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Jobs Act, come fregare i lavoratori e fare soldi
Renzi: election daydomenica 31 maggio per Amministrative e Regionali. Giusto per un megaponte con il 2 giugno. A seggi semivuoti, gli piace vincere facile Venerdì 13 marzo 2015 – Anno 7 – n° 71 e 1,40 – Arretrati: e 2,00 Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230 Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009 AVEVA RAGIONE LA BOCCASSINI Altro che “risarcire” il Caimano: la sentenza d’appello confermata in Cassazione dimostra che la prostituzione anche minorile e l’abuso di potere ci sono stati. Ma è cambiata la legge. L’Anm: “Nessuna responsabilità civile per i pm”. La Cei: “Assolto, ma il dato morale è un altro” Barbacetto » pag. 2 - 3 SOLO I VESCOVI PARLANO CHIARO di Marco Politi ell’Italia dell’amnesia c’è una sola istituzione che N ricorda che la sentenza della Cassazione non » pag. 3 lava Berlusconi dall’indegnità politica. GLI SCISSIONISTI Verdini e Purpetta a cena con l’arrosto per tradire Silvio d’Esposito » pag. 4 LE BOLGE DI MARIA CARONTE DE FILIPPI » LA PROVA » Confartigianato: con gli incentivi assumere e licenziare conviene Jobs Act, come fregare i lavoratori e fare soldi RIFORMA ELETTORALE Scuola: 500 euro ai professori, scaricati i precari L’inferno dantesco oggi: dai politici a Viperetta e Dudù Mentre esce il film-parodia dei Soliti Idioti, proviamo ad assegnare ai vari gironi i personaggi del Palazzo e della tv. C’è pure il Papa... Buttafuoco e Pagani » pag. 12 - 13 LA CATTIVERIA Silvio Berlusconi assolto e Lele Mora condannato. È sempre così: si salvano le grandi aziende e falliscono i fornitori » www.spinoza.it y(7HC0D7*KSTKKQ( +\!"!%!=!% Una slide proiettata al convegno dei piccoli imprenditori conferma i timori: gli sgravi fiscali del governo creano il business dei dipendenti “usa e getta” Cannavò » pag. 10 Arriva il disegno di legge: scatti d’anzianità e buono per le spese culturali ai docenti in cattedra, disperati i 50 mila nelle liste di attesa che non entreranno Palombi » pag. 11 LA SLIDE NÉ DECRETO NÉ DDL CARTA STRACCIA I dati al convegno di Confartigianato L’EX TERRORISTA ROSSO Rai, solo “linee guida” Arbore: “Fanno rimpiangere la Dc” I vertici saranno scelti ancora da governo e partiti, ma in Parlamento. Addio Vigilanza. Caporale e Tecce » pag. 6 - 7 Tutti i lapsus dei neo costituenti Carlassare: “Cittadini umiliati” Ferrucci e Truzzi » pag. 8 - 9 Battisti arrestato in Brasile, ora l’estradizione è più vicina » pag. 16 Gli olgettini di Marco Travaglio icordate il processo Mills? R Nel 2005 si scoprì che B. aveva pagato 600 mila dollari all’avvocato inglese, creatore di decine di società offshore nei paradisi fiscali per schermare le sue frodi fiscali e i suoi fondi neri, perché non raccontasse nulla nei due processi dov’era testimone: quello per le tangenti Fininvest alla Guardia di Finanza e quello per la mazzettona da 21 miliardi di lire a Craxi dai conti All Iberian. Mills testimoniò il falso, o meglio disse poco o nulla di ciò che sapeva, poi riferì al suo commercialista “ho tenuto Mr B. fuori da un mare di guai”, e B. la fece franca: condannato e poi prescritto nel 1999 su All Iberian, condannato e poi assolto in Cassazione nel 2001 sulla Gdf per insufficienza di prove. Quelle prove che Mills, se non fosse stato pagato, avrebbe portato in aula, dimostrando il movente delle tangenti ai finanzieri: l'interesse personale di B. ad addomesticare le verifiche per evitare che il sistema All Iberian affiorasse già a fine anni 80. Mills fu poi condannato in primo e secondo grado, poi prescritto in Cassazione (ma sicuro colpevole, infatti dovette risarcire il ministero della Giustizia). B., a furia di allungare il brodo fra leggi e lodi ad personam, arraffò la prescrizione già in primo grado. Così la sfangò sia nel processo a monte (Gdf) sia in quello a valle (Mills). Se non avesse corrotto Mills, nel 2001 anziché assolto sarebbe stato condannato e, da pregiudicato, sarebbe finito subito in galera anziché a Palazzo Chigi, senza uscirne più. E di lì si sarebbe visto negare le attenuanti generiche che gli regalarono la prescrizione in cinque successivi processi, accumulando altrettante condanne. Ma, siccome la corruzione di Mills fu scoperta dopo la conclusione del processo Guardia di Finanza, questo ormai era impossibile da riaprire, in virtù del ne bis in idem. Conclusione: corrompere i testimoni conviene. Ora, mentre si chiude per sempre il processo Ruby-1, sta per aprirsi il processo Ruby-3: B., tanto per cambiare, è accusato di aver corrotto una cinquantina di testimoni, fra cui Ruby e un esercito di olgettine, perché dicessero il falso o tacessero il vero nel Ruby-1. Che le abbia pagate, non c’è dubbio: milioni all’ex minorenne, centinaia di migliaia di euro alle maggiorenni. Resta da dimostrare la causale dei versamenti: se fosse il silenzio e/o la menzogna delle destinatarie, verrebbe condannato per corruzione in atti giudiziari e non ci sarebbe prescrizione che tenga, visto che il reato continua tuttora. A quel punto, però, gli sarebbe comunque convenuto corrompere. Segue a pagina 24 2 POLITICA VENERDÌ 13 MARZO 2015 PNcdrescrizione lunga dice no, il Pd chiede i voti al M5s PRIMO COLPO di piccone alla ex Cirielli, la nota legge ad personam berlusconiana che nel 2005 accorciò drasticamente i termini di prescrizione dei reati. La Commissione giustizia della Camera ha fato il via libera alla nuova disciplina, che approderà in aula lunedì 16 marzo. Ma Ap (il gruppo di Ncd e Udc) vota contro, ribadendo le divisioni interne alla maggioranza su questo e altre riforme sul fronte penale. Tanto che la relatrice del provvedimento sulla prescrizione, Sofia Amoddio (Pd), si augura “un vasto consenso dall’aula a cui spetta il voto finale, soprattutto il Fatto Quotidiano ci aspettiamo che i 5Stelle trasformino l’astensione espressa in commissione in un voto pienamente favorevole”. Il provvedimento, “sospendendo la prescrizione per due anni dopo la condanna in primo grado e per un altro anno se confermata in appello, è un buon punto di in- contro tra pretesa all’oblio, pretesa punitiva, diritti delle vittime e garanzie dell’imputato”, spiega Donatella Ferranti, presidente Pd della Commissione. “Una riforma equilibrata ma sostanziale che potrà finalmente impedire lo scandalo di processi bloccati dalla tagliola del tempo”. di Gianni Barbacetto M Milano a che cosa c’è da festeggiare? La sentenza d’appello confermata martedì dalla Cassazione assolve, è vero, l’imputato Silvio Berlusconi dai reati di concussione e di prostituzione minorile. Ma affermando a chiare lettere due fatti che smentiscono seccamente il leader di Forza Italia. Il primo è che ad Arcore, nella residenza dell’allora presidente del Consiglio, nel 2010 non si tenevano affatto “cene eleganti”, come giurato dal padrone di casa e da molti dei suoi ospiti, ma feste di tipo sessuale con la partecipazione di decine di prostitute, tra cui almeno una minorenne, che si contendevano in ogni modo (per ottenere una remunerazione maggiore) il “premio” di passare la notte “con il presidente”. Un XXX Factor per l’ex Cavaliere e le pressioni alla Questura di Milano Questo era il bunga-bunga: una sorta di talent show a luci rosse, un “XXX Factor” che il padrone della tv italiana riservava solo a se stesso. Il secondo fatto è che Berlusconi, da presidente del Consiglio, nella notte del 27 maggio 2010 ha telefonato al capo di gabinetto della Questura di Milano, Pietro Ostuni, facendo pressioni per ottenere un “indebito vantaggio”, ossia il rilascio della minorenne Karima el Mahroug – in arte Ruby Rubacuori, per un momento “nipote di Mubarak” – per evitare il rischio che parlasse delle imbarazzanti feste di Arcore. Ha così “abusato della sua qualifica per scopi personali”. Sono due fatti che in qualunque Paese civile del mondo sarebbero sufficienti a escludere per sempre dalla scena pubblica il loro protagonista. In Italia invece i suoi sostenitori fanno festa. Eppure quei fatti, meticolosamente ricostruiti dalla sentenza che (per altri motivi) assolve, sono riconosciuti perfino dalla difesa del professor Franco Coppi: “Nemmeno noi contestiamo che ad Arcore avvenissero fatti di prostituzione con compensi”, ha detto l’avvocato ai giudici della Cassazione. “E che i poliziotti fossero contenti di aver fatto un favore a Berlusconi, questo ve lo concediamo”. Allora eccoli, i fatti accertati della storia del bunga bunga contenuti in una sentenza di 330 pagine di cui qualcuno vorrebbe cancellare tutte le prime 229, salvando solo l’ultima parola: “Assolto”. Le intemperanze di Karima e lo scoop del Fatto Quotidiano La storia affiora nell’ottobre 2010. Non è voyeurismo giornalistico, intromissione giudiziaria nella vita privata di un cittadino, cronaca politica nell’era di Youporn. È invece l’emersione di una segretissima indagine della Procura di Milano, che qualche mese prima era incappata in una vicenda di possibile prostituzione minorile, reato le cui pene erano appena state inasprite dal governo Berlusconi. Una ragazza di 17 anni, marocchina, scappata di casa, senza documenti, in perenne fuga dalle comunità protette a cui era assegnata fin dall’adolescenza, finisce segnalata alla Procura della Repubblica di Milano per le sue intemperanze: viene fermata dalla polizia per furto e portata alla Questura di Milano; una settimana dopo, gli agenti la strappano da una casa sui Navigli dove aveva ingaggiato una furibonda rissa con Michelle, una prostituta brasiliana. Comincia allora a occuparsene il procuratore aggiunto titolare dei reati contro i minori, Pietro Forno, a cui Karima nell’agosto 2010 racconta un sacco di storie, alcune vere, altre inventate. Dice di essere stata ad Arcore, di aver partecipato a feste notturne nella villa del presidente del Consiglio, di avere ricevuto molti soldi e regali. Forno, e poi Antonio Sangermano e Ilda Boccassini, analizzano il rapporto di polizia che narra una strana notte alla Questura di Milano. Karima era stata fermata a Milano, il pomeriggio del 27 maggio 2010, accusata di furto da un’amica. La pm del Tribunale dei minori Annamaria Fiorillo aveva disposto di ricollocarla in una comunità protetta. Ma nella notte, da Parigi, dov’è impegnato in un vertice Ocse, il presidente del Consiglio telefona al funzionario Pietro Ostuni, dicendogli che è stato informato del fermo di una ragazza che potrebbe essere imparentata con il presidente egiziano Mubarak. Per evitare incidenti diplomatici, meglio lasciarla andare, affidandola a una “consigliera ministeriale” (carica inesistente) già arrivata in questura: Nicole Minetti. Da questo Nicole Minetti sulla passerella di “Tuttosposi” a Napoli nel 2013. L’ex Cavaliere Silvio Berlusconi, ex premier e padrone di Mediaset Ansa/LaPresse DIETRO L’ASSOLUZIONE Il bunga bunga c’era Ma il reato di B. è stato cancellato LA STORIA SCOPERTA NELL’OTTOBRE 2010: QUELLA NOTTE “DIFFICILE” IN CUI RUBY DIVENTÒ “LA NIPOTE DI MUBARAK” momento, la scena cambia. Il ritmo dei fatti accelera. Le comunicazioni e le telefonate si succedono frenetiche. La funzionaria di turno in questura, Giorgia Iafrate, capisce subito che Karima è marocchina e Mubarak non c’entra niente, ma d’accordo con i suoi superiori, e in contrasto con le indicazioni della pm dei minori, decide di affidarla alla consigliera regionale Nicole Minetti, che la lascia alla prostituta brasiliana Michelle Conceicao. Forno, Boccassini e il procuratore Edmondo Bruti Liberati aprono un’inchiesta, controllano alcuni tabulati telefonici, chiedono qualche intercettazione e in poche settimane scoprono il bunga bunga. Il format delle serate è semplice, la scaletta del programma è lineare. Uno: cena ad Arcore dal menù piuttosto noioso. Due: festa e balli al piano di sotto, nel locale chiamato bunga bunga. Tre: per le più brave, selezionate nel più esclusivo dei talent, il “premio” di una ben ricompensata notte negli appartamenti privati di Berlusconi. Questo il rito delle feste di Arcore. I consigli di Nicole a Meli: “Ti volevo briffare, ne vedi di ogni, c’è la zoccola...” Ecco come lo racconta Nicole Minetti, che per i pm è la coordinatrice delle ragazze, le più assidue delle quali sono ospitate in una sorta di harem privato a un passo da Milano 2, nel Residence Olgettina. “Ciao Meli, ho appena sentito the boss, gli ho detto: ‘Ti porto una con due lauree stasera’”. È il 19 settembre 2010. Meli è una carissima amica di Nicole, Melania Tumini. “Ti volevo un attimo briffare... Cioè, ne vedi di ogni, la desperation più totale... C’è gente per cui è l’occasione della vita... Ci sono varie tipologie di... persone. C’è la zoccola, c’è la sudamericana che non parla l’italiano e viene dalle favelas, c’è quella un po’ più seria, c’è quella via di mezzo tipo Barbara Faggioli... E poi ci sono io che faccio quel che faccio. Capito?”. Melania è curiosa. Va ad Arcore, partecipa alla serata. È una elettrice di Berlusconi, ma resta scossa. Il giorno dopo la racconta così alle amiche: “Un puttanaio”. Altre ragazze (Ima- GIORNALISTA EX GALEOTTO “Comunisti schifosi” a Servizio Pubblico D ovete chiedere scusa a Berlusconi”, “di tutte le trasmissioni merdose che avete fatto”, “te dovresti vergogna'”. La conclusione di questa sfilza di improperi è un evergreen di Forza Italia: “Comunista schifoso”. Il protagonista è Paolo Gianlorenzo (in foto), giornalista di Viterbo, già direttore di un paio di giornali di proprietà di Ciarrapico, fascista dichiarato. Gianlorenzo si è scagliato contro un collega, l’inviato di Servizio Pubblico Luca Bertazzoni, alla manifestazione di fronte a Palazzo Grazioli per l’assoluzione e il ritorno di Berlusconi. Il clima festante, però, non fa dimenticare che a difendere l’ex Cavaliere sia un personaggio transitato, nel 2013, nel carcere di Viterbo, indagato per estorsione, minacce, violenza privata, calunnia. A Berlusconi non poteva toccare miglior difesa. L’avvocato Franco Coppi e il pubblico ministero Ilda Boccassini Ansa POLITICA il Fatto Quotidiano A rcore, licenziati due collaboratori: parola al Tribunale “CARI RAGAZZI, mi spiace ma ho finito i soldi”. Così Silvio Berlusconi ha messo alla porta due dei suoi assistenti, che ora si sono rivolti al Tribunale del Lavoro. Lo rivela il settimanale l’Espresso nel numero in edicola da oggi. Paolo Cagnoni e Giuseppe Villa per quindici anni sono rimasti in servizio ad Arcore, assunti dal partito, mentre in realtà erano agli ordini diretti di Berlusconi. Avevano compiti di altissima fiducia: rispondevano alle lettere dei questuanti, ricevevano politici e amministratori locali, telefonavano ai ministri per impartire indicazioni. “Con Berlusconi avevamo VENERDÌ 13 MARZO 2015 un rapporto diretto soprattutto quando a capo della sua segreteria c’era Marinella. E nel momento in cui lei se ne è andata il clima generale nelle stanze di Arcore è cambiato in peggio”, racconta ancora Villa. Il comando finisce in mano a Mariarosaria Rossi, detta la “Badante”, “che fa 3 mettere sull’ingresso della dimora brianzola una targa di ottone con il suo nome: neppure Silvio Berlusconi ne ha una”. Il 30 marzo Berlusconi sarà chiamato a rispondere al Tribunale del Lavoro di Monza insieme a Forza Italia e Pdl per licenziamento illegittimo e per presunti contratti fittizi. SINDACATO E ANTICORRUZIONE L’Anm: “Nessuna responsabilità civile dei pm”. Cantone: “Giusto fare il processo” PRENDE posizione l’Anm, il sindacato dei magistrati, sull’assoluzione di Berlusconi. È il presidente Rodolfo Sabelli a chiarire ieri a SkyTg24: “Evocare la responsabilità civile in relazione a questo processo è completamente fuori luogo. Chi lo fa è fuori strada”. Sul caso Ruby è intervenuto anche il presidente dell’Autorità anticorruzione Raffaele Cantone: “Io non credo affatto – ha affermato a Repubblica Tv – che sia stato un errore fare il processo” Ruby e “non credo assolutamente che abbia sbagliato la procura di Milano. Rispetto a polemiche gratuite – ha aggiunto – voglio dire che questa è la manifestazione vera che la giustizia ha anche la capacità di discer- nere. Le sentenze possono essere criticate, diventa difficile però quando più che criticare le sentenze si criticano i magistrati”. “Prima di tutto, e l’ho detto sempre – ha continuato Cantone – le sentenze, che siano favorevoli o contrarie, vanno rispettate. Io sono un magistrato, il mio ultimo incarico è stato in Cassazione, conosco lo scrupolo della sezione che si occupa di reati contro l’amministrazione, conosco anche la loro capacità tecnica. Io credo che sia una sentenza che va obiettivamente rispettata, tenendo presente fra l’altro che la Cassazione non è un giudice di merito, ma un giudice di legittimità”. Quanto alla lettura dei fatti data da alcuni giornali che polemizzano e dicono che Rodolfo Sabelli, Anm LaPresse questo processo non si doveva fare, “non credo assolutamente – ha concluso Cantone – che abbia sbagliato la procura di Milano: se si dovesse stabilire all’inizio il processo che si deve fare o non si deve fare in relazione alla sentenza, non avrebbe senso fare i processi”. Fra l’altro il processo Ruby “ha visto anche una affermazione di penale responsabilità in primo grado. Non dimentichiamo che l’imputazione è nata prima che ci fosse la modifica della legge Severino quando c’era un’altra impostazione di concussione”. Una foto di Ruby (Karima el Mahroug) presa dal suo profilo Facebook Ansa ne Fadil, Ambra Battilana, Chiara Danese, Maria Makdoum, Natascia Teatino) rompono il fronte delle “olgettine” e delle “arcorine” e svelano i segreti dell’harem personale del presidente del Consiglio. Gli spogliarelli, i toccamenti, Nicole che si toglie il vestito da suora e resta completamente nuda. La statua di Priapo che passa di mano in mano, con qualche ragazza che mima un rapporto orale. Ecco gli sms tra Nicole Ninetti e Barbara Faggioli, il giorno di Natale 2010: “Ho pensato una cosa: oltre che per le palle, bisogna prenderlo per il cazzo... domani se è aperto vado in un sexy shop e prendo un po’ di cose.. Per me e te... Più troie siamo e più bene ci vorrà... Troie troie troie... Tanto ormai abbiamo la confidenza per fare qualsiasi cosa”. Il San Valentino di Rubacuori “Bisogna stargli addosso, cazzo” insomma si era proprio preparata perché si capisce quando una donna si prepara o meno, perché portava il reggicalze, portava un tubino, quindi insomma, uno si prepara...”. La conclusione dei giudici d’appello è che comunque non ci siano le prove che Berlusconi conoscesse l’età di Ruby. Dunque lo assolvono dal reato di prostituzione minorile. La Cassazione conferma. Come ha dichiarato il giudice Enrico Tranfa, il presidente della corte d’appello che si dimise il giorno stesso in cui fu depositata l’assoluzione, “gli antichi dicevano che una sentenza definitiva non è quella più giusta, ma semplicemente un punto fermo su una vicenda. Questo fa la Cassazione, non vuol dire che sia condivisibile”. Del resto, le dieci ore di camera di consiglio significano “che la questione era ed è discutibile”. La concussione: divisa in due dalla riforma Severino In questo clima entra Ruby, portata ad Arcore la prima volta il 14 febbraio 2010, San Valentino, da Anche quella che riguarda l’altra imputazione, Emilio Fede e Lele Mora. Fino al maggio suc- ancora più grave: la concussione. “Questa corte cessivo, partecipa più volte alle cene e resta a dor- ritiene che non sussista prova degli elementi comire ad Arcore sette volte. E incassa. Berlusconi è stitutivi del reato di concussione”, scrive la giuil bancomat delle ragazze. Le più scaltre lo ten- dice Locurto. Perché nel frattempo quel reato è gono sotto pressione: “Bisogna stargli addosso, stato diviso in due dalla riforma Severino. C’è la cazzo! Non bisogna lasciarlo un attimo”, dice al concussione per costrizione, riconosciuta dai telefono Nicole a Marysthell Polanco il 20 set- giudici di primo grado, “che però non spiegano tembre. A volte si lamentano perin che cosa sia consistita la ché Silvio “ha il braccio corto” o minaccia (esplicita o implicita) che avrebbe provocato perché paga di più qualche altra raNERO SU BIANCO detto timore nel dottor gazza, o le compra una casa più grande o un’auto più bella. La comOstuni”. Non c’è “la prova ”È provata, sotto il profilo che la volontà di Ostuni sia petizione è fortissima, dietro le quinte di “XXX Factor”. Qualcuna stata coartata da un compormateriale, l’efficacia si preoccupa per la sua salute: “Tuttamento intimidatorio di causale dell’intervento to a posto?”, si chiedono, dopo aver Berlusconi”. C’è poi la concussione per induzione, che fatto il test dell’Hiv. “Globuli biandell’ex premier chi a posto, non abbiamo nessun non ha bisogno della minaccia, ma deve procurare – seAids... Mah sai, quando uno va a sulla produzione letto con 80 donne, non si sa mai”. condo l’interpretazione deldell’indebito vantaggio” la nuova norma data dalle La sentenza d’appello, stilata da Concetta Locurto, racconta molte sezioni riunite della Cassadelle feste di Arcore. Riportando le zione – un indebito vantagparole della Tumini: “Il degenero più totale”, gio sia al concussore, sia al concusso. Il primo, “mostravano, mi spiace esprimermi in questo Silvio Berlusconi, l’ottiene: “È provata, sotto il modo, però, chi il sedere, chi i seni, in maniera profilo materiale, l’efficacia causale dell’interammiccante”. Con quelle della Teatino: “Alcune vento di Silvio Berlusconi sulla produzione ragazze si sono spogliate... altre erano in costu- dell’indebito vantaggio non patrimoniale conteme... alcune ragazze si avvicinavano a Emilio Fe- stato in imputazione”. Ma il secondo, Ostuni, no. de, a Silvio Berlusconi, si toccavano”, “Silvio Ber- Secondo la sentenza d’appello, ha soltanto lusconi, ma anche Emilio Fede, toccavano il seno “un’accondiscendenza incautamente accordata, di una ragazza, o il sedere, di qualche ragazza e le per timore reverenziale, compiacenza o timore ragazze toccavano i due uomini”. “La signora Ro- autoindotto”. Ecco perché scatta l’assoluzione, berta Nigro insieme alla signora Lisa Barisonte imposta dalla nuova legge sulla concussione e ora iniziarono a ballare e dimenarsi tra di loro, toc- resa definitiva dalla Cassazione. Pur con tutti i carsi ecco. Tanto è che la signora Lisa tolse le mu- dubbi che restano aperti, perché, come dice il giutandine alla signora Nigro e si aggiunse al gruppo dice Tranfa, le dieci ore di camera di consiglio di queste due ragazze, la Barisonte e la Nigro, la significano “che la questione era ed è discutibiMinetti che anche lei si tolse le vesti e direi che le”. LA POSIZIONE DELLA CEI Contro le amnesie Per la Chiesa di Francesco è la morale che lo condanna di Marco Politi Città del Vaticano ell’Italia dell’amnesia c’è una sola istituN zione, che in queste ore ricorda che la sentenza della Cassazione non lava Silvio Ber- lusconi dall’indegnità politica. È la Chiesa di Francesco. Tra gli affannati commenti a considerare la vicenda Ruby “chiusa, punto e basta!“, spicca la voce del segretario della Cei, monsignor Nunzio Galantino, che seccamente ha sottolineato: “La legge arriva fino a un certo punto ma il discorso morale è un altro”. Di che si tratti (anche se la casta politica dominante fa finta di non capire) lo ricapitola l’Avvenire con un commento segnalato in prima pagina, sferzante nella titolazione. “Riso amaro... un nodo che resta”. Il nodo, lo spiega bene il direttore Marco Tarquinio, è quell’articolo della Costituzione, che esige di “adempiere con disciplina e onore” ogni pubblico ufficio e – sottolinea Tarquinio – tanto più vale per chi occupa il “massimo ruolo di governo”. CI VOLEVA l’effetto Francesco per rompere l’ipocrisia italiana, per cui nella vita pubblica è condannabile solo chi è sanzionato penalmente dal tribunale. Nelle democrazie occidentali non è così. Negli Stati Uniti, il cui rigore è tenacemente ignorato dal premier modernizzante, c’è un criterio tagliente come la spada: comportamento “appropriato” o “inappropriato”. Chi sgarra è fuori. Hillary Clinton è già sotto accusa per avere usato per le sue email un server sbagliato. Figurarsi. Berlusconi in Europa e negli Usa non sarebbe da tempo un personaggio verso cui qualsiasi parte politica possa esprimere “grande sintonia”. Tocca al giornale dei vescovi rammentare l’intreccio tra i “dettagli per nulla entusiasmanti” delle cene di Arcore e le manovre del premier per “avventurosamente ‘liberare’ una ragazza a torto o a ragione accusata di furto, presentandola per di più come nipote di Mubarak”. La conclusione fulminante è che l’assoluzione della Cassazione “non coincide con un diploma di benemerenza politica e di Nunzio Galatino. Sotto, Papa Francesco LaPresse approvazione morale”. Famiglia Cristiana, che a suo tempo non si piegò alla logica del patto Berlusconi-Vaticano, batte sullo stesso tasto. La sentenza, scandisce, “non ha cancellato con un colpo di spugna i fatti”, ne ha solo negato la valenza penale. Non dovrebbe bastare per “assolvere” certi comportamenti davanti al tribunale della politica e della morale “come si sta cercando da più parti di fare”. DOMANI ci sarà chi scriverà che la Cei ha bac- chettato Berlusconi. Non di questo si tratta. Le parole del vescovo Galantino, che definisce la posizione dell’Avvenire coraggiosa e da sostenere, indicano l’abisso tra due modi di concepire la responsabilità politica, sociale e istituzionale. Di qua il modello Arcore-Rignano per cui tutto è riconducibile, sempre, al mercato delle vacche politicante. Di là la visione di una società con regole condivise, anche di etica civile. Valide anzitutto per il giudizio pubblico. Roba da papa venuto dalla fine del mondo. 