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Massimo Mannarelli Marco Villa STRACCIO I SOGNI E ME NE

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Massimo Mannarelli Marco Villa STRACCIO I SOGNI E ME NE
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Massimo Mannarelli
Marco Villa
STRACCIO I SOGNI
E ME NE FREGO!
SIMPOSIO FRA UN GIOVANE RAPPER E UN
MISANTROPO
A poche decine di metri da una vecchia stazione della periferia nord est di Milano, c’è un
vecchio palazzo di cinque piani senza ascensore dove abita un vecchio. Egli dimora nell’umido
abbaino di questo palazzo, tra statuette religiose, di ogni religione tranne che di una, e
centinaia di libri dei più svariati argomenti. I libri occupano più dei tre quarti della superficie,
che non supera di certo i 38 metri quadri. È un luogo austero e del tutto inabitabile, ma
rappresenta il rifugio perfetto per uno come il vecchio, proprio per questa sua evidente
inabitabilità. Dicono, d’altronde, che l’abbia scelto proprio per questo, per le difficoltà che
offre a chi vuole abitarlo. Dicono, inoltre, di lui che sia un personaggio schivo e scorbutico, che
non ama la compagnia delle persone, delle donne in particolare, affetto da una pesante forma
di misantropia. Esce di rado, non ha vizi e passa le proprie giornate chiuso in casa, a leggere
libri e a ricevere i pochi amici o conoscenti che ancora ha piacere a tenersi incontro. Non è
sempre stato così. In passato è stato anche un militante politico di una ideologia indefinita, e
nella sua città, quelli che appartengono a una certa fascia d’età, lo conoscono tutti. I pochi che
hanno il piacere di godere di un po’ di intimità con lui ne parlano però benissimo. C’è
addirittura chi dice che sia un genio, un pozzo di cultura. A dispetto del suo aspetto burbero e
barbuto, ha un carattere molto mite, ama parlare e ha l’insolita capacità di aprire gli orizzonti
di chi conversa con lui, con la sua affascinante dialettica e il suo pensiero sempre fuori dagli
schemi. Per utilizzare un termine preso in prestito dall’induismo, si potrebbe identificare in
lui una moderna forma di guru.
Da qualche tempo in quel vecchio palazzo si è trasferito un giovane ragazzo. Un giovane
rapper, abbastanza noto nell’ambiente musicale, laureato in filosofia. La sua è una personalità
versatile, per certi versi contraddittoria, tendente tanto alle passioni improvvise e totalizzanti
quanto alle delusioni cocenti. Si è trasferito qui, in questo vecchio e fatiscente palazzo della
periferia milanese, perché la convivenza con la sua famiglia era da tempo diventata
insostenibile. Il ragazzo è avvezzo alla mondanità al punto che, nonostante la sua notorietà
non raggiunga il grande pubblico, intrattiene rapporti costanti con personaggi pubblici e ha
moltissime amicizie nel mondo dello spettacolo e del jet set. Lo si trova spesso nei privè dei
locali alla moda dove, in realtà, è apprezzato più per il suo carattere estroso e le sue battute di
spirito che per il suo, comunque spiccato, talento artistico. Al momento però il ragazzo
sembra vivere un momento di crisi interiore. Continui dubbi e pensamenti lo stanno portando
a ricredersi sulla posizione da lui assunta all’interno di quel mondo patinato e superficiale, un
mondo dove forse non si sente più d’appartenere, dove si sente un pesce fuor d’acqua.
Il primo incontro tra questi due personaggi è avvenuto quasi per caso, dentro un donner
kebab che sta al pianerottolo del palazzo, dove i due si sono trovati un giorno per caso. Alla
domanda fatta dal ragazzo ad uno degli esercenti circa la sua sua nazionalità, il vecchio,
introducendosi nella discussione, si lanciò in un lungo monologo sull’autodeterminazione dei
curdi e sulla causa di molte altre minoranze etniche in giro per il mondo. Da quel giorno,
quasi come per un’attrazione fulminea ed intensa, tra i due si è stretto un rapporto sempre
più confidenziale, al punto che il vecchio è diventato per il ragazzo una sorte di confessore a
cui potere raccontare i propri dubbi, le proprie convinzioni e le proprie insicurezze. Il ragazzo
si reca quasi quotidianamente nell’abbaino del vecchio dove i due hanno modo di conversare a
lungo su un sacco di cose, dalle grandi idee sul mondo e sulla vita a ciò che accade loro nella
vita quotidiana. Quello che segue è il più o meno fedele resoconto di queste conversazioni.
"Non esistono domande stupide ma solo domande fatte da stupidi"
DOMANDANTE: TED
RISPONDENTE: BALKAN
PRIMA SETTIMANA
“La vita pubblica è solo un ballo in maschera”
Ho sempre pensato che frequentare il mondo della mondanità fosse la mia naturale aspirazione, la
cosa che tutto sommato mi gratificasse di più. È da quando sono adolescente che coltivo questo
pensiero e perseguo quest’obiettivo. Ho sempre creduto che lo stare al centro dell’attenzione
potesse in qualche modo ripagarmi della mia infelice condizione sociale o di tutti quei complessi
che, nel corso della gioventù, mi hanno fatto sentire diverso dagli altri e che hanno impedito che
dentro di me nascesse quel senso d’appartenenza così tipico nei ragazzi di una certa età e
innescato ad esempio da certe passioni politiche. Sono stato sempre contro, sempre
all’opposizione, spesso per partito preso, ma se un’idea era condivisa da più di tre persone per me
era venuto il momento di abbandonarla, probabilmente perché non era più roba mia, perché non
ne avevo più l’esclusiva. Stare al centro dell’attenzione, sotto le luci dei riflettori, essere
riconosciuto all’interno di un mondo patinato e finto era per me una rivincita. D’altronde è stato
l’istinto di rivalsa l’unica molla che mi ha spinto all’azione, da sempre, altrimenti sarei rimasto
fermo. La voglia di riscatto verso la gente del mio quartiere, così noiosa e disinteressata, verso i
miei professori del liceo, che non mi hanno mai capito, o verso i compagni, con cui ero
perennemente in sfida, non so nemmeno bene per cosa. Eppure ora che sono nelle condizioni di
non poter più recuperare nessuno di questi legami, per quanto fragili e conflittuali, ora che non
posso più percorrere il tempo a ritroso, ora che nemmeno i social mi permettono di aggiustare il
rapporto andato a rotoli con la mia ex donna, mi accorgo che qualcosa mi manca, fosse soltanto il
fatto che non sentirmi in competizione con nessuno a parte me stesso mi condanna per
l’ennesima volta all’inattività. O forse non è soltanto questo.
