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Il fondo di dotazione delle stabili organizzazioni

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Il fondo di dotazione delle stabili organizzazioni
Stabile organizzazione
Il fondo di dotazione
delle stabili organizzazioni
La corretta determinazione del fondo di dotazione della stabile organizzazione in Italia di un
soggetto estero ha notevoli ripercussioni nella determinazione dell’agevolazione ACE spettante,
nella quantificazione degli interessi passivi deducibili a fronte dei finanziamenti concessi dalla
casa madre e sulla possibilità, in presenza di perdite di esercizio, di trasformare le attività per
imposte anticipate in crediti d’imposta. Una recente risoluzione ministeriale, avente ad oggetto
la determinazione del fondo di dotazione «fiscalmente congruo», illustra come le variazioni in
aumento del reddito complessivo operate dalla stabile organizzazione possano essere
considerate nel passare dal fondo di dotazione «contabile» a quello «virtuale».
Premessa
La R.M. 17 giugno 2014, n. 63/E, offre lo
spunto per affrontare il tema della individuazione del fondo di dotazione delle stabili organizzazioni in Italia di imprese non residenti, cioè di quello che rappresenterebbe il
loro patrimonio netto contabile, ossia il capitale di rischio apportato dalla casa madre
estera in contrapposizione agli eventuali finanziamenti dalla stessa concessi.
A tale riguardo occorre considerare che una
corretta individuazione del fondo di dotazione viene ad assumere anche rilevanza fiscale
quando si tratta di:
– individuare l’ammontare deducibile degli
interessi passivi che la stabile organizzazione italiana corrisponde alla casa madre
estera per finanziamenti da questa concessi (vedi oltre);
– quantificare la «variazione in aumento del
capitale proprio» che rileva ai fini dell’agevolazione conosciuta come «Aiuto alla crescita economica (ACE)»), di cui al
D.L. 6 dicembre 2011, n. 201,
– determinare la «somma del capitale sociale e delle riserve» rilevante ai fini della
possibilità, prevista dal legislatore nel caso in cui l’esercizio sociale chiuda con
una perdita d’esercizio, di trasformare le
attività per imposte anticipate in crediti
8/2014
d’imposta (art. 2, commi 55 e segg., del
D.L. 29 dicembre 2010, n. 225), e
– applicare il limite al riporto delle perdite
stabilito dall’art. 172, comma 7, del D.P.R.
n. 917/1986, rilevante per le operazioni di
fusione e di scissione, anche, per effetto
del disposto del successivo art. 181, se poste in essere fra soggetti residenti in Stati
membri diversi dell’Unione Europea.
Scelta tra società controllata
e stabile organizzazione
Nel momento in cui un’impresa vuole essere
presente all’estero, la scelta in genere spazia
tra la costituzione di una società in loco e
l’apertura di una stabile organizzazione nel
Paese estero. Nel caso in cui la scelta cada
sulla costituzione di una società nel Paese
estero (controllata estera o subsidiary), se
questa è una società di capitali, in contrapposizione ad una società di persone, il vantaggio è quello di limitare i rischi imprenditoriali al capitale di rischio apportato nella
società estera, nel senso che la società estera,
essendo un soggetto giuridicamente distinto
dalla casa madre, risponderà delle proprie
Nota:
(*) Dottori Commercialisti in Torino e Milano
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Bilancio&imposte
di Guido e Andrea Vasapolli (*)
Stabile organizzazione
Bilancio&imposte
obbligazioni sociali nei limiti del suo capitale proprio. Al contrario, nel caso in cui si decida di essere presenti all’estero mediante
l’apertura di una stabile organizzazione, poiché questa non è un soggetto giuridicamente
distinto rispetto alla casa madre, delle obbligazioni sociali contratte dalla stabile organizzazione ne risponderà direttamente la casa madre, per cui una possibile insolvenza
della stabile organizzazione potrebbe anche
portare al fallimento della casa madre.
Impianto contabile del veicolo estero
e relativo regime fiscale
Sia che la scelta di come essere presenti all’estero sia ricaduta su una società controllata, sia che sia ricaduta su una stabile organizzazione, in entrambi i casi dovrà essere
tenuta una contabilità autonoma rispetto a
quella della casa madre.
Sia la società controllata che la stabile organizzazione, infatti, dovranno redigere un
proprio bilancio, dal quale emergerà un risultato economico che rappresenterà la base
di partenza per determinare il reddito da assoggettare ad imposizione nel Paese estero.
