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Jobs Act, come fregare i lavoratori e fare soldi

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Jobs Act, come fregare i lavoratori e fare soldi
Renzi: election daydomenica 31 maggio per Amministrative e Regionali. Giusto
per un megaponte con il 2 giugno. A seggi semivuoti, gli piace vincere facile
Venerdì 13 marzo 2015 – Anno 7 – n° 71
e 1,40 – Arretrati: e 2,00
Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma
tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230
Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46)
Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009
AVEVA RAGIONE LA BOCCASSINI
Altro che “risarcire” il Caimano: la sentenza d’appello
confermata in Cassazione dimostra che la prostituzione
anche minorile e l’abuso di potere ci sono stati. Ma è
cambiata la legge. L’Anm: “Nessuna responsabilità civile
per i pm”. La Cei: “Assolto, ma il dato morale è un altro”
Barbacetto » pag. 2 - 3
SOLO I VESCOVI
PARLANO CHIARO
di Marco Politi
ell’Italia dell’amnesia c’è una sola istituzione che
N
ricorda che la sentenza della Cassazione non
» pag. 3
lava Berlusconi dall’indegnità politica.
GLI SCISSIONISTI
Verdini e Purpetta
a cena con l’arrosto
per tradire Silvio
d’Esposito » pag. 4
LE BOLGE DI MARIA CARONTE DE FILIPPI
» LA PROVA » Confartigianato: con gli incentivi assumere e licenziare conviene
Jobs Act, come fregare
i lavoratori e fare soldi
RIFORMA ELETTORALE
Scuola: 500 euro
ai professori,
scaricati i precari
L’inferno dantesco
oggi: dai politici
a Viperetta e Dudù
Mentre esce il film-parodia dei Soliti Idioti,
proviamo ad assegnare ai vari gironi i
personaggi del Palazzo e della tv. C’è pure
il Papa...
Buttafuoco e Pagani » pag. 12 - 13
LA CATTIVERIA
Silvio Berlusconi assolto e Lele Mora
condannato. È sempre così: si salvano
le grandi aziende e falliscono i fornitori
» www.spinoza.it
y(7HC0D7*KSTKKQ( +\!"!%!=!%
Una slide proiettata al convegno dei piccoli
imprenditori conferma i timori: gli sgravi fiscali
del governo creano il business dei dipendenti
“usa e getta”
Cannavò » pag. 10
Arriva il disegno di legge: scatti
d’anzianità e buono per le spese
culturali ai docenti in cattedra,
disperati i 50 mila nelle liste
di attesa che non entreranno
Palombi » pag. 11
LA SLIDE
NÉ DECRETO NÉ DDL
CARTA STRACCIA
I dati al convegno di Confartigianato
L’EX TERRORISTA ROSSO
Rai, solo “linee guida”
Arbore: “Fanno
rimpiangere la Dc”
I vertici saranno
scelti ancora da
governo e partiti,
ma in Parlamento.
Addio Vigilanza.
Caporale e Tecce
» pag. 6 - 7
Tutti i lapsus
dei neo costituenti
Carlassare:
“Cittadini umiliati”
Ferrucci e Truzzi » pag. 8 - 9
Battisti arrestato
in Brasile,
ora l’estradizione
è più vicina
» pag. 16
Gli olgettini
di Marco Travaglio
icordate il processo Mills?
R
Nel 2005 si scoprì che B.
aveva pagato 600 mila dollari
all’avvocato inglese, creatore di
decine di società offshore nei paradisi fiscali per schermare le
sue frodi fiscali e i suoi fondi
neri, perché non raccontasse
nulla nei due processi dov’era
testimone: quello per le tangenti Fininvest alla Guardia di Finanza e quello per la mazzettona da 21 miliardi di lire a Craxi dai conti All Iberian. Mills testimoniò il falso, o meglio disse
poco o nulla di ciò che sapeva,
poi riferì al suo commercialista
“ho tenuto Mr B. fuori da un
mare di guai”, e B. la fece franca: condannato e poi prescritto
nel 1999 su All Iberian, condannato e poi assolto in Cassazione nel 2001 sulla Gdf per insufficienza di prove. Quelle
prove che Mills, se non fosse
stato pagato, avrebbe portato in
aula, dimostrando il movente
delle tangenti ai finanzieri: l'interesse personale di B. ad addomesticare le verifiche per evitare che il sistema All Iberian
affiorasse già a fine anni 80.
Mills fu poi condannato in primo e secondo grado, poi prescritto in Cassazione (ma sicuro colpevole, infatti dovette risarcire il ministero della Giustizia). B., a furia di allungare il
brodo fra leggi e lodi ad personam, arraffò la prescrizione già
in primo grado. Così la sfangò
sia nel processo a monte (Gdf)
sia in quello a valle (Mills). Se
non avesse corrotto Mills, nel
2001 anziché assolto sarebbe
stato condannato e, da pregiudicato, sarebbe finito subito in
galera anziché a Palazzo Chigi,
senza uscirne più. E di lì si sarebbe visto negare le attenuanti
generiche che gli regalarono la
prescrizione in cinque successivi processi, accumulando altrettante condanne. Ma, siccome la corruzione di Mills fu
scoperta dopo la conclusione
del processo Guardia di Finanza, questo ormai era impossibile da riaprire, in virtù del ne
bis in idem. Conclusione: corrompere i testimoni conviene.
Ora, mentre si chiude per sempre il processo Ruby-1, sta per
aprirsi il processo Ruby-3: B.,
tanto per cambiare, è accusato
di aver corrotto una cinquantina di testimoni, fra cui Ruby e
un esercito di olgettine, perché
dicessero il falso o tacessero il
vero nel Ruby-1. Che le abbia
pagate, non c’è dubbio: milioni
all’ex minorenne, centinaia di
migliaia di euro alle maggiorenni. Resta da dimostrare la
causale dei versamenti: se fosse
il silenzio e/o la menzogna delle
destinatarie, verrebbe condannato per corruzione in atti giudiziari e non ci sarebbe prescrizione che tenga, visto che il reato continua tuttora. A quel
punto, però, gli sarebbe comunque convenuto corrompere.
Segue a pagina 24
2
POLITICA
VENERDÌ 13 MARZO 2015
PNcdrescrizione
lunga
dice no, il Pd
chiede i voti al M5s
PRIMO COLPO di piccone alla ex
Cirielli, la nota legge ad personam
berlusconiana che nel 2005 accorciò drasticamente i termini di prescrizione dei reati. La Commissione
giustizia della Camera ha fato il via
libera alla nuova disciplina, che approderà in aula lunedì 16 marzo. Ma
Ap (il gruppo di Ncd e Udc) vota
contro, ribadendo le divisioni interne
alla maggioranza su questo e altre
riforme sul fronte penale. Tanto che
la relatrice del provvedimento sulla
prescrizione, Sofia Amoddio (Pd), si
augura “un vasto consenso dall’aula
a cui spetta il voto finale, soprattutto
il Fatto Quotidiano
ci aspettiamo che i 5Stelle trasformino l’astensione espressa in commissione in un voto pienamente favorevole”. Il provvedimento, “sospendendo la prescrizione per due
anni dopo la condanna in primo grado e per un altro anno se confermata
in appello, è un buon punto di in-
contro tra pretesa all’oblio, pretesa
punitiva, diritti delle vittime e garanzie dell’imputato”, spiega Donatella
Ferranti, presidente Pd della Commissione. “Una riforma equilibrata
ma sostanziale che potrà finalmente
impedire lo scandalo di processi
bloccati dalla tagliola del tempo”.
di Gianni Barbacetto
M
Milano
a che cosa c’è da festeggiare? La sentenza d’appello confermata martedì
dalla Cassazione assolve, è vero,
l’imputato Silvio Berlusconi dai
reati di concussione e di prostituzione minorile.
Ma affermando a chiare lettere due fatti che
smentiscono seccamente il leader di Forza Italia.
Il primo è che ad Arcore, nella residenza dell’allora presidente del Consiglio, nel 2010 non si tenevano affatto “cene eleganti”, come giurato dal
padrone di casa e da molti dei suoi ospiti, ma feste
di tipo sessuale con la partecipazione di decine di
prostitute, tra cui almeno una minorenne, che si
contendevano in ogni modo (per ottenere una
remunerazione maggiore) il “premio” di passare
la notte “con il presidente”.
Un XXX Factor per l’ex Cavaliere
e le pressioni alla Questura di Milano
Questo era il bunga-bunga: una sorta di talent
show a luci rosse, un “XXX Factor” che il padrone
della tv italiana riservava solo a se stesso. Il secondo fatto è che Berlusconi, da presidente del
Consiglio, nella notte del 27 maggio 2010 ha telefonato al capo di gabinetto della Questura di
Milano, Pietro Ostuni, facendo pressioni per ottenere un “indebito vantaggio”, ossia il rilascio
della minorenne Karima el Mahroug – in arte
Ruby Rubacuori, per un momento “nipote di
Mubarak” – per evitare il rischio che parlasse delle imbarazzanti feste di Arcore. Ha così “abusato
della sua qualifica per scopi personali”. Sono due
fatti che in qualunque Paese civile del mondo sarebbero sufficienti a escludere per sempre dalla
scena pubblica il loro protagonista. In Italia invece i suoi sostenitori fanno festa. Eppure quei
fatti, meticolosamente ricostruiti dalla sentenza
che (per altri motivi) assolve, sono riconosciuti
perfino dalla difesa del professor Franco Coppi:
“Nemmeno noi contestiamo che ad Arcore avvenissero fatti di prostituzione con compensi”,
ha detto l’avvocato ai giudici della Cassazione. “E
che i poliziotti fossero contenti di aver fatto un
favore a Berlusconi, questo ve lo concediamo”.
Allora eccoli, i fatti accertati della storia del bunga bunga contenuti in una sentenza di 330 pagine
di cui qualcuno vorrebbe cancellare tutte le prime 229, salvando solo l’ultima parola: “Assolto”.
Le intemperanze di Karima
e lo scoop del Fatto Quotidiano
La storia affiora nell’ottobre 2010. Non è voyeurismo giornalistico, intromissione giudiziaria
nella vita privata di un cittadino, cronaca politica
nell’era di Youporn. È invece l’emersione di una
segretissima indagine della Procura di Milano,
che qualche mese prima era incappata in una vicenda di possibile prostituzione minorile, reato
le cui pene erano appena state inasprite dal governo Berlusconi. Una ragazza di 17 anni, marocchina, scappata di casa, senza documenti, in
perenne fuga dalle comunità protette a cui era
assegnata fin dall’adolescenza, finisce segnalata
alla Procura della Repubblica di Milano per le sue
intemperanze: viene fermata dalla polizia per
furto e portata alla Questura di Milano; una settimana dopo, gli agenti la strappano da una casa
sui Navigli dove aveva ingaggiato una furibonda
rissa con Michelle, una prostituta brasiliana. Comincia allora a occuparsene il procuratore aggiunto titolare dei reati contro i minori, Pietro
Forno, a cui Karima nell’agosto 2010 racconta un
sacco di storie, alcune vere, altre inventate. Dice
di essere stata ad Arcore, di aver partecipato a
feste notturne nella villa del presidente del Consiglio, di avere ricevuto molti soldi e regali. Forno, e poi Antonio Sangermano e Ilda Boccassini,
analizzano il rapporto di polizia che narra una
strana notte alla Questura di Milano. Karima era
stata fermata a Milano, il pomeriggio del 27 maggio 2010, accusata di furto da un’amica. La pm del
Tribunale dei minori Annamaria Fiorillo aveva
disposto di ricollocarla in una comunità protetta.
Ma nella notte, da Parigi, dov’è impegnato in un
vertice Ocse, il presidente del Consiglio telefona
al funzionario Pietro Ostuni, dicendogli che è
stato informato del fermo di una ragazza che potrebbe essere imparentata con il presidente egiziano Mubarak. Per evitare incidenti diplomatici, meglio lasciarla andare, affidandola a una
“consigliera ministeriale” (carica inesistente) già
arrivata in questura: Nicole Minetti. Da questo
Nicole Minetti sulla passerella di “Tuttosposi” a Napoli nel 2013. L’ex Cavaliere Silvio Berlusconi, ex premier e padrone di Mediaset Ansa/LaPresse
DIETRO L’ASSOLUZIONE
Il bunga bunga c’era
Ma il reato di B.
è stato cancellato
LA STORIA SCOPERTA NELL’OTTOBRE 2010: QUELLA NOTTE
“DIFFICILE” IN CUI RUBY DIVENTÒ “LA NIPOTE DI MUBARAK”
momento, la scena cambia. Il ritmo dei fatti accelera. Le comunicazioni e le telefonate si succedono frenetiche. La funzionaria di turno in
questura, Giorgia Iafrate, capisce subito che Karima è marocchina e Mubarak non c’entra niente, ma d’accordo con i suoi superiori, e in contrasto con le indicazioni della pm dei minori, decide di affidarla alla consigliera regionale Nicole
Minetti, che la lascia alla prostituta brasiliana Michelle Conceicao. Forno, Boccassini e il procuratore Edmondo Bruti Liberati aprono un’inchiesta, controllano alcuni tabulati telefonici,
chiedono qualche intercettazione e in poche settimane scoprono il bunga bunga. Il format delle
serate è semplice, la scaletta del programma è lineare. Uno: cena ad Arcore dal menù piuttosto
noioso. Due: festa e balli al piano di sotto, nel
locale chiamato bunga bunga. Tre: per le più brave, selezionate nel più esclusivo dei talent, il “premio” di una ben ricompensata notte negli appartamenti privati di Berlusconi. Questo il rito delle
feste di Arcore.
I consigli di Nicole a Meli: “Ti volevo
briffare, ne vedi di ogni, c’è la zoccola...”
Ecco come lo racconta Nicole Minetti, che per i
pm è la coordinatrice delle ragazze, le più assidue
delle quali sono ospitate in una sorta di harem
privato a un passo da Milano 2, nel Residence
Olgettina. “Ciao Meli, ho appena sentito the boss,
gli ho detto: ‘Ti porto una con due lauree stasera’”. È il 19 settembre 2010. Meli è una carissima amica di Nicole, Melania Tumini. “Ti volevo un attimo briffare... Cioè, ne vedi di ogni, la
desperation più totale... C’è gente per cui è l’occasione della vita... Ci sono varie tipologie di...
persone. C’è la zoccola, c’è la sudamericana che
non parla l’italiano e viene dalle favelas, c’è quella
un po’ più seria, c’è quella via di mezzo tipo Barbara Faggioli... E poi ci sono io che faccio quel che
faccio. Capito?”. Melania è curiosa. Va ad Arcore,
partecipa alla serata. È una elettrice di Berlusconi,
ma resta scossa. Il giorno dopo la racconta così
alle amiche: “Un puttanaio”. Altre ragazze (Ima-
GIORNALISTA EX GALEOTTO
“Comunisti schifosi”
a Servizio Pubblico
D
ovete chiedere scusa a Berlusconi”, “di tutte le trasmissioni
merdose che avete fatto”, “te dovresti
vergogna'”. La conclusione di questa
sfilza di improperi è un evergreen di
Forza Italia: “Comunista schifoso”. Il
protagonista è Paolo Gianlorenzo (in
foto), giornalista di Viterbo, già direttore di un paio di giornali di proprietà di Ciarrapico, fascista dichiarato. Gianlorenzo si è scagliato
contro un collega, l’inviato di Servizio Pubblico Luca
Bertazzoni, alla manifestazione di fronte a Palazzo
Grazioli per l’assoluzione e il ritorno di Berlusconi.
Il clima festante, però, non fa dimenticare che a
difendere l’ex Cavaliere sia un personaggio transitato, nel 2013, nel carcere di Viterbo, indagato per
estorsione, minacce, violenza privata, calunnia. A
Berlusconi non poteva toccare miglior difesa.
L’avvocato Franco Coppi e il pubblico ministero Ilda Boccassini Ansa
POLITICA
il Fatto Quotidiano
A
rcore, licenziati
due collaboratori:
parola al Tribunale
“CARI RAGAZZI, mi spiace ma ho
finito i soldi”. Così Silvio Berlusconi ha
messo alla porta due dei suoi assistenti, che ora si sono rivolti al Tribunale del Lavoro. Lo rivela il settimanale l’Espresso nel numero in edicola da oggi. Paolo Cagnoni e Giuseppe Villa per quindici anni sono rimasti
in servizio ad Arcore, assunti dal partito, mentre in realtà erano agli ordini
diretti di Berlusconi. Avevano compiti di altissima fiducia: rispondevano
alle lettere dei questuanti, ricevevano
politici e amministratori locali, telefonavano ai ministri per impartire indicazioni. “Con Berlusconi avevamo
VENERDÌ 13 MARZO 2015
un rapporto diretto soprattutto quando a capo della sua segreteria c’era
Marinella. E nel momento in cui lei se
ne è andata il clima generale nelle
stanze di Arcore è cambiato in peggio”, racconta ancora Villa. Il comando finisce in mano a Mariarosaria
Rossi, detta la “Badante”, “che fa
3
mettere sull’ingresso della dimora
brianzola una targa di ottone con il
suo nome: neppure Silvio Berlusconi
ne ha una”. Il 30 marzo Berlusconi sarà chiamato a rispondere al Tribunale
del Lavoro di Monza insieme a Forza
Italia e Pdl per licenziamento illegittimo e per presunti contratti fittizi.
SINDACATO E ANTICORRUZIONE
L’Anm: “Nessuna responsabilità civile
dei pm”. Cantone: “Giusto fare il processo”
PRENDE posizione l’Anm,
il sindacato dei magistrati,
sull’assoluzione di Berlusconi. È il presidente Rodolfo Sabelli a chiarire ieri
a SkyTg24: “Evocare la responsabilità civile in relazione a questo processo è
completamente fuori luogo. Chi lo fa è fuori strada”.
Sul caso Ruby è intervenuto
anche il presidente dell’Autorità anticorruzione Raffaele Cantone: “Io non credo affatto – ha affermato a
Repubblica Tv – che sia stato
un errore fare il processo”
Ruby e “non credo assolutamente che abbia sbagliato
la procura di Milano. Rispetto a polemiche gratuite
– ha aggiunto – voglio dire
che questa è la manifestazione vera che la giustizia ha
anche la capacità di discer-
nere. Le sentenze possono
essere criticate, diventa difficile però quando più che
criticare le sentenze si criticano i magistrati”.
“Prima di tutto, e l’ho detto
sempre – ha continuato
Cantone – le sentenze, che
siano favorevoli o contrarie,
vanno rispettate. Io sono un
magistrato, il mio ultimo
incarico è stato in Cassazione, conosco lo scrupolo della sezione che si occupa di
reati contro l’amministrazione, conosco anche la loro
capacità tecnica. Io credo
che sia una sentenza che va
obiettivamente rispettata,
tenendo presente fra l’altro
che la Cassazione non è un
giudice di merito, ma un
giudice di legittimità”.
Quanto alla lettura dei fatti
data da alcuni giornali che
polemizzano e dicono che
Rodolfo Sabelli, Anm LaPresse
questo processo non si doveva fare, “non credo assolutamente – ha concluso
Cantone – che abbia sbagliato la procura di Milano:
se si dovesse stabilire all’inizio il processo che si deve
fare o non si deve fare in
relazione alla sentenza, non
avrebbe senso fare i processi”. Fra l’altro il processo
Ruby “ha visto anche una
affermazione di penale responsabilità in primo grado. Non dimentichiamo che
l’imputazione è nata prima
che ci fosse la modifica della
legge Severino quando c’era
un’altra impostazione di
concussione”.
Una foto di Ruby (Karima el Mahroug) presa dal suo profilo Facebook Ansa
ne Fadil, Ambra Battilana, Chiara Danese, Maria
Makdoum, Natascia Teatino) rompono il fronte
delle “olgettine” e delle “arcorine” e svelano i segreti dell’harem personale del presidente del
Consiglio. Gli spogliarelli, i toccamenti, Nicole
che si toglie il vestito da suora e resta completamente nuda. La statua di Priapo che passa di
mano in mano, con qualche ragazza che mima un
rapporto orale. Ecco gli sms tra Nicole Ninetti e
Barbara Faggioli, il giorno di Natale 2010: “Ho
pensato una cosa: oltre che per le palle, bisogna
prenderlo per il cazzo... domani se è aperto vado
in un sexy shop e prendo un po’ di cose.. Per me e
te... Più troie siamo e più bene ci vorrà... Troie
troie troie... Tanto ormai abbiamo la confidenza
per fare qualsiasi cosa”.
Il San Valentino di Rubacuori
“Bisogna stargli addosso, cazzo”
insomma si era proprio preparata perché si capisce quando una donna si prepara o meno, perché portava il reggicalze, portava un tubino,
quindi insomma, uno si prepara...”. La conclusione dei giudici d’appello è che comunque non
ci siano le prove che Berlusconi conoscesse l’età
di Ruby. Dunque lo assolvono dal reato di prostituzione minorile. La Cassazione conferma.
Come ha dichiarato il giudice Enrico Tranfa, il
presidente della corte d’appello che si dimise il
giorno stesso in cui fu depositata l’assoluzione,
“gli antichi dicevano che una sentenza definitiva
non è quella più giusta, ma semplicemente un
punto fermo su una vicenda. Questo fa la Cassazione, non vuol dire che sia condivisibile”. Del
resto, le dieci ore di camera di consiglio significano “che la questione era ed è discutibile”.
La concussione: divisa in due
dalla riforma Severino
In questo clima entra Ruby, portata ad Arcore la
prima volta il 14 febbraio 2010, San Valentino, da Anche quella che riguarda l’altra imputazione,
Emilio Fede e Lele Mora. Fino al maggio suc- ancora più grave: la concussione. “Questa corte
cessivo, partecipa più volte alle cene e resta a dor- ritiene che non sussista prova degli elementi comire ad Arcore sette volte. E incassa. Berlusconi è stitutivi del reato di concussione”, scrive la giuil bancomat delle ragazze. Le più scaltre lo ten- dice Locurto. Perché nel frattempo quel reato è
gono sotto pressione: “Bisogna stargli addosso, stato diviso in due dalla riforma Severino. C’è la
cazzo! Non bisogna lasciarlo un attimo”, dice al concussione per costrizione, riconosciuta dai
telefono Nicole a Marysthell Polanco il 20 set- giudici di primo grado, “che però non spiegano
tembre. A volte si lamentano perin che cosa sia consistita la
ché Silvio “ha il braccio corto” o
minaccia (esplicita o implicita) che avrebbe provocato
perché paga di più qualche altra raNERO SU BIANCO
detto timore nel dottor
gazza, o le compra una casa più
grande o un’auto più bella. La comOstuni”. Non c’è “la prova
”È provata, sotto il profilo che
la volontà di Ostuni sia
petizione è fortissima, dietro le
quinte di “XXX Factor”. Qualcuna
stata
coartata da un compormateriale, l’efficacia
si preoccupa per la sua salute: “Tuttamento intimidatorio di
causale dell’intervento
to a posto?”, si chiedono, dopo aver
Berlusconi”. C’è poi la concussione per induzione, che
fatto il test dell’Hiv. “Globuli biandell’ex premier
chi a posto, non abbiamo nessun
non ha bisogno della minaccia, ma deve procurare – seAids... Mah sai, quando uno va a
sulla produzione
letto con 80 donne, non si sa mai”.
condo l’interpretazione deldell’indebito vantaggio” la nuova norma data dalle
La sentenza d’appello, stilata da
Concetta Locurto, racconta molte
sezioni riunite della Cassadelle feste di Arcore. Riportando le
zione – un indebito vantagparole della Tumini: “Il degenero più totale”, gio sia al concussore, sia al concusso. Il primo,
“mostravano, mi spiace esprimermi in questo Silvio Berlusconi, l’ottiene: “È provata, sotto il
modo, però, chi il sedere, chi i seni, in maniera profilo materiale, l’efficacia causale dell’interammiccante”. Con quelle della Teatino: “Alcune vento di Silvio Berlusconi sulla produzione
ragazze si sono spogliate... altre erano in costu- dell’indebito vantaggio non patrimoniale conteme... alcune ragazze si avvicinavano a Emilio Fe- stato in imputazione”. Ma il secondo, Ostuni, no.
de, a Silvio Berlusconi, si toccavano”, “Silvio Ber- Secondo la sentenza d’appello, ha soltanto
lusconi, ma anche Emilio Fede, toccavano il seno “un’accondiscendenza incautamente accordata,
di una ragazza, o il sedere, di qualche ragazza e le per timore reverenziale, compiacenza o timore
ragazze toccavano i due uomini”. “La signora Ro- autoindotto”. Ecco perché scatta l’assoluzione,
berta Nigro insieme alla signora Lisa Barisonte imposta dalla nuova legge sulla concussione e ora
iniziarono a ballare e dimenarsi tra di loro, toc- resa definitiva dalla Cassazione. Pur con tutti i
carsi ecco. Tanto è che la signora Lisa tolse le mu- dubbi che restano aperti, perché, come dice il giutandine alla signora Nigro e si aggiunse al gruppo dice Tranfa, le dieci ore di camera di consiglio
di queste due ragazze, la Barisonte e la Nigro, la significano “che la questione era ed è discutibiMinetti che anche lei si tolse le vesti e direi che le”.
LA POSIZIONE DELLA CEI
Contro le amnesie
Per la Chiesa di Francesco
è la morale che lo condanna
di Marco Politi
Città del Vaticano
ell’Italia dell’amnesia c’è una sola istituN
zione, che in queste ore ricorda che la
sentenza della Cassazione non lava Silvio Ber-
lusconi dall’indegnità politica. È la Chiesa di
Francesco. Tra gli affannati commenti a considerare la vicenda Ruby “chiusa, punto e basta!“, spicca la voce del segretario della Cei,
monsignor Nunzio Galantino, che seccamente
ha sottolineato: “La legge arriva fino a un certo
punto ma il discorso morale è un altro”. Di che
si tratti (anche se la casta politica dominante fa
finta di non capire) lo ricapitola l’Avvenire con
un commento segnalato in prima pagina, sferzante nella titolazione. “Riso amaro... un nodo
che resta”. Il nodo, lo spiega bene il direttore
Marco Tarquinio, è quell’articolo della Costituzione, che esige di “adempiere con disciplina
e onore” ogni pubblico ufficio e – sottolinea
Tarquinio – tanto più vale per chi occupa il
“massimo ruolo di governo”.
CI VOLEVA l’effetto Francesco per
rompere l’ipocrisia italiana, per cui
nella vita pubblica è condannabile
solo chi è sanzionato penalmente
dal tribunale. Nelle democrazie
occidentali non è così. Negli Stati
Uniti, il cui rigore è tenacemente
ignorato dal premier modernizzante, c’è un criterio tagliente come la spada: comportamento “appropriato” o “inappropriato”. Chi sgarra è fuori. Hillary Clinton è già sotto accusa per avere
usato per le sue email un server sbagliato. Figurarsi. Berlusconi in Europa e negli Usa non
sarebbe da tempo un personaggio verso cui
qualsiasi parte politica possa esprimere “grande sintonia”. Tocca al giornale dei vescovi rammentare l’intreccio tra i “dettagli per nulla entusiasmanti” delle cene di Arcore e le manovre
del premier per “avventurosamente ‘liberare’
una ragazza a torto o a ragione accusata di furto, presentandola per di più come nipote di
Mubarak”. La conclusione fulminante è che
l’assoluzione della Cassazione “non coincide
con un diploma di benemerenza politica e di
Nunzio Galatino. Sotto, Papa Francesco LaPresse
approvazione morale”. Famiglia
Cristiana, che a suo tempo non si
piegò alla logica del patto Berlusconi-Vaticano, batte sullo
stesso tasto. La sentenza, scandisce, “non ha cancellato con
un colpo di spugna i fatti”, ne ha
solo negato la valenza penale.
Non dovrebbe bastare per “assolvere” certi comportamenti
davanti al tribunale della politica e della morale
“come si sta cercando da più parti di fare”.
DOMANI ci sarà chi scriverà che la Cei ha bac-
chettato Berlusconi. Non di questo si tratta. Le
parole del vescovo Galantino, che definisce la
posizione dell’Avvenire coraggiosa e da sostenere, indicano l’abisso tra due modi di concepire la responsabilità politica, sociale e istituzionale. Di qua il modello Arcore-Rignano
per cui tutto è riconducibile, sempre, al mercato delle vacche politicante. Di là la visione di
una società con regole condivise, anche di etica
civile. Valide anzitutto per il giudizio pubblico.
Roba da papa venuto dalla fine del mondo.
4
POLITICA
VENERDÌ 13 MARZO 2015
Cconollusione
la Gdf, indagato
il figlio di Angelucci
IL FIGLIO del parlamentare di Forza
Italia Antonio Angelucci, Giampaolo, è indagato dai pm di Roma per
collusione (in base ad una legge militare del 1941) e concorso in rivelazione di segreto d’ufficio in un procedimento che ha portato all’arresto di tre sottufficiali della Guardia
di Finanza, di un imprenditore e di
un commercialista. A finire in carcere, il luogotenente ora in pensione, Giovanni Cecchini, mentre ai domiciliari sono andati il soprintendente (anch’egli in pensione) Rosario Attinelli e il maresciallo, in servizio, Metello Schiavone, oltre che il
il Fatto Quotidiano
commercialista Arnaldo Rossi e
l’imprenditore Mattia Amici. Per
l’accusa, dopo l’apertura di verifiche
fiscali nei confronti del San Raffaele
Spa e della Roma Global Service Srl,
società del gruppo Angelucci, è
emerso un meccanismo di trasmissione di comunicazioni riservate fi-
nalizzato a garantire alle società la
contestazione dei soli rilievi fiscali
già oggetto di accertamenti. Analogo comportamento che Cecchini
aveva rispetto ad un’altra attività di
polizia tributaria svolta nei confronti
di una catena di supermercati di Roma.
FORZA ITALIA
di Fabrizio d’Esposito
L
a scelta non poteva
essere diversa. Il “Girarrosto Fiorentino”, con l’immancabile giglio, oggi simbolo universale del renzismo al potere.
Lunedì scorso alle venti e trenta, alla vigilia del martedì berlusconiano dall’incrocio micidiale: Cassazione su Ruby e riforme alla Camera. Il senatore
ex macellaio Denis Verdini raduna in un ristorante il suo manipolo di deputati. Sono i diciassette forzisti che il giorno
dopo firmeranno un documento contro la rottura del Nazareno e il “deficit interno di democrazia” di Forza Italia, per
giustificare il loro sofferto no
alle riforme. L’azzurro Verdini
è stato lo sherpa dell’accordo
segreto tra il Condannato e il
premier e il “Girarrosto Fiorentino” è un prestigioso locale a
ridosso di via Veneto a Roma.