Ieri, ritornando a casa dalla festa, mi sono accorto per la prima volta di quanto mi fossi sentito in
imbarazzo e avessi provato un terribile senso di inadeguatezza all’interno di quell’ambiente. Io che
ne ero il veterano! Era come se quel mondo non mi appartenesse più o forse, peggio ancora, se
solo allora mi fossi accorto che non mi era mai appartenuto e avessi vissuto per anni all’interno di
una grande e seducente illusione. Alla festa di ieri sera hanno consegnato molti premi. La cosa che
più mi ha disturbato, ai limiti della nausea, è la maschera indossata dai partecipanti alla festa, finte
strette di mano, finte pacche sulla spalla, finti complimenti, sorrisi malcelati che nascondevano
invidia, insulti ed offese mai rivolte faccia a faccia. Io ieri sera non ho ricevuto nemmeno un
premio, ma dovete credermi se vi dico che questo mio senso di fastidio non dipende
assolutamente da questo. Per anni ho creduto che il riconoscimento della massa fosse la fonte di
maggiore realizzazione per me. Ora mi rendo conto che per essere riconosciuti dai più basta
•
abdicare dall’esprimersi e per me questo non è possibile perché, anche per un certo narcisismo, io
ho l’esigenza di comunicare ed essere capito. Mi rendo conto che ciò che ho inseguito per anni,
essere al centro dell’attenzione, apparire in foto e sulle pagine dei giornali, non mi interessa per
niente. Quello che vorrei è sparire dalla vista di tutti e, ancor di più, che tutti spariscano dalla mia
di vista! Si fottano tutti, col loro esibizionismo da quattro soldi e la loro mancanza di personalità!
Io ignoro le vostre facce, sputo sui vostri miti e bestemmio i vostri dei!
Ascolto perché ho smesso di sentire, se ascoltando i tuoi passi li sentissi esistere per come tu esisti
finirei con l'esistere per come non esisto e l'attuale mi sarebbe insopportabile.
Astenermi da ogni dialogo con chi si definisce mio simile senza il mio consenso è il mio quotidiano
doveroso, tuttavia nel tuo gesto parolato vi è un suono, a me, familiare, una melodia di cui, solo
tardivamente, compresi la stonatura, una de- composizione che riemerge d'un tratto, e tramite un
dettaglio mi rammenta che un tempo io pure non ero.
All'epoca credevo che l'importante non fosse tanto partecipare quanto piuttosto ritirare sempre il
premio incurante della vittoria e della sconfitta, prendermi lo spettante solo per il fatto di esservi
stato divenne in me un comandamento irrispettoso di ogni regola imposta, ora, invece, da lunghe
stagioni ormai incontate sento che la spartecipazione alla competizione sia un più lieto vivere,
abdicando scompeto col mondo.
Se un tempo impregavo era solo perché pregavo più forte, l'impregazione altro non è che una
preghiera più rumorosa, un dialogo urlato perché inascoltato, ove più il silenzio divino silenzia più
il frastuono dentro cresce, il sacrilegio nasce da un grido disabitato, diviene una preghiera
indirizzata ad un mittente che ha cambiato indirizzo all'insaputa di tutti. Il divino tace e per esser
ascoltati dovremmo avere voci sovraumane mentre questo è il tempo del disumano.
Volgiamo noi stessi verso l'amor mondano, esplicandolo nel femmineo corporeo, senza sapere che
non esistono donne che si succedono in tempi diversi, ma solo una illusione che percorre se stessa
mutando, nell'idealizzazione del viaggio amorante, paesaggi e colori, una ripetitio dell'evento solito
che inciampa sempre nella disamata disillusione. Solo privandoci della idealizzazione del bello
insensato potremo giungere al superamento dell'accoppiata.
Il suc-cesso in cui l'adulterato sveritato si poggia sull'applauso riconoscimento come un infermo si
appoggia allo stampellato, l'insicuro brama la pacca sulla spalla, il certo rimane immutato anche
dopo le spallate della vita. Il bisogno di rimanere nella storia, nella narrazione inventata dai
vincitori che defecano bugie veritate quando sarebbe sufficiente leggere l'umanità per desiderare di
fare parte di quella storia che non entrerà mai nella storia. La vita pubblica è solo un ballo in
maschera, senza la maschera il boia non potrebbe eseguire la condanna, ma anche il boiardo prima o
dopo deve svestirsi del consueto per divenire libero.
Si inventano nuovi miti dopo aver ucciso quelli antichi, ed ogni mito inventato porta con se una
utopia, essa è la presunzione che io lo riconosca, sputando su esso lo rendo vivo, ma generare altra
carne con cui macellarvi non è compito mio.
La pretesa poi di rimanere al centro dell'attenzione senza saper girare su se stessi per guardarsi bene
da chi gira da un lato e chi dall'altro e correndo il rischio di diventare una trottola quando meglio
sarebbe rimanere un libro chiuso che attende di uscire fuori dal catalogo.
Azionare o ascetare questo è il dilemma? Semplicemente vivere in disparte senza rinnegare l'azione
per l'inazione, quanto piuttosto l'azionarsi disinteressandosi del frutto dell'azione stessa questo è il
mio ascetare.
Incomprensione? Puoi comprenderti senza comprendermi? Quando ciò ti riuscirà ti sarai
incamminato sulla via della liberazione...