4 POLITICA VENERDÌ 13 MARZO 2015 Cconollusione la Gdf, indagato il figlio di Angelucci IL FIGLIO del parlamentare di Forza Italia Antonio Angelucci, Giampaolo, è indagato dai pm di Roma per collusione (in base ad una legge militare del 1941) e concorso in rivelazione di segreto d’ufficio in un procedimento che ha portato all’arresto di tre sottufficiali della Guardia di Finanza, di un imprenditore e di un commercialista. A finire in carcere, il luogotenente ora in pensione, Giovanni Cecchini, mentre ai domiciliari sono andati il soprintendente (anch’egli in pensione) Rosario Attinelli e il maresciallo, in servizio, Metello Schiavone, oltre che il il Fatto Quotidiano commercialista Arnaldo Rossi e l’imprenditore Mattia Amici. Per l’accusa, dopo l’apertura di verifiche fiscali nei confronti del San Raffaele Spa e della Roma Global Service Srl, società del gruppo Angelucci, è emerso un meccanismo di trasmissione di comunicazioni riservate fi- nalizzato a garantire alle società la contestazione dei soli rilievi fiscali già oggetto di accertamenti. Analogo comportamento che Cecchini aveva rispetto ad un’altra attività di polizia tributaria svolta nei confronti di una catena di supermercati di Roma. FORZA ITALIA di Fabrizio d’Esposito L a scelta non poteva essere diversa. Il “Girarrosto Fiorentino”, con l’immancabile giglio, oggi simbolo universale del renzismo al potere. Lunedì scorso alle venti e trenta, alla vigilia del martedì berlusconiano dall’incrocio micidiale: Cassazione su Ruby e riforme alla Camera. Il senatore ex macellaio Denis Verdini raduna in un ristorante il suo manipolo di deputati. Sono i diciassette forzisti che il giorno dopo firmeranno un documento contro la rottura del Nazareno e il “deficit interno di democrazia” di Forza Italia, per giustificare il loro sofferto no alle riforme. L’azzurro Verdini è stato lo sherpa dell’accordo segreto tra il Condannato e il premier e il “Girarrosto Fiorentino” è un prestigioso locale a ridosso di via Veneto a Roma. C’è anche il napoletano Luigi Cesaro alias Giggino ‘a Purpetta, Gigino la Polpetta, che ordina un’enorme bistecca alla fiorentina. Poi Gianfranco Rotondi e Daniela Santanchè, Ignazio Abrignani e Laura Ravetto, D’Alessandro e Parisi, Mottola e Faenzi, Squeri e Catanoso, Marotta e Romele, Martinelli e Sarro, Lainati e Fontana. Verdini cucina B. al Girarrosto Scissionisti a cena ALTRA SCENA, ieri pomeriggio L’EX MACELLAIO SPINGE I SUOI A ROMPERE, L’EX CAV. LI CHIAMA UNO PER UNO. IERI IL FACCIA A FACCIA, L’UNITÀ DURERÀ POCO SORPRESA Mastella veleggia verso gli alfaniani C lemente Mastella cerca casa, ancora una volta. L’ex Guardasigilli, in vista delle Regionali in Campania, ha lasciato Forza Italia e per il momento propende addirittura per il Partito dei pensionati. Ma l’opzione dell’eterno Mastella potrebbe essere ancora più clamorosa. Preoccupate voci degli alfaniani di Ncd lo danno in avvicinamento proprio ad Area Popolare, che somma Ncd e Udc. Se l’operazione dovesse andare in porto, Mastella si ritroverebbe nello stesso raggruppamento con Ciriaco De Mita, suo maestro politico, e soprattutto con Nunzia De Girolamo, sua irriducibile avversaria nel Beneventano. Memorabili i loro sms quando la De Girolamo si dimise da ministra del governo Letta per uno scandalo nella sanità. IN BALLO c’è il sì dei ribelli ver- diniani alla riforma costituzionale della Boschi. Un sì sollecitato dallo stesso premier in varie telefonate all’amico “Denis”. E Verdini parte subito all’attacco, già dall’antipasto: “Domani si vota a favore, queste riforme le abbiamo scritte e condivise in tutto, non ha senso assumere un’altra posizione”. Poi c’è lo sfogo sul cerchio magico berlusconiano, la Pascale e la Rossi, Dudù e Toti, che nella prosa verdiniana da tempo è diventato “l’albero delle zoccole”, fa- privata del ristorante romano: “Vi supplico, per me domani è un giorno decisivo, non possiamo dividerci”. È il momento solenne in cui prevale la mozione degli affetti. Ormai è notte fonda. Alcuni si intrattengono fino alle due, raccontano. La linea dura di Verdini è congelata. Denis Verdini e Berlusconi; sopra, il locale della cena dei “verdiniani” Ansa cendo il verso al noto film di Ermanno Olmi. Ce n’è anche per Brunetta, il solitario capogruppo alla Camera. Irriferibili le battute su di lui. Quando qualcuno chiede “qual è la prospettiva politica?” dell’operazione, la risposta di Verdini è ancora una volta immediata: “La prospettiva è il 2018. Chi di voi ha il seggio assicurato con Berlusconi adesso se si va al voto anticipato? Nessuno. Arrivare al 2018 è il risultato migliore che potete avere”. IL DICIOTTISMO è un fenome- no trasversale, riguarda i verdiniani ma anche la minoranza indecisa del Partito democrati- co. La vera polizza per il decisionismo renziano. Di nuovo al “Girarrosto”, lunedì sera. I colpi di scena irrompono al caffè. Silvio Berlusconi comincia a telefonare ai verdiniani uno per uno. Imbarazzo e sorpresa. Per Verdini, pure fastidio e irritazione. Ed è a quel punto che la Santanchè diventa la Pitonessa pompiera: “Aspettiamo a fare lo strappo, domani è martedì, Berlusconi aspetta la sentenza della Cassazione su Ruby. Per noi non è il momento migliore”. Poi la scena madre. L’ex Cavaliere contatta anche la Santanchè e lei mette la telefonata in viva voce. La voce di Berlusconi si diffonde nella saletta alle cinque. Verdini va a Palazzo Grazioli da Berlusconi. Il giorno prima c’è stata la festa per l’assoluzione. Con i due c’è anche Gianni Letta, la colomba per antonomasia, naturalmente filonazareno. A Berlusconi, Verdini elenca tutti i nodi. Non solo il patto col premier rotto sul Quirinale. Ci sono la gestione del partito (ormai in mano alla Rossi) e la questione Brunetta. L’incontro va avanti per due ore. L’ex Cavaliere ascolta ma non si smuove. A dividere i due è soprattutto l’analisi sul futuro. Per B.: “Le riforme salteranno e Renzi andrà a votare con il Consultellum”. Verdini, invece: “Silvio ti sbagli, se salta tutto, Matteo fa il Mattarellum con i grillini”. Ancora una volta, il senatore toscano agita lo spettro del Mattarellum per spaventare l’ex Cavaliere. Alla fine, da entrambi i fronti, la riunione viene definita “interlocutoria”. Un pareggio senza reti. In attesa di un altro match, la prossima settimana. Dicono i berlusconiani ortodossi: “Se non altro i due si sono riparlati”. Unica nota positiva. Per il resto, tutto porta a una separazione futura. Quando? Per il momento, “Denis” non ha i numeri per fare un gruppo autonomo alla Camera (ne servono venti). Non solo. Alcuni degli attuali diciassette potrebbero tirarsi indietro. Un altro tormentone è iniziato. Dopo quelli dei finiani e degli alfaniani. Adesso è l’ora dei verdiniani. E su un binario parallelo ci sono anche i fittiani. Acqua, Islam e Pcus per dire no al divorzio breve CATTOLICI SCATENATI IN SENATO TRA ANATEMI E CRISI DI NERVI, SEDUTA TRAGICOMICA FINO AL RINVIO DEL VOTO SULLA NUOVA LEGGE di Tommaso Rodano ne assoluta”. ul “divorzio breve” il Senato discute, rumoS reggia, si accapiglia ma alla fine non vota. Lo farà martedì prossimo. La legge taglia i tempi tra Giuseppe Cucca (Pd) Separarsi a sua insaputa separazione e divorzio, non più tre anni ma 12 mesi (oppure 6 se consensuale). Ma un’altra norma ha fatto infuriare gli alfaniani e spaccato il fronte (trasversale) dei cattolici più “sensibili”: il “divorzio immediato”. Se entrambi i coniugi lo chiedono con ricorso congiunto, possono sciogliere gli effetti civili del matrimonio anche senza separazione legale (ma con dei limiti: assenza di figli minori o economicamente non autosufficienti o portatori di handicap). Il tema è delicato, il dibattito in Aula vive di interventi tragicomici. Maurizio Gasparri (FI) Lo spray nebulizzatore “Il matrimonio non è una sorta di punizione. Chi non lo vuole contrarre non lo fa. A proposito della cosiddetta separazione immediata, io la chiamerei il 'divorzio spray', consentitemi di usare questa immagine perché si nebulizza il matrimonio”. Roberto Formigoni (Ncd) Liscia o gassata? “Sposarsi è come bere un bicchiere di acqua; oggi lo bevi, domani no. Non ha nessuna conseguenza. Non possiamo accettare questa banalizzazio- italiane che, per denaro, si erano convinte a sposare un marocchino per intascare 3.500 euro”. “Gli italiani vanno all’estero per procedere al divorzio, sapendo che poi la sentenza verrà applicata in Italia. Sennonché è accaduto che una donna è stata costretta a volare a Madrid perché non sapeva nulla della richiesta di divorzio del marito (...). È proprio il modello che si sta introducendo: ci si sposa il lunedì e ci si separa il venerdì”. Stefano Candiani (Lega Nord) Marocchini e matrimoni di comodo “Se non c’è l’amore fa niente, l’importante è che ci siano i soldi. La pensavano così le tante ragazze Stefano Lepri (Pd) Back in the Ussr “Mi piace ricordare ciò che nel 1983 l’allora dittatore, per così dire, dell’Unione Sovietica, Andropov, decise di avviare di fronte al dilagare delle separazioni. Decise che dovevano essere promossi dei corsi di educazione alla coniugalità, auspicando la diffusione di club di giovani coppie per aiutarle a superare le difficoltà”. Gabriele Albertini (Ap-Ncd/Udc) Nostalgia canaglia “Signor Presidente, ‘finché morte non vi separi’: Da sinistra: Maurizio Gasparri, Roberto Formigoni, Carlo Giovanardi Ansa questo è il detto, l’auspicio che aleggia sotto le navate delle cattedrali o anche, più modestamente, sul tetto di una chiesa vicina a un lago alpino: nei luoghi, cioè, dove si celebra il matrimonio religioso”. Lucio Barani (Gal) Il gatto laico “Signor Presidente, credo che questo Parlamento, per usare un aforisma, non debba insegnare al gatto a miagolare”. Sergio Divina (Lega) Psicosi islamica “Se è così facile separarsi e divorziare, basta introdurre poche righe e, se entra l’ordinamento islamico in quello italiano, sarà sufficiente dire alcune volte alla propria moglie ‘ti ripudio’ e il matrimonio sarà sciolto”. Carlo Giovanardi (Ncd) Come Liz Taylor “Quando si faceva ironia su Liz Taylor, che si era sposata nove volte, la cosa ci faceva impressione. Se il meccanismo che mettiamo in moto è tale per cui ci si può sposare la domenica e divorziare il lunedì successivo, diventa statisticamente possibile sposarsi più volte, se si hanno i soldi, la disponibilità e l’attitudine, avendo naturalmente figli da più persone diverse”. POLITICA il Fatto Quotidiano Cricorre ucchi, la famiglia in Cassazione: “È stato un omicidio” L’AVEVANO annunciato subito dopo la sentenza d’appello che aveva mandato assolti tutti gli imputati del processo per la morte del loro congiunto, Stefano Cucchi, morto in ospedale una settimana dopo il suo arresto per droga. Adesso l’hanno fatto: la famiglia ha affidato alla Cassazione il suo desiderio di verità. E lo ha fatto pro- VENERDÌ 13 MARZO 2015 ponendo ricorso contro la sentenza che ha mandato assolti dall’accusa di lesioni tre agenti penitenziari; decisione, questa, confermata in appello nell’ottobre scorso. Adesso i familiari chiedono di cambiare imputazione, dichiarare la nullità della sentenza e retrocedere il processo alla celebrazione del primo grado di giudizio. An- 5 che perché dal dibattimento sarebbe emerso “un collegamento inevitabile tra le lesioni subìte da Stefano e la sua morte. Il processo è saturo di elementi di fatto che ci dicono che è agli imputati che va attribuito il fatto lesivo delle percosse e delle lesioni e che quegli eventi hanno un legame intenso e ineludibile con la morte di Stefano”. APPALTI E RIFUGIATI IN SICILIA INDAGATO SOTTOSEGRETARIO NCD CASTIGLIONE SOTTO INCHIESTA PER IL CENTRO DI MINEO DOVE I SUOI PRENDONO IL 40% pari al 1,00671 per cento”. Odevaine spiegava così al suo commercialista Stefano Bravo l’inizio della storia nel 2011: “Mi è venuto a prendere lui (Castiglione, ndr) all’aeroporto, mi ha portato a pranzo, arriviamo al tavolo... c’era pure un’altra sedia vuota... dico eh “chi?”. E praticamente arrivai a capi’ che quello che veniva a pranzo con noi era quello che avrebbe dovuto vincere la gara (ride)”. di Marco Lillo N on è un sottosegretario qualsiasi quello indagato a Catania, secondo l’anticipazione – non smentita e non confermata dalla Procura – del quotidiano La Sicilia. E non è un appalto qualsiasi quello che, secondo l’ipotesi dell’accusa, sarebbe stato truccato. Il sottosegretario Giuseppe Castiglione è nell’ordine: l’uomo forte del Ncd, l’asse portante del governo Renzi e il grande sponsor dell’elezione al Quirinale di Sergio Mattarella. L’appalto incriminato invece è invece quello da 98,7 milioni (triennale e assegnato prima in via provvisoria nel 2011 e poi definitivamente nel 2014) del centro di assistenza ai rifugiati più grande di Europa: il Cara (Centro di accoglienza per i richiedenti asilo) di Mineo (Catania), con i suoi 4 mila ospiti. Castiglione è stato soggetto attuatore, in qualità di presidente della Provincia di Catania, nella fase di emergenza per diventare presidente del Consorzio Calatino Terra di Accoglienza, composto dagli enti locali, per gestire il centro. Quando è stato eletto deputato nel 2013 e poi nominato sottosegretario all’Agricoltura da Enrico Letta e da Renzi, Castiglione ha lasciato il posto al sindaco Ncd di Mineo Anna Aloisi. LE INDAGINI per l’abuso d’ufficio e la turbativa d’asta della Procura di Catania, guidata da Giovanni Salvi e della Procura di Caltagirone, guidata da Giuseppe Verzera, erano in corso da mesi. Gli indagati sarebbero secondo le indiscrezioni ben undici. Un’accelerazione decisiva è arrivata quando l’Autorità nazionale anticorruzione ha spedito alla Procura di Catania il parere n.15 firmato da Raffaele Cantone e depositato il 3 marzo del 2015. La questione è giudiziaria ma anche politica. Sul Cara di Mineo si regge l’economia e il consenso elettorale della zona. “All’inizio non volevano il centro adesso se provi a levarglielo te ammazzano perché... 350 persone ci lavorano. Ma scherzi? Meglio dell’Ilva”, chiosava Luca Odevaine nelle conversazioni intercettate dal Ros dei carabinieri per Mafia Capitale. Odevaine, prima consulente e poi dal giugno 2014 collaboratore a tempo determinato, pagato 12 mila e 872 euro all’anno del Consorzio, era membro influente della commissione del Consorzio che ha assegnato questo appalto prima in via provvisoria e poi in via definitiva nel 2014 con la gara da 97,8 milioni di euro ora contestata. Al suo commercialista spiega- Il sottosegretario Castiglione e il presidente Anticorruzione Cantone Ansa ODEVAINE, poi arrestato con Il Cara (Centro di accoglienza per i richiedenti asilo) di Mineo a Siracusa LaPresse va: “Tornerò per la commissione per aggiudicarla però diciamo che è abbastanza blindato insomma, sarà difficile che se lo possa aggiudicare qualcun altro, vabbè, no vabbè dai, è quasi impossibile”. Nel suo atto Cantone spiega perché: la scelta di mettere insieme lavori, servizi e forniture eterogenei, già gestiti dal soggetto che in via provvisoria si era aggiudicato il Cara di Mineo, impediva ai concorrenti di entrare in gara davvero. L’inchiesta è un colpo al cuore del Ncd che a Mineo prende il 39 per cento. Odevaine spiega- va al suo commercialista che Castiglione sarebbe stato il vero dominus dell’assegnazione dell’appalto iniziale del 2011 (poi confermato dalla gara del 2014) a un consorzio che include il Consorzio Sisifo, una cooperativa rossa della Legacoop, e le coop bianche vicine a La Cascina e a Comunione e Liberazione più il Consorzio Sol Calatino (privato) che ha un nome simile a quello del Consorzio Calatino Terra di Accoglienza, guidato un tempo da Castiglione, stazione appaltante. Cantone, lo sceriffo nominato da Renzi, ha avviato la sua azione contro il feudo del Ncd di Alfano su istanza della Cot società cooperativa: l’unica partecipante alla gara oltre all’associazione delle imprese (vicine a Castiglione e a Odevaine) uscenti e vincenti. Nel suo parere, Cantone scrive: “L’assenza di concorrenza e di convenienza per la stazione appaltante è dimostrata dal fatto che, oltre all’istante (Cot cooperativa, ndr) v’è stato un solo concorrente che ha partecipato alla procedura – il gestore uscente – cui è stato aggiudicato l’appalto con un ribasso molto ridotto l’accusa di associazione mafiosa per altri fatti, non fa il nome del “predestinato” che sarebbe stato invitato a pranzo da Castiglione. I membri della cordata vincente che gestiscono oggi il Cara grazie alla gara da 97,8 milioni, oggetto dell’inchiesta catanese, sono gli stesi di allora: una coop rossa (Sisifo) una serie di coop bianche legate alla Cascina e il Consorzio Sol Calatino guidato da Paolo Ragusa, uomo vicino a Castiglione. “Se la vicinanza vuol dire amicizia, allora dico a chiare lettere che sono veramente onorato e orgoglioso di avere un amico come Giuseppe Castiglione, persona per bene che ha sempre avuto a cuore lo sviluppo del territorio” scriveva Ragusa sul sito del Sol Calatino, senza nascondere di avere appoggiato il progetto dell’Ncd. Odevaine inserisce la storia del Cara di Mineo nel contesto politico nazionale che presiede ai governi Letta e Renzi: “Perché loro adesso... Castiglione si è avvicinato molto a Comunione e liberazione, insieme ad Alfano e adesso Comunione e liberazione di fatto sostiene strutturalmente tutta questa roba di Alfano e del centrodestra... Castiglione. Sono tra i principali finanziatori di tutta questa roba sì... sta dentro Lupi e infatti è il ministro delle Infrastrutture eh... e Castiglione fa il sottosegretario... all’Agricoltura ed è il MAFIA CAPITALE Nelle 75 mila pagine dell’operazione “Mondo di Mezzo”, i suoi rapporti tra con l'ex vice capo di gabinetto di Veltroni, Luca Odevaine loro principale referente in Sicilia... cioè quello che poi gli porta i voti, ce li hanno tutti in Sicilia”. Effettivamente il vero azionista di riferimento del Ncd non è Angelino Alfano o Maurizio Lupi, bensì proprio Castiglione: Ncd ha ottenuto il 9,1 nella circoscrizione isole e il più votato, con 56.446 voti, è stato Giovanni La Via, proprietario, “a sua insaputa”, della sede del consorzio che gestisce il Cara di Mineo, sostenuto alle elezioni proprio da Castiglione. Il ministro Maurizio Lupi si è fermato a 46.414 preferenze. I numeri parlano da soli. “Why not” infinita, nuovo round al Csm LA STRANA RICHIESTA DELL’EX PG DI CATANZARO IANNELLI CHE USA LA CONDANNA DI DE MAGISTRIS: “ORA MI RIABILITATE” di Antonella Mascali e Antonio Massari l fantasma dell’inchiesta ‘Why I Not’ bussa ancora alla porta del Csm. A rievocarlo questa volta è l’ex procuratore generale di Catanzaro, Enzo Iannelli, con una richiesta molto particolare. Il giudice brandisce la condanna in primo grado, inflitta a Luigi de Magistris e al suo ex consulente Gioacchino Genchi, colpevoli secondo l’accusa di aver acquisito illegalmente i tabulati di otto parlamentari. Grazie a questa sentenza, secondo Iannelli, si dovrebbe procedere alla revisione della sua condanna disciplinare. Quale sia il nesso tra i due eventi, però, è davvero arduo immaginarlo. La punizione di Iannelli, attuale consigliere di Cassazione, risale al 2009, quando la Procura di Salerno perquisì quella di Catanzaro, accu- sando alcuni magistrati calabresi di aver ostacolato le indagini di De Magistris. Un’accusa – che non vede imputato Iannelli – per la quale, ancora oggi, è in corso un processo a Salerno per reati di corruzione giudiziaria. che, su questo episodio, si espressero con toni molto duri. Lo hanno accusato di essersi fatto “ragione da sé”, piegando “la giurisdizione a un interesse proprio in relazione a un preteso torto subito”, compiendo un atto “di ritorsione nei confronti di chi li aveva sottoposti a procedimenIL GIORNO in cui i pm salernitani – to penale”. anch’essi poi puniti dal Csm – per- Sebbene siano queste le motivazioni quisirono i colleghi calabresi, Ian- con cui la Cassazione ha sancito la nelli decise di operare un “contro- sua punizione, Iannelli ritiene che la sequestro” e di iscrivere i pm cam- condanna a un anno e tre mesi, con pani nel registro degli indagati. pena sospesa, subìta in primo grado È per questo motivo che Iannelli fu da De Magistris e Genchi, rappresanzionato dal Csm con il trasferi- senti un fatto nuovo, di tale rilevanmento. Sentenza confermata dalle za da consentire la revisione del prosezioni unite civili della Cassazione cesso disciplinare e, quindi, della sentenza che lo condanna. Le sezioni unite civili della Cassazione si sono già pronunciate due volte, rigetPRETESE tando la richiesta di Iannelli, che, L’ex procuratore geneperò, ora ci prova nuovamente. La rale di Catanzaro, Enzo sua ultima mossa ha fatto riunire più Iannelli, ha presentato volte la sezione disciplinare del Csm richiesta di riammisperché non c’è accordo. Esiste un sione al Csm Ansa nesso tra la condanna di Iannelli – punito per aver iscritto i suoi colleghi salernitani nel registro degli indagati e aver contro sequestrato il loro sequestro – e i tabulati degli otto parlamentari che, secondo i giudici di Roma, De Magistris e Genchi hanno acquisito illegalmente? C’è chi al Csm vuole rigettare la richiesta, per evidente mancanza di presupposti, ma c’è anche chi spinge per l’accoglimento. Tra questi, un ruolo significativo lo riveste il presidente del collegio, Antonio Leone di Ncd, che in questo caso è il supplente del vicepresidente Giovanni Legnini. NELLE SUE MANI c’è il destino di- sciplinare di Enzo Iannelli, calabrese, in magistratura dal 1969. In Cassazione ha rappresentato i processi per le stragi alla stazione di Bologna e di Ustica, l’attentato a Papa Wojtyla, il Moro-ter e il sequestro delle liste degli scritti alla P2, lo Ior di monsignor Marcinkus. Un magistrato che, nella sua lunga carriera, s’è occupato di inchieste intrise di misteri ancora irrisolti. Tra questi, potrebbe aggiungersene un altro: il nesso tra le condanne di Genchi e De Magistris e la sua condanna disciplinare. 6 POLITICA VENERDÌ 13 MARZO 2015 L’ arcivescovo Scola ”Oratori sempre aperti ai musulmani” ORATORI APERTA A TUTTI, anche ai musulmani. È l’arcivescovo di Milano, Angelo Scola, a margine della presentazione di una ricerca Ipsos, a raccontare come la presenza di immigrati sia un dato presente in molti degli oratori lombardi. “I cancelli e le porte sono sempre aperti”, e anche il momento della preghiera non è un problema: “I ragazzi musulmani vogliono partecipare sempre, ovviamente il Fatto Quotidiano con grande rispetto lo si fa nei loro confronti”. Durante l’insegnamento della religione, “la stragrande maggioranza dei musulmani - ricorda - sta in classe quando c'è religione e poi ci sono anche dei momenti di attenzione a loro. I ragazzi si scambiano tra di loro le esperienze religiose”. Il tutto in un “dialogo interreligioso” che sta generando “il nuovo cittadino di Milano”. Per il cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano, l’oratorio è “un imponente fenomeno pedagogico, il cui valore sta nel fatto che è una proposta educativa che parte dal basso ed è in grado di coinvolgere tutti. Inoltre sempre più spesso è luogo di incontro, non solo per i ragazzi, ma anche per le famiglie”. Secondo i risultati dell’indagine Ipsos gli oratori sono presenti nel 75% delle parrocchie lombarde. SOLO LINEE GUIDA LA NUOVA RAI DI RENZI CHE PIACE A GASPARRI NESSUN DDL, MA LA POLITICA CONTINUERÀ NOMINARE IL CDA IL PREMIER: “LO ELEGGE IL PARLAMENTO IN SEDUTA COMUNE”. MA È UNA GAFFE: LA COSTITUZIONE NON LO PREVEDE di Carlo Tecce A rchiviati i titoloni che da settimane favoleggiano di una Rai slegata dai compromessi politici, consegnata a un capo invincibile e ammodernata con canali in inglese e senza pubblicità, Matteo Renzi ha rinviato l’approvazione di un disegno di legge al prossimo consiglio dei ministri. PER ADESSO, ci sono le solite linee guida, cioè una dichiarazioni di intenti nel monologo in conferenza stampa con domande escluse. Le linee guida valgono zero, o quasi. L’unica novità, che Renzi ha spacciato per rivoluzionaria, è che la maggioranza dei componenti del Cda, ridotto da 9 a 7 membri, sarà nominata dal Parlamento riunito in seduta comune e non più dai commissionari in Vigilanza (organismo rottamato), che sono ugualmente senatori e deputati, ambasciatori dei partiti e figli dei risultati elettorali. Ma Renzi fa un errore marchiano, dimentica che la Costituzione prevede quando il Parlamento può riunirsi in seduta comune. E per la Rai l’opportunità non è contemplata. Forse studierà un metodo per iniziare al Senato e finire alla Camera o viceversa. Più che una cesura con la stagione decennale targata legge Gasparri, questi propositi renziani sono un aggiornamento del testo che porta il nome del politico di Forza Italia. Per accontentare quelli che chiedono una televisione pubblica plasmata fuori dal perimetro dei partiti, Renzi ha annunciato che in Cda ci sarà un posto per un rappresentante degli oltre 12.000 dipendenti di Viale Mazzini. Con una semplice distinzione semantica e giuridica, la Rai passerà dal vecchio direttore generale a un amministratore delegato. Una figura da società per IDEE PER IL FUTURO Sarà una vera Spa: un amministratore delegato al posto del direttore generale, un rappresentante dei dipendenti in cda azioni che avrà maggiori poteri e sarà indicata dal proprietario di Viale Mazzini, il ministero dell’Economia, e ratificata dal Cda: il percorso ricalca la legge Gasparri, niente di innovativo. Già adesso, dopo le modifiche statutarie incentivate dall’esecutivo di Mario Monti, il dg Luigi Gubitosi dispone di un’autonomia che i suoi predecessori potevano soltanto agognare: as- sieme al presidente, il dg ha la procura per i contratti fino a 10 milioni di euro. Un tempo, il tetto era più basso, 2,5 milioni. E il Cda aveva un rilevante ruolo di interdizione, da tre anni è diventato un orpello. Non stupisce che i primi complimenti a Renzi arrivino da Maurizio Gasparri, l’ex ministro delle Comunicazioni: “A forza di fare ripetizioni agli esponenti della sinistra, perfino Renzi comincia a capire che il Cda Rai deve essere eletto dal Parlamento e non dal governo”. Per riproporre la narrazione che contraddistingue il suo rapporto mediatico con Viale Mazzini, Renzi ha spiegato così i desideri di palazzo Chigi: “Non vi sia più contiguità fra Rai, partiti e forze politiche che comporta che ogni settimana si debba discutere con il segretario o il parlamentare della commissione di Vigilanza Rai”. Non è immediata la differenza tra l’intromissione dei politici in Viale Mazzini tramite la Vigilanza, che è una commissione bicamerale, e il Parlamento convocato a Montecitorio per scegliere i consiglieri per il Cda. LO STESSO RENZI ha ammesso che i partiti non saranno ininfluenti per il futuro di Viale Mazzini: “Non significa che le forze politiche non possano avere il compito di vigilare e di indicare le persone, ma significa che quando hai scelto chi con- Il premier Matteo Renzi in conferenza stampa dopo il Consiglio dei ministri Ansa trolla e guida, non è che per nominare un caporedattore devi entrare nella discussione”. Particolari, nient’altro. Il governo sarà determinante sui vertici (coppia o triade non è chiaro), che non avranno neanche il fastidio di transitare in Vigilanza per le audizioni. Con le modifiche renziane sarà marginale proprio il compito della Vigilanza guidata da Roberto Fico (M5S). Renzi ha replicato a Fico e s’è elogiato per la capacità di fare il leader: “Rispetto quelli che dicono del sorteggio (riferimento al M5S, ndr), ma il sorteggio è abdicazione politica, noi in Rai vogliamo mettere i più bravi. Il sorteggio si fa all’Enalotto, io voglio mettere i migliori in Rai”. Non è mancato un accenno a una Rai più impegnata per la cultura, libera dalla paranoia degli ascolti - saranno contenti a Mediaset - e della raccolta pubblicitaria. Tanti pensierini di Renzi che non c’entrano nulla con il disegno di legge, ma che semmai saranno materia della convenzione tra lo Stato e la Rai che scade nel 2016. Per i titoloni è più che sufficiente. LECC LECCAA La Stampa consiglia: “Salite a bordo, cazzo” PUBBLICITÀ INGANNEVOLE. Senza ritegno. La Stampa, il prestigioso quotidiano di Torino in edicola dal 1867, anche ai tempi in cui gli operai della Fiat la chiamavano “La Bugiarda” non sarebbe mai caduta così in basso. Ieri a pagina 29 c’era il servizio “Viaggi di Pasqua, a ciascuno la sua isola”. E fin qui tutto bene. Sfogli e ti ritrovi una bella paginona venduta alle “crociere fluviali lungo la via degli zar”. E passi. Ma la pagina successiva – sormontata dalla testatina “speciale la Stampa”, nessuno avverte il lettore di esser di fronte a un’altra pagina a pagamento – è un meraviglioso servizio sulle crociere che “imbarcano la ripresa”, evidentemente dopo i fatti del Giglio, che non vengono mai citati. Sotto addirittura due interviste: al vicepresidente di Costa Crociere (neppure una domanda sulla Concordia, ma una sulla formula neoCollection) e all’ad di Msc Coriciere. Poi altre due belle pagine tra articoli e pubblicità più manifeste di Costa e Msc, guarda caso. PORTFOLIO Foto di Umberto Ex Pci, D’Alema resta il più giovane ROSSO SECONDO Emanuele Macaluso e Luigi Berlinguer posano in un abbraccio rosso antico. Ma Macaluso non sembra convinto BIMBE RIDENTI IL PRESENZIALISTA Da quando è rottamato, D’Alema è un presenzialista di primissimo ordine. Non si perde nemmeno un libro A Roma si presenta “Oh, Bimbe! Le ragazze di Adriana” (edizioni Memori) di Graziella Falconi e la bimba Russo Iervolino si diverte come una matta tipo “Amici miei” Pizzi Ugo Sposetti, ex tesoriere ds, ha appena realizzato di essere il più giovane presente. Ovviamente, dopo Massimo D’Alema CROLLO Macaluso crolla alla centesima ripetizione della parola “bimbe” CATTIVE