C’è anche il napoletano Luigi
Cesaro alias Giggino ‘a Purpetta,
Gigino la Polpetta, che ordina
un’enorme bistecca alla fiorentina. Poi Gianfranco Rotondi e
Daniela Santanchè, Ignazio
Abrignani e Laura Ravetto,
D’Alessandro e Parisi, Mottola
e Faenzi, Squeri e Catanoso,
Marotta e Romele, Martinelli e
Sarro, Lainati e Fontana.
Verdini cucina B.
al Girarrosto
Scissionisti a cena
ALTRA SCENA, ieri pomeriggio
L’EX MACELLAIO SPINGE I SUOI A ROMPERE, L’EX CAV. LI CHIAMA
UNO PER UNO. IERI IL FACCIA A FACCIA, L’UNITÀ DURERÀ POCO
SORPRESA
Mastella veleggia
verso gli alfaniani
C
lemente Mastella cerca casa, ancora una volta.
L’ex Guardasigilli, in vista delle Regionali in
Campania, ha lasciato Forza Italia e per il momento propende addirittura per il Partito dei pensionati. Ma l’opzione dell’eterno Mastella potrebbe essere ancora più clamorosa. Preoccupate voci degli
alfaniani di Ncd lo danno in avvicinamento proprio ad Area Popolare, che somma Ncd e Udc. Se
l’operazione dovesse andare in porto, Mastella si
ritroverebbe nello stesso raggruppamento con Ciriaco De Mita, suo maestro politico, e soprattutto
con Nunzia De Girolamo, sua irriducibile avversaria nel Beneventano. Memorabili i loro sms
quando la De Girolamo si dimise da ministra del
governo Letta per uno scandalo nella sanità.
IN BALLO c’è il sì dei ribelli ver-
diniani alla riforma costituzionale della Boschi. Un sì sollecitato dallo stesso premier in varie telefonate all’amico “Denis”.
E Verdini parte subito all’attacco, già dall’antipasto: “Domani
si vota a favore, queste riforme
le abbiamo scritte e condivise in
tutto, non ha senso assumere
un’altra posizione”. Poi c’è lo
sfogo sul cerchio magico berlusconiano, la Pascale e la Rossi,
Dudù e Toti, che nella prosa
verdiniana da tempo è diventato “l’albero delle zoccole”, fa-
privata del ristorante romano:
“Vi supplico, per me domani è
un giorno decisivo, non possiamo dividerci”. È il momento solenne in cui prevale la mozione
degli affetti. Ormai è notte fonda. Alcuni si intrattengono fino
alle due, raccontano. La linea
dura di Verdini è congelata.
Denis Verdini e Berlusconi; sopra, il locale della cena dei “verdiniani” Ansa
cendo il verso al noto film di Ermanno Olmi. Ce n’è anche per
Brunetta, il solitario capogruppo alla Camera. Irriferibili le
battute su di lui. Quando qualcuno chiede “qual è la prospettiva politica?” dell’operazione,
la risposta di Verdini è ancora
una volta immediata: “La prospettiva è il 2018. Chi di voi ha il
seggio assicurato con Berlusconi adesso se si va al voto anticipato? Nessuno. Arrivare al
2018 è il risultato migliore che
potete avere”.
IL DICIOTTISMO è un fenome-
no trasversale, riguarda i verdiniani ma anche la minoranza
indecisa del Partito democrati-
co. La vera polizza per il decisionismo renziano.
Di nuovo al “Girarrosto”, lunedì sera. I colpi di scena irrompono al caffè. Silvio Berlusconi
comincia a telefonare ai verdiniani uno per uno. Imbarazzo e
sorpresa. Per Verdini, pure fastidio e irritazione. Ed è a quel
punto che la Santanchè diventa
la Pitonessa pompiera: “Aspettiamo a fare lo strappo, domani
è martedì, Berlusconi aspetta la
sentenza della Cassazione su
Ruby. Per noi non è il momento
migliore”. Poi la scena madre.
L’ex Cavaliere contatta anche la
Santanchè e lei mette la telefonata in viva voce. La voce di Berlusconi si diffonde nella saletta
alle cinque. Verdini va a Palazzo
Grazioli da Berlusconi. Il giorno prima c’è stata la festa per
l’assoluzione. Con i due c’è anche Gianni Letta, la colomba
per antonomasia, naturalmente
filonazareno. A Berlusconi,
Verdini elenca tutti i nodi. Non
solo il patto col premier rotto
sul Quirinale. Ci sono la gestione del partito (ormai in mano
alla Rossi) e la questione Brunetta. L’incontro va avanti per
due ore. L’ex Cavaliere ascolta
ma non si smuove. A dividere i
due è soprattutto l’analisi sul futuro. Per B.: “Le riforme salteranno e Renzi andrà a votare
con il Consultellum”. Verdini,
invece: “Silvio ti sbagli, se salta
tutto, Matteo fa il Mattarellum
con i grillini”. Ancora una volta,
il senatore toscano agita lo spettro del Mattarellum per spaventare l’ex Cavaliere. Alla fine, da
entrambi i fronti, la riunione
viene definita “interlocutoria”.
Un pareggio senza reti. In attesa
di un altro match, la prossima
settimana. Dicono i berlusconiani ortodossi: “Se non altro i
due si sono riparlati”. Unica nota positiva. Per il resto, tutto
porta a una separazione futura.
Quando? Per il momento, “Denis” non ha i numeri per fare un
gruppo autonomo alla Camera
(ne servono venti). Non solo.
Alcuni degli attuali diciassette
potrebbero tirarsi indietro. Un
altro tormentone è iniziato. Dopo quelli dei finiani e degli alfaniani. Adesso è l’ora dei verdiniani. E su un binario parallelo ci sono anche i fittiani.
Acqua, Islam e Pcus per dire no al divorzio breve
CATTOLICI SCATENATI IN SENATO TRA ANATEMI E CRISI DI NERVI, SEDUTA TRAGICOMICA FINO AL RINVIO DEL VOTO SULLA NUOVA LEGGE
di Tommaso Rodano
ne assoluta”.
ul “divorzio breve” il Senato discute, rumoS
reggia, si accapiglia ma alla fine non vota. Lo
farà martedì prossimo. La legge taglia i tempi tra
Giuseppe Cucca (Pd)
Separarsi a sua insaputa
separazione e divorzio, non più tre anni ma 12
mesi (oppure 6 se consensuale). Ma un’altra norma ha fatto infuriare gli alfaniani e spaccato il
fronte (trasversale) dei cattolici più “sensibili”: il
“divorzio immediato”. Se entrambi i coniugi lo
chiedono con ricorso congiunto, possono sciogliere gli effetti civili del matrimonio anche senza
separazione legale (ma con dei limiti: assenza di
figli minori o economicamente non autosufficienti o portatori di handicap). Il tema è delicato,
il dibattito in Aula vive di interventi tragicomici.
Maurizio Gasparri (FI)
Lo spray nebulizzatore
“Il matrimonio non è una sorta di punizione. Chi
non lo vuole contrarre non lo fa. A proposito della
cosiddetta separazione immediata, io la chiamerei il 'divorzio spray', consentitemi di usare questa
immagine perché si nebulizza il matrimonio”.
Roberto Formigoni (Ncd)
Liscia o gassata?
“Sposarsi è come bere un bicchiere di acqua; oggi
lo bevi, domani no. Non ha nessuna conseguenza. Non possiamo accettare questa banalizzazio-
italiane che, per denaro, si erano convinte a sposare un marocchino per intascare 3.500 euro”.
“Gli italiani vanno all’estero per procedere al divorzio, sapendo che poi la sentenza verrà applicata in Italia. Sennonché è accaduto che una donna è stata costretta a volare a Madrid perché non
sapeva nulla della richiesta di divorzio del marito
(...). È proprio il modello che si sta introducendo:
ci si sposa il lunedì e ci si separa il venerdì”.
Stefano Candiani (Lega Nord)
Marocchini e matrimoni di comodo
“Se non c’è l’amore fa niente, l’importante è che
ci siano i soldi. La pensavano così le tante ragazze
Stefano Lepri (Pd)
Back in the Ussr
“Mi piace ricordare ciò che nel 1983 l’allora dittatore, per così dire, dell’Unione Sovietica, Andropov, decise di avviare di fronte al dilagare
delle separazioni. Decise che dovevano essere
promossi dei corsi di educazione alla coniugalità, auspicando la diffusione di club di giovani
coppie per aiutarle a superare le difficoltà”.
Gabriele Albertini (Ap-Ncd/Udc)
Nostalgia canaglia
“Signor Presidente, ‘finché morte non vi separi’:
Da sinistra: Maurizio Gasparri, Roberto Formigoni, Carlo Giovanardi Ansa
questo è il detto, l’auspicio che aleggia sotto le
navate delle cattedrali o anche, più modestamente, sul tetto di una chiesa vicina a un lago
alpino: nei luoghi, cioè, dove si celebra il matrimonio religioso”.
Lucio Barani (Gal)
Il gatto laico
“Signor Presidente, credo che questo Parlamento, per usare un aforisma, non debba insegnare al gatto a miagolare”.
Sergio Divina (Lega)
Psicosi islamica
“Se è così facile separarsi e divorziare, basta introdurre poche righe e, se entra l’ordinamento
islamico in quello italiano, sarà sufficiente dire
alcune volte alla propria moglie ‘ti ripudio’ e il
matrimonio sarà sciolto”.
Carlo Giovanardi (Ncd)
Come Liz Taylor
“Quando si faceva ironia su Liz Taylor, che si
era sposata nove volte, la cosa ci faceva impressione. Se il meccanismo che mettiamo in moto
è tale per cui ci si può sposare la domenica e
divorziare il lunedì successivo, diventa statisticamente possibile sposarsi più volte, se si hanno i soldi, la disponibilità e l’attitudine, avendo
naturalmente figli da più persone diverse”.
POLITICA
il Fatto Quotidiano
Cricorre
ucchi, la famiglia
in Cassazione:
“È stato un omicidio”
L’AVEVANO annunciato subito dopo la
sentenza d’appello che aveva mandato assolti tutti gli imputati del processo per la
morte del loro congiunto, Stefano Cucchi,
morto in ospedale una settimana dopo il
suo arresto per droga. Adesso l’hanno fatto: la famiglia ha affidato alla Cassazione il
suo desiderio di verità. E lo ha fatto pro-
VENERDÌ 13 MARZO 2015
ponendo ricorso contro la sentenza che ha
mandato assolti dall’accusa di lesioni tre
agenti penitenziari; decisione, questa,
confermata in appello nell’ottobre scorso.
Adesso i familiari chiedono di cambiare
imputazione, dichiarare la nullità della
sentenza e retrocedere il processo alla celebrazione del primo grado di giudizio. An-
5
che perché dal dibattimento sarebbe
emerso “un collegamento inevitabile tra le
lesioni subìte da Stefano e la sua morte. Il
processo è saturo di elementi di fatto che ci
dicono che è agli imputati che va attribuito
il fatto lesivo delle percosse e delle lesioni e
che quegli eventi hanno un legame intenso
e ineludibile con la morte di Stefano”.
APPALTI E RIFUGIATI IN SICILIA
INDAGATO SOTTOSEGRETARIO NCD
CASTIGLIONE SOTTO INCHIESTA PER IL CENTRO DI MINEO DOVE I SUOI PRENDONO IL 40%
pari al 1,00671 per cento”.
Odevaine spiegava così al suo
commercialista Stefano Bravo
l’inizio della storia nel 2011:
“Mi è venuto a prendere lui
(Castiglione, ndr) all’aeroporto,
mi ha portato a pranzo, arriviamo al tavolo... c’era pure un’altra sedia vuota... dico eh “chi?”.
E praticamente arrivai a capi’
che quello che veniva a pranzo
con noi era quello che avrebbe
dovuto vincere la gara (ride)”.
di Marco Lillo
N
on è un sottosegretario
qualsiasi
quello indagato a
Catania, secondo
l’anticipazione – non smentita
e non confermata dalla Procura – del quotidiano La Sicilia. E
non è un appalto qualsiasi
quello che, secondo l’ipotesi
dell’accusa, sarebbe stato truccato. Il sottosegretario Giuseppe Castiglione è nell’ordine:
l’uomo forte del Ncd, l’asse
portante del governo Renzi e il
grande sponsor dell’elezione al
Quirinale di Sergio Mattarella.
L’appalto incriminato invece è
invece quello da 98,7 milioni
(triennale e assegnato prima in
via provvisoria nel 2011 e poi
definitivamente nel 2014) del
centro di assistenza ai rifugiati
più grande di Europa: il Cara
(Centro di accoglienza per i richiedenti asilo) di Mineo (Catania), con i suoi 4 mila ospiti.
Castiglione è stato soggetto attuatore, in qualità di presidente della Provincia di Catania,
nella fase di emergenza per diventare presidente del Consorzio Calatino Terra di Accoglienza, composto dagli enti
locali, per gestire il centro.
Quando è stato eletto deputato
nel 2013 e poi nominato sottosegretario all’Agricoltura da
Enrico Letta e da Renzi, Castiglione ha lasciato il posto al
sindaco Ncd di Mineo Anna
Aloisi.
LE INDAGINI per l’abuso d’ufficio e la turbativa d’asta della
Procura di Catania, guidata da
Giovanni Salvi e della Procura
di Caltagirone, guidata da Giuseppe Verzera, erano in corso
da mesi. Gli indagati sarebbero
secondo le indiscrezioni ben
undici. Un’accelerazione decisiva è arrivata quando l’Autorità nazionale anticorruzione
ha spedito alla Procura di Catania il parere n.15 firmato da
Raffaele Cantone e depositato
il 3 marzo del 2015. La questione è giudiziaria ma anche politica. Sul Cara di Mineo si regge l’economia e il consenso
elettorale della zona. “All’inizio
non volevano il centro adesso
se provi a levarglielo te ammazzano perché... 350 persone ci
lavorano. Ma scherzi? Meglio
dell’Ilva”, chiosava Luca Odevaine nelle conversazioni intercettate dal Ros dei carabinieri per Mafia Capitale. Odevaine, prima consulente e poi dal
giugno 2014 collaboratore a
tempo determinato, pagato 12
mila e 872 euro all’anno del
Consorzio, era membro influente della commissione del
Consorzio che ha assegnato
questo appalto prima in via
provvisoria e poi in via definitiva nel 2014 con la gara da 97,8
milioni di euro ora contestata.
Al suo commercialista spiega-
Il sottosegretario Castiglione e il presidente Anticorruzione Cantone Ansa
ODEVAINE, poi arrestato con
Il Cara (Centro di accoglienza per i richiedenti asilo) di Mineo a Siracusa LaPresse
va: “Tornerò per la commissione per aggiudicarla però diciamo che è abbastanza blindato
insomma, sarà difficile che se lo
possa aggiudicare qualcun altro, vabbè, no vabbè dai, è quasi
impossibile”. Nel suo atto Cantone spiega perché: la scelta di
mettere insieme lavori, servizi e
forniture eterogenei, già gestiti
dal soggetto che in via provvisoria si era aggiudicato il Cara
di Mineo, impediva ai concorrenti di entrare in gara davvero.
L’inchiesta è un colpo al cuore
del Ncd che a Mineo prende il
39 per cento. Odevaine spiega-
va al suo commercialista che
Castiglione sarebbe stato il vero dominus dell’assegnazione
dell’appalto iniziale del 2011
(poi confermato dalla gara del
2014) a un consorzio che include il Consorzio Sisifo, una cooperativa rossa della Legacoop, e
le coop bianche vicine a La Cascina e a Comunione e Liberazione più il Consorzio Sol Calatino (privato) che ha un nome simile a quello del Consorzio Calatino Terra di Accoglienza, guidato un tempo da
Castiglione, stazione appaltante.
Cantone, lo sceriffo nominato
da Renzi, ha avviato la sua azione contro il feudo del Ncd di
Alfano su istanza della Cot società cooperativa: l’unica partecipante alla gara oltre all’associazione delle imprese (vicine a Castiglione e a Odevaine)
uscenti e vincenti. Nel suo parere, Cantone scrive: “L’assenza di concorrenza e di convenienza per la stazione appaltante è dimostrata dal fatto che,
oltre all’istante (Cot cooperativa, ndr) v’è stato un solo concorrente che ha partecipato alla
procedura – il gestore uscente –
cui è stato aggiudicato l’appalto
con un ribasso molto ridotto
l’accusa di associazione mafiosa per altri fatti, non fa il nome
del “predestinato” che sarebbe
stato invitato a pranzo da Castiglione. I membri della cordata vincente che gestiscono
oggi il Cara grazie alla gara da
97,8 milioni, oggetto dell’inchiesta catanese, sono gli stesi
di allora: una coop rossa (Sisifo) una serie di coop bianche
legate alla Cascina e il Consorzio Sol Calatino guidato da
Paolo Ragusa, uomo vicino a
Castiglione. “Se la vicinanza
vuol dire amicizia, allora dico a
chiare lettere che sono veramente onorato e orgoglioso di
avere un amico come Giuseppe
Castiglione, persona per bene
che ha sempre avuto a cuore lo
sviluppo del territorio” scriveva Ragusa sul sito del Sol Calatino, senza nascondere di
avere appoggiato il progetto
dell’Ncd.
Odevaine inserisce la storia del
Cara di Mineo nel contesto politico nazionale che presiede ai
governi Letta e Renzi: “Perché
loro adesso... Castiglione si è
avvicinato molto a Comunione
e liberazione, insieme ad Alfano e adesso Comunione e liberazione di fatto sostiene strutturalmente tutta questa roba di
Alfano e del centrodestra... Castiglione. Sono tra i principali
finanziatori di tutta questa roba sì... sta dentro Lupi e infatti è
il ministro delle Infrastrutture
eh... e Castiglione fa il sottosegretario... all’Agricoltura ed è il
MAFIA CAPITALE
Nelle 75 mila pagine
dell’operazione “Mondo
di Mezzo”, i suoi rapporti
tra con l'ex vice capo
di gabinetto di Veltroni,
Luca Odevaine
loro principale referente in Sicilia... cioè quello che poi gli
porta i voti, ce li hanno tutti in
Sicilia”. Effettivamente il vero
azionista di riferimento del
Ncd non è Angelino Alfano o
Maurizio Lupi, bensì proprio
Castiglione: Ncd ha ottenuto il
9,1 nella circoscrizione isole e il
più votato, con 56.446 voti, è
stato Giovanni La Via, proprietario, “a sua insaputa”, della sede del consorzio che gestisce il
Cara di Mineo, sostenuto alle
elezioni proprio da Castiglione. Il ministro Maurizio Lupi si
è fermato a 46.414 preferenze. I
numeri parlano da soli.
“Why not” infinita, nuovo round al Csm
LA STRANA RICHIESTA DELL’EX PG DI CATANZARO IANNELLI CHE USA LA CONDANNA DI DE MAGISTRIS: “ORA MI RIABILITATE”
di Antonella
Mascali
e Antonio Massari
l fantasma dell’inchiesta ‘Why
I
Not’ bussa ancora alla porta del
Csm. A rievocarlo questa volta è l’ex
procuratore generale di Catanzaro,
Enzo Iannelli, con una richiesta
molto particolare. Il giudice brandisce la condanna in primo grado,
inflitta a Luigi de Magistris e al suo
ex consulente Gioacchino Genchi,
colpevoli secondo l’accusa di aver
acquisito illegalmente i tabulati di
otto parlamentari.
Grazie a questa sentenza, secondo
Iannelli, si dovrebbe procedere alla
revisione della sua condanna disciplinare. Quale sia il
nesso tra i due eventi, però, è davvero
arduo immaginarlo. La punizione di
Iannelli,
attuale
consigliere di Cassazione, risale al
2009, quando la
Procura di Salerno
perquisì quella di
Catanzaro, accu-
sando alcuni magistrati calabresi di
aver ostacolato le indagini di De
Magistris. Un’accusa – che non vede
imputato Iannelli – per la quale, ancora oggi, è in corso un processo a
Salerno per reati di corruzione giudiziaria.
che, su questo episodio, si espressero
con toni molto duri. Lo hanno accusato di essersi fatto “ragione da
sé”, piegando “la giurisdizione a un
interesse proprio in relazione a un
preteso torto subito”, compiendo un
atto “di ritorsione nei confronti di
chi li aveva sottoposti a procedimenIL GIORNO in cui i pm salernitani – to penale”.
anch’essi poi puniti dal Csm – per- Sebbene siano queste le motivazioni
quisirono i colleghi calabresi, Ian- con cui la Cassazione ha sancito la
nelli decise di operare un “contro- sua punizione, Iannelli ritiene che la
sequestro” e di iscrivere i pm cam- condanna a un anno e tre mesi, con
pani nel registro degli indagati.
pena sospesa, subìta in primo grado
È per questo motivo che Iannelli fu da De Magistris e Genchi, rappresanzionato dal Csm con il trasferi- senti un fatto nuovo, di tale rilevanmento. Sentenza confermata dalle za da consentire la revisione del prosezioni unite civili della Cassazione cesso disciplinare e, quindi, della
sentenza che lo condanna. Le sezioni unite civili della Cassazione si sono già pronunciate due volte, rigetPRETESE
tando la richiesta di Iannelli, che,
L’ex procuratore geneperò, ora ci prova nuovamente. La
rale di Catanzaro, Enzo sua ultima mossa ha fatto riunire più
Iannelli, ha presentato volte la sezione disciplinare del Csm
richiesta di riammisperché non c’è accordo. Esiste un
sione al Csm Ansa
nesso tra la condanna di Iannelli –
punito per aver iscritto i suoi colleghi salernitani nel registro degli indagati e aver contro sequestrato il
loro sequestro – e i tabulati degli otto
parlamentari che, secondo i giudici
di Roma, De Magistris e Genchi
hanno acquisito illegalmente? C’è
chi al Csm vuole rigettare la richiesta, per evidente mancanza di presupposti, ma c’è anche chi spinge
per l’accoglimento. Tra questi, un
ruolo significativo lo riveste il presidente del collegio, Antonio Leone
di Ncd, che in questo caso è il supplente del vicepresidente Giovanni
Legnini.
NELLE SUE MANI c’è il destino di-
sciplinare di Enzo Iannelli, calabrese, in magistratura dal 1969. In Cassazione ha rappresentato i processi
per le stragi alla stazione di Bologna
e di Ustica, l’attentato a Papa Wojtyla, il Moro-ter e il sequestro delle
liste degli scritti alla P2, lo Ior di
monsignor Marcinkus. Un magistrato che, nella sua lunga carriera,
s’è occupato di inchieste intrise di
misteri ancora irrisolti. Tra questi,
potrebbe aggiungersene un altro: il
nesso tra le condanne di Genchi e De
Magistris e la sua condanna disciplinare.
6
POLITICA
VENERDÌ 13 MARZO 2015
L’
arcivescovo Scola
”Oratori sempre
aperti ai musulmani”
ORATORI APERTA A TUTTI, anche ai musulmani. È l’arcivescovo di Milano, Angelo Scola, a margine della presentazione di una ricerca Ipsos, a raccontare come la presenza di immigrati sia un dato
presente in molti degli oratori lombardi. “I cancelli
e le porte sono sempre aperti”, e anche il momento
della preghiera non è un problema: “I ragazzi musulmani vogliono partecipare sempre, ovviamente
il Fatto Quotidiano
con grande rispetto lo si fa nei loro confronti”. Durante l’insegnamento della religione, “la stragrande maggioranza dei musulmani - ricorda - sta in
classe quando c'è religione e poi ci sono anche dei
momenti di attenzione a loro. I ragazzi si scambiano tra di loro le esperienze religiose”. Il tutto in
un “dialogo interreligioso” che sta generando “il
nuovo cittadino di Milano”. Per il cardinale Angelo
Scola, arcivescovo di Milano, l’oratorio è “un imponente fenomeno pedagogico, il cui valore sta nel
fatto che è una proposta educativa che parte dal
basso ed è in grado di coinvolgere tutti. Inoltre
sempre più spesso è luogo di incontro, non solo per
i ragazzi, ma anche per le famiglie”. Secondo i risultati dell’indagine Ipsos gli oratori sono presenti
nel 75% delle parrocchie lombarde.
SOLO LINEE GUIDA
LA NUOVA RAI DI RENZI
CHE PIACE A GASPARRI
NESSUN DDL, MA LA POLITICA CONTINUERÀ NOMINARE IL CDA
IL PREMIER: “LO ELEGGE IL PARLAMENTO IN SEDUTA COMUNE”.
MA È UNA GAFFE: LA COSTITUZIONE NON LO PREVEDE
di Carlo Tecce
A
rchiviati i titoloni
che da settimane favoleggiano di una
Rai slegata dai compromessi politici, consegnata a
un capo invincibile e ammodernata con canali in inglese e
senza pubblicità, Matteo Renzi
ha rinviato l’approvazione di
un disegno di legge al prossimo
consiglio dei ministri.
PER ADESSO, ci sono le solite
linee guida, cioè una dichiarazioni di intenti nel monologo in
conferenza stampa con domande escluse. Le linee guida valgono zero, o quasi. L’unica novità,
che Renzi ha spacciato per rivoluzionaria, è che la maggioranza
dei componenti del Cda, ridotto
da 9 a 7 membri, sarà nominata
dal Parlamento riunito in seduta comune e non più dai commissionari in Vigilanza (organismo rottamato), che sono
ugualmente senatori e deputati,
ambasciatori dei partiti e figli
dei risultati elettorali. Ma Renzi
fa un errore marchiano, dimentica che la Costituzione prevede
quando il Parlamento può riunirsi in seduta comune. E per la
Rai l’opportunità non è contemplata. Forse studierà un metodo per iniziare al Senato e finire alla Camera o viceversa.
Più che una cesura con la stagione decennale targata legge
Gasparri, questi propositi renziani sono un aggiornamento
del testo che porta il nome del
politico di Forza Italia. Per accontentare quelli che chiedono
una televisione pubblica plasmata fuori dal perimetro dei
partiti, Renzi ha annunciato che
in Cda ci sarà un posto per un
rappresentante degli oltre
12.000 dipendenti di Viale
Mazzini.
Con una semplice distinzione
semantica e giuridica, la Rai
passerà dal vecchio direttore generale a un amministratore delegato. Una figura da società per
IDEE PER IL FUTURO
Sarà una vera Spa:
un amministratore
delegato al posto
del direttore generale,
un rappresentante
dei dipendenti in cda
azioni che avrà maggiori poteri
e sarà indicata dal proprietario
di Viale Mazzini, il ministero
dell’Economia, e ratificata dal
Cda: il percorso ricalca la legge
Gasparri, niente di innovativo.
Già adesso, dopo le modifiche
statutarie incentivate dall’esecutivo di Mario Monti, il dg Luigi Gubitosi dispone di un’autonomia che i suoi predecessori
potevano soltanto agognare: as-
sieme al presidente, il dg ha la
procura per i contratti fino a 10
milioni di euro. Un tempo, il
tetto era più basso, 2,5 milioni. E
il Cda aveva un rilevante ruolo
di interdizione, da tre anni è diventato un orpello. Non stupisce che i primi complimenti a
Renzi arrivino da Maurizio Gasparri, l’ex ministro delle Comunicazioni: “A forza di fare ripetizioni agli esponenti della sinistra, perfino Renzi comincia a
capire che il Cda Rai deve essere
eletto dal Parlamento e non dal
governo”. Per riproporre la
narrazione che contraddistingue il suo rapporto mediatico
con Viale Mazzini, Renzi ha
spiegato così i desideri di palazzo Chigi: “Non vi sia più contiguità fra Rai, partiti e forze politiche che comporta che ogni
settimana si debba discutere
con il segretario o il parlamentare della commissione di Vigilanza Rai”. Non è immediata la
differenza tra l’intromissione
dei politici in Viale Mazzini tramite la Vigilanza, che è una
commissione bicamerale, e il
Parlamento convocato a Montecitorio per scegliere i consiglieri per il Cda.
LO STESSO RENZI ha ammesso
che i partiti non saranno ininfluenti per il futuro di Viale
Mazzini: “Non significa che le
forze politiche non possano
avere il compito di vigilare e di
indicare le persone, ma significa
che quando hai scelto chi con-
Il premier Matteo Renzi in conferenza stampa dopo il Consiglio dei ministri Ansa
trolla e guida, non è che per nominare un caporedattore devi
entrare nella discussione”. Particolari, nient’altro.
Il governo sarà determinante
sui vertici (coppia o triade non è
chiaro), che non avranno neanche il fastidio di transitare in Vigilanza per le audizioni. Con le
modifiche renziane sarà marginale proprio il compito della Vigilanza guidata da Roberto Fico
(M5S). Renzi ha replicato a Fico
e s’è elogiato per la capacità di
fare il leader: “Rispetto quelli
che dicono del sorteggio (riferimento al M5S, ndr), ma il sorteggio è abdicazione politica,
noi in Rai vogliamo mettere i
più bravi. Il sorteggio si fa
all’Enalotto, io voglio mettere i
migliori in Rai”.
Non è mancato un accenno a
una Rai più impegnata per la
cultura, libera dalla paranoia
degli ascolti - saranno contenti a
Mediaset - e della raccolta pubblicitaria. Tanti pensierini di
Renzi che non c’entrano nulla
con il disegno di legge, ma che
semmai saranno materia della
convenzione tra lo Stato e la Rai
che scade nel 2016. Per i titoloni
è più che sufficiente.
LECC
LECCAA
La Stampa consiglia:
“Salite a bordo, cazzo”
PUBBLICITÀ INGANNEVOLE. Senza ritegno. La
Stampa, il prestigioso quotidiano di Torino in edicola dal 1867, anche ai tempi in cui gli operai della
Fiat la chiamavano “La Bugiarda” non sarebbe mai
caduta così in basso. Ieri a pagina 29 c’era il servizio
“Viaggi di Pasqua, a ciascuno la sua isola”. E fin qui tutto bene.
Sfogli e ti ritrovi una bella paginona venduta alle “crociere fluviali lungo la via degli zar”. E passi. Ma la pagina successiva –
sormontata dalla testatina “speciale la Stampa”, nessuno avverte il lettore di esser di fronte a un’altra pagina a pagamento
– è un meraviglioso servizio sulle crociere che “imbarcano la ripresa”, evidentemente dopo i fatti del Giglio, che non vengono
mai citati. Sotto addirittura due interviste: al vicepresidente di
Costa Crociere
(neppure una domanda sulla Concordia, ma una sulla formula neoCollection) e all’ad di
Msc Coriciere. Poi
altre due belle pagine tra articoli e
pubblicità più manifeste di Costa e
Msc, guarda caso.