“Sabbie mobili”
Ho sempre creduto di essere un ribelle, un elemento di disturbo, una scheggia impazzita capace di
dare fastidio a questo mondo di merda. Soltanto adesso mi rendo conto di quanto questo mondo
ignora totalmente la mia ribellione, scansandola distrattamente e procedendo per la propria
strada, un po’ come un motociclista che nel corso del proprio incedere è disturbato da qualche
mosca che gli ronza intorno. Il mondo se ne fotte completamente di me, che io ci sia o non ci sia,
che io gli faccia la guerra o che sia ben disposto nei suoi confronti. Nonostante il mio spirito
antagonista, ho comunque sempre cercato di tenere un piede nei binari giusti, ho cercato
comunque di costeggiare la strada che questo mondo diceva essere la migliore per me. Ho
concluso la scuola dell’obbligo, ho frequentato un liceo borghese, mi sono laureato a piedi voti. E
quando sono arrivato alla fine del percorso mi è stato detto che qualcosa si è incrinato, che il
giocattolino si è rotto, che non è più come una volta. E io mi sono ritrovato con niente in mano.
Completamente spaesato. Con un bagaglio di ricordi dietro di me e nulla davanti. Qui, da solo, a
osservare ai piani alti chi quel mio percorso non aveva nemmeno provato ad iniziarlo, facendo del
qualunquismo la forza della propria azione e della superficialità il suo combustibile. Dicono che il
mio Paese sia ormai giunto al capolinea, che questa fantomatica crisi abbia condotto tutto a delle
sabbie mobili in cui si può soltanto affondare. A volte penso che la situazione sia andarsene da qui,
non tanto perché da altre parti ci siano delle possibilità che qui ormai mancano, ma perché restare
qui ad osservare mi fa troppo male. Ogni giorno è una nuova umiliazione, ogni giorno mi rendo
conto di non appartenere a tutto quello che mi circonda, un contesto ormai incapace di darmi
entusiasmo e vitalità. I miei amici, se così davvero possono essere definiti, trovano palliativi e
consolazione in attività da cui io riesco a trarre soltanto ulteriore rabbia e tristezza. A volte vorrei
essere come tutti loro. Ci provo da tempo, senza riuscirci.
•
Giunti all'epoca del ferro, il mondo è caratterizzato dal dominio del caos e della materialità più
degradata. Quando un paese giunge al capolinea cambia manovratore, ma il tragitto è sempre lo
stesso, si riparte per tornare al punto di partenza ed avviarsi verso un nuovo capolinea, il tempo del
deragliamento verso un’era nuova è per ora ancora impossibile.
Come reagirà, dunque, l'uomo generato nell'epoca della massima degenerazione?
Molti auspicarono il cambio direzionale verso la via metafisica, alcuni la via guerriera che comporta
l'azione distaccata dal frutto dell'azione stessa, altri ancora ci invitarono alla macchia per passare nel
bosco diventando amici dei lupi e coltivare, magari, l'orto.
Ma è tempo innanzitutto di applicare l'epochè, una sospensione temporanea del giudizio,
raccogliersi in se stessi senza andare in nessun luogo che non sia dentro di noi, abituarsi alla
convivenza rumorosa e molesta di noi stessi per disabitare il mondo esteriore, compiere ogni gesto e
azione disinteressandosi sempre del provento finale. Creare una distanza interiore ed irrevocabile
tra sè e il mondo circostante; la disappartenenza da ogni forma decaduta che la società stessa
esprime.
Se guardando in basso si provano nausea e vertigini allora è tempo di rischiare il torcicollo e
volgersi verso l'alto, e nel vedere una stella cadente scivolare non desiderare la realizzazione del
desiderio per non inciampare, poi, in stelle scadenti ma semplicemente perdersi nella bellezza del
suo gesto atletico ed imparare a brillare di luce propria.
Rimanere immobili dentro ed attendere, pazientemente, la fine di un ciclo nella consapevolezza che
non avremo la possibilità di vederne la conclusione, tutto questo io definisco l'azione ascetica.
La verità è stata trascinata in basso, sminuita, venduta e comperata nei mercati, fatta scendere
dall'alto per gli ozianti, organizzata per guidare la gente verso un rifugio nel quale fuggire da se
stessi, nessuno si sforza più di salire sulla cima, passare attraverso valli, arrampicarsi su per i ripidi
pendii perché tutti temono il pericolo del precipizio, per paura di rompersi una gamba preferiscono
vivere camminando con delle stampelle.
Sulla porta del mio tempio stempiato dall'empio vi è scritto "Disconosci te stesso e rientrati dentro,
qui non c'è posto per nessuno". Inattirato dalle lusinghe, dal denaro e dalla vita agiata, non intendo
trascinarmi dietro discepoli o aspiranti tali, non bussate quindi alla mia porta anzi quando vedrete il
mio falso nome sulla soglia proseguite oltre.
La rabbia è un segnale di attaccamento al mondano, alla mia diedi una data di scadenza, oltre quella
data che l'avessi consumata o meno esso non era per me più digeribile.
Vivo rinchiuso fra le mie mura, talvolta per sgranchirmi le gambe le scavalco per tornare fra gli
omini, quando sento l'esigenza di fare un pellegrinaggio allora mi fermo immobile e attendo che
Dio giunga a me, ma soprattutto ricorda ciò, quando sentirai il freddo dentro non cercare il calore di
una donna ma impara a camminare sui carboni ardenti....
“Fa’ la guerra a te stesso!”
Credo che la cosa a cui tengo di più al mondo, da sempre, sia la mia libertà. Esistono vari tipi di
libertà. Da piccolo, ad esempio, ero affascinato dalle grandi lotte per la conquista della libertà,
quelle che leggi nei libri di storia per intenderci. La libertà politica, così potremmo chiamarla. Oggi
ho un’idea molto più esistenziale di libertà. Credo che per essere realmente liberi ci si debba
sentire se stessi e il valore politico assunto dalla libertà di cui si fa esperienza nel quotidiano sia
l’indipendenza. Uno può dirsi libero quando il proprio agire e il proprio pensare sono indipendenti
dall’opinione altrui o da condizionamenti affettivi, materiali, economici. Il solo fumare, l’essere
dipendenti da una sigaretta o da una qualsiasi altra sostanza, sono per me un ostacolo alla propria
libertà. Un sacco di gente si riempie la bocca con questa parola, libertà, salvo poi vivere nella
maniera esattamente contraria. Credo che molti di questi abbiano paura di essere liberi. Paura che
a me manca. Paura che a me è sempre mancata. Un sincero, ad esempio, è sempre più libero di un
bugiardo. Uno schivo, tendenzialmente, è più libero di uno che cerca di stare sempre sotto le luci
dei riflettori. Credo che essere liberi voglia dire anche un po’ fregarsene, essere indifferenti.
