: α=.84), che per la
scala di pregiudizio sottile (Cinesi: α=.71; Marocchini: α=.69; Polacchi: α=.73). I
punteggi dei singoli item sono stati aggregati in un punteggio medio relativo all’intera
scala, su cui sono state effettuate le successive analisi. Più alto il punteggio, maggiore il
pregiudizio.
L’analisi dei dati è stata effettuata mediante due analisi della varianza (ANOVA) con un
fattore con misure ripetute (Target) a tre livelli (Cinesi, Marocchini, Polacchi) ed un
fattore con misure indipendenti (Gruppo: Studenti Classico, Studenti Tecnico),
inserendo come variabile dipendente i punteggi di pregiudizio manifesto in un caso, i
punteggi di pregiudizio sottile nell’altro.
Per quanto riguarda il pregiudizio manifesto, l’effetto principale del fattore target è
risultato significativo: le medie dei punteggi di pregiudizio sono diverse a seconda del
gruppo-target (F(2,280)=14.46; p≤.0001; η2=.094). Dai confronti effettuati mediante test t
per campioni appaiati emerge che il livello di PM per i Cinesi (M=2.56; DS=1.02) è
superiore a quello rilevato per i Marocchini (M=2.34; DS=.92; t(141)=4.46; p≤.0001) e
per i Polacchi (M=2.29; DS=.90; t(141)=5.28; p≤.0001), mentre la differenza tra le medie
di PM nei confronti di Marocchini e Polacchi non è statisticamente significativa (t<1;
p>.3). Questo risultato sembra nuovamente confermare la nostra ipotesi di un maggiore
effetto del conflitto realistico sulla dimensione manifesta del pregiudizio, poiché i
Cinesi, anche considerando i punteggi espressi dai più giovani, risultano essere il
gruppo maggiormente discriminato a livello manifesto. È significativo anche l’effetto
principale del fattore gruppo (F(1,140)=23.94; p≤.0001; η2=.146): i punteggi di
pregiudizio manifesto degli studenti del Liceo Classico sono sempre inferiori a quelli
degli studenti dell’ITC (cfr. tab. 3).
Target
Cinesi
Polacchi
Marocchini
Istituto scolastico rispondenti
Liceo Classico
Istituto Tecnico Commerciale
Total
Liceo Classico
Istituto Tecnico Commerciale
Total
Liceo Classico
Istituto Tecnico Commerciale
Total
M
2,01
2,98
2,56
2,01
2,49
2,28
2,00
2,58
2,33
DS
,78
,99
1,02
,79
,91
,89
,79
,93
,92
N
61
81
142
61
81
142
61
81
142
Tab. 3: I punteggi medi di pregiudizio manifesto degli studenti, suddivisi per istituto di appartenenza, nei
confronti di ciascun gruppo target.
Significativo risulta, inoltre, l’effetto dell’interazione tra target e gruppo (F(2,280)=13.97;
p≤.0001; η2=.091): rispetto ai punteggi di pregiudizio manifesto, tra i due gruppi di
studenti si rileva, quindi, una differenza significativa in funzione del gruppo-target
considerato. Da un confronto effettuato mediante test t per campioni appaiati, infatti,
non emerge alcuna differenza statisticamente significativa tra le medie dei punteggi di
PM degli studenti del Liceo Classico rispetto a Cinesi, Marocchini e Polacchi (i t<1; i
p>.8); nel caso degli studenti dell’ITC, al contrario, la media del punteggio di PM verso
i Cinesi è superiore a quelle relative a Polacchi (t(80)=6.36; p≤.0001) e Marocchini
(t(80)=4.91; p≤.0001), mentre queste ultime due non differiscono tra di loro (t<1; p>.1).
Questo risultato è particolarmente interessante, poiché l’effetto del conflitto realistico
sembra influenzare solo i punteggi degli studenti dell’Istituto Tecnico Commerciale i
quali, come già accennato, provengono nella stragrande maggioranza dei casi, da
famiglie che appartengono alla categoria dei commercianti.
Anche nel caso del pregiudizio sottile, l’effetto principale del fattore target è
significativo: le medie dei punteggi di PS sono diverse a seconda del gruppo-target
(F(2,280)=32.00; p≤.0001; η2=.186). Dai confronti effettuati mediante test t per campioni
appaiati emerge che il livello di PS per i Cinesi (M=3.42; DS=.67) è superiore a quello
rilevato per i Marocchini (M=3.31; DS=.66; t(141)=3.58; p≤.0001) e per i Polacchi
(M=3.04; DS=.73; t(141)=8.97; p≤.0001), e la media di PS verso questi ultimi è inferiore
a quella del punteggio di PS verso i Marocchini (t(141)= -5.90; p≤.0001). Questo risultato
è in disaccordo con la nostra prima ipotesi, poiché in questo caso l’influenza del
conflitto realistico sembra agire anche sulla dimensione più nascosta del pregiudizio. È
significativo, inoltre, l’effetto principale del fattore gruppo (F(1,140)=6.38; p≤.013;
η2=.044): i punteggi di PS degli studenti del Liceo Classico sono inferiori a quelli degli
studenti dell’ITC (vedi tab. 4).