PORTFOLIO
Foto di Umberto
Ex Pci, D’Alema resta il più giovane
ROSSO
SECONDO
Emanuele
Macaluso e
Luigi Berlinguer posano
in un abbraccio rosso antico. Ma Macaluso non sembra convinto
BIMBE
RIDENTI
IL PRESENZIALISTA
Da quando è rottamato, D’Alema è un presenzialista
di primissimo ordine. Non si perde nemmeno un libro
A Roma si presenta “Oh, Bimbe! Le
ragazze di Adriana”
(edizioni Memori)
di Graziella Falconi
e la bimba Russo
Iervolino si diverte
come una matta tipo “Amici miei”
Pizzi
Ugo Sposetti,
ex tesoriere ds,
ha appena realizzato di essere il più giovane presente.
Ovviamente,
dopo Massimo
D’Alema
CROLLO
Macaluso crolla alla centesima ripetizione della parola “bimbe”
CATTIVE
RAGAZZE
“Oh bimbe” era
l’espressione che
la comunista
Adriana Seroni
riservava alle militanti più giovani.
Tra quelle “cattive
ragazze” c’era anche Livia Turco
A cura di fd’e
POLITICA
il Fatto Quotidiano
R
ossotto (Rai Way)
”Il nostro controllo
non è contendibile”
IL PRESIDENTE di Rai Way, Camillo
Rossotto, ribadisce che la società
non è contendibile a causa dei vincoli normativi che impediscono alla
Rai di cedere il 51% del capitale. Rai
Way “non è contendibile, il controllo
della società non è sul mercato”, ha
detto durante la conference call sui
risultati 2014, confermando che l’offerta di Ei Towers “non è stata sollecitata, lo ripeto, non è stata sollecitata”.
Rossotto si è limitato a ricostruire “il
contesto e il quadro regolatorio per
capire dove siamo oggi” senza esprimere alcun giudizio sull’opas. “Non
VENERDÌ 13 MARZO 2015
posso fare alcun commento sull'opas, il tempo per esprimersi non è
oggi”, ha affermato garantendo che
il cda farà tutto quanto è “appropriate e necessario” a tutela dell’interesse degli azionisti di Rai Way.
“Stiamo monitorando la situazione,
se l’offerta continua applicheremo la
7
normativa che in questi casi impone
un comunicato dell’emittente” con
cui Rai Way darà il suo giudizio
sull’offerta. “Lo faremo quando avremo visto esattamente i termini
dell’offerta, è qualcosa che accadrà
nel futuro”, dopo la pubblicazione
del prospetto informativo.
Viale Mazzini e dintorni
Renzo Arbore
“Non c’è soluzione, bisogna
solo resuscitare Agnes”
di Antonello
M
Caporale
ettiamo Renzo
Arbore al governo. Destiniamolo a Palazzo Chigi per un pomeriggio, sulla poltrona di Matteo
Renzi. Pieni poteri sulla Rai,
scriva lei il decreto legge.
“Rintraccerei in paradiso
Biagio Agnes, il grande Biagione democristiano. Di televisione ne capiva. Mettere
uno che ne capisce non sarebbe male”.
Siamo però al de cuius.
Noto un filo di sarcasmo. Mi
rifarò nel prosieguo dell’articolato.
Articolo 2.
L’auditel sta imbarbarendo
la Rai, a sua volta inquinata
da Mediaset. Urge rottamazione. D’ora in avanti ai dati
di ascolto devono essere associati quelli del gradimento.
educare, non solo informare.
Quindi distruggere la batteria di talk show.
Davvero siamo giunti al limite di guardia. Il troppo
storpia. Solo politica, solo
linguaggio politichese:
un recinto di ossessivi.
Divertire.
Con grazia e con arte. Quindi ci vorrà talento. Cercare
in giro artisti talentuosi (ce
ne sono, a meno che non si
giri con una benda sugli occhi), individuarli bene e poi
scritturare i migliori.
Biagione Agnes tirò
dentro la tv uno come Adriano Celentano, capisce
la grandezza del
gesto?
Agnes il de-
Alto gradimento come la trasmissione di Arbore e Boncompagni? Incorreremmo in
un gravoso conflitto d’interessi.
Il capo di gabinetto
un sinonimo.
Anzi,
eccolo
qua: indice di
affezione. Tu telespettatore mi
devi dire ciò che
vedi e quanto ti
piace ciò che vedi. Da uno a dieci quanto ti piace? Ci sono schifezze che fanno
ottimi ascolti.
Ma schifezze rimangono.
Articolo tre.
La Rai deve anche divertire ed
troverà
mocristiano.
E dalli! Ma lasciò Raidue ai
suoi grandi nemici, i socialisti. Al proposito le rammento che Bettino Craxi mi
offrì la direzione della rete:
non è che per caso è interessato? Grazie, non fa per
me, risposi. E Agnes creò
Raitre, che con Guglielmi
avrebbe innovato come nessun altro poi.
La Rai senza la politica
non esiste.
La Rai non può essere privata. E se è pubblica
qualcuno deve detenerne il controllo. Ma ritenere che solo perché pubblica debba
essere affidata
a degli incapaci è un vero
sopruso alla
nostra intelligenza. Vede
che Agnes ritorna sempre?
Ancorché democristiano era
competente. Sapeva gestire quel
che gli avevano affidato. Non dobbiamo disperare.
Sembra che Raitre
debba essere svestita della pubblicità, molto culturale, molto impegnata, molto alternativa.
UOMO
DI TV
Come capo assoluto
vedrei bene Walter
Veltroni, suo padre
Vittorio portò in Italia
‘Lascia o raddoppia’,
e anche questo fa
curriculum...
QUASI
DIRETTORE
CULTURA
SU RAITRE
Orribile. Temo la noia,
quei programmi
opachi e nebbiosi
come la Bassa
a novembre. Sa che
pavento? Proust
alle nove di sera
Orribile. Temo la noia, quei
programmi opachi e nebbiosi come la Bassa a novembre
e pesanti come le critiche letterarie di Enzo Siciliano (pace all’anima sua). Sa che pavento? Proust alle nove di sera. La Rai deve educare, ma
senza troppi grilli per la testa. Lei prima mi parlava dei
nuovi analfabeti.
Si stima che il 47 per cento
degli italiani siano analfabeti
funzionali: sanno leggere e
scrivere ma non saprebbero
fare una sintesi di ciò che
leggono e scrivono.
Concordo. Perciò darei un
occhio e un aiuto ai nostri
concittadini analfabeti, rafforzando gli utilissimi canali
tematici. Rai Storia è una
grande opportunità di conoscenza. Fosse per me farei
anche Rai Geografia.
Lo può fare, abbiamo convenuto che ha pieni poteri.
Articolo 6. È istituito il canale Rai Geografia in modo
che i pugliesi abbiano la soddisfazione di sapere dove si
trova Mantova e chi diavolo
sono i mantovani. Per la
condizione di reciprocità
anche i triestini avrebbero la
possibilità di conoscere
l’esatta ubicazione di Noto,
che non è la prima persona
singolare del verbo notare.
Renzi vuole un manager tuttofare.
Renzi deve capire che un
manager fa il manager. Un
direttore editoriale ha altre
competenze.
Le sta simpatico il premier?
Alla mia età l’energia diviene
una risorsa declinante, perRenzo Arbore, clas- ciò l’apprezzo tanto. Poi è
se 1937, Craxi gli
pragmatico. I fiorentini sooffrì la direzione
no pragmatici, e infatti andi Raidue Ansa
che Bernabei (un altro
dell’olimpo Rai) lo era. Senta, sono un po’ scocciato di
leggere che il passato è da
buttar via, che la Prima Repubblica era fatta da idioti e
che oggi...
Stava parlando di Renzi. Solo
pregi?
Qualche difettuccio importante lo esibisce. A volte ha
l’aria del Cavalier Tino Scotti, quello del faso tutto mì.
Non era Berlusconi il cumenda milanese?
A volte Renzi mi spaventa
un po’. Vedo in difficoltà
quel brav’uomo di Bersani.
Non lo conosco personalmente, lo guardo in tv e capisco il suo dolore. Non sa
proprio che pesci prendere,
cosa dirgli. Mi dispiace.
Dovremmo trovare un nome
di un vivente come capo assoluto della Rai.
Mettiamo Walter Veltroni.
Naturale, lei è veltroniano.
Ah ah, così dissero quando
ero direttore artistico di Rai
International. Mi feci nemici i
dalemiani. Veltroni conosce
la televisione, sa cos’è il cinema, la musica, l’arte della
scena. Ha le competenze per
fare quel che si deve. Ricordiamoci che suo padre Vittorio portò in Italia Lascia o
raddoppia. E anche questo fa
curriculum.
Così Mediaset si era già presa il Paese
ROBERTO FAENZA E LA FINE DEL MONOPOLIO CULTURALE. QUELLO DEL PREMIER È SOLO L’ULTIMO FAVORE FATTO AL BISCIONE
Pubblichiamo un estratto del libro “FiniRai” di
Roberto Faenza. Il capitolo è “Fate zoppicare
la Rai, vedrete Mediaset volare”
ei quarant’anni trascorsi dalla nascita della
N
televisione commerciale abbiamo assistito
a una metamorfosi degna di Kafka. A metà degli
anni Settanta, quando Berlusconi decise di entrare nell’agone televisivo, allora armato solo di
videocassette preregistrate, la Rai poteva dormire sogni tranquilli, perché quei tentativi di tv
semi-amatoriale non potevano suscitare paura. I
dirigenti di allora irridevano quei programmi
improvvisati, continuando a pensare che anche
senza monopolio la tv pubblica avrebbe continuato a farla da padrone. Quando però negli anni Ottanta ci si accorse che l’uomo non scherzava e aveva abbandonato l’edilizia per le comunicazioni, la Rai non seppe fare di meglio che
imitarne le trasmissioni, incapace di forgiare un
modello alternativo. Del resto cosa ci si poteva
aspettare da una schiera di funzionari messi alle
leve del comando dai rispettivi partiti, cresciuti
all’ombra di un monopolio assoluto che non
consentiva spazi alla concorrenza? Arrivato il
competitor privato, la tv pubblica si vide persa.
Cominciò a imitare pedissequamente gli stessi
programmi, a inondare le reti di quiz, a svilire
l’intrattenimento, insomma a diventare una televisione replicante. Salvo qualche lodevole eccezione.
DOPO AVERE SFIDATO la Rai nei programmi di
svago, presto Berlusconi passò all’attacco anche
nella fiction e nel cinema. Con la prima inaugurò
l’era dell’avventura e della cronaca. Con il cinema, attraverso Medusa, si impegnò a reiterare i
fasti della commedia all’italiana, debitamente aggiornata. La Rai intanto restava indietro, ancora
legata alla cultura “nazional-popolare”, come
vennero definite le trasmissioni di Pippo Baudo
dal presidente di allora, il socialista Enrico Manca, che lo obbligò a dimettersi per aver ospitato le
battute di Beppe Grillo contro il suo partito. Se i
film targati Rai conquistavano le vette dei festival
internazionali, dunque mantenendo una sorta di
primato culturale, nella fiction Mediaset riuscì a
diventare più innovativa e coraggiosa. La Taodue, della coppia Pietro Valsecchi-Camilla Nesbitt, acquistata da Mediaset, è stata capace di
imitare al meglio le serie di successo della tv americana, innovando il genere lanciato anni prima
dalla Rai con La Piovra e cimentandosi nella serialità dei vari Distretto di polizia. Con gli altri programmi, in primis Striscia la notizia, il Biscione è
andato alla conquista di un pubblico mediamente più giovane, soprattutto più propenso a spendere e dunque più corteggiato dalla pubblicità.
IL VERO SEGNALE distintivo della tv berlusco-
niana arriva con le incursioni para-sentimentali
di Maria De Filippi, soprannominata “la sanguinaria”, la regina incontrastata che aveva studiato
per diventare magistrato, scegliendo invece di
passare al video, una volta incontrato Maurizio
Costanzo, altro nume tutelare della tv commerciale. Mentre per circa trent’anni Mediaset ha
guardato a un bacino di spettatori decisamente
giovani e per la maggior parte residenti nelle aree
più industrializzate del paese, la Rai ha invece
coltivato un pubblico maturo, tra cui molti pen-
FINIRAI
di Roberto Faenza, 228 pagine,
17 euro (4,99 euro eBook)
sionati, residenti in maggioranza nel centro e nel meridione.
Oggi le cose non stanno più
così. La crisi economica ha
cambiato la demografia del pubblico e ora anche
la tv commerciale si è spostata verso gli anziani e
verso il sud. Diminuisce la serialità d’assalto e
trionfa la fiction alla Matarazzo, vedi il successo
delle serie prodotte dal duo Alberto Tarallo-Teodosio Losito, anche compagni nella vita, con protagonista il bel tenebroso Gabriel Garko in una
lista i cui titoli sono tutto un programma: da Caldo criminale a Sangue caldo, L’onore e il rispetto, Il
peccato e la vergogna, Furore… Titoli di fiction, che
però devono la loro genesi al solco creato dal
marchio De Filippi, con i suoi programmi più
seguiti da C’è posta per te a Uomini e donne.
8
POLITICA
VENERDÌ 13 MARZO 2015
BLaiennale
democrazia
quarta edizione
dal 25 a Torino
È ARRIVATA alla quarta edizione
la Biennale Democrazia, manifestazione organizzata dalla Fondazione per la Cultura Torino. Ed è
evidentemente la voglia e l’interesse a discutere di questi temi è viva e
vegeta: a due settimane dall’inizio
della kermesse, sono stati venduti
già 1400 biglietti per uno degli
eventi che si terranno dal 25 al 29
marzo nel capoluogo piemontese.
L’inaugurazione verrà affidata a
una lectio magistralis di Claudio
Magris al teatro Regio e a uno spettacolo sulla Thyssen, mentre il mattino dopo, Gustavo Zagrebelsky -
il Fatto Quotidiano
uno dei promotori della Biennale parlerà di “Generazioni” per uno
dei suoi numerosi interventi nel
corso della kermesse. Il tema di
questa edizione, infatti, è “Passaggi”. “Passaggi - spiegano - che possono fungere da collegamento fra
due luoghi separati da un confine,
un muro o una barriera - fisica,
mentale o virtuale - ma che possono anche designare delle svolte,
delle soglie al di là delle quali il
mondo e la percezione che ne abbiamo muta, come accade per le
fasi della vita degli individui o per le
epoche storiche”.
IL PONTE SULLE URNE DI MATTEO
ELECTION DAY IL 31 MAGGIO, A RIDOSSO DELLA FESTA DEL 2 GIUGNO: MENO VOTANO, PIÙ PRENDE
di Wanda Marra
Se si guardano le ultime elezioni, il fatto che l’astensionismo
abbia favorito il Pd di Renzi è
evidente. Soprattutto in Emilia
Romagna il dato di novembre
fu clamoroso: votarono il 37,7%
degli elettori contro il 68,1%
delle elezioni precedenti. Vittoria amara per Stefano Bonaccini, che prese il 49,05%. In Calabria andò un po' meglio, ma
solo perché si partiva da un dato
più basso: votarono il 43,8%,
contro il 59% del 2010. Vittoria
di Mario Oliverio, candidato
del centrosinistra.
In quell’occasione Renzi se ne
uscì con un’espressione tanto
infelice quanto rivelatrice: “La
non grande affluenza è un elemento che deve preoccupare
ma è secondario”. Con buona
pace della democrazia rappre-
I
l 17 maggio c’è il Raduno
degli alpini e il 24 la Pentecoste ebraica. Dunque, il governo (ovvero
Matteo Renzi) ha valutato che
non è il caso di votare per le amministrative il 10 maggio. Perché, uno dei due turni elettorali
(dove sono previsti) avrebbe
coinciso con una data inopportuna. Al Nord, gli alpini sono
un’istituzione e dunque il rischio astensionismo è alto. E
andare alle urne nel giorno di
una festività ebraica avrebbe
urtato la suscettibilità di quella
comunità.
QUESTA la motivazione uffi-
ciale. Che si legge anche nel comunicato di Palazzo Chigi. E allora, il governo che fa? Decide
con un decreto approvato ieri
dal Cdm di fissare l’election day
al 31 maggio. Ovvero la domenica prima del 2 giugno. Festa
nazionale della Repubblica, che
quest’anno cade di martedì. Un
ponte perfetto, tanto più che
moltissime scuole saranno
chiuse, perché sedi di seggio
elettorale. Non esattamente un
viatico per l’affluenza. La denuncia, chiara e tonda, arriva
dai Cinque Stelle. Dice il senatore, Nicola Morra: “Ho paura
che la vera motivazione di votare con un ponte in corso sia
non favorire l’affluenza. Perché
è chiaro che l’astensionismo avvantaggia le forze più organizzate, come è già stato alle ultime
europee e alle regionali in Emilia Romagna e in Calabria”. E
cita Craxi quando il 9 giugno
del 1991 invitò gli italiani ad andare al mare, piuttosto che
esprimersi sul referendum Segni, che aboliva le preferenze
plurime. Dello stesso parere la
capogruppo dell’M5s, Fabiana
Dadone: “È un modo per tenere
bassa l’affluenza”.
DIRITTI CIVILI
Per Scalfarotto
è già primavera
E
sì che di mestiere fa il sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento, e quindi come funzionano le cose lì dentro dovrebbe aver cominciato
a intuirlo. Eppure Ivan Scalfarotto, paladino dei
diritti gay nel Pd, sembra travolto da un immotivato ottimismo. Dice addirittura che entro maggio
ci sarà un testo condiviso e approvato sulle unioni
civili. E sostiene niente meno che a quel tempo, come fiori di pesco, le riforme saranno già legge. Non
importa che nemmeno due ore prima abbiano bocciato un emendamento sulle adozioni ai single, figuriamoci se conta che il centro destra abbia bollato come “bestemmiatrice” la senatrice democratica Filippin (aveva detto che la famiglia perfetta
non è esclusivamente quella sul modello Giuseppe-Maria), quisquilie quelle che affossano il divorzio breve. Il calendario di Scalfarotto segna già primavera.
Carta straccia
di Silvia
Truzzi
roviamo a essere ottimisti: nel 2005 ci fu un tentativo di
P
riforma costituzionale: si ricorda Calderoli? Ecco, la Costituzione riscritta da un dentista fu respinta al mittente dai
cittadini con il referendum dell’anno successivo. Potrebbe succedere anche questa volta”, spiega Lorenza Carlassare, professore emerito di Diritto costituzionale a Padova.
Perché ricorda oggi la riforma di Berlusconi?
In qualunque Paese - non dico civile, ma appena appena decente - non si riproporrebbero riforme che vanno nella stessa
direzione di altre bocciate qualche anno prima. La cosa che mi
allarma di più è l’assenza di considerazione, per non dire il
disprezzo, verso l’opinione dei cittadini. Il popolo ha già detto
no a una riforma che rafforzi i poteri del governo a scapito delle
istituzioni rappresentative e li concentri in un unico vertice: la
legge attuale diminuisce più dell’altra il peso della volontà popolare, abbassa ancora il livello di democrazia.
Il governo esulta, il dado è tratto. O quasi.
Al premier esultante vorrei dire che la democrazia non ha
bisogno di capi, ha bisogno di partecipazione. Comunque, da
un punto di vista procedurale sottolineo che non è la Costituzione che impone al Senato di soffermarsi solo sulle parti
emendate dalla Camera, in prima lettura. Sono i regolamenti
COINCIDENZE
Lo slittamento a fine
mese per il raduno degli
Alpini e la Pentecoste
ebraica. Ma i dati dicono
che quando l’affluenza
scende, il Pd è favorito
sentativa. Anche il famoso 41
per cento delle Europee era accompagnato da un astensionismo galoppante: a votare fu il
58%, 8 punti in meno rispetto
alle precedenti consultazioni.
I fedelissimi del premier la mettono in un altro modo: “Sì, è vero, c’è un ponte. Ma noi confidiamo di non essere danneggiati dall’astensionismo”. Solo
spavalderia? E allora, perché
scegliere una delle date più a rischio? Neanche i candidati sono entusiasti della decisione.
Alle urne vanno 1089 Comuni e
soprattutto 7 Regioni. Veneto,
Toscana, Liguria, Marche, Umbria, Campania e Puglia. Le regionali dall’inizio sono state
percepite con preoccupazione
dal premier. Che infatti lo scorso autunno decise di rimandarle a maggio, invece che a marzo
quando erano previste.
In effetti, le primarie sono state
travagliate (vedi soprattutto la
Campania col caso De Luca e la
Liguria, con la vittoria della Paita e le dimissioni dal Pd di Cofferati). Su Enrico Rossi, che corre per la riconferma in Toscana,
pende un possibile rinvio a giudizio nell’ambito dell’inchiesta
sul buco di bilancio da centinaia
di milioni di euro dell’Asl 1 di
Massa Carrara, per il quale è indagato dal 2012 con l’accusa di
falso ideologico. E nelle Marche
contro Luca Ceriscioli, vincitore alle primarie, ci sarà il compagno di partito Gian Mario
Spacca, governatore uscente.
CASO più attenzionato quello
di De Luca che non si ritira nonostante la Severino. I Cinque
Stelle (che oggi fanno un’interpellanza al governo sulla candidatura) pensano che un altro
motivo del rinvio delle elezioni
sia permettere al Tar di pronunciarsi sul suo ricorso (attesa tra
15 aprile e 15 maggio), rispetto
alla decadenza da sindaco di Salerno. Se dovesse vincere, come
tutti si aspettano (c’è il precedente di De Magistris) sarebbe
più forte. Infine, l’Ncd: nella
maggior parte dei casi non ha
ancora deciso con chi allearsi.
Certo, l’invito di Craxi, con i
chiari di luna in questione, potrebbe essere un monito da tenere presente. L’invito dell'allora potente segretario del Psi si
trasformò in un boomerang.
Nel referendum che tentò di
boicottare il quorum fu del
62,6%. E due anni dopo finì
l’era Craxi.
La costituzionalista Carlassare
“Abbiamo già detto no, ci disprezzano”
parlamentari. In un caso così grave, dove in realtà non c’è stato
un dibattito serio e approfondito, ma il testo è stato approvato
– a mio avviso illegittimamente – utilizzando ‘canguri’ per
eliminare dalla discussione emendamenti sgraditi e i tempi
sono stati forzati con sedute notturne, impensabili
in una democrazia normale, la possibilità di riconLA PROVA
siderare alcune norme, le
più discutibili, sarebbe inDEL 2001
dispensabile. È davvero
Ricorda Calderoli?
un’occasione perduta. Si
poteva fare una riforma
La Costituzione riscritta
utile, invece di questo
sgorbio con un Senato non
da un dentista fu respinta
elettivo cui si attribuisce il
al mittente dai cittadini
potere di decidere su materie costituzionali. Non
con il referendum .
credo che Renzi, l’innovatore, si sia reso conto del
Potrebbe succedere
carattere profondamente
anche questa volta
conservatore di questa ri-
forma.
Perché conservatore?
Il nuovo Senato tanto mal concepito avrà competenza in materia costituzionale e dunque anche in un
eventuale iter correttivo della riforma. Il
suo voto è determinante, allo stesso
modo di quello della Camera dei deputati. Se domani qualcuno avesse
l’idea di mettere ordine in questa riforma strampalata del Senato, magari
modificandone la composizione e le modalità di elezione, i nuovi ‘senatori’ (consiglieri regionali e sindaci che
si nominano fra loro!) potrebbero bloccare qualunque modifica contraria ai
loro interessi. Così , anziché rinnovarsi, questo ceto politico non fa
altro che auto conservarsi.
Lei ha detto più volte
POLITICA
il Fatto Quotidiano
Fil governo
urti in casa,
propone
aumento di pene
LA NOTIZIA l’ha data il ministro Alfano via Twitter: “Pene raddoppiate
per i furti in casa”. Per ora però è solo
un emendamento del governo, che valuterà la Camera durante l’esame della
riforma del processo. Il testo inasprisce le sanzioni per furto in abitazione,
furto con strappo, rapina. Spiega il vice
ministro alla Giustizia Enrico Costa
(Ncd anche lui) che “i dati segnalano
un forte aumento dei furti in casa, raddoppiati in 10 anni. Questo genere di
delitti non incide solo sul patrimonio,
ma anche sull'intimità e la serenità di
persone e famiglie. È necessario un giro di vite perché le norme attuali con-
VENERDÌ 13 MARZO 2015
sentono un meccanismo di abbattimento delle pene che di fatto le rende
non effettive: bisogna renderle effettive”.
Il Cdm ha dato il via libera definitivo
anche a un altro provvedimento: il decreto legislativo sulla tenuità del fatto,
che si applica a reati minori con pena
9
massima fino a 5 anni o sanzione pecuniaria. Il testo, al primo passaggio,
aveva provocato una pioggia di critiche da Lega e Forza Italia che gridarono alla depenalizzazione. Ora sono
stati messi neri su bianco una serie di
reati per cui è esclusa: dall’omicidio
colposo allo stalking.
I riformatori ignoranti
“È un interrogatorio?”
CAMERA DEI DEPUTATI. A SPASSO PER IL TRANSATLANTICO I PARLAMENTARI
NON SANNO QUASI NULLA DELLA “NUOVA COSTITUZIONE” CHE HANNO VOTATO
di Alessandro
I
PRIMA FIRMA
È del ministro Maria
Elena Boschi il ddl sulle
riforme costituzionali
LaPresse
che il carattere non elettivo è fortemente antidemocratico.
Ma certo: una repubblica democratica non può avere una Camera alta non elettiva che esercita funzioni costituzionali! Se
uniamo questa riforma alla eliminazione delle Province - che in
realtà ci sono ancora, ma senza alcun organo eletto dal popolo
- e una legge elettorale dove l’esito del voto è completamente
alterato, si vede bene che il popolo, anzichè il sovrano, è considerato un fastidio da tacitare.
Che pensa dei deputati divisi, quelli che volevano votare no e
hanno votato sì per fedeltà alla ditta e viceversa?
È stato un gioco delle parti, sia in Forza Italia che nel Pd, una
buffonata, come se si trattasse di una decisione di poco conto e
non del delicatissimo equilibrio dei poteri che sta alla base della
nostra architettura costituzionale.
C'è ancora la partita della legge elettorale.
La famosa legge truffa del 1953 che scatenò tante battaglie in
Parlamento e fuori, era più democratica dell’Italicum perché il
premio di maggioranza veniva attribuito alla coalizione che
otteneva il 50 per cento, ossia a chi la maggioranza l’aveva già.
E poi, se nessuno raggiungeva questa soglia, il premio non
scattava; e infatti non scattò! Nell’Italicum invece – che ricorda
la legge Acerbo del 1923 – se nessuno raggiunge il 40 per cento,
il premio viene comunque attribuito dopo il ballottaggio tra le
due liste più votate qualunque sia la percentuale ottenuta! Si
prende tutto anche con un seguito popolare assai modesto: la
minoranza governa indisturbata.
Twitter @silviatruzzi1
Ferrucci
l terrore misto a rabbia
si è diffuso nel primo
pomeriggio in Transatlantico: “Non rispondete al Fatto!” il consiglio offerto d’imperio. La nostra colpa, ieri, è stata quella di aver
chiesto conto ai vari deputati
il motivo, e la conoscenza, del
voto al ddl sulla riforma costituzionale del Senato. Oggi
testiamo la preparazione di
altri onorevoli protagonisti.
Antonio Boccuzzi (Pd). “Individualmente non tutti sanno... non tutti... ognuno ha le
sue peculiarità”. Sì, ma lei è a
conoscenza dei vari aspetti
della riforma? “Capisco la sua
domanda, ma la trovo offensiva”. E perché? “Lei gioca
sull’immaginario collettivo
che ci vuole impreparati”.
Smentiamolo: quante firme ci
vogliono per un referendum?
“Non lo so... comprendo il
suo punto di vista, non c’è
preparazione”. Allora: quanto
tempo resta in carica un senatore nominato dal presidente della Repubblica? “Mi
sembra una legislatura, ma
non vorrei dire una sciocchezza”. Purtroppo il mandato è per sette anni.
Alessia Morani (Pd). “Sì, sono
convinta del mio voto. Quanto restano in carica? Sette anni”. Bene. E il referendum?
(Silenzio) “... cinquecentomila,
ottocentomila...
dipende.
Aspetti”. Siamo qui. “La memoria mi fa... ora ho dei dubbi... (altro silenzio)”. Pronto?
...pronto? tuuuu tuuuu. (Passano cinque minuti, richiama e la
Morani è molto più preparata).
Irene Tinagli (Pd). “Questo
argomento non lo voglio trattare così, magari con più calma”. Saremo brevissimi. “Ma
è complesso”. Lo sappiamo.
“Ci sono stati miglioramenti,
ma sono abbastanza contenta,
il bicameralismo non funzionava più, ma non sono una
costituzionalista”. Però è un
deputato. “La Costituzione
mi permette di farlo. Arrivederci”. tuuuu tuuuu
Tino Iannuzzi (Pd). “L’Italia
ha bisogno di un cambiamento, ha bisogno di una riforma... e questa è una buona riforma, complessa”. Certo, e
toglie la Sanità alle Regioni
(non è vero). “Vabbè, ma questi sono dettagli”. Dettagli la
Sanità? “C’è il mutamento di
40 articoli”. In realtà sono almeno 42.
Andrea Manciulli (Pd). (Risponde con la voce bassa): “Sono a una presentazione”. Ci
mettiamo poco. “Mi occupo
di terrorismo internazionale”.
Ma l’ha votata. “Non sono
dentro a queste cose, io sono
un relatore”. Complimenti.
Matteo Colaninno (Pd): “Non
le rispondo, lei è offensivo”.
Lungi da noi, però molti suoi
colleghi non sono molto preparati. “Lei conosce l’alfabeto?”. Più o meno. Quanti sono
gli articoli della Costituzione?
“Se andiamo oltre, rischiamo
di non essere più tanto amici”.
Mai avuto il piacere di conoscerla.
Eugenia Roccella (Ncd). “La
riforma ci voleva comunque,
era giusto chiuderla”. Quindi
è soddisfatta? “C’era un accordo più ampio, non siamo
stati i primi interlocutori di
Renzi”. Ora scarica? “Ho
qualche dubbio”. Lei è un’ex
radicale, quante firme sono
necessarie per un referendum? “Aspetti, vado a rivedere... aspetti... (silenzio) mi
sembra 500 mila e 800 mila”.
Sicura? “Sì, penso... sì... a me
sembra che le cose fossero
uguali. La lascio, voglio verificare”. (Passano tre minuti) “È
come le dicevo”. Bene, poveri
referendum. “Ma no, ma bene
così, e poi la facoltà referendaria è superata”.
Paola Binetti (Area popolare).