L’amore e l’odio sono due forme grandissime di schiavitù. Chi non ama, chi non odia è più libero.
Non ho mai capito, invece, se le donne aiutino o ostacolino la libertà di un uomo. Per alcuni la
donna, in quanto personificazione dell’amore, ovvero l’aspirazione massima della vita di questi, è il
raggiungimento definitivo della libertà. Per altri, categoria a cui io mi vanto di appartenere, è un
noioso intralcio alla realizzazione di progetti più importanti, fossero soltanto l’ozio domenicale o il
divertimento serale. La volta che mi sono sentito più libero in vita mia è stata quando ho scagliato
•
il telefono contro il muro. Lo stato di perenne rintracciabilità è la cosa che forse più disapprovo
della civiltà moderna. La società liberale non ha ancora trovato la soluzione a uno dei problemi più
basilari della vita: il tentativo di farsi i cazzi propri senza rendere conto a nessuno di dove si è e
cosa si sta facendo!
Odio i social network, li uso soltanto per lavoro. Sono l’inutile tentativo di chi non ha una vita reale
di crearsene una virtuale. Noto spesso che un po’ tutti li odiano, eppure sono tutti lì attaccati, dalla
mattina alla sera, a scrivere stronzate. Odio i social perché stimolano l’istinto e non il pensiero.
Odio i social perché sono l’inutile pubblicizzazione di cose che dovrebbero restare private. Odio i
social perché non mi interessa cosa fanno e pensano le facce da cazzo che incrocio per strada e al
lavoro.
Stasera sono nervoso. Oggi sono andato in libreria e ho comprato un po’ di libri che mi terranno
compagnia le prossime sere. Sento il bisogno di staccare la spina, da tutto e da tutti, di isolarmi per
un po’, di godere soltanto della compagnia di me stesso. La solitudine è spesso per me fonte di
consolazione, una medicina impareggiabile contro l’ansia che spesso mi pervade. Tendo a ritirarmi
nella mia solitudine quando il fragore della comunità diventa eccessivo. La solitudine, questa forse
in queste sere sarà il mio esercizio maggiore di libertà.
Possiamo rifiutarci di rispondere ai commissari, ai giudici, ai magistrati tutti? Siamo liberi, senza il
sostegno della mobilitazione generale, di astenerci da ogni attività, da ogni lavoro, o da qualsiasi
esercizio che legittimi un modus vivendi che noi non condividiamo? Siamo liberi di non pagare le
imposte o quelle tasse destinate al funzionamento di istituzioni o servizi dei quali non ne
riconosciamo il valore e tantomeno la necessità? E che accadrebbe se ci rifiutassimo
completamente, non a livello intellettuale ma reale, di abdicare ad ogni direttiva o regolamento
deciso dalla società, di rifiutarne i dogmi e i riti? Non diceva forse bene colui che scrisse l'unica
differenza fra democrazia e dittatura è che in democrazia prima vai a votare e poi ti danno gli
ordini, mentre nella seconda non devi neppure fare la fatica di plebiscitare!?
Insomma per esercitare anche una sola di queste libertà, si alzano barricate, si richiede la
partecipazione della gente e poi attraverso l'intellettualismo si sostiene la speranza di un
cambiamento imminente facendosi forza su coloro che sono morti per donarci questa libertà.
Ma libero non è forse colui che non sente alcun bisogno di regolamentazione o costrizione esteriore,
che possiede sufficiente potenza volitiva per determinare i propri percorsi personali, e per
conservare la propria potenza di resistenza individuale verso un mondo che non vuole più
comprendere, né approvare!?
La società vuole educarci, l'educatore discende verso il basso rivolgendosi a chi non sa e fa di sé un
ignorante per aprire l'intelligenza anche a chi è indifferente, l'allievo per acquisire nuove
conoscenze avrà bisogno sempre di tale insegnante. Incaricato di una missione dalla società fabbrica
il buon cittadino del domani.
Altra cosa l'iniziatore, egli chiama a sé, invita a salire verso di lui, per collocarli domani al suo
stesso livello, coloro ai quali interessano le sue cognizioni. Se l'educatore fa opera di
volgarizzazione, quest'ultimo invece seleziona. Egli crea, singolarizza dei liberi, capaci a fare a
meno di lui non appena possibile e allorché loro piaccia. Un tempo il guru insegnava ora è diventato
insegna stessa!
In questo attuale diseducato gli iniziatori sono stati messi fuorilegge dal tempo stesso, per esser
liberi bisogna, quindi, per prima cosa rinnegare questa libertà stessa, che ci viene offerta, per
avviarsi verso un processo di liberazione.
Ora una mente agitata cerca sempre una realtà promessa da altri, facendo scorpacciata di libri, nutre
l'anima con santi e filosofi, poeti e maestri. La mente trafelata inciampa velocemente nell'idea
necessaria di un cambiamento di comportamento e vedute, e nella sua incapacità di produrlo si
rivolge a qualcuno che gli mostri il modo per raggiungerlo, un metodo o un sistema che produca da
sé la trasformazione. Non essendo capaci di essere il veicolo, noi cerchiamo il veicolo! A riguardo il
circondario è enfio di rivendite che offrono vie e metodologie talvolta anche low cost, tuttavia più il
sacchetto della spesa accresce più il peso della confusione ci rende difficile proseguire il cammino.
Vi hanno mai insegnato che per intraprendere un lungo viaggio è opportuno viaggiare con bagagli
leggeri!?
Qualora le tecniche che ci vengono offerte non trovano corrispondenza in noi, si può sempre fuggire
nella copiazione o imitazione dell'esistenza altrui, finendo con il percorrere una strada a doppio
binario che porta la mente alla bipolarità.
La mente lucidata comprende la propria incapacità di liberarsi da ogni attaccamento ogni qualvolta
la dipendenza risorge in noi come un parassita che rinasce a cicli e che non siamo riusciti ad
estirpare.
