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La mia nuova vita dopo l`attentato in Afghanistan
Redazione: Piazza Cavour 17 - 00193 Roma • Poste Italiane spa - Spedizione in abbonamento postale 70% - Milano IL MAGAZINE PER LA DISABILITÀ / DICEMBRE 2015-GENNAIO 2016 / NUMERO 12-1 BUDRIO CHIAMA ROMA Viaggio nella Filiale dell’Officina protesi più importante d’Italia MONICA CONTRAFATTO La mia nuova vita dopo l’attentato in Afghanistan EDITORIALE di Luigi Sorrentini Direttore Centrale Prestazioni Socio-Sanitarie, Inail Insieme per un mondo accessibile. Cosa resta del 3 dicembre C hi scrive su una rivista mensile sa bene che tra l’atto di mettere nero su bianco il proprio pensiero e il momento in cui il giornale raggiungerà gli abbonati nelle proprie case potrebbero essere necessari vari giorni. Ma anche in un mondo dove la circolazione delle notizie è sempre più rapida e vorticosa, la Giornata del 3 dicembre resta uno di quegli eventi che, anche a distanza di settimane, non possono precipitare nel regno dell’oblio. Per questo, il messaggio che ereditiamo da quell’unico giorno in cui si “celebra” ufficialmente l’impegno della società nei confronti delle persone con ogni tipo di disabilità deve costituire materia di riflessione per tutto il resto dell’anno. Anche l’Inail e SuperAbile hanno voluto onorare la Giornata internazionale delle persone con disabilità attraverso un convegno, che ha avuto luogo presso l’Auditorium della sede centrale di piazzale Pastore a Roma. E lo hanno fatto con due partner d’eccezione: il Comitato italiano paralimpico e il ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo. Un sodalizio per certi versi inedito, ma promosso dall’idea comune che l’accessibilità è un concetto complesso, che va ben oltre la realizzazione di una rampa o un montascale. Strumenti sicuramente utili e talvolta indispensabili, ma incapaci da soli di garantire un pieno accesso alla vita sociale e di relazione a tutti coloro che L’insegnamento del dottor Maglio, sono costretti a convivere con una disabilità. Vale a dire con una condizione che di per sé potrebbe anche costituire un problema che, il primo a introdurre in Italia con i giusti mezzi e accorgimenti, è possibile affrontare e superare, ma che troppo spesso l’ambiente fisico e culturale circostante la sport-terapia per i pazienti trasforma in un ostacolo insormontabile. Non a caso per l’evento disabili, è un’eredità che continua da noi organizzato abbiamo scelto un titolo che voleva al tempo stesso provocare e far riflettere: “La disabilità non è un problema”. a ispirare l’operato dell’Istituto O almeno potrebbe non essere un problema se decisori politici, istituzioni e società civile si impegnassero maggiormente, tutti insieme, per la costruzione di un mondo più aperto e accogliente per disabili e non disabili. In questo senso il nostro Istituto è in prima linea da anni. È chiaro, si può fare sempre di più e sempre meglio. Ma l’insegnamento che indusse, per primo in Italia, il dottor Antonio Maglio a introdurre la sport-terapia per i pazienti disabili del Centro paraplegici di Ostia “Villa Marina”, voluto dall’Inail, non è mai stato dimenticato. Oggi il lavoro dei centri protesici e di riabilitazione di Vigorso di Budrio, Volterra e Roma, così come l’operato di tante équipe multidisciplinari sparse su tutto il territorio nazionale, parla del nostro impegno a favore degli infortunati sul lavoro e tecnopatici. Mentre il progetto SuperAbile dimostra, in modo inequivocabile, quanto il nostro Istituto sia dalla parte delle persone che convivono con una disabilità. SuperAbile INAIL 3 Dicembre 2015-Gennaio 2016 sommario SuperAbile Inail Anno IV - numero dodici 2015/uno 2016 Direttore: Luigi Sorrentini In redazione: Antonella Patete, Laura Badaracchi e Diego Marsicano Direttore responsabile: Stefano Trasatti Hanno collaborato: Giorgia Gay, Cristina Graziani, Ludovica Jona, Maria Gabriella Lanza, Chiara Ludovisi, Sara Mannocci, Ambra Notari, Laura Pasotti, Elisabetta Proietti, Antonio Storto, Michela Trigari; Gianluca Nicoletti; Erica Battaglia, Rosanna Giovèdi, Alessandra Torreggiani, Francesca Tulli del Consorzio sociale Coin; Oliva Berardi, Ilaria Cannella, Cristina Cianotti, Francesca Iardino, Monica Marini, Maria Pedroli dell’Inail Progetto grafico: Giulio Sansonetti Editore: Istituto Nazionale per Redazione: SuperAbile Magazine c/o agenzia di stampa Redattore Sociale Via Marsala 42 - 00185 Roma E-mail: [email protected] Stampa: Tipografia Inail Via Boncompagni 41 - 20139 Milano Autorizzazione del Tribunale di Roma numero 45 del 13/2/2012 Un ringraziamento, per averci concesso l’uso delle foto, a Stefano Dal Pozzolo (pagg. 4-5, 10-27), Leonardo Poli (pagg. 4, 28-29), Cristina Di Paolo Antonio (pagg. 5, 52), Ospedale pediatrico Bambino Gesù (pagg. 3435), Linda Paganelli (pagg. 36-37), Andrea Ligi, Luigi Lauria e Mario Cerasari (pagg. 38-41), Romuald Desandré (pagg. 42-43), Andreas Kemenater (pag. 63), Progetto Chopin (pag. 64). In copertina: Monica Contrafatto durante gli allenamenti. Foto di Stefano Dal Pozzolo/Contrasto l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro EDITORIALE cronache italiane 3 Insieme per un mondo accessibile 30 Se una norma è per tutti di Luigi Sorrentini ACCADE CHE... 6 “Al mio posto”, campagna della Fish L’INCHIESTA di Maria Gabriella Lanza sotto la lente e Maxwell, una favola vera 10Ricominciare a vivere. Con ausili 34 Jacob di Chiara Ludovisi e protesi di Laura Badaracchi dal mondo 14 Irene, una sfrenata voglia di vivere 36 Storie di imprese in rosa a Gaza di Antonella Patete 16 Franco, veterano delle protesi 18 20 22 24 di Michela Trigari PORTfolio di A.P. 38 A fil di spada Domenico, un maestro in pensione sport di A.P. 42 Il rocciatore che attende il “Giro L’ultimo arrivato: Domenico dei giganti” di A.P. di Antonio Storto Giuseppe: non tutto il male viene per nuocere tempo libero di A.P. 44 Gestori disabili per b&b accessibili Monica, una stella paralimpica di Giorgia Gay di A.P. insuperabili 28 La mia vita fuori moda di Sara Mannocci SuperAbile INAIL di Elisabetta Proietti 32 Con L’Arte nel cuore 4 Dicembre 2014-Gennaio 2015 tempo libero 46 Percorsi tattili. Al museo di G.G. cultura rubriche 48 Simonetta e George, road movie 56 Salute Il certificato di malattia per a due voci 49 52 53 54 55 64Politically incorrect di A.P. i dipendenti pubblici Cronache dall’universo 58 Inail... per saperne di più Alzheimer Mai più soli. A Roma uno di A.P. sportello di sostegno psicologico Amore di madre per un figlio 59 Lavoro fragile Jobs Act e tempo parziale. Ecco di Ludovica Jona le novità Agricoltura sociale, i frutti buoni 60 Mobilità della terra Contrassegno unico europeo. di A.P. Al via la riforma Quelle tecnologie vintage 61 L’esperto risponde per chi non può vedere Agevolazioni fiscali, Senza di A.S. barriere Inclusione a ritmo di pop rock miscellanea (inglese) 62Satira di M.T. L’ironia come strumento di inclusione sociale nelle vignette di Boi di L.B. 63 Trisomia 21 Un calendario contro i pregiudizi di M.T. SuperAbile INAIL Lo scivolone di Charlie Hebdo sulle persone Down Che impresa Progetto Chopin di M.T. 65 Cronache marziane Amputati in salsa “aggressive” di Gianluca Nicoletti Start up Abiti sensoriali per esigenze speciali di M.T. Food Chef Aleem e il suo camionristoro accessibile databile 66 Persone disabili e partecipazione sociale di Ambra Notari e Laura Pasotti, grafica di Cristina Graziani 5 Dicembre 2015-Gennaio 2016 ACCADE CHE... Premio Filippo Basile all’Inail di Enna. Con il laboratorio di scultura per infortunati sul lavoro “Si rip...arte”, il funzionario dell’Istituto Irene Varveri ha vinto il riconoscimento dedicato al dirigente della Regione Sicilia ucciso nel ’99 da un collega che aveva licenziato in quanto accusato di associazione a delinquere e tentato omicidio. Il premio Basile, organizzato dall’Associazione italiana formatori, valorizza le migliori esperienze delle pubbliche amministrazioni. 3 dicembre “Al mio posto”, la nuova campagna di sensibilizzazione della Fish M argherita ha un figlio con un’atrofia spinale: vive a Lecce e a metà mattina va scuola anche lei perché nessuno ha l’incarico di portare il ragazzo in bagno a fare pipì. Stefano, invece, un 57enne paralizzato che abita a Padova, è finito in comunità perché era solo e i suoi genitori erano troppo anziani per poterlo assistere. Vorresti metterti nei loro panni? In occasione della Giornata internazionale dei diritti delle persone con disabilità, il 3 dicembre, la Fish (Federazione italiana per il superamento dell’handicap) ha lanciato #Inmyplace, una campagna per modificare gli atteggiamenti, spesso inconsapevoli ma sempre determinanti, della gente comune, della società, del mondo del lavoro, della politica. Dopo aver raccolto alcuni «Sono caduto in moto. Ora non riesco a usare le gambe e anche le braccia si muovono con fatica. Ma pc e software non hanno segreti e sono in grado di dimostrarlo dove volete». Stefania invece è sorda: «Le persone non si rendono conto di che cosa significhi. In stazione, quando il treno cambia binario, voi gli annunci li sentite mentre io no». Poi c’è Christian, 36 anni, di Genova: «Sono ottimista anche se sono cieco. Mi piace passeggiare per la mia città vissuti di persone disabili, o dei da solo con il bastone, finché loro familiari, la Fish propone di tu non parcheggi il motorino in prendere idealmente il loro posto. mezzo al marciapiede». Mario, di Lo si può fare dal sito Inmyplace. Monticelli D’Ongina, in provincia it, condividendo una o più storie di Piacenza, osa di più: «Se sesul proprio profilo Facebook o dendovi in carrozzina riuscirete Twitter in modo da farle circolare a usare un mezzo del trasporto il più possibile. Come quella di pubblico vi pagherò il pranzo». Francesco, 35 anni, di Verona: [M.T.] lavoro Un’app promemoria in aiuto dei lavoratori con sindrome di Down T roppi compiti da svolgere in un’unica giornata di lavoro? Niente paura, ci pensa l’app “Omo, on my own at work”. Prodotta grazie a un progetto realizzato da Associazione italiana persone Down, Fondazione Adecco per le pari opportunità, Università degli studi di Bologna e Roma Tre, Una scuola integrata Associação portuguesa de portadores de Trissomia per ragazzi sordi e 21 ed European Down Syndrome Association, ora è non. Accade all’Istituto in fase di sperimentazione in Italia e Portogallo con “Ponce de León” di quattro lavoratori per ogni Paese inseriti in alcuni Madrid, in Spagna, dove hotel di Porto, Lisbona e Roma. L’applicazione – in ogni classe almeno personalizzabile nei ruoli di cameriere al ristorante cinque alunni sono non o ai piani, receptionist, addetto in cucina – è udenti. A partire dai tre una sorta di promemoria per non dimenticare anni e fino alle superiori nessuno dei compiti o delle mansioni da svolgere (qui si studiano arti in giornata. Con evidente vantaggio per lavoratori e grafiche), ai bambini e ai datori di lavoro. Info su On-my-own.eu. ragazzi viene insegnata anche la Lingua dei segni. SuperAbile INAIL 6 Dicembre 2015-Gennaio 2016 senza barriere Dall’Istituto Chiossone di Genova e dalla Uici Liguria un vademecum per l’inserimento professionale delle persone con disabilità visiva S i chiama “Occhio al lavoro” ed è un manuale per l’inserimento professionale delle persone con disabilità visiva. L’hanno messo a punto l’Istituto David Chiossone di Genova, la sezione ligure dell’Unione italiana ciechi e ipovedenti e la cooperativa Solidarietà e lavoro grazie ai fondi della Regione Liguria. Rivolto soprattutto alle aziende, dopo un accenno al quadro normativo di riferimento Undici multinazionali per l’integrazione professionale. A firmare la carta dell’Organizzazione internazionale del lavoro “Business globale e network della disabilità” sono state Accenture, Accorhotels, Adecco, Axa, Carrefour, Dow Chemical, Casino, L’Oréal, Orange, Standard Bank e Michelin. La carta vuole promuovere l’impiego delle persone disabili, evitare le discriminazioni e rendere i locali aziendali accessibili. il vademecum contiene una serie di indicazioni per rendere accessibile il posto di lavoro, a partire dagli ausili fino all’abbattimento delle barriere architettoniche. Il progetto, frutto di 32 work experience nella pubblica amministrazione e in aziende private, ha portato anche a dodici assunzioni (quasi la metà nel settore del turismo). La guida è scaricabile online dal sito Chiossone.it e Uiciliguria.it. in viaggio “Paripasso”, a garanzia di un turismo accessibile U na valutazione dell’accessibilità delle strutture turistiche sulla falsariga della certificazione energetica degli edifici. È quanto propone il progetto “Paripasso”, nato all’interno dell’associazione Architetti di strada, attiva dal 2011 a Bologna sui temi del disagio abitativo. Obiettivo? Mappare alberghi, b&b e villaggi turistici per dare una garanzia della loro accessibilità reale. «Esistono già strumenti simili, ma non sono sufficienti. Noi vogliamo crearne uno che consenta al viaggiatore disabile di consultare, guardare, scegliere senza dover avere contatti con il gestore fino al momento della prenotazione», spiega Sergio Bettini, presidente dell’associazione Paripasso. Finora sono state mappate 200 strutture, ma online ce ne sono solo una ventina perché «finché non abbiamo tutti i dati non pubblichiamo». Per informazioni: Paripasso.it. SuperAbile INAIL 7 Dicembre 2015-Gennaio 2016 Franco Bomprezzi tra gli illustri del Cimitero monumentale. Il nome del giornalista ed ex presidente della Ledha (Lega per i diritti delle persone con disabilità), scomparso alla fine del 2014, è stato iscritto nel “pantheon” del Cimitero monumentale di Milano. La decisione è stata presa dalla Commissione consultiva del Comune per le onoranze al Famedio, che ha deciso all’unanimità i nomi delle 29 personalità che verranno aggiunte all’elenco dei milanesi illustri. «Franco ha saputo lasciare un segno importante. Attraverso il suo lavoro e il suo impegno a favore delle persone disabili ha contribuito a diffondere una cultura dei diritti per tutti – commenta Alberto Fontana, attuale presidente della Ledha –. Ringraziamo l’amministrazione per averlo voluto ricordare come cittadino benemerito». ACCADE CHE... salute Figli “unici”: essere fratello di un fratello diversamente abile. S’intitola così la ricerca realizzata in Puglia dalla cooperativa sociale Solidarietà sui siblings (termine con cui la letteratura identifica i fratelli di persone disabili). Condotta su un campione di 56 famiglie i cui bambini e ragazzi sono seguiti dai centri diurni “La Locomotiva” di Binetto e “Solidarietà” di Corato (in provincia di Bari), l’indagine ha evidenziato anche i sentimenti dei genitori. L’emozione prevalente nelle famiglie è l’affetto (65,4%), seguita da protezione e responsabilità. Tristezza e preoccupazione in relazione al figlio/ fratello disabile si manifestano solo nel 35% e 21% dei casi. I padri e soprattutto i figli ritengono che il tempo/ attenzioni dedicati al fratello disabile sia maggiore, mentre la mamma lo pensa solo nel 25% dei casi. Infine, il 73% degli intervistati dichiara la disponibilità a occuparsi del fratello disabile quando i genitori non potranno più farlo. Vi.co: l’app per comunicare in ospedale V Bologna L’Altro spazio, nuova sede e più accessibilità Q uando l’accessibilità è di casa. Nuova sede ma stessa filosofia per L’Altro spazio, il locale bolognese dove menù e carta dei vini sono scritti anche in Braille e c’è una mappa tattile per orientarsi. Da via Polese si è trasferito in via Nazario Sauro 24/f, in pieno centro. E se lo staff è sempre in grado di usare la lingua dei segni, le novità sono uno scivolo all’ingresso, il bancone abbassato e una ragazza in sedia a ruote a fare da barista. L’Altro spazio nasce da un’idea dell’associazione culturale Farm: cene al buio, reading, concerti, incontri e performance, lezioni di sensibilizzazione al Braille e alla Lis e altri corsi completano il programma. Info su Laltrospazio.com e pagina Facebook. i.co Hospital sta per comunicazione visiva in ospedale. Ed è una app che consente soprattutto alle persone con disturbi dello spettro autistico di avere un’interfaccia facilitata per comunicare con personale medico e infermieristico, operatori terapeutici, familiari e caregiver. Ideata e progettata dalla Fondazione Bambini e autismo onlus, l’applicazione nasce da una collaborazione tra quest’ultima, l’Azienda per l’assistenza sanitaria n. 5 Friuli roma Un “percorso olfattivo” guidato da giovani non vedenti N el cortile interno di via Margutta 51, in pieno centro di Roma, il “Giardino degli aromi” è un nuovo spazio verde, rinato tra i profumi delle erbe aromatiche grazie a un’iniziativa dell’Ipab Sant’Alessio-Margherita di Savoia e della cooperativa sociale Parsec Flor. Il progetto si chiama “Innova tu: la nuova sfida dell’innovazione sociale” ed è stato finanziato dalla Regione Lazio. Grazie al lavoro di tre ex tossicodipendenti seguiti dall’Asl Roma A, è nato un percorso olfattivo tutto da odorare: a far da guida ai visitatori, che procedono bendati, i ragazzi non vedenti della compagnia teatrale Punti di vista. Sicilia per tutti, in un click. Grazie a Distrettodeadimorgantina.it, sito pubblico realizzato secondo le disposizioni dell’Agenzia per l’Italia digitale e dell'Asphi (Avviamento e sviluppo di progetti per ridurre l’handicap mediante l'informatica) in tema di accessibilità del web. Nessuna barriera, quindi, per le persone disabili, che potranno accedere a tutte le informazioni online sul distretto turistico Dea di Morgantina (Enna). SuperAbile INAIL Occidentale e l’Ospedale di Pordenone, ed è scaricabile dall’AppStore. È possibile scegliere, a seconda del livello di comprensione, se utilizzare icone, simboli, foto o video per mostrare nel dettaglio, alle persone con difficoltà di comunicazione, come avvengono le visite, gli esami medici e quelli strumentali. Per informazioni: Vicoapp.it. 8 Dicembre 2015-Gennaio 2016 Europa Meno istituti, più servizi di sostegno. Lo chiede il Comitato economico e sociale dell’Unione Europea L imitare il numero delle strutture residenziali, aumentare i servizi di prossimità. Lo chiede il rapporto del Comitato economico e sociale europeo (Cese) presentato alla Commissione sull’assistenza sociale a lungo termine e la deistituzionalizzazione. Il Comitato ha anche invitato gli Stati membri a utilizzare i fondi europei per favorire questo passaggio, sviluppare i servizi sociosanitari di sostegno e formarne gli operatori: solo così è possibile mettere in atto un’alternativa a livello di comunità. Il Cese, poi, da un lato ha sollecitato la Commissione europea ad adottare un quadro di qualità unitario per i servizi di prossimità, ribadendo la necessità di standard vincolanti, dall’altro ha esortato gli Stati membri a istituire un’attività di ispezione e monitoraggio sull’assistenza fornita. (A destra, Franco Basaglia, in una foto d’archivio del Dsm di Trieste). Federico Morlacchi tra i vincitori del Premio Giuseppe Sciacca. Campione del mondo di nuoto paralimpico agli ultimi Giochi di Glasgow nei 200 metri, 22 anni, si è aggiudicato – unico italiano – il riconoscimento internazionale riservato a giovani meritevoli organizzato dall’associazione Uomo e società nella sezione dedicata allo food Nonni e ragazzi disabili insieme nell’orto C oltivare verdure come veicolo per sentirsi più inclusi. A San Felice, vicino Siena, “L’orto e l’aia nel borgo” è un progetto della Fondazione Allianz Umana Mente, dove gli anziani volontari dell’associazione Terza età di Castelnuovo Berardenga affiancano i ragazzi con disabilità della zona nell’operazione di coltivare la terra. Il progetto nasce nel 2012 dalla colla- borazione tra diverse realtà: Agricola San Felice, Regione Toscana, Comune di Castelnuovo Berardenga, Pubblica assistenza di Siena. Il proseguimento del progetto e la retribuzione dei ragazzi vengono garantiti dalla collaborazione con l’hotel relais & château Borgo San Felice, il ristorante Poggio Rosso e la vendita dei prodotti nei mercati locali. tendenze Mo.Ve, la start up modenese che produce capi facili da indossare R eggiseni e mutande che si allacciano davanti, camicie da notte a portafoglio, t-shirt con cerniere laterali, accappatoi studiati per evitare il rischio di raffreddamento. Sono solo alcuni dei capi di abbigliamento (per uomo, donna e unisex) della linea Vesta: si tratta di abiti e biancheria intima pensati appositamente per persone anziane, allettate, non autosufficienti, disabili o con impedimenti temporanei e realizzati con tessuti traspirabili, elastici, indeformabili. Un’idea che ha dato vita alla start up Mo.Ve e che coinvolge tre imprese modenesi: la Tessitura Roberta e la cooperativa Anziani e non solo di Carpi, oltre a Modance di Castelfranco Emilia. I vestiti possono essere facilmente acquistati online dal sito Lineavesta.com o nelle parafarmacie degli ipermercati di Coop Estense, mentre i negozi di articoli sanitari possono rivolgersi direttamente a Mo.Ve scrivendo a [email protected]. SuperAbile INAIL 9 Dicembre 2015-Gennaio 2016 sport. Ha cominciato a nuotare a soli dieci anni. Lo scorso aprile ha stabilito il record mondiale nei 100 farfalla di categoria S9 con 58”91. Ricominciare a vivere. Con ausili e protesi SuperAbile INAIL 10 Dicembre 2015-Gennaio 2016 IL REPORTAGE Domenico e Irene, Giuseppe e Monica, Franco e l’altro Domenico sono soltanto alcuni dei pazienti che frequentano la Filiale del Centro protesi Inail, a Roma. Dove hanno trovato un’équipe pronta a seguirli nelle diverse fasi