RAGAZZE “Oh bimbe” era l’espressione che la comunista Adriana Seroni riservava alle militanti più giovani. Tra quelle “cattive ragazze” c’era anche Livia Turco A cura di fd’e POLITICA il Fatto Quotidiano R ossotto (Rai Way) ”Il nostro controllo non è contendibile” IL PRESIDENTE di Rai Way, Camillo Rossotto, ribadisce che la società non è contendibile a causa dei vincoli normativi che impediscono alla Rai di cedere il 51% del capitale. Rai Way “non è contendibile, il controllo della società non è sul mercato”, ha detto durante la conference call sui risultati 2014, confermando che l’offerta di Ei Towers “non è stata sollecitata, lo ripeto, non è stata sollecitata”. Rossotto si è limitato a ricostruire “il contesto e il quadro regolatorio per capire dove siamo oggi” senza esprimere alcun giudizio sull’opas. “Non VENERDÌ 13 MARZO 2015 posso fare alcun commento sull'opas, il tempo per esprimersi non è oggi”, ha affermato garantendo che il cda farà tutto quanto è “appropriate e necessario” a tutela dell’interesse degli azionisti di Rai Way. “Stiamo monitorando la situazione, se l’offerta continua applicheremo la 7 normativa che in questi casi impone un comunicato dell’emittente” con cui Rai Way darà il suo giudizio sull’offerta. “Lo faremo quando avremo visto esattamente i termini dell’offerta, è qualcosa che accadrà nel futuro”, dopo la pubblicazione del prospetto informativo. Viale Mazzini e dintorni Renzo Arbore “Non c’è soluzione, bisogna solo resuscitare Agnes” di Antonello M Caporale ettiamo Renzo Arbore al governo. Destiniamolo a Palazzo Chigi per un pomeriggio, sulla poltrona di Matteo Renzi. Pieni poteri sulla Rai, scriva lei il decreto legge. “Rintraccerei in paradiso Biagio Agnes, il grande Biagione democristiano. Di televisione ne capiva. Mettere uno che ne capisce non sarebbe male”. Siamo però al de cuius. Noto un filo di sarcasmo. Mi rifarò nel prosieguo dell’articolato. Articolo 2. L’auditel sta imbarbarendo la Rai, a sua volta inquinata da Mediaset. Urge rottamazione. D’ora in avanti ai dati di ascolto devono essere associati quelli del gradimento. educare, non solo informare. Quindi distruggere la batteria di talk show. Davvero siamo giunti al limite di guardia. Il troppo storpia. Solo politica, solo linguaggio politichese: un recinto di ossessivi. Divertire. Con grazia e con arte. Quindi ci vorrà talento. Cercare in giro artisti talentuosi (ce ne sono, a meno che non si giri con una benda sugli occhi), individuarli bene e poi scritturare i migliori. Biagione Agnes tirò dentro la tv uno come Adriano Celentano, capisce la grandezza del gesto? Agnes il de- Alto gradimento come la trasmissione di Arbore e Boncompagni? Incorreremmo in un gravoso conflitto d’interessi. Il capo di gabinetto un sinonimo. Anzi, eccolo qua: indice di affezione. Tu telespettatore mi devi dire ciò che vedi e quanto ti piace ciò che vedi. Da uno a dieci quanto ti piace? Ci sono schifezze che fanno ottimi ascolti. Ma schifezze rimangono. Articolo tre. La Rai deve anche divertire ed troverà mocristiano. E dalli! Ma lasciò Raidue ai suoi grandi nemici, i socialisti. Al proposito le rammento che Bettino Craxi mi offrì la direzione della rete: non è che per caso è interessato? Grazie, non fa per me, risposi. E Agnes creò Raitre, che con Guglielmi avrebbe innovato come nessun altro poi. La Rai senza la politica non esiste. La Rai non può essere privata. E se è pubblica qualcuno deve detenerne il controllo. Ma ritenere che solo perché pubblica debba essere affidata a degli incapaci è un vero sopruso alla nostra intelligenza. Vede che Agnes ritorna sempre? Ancorché democristiano era competente. Sapeva gestire quel che gli avevano affidato. Non dobbiamo disperare. Sembra che Raitre debba essere svestita della pubblicità, molto culturale, molto impegnata, molto alternativa. UOMO DI TV Come capo assoluto vedrei bene Walter Veltroni, suo padre Vittorio portò in Italia ‘Lascia o raddoppia’, e anche questo fa curriculum... QUASI DIRETTORE CULTURA SU RAITRE Orribile. Temo la noia, quei programmi opachi e nebbiosi come la Bassa a novembre. Sa che pavento? Proust alle nove di sera Orribile. Temo la noia, quei programmi opachi e nebbiosi come la Bassa a novembre e pesanti come le critiche letterarie di Enzo Siciliano (pace all’anima sua). Sa che pavento? Proust alle nove di sera. La Rai deve educare, ma senza troppi grilli per la testa. Lei prima mi parlava dei nuovi analfabeti. Si stima che il 47 per cento degli italiani siano analfabeti funzionali: sanno leggere e scrivere ma non saprebbero fare una sintesi di ciò che leggono e scrivono. Concordo. Perciò darei un occhio e un aiuto ai nostri concittadini analfabeti, rafforzando gli utilissimi canali tematici. Rai Storia è una grande opportunità di conoscenza. Fosse per me farei anche Rai Geografia. Lo può fare, abbiamo convenuto che ha pieni poteri. Articolo 6. È istituito il canale Rai Geografia in modo che i pugliesi abbiano la soddisfazione di sapere dove si trova Mantova e chi diavolo sono i mantovani. Per la condizione di reciprocità anche i triestini avrebbero la possibilità di conoscere l’esatta ubicazione di Noto, che non è la prima persona singolare del verbo notare. Renzi vuole un manager tuttofare. Renzi deve capire che un manager fa il manager. Un direttore editoriale ha altre competenze. Le sta simpatico il premier? Alla mia età l’energia diviene una risorsa declinante, perRenzo Arbore, clas- ciò l’apprezzo tanto. Poi è se 1937, Craxi gli pragmatico. I fiorentini sooffrì la direzione no pragmatici, e infatti andi Raidue Ansa che Bernabei (un altro dell’olimpo Rai) lo era. Senta, sono un po’ scocciato di leggere che il passato è da buttar via, che la Prima Repubblica era fatta da idioti e che oggi... Stava parlando di Renzi. Solo pregi? Qualche difettuccio importante lo esibisce. A volte ha l’aria del Cavalier Tino Scotti, quello del faso tutto mì. Non era Berlusconi il cumenda milanese? A volte Renzi mi spaventa un po’. Vedo in difficoltà quel brav’uomo di Bersani. Non lo conosco personalmente, lo guardo in tv e capisco il suo dolore. Non sa proprio che pesci prendere, cosa dirgli. Mi dispiace. Dovremmo trovare un nome di un vivente come capo assoluto della Rai. Mettiamo Walter Veltroni. Naturale, lei è veltroniano. Ah ah, così dissero quando ero direttore artistico di Rai International. Mi feci nemici i dalemiani. Veltroni conosce la televisione, sa cos’è il cinema, la musica, l’arte della scena. Ha le competenze per fare quel che si deve. Ricordiamoci che suo padre Vittorio portò in Italia Lascia o raddoppia. E anche questo fa curriculum. Così Mediaset si era già presa il Paese ROBERTO FAENZA E LA FINE DEL MONOPOLIO CULTURALE. QUELLO DEL PREMIER È SOLO L’ULTIMO FAVORE FATTO AL BISCIONE Pubblichiamo un estratto del libro “FiniRai” di Roberto Faenza. Il capitolo è “Fate zoppicare la Rai, vedrete Mediaset volare” ei quarant’anni trascorsi dalla nascita della N televisione commerciale abbiamo assistito a una metamorfosi degna di Kafka. A metà degli anni Settanta, quando Berlusconi decise di entrare nell’agone televisivo, allora armato solo di videocassette preregistrate, la Rai poteva dormire sogni tranquilli, perché quei tentativi di tv semi-amatoriale non potevano suscitare paura. I dirigenti di allora irridevano quei programmi improvvisati, continuando a pensare che anche senza monopolio la tv pubblica avrebbe continuato a farla da padrone. Quando però negli anni Ottanta ci si accorse che l’uomo non scherzava e aveva abbandonato l’edilizia per le comunicazioni, la Rai non seppe fare di meglio che imitarne le trasmissioni, incapace di forgiare un modello alternativo. Del resto cosa ci si poteva aspettare da una schiera di funzionari messi alle leve del comando dai rispettivi partiti, cresciuti all’ombra di un monopolio assoluto che non consentiva spazi alla concorrenza? Arrivato il competitor privato, la tv pubblica si vide persa. Cominciò a imitare pedissequamente gli stessi programmi, a inondare le reti di quiz, a svilire l’intrattenimento, insomma a diventare una televisione replicante. Salvo qualche lodevole eccezione. DOPO AVERE SFIDATO la Rai nei programmi di svago, presto Berlusconi passò all’attacco anche nella fiction e nel cinema. Con la prima inaugurò l’era dell’avventura e della cronaca. Con il cinema, attraverso Medusa, si impegnò a reiterare i fasti della commedia all’italiana, debitamente aggiornata. La Rai intanto restava indietro, ancora legata alla cultura “nazional-popolare”, come vennero definite le trasmissioni di Pippo Baudo dal presidente di allora, il socialista Enrico Manca, che lo obbligò a dimettersi per aver ospitato le battute di Beppe Grillo contro il suo partito. Se i film targati Rai conquistavano le vette dei festival internazionali, dunque mantenendo una sorta di primato culturale, nella fiction Mediaset riuscì a diventare più innovativa e coraggiosa. La Taodue, della coppia Pietro Valsecchi-Camilla Nesbitt, acquistata da Mediaset, è stata capace di imitare al meglio le serie di successo della tv americana, innovando il genere lanciato anni prima dalla Rai con La Piovra e cimentandosi nella serialità dei vari Distretto di polizia. Con gli altri programmi, in primis Striscia la notizia, il Biscione è andato alla conquista di un pubblico mediamente più giovane, soprattutto più propenso a spendere e dunque più corteggiato dalla pubblicità. IL VERO SEGNALE distintivo della tv berlusco- niana arriva con le incursioni para-sentimentali di Maria De Filippi, soprannominata “la sanguinaria”, la regina incontrastata che aveva studiato per diventare magistrato, scegliendo invece di passare al video, una volta incontrato Maurizio Costanzo, altro nume tutelare della tv commerciale. Mentre per circa trent’anni Mediaset ha guardato a un bacino di spettatori decisamente giovani e per la maggior parte residenti nelle aree più industrializzate del paese, la Rai ha invece coltivato un pubblico maturo, tra cui molti pen- FINIRAI di Roberto Faenza, 228 pagine, 17 euro (4,99 euro eBook) sionati, residenti in maggioranza nel centro e nel meridione. Oggi le cose non stanno più così. La crisi economica ha cambiato la demografia del pubblico e ora anche la tv commerciale si è spostata verso gli anziani e verso il sud. Diminuisce la serialità d’assalto e trionfa la fiction alla Matarazzo, vedi il successo delle serie prodotte dal duo Alberto Tarallo-Teodosio Losito, anche compagni nella vita, con protagonista il bel tenebroso Gabriel Garko in una lista i cui titoli sono tutto un programma: da Caldo criminale a Sangue caldo, L’onore e il rispetto, Il peccato e la vergogna, Furore… Titoli di fiction, che però devono la loro genesi al solco creato dal marchio De Filippi, con i suoi programmi più seguiti da C’è posta per te a Uomini e donne. 8 POLITICA VENERDÌ 13 MARZO 2015 BLaiennale democrazia quarta edizione dal 25 a Torino È ARRIVATA alla quarta edizione la Biennale Democrazia, manifestazione organizzata dalla Fondazione per la Cultura Torino. Ed è evidentemente la voglia e l’interesse a discutere di questi temi è viva e vegeta: a due settimane dall’inizio della kermesse, sono stati venduti già 1400 biglietti per uno degli eventi che si terranno dal 25 al 29 marzo nel capoluogo piemontese. L’inaugurazione verrà affidata a una lectio magistralis di Claudio Magris al teatro Regio e a uno spettacolo sulla Thyssen, mentre il mattino dopo, Gustavo Zagrebelsky - il Fatto Quotidiano uno dei promotori della Biennale parlerà di “Generazioni” per uno dei suoi numerosi interventi nel corso della kermesse. Il tema di questa edizione, infatti, è “Passaggi”. “Passaggi - spiegano - che possono fungere da collegamento fra due luoghi separati da un confine, un muro o una barriera - fisica, mentale o virtuale - ma che possono anche designare delle svolte, delle soglie al di là delle quali il mondo e la percezione che ne abbiamo muta, come accade per le fasi della vita degli individui o per le epoche storiche”. IL PONTE SULLE URNE DI MATTEO ELECTION DAY IL 31 MAGGIO, A RIDOSSO DELLA FESTA DEL 2 GIUGNO: MENO VOTANO, PIÙ PRENDE di Wanda Marra Se si guardano le ultime elezioni, il fatto che l’astensionismo abbia favorito il Pd di Renzi è evidente. Soprattutto in Emilia Romagna il dato di novembre fu clamoroso: votarono il 37,7% degli elettori contro il 68,1% delle elezioni precedenti. Vittoria amara per Stefano Bonaccini, che prese il 49,05%. In Calabria andò un po' meglio, ma solo perché si partiva da un dato più basso: votarono il 43,8%, contro il 59% del 2010. Vittoria di Mario Oliverio, candidato del centrosinistra. In quell’occasione Renzi se ne uscì con un’espressione tanto infelice quanto rivelatrice: “La non grande affluenza è un elemento che deve preoccupare ma è secondario”. Con buona pace della democrazia rappre- I l 17 maggio c’è il Raduno degli alpini e il 24 la Pentecoste ebraica. Dunque, il governo (ovvero Matteo Renzi) ha valutato che non è il caso di votare per le amministrative il 10 maggio. Perché, uno dei due turni elettorali (dove sono previsti) avrebbe coinciso con una data inopportuna. Al Nord, gli alpini sono un’istituzione e dunque il rischio astensionismo è alto. E andare alle urne nel giorno di una festività ebraica avrebbe urtato la suscettibilità di quella comunità. QUESTA la motivazione uffi- ciale. Che si legge anche nel comunicato di Palazzo Chigi. E allora, il governo che fa? Decide con un decreto approvato ieri dal Cdm di fissare l’election day al 31 maggio. Ovvero la domenica prima del 2 giugno. Festa nazionale della Repubblica, che quest’anno cade di martedì. Un ponte perfetto, tanto più che moltissime scuole saranno chiuse, perché sedi di seggio elettorale. Non esattamente un viatico per l’affluenza. La denuncia, chiara e tonda, arriva dai Cinque Stelle. Dice il senatore, Nicola Morra: “Ho paura che la vera motivazione di votare con un ponte in corso sia non favorire l’affluenza. Perché è chiaro che l’astensionismo avvantaggia le forze più organizzate, come è già stato alle ultime europee e alle regionali in Emilia Romagna e in Calabria”. E cita Craxi quando il 9 giugno del 1991 invitò gli italiani ad andare al mare, piuttosto che esprimersi sul referendum Segni, che aboliva le preferenze plurime. Dello stesso parere la capogruppo dell’M5s, Fabiana Dadone: “È un modo per tenere bassa l’affluenza”. DIRITTI CIVILI Per Scalfarotto è già primavera E sì che di mestiere fa il sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento, e quindi come funzionano le cose lì dentro dovrebbe aver cominciato a intuirlo. Eppure Ivan Scalfarotto, paladino dei diritti gay nel Pd, sembra travolto da un immotivato ottimismo. Dice addirittura che entro maggio ci sarà un testo condiviso e approvato sulle unioni civili. E sostiene niente meno che a quel tempo, come fiori di pesco, le riforme saranno già legge. Non importa che nemmeno due ore prima abbiano bocciato un emendamento sulle adozioni ai single, figuriamoci se conta che il centro destra abbia bollato come “bestemmiatrice” la senatrice democratica Filippin (aveva detto che la famiglia perfetta non è esclusivamente quella sul modello Giuseppe-Maria), quisquilie quelle che affossano il divorzio breve. Il calendario di Scalfarotto segna già primavera. Carta straccia di Silvia Truzzi roviamo a essere ottimisti: nel 2005 ci fu un tentativo di P riforma costituzionale: si ricorda Calderoli? Ecco, la Costituzione riscritta da un dentista fu respinta al mittente dai cittadini con il referendum dell’anno successivo. Potrebbe succedere anche questa volta”, spiega Lorenza Carlassare, professore emerito di Diritto costituzionale a Padova. Perché ricorda oggi la riforma di Berlusconi? In qualunque Paese - non dico civile, ma appena appena decente - non si riproporrebbero riforme che vanno nella stessa direzione di altre bocciate qualche anno prima. La cosa che mi allarma di più è l’assenza di considerazione, per non dire il disprezzo, verso l’opinione dei cittadini. Il popolo ha già detto no a una riforma che rafforzi i poteri del governo a scapito delle istituzioni rappresentative e li concentri in un unico vertice: la legge attuale diminuisce più dell’altra il peso della volontà popolare, abbassa ancora il livello di democrazia. Il governo esulta, il dado è tratto. O quasi. Al premier esultante vorrei dire che la democrazia non ha bisogno di capi, ha bisogno di partecipazione. Comunque, da un punto di vista procedurale sottolineo che non è la Costituzione che impone al Senato di soffermarsi solo sulle parti emendate dalla Camera, in prima lettura. Sono i regolamenti COINCIDENZE Lo slittamento a fine mese per il raduno degli Alpini e la Pentecoste ebraica. Ma i dati dicono che quando l’affluenza scende, il Pd è favorito sentativa. Anche il famoso 41 per cento delle Europee era accompagnato da un astensionismo galoppante: a votare fu il 58%, 8 punti in meno rispetto alle precedenti consultazioni. I fedelissimi del premier la mettono in un altro modo: “Sì, è vero, c’è un ponte. Ma noi confidiamo di non essere danneggiati dall’astensionismo”. Solo spavalderia? E allora, perché scegliere una delle date più a rischio? Neanche i candidati sono entusiasti della decisione. Alle urne vanno 1089 Comuni e soprattutto 7 Regioni. Veneto, Toscana, Liguria, Marche, Umbria, Campania e Puglia. Le regionali dall’inizio sono state percepite con preoccupazione dal premier. Che infatti lo scorso autunno decise di rimandarle a maggio, invece che a marzo quando erano previste. In effetti, le primarie sono state travagliate (vedi soprattutto la Campania col caso De Luca e la Liguria, con la vittoria della Paita e le dimissioni dal Pd di Cofferati). Su Enrico Rossi, che corre per la riconferma in Toscana, pende un possibile rinvio a giudizio nell’ambito dell’inchiesta sul buco di bilancio da centinaia di milioni di euro dell’Asl 1 di Massa Carrara, per il quale è indagato dal 2012 con l’accusa di falso ideologico. E nelle Marche contro Luca Ceriscioli, vincitore alle primarie, ci sarà il compagno di partito Gian Mario Spacca, governatore uscente. CASO più attenzionato quello di De Luca che non si ritira nonostante la Severino. I Cinque Stelle (che oggi fanno un’interpellanza al governo sulla candidatura) pensano che un altro motivo del rinvio delle elezioni sia permettere al Tar di pronunciarsi sul suo ricorso (attesa tra 15 aprile e 15 maggio), rispetto alla decadenza da sindaco di Salerno. Se dovesse vincere, come tutti si aspettano (c’è il precedente di De Magistris) sarebbe più forte. Infine, l’Ncd: nella maggior parte dei casi non ha ancora deciso con chi allearsi. Certo, l’invito di Craxi, con i chiari di luna in questione, potrebbe essere un monito da tenere presente. L’invito dell'allora potente segretario del Psi si trasformò in un boomerang. Nel referendum che tentò di boicottare il quorum fu del 62,6%. E due anni dopo finì l’era Craxi. La costituzionalista Carlassare “Abbiamo già detto no, ci disprezzano” parlamentari. In un caso così grave, dove in realtà non c’è stato un dibattito serio e approfondito, ma il testo è stato approvato – a mio avviso illegittimamente – utilizzando ‘canguri’ per eliminare dalla discussione emendamenti sgraditi e i tempi sono stati forzati con sedute notturne, impensabili in una democrazia normale, la possibilità di riconLA PROVA siderare alcune norme, le più discutibili, sarebbe inDEL 2001 dispensabile. È davvero Ricorda Calderoli? un’occasione perduta. Si poteva fare una riforma La Costituzione riscritta utile, invece di questo sgorbio con un Senato non da un dentista fu respinta elettivo cui si attribuisce il al mittente dai cittadini potere di decidere su materie costituzionali. Non con il referendum . credo che Renzi, l’innovatore, si sia reso conto del Potrebbe succedere carattere profondamente anche questa volta conservatore di questa ri- forma. Perché conservatore? Il nuovo Senato tanto mal concepito avrà competenza in materia costituzionale e dunque anche in un eventuale iter correttivo della riforma. Il suo voto è determinante, allo stesso modo di quello della Camera dei deputati. Se domani qualcuno avesse l’idea di mettere ordine in questa riforma strampalata del Senato, magari modificandone la composizione e le modalità di elezione, i nuovi ‘senatori’ (consiglieri regionali e sindaci che si nominano fra loro!) potrebbero bloccare qualunque modifica contraria ai loro interessi. Così , anziché rinnovarsi, questo ceto politico non fa altro che auto conservarsi. Lei ha detto più volte POLITICA il Fatto Quotidiano Fil governo urti in casa, propone aumento di pene LA NOTIZIA l’ha data il ministro Alfano via Twitter: “Pene raddoppiate per i furti in casa”. Per ora però è solo un emendamento del governo, che valuterà la Camera durante l’esame della riforma del processo. Il testo inasprisce le sanzioni per furto in abitazione, furto con strappo, rapina. Spiega il vice ministro alla Giustizia Enrico Costa (Ncd anche lui) che “i dati segnalano un forte aumento dei furti in casa, raddoppiati in 10 anni. Questo genere di delitti non incide solo sul patrimonio, ma anche sull'intimità e la serenità di persone e famiglie. È necessario un giro di vite perché le norme attuali con- VENERDÌ 13 MARZO 2015 sentono un meccanismo di abbattimento delle pene che di fatto le rende non effettive: bisogna renderle effettive”. Il Cdm ha dato il via libera definitivo anche a un altro provvedimento: il decreto legislativo sulla tenuità del fatto, che si applica a reati minori con pena 9 massima fino a 5 anni o sanzione pecuniaria. Il testo, al primo passaggio, aveva provocato una pioggia di critiche da Lega e Forza Italia che gridarono alla depenalizzazione. Ora sono stati messi neri su bianco una serie di reati per cui è esclusa: dall’omicidio colposo allo stalking. I riformatori ignoranti “È un interrogatorio?” CAMERA DEI DEPUTATI. A SPASSO PER IL TRANSATLANTICO I PARLAMENTARI NON SANNO QUASI NULLA DELLA “NUOVA COSTITUZIONE” CHE HANNO VOTATO di Alessandro I PRIMA FIRMA È del ministro Maria Elena Boschi il ddl sulle riforme costituzionali LaPresse che il carattere non elettivo è fortemente antidemocratico. Ma certo: una repubblica democratica non può avere una Camera alta non elettiva che esercita funzioni costituzionali! Se uniamo questa riforma alla eliminazione delle Province - che in realtà ci sono ancora, ma senza alcun organo eletto dal popolo - e una legge elettorale dove l’esito del voto è completamente alterato, si vede bene che il popolo, anzichè il sovrano, è considerato un fastidio da tacitare. Che pensa dei deputati divisi, quelli che volevano votare no e hanno votato sì per fedeltà alla ditta e viceversa? È stato un gioco delle parti, sia in Forza Italia che nel Pd, una buffonata, come se si trattasse di una decisione di poco conto e non del delicatissimo equilibrio dei poteri che sta alla base della nostra architettura costituzionale. C'è ancora la partita della legge elettorale. La famosa legge truffa del 1953 che scatenò tante battaglie in Parlamento e fuori, era più democratica dell’Italicum perché il premio di maggioranza veniva attribuito alla coalizione che otteneva il 50 per cento, ossia a chi la maggioranza l’aveva già. E poi, se nessuno raggiungeva questa soglia, il premio non scattava; e infatti non scattò! Nell’Italicum invece – che ricorda la legge Acerbo del 1923 – se nessuno raggiunge il 40 per cento, il premio viene comunque attribuito dopo il ballottaggio tra le due liste più votate qualunque sia la percentuale ottenuta! Si prende tutto anche con un seguito popolare assai modesto: la minoranza governa indisturbata. Twitter @silviatruzzi1 Ferrucci l terrore misto a rabbia si è diffuso nel primo pomeriggio in Transatlantico: “Non rispondete al Fatto!” il consiglio offerto d’imperio. La nostra colpa, ieri, è stata quella di aver chiesto conto ai vari deputati il motivo, e la conoscenza, del voto al ddl sulla riforma costituzionale del Senato. Oggi testiamo la preparazione di altri onorevoli protagonisti. Antonio Boccuzzi (Pd). “Individualmente non tutti sanno... non tutti... ognuno ha le sue peculiarità”. Sì, ma lei è a conoscenza dei vari aspetti della riforma? “Capisco la sua domanda, ma la trovo offensiva”. E perché? “Lei gioca sull’immaginario collettivo che ci vuole impreparati”. Smentiamolo: quante firme ci vogliono per un referendum? “Non lo so... comprendo il suo punto di vista, non c’è preparazione”. Allora: quanto tempo resta in carica un senatore nominato dal presidente della Repubblica? “Mi sembra una legislatura, ma non vorrei dire una sciocchezza”. Purtroppo il mandato è per sette anni. Alessia Morani (Pd). “Sì, sono convinta del mio voto. Quanto restano in carica? Sette anni”. Bene. E il referendum? (Silenzio) “... cinquecentomila, ottocentomila... dipende. Aspetti”. Siamo qui. “La memoria mi fa... ora ho dei dubbi... (altro silenzio)”. Pronto? ...pronto? tuuuu tuuuu. (Passano cinque minuti, richiama e la Morani è molto più preparata). Irene Tinagli (Pd). “Questo argomento non lo voglio trattare così, magari con più calma”. Saremo brevissimi. “Ma è complesso”. Lo sappiamo. “Ci sono stati miglioramenti, ma sono abbastanza contenta, il bicameralismo non funzionava più, ma non sono una costituzionalista”. Però è un deputato. “La Costituzione mi permette di farlo. Arrivederci”. tuuuu tuuuu Tino Iannuzzi (Pd). “L’Italia ha bisogno di un cambiamento, ha bisogno di una riforma... e questa è una buona riforma, complessa”. Certo, e toglie la Sanità alle Regioni (non è vero). “Vabbè, ma questi sono dettagli”. Dettagli la Sanità? “C’è il mutamento di 40 articoli”. In realtà sono almeno 42. Andrea Manciulli (Pd). (Risponde con la voce bassa): “Sono a una presentazione”. Ci mettiamo poco. “Mi occupo di terrorismo internazionale”. Ma l’ha votata. “Non sono dentro a queste cose, io sono un relatore”. Complimenti. Matteo Colaninno (Pd): “Non le rispondo, lei è offensivo”. Lungi da noi, però molti suoi colleghi non sono molto preparati. “Lei conosce l’alfabeto?”. Più o meno. Quanti sono gli articoli della Costituzione? “Se andiamo oltre, rischiamo di non essere più tanto amici”. Mai avuto il piacere di conoscerla. Eugenia Roccella (Ncd). “La riforma ci voleva comunque, era giusto chiuderla”. Quindi è soddisfatta? “C’era un accordo più ampio, non siamo stati i primi interlocutori di Renzi”. Ora scarica? “Ho qualche dubbio”. Lei è un’ex radicale, quante firme sono necessarie per un referendum? “Aspetti, vado a rivedere... aspetti... (silenzio) mi sembra 500 mila e 800 mila”. Sicura? “Sì, penso... sì... a me sembra che le cose fossero uguali. La lascio, voglio verificare”. (Passano tre minuti) “È come le dicevo”. Bene, poveri referendum. “Ma no, ma bene così, e poi la facoltà referendaria è superata”. Paola Binetti (Area popolare). “Ho votato per coscienza”. ANDREA MANCIULLI “Mi occupo di terrorismo internazionale, non sono dentro a queste cose, sono a una presentazione scusi, devo parlare” ANTONIO BOCCUZZI “Individualmente non tutti sanno... non tutti... ognuno ha la sua peculiarità e poi trovo la sua domanda offensiva” PAOLA BINETTI “Ho agito per coscienza, a me stupiscono quelli come Bersani e Rosy Bindi che dicono di non esser d’accordo ma...” SERGIO PIZZOLANTE “Non importano i passaggi, ma l’obiettivo finale. Guardi che ho smesso molti anni fa di andare a scuola” CONSULTA No al controllo preventivo sull’Italicum una delle battaglie È portate avanti dalla minoranza Pd. Che, nonostante le resistenze del ministro Boschi, era riuscita a far inserire nel ddl appena approvato alla Camera, una norma che prevedesse il controllo preventivo della Consulta sull’Italicum. Ma ieri, il presidente della Corte Costituzionale, Alessandro Criscuolo, l’ha stroncata: “Il vaglio preventivo tradisce il ruolo della Corte e può essere una formula non opportuna”. Preciserà poi che “quando il testo di riforme sarà approvato, la Corte lo applicherà”. Troppo tardi: le reazioni si erano già scatenate. A nome della minoranza Pd parla Andrea Giorgis: “Stupiscono le perplessità Non avevamo dubbi. “Votare in quello che credo fa parte della mia storia”. Altra certezza. “A me hanno stupito quelli come la Bindi e Bersani quando dicono ‘non sono d’accordo ma voto’. Come si fa?”