“Ho votato per coscienza”.
ANDREA MANCIULLI
“Mi occupo di terrorismo internazionale,
non sono dentro a queste cose, sono
a una presentazione scusi, devo parlare”
ANTONIO BOCCUZZI
“Individualmente non tutti sanno...
non tutti... ognuno ha la sua peculiarità
e poi trovo la sua domanda offensiva”
PAOLA BINETTI
“Ho agito per coscienza, a me stupiscono
quelli come Bersani e Rosy Bindi
che dicono di non esser d’accordo ma...”
SERGIO PIZZOLANTE
“Non importano i passaggi, ma l’obiettivo
finale. Guardi che ho smesso
molti anni fa di andare a scuola”
CONSULTA No al controllo
preventivo sull’Italicum
una delle battaglie
È
portate avanti dalla minoranza Pd. Che,
nonostante le resistenze
del ministro Boschi, era
riuscita a far inserire nel
ddl appena approvato
alla Camera, una norma
che prevedesse il controllo preventivo della
Consulta sull’Italicum.
Ma ieri, il presidente
della Corte Costituzionale, Alessandro Criscuolo, l’ha stroncata: “Il vaglio
preventivo tradisce il ruolo della Corte
e può essere una formula non opportuna”. Preciserà poi che “quando il testo di riforme sarà approvato, la Corte
lo applicherà”. Troppo tardi: le reazioni si erano già scatenate. A nome
della minoranza Pd parla Andrea
Giorgis: “Stupiscono le perplessità
Non avevamo dubbi. “Votare
in quello che credo fa parte
della mia storia”. Altra certezza. “A me hanno stupito quelli
come la Bindi e Bersani quando dicono ‘non sono d’accordo ma voto’. Come si fa?”. Ce
lo dica lei. Comunque è preparata. “Sì, certo”. Non sono
troppe 900 mila firme? “Ci sono ancora passaggi fluidi, e
tutti speriamo di scartavetrarla. Bisognava farla!”. E non ci
siete andati giù leggeri, avete
cambiato 59 articoli. “Va bene
così, il nostro è stato un giudizio sintetico”.
Sergio Pizzolante (Ncd). “Sono favorevolissimo, abbiamo
superato il bicameralismo
perfetto, le cose si possono far
meglio”. Sì, questi due concetti sono abbastanza chiari a
tutti. Ma lei conosce tutti i
cambiamenti previsti? “Non
importano i passaggi ma
l’obiettivo finale”. Certo, i
cinque nominati dal Colle
presenti per una sola legislatura... “Già, ma non importa,
io non li avrei proprio voluti”.
Neanche uno. “Nessuno. Ma
se questo suo è un interrogatorio, la saluto, ho smesso
molti anni fa di andare a scuola”. Sono solo domande. È
d’accordo sulla riforma del titolo V? “Eccome, almeno così
togliamo delle competenze alle Regioni come il turismo (risposta esatta)”.
Giacomo Portas (Pd) “Di cosa
vuole parlare?... ah, sì, certo...
volentieri. Oddio, devo prendere un volo... mi chiami dopo, arrivederci”. Tuuuu tuuuu.
Dopo due ore nessuna risposta.
Twitter: @A_Ferrucci
avanzate”. Poi c’è il leghista Calderoli (autore del Porcellum bocciato dalla Consulta):
“È necessario per prevenire quanto avvenuto in passato. Semmai è
inopportuno un intervento della Corte su
una riforma in itinere”.
I critici pensano che la
posizione di Criscuolo
sia dettata anche dalla
volontà di evitare una
patata bollente: fu proprio la Consulta a bocciare il Porcellum. E potrebbe trovarsi in
imbarazzo rispetto all’Italicum, che ha alcuni aspetti simili, come l’eccessivo premio di maggioranza e i troppi nominati.
Renzi, però, non coglierà la palla al balzo:
modificare questo aspetto della riforma
vorrebbe dire aumentare le letture e riaprire il caso. Esattamente quello che non
vuole fare.
10
ECONOMIA
VENERDÌ 13 MARZO 2015
Llaocrisi
spread dimentica
e con la Bce
torna al 2008
CON IL QUANTITATIVE Easing
della Bce lo spread è tornato al
livello di settembre 2008, quando
stava per crollare la banca americana Lehman Brothers. A tre
giorni dal suo inizio, l’acquisto
straordinario di titoli di Stato da
parte della Bce ha portato nel bi-
lancio delle banche centrali quasi
dieci miliardi di euro di asset. La
reazione dei mercati è stata più
positiva del previsto, visto che il
Quantitative easing era atteso da
mesi e molti pensavano che “l’effetto annuncio” ne avesse anticipato l’impatto. Lo spread del Btp
il Fatto Quotidiano
decennale, che paga un rendimento mai stato così basso
(1,04% dal 7% di fine 2011), è
crollato ulteriormente fino a 84
punti, il minimo di giornata di ieri.
È il livello del settembre 2008, con
un calo che cancella la crisi greca
del 2010, il contagio italiano del
2011, quando si era arrivati a 575
punti. Se questi benefici si rivelassero duraturi, stima Intesa Sanpaolo, il ministero del Tesoro potrebbe avere benefici fino a 4 miliardi emettendo i nuovi titoli di
debito a un costo inferiore a quello
preventivato.
Guadagnare licenziando,
le imprese fanno i conti
LA STIMA DELLA UIL SUI VANTAGGI DELLA RIFORMA DEL LAVORO È MATERIA
DI STUDIO DEGLI IMPRENDITORI ANCHE AI CONVEGNI DI CONFARTIGIANATO
di Salvatore
C
Cannavò
he il mix tra sgravi
contributivi per le
nuove assunzioni e
nuovo contratto “a
tutele crescenti” fosse vantaggioso per le aziende, lo aveva
già segnalato la Uil. Che questo beneficio venga orgogliosamente sponsorizzato da
un’associazione come Confartigianato, è però il sintomo del
tempo. Il segnale, cioè, che il
mondo delle imprese, delle
professioni, si sta preparando
alla grande occasione avendo
colto al volo il vantaggio dato
dalla combinazione tra incentivi e possibilità di licenziare.
Il cartellone che reca la “simulazione dei costi” di una nuova
assunzione fa bella mostra di
sé sul sito di informazione finanziaria
Professionefinanza.com. Ed è inequivocabile.
SI PRENDE a modello l’ipotesi
di una nuova assunzione dal
reddito annuo di 25 mila euro.
Divisa per 13 mensilità se ne
ricava un costo mensile, per
l’impresa, di 1.923 euro. Grazie alla legge di Stabilità del
2015, però, che “per un periodo massimo di trentasei mesi
riconosce l’esonero dal versamento dei complessivi contributi previdenziali a carico dei
datori di lavoro”, quella stessa
assunzione, dal primo gennaio, produce un risparmio di
7.875 euro. Il cartello di simulazione conteggia poi lo sgravio del contributo Irap, anch’esso deciso nella legge di
Stabilità, che permette un ulteriore risparmio di 1.278 euro
con un totale di beneficio a fa-
vore dell’azienda pari a 9.153
euro.
Veniamo così ai costi. La simulazione presume che il licenziamento avvenga dopo un
anno e così si conteggiano due
mensilità per un totale di 3.846
euro. In realtà, la simulazione
compie un errore perché la
ASSUMI E POI CACCI
I risparmi possono
arrivare a 18 mila euro.
Anche il renziano Andrea
Guerra prende le distanze
dal premier: la linea
Marchionne non è la mia
legge prevede un indennizzo
in ragione di due mensilità
l’anno ma comunque “non inferiore a 4 e non superiore a 24
mensilità”. La somma indicata
nello schema, quindi, che alla
fine produrrà un beneficio stimato per l’azienda di 4.817 euro va sostituita producendo
così un beneficio di “soli” 971
euro.
Al di là dell’errore, però, la sostanza non cambia. E proiettato sui 36 mesi, cumulando
così il risparmio in termini di
decontribuzione e Irap, si raggiungono cifre che vanno dai 9
ai 18 mila euro a seconda del
reddito.
I vantaggi sono evidenti e non
è un caso se tutti i siti di consulenza alle imprese in questi
giorni siano occupati da proiezioni che offrono la giusta va-
POCA VITA
DAVANTI
Il lavoro dentro
a un call center
l Jobs Act rischia
I
di distruggere il
sistema dei call cen-
ter. È questa la
preoccupazione
principale
della
Slc-Cgil di fronte alla crisi profonda che
sta attraversando il
settore ed evidenziata, solo per citare gli
ultimi casi, dal fallimento di Infocontact in Calabri ao dalla decisione di Almaviva di ridurre del
14% il costo del lavoro.
LA NOTIZIA CHE IL COLOSSO italiano dei call
center chiede ai sindacati di “conseguire l’indispensabile sostenibilità economica delle attività” è
stata pubblicata ieri dal manifesto e riguarda la
commessa appena ottenuta da Almaviva, con riserva, da Wind. La compagnia telefonica concederà il via libera solo se otterrà una tariffa al minuto inferiore del 14% a quella attuale. Per raggiungerla chiede ai 1500 lavoratori interessati di
lutazione delle nuove possibili
assunzioni. Tutti hanno capito
il vantaggio e tutti si stanno
adeguando alle nuove opportunità. Da qui, la previsione
che l’occupazione possa davvero aumentare - Renzi ha
parlato di almeno 200 mila posti aggiuntivi nell’anno - è realistica perché finanziata.
“Il contratto a tutele crescente
- dice Guglielmo Loy della Uil,
autore dello studio sui benefici
per le aziende - io lo definisco
un ‘contratto a termine finanziato’”. “Quello che sta avvenendo è tutto legale - aggiunge
Loy - e, in fondo, questi consulenti li capisco, stanno facendo il loro lavoro anche se
osserviamo il fenomeno con
una certa amarezza. Il punto,
conclude, è capire davvero cosa avverrà al termine dei 36
mesi previsti per la decontribuzione”.
LA PERMANENZA o meno del
vantaggio fiscale sarà in effetti
decisiva. Lo sa il governo, lo
sanno le imprese. Ma la politica economica e del lavoro
degli ultimi decenni non è mai
sembrata guardare al lungo
periodo. Si preferisce prendere
i soldi e scappare via e così sarà
anche questa volta. Va però
detto che l’aspetto decisivo sarà l’andamento dell’economia
nel suo complesso. Le migliori
previsioni per il 2015 al momento si attestano a un più
0,8% e se non ci saranno segnali evidenti di ripresa è difficile che le aziende possano
mettersi ad assumere nonostante gli incentivi.
Sembra accorgersi di queste
contraddizioni uno dei mi-
gliori consiglieri di Matteo
Renzi, quell’Andrea Guerra,
già amministratore della Luxottica, additato dal presidente del Consiglio come uno dei
migliori manager italiani e divenuto il consigliere strategico
di Palazzo Chigi per la politica
industriale. Ieri, ai microfoni
di Mix24 di Giovanni Minoli,
ha detto: “Penso che dentro al
Jobs act ci siano tante cose
buone ma credo che manchi
ancora qualcosa di fondamentale che è la protezione del lavoratore nel lungo periodo”.
“La flessibilità - prosegue
Guerra - ce la chiede il mondo,
ma è fondamentale la qualificazione e riqualificazione.”
“La linea Marchionne sulle relazioni industriali non è la
mia”.
L’ex ad di Luxottica, Andrea Guerra. Sopra, la slide di Confartigianato Ansa
di
Marco Palombi
Contrordine:
ora svalutare è bello
B
reve premessa. In questi giorni si legge
sui giornali e si sente in tv che l’euro
ha perso valore sul dollaro. È vero. Un altro
modo di dirlo è che l’euro si sta svalutando:
all’ingrosso, in tre mesi, del 30% grazie soprattutto al QE di Mario Draghi. È cosa
buona e giusta, ci dicono tutti: favorisce le
esportazioni, cioè aumenta la competitività
delle nostre aziende. Certo, spesso sono le
stesse persone che magnificavano l’euro
forte, ma tant’è: solo gli stolti non cambiano idea. Ora, però, c’è un altro problema:
non s’era detto che il problema
dell’Italietta d’antan e della relativa liretta erano le “svalutazioni competitive” con cui si drogava il mercato rinviando i problemi? Non s’era detto che l’unica soluzione
era fare “le riforme”, cioè tagliare spesa
pubblica e diritti (e per questa via i salari)?
Sono tre anni di fila che facciamo “riforme”
e ora si scopre che la nostra sola speranza
di tornare a crescere - visto che la domanda
interna è morta - è la svalutazione. Un’ultima cosa: ma la lira svalutata non causava
un’inflazione a due cifre? Com’è che l’ euro
è crollato del 30% e siamo ancora in deflazione? Gentili “riformisti”, si può sapere
quand’è che prendevate in giro?
I call center distrutti dal Jobs Act
GLI SCONTI SULLE NUOVE ASSUNZIONI ALIMENTANO GARE AL RIBASSO E LA CONCORRENZA SELVAGGIA
fare la propria parte, altrimenti sarà il loro posto di società Abramo, che si è aggiudicata il di servizio
lavoro a essere messo a rischio.
call center del Comune di Roma 060606.
Dilemma straziante per un mondo, quello dei call
center, che vive da anni la fragilità di un sistema LA PROTESTA PUNTA A RICHIEDERE la “contiche non è mai stato messo in grado di vivere e nuità occupazionale” mentre Abramo, dice la
lavorare in una condizione di stabilità normati- Slc-Cgil, “affiderebbe la commessa a propri lavova.
ratori con contratti a tempo determinato, collocati
Almaviva, dal canto suo, si difende dicendo che le fisicamente lontano da Roma”. La situazione riencondizioni di Wind le sono imposte da una com- tra, ormai, nella norma. Secondo il sindacato, inpetizione al ribasso che rappresenta “il rischio” più fatti, una situazione analoga riguarda la società
forte nel settore. Il rapporto con
Icare con 300 lavoratori in cassa
una società come Wind è vecin deroga a Milano mentre si aschio di 14 anni e la richiesta della
sume a Bari.
IL CASO ALMAVIVA
compagnia telefonica ha colto di
In queste vicende c’è la peculiasorpresa anche quello che atrità di un settore che ha vissuto
La società big del
tualmente è uno degli operatori
grazie a incentivi per le imprese
più importanti con circa 24 mila
collocate nel sud Italia e che si è
settore chiede ai suoi
dipendenti.
caratterizzato per un alto grado
dipendenti di ridursi il
La complessità della situazione è
di sostituzione delle commesse e
dimostrata dal presidio tenuto
della mano d’opera conseguensalario del 14%. Intanto te. Le società sono state incenmartedì scorso in Campidoglio,
a Roma, dai lavoratori della stestivate a creare nuove strutture,
perde la commessa
sa Almaviva in occasione
con nuovi contratti di lavoro,
con il Comune di Roma man mano che le commesse vedell’incontro fra il Comune e la
nivano a scadenza e gli incentivi si esaurivano.
La Infocontact è stata dichiarata insolvente dal tribunale di Lametia Terme proprio dopo l’esaurimento delle risorse pubbliche. A quel punto, in
assenza di una normativa ferrea sul cambio di appalto, i lavoratori delle struttura in disuso perdono
il posto e le nuove commesse vengono svolte da
nuovi lavoratori.
Qui, entra in campo, negativamente, il Jobs Act.
“Siamo di fronte a un salto di qualità” spiega al
Fatto Michele Azzola, segretario dello Slc-Cgil,
perché lo sgravio contributivo fino a 8000 euro
l’anno, previsto dalla legge di Stabilità, costituisce
un forte incentivo a costituire nuove società e a
sostenere gare al ribasso con sconti fino al 30-40%
in una categoria in cui l’80% dei costi è dato dal
lavoro”. Nuova commessa, nuova società, sgravio
contributivo e andata a casa dei vecchi impiegati.
Che non sono più i giovani precari dell’immaginario cinematografico ma uomini e donne tra i
30-40 anni, sposati e con figli, ormai dediti a un
lavoro che vorrebbero stabile. E che, invece, sembra frantumarsi.
s.can.
ECONOMIA
il Fatto Quotidiano
Sdi littano
le nomine
D’Angelis,
Gabrielli e Cantone
AL TERMINE del Consiglio dei ministri, ieri non sono arrivate le nomine che, nei giorni scorsi, erano
state annunciate su siti e giornali: la
prima, quella di Erasmo D’Angelis. Il
responsabile della Struttura di missione contro il dissesto idrogeologico per lo sviluppo delle infrastrut-
ture idriche, lanciato da Renzi a luglio del 2014, era stato destinato alla guida della Protezione Civile. Ex
consigliere regionale della Toscana,
sottosegretario con deleghe all’ambiente per il governo Letta e a capo
di Publiacqua, la società pubblica
della Toscana che gestisce il servizio
idrico integrato della Regione,
avrebbe dovuto prendere il posto di
Franco Gabrielli. Per quest’ultimo è
prevista infatti la nomina a Prefetto
di Roma (al posto di Giuseppe Pecoraro), si dice come preludio alla
nomina a Capo della Polizia nel giro
di un anno. Slitta anche l'attesa no-
ORA RENZI SCARICA I PRECARI
E SI COMPRA I PROFESSORI
RESTANO GLI SCATTI DI ANZIANITÀ, ARRIVANO 200 MILIONI AGGIUNTIVI AL “MERITO”
E PURE 41 EURO AL MESE PER SPESE CULTURALI. LE ASSUNZIONI, INVECE, CALANO
di Marco Palombi
A
lla fine quel che
conta è che ci sia
l’effetto annuncio,
qualcosa da comunicare. E pure stavolta c’è: 500
euro al mese a tutti gli insegnanti in “spese culturali” che
consentano la loro formazione. Libri, musica, teatro, cinema. Tutto pur di nutrire lo spirito degli uomini che hanno “la
responsabilità dell’educazione
dei nostri figli”. E non solo: anche un deciso cambio di segno
nelle alleanze con cui Matteo
Renzi cerca di costruire la sua
riforma della scuola.
All’inizio il premier puntò tutto sui precari contro il conservatorismo
dei
garantiti:
150mila assunti tra quelli delle
graduatorie a esaurimento e gli
idonei del concorso 2012; chi è
già in cattedra, invece, dovrà
accettare di avere aumenti
quasi solo grazie al “merito”,
che poi sarebbe la valutazione
del preside (“leader educativo”
nella neolingua renziana).
ORA,
DOPO
considerevoli
venti di tempesta arrivati dai
sindacati della scuola, si cambia verso: gli assunti saranno
solo 100mila (per i particolari
vedi il pezzo qui in basso) e probabilmente solo l’anno prossimo, gli scatti di anzianità invece restano, i fondi per il merito
sono aggiuntivi (200 milioni a
partire dal 2016) e arrivano pure i 500 euro l’anno - o 41 al
mese se preferite - per le spese
culturali: è la “Carta del professore” con cui comprare libri,
musica, biglietti per il teatro e
tutto quanto possa servire alla
VENERDÌ 13 MARZO 2015
mina di Raffaele Cantone a commissario per la bonifica dell'area ex Italsider di Bagnoli. Il presidente
dell’Autorità anticorruzione aveva
già confermato la sua disponibilità
ad assumersi l’incarico, con l’intenzione di sbloccare un’area paralizzata da quasi 20 anni.
LOST IN TRASLATION
La sensibilità ferita
del povero Yanis
A
nche la tragedia può contenere inserti farseschi. È vero in teatro e, siccome l’arte è
vita, pure in quella forma minore della storia che
è la cronaca politica. In Grecia, come ha ripetuto
ieri Alexis Tsipras, c’è “una crisi umanitaria che
non si può ignorare” (anche se la ex Troika la
ignora eccome) e c’è pure un ministro offeso. Ieri
il governo greco ha infatti inoltrato una protesta
ufficiale a Berlino: il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schäuble, ha definito il collega
greco Yanis Varoufakis “stupidamente ingenuo
nel comunicare”. Non si fa. L’interessato, però,
ha smentito: ma per carità, io ho detto “che mi
suonava strano che Varoufakis ora sia improvvisamente ingenuo in materia di comunicazione”. Lost in traslation, tutti e due. E il pubblico,
distratto, a fissare il teschio di Yorick.
Yanis
Varoufakis
col suo
omologo
italiano,
Pier Carlo
Padoan
RIVOLTA
Lacrimogeni e tafferugli durante la
manifestazione degli studenti a Milano Ansa
SENZA ONERI?
Confermati gli sconti
alle scuole private,
ma solo per elementari
e medie: si tratta di oltre
250 mila alunni e non è
ancora chiaro il costo
“formazione” del docente. Curioso che sia la stessa carta con
cui tentò di accattivarsi i dipendenti della provincia di Firenze
nel 2008: “L’idea di fondo è
consentire a ciascuna lavoratrice e lavoratore di avere una
card contenente una cifra fissa
di 1.000 euro a testa. Tale cifra
potrà essere destinata ai corsi di
formazione, ma anche all’acquisto di libri, materiali multimediali, corsi di lingua, teatro e
musica”, scrisse all’epoca agli
interessati.
L’IMPORTO stavolta è la metà,
ma l’investimento non è piccolo: per circa 700mila insegnanti
italiani servono infatti 350 milioni l’anno (115 milioni per il
2015 visto che si parte da settembre). Il messaggio, comunque, è arrivato a destinazione.
La Uil, ad esempio, che aveva
iniziato una campagna contro
la sostanziale abolizione degli
scatti di anzianità, ieri col suo
segretario Carmelo Barbagallo,
ha subito capito che il vento è
cambiato e lodato il provvedimento, anche se rimangono “le
criticità sui precari”.
Il resto sono generici titoli che
rischiano però di avere un effetto devastante per la scuola
pubblica italiana sul lungo periodo. Il primo punto che il
premier cita in conferenza
stampa è infatti “l’autonomia
vera”, cioè “la personalità giuridica” delle singole scuole, che
serve a varie cose.
In primo luogo il preside diventa il dominus o meglio il manager della scuola: potrà ad
esempio scegliere gli insegnanti “a chiamata diretta”, per così
dire, da un apposito albo territoriale. In renzese, “il leader
educativo potrà scegliersi la sua
squadra per realizzare i Piani
dell’offerta formativa”.
Non solo: la personalità giuridica gli consentirà di raccogliere donazioni (lo school bonus le
defiscalizza generosamente) e
sollecitare il 5 per mille da alun-
11
Reuters
ni ed ex alunni. Ovviamente
questo avrà effetti diversi a seconda del quartiere o della zona
d’Italia in cui si trova la scuola:
evangelicamente si potrebbe
dire che a chi ha sarà dato.
NON MANCA, ovviamente, la
trasparenza: curricula degli insegnanti online (chissà perché)
e pure i bilanci delle singole
scuole. Poi, anche se non viene
specificato come, Renzi sostiene che ovviamente il preside (o
“leader educativo”) dovrà “rispondere dei risultati”.
L’altra parola d’ordine su cui
punta palazzo Chigi è “mai più
classi pollaio”: il premier, in
conferenza stampa, ha fatto discendere questo meraviglioso
futuro dalla definizione del cosiddetto “organico funzionale”, anche se non si capisce bene
come l’uno influenzi l’altro.
Nessuna sorpresa, invece, sulle
scuole paritarie, che incassano
senz’altro quanto chiedevano:
detrazioni fiscali per chi iscrive
i propri figli alle scuole private,
ma solo per elementari e medie
(lo sconto per l’iscrizione
all’asilo esiste già e vale fino a
120 euro al massimo).
Siccome gli studenti interessati
- secondo i dati del Miur - sono
oltre 250 mila, per garantirgli lo
stesso trattamento delle materne servono oltre 30 milioni di
euro l’anno, prelevati dalla fiscalità generale come pure la
quota delle paritarie su school
bonus e 5 per mille (a non dire
dei finanziamenti diretti). Sulla
Costituzione continua a esserci
scritto “senza oneri per lo Stato”, ma forse è solo un consiglio.
LE VITTIME
Quei 50 mila in lista d’attesa cancellati
uori 48 mila. Anzi, per la
F
precisione, 47.399. È questa la cifra dei precari “storici”
che vengono depennati dal disegno di legge approvato ieri
dal Consiglio dei ministri.
Quando fu presentato in pompa magna il progetto de La Buona Scuola il numero di coloro
che “non hanno bisogno di
stare in una lista d’attesa” ma
“hanno bisogno di stare a
scuola” era molto più alto.
SI TRATTAVA degli iscritti alla
Gae, le Graduatorie a esaurimento formate, in circa due
decenni, da chi aveva vinto un
vecchio concorso e da chi, poi,
aveva superato i corsi e gli esami delle Siss, le scuole di specializzazione (pagando alcune
migliaia di euro). Oltre agli
iscritti alle Gae La Buona Scuola
prometteva l’assunzione sia ai
vincitori del concorso del 2012
che agli idonei, coloro che pur
avendo superato le prove non
avevano avuto una cattedra da
occupare. I vincitori venivano
stimati in 1200 persone mentre
gli idonei in circa 6000. “Oggi il
governo intende mantenere
questa promessa ereditata dal
PROMESSE TRADITE
Rischiano gli idonei
del concorso 2012
senza cattedra e i 23 mila
degli asili ancora sospesi
nel limbo, in attesa
di una “riorganizzazione”
passato assumendo tutti costoro”, era la frase scolpita ne la
Buona scuola. Progetto che, ha
sottolineato più volte Matteo
Renzi, è stato portato in giro
per l’Italia con migliaia di incontri, decine di migliaia di osservazioni via mail, dibattiti.
Di quella promessa se ne mantiene, forse, solo una parte. I
148.100 diventano 100.701. A
saltare saranno soprattutto i 23
mila iscritti alle Gae della scuola dell’infanzia, messi in attesa
di un fantomatico progetto di
riorganizzazione delle scuole
materne da realizzare con i Comuni. Attesa pericolosa se, come sembra, le Gae verranno
soppresse e quindi non produrranno più nessun
diritto. Salteranno
anche i 6000 idonei
al concorso del 2012,
che dovranno partecipare a un nuovo
concorso. Decisione
complicata perché
storicamente l’idoneità ai concorsi è
stata sempre fonte di
diritto privilegiato
all’assunzione anche
Il premier con Stefania Giannini Ansa se la sentenza del Tar
del Lazio dello scorso anno ha
bocciato la pretesa di abilitazione per questi docenti.
GLI ALTRI 14 MILA , sostiene
Renzi, sono stati già assunti nel
corso del 2014 ma l’affermazione contraddice quanto
scritto su la Buona scuola. Lì, infatti, si diceva che “risultano
iscritte nelle Gae circa 155 mila
persone. Questo numero scenderà dopo le assunzioni in corso per l’anno scolastico
2014-2015 di circa 15 mila unità”. I conti, quindi, non tornano. E nemmeno i tempi.
I 100.701 precari, infatti, verranno assunti da settembre
2015 “se le Camere approveranno il disegno di legge”.
Quel “se” è decisivo e rende altamente improbabile che
l’operazione vada in porto. Sa-
rebbe infatti necessario una
legge definitiva almeno entro
aprile per poter realizzare tutta
la procedura necessaria. In caso contrario, se ne riparlerà nel
2016 e per l’anno in corso non
ci si dovrebbe discostare molto
dall’assunzione di 40-50 mila
unità. Come tutti gli anni.
s.can
12
LA DIVINA A RIGNANO
Se Dante vivesse oggi, come riscriverebbe
il suo Inferno? Chi popolerebbe i gironi e
le bolge? Chi accompagnerebbe il Sommo
Poeta e chi accoglierebbe i dannati?
Caronte Maria De Filippi
e Beatrice Madia
Benvenuti all’Inferno
MADONNA BOSCHI TRA I BESTEMMIATORI; BERLUSCONI ALLA LARGA DAI LUSSURIOSI; SEVERGNINI
TRA GLI ADULATORI RINGRAZIA IL DIAVOLO; FEDE NON SANNO DOVE METTERLO E TRA I SEMINATORI
DI ZIZZANIA C’È MICHELE SERRA, PARE SU DELAZIONE DI FABIO FAZIO, CHE STA IN PARADISO, OVVIO
di Pietrangelo
Buttafuoco
E
cco l’Inferno. Maria De Filippi è il Caronte d’Italia. In
una sola comparsata a Uomini e donne traghetta i destinati agli Inferi. Barbara
D’Urso, Massimo Giletti e
Alfonso Signorini sono i cerberi, ruinanti in
basso loco, chiamati a stanare i dannati già
dalla porta dell’imbuto capovolto.
Nell’abisso, a fauci aperte – pronto a ingoiare
la carne dolente dei colpevoli – c’è Papa Francesco. Altro che i vescovi, ha fatto arrestare
anche Lucifero.
Ecco l’Inferno, nel paradigma tutto italiano:
Silvio Berlusconi, non va nel girone dei lussuriosi (dove pregustava di andare...), bensì
nel Limbo, tra gli inutili incolpevoli il cui
destino è l’eterno sbadiglio.
L’Accidia, si sa, non si capisce mai cosa sia e,
infatti, sperso per la Città di Dite c’è Dudù, il
barboncino, chiamato in contrappasso rispetto al suo essere sempre iperattivo. Francesca Pascale, la sua padroncina, è collocata
tra i golosi ma in luogo dei tizzoni di brace è
costretta a ingozzarsi di fagiolini a 80 euro
l’uno. Con lei, Ilda Boccassini, costretta a bere
i Sanbitter della tavernetta. Quella delle cene
eleganti adesso traslocate sul Lungostige.
Tutta di treccine, fatte di fil di ferro d’Etruria,
è Maria Elena Boschi. La soave ministra è
costretta nel girone degli eretici bestemmiatori: da Madonnina nel presepe del paesello
suo al viaggio in Congo per reclutare bimbi e
cavarne pubblicità ce n’è di blasfemia...
Tra i golosi non c’è Oscar Farinetti, anzi, l’oste
supremo è allocato tra i seminatori di zizzania, in compagnia di tutta la ghenga dei
consigliori di Matteo Renzi, ovvero Carlotta
De Franceschi, Andrea Guerra, Davide Serra,
Luca Lotti, Filippo Taddei mentre Rocco Siffredi, l’unico che dovrebbe consigliare il signor premier, ghiotto di patatine com’è, negli
inferi vede mutare se stesso in un gelido Calippo da cui non trasuda calore bensì lacrime...
Ecco l’Inferno, ed ecco i gironi.
PRIMO CERCHIO, più che i non battezzati, gli
sbattezzati, non i Radicali di Marco Pannella
ed Emma Bonino (murati nel Burrato), ma
quelli che non avendo potuto votare Renzi
non ne beneficiano in grazia. È il cerchio più
affollato, il primo, perché Renzi non è stato
eletto ma prescelto perché vuolsì così colà ove
si puote e tutti noi lì stiamo messi.