della loro vita dopo l’infortunio che ha comportato l’amputazione di un arto o una lesione permanente. Dal primo colloquio alla progettazione della protesi, dalle visite mediche alla fisioterapia. E poi, ancora, l’addestramento e la messa a punto nell’officina ortopedica, gli esercizi in palestra, la terapia in piscina, le verifiche periodiche, fino alle attività ricreative: viaggio in una struttura di eccellenza che propone una sinergia inedita con il Servizio sanitario nazionale. A disposizione di ogni singolo paziente, chiamato alla grande sfida di iniziare una nuova esistenza Gli scatti di questo reportage sono di Stefano Dal Pozzolo. Dal 2007 vaticanista dell’Agenzia Contrasto, si dedica anche a temi sociali, attualità, ambiente, industria e tecnologia in Italia e nel mondo. Collabora con riviste italiane e internazionali. SuperAbile INAIL 11 Dicembre 2015-Gennaio 2016 Ricominciare a vivere. Con ausili e protesi SuperAbile INAIL 12 Dicembre 2015-Gennaio 2016 IL REPORTAGE Laura Badaracchi S i entra in punta di piedi, per non disturbare il lavoro di progettazione e finitura, in un’officina ortopedica: concentrato di eccellenza artigiana e di specializzazione raffinata, forgiata dall’esperienza. Va bene la tecnologia avanzata, ma ogni persona è unica. Quindi le protesi vanno realizzate su misura, cesellate millimetro dopo millimetro, e messe a punto dalla A alla Z per chi le porterà. «Si tratta di rimettere in piedi persone psicologicamente provate», riferisce Daniela Di Mario, responsabile amministrativo della Filiale di Roma del Centro protesi Inail, nello storico quartiere di Garbatella, che accoglie con pareti color pastello e poster degli atleti paralimpici chi arriva dal Lazio, ma anche da altre regioni, per incontrare un’équipe multidisciplinare esperta nella protesica e nella riabilitazione, sul modello del Centro di Vigorso di Budrio (Bologna). Due anni dopo il trasloco nei locali dell’ospedale Cto (Centro traumatologico ortopedico) “Andrea Alesini”, il work in progress della Filiale – inaugurata il 15 ottobre 1996 presso la casa di cura “Villa Sacra Famiglia”, dov’è rimasta fino al dicembre 2013 – continua «per rispondere alle richieste non solo da parte di infortunati sul lavoro e tecnopatici, ma anche di invalidi civili assistiti dal Servizio sanitario e di privati», precisa. Nella Filiale romana, quindi, si segue «il modello operativo di presa in carico del Centro protesi di Vigorso di Budrio, erogando prestazioni di riabilitazione protesica e di rieducazione funzionale a infortunati in corso di indennità temporanea», ribadisce la responsabile Di Mario. Vuol dire, in pratica, che il paziente viene accolto per una prima visita gratuita da una équipe multidisciplinare composta dall’ingegner Andrea Simonetti, responsabile tecnico dell’officina ortopedica, da tecnici, medici fisiatri e dal Servizio psico-sociale che svolge colloqui in sede di prima visita tecnico-sanitaria, individuando e mettendo SuperAbile INAIL 13 Dicembre 2015-Gennaio 2016 Ricominciare a vivere. Con ausili e protesi Irene, una sfrenata voglia di vivere L’ultimo fotogramma prima dell’incidente che le ha cambiato il corso della vita è lei che prende una cartellina, curva sul bagagliaio dell’automobile. Il primo ricordo, cinque giorni dopo, è qualcuno che la sveglia con un buffetto sulla guancia da un sonno lungo e ristoratore e, dopo averle detto che si trova in ospedale, le chiede il consenso per l’amputazione della gamba destra. Irene Liguori (nelle foto), 56 anni, romana, impiegata in un grande ente pubblico, è una signora elegante e sorridente. Ma soprattutto una donna che sa amare la vita e riesce a trasmetterlo fin dal primo sguardo. Un infortunio in itinere, cioè sul percorso dal lavoro verso casa, le ha SuperAbile INAIL portato via entrambe le gambe, la sinistra 20 giorni più tardi della destra, dopo che i medici hanno tentato in tutti i modi di salvarla. «Era il 19 marzo del 2009, avevo 50 anni – racconta –. All’uscita dall’ufficio ho accostato l’auto. Proprio in quel momento, una signora ha sbandato e mi ha travolto con la sua vettura, trascinandomi per due 14 Dicembre 2015-Gennaio 2016 metri». È stato solo grazie alla prontezza del consorte Enrico che Irene è riuscita a salvarsi. Ed è stato proprio lui a raccontarle, più tardi, come sono andate le cose: «Si è rotta la vena safena, il sangue zampillava da tutte le parti. Mio marito ha bloccato il deflusso all’attaccatura delle cosce con due cinte: una era la sua, l’altra se l’è fatta prestare da un passante». Seguono IL REPORTAGE in atto (quando necessari) specifici interventi di sostegno. Sin dalla prima visita, la presa in carico avviene attraverso un primo colloquio conoscitivo; il paziente viene quindi seguito durante tutto il percorso protesico–riabilitativo dall’assistente sociale Maria Concetta Calandruccio insieme alla psicologa Angela Casarella. Una sinergia inedita. «Stiamo sperimentando un modello virtuoso che può essere replicato in altre parti d’Italia», ci tiene a sottolineare il primario medico legale Patrizio Rossi. L’intento, infatti, è quello di «realizzare un esperimento di integrazione tra Servizio sanitario nazionale e Inail, che erogano in sinergia servizi, ciascuno secondo le proprie competenze». La Filiale romana, di fatto, sta operando concretamente in vista di questa sinergia fattiva, «compiendo un percorso chirurgico, riabilitativo e protesico – precisa il dottor Rossi –. Anche il Cto si sta riadattando alle esigenze della chirurgia elettiva iperspecialistica e in tal senso emerge la necessità di adeguare la struttura anche in termini di riabilitazione post-chirurgica residenziale e ambulatoriale». L’ideale sarebbe accogliere e completare i trattamenti nella stessa struttura; l’Inail, per fare un esempio, «è convenzionato già oggi con il reparto della chirurgia della mano del Cto, verso cui possono essere veicolati gli infortunati che scelgono di curarsi in questa struttura. Analogamente potrebbe essere fatto per altre chirurgie». E l’ospedale – oltre ad avere a disposizione un eliporto, che consente un soccorso sanitario tempestivo anche per casi afferenti ad altri territori – ha le competenze specifiche nella cura di patologie osteo-traumatiche, che «colpiscono circa l’80% del totale dei lavoratori infortunati», rileva il medico legale. Insomma, la Filiale di Roma sta sperimentando con il Cto «un percorso di riabilitazione post-chirurgica e postprotesica che riconsegna un lavoratore leso alla propria atun’operazione salvavita che dura undici ore e 48 giorni di prognosi riservata. «Intitolerei quel periodo “Voglio vivere”: quando vedevo il camice bianco di un dottore, sentivo un’ondata di speranza», commenta Irene. A settembre 2011 torna a lavorare. Ha due protesi di nuova generazione con ginocchio elettronico, che le permettono di camminare per brevi tratti con l’aiuto di due bastoni o, appoggiandosi al braccio del marito, quando si trovano per strada. Per tratti più lunghi usa una sedia a ruote leggera che riesce a caricare in auto da sola. «Prima dell’incidente, siccome non ho figli, appena uscita dall’ufficio correvo ad aiutare mia madre e mia zia. Dopo SuperAbile INAIL ho scoperto un’inaspettata capacità di reazione e di imporre la mia volontà in modo fattivo. Io e mio marito siamo stati sempre affiatati, ma questa cosa ci ha unito ancora di più». Sono tante le cose che hanno fatto insieme in questi sette anni, a cominciare dall’aver lasciato la vecchia casa per trasferirsi in un nuovo appartamento a pochi minuti di auto dal 15 Dicembre 2015-Gennaio 2016 posto di lavoro. Così Irene può spostarsi in totale autonomia. Nel frattempo ha trovato nuove cose che le danno piacere, come praticare sport. «Provo tutte le discipline che posso – afferma –: il nuoto, la scherma, il tennis tavolo. E lo scorso ottobre sono riuscita anche a realizzare un vecchio sogno: seguire un corso di vela». [Antonella Patete] Ricominciare a vivere. Con ausili e protesi 31 Franco, veterano Inizia anni fa la delle protesi seconda vita di Franco Zangrilli (nelle foto), sessantottenne di Frosinone. Aveva una moglie e due bambine di quattro e cinque anni, quando è rimasto «fregato» dal motocoltivatore che gli ha portato via la gamba destra, mentre lavorava sui terreni di suo padre. Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti: Franco ha cambiato una decina di protesi ed è ormai una fonte inesauribile di consigli e informazioni per i nuovi arrivati nella Filiale romana del Centro protesi Inail. «La mia prima protesi l’hanno fatta a Vigorso di Budrio», racconta. All’epoca il Centro era diretto dall’austriaco Hannes Schmidl, fondatore SuperAbile INAIL nel 1960 dell’officina ortopedica, in seguito divenuta famosa in tutto il mondo. «Era una protesi di legno – ricorda –, camminare era molto faticoso. Aveva un freno meccanico, e a ogni passo dovevi bloccarla con un colpo di tacco, altrimenti rischiava di chiudersi e mandarti per terra. Oggi è tutta un’altra storia, col 16 Dicembre 2015-Gennaio 2016 ginocchio elettronico la protesi fa tutto da sola». Nei giorni in cui siamo andati alla Filiale, che frequenta dal 1996, Franco stava provando una nuova protesi. Un giorno sì e uno no, veniva a Roma da Frosinone per mettere a punto e imparare il funzionamento dell’arto meccanico che lo accompagnerà nei prossimi mesi. «La protesi è quasi IL REPORTAGE tività professionale e sociale dopo un percorso sanitario sinergico di rara efficacia ed efficienza. Non c’è altro esempio in Italia che integri due strutture del genere in grado di ottimizzare l’iter clinico-riabilitativo», conclude Rossi, che annota: «Nel reparto di ortopedia abbiamo a disposizione, già oggi, alcune stanze per l’accoglienza residenziale dei nostri pazienti infortunati e tecnopatici in trattamento riabilitativo e protesico, che pure possono usufruire dei trattamenti in semi-residenzialità e ambulatoriali. Nel corso delle attività i pazienti Inail possono contestualmente contare sulle prestazioni specialistiche erogabili dai medici di un ospedale pubblico, da sempre specializzato su patologie osteoarticolari con eccellenza di risultati. All’opposto i pazienti protesizzati e/o protesizzabili, che ordinariamente afferiscono al Cto, possono avvalersi della eccellente competenza del personale della Filiale romana del Centro protesi». Questa sinergia collegiale fra specialisti Cto e Inail, «finora unica e di efficacia indubitabile, è un vantaggio anzitutto per il lavoratore, che vede garantita una continuità assistenziale con sicuri migliori risultati clinico-riabilitativi, anche per la riduzione dei tempi di recupero e di reinserimento. In questo diagramma di flusso il paziente può essere operato e riabilitato nello stesso luogo, senza il problema di dover trovare posto in un’altra struttura, «scongiurando allungamento dei tempi di malattia e fenomeni di regressione nell’iter clinico». Le frontiere della ricerca. Chiude il cerchio la sperimentazione scientifica. Sì, perché al Cto gli esperti della Filiale del Centro protesi, unitamente ai ricercatori del Dimeila Inail, hanno avviato vari studi, «dall’analisi multiparametrica del movimento in protesizzati e infortunati lesi (orientato ad acquisire elementi oggettivi di valutazione deambulatoria che meglio indirizzano anche la stima del danno indennizzabile) alla misurazione dell’efficacia pronta: una volta realizzato il rivestimento estetico, sarà come una gamba normale. Ma bisogna prima capire come funziona e a me le cose piace farle bene, voglio sfruttare tutta la potenzialità della tecnologia. Occorre tanta volontà, come per un mestiere: se non ti piace, non lo impari mai». Fin dal primo momento, tre decenni fa, Franco non si è dato per vinto: dopo l’infortunio non vedeva l’ora di tornare alla vita normale. E nella sua fuoriuscita dal trauma la famiglia è stata fondamentale: «Moglie e figli sono molto importanti, ti danno la forza di reagire e di cominciare a pensare in positivo». [A.P.] SuperAbile INAIL 17 Dicembre 2015-Gennaio 2016 Ricominciare a vivere. Con ausili e protesi Domenico, un maestro in pensione Originario di Casal Velino, in provincia di Salerno, dove vive tuttora, Domenico Cammarota (nella foto in alto) ha 65 anni ed è in pensione da tre, dopo una lunga carriera come insegnante di scuola elementare. Usa la protesi, al seguito di un’amputazione al terzo medio superiore destro, ovvero al di sopra del ginocchio. Ha perso la gamba SuperAbile INAIL una domenica di quasi 27 anni fa, mentre lavorava nel giardino davanti casa con il motocoltivatore: era il 12 febbraio 1989. «Dopo l’incidente mi hanno portato all’ospedale di Vallo della Lucania e poi a quello di Napoli, dove hanno fatto tutto quello che c’era da fare. E qui sono rimasto sei mesi tondi tondi». All’uscita dall’ospedale, Domenico è 18 Dicembre 2015-Gennaio 2016 andato al Centro di Vigorso di Budrio, dove gli è stata fatta la prima protesi. «Le difficoltà iniziali sono state tante – racconta –. Anche con la protesi, hai una menomazione che ti rimane per tutta la vita. Sono cose che non si accettano mai, caso mai si sopportano». Col tempo Domenico è diventato più sicuro di sé e consapevole delle proprie IL REPORTAGE dell’idrochinesiterapia in piscina», conclude Rossi. Che guarda con ottimismo al futuro, «posto che l’integrazione sinergica delle eccellenze di una chirurgia ortopedico-riabilitativa della Asl RmC-Cto, quelle della Filiale del Centro protesi Inail e quelle dell’Unità spinale unipolare potranno realizzare anche sul piano della ricerca un esempio di integrazione unico ispirato a criteri di efficacia, efficienza ed economicità». Nel corso della prima visita, sottolinea la dottoressa Ida Poni, «viene effettuata la presa in carico della persona con amputazione che prevede una valutazione clinica, la definizione di un progetto protesico-riabilitativo personalizzato e obiettivi correlati con quello che il paziente è in grado di fare successivamente con la protesi, la definizione dei tempi di realizzazione del programma; inoltre vengono date informazioni sulla tipologia di presidio individuato e sul grado di recupero funzionale previsto con un training riabilitativo specifico, il timing della protesizzazione e la modalità di presa in carico in regime residenziale, semiresidenziale o ambulatoriale». Nell’officina ortopedica della Filiale vengono realizzati presidi protesici e ortesici per arto superiore e inferiore: di normale dotazione, da bagno, per attività sportiva agonistica o amatoriale. Poi l’addestramento al loro uso è effettuato in palestra da fisioterapisti, sotto la supervisione di medici fisiatri. Alla verifica delle fasi di avanzamento del programma si procede attraverso valutazioni collegiali a cadenza settimanale. I progetti di rieducazione funzionale per infortunati vengono definiti nella visita fisiatrica con la prescrizione di specifici programmi di trattamento con esercizio terapeutico, idrochinesiterapia in piscina, gamma completa di terapia fisica, rieducazione robotizzata dell’arto superiore. Invece la diagnostica biomeccanica dell’arto inferiore si avvale dell’analisi cinematica del movimento e della baropodometria. Prestazioni e servizi che capacità. Non è sposato, ma vive comunque in famiglia, a stretto contatto con i suoi fratelli e i suoi nipoti, che abitano a pochi metri da lui. Poi ha tanti interessi: coltiva un piccolo orto, ama fermarsi a fare quattro chiacchiere al bar e quando può va a caccia, anche se non riesce a camminare a lungo come un tempo. Soprattutto però continua a fare il maestro di scuola, nello stesso istituto dove ha lavorato per tanti anni. «Lavorare per me è stata una forma di terapia – dice –. Dopo essere andato in pensione, ho continuato ad andare a scuola come volontario, aiutando gli alunni più bisognosi». Quando si dice fare del proprio lavoro una missione di vita. [A.P.] SuperAbile INAIL 19 Dicembre 2015-Gennaio 2016 Ricominciare a vivere. Con ausili e protesi L’ultimo arrivato: Da appena Domenico sei mesi Domenico Cerrone (nelle foto in queste pagine), 52 anni, di Ceccano, in provincia di Frosinone, ha avuto l’incidente che ha portato la sua vita su binari che non avrebbe mai immaginato di percorrere. Sposato, con una figlia di 25 anni, di professione idraulico industriale, quella mattina dello scorso 21 aprile stava andando in moto al lavoro, quando un’automobile lo ha investito in pieno, sbucando improvvisamente da un’area di servizio. Quel brutto incidente gli è costato la gamba destra e altri problemi, come la rottura di due vertebre e di un braccio, la fuoriuscita della spalla e la foratura di un polmone. Ma le cose SuperAbile INAIL potevano andare perfino peggio, se non fosse stato immediatamente soccorso da un automobilista, che passava da quelle parti. «Ha avuto la prontezza di togliersi la maglia e fermare il sangue – spiega Domenico –. Mi ha raccontato che lo ha fatto senza pensarci, senza neppure rendersi conto di quello che stava facendo». Ma il primo vero 20 Dicembre 2015-Gennaio 2016 IL REPORTAGE diventano parte della vita dei pazienti, come evidenzia la fisiatra Ida Poni: «Perdere un arto comporta un lutto; alcuni non vogliono guardarsi allo specchio, per non vedere la propria menomazione. Ma poi in tanti si commuovono quando si rimettono in piedi e riprendono a camminare con la protesi. Cito, fra i tanti, un paziente di Napoli che non ricordava di essere così alto: ha chiamato la moglie per dirle che faceva quattro passi tra le parallele». Alla Filiale vengono seguiti pazienti «con vari livelli di amputazione di arto inferiore e superiore: da un punto di vista estetico e del rapporto con gli altri si vive spesso questa menomazione come irrecuperabile», fa notare la dottoressa Poni. Invece per alcuni giovani la protesi «diventa qualcosa da esibire: chiedono una rifinitura che la evidenzi ulteriormente». E succede di cambiare tipologia di protesi, grazie ai progressi tecnologici: «Un paziente ha completato di recente l’addestramento specifico per utilizzare una protesi con mano bionica di nuova generazione, più funzionale rispetto alla tipologia di mano installata nella precedente protesi mioelettrica». Perché non solo «vengono forniti i nuovi presidi: occorre rieducare a portarli, sfruttandone efficacemente tutte le funzionalità», fa notare l’ingegner Andrea Simonetti, riferendosi all’officina ortopedica dove vengono realizzati presidi personalizzati e ortesi per varie patologie. Si va dalla protesi estetica a quella funzionale fino a quella sportiva per attività amatoriale o agonistica. «Nel momento in cui forniamo per la prima volta una protesi, è necessario un ciclo di riabilitazione, adattamento e addestramento all’uso del presidio», rimarca. Tecnologia “umanizzata”. Sicuramente l’avanzare della tecnologia aiuta, «incrementando prestazioni e comfort del presidio, ma può risultare inefficace e in alcuni casi inopportuna se non se ne conoscono in dettaglio le caratricordo di Domenico risale soltanto a 25 giorni più tardi, quando si è svegliato dal coma farmacologico. «La prima cosa che ho visto è stato il volto di mia moglie – ricorda –. Mi ha detto che ero in ospedale per via di un incidente, ma di non preoccuparmi». Il resto della storia è ancora tutta da scrivere. Se i momenti più bui sono passati, Domenico deve ancora prendere le misure rispetto a quanto accaduto e a quello che avverrà. La cosa positiva è che «da un mese a questa parte comincio a essere autonomo, mi vesto da solo e inizio a usare il braccio. Da una settimana ho anche cominciato a usare la protesi: tornare in piedi è stata una grande emozione». SuperAbile INAIL Il miglioramento di Domenico coincide con l’arrivo alla Filiale romana del Centro protesi, dove si tratterrà ancora per qualche settimana. Finalmente, infatti, inizia ad attrezzarsi per la vita “fuori”, confrontandosi ogni giorno con tecnici e operatori che possono fornirgli aiuto e consigli. Nel frattempo durante il 21 Dicembre 2015-Gennaio 2016 weekend torna a casa, dove può provare di nuovo il sapore della quotidianità. Nell’attesa di riprendere la vita “normale”, gusta quelle piccole cose che di solito non apprezzi fino a quando non ti vengono a mancare. Come godersi un pranzo in famiglia o tornare per la prima volta a tagliarsi i capelli dal barbiere. [A.P.] Ricominciare a vivere. Con ausili e protesi Giuseppe: non tutto il male viene per nuocere Se dovesse fare un bilancio a tre anni dall’incidente stradale che gli è costato l’amputazione di entrambe le gambe sotto il ginocchio, Giuseppe Spatola (nelle foto) direbbe probabilmente che la vita tanto ti toglie e tanto ti dà. E che nel suo caso il conteggio è perfino in attivo, visto che quello che altri (ma non lui) definirebbero senza pensarci due volte «una tragedia» gli ha regalato l’amore della vita e presto anche una bambina. Siciliano di Raddusa in provincia di Catania, 33 anni, Giuseppe oggi lavora al ministero della Difesa dopo più di dieci anni di vita militare come tecnico elettrogenista presso l’undicesimo reggimento trasmissioni, un’unità sempre in giro per il mondo per montare apparati elettrici ed elettromeccanici. Ed è stata proprio la riduzione allo stato civile l’unico vero rospo che ha dovuto ingoiare, alla fine di una storia che, nel suo racconto, assume i toni esilaranti della migliore commedia brillante. «A dirlo non ci si crede – esordisce –. Ho passato settimane girando tra i vari ospedali a bordo di un quad, alla ricerca di un medico disposto a tagliarmi la seconda gamba». Tutto comincia a Roma il 13 luglio del 2013 quando Giuseppe, di