. Ce lo dica lei. Comunque è preparata. “Sì, certo”. Non sono troppe 900 mila firme? “Ci sono ancora passaggi fluidi, e tutti speriamo di scartavetrarla. Bisognava farla!”. E non ci siete andati giù leggeri, avete cambiato 59 articoli. “Va bene così, il nostro è stato un giudizio sintetico”. Sergio Pizzolante (Ncd). “Sono favorevolissimo, abbiamo superato il bicameralismo perfetto, le cose si possono far meglio”. Sì, questi due concetti sono abbastanza chiari a tutti. Ma lei conosce tutti i cambiamenti previsti? “Non importano i passaggi ma l’obiettivo finale”. Certo, i cinque nominati dal Colle presenti per una sola legislatura... “Già, ma non importa, io non li avrei proprio voluti”. Neanche uno. “Nessuno. Ma se questo suo è un interrogatorio, la saluto, ho smesso molti anni fa di andare a scuola”. Sono solo domande. È d’accordo sulla riforma del titolo V? “Eccome, almeno così togliamo delle competenze alle Regioni come il turismo (risposta esatta)”. Giacomo Portas (Pd) “Di cosa vuole parlare?... ah, sì, certo... volentieri. Oddio, devo prendere un volo... mi chiami dopo, arrivederci”. Tuuuu tuuuu. Dopo due ore nessuna risposta. Twitter: @A_Ferrucci avanzate”. Poi c’è il leghista Calderoli (autore del Porcellum bocciato dalla Consulta): “È necessario per prevenire quanto avvenuto in passato. Semmai è inopportuno un intervento della Corte su una riforma in itinere”. I critici pensano che la posizione di Criscuolo sia dettata anche dalla volontà di evitare una patata bollente: fu proprio la Consulta a bocciare il Porcellum. E potrebbe trovarsi in imbarazzo rispetto all’Italicum, che ha alcuni aspetti simili, come l’eccessivo premio di maggioranza e i troppi nominati. Renzi, però, non coglierà la palla al balzo: modificare questo aspetto della riforma vorrebbe dire aumentare le letture e riaprire il caso. Esattamente quello che non vuole fare. 10 ECONOMIA VENERDÌ 13 MARZO 2015 Llaocrisi spread dimentica e con la Bce torna al 2008 CON IL QUANTITATIVE Easing della Bce lo spread è tornato al livello di settembre 2008, quando stava per crollare la banca americana Lehman Brothers. A tre giorni dal suo inizio, l’acquisto straordinario di titoli di Stato da parte della Bce ha portato nel bi- lancio delle banche centrali quasi dieci miliardi di euro di asset. La reazione dei mercati è stata più positiva del previsto, visto che il Quantitative easing era atteso da mesi e molti pensavano che “l’effetto annuncio” ne avesse anticipato l’impatto. Lo spread del Btp il Fatto Quotidiano decennale, che paga un rendimento mai stato così basso (1,04% dal 7% di fine 2011), è crollato ulteriormente fino a 84 punti, il minimo di giornata di ieri. È il livello del settembre 2008, con un calo che cancella la crisi greca del 2010, il contagio italiano del 2011, quando si era arrivati a 575 punti. Se questi benefici si rivelassero duraturi, stima Intesa Sanpaolo, il ministero del Tesoro potrebbe avere benefici fino a 4 miliardi emettendo i nuovi titoli di debito a un costo inferiore a quello preventivato. Guadagnare licenziando, le imprese fanno i conti LA STIMA DELLA UIL SUI VANTAGGI DELLA RIFORMA DEL LAVORO È MATERIA DI STUDIO DEGLI IMPRENDITORI ANCHE AI CONVEGNI DI CONFARTIGIANATO di Salvatore C Cannavò he il mix tra sgravi contributivi per le nuove assunzioni e nuovo contratto “a tutele crescenti” fosse vantaggioso per le aziende, lo aveva già segnalato la Uil. Che questo beneficio venga orgogliosamente sponsorizzato da un’associazione come Confartigianato, è però il sintomo del tempo. Il segnale, cioè, che il mondo delle imprese, delle professioni, si sta preparando alla grande occasione avendo colto al volo il vantaggio dato dalla combinazione tra incentivi e possibilità di licenziare. Il cartellone che reca la “simulazione dei costi” di una nuova assunzione fa bella mostra di sé sul sito di informazione finanziaria Professionefinanza.com. Ed è inequivocabile. SI PRENDE a modello l’ipotesi di una nuova assunzione dal reddito annuo di 25 mila euro. Divisa per 13 mensilità se ne ricava un costo mensile, per l’impresa, di 1.923 euro. Grazie alla legge di Stabilità del 2015, però, che “per un periodo massimo di trentasei mesi riconosce l’esonero dal versamento dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro”, quella stessa assunzione, dal primo gennaio, produce un risparmio di 7.875 euro. Il cartello di simulazione conteggia poi lo sgravio del contributo Irap, anch’esso deciso nella legge di Stabilità, che permette un ulteriore risparmio di 1.278 euro con un totale di beneficio a fa- vore dell’azienda pari a 9.153 euro. Veniamo così ai costi. La simulazione presume che il licenziamento avvenga dopo un anno e così si conteggiano due mensilità per un totale di 3.846 euro. In realtà, la simulazione compie un errore perché la ASSUMI E POI CACCI I risparmi possono arrivare a 18 mila euro. Anche il renziano Andrea Guerra prende le distanze dal premier: la linea Marchionne non è la mia legge prevede un indennizzo in ragione di due mensilità l’anno ma comunque “non inferiore a 4 e non superiore a 24 mensilità”. La somma indicata nello schema, quindi, che alla fine produrrà un beneficio stimato per l’azienda di 4.817 euro va sostituita producendo così un beneficio di “soli” 971 euro. Al di là dell’errore, però, la sostanza non cambia. E proiettato sui 36 mesi, cumulando così il risparmio in termini di decontribuzione e Irap, si raggiungono cifre che vanno dai 9 ai 18 mila euro a seconda del reddito. I vantaggi sono evidenti e non è un caso se tutti i siti di consulenza alle imprese in questi giorni siano occupati da proiezioni che offrono la giusta va- POCA VITA DAVANTI Il lavoro dentro a un call center l Jobs Act rischia I di distruggere il sistema dei call cen- ter. È questa la preoccupazione principale della Slc-Cgil di fronte alla crisi profonda che sta attraversando il settore ed evidenziata, solo per citare gli ultimi casi, dal fallimento di Infocontact in Calabri ao dalla decisione di Almaviva di ridurre del 14% il costo del lavoro. LA NOTIZIA CHE IL COLOSSO italiano dei call center chiede ai sindacati di “conseguire l’indispensabile sostenibilità economica delle attività” è stata pubblicata ieri dal manifesto e riguarda la commessa appena ottenuta da Almaviva, con riserva, da Wind. La compagnia telefonica concederà il via libera solo se otterrà una tariffa al minuto inferiore del 14% a quella attuale. Per raggiungerla chiede ai 1500 lavoratori interessati di lutazione delle nuove possibili assunzioni. Tutti hanno capito il vantaggio e tutti si stanno adeguando alle nuove opportunità. Da qui, la previsione che l’occupazione possa davvero aumentare - Renzi ha parlato di almeno 200 mila posti aggiuntivi nell’anno - è realistica perché finanziata. “Il contratto a tutele crescente - dice Guglielmo Loy della Uil, autore dello studio sui benefici per le aziende - io lo definisco un ‘contratto a termine finanziato’”. “Quello che sta avvenendo è tutto legale - aggiunge Loy - e, in fondo, questi consulenti li capisco, stanno facendo il loro lavoro anche se osserviamo il fenomeno con una certa amarezza. Il punto, conclude, è capire davvero cosa avverrà al termine dei 36 mesi previsti per la decontribuzione”. LA PERMANENZA o meno del vantaggio fiscale sarà in effetti decisiva. Lo sa il governo, lo sanno le imprese. Ma la politica economica e del lavoro degli ultimi decenni non è mai sembrata guardare al lungo periodo. Si preferisce prendere i soldi e scappare via e così sarà anche questa volta. Va però detto che l’aspetto decisivo sarà l’andamento dell’economia nel suo complesso. Le migliori previsioni per il 2015 al momento si attestano a un più 0,8% e se non ci saranno segnali evidenti di ripresa è difficile che le aziende possano mettersi ad assumere nonostante gli incentivi. Sembra accorgersi di queste contraddizioni uno dei mi- gliori consiglieri di Matteo Renzi, quell’Andrea Guerra, già amministratore della Luxottica, additato dal presidente del Consiglio come uno dei migliori manager italiani e divenuto il consigliere strategico di Palazzo Chigi per la politica industriale. Ieri, ai microfoni di Mix24 di Giovanni Minoli, ha detto: “Penso che dentro al Jobs act ci siano tante cose buone ma credo che manchi ancora qualcosa di fondamentale che è la protezione del lavoratore nel lungo periodo”. “La flessibilità - prosegue Guerra - ce la chiede il mondo, ma è fondamentale la qualificazione e riqualificazione.” “La linea Marchionne sulle relazioni industriali non è la mia”. L’ex ad di Luxottica, Andrea Guerra. Sopra, la slide di Confartigianato Ansa di Marco Palombi Contrordine: ora svalutare è bello B reve premessa. In questi giorni si legge sui giornali e si sente in tv che l’euro ha perso valore sul dollaro. È vero. Un altro modo di dirlo è che l’euro si sta svalutando: all’ingrosso, in tre mesi, del 30% grazie soprattutto al QE di Mario Draghi. È cosa buona e giusta, ci dicono tutti: favorisce le esportazioni, cioè aumenta la competitività delle nostre aziende. Certo, spesso sono le stesse persone che magnificavano l’euro forte, ma tant’è: solo gli stolti non cambiano idea. Ora, però, c’è un altro problema: non s’era detto che il problema dell’Italietta d’antan e della relativa liretta erano le “svalutazioni competitive” con cui si drogava il mercato rinviando i problemi? Non s’era detto che l’unica soluzione era fare “le riforme”, cioè tagliare spesa pubblica e diritti (e per questa via i salari)? Sono tre anni di fila che facciamo “riforme” e ora si scopre che la nostra sola speranza di tornare a crescere - visto che la domanda interna è morta - è la svalutazione. Un’ultima cosa: ma la lira svalutata non causava un’inflazione a due cifre? Com’è che l’ euro è crollato del 30% e siamo ancora in deflazione? Gentili “riformisti”, si può sapere quand’è che prendevate in giro? I call center distrutti dal Jobs Act GLI SCONTI SULLE NUOVE ASSUNZIONI ALIMENTANO GARE AL RIBASSO E LA CONCORRENZA SELVAGGIA fare la propria parte, altrimenti sarà il loro posto di società Abramo, che si è aggiudicata il di servizio lavoro a essere messo a rischio. call center del Comune di Roma 060606. Dilemma straziante per un mondo, quello dei call center, che vive da anni la fragilità di un sistema LA PROTESTA PUNTA A RICHIEDERE la “contiche non è mai stato messo in grado di vivere e nuità occupazionale” mentre Abramo, dice la lavorare in una condizione di stabilità normati- Slc-Cgil, “affiderebbe la commessa a propri lavova. ratori con contratti a tempo determinato, collocati Almaviva, dal canto suo, si difende dicendo che le fisicamente lontano da Roma”. La situazione riencondizioni di Wind le sono imposte da una com- tra, ormai, nella norma. Secondo il sindacato, inpetizione al ribasso che rappresenta “il rischio” più fatti, una situazione analoga riguarda la società forte nel settore. Il rapporto con Icare con 300 lavoratori in cassa una società come Wind è vecin deroga a Milano mentre si aschio di 14 anni e la richiesta della sume a Bari. IL CASO ALMAVIVA compagnia telefonica ha colto di In queste vicende c’è la peculiasorpresa anche quello che atrità di un settore che ha vissuto La società big del tualmente è uno degli operatori grazie a incentivi per le imprese più importanti con circa 24 mila collocate nel sud Italia e che si è settore chiede ai suoi dipendenti. caratterizzato per un alto grado dipendenti di ridursi il La complessità della situazione è di sostituzione delle commesse e dimostrata dal presidio tenuto della mano d’opera conseguensalario del 14%. Intanto te. Le società sono state incenmartedì scorso in Campidoglio, a Roma, dai lavoratori della stestivate a creare nuove strutture, perde la commessa sa Almaviva in occasione con nuovi contratti di lavoro, con il Comune di Roma man mano che le commesse vedell’incontro fra il Comune e la nivano a scadenza e gli incentivi si esaurivano. La Infocontact è stata dichiarata insolvente dal tribunale di Lametia Terme proprio dopo l’esaurimento delle risorse pubbliche. A quel punto, in assenza di una normativa ferrea sul cambio di appalto, i lavoratori delle struttura in disuso perdono il posto e le nuove commesse vengono svolte da nuovi lavoratori. Qui, entra in campo, negativamente, il Jobs Act. “Siamo di fronte a un salto di qualità” spiega al Fatto Michele Azzola, segretario dello Slc-Cgil, perché lo sgravio contributivo fino a 8000 euro l’anno, previsto dalla legge di Stabilità, costituisce un forte incentivo a costituire nuove società e a sostenere gare al ribasso con sconti fino al 30-40% in una categoria in cui l’80% dei costi è dato dal lavoro”. Nuova commessa, nuova società, sgravio contributivo e andata a casa dei vecchi impiegati. Che non sono più i giovani precari dell’immaginario cinematografico ma uomini e donne tra i 30-40 anni, sposati e con figli, ormai dediti a un lavoro che vorrebbero stabile. E che, invece, sembra frantumarsi. s.can. ECONOMIA il Fatto Quotidiano Sdi littano le nomine D’Angelis, Gabrielli e Cantone AL TERMINE del Consiglio dei ministri, ieri non sono arrivate le nomine che, nei giorni scorsi, erano state annunciate su siti e giornali: la prima, quella di Erasmo D’Angelis. Il responsabile della Struttura di missione contro il dissesto idrogeologico per lo sviluppo delle infrastrut- ture idriche, lanciato da Renzi a luglio del 2014, era stato destinato alla guida della Protezione Civile. Ex consigliere regionale della Toscana, sottosegretario con deleghe all’ambiente per il governo Letta e a capo di Publiacqua, la società pubblica della Toscana che gestisce il servizio idrico integrato della Regione, avrebbe dovuto prendere il posto di Franco Gabrielli. Per quest’ultimo è prevista infatti la nomina a Prefetto di Roma (al posto di Giuseppe Pecoraro), si dice come preludio alla nomina a Capo della Polizia nel giro di un anno. Slitta anche l'attesa no- ORA RENZI SCARICA I PRECARI E SI COMPRA I PROFESSORI RESTANO GLI SCATTI DI ANZIANITÀ, ARRIVANO 200 MILIONI AGGIUNTIVI AL “MERITO” E PURE 41 EURO AL MESE PER SPESE CULTURALI. LE ASSUNZIONI, INVECE, CALANO di Marco Palombi A lla fine quel che conta è che ci sia l’effetto annuncio, qualcosa da comunicare. E pure stavolta c’è: 500 euro al mese a tutti gli insegnanti in “spese culturali” che consentano la loro formazione. Libri, musica, teatro, cinema. Tutto pur di nutrire lo spirito degli uomini che hanno “la responsabilità dell’educazione dei nostri figli”. E non solo: anche un deciso cambio di segno nelle alleanze con cui Matteo Renzi cerca di costruire la sua riforma della scuola. All’inizio il premier puntò tutto sui precari contro il conservatorismo dei garantiti: 150mila assunti tra quelli delle graduatorie a esaurimento e gli idonei del concorso 2012; chi è già in cattedra, invece, dovrà accettare di avere aumenti quasi solo grazie al “merito”, che poi sarebbe la valutazione del preside (“leader educativo” nella neolingua renziana). ORA, DOPO considerevoli venti di tempesta arrivati dai sindacati della scuola, si cambia verso: gli assunti saranno solo 100mila (per i particolari vedi il pezzo qui in basso) e probabilmente solo l’anno prossimo, gli scatti di anzianità invece restano, i fondi per il merito sono aggiuntivi (200 milioni a partire dal 2016) e arrivano pure i 500 euro l’anno - o 41 al mese se preferite - per le spese culturali: è la “Carta del professore” con cui comprare libri, musica, biglietti per il teatro e tutto quanto possa servire alla VENERDÌ 13 MARZO 2015 mina di Raffaele Cantone a commissario per la bonifica dell'area ex Italsider di Bagnoli. Il presidente dell’Autorità anticorruzione aveva già confermato la sua disponibilità ad assumersi l’incarico, con l’intenzione di sbloccare un’area paralizzata da quasi 20 anni. LOST IN TRASLATION La sensibilità ferita del povero Yanis A nche la tragedia può contenere inserti farseschi. È vero in teatro e, siccome l’arte è vita, pure in quella forma minore della storia che è la cronaca politica. In Grecia, come ha ripetuto ieri Alexis Tsipras, c’è “una crisi umanitaria che non si può ignorare” (anche se la ex Troika la ignora eccome) e c’è pure un ministro offeso. Ieri il governo greco ha infatti inoltrato una protesta ufficiale a Berlino: il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schäuble, ha definito il collega greco Yanis Varoufakis “stupidamente ingenuo nel comunicare”. Non si fa. L’interessato, però, ha smentito: ma per carità, io ho detto “che mi suonava strano che Varoufakis ora sia improvvisamente ingenuo in materia di comunicazione”. Lost in traslation, tutti e due. E il pubblico, distratto, a fissare il teschio di Yorick. Yanis Varoufakis col suo omologo italiano, Pier Carlo Padoan RIVOLTA Lacrimogeni e tafferugli durante la manifestazione degli studenti a Milano Ansa SENZA ONERI? Confermati gli sconti alle scuole private, ma solo per elementari e medie: si tratta di oltre 250 mila alunni e non è ancora chiaro il costo “formazione” del docente. Curioso che sia la stessa carta con cui tentò di accattivarsi i dipendenti della provincia di Firenze nel 2008: “L’idea di fondo è consentire a ciascuna lavoratrice e lavoratore di avere una card contenente una cifra fissa di 1.000 euro a testa. Tale cifra potrà essere destinata ai corsi di formazione, ma anche all’acquisto di libri, materiali multimediali, corsi di lingua, teatro e musica”, scrisse all’epoca agli interessati. L’IMPORTO stavolta è la metà, ma l’investimento non è piccolo: per circa 700mila insegnanti italiani servono infatti 350 milioni l’anno (115 milioni per il 2015 visto che si parte da settembre). Il messaggio, comunque, è arrivato a destinazione. La Uil, ad esempio, che aveva iniziato una campagna contro la sostanziale abolizione degli scatti di anzianità, ieri col suo segretario Carmelo Barbagallo, ha subito capito che il vento è cambiato e lodato il provvedimento, anche se rimangono “le criticità sui precari”. Il resto sono generici titoli che rischiano però di avere un effetto devastante per la scuola pubblica italiana sul lungo periodo. Il primo punto che il premier cita in conferenza stampa è infatti “l’autonomia vera”, cioè “la personalità giuridica” delle singole scuole, che serve a varie cose. In primo luogo il preside diventa il dominus o meglio il manager della scuola: potrà ad esempio scegliere gli insegnanti “a chiamata diretta”, per così dire, da un apposito albo territoriale. In renzese, “il leader educativo potrà scegliersi la sua squadra per realizzare i Piani dell’offerta formativa”. Non solo: la personalità giuridica gli consentirà di raccogliere donazioni (lo school bonus le defiscalizza generosamente) e sollecitare il 5 per mille da alun- 11 Reuters ni ed ex alunni. Ovviamente questo avrà effetti diversi a seconda del quartiere o della zona d’Italia in cui si trova la scuola: evangelicamente si potrebbe dire che a chi ha sarà dato. NON MANCA, ovviamente, la trasparenza: curricula degli insegnanti online (chissà perché) e pure i bilanci delle singole scuole. Poi, anche se non viene specificato come, Renzi sostiene che ovviamente il preside (o “leader educativo”) dovrà “rispondere dei risultati”. L’altra parola d’ordine su cui punta palazzo Chigi è “mai più classi pollaio”: il premier, in conferenza stampa, ha fatto discendere questo meraviglioso futuro dalla definizione del cosiddetto “organico funzionale”, anche se non si capisce bene come l’uno influenzi l’altro. Nessuna sorpresa, invece, sulle scuole paritarie, che incassano senz’altro quanto chiedevano: detrazioni fiscali per chi iscrive i propri figli alle scuole private, ma solo per elementari e medie (lo sconto per l’iscrizione all’asilo esiste già e vale fino a 120 euro al massimo). Siccome gli studenti interessati - secondo i dati del Miur - sono oltre 250 mila, per garantirgli lo stesso trattamento delle materne servono oltre 30 milioni di euro l’anno, prelevati dalla fiscalità generale come pure la quota delle paritarie su school bonus e 5 per mille (a non dire dei finanziamenti diretti). Sulla Costituzione continua a esserci scritto “senza oneri per lo Stato”, ma forse è solo un consiglio. LE VITTIME Quei 50 mila in lista d’attesa cancellati uori 48 mila. Anzi, per la F precisione, 47.399. È questa la cifra dei precari “storici” che vengono depennati dal disegno di legge approvato ieri dal Consiglio dei ministri. Quando fu presentato in pompa magna il progetto de La Buona Scuola il numero di coloro che “non hanno bisogno di stare in una lista d’attesa” ma “hanno bisogno di stare a scuola” era molto più alto. SI TRATTAVA degli iscritti alla Gae, le Graduatorie a esaurimento formate, in circa due decenni, da chi aveva vinto un vecchio concorso e da chi, poi, aveva superato i corsi e gli esami delle Siss, le scuole di specializzazione (pagando alcune migliaia di euro). Oltre agli iscritti alle Gae La Buona Scuola prometteva l’assunzione sia ai vincitori del concorso del 2012 che agli idonei, coloro che pur avendo superato le prove non avevano avuto una cattedra da occupare. I vincitori venivano stimati in 1200 persone mentre gli idonei in circa 6000. “Oggi il governo intende mantenere questa promessa ereditata dal PROMESSE TRADITE Rischiano gli idonei del concorso 2012 senza cattedra e i 23 mila degli asili ancora sospesi nel limbo, in attesa di una “riorganizzazione” passato assumendo tutti costoro”, era la frase scolpita ne la Buona scuola. Progetto che, ha sottolineato più volte Matteo Renzi, è stato portato in giro per l’Italia con migliaia di incontri, decine di migliaia di osservazioni via mail, dibattiti. Di quella promessa se ne mantiene, forse, solo una parte. I 148.100 diventano 100.701. A saltare saranno soprattutto i 23 mila iscritti alle Gae della scuola dell’infanzia, messi in attesa di un fantomatico progetto di riorganizzazione delle scuole materne da realizzare con i Comuni. Attesa pericolosa se, come sembra, le Gae verranno soppresse e quindi non produrranno più nessun diritto. Salteranno anche i 6000 idonei al concorso del 2012, che dovranno partecipare a un nuovo concorso. Decisione complicata perché storicamente l’idoneità ai concorsi è stata sempre fonte di diritto privilegiato all’assunzione anche Il premier con Stefania Giannini Ansa se la sentenza del Tar del Lazio dello scorso anno ha bocciato la pretesa di abilitazione per questi docenti. GLI ALTRI 14 MILA , sostiene Renzi, sono stati già assunti nel corso del 2014 ma l’affermazione contraddice quanto scritto su la Buona scuola. Lì, infatti, si diceva che “risultano iscritte nelle Gae circa 155 mila persone. Questo numero scenderà dopo le assunzioni in corso per l’anno scolastico 2014-2015 di circa 15 mila unità”. I conti, quindi, non tornano. E nemmeno i tempi. I 100.701 precari, infatti, verranno assunti da settembre 2015 “se le Camere approveranno il disegno di legge”. Quel “se” è decisivo e rende altamente improbabile che l’operazione vada in porto. Sa- rebbe infatti necessario una legge definitiva almeno entro aprile per poter realizzare tutta la procedura necessaria. In caso contrario, se ne riparlerà nel 2016 e per l’anno in corso non ci si dovrebbe discostare molto dall’assunzione di 40-50 mila unità. Come tutti gli anni. s.can 12 LA DIVINA A RIGNANO Se Dante vivesse oggi, come riscriverebbe il suo Inferno? Chi popolerebbe i gironi e le bolge? Chi accompagnerebbe il Sommo Poeta e chi accoglierebbe i dannati? Caronte Maria De Filippi e Beatrice Madia Benvenuti all’Inferno MADONNA BOSCHI TRA I BESTEMMIATORI; BERLUSCONI ALLA LARGA DAI LUSSURIOSI; SEVERGNINI TRA GLI ADULATORI RINGRAZIA IL DIAVOLO; FEDE NON SANNO DOVE METTERLO E TRA I SEMINATORI DI ZIZZANIA C’È MICHELE SERRA, PARE SU DELAZIONE DI FABIO FAZIO, CHE STA IN PARADISO, OVVIO di Pietrangelo Buttafuoco E cco l’Inferno. Maria De Filippi è il Caronte d’Italia. In una sola comparsata a Uomini e donne traghetta i destinati agli Inferi. Barbara D’Urso, Massimo Giletti e Alfonso Signorini sono i cerberi, ruinanti in basso loco, chiamati a stanare i dannati già dalla porta dell’imbuto capovolto. Nell’abisso, a fauci aperte – pronto a ingoiare la carne dolente dei colpevoli – c’è Papa Francesco. Altro che i vescovi, ha fatto arrestare anche Lucifero. Ecco l’Inferno, nel paradigma tutto italiano: Silvio Berlusconi, non va nel girone dei lussuriosi (dove pregustava di andare...), bensì nel Limbo, tra gli inutili incolpevoli il cui destino è l’eterno sbadiglio. L’Accidia, si sa, non si capisce mai cosa sia e, infatti, sperso per la Città di Dite c’è Dudù, il barboncino, chiamato in contrappasso rispetto al suo essere sempre iperattivo. Francesca Pascale, la sua padroncina, è collocata tra i golosi ma in luogo dei tizzoni di brace è costretta a ingozzarsi di fagiolini a 80 euro l’uno. Con lei, Ilda Boccassini, costretta a bere i Sanbitter della tavernetta. Quella delle cene eleganti adesso traslocate sul Lungostige. Tutta di treccine, fatte di fil di ferro d’Etruria, è Maria Elena Boschi. La soave ministra è costretta nel girone degli eretici bestemmiatori: da Madonnina nel presepe del paesello suo al viaggio in Congo per reclutare bimbi e cavarne pubblicità ce n’è di blasfemia... Tra i golosi non c’è Oscar Farinetti, anzi, l’oste supremo è allocato tra i seminatori di zizzania, in compagnia di tutta la ghenga dei consigliori di Matteo Renzi, ovvero Carlotta De Franceschi, Andrea Guerra, Davide Serra, Luca Lotti, Filippo Taddei mentre Rocco Siffredi, l’unico che dovrebbe consigliare il signor premier, ghiotto di patatine com’è, negli inferi vede mutare se stesso in un gelido Calippo da cui non trasuda calore bensì lacrime... Ecco l’Inferno, ed ecco i gironi. PRIMO CERCHIO, più che i non battezzati, gli sbattezzati, non i Radicali di Marco Pannella ed Emma Bonino (murati nel Burrato), ma quelli che non avendo potuto votare Renzi non ne beneficiano in grazia. È il cerchio più affollato, il primo, perché Renzi non è stato eletto ma prescelto perché vuolsì così colà ove si puote e tutti noi lì stiamo messi. SECONDO CERCHIO, i lussuriosi. Meritano di andarci soltanto i veri e sinceri libertini. Innanzitutto c’è Eugenio Scalfari, quindi Marina Cicogna, poi Achille Bonito Oliva e poi ancora Enrico Vanzina, Roberto D’Agostino, Massimo Cacciari, Mara Venier, Giovanni Minoli, Mario Balotelli, Viperetta, Gianni Boncompagni, Ornella Vanoni, Ornella Vanoni e Ornella Vanoni. TERZO CERCHIO, i golosi. I dannati sono perseguitati da erinni-giudici e la vita nel cerchio è organizzata secondo lo schema di un game. I diavoli ai fornelli e i tormentati costretti a dar prova di cucina in compagnia di Benedetta Parodi, Carlo Cracco, Joe Bastianich e – povere anime – Antonella Clerici. Un solo condannato a disposizione di cotanta corte: Mario Monti che mangiò se stesso. QUARTO CERCHIO, avari e prodighi. Tutti coloro che vi- dero in Berlusconi una cassaforte da cui spillare denaro e in Renzi, oggi, una lavatrice con cui, risciacquando i panni in Arno, si riciclano, si ritrovano legati e costretti a volgere lo sguardo a terra, a significanza del legame alla materialità del dare e del tenere. Tra i condannati, oltre al fruttivendolo che piazzava al cuoco Michele i fagiolini a 80 euro, ci sono Flavio Briatore, Luca Cordero di Montezemolo e Mauro Moretti, Dolce & Gabbana. QUINTO CERCHIO, iracondi e accidiosi. Costretti a leggere Il Mattinale, il bolletti- no di Renato Brunetta, rispetto a cui la pesta prece di Pluto, “Pape Satan, Pape Satan, aleppe” è balsamo, i dannati rotolano fascicoli di MicroMega in forma di macigni che leggeranno nei momenti di pausa castigati poi dalla visione di Che Tempo che Fa. Peggio che il divaricatore di palpebre di Arancia Meccanica. Tra i dannati, oltre Dudù, in quota accidia, ci sono gli iracondi: Aiace Telamonio, il cagnetto di Massimo D’Alema, quindi D’Alema stesso, Pier Luigi Bersani, Miguel Gotor e tutta la minoranza Pd. SESTO CERCHIO, e re t i c i . Tutti i sepolcri sono scoperchiati e dalle tombe sbucano Giorgio Gori e Lapo Pi ste l l i dallo sguardo, entrambi, ardito e fiero e Carlo Co t t a re l l i , il più castigato di tutti, inutile spiegare perché. Proprio come se avessero il renzismo in gran dispitto. Spirti nobili, certo, forti di coerenza e di coraggio e però non fedeli al signor premier che li esilia tra Bergamo e un sottosegretariato al pari di una Federica Mogherini, spedita alla Ue a far le foto ai vertici e destinata adesso al Flegetonte. SETTIMO CERCHIO, ben tre gironi. Tutti violenti e perciò ci sono gli omicidi, i predoni, i suicidi, gli scialacquatori, i bestemmiatori, i sodo- miti e gli usurai. Mancano i gomorratori ma solo perché Dante ebbe a mancare l’incontro con Antonio Franchini e però Roberto Saviano qui c’è, non fosse altro che per essersi bucato una natica con un colpo di revolver: s’era infilato la pistola in tasca ma aveva dimenticato di inserire la sicura. Per cui, bang! OTTAVO CERCHIO, prima bolgia. Ruffiani e seduttori. I diavoli con le corna li sferzano, i dannati, a colpi di frusta. Il più famoso tra i tormentanti è Denis Verdini, contemporaneamente ruffiano e seduttore (anche se non è chiaro chi ruffia e chi seduce), di Silvio Berlusconi e di Matteo Renzi. Altero al pari di Giasone, indifferente alla frusta, Verdini conversa amabilmente con Luca D’Alessandro, amico a tal punto di seguire il maestro fino all’Inferno. OTTAVO CERCHIO, seconda bolgia. Adulatori. C’è Beppe Servegnini. Corre lungo il gi- rone, sospinto dai forconi, e si complimenta con il diavolo che lo spinge purché non gli scompigli la frangetta candida. Il noto editorialista del Corriere della Sera è dannato per aver troppo adulato Renzi senza offrirgli vero amore ma solo cicì e cocò di vanità. Corre e, comunque, si complimenta: “Troppo very well questo hell!”