Ora giunti alla consapevolezza del tutto, possiamo semplicemente dire che la realtà non può essere
diversa da come è e quindi abbandonarci alla finzione di essere solo ciò che ci fa più comodo
essere? Oppure abbiamo il coraggio d'intraprendere una guerra contro noi stessi, pronti a sostituire
la tirannide dei sensi con l'autorità del autocontrollo, negando alla mente il diritto di vagare nel
faccendario umano? O forse meglio non sarebbe dimenticare tutto quello che sappiamo di noi stessi,
per ricominciare senza sapere più nulla di noi? siamo capaci di lasciare alle spalle ogni legame con
ciò che eravamo e ieri era e comprenderci per la prima volta?
Chissà magari quando avremo domande tout court otterremo risposte più brevi e precise. Ma
chiunque scivolerà nella fatidica domanda "Quali fra tutti è il metodo che mi consigli? quale quello
che tu hai sperimentato?
La risposta è chiara "Se esiste un uomo talmente stupido da fornire un sistema è perché ve ne è uno
altrettanto stupido da seguirlo!"
Inoltre io sono un uomo disturbato e non voglio essere disturbato ulteriormente da chiunque mi
chieda una indicazione stradale. E' tempo che le persone si perdano nuovamente, che si soffermino
e prendano consapevolezza di dove sono per riformulare il tragitto.
Privati della guida possibile si cada nella disperazione invece di accogliere in sé la solitudine, come
un mondo che nel suo caos ha una sua ricchezza di voci che ci parlano, e che forse dovremmo
innanzitutto imparare ad ascoltare. Prendere consapevolezza di essere responsabili del nostro
mondo, ma soprattutto del nostro sentire ed agire, pronti a vivere senza più autocommiserazione
alcuna.
Non lanciare l'utensile sul muro quanto piuttosto contro la vetrina che espone filosofie
preconfezionate e di facile consumo. Meglio sarebbe volgere, forse, lo sguardo verso se stessi, e
formulare un nuovo divenire nell'interiore, poiché l'intelletto altro non è che un frammento
abilmente costruito da una mente distorta creata per cambiare il campo della reale esistenza.
Abbandona quel vecchio io per quel magnifico Sé che non diventa mai qualcuno!
Tutto ciò che pare difficile lo è sin a quando noi non impariamo a renderlo facile....Per ora la mia
più grande libertà è quella di pisciare nel lavandino della libertà che non conosco.
Di amore ed odio ti parlerò forse un altra volta ora non ne avevo voglia!
“Io cammino contromano, io piscio controvento”
Oggi sono arrivato in ritardo perché mi sono messo a guardare un film che mi ha consigliato un
amico. Si chiama “Big Fish”, di Tim Burton. Racconta del travagliato rapporto tra un padre anziano,
ma giovanile e venerato nel suo ambiente sociale e il suo figlio trentenne o, meglio, del tentativo
dei due di recuperare un rapporto quando il genitore è ormai prossimo alla morte. Tentativo
riuscito nel finale del film. Mi ha impressionato molto perché recuperare un rapporto con un
padre che se ne sta andando è, credo, il rimpianto più grande che io serbo nel cuore. Anche mio
padre se n’è andato, ormai qualche anno fa, senza che io riuscissi ad affrontare certi argomenti e a
chiarire alcune questioni per le quali abbiamo fatto la guerra per anni quando lui era in vita. Vorrei
poterlo fare ora, ma non c’è più tempo. Nel film il padre appare come una figura mitica,
inimitabile, considerata in maniera eccezionale da chiunque lo circondi, nonostante alcuni
scheletri che comunque tiene ben nascosti nell’armadio. Il confronto con lui diventa durante gli
anni insostenibile per il figlio che finisce per vedere nel padre una presenza oppressiva ed
umiliante. Il paragone di un figlio con un padre che, nel bene o nel male nella vita ce l’ha fatta, e
che sembra in qualche modo obbligarlo a vincere allo stesso modo la grande sfida della vita,
qualsiasi cosa ciò voglia dire. Un po’ come in quella storiella raccontata da Albanese dove il nonno
costruisce un capannone grande, il padre un capannone grandissimo e il figlio, incapace di andare
oltre, si droga. Un po’ come il figlio di Maldini, costretto implicitamente a diventare un campione
del calcio, essendo nipote e figlio di due grandissimi campioni. È la stessa soggezione che ho
spesso provato io di fronte a mio padre! Mi hai detto poco tempo fa che più che di libertà è meglio
parlare di liberazione. Bene, io credo che arrivi un certo punto in cui uno debba fare piazza pulita
di tutte le convinzioni e i dogmi che gli sono stati tramandati, anche dalla famiglia, di tutto quel
bagaglio di tradizioni e credi che possono finire soltanto per bloccare il suo cammino e renderlo
infelice. Arriva il punto in cui un uomo, per diventar veramente tale, deve uccidere il proprio
padre! Come nel romanzo di Turgenev, come ha fatto Platone con Parmenide.
Un altro tema importante di questo film è quello della morte. La morte per me che sono cresciuto
in un ambiente profondamente cattolico, è sempre stata vissuta come un tabù. La prima volta che
ne feci esperienza diretta fu quando mio padre, quand’ero ancora bambino, mi portò in ospedale
a portare l’ultimo saluto ad un mio vecchio vicino ormai in una fase d’agonia avanzata. Di quel
giorno ricordo soltanto che la mia stretta di mano e il mio saluto a quel vecchio furono fatti con
estrema naturalezza o, per lo meno, senza dar l’impressione, o meglio senza aver la
consapevolezza, che sarebbero stati gli ultimi. Poi ricordo di essere andato a bermi una cioccolata
con mio papà e di essere tornato a casa, con estrema tranquillità. Mi sono sempre stupito della
pateticità con cui tutti partecipano a un funerale. Quando mi è capitato per la prima volta, in
occasione della morte di mio padre, di partecipare al funerale di una persona a me davvero cara,
mi ha preso l’odio per questa cerimonia. L’ho giudicata un’inutile imposizione da parte della
società di render pubblico un dolore che dovrebbe e vorrebbe rimanere soltanto privato! Trovo
inoltre assurda l’ossessione che hanno i cristiani per la morte e il modo con cui l’affrontano. Se
davvero dopo la morte c’è la vita eterna, che è poi per loro stessa ammissione la vera vita, se
davvero con la morte si pone un limite alle sofferenze mondane, perché tutto questo dolore?