ritorno in auto da una bella gita al lago con un amico e due ragazze, viene tamponato sul fianco posteriore sinistro da un’altra macchina. A bordo c’è un uomo che tenta di fuggire e nei cui confronti è attualmente aperto un processo sia civile che penale. L’automobile di Giuseppe finisce contro il guardrail: non ci sono morti, ma tre passeggeri su quattro riportano conseguenze gravi. A lui amputano la gamba destra dopo cinque giorni e la sinistra dopo 13 mesi. «Ma non è stato facile farmela tagliare, il primario che mi seguiva voleva salvarla a tutti i costi: lo aveva promesso a mia madre – racconta –. Discutevamo tutti i giorni, ma lui non ne voleva sapere. Così dopo un anno in giro tra un ospedale e l’altro, ho firmato le dimissioni e mi sono messo a cercare un medico disposto a tagliarla». Il guaio è che quella gamba gli fa sudare sette camicie. Per dormire deve imbottirsi di farmaci perché il dolore non gli dà tregua. E poi Giuseppe sa bene che, se pure dovesse guarire, non tornerà mai come prima e gli darà sempre problemi di deambulazione. Così, dopo aver rimandato in Sicilia sua madre che non avrebbe condiviso l’impresa, non avendo altri mezzi di SuperAbile INAIL 22 Dicembre 2015-Gennaio 2016 IL REPORTAGE trasporto, rimette in funzione il suo vecchio quad e comincia il suo pellegrinaggio tra un ospedale e l’altro. Alla fine è lo stesso primario che lo segue dall’inizio a cedere. Di fronte a tanta ostinazione, si convince: Giuseppe tira un sospiro di sollievo e, libero di quell’arto che ormai è più di intralcio che di aiuto, può finalmente indossare la protesi e cominciare la riabilitazione. E con questa una nuova vita. Perché nel frattempo al policlinico romano “Di Liegro” ha conosciuto la futura madre di sua figlia. Lei è un’infermiera «bionda e bellissima», lui un uomo che se si mette una cosa in testa è difficile resistergli, alla fine esplode l’amore. «Quando è venuta la prima a volta a farmi l’elettrocardiogramma, sono rimasto stravolto. Ho suonato per una settimana di fila il campanello, cercando continuamente scuse per farla venire da me». Oggi Giuseppe e Cristina sono andati ad abitare in una casa con giardino proprio al di là del Grande raccordo anulare. Pensando all’arrivo della figlia e alla vita che lo attende nei prossimi mesi, non sta nella pelle dalla gioia. Il suo entusiasmo è contagioso e irrefrenabile, e mentre lo ascolti pensi: se la fortuna esiste, è nascere con un carattere così. [A.P.] SuperAbile INAIL teristiche e le potenzialità specifiche effettive, da utilizzare in maniera adeguata. Quindi bisogna valutare con il paziente l’opportunità di utilizzare una protesi con componenti elettronici», avverte Simonetti. Certo è che affascina vedere articolazioni di ginocchia bioniche con sensori e software che di fatto replicano le funzioni di quelle biologiche, mani poliarticolate e polifunzionali «che non hanno un’apertura e chiusura a pinza ma una presa antropomorfica. Vuol dire poter inserire un cd nel lettore o girare una chiave nella serratura con naturalezza e senza faticosi e logoranti compensi posturali, per esempio. Funziona con un accumulatore, un’unità di controllo ed elettrodi al titanio che registrano le variazioni di contrazione del moncone». Insomma, «l’intelligenza artificiale va a supportare le funzioni che l’utente non ha più». E ad avvantaggiarsi di questa tecnologia “umanizzata” sono anche i pazienti più avanti con gli anni: uno di loro, ultraottantenne, continua a utilizzare efficacemente la protesi con ginocchio elettronico, «che gli dà maggior sicurezza nella camminata anche su terreni sconnessi, scale, salite e discese». È importante però valutare, caso per caso, se l’utente riesce a indossare da solo la protesi, a ricaricarla: «Non basta approfondire lo stato di salute, ma conoscere le esigenze funzionali, il contesto di vita». La personalizzazione riguarda anche l’aspetto estetico, «la cosmesi di un presidio, per farlo accettare come una parte di sé, una cosa propria». Qui entra in campo la straordinaria abilità artigianale e la competenza decennale dei tecnici ortopedici, che nessuna soluzione tecnologica può sostituire. E per i più piccoli? «Seguiamo bambini fin da quando avevano un anno: nel momento in cui cercano di mettersi in piedi, proponiamo una specie di “protesi gioco”, con un assetto adeguato per evitare malformazioni posturali – fa sapere Simonetti –. Ci sono continui adattamenti in base 23 Dicembre 2015-Gennaio 2016 Ricominciare a vivere. Con ausili e protesi Monica, una stella paralimpica È di poche parole, concreta, alla mano. Trentaquattro anni, siciliana di Gela, il caporal maggior scelto del ruolo d’onore Monica Contrafatto (a fianco e in basso) è una delle promesse della Filiale romana del Centro protesi Inail. Che per accompagnare il suo cammino di atleta realizza per lei le protesi sportive più all’avanguardia. Da piccola sognava di fare il poliziotto, ma quando ha visto i bersaglieri svolgere il servizio di “Vespri siciliani” per le strade della sua città, è rimasta folgorata dal portamento elegante e dal fez, il caratteristico copricapo rosso col pon pon blu. E così nel 2006 ha fatto domanda per l’esercito e, dopo un anno in un altro reparto, è stata assegnata proprio al primo Reggimento bersaglieri, con cui è partita due volte in missione per l’Afghanistan. La seconda volta è stata quella fatale. «Ero arrivata nel distretto di Gulistan da un mese, ero felice – racconta –. Eravamo in fase di ricognizione per vedere se c’erano ordigni nel terreno. Il 24 marzo 2012 abbiamo subito un attacco. Alla seconda bomba da mortaio caduta nella base, ho sentito una ventata calda e ho capito che ero stata ferita. Ho alzato lo sguardo e ho visto che perdevo sangue dalla mano, poi ho guardato la gamba e perdevo sangue anche da lì. Un collega, Salvatore De Luca, mi ha tirato via di là, salvandomi la vita». Quando si sveglia dal coma farmacologico, è in un ospedale americano in Germania. È vigile e lucida come dopo l’attacco: alla neurologa che le chiede se ricorda cosa è successo, spiega per filo e per segno come sono andate le cose. Ricorda tutto e non ha difficoltà a parlarne. Allo stesso modo, più tardi riesce ad accettare la perdita della gamba destra sopra il ginocchio con serenità. «Sono molto cattolica – dice –. Forse mi è stata riservata la possibilità di vivere una seconda vita e di poter aiutare gli altri attraverso il mio esempio. Non mi sono mai lamentata, meglio a me che a un’altra persona». Dopo l’attentato Monica lascia il Reggimento e attualmente è allo Stato maggiore dell’esercito, dove svolge un lavoro di ufficio. «È stata questa la cosa peggiore – spiega –. Ma se ho perso il lavoro, ho trovato lo sport». Durante le Paralimpiadi del 2012, ha visto in tv Martina Caironi vincere l’oro nei 100 metri. Si è detta: «Un giorno sarò SuperAbile INAIL 24 Dicembre 2015-Gennaio 2016 IL REPORTAGE come lei» e da quel momento non si è data tregua. Alla fine del 2102 aveva la protesi da cammino e nel 2104 quella da corsa. E neppure un infortunio al ginocchio, che l’ha bloccata per un altro anno, è riuscito a farle cambiare idea. Da quando ha potuto indossare di nuovo la sua protesi da corsa, ha ricominciato ad allenarsi tre volte a settimana nei 100 metri con la stessa serena determinazione che contraddistingue ogni suo atto. All’orizzonte ci sono i Giochi olimpici di Rio de Jainero 2016: «Non devo fare altro che allenarmi – riflette –. Poi, se arriveranno le Paralimpiadi, sarà bellissimo. Se non arriveranno, potrò dire di averci provato». Nel frattempo, lavorando sodo, in poco tempo, con 16 secondi e 98 centesimi Monica si è conquistata un quinto posto nella categoria T42 ai Campionati mondiali paralimpici di atletica leggera che si sono svolti a fine ottobre a Doha, nel Qàtar. Un successo che la consacra nella rosa delle atlete più forti del mondo. E che rende i Giochi paralimpici più vicini. Niente male per una che si allena da soli quattro mesi e di cui nei prossimi anni sentiremo sicuramente parlare. [A.P.] SuperAbile INAIL alla crescita, mentre i genitori vengono coinvolti fin dalla prima visita. Un percorso continuo e un lavorio infinito». Le soddisfazioni non mancano nel vedere i risultati del proprio impegno e nel «sentirli confermare dai pazienti, che raccontano i loro traguardi. Sono utenti fidelizzati, che incontriamo molte volte in un iter di assistenza continuativa». Non solo riabilitazione. Per i pazienti in accoglienza residenziale sono previste anche «attività di relazione», oltre alle cure. «Insieme al reparto di unità spinale del Cto, proponiamo alcune iniziative pomeridiane per migliorare la qualità della vita all’interno della struttura», spiega l’assistente sociale Maria Concetta Calandruccio. Nel salone ricreativo al quarto piano si può giocare a ping pong su sedia a ruote oppure cimentarsi in appassionanti sfide di biliardino. A disposizione dei pazienti anche una piccola biblioteca e giochi da tavolo; altri preferiscono le carte e scommettere qualche caffè. Molto gettonato il karaoke («a molti piace cantare»), apprezzata la possibilità di seguire corsi d’informatica o di scherma promossi da istruttori paralimpici dell’Accademia Musumeci Greco. E poi vanno in scena spettacoli teatrali e concerti, a cui sono invitati familiari e amici. «Le attività vengono gestite dai volontari di varie associazioni: Avo, Se ci vedi scappa, L’isola che non c’era e altri volontari che man mano danno la loro disponibilità, proponendo vari tipi di intrattenimento. La supervisione è a cura dall’assistente sociale della Filiale e dello psicologo del Cto», informa la dottoressa Calandruccio. «C’è anche chi scopre un talento inespresso o nascosto: come un giovane assistito pugliese in cui è emersa la passione per la pedana, la maschera e il fioretto. Gli istruttori hanno individuato un dono naturale in questo ragazzo e, in collaborazione con la Sede Inail di competenza, stiamo pensando a un progetto personalizzato a riguardo», sotto- 25 Dicembre 2015-Gennaio 2016 Ricominciare a vivere. Con ausili e protesi Quella di via San Nemesio 21, a Roma, è la Filiale del Centro protesi Inail di Vigorso di Budrio (Bologna) e fornisce servizi specifici dedicati ai propri assistiti, come la realizzazione di protesi per particolari discipline sportive (l’equitazione, per esempio). Dispone inoltre di una piscina per la fisiochinesiterapia in acqua. Info: tel. 06/54876100202, centroprotesi-filialeroma@ inail.it. SuperAbile INAIL 26 Dicembre 2015-Gennaio 2016 IL REPORTAGE linea l’assistente sociale, precisando che «oltre alle attività ludiche, i pazienti vengono sostenuti sia dal punto di vista psicologico attraverso colloqui mirati al recupero dell’autostima, della riprogettazione della propria vita anche con l’utilizzo di test specifici, sia dal punto di vista sociale tramite colloqui di orientamento, informazioni, supporto in relazione a richieste puntualmente condivise con l’assistente sociale della Sede Inail di appartenenza». Approccio positivo e tempi di ripresa. Le reazioni all’infortunio e alle protesi sono le più diverse: «Alcuni si documentano prima, altri arrivano motivati dai familiari, altri ancora la vivono come una novità con cui fare i conti. Certamente l’approccio positivo è discriminante rispetto alle tempistiche di ripresa, conta molto per il reinserimento psicosociale e il miglioramento progressivo – puntualizza l’assistente sociale –. All’inizio l’utilizzo della protesi è doloroso e c’è chi la rifiuta. Bisogna saper rispettare i tempi di ciascuno, senza però eccedere nelle “coccole”, saper stimolare e coinvolgere il paziente in maniera adeguata. Senza trascurare il rischio di una dipendenza nei confronti di un ambiente protetto, da cui dovranno necessariamente uscire per scontrarsi con realtà diverse». Anche sulla sofferenza fisica bisogna intervenire per capire quanto è intensa e quando invece subentra una somatizzazione o un blocco mentale. Si deve tener conto, quindi, delle fasi delicate di metabolizzazione dell’accaduto. Un cammino che richiede pazienza, da fare insieme per un tratto di strada. Per questo l’équipe lavora in sintonia, fin dal primo colloquio con il paziente, ricorda Simonetti: «L’interconnessione delle informazioni è preziosa per la stessa progettazione della protesi e del seguente percorso riabilitativo. È fondamentale conoscere lo stato psicologico della persona, l’ambito familiare e lavorativo da cui proviene. E ascoltarla, sempre». SuperAbile INAIL 27 Dicembre 2015-Gennaio 2016 INSUPERABILI Intervista a Silvia Savoldi Niente televisione, tecnologie, spese superflue. A casa di Silvia, sorda e autodidatta, non manca nulla grazie all’autoproduzione e al baratto, per passione e amore della semplicità. «Occorrono impegno e costanza. Le rinunce? Si tratta solo di abitudini» La mia vita fuori moda « Sara Mannocci N on chiedo più scusa agli altri solo perché sono obbligati a ripetermi quello che dicono». Arriva da una frazione di campagna in provincia di Mantova la storia davvero speciale di Silvia Savoldi, 36 anni, non udente dall’infanzia, che ha trovato la chiave della sua vita arricchendosi di semplicità. Da circa cinque anni lei e il compagno Roberto organizzano la loro quotidianità producendo in casa tutto ciò che è indispensabile, affidandosi al baratto con le persone vicine, sottraendosi ai vincoli che la vita di oggi sembra imporre quasi a tutti. «Le nostre non sono rinunce ma abitudini», sottolinea Silvia, che seguendo la sua strada ha superato i limiti legati alla disabilità. Quale percorso ha compiuto per arrivare alla vita di oggi? Sono sempre stata una persona creativa, mi piace inventare cose nuove, da piccola sognavo di diventare una scienziata, a contatto con la natura, ma mi sono ritrovata a dover interrompere gli studi alla terza media. Quando lavoravo come operaia mi cimentavo saltuariamente in piccole autoproduzioni, non avendo molto tempo. Improvvisamente mi sono ritrovata senza impiego, vivo in un posto isolato e non ho la patente di guida, così ho pensato a come potrei cavarmela se un giorno il mio compagno mi lasciasse. L’autoproduzione, per me, da hobby si è trasformata in necessità. Ho cominciato a studiare il “fai da te” da autodidatta, come ho sempre fatto anche per l’arte e la scrittura, e sono soddisfatta del risultato. Cosa significa, concretamente, vivere con 15 euro a settimana attraverso autoproduzione e baratto? Io e Roberto siamo persone molto semplici, senza pretese particolari. Non fumiamo sigarette, non ci dedichiamo a passatempi dispendiosi, non abbiamo televisione né troppe esigenze sull’abbigliamento, la tecnologia virtuale non ci attira. La spesa di 15 euro a settimana si riferisce al cibo e a tutto ciò che è necessario per autoprodurre. Siamo vegetariani, e grazie alla verdura che ci fornisce il nostro orto immenso non abbiamo bisogno di acquistarla; ho creato anche un orto botanico dove coltivo le erbe officinali più comuni per fare saponette, oleoliti (macerati oleosi di piante e fiori freschi o essiccati, ndr) e infusi. Non beviamo caffè, vino o birra, preferiamo i supermercati discount e il baratto. Autoprodurre significa per me realizzare tutto l’indispensabile: detersivo per lavatrice, ammorbidente, lisciva, detergente per vetri, prodotti per il corpo, dentifricio, sapone da barba, bevande vegetali. E poi torte, biscotti, Silvia nella sua casa. Foto di Leonardo Poli SuperAbile INAIL 28 Dicembre 2015-Gennaio 2016 marmellate, creme spalmabili, la pasta con farina che macino io stessa. Ciò che autoproduco ha più “pathos” e questo mi piace moltissimo. Lo scambio con le persone vicine è agevolato dal fatto di risiedere in una piccola comunità? Sicuramente abitare in una frazione in campagna è un buon incentivo. Il baratto avviene semplicemente con chi, come noi, ha terra da coltivare. Generalmente scambiamo olio, aceto, sale, alimenti di prima necessità, sapone di Marsiglia destinato a trasformarsi in detersivo per lavatrice, vasetti, vestiti, eccetera. Quest’anno ci è capitato di barattare persino il letame e la legna per il forno. Tutto questo è molto bello, perché riesce ad accomunare le persone. Quanto ha influito la disabilità nel determinare le sue scelte? Le difficoltà sono cominciate a tre anni, ma ho avuto la fortuna di riuscire a parlare. Lentamente e inesorabilmente i rumori si attutivano e il mondo Come si impara l’autoproduzione U diventava sempre più silenzioso. Non riuscivo a interagire e mi sono chiusa in me stessa, forse per provare meno dolore. Volevo essere una persona normale, ma così facendo non sarei stata me stessa. Un giorno ho accettato il mio handicap, ho capito che era inutile continuare a non vivere, così ho scavato fino in fondo per recuperare tutta la determinazione che avevo calpestato insieme alla mia autostima e ho cominciato a seguire le mie passioni. Sì, Roberto mi appoggia nell’autoproduzione; è una realtà che richiede costanza e impegno. Era artigiano e aveva una ditta chiusa per difficoltà economiche, ora lavora a chiamata come operaio. In casa si occupa dell’orto, dei lavori di manutenzione e prepara pizze nel forno che lui stesso ha costruito con materiale prevalentemente riciclato. Per fortuna abbiamo più supporto che ostacoli dalle persone intorno a noi, anche se non manca chi storce E la vita di oggi come si relaziona con la il naso ed è pronto a criticare senza conoscerci davvero. sua disabilità? Questo modo di vivere mi aiuta molLe manca qualcosa a cui si è trovata a ritissimo a mantenere il contatto con le nunciare? persone, tiene una porta sempre aperta Solo i comodi e frequenti mezzi di al dialogo e alla disponibilità: mi ritro- trasporto del mio paese di origine. Penvo a dare istruzioni e consigli riguar- so di aver fatto una scelta consapevole, do all’autoproduzione, a creare nuove perché mi sono accorta di quanto spreamicizie, aiutare chi ne ha bisogno, in- co ci sia a vivere nei canoni di una sosegnare e imparare a mia volta. Non cietà sempre più frenetica e votata al consumismo. Rifarei tutto il percorso, posso che esserne felice. Il suo compagno ha compiuto con lei tut- senza esitazioni. to il percorso per arrivare a questa realtà? SuperAbile INAIL 29 Dicembre 2015-Gennaio 2016 n libro nato dal desiderio di trasformare uno spiegazzato quaderno di ricette in qualcosa di utile alla portata di tutti. Così Silvia Savoldi, originaria di Brescia ma dal 2010 residente ad Asola, in provincia di Mantova, presenta il manuale di autoproduzione Io faccio così, pubblicato da Gilgamesh edizioni. Il volumetto contiene molte idee facili da realizzare con ingredienti reperibili ovunque, è utile per chi desidera introdurre qualcosa di positivo in una quotidianità spesso troppo caotica o intaccata dalla crisi, per chi vuole investire il proprio tempo in attività costruttive o avvicinarsi alla semplicità. Le ricette sono suddivise per tipi di produzioni: detersivi, detergenti per il corpo, semplici golosità culinarie. Ecco che, con tempo a disposizione e volontà di imparare, si può scoprire come realizzare in casa ammorbidente, sapone liquido, deodorante, balsamo, preparare una gustosa bevanda di soia al naturale, riscoprire se stessi avvicinandosi all’essenziale. Il manuale è disponibile anche come e-book. Di recente, inoltre, Silvia ha aperto il blog Ilcucchiaiofatatosavoldisilvia. blogspot.it: nei post, tante ricette che svelano la magia delle cose fatte in casa. [S.M.] cronache italiane Bolzano Se una norma è per tutti Nella Provincia autonoma dell’Alto Adige la prima legge tradotta in lingua facile a beneficio delle persone con difficoltà di apprendimento. Un’iniziativa che ha visto la collaborazione dell’associazione People First Elisabetta Proietti « C ome facciamo a partecipare se non abbiamo informazioni dirette?». È la domanda che si pone People First Alto Adige, gruppo di auto-rappresentanza di persone con disabilità cognitiva e difficoltà di apprendimento le quali, costituitesi in associazione 13 anni fa a Bolzano, hanno scelto di essere loro stesse a prendere le decisioni che le riguardano e a «cercare di partecipare al di là della disabilità», perché «non si può essere autonomi se non si è consapevoli dei propri diritti e delle leggi che regolano le relazioni tra gli uomini». Così dal 2002, all’interno del network Lebenshilfe onlus, con l’aiuto di un supporter e di un progetto del Fondo sociale europeo, People First può contare su protocolli, atti di convegni e altra documentazione “tradotta” in linguaggio facile. Ma la novità è arrivata qualche mese fa: grazie alla Provincia autonoma di Bolzano è stata riscritta, apposta per chi ha difficoltà di apprendimento (ma anche per stranieri e per chiunque è disorientato da un linguaggio complesso), la legge “Partecipazione e inclusione delle persone con disabilità”, ossia “Le persone con disabilità devono poter partecipare ed essere presenti dappertutto”. Si tratta della legge provinciale n. 7 del 14 luglio 2015 che, alla luce della Convenzione Onu sui diritti delle persone disabili, fissa i cardini dell’inclusione. «La legge precedente aveva oltre 30 anni – spiega Luciana Fiocca, direttrice dell’Ufficio per le persone con disabilità della Provincia autonoma di Bolzano – e, riscrivendo un nuovo testo, non potevamo trascurare l’utilizzo di un linguaggio comprensibile a tutti». L’iniziativa arriva dopo «un piano di settore per la disabilità approvato cinque anni fa e tradotto in lingua facile» e dopo che «diversi colleghi hanno frequentato corsi per saper scrivere lettere e inviti con il linguaggio facilitato». Prosegue