SECONDO CERCHIO, i lussuriosi. Meritano di andarci
soltanto i veri e sinceri libertini. Innanzitutto c’è Eugenio Scalfari, quindi Marina Cicogna, poi Achille
Bonito Oliva e poi ancora
Enrico
Vanzina,
Roberto D’Agostino, Massimo Cacciari, Mara Venier,
Giovanni Minoli, Mario Balotelli, Viperetta, Gianni
Boncompagni, Ornella Vanoni, Ornella Vanoni e Ornella Vanoni.
TERZO CERCHIO, i golosi. I
dannati sono perseguitati da
erinni-giudici e la vita nel
cerchio è organizzata secondo lo schema di un game. I
diavoli ai fornelli e i tormentati costretti a dar prova di
cucina in compagnia di Benedetta Parodi, Carlo Cracco, Joe Bastianich e
– povere anime – Antonella Clerici. Un solo
condannato a disposizione di cotanta corte:
Mario Monti che mangiò se stesso.
QUARTO CERCHIO, avari e
prodighi. Tutti coloro che vi-
dero in Berlusconi una cassaforte da cui spillare denaro
e in Renzi, oggi, una lavatrice
con cui, risciacquando i panni in Arno, si riciclano, si ritrovano legati e costretti a
volgere lo sguardo a terra, a
significanza del legame alla
materialità del dare e del tenere. Tra i condannati, oltre
al fruttivendolo che piazzava
al cuoco Michele i fagiolini a
80 euro, ci sono Flavio Briatore, Luca Cordero di Montezemolo e Mauro Moretti,
Dolce & Gabbana.
QUINTO CERCHIO, iracondi
e accidiosi. Costretti a leggere Il Mattinale, il bolletti-
no di Renato Brunetta, rispetto a cui la pesta prece di
Pluto, “Pape Satan, Pape
Satan, aleppe” è balsamo, i
dannati rotolano fascicoli
di MicroMega in forma di
macigni che leggeranno nei momenti di
pausa castigati poi dalla visione di Che Tempo che Fa. Peggio che il divaricatore di palpebre di Arancia Meccanica. Tra i dannati,
oltre Dudù, in quota accidia, ci sono gli
iracondi: Aiace Telamonio, il cagnetto di
Massimo D’Alema, quindi D’Alema stesso,
Pier Luigi Bersani, Miguel Gotor e tutta la
minoranza Pd.
SESTO CERCHIO, e re t i c i .
Tutti i sepolcri sono scoperchiati e dalle tombe
sbucano Giorgio Gori e Lapo Pi ste l l i dallo sguardo,
entrambi, ardito e fiero e
Carlo Co t t a re l l i , il più castigato di tutti, inutile spiegare perché. Proprio come se avessero il
renzismo in gran dispitto. Spirti nobili,
certo, forti di coerenza e di coraggio e però
non fedeli al signor premier che li esilia tra
Bergamo e un sottosegretariato al pari di
una Federica Mogherini, spedita alla Ue a
far le foto ai vertici e destinata adesso al Flegetonte.
SETTIMO CERCHIO, ben tre
gironi. Tutti violenti e perciò ci sono gli omicidi, i predoni, i suicidi, gli scialacquatori, i bestemmiatori, i sodo-
miti e gli usurai. Mancano i gomorratori ma
solo perché Dante ebbe a mancare l’incontro con Antonio Franchini e però Roberto
Saviano qui c’è, non fosse altro che per essersi bucato una natica con un colpo di revolver: s’era infilato la pistola in tasca ma
aveva dimenticato di inserire la sicura. Per
cui, bang!
OTTAVO CERCHIO, prima
bolgia. Ruffiani e seduttori. I
diavoli con le corna li sferzano, i dannati, a colpi di frusta. Il più famoso tra i tormentanti è Denis Verdini,
contemporaneamente ruffiano e seduttore (anche se
non è chiaro chi ruffia e chi seduce), di Silvio
Berlusconi e di Matteo Renzi. Altero al pari di
Giasone, indifferente alla frusta, Verdini conversa amabilmente con Luca D’Alessandro,
amico a tal punto di seguire il maestro fino
all’Inferno.
OTTAVO CERCHIO, seconda
bolgia. Adulatori. C’è Beppe
Servegnini. Corre lungo il gi-
rone, sospinto dai forconi, e si
complimenta con il diavolo
che lo spinge purché non gli
scompigli la frangetta candida. Il noto editorialista del
Corriere della Sera è dannato per aver troppo
adulato Renzi senza offrirgli vero amore ma
solo cicì e cocò di vanità. Corre e, comunque, si
complimenta: “Troppo very well questo hell!”.
OTTAVO CERCHIO, terza
bolgia. Simoniaci. Il prota-
gonista assoluto è Marco
Carrai. È peggio che Simon
Mago. Compra e vende le
cariche leopoldiche. Monitora le aziende di Stato e fa
il taumaturgo in virtù dello
spirito renzico fin nei recessi delle più remote aziende su cui detta nomine e decisioni. Adesso è messo a testa in giù. Coi
piedi bruciacchiati. Stessa pena per Adriano
Galliani. Col diavolo del Milan al barbecue.
OTTAVO CERCHIO, quarta
bolgia. I n d ov i n i . La danna-
ta speciale e molto professionale è Alessandra G h isleri , sondaggista e però
colpevole di aver annunciato il sorpasso di Matteo
Salvini su
Silvio Berlusconi. La Ghisleri bagna di lacrime la
propria schiena e, pur indietreggiando, sorpassa –
dannatissimo, colpevole di
aver indovinato il vincitore
di M a s te rc h e f – Antonio
R i cc i .
OTTAVO CERCHIO, quinta bolgia. Barattieri.
Valter Lavitola e Sergio De Gregorio, pur re-
sponsabili di illeciti ma a titolo di dolo e in via
solidale, sono in Paradiso. Immersi nella pece
bollente, sono coloro che usano le loro cariche
pubbliche per trarne vantaggio e ricchezza. Straziati da
Malebranche che ne arpiona
le carni quando tentano di
uscire dalle fosse i dannati sono irriconoscibili e forse, giusto perché infarinato e ancora
avvolto di zucchero a velo –
impiastricciato di ricotta e glassa di cassata –
pare di vedere Roberto Helg. È il presidente
della Camera di Commercio di Palermo, eroe
del no-pizzo mentre prende il pizzo di 100.000
euro alla pasticceria dell’aeroporto Falcone-Borsellino.
OTTAVO CERCHIO, sesta bolgia. Ipocriti. Tutti i
cerchi magici possibili e immaginabili. Da quello che fu, con Umberto Bossi, nella Lega, a
quello pericolante di Berlusconi, fino ad arrivare al Giglio, quello di Renzi. È magico a tal
punto il Giglio da generare un traffico così caotico a Palazzo Chigi di dover ricorrere a un
vigile urbano, Antonella Manzione, comandante delle guardie metropolitane di Firenze adesso
comandata di dirigere tutto il giramento di sfere e di cerchi dell’Inferno.
il Fatto Quotidiano
VENERDÌ 13 MARZO 2015
13
LA PRIMA DELLE TRE CANTICHE
A fianco, una rielaborazione dei nove
cerchi dell’Inferno immaginati
nel XIV secolo da Dante Alighieri
Il film
“La solita commedia”, Dante
ritorna in mezzo a due Idioti
di Malcom
Pagani
agioni antiche: “Tenevo il cadavere di mia nonna nell’armadio, percepivo la pensione e con i
R
soldi ci andavo a puttane”. Perversioni contempo-
ranee: “Sono uno stalker”. Nelle spire di Minosse si
finisce per molti motivi e a tutti, con eloquio incerto
e braccia enormi, il guardiano dell’Inferno che “esamina le colpe ne l'intrata” restituisce schiaffi e domande in paritaria quantità: “Io sono Minosse, tu chi
cazzo sei?”. Indirizzare la feccia tra le fiamme dei
gironi però è diventato un lavoraccio e di fronte al
mancato aggiornamento del Giudizio Universale:
“Tu sei un hacker? E gli hacker dove li mettiamo?”,
per elencare i peccati e riscrivere la struttura dei
gironi è necessario richiamare Dante in servizio e
spedirlo urgentemente sulla terra. Un secolo dopo la
trasposizione cinematografica del trio Bertolini-De
Liguoro-Padovan e qualche mese prima della visione
indagatoria di Ron Howard con Tom Hanks, a occuparsene, sono due idioti per autodefinizione. Dopo aver evocato Cochi e Renato a Sanremo, Francesco Mandelli e Fabrizio Biggio tornano a frequentare santi e demoni. Ne La solita commedia (nelle sale
dal 19, producono Lorenzo Mieli e Mario Gianani
per Wildside, distribuisce Warner) trovano i primi
riuniti in assemblea – una sintesi tra la curva pallonara e il peggio di Montecitorio – impegnati nei
cori da stadio: “Sant’Ambrogio portaci in Europa” e nelle contestazioni: “Stai qui solo perché vendi le magliette”
a un Padre Pio dalle mani
bucate che somiglia al vero
Antonio Razzi: “Ci vorrebbe
un indultino primavera”.
Osservano un Lucifero
pronto per sfilare con Dolce
e Gabbana salutare l’avversario principe con consumata convivialità: “Grandissimo, non mollare mai”.
Dio fa affari, ristrutturazioni, pubblicità. Rischia l’infarto, beve whisky e prende
pillole antidepressive come
caramelle. Anche al piano di
sotto, dove Dante/Mandelli
verrà precipitato per trovare
nel precario Biggio il suo
Virgilio, non se la passano
allegramente. Il segno distintivo è la demenza.
L’umanità si è persa e anche
Alighieri non pensa più come in quel vecchio spot della
Olivetti che bastino pagine
di regole per orientarla sulla
retta via, seguir virtute, rie-
OTTAVO CERCHIO, settima
bolgia. I ladri. Valter Lavitola e Sergio De Gregorio,
pur responsabili di illeciti
ma a titolo di dolo e in via
solidale, sono in Paradiso.
La fossa infernale, non ci
crederete, è vuota. I diavoli
si grattano le corna tra di loro. I serpenti
usati per legare alla schiena le mani dei dannati si arrotolano stancamente agli zoccoli
dei demoni in attesa che arrivi qualche
cliente. In verità s’era presentato Emilio Fede, già direttore del tg4, forte di un merito –
aver fatto la cresta a Lele Mora per farne una
ulteriore a Berlusconi – ma fu che i demoni,
presi di noia, lo spinsero ancor più giù, un
gradino ancora.
OTTAVO CERCHIO, ottava bolgia. Consiglieri
fraudolenti. È qui che si trova Fede dopo essere
stato cacciato dalla precedente fossa ma, sebbene uso a bluff d’azzardi al tavolo da gioco,
viene sospinto verso il baratro non fosse altro
per l’abilità di una ospite in particolare, Mariarosaria Rossi, allocata in questa bolgia ma
capace di convincere il capo
dei diavoli ad allontanare Fede con gli stessi argomenti
con cui già cacciò da Palazzo
Grazioli, la casa di Berlusconi,
il cuoco Michele, la segretaria
Brambilla e perfino Daniela
Santanchè (non dannata,
bensì in Purgatorio).
OTTAVO CERCHIO, nona
bolgia. Seminatori di discordie. Il solito Fede. I diavoli
non sanno come tenere calma Nicole Minetti. Non si
calma neppure Michele Serra, inspiegabilmente collocato lì, di certo per un equivoco, o forse – suggeriscono i maliziosi retroscenisti – spedito all’inferno a seguito di
un’informativa redatta da Fabio Fazio che sarà pure santo ma cattivo come tutti i buoni.
Non si calma nessuno e Fede, ancora una volta, va giù.
OTTAVO CERCHIO, decima bolgia. I falsari.
mergere dalla brutalità. Son tutti pazzi nell’Italia del
2015: “Quale posto migliore per vedere il peggio?”.
Tutti isterici, nevrotici, vacui, infelici. E violenti. I
ricchi. I poveri. I poliziotti, gli “sbirri allo sbando”
che sognano di caricare le manifestazioni degli insegnanti e percuotono le macchine distributrici di
caffè per farsi magari restituire una moneta da due
euro, quella con Dante in effigie: “Capo, lasci fare a
noi”. I colleghi di ufficio: “I covatori di rabbia” che
anelano a restituire con gli interessi le angherie pregresse. Tutti in guerra. Con il manganello. Nei condomini e nei supermercati, per fottere vicini di case
e astanti. Eludere la fila. Ottenere vantaggi. Negli
affari. Negli incontri tra generali golpisti (notevole
Gianmarco Tognazzi che fa il verso al padre de Vogliamo i colonnelli) come nell’incontro inutile – e sempre rimandato – tra perdigiorno senza orizzonte.
Nelle bugie reciproche tra i primi e gli ultimi. Tutti
“tiratori di pacchi”, maniaci costretti al metadone
per abuso di selfie: “Mi chiamo Piero, ho 32 anni, è
almeno un mese che non uso WhatsApp”, fruitori
ossessivi di un pubblicità invasiva i cui protagonisti
escono dall’ologramma per convincere a suon di
insulti i clienti a profittare dei servizi. La chiave
iperrealista funziona perché come nei film a episodi
degli Anni 60 (I Mostri è rimasto un imitato modello)
non c’è nequizia che non spinga all’identificazione e
non c’è orrore che non inviti al guardonismo. Se
nelle vignette di Stefano Disegni, padre, madre e figli
in gita domenicale allo scopo di vedere da vicino i
terremotati nelle tende, al posto delle testa hanno un
gigantesco glande, le moderne teste di cazzo impersonate con generoso fregolismo da Mandelli e
Biggio, godono nell’osservare gli incidenti, i guai
non toccati loro in sorte, le disgrazie altrui. L’inferno
– ci dicono con un nonsense non meno maleducato,
ma solo più ragionato che in passato – è intorno a
noi. In periferia come nei palazzi in cui ci si illude di
tirare i fili del teatrino. Nelle case e nelle strade. Nei
maniaci della pulizia a ogni costo che non riescono a
lucidare la coscienza neanche nel momento dell’amplesso. Non c’è amore e, come è ovvio, non c’è neanche tutto il resto.
Da sei anni, mutuando Little Britain, Mandelli, Biggio
e Martino Ferro giocano con gli abissi senza preoccuparsi troppo delle conseguenze. Per capirli (salvo
rare eccezioni da Mariarosa Mancuso a Marco Giusti) c’è voluto tempo. Qualcuno si rifiuta di farlo, ma
vedere una delle muse dell’ultimo Bertolucci, Tea
Falco, prestarsi all’operazione divertita, racconta che
qualcosa, nell’Ade e in Paradiso, è cambiata. Dopo la
commedia generazionale, quella politica, quella esistenziale e quella minima, arriva La solita commedia
che solita non è. A qualcuno non piacerà, ad altri
sembrerà sacrilega, ad altri ancora, inutile. Chi è
senza peccato scagli la prima pietra e per il resto
“almeno per chi non ha reati particolari da farsi
perdonare”, c’è sempre il Paradiso. “Mandateli qui”
implorano i beati: “Ci si annoia mortalmente”.
Emilio Fede non ha più dove
andare giù. Tra i falsari, il
trionfo delle patacche: Nanni
Moretti che oggi non scende
a far girotondo contro la Rai
del decreto Renzi prossimo
venturo; Pietro Scott Jovane
che vende i gioielli di Casa
Rizzoli per coprire le perdite e non per ridurre
i debiti; Elena Ferrante che sarà pure il più
grande scrittore del mondo e però fa rimpiangere Liala che almeno aveva Gabriele
D’Annunzio come sponsor, e non Saviano.
NONO CERCHIO, ben quattro zone. Sono quelle
di Caina, di Antenora, di Tolomea e la Giudecca, ovvero, i luoghi dove sono destinati i
traditori dei parenti, quelli della patria, quelli degli ospiti e
quelli dei benefattori. È il posto più stretto dell’Inferno.
C’è spazio solo per uno. Berlusconi, dall’alto del limbo, dice qualcosa. Arriva flebile il
suono: ino-ino-ino. Non c’è
dubbio: è Angelino. Anche
Matteo Salvini, nel frattempo sopraggiunto, dal
fondo dell’imbuto urla: osi-osi-osi. Non c’è
dubbio: è Tosi. Arriva infine Matteo Renzi e fa
un tweet: #nazarenostaisereno. Eno-eno-eno.
In collegamento, in diretta da Porta a Porta, c’è
Bruno Vespa: assolve al ruolo di Virgilio non
senza offrire alla telecamere il plastico dell’Inferno realizzato da Gustavo Dorè. Seduti in studio, a commentare, ci sono Dante Alighieri,
Carmelo Bene e Vittorio Gassman. Polemicissimi, quest’ultimi, a seguito della dichiarazione
del Sommo più volte ripresa da Franco Branciaroli: “A recitar li versi miei fuor sempre cazzi,
l’unico che vi riesce è l’Albertazzi!”.
Roberto Benigni, va da sé, è in Paradiso con
Jovanotti e Fabio Fazio (con un mazzo di mimose in mano, pronto a consegnarle alla Madonna). I tre, fatti santi, stanno in cielo a far la
Rosa Beata e la tarantella a Sergio Mattarella.
Adriano Celentano, invece, puro genio, è in
Purgatorio ma giusto per rendere interessante
la cantica altrimenti sempre saltata, espunta e
mai consultata. A far da Beatrice, musa e ispiratrice, Marianna Madia ancorché ministra
ma magistra di virtute et veritate.
(Illustrazioni di Mario Natangelo)
14
CRONACA
VENERDÌ 13 MARZO 2015
SSalvini
anità lombarda:
sceglie
dirigenti ospedalieri
NELL’ INCHIESTA su Expo la polizia
giudiziaria della Procura di Milano
ha sequestrato un documento con la
spartizione delle poltrone della sanità e le pagelle di fedeltà politica dei
manager. Il vero re “della lottizzazione” degli ospedali lombardi è
Matteo Salvini, più influente persino
Consigliere in Veneto
V
Marotta dov’è in questo momento?
Sono sull’autobus, vado a fare
la spesa a Mestre. Ho rinunciato anche al posto auto gratuito a
Venezia in Piazzale Roma, e
tutti i giorni prendo il pullman
per andare da Venezia a Mestre, a casa mia. Con mia moglie ci dividiamo gli oneri, e oggi la spesa tocca a me.
Come le è venuto in mente di rinunciare a tanti soldi?
È molto semplice: il confine tra
diritti e privilegi è sottile, a volte
tito: 20 in quota Lega, altri 24 del Pdl,
solo uno per il Pd, ma è stato rimosso. Queste carte sono state compilate prima del 2013, prima degli arresti per le tangenti di Expo, partendo da atti interni della Regione Lombardia. Dei 45 direttori generali citati
nella lista sequestrata, 38 sono
tutt’ora in carica, compresi indagati
e in qualche caso già condannati. Tra
i 24 manager dell’allora Pdl c’è un’ulteriore divisione in due correnti: Cl e
Forza Italia. A gestire quest’ultima
quota era Gianstefano Frigerio, ex
parlamentare di FI, già pregiudicato
di Tangentopoli.
Gennaro Marotta, Idv
“Non voglio il vitalizio
Eccovi i 500 mila euro”
di Erminia della Frattina
oi vi chiamate Il Fatto, e io i fatti li faccio. Oggi tanti colleghi mi sfottono,
dicono che la mia è demagogia,
beneficenza pelosa, che voglio
essere rieletto. Io però ho rinunciato a 500 mila euro netti
di vitalizio. È questo l’unico fatto che conta”. Il day after di
Gennaro Marotta, consigliere
regionale dell’Idv veneto che
appoggia la campagna elettorale della Moretti, comincia con il
telefonino che trilla in continuazione. Canale 5, la Rai, le tv
locali. “Con tutte le leggi e gli
emendamenti che ho presentato in Consiglio, con tutto quello
che ho lavorato, non mi hanno
mai cercato, e ora invece...”.
Ora invece è diventato un divo
Gennaro Marotta, classe 1960: i
media si palleggiano la notizia
del secondo politico da 30 anni
a questa parte (del primo si sono perse le tracce) che rinuncia
al vitalizio che gli spetterebbe al
compimento dei 60 anni di età
per i contributi versati nei cinque anni di consiglio regionale.
del governatore Roberto Maroni per
le nomine dei dirigenti. Nella lista
compaiono i nomi di tutti i direttori
generali delle 15 Asl e dei 30 ospedali pubblici più importanti della
Lombardia. Come riferisce L’Espresso in edicola oggi, accanto a ogni
nome è riportata la sigla di un par-
il Fatto Quotidiano
lidale: anche lei del resto mi ha
detto che non vuole avere soldi
quando io non ci sarò più, anche lei rinuncia alla reversibilità.
Da giorni mi prendono in giro,
mi continuano a ripetere: ‘Marotta sindaco’, ma io lo so che
sotto sotto sono orgogliosi di
me.
Ho due figli, uno lavora e mi ha
dato un bellissimo nipotino e
l’altro studia ancora. Se avrà un
buon lavoro sarà solo per merito suo. Siamo una famiglia
unita e mi appoggiano, è la ricchezza più grande.
Sì, mi ha chiamato al telefono
per farmi i complimenti e darmi appuntamento a Padova sabato per andare insieme a un
incontro pubblico.
E i suoi figli?
vanno a braccetto. Io penso invece che sia giunto il momento
di rinunciare a qualche diritto e
a qualche privilegio, la politica
deve fare un passo indietro.
Si spieghi meglio.
Se io verso 1 allo Stato e ai 60
anni mi viene restituito 6 volte
tanto c’è qualcosa che non va.
Mi pare che le proporzioni tra
quanto ho lavorato in Regione,
cinque anni, e quanto percepirei in 20 anni di vitalizio, cioè
602 mila euro lordi, non siano
giusti: quello che percepiscono
i politici è esagerato. Soprattutto se confrontato con le pensioni dei cittadini. Dico ai miei
colleghi politici di ragionarci, e
al governo di pensare a una legge quadro nazionale che rimetta ordine nelle istituzioni regionali e nelle retribuzioni dei politici.
Sua moglie lo sa?
Condividiamo tutto da 30 anni
io e Fiorella, abbiamo una totale unità di vedute e questo mi
rende un uomo fortunato e felice. Quando le ho parlato a cena era d’accordo con me e so-
Non ha pensato ai suoi figli, a
suo nipote che poteva avere
una vita più agiata?
Ho rinunciato al vitalizio proprio pensando a loro, ai miei figli e a mio nipote che deve essere orgoglioso di avere un
nonno che ha rispetto per la Res
publica, per le cose di tutti e che
ha servito lo Stato per un periodo senza chiedere molti soldi in cambio.
La Moretti l’ha chiamata?
Cosa farà se non verrà eletto?
Tornerò a fare il funzionario
comunale di Venezia. Prima
della politica, partita nel 2009
con Di Pietro, come dipenden-
te pubblico prendevo 1.420 euro al mese; ora mi dicono i miei
colleghi che il Comune taglierà
tutti gli stipendi, quindi anche
il mio.
Magari ci ripenserà a rinunciare
al vitalizio.
Mai, è una decisione irrevocabile. Non voglio paracaduti, si
può vivere dignitosamente con
i soldi che guadagnerò da funzionario comunale.
Qualche collega le ha detto che
seguirà il suo esempio?
Io non voglio essere un esempio, la mia è una scelta perso-
nale e familiare. Comunque
uno solo mi ha detto che ci sta
pensando: si chiama Nicola
Finco ed è un giovane consigliere della Lega, a riprova che
una scelta così deve essere bipartisan e indipendente dagli
schieramenti politici.
Quale telefonata di congratulazioni vorrebbe ricevere?
Quella di Di Pietro, un grande
uomo e amico che stimo tantissimo. Sarei orgoglioso di ricevere una sua chiamata, con
lui ho condiviso il rispetto per
l’etica in politica.
Lei però finora ha avuto un buono stipendio da consigliere
regionale, quanto prendeva?
Novemila euro netti al mese,
ma ho rinunciato dall’inizio a
mille euro ogni mese, che versavo a onlus e associazioni del
territorio come la comunità
Don Milani per il recupero degli alcolisti o l’Anfass per adulti
disabili o gli anziani ortisti di
Mestre, quelli che coltivano orti nel Parco pubblico.
I suoi amici cosa le dicono?
Una manifestazione contro il vitalizio ai condannati e, sopra, il consigliere dell’Idv Gennaro Marotta LaPresse
Crisafulli da impresentabile a “eroe” del Pd
VENNE CACCIATO DAI GARANTI DEL PARTITO, I RENZIANI OGGI GLI CHIEDONO DI CANDIDARSI A ENNA: “SOLO TU PUOI VINCERE”
di Sandra
Rizza
Palermo
lla vigilia delle elezioni
A
del 2013, la commissione di garanzia presieduta da
Luigi Berlinguer lo bollò come “impresentabile”: rinviato a giudizio per abuso d’ufficio, Vladimiro Crisafulli fu
depennato dalla lista dei
candidati perché non rispondeva ai requisiti del codice etico del Pd. “Sono stato
epurato – protestò furibondo Mirello – questo è giacobinismo puro”. Pochi mesi dopo, dal palco della Leopolda, sotto gli occhi compiaciuti di Matteo Renzi, il
regista Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, ricordò i
rapporti di Crisafulli con il
boss Raffaele Bevilacqua e
scagliò il suo anatema: “Cacciatelo a calci nel sedere”.
Oggi l’ex incandidabile di
Enna è pronto a prendersi
una clamorosa rivincita: il
Pd siciliano è tornato a corteggiarlo perché accetti di
candidarsi a di sindaco nella
cittadina che da sempre è
considerata il suo fortino
elettorale.
Crisafulli verso la riabilita-
zione definitiva da parte del
nuovo corso del partito?
Certo è che dopo aver annunciato barricate (“Mai
Crisafulli candidato sindaco”, ha urlato nei giorni
scorsi il renziano Angelo Argento), nelle ultime ore anche i Renzi boys dell’isola
avrebbero manifestato la disponibilità a dimenticare subito il passato e ad accogliere
a braccia aperte il figliol prodigo di Enna: l’unico capace
di consegnare senza rischi,
alle amministrative previste
per maggio, la poltrona di
primo cittadino al “partito
pigliatutto” che Davide Faraone, pupillo del premier
Matteo Renzi, ha in mente
per la Sicilia.
PER CONVINCERE Mirello,
infatti, mercoledì sera il segretario regionale Fausto Raciti si è fatto accompagnare
dal presidente del Pd siciliano Marco Zambuto, ex Udc,
ma soprattutto renziano di
ferro: giunti a Enna, i due dirigenti hanno partecipato a
una riunione serale e hanno
ufficialmente chiesto a Crisafulli di mettere a disposizione del partito la propria
Vladimiro Crisafulli, detto Mirello: a volte ritornano Ansa
FIGLIOL PRODIGO
Fu estromesso dalle
liste perché indagato,
ma è tutta acqua
passata: il nuovo
corso dem vuole solo
i suoi voti
candidatura.
E lui? Magnanimo ma prudente, il “papà grande” (così
lo chiamano i suoi devoti, e
in tanti anni ne ha seminati
parecchi) ha giocato a fare il
prezioso, manifestando tutta
la sua perplessità riguardo ad
un impegno diretto: “Ho altre idee – ha detto il politico
che nel curriculum scolastico vanta il diploma di terza
media – voglio aprire la facoltà di medicina a Enna”.
Ma Raciti e Zambuto hanno
insistito: se non vorrà esporsi
in prima persona, Crisafulli
indichi almeno una candidatura in grado di accontentare
tutti. Lui, a questo punto, ha
chiesto tempo “per valutare
la situazione”. E mentre il Pd
siciliano attende il via libera
del Nazareno, Mirello si gode il suo trionfo. A riunione
chiusa, lo stesso Raciti ha
raccomandato di non stressarlo troppo: “Gli dobbiamo
lasciare il tempo per fare le
giuste valutazioni”. E poi ha
chiarito: “Se opposizioni ci
saranno dovranno essere solo sul piano politico, perché
su altri piani non potranno
essere accettate”.
NESSUN VETO di natura eti-
ca, insomma. L’epurazione
di Berlinguer e il proclama di
Pif sembrano appartenere al
passato. Cacciato fuori dalla
porta, Crisafulli oggi è pronto a rientrare a pieno titolo
dalla finestra: prima si è fatto
eleggere coordinatore del Pd
ennese, ora si diverte a tenere
sulle corde quegli stessi big
del partito che appena tre an-
ni fa lo avevano relegato tra
gli impresentabili, dopo l’indagine per concorso esterno
scaturita dall’incontro immortalato a Pergusa nel dicembre 2001 con l’avvocato
Raffaele Bevilacqua, poi indicato come un boss. L’inchiesta per mafia si concluse
con un nulla di fatto, così come il rinvio a giudizio del
settembre 2010 con l’accusa
di aver ottenuto la pavimentazione di una strada comunale che portava alla sua villa
a spese della provincia di Enna: il processo per abuso
d'ufficio è stato prescritto nel
gennaio del 2014.
Oggi il “Cuffaro rosso” di
Enna, l’uomo che per il suo
bottino di voti è paragonato
a Totò Vasa Vasa, mette ancora una volta sotto scacco i
capi del partito che fu di Pio
La Torre. Compresi i renziani che, dopo averlo disprezzato, sono pronti a riprenderselo con tante scuse: del
resto, a Renzi e Faraone interessa vincere, e Mirello su
questo non ha dubbi. A Enna, ha sempre detto, “vinco
sempre io: col proporzionale, col maggioritario e forse
pure col sorteggio”.
ITALIA
il Fatto Quotidiano
U
ccise la moglie
a martellate,
sentenza annullata
LA CASSAZIONE ha annullato la sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Bologna che aveva confermato la condanna a
30 anni per Mohamed El Ayani, marocchino di 41 anni, imputato per l’omicidio della
moglie Rachida, uccisa a 34 anni con diciassette martellate, il 9 novembre 2011. A
scatenare l’ira dell’uomo il fatto che la mo-
VENERDÌ 13 MARZO 2015
glie volesse vivere 'all’occidentalè e aveva
presentato la richiesta di separazione. Il
gip del tribunale di Reggio Emilia aveva
condannato El Ayani a 30 anni in abbreviato, riconoscendo le attenuanti generiche subvalenti alle due aggravanti, ovvero
il fatto di aver commesso il delitto nei confronti della moglie e quella della crudeltà.
15
Elemento, questo, che è sempre stato contestato dal difensore del marocchino, l’avvocato Domenico Noris Bucchi. Ieri la Cassazione ha cancellato il procedimento accogliendo quanto sostenuto da Bucchi: il
numero di colpi inferti non è determinante
per stabilire che abbia agito per crudeltà.