•
L’uomo, lo sanno bene i Greci, è mortale per definizione. Perché allora tutto questo piangere e
disperarsi nel momento stesso in cui un uomo completa la propria umanità, morendo appunto?
Sono cose folli ai miei occhi! In questo film i personaggi principali sono folli, pazzi del tutto
scollegati dalla realtà. Mi capita spesso di interrogarmi sull’ effettiva follia dei folli, o comunque di
quelli che così sono soliti essere definiti. A me sembra, e in questo film accade proprio questo, che
spesso le cose più sensate o addirittura le più grandi verità sono dette da folli! Ma cos’è in fondo la
follia? E che cos’è la normalità? Non mi sembrano domande banali, soprattutto se dette in un
mondo come il nostro che quotidianamente sfugge al senso, e non mi riferisco a quello comune, e
che obbedisce a logiche logicamente non logiche! Io trovo che la follia possa essere una via di fuga
dagli orrori di un mondo terribile. Quando la normalità appare spaventosa, allora la a-normalità
può dare sollievo. E perché, allora, è proprio la a-normalità che spaventa di più i più? Perché
dev’esser sempre oggetto di repulsione o di ludibrio pubblico? La follia, a mio parere, sbatte in
faccia la verità al mondo, ovvero che la verità del mondo non è altro che un’illusione.
Dove stanno i pazzi c’è scritto “Manicomio”. Ma a chi si riferisce davvero? A chi sta dentro o fuori
da quell’edificio?
La morte è soltanto un trasferimento di individualità, una trasmigrazione da un corpo all'altro?
Oppure dietro la morte si cela lo strappo dell'anima dal corpo lanciata in alto e buttata nel basso a
seconda delle azioni commesse? E se fossimo solo carne e morta la carne non ci fosse nulla
potremmo dire essendo carnivori che tutto ciò che mangiamo è privo di anima? E' più illusorio
credere che oltre la morte vi sia qualcosa oppure che la vita che stiamo vivendo sia la vera
esistenza? Per sopravvivere ad entrambe urge trovare punti fermi in cui credere per rendere più
sopportabile la realtà e la paura della morte.
La morte come sinonimo di fine è strettamente legata alla nostra vita, pensiamo cosa sarebbe vivere
senza qualcosa che finisce, sarebbe come avere nel frigorifero una mozzarella che non scade mai, e
sapere che non è importante consumarla quanto prima perché tanto essa non scadrà mai, eppure gli
esseri umani consumano se stessi giustificati dal fatto che la morte è imminente, quelli come me
invece muoiono semplicemente ogni giorno senza consumarsi. Se loro vivono per morire così come
la vita vuole, io cammino contromano, muoio ogni volta per rinascere sempre, davanti a me non ho
tempo per fare tutto, quanto piuttosto un tempo infinito per non fare nulla!
Un tempo quando l'umano non fingeva di essere buono la morte veniva espressa sulla pubblica
piazza, la condanna a morte rendeva la morte stessa come qualcosa di familiare e la differenza fra
un condannato e l'altro stava solo nella dignità con sui si presentava sul patibolo. Nelle epoche
misteriche il grande di spirito veniva coricato nel sarcofago dal quale sarebbe uscito con la spada in
mano, soltanto gli altri erano consegnati alla cenere, oggi invece il sottosuolo vive di morti, tutti
uguali, sopra i quali si edificano città. La visita alla tomba cela un culto continuo verso la materia,
facciamo visita ad un corpo inanimato al quale attribuiamo un valore di continuità mentre l'anima è
già trasmigrata in una nuova vita.
La morte è un tabù, quando essa sopraggiunge si nascondono gli aspiranti morti in reparti dove si
diventa un numero, invisibili alla società ma visibilissimi ai propri cari che vedono come se la
morte è uguale per tutti la vita di fatto non lo è.
Diceva quel greco che quando c'è la morte non ci siamo noi e quando ci siamo noi non c'è la morte,
come se la morte non fosse presente dentro di noi ogni giorno, come non la vivessimo ogni dì, la
sua era una paraculata attraverso cui anch'egli cercava un modo per rendere sopportabile la paura
della morte. La sorte peggiore non è per chi parte per un viaggio, a noi, sconosciuto, ma per chi
rimane qui, ci si logora con rimpianti e rimorsi, perché quando si pensa che morire è non sentire, si
tormenta il corpo per assicurarci di essere vivi, ragionava bene quel poeta portoghese che disse
invece vivere è non sentire!
Vivono freneticamente ogni giorno per paura di morire, io muoio serenamente ogni giorno per poter
rinascere ogni volta.
Per uccidere il proprio padre bisogna diventare noi stessi padri, ecco perché io non sarò mai orfano.
Innanzitutto perché sparo a salve e ciò è sufficiente per assicurarmi l'impossibilità di generare
primo, secondi, ultimi geniti e perfino antipasti.
La coabitazione è una conseguenza dell'aspetto della famiglia, essa è una esperienza alla quale non
saprebbero sottrarsi coloro che non possono sopportare una vita solitaria.
Nell'accoppiata svincente fabbricano i nuovi mostri, bambini rumorosi, molesti alcuni dei quali
decisamente in sovrappeso.
Il matrimonio? Perché ci sia davvero unione bisogna che l'uomo e la donna si adorino in tutti i sette
grandi piani cosmici, deve esistere una vera comunione d'anime nelle tre sfere del pensiero, del
sentimento, e della volontà. Io attendo la mia sposa astrale, che gli altri si accontentino degli scarti
umani.
Folle? Certo che sono folle, in me vivono molteplici personalità che fingono di aver firmato un
armistizio e che si danno guerra ogni volta diventando pericolose per il sottoscritto ma non per gli
altri, ma questa mia pazzia può permettersi di vivere senza manicomiare. Pazzia e genialità?
Genialità e dolore? Il genio è dolore? Non soffro! La pazzia è genialità solo quando la normalità
produce la pazzia della normalità stessa.
Il delirio è l'urlo dell'umano mondano, se io sono anormale per loro, loro lo sono per me, entrambi
siamo pazzi indi simili, ecco perché ogni pazzia vale così poco. Loro vivono su macerie, io incendio
i loro paesaggi!