Mentre gli utili netti realizzati dalla società
controllata estera sono assoggettati ad imposizione in capo alla casa madre, sotto forma
di dividendi, soltanto in caso di loro distribuzione, il reddito lordo prodotto dalla stabile organizzazione estera di una casa madre
italiana è assoggettato ad imposizione anche
in capo alla casa madre italiana, ma alla
stessa è riconosciuto un credito d’imposta
pari alle imposte che la stabile organizzazione ha già pagato all’estero su quegli stessi
redditi (art. 165 del D.P.R. n. 917/1986).
Forme di finanziamento
del veicolo estero
Per quanto riguarda, invece, le forme di finanziamento dell’investimento estero, occorre valutare quale quota parte dell’investimento debba essere finanziata da capitale di
rischio (capitale proprio) apportato dalla casa madre, quale quota parte possa essere finanziata mediante crediti finanziari concessi
dalla casa madre e quale parte possa essere
finanziata mediante il ricorso a capitale di
terzi (finanziamenti bancari, operazioni di
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leasing, dilazioni di pagamento concesse dai
fornitori, ecc.).
Poiché la scelta di cui sopra deve avere, come fine, quello di garantire corretti equilibri
tra come l’impresa si finanzia e come questa
impiega il denaro così ottenuto, risulterà necessario procedere alla redazione di un piano economico e finanziario previsionale
dell’investimento estero dal quale ricavare gli
investimenti iniziali in capitale immobilizzato (fabbricati, impianti, macchinari, brevetti,
ecc.) e in capitale circolante lordo (magazzino, crediti verso clienti, ecc.) che sono necessari al fine di poter avviare la nuova attività
imprenditoriale.
Mentre gli investimenti necessari in capitale
immobilizzato dovranno essere finanziati
mediate il ricorso a capitale proprio o a finanziamenti a medio-lungo termine (finanziamenti «qualificati» o «pregiati»), gli investimenti in capitale circolante lordo potranno anche essere finanziati mediante il ricorso a finanziamenti a breve termine, a tal fine
opportunamente valutando la durata del ciclo monetario della gestione (cioè il tempo
che mediamente intercorre tra quando viene
pagato il fornitore e quando si ottiene l’incasso dal cliente). Naturalmente, più il ciclo
monetario della gestione è breve, più l’impresa può spingersi a finanziare una quota
maggiore del capitale circolante lordo mediante il ricorso a debiti a breve termine.
Per quanto riguarda il capitale di rischio apportato dalla casa madre nella società controllata estera, lo stesso viene ad essere ben
individuato nel capitale sociale e negli eventuali sopraprezzi risultanti dall’atto costitutivo e dai loro successivi aumenti (o dalle loro
successive riduzioni), nonché negli utili netti
reinvestiti (accantonati a riserva).
Con riferimento alla stabile organizzazione
estera, invece, non esiste un atto costitutivo
dal quale poter rilevare l’ammontare iniziale
del capitale di rischio apportato dalla casa
madre, anche perché, come già prima visto, la
stabile organizzazione non è un soggetto giuridicamente autonomo rispetto alla casa madre. Ecco allora che il capitale apportato dalla
casa madre alla stabile organizzazione sotto
forma di capitale di rischio viene individuato
solo contabilmente con la denominazione di
«fondo di dotazione». Ulteriori apporti dalla
casa madre alla stabile organizzazione saran8/2014
no, invece, a titolo di finanziamento, da disciplinarsi con regolare contratto.
I finanziamenti di cui sopra saranno fruttiferi d’interessi, anche perché, se infruttiferi, in
verità non si distinguerebbero dal capitale
apportato a titolo di «fondo di dotazione».
Il «fondo di dotazione», naturalmente, può
anche essere incrementato grazie alla capacità della stabile organizzazione di autofinanziarsi, cioè mediante la destinazione, allo
stesso, degli utili netti risaltanti dal bilancio
della stabile organizzazione (destinazione
che non risulterà da una delibera, ma da una
appostazione contabile conseguente al non
trasferimento alla casa madre delle risorse
finanziarie rappresentate dall’utile netto).
Ad esclusione di quanto sopra, non esistono
norme particolari che dispongano in merito
al fondo di dotazione di una stabile organizzazione in Italia di un soggetto estero o viceversa.
Individuazione del fondo
di dotazione
Tanto premesso, in merito al fondo di dotazione di una stabile organizzazione in Italia
di un soggetto estero, nella R.M. 30 marzo
2006, n. 44/E, è stato affermato che (nello
stesso senso è anche la R.M. 17 giugno 2014,
n. 63/E):
– «occorre considerare … che sotto il profilo
giuridico la stabile organizzazione non è
un’entità autonoma e distinta rispetto alla
casa madre della quale costituisce una mera diramazione amministrativa, ma dal
punto di vista fiscale è considerata un’entità separata, sia dall’ordinamento nazionale,
sia, in sede OCSE, dall’art. 7 del Modello di
Convenzione (il cui contenuto è riprodotto
anche nella vigente Convenzione contro le
doppie imposizioni stipulata con gli Stati
Uniti). Tale diverso approccio, a ben vedere,
è finalizzato a consentire allo Stato in cui
la stabile organizzazione è localizzata di
esercitare i propri diritti impositivi sul reddito prodotto nel proprio territorio»;
– «come precisato dal Commentario OCSE
all’art. 7 del Modello di Convenzione (cfr.