. OTTAVO CERCHIO, terza bolgia. Simoniaci. Il prota- gonista assoluto è Marco Carrai. È peggio che Simon Mago. Compra e vende le cariche leopoldiche. Monitora le aziende di Stato e fa il taumaturgo in virtù dello spirito renzico fin nei recessi delle più remote aziende su cui detta nomine e decisioni. Adesso è messo a testa in giù. Coi piedi bruciacchiati. Stessa pena per Adriano Galliani. Col diavolo del Milan al barbecue. OTTAVO CERCHIO, quarta bolgia. I n d ov i n i . La danna- ta speciale e molto professionale è Alessandra G h isleri , sondaggista e però colpevole di aver annunciato il sorpasso di Matteo Salvini su Silvio Berlusconi. La Ghisleri bagna di lacrime la propria schiena e, pur indietreggiando, sorpassa – dannatissimo, colpevole di aver indovinato il vincitore di M a s te rc h e f – Antonio R i cc i . OTTAVO CERCHIO, quinta bolgia. Barattieri. Valter Lavitola e Sergio De Gregorio, pur re- sponsabili di illeciti ma a titolo di dolo e in via solidale, sono in Paradiso. Immersi nella pece bollente, sono coloro che usano le loro cariche pubbliche per trarne vantaggio e ricchezza. Straziati da Malebranche che ne arpiona le carni quando tentano di uscire dalle fosse i dannati sono irriconoscibili e forse, giusto perché infarinato e ancora avvolto di zucchero a velo – impiastricciato di ricotta e glassa di cassata – pare di vedere Roberto Helg. È il presidente della Camera di Commercio di Palermo, eroe del no-pizzo mentre prende il pizzo di 100.000 euro alla pasticceria dell’aeroporto Falcone-Borsellino. OTTAVO CERCHIO, sesta bolgia. Ipocriti. Tutti i cerchi magici possibili e immaginabili. Da quello che fu, con Umberto Bossi, nella Lega, a quello pericolante di Berlusconi, fino ad arrivare al Giglio, quello di Renzi. È magico a tal punto il Giglio da generare un traffico così caotico a Palazzo Chigi di dover ricorrere a un vigile urbano, Antonella Manzione, comandante delle guardie metropolitane di Firenze adesso comandata di dirigere tutto il giramento di sfere e di cerchi dell’Inferno. il Fatto Quotidiano VENERDÌ 13 MARZO 2015 13 LA PRIMA DELLE TRE CANTICHE A fianco, una rielaborazione dei nove cerchi dell’Inferno immaginati nel XIV secolo da Dante Alighieri Il film “La solita commedia”, Dante ritorna in mezzo a due Idioti di Malcom Pagani agioni antiche: “Tenevo il cadavere di mia nonna nell’armadio, percepivo la pensione e con i R soldi ci andavo a puttane”. Perversioni contempo- ranee: “Sono uno stalker”. Nelle spire di Minosse si finisce per molti motivi e a tutti, con eloquio incerto e braccia enormi, il guardiano dell’Inferno che “esamina le colpe ne l'intrata” restituisce schiaffi e domande in paritaria quantità: “Io sono Minosse, tu chi cazzo sei?”. Indirizzare la feccia tra le fiamme dei gironi però è diventato un lavoraccio e di fronte al mancato aggiornamento del Giudizio Universale: “Tu sei un hacker? E gli hacker dove li mettiamo?”, per elencare i peccati e riscrivere la struttura dei gironi è necessario richiamare Dante in servizio e spedirlo urgentemente sulla terra. Un secolo dopo la trasposizione cinematografica del trio Bertolini-De Liguoro-Padovan e qualche mese prima della visione indagatoria di Ron Howard con Tom Hanks, a occuparsene, sono due idioti per autodefinizione. Dopo aver evocato Cochi e Renato a Sanremo, Francesco Mandelli e Fabrizio Biggio tornano a frequentare santi e demoni. Ne La solita commedia (nelle sale dal 19, producono Lorenzo Mieli e Mario Gianani per Wildside, distribuisce Warner) trovano i primi riuniti in assemblea – una sintesi tra la curva pallonara e il peggio di Montecitorio – impegnati nei cori da stadio: “Sant’Ambrogio portaci in Europa” e nelle contestazioni: “Stai qui solo perché vendi le magliette” a un Padre Pio dalle mani bucate che somiglia al vero Antonio Razzi: “Ci vorrebbe un indultino primavera”. Osservano un Lucifero pronto per sfilare con Dolce e Gabbana salutare l’avversario principe con consumata convivialità: “Grandissimo, non mollare mai”. Dio fa affari, ristrutturazioni, pubblicità. Rischia l’infarto, beve whisky e prende pillole antidepressive come caramelle. Anche al piano di sotto, dove Dante/Mandelli verrà precipitato per trovare nel precario Biggio il suo Virgilio, non se la passano allegramente. Il segno distintivo è la demenza. L’umanità si è persa e anche Alighieri non pensa più come in quel vecchio spot della Olivetti che bastino pagine di regole per orientarla sulla retta via, seguir virtute, rie- OTTAVO CERCHIO, settima bolgia. I ladri. Valter Lavitola e Sergio De Gregorio, pur responsabili di illeciti ma a titolo di dolo e in via solidale, sono in Paradiso. La fossa infernale, non ci crederete, è vuota. I diavoli si grattano le corna tra di loro. I serpenti usati per legare alla schiena le mani dei dannati si arrotolano stancamente agli zoccoli dei demoni in attesa che arrivi qualche cliente. In verità s’era presentato Emilio Fede, già direttore del tg4, forte di un merito – aver fatto la cresta a Lele Mora per farne una ulteriore a Berlusconi – ma fu che i demoni, presi di noia, lo spinsero ancor più giù, un gradino ancora. OTTAVO CERCHIO, ottava bolgia. Consiglieri fraudolenti. È qui che si trova Fede dopo essere stato cacciato dalla precedente fossa ma, sebbene uso a bluff d’azzardi al tavolo da gioco, viene sospinto verso il baratro non fosse altro per l’abilità di una ospite in particolare, Mariarosaria Rossi, allocata in questa bolgia ma capace di convincere il capo dei diavoli ad allontanare Fede con gli stessi argomenti con cui già cacciò da Palazzo Grazioli, la casa di Berlusconi, il cuoco Michele, la segretaria Brambilla e perfino Daniela Santanchè (non dannata, bensì in Purgatorio). OTTAVO CERCHIO, nona bolgia. Seminatori di discordie. Il solito Fede. I diavoli non sanno come tenere calma Nicole Minetti. Non si calma neppure Michele Serra, inspiegabilmente collocato lì, di certo per un equivoco, o forse – suggeriscono i maliziosi retroscenisti – spedito all’inferno a seguito di un’informativa redatta da Fabio Fazio che sarà pure santo ma cattivo come tutti i buoni. Non si calma nessuno e Fede, ancora una volta, va giù. OTTAVO CERCHIO, decima bolgia. I falsari. mergere dalla brutalità. Son tutti pazzi nell’Italia del 2015: “Quale posto migliore per vedere il peggio?”. Tutti isterici, nevrotici, vacui, infelici. E violenti. I ricchi. I poveri. I poliziotti, gli “sbirri allo sbando” che sognano di caricare le manifestazioni degli insegnanti e percuotono le macchine distributrici di caffè per farsi magari restituire una moneta da due euro, quella con Dante in effigie: “Capo, lasci fare a noi”. I colleghi di ufficio: “I covatori di rabbia” che anelano a restituire con gli interessi le angherie pregresse. Tutti in guerra. Con il manganello. Nei condomini e nei supermercati, per fottere vicini di case e astanti. Eludere la fila. Ottenere vantaggi. Negli affari. Negli incontri tra generali golpisti (notevole Gianmarco Tognazzi che fa il verso al padre de Vogliamo i colonnelli) come nell’incontro inutile – e sempre rimandato – tra perdigiorno senza orizzonte. Nelle bugie reciproche tra i primi e gli ultimi. Tutti “tiratori di pacchi”, maniaci costretti al metadone per abuso di selfie: “Mi chiamo Piero, ho 32 anni, è almeno un mese che non uso WhatsApp”, fruitori ossessivi di un pubblicità invasiva i cui protagonisti escono dall’ologramma per convincere a suon di insulti i clienti a profittare dei servizi. La chiave iperrealista funziona perché come nei film a episodi degli Anni 60 (I Mostri è rimasto un imitato modello) non c’è nequizia che non spinga all’identificazione e non c’è orrore che non inviti al guardonismo. Se nelle vignette di Stefano Disegni, padre, madre e figli in gita domenicale allo scopo di vedere da vicino i terremotati nelle tende, al posto delle testa hanno un gigantesco glande, le moderne teste di cazzo impersonate con generoso fregolismo da Mandelli e Biggio, godono nell’osservare gli incidenti, i guai non toccati loro in sorte, le disgrazie altrui. L’inferno – ci dicono con un nonsense non meno maleducato, ma solo più ragionato che in passato – è intorno a noi. In periferia come nei palazzi in cui ci si illude di tirare i fili del teatrino. Nelle case e nelle strade. Nei maniaci della pulizia a ogni costo che non riescono a lucidare la coscienza neanche nel momento dell’amplesso. Non c’è amore e, come è ovvio, non c’è neanche tutto il resto. Da sei anni, mutuando Little Britain, Mandelli, Biggio e Martino Ferro giocano con gli abissi senza preoccuparsi troppo delle conseguenze. Per capirli (salvo rare eccezioni da Mariarosa Mancuso a Marco Giusti) c’è voluto tempo. Qualcuno si rifiuta di farlo, ma vedere una delle muse dell’ultimo Bertolucci, Tea Falco, prestarsi all’operazione divertita, racconta che qualcosa, nell’Ade e in Paradiso, è cambiata. Dopo la commedia generazionale, quella politica, quella esistenziale e quella minima, arriva La solita commedia che solita non è. A qualcuno non piacerà, ad altri sembrerà sacrilega, ad altri ancora, inutile. Chi è senza peccato scagli la prima pietra e per il resto “almeno per chi non ha reati particolari da farsi perdonare”, c’è sempre il Paradiso. “Mandateli qui” implorano i beati: “Ci si annoia mortalmente”. Emilio Fede non ha più dove andare giù. Tra i falsari, il trionfo delle patacche: Nanni Moretti che oggi non scende a far girotondo contro la Rai del decreto Renzi prossimo venturo; Pietro Scott Jovane che vende i gioielli di Casa Rizzoli per coprire le perdite e non per ridurre i debiti; Elena Ferrante che sarà pure il più grande scrittore del mondo e però fa rimpiangere Liala che almeno aveva Gabriele D’Annunzio come sponsor, e non Saviano. NONO CERCHIO, ben quattro zone. Sono quelle di Caina, di Antenora, di Tolomea e la Giudecca, ovvero, i luoghi dove sono destinati i traditori dei parenti, quelli della patria, quelli degli ospiti e quelli dei benefattori. È il posto più stretto dell’Inferno. C’è spazio solo per uno. Berlusconi, dall’alto del limbo, dice qualcosa. Arriva flebile il suono: ino-ino-ino. Non c’è dubbio: è Angelino. Anche Matteo Salvini, nel frattempo sopraggiunto, dal fondo dell’imbuto urla: osi-osi-osi. Non c’è dubbio: è Tosi. Arriva infine Matteo Renzi e fa un tweet: #nazarenostaisereno. Eno-eno-eno. In collegamento, in diretta da Porta a Porta, c’è Bruno Vespa: assolve al ruolo di Virgilio non senza offrire alla telecamere il plastico dell’Inferno realizzato da Gustavo Dorè. Seduti in studio, a commentare, ci sono Dante Alighieri, Carmelo Bene e Vittorio Gassman. Polemicissimi, quest’ultimi, a seguito della dichiarazione del Sommo più volte ripresa da Franco Branciaroli: “A recitar li versi miei fuor sempre cazzi, l’unico che vi riesce è l’Albertazzi!”. Roberto Benigni, va da sé, è in Paradiso con Jovanotti e Fabio Fazio (con un mazzo di mimose in mano, pronto a consegnarle alla Madonna). I tre, fatti santi, stanno in cielo a far la Rosa Beata e la tarantella a Sergio Mattarella. Adriano Celentano, invece, puro genio, è in Purgatorio ma giusto per rendere interessante la cantica altrimenti sempre saltata, espunta e mai consultata. A far da Beatrice, musa e ispiratrice, Marianna Madia ancorché ministra ma magistra di virtute et veritate. (Illustrazioni di Mario Natangelo) 14 CRONACA VENERDÌ 13 MARZO 2015 SSalvini anità lombarda: sceglie dirigenti ospedalieri NELL’ INCHIESTA su Expo la polizia giudiziaria della Procura di Milano ha sequestrato un documento con la spartizione delle poltrone della sanità e le pagelle di fedeltà politica dei manager. Il vero re “della lottizzazione” degli ospedali lombardi è Matteo Salvini, più influente persino Consigliere in Veneto V Marotta dov’è in questo momento? Sono sull’autobus, vado a fare la spesa a Mestre. Ho rinunciato anche al posto auto gratuito a Venezia in Piazzale Roma, e tutti i giorni prendo il pullman per andare da Venezia a Mestre, a casa mia. Con mia moglie ci dividiamo gli oneri, e oggi la spesa tocca a me. Come le è venuto in mente di rinunciare a tanti soldi? È molto semplice: il confine tra diritti e privilegi è sottile, a volte tito: 20 in quota Lega, altri 24 del Pdl, solo uno per il Pd, ma è stato rimosso. Queste carte sono state compilate prima del 2013, prima degli arresti per le tangenti di Expo, partendo da atti interni della Regione Lombardia. Dei 45 direttori generali citati nella lista sequestrata, 38 sono tutt’ora in carica, compresi indagati e in qualche caso già condannati. Tra i 24 manager dell’allora Pdl c’è un’ulteriore divisione in due correnti: Cl e Forza Italia. A gestire quest’ultima quota era Gianstefano Frigerio, ex parlamentare di FI, già pregiudicato di Tangentopoli. Gennaro Marotta, Idv “Non voglio il vitalizio Eccovi i 500 mila euro” di Erminia della Frattina oi vi chiamate Il Fatto, e io i fatti li faccio. Oggi tanti colleghi mi sfottono, dicono che la mia è demagogia, beneficenza pelosa, che voglio essere rieletto. Io però ho rinunciato a 500 mila euro netti di vitalizio. È questo l’unico fatto che conta”. Il day after di Gennaro Marotta, consigliere regionale dell’Idv veneto che appoggia la campagna elettorale della Moretti, comincia con il telefonino che trilla in continuazione. Canale 5, la Rai, le tv locali. “Con tutte le leggi e gli emendamenti che ho presentato in Consiglio, con tutto quello che ho lavorato, non mi hanno mai cercato, e ora invece...”. Ora invece è diventato un divo Gennaro Marotta, classe 1960: i media si palleggiano la notizia del secondo politico da 30 anni a questa parte (del primo si sono perse le tracce) che rinuncia al vitalizio che gli spetterebbe al compimento dei 60 anni di età per i contributi versati nei cinque anni di consiglio regionale. del governatore Roberto Maroni per le nomine dei dirigenti. Nella lista compaiono i nomi di tutti i direttori generali delle 15 Asl e dei 30 ospedali pubblici più importanti della Lombardia. Come riferisce L’Espresso in edicola oggi, accanto a ogni nome è riportata la sigla di un par- il Fatto Quotidiano lidale: anche lei del resto mi ha detto che non vuole avere soldi quando io non ci sarò più, anche lei rinuncia alla reversibilità. Da giorni mi prendono in giro, mi continuano a ripetere: ‘Marotta sindaco’, ma io lo so che sotto sotto sono orgogliosi di me. Ho due figli, uno lavora e mi ha dato un bellissimo nipotino e l’altro studia ancora. Se avrà un buon lavoro sarà solo per merito suo. Siamo una famiglia unita e mi appoggiano, è la ricchezza più grande. Sì, mi ha chiamato al telefono per farmi i complimenti e darmi appuntamento a Padova sabato per andare insieme a un incontro pubblico. E i suoi figli? vanno a braccetto. Io penso invece che sia giunto il momento di rinunciare a qualche diritto e a qualche privilegio, la politica deve fare un passo indietro. Si spieghi meglio. Se io verso 1 allo Stato e ai 60 anni mi viene restituito 6 volte tanto c’è qualcosa che non va. Mi pare che le proporzioni tra quanto ho lavorato in Regione, cinque anni, e quanto percepirei in 20 anni di vitalizio, cioè 602 mila euro lordi, non siano giusti: quello che percepiscono i politici è esagerato. Soprattutto se confrontato con le pensioni dei cittadini. Dico ai miei colleghi politici di ragionarci, e al governo di pensare a una legge quadro nazionale che rimetta ordine nelle istituzioni regionali e nelle retribuzioni dei politici. Sua moglie lo sa? Condividiamo tutto da 30 anni io e Fiorella, abbiamo una totale unità di vedute e questo mi rende un uomo fortunato e felice. Quando le ho parlato a cena era d’accordo con me e so- Non ha pensato ai suoi figli, a suo nipote che poteva avere una vita più agiata? Ho rinunciato al vitalizio proprio pensando a loro, ai miei figli e a mio nipote che deve essere orgoglioso di avere un nonno che ha rispetto per la Res publica, per le cose di tutti e che ha servito lo Stato per un periodo senza chiedere molti soldi in cambio. La Moretti l’ha chiamata? Cosa farà se non verrà eletto? Tornerò a fare il funzionario comunale di Venezia. Prima della politica, partita nel 2009 con Di Pietro, come dipenden- te pubblico prendevo 1.420 euro al mese; ora mi dicono i miei colleghi che il Comune taglierà tutti gli stipendi, quindi anche il mio. Magari ci ripenserà a rinunciare al vitalizio. Mai, è una decisione irrevocabile. Non voglio paracaduti, si può vivere dignitosamente con i soldi che guadagnerò da funzionario comunale. Qualche collega le ha detto che seguirà il suo esempio? Io non voglio essere un esempio, la mia è una scelta perso- nale e familiare. Comunque uno solo mi ha detto che ci sta pensando: si chiama Nicola Finco ed è un giovane consigliere della Lega, a riprova che una scelta così deve essere bipartisan e indipendente dagli schieramenti politici. Quale telefonata di congratulazioni vorrebbe ricevere? Quella di Di Pietro, un grande uomo e amico che stimo tantissimo. Sarei orgoglioso di ricevere una sua chiamata, con lui ho condiviso il rispetto per l’etica in politica. Lei però finora ha avuto un buono stipendio da consigliere regionale, quanto prendeva? Novemila euro netti al mese, ma ho rinunciato dall’inizio a mille euro ogni mese, che versavo a onlus e associazioni del territorio come la comunità Don Milani per il recupero degli alcolisti o l’Anfass per adulti disabili o gli anziani ortisti di Mestre, quelli che coltivano orti nel Parco pubblico. I suoi amici cosa le dicono? Una manifestazione contro il vitalizio ai condannati e, sopra, il consigliere dell’Idv Gennaro Marotta LaPresse Crisafulli da impresentabile a “eroe” del Pd VENNE CACCIATO DAI GARANTI DEL PARTITO, I RENZIANI OGGI GLI CHIEDONO DI CANDIDARSI A ENNA: “SOLO TU PUOI VINCERE” di Sandra Rizza Palermo lla vigilia delle elezioni A del 2013, la commissione di garanzia presieduta da Luigi Berlinguer lo bollò come “impresentabile”: rinviato a giudizio per abuso d’ufficio, Vladimiro Crisafulli fu depennato dalla lista dei candidati perché non rispondeva ai requisiti del codice etico del Pd. “Sono stato epurato – protestò furibondo Mirello – questo è giacobinismo puro”. Pochi mesi dopo, dal palco della Leopolda, sotto gli occhi compiaciuti di Matteo Renzi, il regista Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, ricordò i rapporti di Crisafulli con il boss Raffaele Bevilacqua e scagliò il suo anatema: “Cacciatelo a calci nel sedere”. Oggi l’ex incandidabile di Enna è pronto a prendersi una clamorosa rivincita: il Pd siciliano è tornato a corteggiarlo perché accetti di candidarsi a di sindaco nella cittadina che da sempre è considerata il suo fortino elettorale. Crisafulli verso la riabilita- zione definitiva da parte del nuovo corso del partito? Certo è che dopo aver annunciato barricate (“Mai Crisafulli candidato sindaco”, ha urlato nei giorni scorsi il renziano Angelo Argento), nelle ultime ore anche i Renzi boys dell’isola avrebbero manifestato la disponibilità a dimenticare subito il passato e ad accogliere a braccia aperte il figliol prodigo di Enna: l’unico capace di consegnare senza rischi, alle amministrative previste per maggio, la poltrona di primo cittadino al “partito pigliatutto” che Davide Faraone, pupillo del premier Matteo Renzi, ha in mente per la Sicilia. PER CONVINCERE Mirello, infatti, mercoledì sera il segretario regionale Fausto Raciti si è fatto accompagnare dal presidente del Pd siciliano Marco Zambuto, ex Udc, ma soprattutto renziano di ferro: giunti a Enna, i due dirigenti hanno partecipato a una riunione serale e hanno ufficialmente chiesto a Crisafulli di mettere a disposizione del partito la propria Vladimiro Crisafulli, detto Mirello: a volte ritornano Ansa FIGLIOL PRODIGO Fu estromesso dalle liste perché indagato, ma è tutta acqua passata: il nuovo corso dem vuole solo i suoi voti candidatura. E lui? Magnanimo ma prudente, il “papà grande” (così lo chiamano i suoi devoti, e in tanti anni ne ha seminati parecchi) ha giocato a fare il prezioso, manifestando tutta la sua perplessità riguardo ad un impegno diretto: “Ho altre idee – ha detto il politico che nel curriculum scolastico vanta il diploma di terza media – voglio aprire la facoltà di medicina a Enna”. Ma Raciti e Zambuto hanno insistito: se non vorrà esporsi in prima persona, Crisafulli indichi almeno una candidatura in grado di accontentare tutti. Lui, a questo punto, ha chiesto tempo “per valutare la situazione”. E mentre il Pd siciliano attende il via libera del Nazareno, Mirello si gode il suo trionfo. A riunione chiusa, lo stesso Raciti ha raccomandato di non stressarlo troppo: “Gli dobbiamo lasciare il tempo per fare le giuste valutazioni”. E poi ha chiarito: “Se opposizioni ci saranno dovranno essere solo sul piano politico, perché su altri piani non potranno essere accettate”. NESSUN VETO di natura eti- ca, insomma. L’epurazione di Berlinguer e il proclama di Pif sembrano appartenere al passato. Cacciato fuori dalla porta, Crisafulli oggi è pronto a rientrare a pieno titolo dalla finestra: prima si è fatto eleggere coordinatore del Pd ennese, ora si diverte a tenere sulle corde quegli stessi big del partito che appena tre an- ni fa lo avevano relegato tra gli impresentabili, dopo l’indagine per concorso esterno scaturita dall’incontro immortalato a Pergusa nel dicembre 2001 con l’avvocato Raffaele Bevilacqua, poi indicato come un boss. L’inchiesta per mafia si concluse con un nulla di fatto, così come il rinvio a giudizio del settembre 2010 con l’accusa di aver ottenuto la pavimentazione di una strada comunale che portava alla sua villa a spese della provincia di Enna: il processo per abuso d'ufficio è stato prescritto nel gennaio del 2014. Oggi il “Cuffaro rosso” di Enna, l’uomo che per il suo bottino di voti è paragonato a Totò Vasa Vasa, mette ancora una volta sotto scacco i capi del partito che fu di Pio La Torre. Compresi i renziani che, dopo averlo disprezzato, sono pronti a riprenderselo con tante scuse: del resto, a Renzi e Faraone interessa vincere, e Mirello su questo non ha dubbi. A Enna, ha sempre detto, “vinco sempre io: col proporzionale, col maggioritario e forse pure col sorteggio”. ITALIA il Fatto Quotidiano U ccise la moglie a martellate, sentenza annullata LA CASSAZIONE ha annullato la sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Bologna che aveva confermato la condanna a 30 anni per Mohamed El Ayani, marocchino di 41 anni, imputato per l’omicidio della moglie Rachida, uccisa a 34 anni con diciassette martellate, il 9 novembre 2011. A scatenare l’ira dell’uomo il fatto che la mo- VENERDÌ 13 MARZO 2015 glie volesse vivere 'all’occidentalè e aveva presentato la richiesta di separazione. Il gip del tribunale di Reggio Emilia aveva condannato El Ayani a 30 anni in abbreviato, riconoscendo le attenuanti generiche subvalenti alle due aggravanti, ovvero il fatto di aver commesso il delitto nei confronti della moglie e quella della crudeltà. 