Dimenticavo, l'altra sera ho provato a suicidarmi impiccandomi ma non ce l'ho fatta perché mi
sentivo come strozzare...quanto al dialogo con tuo padre avrai modo di riprenderlo dove l'avete
lasciato!
“Odio et amo”
Mi sono innamorato di una donna ormai quasi 10 anni fa. Anche lei dopo un po’ si è innamorata di
me. Formalmente, pubblicamente insomma, siamo stati insieme per poco più di due anni, poi lei
mi ha lasciato. Non poteva fare altrimenti, ero diventato pazzo, volevo fare anche altro, avevo
anche altro da fare, oltre a lei. La storia tra di noi dura ancora perché io la amo ancora. C’è un filo
invisibile e indissolubile che continua a tenerci uniti. Io non ho mai smesso di amarla. Ciò non ha
impedito che io mi facessi altre storie, stessi con altre, amassi altre donne.
Da quando mi ha lasciato più o meno tutti i giorni le scrivo una lettera anche se non ci vediamo da
anni. Le dico che l’amo e che farei di tutto per poter tornare con lei, che vorrei stare con lei per
sempre. Lei crede che io sia pazzo e che abbia bisogno di aiuto, per questo, dice, cerca di starmi
alla larga. Chissà poi perché. A me non interessa ciò che pensa né quello che possono pensare
quelli a cui lei racconta di me.
•
Alice guarda i gatti e i gatti muoiono nel sole.
Ho viaggiato in lungo e in largo, per il mondo, nella speranza vana di dimenticare lei e ritrovare me
stesso. Sono stato in Tunisia, in Brasile, in Val d’Aosta. Al mio ritorno, però, ritrovavo sempre lei e
mi accorgevo di essermi perso da qualche parte e allora mi toccava ripartire. Ho scritto un sacco di
canzoni in questi anni parlando di strada, di politica e di mille altre sciocchezze. Ma ogni rima che
chiudevo era in qualche modo indirizzata a lei, un tentativo di colpirla o di alimentare una
competizione perenne, di fatto presente soltanto nella mia mente. Dici bene quando affermi che
odio e amore si corrispondono e che il vero corrispettivo di Amore è l’indifferenza. Smetti d’amare
quando ti disinteressi completamente delle sorti dell’altra. Finché la odi continui ad amarla. E io,
infatti, di tutte le altre donne che ho avuto me ne fotto qualsiasi cosa facciano. Lei, invece, la odio
profondamente. E quindi l’amo.
Devo dire che, comunque, la sua mancanza non mi turba più di tanto. Lei è perché io sono stato.
Se io non fossi stato lei non sarebbe stata e nemmeno sarebbe ora, semmai è tuttora. Tutto ciò
che di bello ed unico lei ha, e che lei stessa ammira di sé, lo deve all’esser stata, per quel tempo,
con me. Per questo, tutto sommato, la sento ancora mia.
Vederti un istante sopra un treno, partir su un altro e andar lontano.
Dopo di lei ho fatto mille esperienze, sia d’amore che di vita. Con lei non le avrei mai potute fare. È
stato un bene che ci siamo lasciati da questo punto di vista. Ho fatto risse, mi son ubriacato e
drogato, son stato a letto con più d’una donna contemporaneamente, mi sono esibito di fronte a
centinaia di persone, ho conosciuto poeti, vagabondi ed avvocati, sono stato un militante politico,
ho lavorato, ho fatto sport, sono uscito di strada con la macchina. Non so o preferisco non sapere
cosa faceva lei mentre io facevo queste cose, ma so solo che mentre le facevo lei non c’era, ma la
pensavo. Fatto sta che una come lei ancora non l’ho trovata.
Il mondo intero è per me una terribile collezione di cimeli che mi ricordano che lei è esistita e che io
l’ho persa!
È stata la mia prima donna, m’ha preso ancora vergine. Avrebbe dovuto essere stata l’ultima, non
la prima, maledizione! Avevo da fare ancora un sacco di cose! Lei doveva essere la fine del
percorso, non l’inizio. L’inizio del viaggio, non la fine. Con lei il cerchio doveva chiudersi, non
aprirsi, maledizione! La vita è tutto un incontrare e lasciare persone e cose, ma perché queste
conoscenze e questi abbandoni non avvengono mai, dico mai, nel momento giusto? Quel che di
giusto dovevo fare l’ho fatto, quel che di sbagliato dovevo fare l’ho fatto. Ora non ho nient’altro da
fare, e poi c’è la crisi, vorrei soltanto che lei ritornasse!
Sono convinto che rispetto ad un tempo potrei pure piacerle. Sono cambiato d’altronde.
Maturato, forse, è la parola giusta. Anzi, probabilmente oggi come oggi sarei la persona ideale per
lei, quella che ha sempre cercato. Peccato che a me non va stretto soltanto il mondo, ma pure il
tempo. Cosa non darei per portare indietro i calendari e tornare a quegli anni. Rifare tutto da
capo. Agire conoscendo già le conseguenze delle mie azioni perché le ho fatte in un futuro che per
me sarebbe passato. Già, ma purtroppo tutto questo è impossibile. Questa è una delle tante
stronzate della vita. Chissà perché Dio che è così tanto buono non ci ha permesso di muoverci a
cazzo nel tempo, di tornare indietro per lo meno e metter riparo ai danni fatti. Tornare. Io voglio
solo ritornare! Dire quello che non ho detto, fare quello che non ho fatto e ripartire da capo, in
modo che sia tutto perfetto, stavolta.
L’unico motivo per cui resto ancora qui è sapere che un giorno lei potrà rientrare nella mia vita,
altrimenti me ne andrei, altrimenti me ne sarei già andato da un pezzo. Spesso penso che forse la
amo soltanto perché lei non ama me. Se lei mi corrispondesse, probabilmente, come mi capita
sempre, smetterei d’amarla. Ma forse anche no.
Chissà se mi guarderà mentre sprofondo o se la guarderò ridere a fianco di qualcun altro!