SuperAbile INAIL 30 Dicembre 2015-Gennaio 2016 Fiocca: «Abbiamo condiviso il testo di legge con persone disabili, aperto un blog e organizzato una giornata interattiva all’Università di Bolzano con gruppi – su lavoro, abitare, trasporti, sport e tempo libero – e studenti che facevano da interfaccia». Poi l’incarico a People First di tradurre la legge in lingua facile e la verifica, passo dopo passo, della comprensibilità. «La giunta ha approvato il testo facilitato sia in tedesco sia in italiano. Oltre ai 38 articoli, il testo fornisce un glossario finale in cui vengono riprese e spiegate meglio parole e frasi difficili». Un esempio? «Centrato sulla persona significa: io come persona sono il punto centrale di un progetto. Quello che penso e quello che desidero è importante e viene preso sul serio». Tra le iniziative in corso, la traduzione della modulistica di varia provenienza. «Vogliamo moltiplicare questo modo di informare – puntualizza –, facendo sì che non sia solo affare dei settori sociale e sanitario, perché l’in- A Torino nasce Sottovoce, la rivista per informare in modo semplice D opo la presentazione del numero zero, uscirà a gennaio il periodico Sottovoce e avrà cadenza bimestrale. È un giornale scritto con linguaggio facile (sulla base delle Linee guida europee del 2009) ed è stato pensato dalla cooperativa La bottega, che a Torino si occupa principalmente di inserimento lavorativo delle persone con disabilità intellettiva dando lavoro attualmente a 17 di loro. «Nel numero di prova abbiamo parlato di Grecia e crisi economica e abbiamo visto che i bambini, sia quelli con difficoltà di apprendimento sia gli stranieri, clusione è ovunque. Tuttavia tradurre intere leggi richiede tra i quattro e i cinque mesi di lavoro e finanziamenti dedicati. Per ora stiamo costruendo l’Osservatorio provinciale sulla disabilità». Ma che significa tradurre un testo in lingua facile e quali sono i riferimenti? La figura del supporter di People First – guai a parlare di assistenza – ha il volto di Johannes Knapp: «Il nostro riferimento sono le linee guida pubblicate nel 2009 da Inclusion Europe con il supporto del Programma di apprendimento permanente dell’Unione europea – spiega l’autore dei testi in lingua facile –. Con questo metodo abbiamo già pubblicato guide per le elezioni europee e libri di cucina». Frutto di due anni di lavoro, le linee guida sono scaturite da un progetto sostenuto dalla Commissione europea che ha coinvolto, oltre all’italiana Anffas, organizzazioni provenienti da tutta Europa. comprendono cose complesse se scritte in maniera facile», spiega Nino Vitulano, presidente della coop che sta testando il giornale nelle scuole superiori e primarie: «Abbiamo scoperto che in classe Sottovoce diventa strumento di inclusione». Alle scuole – per ora una ventina – il giornale viene consegnato in pdf e in copia cartacea, «finché si può gratuitamente», in due formati, A4 e A3, quest’ultimo Il documento fornisce regole sulla scelta di parole, frasi e aspetto del testo, su grafica e formato per uno scritto di facile comprensione e dà inoltre indicazioni per l’accessibilità del web (secondo i canoni dell’associazione internazionale Web Accessibility Initiative), sottotitoli e descrizioni audio e per la realizzazione di cd rom. Usare parole semplici, no a metafore e sinonimi, evitare sigle e abbreviazioni, mai note a pie’ di pagina e sottolineature, sì a frasi brevi, ai discorsi diretti, ai verbi nella forma attiva, alla ripetizione delle frasi più importanti. Andare a capo ogni volta che si comincia una frase. Dal punto di vista grafico, utilizzare un formato facile da leggere e da fotocopiare, per esempio un A4 o A5, no a lettere colorate o sfondi, usare il carattere Arial (misura 14). E poi allineamento a sinistra, illustrazioni con pochi elementi, grafici e tavole solo se molto chiari. Quali sono le difficoltà che incontra chi intraprende questo tipo di traSuperAbile INAIL 31 Dicembre 2015-Gennaio 2016 con caratteri ingranditi per venire incontro alle esigenze degli ipovedenti. «È nata una vera e propria redazione – precisa Vitulano – formata da giovani professionisti che hanno fatto un percorso di avvicinamento ai nostri scopi, primo fra tutti quello di far nascere una cittadinanza attiva: per partecipare bisogna prima capire». Insomma, un lavoro che «ha buone gambe perché poggia su cuore e professionalità e ha un imprinting artigiano». Alla redazione collaborano una persona con disabilità intellettiva («è la sentinella, aiuta a individuare gli argomenti») e una con disabilità fisica che scrive articoli. [E.P.] duzione? «C’è sempre una riduzione di contenuto – dice Knapp –: la difficoltà principale è individuare l’informazione primaria, stabilire cosa è indispensabile per l’utente». Per arrivare alla stesura definitiva della legge provinciale 7/2015, il testo, tradotto in “tedesco facile” da Knapp, è stato riletto da persone di People First e corretto via via per arrivare alla piena comprensibilità. «Infine è stato riletto con un gruppo di controllo più allargato, tutto il consiglio dell’associazione People First, e tradotto in italiano dalla Provincia di Bolzano». Persone con difficoltà cognitive varie, che Knapp è poco propenso a classificare in base al loro tipo specifico di disabilità, i membri di People First «hanno voglia di fare questa operazione politica». Alcuni lavorano in laboratori protetti, altri in azienda, alcuni abitano con i genitori, altri da soli. Una convinzione li accomuna: le persone disabili hanno diritto di ricevere informazioni accessibili come chiunque altro. cronache italiane Roma Con L’Arte nel cuore i ragazzi diventano attori di professione Maria Gabriella Lanza N elle sale prova di uno stabile nel quartiere San Paolo di Roma 150 ragazzi si allenano ogni giorno per diventare artisti professionisti. Dai corridoi si sente la musica di un pianoforte, la voce di un’insegnante che corregge una battuta sbagliata e tante risate. Apparentemente sembra una scuola come le altre, se non fosse che l’accademia L’Arte nel cuore accoglie allievi con disabilità. Giovani in sedia a ruote, ciechi, sordi, con la sindrome di Asperger o la distrofia muscolare, ma anche i cosiddetti normodotati, studiano insieme per realizzare il loro sogno: fare dell’arte un mestiere. Ogni giorno dalle 15 alle 21 sono lì per preparare lo spettacolo che porteranno nei teatri di Roma. A sgridare chi non è puntuale è Valeria, una ragazza di 25 anni, con un ritardo cognitivo. «Questa è la mia seconda famiglia, mi ha aiutato a fare nuove esperienze», dice mentre abbraccia la sua migliore amica Emanuela, soprannominata Pandorina, una giovane con la sindrome di Down che è diventata la star dell’accademia: nella passata stagione è stata la protagonista dello spettacolo Una pensione tutta pazza, sbancando il botteghino. Ha calcato la scena per quasi due ore, non ha dimenticato nep- Ogni giorno, dalle 15 alle 21, nell’accademia romana 150 giovani studiano per diventare artisti professionisti. La maggior parte ha qualche forma di disabilità, ma tutti condividono il medesimo sogno: fare del teatro un vero mestiere loro la possibilità di lavorare una volta terminato il percorso formativo – afferma –. All’inizio non è stato facile, non avevamo né fondi né un posto dove provare. Poi sono arrivati i primi sponsor e il nostro progetto è partito. Lo scorso ottobre l’accademia ha compiuto dieci anni e abbiamo in programma di realizzare un lungometraggio». I docenti sono tutti professionisti affermati come Emiliano De Martino e Marta Iacopini che hanno curato la regia dell’ultima commedia. «Gli alunni non fanno terapia, lavorano e studiano a tutti gli effetti. Non facciamo sconti a pure una battuta, ha cantato, ballato e nessuno, perché vogliamo che diventino soprattutto ha emozionato e fatto ride- degli artisti», precisa Alleruzzo. re il pubblico. «Mi sono sempre sentita esclusa nella mia vita, gli unici che frePer entrare in accademia si deve afquentavo erano altre persone con sin- frontare un’audizione: «Abbiamo orgadrome di Down come me – racconta nizzato due percorsi: chi ha maggiori Emanuela –. Poi ho iniziato la scuola e difficoltà nei movimenti e nell’apprenho imparato a fare l’attrice con ragazzi dimento viene iscritto alla scuola, gli diversi da me. Da cinque anni sono qui altri all’accademia, dove si richiede un e posso dire di essere felice». Insieme ad impegno di studio maggiore. Conoaltri nove allievi, lo scorso anno ha reci- sco bene il mondo della disabilità pertato nella fiction di Rai Uno Una gran- ché l’ho vissuta in famiglia e non volevo creare un’isola speciale solo per disade famiglia 3. A fondare L’Arte nel cuore è stata Da- bili. Desideravo che studiassero insieniela Alleruzzo: «Noi crediamo che dove me ai normodotati e che si sentissero c’è talento non esistono barriere. È que- integrati». A supportare gli allievi e gli sto il nostro motto. Vogliamo preparare insegnanti c’è anche una équipe psigiovani in modo professionale per dare co-pedagogica. Si possono seguire venSuperAbile INAIL 32 Dicembre 2015-Gennaio 2016 ti pagano una retta mensile di 50 euro. «La nostra più grande soddisfazione è vedere come i ragazzi riescano a migliorare la loro patologia: questo significa che l’arte è una terapia». La scuola ha aiutato anche Mattia, un giovane di 19 anni, che non ha nessuna ti corsi diversi: da quello di recitazione a quello di canto, danza, musica, regia, scenografia, trucco e parrucco. Ogni stagione preparano uno spettacolo e si esibiscono al teatro Olimpico di Roma e in quello del Vascello. Ma hanno anche calcato il palcoscenico dell’Elfo Puccini di Milano. Dal 17 al 20 dicembre saranno, invece, al teatro romano San Genesio per portare in scena la commedia riadattata di Edoardo Scarpetta ’O scarfalietto. Sono tante le richieste di iscrizione che arrivano ogni anno e che vengono rifiutate per mancanza di fondi. «Abbiamo due pullman che ogni settimana partono dalla Puglia e dalla Calabria per portare da noi gli allievi. Vorremmo aprire altre sedi, ma non abbiamo le risorse», spiega Alleruzzo. Gli studenNella foto, gli attori con disabilità dell’accademia L’Arte nel cuore SuperAbile INAIL 33 Dicembre 2015-Gennaio 2016 disabilità ma ha deciso ugualmente di frequentare questa accademia speciale. «All’inizio vivere con ragazzi disabili è stato uno choc, ma adesso ho capito che questo progetto ti arricchisce a livello umano e un attore che è pieno dentro comunica di più sul palco anche se non ha una tecnica perfetta», afferma sicuro. Maurizia, invece, ha 25 anni e sogna da sempre di diventare una cantante lirica. La mattina studia Archeologia all’università e il pomeriggio corre a fare le prove dello spettacolo: «Sono entrata a L’Arte nel cuore grazie a mia sorella che ha la sindrome di Down e questa scelta mi ha cambiato la vita. Il momento più bello è quando siamo dietro le quinte e aspettiamo di salire sul palco. C’è molta tensione perché sappiamo che dopo un anno di duro lavoro, tutto finirà in poco meno di due ore. Ci mettiamo in cerchio, ci stringiamo le mani e ci ripetiamo che andrà tutto bene». Tra loro c’è anche Alessandro, che ha problemi di apprendimento e un disturbo dell’attenzione: «Quando il pubblico mi applaude è un’emozione grandissima, che mi ripaga di tutti i sacrifici. Qui non ho imparato solo a ballare e a recitare. Sono riuscito a sentirmi parte di un gruppo e ho capito che anche io valgo. Adesso riesco a relazionarmi agli altri senza problemi». Una scuola di vita a tutti gli effetti come afferma Emanuela: «Ai ragazzi che desiderano intraprendere questo percorso consiglio di non nascondere il proprio talento ma di farlo vedere, di aprirsi al mondo perché è la cosa più bella». sotto la lente Good hospital Un filo invisibile tra gli Stati Uniti e il Kenya, passando per Roma: è la storia di un legame nato intorno all’ospedale pediatrico Bambino Gesù. Dove un ragazzo americano sconfigge il cancro e, diventato adulto, dona una nuova vita a un bambino africano senza gambe. Che oggi corre con i suoi compagni, tenendo sulle spalle il suo zainetto Jacob e Maxwell, una favola vera Chiara Ludovisi P otrebbe sembrare una favola, anzi due. Invece, per fortuna, è tutto vero. C’era una volta un ragazzo americano, si chiamava Jacob, aveva 14 anni e ora ne ha 22. «Avevo da giorni fortissimi dolori allo stomaco e i miei genitori mi portarono all’ospedale Bambino Gesù di Roma – racconta –. Dopo diversi esami, i medici scoprirono che si trattava di un raro linfoma chiamato “Burkitt” e mi operarono d’urgenza». Fu così che i medici del Bambino Gesù salvarono la vita a Jacob, che ancora oggi non dimentica «la grande paura per quello che mi stava succedendo», ma anche la «meravigliosa accoglienza dei medici e degli infermieri, che si presero cura di me e mi fecero sentire a casa, sebbene non parlassi e non capissi l’italiano. SuperAbile INAIL 34 Dicembre 2015-Gennaio 2016 Ma fu soprattutto con il dottor Alessandro Crocoli che si creò una grande amicizia: la sua allegria, il suo buonumore e la sua capacità di giocare e scherzare con noi furono una parte fondamentale delle cure che ricevemmo». Non meraviglia quindi che, proprio pochi mesi fa, Jacob e la sua famiglia abbiamo voluto partecipare a un evento fondamentale della vita del chirurgo Crocoli: le sue nozze. «Partecipando a questa meravigliosa festa, mi sono reso conto che da un’esperienza brutta come il cancro era nato qualcosa di speciale: una famiglia italiana oltreoceano da andare a trovare!». Ma il legame che si è creato tra queste due “famiglie” va ben oltre il sentimento e l’affetto: «Al Bambino Gesù mi è stata salvata la vita – precisa Jacob –. Per questo, ogni volta che veniamo a Roma la mia famiglia fa una donazione all’ospedale. Certo non potremo mai sdebitarci, ma almeno vogliamo aiutare un altro bambino come me a ricevere le cure di cui ha bisogno». È qui che inizia la seconda favola vera. C’era una volta un bambino nato nel 2011 in Kenya con una grave malformazione: gli arti inferiori e superiori cortissimi, inutilizzabili. Non aveva genitori, era completamente solo e nessuna struttura voleva accoglierlo, sembrava destinato a una vita breve e senza luce. Ma alcuni mesi fa Maxwell è nato una seconda volta: a Palidoro, vicino Roma, in una stanza di questa sede dell’ospedale Bambino Gesù. Con le sue protesi nuove di zecca, piano piano si è alzato in piedi e in pochi giorni ha iniziato a camminare, a correre, a saltare. Un miracolo della medicina, ma soprattutto della solidarietà, quel filo invisibile che oggi lega Jacob e Maxwell. L’America con l’Africa, passando per Roma. Perché l’ultima donazione della famiglia americana è andata proprio a Maxwell e alle sue magiche protesi. A tenere teso questo filo c’è Piero de Prosperi, un volontario romano ormai vici- no alla pensione. «Circa dodici anni fa, mentre ero in vacanza a Malindi, sono entrato in contatto con l’Imani Rehabilitation Agency – spiega –. Più di dieci orfanotrofi, a Nairobi e dintorni; un’unica anima, Faith Wanjiru Ndegwa, per tutti noi mami». È in uno di questi orfanotrofi che Maxwell fu accolto quando aveva appena due mesi e nessuno voleva prendersi cura di lui. E qui ha trovato una famiglia, il calore di una casa e gli affetti di una “mami”, ma nessuna possibilità di essere curato. «Io e i volontari che ruotano intorno a mami e al suo centro conosciamo però bene le procedure per far curare questi bambini in Italia – prosegue Piero –. Un tempo c’erano anche dei contributi regionali dedicati, per cui restava da pagare solo il volo. Adesso non è più così, dobbiamo farci carico di tutto noi come volontari e l’associazione di mami, che per fortuna è molto conosciuta e riceve tante donazioni da tutto il mondo». Così, non è stato troppo difficile raccogliere i 21mila euro necessari per portare Maxwell in Italia. Lo scorso maggio il bambino era a Palidoro: tutto era pronto per l’intervento, anche le protesi per le sue gambe. Realizzate grazie anche alla donazione di una famiglia americana. Il seguito della storia lo racconta il dottor Enrico Castelli, responsabile di Neuroriabilitazione pediatrica al Bambino Gesù di Palidoro. «Il piccolo ha una malattia molto rara, si chiama sindrome di Grebe. È stato sottoposto a un intervento chirurgico ortopedico agli arti inferiori, per rendere possibile l’applicazione di una protesi». Si tratta di tutori rigidi, di una lunghezza adeguata all’età di Maxwell, che vengono infilati sulla coscia e terminano con dei piedi artificiali. «La prima volta che li ha indossati, il bambino era spaventato e piangeva. Abbiamo provato a metterlo in piedi, ma continuava a piangere, era terrorizzato – prosegue –. C’era lì con lui la mami, che lo incoraggiava con decisione: “Devi diventare grande con le gambe”, diceA sinistra il piccolo Maxwell all’ospedale Bambino Gesù. In alto con “mami”Faith Wanjiru Ndegwa SuperAbile INAIL 35 Dicembre 2015-Gennaio 2016 va. Ma lui continuava a piangere, quindi gli abbiamo sfilato i tutori, per paura che sentisse dolore. Appena si è calmato, però, ci abbiamo riprovato: gli abbiamo di nuovo infilato le protesi e lo abbiamo rimesso in piedi, a un metro di distanza da mami, che gli teneva le mani. Era più tranquillo, aveva meno paura: dopo pochi minuti, ha mosso il primo passo. Così ha capito che poteva farlo, riusciva a usare le nuove gambe: e ha mosso subito il secondo passo. Sono bastati due giorni perché Maxwell iniziasse a camminare, prima lento, con l’aiuto di un carrellino, poi sempre più spedito e completamente autonomo». «Mi hanno telefonato dall’ospedale – riprende il racconto Piero – e mi hanno urlato: “Maxwell cammina!”. Non credevo alle mie orecchie, sono corso a Palidoro e ho visto con i miei occhi. È stata una gioia immensa: Maxwell in piedi da solo, che camminava e rideva felice». Oggi è tornato in Kenya, «va a scuola con lo zainetto sulle spalle, camminando come tutti i bambini, solo un po’ più rigido, perché le protesi, in questa prima fase, devono assicurargli innanzitutto la massima stabilità», spiega Castelli, che da buon medico già pensa al futuro: «Tra aprile e maggio, modificheremo i tutori per rendergli la vita più difficile, ma la camminata più fluida: inseriremo l’articolazione del ginocchio, che resterà libera durante l’avanzamento della gamba, ma si bloccherà nel momento in cui il tallone si fisserà a terra. Lavoro in questo settore dal 1983 – confessa – ma non ho mai visto una cosa del genere: un bambino che non ha mai camminato, abituato a rotolare o a spostarsi in sedia a ruote, in tre giorni ha imparato a muoversi sulle proprie gambe, perfino a correre e saltare». Se non è un miracolo del cielo, è certo il potere, umano o divino che sia, della solidarietà che si è creata intorno a lui. dal mondo Palestina Storie di imprese in rosa a Gaza Iman è sorda ma ha avviato un centro estetico. Invece Sawsan è ipovedente e ha aperto un asilo. Grazie alla ong Educaid, 34 donne disabili che vivono nella Striscia hanno dato vita ad altrettante micro-aziende. Allevamento, artigianato tessile e commercio al dettaglio le attività più gettonate Michela Trigari S awsan Hassouna è una ragazza di 31 anni con un grave deficit visivo che ha aperto un asilo a Gaza. Vive con la sua famiglia nella zona di Al Tuffah. Ha un diploma, è contenta di essere riuscita a ottenerlo e ama i bambini. La condizione economica della sua famiglia non è buona, «ma grazie alla nuova attività avviata, in un appartamento cittadino, spero di migliorare la situazione». Sawsan Al-Khaleeli invece gestisce un negozio di ricamo nonostante il suo nanismo e una malformazione alle dita delle mani, che non le hanno impedito di laurearsi in contabilità. Vende borse, foulard e arredi di stoffa lavorati a mano secondo la tradizione palestinese. E anche se pensa che nei territori occupati le donne disabili subiscano «una doppia discriminazione, in quan- to donne e in quanto disabili», si può dire che ce l’abbia fatta. Poi c’è la giovane Iman Al Rantisi, 27 anni, sorda, che è riuscita ad aprire un salone di bellezza per donne a Rafah insieme alla sua amica e coetanea Mona Al Masri, anche lei non udente. La passione per i trucchi la deve a sua sorella, anche se poi entrambe hanno dovuto frequentare un corso da parrucchiera ed estetista per poter lavorare. Iman, che parla la lingua dei segni e capisce il labiale, e le due Sawsan sono solo alcune delle protagoniste dei 34 sogni a occhi aperti selezionati dal bando “Ricomincio da me”, una campa- In alto, Iman Al Rantisi al lavoro nel suo atelier. Foto di Linda Paganelli SuperAbile INAIL 36 Dicembre 2015-Gennaio 2016 gna di raccolta fondi nata per dar vita ad altrettante micro-imprese al femminile lanciata l’anno scorso da EducAid all’interno del progetto “Include-Empowerment socio-economico delle donne con disabilità nella striscia di Gaza” (iniziato a gennaio 2013 e terminato nel marzo scorso). Un impegno che la ong di Rimini, attiva nel settore della cooperazione e dell’aiuto internazionale in campo sociale ed educativo, ha portato avanti anche nel 2015 attraverso tirocini formativi per donne disabili, ma questa volta in Cisgiordania (che fa sempre parte, insieme alla Striscia di Gaza, dei territori palestinesi occupati da Israele). A partire da gennaio invece, e fino al 2018, EducAid tornerà ancora a Gaza con un altro progetto – “We work” – dedicato sempre alla formazione professionale e all’inserimento socio-lavo- rativo delle donne disabili palestinesi, supportando inoltre 15 delle start up in rosa partite l’anno scorso: «Riceveranno consulenze su