Ora il processo torna in appello.
SVENDITA CAPITOLINA
A FONTANA DI TREVI
LA ONLUS CEDE A FENDI
NON C’È SOLO IL CASO DEGLI AFFITTI REGALATI. A ROMA
ANCHE IL NO PROFIT È RIUSCITO A FARE TANTI SOLDI
RIVENDENDO GLI IMMOBILI ACQUISTATI DAL COMUNE
di Vanessa Ricciardi
F
ontana di Trevi davanti, la bellezza di
327 metri quadri calpestabili, un piano
alto. L’appartamento da sogno
fu comprato ai saldi del Campidoglio da una Onlus e venduto dopo tre mesi a una erede
Fendi. La storia di questa casa è
anche l’esempio di come il Co-
mune di Roma, oggi nella tempesta di affittopoli, abbia gestito male il proprio patrimonio
immobiliare, anche quando ha
deciso di privarsene.
ACQUISTATA dalla Onlus Ro-
ma Caput Mundi a 1 milione e
800 mila euro, fu venduta a Maria Teresa Venturini, figlia di
Anna Fendi, e al marito, l’artista israeliano Shay Frish Peri, a
‘NDRINE Sigilli a due
ristoranti al Pantheon
eri gli uomini della Dia, hanno sequestrato due
I
noti ristoranti: “La rotonda” e “Er faciolaro”,
entrambi situati nella centralissima via dei Pa-
stini. Ai domiciliari è finito il reale proprietario
dei due locali, Salvatore Lania, imprenditore
47enne di Seminara (Reggio Calabria), accusato
in concorso con altre otto persone di intestazione
fittizia di beni. L’operazione è scattata ieri mattina, al termine di prolungate indagini, su provvedimento del gip di Roma. Il nome Salvatore
Lania era già emerso nell’inchiesta che aveva portato al sequestro e alla successiva confisca del
“Caffè de Paris” di via Veneto, sulle infiltrazioni
nella Capitale della cosca Alvaro di Sinopoli (Reggio Calabria). In particolare, erano emersi rapporti tra Lania e personaggi contigui alla cosca,
tutti coinvolti in un vasto commercio transnazionale di merci contraffatte, prodotte in Cina,
“sdoganate” a Gioia Tauro (Rc) con l’appoggio
della cosca Piromalli-Molè con destinazione finale Repubblica Ceca.
2 milioni e 300 mila euro. A firmare per la Onlus, sia l’acquisto
che la vendita sul finire del
2005, fu la presidente della Associazione Daniela Brancati,
prima donna a dirigere un telegiornale, quello di Videomusic, e passata dalla carica di direttrice del Tg3 nel 1994.
Sul perché dell’acquisto replica:
“Se non la compravamo noi
l’avrebbe comprata qualcun altro”. Così hanno deciso di esercitare il loro diritto di prelazione, salvo poi sbarazzarsene col
cambio stagione guadagnandoci in tre mesi mezzo milione di
euro circa.
Sulla repentina vendita: “Motivazioni interne dell’Associazione”, spiega Brancati, e non aggiunge altro. Sulla Onlus, che si
è occupata del restauro della
Lupa Capitolina e ha installato
il cannocchiale sulla Terrazza
del Gianicolo, è calato il silenzio. “Macché svendopoli abbiamo pagato pure l’Iva”. Il passaggio dell’immobile, precisa
Brancati, è del tutto regolare, e
nessuno lo mette in dubbio.
L’appartamento, messo in vendita dalla Campidoglio Finance, società immobiliare cui il
Comune aveva affidato dei suoi
beni - e indagata nel 2011 - venne acquistato il 22 settembre
2005 per la cifra esatta di un milione 836 mila euro, un prezzo
non male vista la posizione,
tanto che la stampa lo etichettò
“svendopoli”. Sindaco di allora
Walter Veltroni. Prezzo alto o
CENTRALISSIMO
Lo stabile di piazza di Trevi
era quello dove risiedeva Sandro Pertini prima di diventare
presidente della Repubblica
Ansa
AFFARONE
I 327 metri quadri
in pieno centro
furono presi
dalla “Caput mundi”
a 1,8 milioni e trasferiti
a 2,3 tre mesi dopo
no, secondo Renzi, fondatore
della Onlus, era impossibile che
l’associazione avesse tutto quel
denaro. Il 21 dicembre 2005,
dopo tre mesi, l’appartamento
venne rivenduto alla Cosima
Srl, per il 98% di Maria Teresa
Venturini (figlia di Anna Fendi), per 2 miloni e 300 mila euro. Sull’acquisto Venturini non
rilascia interviste. Dal 2001 un
altro appartamento nello stesso
palazzo era già stato venduto alla Trevi Tst, di Maria Silvia
Venturini e Anna Fendi, sorella
e madre di Maria Teresa, per 3
miliardi e trecento milioni di
vecchie lire. Una vera passione
quella di Fendi per la piazza romana: proprio la storica maison
si sta occupando del restauro
della fontana attraverso il progetto “Fendi for Fountains”, ormai prossimo al completamento.
NEL PRESTIGIOSO palazzo ac-
canto alla Fontana di Trevi, lo
stesso dove aveva abitato il presidente Sandro Pertini, la Roma
Caput Mundi era rimasta in affitto per 10 anni. Al momento
di spostarsi, la sede, sottolinea
la presidente, era in cattive condizioni. Le stesse di quando
hanno comprato.
La onlus era nata nel 1994 per
iniziativa di Francesco D’Alessandro, Luciano Renzi e Wolfang Stein, star della comunicazione. A benedire le intenzioni
della comitiva dedita a “far leva
sul patrimonio antico della città
per rinnovare la sua identità
moderna” l’allora sindaco
Francesco Rutelli, primo presidente, l’avvocato Vittorio Ripa
Di Meana; nel comitato d’onore, raccontano i giornali
dell’epoca, Susanna Agnelli e
Henry Kissinger. Nata con un
Fondo Mondiale d’Investimento Etico, l’associazione raccoglieva denaro da privati per restaurare il patrimonio artistico
della città. Nel 1997, sotto la
presidenza di Ferruccio Lombardi, assistente di Rutelli, venne riconosciuta dal ministero
dell’Interno “ente morale”.
Negli anni la Caput Mundi “ha
restaurato decine di fontane - fa
sapere Brancati – e si è occupata
anche della Cordonata del
Campidoglio”. In altri periodi
però non è stata così operosa.
Fabrizio Lemme, avvocato
esperto d’arte, presidente della
Caput Mundi prima del duemila, durante la sua presidenza si è
occupato solo della donazione
di un dipinto. Per quanto riguarda gli associati, non ricorda
nessun nome, neanche quello
del suo vicepresidente, Romolo
De Stefano, presidente di Ateneo Impresa, di cui afferma di
“non conoscere neanche l’esistenza”. Nessun contatto dopo
aver lasciato la carica: “Troppe
beghe nell’Associazione”.
REGALI DALLA CAPITALE
Dalla grotta Msi alla sezione di Orfini
ono più di mille i locali che il Comune di
S
Roma dà in concessione. Fare un giro ad “Affittopoli” è una lunga passeggiata che attraversa
Roma dal centro alla periferia alla ricerca degli
immobili dello scandalo, perché l’affitto è troppo
basso.
Dopo il Colosseo e il Vittoriano, una strada lastricata di sampietrini porta alla sede Pd di via
dei Giubbonari, vicina a Campo de’ Fiori. Prezzo
d’affitto: circa 1.200 euro al mese. Sorto nel 1946,
era il circolo di Napolitano, qui Fabrizio Barca si
iscrisse al Pd, il primo riferimento politico è il
commissario Matteo Orfini, presidente del partito e mercoledì Massimo D’Alema ha tenuto
una conferenza dal titolo La crisi greca dalla prospettiva progressista. La sede è morosa per circa
100 mila euro. La segretaria è Giulia Urso, rigidissima responsabile che non ha fatto votare
Carlo Verdone alle primarie perché non era andato al primo turno. Per sua stessa ammissione,
da quasi 10 anni non corrispondono la cifra:
“Abbiamo sempre pagato, ma non ce la facciamo
a pagare di più di quello che pagavamo prima,
l’aumento è stato deciso unilateralmente dalla
Romeo Spa”. Romeo Spa vuol dire Comune, perché Romeo fa solo da tramite, e al Comune dovrebbero andare i soldi mancanti. Quanto hanno
pagato in questi anni? “200 euro al mese. Farò il
possibile perché la questione si risolva, abbiamo
pronta una cifra per risarcire parte del debito”
risponde Urso.
CI SPOSTIAMO in via delle Terme di Traiano 15.
“Giù per questa strada si arriva al Colosseo” spiega un ragazzo. Qui c’è la sede storica del Msi, oggi
di Fratelli d’Italia. Per trovarla bisogna superare i
cancelli del parco archeologico di Colle Oppio.
Sembra strano. In mezzo ai resti? “Sì, si riuniscono lì nella grotta” spiega un’altra passante. La
sede, scambiata per una grotta, è un locale ricavato dai resti. Uno spazio chiuso da una porta
dipinta tricolore, con un telone verde da muratore sul tetto e segnalato da un pannello recante
una croce celtica. Regolarmente affittato a 12 euro al mese. Chiediamo informazioni a Francesco
senza cognome, unico riferimento sul blog: “È lei
il segretario della sede?” risponde “È un’informazione che non posso dare”, e butta giù senza
salutare. Il primo “amico” della
sede, si legge online, è l’onorevole Federico Rampelli, capogruppo di Fratelli d’Italia alla
Camera, ma è troppo impegnato per parlare.
“Spinaceto. Viene sempre inserito nei discorsi per parlarne
male”. La citazione è da Caro
Diario, di Nanni Moretti. Dal
centro ci spostiamo in periferia.
A Largo Cannella, a Spinaceto, Roma Sud, c’è un
palazzone dai molti locali, affittato al prezzo
complessivo di meno di duemila euro. Il palazzo
è stato definito “l’emblema di Affittopoli”, ma
andando a vedere, il problema è un altro. Al primo piano ci sono i Caf di Cgil, Cisl e Uil, il centro
culturale “Luna e le Altre” gestito dalle lesbiche
femministe, e una sede della comunità di
Sant’Egidio. Al piano terra uffici del IX municipio e del centro anagrafe, il centro sociale dedicato ad “Auro e Marco”, un bar e una farmacia.
Delle migliaia di metri quadri la maggior parte è
deserta ed è complicato scorgere le porte aperte
COMPAGNI
Via dei Giubbonari, il Pd è
moroso con il Campidoglio
per 100 mila euro
tra quelle chiuse con le grate. Qui siamo a Degradopoli. Spettegolando con i
pensionati volontari dei
patronati, si scopre che il comune concede a prezzi bassissimi le stanze alle varie associazioni, e “c’è
pure qualcuno che non paga”. In cerca dei nomi,
dopo aver parlato con una responsabile dell’ufficio anagrafe (“scusi non ho tempo, ieri notte c’è
stato un furto”), e saltellando sul pavimento ricoperto dalle cacche di volatile, si arriva al piano
terra, al bar Vari. Il punto di vista di Francesco, il
titolare, è un altro: “Ma lei lo pagherebbe l’affitto
qui?”. Risposta: “E lei lo paga?”, Vari non esita:
“Purtroppo sì, 486 euro per 44 metri quadri. Faccia un po’ lei se sarebbe da non pagare”.
va.ric.
16
MONDO
VENERDÌ 13 MARZO 2015
Pianeta terra
il Fatto Quotidiano
ISRAELE CENTROSINISTRA IN VANTAGGIO
A cinque giorni dal voto il centrosinistra di “Campo
sionista” vede la vittoria. Se i pronostici saranno
confermati, Netanyahu e il Likud potrebbero perdere la guida del paese a favore di Isaac Herzog e
della sua alleata Tizpi Livni. I sondaggi assegnano
24 seggi a “Campo sionista” e 20-21 al Likud. Ansa
MEDITERRANEO DA GENNAIO MORTI 470 MIGRANTI
Dall’inizio dell’anno sono circa 470 le persone che hanno perso
la vita o scomparse nel Mediterraneo, rispetto alle 15 dello stesso periodo dell’anno scorso: lo rende noto l’Unhcr, che ha chiesto
all’Ue una operazione come quella di “Mare Nostrum”. LaPresse
SIRIA, LA GUERRA DIMENTICATA
E LA STRAGE DEI CAMICI BIANCHI
L’Agent Orange dei jihadisti
QUARTO ANNIVERSARIO DEL CONFLITTO: 600 MEDICI UCCISI DA BOMBE E CECCHINI
4,8 MILIONI DI SFOLLATI SOPRAVVIVONO FRA PROSTITUZIONE E LAVORO MINORILE
di Roberta
I
Zunini
l quarto anniversario
del conflitto siriano è
stato, ancora una volta, un giorno di sangue e lutto. Un'autobomba è
scoppiata a Homs uccidendo quattro persone e ferendone una quindicina. Almeno 50 civili sono rimasti uccisi nel nord-ovest della Siria
in violenti scontri tra le forze
del regime di Bashar al-Assad e i ribelli. Mentre inizia il
quinto anno della più sanguinosa guerra civile dell'epoca contemporanea, la situazione dei milioni di rifugiati interni e nei paesi limitrofi è sempre più disperata.
La denuncia arriva dall’Alto
Commissario delle Nazioni
Unite per i Rifugiati. António Guterres ha poi spiegato
che per “la peggiore crisi
umanitaria del nostro tempo
dovrebbe scattare in realtà
un grande supporto globale,
invece il sostegno sta diminuendo”. In assenza di una
soluzione politica nel paese,
per i circa 3,9 milioni di profughi siriani rifugiati in Turchia, Libano, Giordania,
Iraq ed Egitto non sembra
esserci possibilità di tornare
IN IRAQ I MILIZIANI USANO BOMBE AL CLORO
In Vietnam per bruciare le foreste gli Usa utilizzarono
un defoliante chiamato “agent orange”: In Iraq l’Isis
sta usando bombe al cloro: lo documenta la Bbc
IN FUGA
Siriani in fuga dalle città
devastate cercano aiuto ed
ospitalità al confine con la
Turchia Ansa
a casa. Mentre sono 4,8 milioni i siriani sfollati all’interno del proprio paese e più
di 212.000 di loro si trovano
nelle zone di combattimento
sotto assedio.
“Molti rifugiati vivono in
condizioni disumane – ha
proseguito Guterres – dopo
anni di esilio hanno esaurito
i loro risparmi e sempre più
rifugiati cercano di sopravvivere con l’accattonaggio, la
prostituzione o attraverso il
lavoro minorile mentre molti tentano di fuggire in Europa rischiando la vita attraverso pericolosi percorsi via
terra o mare”.
UNA DENUNCIA ancora più
circostanziata contro l'indifferenza della comunità internazionale e l'inconsistenza
dell'Onu è quella contenuta
in un rapporto intitolato Il
colpevole fallimento in Siria. Lo
hanno stilato ben 21 organizzazioni per la difesa dei
diritti umani, tra le quali
Oxfam, Save the Children,
International Rescue Committee, World Vision e il
Norwegian Refugee Council
che accusano il Consiglio di
Sicurezza di aver “fallito”
nell’attuazione di tre risoluzioni approvate lo scorso anno per alleviare le sofferenze
dei civili siriani. Quello passato, affermano, è stato “l'anno peggiore” per i civili dal
2011. Le tre risoluzioni sono
state “ignorate o indebolite
dalle parti in conflitto, da
Paesi membri dell’Onu e
persino dai membri dello
stesso Consiglio di Sicurezza”, si legge nel dossier. Insomma, questo orribile conflitto che ha già causato la
morte di almeno 200 mila
persone, è ormai cronicizzato e pertanto non desta più
l'attenzione né dei media né
dei principali attori internazionali. Tutti sembrano essere rassegnati o incapaci di
trovare una soluzione. Solo
la Russia e l'Iran continuano
a lavorare strenuamente per
mantenere al potere il loro
stretto alleato, il presidente
Bashar al Assad, il quale, dalla comparsa dell'Isis nel suo
Paese sembra essere diventato il meno “cattivo”. Ma
non è così. Proprio ieri l'associazione umanitaria Physician for Human Rights, ha pubblicato un dato da far accap-
ponare la pelle: dall'inizio del
conflitto sono stati uccisi 600
tra medici e infermieri in attacchi e bombardamenti deliberati da parte delle forze
leali ad Assad.
CIOÈ SIGNIFICA che sul to-
tale, l'88% degli attacchi contro il personale sanitario sono stati ordinati dal presidente siriano. Non solo, l'uso
dei barili esplosivi e di bombe a base di acido cloridrico,
sempre da parte dell'esercito
regolare siriano, durante tutto il 2014, hanno reso il conflitto ancora più “sporco” e
disumano.
Arrestato Battisti, l’estradizione è più vicina
L’EX TERRORISTA (POI DIVENTATO SCRITTORE DI SUCCESSO IN FRANCIA) POTREBBE ESSERE RICONSEGNATO ALL’ITALIA
esare Battisti, l’ex terroriC
sta italiano dei Pac (Prolatari armati per il comunismo),
è stato arrestato ieri sera in Brasile. Una mossa che adesso può
accelerare, e molto, la sua estradizione: Battisti, diventato
scrittore di successo in Francia,
dove aveva trascorso una lunga
latitanza, potrebbe essere restituito alle nostre autorità giudiziarie. Nei giorni scorsi, il ministro della Giustizia Andrea
Orlando aveva assicurato la volontà dell’Italia di ottenerne la
consegna. Battisti è stato catturato dalla polizia federale brasiliana in una città dello Stato
di San Paolo, Embu das Artes.
L’ORDINE DI CATTURA è stato
firmato dalla giudice federale di
Brasilia, Adverci Rates Mendes
de Abreu, la stessa che il all’inizio del mese – accogliendo una
richiesta della Procura federale
– aveva revocato a Battisti l’atto
di concessione del permesso di
soggiorno a Battisti, definito
“uno straniero senza documenti, condannato in Italia per gravi crimini” (sul suo capo pendono condanne per 4 omicidi
perpetrati durante gli Anni di
piombo). La giudice federale
brasiliana aveva quindi avviato
la procedura di espulsione ed
ha sollecitato il governo a verificare la possibilità di consegnare Battisti alle autorità di
Francia o Messico, Paesi dove
l’ex terrorista ha soggiornato
dopo la fuga dall’Italia e prima
dell’arrivo in Brasile.
Cesare Battisti è nato nel 1954 a
Sermoneta, non lontano da Latina. All’inizio degli anni ‘70
abbandona la scuola, iniziando
una carriera criminale fatta di
rapine, furti e sequestri di persona, per le quali viene arrestato diverse volte. Nel ‘76 si trasferisce al nord e partecipa alla
fondazione dei Pac, Proletari
armati per il comunismo, formazione nata nell’area dell’autonomia alla periferia di Milano. Viene arrestato di nuovo,
LA CATTURA
La polizia federale
lo ha fermato nella
città paulista di
Embu Das Artes.
È già stato trasferito
nel carcere di Brasilia
16 febbraio 1979, a Milano e
Mestre, del maresciallo degli
agenti di custodia Antonio Santoro, ucciso a Udine il 6 giugno
1978, e dell’agente della Digos
Andrea Campagna, assassinato
a Milano il 19 aprile 1978.
NEL FRATTEMPO Battisti però
FINE CORSA
sempre per rapina, e rinchiuso
nel carcere di Udine dove conosce Arrigo Cavallina, ideologo dei Pac.
In questi anni partecipa alle
azioni del gruppo eversivo, e
nel ‘79 viene arrestato a Milano
e condannato a 13 anni e 5 mesi
per l’omicidio del gioielliere
Pierluigi Torreggiani, a febbraio. Nel 1981 riesce a evadere
dal carcere di Frosinone, dove
è scappato, prima a Parigi, poi
in Messico, a Puerto Escondido, con la compagna Laurence,
dalla quale si è poi separato, e
che che gli ha dato due figlie. In
Messico fonda il giornale Via Libre, che trasferirà a Parigi nel
1990. Appena giunto Oltralpe,
Battisti viene arrestato ma, cinque mesi dopo, la Francia nega
l’estradizione e lui torna in libertà.
Inizia a scrivere, diventando un
Cesare Battisti LaPresse
stava scontando la pena, grazie
a un assalto di terroristi. La giustizia va comunque avanti e
nell’85 lo condanna in contumacia all’ergastolo nel processo
contro i Pac, sentenza confermata dalla Cassazione nel 1991.
La condanna è per vari reati, tra
i quali quattro omicidi: oltre a
quello di Torreggiani e del macellaio Lino Sabbadin (militante del Msi), avvenuti entrambi il
SANGUE E PIOMBO
Membro dei Proletari
Armati per
il Comunismo,
condannato per 4
omicidi tra cui quello
di Pierluigi Torregiani
giallista - la Gallimard, una delle più grandi case editrici francesi, gli pubblica un romanzo.
Fugge in Brasile nel 2004, poco
prima del pronunciamento definitivo del Consiglio di Stato
francese che l’avrebbe estradato in Italia da Parigi.
In Brasile, Battisti è stato condannato a due anni di reclusione, poi convertiti in affidamento ai servizi sociali, per la falsificazione dei timbri del Servizio immigrazione che gli hanno
permesso di entrare illegalmente in Brasile dopo la lunga
latitanza in Francia. Sessant’anni, era residente a San
Paolo con un regolare visto di
lavoro ma la legge che regola la
permanenza degli stranieri prevede che chi commette un reato
per entrare o rimanere nel Paese può essere espulso.
Ed è appunto il caso di Battisti,
che entrò clandestinamente in
Brasile usando almeno un paio
di passaporti falsi, sui quali faceva apporre periodicamente
timbri altrettanto falsi per dimostrare, nel caso di un controllo, di essere un turista francese in vacanza a Rio de Janeiro.
Ieri l’arresto. Forse l’ultimo atto
di una interminabile fuga. Salvo altri colpi di scena.
il Fatto Quotidiano
MONDO
LONDRA FARAGE: “LAVORO AGLI INGLESI”
Basta con le vecchie leggi inglesi contro la discriminazione che non consentono ai datori di lavoro
di preferire un britannico invece che uno straniero. A due mesi dalle elezioni, il leader dell’Ukip,
Nigel Farage, fa la sua proposta e punta ai voti dei
nazionalisti. Tory e laburisti lo criticano. LaPresse
MESSICO NARCOS DECAPITANO CANDIDATA
Aidé Nava González, candidata sindaco di Ahuacuotzingo alle elezioni di giugno, e rapita lo scorso lunedì, è stata trovata decapitata. Accanto al
cadavere c'era un biglietto firmato dai Los Rojos
in cui viene minacciato lo “stesso trattamento per
tutti i politici che non vogliono allinearsi”. Ansa
VENERDÌ 13 MARZO 2015
17
Ferguson, il ritorno
delle Pantere nere:
due poliziotti feriti
DINANZI AL COMANDO C’ERA UNA PROTESTA ANTIRAZZISTA
GLI UFFICIALI: “GLI SPARI SONO PARTITI DAI DIMOSTRANTI”
di Giampiero Gramaglia
S
pari contro la polizia a
Ferguson, il sobborgo
di St.Louis nel Missouri epicentro, dall’estate
scorsa, delle tensioni razziali
negli Stati Uniti: due agenti vengono feriti, uno al volto, l’altro
alla spalla; non sono gravi. Accade durante una manifestazione anti-razzista: quasi una festa
dopo le dimissioni del capo della polizia locale, sollecitate da
tempo dagli attivisti per i diritti
civili. L’episodio riaccende la
febbre razziale in tutta l’Unione, di nuovo alta dalla scorsa
settimana. Quegli spari non sono l’eco della protesta non violenta del movimento di Martin
Luther King, di cui sabato scorso il presidente Obama ha celebrato il 50° anniversario della
marcia di Selma, ma piuttosto
della lotta dura delle Pantere
Nere, storica organizzazione rivoluzionaria afro-americana.
DALLA CASA BIANCA, Obama
interviene: “La violenza contro
la polizia è inaccettabile”, afferma, condannando il ferimento
dei due agenti. “Le nostre preghiere vanno a loro. La via per la
giustizia è una, dobbiamo percorrerla tutti insieme”, scrive in
un messaggio sull'account Twitter ufficiale. Il ferimento di due
agenti di polizia a Ferguson è
stato un gesto “imperdonabile”
e “vigliacco” che rischia di com-
promettere la riforma dei regolamenti di polizia chiesta a gran
voce da tanti “manifestanti non
violenti”. Così il ministro della
Giustizia Usa Eric Holder. A
Ferguson, la situazione non s’è
mai completamente normalizzata, dopo l’uccisione, il 9 agosto, d’un ragazzo nero di 18 anni, Michael Brown, disarmato, a
opera di un poliziotto, Darren
Wilson. La scorsa settimana, la
pubblicazione di un rapporto
del Dipartimento di Giustizia
federale aveva rinfocolato asti e
polemiche: l’agente che sparò
resta non perseguibile, ma la polizia del sobborgo viene aspramente criticata, per le discriminazioni e le vessazioni compiute
contro cittadini afro-americani,
PARLAMENTO UE Gli Stati
dicano sì alle unioni gay
e unioni civili gay sono
L
un diritto umano. Con
390 voti a favore, 151 no e
97 astensioni, l’Europarlamento ha votato ieri a favore del riconoscimento del
matrimonio tra due persone dello stesso sesso. L’Europa ha approvato la relazione che incoraggia i governi e le istituzioni degli
Stati membri a una riflessione sul tema dei matrimoni omosessuali. Il passaggio sulle nozze gay compare al
punto 162 della relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel
2013 e sulla politica della Ue in materia,
presentata dall’europarlamentare socialista Pier Antonio Panzieri. Nel testo si legge: “Il Parlamento europeo prende atto
della legalizzazione del matrimonio e del-
le unioni civili tra persone dello stesso sesso in un
numero crescente di Paesi nel mondo, attualmente diciassette, incoraggia
le istituzioni e gli Stati
membri dell’Ue a contribuire ulteriormente alla
riflessione sul riconoscimento del matrimonio o
delle unioni civili tra persone dello stesso sesso in
quanto questione politica, sociale e di diritti
umani e civili”. Flavio
Romani,
presidente
dell’Arcigay, ha commentato con un monito per il Parlamento
nazionale a recepire la normativa: “Ben vengano tutti gli inviti e le raccomandazioni,
peccato però che non siano in nessun modo
obbligatori per gli Stati membri dell’Unione
Europea. Anche ciò che è stato approvato va
a finire nel cassetto delle belle intenzioni. Se
poi gli Stati non vogliono mettere in atto
questi inviti, sono liberi di farlo”.
per le strade, in commissariato,
in tribunale.
Il rapporto innesca le dimissioni
del sindaco John Shaw, in carica
dal 2007, del giudice municipale
Ronald J. Brockmeyer e, infine,
del capo della polizia Thomas
Jackson, bersaglio delle critiche
più dure.
La manifestazione di mercoledì
notte, cui partecipavano decine
di persone, era cominciata pacifica. Poi, c'è stato qualche disordine e una ventina di poliziotti in tenuta antisommossa
sono intervenuti e hanno fermato due soggetti. Intorno a
mezzanotte, quando molti manifestanti se ne erano già andati,
si sono sentiti dei colpi d'arma
da fuoco, non è chiaro quanti.
Gli agenti feriti non prestavano
servizio a Ferguson: quello colpito al volto, 32 anni, è di stanza
altrove nella contea; quello ferito alla spalla, 41 anni, è della polizia della contea. Le ferite, inizialmente definite “molto gravi”, si sono rivelate leggere: entrambi sono sempre rimasti vigili e, dopo qualche ora, sono
stati dimessi.
CONTRASTANTI le prime ver-
sioni di quanto accaduto, di cui
esiste pure un video amatoriale,
che non fa però luce sulla dinamica. Jon Belmar, nuovo capo
della polizia, parla di un agguato
e dice che chi ha sparato era fra
chi protestava. DeRay McKesson, uno degli organizzatori della manifestazione, che era sul
GUERRA
Proteste dinanzi alla centrale di polizia
di Ferguson e
gli scontri successivi con un
agente di colore che blocca a
terra un dimostrante nero
LaPresse
ALTA TENSIONE
Nei giorni scorsi altri
agenti avevano ucciso
neri disarmati. Holder,
ministro della Giustizia:
“Agguato odioso,
danneggia i non violenti”
posto sostiene, invece, che “chi
ha sparato non era tra noi, era in
cima alla collina”. Ci sono stati
dei fermi, degli interrogatori,
ma nessuna incriminazione. Le
manifestazioni davanti al commissariato di South Florissant
Road sono ormai divenute routine. Il rapporto federale nota
che, negli ultimi due anni, a Ferguson, i cittadini neri, che sono
il 67% della popolazione, sono
stati oggetto dell'85% dei controlli di traffico, del 93% degli
arresti e dell'88% dei casi in cui la
polizia ha usato la forza. Ma il
problema non è solo Ferguson.
La scorsa settimana a Madison
in Wisconsin un poliziotto uccideva un ragazzo nero di 19 anni, sospettato d’aggressione, ma
non armato. E nelle stesse ore un
altro nero era freddato da un
agente ad Aurora, un sobborgo
di Denver: la vittima aveva 37
anni, era ricercato, ma era disarmato. Episodi la cui frequenza
nel tempo e distribuzione sul
territorio dell’Unione dimostrano che l’America deve ancora fare i conti con il razzismo,
anche se ha eletto un nero presidente. Anzi, Obama, che vinse
le elezioni nel 2008 dichiarando
l'obiettivo di unire il Paese, è in
realtà percepito come il presidente più divisivo degli ultimi
60 anni. Le sue scelte, e forse la
sua stessa presenza, hanno polarizzato l’opinione pubblica:
progressisti contro conservatori, sostenitori di una nuova
frontiera dei diritti civili contro
razzisti e bigotti.
Le guardie di Obama, solo alcol e distintivo
SECRET SERVICE DELLE GAFFE: SI SCHIANTANO, UBRIACHI, SUL MURO DELLA CASA BIANCA SCHIACCIANDO UN SOSPETTO PACCO BOMBA
di Caterina Minnucci
splosione al civico 1600 di Pennsylvania
E
Avenue. Un’autobomba? No, questa volta
l’Isis non c’entra. Alle 22.30 del 4 marzo un’auto
a tutta velocità si è schiantata contro la recinzione esterna della Casa Bianca, ma non si può
parlare di attentato contro il presidente Obama.
Alla guida c’erano due agenti ubriachi del Secret
Service, la struttura che si occupa della sicurezza
personale del presidente e della sua famiglia.