Target
Cinesi
Polacchi
Marocchini
Istituto scolastico rispondenti
Liceo Classico
Istituto Tecnico Commerciale
Total
Liceo Classico
Istituto Tecnico Commerciale
Total
Liceo Classico
Istituto Tecnico Commerciale
Total
M
3,25
3,55
3,42
2,91
3,14
3,04
3,18
3,40
3,31
DS
,64
,66
,67
,72
,73
,73
,65
,66
,66
N
61
81
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Tab. 4: I punteggi medi di pregiudizio sottile degli studenti, suddivisi per istituto di appartenenza, nei
confronti di ciascun gruppo target.
Non è statisticamente significativo, invece, l’effetto dell’interazione tra target e gruppo
(F<1): rispetto ai punteggi di pregiudizio sottile, quindi, non si rilevano differenze tra i
due gruppi di studenti in funzione del gruppo-target considerato.
Discussione
La Psicologia Sociale studia il pregiudizio intendendolo come fenomeno fondato su
processi intergruppi e ponendo alla sua base fattori psicosociali quali la
categorizzazione ingroup-outgroup, l’interdipendenza negativa, la deprivazione relativa.
Questo studio si è concentrato sulla competizione tra gruppi su base materiale, rispetto
alla quale gli studiosi hanno prodotto numerose evidenze che ne attestano l’effetto
negativo sugli atteggiamenti intergruppi (Esses, Dovidio, Jackson e Armstrong, 2001) e
ne sottolineano l’importanza sul piano politico e applicativo (Moghaddam, 2008).
Risulta allo stato poco indagato, d’altra parte, l’effetto del conflitto realistico in
relazione alle nuove teorie e metodologie sviluppate dagli studiosi negli ultimi decenni
per un approccio multidimensionale al pregiudizio.
La presente ricerca, in particolare, ha indagato l’effetto del conflitto realistico sul
pregiudizio manifesto e sul pregiudizio sottile (Pettigrew e Meertens, 1995). A tale
scopo è stato condotto uno studio correlazionale in un territorio in cui sono presenti
gruppi di immigrati con differenti caratteristiche culturali, di status, di integrazione e di
conflittualità con gli autoctoni. In particolare sono stati selezionati, come gruppibersaglio, i Cinesi (gruppo non integrato, ad alta conflittualità), i Marocchini (gruppo
non integrato, tradizionalmente svalutato, a bassa conflittualità) ed i Polacchi (gruppo
integrato/assimilato, a bassa conflittualità). I partecipanti, inoltre, sono suddivisi in
categorie differenti per status sociale, età, istruzione e livello di competizione materiale
con il gruppo cinese.
Le ipotesi di partenza di questa ricerca erano che 1) il conflitto realistico avrebbe
mostrato un effetto maggiore sul pregiudizio manifesto e 2) in misura maggiore nel caso
di partecipanti appartenenti a categorie ad alta competizione.
Dall’analisi dei risultati, la prima ipotesi appare generalmente confermata, mentre non è
sempre confermata la seconda.
Per quanto riguarda gli adulti, infatti, si evidenzia una maggiore discriminazione dei
Cinesi rispetto agli altri due gruppi sul piano manifesto, mentre sulla dimensione sottile
la differenza significativa che si registra è tra i Polacchi da una parte e Marocchini e
Cinesi dall’altra. Questo sembra confermare che la competizione materiale agisce
soprattutto sulla dimensione manifesta, mentre il pregiudizio sottile sembra
maggiormente legato a dinamiche di integrazione e ad aspetti di differenziazione
culturale. L’effetto della competizione intergruppi sul pregiudizio manifesto può essere
interpretato:
1) da un punto di vista teorico-metodologico, come frutto di un legame diretto tra
fenomeno indagato e tecnica di misura: la competizione reale per obiettivi inconciliabili,
plausibilmente, fa aumentare nell’ingroup il senso di minaccia percepita, che
rappresenta un nucleo concettuale della scala di pregiudizio manifesto;
2) su un piano di interpretazione normativa, è plausibile che la competizione materiale
dia alle persone la possibilità di non pensare alle proprie affermazioni discriminatorie
generalizzate dell’outgroup come ad espressioni di pregiudizio. I rispondenti, pertanto,
si sentono maggiormente liberi di esporre le loro valutazioni negative dell’outgroup
poiché le interpretano come risposta “realistica” ad un comportamento del gruppo
immigrato, e non come una espressione di pregiudizio socialmente indesiderabile. Una
conferma di questa interpretazione potrebbe venire anche dai risultati della recente
ricerca di Pettigrew et al. (2008), in cui si afferma che l’effetto della deprivazione
relativa di gruppo sul pregiudizio manifesto è sia diretto, sia mediato dalla negazione
della discriminazione. In altri termini, le persone che sentono il proprio gruppo come
socialmente deprivato, tendono ad esprimere livelli maggiori di pregiudizio manifesto
verso gli immigrati, anche attraverso la negazione che questi ultimi siano discriminati.