come rafforzare la loro posizione sul mercato e trovare nuovi canali di vendita. Inoltre, dieci di queste riceveranno supporto per la pubblicità della propria attività dalle donne disabili che, sempre all’interno del progetto “Include”, hanno seguito il corso sui media», riferisce Francesca Manzoni di EducAid. «Si tratta di interventi che hanno effetti positivi anche a livello psicologico: le donne disabili smettono di sentirsi un peso per la famiglia e la società, per iniziare a considerarsi soggetti produttivi integrati nella propria comunità di appartenenza, contribuendo allo stesso tempo anche al benessere familiare», aggiunge Adriano Losti, ex responsabile del progetto “Include”. Tornando alle 34 micro-imprese soste- lopmental Forum ed El Amal Rehabilinute da “Ricomincio da me” attraverso tation Society e l’Unione europea sono un finanziamento tra i 2mila e i 5mila euro ciascuno, allevamento, artigianato tessile e commercio al dettaglio sono state le attività più gettonate. Ecco allora il piccolo allevamento di conigli di Nida’a Tala’at Mahmoud Al’okor, una 26enne con una disabilità motoria che vive a Rafah con la madre e la sorella: le cattive condizioni economiche della sua famiglia non le hanno permesso di andare all’università. Oppure l’attività di Naela Al Basioni, anche lei sorda, che ha aperto un minimarket per vendere surgelati, bibite, frutta, verdura e prodotti per la pulizia della casa. Disabled People’s Italia, Associazione amici di Raul Follarau, Federazione italiana per il superamento dell’handicap, i palestinesi Social Deve- SuperAbile INAIL 37 Dicembre 2015-Gennaio 2016 stati invece gli altri partner del progetto. Più orientate al settore dei servizi sono invece le imprese individuali avviate da Ghada Al-Haj Salem – 24 anni, un diploma in multimedia e gravi problemi di udito –, che si è messa in proprio come grafico, da Anwar Zourob, 35enne non udente (che ha messo in piedi una piccola agenzia di attrezzature a noleggio per matrimoni come sedie, tavoli e tovaglie) e da Sameeha Al-Sa’douni, laureata nonostante la disabilità visiva, che ha aperto un centro educativo per offrire corsi di recupero: «Spero che la mia attività aiuti a cambiare la pessima opinione della comunità sulle persone disabili, perché noi siamo forti, piene di risorse e possiamo fare tutto quello che fanno gli altri». portfolio A fil di spada “Scherma senza limiti” è un progetto sportivo rivolto alle persone disabili. “A fil di spada”, invece, è la maratona che comprende anche sciabola e fioretto e che tutti gli anni si tiene nella Capitale, con le sue bellezze a fare da sfondo: da Castel Sant’Angelo alla Basilica di San Pietro, dai Fori imperiali ai Mercati traianei. Qui pure gli schermidori paralimipici danno prova delle loro abilità. Entrambe sono iniziative SuperAbile INAIL organizzate dall’Accademia di scherma Musumeci Greco di Roma, che propone corsi di avviamento anche per persone in sedia a ruote, cieche o ipovedenti, grazie al sostegno della Fondazione Terzo Pilastro - Italia Mediterraneo. Quest’anno gli atleti sono stati protagonisti di un progetto fotografico: le immagini, vendute all’asta, hanno permesso di raccogliere fondi per comprare carrozzine sportive e pedane per atleti con disabilità. 38 Dicembre 2015-Gennaio 2016 Nella pagina precedente, “assalto” tra Lorenzo Romano (sciabola maschile) e Edoardo Giordan (sciabola paralimpica) durante la nona edizione della maratona di scherma. Qui accanto, invece, Andrea Pellegrini, oro paralimpico nella sciabola individuale ad Atene 2004, al Colosseo in occasione di “A fil di spada” 2015. SuperAbile INAIL 39 Dicembre 2014-Gennaio 2015 portfolio A fil di spada A fianco, ancora Andrea Pellegrini durante un Paralympic open day dell’Accademia Musumeci Greco, una delle più antiche scuole d’armi del mondo. Fin dal 1878, anno della sua fondazione, è considerata il tempio della scherma. Ben quattro generazioni della famiglia hanno dedicato e continuano a dedicare la loro vita a quest’arte. Nel 2011, in occasione del centenario della nascita di Enzo Musumeci Greco, la scuola romana ha aperto le proprie porte anche alla disabilità. SuperAbile INAIL 40 Dicembre 2015-Gennaio 2016 Sopra, dimostrazione nella sala Prati di via Achille Papa 18 (una delle tre sedi dell’accademia). Accanto, in prima fila da sinistra a destra: Edoardo Giordan, Nicola Zarra, Gianluca Filippi ed Enrico Berrè. Gli scatti sono dei fotografi Andrea Ligi, Luigi Lauria e Mario Cerasari. SuperAbile INAIL 41 Dicembre 2015-Gennaio 2016 SPORT In cima Il rocciatore che attende il “Giro dei giganti” A 47 anni Francis Desandré, che ha perso una gamba per un infortunio sul lavoro ed è un assistito Inail, è uno stimato atleta d’alta quota. Ma gli è stata negata la possibilità di partecipare al Tor des geants, gara di endurance trail d’alta montagna. Lui però ha raccolto 50mila firme per abbattere questa barriera culturale «H Antonio Storto o perso una gamba tanti anni fa, un freddo sabato di febbraio, per fare un po’ di straordinario. Avevo 21 anni, ero sposato da pochi mesi e in procinto di diventare papà. Era il 1989, non esisteva ancora il concetto di aiuto psicologico a chi subiva gravi infortuni. Non c’era nulla dopo la convalescenza: ci si doveva sbrogliare un po’ da sé». La sua storia la racconta così, e non sarebbe nemmeno troppo diversa da quella di tanti altri infortunati sul lavoro assistiti dall’Inail: lo straordinario per portare a casa qualche lira in più, un colpo di sfortuna, quel tanto di malasanità che finisce per dare il colpo di grazia, ed ecco che ci si ritrova con una gamba amputata. Ma di piangersi addosso Francis Desandré non voleva saperne: c’era il bimbo in arrivo, e quella moglie così giovane e piena di vita «che quando venne a trovarmi in ospedale mi parve subito di rinascere – racconta –, tanto che i medici decisero di lasciarmela accanto per tutta la convalescenza». Ventisei anni dopo, a dispetto della protesi, Desandré è divenuto uno stimato atleta d’alta quota. Ha smesso di guidare scavatrici nei cantieri edili, ma in compenso è padre di tre figli e lavora come cassiere al casinò di Saint Vincent (Aosta). Da quel pozzo nero di depressione in cui l’incidente l’aveva scaraventato volle tirarsene subito fuori: e fu proprio quel nuovo lavoro così pittoresco ad avvicinarlo a quella che sarebbe diventata la sua grande passione. «Un collega volle farmi conoscere Pierino Gaspard – ricorda –, un valdostano a cui, come me, mancava una gamba, ma nonostante questo riusciva a sciare senza mettere la protesi, con un solo sci. Mi portarono in montagna con loro, a Breuil Cervina; e fu proprio Pierino, dopo innumerevoli tentativi, a infilarmi il piede della protesi nello scarpone». Francis ricorda che quel giorno, più che a sciare, il tempo lo pasSuperAbile INAIL 42 Dicembre 2015-Gennaio 2016 sò a rialzarsi dalla neve. «Ma fu proprio in quel momento che lo sport divenne un’ossessione per me», confida. «È strano – continua –, fino ad allora ero sempre stato un tipo tendente al sedentario; ma nel momento in cui ho sentito di poter riuscire in qualcosa che credevo mi fosse preclusa, in me si è svegliata una nuova fame, che ha continuato a portarmi in montagna per più di 20 anni». Col tempo, alle piste da sci, Desandré ha iniziato a preferire l’escursionismo. «Ogni mattina – spiega –, appena sveglio, faccio 20 minuti di cyclette, per un totale di nove chilometri. Due o tre volte la settimana vado in piscina, dove faccio tre serie da dieci vasche ciascuna. Ma tutto questo mi serve per il fiato, perché almeno due volte alla settimana continuo ad andare in quota, sui 3mila metri d’altezza; e per la prima mezz’ora tendo ancora ad andare troppo spedito». A dispetto della gamba amputata, da anni Francis ha iniziato a percorrere anche le cosiddette “ferrate”, «le vie di sola roccia – chiarisce –, dove non c’è sentiero e più che camminare ci si arrampica». Ma nonostante questo, per qualcuno la sua disabilità continua a rappresentare un problema. Lo scorso luglio, il suo nome è finito al centro di un piccolo caso nazionale, quando gli è stata negata la possibilità di partecipare al Tor des geants (“Giro dei giganti”, in dialetto valdostano), la celebre gara di endurance trail d’alta montagna che ogni settembre, partendo da Courmayeur, porta 700 atleti su un percorso di 330 chilometri da percorrere in un massimo di 150 ore. «Ho iniziato ad appassionarmene un paio d’anni fa – spiega –, e quando ho chiesto di prendervi parte, l’assessore allo sport della Val d’Aosta sembrava entusiasta: entrambi credevamo che la cosa potesse rappresentare un incentivo per molti disabili. La partecipazione, però, è a discrezione degli organizzatori, perché nei trekking d’alta montagna non c’è alcuna norma che li tuteli in caso d’infortunio di un concorrente. In realtà, sarebbe bastata la firma di una liberatoria da parte mia; ma quelli del Tor non hanno voluto rischiare». Desandré, in realtà, non è il primo a cui viene negata la possibilità di partecipare a un’impresa sportiva d’alta quota: proprio la scorsa estate, il governo nepalese ha iniziato a vagliare l’ipotesi di una normativa che vieti la scalata dell’Everest «ai minorenni, agli over 75 e a tutti gli individui affetti da gravi forme di disabilità». Ma, anche stavolta, di rassegnarsi lui non ha voluto saperne: e così, lo scorso giugno, ha lanciato una petizione che in appena cinque mesi ha raccolto quasi 50mila firme, incluse quelle di giornalisti sportivi come Luciano Carveri, ex direttore dei programmi Rai in Val d’Aosta; verrà consegnata al ministeIn alto, Desandré in uno scatto del fratello Romuald SuperAbile INAIL 43 Dicembre 2015-Gennaio 2016 ro del Lavoro e delle politiche sociali. Nel frattempo, Francis non è rimasto con le mani in mano: «Indagando un po’, abbiamo scoperto che qualche anno fa un altro disabile amputato aveva chiesto e ottenuto di partecipare al Tor. In quel caso è bastato pagare per poterlo fare. E mi chiedo se la chiave non sia proprio questa: pagare, rinunciando a qualunque forma di patrocinio per un disabile». Così, la scorsa estate, in attesa di una risposta dal ministero, Desandré si è organizzato il suo personalissimo Tor des geants, «anarchico, solitario e autogestito. L’abbiamo ribattezzato anarchytor –, spiega lui –. L’idea era percorrerne l’ultima tappa, quella che va da Ollmont a Courmayeur, partendo al passaggio del primo atleta in gara, per riceverne abusivamente la staffetta. Con me c’erano mia figlia Alessandra e alcuni amici; purtroppo quel giorno pioveva forte e questo ha rallentato molto la corsa. Quando è arrivato Patrick Bohard, il corridore in testa, erano quasi le tre di notte: avendo saputo da sua moglie del mio progetto, ha voluto scattarsi una foto con me. Quindi siamo partiti, ma le condizioni meteo continuavano a peggiorare; alle sei di mattina la disidratazione ha fatto il resto: ho avuto un accenno di svenimento, sotto gli occhi impassibili dell’organizzazione. Per questo, dopo una sosta in albergo, abbiamo deciso di ripiegare per Courmayeur, aspettando lì l’arrivo degli atleti». Peccato che, giunti sul posto, Desandré e gli altri abbiano scoperto che la gara fosse stata annullata a causa delle condizioni meteo ormai compromesse. Potere del karma, direbbe qualcuno: ma non Francis, che anche ora il suo progetto non vuole mollarlo. «Attenderò la risposta del ministero – conclude –. Intanto continuerò a perdere peso e ad allenare il fiato per il mio vero Tor. Che prima o poi, sono sicuro, arriverà». TEMPO LIBERO Share economy Nasce a Salerno la prima rete di bed and breakfast senza barriere gestiti da persone con disabilità. Che apriranno le proprie case a ospiti con esigenze speciali, mettendo a disposizione competenze, ausili e professionalità. Il tutto per una vacanza a prezzi contenuti Gestori disabili per b&b accessibili Giorgia Gay I l turismo senza barriere è un settore in crescita esponenziale. Ma cosa c’è di più accessibile di una casa in cui già vive una persona con disabilità? Sono già presenti tutti gli accorgimenti del caso e, soprattutto, una maggiore consapevolezza delle esigenze del turista con bisogni speciali. Perché, dunque, non trasformare la propria casa in un bed and breakfast, gestito da una persona disabile con l’aiuto e il coinvolgimento di tutta la famiglia? Perché SuperAbile INAIL non cogliere l’occasione per promuovere l’autoimpiego e il turismo per tutti in una sola mossa? Il progetto, attualmente in fase di start up, nasce in Campania e ha l’ambizione di trasformare l’immagine della persona con disabilità da “assistito” – come ancora oggi troppo spesso viene percepita – a “imprenditore”. 44 Dicembre 2015-Gennaio 2016 Il progetto “B&B like your home” è realizzato da Fondazione CasAmica, in collaborazione con il network di cooperative Rete solidale Con “B&B like your home” le persone con bisogni speciali possono essere protagoniste di un’attività autonoma, indirizzata all’accessibilità, all’inclusione sociale e al lavoro in proprio. I partecipanti al progetto saranno supportati dalle loro stesse famiglie e acquisiranno le competenze necessarie per trasformare la propria residenza in un bed and breakfast dove ricevere gli ospiti con esigenze particolari. Sfruttando gli ausili già in loro possesso, questi gestori potranno infatti offrire un’accoglienza completa all’insegna dell’accessibilità. Dal canto loro, i turisti con disabilità avranno la possibilità non solo di soggiornare a prezzi contenuti in strutture realmente adatte alle loro esigenze, ma soprattutto di avere una panoramica del territorio che solo chi lo vive quotidianamente gli può offrire. Insomma, questi bed and breakfast saranno luoghi di incontro, di scambio culturale, di condivisione e di informazioni per favorire l’armonia e l’inclusione sociale delle persone con disabilità o con esigenze speciali. Il progetto, nato da un’idea di Cetty Ummarino, esperta in formazione e marketing turistico, è realizzato da Fondazione CasAmica che da anni opera nel settore del welfare a Salerno e provincia, in collaborazione con Rete solidale, network di cooperative che operano in ambito sociale. È stato reso possibile grazie al finanziamento della presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento della gioventù e del Servizio civile nazionale, attraverso il Piano di azione per la coesione “Giovani no profit”. «Qualche anno fa ebbi una sorta di illuminazione – racconta Ummarino –: iniziai a pensare alla possibilità di rendere autonome le persone con disabilità sfruttando la legge sui bed and breakfast. Dopo qualche intoppo, siamo riusciti a vincere questo bando che ci ha permesso di partire con la fase di start up». Poiché il finanziamento arriva da un bando dedicato ai giovani, in questa prima fase il progetto sarà limitato ad aspiranti imprenditori under 35, ma poi sarà accessibile a chiunque voglia aprire la propria casa ed entrare nella rete “B&B like your home”. In futuro, infatti, i bed and breakfast inseriti nella rete potranno essere gestiti da persone con disabilità fisica, intellettiva, sensoriale di tutte le età, e perfino da anziani. Ma non solo: l’esperienza sarà aperta anche a celiaci e soggetti con allergie o intolleranze che, aiutati dalle loro famiglie, saranno disponibili a ospitare tutti i turisti e in special modo quelli che necessitino di strutture adeguate alle loro esigenze. zi con disabilità intellettiva, ma anche fisica e sensoriale – che hanno potuto prendere parte a questa fase del progetto e che sono stati selezionati tra circa 40 aspiranti. Ora stanno imparando cosa vuol dire avere un’attività turistica di questo tipo, come gestirla, come garantire l’accoglienza, come rispondere alle esigenze dei futuri ospiti. Una volta conclusa la fase formativa, essenziale per la buona riuscita del progetto, i promotori si impegnano a garantire un servizio di accompagnamento nella gestione delle pratiche burocratiche e nella consulenza fiscale, come anche di un supporto per la promozione e la commercializzazione. «Le case saranno già dotate di ausili necessari alle esigenze specifiche dei clienti con la stessa disabilità o con gli stessi bisogni speciali del gestore – evidenzia la responsabile –. Per esempio: sveglie per non udenti, ingranditori di schermo per ipovedenti, colazione predisposta per celiaci e così via». L’apertura vera e propria delle abitazioni avverrà entro febbraio, in occasione della Bit 2016, la Borsa internazionale del turismo di Milano: per quella data i 15 bed and breakfast disseminati tra le province di Napoli e Salerno saranno tutti pienamente operativi. «Ovviamente una volta iniziata l’esperienza non lasceremo sole le famiglie, ma continueremo nell’attività di sostegno e ci saremo sempre per loro», precisa Ummarino, che non ha dubbi sulla sostenibilità economica del progetto: «Basta guardare in Internet per rendersi conto che la formula dei bed and breakfast sta avendo un grande successo. Inoltre, questa soluzione è vantaggiosa anche per le famiglie stesse, poiché non è eccessivamente invasiva né richiede un impegno continuativo. La legge sui Sono 15 al momento i futuri titolari di bed and breakfast, infatti, prevede dei bed and breakfast – soprattutto ragaz- periodi di chiusura dell’attività». SuperAbile INAIL 45 Dicembre 2015-Gennaio 2016 TEMPO LIBERO Arte da toccare Percorsi tattili. L a prima cosa che ci hanno insegnato al museo è: vietato toccare le opere esposte. Meglio neanche avvicinarsi troppo. Perché, si sa, i quadri sono delicati e preziosi e vanno custoditi con cura e protetti. Ma alla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia le cose cambiano: adesso è vietato non toccare. Da palazzo Venier dei Leoni, sede del museo, è partito l’innovativo progetto “Doppio senso: percorsi tattili alla Collezione Peggy Guggenheim”, un appuntamento con l’accessibilità dedicato al pubblico con disabilità visive, che attraverso il tatto vuole portare alla conoscenza dei capolavori portati in Laguna dalla mecenate americana. «Un percorso nuovo e unico, che nasce con l’obiettivo di promuovere il ruolo sociale ed educativo del museo veneziano e di valorizzare il suo patrimonio culturale, rendendolo accessibile a tutti, in linea con la “mission” della collezione di contribuire alla conoscenza e alla diffusione dell’arte moderna e contemporanea in Italia e nel mondo», sottolinea Anita Todesco, una delle responsabili del Dipartimento didattico della Guggenheim. «L’obiettivo è quello di rendere accessibile a tutti l’arte delle avanguardie – spiega Valeria Bottalico, ideatrice e curatrice del progetto – e contestualmente di avviare un processo di sensibilizzazione alla fruizione attraverso il tatto, intesa come esperienza conoscitiva altra. Esperimenti di accessibilità SuperAbile INAIL 46 Dicembre 2015-Gennaio 2016 Al museo Alla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia è partito l’innovativo progetto “Doppio senso”, itinerario di accessibilità dedicato al pubblico con disabilità visive, che attraverso il tatto può scoprire alcuni dei capolavori portati in Laguna dalla mecenate americana in altri musei italiani sono già presenti, ma sono dedicati soprattutto all’arte figurativa. Non c’è mai stato niente di simile, invece, per quanto riguarda l’arte astratta». La differenza è sostanziale: quando un visitatore si trova davanti a un’opera astratta – come può essere un Picasso, per esempio, che frammenta l’immagine –, nella sua mente deve operare una “ricomposizione” e cercare un riferimento di ciò che conosce. Lo stesso avviene nel cervello di chi, non vedendo, deve comporre un’immagine mentale. In concreto, si tratta di un ciclo di appuntamenti, tutti gratuiti, che portano i visitatori non vedenti e ipovedenti, ma anche vedenti, a prendere parte a percorsi tattili guidati. Per l’occasione sono state riprodotte in rilievo alcune opere della collezione permanente e altre della mostra temporanea di Vasudeo Santu Gaitonde, “Pittura come processo, pittura come vita”. Le opere della collezione permanente sono Ritratto di Frau P. nel Sud di Paul Klee, Verso l’alto (Empor) di Vasily Kandinsky, e Giovane donna a forma di fiore di Max Ernst. Il progetto, partito a fine ottobre, prevede in tutto quattro incontri, l’ul- A fianco, Vasudeo Santu Gaitonde, Senza titolo, 1954, olio su carta, collezione privata, San Francisco timo dei quali il 9 gennaio. L’incontro si articola in due momenti: si comincia con una visita tattile condotta da Valeria Bottalico. «Nella descrizione complessiva presento per prima cosa l’opera: la dimensione, il soggetto, e poi vado per step a ricostruire l’immagine – spiega –. Una persona che non vede ha la necessità di partire dall’insieme dell’opera fino ad arrivare a un frammento, ricostruendo mentalmente il dipinto passo dopo passo: si va per addizione degli elementi che costituiscono l’insieme dell’opera». I lavori analizzati sono accompagnati da schede tecniche descrittive redatte in Braille e in carattere grafico ad alta leg- gibilità. I testi delle schede sono inoltre accessibili anche come file audio scaricabili all’interno di una sezione del sito del museo, appositamente dedicata e consultabile dai non vedenti. II Ritratto di Frau P. nel Sud di Klee viene descritto così: «I tratti somatici sono resi con linee abbozzate. I capelli, vagamente ricci, sono appena accennati sul lato sinistro del dipinto fin sotto il mento. Il volto è piuttosto grande sproporzionato rispetto alla realtà. [...] Gli occhi sono rotondi e appena accennati ma riconoscibili. Il naso lievemente pronunciato di profilo destro. La