Come riportato dal Washington Post, la coppia,
durante l’incidente, ha messo a rischio un controllo su un pacco sospetto - potenzialmente un
ordigno - finendoci sopra con la loro auto.
Una grana non da poco per il nuovo capo del
Secret Service che aveva promesso di ripristinare la reputazione, un tempo stellare, del cor-
po di sicurezza. Clancy è stato nominato il 18
febbraio scorso dal presidente in persona, dopo
che il Congresso aveva chiesto la testa di Julia
Pearson per le troppe leggerezze nella rete di
protezione, come quando gli agenti, il 16 settembre 2014, hanno lasciato uno sconosciuto
salisse in ascensore con il presidente,
senza perquisirlo. Pochi giorni dopo grazie ad uno scoop del Washington
Post - emerse che l’uomo era armato e
aveva gravi precedenti penali. Nel caso dei due agenti ubriachi, il Dipartimento per la Sicurezza interna ha
aperto un’inchiesta non contro poliziotti qualunque; si tratta infatti di
due funzionari di alto grado: Mark
Connolly, secondo in comando per la
sicurezza di Obama, e George Ogil-
vie, uno dei supervisori dell’ufficio di Washington. I due - che la sera dell’incidente sono riusciti a evitare l’alcol test per l’intervento di un
terzo supervisore che ha chiesto alla polizia di
lasciarli passare - avevano appena partecipato al
party per salutare il portavoce del Secret Service, Edwin
SEMPRE
ALLERTA
Obama circondato dagli
agenti del Secret Service
anche in un
momento di
pausa a Washington Ansa
Donovan, prossimo alla pensione. Il presidente
Obama stavolta non l’ha presa affatto bene; credeva forse di aver arginato l’abitudine dei suoi
agenti ad alzare il gomito dopo che - all’indomani di uno scandalo che aveva investito il corpo - vietò gli alcolici fino a dieci ore prima di
prendere servizio. Nel marzo 2014 aveva sospeso tre agenti, uno dei quali trovato privo di
sensi nel corridoio del suo albergo, perchè si
erano ubriacati ad Amsterdam alla vigilia del
suo arrivo. Stessa scena già vista nell’aprile 2012
a Cartagena, in Colombia, quando alcuni agenti
giunti in avanscoperta in vista di un viaggio
istituzionale del presidente, si erano ubriacati e
avevano portato alcune prostitute nel loro albergo. Insomma, almeno il Secret Service attuale appare ben lontano dalla mitizzazione
propinata dai film di Hollywood.
il Fatto Quotidiano
VENERDÌ 13 MARZO 2015
IL MONOPOLI FESTEGGIA 80 ANNI
CON UN’EDIZIONE STILE VINTAGE
1935-2015: il prossimo 19 marzo, il
gioco da tavolo più venduto della storia
spegnerà la sua ottantesima candelina.
È distribuito in 114 paesi del mondo
I MUSE HANNO ANNUNCIATO
IL LORO NUOVO ALBUM: “DRONES”
ADDIO A RICHARD GLATZER,
REGISTA DI “STILL ALICE”
Il 9 giugno uscirà “Drones”, il settimo
album dei Muse. Conterrà 12 canzoni
e ad anticiparlo sarà il singolo “Dark
Inside” che verrà pubblicato il 23 marzo
SECONDO
19
Il regista Richard Glatzer è morto a Los
Angeles, da tempo era malato di Sla. Aveva
diretto “Still Alice” che valse l’Oscar a Julianne
Moore come miglior attrice protagonista
TEMPO
SPETTACOLI.SPORT.IDEE
L’autore
C
di Chiara Ingrosso
ome sia finito a fare l’autore non
lo sa nemmeno lui. Luigi Di Capua, 28 anni, laureato in Psicologia, faceva il pubblicitario,
prima che gli sketch girati in casa con gli amici diventassero la
serie The Pills, fenomeno Youtube paradigma di una generazione. Così, i produttori non se lo
sono fatto scappare. Oggi, è
creatore e sceneggiatore di Zio
Gianni, la serie tv di Rai Due, del
format web Porno: una storia tecnologica e di programmi tv co-
TRENTENNI
NEL 2015
Ci chiamano generazione
‘Ecce Bombo’? No, che
ansia. Quelli della mia età,
semmai, vivono
il pesante confronto con
ciò che facevano i nostri
genitori alla stessa età
me Late Night with The Pills, in
onda su Deejay Tv, e Non ce la
faremo mai di Italia Uno. Il debutto a teatro è arrivato martedì, con lo spettacolo, scritto e
diretto insieme ad Alessandro
Bardani, Il più bel secolo della mia
vita, in scena fino al 29 marzo al
Teatro della Cometa di Roma.
Lo incontriamo in un bar del
ghetto ebraico e abbiamo la
conferma che lui è così, timido
ed esilarante. “Scusa eh, ma c’ho
un sacco di cose da fare. Ho pure cominciato a fare sport, così,
per provare una cosa diversa”.
Ti mancava il teatro. Come ci sei
arrivato?
Un giorno mio fratello mi fa:
‘Devi troppo conoscere il vicino
di casa!’, ed era proprio Bardani. Pensa, era al di là del pianerottolo.
Lo spettacolo affronta la situa-
Luigi Di Capua
“Sul web o a teatro
Il nonsense è
il pane di The Pills”
zione dei figli adottivi che non
possono conoscere le loro origini biologiche...
C’è una legge del 1983 che vieta
ai figli n.n. la conoscenza del
nome della madre biologica che
ha scelto l’anonimato, fino al
compimento del centesimo anno di età. Insomma, una legge
già comica di suo nella sua tragicità.
C’è anche una sentenza della
Corte costituzionale del 2013 in
favore della conoscenza...
Non ci interessava il teatro sociale, ma comunicare le emozioni di chi si trova in questa situazione. Come i nostri personaggi, il centenario Gustavo
(Giorgio Colangeli) e il trentenne Giovanni (Francesco Montanari), entrambi membri della
F.a.e.g.n., l’associazione dei figli
adottivi e genitori naturali.
Un’accoppiata vincente.
I personaggi sono l’opposto degli attori. Montanari, il libanese
nella serie Romanzo Criminale,
qui è Giovanni, un giovane uomo nevrotico e triste. Colangeli,
proveniente dal cinema drammatico, è Gustavo, un personaggio vanziniano, un Remo
Remotti che fa sbellicare. È lui
quello più The Pills di questo
spettacolo. Giovanni, invece, è
il tipico trentenne che rallenta il
processo di crescita, nel quale
mi riconosco.
L’inadeguatezza dei trentenni
è un tema ricorrente.
Un articolo pubblicato sul New
Yorker spiega come l’età adulta
sia scomparsa. Un genitore di
45 o 50 anni, oggi, ha gli stessi
gusti di un pischello di sedici: si
fa i selfie, li mette su instagram,
legge Harry Potter e vede Breaking Bad. La mia generazione è
forse l’ultima a vivere il pesante
confronto con quello che facevano i nostri genitori alla stessa
età.
Farai ancora teatro?
Il teatro non paga. Se riesci a
guadagnare abbastanza soldi
altrove ti puoi permettere il teatro. Ora vivo da solo, non posso
freakettonare.
Torniamo a The Pills. C’è grande
attesa per il film.
Tra poco inizieranno le riprese.
Sarà nelle sale ad ottobre, prodotto da Tao Due. Volevamo
mantenere l’aspetto episodico,
ma anche dare continuità alla
trama. Alla fine abbiamo cercato qualcosa nel mezzo, per evi-
tare l’effetto Ecce Bombo di Moretti.
“Repubblica” vi ha definito la
generazione “Ecce Bombo”
Oh, no! Madonna, che ansia
pazzesca...
E la tv?
Scrivo insieme a Matteo Corradini, Luca Vecchi e Luca Ravenna la serie Zio Gianni di Rai Due.
Siamo ormai alla seconda, ci recita anche mio fratello.
Raccomandato?
No, è un attore bravissimo,
l’opposto di me, che preferisco
scrivere. Meno male che in famiglia ci sono i genitori che
hanno un lavoro vero.
Un autore di riferimento?
Due, Matt Stone e Trey Parker,
gli autori di South Park.
Quindi rientri nella categoria dei
comici?
No, sono un neorealista non-
sense, alla Maccio Capatonda.
Come ti è cambiata la vita dopo
The Pills?
La gente ti riconosce per strada
e questo cambia la tua privacy.
Una ragazza mi ha scritto: “So
dove abiti, via, civico e piano …
Posso venire?” Ho avuto davvero paura.
Con uno sketch, voi The Pills
siete riusciti a far avere una preferenza a Giancarlo Magalli durante le votazioni per il Quirinale...
Ah, il potere di internet! Rido
molto con il video di Youtube
‘Dieci minuti di Boldrini che dice Magalli’. C’era già un certo
revisionismo della sua figura
sul web. Noi abbiamo amplificato l’onda, innalzandolo a icona hipster, così, a caso. E per
noi, le cose senza senso sono il
pane.
IN SCENA
Luigi di Capua. Sopra,
“Il più bel secolo della mia vita”
IRONIA SOCIAL
Povero Mou, zimbello di Twitter
da “Special One” a “Special Out”
di Andrea
Scanzi
e facessero un concorso sull’allenaS
tore più odiato del mondo, lui arriverebbe primo. Per distacco. E ne sarebbe felice, anzi felicissimo. Il problema, per José Mourinho, non è suscitare
antipatia ma essere silenziato dall’oblio.
Un rischio che al momento non corre.
Di sicuro, però, mercoledì avrebbe barattato una vittoria banale per una
sconfitta epica. Riuscire a perdere giocando quasi tutta la partita in superiorità numerica, dopo l’espulsione delirante di Ibrahimovic, gli ha regalato attenzioni di cui persino lui avrebbe fatto
a meno. Farsi eliminare non era semplice, nonostante il valore del Paris
Saint Germain (che comunque lui stesso voleva incontrare agli ottavi: accontentato). Lo Special One ce l’ha fatta,
sciorinando quel suo gioco oltremodo
innovativo con cui ha vinto tutto: catenaccio e contropiede. Una rottura di
zebedei di dimensioni ciclopiche: lo
spettacolo non lo ha quasi mai intaccato, e a lui – come ai tifosi – va bene
così. Purché però si vinca. Mercoledì il
suo Chelsea, con un Abramovič funereo in tribuna, è stato eliminato. Era
una delle favorite della Champions League e invece è già a casa. Ovvio che non
solo in Inghilterra, ma proprio in tutto
il mondo, la sua eliminazione abbia fatto godere molti. Anche Twitter è stato
saturato dagli sfottò. In pochi lo hanno
difeso, giusto qualche interista, ovviamente riconoscente per il Triplete.
QUALCUNO ha notato come, forse per
la prima volta, Mourinho non abbia accampato scuse nel post-partita: un
evento. Eppure, durante la gara, un po’
di sceneggiata l’aveva fatta: ora per un
rigore su Diego Costa (c’era), ora per
più recupero (non c’era) e ora per chissà
cosa. Nulla di nuovo: una volta, quando
allenava il Real Madrid, ovvero la società più potente del mondo, riuscì a
dare la colpa di una
sconfitta all’Unicef
(che tramava contro di lui). A proposito di alibi, su
Twitter gli hanno
consigliato di rivolgersi a Mazzarri:
“Mou, se hai bisogno di qualche scusa nuova, il suo numero ce l’hai”. Onnipresenti le foto di
un Mourinho piangente. Notevoli alcuni fotomontaggi,
per esempio quello
con lo Special One con i capelli di David
Luiz, ex Chelsea odiatissimo che Mourinho non ha mai rimpianto (ma che
mercoledì ha pure segnato). Strepitosa
la foto in cui la metro della Champions
League parte e lascia Mourinho al binario, con Ancelotti, Guardiola e Blanc
che lo guardano sghignazzando. Apprezzata anche l’immagine in cui ancora David Luiz abbraccia un Mourinho in lacrime e lo indica al pubblico
con aria di scherno. Di punto in bianco
lo Special One è diventato Special Out:
Mister Zeru Champions. E tutti ridono
di lui. Anche Verratti, uno dei migliori
del Psg, che in una foto pare sfotterlo
alle sue spalle.
L’istantanea
più
emblematica, però,
era quella in cui – in
area di rigore – due
giocatori del Chelsea si marcavano
tra loro. Come ha
scritto qualcuno,
dopo la marcatura a
uomo e quella a zona, Mourinho ha
inventato l’automarcatura.
Una
mossa perfetta per
perdere partite già
vinte.
20
SECONDO TEMPO
VENERDÌ 13 MARZO 2015
il Fatto Quotidiano
MASTERIZZATI
SUONI HIPPY
Chi si rivede,
il Flower power
“I LOVE YOU, HONEYBEAR” DI FATHER JOHN MISTY
RETRÒ COME DA ULTIMA MODA: OTTIMO RISULTATO
di Carlo Bordone
M
ai fidarsi di un
hippy. Era questa
la regola d’oro per
i punk e i loro figliocci degli Anni Ottanta, e a
quei tempi – dopo l’overdose
durata un decennio di pace,
amore, macrobiotica & musica
sempre più zuccherosa e inoffensiva – quel consiglio aveva
un senso. Come insegnavano
gli antichi, tutto cambia ma tutto è destinato a tornare.
Negli ultimi anni, una certa
sensibilità flower power si è insediata nei gangli della musica
pop – soprattutto in quella di
area “indie” – e ha contribuito a
far nascere dischi certo non innovativi ma tuttavia godibilissimi, paradossalmente freschi
nel loro riesumare un’estetica
sepolta decenni fa. E quindi ecco una nuova invasione di ca-
pelli lunghi fino ai fianchi, barboni, grafiche optical e suoni
ispirati a Crosby Stills Nash &
Young come ai Pink Floyd, agli
Zombies come a Santana. Tutte
influenze dichiarate nei curricula di gente come i Fleet Foxes
o Jonathan Wilson. Nel nuovo
disco firmato Father John Misty c’è un po’ degli uni e dell’altro. Dei primi, sorta di polifonica neo-hippy che ha riscosso
un buon successo qualche anno
fa, ha fatto parte Josh Tillman,
colui che si nasconde sotto il
nome d’arte di Papà John
(omaggio ai Mamas & Papas,
tanto per gradire) l’Oscuro.
Il secondo, musicista di gran talento anche se rimasto stilisticamente congelato al 1975, figura come co-produttore
dell’album. Il risultato è esattamente ciò che si può immaginare dall’unione di due visioni
musicali retroverse come le lo-
IL DUO
Ravenna, capitale
underground
ro. Detto ciò il connubio funziona alla grande, e I Love You
Honeybear contiene talmente
tanta buona musica e canzoni
talmente belle da porsi come
uno dei vertici assoluti di questo primo quarto di annata.
Con eccellenti possibilità di
mantenere la posizione anche a
fine campionato.
L’AUTORE ha presentato il lavo-
ro come una sorta di concept –
anche questo un concetto molto
vintage – ma l’argomento è così
fumoso (“relazione personali
immerse nel vuoto spirituale
contemporaneo”) che si può
tranquillamente evitare di affaticarsi a rintracciare linee narrative o di prestare troppa attenzione alle parole. Il consiglio,
piuttosto è quello di abbandonarsi totalmente al flusso di melodie tanto immediate quanto
accattivanti. A fare la differenza
di Pasquale Rinaldis
Joshua Tillman alias Father John Misty
sono gli arrangiamenti appena
al limite del barocco, il rigoglioso accompagnamento strumentale che gonfia con un afflato orchestrale brani dalla
struttura tutto sommato abbastanza semplice. C’è un’idea di
morbido muro sonoro che riporta inevitabilmente a Phil
Spector, ma si potrebbero mettere come segnali stradali anche
certi dischi di Elton John o dei
Supertramp. Così come, su un
versante diverso, è facile pensare ai Flaming Lips più “sinfonici”, depurati dalle stranezze e
IL CANTAUTORE
Canzoni per
stomaci forti
THE DOORMAN ©
DON JUAN & THE SAGUAROS ©
Don Juan & The Saguaros
South Side Song
ESSERE STUPITI – nella musica soprattutto –
è un gradevole segnale, suscita curiosità, interesse e desiderio di approfondire. I romani Don
Juan & c. sorprendono sin dalla prima traccia “Pickin” con un allegro e
gustoso country made in Italy legato a doppio filo alla tradizione americana blues. Seguaci del faro Johnny Cash, la band riprende tutte le
sfumature del blues divertendo e appassionando (“Take Your Time”,
“Rolling Down”). L’esordio discografico merita una citazione dei muscisti: Antonio Sorgentone al piano, Mirko Dettori alla fisarmonica,
Mario Monterosso e Fabio Pasquetto alla chitarra e Andrea Anania al
banjo (non sembra essere uno dei sedici figlia dell’omonima famiglia
ospite a Sanremo) uniti a Juan Fragala, Adriano Cucinella, Andrea Pisaturo e Andrea Palmieri (la band). Tutte le tracce sono scritte da Juan
Fragala, ispirate dai suoi lunghi viaggi nel Messico e negli U.s.a., suonando dalle cover di Dylan al rockabilly.
G. Bio.
DA LA SPEZIA
Vent’anni
di punk’n’roll
The Peawees
Wild Honey / Slowbeat
VINS Baruzzi e Luca Malatesta, entrambi da
Ravenna, pubblicano il terzo album interamente
composto e prodotto. Undici brani carichi di
tensione e atmosfere dark le cui tematiche spaziano dal disagio della
vita in provincia e la relativa alienazione. La voce colpisce in modo
indelebile, assomiglia a Brett Anderson degli Suede. Già ascoltando
“Abstract Dream” si entra in un territorio di grande compattezza sonora, un muro tra chitarre e ritmo molto vicino agli Editors. “A Long
Bridge Beetween Us” scende ancora più in profondità con un riff tagliente: ha la stessa freschezza di “Rain” dei Cult. “Like A Statue” profuma di singolo, è una perfetta armonia con un refrain semplice;
“Through My Bones” scomoda i migliori R.e.m. per l’incalzare della
tensione. “Technology” è una serie di domande sull’impatto di tutto
quello che di moderno ci ha invaso. The Doormen ha aperto i tour di
Paul Weller, dei Subsonica, Tre allegri ragazzi, Ministri e hanno vinto nel
2012 la selezione regionale di Arezzo Wave. È una delle migliori realtà
underground in circolazione.
Guido Biondi
Johnny Cash
in giro per Roma
dalle eccentricità, o alle ballate
caramellose di John Grant. Tutto molto bello, comunque, e tutto molto freak.
Al disco è accluso anche un libretto con degli ironici e poetici
“esercizi per l’ascolto” abbinati
a ogni canzone: cose tipo “comprate un prodotto tecnologico
che tra 50 anni sarà obsoleto, e
con esso scrivete messaggi, girate video o scattate fotografie
di qualcuno che pensate di amare, ma che siete sicuri non vi ricambi”. Ecco, appunto: mai fidarsi di un hippy.
20 YEARS AND YOU
STILL DON’T KNOW ME ©
Abstract (Ra)
Audioglobe
L’ESORDIO
Jack
Savoretti,
italiano
stran iero
in patria
NON C’È MODO migliore
per celebrare vent’anni di
carriera che pubblicare una raccolta densa e corposa quale “20 Years and You Still Don’t Know Me”.
È la nuova uscita dei Peawees, la migliore realtà
punk’n’roll della Penisola, anello di congiunzione tra
il r’n’r Anni 50 (Elvis), il punk Anni 70 (Clash, Ramones) e 80 (Social Distortion) e infine anche il
soul della Stax e della Motown. Nel disco il meglio
della produzione, selezionata con cura dal cantante
e chitarrista Hervé Peroncini: 27 brani che ripercorrono la storia della band di La Spezia, partendo
dagli esordi garage e punk, fino ad arrivare ad arrangiamenti più raffinati dalla forte impronta soul e
R&B. Per i cultori è un gran bel sentire, per tutti gli
altri un’ottima occasione per conoscerli.
Gabriele Barone
AMANTIDE
ATLANTIDE ©
Daniele Celona
NøeveRecords / Sony
UN DISCO per stomaci
forti. Con “Amantide
Atlantide”, di Daniele Celona, c’è da farci a pugni.
Il rock è alla base di un cantato che spesso si fa
recitazione e va giù, giù, fino al magma delle
viscere umane. Quelle scure, piene di contraddizioni e disfatte. Non son tracce per chi vuole
rilassarsi. Poche le parentesi distensive: una è
“Sotto la collina” dedicata alla città di Torino, e
l’altra “Atlantide”, cantata con la sempre convincente Levante (di cui Celona è stato chitarrista e pianista per il “Manuale Distruzione
Tour”). In questa discesa, che va tanto nell’introspezione quanto nell’analisi sociale, rialzarsi
non è che un’opzione, perché “nessuno vince
sempre”, “nessuno perde sempre”, ma il rischio
va corso (quello sì, sempre). Nel disco ci sono i
Nadàr Solo (basso, chitarra e batterie) ed è rinnovata la collaborazione con Mauro Talamonti
nel video di “Sud Ovest”. Fotografo e regista,
anche al fianco di Paolo Benvegnù, ha realizzato
per Celona anche il videoclip di “Mille colori”.
Diletta Parlangeli
“CONFESSO con gran dispiacere che con la mia musica ho trovato grosse difficoltà in Italia,
che è stato uno degli ultimi paesi
in Europa a invitarmi a suonare –
racconta Jack Savoretti, songwriter indipendente italo-inglese, nel nostro paese per presentare il suo ultimo disco Written in
Scars, con il quale si è anche aggiudicato il titolo di Miglior Nuova Proposta Internazionale agli
Onstage Awards 2015 –. Ho capito in seguito che dal punto di
vista musicale, l’Italia è un paese
con un sistema a porte chiuse, e
se è chiuso è destinato a rimanere uguale e a non evolversi”.
Nato a Londra, da padre genovese e madre tedesco-polacca, dopo aver trascorso l’adolescenza
in Svizzera, a Lugano, “una città
di una bellezza incredibile, specialmente dal punto di vista della natura”, è lì che ha iniziato a
scrivere le sue prime canzoni: “Il
fatto è che non c’era molto da
fare, suonare la chitarra assieme
agli amici era l’unico passatempo. La bellezza che c’è intorno ti
ispira, quell’ambiente ha reso romantica la mia adolescenza”. A
17 anni, dopo aver terminato il liceo, si trasferisce a Los Angeles,
per iscriversi all’Università di
San Francisco: “Ero in volo l’11
settembre 2001, quando è avvenuto l’attacco alle Twin Towers.
Sono arrivato in un’America
scossa, era un paese diverso da
quello che volevo vedere e dove
volevo stare, anche se ero affascinato da tutto quel che stava
succedendo”. Tornato a Londra,
intraprende la carriera di songwriter e Written in Scars disco
pop-folk di 11 brani in cui spicca
Home, è il suo quarto lavoro: “È
un album basato su un ritmo tribale, il mio intento era quello di
dare l’idea di un trionfo. Le canzoni, invece, sono ispirate da
luoghi e ambiti diversi, non sempre basate su esperienze specifiche, ma scritte con le cicatrici”.
LA BAND
Ai Verdena quel
che è dei Verdena
ENDKADENZ VOLUME 1 ©
Verdena
Black out / Universal
CI SONO voluti anni prima che i critici
musicali italici conservatori dedicassero
attenzione ai Verdena: inizialmente vennero derubricati un tanto al chilo come
“cloni dei Nirvana”, poi furono incensati
per il bizzarro doppio cd “Wow”, come i
nuovi salvatori della patria. In realtà, la
band dei fratelli Ferrari ha sempre avuto
argomenti, una sensibilità contemporanea e una certa originalità meritevole. Da
poco è disponibile il nuovo cd del trio,
“Endkadenz”. Si tratta del volume 1 di un
doppio, non però commercializzato allo
stesso momento: il v.2 arriverà in estate.
Come suona questo album, frutto di jam
di mesi? rispetto a "Wow" c'è più quadra.
I brani bizzarri sono pochi, torna la forma
canzone seppur secondo i canoni loro:
suoni ipercompressi e sporchi, tastiere,
bassi e chitarre filtrate attraverso octaver
e fuzz. I testi rimangono accessori, il songwriting è buono e tra la dozzina di canzoni ci sono buoni momenti: per esempio,
il singolo "Un po' esageri", grezzo ma
coinvolgente. Non male il doom elettrico
di "Inno a perdersi", il fluire di "Nevischio",
la botta di "Una fissa", il blues con batterie
campionati e fuzz di "Sci desertico". I critici di cui si diceva apprezzeranno il piano
e le trombetta synth di "contro la ragione";
i rockettari hanno un nuovo cd con batterie possenti, un filo psichedelico e dalla
produzione volutamente confusa, da
ascoltare senza imbarazzo in una Playlist
di americani e inglesi maestri dell'indie.
Valerio Venturi
SECONDO TEMPO
il Fatto Quotidiano
VENERDÌ 13 MARZO 2015
21
DARIA BIGNARDI
Le Invasioni
barbariche hanno toccato il 2 per cento di share
RAI UNO
IL PEGGIO DELLA DIRETTA
“La dama velata”,
è sceneggiato revival
di Patrizia Simonetti
ià il titolo ci riporta ad altri
G
tempi, a quel Ritratto di donna
velata trasmesso dalla Rai nel 1975
con Nino Castelnuovo e Daria Nicolodi, scritto e diretto da Flaminio
Bollini che aveva già firmato Il segno del comando, altro caro vecchio
sceneggiato, non ancora fiction e
neanche telenovela. Ha invece
molto dell’uno e dell'altra La dama
velata, melodrammone in costume
in 6 puntate da martedì in prima
serata su Rai1, una coproduzione
Rai Fiction, LuxVide e Telecinco
Cinema per la regia di Carmine
Elia, che fa anche un po’ Il segreto e
pure La schiava Isaura tra donne sottomesse e ribelli, amori, vendette,
abbandoni e riunioni tipici del
feuilleton, veleni e segreti come in
un thriller, e rivolte contadine in
una città, Trento, ancora sotto
l’impero austro ungarico. Anche
qui c’è una donna misteriosa che di
nero vestita e, ovvio, velata, guarda
da lontano la tomba con il suo nome. Clara nasce nella seconda metà
dell’Ottocento già con un segreto
addosso dal conte Vittorio Grandi,
padrone della tenuta San Leonardo, che non la vuole perché è colpa
sua, dice, se la madre è morta, così
la affida ai suoi contadini. Cresce
insieme a Matteo che un giorno le
dice “ti amo e voglio stare per sem-
pre con te” ma ciò non avverrà mai.
Invece per avere un erede e salvare
la tenuta, l’uomo la costringe a tornare in città e a sposare un altro
conte, tal Guido Fossà (Lino Guanciale), uno che con le donne si diverte parecchio.
DEL RESTO funziona così: anche
Carlotta che la porta a fare shopping in centro sta per sposare Ludovico cui è promessa da bambina,
ma “avrò una casa e darò un sacco
di feste, cosa posso volere di più?”
dice a Clara che le chiede dell'amore. All'inizio i due non si piacciono
granché e si insultano pure: lui la
chiama persino ragazzina e lei gli dà
addirittura del maleducato quando
gli soffia in faccia il fumo della sigaretta, però quando al ballo tutti la
evitano e la lasciano sola in mezzo
alla sala, è lui che si avvicina e “sei la
più bella della festa” le sussurra, prima di invitarla a ballare. Non mancano i parenti serpenti, zia Adelaide
(Lucrezia Lante della Rovere) e cugino Cornelio (Andrea Bosca), a remare contro di loro per il solito motivo che già allora fa girare il mondo: i soldi. Poi però neanche Guido
gliela racconta tanto giusta e Clara
non ci capisce più niente, comincia
a dare di matto e finisce nel fiume
lasciando solo una scarpetta come
Cenerentola, e pure la teoria che si
sia ammazzata da sola vacilla.
Le “Invasioni” di Daria,
di barbarico è rimasto poco
di Emiliano
Liuzzi
on si respira una buona aria in
casa di Daria Bignardi: l’ultima
N
puntata delle Invasioni Barbariche è
scesa al 2,1 per cento di share, e così
rischia di vedersi annullare dalla rete, La 7, una trasmissione che altro
non è che una lunga e mai scomoda
intervista a ospiti che più o meno
sono sempre celebrità, almeno nel
loro campo. Né il primo né l’ultimo
flop, come per tutti i conduttori che
si rispettino. A dire il vero di successi
assolutamente resistibili, la Bignardi, in carriera, non ne vanta molti.
C’è il Grande Fratello, prima e seconda
edizione, ma parliamo di svariati anni fa. Era una scommessa per niente
facile, e la vinse. Dopo, il poco.
CASE, SPECCHI, collegamenti, ascol-
ti milionari, avrebbero dato alla testa
a chiunque. Ha fatto incetta di Telegatti (non di Emmy), ma poi la sua
personalissima ascesa si è inceppata.
Eppure frequentare la stanza tv di
Daria resta comunque risultato ambito. Lo si percepisce dalle grandi
smancerie che gli ospiti le riservano.
Mercoledì, dopo una serie di curve al
ribasso, la ragazza di Ferrara, ha toccato il fondo. Ma i segnali erano questi da tempo: mai un picco, neanche
quando Matteo Renzi scelse la sua
trasmissione per andare a mettere a
nudo il privato. Fu una delle prime
volte che i giornali titolarono “Renzi
in tv non fa più ascolti da record”. In
realtà è il programma che dimostrava
di essere già a corto di trovate. Le
Invasionilo scorso anno, nello stesso
periodo, incassavano un consolidato
4 per cento. Una soglia che avrebbe
permesso la tranquilla navigazione.
Non un successo memorabile, vista
la prima serata, ma comunque un
buon risultato. Mercoledì è arrivato
al 2,1 per cento, metà del pubblico
perso in dodici mesi e in un continuo
scendere. E per questo Urbano Cairo, come già aveva fatto con Salvo
Sottile, potrebbe decidere di tagliare
tutto, dalla sigla ai titoli di coda, Bignardi inclusa. Difficile capire il perché di un ascolto più che dimezzato:
in studio, oltre a Daniela Santanchè,
garanzia per qualsiasi trasmissione,
Gli ascolti
di mercoledì
CHELSEA-PSG
Spettatori 4,13 mln Share 15,2%
THE VOICE OF ITALY 3
Spettatori 2,91 mln Share 12,06%
c’era anche Gianni Barbacetto, firma
del Fatto Quotidiano, uno dei più autorevoli cronisti se si parla dei guai
giudiziari di Silvio Berlusconi.
MA NON C'È STATO nulla da fare.