La competizione realistica, in definitiva, sembra far percepire il pregiudizio come un
non-pregiudizio.
La seconda ipotesi, che prevedeva un maggiore effetto del conflitto realistico sul
pregiudizio manifesto nel caso dei partecipanti appartenenti alle categorie
maggiormente competitive con il gruppo cinese (nel caso degli adulti lavoratori, i
commercianti del settore tessile), non risulta invece confermata. Sia rispetto al
pregiudizio manifesto che a quello sottile, e nei confronti di tutti i gruppi target, infatti,
si registra sempre lo stesso pattern: da una parte i libero professionisti, con punteggi più
bassi di pregiudizio, dall’altra i commercianti, con punteggi significativamente più
elevati. Le differenze che si riscontrano, pertanto, fra le tre categorie di lavoratori,
sembrerebbero maggiormente da attribuire, come già accennato, al livello di istruzione
ed allo status sociale.
D’altra parte sarebbe possibile argomentare, sebbene a-posteriori, che la seconda ipotesi
non considera che, nel caso del gruppo cinese e del gruppo autoctono, il conflitto
potrebbe aver superato i confini economici, invadendo ambiti ben più ampi, quali la
presenza sul territorio ed il possesso di beni immobili, che possono avere risvolti
materiali e simbolici di tale portata da coinvolgere anche categorie di lavoratori non
immediatamente appartenenti al settore maggiormente competitivo (quello tessile). È
anche opportuno considerare che la ricerca è stata condotta in paesi che hanno ancora le
caratteristiche della piccola-media comunità, con frequenti legami amicali e parentali
che interessano una parte molto consistente della popolazione: anche questo potrebbe
spiegare l’allargarsi dell’effetto del conflitto realistico oltre la categoria più direttamente
implicata.
Per quanto attiene gli studenti, invece, i risultati relativi al pregiudizio manifesto
sembrano confermare entrambe le ipotesi, poiché un maggiore pregiudizio manifesto
viene espresso nei confronti dei Cinesi, ma solo dagli appartenenti alla categoria ad alto
conflitto, ovvero dagli studenti dell’ITC. D’altra parte, anche i punteggi di pregiudizio
sottile sono più elevati per i Cinesi rispetto agli altri due gruppi: questo risultato appare
contraddittorio rispetto alla prima ipotesi ed ai risultati degli adulti. Una spiegazione a
posteriori, che sarebbe utile sottoporre a future conferme, potrebbe sostenere che
mentre il conflitto realistico con i Cinesi per i lavoratori è un fenomeno affrontato in età
adulta, i più giovani sono stati socializzati in un contesto in cui tale conflitto rivestiva
già un ruolo significativo, influenzando quindi anche aspetti più profondi
dell’atteggiamento verso l’outgroup.
È interessante notare, inoltre, che sebbene i punteggi degli studenti del Liceo siano
sempre inferiori a quelli dei colleghi dell’ITC, si evidenziano, a seconda del gruppo
target, pattern attitudinali molto differenti tra i due gruppi di studenti nel caso del
pregiudizio manifesto (espresso in ugual misura nei confronti dei tre gruppi-target dagli
studenti del Liceo, in misura differenziata da quelli dell’ITC), pattern simili nel caso del
pregiudizio sottile. Questo dato sembra confermare il maggiore effetto, già riscontrato
in letteratura, dell’istruzione e dello status sociale sulla dimensione manifesta del
pregiudizio.
In conclusione, questa ricerca sembra aver prodotto alcuni risultati degni d’interesse in
un ambito ancora poco esplorato, sebbene molto interessante sia a livello teorico che sul
versante applicativo. Se fosse vero, difatti, che la competizione materiale tra gruppi ha
l’effetto di rendere maggiormente manifesti gli atteggiamenti negativi, mentre ha un
effetto assai limitato sulle dimensioni più profonde del pregiudizio, si potrebbe anche
ritenere che queste ultime rispondono a logiche maggiormente legate agli aspetti
dell’Identità Sociale e della cultura. Questo assunto, se confermato, potrebbe rivestire
un notevole interesse sul piano teorico nell’ambito, ad esempio, del confronto fra la
prospettiva dell’Identità Sociale e prospettiva dell’Interdipendenza (cfr. Rubini e
Moscatelli, 2004). Dal punto di vista delle politiche pubbliche, allo stesso modo,
potrebbe contribuire a convincere i legislatori che è giunta l’ora di occuparsi, oltre che
dei pur importanti conflitti legati a situazioni concrete, anche di problematiche più
ampie legate all’identificazione sociale ed alle contrapposizioni culturali (cfr. Brewer,
2005; Mantovani, 2004), in modo da poter ottenere miglioramenti multidimensionali e
rilevanti degli atteggiamenti e, quindi, dei rapporti intergruppi.
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