bocca è arrotondata e semiaperta come nell’atto del parlare. Lo sfondo non è uniforme, è stato reso con lievi sbalzi e cerca di riprodurSuperAbile INAIL 47 Dicembre 2015-Gennaio 2016 re l’irreale con macchie di colore rarefatte, poco dense». L’incontro prosegue con un laboratorio condotto dall’artista non vedente Felice Tagliaferri. «Ai partecipanti al laboratorio, sia vedenti sia non vedenti, viene chiesto di riprodurre uno dei quadri che hanno potuto toccare – spiega l’artista –. Segue un momento di scambio, di confronto, in cui l’obiettivo è far capire a chi vede cosa percepisce un non vedente e viceversa, per trovare un punto di incontro e crescita reciproca». L’iniziativa ha richiesto anche la formazione di diversi membri dello staff preposto all’accoglienza, ai servizi per i visitatori, allo shop, alle attività educative e alle pubblicazioni. Contestualmente ai quattro appuntamenti di visite guidate e laboratori, i bambini dai sei ai 12 anni hanno l’occasione di partecipare a quattro workshop domenicali alla Collezione Peggy Guggenheim, che si inseriscono nella programmazione dei Kids Day, sempre condotti da Tagliaferri (l’ultimo il 10 gennaio, dalle 15 alle 16,30). Il progetto è stato realizzato in collaborazione con l’Istituto dei ciechi di Milano, che ha eseguito la traduzione in rilievo di due delle opere e la realizzazione della pagina web, con la partecipazione dell’Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti, ed è stato reso possibile grazie al contributo di The Gordon and Llura Gund Foundation. [G.G.] TELEVISIONE Simonetta e George, road movie a due voci imonetta Agnello Hornby è S una scrittrice siciliana, approdata negli anni Settanta a Londra, dove ha lavorato come avvocato per i minorenni. Qui da noi è conosciuta soprattutto come autrice di romanzi di successo come La mennulara e La zia marchesa, molto meno o quasi niente per la sua vita pubblica e privata. E così pochi sanno che, oltre a ricoprire una cattedra in diritto dei minori all’Università di Leicester, è stata per quasi un decennio presidente del Tribunale inglese per i bisogni educativi speciali e la disabilità, che accoglie i ricorsi nei confronti delle autorità locali in tema di accoglienza e istruzione delle persone disabili. Ma la scrittrice è anche madre di due figli maschi, Nicola e George, da 13 anni affetto da sclerosi multipla primaria progressiva, una grave malattia che lentamente lo paralizza. Ed è proprio lui, accanto a sua madre, il protagonista del docufilm Io & George, Scritto da Simonetta Agnello Hornby e Cristiana Mastropietro, per la regia di Riccardo Mastropietro, il docufilm Io & George è una produzione Rai3 e Pesci Combattenti. Nella foto la scrittrice siciliana, insieme a suo figlio George trasmesso in sei puntate a partire da metà novembre in seconda serata su Rai3. Si tratta di una sorta di road movie, in cui questa strana, simpatica e rilassata coppia madre-figlio si mette in viaggio alla volta dell’Italia. È la prima volta che attraversano insieme il Paese che Simonetta ha lasciato quasi mezzo secolo fa e che suo figlio, oggi quarantacinquenne, sente a metà come proprio. Per tre settimane, il loro viaggio verrà seguito dalle telecamere, una delle quali posizionata sulla sedia a ruote di George. L’arte vista con uno sguardo differente. Raccontare visivamente la disabilità: è la sfida in cui si sono cimentati 34 artisti che la vivono sulla loro pelle. Le opere – esposte lo scorso giugno a Roma – sono raccolte nel catalogo La mia immagine ti appartiene. Una meditazione sulla disabilità, a cura di SpamLife e Agenzia per la SuperAbile INAIL La serie comincia con la loro vita quotidiana nel quartiere Brixton, a Londra, dove entrambi risiedono. E dove George può vivere una vita relativamente autonoma grazie all’efficienza dei mezzi pubblici e a una speciale carrozzina elettrica, proveniente dalla Malesia, acquistata sul web. Da qui l’imbarco in aeroporto, l’arrivo a Milano e poi il viaggio fino in Sicilia, con varie tappe lungo lo Stivale. Il tutto condito da tre ingredienti principali: la curiosità di Simonetta, l’ironia di George, il coraggio di entrambi. [A.P.] vita indipendente. In copertina, una bottiglia di plastica parzialmente accartocciata, in una tela di Roberta Maola intitolata in modo pregnante La bellezza delle cose ama nascondersi n. 2. Si passa da Nuovo concetto spaziale, ironica riproposizione dei tagli di Fontana che disegna una figura in sedia a ruote (nella foto) alla visione clau- 48 Dicembre 2015-Gennaio 2016 strofobica delle barriere architettoniche di I try to visit you e Ostacolo. «Questi artisti si sono cimentati nella presunta inconciliabilità fra disabilità e bellezza, andando a esplorare i luoghi d’ombra in cui questi due elementi si fondono, i particolari rimossi dall’inconscio collettivo», commenta la curatrice Raffaella Rinaldi. [L.B.] libri Cronache dall’universo Alzheimer i sono lutti, come la scomparsa di C Michele Farina Quando andiamo a casa? Mia madre e il mio viaggio per comprendere l’Alzheimer. Un ricordo alla volta. Bur 2015 pagine 433, euro 13 una madre, che per essere metabolizzati richiedono anni. Specie quando l’identità di quella persona tanto amata si sgretola, giorno dopo giorno, sotto i colpi crudeli dell’Alzheimer. Chi resta fa i conti col dopo. Per alcuni quel dopo è la consolazione di una estrema e finale liberazione dalla schiavitù del male. Per altri un tuffo a capofitto nella quotidianità della vita familiare e del lavoro. Per Michele Farina, da 20 anni giornalista del Corriere della sera, la medicina è stata la scrittura di un libro. Non un instant book compilato a caldo per non disperdere ricordi ed emozioni, visto che per maturare la decisione di scrivere un volume ha dovuto attendere dieci anni. E per portarlo in libreria altri due di intense ricerche, incontri, fughe e ritorni su e giù per l’Italia. Per questo il volume Quando andiamo a casa? (Bur) ha il sapore di un viaggio lungo e meditato. Sai da dove parti, non sai dove arrivi. Ma per partire ci vuole uno sforzo. Perché Michele figlio non riesce di punto in bianco ad affrontare i patimenti di Franca, sua madre, e del suo lento cammino attraverso le volte della malattia. Per entrare nel suo personale universo Alzheimer deve partire alla lontana, avventurarsi piano piano lungo i tornanti di un mondo di pazienti, medici, familiari, terapisti, badanti che quando Franca era in vita ha preferito tenere a distanza. Ma una volta partito, il cammino è inesorabile. Racconta con penna leggera le caratteristiche della malattia, fa il punto sullo stato della ricerca scientifica, spiega con ricchezza di esempi e di metafore come la proteina beta-amiloide mette sotto scacco il cervello. Poi prenSuperAbile INAIL de fiato e si tuffa. Va a trovare familiari e pazienti a casa propria o nelle residenze sanitarie, raccoglie una miriade di storie, aneddoti, fotogrammi e intuizioni, che restituisce al lettore sotto forma di un distillato sapiente. Affronta la sua esperienza personale solo quando è pronto e sembra quasi una storia tra le storie. Ma recuperare i vecchi ricordi sepolti è la prova più difficile. E per farlo usa il suo mestiere di giornalista. Come quando, per ricostruire gli ultimi mesi della madre Franca, va a cercare la badante peruviana che, con naturale dolcezza e senso pratico, ha saputo accompagnare gli ultimi giorni della “moglie di Toro Seduto”, come un giorno suo padre definì quella donna a cui la malattia sembrava aver dato un carisma ieratico. Con tono sempre lieve l’autore si mette in gioco, parla di sé e delle sue paure per il futuro. È un libro da leggere e da conservare. Consigliato a chi pensa che parlare di malati e malattie sia solo un tema per addetti ai lavori, a chi vuole capire meglio l’Alzheimer e a chi ama il buon giornalismo. [A.P.] 49 Dicembre 2015-Gennaio 2016 libri Semplicemente io e la SM: dal concorso letterario al libro Un e-book per esorcizzare la sclerosi multipla. Edito da Agapantos, è il frutto del concorso letterario “Semplicemente... Io e lei”, promosso dai coordinamenti regionali dell’Associazione italiana sclerosi multipla (Aism) di Liguria, Piemonte e Valle D’Aosta. «Nel periodo della diagnosi – dice la vincitrice del concorso Maria Luisa Rizzi – scrivevo cose varie. Mi serviva come terapia, per cercare di chiarire me stessa e rendere un po’ più sopportabile quello che mi era capitato». Il libro raccoglie i migliori racconti selezionati da una giuria di editori, blogger e docenti di scuole di narrativa, mostrando la forza e la dignità di tante persone che si sono ritrovate a combattere contro la stessa malattia. Dagli scritti, mai autocommiserativi e spesso ironici, emergono sì solitudine e paura, ma anche forza di volontà e coraggio. [M.T.] Di cosa parliamo, quando parliamo di sesso (e disabili) rima di cominciare vor- «P rei ricordarvi che le lezioni arrivano da una donna etero (per adesso), quindi i consigli hanno un punto di vista specifico: femminile e dal basso verso l’alto». Esordisce così, a scanso di equivoci, il reading teatrale Sex & disabled people, firmato dalle scrittrici Barbara Garlaschelli e Alessandra Sarchi, entrambe su sedia a ruote. Appena pubblicato dalle edizioni Papero (copertina di Sabrina Lupacchini), si tratta della trasposizione di un’operazione nata su Facebook. È qui che Garlaschelli ha cominciato a pubblicare le sue “lezioni” su sesso e disabilità. Da quei post, molto commentati e condivisi, è nata una lettura teatrale, provocatoria ed emozionante, portata per la prima volta in scena a Piacenza. Un’operazione riuscita e non solo perché, dopo la proposta di legge sull’assistenza sessuale dello scorso anno, il tema appare ormai sdoganato, ma soprattutto per la forza artistica di una pièce dove le autrici si mettono in gioco in prima persona. Oltre a salire fisicamente sul palco, infatti, offrono al pubblico la propria storia. E spiegano (una volta per tutte si spera) cosa è meglio fare o piuttosto non fare quando un «non disabilitato» fa sesso con una «disabilitata» in carrozzina. Una donna a tutti gli effetti, sia SuperAbile INAIL Barbara Garlaschelli e Alessandra Sarchi Sex & disabled people Papero 2015 pagine 32, euro 1,49 in formato e-book chiaro: non da compatire e neppure necessariamente da sposare, perché l’interessata potrebbe, volendo, avere solo voglia di una notte di sesso. Insomma, il messaggio è chiaro: le persone disabili non sono corpi inerti, ma hanno qualcosa da dire (e come!) quando si parla di eros. Alla regia dello spettacolo ha collaborato, accanto a Leandro Agostini, l’attrice e conduttrice Luciana Littizzetto. [A.P.] libri La quarta età ferita dalla solitudine a 70 anni il giornalista agri- H Matteo Collura La badante Longanesi 2015 pagine 210, euro 17,60 50 Dicembre 2015-Gennaio 2016 gentino Matteo Collura, innamorato della sua isola e autore di molti libri tradotti in cinque lingue, fra i quali la biografia di Leonardo Sciascia Il maestro di Regalpetra e la versione teatrale del romanzo Todo modo. Biograficamente all’alba della terza età, si inoltra con la fantasia nella tappa successiva, attraverso il racconto dell’esistenza dell’ultraottantenne Italo Gorini, professore di lettere in pensione, vedovo e ormai disabile, un figlio di 35 anni laureato e disoccupato. È il protagonista del volume edito da Longanesi, La badante, ovvero la donna che si prende cura di lui e accende ancora il suo desiderio. E il rapporto tra i due fa deflagrare relazioni familiari complesse e compromesse. In un contesto casalingo, ristretto, l’immobilità fisica si scontra con la difficoltà nelle relazioni, im- pregnate di volontà dominanti e sottili ricatti emotivi. Accettare di lasciare un anziano invalido nel proprio domicilio, infatti, non vuol dire automaticamente amarlo e preoccuparsi del suo benessere. La solitudine, dunque, può avere un sapore amarissimo se sperimentata fra persone consanguinee che dovrebbero provare sentimenti di benevolenza, invece dissolti nel vacuo nulla o fagocitati dal bieco interesse. [L.B.] Francesca Pansa Ti porto sempre con me Bompiani 2015 pagine 112, euro 10 [L.B.] libri Illustrazioni per spiegare il nanismo isegni essenziali e frasi di- libri Le sfide di una maternità uando una madre lotta co- D Q me una leonessa perché il suo bambino con disabilità abbia gli stessi diritti dei suoi coetanei, vengono i brividi. Perché dovrebbe essere scontata, l’uguaglianza. Il rispetto, poi. Così come la fiducia da parte degli insegnanti. E invece no. Rabbia, frustrazione, impotenza sono alcuni dei sentimenti provati dalla giornalista e scrittrice Francesca Pansa, di fronte a una maestra che si rifiuta di credere alle «abilità» del suo secondogenito Alessandro, nato con un ritardo cognitivo e conseguenti difficoltà di apprendimento ma «un bambino bellissimo, un paggetto sempre sorridente, tanto vispo e intelligente». Nel volume autobiografico Ti porto sempre con me, pubblicato da Bompiani, l’autrice (che ha firmato anche testi teatrali e programmi televisivi) ripercorre la sua infanzia per poi raccontare la sua esperienza di maternità. In cui nulla è dato senza combattere, neppure l’insegnante di sostegno. «Ogni manifestazione di indifferenza verso Alessandro mi spaccava il cuore, rendendo la mia esistenza assai difficile», scrive. La sua storia dà voce a quella di altre mamme che vivono situazioni analoghe e che in queste pagine si riconosceranno. Jimmy e Darlen Korpai Non troppo grande... Non troppo piccolo... Proprio l’altezza che fa per me! Capire il nanismo Aisac 2015 pagine 38, sip rette per spiegare ai bambini l’acondroplasia, malattia rara che impedisce lo sviluppo completo delle ossa. Per ora il volumetto Non troppo grande... Non troppo piccolo... Proprio l’altezza che fa per me! Capire il nanismo, scritto e illustrato da Jimmy e Darlen Korpai, è disponibile soltanto online (Udprogram.com/alittle-italian-story-book) nella traduzione in italiano curata da Aisac, Associazione per l’informazione e lo studio sull’acondroplasia. Rivolto principalmente ai bambini, il libro parla a persone di ogni età e sarà presto disponibile in versione cartacea. «Con parole semplici, viene spiegato a tutti come il nanismo sia solo una caratteristica delle persone e come sia importante giorno dopo giorno celebrare le proprie differenze», rimarca l’Aisac, invitando a considerare le diversità come valore aggiunto. [L.B.] SuperAbile INAIL 51 Dicembre 2015-Gennaio 2016 Dizionario Treccani e Bibbia in Braille. Su tablet o pc Parole toccate, ascoltate, ingigantite. Le versioni digitali del vocabolario Treccani e della Bibbia, nell’edizione approvata dalla Conferenza episcopale italiana, ora sono accessibili anche a ciechi e ipovedenti. Un’operazione promossa, su sollecitazione del tenore Andrea Bocelli, dalla Fondazione veneta Lucia Guderzo in collaborazione con la Lega del Filo d’Oro, l’Istituto dell’enciclopedia italiana e la Tiflosystem di Piombino Dese (Padova). Questa partnership ha reso leggibili le due opere in tre forme: versione in Braille, con sintesi vocale oppure a caratteri ingranditi. Ma per usufruirne occorre disporre di Braille Sense, un apposito “notetaker” per le persone cieche, e dello speciale software per pc Winlucy. Per scaricare gratuitamente il programma: Winlucy.it. [M.T.] cinema a chiedere al padre di acquistargli la batteria. Ma il resto del mondo sembra indirizzare solo giudizi e rifiuti al ragazzo. Così si susseguono desideri frustrati, ospedali, farmaci, cliniche, allucinazioni, nuovi farmaci e la sete di una pace che sembra irraggiungibile: vicende che il ventenne vive sempre insieme alla mamma, fino al crearsi di una simbiosi tra i due. Amore di madre per un figlio fragile A bbracci fortissimi e calci in pancia. Tanto, incondizionato amore – come quello di una mamma per il suo figlio più fragile – e tanto, profondo rifiuto, come quello della società per i diversi: sono gli ingredienti di Abbraccialo per me, film diretto da Vittorio Sindoni, che a colpi di emozioni travolgenti trascina lo spettatore nella vita della famiglia di un ragazzo con soffeSu Radio24 va in onda renza psichica. Francesco – detto “Anche noi disabili” Ciccio “Tamburo” a motivo dell’aUn atto di immedesimazione per more per le percussioni – appare comprendere e raccontare da denall’inizio solo un bambino daltro la disabilità, mettendo a fuoco le passioni troppo forti per essei problemi e le difficoltà che essa incontra ogni giorno nella società. re incanalate nelle convenzioni È l’obiettivo di “Anche noi disabili”, sociali di un paesino della Sicil’iniziativa che coinvolge trasverlia. Poi cominciano gli scontri. salmente i programmi di Radio 24. A scuola con gli insegnanti, che Casi, idee e testimonianze vengono preferiscono scandalizzarsi per i raccolti attraverso il numero verde comportamenti eccentrici piutto800/240024 e l’indirizzo e-mail ansto che valorizzare un [email protected]. Le segnalazioni diventano notizie e te in grado di recitare a memoria storie, punti di partenza per inchie- brani di sant’Agostino. In paese, ste, campagne mirate e giornate con i vicini, che si ribellano con tematiche, circolando dai notiziari rabbia alla musica che Ciccio suoai contenitori informativi e con una na con i compagni di classe, in loro presenza costante in un’apuno dei rari momenti di serenità. posita area del sito web. Ma non si Sembra sia solo la madre, l’altra tratta solo di bad news: fra i temi afprotagonista del film, a capirlo: frontati ci sono anche progetti che una Stefania Rocca luminosissifunzionano, buone prassi, ricerca, scoperte scientifiche e innovazioni ma e fiera, che amplifica con le tecnologiche. sue emozioni gli alti e bassi della vita di Francesco. Lei è divertita dai comportamenti originali del figlio adolescente, sensibile e colto, persino quando esce di casa in mutande per l’urgenza di andare SuperAbile INAIL Nella foto Stefania Rocca e Moisé Curia, protagonisti del film Abbraccialo per me del regista Vittorio Sindoni. Presentata lo scorso novembre, le pellicola ha ricevuto il patrocinio dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza. Attualmente è ancora in attesa di trovare un canale di distribuzione per sbarcare nelle sale. Lo scatto è di Cristina Di Paolo Antonio. 52 Dicembre 2015-Gennaio 2016 La musica, ragione di vita e speranza per il protagonista – interpretato da Moisé Curia, intensissimo nel rendere la purezza delle passioni di chi soffre di disagio psichico –, accompagna lo spettatore nelle scene più forti del film. Ti regalerò una rosa, la canzone lieve e amara di Simone Cristicchi che parla di disabilità mentale, risuona in varie scene, mentre il brano Abbraccialo per me (scritto da Fabio Frizzi per la pellicola) chiude il girato accompagnando l’ultimo atto di amore della mamma e l’opportunità di Francesco di trovare ascolto e possibilità di esprimersi in un luogo speciale, suonando prima in disaccordo con gli altri e poi, a poco a poco, in armonia. [Ludovica Jona] video Agricoltura sociale, i frutti buoni della terra N el 1933 il grande regista olandese Joris Ivens raccontò l’immane sforzo del suo Paese per sottrarre al mare terra da destinare alla produzione agraria in un documentario intitolato Nieuwe Gronden, che in italiano significa Nuove terre. Un titolo oggi ripreso da un progetto firmato dai registi Francesca Comencini e Fabio Pellarin, autori di cinque cortometraggi che hanno il merito di raccontare l’agricoltura sociale attraverso le voci dei protagonisti. Questa volta però lo sforzo umano non è mirato a espandere le superfici coltivabili, bensì a dilatare le funzioni che le terre destinate a un utilizzo agricolo possono rivestire per la collettività. Offrendo ai soggetti più deboli, tra cui migranti e persone con disagio psichico, la possibilità di tornare a vivere grazie al lavoro nei campi. Tra le storie presentate, quella della cooperativa Le agricole di Lamezia Terme, in provincia di Catanzaro, dove Angela, la responsabile del progetto, da quando aveva sette anni aiuta la sua famiglia nei campi. E oggi coltiva la terra insieme a donne rom, persone con disabilità mentale e sindrome di Down. Nella città di Roma, invece, all’interno del Grande raccordo anulare, fino a pochi anni fa la Tenuta della Mistica era un grande spazio di proprietà comunale non toccato dall’espansione urbana nel quale c’era soltanto un pastore che, come nei dipinti della campagna romana, pascolava le sue pecore. Una parte di quei terreni dal 2010 sono gestiti dalla cooperativa sociale Agricoltura Capodarco e coltivati da persone con disabilità mentale e disturbi di origine psichiatrica. In provincia di Arezzo, infine, Moreno lavora all’interno della cooperativa agricola Paterna dal 1978, nello stesso anno in cui, grazie all’approvazione della legge Basaglia, uscì dall’ospedale psichiatrico dove aveva vissuto fino a quel momento. [A.P.] Cinquantotto anni, francese, Mimie Mathy è un’attrice e umorista celebre per la serie Josephine ange gardien. Prodotta a partire dal 1997 dalla TF1, la serie racconta le imprese di Josephine Delamarre, un angelo custode che, grazie alla sua intelligenza e ai suoi poteri, riesce a risolvere anche le situazioni più ingarbugliate. Il progetto La buona terra di Francesca Comencini e Fabio Pellarin è nato grazie a un finanziamento del ministero delle Politiche agricole ed è stato realizzato dalla casa di produzione Madcast. I cinque cortometraggi raccontano l’attività agricola come azione di riabilitazione e coinvolgimento di persone a rischio di esclusione sociale. SuperAbile INAIL 53 Dicembre 