15 Elemento, questo, che è sempre stato contestato dal difensore del marocchino, l’avvocato Domenico Noris Bucchi. Ieri la Cassazione ha cancellato il procedimento accogliendo quanto sostenuto da Bucchi: il numero di colpi inferti non è determinante per stabilire che abbia agito per crudeltà. Ora il processo torna in appello. SVENDITA CAPITOLINA A FONTANA DI TREVI LA ONLUS CEDE A FENDI NON C’È SOLO IL CASO DEGLI AFFITTI REGALATI. A ROMA ANCHE IL NO PROFIT È RIUSCITO A FARE TANTI SOLDI RIVENDENDO GLI IMMOBILI ACQUISTATI DAL COMUNE di Vanessa Ricciardi F ontana di Trevi davanti, la bellezza di 327 metri quadri calpestabili, un piano alto. L’appartamento da sogno fu comprato ai saldi del Campidoglio da una Onlus e venduto dopo tre mesi a una erede Fendi. La storia di questa casa è anche l’esempio di come il Co- mune di Roma, oggi nella tempesta di affittopoli, abbia gestito male il proprio patrimonio immobiliare, anche quando ha deciso di privarsene. ACQUISTATA dalla Onlus Ro- ma Caput Mundi a 1 milione e 800 mila euro, fu venduta a Maria Teresa Venturini, figlia di Anna Fendi, e al marito, l’artista israeliano Shay Frish Peri, a ‘NDRINE Sigilli a due ristoranti al Pantheon eri gli uomini della Dia, hanno sequestrato due I noti ristoranti: “La rotonda” e “Er faciolaro”, entrambi situati nella centralissima via dei Pa- stini. Ai domiciliari è finito il reale proprietario dei due locali, Salvatore Lania, imprenditore 47enne di Seminara (Reggio Calabria), accusato in concorso con altre otto persone di intestazione fittizia di beni. L’operazione è scattata ieri mattina, al termine di prolungate indagini, su provvedimento del gip di Roma. Il nome Salvatore Lania era già emerso nell’inchiesta che aveva portato al sequestro e alla successiva confisca del “Caffè de Paris” di via Veneto, sulle infiltrazioni nella Capitale della cosca Alvaro di Sinopoli (Reggio Calabria). In particolare, erano emersi rapporti tra Lania e personaggi contigui alla cosca, tutti coinvolti in un vasto commercio transnazionale di merci contraffatte, prodotte in Cina, “sdoganate” a Gioia Tauro (Rc) con l’appoggio della cosca Piromalli-Molè con destinazione finale Repubblica Ceca. 2 milioni e 300 mila euro. A firmare per la Onlus, sia l’acquisto che la vendita sul finire del 2005, fu la presidente della Associazione Daniela Brancati, prima donna a dirigere un telegiornale, quello di Videomusic, e passata dalla carica di direttrice del Tg3 nel 1994. Sul perché dell’acquisto replica: “Se non la compravamo noi l’avrebbe comprata qualcun altro”. Così hanno deciso di esercitare il loro diritto di prelazione, salvo poi sbarazzarsene col cambio stagione guadagnandoci in tre mesi mezzo milione di euro circa. Sulla repentina vendita: “Motivazioni interne dell’Associazione”, spiega Brancati, e non aggiunge altro. Sulla Onlus, che si è occupata del restauro della Lupa Capitolina e ha installato il cannocchiale sulla Terrazza del Gianicolo, è calato il silenzio. “Macché svendopoli abbiamo pagato pure l’Iva”. Il passaggio dell’immobile, precisa Brancati, è del tutto regolare, e nessuno lo mette in dubbio. L’appartamento, messo in vendita dalla Campidoglio Finance, società immobiliare cui il Comune aveva affidato dei suoi beni - e indagata nel 2011 - venne acquistato il 22 settembre 2005 per la cifra esatta di un milione 836 mila euro, un prezzo non male vista la posizione, tanto che la stampa lo etichettò “svendopoli”. Sindaco di allora Walter Veltroni. Prezzo alto o CENTRALISSIMO Lo stabile di piazza di Trevi era quello dove risiedeva Sandro Pertini prima di diventare presidente della Repubblica Ansa AFFARONE I 327 metri quadri in pieno centro furono presi dalla “Caput mundi” a 1,8 milioni e trasferiti a 2,3 tre mesi dopo no, secondo Renzi, fondatore della Onlus, era impossibile che l’associazione avesse tutto quel denaro. Il 21 dicembre 2005, dopo tre mesi, l’appartamento venne rivenduto alla Cosima Srl, per il 98% di Maria Teresa Venturini (figlia di Anna Fendi), per 2 miloni e 300 mila euro. Sull’acquisto Venturini non rilascia interviste. Dal 2001 un altro appartamento nello stesso palazzo era già stato venduto alla Trevi Tst, di Maria Silvia Venturini e Anna Fendi, sorella e madre di Maria Teresa, per 3 miliardi e trecento milioni di vecchie lire. Una vera passione quella di Fendi per la piazza romana: proprio la storica maison si sta occupando del restauro della fontana attraverso il progetto “Fendi for Fountains”, ormai prossimo al completamento. NEL PRESTIGIOSO palazzo ac- canto alla Fontana di Trevi, lo stesso dove aveva abitato il presidente Sandro Pertini, la Roma Caput Mundi era rimasta in affitto per 10 anni. Al momento di spostarsi, la sede, sottolinea la presidente, era in cattive condizioni. Le stesse di quando hanno comprato. La onlus era nata nel 1994 per iniziativa di Francesco D’Alessandro, Luciano Renzi e Wolfang Stein, star della comunicazione. A benedire le intenzioni della comitiva dedita a “far leva sul patrimonio antico della città per rinnovare la sua identità moderna” l’allora sindaco Francesco Rutelli, primo presidente, l’avvocato Vittorio Ripa Di Meana; nel comitato d’onore, raccontano i giornali dell’epoca, Susanna Agnelli e Henry Kissinger. Nata con un Fondo Mondiale d’Investimento Etico, l’associazione raccoglieva denaro da privati per restaurare il patrimonio artistico della città. Nel 1997, sotto la presidenza di Ferruccio Lombardi, assistente di Rutelli, venne riconosciuta dal ministero dell’Interno “ente morale”. Negli anni la Caput Mundi “ha restaurato decine di fontane - fa sapere Brancati – e si è occupata anche della Cordonata del Campidoglio”. In altri periodi però non è stata così operosa. Fabrizio Lemme, avvocato esperto d’arte, presidente della Caput Mundi prima del duemila, durante la sua presidenza si è occupato solo della donazione di un dipinto. Per quanto riguarda gli associati, non ricorda nessun nome, neanche quello del suo vicepresidente, Romolo De Stefano, presidente di Ateneo Impresa, di cui afferma di “non conoscere neanche l’esistenza”. Nessun contatto dopo aver lasciato la carica: “Troppe beghe nell’Associazione”. REGALI DALLA CAPITALE Dalla grotta Msi alla sezione di Orfini ono più di mille i locali che il Comune di S Roma dà in concessione. Fare un giro ad “Affittopoli” è una lunga passeggiata che attraversa Roma dal centro alla periferia alla ricerca degli immobili dello scandalo, perché l’affitto è troppo basso. Dopo il Colosseo e il Vittoriano, una strada lastricata di sampietrini porta alla sede Pd di via dei Giubbonari, vicina a Campo de’ Fiori. Prezzo d’affitto: circa 1.200 euro al mese. Sorto nel 1946, era il circolo di Napolitano, qui Fabrizio Barca si iscrisse al Pd, il primo riferimento politico è il commissario Matteo Orfini, presidente del partito e mercoledì Massimo D’Alema ha tenuto una conferenza dal titolo La crisi greca dalla prospettiva progressista. La sede è morosa per circa 100 mila euro. La segretaria è Giulia Urso, rigidissima responsabile che non ha fatto votare Carlo Verdone alle primarie perché non era andato al primo turno. Per sua stessa ammissione, da quasi 10 anni non corrispondono la cifra: “Abbiamo sempre pagato, ma non ce la facciamo a pagare di più di quello che pagavamo prima, l’aumento è stato deciso unilateralmente dalla Romeo Spa”. Romeo Spa vuol dire Comune, perché Romeo fa solo da tramite, e al Comune dovrebbero andare i soldi mancanti. Quanto hanno pagato in questi anni? “200 euro al mese. Farò il possibile perché la questione si risolva, abbiamo pronta una cifra per risarcire parte del debito” risponde Urso. CI SPOSTIAMO in via delle Terme di Traiano 15. “Giù per questa strada si arriva al Colosseo” spiega un ragazzo. Qui c’è la sede storica del Msi, oggi di Fratelli d’Italia. Per trovarla bisogna superare i cancelli del parco archeologico di Colle Oppio. Sembra strano. In mezzo ai resti? “Sì, si riuniscono lì nella grotta” spiega un’altra passante. La sede, scambiata per una grotta, è un locale ricavato dai resti. Uno spazio chiuso da una porta dipinta tricolore, con un telone verde da muratore sul tetto e segnalato da un pannello recante una croce celtica. Regolarmente affittato a 12 euro al mese. Chiediamo informazioni a Francesco senza cognome, unico riferimento sul blog: “È lei il segretario della sede?” risponde “È un’informazione che non posso dare”, e butta giù senza salutare. Il primo “amico” della sede, si legge online, è l’onorevole Federico Rampelli, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, ma è troppo impegnato per parlare. “Spinaceto. Viene sempre inserito nei discorsi per parlarne male”. La citazione è da Caro Diario, di Nanni Moretti. Dal centro ci spostiamo in periferia. A Largo Cannella, a Spinaceto, Roma Sud, c’è un palazzone dai molti locali, affittato al prezzo complessivo di meno di duemila euro. Il palazzo è stato definito “l’emblema di Affittopoli”, ma andando a vedere, il problema è un altro. Al primo piano ci sono i Caf di Cgil, Cisl e Uil, il centro culturale “Luna e le Altre” gestito dalle lesbiche femministe, e una sede della comunità di Sant’Egidio. Al piano terra uffici del IX municipio e del centro anagrafe, il centro sociale dedicato ad “Auro e Marco”, un bar e una farmacia. Delle migliaia di metri quadri la maggior parte è deserta ed è complicato scorgere le porte aperte COMPAGNI Via dei Giubbonari, il Pd è moroso con il Campidoglio per 100 mila euro tra quelle chiuse con le grate. Qui siamo a Degradopoli. Spettegolando con i pensionati volontari dei patronati, si scopre che il comune concede a prezzi bassissimi le stanze alle varie associazioni, e “c’è pure qualcuno che non paga”. In cerca dei nomi, dopo aver parlato con una responsabile dell’ufficio anagrafe (“scusi non ho tempo, ieri notte c’è stato un furto”), e saltellando sul pavimento ricoperto dalle cacche di volatile, si arriva al piano terra, al bar Vari. Il punto di vista di Francesco, il titolare, è un altro: “Ma lei lo pagherebbe l’affitto qui?”. Risposta: “E lei lo paga?”, Vari non esita: “Purtroppo sì, 486 euro per 44 metri quadri. Faccia un po’ lei se sarebbe da non pagare”. va.ric. 16 MONDO VENERDÌ 13 MARZO 2015 Pianeta terra il Fatto Quotidiano ISRAELE CENTROSINISTRA IN VANTAGGIO A cinque giorni dal voto il centrosinistra di “Campo sionista” vede la vittoria. Se i pronostici saranno confermati, Netanyahu e il Likud potrebbero perdere la guida del paese a favore di Isaac Herzog e della sua alleata Tizpi Livni. I sondaggi assegnano 24 seggi a “Campo sionista” e 20-21 al Likud. Ansa MEDITERRANEO DA GENNAIO MORTI 470 MIGRANTI Dall’inizio dell’anno sono circa 470 le persone che hanno perso la vita o scomparse nel Mediterraneo, rispetto alle 15 dello stesso periodo dell’anno scorso: lo rende noto l’Unhcr, che ha chiesto all’Ue una operazione come quella di “Mare Nostrum”. LaPresse SIRIA, LA GUERRA DIMENTICATA E LA STRAGE DEI CAMICI BIANCHI L’Agent Orange dei jihadisti QUARTO ANNIVERSARIO DEL CONFLITTO: 600 MEDICI UCCISI DA BOMBE E CECCHINI 4,8 MILIONI DI SFOLLATI SOPRAVVIVONO FRA PROSTITUZIONE E LAVORO MINORILE di Roberta I Zunini l quarto anniversario del conflitto siriano è stato, ancora una volta, un giorno di sangue e lutto. Un'autobomba è scoppiata a Homs uccidendo quattro persone e ferendone una quindicina. Almeno 50 civili sono rimasti uccisi nel nord-ovest della Siria in violenti scontri tra le forze del regime di Bashar al-Assad e i ribelli. Mentre inizia il quinto anno della più sanguinosa guerra civile dell'epoca contemporanea, la situazione dei milioni di rifugiati interni e nei paesi limitrofi è sempre più disperata. La denuncia arriva dall’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati. António Guterres ha poi spiegato che per “la peggiore crisi umanitaria del nostro tempo dovrebbe scattare in realtà un grande supporto globale, invece il sostegno sta diminuendo”. In assenza di una soluzione politica nel paese, per i circa 3,9 milioni di profughi siriani rifugiati in Turchia, Libano, Giordania, Iraq ed Egitto non sembra esserci possibilità di tornare IN IRAQ I MILIZIANI USANO BOMBE AL CLORO In Vietnam per bruciare le foreste gli Usa utilizzarono un defoliante chiamato “agent orange”: In Iraq l’Isis sta usando bombe al cloro: lo documenta la Bbc IN FUGA Siriani in fuga dalle città devastate cercano aiuto ed ospitalità al confine con la Turchia Ansa a casa. Mentre sono 4,8 milioni i siriani sfollati all’interno del proprio paese e più di 212.000 di loro si trovano nelle zone di combattimento sotto assedio. “Molti rifugiati vivono in condizioni disumane – ha proseguito Guterres – dopo anni di esilio hanno esaurito i loro risparmi e sempre più rifugiati cercano di sopravvivere con l’accattonaggio, la prostituzione o attraverso il lavoro minorile mentre molti tentano di fuggire in Europa rischiando la vita attraverso pericolosi percorsi via terra o mare”. UNA DENUNCIA ancora più circostanziata contro l'indifferenza della comunità internazionale e l'inconsistenza dell'Onu è quella contenuta in un rapporto intitolato Il colpevole fallimento in Siria. Lo hanno stilato ben 21 organizzazioni per la difesa dei diritti umani, tra le quali Oxfam, Save the Children, International Rescue Committee, World Vision e il Norwegian Refugee Council che accusano il Consiglio di Sicurezza di aver “fallito” nell’attuazione di tre risoluzioni approvate lo scorso anno per alleviare le sofferenze dei civili siriani. Quello passato, affermano, è stato “l'anno peggiore” per i civili dal 2011. Le tre risoluzioni sono state “ignorate o indebolite dalle parti in conflitto, da Paesi membri dell’Onu e persino dai membri dello stesso Consiglio di Sicurezza”, si legge nel dossier. Insomma, questo orribile conflitto che ha già causato la morte di almeno 200 mila persone, è ormai cronicizzato e pertanto non desta più l'attenzione né dei media né dei principali attori internazionali. Tutti sembrano essere rassegnati o incapaci di trovare una soluzione. Solo la Russia e l'Iran continuano a lavorare strenuamente per mantenere al potere il loro stretto alleato, il presidente Bashar al Assad, il quale, dalla comparsa dell'Isis nel suo Paese sembra essere diventato il meno “cattivo”. Ma non è così. Proprio ieri l'associazione umanitaria Physician for Human Rights, ha pubblicato un dato da far accap- ponare la pelle: dall'inizio del conflitto sono stati uccisi 600 tra medici e infermieri in attacchi e bombardamenti deliberati da parte delle forze leali ad Assad. CIOÈ SIGNIFICA che sul to- tale, l'88% degli attacchi contro il personale sanitario sono stati ordinati dal presidente siriano. Non solo, l'uso dei barili esplosivi e di bombe a base di acido cloridrico, sempre da parte dell'esercito regolare siriano, durante tutto il 2014, hanno reso il conflitto ancora più “sporco” e disumano. Arrestato Battisti, l’estradizione è più vicina L’EX TERRORISTA (POI DIVENTATO SCRITTORE DI SUCCESSO IN FRANCIA) POTREBBE ESSERE RICONSEGNATO ALL’ITALIA esare Battisti, l’ex terroriC sta italiano dei Pac (Prolatari armati per il comunismo), è stato arrestato ieri sera in Brasile. Una mossa che adesso può accelerare, e molto, la sua estradizione: Battisti, diventato scrittore di successo in Francia, dove aveva trascorso una lunga latitanza, potrebbe essere restituito alle nostre autorità giudiziarie. Nei giorni scorsi, il ministro della Giustizia Andrea Orlando aveva assicurato la volontà dell’Italia di ottenerne la consegna. Battisti è stato catturato dalla polizia federale brasiliana in una città dello Stato di San Paolo, Embu das Artes. L’ORDINE DI CATTURA è stato firmato dalla giudice federale di Brasilia, Adverci Rates Mendes de Abreu, la stessa che il all’inizio del mese – accogliendo una richiesta della Procura federale – aveva revocato a Battisti l’atto di concessione del permesso di soggiorno a Battisti, definito “uno straniero senza documenti, condannato in Italia per gravi crimini” (sul suo capo pendono condanne per 4 omicidi perpetrati durante gli Anni di piombo). La giudice federale brasiliana aveva quindi avviato la procedura di espulsione ed ha sollecitato il governo a verificare la possibilità di consegnare Battisti alle autorità di Francia o Messico, Paesi dove l’ex terrorista ha soggiornato dopo la fuga dall’Italia e prima dell’arrivo in Brasile. Cesare Battisti è nato nel 1954 a Sermoneta, non lontano da Latina. All’inizio degli anni ‘70 abbandona la scuola, iniziando una carriera criminale fatta di rapine, furti e sequestri di persona, per le quali viene arrestato diverse volte. Nel ‘76 si trasferisce al nord e partecipa alla fondazione dei Pac, Proletari armati per il comunismo, formazione nata nell’area dell’autonomia alla periferia di Milano. Viene arrestato di nuovo, LA CATTURA La polizia federale lo ha fermato nella città paulista di Embu Das Artes. È già stato trasferito nel carcere di Brasilia 16 febbraio 1979, a Milano e Mestre, del maresciallo degli agenti di custodia Antonio Santoro, ucciso a Udine il 6 giugno 1978, e dell’agente della Digos Andrea Campagna, assassinato a Milano il 19 aprile 1978. NEL FRATTEMPO Battisti però FINE CORSA sempre per rapina, e rinchiuso nel carcere di Udine dove conosce Arrigo Cavallina, ideologo dei Pac. In questi anni partecipa alle azioni del gruppo eversivo, e nel ‘79 viene arrestato a Milano e condannato a 13 anni e 5 mesi per l’omicidio del gioielliere Pierluigi Torreggiani, a febbraio. Nel 1981 riesce a evadere dal carcere di Frosinone, dove è scappato, prima a Parigi, poi in Messico, a Puerto Escondido, con la compagna Laurence, dalla quale si è poi separato, e che che gli ha dato due figlie. In Messico fonda il giornale Via Libre, che trasferirà a Parigi nel 1990. Appena giunto Oltralpe, Battisti viene arrestato ma, cinque mesi dopo, la Francia nega l’estradizione e lui torna in libertà. Inizia a scrivere, diventando un Cesare Battisti LaPresse stava scontando la pena, grazie a un assalto di terroristi. La giustizia va comunque avanti e nell’85 lo condanna in contumacia all’ergastolo nel processo contro i Pac, sentenza confermata dalla Cassazione nel 1991. La condanna è per vari reati, tra i quali quattro omicidi: oltre a quello di Torreggiani e del macellaio Lino Sabbadin (militante del Msi), avvenuti entrambi il SANGUE E PIOMBO Membro dei Proletari Armati per il Comunismo, condannato per 4 omicidi tra cui quello di Pierluigi Torregiani giallista - la Gallimard, una delle più grandi case editrici francesi, gli pubblica un romanzo. Fugge in Brasile nel 2004, poco prima del pronunciamento definitivo del Consiglio di Stato francese che l’avrebbe estradato in Italia da Parigi. In Brasile, Battisti è stato condannato a due anni di reclusione, poi convertiti in affidamento ai servizi sociali, per la falsificazione dei timbri del Servizio immigrazione che gli hanno permesso di entrare illegalmente in Brasile dopo la lunga latitanza in Francia. Sessant’anni, era residente a San Paolo con un regolare visto di lavoro ma la legge che regola la permanenza degli stranieri prevede che chi commette un reato per entrare o rimanere nel Paese può essere espulso. Ed è appunto il caso di Battisti, che entrò clandestinamente in Brasile usando almeno un paio di passaporti falsi, sui quali faceva apporre periodicamente timbri altrettanto falsi per dimostrare, nel caso di un controllo, di essere un turista francese in vacanza a Rio de Janeiro. Ieri l’arresto. Forse l’ultimo atto di una interminabile fuga. Salvo altri colpi di scena. il Fatto Quotidiano MONDO LONDRA FARAGE: “LAVORO AGLI INGLESI” Basta con le vecchie leggi inglesi contro la discriminazione che non consentono ai datori di lavoro di preferire un britannico invece che uno straniero. A due mesi dalle elezioni, il leader dell’Ukip, Nigel Farage, fa la sua proposta e punta ai voti dei nazionalisti. Tory e laburisti lo criticano. LaPresse MESSICO NARCOS DECAPITANO CANDIDATA Aidé Nava González, candidata sindaco di Ahuacuotzingo alle elezioni di giugno, e rapita lo scorso lunedì, è stata trovata decapitata. Accanto al cadavere c'era un biglietto firmato dai Los Rojos in cui viene minacciato lo “stesso trattamento per tutti i politici che non vogliono allinearsi”. Ansa VENERDÌ 13 MARZO 2015 17 Ferguson, il ritorno delle Pantere nere: due poliziotti feriti DINANZI AL COMANDO C’ERA UNA PROTESTA ANTIRAZZISTA GLI UFFICIALI: “GLI SPARI SONO PARTITI DAI DIMOSTRANTI” di Giampiero Gramaglia S pari contro la polizia a Ferguson, il sobborgo di St.Louis nel Missouri epicentro, dall’estate scorsa, delle tensioni razziali negli Stati Uniti: due agenti vengono feriti, uno al volto, l’altro alla spalla; non sono gravi. Accade durante una manifestazione anti-razzista: quasi una festa dopo le dimissioni del capo della polizia locale, sollecitate da tempo dagli attivisti per i diritti civili. L’episodio riaccende la febbre razziale in tutta l’Unione, di nuovo alta dalla scorsa settimana. Quegli spari non sono l’eco della protesta non violenta del movimento di Martin Luther King, di cui sabato scorso il presidente Obama ha celebrato il 50° anniversario della marcia di Selma, ma piuttosto della lotta dura delle Pantere Nere, storica organizzazione rivoluzionaria afro-americana. DALLA CASA BIANCA, Obama interviene: “La violenza contro la polizia è inaccettabile”, afferma, condannando il ferimento dei due agenti. “Le nostre preghiere vanno a loro. La via per la giustizia è una, dobbiamo percorrerla tutti insieme”, scrive in un messaggio sull'account Twitter ufficiale. Il ferimento di due agenti di polizia a Ferguson è stato un gesto “imperdonabile” e “vigliacco” che rischia di com- promettere la riforma dei regolamenti di polizia chiesta a gran voce da tanti “manifestanti non violenti”. Così il ministro della Giustizia Usa Eric Holder. A Ferguson, la situazione non s’è mai completamente normalizzata, dopo l’uccisione, il 9 agosto, d’un ragazzo nero di 18 anni, Michael Brown, disarmato, a opera di un poliziotto, Darren Wilson. La scorsa settimana, la pubblicazione di un rapporto del Dipartimento di Giustizia federale aveva rinfocolato asti e polemiche: l’agente che sparò resta non perseguibile, ma la polizia del sobborgo viene aspramente criticata, per le discriminazioni e le vessazioni compiute contro cittadini afro-americani, PARLAMENTO UE Gli Stati dicano sì alle unioni gay e unioni civili gay sono L un diritto umano. Con 390 voti a favore, 151 no e 97 astensioni, l’Europarlamento ha votato ieri a favore del riconoscimento del matrimonio tra due persone dello stesso sesso. L’Europa ha approvato la relazione che incoraggia i governi e le istituzioni degli Stati membri a una riflessione sul tema dei matrimoni omosessuali. Il passaggio sulle nozze gay compare al punto 162 della relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel 2013 e sulla politica della Ue in materia, presentata dall’europarlamentare socialista Pier Antonio Panzieri. Nel testo si legge: “Il Parlamento europeo prende atto della legalizzazione del matrimonio e del- le unioni civili tra persone dello stesso sesso in un numero crescente di Paesi nel mondo, attualmente diciassette, incoraggia le istituzioni e gli Stati membri dell’Ue a contribuire ulteriormente alla riflessione sul riconoscimento del matrimonio o delle unioni civili tra persone dello stesso sesso in quanto questione politica, sociale e di diritti umani e civili”. Flavio Romani, presidente dell’Arcigay, ha commentato con un monito per il Parlamento nazionale a recepire la normativa: “Ben vengano tutti gli inviti e le raccomandazioni, peccato però che non siano in nessun modo obbligatori per gli Stati membri dell’Unione Europea. Anche ciò che è stato approvato va a finire nel cassetto delle belle intenzioni. Se poi gli Stati non vogliono mettere in atto questi inviti, sono liberi di farlo”. per le strade, in commissariato, in tribunale. Il rapporto innesca le dimissioni del sindaco John Shaw, in carica dal 2007, del giudice municipale Ronald J. Brockmeyer e, infine, del capo della polizia Thomas Jackson, bersaglio delle critiche più dure. La manifestazione di mercoledì notte, cui partecipavano decine di persone, era cominciata pacifica. Poi, c'è stato qualche disordine e una ventina di poliziotti in tenuta antisommossa sono intervenuti e hanno fermato due soggetti. Intorno a mezzanotte, quando molti manifestanti se ne erano già andati, si sono sentiti dei colpi d'arma da fuoco, non è chiaro quanti. Gli agenti feriti non prestavano servizio a Ferguson: quello colpito al volto, 32 anni, è di stanza altrove nella contea; quello ferito alla spalla, 41 anni, è della polizia della contea. Le ferite, inizialmente definite “molto gravi”, si sono rivelate leggere: entrambi sono sempre rimasti vigili e, dopo qualche ora, sono stati dimessi. CONTRASTANTI le prime ver- sioni di quanto accaduto, di cui esiste pure un video amatoriale, che non fa però luce sulla dinamica. Jon Belmar, nuovo capo della polizia, parla di un agguato e dice che chi ha sparato era fra chi protestava. DeRay McKesson, uno degli organizzatori della manifestazione, che era sul GUERRA Proteste dinanzi alla centrale di polizia di Ferguson e gli scontri successivi con un agente di colore che blocca a terra un dimostrante nero LaPresse ALTA TENSIONE Nei giorni scorsi altri agenti avevano ucciso neri disarmati. Holder, ministro della Giustizia: “Agguato odioso, danneggia i non violenti” posto sostiene, invece, che “chi ha sparato non era tra noi, era in cima alla collina”. Ci sono stati dei fermi, degli interrogatori, ma nessuna incriminazione. Le manifestazioni davanti al commissariato di South Florissant Road sono ormai divenute routine. Il rapporto federale nota che, negli ultimi due anni, a Ferguson, i cittadini neri, che sono il 67% della popolazione, sono stati oggetto dell'85% dei controlli di traffico, del 93% degli arresti e dell'88% dei casi in cui la polizia ha usato la forza. Ma il problema non è solo Ferguson. La scorsa settimana a Madison in Wisconsin un poliziotto uccideva un ragazzo nero di 19 anni, sospettato d’aggressione, ma non armato. E nelle stesse ore un altro nero era freddato da un agente ad Aurora, un sobborgo di Denver: la vittima aveva 37 anni, era ricercato, ma era disarmato. Episodi la cui frequenza nel tempo e distribuzione sul territorio dell’Unione dimostrano che l’America deve ancora fare i conti con il razzismo, anche se ha eletto un nero presidente. Anzi, Obama, che vinse le elezioni nel 2008 dichiarando l'obiettivo di unire il Paese, è in realtà percepito come il presidente più divisivo degli ultimi 60 anni. Le sue scelte, e forse la sua stessa presenza, hanno polarizzato l’opinione pubblica: progressisti contro conservatori, sostenitori di una nuova frontiera dei diritti civili contro razzisti e bigotti. Le guardie di Obama, solo alcol e distintivo SECRET SERVICE DELLE GAFFE: SI SCHIANTANO, UBRIACHI, SUL MURO DELLA CASA BIANCA SCHIACCIANDO UN SOSPETTO PACCO BOMBA di Caterina Minnucci splosione al civico 1600 di Pennsylvania E Avenue. Un’autobomba? No, questa volta l’Isis non c’entra. Alle 22.30 del 4 marzo un’auto a tutta velocità si è schiantata contro la recinzione esterna della Casa Bianca, ma non si può parlare di attentato contro il presidente Obama. Alla guida c’erano due agenti ubriachi del Secret Service, la struttura che si occupa della sicurezza personale del presidente e della sua famiglia. Come riportato dal Washington Post, la coppia, durante l’incidente, ha messo a rischio un controllo su un pacco sospetto - potenzialmente un ordigno - finendoci sopra con la loro auto. Una grana non da poco per il nuovo capo del Secret Service che aveva promesso di ripristinare la reputazione, un tempo stellare, del cor- po di sicurezza. Clancy è stato nominato il 18 febbraio scorso dal presidente in persona, dopo che il Congresso aveva chiesto la testa di Julia Pearson per le troppe leggerezze nella rete di protezione, come quando gli agenti, il 16 settembre 2014, hanno lasciato uno sconosciuto salisse in ascensore con il presidente, senza perquisirlo. Pochi giorni dopo grazie ad uno scoop del Washington Post - emerse che l’uomo era armato e aveva gravi precedenti penali. Nel caso dei due agenti ubriachi, il Dipartimento per la Sicurezza interna ha aperto un’inchiesta non contro poliziotti qualunque; si tratta infatti di due funzionari di alto grado: Mark Connolly, secondo in comando per la sicurezza di Obama, e George Ogil- vie, uno dei supervisori dell’ufficio di Washington. I due - che la sera dell’incidente sono riusciti a evitare l’alcol test per l’intervento di un terzo supervisore che ha chiesto alla polizia di lasciarli passare - avevano appena partecipato al party per salutare il portavoce del Secret Service, Edwin SEMPRE ALLERTA Obama circondato dagli agenti del Secret Service anche in un momento di pausa a Washington Ansa Donovan, prossimo alla pensione. Il presidente Obama stavolta non l’ha presa affatto bene; credeva forse di aver arginato l’abitudine dei suoi agenti ad alzare il gomito dopo che - all’indomani di uno scandalo che aveva investito il corpo - vietò gli alcolici fino a dieci ore prima di prendere servizio. Nel marzo 2014 aveva sospeso tre agenti, uno dei quali trovato privo di sensi nel corridoio del suo albergo, perchè si erano ubriacati ad Amsterdam alla vigilia del suo arrivo. Stessa scena già vista nell’aprile 2012 a Cartagena, in Colombia, quando alcuni agenti giunti in avanscoperta in vista di un viaggio istituzionale del presidente, si erano ubriacati e avevano portato alcune prostitute nel loro albergo. Insomma, almeno il Secret Service attuale appare ben lontano dalla mitizzazione propinata dai film di Hollywood. il Fatto Quotidiano VENERDÌ 13 MARZO 2015 IL MONOPOLI FESTEGGIA 80 ANNI CON UN’EDIZIONE STILE VINTAGE 1935-2015: il prossimo 19 marzo, il gioco da tavolo più venduto della storia spegnerà la sua ottantesima candelina. È distribuito