paragrafo 18.3), è necessario che la stabile
organizzazione sia dotata «di una struttura
patrimoniale appropriata sia per l’impresa
sia per le funzioni che esercita»»;
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– «in definitiva, come qualsiasi impresa indipendente, la stabile organizzazione di una
impresa non residente deve avere un proprio fondo di dotazione che, ai fini fiscali,
può essere anche «figurativo». In altre parole, qualora non risulti dal suo bilancio, il
fondo di dotazione deve essere determinato
ai soli fini fiscali»;
– «in definitiva, … la determinazione del fondo di dotazione della stabile organizzazione
che possa ritenersi congruo dal punto di vista fiscale è questione di fatto che richiede
un’analisi dettagliata delle singole fattispecie e che deve essere affrontata tenendo conto di principi condivisi in sede internazionale. La dotazione patrimoniale della stabile
organizzazione può essere determinata, tenuto conto del grado di capitalizzazione della società nel suo complesso, in funzione,
ad esempio, delle attività esercitate dalla
stabile organizzazione, degli asset materiali
e immateriali di cui dispone per le proprie
funzioni e dei rischi da essa assunti».
Nella Relazione al D.M. 14 marzo 2012 è stato inoltre precisato che «per le stabili organizzazioni i riferimenti ai soci o ai partecipanti
sono da intendersi alla casa madre» e che «il
fondo di dotazione e i relativi incrementi devono intendersi in ogni caso quelli risultanti dalla dichiarazione dei redditi del periodo di imposta da ritenersi congrui dal punto di vista fiscale tenendo conto di principi condivisi in sede internazionale. Infatti, come qualsiasi impresa indipendente, la stabile organizzazione di
una impresa non residente deve avere un proprio fondo di dotazione che, ai fini fiscali, può
essere anche «figurativo», nel senso che deve
essere comunque determinato ai soli fini fiscali, a prescindere dalle risultanze contabili».
Proprio con riferimento al contenuto della
Relazione di cui sopra, al punto 3.2.3 della
Circolare Assonime 7 giugno 2012, n. 17, dopo essere stato premesso che «le stabili organizzazioni non sono soggetti dotati di una
propria autonomia giuridica e patrimoniale,
ma si configurano, come è noto, come centri
di imputazione del reddito prodotto in Italia
dai soggetti non residenti», è stato sostenuto
che «è pacifico che la relazione illustrativa,
nel fare menzione dei criteri condivisi dalla
prassi internazionale, abbia implicitamente
inteso fare rinvio all’art. 7 par. 2 del modello
OCSE e alle linee guida per la relativa applica-
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Bilancio&imposte
Stabile organizzazione
Stabile organizzazione
Bilancio&imposte
zione contenute nel Report of attribution of
profit to permanent establishment. In questo
documento si afferma che l’individuazione dei
profitti realizzati in Italia dalla stabile organizzazione presuppone una analisi delle funzioni
effettivamente svolte dalla branch in modo da
attribuire ad essa asset, rischi ed un ammontare di capitale (free capital) pari a quelli normalmente necessari per lo svolgimento di tali
funzioni da parte di una impresa indipendente. In tal modo, si perviene all’individuazione
di un capitale teorico della branch che può anche prescindere da quello risultante dalle scritture contabili».
Rilevanza delle rettifiche fiscali
nella determinazione del fondo
di dotazione «virtuale»
Scendendo nel merito delle modalità di determinazione del fondo di dotazione «virtuale», per distinguerlo da quello «contabile»,
nella R.M. 17 giugno 2014, n. 63/E, è stato
precisato che il «patrimonio netto» (o fondo
di dotazione) della stabile organizzazione «è
rappresentato dal fondo di dotazione contabile
... integrato delle, eventuali, variazioni fiscali
effettivamente operate nella dichiarazione dei
redditi del relativo periodo d’imposta, finalizzate a realizzarne la congruità ed entro tali limiti». In altre parole, il «patrimonio netto deve essere riferito alla sommatoria di:
a) fondo di dotazione (o patrimonio netto)
contabile ...;
b) adeguamenti posti in essere sul piano fiscale - sempreché i medesimi abbiano concorso alla formazione della base imponibile al fine di ottenere la riclassificazione figurativa dei debiti (produttivi di interessi passivi) risultanti dal proprio passivo patrimoniale in fondo di dotazione».