2015-Gennaio 2016 Josephine, angelo custode, improbabile e charmant Coppie in crisi e senza speranza? Figli che scoprono di essere adottati? Uomini in procinto di compiere uno sproposito? Niente paura ci pensa Josephine Delamarre, protagonista unica e indiscussa di Josephine ange gardien. Una serie tv buona e rassicurante, che vede come protagonista l’attrice e umorista francese acondroplasica Mimie Mathy nel ruolo di un angelo custode, appunto, che scende in missione sulla terra quando c’è bisogno del suo aiuto per poi scomparire, a missione compiuta, con un semplice schiocco di dita. Leggera, adatta a tutti e politicamente correttissima, la serie in Francia ha conquistato il piccolo schermo da quasi 20 anni. Mentre da noi, dopo un esordio poco brillante, è riuscita ad aggiudicarsi il sabato in prima serata su La7. Ma come si presenta la serie? Per chi non la conosce, la prima impressione sfiora lo sconcerto: una sceneggiatura spesso improbabile accompagna le gesta di Josephine che incontra fantasmi con disinvoltura, si smaterializza e materializza a suo piacere, origlia senza pudore le conversazioni altrui. Ma presto è chiaro che Mimie Mathy può anche questo. Il personaggio di Josephine può reggere soltanto grazie alla sua personalità dirompente: una grande attrice, alta appena 132 centimetri. [A.P.] MOSTRE Quelle tecnologie vintage per chi non può vedere N on tutti lo sapranno, probabilmente. Ma parecchi anni fa, per poter scrivere, molti ciechi erano costretti a utilizzare un punteruolo, bucherellando delle righe in Braille su speciali tavolette. Fu solo negli anni Sessanta che arrivarono le dattilobraille, vere e proprie dattiloscriventi ad aghi che punzonavano la carta in risposta ai comandi ricevuti da una tastiera. Proprio come per l’informatica, anche le tecnologie per disabili hanno un passato più o meno remoto: e mentre a Savona apriva i battenti il più grande museo Apple del mondo, al porto A Serra de’ Conti il museo multisensoriale accessibile Un progetto per abbattere le barriere sensoriali e migliorare la fruibilità delle collezioni da parte delle diverse categorie di pubblico. E soprattutto una tappa irrinunciabile, per chi voglia conoscere le bellezze nascoste di una regione tutta da scoprire: le Marche. A Genova la fondazione Lucia Guderzo ha organizzato la prima esposizione dedicata agli ausili per ciechi. Ospitata negli spazi dell’installazione multisensoriale “Dialogo al buio”, la mostra conta per ora 18 pezzi. vecchio di Genova la fondazione Lucia Guderzo ha messo in piedi la prima esposizione dedicata agli ausili per non vedenti. Sposata per anni con un cieco, per tutta la vita la signora Guderzo ha continuato a collezionare pezzi considerati obsoleti; nel 2012, quando un tumore se l’è portata via, ne aveva lasciati a decine. «Con il marito di Lucia abbiamo deciso di farne un museo», spiega Lorenzo Martini, vicepresidente della fondazione. Ospitata negli spazi dell’installazione multisensoriale “Dialogo al buio”, la mostra conta per ora 18 pezzi, divisi secondo quattro classi di utilizzo. Tra i dispositivi di scrittura, ci sono proprio due dattilobraille: «La prima – precisa Martini – è una Perkins, un modello americano. La seconda, più recente, è una Marburg, di fabbricazione tedesca». Ci sono Il museo delle arti monastiche “Le stanze del tempo sospeso” presenta diversi settori aperti a un pubblico eterogeneo. In particolare, sono accessibili anche da parte di coloro che hanno una disabilità visiva, la spezieria (che si può fruire anche grazie all’olfatto), la tessitura (largamente fruibile al tatto) e il percorso teatrale SuperAbile INAIL audioguidato, che ripropone alcuni momenti della giornata delle monache. I tre itinerari di Serra de’ Conti fanno parte del progetto regionale “Il museo di tutti e per tutti“, realizzato in collaborazione con il museo Omero di Ancona. L’obiettivo? Far diventare i musei marchigiani spazi “aperti” a tutte le esigenze. 54 Dicembre 2015-Gennaio 2016 poi le Braillo, stampanti ad aghi di produzione norvegese (e tuttora in commercio), che compiono la medesima operazione rispondendo ai comandi di un computer. Mentre tra i dispositivi di lettura le Reading Edge «decodificano pagine di testo attraverso uno scanner, restituendole in audio con un sistema di sintesi vocale». E soprattutto l’Optacon, considerato il pezzo forte della collezione: un sistema composto da una telecamera collegata a 144 aghi, attraverso altrettanti fotorecettori. «Il lettore doveva soltanto far scorrere la camera sul foglio; quindi i sensori inviavano degli impulsi agli aghi, che ricostruivano le lettere in rilievo». Strumenti che raccontano un’altra epoca, in cui gli ausili per disabili si acquistavano con le cordate di solidarietà e la beneficenza nei Rotary club: secondo Martini, il solo Optacon costava all’incirca otto milioni di lire, «l’equivalente del valore di un appartamento». Lo stesso dicasi per il primo computer per ciechi, basato proprio sull’Apple II di Steve Jobs e totalmente “made in Italy”: ai non vedenti permetteva di leggere, scrivere e addirittura programmare software. [A.S.] MUSICA Inclusione a ritmo di pop rock (inglese) uattro insoliti gruppi musi- Q cali. Sono i Clubland Detectives (nella foto), i Without heads, la Stars band e le ragazze della Sparkle Sistaz. In comune tra loro hanno che sono tutti inglesi, o meglio di Sheffield (nello Yorkshire), e che sono tutti formati da giovani cantanti e musicisti disabili. Quattro band che fanno parte di Under the stars, un’impresa sociale nata nel 2007 dall’idea di organizzare serate “speciali” nelle discoteche. Feste in cui le persone con disabilità intellettive e relazionali potessero ballare, divertirsi con gli amici e farsene di nuovi. Ma che da cinque anni a questa parte offre anche laboratori musicali in cui imparare a suonare uno strumento, scrivere canzoni, fare il dj ed esibirsi in pubblico. Dal loro esordio, quelli di Under the stars ne hanno fatto di strada: hanno organizzato serate in oltre 50 locali tra Sheffield, Doncaster, Barnsley e Rotherham, attraendo “folle” di anche 400 persone ai loro eventi più grandi. L’ultimo proprio il 3 dicembre al The leadmill: tanta musica pop (dalle 19 alle 22.30), un pugno di volontari a dare un’occhiata e nessuna fastidiosa luce pulsante. Un’esperienza che è una sferzata d’energia come solo la musica sa dare. Lo racconta bene Danielle, la 24enne cantante e chitarrista dei Clubland detectives: «Adoro esibirmi e sono molto eccitata quando salto sul palco mentre suoniamo. Ma amo anche andare alle prove: mi piace e i miei amici mi fanno ridere». Stessa cosa per Rob, 47 anni, batterista e voce: «È tutto molto divertente e mi sento grande quando la gente viene a vederci suonare». Anche Nathan, il 23enne bassista del complesso, è «felice» e con l’adrenalina a mille. «Nelle canzoni parlo delle mie Nata nel 2007, Under the stars è un’impresa sociale inglese che comprende quattro band, tutte formate da persone con disabilità. Tra le attività proposte, anche laboratori musicali. Melanie, da modella ad attrice Simbolo per antonomasia di una bellezza differente: senza denti né capelli, ipovedente e con poca cartilagine per via di una rarissima malattia genetica – la displasia ectodermica – Melanie Gaydos è recentemente apparsa nel film Sparcity di Tyler Oliver. Ma aveva già avuto a che fare con la telecamera nei videoclip Mein herz brennt del gruppo metal tedesco Rammstein difficoltà di apprendimento – racconta Joel – e del tentativo di capire chi realmente sono». Per molti ragazzi frequentare i laboratori di Under the stars ha significato uscire dai centri residenziali e avere una vita sociale. Per alcuni, come dice Alexander, i Clubland detectives «sono una specie di famiglia». Uno dei pezzi della Stars band, invece, si intitola Different ed è stato scritto da Dale, un 52enne con la sindrome di Asperger. E poi ci sono le Sparkle Sistaz, un gruppo tutto al femminile che spazia dalla chill-out alle canzoni d’amore. I Without heads sono l’ultimo gruppo nato dai laboratori musicali di Under the stars: fanno un genere che è mix di groove funky, rock e synth squelchy. Per conoscerli meglio: Underthestars. org.uk e pagina Facebook “Under the stars nightclub”. [M.T.] e Atmandei Skruncha-roo. La sua vera passione, però, è il mondo della moda. Ha cominciato a frequentare le passerelle un po’ per caso, rispondendo a un annuncio per “persone uniche” da coinvolgere in un progetto fotografico, quando era ancora una studentessa d’arte a New York. Oggi, che ha 27 anni, fa l’indossatrice di professione. E la sua “strana” bellezza comincia a essere conosciuta in tutto il mondo. [M.T.] SuperAbile INAIL 55 Dicembre 2015-Gennaio 2016 RUBRICHE Salute Alessandra Torreggiani Il certificato di malattia per i dipendenti pubblici Tanti negli ultimi anni gli interventi normativi e i chiarimenti per l’invio telematico della documentazione necessaria. Tra eccezioni ed esenzioni all’obbligo di rispettare le fasce orarie di reperibilità, ecco come comportarsi V ia telematica, che significa? Come ci si deve comportare se si è dipendenti pubblici? Come è cambiata la normativa? Nel dettaglio e a piccoli passi, cerchiamo di fare chiarezza. L’articolo 69 del decreto legislativo 27 ottobre 2009 n. 150 ha modificato il decreto legislativo 165 del 2001, introducendo l’articolo 55 septies dove si prevede che il certificato medico, attestante l’assenza per malattia dei dipendenti pubblici, sia inviato, per via telematica, direttamente all’Inps dal medico o dalla struttura sanitaria pubblica che lo rilascia, secondo le modalità stabilite per la trasmissione dei certificati nel settore privato. Una volta ricevuto tale certificato spetterà all’Inps inviarlo immediatamente, sempre per via telematica, all’amministrazione di appartenenza del lavoratore. Il ministro della Salute con decreto del 26 febbraio 2010 “Definizione delle modalità tecniche per la predisposizione e l’invio telematico dei dati delle certificazioni di malattia al Sac” ha definito come si deve procedere. Si ricorda, infatti, che il Dpcm del 26 marzo 2008 prevede due sistemi per l’attività di accoglienza dei dati delle ricette prescritte e dei certificati di malattia al ministero dell’Economia e delle finanze: un sistema di accoglienza regionale (Sar) in cui l’u- tente esercita la sua professione e un sistema di accoglienza Sac, qualora la Regione non disponga di un proprio sistema di accoglienza. Il dipartimento della Funzione pubblica, con la circolare n. 1 del 19 marzo 2010, ha dettato le indicazioni operative. Punti critici. Abbiamo ricevuto diverse richieste di informazioni e segnalazioni di disguidi sulle modalità di compilazione e trasmissione dei certificati telematici nel caso in cui sia necessario fornire alle amministrazioni di appartenenza le informazioni necessarie affinché il lavoratore possa godere di alcune particolari agevolazioni previste dalla legge o dai contratti di lavoro sul trattamento di malattia, sull’esenzione dalle visite fiscali, sul periodo di comporto. Infatti, il certificato telematico non consente di fornire alcuni dati, quali per esempio le informazioni indispensabili a verificare le condizioni che esentano dall’obbligo di rispettare le fasce orarie di reperibilità nei casi indicati dal decreto 18 dicembre 2009 n. 206 del ministro per la Pubblica amministrazione e l’innovazione nonché nel parere Dfp n. 2 del 15 marzo 2010; o anche le informazioni richieste dalla normativa vigente e dalle circolari interpretative del dipartimento della Funzione pubblica numeri 7 e 8 del 2008 e 8 del 2010, SuperAbile INAIL per escludere la decurtazione del trattamento economico fondamentale nei primi dieci giorni di malattia; o ancora le informazioni sulle patologie gravi che richiedano terapie salvavita e altre assimilabili o terapie temporaneamente e/o parzialmente invalidanti, per le quali molti contratti di lavoro prevedono l’esclusione dal computo dei giorni di assenza per malattia in analogia ai giorni di ricovero ospedaliero o di day-hospital. Sul punto è intervenuta la circolare del dipartimento della Funzione pubblica n. 2 del 28 settembre 2010 che, nel punto 3 relativo a “Situazioni nelle quali l’amministrazione deve conoscere la diagnosi”, chiarisce che, secondo il processo di trasmissione telematica, il certificato di malattia è privo della diagnosi per tutelare la riservatezza del lavoratore. In alcune situazioni particolari il datore di lavoro ha necessità di conoscere la diagnosi. Per i dipendenti contrattualizzati delle pubbliche amministrazioni ciò accade nelle ipotesi di esenzione dalla decurtazione della retribuzione nei primi dieci giorni di malattia e dal regime della reperibilità ai fini della visita fiscale. In questi casi particolari il medico deve elaborare il certificato in forma telematica, inserendo sul modello informatico tutti i dati e le informazioni necessarie secondo le indicazioni della normativa utilizzando la finestra delle note, che è un campo libero; trasmettere il certificato utilizzando i canali telematici consueti e l’amministrazione riceverà per via telematica l’attestato; stampare e consegnare al lavoratore copia del certificato cartaceo che il lavoratore avrà l’onere di far pervenire tempestivamente all’amministrazione secondo le tradizionali modalità (Pec, fax, raccomandata, consegna a mano). 56 Dicembre 2015-Gennaio 2016 In questo modo l’assenza dal servizio del dipendente verrà giustificata comunque mediante la trasmissione del documento informatico, mentre il regime giuridico dell’assenza sarà condizionato dalla ricezione della copia del documento da parte dell’amministrazione. La corrispondenza tra documento cartaceo e certificato telematico potrà essere verificata dall’amministrazione interessata mediante consultazione del sito Inps. Inoltre il ministero della Salute con decreto del 18 aprile 2012 ha modificato il disciplinare tecnico allegato al decreto ministeriale 26 febbraio 2010, integrando il contenuto del certificato telematico, per cui il medico ha ora la possibilità di indicare, nell’ambito dei dati diagnosi, se l’assenza dell’assistito è riconducibile a una patologia grave che richiede terapia salvavita o a una malattia per la quale è riconosciuta la causa di servizio o a uno stato patologico sotteso o connesso alla situazione di invalidità riconosciuta, tutte cause che prevedono delle parti- colari esenzioni (dalla visita fiscale al calcolo del periodo di comporto di assenza per malattia). Questo decreto prevede un tempo per l’adeguamento dei sistemi di accoglienza (Sac, Inps, Sistemi regionali Sar), ma chiarisce che nelle more dell’adeguamento valgono le norme stabilite nel disciplinare tecnico allegato al decreto ministeriale 26 febbraio 2010. Si ricorda infine che il decreto ministeriale 18 dicembre 2009, n. 206, contenente la determinazione delle fasce orarie di reperibilità per i pubblici dipendenti in caso di assenza per malattia prevede che sono esclusi dall’obbligo di rispettare le fasce di reperibilità i dipendenti per i quali l’assenza è riconducibile a una delle seguenti circostanze: patologie gravi che richiedono terapie salvavita; infortuni sul lavoro; malattie per le quali è stata riconosciuta la causa di servizio; stati patologici sottesi o connessi alla situazione di invalidità riconosciuta. SuperAbile INAIL Particolari problemi sono sorti nel caso degli stati patologici sottesi o connessi alla situazione di invalidità riconosciuta. Il parere del dipartimento della Funzione pubblica n. 2 del 15 marzo 2010 chiarisce inequivocabilmente che l’amministrazione si asterrà dal richiedere la visita fiscale per gli stati patologici sottesi o connessi alla situazione di invalidità riconosciuta quando sia in possesso del verbale di invalidità fermo restando che il certificato di malattia dovrà indicare la causa di esenzione in modo che la connessione della malattia allo stato di invalidità sia documentata da un giudizio medico e non sia arbitrariamente sottoposta a valutazioni di tipo soggettivo. In sintesi ricordiamo che in base al suddetto parere l’amministrazione può astenersi dal richiedere la visita fiscale quando ricorrano queste due condizioni: l’amministrazione deve essere in possesso del verbale di invalidità; il certificato di malattia deve indicare la causa di esenzione (invalidità, grave patologia, altro). Rilascio del certificato in forma cartacea. Inoltre, a oggi, sussistono anco- ra molteplici motivi per il rilascio del certificato in forma cartacea e consistono nel malfunzionamento del sistema informatico pubblico preposto e di quello a disposizione del medico redigente; nell’indisponibilità da parte del medico delle credenziali (per esempio in quanto medico sostituto di medicina generale o di continuità assistenziale o libero professionista); nell’impossibilità del medico di effettuare la certificazione telematica per mancanza dei mezzi necessari in quanto non forniti dall’amministrazione da cui dipende. 57 Dicembre 2015-Gennaio 2016 RUBRICHE Inail... per saperne di più Oliva Berardi* Mai più soli. A Roma uno sportello di sostegno psicologico Sarà attivo anche nel 2016 il servizio nato per offrire una risposta concreta alle richieste di ascolto degli infortunati. Quattro gli psicologi coinvolti per aiutare gli utenti a ritrovare un nuovo equilibrio I disegni di questa sezione del Magazine sono di Saul Steinberg U no spazio di ascolto strutturato e competente, in un ambiente conosciuto, dove le persone infortunate possano parlare delle proprie emozioni, sentire accolto il proprio disagio, superare lo stato di confusione che spesso segue un evento traumatico e accedere alle risorse personali. Ecco lo sportello di ascolto e sostegno psicologico già attivo da alcuni mesi presso la Sede Inail di Roma Centro, con la collaborazione di validi psicologi della scuola Istituto di Psicoterapia relazionale di Roma (Ipr). Si tratta di un servizio che va a integrare le prestazioni già erogate dall’Ente e rappresenta una risposta ai bisogni degli infortunati a sostegno del loro positivo reinserimento. Il progetto nasce dalla consapevolezza che l’infortunio sul lavoro è un evento dannoso, violento, imprevisto e imprevedibile, dunque un evento drammatico che può lasciare strascichi di diversa natura (psicologica, relazionale, esistenziale, economica), costringe la persona a modificare il percorso della propria esistenza e può aggravare vecchi bisogni, creandone dei nuovi. Nell’ambito della presa in carico degli infortuna- ti e dei superstiti vengono spesso individuate da parte degli operatori Inail richieste di aiuto per fronteggiare le situazioni problematiche, che inizialmente possono presentarsi generiche, ma se accolte attraverso un rapporto di fiducia diventano più chiare e consapevoli facendo emergere con più precisione il disagio psico-fisico. Subito dopo un infortunio sul lavoro si è portati a non prestare la sufficiente attenzione all’aspetto psicologico perché il danno fisico appare più evidente. Durante il periodo trascorso in ospedale tutte le domande sono volte ad avere informazioni sulla prognosi e sulle conseguenze fisiche che il trauma può portare. Il ritorno a casa, magari dopo molto tempo, comporta la SuperAbile INAIL necessità di confrontarsi con le conseguenze che la patologia invalidante determina nell’andamento della vita quotidiana: in molti casi cambiano alcuni tratti psicologici della persona, si vengono a modificare le relazioni all’interno della coppia e del nucleo famigliare con un importante cambiamento e ridefinizione dei ruoli. La persona può trovarsi, dopo l’infortunio, a vedere limitate le proprie autonomie, essere dipendente da altri. Questa condizione può provocare stati d’ansia e agitazione, vulnerabilità e incertezza, derivanti dalla preoccupazione di non poter riprendere una vita normale, sia relazionale che lavorativa. Spesso accade che le persone non riescono a trovare risposte competenti, sono in difficoltà nel reperire il servizio adeguato e non sapendo a chi rivolgersi tendono a chiudersi, facendo un ricorso eccessivo ai farmaci. Ecco allora che gli operatori dell’Inail, essendo dall’inizio vicini alle persone che hanno avuto un infortunio, possono accogliere tempestivamente questo bisogno proprio indirizzandole allo sportello di ascolto, che offre assistenza psicologica, in modo da aiutare la persona a capire meglio se stessa e a ritrovare un nuovo equilibrio, promuovendo una migliore qualità della vita e un più rapido reinserimento sociale e lavorativo. Questo servizio, che vede coinvolti quattro psicologi, è stato accolto positivamente, le persone hanno trovato benefici e continuerà anche per l’anno 2016. * Assistente sociale della Sede Inail di Roma Centro 58 Dicembre 2015-Gennaio 2016 RUBRICHE Lavoro Alessandra Torreggiani Jobs Act e tempo parziale. Ecco le novità In quali casi e a quali condizioni i lavoratori con grave patologie o con familiari disabili possono richiedere il part-time? E quali sono gli obblighi del datore di lavoro? Un vademecum per orientarsi I l decreto legislativo n. 81 del 15 giugno 2015, emanato in attuazione della legge n. 183/2014 (Jobs Act) ed entrato in vigore il 25 giugno 2015, contiene la disciplina organica dei contratti di lavoro e la revisione della normativa in tema di mansioni. Il decreto riscrive anche le norme relative al lavoro a tempo parziale prevedendo nuove possibilità di parttime, in alternativa al congedo parentale o per i lavoratori affetti da gravi patologie. Come nella legislazione precedente, il nuovo decreto prevede che il rifiuto del lavoratore di passare dal tempo pieno al part-time e viceversa non costituisce valido motivo di licenziamento (art. 8, comma 1, decreto legislativo n. 81/2015). Mentre, su accordo delle parti risultante da atto scritto è ammessa la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale (art. 8, comma 2, decreto legislativo n. 81/2015). Sul diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale in caso di gravi patologie sono intervenute alcune im- portanti novità. L’art. 8, comma 3, del decreto legislativo n. 81/2015 prevede che i lavoratori del settore pubblico e privato affetti da patologie oncologiche e da gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti, per i quali risulti una ridotta capacità lavorativa, eventualmente anche a causa degli effetti invalidanti di terapie salvavita, accertata da una commissione medica istituita presso l’azienda sanitaria di competenza, hanno diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale orizzontale o verticale. Su richiesta del lavoratore il rapporto di lavoro a tempo parziale, è trasformato nuovamente in rapporto di lavoro a tempo pieno. Precedentemente l’art. 12 bis del decreto legislativo n. 61 del 2000, abrogato dal decreto legislativo n. 81/2015, prevedeva il diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a part-time esclusivamente per i lavoratori affetti da malattie oncologiche escludendo altre malattie gravi. L’art. 8, comma 4, prevede che è riconosciuta priorità nella trasforma- SuperAbile INAIL zione del contratto a tempo parziale nei seguenti casi: patologie oncologiche o gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti riguardanti il coniuge, i figli o i genitori del lavoratore o della lavoratrice, o nel caso in cui il lavoratore o la lavoratrice assista una persona convivente con totale e permanente inabilità lavorativa con connotazione di gravità; figlio convivente di età non superiore a 13 anni o figlio convivente portatore di handicap ai sensi dell’articolo 3 della legge n. 104/92. L’art. 8, comma 7, prevede che il lavoratore può chiedere, per una sola volta, in luogo del congedo parentale o entro i limiti del congedo ancora spettante, la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale, purché con una riduzione di orario non superiore al 50%. Il datore di lavoro è tenuto a effettuare la trasformazione entro 15 giorni dalla richiesta. In tutti i casi, i lavoratori passati al part-time hanno diritto di preceden- za nelle assunzioni con contratto a tempo pieno per l’espletamento delle stesse mansioni o di mansioni di pari livello e categoria legale (art. 8, comma 6, decreto legislativo n. 81/2015). Inoltre, in caso di assunzione di personale a tempo parziale, il datore di lavoro è tenuto a darne tempestiva informazione al personale già dipendente con rapporto a tempo pieno occupato in unità produttive collocate nello stesso ambito comunale, anche mediante comunicazione scritta in luogo accessibile a tutti nei locali dell’impresa, e a prendere in considerazione le domande di trasformazione a tempo parziale dei rapporti dei dipendenti a tempo pieno (art. 8, comma 8, decreto legislativo n. 81/2015). 