Peccato. E che nessuno pensi che ce
l’abbiamo con Daria Bignardi. Volevamo solo sdrammatizzare ascolti
che sono da profondo rosso e ribadire quanto scritto più volte. Putroppo, la tv degli ultimi anni, grandi idee
non le ha. E tra quelli che non se la
passano bene e rischiano chiusure
anticipate ci sono anche Elisa Isoardi
e Concita De Gregorio, la prima neo
fidanzata di Matteo Salvini, l’altra ex
direttore dell’Unità tornata a scrivere
per Repubblica: Mamma Rai è pronta
a mandare in archivio A conti fatti su
Raiuno e Pane quotidiano su Raitre. E
il legame del leader della Lega Nord,
nel caso della Isoardi, ovvio, pare che
non c’entri niente, o comunque poco: il problema è che i due programmi dal punto di vista degli ascolti non
funzionano per niente e in Viale
Mazzini, di questi tempi, non se lo
possono proprio permettere.
VELVET
Spettatori 3,58 mln Share 12,9%
CHI L’HA VISTO?
Spettatori 2,95 mln Share 12,21%
22
SECONDO TEMPO
VENERDÌ 13 MARZO 2015
il Fatto Quotidiano
GIUSTAMENTE
IL BAVAGLIO
La storia riscritta
dagli squadristi
di Gian
Carlo Caselli
U
niversità di Torino: alcuni figuri (“autonomi”
secondo il cronista) imbrattano una targa intitolata a Paolo Borsellino e
non contenti pestano a sangue – trauma cranico – un
ragazzo che aveva osato
chiedere loro se fossero impazziti.
Università di Firenze: alcuni
bulli consociati in un “Collettivo Scienze politiche” impediscono – con bieche minacce – una manifestazione
organizzata da “Libera” in
preparazione della giornata
nazionale in memoria di tutte le vittime di mafia con la
presenza di centinaia di familiari.
Se dei cialtroni non riescono
ad avere alcun rispetto neanche per le vittime della mafia
e la sofferenza dei familiari, è
del tutto evidente l’abisso
profondo di inciviltà che li
ha inghiottiti. Ed è un’inciviltà che può facilmente generare mostri. Di più: poiché
si tratta di studenti (?), è altrettanto evidente che cotanta inciviltà non può che essere il risultato di una spaventosa ignoranza. Che diventa arroganza, intolleranza e violenza tutte le volte
che il branco riesce a trasformare la vigliaccheria in protervia, magari con la connivenza di chi non vuole fastidi. Ci sono – tutti – gli ingredienti “classici” dello
squadrismo.
Ogni squadrista ignorante
ama riscrivere la storia a proprio uso e consumo, inventandosi idiozie che poi racconta come fossero verità di
fede. Così è stato per il Collettivo di Firenze, che per
impedire la manifestazione
di “Libera” ha messo nel mirino il sottoscritto, accusandolo di essere un “nemico”
cui doveva essere negata in
ogni modo la parola, a causa
di “colpe” assolutamente farlocche individuate con patologica fantasia.
I TERRORISTI delle Brigate
rosse e di Prima Linea non
erano delinquenti che praticavano con ferocia omicidi e
gambizzazioni. Erano anzi,
secondo il Collettivo, “movimenti sociali di operai, studenti e contadini che rivendicavano un cambiamento
rivoluzionario verso una società più giusta” .
E chi li ha combattuti con i
codici (come ho potuto fare
io, in quanto più fortunato
dei colleghi Guido Galli ed
Emilio Alessandrini, uccisi
dal piombo terrorista) va punito per sempre togliendogli
il diritto di parola nella libera
(?) Università di Firenze.
Un’altra mia colpa è di aver
chiesto il trasferimento da
Torino a Palermo per dirigere quella procura dopo la
morte di Falcone e Borsellino, assumendo come cifra
della mia azione la “ragion di
Flash mob della Sinistra universitaria e Libera a difesa di Caselli Ansa
stato” e non più la “intransigenza legalitaria esercitata
abbondantemente contro i
militanti politici”.
Come diavolo si possa blaterare di intransigenza legalitaria venuta meno, a fronte
dei 650 ergastoli e della montagna di anni di reclusione
che sono il bilancio dei 7 anni
in cui ho diretto la procura
(oltre ai processi ad imputati
eccellenti come Andreotti e
Dell'Utri), è ragionamento –
si fa per dire – che solo i sofisticati scienziati politici del
Collettivo possono capire.
Ma questa sequenza di stupidaggini è finalizzata a preparare la stoccata finale,
quella sulle inchieste torinesi
per i reati commessi in Valsusa dalle frange estremiste
dei “No Tav”.
E QUI RICASCA l’asino. Per-
ché una ferrovia con le vittime di mafia c’entra meno di
niente. Per cui è evidente che
il Tav (come sempre più
spesso avviene) è evocato a
mo’ di feticcio o di pretesto
per altri scopi, magari senza
neanche sapere bene cosa sia
quest’alta velocità.
Pretendere di zittire qualcuno non è un fatto solo personale. È un attentato alle libertà e ai diritti che sono patrimonio di tutti, finché resisterà la democrazia che
questi facinorosi odiano. Sullo sfondo c’è l’obiettivo di ottenere impunità per i reati
ovunque commessi nell’esercizio delle funzioni di antagonisti organizzati, a partire
dagli attacchi violenti contro
il cantiere di Chiomonte e gli
operai che ci lavorano per
portare a casa la giornata.
Mentre si stringe, sempre più
soffocante, un cappio intorno al collo di chi rivendica il
diritto di continuare a discutere liberamente dei costi e
dell’opportunità dell’opera.
Ma almeno una volta i soloni
del Collettivo la raccontano
giusta, quando ammettono
che la legalità non può essere
la loro bandiera. Come a dire
che la legalità vale solo per gli
altri, per i fessi. Non un principio costituzionale, ma un
paio di ciabatte da mettere
solo se fa comodo. Un assunto che non è propriamente in
linea con la democrazia. E
che dimostra come vent’anni
di assalto alla giurisdizione
abbiano ampiamente diffuso
la moda del tiro al piccione
del magistrato scomodo.
PIERO Calamandrei, scrivendo di un giudice che era
“una coscienza tranquillamente fiera, non disposta a
rinnegare la giustizia per fare
la volontà degli squadristi”,
concludeva che “tra le tante
sofferenze che attendono il
giudice giusto, vi è anche
quella di sentirsi accusare,
quando non è disposto a servire una fazione, di essere al
servizio della fazione contraria”. La disgustosa vicenda di
Firenze dimostra che il vizio
di denigrare (e schedare) chi
non vuole omologarsi al pensiero della teppaglia è duro a
morire.
Assuefatti al privilegio
Tanto “siamo in Italia”
di Bruno
Tinti
n CENA, amici. Funzionari
dello Stato, universitari, avvocati. Tutti politicamente
moderati; un paio di simpatie
berlusconiane. Commentiamo i viaggi di Mattarella a
Palermo e a Firenze: voli Alitalia, treno e tram. Con sorpresa li scopro tutti poco impressionati, i berlusconiani
addirittura aggressivi. “Populismo, esibizionismo, captazione del consenso, quanto
è costato l’apparato di sicurezza?”. I berlusconiani ho
creduto di capirli subito:
Mattarella era ministro della
Pubblica Istruzione nel 1990,
quando si dimise per protesta contro l’approvazione
della legge Mammì che legittimava il monopolio televisivo di Berlusconi; un’ostilità personale. Ma no – ho
pensato subito dopo – questa è gente seria, non può
credere davvero che tutto si
riduca a contrasti soggettivi.
Poi mi è venuto in mente che
l’essere Mattarella un giurista e un giudice costituzionale lo inseriva naturalmente
in quella categoria che da
sempre è stata l’incubo di
Berlusconi e dei suoi: persone che non considerano l’interesse personale e politico
della classe dirigente un
buon motivo per violare Costituzione e leggi. Benché più
fondata, questa interpretazione mi è sembrata comunque debole: lo scetticismo di
costoro era condiviso anche
dagli altri amici, conservatori
illuminati, certamente non
simpatizzanti dell’illegalità al
potere. Allora?
La risposta è arrivata quando, nei miei tentativi di far
apprezzare queste scelte di
Mattarella, ho ricordato che
quello che ci sembrava così
strano, era la norma nei Paesi
del Nord Europa. Ho citato
Anna Lindh, il ministro degli
Esteri svedese che era andata a fare la spesa, da sola e
senza la scorta, in un supermercato dove era stata assassinata (nel 2003) da un
serbo, tale Mijailovic; ho detto che erano questi comportamenti a legittimare la classe dirigente di quei Paesi e a
garantire una vera democrazia. Tutti in coro mi hanno interrotto: “Che c’entra, quelli
sono Paesi diversi, qui siamo
in Italia!” A questo punto ho
capito. Il fatto è che noi non
siamo ostaggio di una politica inquinata dal malaffare,
dedita alla razzia e al privilegio, che ha occupato il potere non si sa bene come e di
cui un giorno ci libereremo.
Noi siamo il terreno in cui
PER NATURA
Siamo noi il terreno
in cui la mala pianta
del malaffare si è
sviluppata; la classe
dirigente è l’espressione
del nostro popolo
questa mala pianta si è sviluppata; la nostra classe dirigente è l’espressione del
nostro popolo. Il cittadino
medio si aspetta che al potere politico si accompagnino privilegi che, se mai riuscisse a farne parte, rivendicherebbe per se stesso. Chi
gestisce l’amministrazione
del Paese, secondo questo
modo di pensare, non è gravato di un servizio ma gratificato di un potere; i cui segni esteriori sono irrinunciabili (e per questo un ministro
non gira in bicicletta e un
presidente della Repubblica
non prende il tram) e i cui
eventuali abusi sono inevitabili.
HO RICONOSCIUTO la
ragionevolezza dell’obiezione e ho provato a contrastarla: “È vero, ma bisogna pur
cominciare. E comportamenti come questi di Mattarella sono l’inizio. Fanno
capire che si può cambiare.
Per questo – ho aggiunto – se
anche fossero costati il doppio (per via della sicurezza)
di un aereo militare e di un
elicottero che secondo voi
sono il mezzo di spostamento naturale di un presidente
della Repubblica, sarebbero
stati comunque un investimento fruttuoso. Se ne derivasse un consenso, qualcun altro potrebbe decidere
di imitare Mattarella. E quello che all’inizio sarebbe frutto di un calcolo potrebbe diventare uno stile spontaneo”.
n
COSTITUZIONE
Democrazia o mucca pazza?
di Nicola
Tranfaglia
egli ultimi anni nel nostro Paese
N
c’è stato l’avvento di nuove destre cresciute con Forza Italia e la Lega
vrebbero votare di nuovo il testo della
riforma che già il leader di Forza Italia
da parte sua ha già definito senza esitazioni “il rischio di una deriva autoritaria”.
Siamo insomma – per usare l’espressione dello scienziato politico Alfio
Mastropaolo – alla vigilia del referendum confermativo popolare che nel
2006 respinse la proposta del Polo della Libertà di fronte a un ritorno della
terà fino in fondo la riforma prevista
alla Camera con sedute già previste
dalle 9 alle 23 o non saranno piuttosto
i deputati di Forza Italia a spaccarsi
con i seguaci di Fitto pronti a votare
assieme ai grillini e alle altre opposizioni, come è già avvenuto al Senato in
occasione dell’esame dell’Italicum di
cui il governo vuole essere in grado di
liberarsi (nel senso che la legge possa
essere approvata) in quella settimana
o, al massimo, nella successiva.
Nord di Salvini favorite dal declino
della politica, dalla delegittimazione
del settore pubblico, dagli equivoci
populisti e dalla chiusura oligopolistica. A questo si sono unite le variazioni
antipolitiche che vengono dalla presenza in Europa di altri partiti populisti a cominciare da quello belga, francese, inglese, svizzero e
IL DISEGNO
IL PROBLEMA, peraltro, non
austriaco.
quello di finire un giorno o
Ma quello che sta avvenendo in
La riforma della Carta èuna
settimana prima, ma è
Italia, con la riforma costituziopiuttosto quello di riuscire ad
nale che ha deciso di avviare il
decisa dal governo
andare avanti proprio nella
governo Renzi, significa sicuraRenzi è purtroppo
parte più decisiva e impormente un cambiamento molto
tante del programma che si è
negativo per il nostro Paese. “In
un cambiamento
ripromesso di superare posieffetti – afferma il costituzionativamente il capo del goverlista Stefano Rodotà in un’intermolto negativo
no. Se l’obiettivo non fosse
vista – si tocca anche la forma di
per il nostro Paese
Matteo Renzi LaPresse
raggiunto, Renzi potrebbe
Stato e cambierà l’equilibrio tra
preoccuparsi di nuovo e molgovernanti e governati e a ogni
to per il suo cammino. Come
modo, si tratta di un mutamento
“mucca pazza della democrazia”.
dicevo all’inizio, la mucca pazza c’è annotevole della forma di governo”.
Cioè, di fronte a una crisi della de- cora, viva e vegeta, e il declino evidente
CON IL PATTO del Nazareno, siglato il mocrazia contemporanea, aggredita di Berlusconi e di Forza Italia non ba19 gennaio 2014 (successivamente rot- dalle nuove destre che si rifanno più o stano forse a rassicurare fino in fondo
to) finisce sicuramente il bicamerali- meno alla sindrome populista, la de- il giovane ex sindaco di Firenze sui
smo perfetto, il Senato è ridotto a 100 mocrazia si trova in difficoltà e incorre pericoli della situazione attuale di
presenze con i consiglieri regionali in- perciò in deviazioni pericolose.
fronte a una crisi economica non andicati dalle Regioni, approvato in pri- Del resto, la minoranza del Partito de- cora superata, i giovani costretti, se
ma lettura al Senato presentato dal mi- mocratico ha presentato, tramite i de- studiano, a lasciare l’Italia o ad attennistro per le Riforme Maria Elena Bo- putati Andrea Giorgis e Alfredo D’At- dere, senza molte speranze, qualche
schi e dovrà ricevere nuove votazioni torre, emendamenti precisi che riguar- opportunità di lavoro e il pericolo di
(a distanza di tre mesi da Camera e dano anzitutto l’articolo sui capilista agitazioni diffuse delle categorie in
bloccati previsti dal disegno di legge. E maggiore difficoltà nella società italiaSenato su un testo identico).
A quel punto, Camera e Senato do- non si sa se la minoranza alla fine vo- na.
SECONDO TEMPO
il Fatto Quotidiano
VENERDÌ 13 MARZO 2015
23
A DOMANDA RISPONDO
Furio Colombo
Sindrome da obbedienza
della minoranza dem
Gentile direttore Travaglio, desidero far pervenire al professor Viroli la
mia totale adesione alle
sue considerazioni e ai
suoi giudizi sul comportamento dei cosiddetti
“dissidenti Dem”, con in
testa i vari Bersani, Cuperlo, ecc. L’analisi di
Maurizio Viroli sulla sindrome da “obbedienza”
di cui sarebbero affetti
tutti questi presunti dissidenti, ma soprattutto
Bersani, Cuperlo, la Bindi, che molto dichiarano
senza vergogna, è una
analisi sicuramente corretta, ma questa “sindrome”, per svilupparsi, deve
trovare spazio in una
completa assenza di coscienza civile e di senso di
responsabilità, e questa
totale assenza mette paura, perché vuol dire che
questi cosiddetti uomini
sono capaci di tutto, senza
scrupoli e senza etica. E
senza senso dell’umorismo. Perché dire “questa è
l’ultima volta che abbiamo votato sì”, sapendo
che, con quel sì, si stravolge la Carta costituzionale
in modo quasi irreparabile, è quasi una cinica battuta. Non si comprende
l’utilità di assicurare che
voteranno “no” in futuro,
mentre il danno enorme e
definitivo, oggi, con il loro “sì”, è compiuto. Oppure fa venire in mente il
cittadino che vota “si” alla
propria condanna ma dichiara che in futuro voterà no! Resta una domanda, alla quale Viroli risponde con la suggestiva
ipotesi “dalle Frattocchie
ai talk-show” e con la cultura vetero Pci, ma non
mi basta. Perchè un gruppo di ex-giovani, intelligenti e preparati, scomparso il “padre/partito”,
hanno passato vent’anni
di compromissioni e di
miserevoli accordi, hanno perso, se mai l’hanno
avuta, ogni velleità “riformista” e “progressista” e si
riduce a questi miserevoli
comportamenti e a questa
perdita totale di dignità?
Perchè ignorano le aspettative che milioni di citta-
dini avevano riposto in
loro? Per lo stipendio non
credo, perché ormai sono
tutti gratificati da cospicue pensioni, resta l’ambizione senza valori.
Giorgio Castriota
Rispondo volentieri alle
domande serie, che mi
pongono Giorgio Castriota e altri gentili lettori. Ribadisco il mio giudizio sulla minoranza dem, Bersani in primis, come persone
senza dignità, senza intelligenza politica, senza senso di responsabilità repubblicana. Giudizio che confermo con convinzione ancora maggiore dopo aver
letto la giustificazione che
Gianni Cuperlo ha dato
del suo voto alla riforma
costituzionale “In discussione c’è l’unità e la tenuta
del Pd”. Come se l’unità di
un partito, di qualsiasi
partito, fosse più importante della Costituzione!
Provo per questo modo di
ragionare un sentimento
di ribrezzo e di disprezzo
totale, soprattutto quando
leggo che all’interno dello
la Costituzione”, “L’unica
ditta è la Repubblica”, ha
scritto. Quanto alla questione che pone Castriota,
rispondo che gli ex giovani
intelligenti e preparati cresciuti nel Pci hanno abbandonato le velleità riformiste e progressiste e si
sono piegati a ogni sorta di
compromesso, dagli accordi con Berlusconi
all’osceno voto di pochi
giorni fa, perché credono
che scopo dell’azione politica sia semplicemente la
conquista del governo. Per
loro il governo non è mezzo ma fine. E al fine supremo dell’essere al governo
può essere sacrificata ogni
altra considerazione. Vogliono essere ‘più bravi’ di
Berlinguer, e per esserlo,
nella loro mente distorta,
devono realizzare ciò che
Berlinguer mai realizzò,
vale a dire conquistare il
governo. Se a questo aggiungiamo lo spirito gregario che impone di obbedire al segretario del partito e la mancanza di ogni
traccia di idealità, mi pare
che la spiegazione dei loro
Le adozioni
dei bambini
“pacco”
CARO FURIO COLOMBO, la nuova legge sulle adozioni presenta due anomalie
grandi come una casa: non è previsto
mai, come in passato, ascoltare la voce
dei bambini che vengono affidati o adottati o lasciati perdere, sempre come oggetti e non come persone. Ed è fatto
esplicito divieto alla possibilità di adozione da parte di un singolo (vuol dire
non sposato), persino se fosse papa
Francesco in persona. Tutto sommato,
una nuova legge Giovanardi.
Nicoletta
NO, LA NUOVA LEGGE contiene una
grandissima differenza. I genitori affidatari (ovvero coloro che hanno in custodia
un bambino che al momento è senza famiglia, ma che non è “adottabile” perché, per
esempio, i due genitori sono in prigione o
non sono in grado, al momento, di fare i
genitori) adesso possono diventare i genitori legali di quel bambino (si chiama
“continuità affettiva”) se, per le tante ragioni che si possono immaginare, i giudici
lo dichiarano adottabile. È un fatto importante perché rimuove un divieto assurdo che ha creato non pochi drammi e sofferenze e lotte quasi mai a lieto fine. Infatti, una assurda norma prevedeva, nella
legge precedente, che chiunque potesse
candidarsi ad adottare il bambino “affidato”, tutti tranne gli adulti “affidatari”.
Si ordinava, in tal modo, lo sradicamento
di anni di convivenza e di affetti. I legislatori, è purtroppo noto, possono commettere errori clamorosi. E questo, inconcepibile e incomprensibile, è stato corretto. Invece resta, in tutta la sua ottusità, il divieto
di adozione da parte di una persona sola,
anche se ha l’età giusta, la disponibilità, i
mezzi, la qualità umana e il desiderio di
essere padre o madre. La risposta, imbarazzante per eccesso di banalità, è che un
bambino deve avere un padre e una madre. Dovrebbe avere anche una casa, se
stiamo parlando della ottimale felicità del
bambino, la sua stanzetta con giochi, una
scuola di qualità vicina e gratuita, un’in-
la vignetta
stesso partito, c’è chi ragiona da galantuomo e da autentico parlamentare repubblicano: Pippo Civati.
“Non darò il mio voto alla
riforma costituzionale. Lo
faccio senza pensare alla
questione delle correnti
del Pd e ai rapporti con la
segreteria, perché questa è
miserabili comportamenti sia abbastanza convincente.
(M. Trav.)
Partiti e clientele: oggi,
proprio come 34 anni fa
Sono inutili le recriminazioni sulla scarsa affluenza ai seggi, che diminuisce
la rappresentatività degli
eletti, se i primi ad archiviare la democrazia al loro
interno sono i capi dei
partiti. Costoro, spesso, si
comportano non da leader, legittimati dagli
iscritti, ma da padroni,
che pretendono, e premiano, l’obbedienza e il
il Fatto Quotidiano
Direttore responsabile
Marco Travaglio
Direttore de ilfattoquotidiano.it Peter Gomez
Vicedirettori Ettore Boffano, Stefano Feltri
Caporedattore centrale Edoardo Novella
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Redazione
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Editoriale il Fatto S.p.A.
segnante alla Mary Poppins, la palestra
con piscina, la casetta sull’albero e un cane
labrador. In mancanza di alcuni di questi
doni, che – infatti – mancano ad alcuni
piccoli cittadini, qual è la cosa che conta?
Tutti direbbero: l’amore. Non secondo i
nostri legislatori. Secondo loro o ti adotta
una famiglia formato Tv dei ragazzi, padre di robusta complessione e madre amorevole, o resti all’orfanotrofio, e che qualcuno ti voglia e ti ami non ha alcuna importanza. Apprendo dalle cronache due
tristi particolari. Il primo è che la deputata
Puglisi, intelligente proponente della norma giusta, che avrebbe fatto la legge davvero nuova, l’ha ritirata “per non far ritardare il provvedimento” (sue parole). Mossa sbagliata e cattiva motivazione, data
l’importanza di questa parte della legge
per poterla dichiarare nuova. Il secondo è
che i Giovanardi del nostro mondo parlamentare temevano un complotto dei gay
per penetrare non visti nel mondo delle
adozioni di finti single, in realtà perversi
nemici della famiglia. E continuano a dirti
che la felicità è due genitori. È una verità.
Ma una parte della verità. Una famiglia
può essere un inferno. E tutti abbiamo visto splendide famiglie di un grande e di un
piccolo, e riuscitissime vite di due uomini o
due donne con uno o due festanti bambini.
Resta ancora un pericoloso vuoto: perché
non ascoltare i bambini, almeno dai sei
anni in su, con le dovute precauzioni e la
necessaria esperienza? Invano ho proposto e riproposto, fin dal 1996, l’istituzione
di un “avvocato del bambino”, nominato
dal giudice e attivo in modo indipendente
per rappresentare esclusivamente l’interesse e la scelta dei piccoli, ogni volta che
una causa fra adulti li riguarda e decide
del loro destino. Invano. Giudici, avvocati
e legislatori hanno una sconfinata e mal
riposta fiducia nella saggezza superiore
degli adulti. Purché sposati.
Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano
00193 Roma, via Valadier n. 42
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servilismo dei dirigenti,
nominati e non più eletti
in Parlamento. A Matteo
Renzi, che ha inserito
Enrico Berlinguer nel
Pantheon dei padri del
PD, forse sarebbe
utile rileggere i concetti su
cui insistette lo storico
leader comunista, che
venne intervistato da
Eugenio Scalfari, allora
direttore di “Repubblica”,
il 28 luglio di 34 anni fa: “I
partiti sono, soprattutto,
macchine di potere e di
clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita
e dei problemi della società o della gente, idee, idea-
Lucia Calvosa, Luca D’Aprile,
Peter Gomez, Layla Pavone,
Marco Tarò, Marco Travaglio
Pietro Mancini
Sentenza Ruby: aspetti
che non vanno trascurati
Dopo aver visto le indecenti scene di esultanza
delle varie donne di Berlusconi e di Forza Italia,
credo che sarebbe bene
che venissero evidenziati
quei passaggi della assoluzione in appello, che appunto nulla negavano circa prostituzione e cene
eleganti ad Arcore, ricordandoci che il presidente
del Tribunale si era dimesso non condividendo
il verdetto. Comunque
anche il commento di
Cantone, della Cei, e la richiesta proroga delle indagini per il Ruby-ter fanno ben sperare
Bianca Ronchi
DIRITTO DI REPLICA
Con riferimento a quanto
apparso ieri sul suo giornale nel breve articolo
“Amnesie Multilaterali Gentiloni e la faccia triste
del Messico”, desidero
precisare che il ministro
Gentiloni ha affrontato la
questione della tragica vicenda della scomparsa di
43 studenti messicani a
Iguala, negli incontri avvenuti nel corso della sua
missione. Il ministro
Gentiloni non ha mancato di sottolineare il tema
anche nel corso dell’unica
intervista rilasciata durante il suo viaggio al principale quotidiano messicano “Reforma”, apparsa
in versione cartacea e
online.
Stefano Verrecchia, servizio
per la Stampa, Ministero degli
Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale
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ULTIMA PAGINA
VENERDÌ 13 MARZO 2015
SEGUE DALLA PRIMA
di Marco Travaglio
razie al silenzio o alle bugie
G
delle testimoni, l’ha fatta
franca nel Ruby-1. E, quanto al
Ruby-3, campa cavallo: fra primo, secondo e terzo grado, ci si
rivede fra 7-8 anni: quando B. ne
avrà 86-87 e forse, chissà, sarà
politicamente fuori gioco. A quel
punto qualcuno potrebbe ricordarsi della sentenza di martedì
sera: quella che l’ha assolto
dall’induzione perché la Severino l’ha di fatto resa impunibile, e
dalla prostituzione minorile perché le prove sulla sua consapevolezza della minore età di Ruby
sono insufficienti. Chi avrebbe
potuto fornirle, quelle prove?
Ruby e le olgettine, che però –
sempreché l’ipotesi accusatoria
regga al vaglio processuale – sono state corrotte. Il processo Ruby-1 non si potrà rifare (ne bis in
idem), ma almeno sarà legittimo
ritenere l’assoluzione in appello e
in Cassazione un errore giudiziario, e rivalutare – almeno sulla
prostituzione minorile – la condanna in Tribunale. Questa, naturalmente, è un’ipotetica del
terzo tipo, almeno in Italia, dove
il panorama mediatico è dominato da giornalisti e commentatori stipendiati da B. I quali, senza un filo d’imbarazzo per il loro
conflitto d’interessi di impiegati
dell’imputato, continuano a
pontificare sui processi al principale tirandosela da osservatori
super partes. Montano in cattedra
e chiamano sul banco degli imputati chi ha sempre scritto la verità, intimandogli di discolparsi,
pentirsi, scusarsi col puttaniere.
I più spudorati fanno a gara a
inventarsi costi immaginari di
un processo costato 65 mila euro (Il Tempo li calcola in “mezzo
milione”, Salvini in “qualche
milione”, Libero in “500 miliardi”: chi offre di più?). I più impermeabili al ridicolo, tipo
quello con le mèches, scrivono
che “l’Italia aveva già capito tutto” e “la gente aveva emesso già
da tempo la sua sentenza”: infatti, dopo Ruby, il padrone ha
perso appena 6,5 milioni di voti.
I più commoventi sono gli Stanlio e Ollio del Foglio. Stanlio, il
direttore Cerasa che si ostina a
scrivere di giustizia senza distinguere un codice da un paracarro, vaneggia di un presunto “reato di cena elegante”, come se nel Codice penale non esistessero la concussione, l’induzione e la prostituzione minorile e, anziché farsi qualche domanda su chi gli paga lo stipendio, emette la sua personale
condanna contro i veri “colpevoli”: “i professionisti del moralismo, i campioni del pornogiornalismo”. Ollio, l’ex direttore Ferrara, rivendica orgoglioso la manifestazione autobiografica “Siamo tutti puttane” da lui promossa per difendere quello che da vent’anni e
più gli passa la mesata: l’amichetto della nipote di Mubarak
(una “storiella alla Totò” che
“chi non possiede il sense of humour” non può cogliere). Sempre Il Foglio ricorda che pure i
processi per le tangenti Fininvest ai giudici romani, svelati da
Stefania Ariosto, “finirono tra
proscioglimenti e miserie personali della supertestimone”: tipo le condanne di Previti, Metta, Pacifico e Acampora a 7 anni
e mezzo per Mondadori e
Imi-Sir.
In qualunque paese la parola di
questi gazzettieri olgettini varrebbe una cicca. In Italia, oro
colato. È ora di riabilitare Ruby
e le altre olgettine: anche loro
raccontano un sacco di balle,
ma almeno si fanno pagare meglio.
STOCCATA E FUGA
Matteo Renzi
e i gattini
ciechi
della sinistra
di Antonio
Padellaro
uperlo al Tg3 evoca la scisC
sione senza nominarla. Dice che su un tema come la qua-
lità della democrazia “non è in
gioco il governo, ma il destino
del Pd” e che non è in discussione “il rapporto tra maggioranza e minoranza, ma
l’identità del Pd”. In altre
epoche una minaccia del genere avrebbe mobilitato il
partito e messo alle corde il
segretario costringendolo a
chiarire, sopire, rassicurare. E
invece Renzi non se ne cura,
mentre il vicesegretario Guerini
sbriga la pratica con la sufficienza del già visto e già sentito.
Poi appare Debora Serracchiani
che ha sempre il sorrisetto di
chi prende in giro i poveri sinistrati. Stalin disprezzava come “gattini ciechi” i compagni che vagavano senza meta in-
capaci di comprendere la realtà.
La sinistra pd, nel suo deambulare tra protesta e disciplina,
trasmette lo stesso senso di
smarrimento. Perché se Cuperlo minaccia di andarsene, Bersani non fa che ripetere “Questa
è casa mia”, mentre Civati sforna battute salaci: “Per molti della minoranza dem la battaglia
da combattere è sempre la prossima”. Ma se anche l’opposizione a Renzi decidesse la scissio-
il Fatto Quotidiano
ne, sarebbe per andare dove?
Con Vendola e Tsipras? Oppure verso un nuovo partito?
E nel caso, visto che i bersaniani sono per la fedeltà alla
“ditta”, avremmo una scissione nella scissione? Questo
Renzi lo sa talmente bene da
non preoccuparsene più. E lo
sa anche Cuperlo che infatti,
tra allusioni e minacce, la parola proibita evita di pronunciarla.
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