in 114 paesi del mondo I MUSE HANNO ANNUNCIATO IL LORO NUOVO ALBUM: “DRONES” ADDIO A RICHARD GLATZER, REGISTA DI “STILL ALICE” Il 9 giugno uscirà “Drones”, il settimo album dei Muse. Conterrà 12 canzoni e ad anticiparlo sarà il singolo “Dark Inside” che verrà pubblicato il 23 marzo SECONDO 19 Il regista Richard Glatzer è morto a Los Angeles, da tempo era malato di Sla. Aveva diretto “Still Alice” che valse l’Oscar a Julianne Moore come miglior attrice protagonista TEMPO SPETTACOLI.SPORT.IDEE L’autore C di Chiara Ingrosso ome sia finito a fare l’autore non lo sa nemmeno lui. Luigi Di Capua, 28 anni, laureato in Psicologia, faceva il pubblicitario, prima che gli sketch girati in casa con gli amici diventassero la serie The Pills, fenomeno Youtube paradigma di una generazione. Così, i produttori non se lo sono fatto scappare. Oggi, è creatore e sceneggiatore di Zio Gianni, la serie tv di Rai Due, del format web Porno: una storia tecnologica e di programmi tv co- TRENTENNI NEL 2015 Ci chiamano generazione ‘Ecce Bombo’? No, che ansia. Quelli della mia età, semmai, vivono il pesante confronto con ciò che facevano i nostri genitori alla stessa età me Late Night with The Pills, in onda su Deejay Tv, e Non ce la faremo mai di Italia Uno. Il debutto a teatro è arrivato martedì, con lo spettacolo, scritto e diretto insieme ad Alessandro Bardani, Il più bel secolo della mia vita, in scena fino al 29 marzo al Teatro della Cometa di Roma. Lo incontriamo in un bar del ghetto ebraico e abbiamo la conferma che lui è così, timido ed esilarante. “Scusa eh, ma c’ho un sacco di cose da fare. Ho pure cominciato a fare sport, così, per provare una cosa diversa”. Ti mancava il teatro. Come ci sei arrivato? Un giorno mio fratello mi fa: ‘Devi troppo conoscere il vicino di casa!’, ed era proprio Bardani. Pensa, era al di là del pianerottolo. Lo spettacolo affronta la situa- Luigi Di Capua “Sul web o a teatro Il nonsense è il pane di The Pills” zione dei figli adottivi che non possono conoscere le loro origini biologiche... C’è una legge del 1983 che vieta ai figli n.n. la conoscenza del nome della madre biologica che ha scelto l’anonimato, fino al compimento del centesimo anno di età. Insomma, una legge già comica di suo nella sua tragicità. C’è anche una sentenza della Corte costituzionale del 2013 in favore della conoscenza... Non ci interessava il teatro sociale, ma comunicare le emozioni di chi si trova in questa situazione. Come i nostri personaggi, il centenario Gustavo (Giorgio Colangeli) e il trentenne Giovanni (Francesco Montanari), entrambi membri della F.a.e.g.n., l’associazione dei figli adottivi e genitori naturali. Un’accoppiata vincente. I personaggi sono l’opposto degli attori. Montanari, il libanese nella serie Romanzo Criminale, qui è Giovanni, un giovane uomo nevrotico e triste. Colangeli, proveniente dal cinema drammatico, è Gustavo, un personaggio vanziniano, un Remo Remotti che fa sbellicare. È lui quello più The Pills di questo spettacolo. Giovanni, invece, è il tipico trentenne che rallenta il processo di crescita, nel quale mi riconosco. L’inadeguatezza dei trentenni è un tema ricorrente. Un articolo pubblicato sul New Yorker spiega come l’età adulta sia scomparsa. Un genitore di 45 o 50 anni, oggi, ha gli stessi gusti di un pischello di sedici: si fa i selfie, li mette su instagram, legge Harry Potter e vede Breaking Bad. La mia generazione è forse l’ultima a vivere il pesante confronto con quello che facevano i nostri genitori alla stessa età. Farai ancora teatro? Il teatro non paga. Se riesci a guadagnare abbastanza soldi altrove ti puoi permettere il teatro. Ora vivo da solo, non posso freakettonare. Torniamo a The Pills. C’è grande attesa per il film. Tra poco inizieranno le riprese. Sarà nelle sale ad ottobre, prodotto da Tao Due. Volevamo mantenere l’aspetto episodico, ma anche dare continuità alla trama. Alla fine abbiamo cercato qualcosa nel mezzo, per evi- tare l’effetto Ecce Bombo di Moretti. “Repubblica” vi ha definito la generazione “Ecce Bombo” Oh, no! Madonna, che ansia pazzesca... E la tv? Scrivo insieme a Matteo Corradini, Luca Vecchi e Luca Ravenna la serie Zio Gianni di Rai Due. Siamo ormai alla seconda, ci recita anche mio fratello. Raccomandato? No, è un attore bravissimo, l’opposto di me, che preferisco scrivere. Meno male che in famiglia ci sono i genitori che hanno un lavoro vero. Un autore di riferimento? Due, Matt Stone e Trey Parker, gli autori di South Park. Quindi rientri nella categoria dei comici? No, sono un neorealista non- sense, alla Maccio Capatonda. Come ti è cambiata la vita dopo The Pills? La gente ti riconosce per strada e questo cambia la tua privacy. Una ragazza mi ha scritto: “So dove abiti, via, civico e piano … Posso venire?” Ho avuto davvero paura. Con uno sketch, voi The Pills siete riusciti a far avere una preferenza a Giancarlo Magalli durante le votazioni per il Quirinale... Ah, il potere di internet! Rido molto con il video di Youtube ‘Dieci minuti di Boldrini che dice Magalli’. C’era già un certo revisionismo della sua figura sul web. Noi abbiamo amplificato l’onda, innalzandolo a icona hipster, così, a caso. E per noi, le cose senza senso sono il pane. IN SCENA Luigi di Capua. Sopra, “Il più bel secolo della mia vita” IRONIA SOCIAL Povero Mou, zimbello di Twitter da “Special One” a “Special Out” di Andrea Scanzi e facessero un concorso sull’allenaS tore più odiato del mondo, lui arriverebbe primo. Per distacco. E ne sarebbe felice, anzi felicissimo. Il problema, per José Mourinho, non è suscitare antipatia ma essere silenziato dall’oblio. Un rischio che al momento non corre. Di sicuro, però, mercoledì avrebbe barattato una vittoria banale per una sconfitta epica. Riuscire a perdere giocando quasi tutta la partita in superiorità numerica, dopo l’espulsione delirante di Ibrahimovic, gli ha regalato attenzioni di cui persino lui avrebbe fatto a meno. Farsi eliminare non era semplice, nonostante il valore del Paris Saint Germain (che comunque lui stesso voleva incontrare agli ottavi: accontentato). Lo Special One ce l’ha fatta, sciorinando quel suo gioco oltremodo innovativo con cui ha vinto tutto: catenaccio e contropiede. Una rottura di zebedei di dimensioni ciclopiche: lo spettacolo non lo ha quasi mai intaccato, e a lui – come ai tifosi – va bene così. Purché però si vinca. Mercoledì il suo Chelsea, con un Abramovič funereo in tribuna, è stato eliminato. Era una delle favorite della Champions League e invece è già a casa. Ovvio che non solo in Inghilterra, ma proprio in tutto il mondo, la sua eliminazione abbia fatto godere molti. Anche Twitter è stato saturato dagli sfottò. In pochi lo hanno difeso, giusto qualche interista, ovviamente riconoscente per il Triplete. QUALCUNO ha notato come, forse per la prima volta, Mourinho non abbia accampato scuse nel post-partita: un evento. Eppure, durante la gara, un po’ di sceneggiata l’aveva fatta: ora per un rigore su Diego Costa (c’era), ora per più recupero (non c’era) e ora per chissà cosa. Nulla di nuovo: una volta, quando allenava il Real Madrid, ovvero la società più potente del mondo, riuscì a dare la colpa di una sconfitta all’Unicef (che tramava contro di lui). A proposito di alibi, su Twitter gli hanno consigliato di rivolgersi a Mazzarri: “Mou, se hai bisogno di qualche scusa nuova, il suo numero ce l’hai”. Onnipresenti le foto di un Mourinho piangente. Notevoli alcuni fotomontaggi, per esempio quello con lo Special One con i capelli di David Luiz, ex Chelsea odiatissimo che Mourinho non ha mai rimpianto (ma che mercoledì ha pure segnato). Strepitosa la foto in cui la metro della Champions League parte e lascia Mourinho al binario, con Ancelotti, Guardiola e Blanc che lo guardano sghignazzando. Apprezzata anche l’immagine in cui ancora David Luiz abbraccia un Mourinho in lacrime e lo indica al pubblico con aria di scherno. Di punto in bianco lo Special One è diventato Special Out: Mister Zeru Champions. E tutti ridono di lui. Anche Verratti, uno dei migliori del Psg, che in una foto pare sfotterlo alle sue spalle. L’istantanea più emblematica, però, era quella in cui – in area di rigore – due giocatori del Chelsea si marcavano tra loro. Come ha scritto qualcuno, dopo la marcatura a uomo e quella a zona, Mourinho ha inventato l’automarcatura. Una mossa perfetta per perdere partite già vinte. 20 SECONDO TEMPO VENERDÌ 13 MARZO 2015 il Fatto Quotidiano MASTERIZZATI SUONI HIPPY Chi si rivede, il Flower power “I LOVE YOU, HONEYBEAR” DI FATHER JOHN MISTY RETRÒ COME DA ULTIMA MODA: OTTIMO RISULTATO di Carlo Bordone M ai fidarsi di un hippy. Era questa la regola d’oro per i punk e i loro figliocci degli Anni Ottanta, e a quei tempi – dopo l’overdose durata un decennio di pace, amore, macrobiotica & musica sempre più zuccherosa e inoffensiva – quel consiglio aveva un senso. Come insegnavano gli antichi, tutto cambia ma tutto è destinato a tornare. Negli ultimi anni, una certa sensibilità flower power si è insediata nei gangli della musica pop – soprattutto in quella di area “indie” – e ha contribuito a far nascere dischi certo non innovativi ma tuttavia godibilissimi, paradossalmente freschi nel loro riesumare un’estetica sepolta decenni fa. E quindi ecco una nuova invasione di ca- pelli lunghi fino ai fianchi, barboni, grafiche optical e suoni ispirati a Crosby Stills Nash & Young come ai Pink Floyd, agli Zombies come a Santana. Tutte influenze dichiarate nei curricula di gente come i Fleet Foxes o Jonathan Wilson. Nel nuovo disco firmato Father John Misty c’è un po’ degli uni e dell’altro. Dei primi, sorta di polifonica neo-hippy che ha riscosso un buon successo qualche anno fa, ha fatto parte Josh Tillman, colui che si nasconde sotto il nome d’arte di Papà John (omaggio ai Mamas & Papas, tanto per gradire) l’Oscuro. Il secondo, musicista di gran talento anche se rimasto stilisticamente congelato al 1975, figura come co-produttore dell’album. Il risultato è esattamente ciò che si può immaginare dall’unione di due visioni musicali retroverse come le lo- IL DUO Ravenna, capitale underground ro. Detto ciò il connubio funziona alla grande, e I Love You Honeybear contiene talmente tanta buona musica e canzoni talmente belle da porsi come uno dei vertici assoluti di questo primo quarto di annata. Con eccellenti possibilità di mantenere la posizione anche a fine campionato. L’AUTORE ha presentato il lavo- ro come una sorta di concept – anche questo un concetto molto vintage – ma l’argomento è così fumoso (“relazione personali immerse nel vuoto spirituale contemporaneo”) che si può tranquillamente evitare di affaticarsi a rintracciare linee narrative o di prestare troppa attenzione alle parole. Il consiglio, piuttosto è quello di abbandonarsi totalmente al flusso di melodie tanto immediate quanto accattivanti. A fare la differenza di Pasquale Rinaldis Joshua Tillman alias Father John Misty sono gli arrangiamenti appena al limite del barocco, il rigoglioso accompagnamento strumentale che gonfia con un afflato orchestrale brani dalla struttura tutto sommato abbastanza semplice. C’è un’idea di morbido muro sonoro che riporta inevitabilmente a Phil Spector, ma si potrebbero mettere come segnali stradali anche certi dischi di Elton John o dei Supertramp. Così come, su un versante diverso, è facile pensare ai Flaming Lips più “sinfonici”, depurati dalle stranezze e IL CANTAUTORE Canzoni per stomaci forti THE DOORMAN © DON JUAN & THE SAGUAROS © Don Juan & The Saguaros South Side Song ESSERE STUPITI – nella musica soprattutto – è un gradevole segnale, suscita curiosità, interesse e desiderio di approfondire. I romani Don Juan & c. sorprendono sin dalla prima traccia “Pickin” con un allegro e gustoso country made in Italy legato a doppio filo alla tradizione americana blues. Seguaci del faro Johnny Cash, la band riprende tutte le sfumature del blues divertendo e appassionando (“Take Your Time”, “Rolling Down”). L’esordio discografico merita una citazione dei muscisti: Antonio Sorgentone al piano, Mirko Dettori alla fisarmonica, Mario Monterosso e Fabio Pasquetto alla chitarra e Andrea Anania al banjo (non sembra essere uno dei sedici figlia dell’omonima famiglia ospite a Sanremo) uniti a Juan Fragala, Adriano Cucinella, Andrea Pisaturo e Andrea Palmieri (la band). Tutte le tracce sono scritte da Juan Fragala, ispirate dai suoi lunghi viaggi nel Messico e negli U.s.a., suonando dalle cover di Dylan al rockabilly. G. Bio. DA LA SPEZIA Vent’anni di punk’n’roll The Peawees Wild Honey / Slowbeat VINS Baruzzi e Luca Malatesta, entrambi da Ravenna, pubblicano il terzo album interamente composto e prodotto. Undici brani carichi di tensione e atmosfere dark le cui tematiche spaziano dal disagio della vita in provincia e la relativa alienazione. La voce colpisce in modo indelebile, assomiglia a Brett Anderson degli Suede. Già ascoltando “Abstract Dream” si entra in un territorio di grande compattezza sonora, un muro tra chitarre e ritmo molto vicino agli Editors. “A Long Bridge Beetween Us” scende ancora più in profondità con un riff tagliente: ha la stessa freschezza di “Rain” dei Cult. “Like A Statue” profuma di singolo, è una perfetta armonia con un refrain semplice; “Through My Bones” scomoda i migliori R.e.m. per l’incalzare della tensione. “Technology” è una serie di domande sull’impatto di tutto quello che di moderno ci ha invaso. The Doormen ha aperto i tour di Paul Weller, dei Subsonica, Tre allegri ragazzi, Ministri e hanno vinto nel 2012 la selezione regionale di Arezzo Wave. È una delle migliori realtà underground in circolazione. Guido Biondi Johnny Cash in giro per Roma dalle eccentricità, o alle ballate caramellose di John Grant. Tutto molto bello, comunque, e tutto molto freak. Al disco è accluso anche un libretto con degli ironici e poetici “esercizi per l’ascolto” abbinati a ogni canzone: cose tipo “comprate un prodotto tecnologico che tra 50 anni sarà obsoleto, e con esso scrivete messaggi, girate video o scattate fotografie di qualcuno che pensate di amare, ma che siete sicuri non vi ricambi”. Ecco, appunto: mai fidarsi di un hippy. 20 YEARS AND YOU STILL DON’T KNOW ME © Abstract (Ra) Audioglobe L’ESORDIO Jack Savoretti, italiano stran iero in patria NON C’È MODO migliore per celebrare vent’anni di carriera che pubblicare una raccolta densa e corposa quale “20 Years and You Still Don’t Know Me”. È la nuova uscita dei Peawees, la migliore realtà punk’n’roll della Penisola, anello di congiunzione tra il r’n’r Anni 50 (Elvis), il punk Anni 70 (Clash, Ramones) e 80 (Social Distortion) e infine anche il soul della Stax e della Motown. Nel disco il meglio della produzione, selezionata con cura dal cantante e chitarrista Hervé Peroncini: 27 brani che ripercorrono la storia della band di La Spezia, partendo dagli esordi garage e punk, fino ad arrivare ad arrangiamenti più raffinati dalla forte impronta soul e R&B. Per i cultori è un gran bel sentire, per tutti gli altri un’ottima occasione per conoscerli. Gabriele Barone AMANTIDE ATLANTIDE © Daniele Celona NøeveRecords / Sony UN DISCO per stomaci forti. Con “Amantide Atlantide”, di Daniele Celona, c’è da farci a pugni. Il rock è alla base di un cantato che spesso si fa recitazione e va giù, giù, fino al magma delle viscere umane. Quelle scure, piene di contraddizioni e disfatte. Non son tracce per chi vuole rilassarsi. Poche le parentesi distensive: una è “Sotto la collina” dedicata alla città di Torino, e l’altra “Atlantide”, cantata con la sempre convincente Levante (di cui Celona è stato chitarrista e pianista per il “Manuale Distruzione Tour”). In questa discesa, che va tanto nell’introspezione quanto nell’analisi sociale, rialzarsi non è che un’opzione, perché “nessuno vince sempre”, “nessuno perde sempre”, ma il rischio va corso (quello sì, sempre). Nel disco ci sono i Nadàr Solo (basso, chitarra e batterie) ed è rinnovata la collaborazione con Mauro Talamonti nel video di “Sud Ovest”. Fotografo e regista, anche al fianco di Paolo Benvegnù, ha realizzato per Celona anche il videoclip di “Mille colori”. Diletta Parlangeli “CONFESSO con gran dispiacere che con la mia musica ho trovato grosse difficoltà in Italia, che è stato uno degli ultimi paesi in Europa a invitarmi a suonare – racconta Jack Savoretti, songwriter indipendente italo-inglese, nel nostro paese per presentare il suo ultimo disco Written in Scars, con il quale si è anche aggiudicato il titolo di Miglior Nuova Proposta Internazionale agli Onstage Awards 2015 –. Ho capito in seguito che dal punto di vista musicale, l’Italia è un paese con un sistema a porte chiuse, e se è chiuso è destinato a rimanere uguale e a non evolversi”. Nato a Londra, da padre genovese e madre tedesco-polacca, dopo aver trascorso l’adolescenza in Svizzera, a Lugano, “una città di una bellezza incredibile, specialmente dal punto di vista della natura”, è lì che ha iniziato a scrivere le sue prime canzoni: “Il fatto è che non c’era molto da fare, suonare la chitarra assieme agli amici era l’unico passatempo. La bellezza che c’è intorno ti ispira, quell’ambiente ha reso romantica la mia adolescenza”. A 17 anni, dopo aver terminato il liceo, si trasferisce a Los Angeles, per iscriversi all’Università di San Francisco: “Ero in volo l’11 settembre 2001, quando è avvenuto l’attacco alle Twin Towers. Sono arrivato in un’America scossa, era un paese diverso da quello che volevo vedere e dove volevo stare, anche se ero affascinato da tutto quel che stava succedendo”. Tornato a Londra, intraprende la carriera di songwriter e Written in Scars disco pop-folk di 11 brani in cui spicca Home, è il suo quarto lavoro: “È un album basato su un ritmo tribale, il mio intento era quello di dare l’idea di un trionfo. Le canzoni, invece, sono ispirate da luoghi e ambiti diversi, non sempre basate su esperienze specifiche, ma scritte con le cicatrici”. LA BAND Ai Verdena quel che è dei Verdena ENDKADENZ VOLUME 1 © Verdena Black out / Universal CI SONO voluti anni prima che i critici musicali italici conservatori dedicassero attenzione ai Verdena: inizialmente vennero derubricati un tanto al chilo come “cloni dei Nirvana”, poi furono incensati per il bizzarro doppio cd “Wow”, come i nuovi salvatori della patria. In realtà, la band dei fratelli Ferrari ha sempre avuto argomenti, una sensibilità contemporanea e una certa originalità meritevole. Da poco è disponibile il nuovo cd del trio, “Endkadenz”. Si tratta del volume 1 di un doppio, non però commercializzato allo stesso momento: il v.2 arriverà in estate. Come suona questo album, frutto di jam di mesi? rispetto a "Wow" c'è più quadra. I brani bizzarri sono pochi, torna la forma canzone seppur secondo i canoni loro: suoni ipercompressi e sporchi, tastiere, bassi e chitarre filtrate attraverso octaver e fuzz. I testi rimangono accessori, il songwriting è buono e tra la dozzina di canzoni ci sono buoni momenti: per esempio, il singolo "Un po' esageri", grezzo ma coinvolgente. Non male il doom elettrico di "Inno a perdersi", il fluire di "Nevischio", la botta di "Una fissa", il blues con batterie campionati e fuzz di "Sci desertico". I critici di cui si diceva apprezzeranno il piano e le trombetta synth di "contro la ragione"; i rockettari hanno un nuovo cd con batterie possenti, un filo psichedelico e dalla produzione volutamente confusa, da ascoltare senza imbarazzo in una Playlist di americani e inglesi maestri dell'indie. Valerio Venturi SECONDO TEMPO il Fatto Quotidiano VENERDÌ 13 MARZO 2015 21 DARIA BIGNARDI Le Invasioni barbariche hanno toccato il 2 per cento di share RAI UNO IL PEGGIO DELLA DIRETTA “La dama velata”, è sceneggiato revival di Patrizia Simonetti ià il titolo ci riporta ad altri G tempi, a quel Ritratto di donna velata trasmesso dalla Rai nel 1975 con Nino Castelnuovo e Daria Nicolodi, scritto e diretto da Flaminio Bollini che aveva già firmato Il segno del comando, altro caro vecchio sceneggiato, non ancora fiction e neanche telenovela. Ha invece molto dell’uno e dell'altra La dama velata, melodrammone in costume in 6 puntate da martedì in prima serata su Rai1, una coproduzione Rai Fiction, LuxVide e Telecinco Cinema per la regia di Carmine Elia, che fa anche un po’ Il segreto e pure La schiava Isaura tra donne sottomesse e ribelli, amori, vendette, abbandoni e riunioni tipici del feuilleton, veleni e segreti come in un thriller, e rivolte contadine in una città, Trento, ancora sotto l’impero austro ungarico. Anche qui c’è una donna misteriosa che di nero vestita e, ovvio, velata, guarda da lontano la tomba con il suo nome. Clara nasce nella seconda metà dell’Ottocento già con un segreto addosso dal conte Vittorio Grandi, padrone della tenuta San Leonardo, che non la vuole perché è colpa sua, dice, se la madre è morta, così la affida ai suoi contadini. Cresce insieme a Matteo che un giorno le dice “ti amo e voglio stare per sem- pre con te” ma ciò non avverrà mai. Invece per avere un erede e salvare la tenuta, l’uomo la costringe a tornare in città e a sposare un altro conte, tal Guido Fossà (Lino Guanciale), uno che con le donne si diverte parecchio. DEL RESTO funziona così: anche Carlotta che la porta a fare shopping in centro sta per sposare Ludovico cui è promessa da bambina, ma “avrò una casa e darò un sacco di feste, cosa posso volere di più?” dice a Clara che le chiede dell'amore. All'inizio i due non si piacciono granché e si insultano pure: lui la chiama persino ragazzina e lei gli dà addirittura del maleducato quando gli soffia in faccia il fumo della sigaretta, però quando al ballo tutti la evitano e la lasciano sola in mezzo alla sala, è lui che si avvicina e “sei la più bella della festa” le sussurra, prima di invitarla a ballare. Non mancano i parenti serpenti, zia Adelaide (Lucrezia Lante della Rovere) e cugino Cornelio (Andrea Bosca), a remare contro di loro per il solito motivo che già allora fa girare il mondo: i soldi. Poi però neanche Guido gliela racconta tanto giusta e Clara non ci capisce più niente, comincia a dare di matto e finisce nel fiume lasciando solo una scarpetta come Cenerentola, e pure la teoria che si sia ammazzata da sola vacilla. Le “Invasioni” di Daria, di barbarico è rimasto poco di Emiliano Liuzzi on si respira una buona aria in casa di Daria Bignardi: l’ultima N puntata delle Invasioni Barbariche è scesa al 2,1 per cento di share, e così rischia di vedersi annullare dalla rete, La 7, una trasmissione che altro non è che una lunga e mai scomoda intervista a ospiti che più o meno sono sempre celebrità, almeno nel loro campo. Né il primo né l’ultimo flop, come per tutti i conduttori che si rispettino. A dire il vero di successi assolutamente resistibili, la Bignardi, in carriera, non ne vanta molti. C’è il Grande Fratello, prima e seconda edizione, ma parliamo di svariati anni fa. Era una scommessa per niente facile, e la vinse. Dopo, il poco. CASE, SPECCHI, collegamenti, ascol- ti milionari, avrebbero dato alla testa a chiunque. Ha fatto incetta di Telegatti (non di Emmy), ma poi la sua personalissima ascesa si è inceppata. Eppure frequentare la stanza tv di Daria resta comunque risultato ambito. Lo si percepisce dalle grandi smancerie che gli ospiti le riservano. Mercoledì, dopo una serie di curve al ribasso, la ragazza di Ferrara, ha toccato il fondo. Ma i segnali erano questi da tempo: mai un picco, neanche quando Matteo Renzi scelse la sua trasmissione per andare a mettere a nudo il privato. Fu una delle prime volte che i giornali titolarono “Renzi in tv non fa più ascolti da record”. In realtà è il programma che dimostrava di essere già a corto di trovate. Le Invasionilo scorso anno, nello stesso periodo, incassavano un consolidato 4 per cento. Una soglia che avrebbe permesso la tranquilla navigazione. Non un successo memorabile, vista la prima serata, ma comunque un buon risultato. Mercoledì è arrivato al 2,1 per cento, metà del pubblico perso in dodici mesi e in un continuo scendere. E per questo Urbano Cairo, come già aveva fatto con Salvo Sottile, potrebbe decidere di tagliare tutto, dalla sigla ai titoli di coda, Bignardi inclusa. Difficile capire il perché di un ascolto più che dimezzato: in studio, oltre a Daniela Santanchè, garanzia per qualsiasi trasmissione, Gli ascolti di mercoledì CHELSEA-PSG Spettatori 4,13 mln Share 15,2% THE VOICE OF ITALY 3 Spettatori 2,91 mln Share 12,06% c’era anche Gianni Barbacetto, firma del Fatto Quotidiano, uno dei più autorevoli cronisti se si parla dei guai giudiziari di Silvio Berlusconi. MA NON C'È STATO nulla da fare. Peccato. E che nessuno pensi che ce l’abbiamo con Daria Bignardi. Volevamo solo sdrammatizzare ascolti che sono da profondo rosso e ribadire quanto scritto più volte. Putroppo, la tv degli ultimi anni, grandi idee non le ha. E tra quelli che non se la passano bene e rischiano chiusure anticipate ci sono anche Elisa Isoardi e Concita De Gregorio, la prima neo fidanzata di Matteo Salvini, l’altra ex direttore dell’Unità tornata a scrivere per Repubblica: Mamma Rai è pronta a mandare in archivio A conti fatti su Raiuno e Pane quotidiano su Raitre. E il legame del leader della Lega Nord, nel caso della Isoardi, ovvio, pare che non c’entri niente, o comunque poco: il problema è che i due programmi dal punto di vista degli ascolti non funzionano per niente e in Viale Mazzini, di questi tempi, non se lo possono proprio permettere. VELVET Spettatori 3,58 mln Share 12,9% CHI L’HA VISTO? Spettatori 2,95 mln Share 12,21% 22 SECONDO TEMPO VENERDÌ 13 MARZO 2015 il Fatto Quotidiano GIUSTAMENTE IL BAVAGLIO La storia riscritta dagli squadristi di Gian Carlo Caselli U niversità di Torino: alcuni figuri (“autonomi” secondo il cronista) imbrattano una targa intitolata a Paolo Borsellino e non contenti pestano a sangue – trauma cranico – un ragazzo che aveva osato chiedere loro se fossero impazziti. Università di Firenze: alcuni bulli consociati in un “Collettivo Scienze politiche” impediscono – con bieche minacce – una manifestazione organizzata da “Libera” in preparazione della giornata nazionale in memoria di tutte le vittime di mafia con la presenza di centinaia di familiari. Se dei cialtroni non riescono ad avere alcun rispetto neanche per le vittime della mafia e la sofferenza dei familiari, è del tutto evidente l’abisso profondo di inciviltà che li ha inghiottiti. Ed è un’inciviltà che può facilmente generare mostri. Di più: poiché si tratta di studenti (?), è altrettanto evidente che cotanta inciviltà non può che essere il risultato di una spaventosa ignoranza. Che diventa arroganza, intolleranza e violenza tutte le volte che il branco riesce a trasformare la vigliaccheria in protervia, magari con la connivenza di chi non vuole fastidi. Ci sono – tutti – gli ingredienti “classici” dello squadrismo. Ogni squadrista ignorante ama riscrivere la storia a proprio uso e consumo, inventandosi idiozie che poi racconta come fossero verità di fede. Così è stato per il Collettivo di Firenze, che per impedire la manifestazione di “Libera” ha messo nel mirino il sottoscritto, accusandolo di essere un “nemico” cui doveva essere negata in ogni modo la parola, a causa di “colpe” assolutamente farlocche individuate con patologica fantasia. I TERRORISTI delle Brigate rosse e di Prima Linea non erano delinquenti che praticavano con ferocia omicidi e gambizzazioni. Erano anzi, secondo il Collettivo, “movimenti sociali di operai, studenti e contadini che rivendicavano un cambiamento rivoluzionario verso una società più giusta” . E chi li ha combattuti con i codici (come ho potuto fare io, in quanto più fortunato dei colleghi Guido Galli ed Emilio Alessandrini, uccisi dal piombo terrorista) va punito per sempre togliendogli il diritto di parola nella libera (?) Università di Firenze. Un’altra mia colpa è di aver chiesto il trasferimento da Torino a Palermo per dirigere quella procura dopo la morte di Falcone e Borsellino, assumendo come cifra della mia azione la “ragion di Flash mob della Sinistra universitaria e Libera a difesa di Caselli Ansa stato” e non più la “intransigenza legalitaria esercitata abbondantemente contro i militanti politici”. Come diavolo si possa blaterare di intransigenza legalitaria venuta meno, a fronte dei 650 ergastoli e della montagna di anni di reclusione che sono il bilancio dei 7 anni in cui ho diretto la procura (oltre ai processi ad imputati eccellenti come Andreotti e Dell'Utri), è ragionamento – si fa per dire – che solo i sofisticati scienziati politici del Collettivo possono capire. Ma questa sequenza di stupidaggini è finalizzata a preparare la stoccata finale, quella sulle inchieste torinesi per i reati commessi in Valsusa dalle frange estremiste dei “No Tav”. E QUI RICASCA l’asino. Per- ché una ferrovia con le vittime di mafia c’entra meno di niente. Per cui è evidente che il Tav (come sempre più spesso avviene) è evocato a mo’ di feticcio o di pretesto per altri scopi, magari senza neanche sapere bene cosa sia quest’alta velocità. Pretendere di zittire qualcuno non è un fatto solo personale. È un attentato alle libertà e ai diritti che sono patrimonio di tutti, finché resisterà la democrazia che questi facinorosi odiano. Sullo sfondo c’è l’obiettivo di ottenere impunità per i reati ovunque commessi nell’esercizio delle funzioni di antagonisti organizzati, a partire dagli attacchi violenti contro il cantiere di Chiomonte e gli operai che ci lavorano per portare a casa la giornata. Mentre si stringe, sempre più soffocante, un cappio intorno al collo di chi rivendica il diritto di continuare a discutere liberamente dei costi e dell’opportunità dell’opera. Ma almeno una volta i soloni del Collettivo la raccontano giusta, quando ammettono che la legalità non può essere la loro bandiera. Come a dire che la legalità vale solo per gli altri, per i fessi. Non un principio costituzionale, ma un paio di ciabatte da mettere solo se fa comodo. Un assunto che non è propriamente in linea con la democrazia. E che dimostra come vent’anni di assalto alla giurisdizione abbiano ampiamente diffuso la moda del tiro al piccione del magistrato scomodo. PIERO Calamandrei, scrivendo di un giudice che era “una coscienza tranquillamente fiera, non disposta a rinnegare la giustizia per fare la volontà degli squadristi”, concludeva che “tra le tante sofferenze che attendono il giudice giusto, vi è anche quella di sentirsi accusare, quando non è disposto a servire una fazione, di essere al servizio della fazione contraria”. La disgustosa vicenda di Firenze dimostra che il vizio di denigrare (e schedare) chi non vuole omologarsi al pensiero della teppaglia è duro a morire. Assuefatti al privilegio Tanto “siamo in Italia” di Bruno Tinti n CENA, amici. Funzionari dello Stato, universitari, avvocati. Tutti politicamente moderati; un paio di simpatie berlusconiane. Commentiamo i viaggi di Mattarella a Palermo e a Firenze: voli Alitalia, treno e tram. Con sorpresa li scopro tutti poco impressionati, i berlusconiani addirittura aggressivi. “Populismo, esibizionismo, captazione del consenso, quanto è costato l’apparato di sicurezza?”