59 Dicembre 2015-Gennaio 2016 RUBRICHE Mobilità Francesca Tulli Contrassegno unico europeo. Al via la riforma Difficile da contraffare e concesso anche a chi non ha una patente di guida, il Cude valido in tutti i Paesi d’Europa. Ma, salvo casi specifici, può essere utilizzato solo in presenza dell’intestatario gente in materia di mobilità nel Paese di destinazione. È bene sottolineare che, seppure ancora in corso di validità, i possessori del vecchio contrassegno non possono più utilizzarlo. Pertanto, chi non l’avesse ancora sostituito deve rivolgersi alla polizia municipale o all’ufficio competente del Comune di residenza. Per un appropriato uso del contrassegno, ricordiamo che quest’ultimo D al 15 settembre 2015 il contrassegno di parcheggio invalidi (quello di colore arancione, per intenderci) ha lasciato ufficialmente il posto al “Contrassegno unico disabili europeo”, conosciuto con l’acronimo di Cude e introdotto in Italia con il decreto del presidente della Repubblica n. 151 del 2012. In questo triennio, i Comuni si sono dati da fare per sostituire i vecchi contrassegni, così come si sono adoperati per rinnovare la segnaletica verticale negli stalli riservati con l’immagine raffigurante un omino su sedia a ruote stilizzato su fondo azzurro. Il Cude è più difficile da falsificare poiché provvisto di simbolo olografico anticontraffazione e, sul retro, di foto del titolare e firma in calce. Il nuovo contrassegno è quindi assimilabile a un documento utile anche alla polizia municipale per verificare il corretto uso da parte del suo detentore. Grande il vantaggio per il titolare che può spostarsi in tutti i Paesi dell’Unione Europea con la certezza che il suo contrassegno venga riconosciuto: fino a oggi era una consuetudine e non un obbligo. Il documento dà inoltre diritto a beneficiare delle facilitazioni previste dalla normativa vi- SuperAbile INAIL non è vincolato a uno specifico veicolo, ma è necessario esporlo in originale sulla parte anteriore dello stesso. Il contrassegno poi è concesso a prescindere dalla titolarità di una patente di guida o dalla proprietà di un automezzo. Resta strettamente personale, ovvero deve essere utilizzato in presenza dell’intestatario, a eccezione di casi specifici previsti da delibere comunali. Infine, è utile sapere che la normativa vigente in materia di semplificazione, legge 35/2012, prevede che oggi sia la Commissione medica integrata per l’accertamento dell’invalidità o dell’handicap ad annotare nei verbali anche la sussistenza di una delle condizioni previste per il rilascio del contrassegno, ovvero “deambulazione impedita o sensibilmente ridotta” oppure “cecità”. Anche gravi problemi cardiaci, chemioterapie, o altre patologie possono essere ritenute condizioni idonee per il rilascio della certificazione propedeutica alla richiesta di contrassegno poiché, di riflesso, tali problemi riducono significativamente la capacità di deambulazione. Le persone che sono in possesso di una certificazione senza alcuna specifica devono sottoporsi a visita presso l’ufficio di Medicina legale dell’Azienda sanitaria locale di appartenenza. 60 Dicembre 2015-Gennaio 2016 l’ESPERTO RISPONDE numero verde 800/810810 Agevolazioni fiscali Sono una persona con disabilità in possesso di patente B speciale con obbligo di adattamenti sul veicolo prescritti dalla Commissione medico legale, con “ridotte o impedite capacità motorie permanenti” come da verbale di invalidità. Tra gli adattamenti prescritti, ho l’acceleratore manuale sotto il volante che non funziona più e che dovrei riparare o cambiare. Volevo sapere qual è l’aliquota Iva applicabile alla riparazione dell’adattamento e ai pezzi di ricambio necessari per detta riparazione. Occhiello a circolare del 24 aprile 2015 n. 17/E dell’Agenzia delle Entrate al punto 4.8 stabilisce che l’aliquota agevolata del 4% deve essere applicata anche alla riparazione L degli adattamenti realizzati sulle autovetture delle persone con disabilità e alle cessioni dei ricambi relativi agli adattamenti. Senza barriere Poiché viaggio spesso con una persona paraplegica, quando prenotiamo l’albergo chiediamo una stanza con bagno accessibile. Ho notato però che tutti i bagni per persone disabili sono più alti di quelli standard e con una fessura frontale. Ho controllato nella normativa di riferimento, la 236/89, e non ho trovato alcuna indicazione a riguardo. I l tema delle interpretazioni normative in fatto di sanitari accessibili è molto attuale. La normativa di riferimento nazionale non dice nulla sulla fessura frontale del water, ma indica invece che la tazza deve avere il piano superiore a un’altezza che può andare dai 45 ai 50 centimetri: i wc e i bidet preferibilmente sono del tipo sospeso. In particolare l’asse della tazza wc o del bidet deve essere posto a una distanza minima di 40 centimetri dalla parete laterale, il bordo anteriore a 75-80 centimetri dalla parete posteriore e il piano superiore a 4550 centimetri dal calpestio. Riteniamo che la questione della fessura frontale del vaso wc sia nata dall’esigenza SuperAbile INAIL di agevolare le manovre di igiene personale per chi usa la doccetta bidet esterna. Tuttavia l’adozione di tale soluzione è molto soggettiva da parte delle persone che hanno una disabilità e talvolta questa fessura è motivo di fastidio e comporta uno scomodo utilizzo del sanitario. Un bagno accessibile può essere realizzato con sanitari di uso comune e con qualche accorgimento mirato, per renderlo accessibile in un’ottica di design for all. Per soddisfare la normativa, l’altezza del water di 45 centimetri può essere ottenuta anche con un comodo water standard di 42 centimetri rialzato attraverso un sopralzo per il water di altezza idonea. 61 Dicembre 2015-Gennaio 2016 miscellaneA merry christmas Gli auguri? A sostegno dei malati di Sla B iglietti di Natale, artistici e solidali, a favore dell’assistenza ai malati di Sla. Riproduzioni dei dipinti della pittrice Stefania Chiucchiù, consigliere dell’associazione Viva la vita di Roma, che andranno a sostenere due progetti della onlus: “Ospedale a domicilio”, per i malati di sclerosi laterale amiotrofica che necessitano di visite specialistiche ed esami a casa propria, e “Trasporto H”, quest’ultimo in convenzione con la Croce rossa italiana per avere a disposizione la possibilità di viaggiare in ambulanza gratuitamente. Oltre alla busta coordinata, realizzata in carta riciclata, è possibile personalizzare la pagina interna con logo aziendale, frase e firma. Per ordinazioni (16 i modelli a disposizione, dimensioni 12x12 centimetri, quantitativo minimo 30 pezzi): wlavita. org. giochi Finnegan, giovane tritone della Mattel su un “bolide” d’eccezione S i chiama Finnegan Wake, è un ragazzopesce in sedia a ruote ed è uno degli ultimi arrivati in casa Monster Hight, un brand della idee Il passeggino per le mamme in sedia a ruote satira L’ironia come strumento di inclusione sociale nelle vignette di Boi U n’invenzione che mancava: il passeggino che può essere spinto dalle mamme in sedia a ruote. A realizzarlo è stato Alden Kane, un ragazzo di 16 anni che frequenta una classe di ricerca tecnologica alla Jesuit High School (il college di ingegneria e scienze) dell’Università di Detroit. L’idea è nata dal desiderio di Sharina Jones, una madre disabile che da quando è nato il suo bambino ha sempre sognato di poter fare una passeggiata da sola con il suo bebè. Ma se spingeva la sedia a ruote, non poteva fare altrettanto con il passeggino. Ecco allora che un “ovetto”, O qualche tubo saldato e due ruotine aggiuntive hanno risolto il problema. Ora lo studente americano ha intenzione di perfezionare e poi brevettare la sua creazione, in modo da poter aiutare anche tutte le altre mamme paraplegiche. SuperAbile INAIL Mattel come possono essere le Barbie o le macchinine della Hot Wheels, ma dove tutti i personaggi sono studenti della “Scuola di mostri”. Finnegan è stato introdotto nel 2013 come personaggio animato, l’anno dopo ha vinto il concorso per diventare bambola lanciato dal sito web di Monster Hight e quest’anno è finalmente realtà. Figlio di un tritone, Finnegan ha 17 anni, è azzurro-blu e, anche se la sua coda non ha mai funzionato, ama tutto ciò che gli permetta di vivere al limite. Soprattutto il nuoto. Per saperne di più: Monsterhigh. com/it-it/characters/ finnegan-wake. pera del vignettista sardo Tullio Boi, affetto da sclerosi multipla, le illustrazioni satiriche punteggiano il calendario 2016 realizzato dall’Associazione italiana sindrome X fragile. «Non esistono i malati ma i “diversamente malati”, perché all’interno della stessa patologia ci sono le persone che sono tutte diverse. Le vignette che scorrono nei vari mesi dell’anno non hanno tutte come tema la disabilità, perché questa è solo un aspetto, non tutta la vita: il disabile è una persona prima di tutto e quindi va bene fare satira sulla sua condizione, ma limitarsi a questo vuol dire ghettizzare», ha spiegato Boi, che ama definirsi «il vignettista della “dis-satira” ma non solo». Nell’immagine, una mucca sulla sedia a ruote, alter-ego dell’artista, che racconta, con incisività graffiante, la difficoltà delle barriere architettoniche nel mondo del lavoro e nel rapporto con gli altri. [L.B.] 62 Dicembre 2015-Gennaio 2016 trisomia 21 Un calendario contro i pregiudizi D odici mesi di sport, bambini e volti felici. Come quelli di Manuel, Thomas e Johannes, immortalati con la maglia degli Yankees per dare un po’ di colore ai giorni di febbraio. O come quella di Sophie, che tutta contenta posa con la sua imbragatura da alpinista per il mese di settembre. Fabian, Martina e gli altri sono solo alcuni dei protagonisti del calendario 2016 dell’associazione Il sorriso di Cornaiano (Bolzano): età diverse, dai 15 mesi ai 15 anni, ma con in comune la sindrome di Down. Il calendario – sponsorizzato da Temple bar e realizzato dal fotografo Andreas Kemenater con l’obiettivo di raccogliere fondi ma soprattutto di informare e sensibilizzare su tutto ciò che riguarda la Trisomia 21 – è andato a ruba. «Siamo stati presi alla sprovvista: non immaginavamo un tale successo e sono quasi finiti. Il prossimo anno ci organizzeremo meglio», commenta Monica Di Doi dell’associazione Il sorriso. La onlus, fondata a Merano nel 2004 da alcune famiglie con bambini Down, si occupa soprattutto di aiutare e sostenere i genitori di questi ragazzi e di organizzare attività ricreative o di musicoterapia. Perché, come dice il nome stesso dell’associazione, quello che conta è il loro sorriso. [M.T.] SuperAbile INAIL 63 Dicembre 2015-Gennaio 2016 Foto di Andreas Kemenater miscellaneA politically incorrect Lo scivolone di Charlie Hebdo sulle persone Down L a rivista satirica Charlie Hebdo è inciampata sulle persone con Trisomia 21, facendone infuriare i genitori. Lo scorso ottobre ha pubblicato una copertina in cui capeggiava la scritta “Morano, la figlia Down nascosta di De Gaulle”. Una mamma francese ha risposto diritti In Russia l’ologramma che scoraggia chi ruba il parcheggio ai disabili così al settimanale: «Avete il diritto di essere divertenti, ma mi batto da sempre perché la condizione di mia figlia smetta di essere un insulto da cortile di scuola». Nadine Morano è un’eurodeputata repubblicana. Tempo fa aveva detto: «La Francia è un Paese cristiano di razza bianca. Bisogna mantenere la sua maggioranza culturale, lo diceva anche De Gaulle», che aveva veramente una figlia con Trisomia 21, Anne. In Italia il presidente del Coordown Sergio Silvestre ha replicato: «Vogliamo considerare la vignetta una provocazione, con il solo scopo di incrementare le vendite». E cco cosa succede in Russia a chi osa parcheggiare nelle aree di sosta riservate alle persone disabili. Un ragazzo in sedia a ruote si materializza davanti a loro dicendo: «Stop! Cosa stai facendo? Per la maggioranza dei conducenti io non esisto. Tuttavia, sono più che un segno dipinto per terra». Un fantasma? No, soltanto un ologramma. Un’idea originale, sperimentata a Mosca dall’associazione Dislife che ha installato, nei parcheggi sotterranei di alcuni grandi centri commerciali, speciali telecamere capaci di proiettare un “video” in corrispondenza dei posti destinati alle persone con disabilità. Se l’auto che sta per parcheggiare non ha l’apposito contrassegno, ecco comparire come per magia un “fantasma” azzurro in carrozzina. La campagna è visibile su Youtube: “Dislife: more than a sign”. che impresa Progetto Chopin U indirizzo: via San Martirio, 1 24030 Villa d’Adda (Bergamo) tel.: 345/3208724 e-mail: segreteria@ progettochopin.it sito web: Parcodelmulino.it tipo: cooperativa sociale anno di nascita: 2010 fatturato annuo: 40.000 euro soci: 27, di cui 3 disabili lavoratori: 4, di cui 3 disabili tipologia di contratti: part-time stipendio medio: 160 euro per 20 ore al mese na serra, tre negozi di piante, fiori e composizioni floreali per ricorrenze, feste o cerimonie – a Villa d’Adda, Brembate e Trezzo sull’Adda (quest’ultimo aperto da appena tre mesi) – e ogni mattina un mercato diverso, con il furgoncino e la postazione itinerante in giro tra l’hinterland milanese, lecchese e bergamasco. Progetto Chopin “Diversamente impresa”, cooperativa sociale di Bergamo impegnata in percorsi di riabilitazione delle persone con disabilità psichica attraverso l’attività occupazionale, ha all’attivo anche tre assunti: Laura, Alberto e Giulio. Loro lavorano soltanto qualche SuperAbile INAIL giorno a settimana e per poche ore, «perché altrimenti perderebbero l’assegno di invalidità e la pensione di accompagnamento a cui hanno diritto», spiega Bruno Patrian, presidente di Chopin. Ciò nonostante, «i miglioramenti sono evidenti». Tra le altre attività, 64 Dicembre 2015-Gennaio 2016 la preparazione di piccole bomboniere floreali e la coltivazione di un orto per l’autoconsumo. La cooperativa è nata cinque anni fa dalla convergenza di interessi e aspettative di un gruppo di famiglie con figli disabili, che fanno parte di alcune associazioni del territorio. Da qui la collaborazione con la sezione locale dell’Age (Associazione italiana genitori) e con il Forum delle associazioni di volontariato socio-assistenziale, delle famiglie e dei gruppi informali dell’Isola Bergamasca e della Bassa Val San Martino per l’area disabilità. E grazie al suo essere «una vera azienda», il Progetto Chopin è cresciuto. [M.T.] Amputati in salsa “aggressive” start up Abiti sensoriali per esigenze speciali V estiti e accessori che affinano le percezioni sensoriali. Alcuni capi aiutano ad amplificarle, altri invece ad attenuarle. Si tratta di “Sense-Wear”, la linea di abbigliamento (ancora in via di sperimentazione) ideata da due designer italiani, Emanuela Corti e Ivan Parati del Gruppo Caravan, rivolta in particolar modo alle persone con esigenze speciali come autismo e sindrome di Tourette, vincitrice del Lexus Design Awards 2015. Cinque le creazioni. Squeeze-me e Pull-me, per esempio, sono sciarpe: la prima si può estendere in tutto il corpo come in un abbraccio, mentre la seconda è fatta di profumi e fragranze portatili. Ci sono poi Pump-me, una giacca gonfiabile per proteggere dai contatti indesiderati, e Shake-me, una collana di gomma tutta da toccare e gustare grazie a trame e aromi diversi. Ecco infine Hold-me, un poncho rivestito di fiocchi sonori. [M.T.] food Chef Aleem e il suo camion-ristoro accessibile A bita a Toronto, fa il cuoco di professione, si sposta in sedia a ruote e il suo “The holy grill” rappresenta il primo camion-ristoro accessibile di tutto il Canada (se non di tutto il mondo). Questa è in estrema sintesi la storia di chef Aleem Syed che, dopo aver lavorato in alcuni dei ristoranti più famosi del Paese, nel 2008 ha subito una lesione del midollo spinale che lo ha lasciato paralizzato dalla vita in giù. Ma Aleem non si è perso d’animo: ha fatto adattare la cucina di un camion-ristorante e ha continuato a esercitare il lavoro che faceva prima. L’unica differenza? Un elevatore per accedere al suo nuovo ristorante e fornelli e bancone ad altezza di sedia a ruote. La sua specialità è la cucina halal, fatta di cibi consentiti anche ai musulmani. [M.T.] SuperAbile INAIL I l 15 novembre è uscito il libro Always Loyal con le foto sexy di veterani americani che hanno lasciato qualche arto combattendo o subendo agguati in quelle che però erano chiamate “operazioni di pace”. L’opera è acquistabile su Amazon ed è stata realizzata con un considerevole budget (oltre 400mila dollari) messo assieme l’estate passata con un progetto di crowdfunding sul sito specializzato “Kickstarter”. In copertina del libro è ritratto nudo Alex Minsky, marine americano che ha lasciato una gamba in Afghanistan nel 2009, facendo subito capire che filosofia del volume dovrebbe essere quella di una rivalutazione estetica per i tanti militari che hanno subito menomazioni fisiche gravi. Chiunque può farsi fotografare in qualsiasi maniera preferisca, ma fa pensare a un possibile valore “sociale” dell’opera. Il nudo non spaventa più nessuno, ma è difficile immaginare che rappresenti un segnale di sensibilizzazione verso le disabilità quello che sembra un catalogo patinato per “amatori” del genere maschi palestrati, anche se tra i ritratti c’è pure quello della veterana della Guerra del Golfo Mary Dague, rappresentata come una statua classica priva di braccia. I modelli imbracciano le armi come ulteriore protesi (spesso allusiva) alla perfezione assoluta di muscolature iperdefinite come in una tavola anatomica, in cui anche gli arti mancanti o sostituiti assumano valore di additivo glamour, quasi l’obiettivo finale fosse lo sdoganamento del primo passo verso una nuova categoria di Youporn o, nell’ipotesi più blanda, una proposta “aggressive” per pubblicità di profumi o linee maschili di biancheria. Come reagirà a tanto “orgoglio” l’amputato che non abbia imposto anni di dura palestra alla parte che gli resta del proprio corpo? 65 Dicembre 2015-Gennaio 2016 databile Persone disabili e partecipazione sociale testi di Ambra Notari e Laura Pasotti, grafica di Cristina Graziani per La frequentazione di associazioni culturali e le attività di volontariato sono più diffuse fra gli uomini che fra le donne con disabilità. Nelle donazioni le persone disabili superano i non disabili, mentre più di una su cinque non frequenta luoghi religiosi SuperAbile INAIL 66 Dicembre 2015-Gennaio 2016