Sempre nella stessa R.M. n. 63/E di cui sopra
è stato anche sostenuto che «gli incrementi
operati mediante la tecnica delle rettifiche ...
fiscali del fondo di dotazione sono assimilabili, per funzione, alle ipotesi di «conferimenti e
versamenti» operati dalla casa madre».
Volendo esemplificare quanto sopra, nel caso in cui:
– dal bilancio della stabile organizzazione
risulti un fondo di dotazione «contabile»
di 300 e un finanziamento di 1.000 che la
casa madre ha concesso al tasso di inte-
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resse del 5 per cento, per cui gli interessi
passivi maturati nell’anno sono ammontati a 50, e
– la stabile organizzazione, in sede di redazione della propria dichiarazione dei redditi, abbia operato una variazione in aumento del reddito complessivo di 30 (60
per cento di 50), in considerazione che gli
interessi passivi li ha ritenuti riferibili ad
un finanziamento della casa madre che
per il 60 per cento, cioè per 600, avrebbe
dovuto avere natura di apporto di capitale
di rischio,
– il fondo di dotazione «virtuale» rilevante
ai fini fiscale ammonterebbe a 900 (300 +
600).
Occorrerà poi ancora valutare se tale fondo
di dotazione «virtuale» sia anche «fiscalmente congruo», cioè se effettivamente il finanziamento concesso dalla casa madre doveva
essere riclassificato quale capitale di rischio
solo nella misura di 600 e non in misura superiore.
Deducibilità degli interessi passivi
addebitati dalla casa madre
Si ricorda infine che, nell’ambito della normativa relativa al cosiddetto transfer pricing,
di cui all’art. 110, comma 7, del D.P.R. n.
917/1986, per quanto riguarda la deducibilità degli interessi passivi addebitati dalla casa
madre estera o da altre società del gruppo a
fronte di finanziamenti dalle stesse concessi
ad una stabile organizzazione in Italia, nella
R.M. 30 marzo 2006, n. 44/E, è stato affermato che:
– «la scrivente, anche a chiarimento di quanto
affermato nella circolare n. 32 del 1980 in materia di prezzi di trasferimento, ritiene che sia
necessario valutare preliminarmente se e in
che misura le risorse che la casa madre mette
a disposizione, direttamente o indirettamente,
della propria stabile organizzazione nel territorio di un altro Stato, possano essere considerate finanziamenti produttivi di interessi passivi deducibili dal reddito della stabile organizzazione stessa. La questione si pone innanzitutto quando la casa madre attribuisce alla
stabile organizzazione risorse proprie e/o parte
dei finanziamenti da essa contratti e per i quali sostiene interessi passivi, ma anche nelle
ipotesi in cui il contratto di finanziamento sia
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Stabile organizzazione
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vanti da finanziamenti che sarebbero stati accesi se la stabile organizzazione avesse potuto
disporre di un fondo di dotazione adeguato».
Per approfondimenti
Dal bilancio d’esercizio
al reddito d’impresa
• Il fondo di dotazione delle stabili organizzazioni - 3.9.7
Fondo di dotazione di una stabile organizzazione.
• La determinazione dell’agevolazione ACE - 2.14.1 Applicazione dell’agevolazione alle società di capitali.
• La trasformazione delle attività per imposte anticipate in crediti d’imposta in presenza di perdite civilistiche - 2.31.1 Trasformazione in presenza di perdite civilistiche e 2.31.3 Disposizioni comuni.
Di altri autori vedi anche…
• P. Valente «Base erosion and profit shifting e leverage:
profili applicativi nelle stabili organizzazioni» in il fisco
n. 23/2014, p. 2277.
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Bilancio&imposte
stipulato direttamente dalla stabile organizzazione»;
– «come precisato dal Commentario OCSE
all’art. 7 del Modello di Convenzione (cfr. paragrafo 18.3), è necessario che la stabile organizzazione sia dotata «di una struttura patrimoniale appropriata sia per l’impresa sia per
le funzioni che esercita. Per tali ragioni, il divieto di dedurre le spese connesse ai finanziamenti interni - ossia quelli che costituiscono
mera attribuzione di risorse proprie della casa
madre - dovrebbe continuare ad applicarsi in
via generale»»;
– qualora il fondo di dotazione della stabile
organizzazione «non risulti dal suo bilancio,
il fondo di dotazione deve essere determinato
ai soli fini fiscali per stabilire se gli eventuali
interessi passivi dedotti sono determinati correttamente così come avviene per le imprese
indipendenti. In tale ottica, potranno essere
considerati deducibili, in quanto corrispondenti agli interessi passivi che un’impresa indipendente avrebbe sostenuto, solo quelli deri-
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