. I berlusconiani ho creduto di capirli subito: Mattarella era ministro della Pubblica Istruzione nel 1990, quando si dimise per protesta contro l’approvazione della legge Mammì che legittimava il monopolio televisivo di Berlusconi; un’ostilità personale. Ma no – ho pensato subito dopo – questa è gente seria, non può credere davvero che tutto si riduca a contrasti soggettivi. Poi mi è venuto in mente che l’essere Mattarella un giurista e un giudice costituzionale lo inseriva naturalmente in quella categoria che da sempre è stata l’incubo di Berlusconi e dei suoi: persone che non considerano l’interesse personale e politico della classe dirigente un buon motivo per violare Costituzione e leggi. Benché più fondata, questa interpretazione mi è sembrata comunque debole: lo scetticismo di costoro era condiviso anche dagli altri amici, conservatori illuminati, certamente non simpatizzanti dell’illegalità al potere. Allora? La risposta è arrivata quando, nei miei tentativi di far apprezzare queste scelte di Mattarella, ho ricordato che quello che ci sembrava così strano, era la norma nei Paesi del Nord Europa. Ho citato Anna Lindh, il ministro degli Esteri svedese che era andata a fare la spesa, da sola e senza la scorta, in un supermercato dove era stata assassinata (nel 2003) da un serbo, tale Mijailovic; ho detto che erano questi comportamenti a legittimare la classe dirigente di quei Paesi e a garantire una vera democrazia. Tutti in coro mi hanno interrotto: “Che c’entra, quelli sono Paesi diversi, qui siamo in Italia!” A questo punto ho capito. Il fatto è che noi non siamo ostaggio di una politica inquinata dal malaffare, dedita alla razzia e al privilegio, che ha occupato il potere non si sa bene come e di cui un giorno ci libereremo. Noi siamo il terreno in cui PER NATURA Siamo noi il terreno in cui la mala pianta del malaffare si è sviluppata; la classe dirigente è l’espressione del nostro popolo questa mala pianta si è sviluppata; la nostra classe dirigente è l’espressione del nostro popolo. Il cittadino medio si aspetta che al potere politico si accompagnino privilegi che, se mai riuscisse a farne parte, rivendicherebbe per se stesso. Chi gestisce l’amministrazione del Paese, secondo questo modo di pensare, non è gravato di un servizio ma gratificato di un potere; i cui segni esteriori sono irrinunciabili (e per questo un ministro non gira in bicicletta e un presidente della Repubblica non prende il tram) e i cui eventuali abusi sono inevitabili. HO RICONOSCIUTO la ragionevolezza dell’obiezione e ho provato a contrastarla: “È vero, ma bisogna pur cominciare. E comportamenti come questi di Mattarella sono l’inizio. Fanno capire che si può cambiare. Per questo – ho aggiunto – se anche fossero costati il doppio (per via della sicurezza) di un aereo militare e di un elicottero che secondo voi sono il mezzo di spostamento naturale di un presidente della Repubblica, sarebbero stati comunque un investimento fruttuoso. Se ne derivasse un consenso, qualcun altro potrebbe decidere di imitare Mattarella. E quello che all’inizio sarebbe frutto di un calcolo potrebbe diventare uno stile spontaneo”. n COSTITUZIONE Democrazia o mucca pazza? di Nicola Tranfaglia egli ultimi anni nel nostro Paese N c’è stato l’avvento di nuove destre cresciute con Forza Italia e la Lega vrebbero votare di nuovo il testo della riforma che già il leader di Forza Italia da parte sua ha già definito senza esitazioni “il rischio di una deriva autoritaria”. Siamo insomma – per usare l’espressione dello scienziato politico Alfio Mastropaolo – alla vigilia del referendum confermativo popolare che nel 2006 respinse la proposta del Polo della Libertà di fronte a un ritorno della terà fino in fondo la riforma prevista alla Camera con sedute già previste dalle 9 alle 23 o non saranno piuttosto i deputati di Forza Italia a spaccarsi con i seguaci di Fitto pronti a votare assieme ai grillini e alle altre opposizioni, come è già avvenuto al Senato in occasione dell’esame dell’Italicum di cui il governo vuole essere in grado di liberarsi (nel senso che la legge possa essere approvata) in quella settimana o, al massimo, nella successiva. Nord di Salvini favorite dal declino della politica, dalla delegittimazione del settore pubblico, dagli equivoci populisti e dalla chiusura oligopolistica. A questo si sono unite le variazioni antipolitiche che vengono dalla presenza in Europa di altri partiti populisti a cominciare da quello belga, francese, inglese, svizzero e IL DISEGNO IL PROBLEMA, peraltro, non austriaco. quello di finire un giorno o Ma quello che sta avvenendo in La riforma della Carta èuna settimana prima, ma è Italia, con la riforma costituziopiuttosto quello di riuscire ad nale che ha deciso di avviare il decisa dal governo andare avanti proprio nella governo Renzi, significa sicuraRenzi è purtroppo parte più decisiva e impormente un cambiamento molto tante del programma che si è negativo per il nostro Paese. “In un cambiamento ripromesso di superare posieffetti – afferma il costituzionativamente il capo del goverlista Stefano Rodotà in un’intermolto negativo no. Se l’obiettivo non fosse vista – si tocca anche la forma di per il nostro Paese Matteo Renzi LaPresse raggiunto, Renzi potrebbe Stato e cambierà l’equilibrio tra preoccuparsi di nuovo e molgovernanti e governati e a ogni to per il suo cammino. Come modo, si tratta di un mutamento “mucca pazza della democrazia”. dicevo all’inizio, la mucca pazza c’è annotevole della forma di governo”. Cioè, di fronte a una crisi della de- cora, viva e vegeta, e il declino evidente CON IL PATTO del Nazareno, siglato il mocrazia contemporanea, aggredita di Berlusconi e di Forza Italia non ba19 gennaio 2014 (successivamente rot- dalle nuove destre che si rifanno più o stano forse a rassicurare fino in fondo to) finisce sicuramente il bicamerali- meno alla sindrome populista, la de- il giovane ex sindaco di Firenze sui smo perfetto, il Senato è ridotto a 100 mocrazia si trova in difficoltà e incorre pericoli della situazione attuale di presenze con i consiglieri regionali in- perciò in deviazioni pericolose. fronte a una crisi economica non andicati dalle Regioni, approvato in pri- Del resto, la minoranza del Partito de- cora superata, i giovani costretti, se ma lettura al Senato presentato dal mi- mocratico ha presentato, tramite i de- studiano, a lasciare l’Italia o ad attennistro per le Riforme Maria Elena Bo- putati Andrea Giorgis e Alfredo D’At- dere, senza molte speranze, qualche schi e dovrà ricevere nuove votazioni torre, emendamenti precisi che riguar- opportunità di lavoro e il pericolo di (a distanza di tre mesi da Camera e dano anzitutto l’articolo sui capilista agitazioni diffuse delle categorie in bloccati previsti dal disegno di legge. E maggiore difficoltà nella società italiaSenato su un testo identico). A quel punto, Camera e Senato do- non si sa se la minoranza alla fine vo- na. SECONDO TEMPO il Fatto Quotidiano VENERDÌ 13 MARZO 2015 23 A DOMANDA RISPONDO Furio Colombo Sindrome da obbedienza della minoranza dem Gentile direttore Travaglio, desidero far pervenire al professor Viroli la mia totale adesione alle sue considerazioni e ai suoi giudizi sul comportamento dei cosiddetti “dissidenti Dem”, con in testa i vari Bersani, Cuperlo, ecc. L’analisi di Maurizio Viroli sulla sindrome da “obbedienza” di cui sarebbero affetti tutti questi presunti dissidenti, ma soprattutto Bersani, Cuperlo, la Bindi, che molto dichiarano senza vergogna, è una analisi sicuramente corretta, ma questa “sindrome”, per svilupparsi, deve trovare spazio in una completa assenza di coscienza civile e di senso di responsabilità, e questa totale assenza mette paura, perché vuol dire che questi cosiddetti uomini sono capaci di tutto, senza scrupoli e senza etica. E senza senso dell’umorismo. Perché dire “questa è l’ultima volta che abbiamo votato sì”, sapendo che, con quel sì, si stravolge la Carta costituzionale in modo quasi irreparabile, è quasi una cinica battuta. Non si comprende l’utilità di assicurare che voteranno “no” in futuro, mentre il danno enorme e definitivo, oggi, con il loro “sì”, è compiuto. Oppure fa venire in mente il cittadino che vota “si” alla propria condanna ma dichiara che in futuro voterà no! Resta una domanda, alla quale Viroli risponde con la suggestiva ipotesi “dalle Frattocchie ai talk-show” e con la cultura vetero Pci, ma non mi basta. Perchè un gruppo di ex-giovani, intelligenti e preparati, scomparso il “padre/partito”, hanno passato vent’anni di compromissioni e di miserevoli accordi, hanno perso, se mai l’hanno avuta, ogni velleità “riformista” e “progressista” e si riduce a questi miserevoli comportamenti e a questa perdita totale di dignità? Perchè ignorano le aspettative che milioni di citta- dini avevano riposto in loro? Per lo stipendio non credo, perché ormai sono tutti gratificati da cospicue pensioni, resta l’ambizione senza valori. Giorgio Castriota Rispondo volentieri alle domande serie, che mi pongono Giorgio Castriota e altri gentili lettori. Ribadisco il mio giudizio sulla minoranza dem, Bersani in primis, come persone senza dignità, senza intelligenza politica, senza senso di responsabilità repubblicana. Giudizio che confermo con convinzione ancora maggiore dopo aver letto la giustificazione che Gianni Cuperlo ha dato del suo voto alla riforma costituzionale “In discussione c’è l’unità e la tenuta del Pd”. Come se l’unità di un partito, di qualsiasi partito, fosse più importante della Costituzione! Provo per questo modo di ragionare un sentimento di ribrezzo e di disprezzo totale, soprattutto quando leggo che all’interno dello la Costituzione”, “L’unica ditta è la Repubblica”, ha scritto. Quanto alla questione che pone Castriota, rispondo che gli ex giovani intelligenti e preparati cresciuti nel Pci hanno abbandonato le velleità riformiste e progressiste e si sono piegati a ogni sorta di compromesso, dagli accordi con Berlusconi all’osceno voto di pochi giorni fa, perché credono che scopo dell’azione politica sia semplicemente la conquista del governo. Per loro il governo non è mezzo ma fine. E al fine supremo dell’essere al governo può essere sacrificata ogni altra considerazione. Vogliono essere ‘più bravi’ di Berlinguer, e per esserlo, nella loro mente distorta, devono realizzare ciò che Berlinguer mai realizzò, vale a dire conquistare il governo. Se a questo aggiungiamo lo spirito gregario che impone di obbedire al segretario del partito e la mancanza di ogni traccia di idealità, mi pare che la spiegazione dei loro Le adozioni dei bambini “pacco” CARO FURIO COLOMBO, la nuova legge sulle adozioni presenta due anomalie grandi come una casa: non è previsto mai, come in passato, ascoltare la voce dei bambini che vengono affidati o adottati o lasciati perdere, sempre come oggetti e non come persone. Ed è fatto esplicito divieto alla possibilità di adozione da parte di un singolo (vuol dire non sposato), persino se fosse papa Francesco in persona. Tutto sommato, una nuova legge Giovanardi. Nicoletta NO, LA NUOVA LEGGE contiene una grandissima differenza. I genitori affidatari (ovvero coloro che hanno in custodia un bambino che al momento è senza famiglia, ma che non è “adottabile” perché, per esempio, i due genitori sono in prigione o non sono in grado, al momento, di fare i genitori) adesso possono diventare i genitori legali di quel bambino (si chiama “continuità affettiva”) se, per le tante ragioni che si possono immaginare, i giudici lo dichiarano adottabile. È un fatto importante perché rimuove un divieto assurdo che ha creato non pochi drammi e sofferenze e lotte quasi mai a lieto fine. Infatti, una assurda norma prevedeva, nella legge precedente, che chiunque potesse candidarsi ad adottare il bambino “affidato”, tutti tranne gli adulti “affidatari”. Si ordinava, in tal modo, lo sradicamento di anni di convivenza e di affetti. I legislatori, è purtroppo noto, possono commettere errori clamorosi. E questo, inconcepibile e incomprensibile, è stato corretto. Invece resta, in tutta la sua ottusità, il divieto di adozione da parte di una persona sola, anche se ha l’età giusta, la disponibilità, i mezzi, la qualità umana e il desiderio di essere padre o madre. La risposta, imbarazzante per eccesso di banalità, è che un bambino deve avere un padre e una madre. Dovrebbe avere anche una casa, se stiamo parlando della ottimale felicità del bambino, la sua stanzetta con giochi, una scuola di qualità vicina e gratuita, un’in- la vignetta stesso partito, c’è chi ragiona da galantuomo e da autentico parlamentare repubblicano: Pippo Civati. “Non darò il mio voto alla riforma costituzionale. Lo faccio senza pensare alla questione delle correnti del Pd e ai rapporti con la segreteria, perché questa è miserabili comportamenti sia abbastanza convincente. (M. Trav.) Partiti e clientele: oggi, proprio come 34 anni fa Sono inutili le recriminazioni sulla scarsa affluenza ai seggi, che diminuisce la rappresentatività degli eletti, se i primi ad archiviare la democrazia al loro interno sono i capi dei partiti. Costoro, spesso, si comportano non da leader, legittimati dagli iscritti, ma da padroni, che pretendono, e premiano, l’obbedienza e il il Fatto Quotidiano Direttore responsabile Marco Travaglio Direttore de ilfattoquotidiano.it Peter Gomez Vicedirettori Ettore Boffano, Stefano Feltri Caporedattore centrale Edoardo Novella Art director Paolo Residori Redazione 00193 Roma , Via Valadier n° 42 tel. +39 06 32818.1, fax +39 06 32818.230 mail: [email protected] - sito: www.ilfattoquotidiano.it Editoriale il Fatto S.p.A. segnante alla Mary Poppins, la palestra con piscina, la casetta sull’albero e un cane labrador. In mancanza di alcuni di questi doni, che – infatti – mancano ad alcuni piccoli cittadini, qual è la cosa che conta? Tutti direbbero: l’amore. Non secondo i nostri legislatori. Secondo loro o ti adotta una famiglia formato Tv dei ragazzi, padre di robusta complessione e madre amorevole, o resti all’orfanotrofio, e che qualcuno ti voglia e ti ami non ha alcuna importanza. Apprendo dalle cronache due tristi particolari. Il primo è che la deputata Puglisi, intelligente proponente della norma giusta, che avrebbe fatto la legge davvero nuova, l’ha ritirata “per non far ritardare il provvedimento” (sue parole). Mossa sbagliata e cattiva motivazione, data l’importanza di questa parte della legge per poterla dichiarare nuova. Il secondo è che i Giovanardi del nostro mondo parlamentare temevano un complotto dei gay per penetrare non visti nel mondo delle adozioni di finti single, in realtà perversi nemici della famiglia. E continuano a dirti che la felicità è due genitori. È una verità. Ma una parte della verità. Una famiglia può essere un inferno. E tutti abbiamo visto splendide famiglie di un grande e di un piccolo, e riuscitissime vite di due uomini o due donne con uno o due festanti bambini. Resta ancora un pericoloso vuoto: perché non ascoltare i bambini, almeno dai sei anni in su, con le dovute precauzioni e la necessaria esperienza? Invano ho proposto e riproposto, fin dal 1996, l’istituzione di un “avvocato del bambino”, nominato dal giudice e attivo in modo indipendente per rappresentare esclusivamente l’interesse e la scelta dei piccoli, ogni volta che una causa fra adulti li riguarda e decide del loro destino. Invano. Giudici, avvocati e legislatori hanno una sconfinata e mal riposta fiducia nella saggezza superiore degli adulti. Purché sposati. Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Valadier n. 42 [email protected] servilismo dei dirigenti, nominati e non più eletti in Parlamento. A Matteo Renzi, che ha inserito Enrico Berlinguer nel Pantheon dei padri del PD, forse sarebbe utile rileggere i concetti su cui insistette lo storico leader comunista, che venne intervistato da Eugenio Scalfari, allora direttore di “Repubblica”, il 28 luglio di 34 anni fa: “I partiti sono, soprattutto, macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società o della gente, idee, idea- Lucia Calvosa, Luca D’Aprile, Peter Gomez, Layla Pavone, Marco Tarò, Marco Travaglio Pietro Mancini Sentenza Ruby: aspetti che non vanno trascurati Dopo aver visto le indecenti scene di esultanza delle varie donne di Berlusconi e di Forza Italia, credo che sarebbe bene che venissero evidenziati quei passaggi della assoluzione in appello, che appunto nulla negavano circa prostituzione e cene eleganti ad Arcore, ricordandoci che il presidente del Tribunale si era dimesso non condividendo il verdetto. Comunque anche il commento di Cantone, della Cei, e la richiesta proroga delle indagini per il Ruby-ter fanno ben sperare Bianca Ronchi DIRITTO DI REPLICA Con riferimento a quanto apparso ieri sul suo giornale nel breve articolo “Amnesie Multilaterali Gentiloni e la faccia triste del Messico”, desidero precisare che il ministro Gentiloni ha affrontato la questione della tragica vicenda della scomparsa di 43 studenti messicani a Iguala, negli incontri avvenuti nel corso della sua missione. Il ministro Gentiloni non ha mancato di sottolineare il tema anche nel corso dell’unica intervista rilasciata durante il suo viaggio al principale quotidiano messicano “Reforma”, apparsa in versione cartacea e online. Stefano Verrecchia, servizio per la Stampa, Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Valadier n. 42 [email protected] Abbonamenti FORME DI ABBONAMENTO COME ABBONARSI • Abbonamento postale annuale (Italia) Prezzo 220,00 e • 5 giorni (dal lunedì al venerdì) • Abbonamento postale semestrale (Italia) • 5 giorni (dal lunedì al venerdì) Prezzo 135,00 e • Modalità Coupon annuale * (Italia) Prezzo 370,00 e Prezzo 320,00 e • 7 giorni • 6 giorni • Modalità Coupon semestrale * (Italia) Prezzo 190,00 e Prezzo 180,00 e • 7 giorni • 6 giorni ABBONAMENTO DIGITALE • Mia - Il Fatto Quotidiano (su tablet e smartphone) Abbonamento settimanale 5,49 e Abbonamento mensile 17,99 e Abbonamento semestrale 94,99 e Abbonamento annuale 179,99 e È possibile sottoscrivere l’abbonamento su: https://shop.ilfattoquotidiano.it/abbonamenti/ • il Fatto Quotidiano - Pdf (su Pc) Abbonamento settimanale Abbonamento mensile Abbonamento semestrale Abbonamento annuale • Servizio clienti [email protected] 4,00 e 15,00 e 80,00 e 150,00 e • Abbonamento in edicola annuale (Italia) Prezzo 290,00 e • 6 giorni (dal lunedì al sabato) • Abbonamento in edicola semestrale (Italia) Prezzo 170,00 e • 6 giorni (dal lunedì al sabato) * attenzione accertarsi prima che la zona sia raggiunta dalla distribuzione de Il Fatto Quotidiano sede legale: 00193 Roma , Via Valadier n° 42 Presidente: Antonio Padellaro Amministratore delegato: Cinzia Monteverdi Consiglio di Amministrazione: li, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile zero. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune”. Da allora è cambiato qualcosa? Centri stampa: Litosud, 00156 Roma, via Carlo Pesenti n°130, 20060 Milano, Pessano con Bornago, via Aldo Moro n° 4; Centro Stampa Unione Sarda S. p. A., 09034 Elmas (Ca), via Omodeo; Società Tipografica Siciliana S. p. A., 95030 Catania, strada 5ª n° 35 Concessionaria per la pubblicità per l’Italia e per l’estero: Publishare Italia S.r.l., 20124 Milano, Via Melchiorre Gioia n° 45, tel. +39 02 49528450-52, fax +39 02 49528478, mail: [email protected], sito: www.publishare.it Distribuzione Italia: m-dis Distribuzione Media S.p.A., Sede: 20132 Milano, Via Cazzaniga n° 1, tel. + 39 02 25821, fax + 39 02 25825203, mail: [email protected] Resp.le del trattamento dei dati (d. 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E, quanto al Ruby-3, campa cavallo: fra primo, secondo e terzo grado, ci si rivede fra 7-8 anni: quando B. ne avrà 86-87 e forse, chissà, sarà politicamente fuori gioco. A quel punto qualcuno potrebbe ricordarsi della sentenza di martedì sera: quella che l’ha assolto dall’induzione perché la Severino l’ha di fatto resa impunibile, e dalla prostituzione minorile perché le prove sulla sua consapevolezza della minore età di Ruby sono insufficienti. Chi avrebbe potuto fornirle, quelle prove? Ruby e le olgettine, che però – sempreché l’ipotesi accusatoria regga al vaglio processuale – sono state corrotte. Il processo Ruby-1 non si potrà rifare (ne bis in idem), ma almeno sarà legittimo ritenere l’assoluzione in appello e in Cassazione un errore giudiziario, e rivalutare – almeno sulla prostituzione minorile – la condanna in Tribunale. Questa, naturalmente, è un’ipotetica del terzo tipo, almeno in Italia, dove il panorama mediatico è dominato da giornalisti e commentatori stipendiati da B. I quali, senza un filo d’imbarazzo per il loro conflitto d’interessi di impiegati dell’imputato, continuano a pontificare sui processi al principale tirandosela da osservatori super partes. Montano in cattedra e chiamano sul banco degli imputati chi ha sempre scritto la verità, intimandogli di discolparsi, pentirsi, scusarsi col puttaniere. I più spudorati fanno a gara a inventarsi costi immaginari di un processo costato 65 mila euro (Il Tempo li calcola in “mezzo milione”, Salvini in “qualche milione”, Libero in “500 miliardi”: chi offre di più?). I più impermeabili al ridicolo, tipo quello con le mèches, scrivono che “l’Italia aveva già capito tutto” e “la gente aveva emesso già da tempo la sua sentenza”: infatti, dopo Ruby, il padrone ha perso appena 6,5 milioni di voti. I più commoventi sono gli Stanlio e Ollio del Foglio. Stanlio, il direttore Cerasa che si ostina a scrivere di giustizia senza distinguere un codice da un paracarro, vaneggia di un presunto “reato di cena elegante”, come se nel Codice penale non esistessero la concussione, l’induzione e la prostituzione minorile e, anziché farsi qualche domanda su chi gli paga lo stipendio, emette la sua personale condanna contro i veri “colpevoli”: “i professionisti del moralismo, i campioni del pornogiornalismo”. Ollio, l’ex direttore Ferrara, rivendica orgoglioso la manifestazione autobiografica “Siamo tutti puttane” da lui promossa per difendere quello che da vent’anni e più gli passa la mesata: l’amichetto della nipote di Mubarak (una “storiella alla Totò” che “chi non possiede il sense of humour” non può cogliere). Sempre Il Foglio ricorda che pure i processi per le tangenti Fininvest ai giudici romani, svelati da Stefania Ariosto, “finirono tra proscioglimenti e miserie personali della supertestimone”: tipo le condanne di Previti, Metta, Pacifico e Acampora a 7 anni e mezzo per Mondadori e Imi-Sir. In qualunque paese la parola di questi gazzettieri olgettini varrebbe una cicca. In Italia, oro colato. È ora di riabilitare Ruby e le altre olgettine: anche loro raccontano un sacco di balle, ma almeno si fanno pagare meglio. STOCCATA E FUGA Matteo Renzi e i gattini ciechi della sinistra di Antonio Padellaro uperlo al Tg3 evoca la scisC sione senza nominarla. Dice che su un tema come la qua- lità della democrazia “non è in gioco il governo, ma il destino del Pd” e che non è in discussione “il rapporto tra maggioranza e minoranza, ma l’identità del Pd”. In altre epoche una minaccia del genere avrebbe mobilitato il partito e messo alle corde il segretario costringendolo a chiarire, sopire, rassicurare. E invece Renzi non se ne cura, mentre il vicesegretario Guerini sbriga la pratica con la sufficienza del già visto e già sentito. Poi appare Debora Serracchiani che ha sempre il sorrisetto di chi prende in giro i poveri sinistrati. Stalin disprezzava come “gattini ciechi” i compagni che vagavano senza meta in- capaci di comprendere la realtà. La sinistra pd, nel suo deambulare tra protesta e disciplina, trasmette lo stesso senso di smarrimento. Perché se Cuperlo minaccia di andarsene, Bersani non fa che ripetere “Questa è casa mia”, mentre Civati sforna battute salaci: “Per molti della minoranza dem la battaglia da combattere è sempre la prossima”. Ma se anche l’opposizione a Renzi decidesse la scissio- il Fatto Quotidiano ne, sarebbe per andare dove? Con Vendola e Tsipras? Oppure verso un nuovo partito? E nel caso, visto che i bersaniani sono per la fedeltà alla “ditta”, avremmo una scissione nella scissione? Questo Renzi lo sa talmente bene da non preoccuparsene più. E lo sa anche Cuperlo che infatti, tra allusioni e minacce, la parola proibita evita di pronunciarla.