Un uomo regalò una bicicletta ad una donna, ella un giorno si accorse che la gomma della bici era
sgonfia, chiese aiuto ad uno sconosciuto, egli le gonfiò la gomma e la pancia, così nacque uno dei
tanti figli che quella donna ebbe con altri che non erano quell'uomo.
Un tempo avevo un bel sogno, lo persi ed ora sono stanco di essere felice!
I cantori cospargendosi di un pianto melodico recitano l'amore perduto invece di felicitarsene. E' più
distratto colui che perde l'amore o l'amore che si perde?
Quando cerchi l'amore non lo trovi, quando smetti di cercarlo esso non ti riconosce. Nell'amore non
vince chi fugge, ma desta attrazione chi sfugge.
Ora se penso all'amore mi auguro giunga tardivo domai oppure dopo-domai. Parlando d'amore
l'umore si fa incerto, forse domani sarà neutro, da piccolo giocai a nascondino con me stesso e mi
ritrovai solo quando era troppo tardi per riconoscermi, da allora non gioco più. Vi fu poi un tempo
in cui facevo l'amore con me stesso vestito da donna poi mi stufai di fare l'amore con un uomo e
attesi un corpo donnato che non si vestisse da uomo e incontrai l'amore.
L'amore quando è vissuto uccide se stesso, vissuto nei modi in cui l'umano lo vive esso diviene
patologia, una malattia, possiamo curare il male dell'amore ma non guarire dall'amore. Adesso amo
me stesso, se non mi amassi o fingessi di amarmi convivermi mi sarebbe impossibile. Un tempo
però mi innamorai nell'insopportabilità che lei fosse stata, prima di incontrarmi, di altri, uccisi
lentamente il sentimento amoroso nell'ossessione del passato, la gelosia retroattiva fu la mia spada
di Damocle, se prima evitavo le donne che avevano un passato, ora mi tengo lontano da quelle che
vogliono avere un futuro.
Per ogni soggetto amato sono stato l'intermezzo, quell'uomo che veniva dopo il primo e prima
dell'ultimo amore, ma per me cosa sono state ora non lo so più, rimangono di tutte solo ricordi
sbiaditi, foto mangiucchiate dal tempo, voci logorate dal vento che da anni mi accompagna, il
ricordo di un gesto erotico ed hardito che mi appare nella mia incredulità di tanto in tanto.
Biografarmi nell'amore mi imbarazza, mi obbligherebbe a rimuovere i morti dalle loro tombe,
prendi ogni cimelio, ogni ricordo, brucialo e seppellisci il tutto in un luogo ove un cane possa
passare e pisciarci sopra. Sconsacra l'amore, prosegui oltre il miraggio, smitizza la donna bramata,
rendila umana prima fuori di te e poi nel tuo cuore, trasforma quella donna in una tonna e buttala in
mare, e poi fermati a meditare chiedendoti come mai l'uomo odia tanto se stesso da provare amore
per una donna? Ah, dimenticavo… Una donna ride sempre al fianco di qualcun altro quando
sprofondi!
•
“Non pretendere che il tuo vicino tenga la porta aperta se la tua è blindata!”
Per varie mie vicende personali, che non dipendono soltanto dagli studi fatti in passato al liceo e
all’università, ho avuto modo di interessarmi e approfondire dei temi che, a giudicare dai testi
presenti nella tua libreria, stanno a cuore anche a te.
In passato ho avuto a che fare per qualche mese con una ragazza sarda che militava in un
movimento indipendentistico della sua regione. Mi tirava storie assurde sulla presunta non
italianità della Sardegna e sulla sostanziale autonomia della sua regione dal resto della Penisola.
Lei era convintissima. Io mi limitavo a reagire senza scendere nello specifico delle sue
argomentazioni, un po’ perché sono polemico per natura, un po’ perché quelli troppo fissati non
mi sono mai piaciuti. Mi sembravano discorsi un po’ fuori dal tempo ed intrisi di ideologia. Voglio
dire, la Sardegna ormai è italiana… Fattene una ragione o combatti seriamente, anche con le armi,
perché torni divisa dall’Italia, che diamine! Ho sempre ragionato molto sui principi. Il principio che
muoveva la sua lotta era quello sacrosanto all’autodeterminazione dei popoli. Bene, e allora
perché era solidale, ad esempio, con la causa palestinese e basca e non con quella bretone, ad
esempio? La risposta che mi davo è che la sua era la solita posa ideologica.
Quando ancora c’era mio padre ho per molti anni fatto le ferie in Veneto, molto vicino al confine
sloveno e spesso abbiamo colto l’occasione per delle gite a Trieste o, addirittura, in città come
Lubiana o Zagabria. Io sono stato a Zagabria nel ’98! La città di Trieste ha sempre avuto uno strano
fascino su di me. Il fascino di una città malinconica e quasi dimenticata, più mitteleuropea che
italiana, ma che nonostante ciò è una delle poche città che ha realmente combattuto per fare
parte di questo indegno Paese. Oltre l’Isonzo, nella Venezia Giulia, in Dalmazia, c’è chi si sente
italiano pur essendo sottoposto ormai da decenni alla legislatura slava. Un po’ come quella mia
amica sarda che però non si sente italiana…
È la stessa cosa che accadeva quando andavo a fare le mie scarpinate montane sulle Dolomiti. Lì
c’è chi si chiama altoatesino e chi sudtirolese. Due punti di vista, due prospettive che cambiano
totalmente il modo di vedere le cose! Mi hanno raccontato la storia di Cesare Battisti, eroe italiano
per alcuni, traditore austriaco per altri tra cui il suo stesso padre!
Alla base di tutto c’è quel noto principio a cui ho avuto già modo d’accennare, il principio di
autodeterminazione in base al quale ogni popolo ha il diritto di ottenere l’indipendenza da un altro
popolo e di scegliere autonomamente il proprio regime politico. Questo è il principio sul quale si
sono definiti i confini tra gli Stati e su cui di fatto è stato costruito il mondo moderno.
Che hai da dire, tu, a proposito di questo principio?
Il tuo vicino di casa ha chiuso a chiave la porta!? Egli ha tracciato un confine fra lui e te!
L'uomo esige e crea confini talvolta simbolici finalizzati a tracciare una linea di demarcazione fra sé
e l'altro, e lo fa in ogni modo possibile, teoricamente, in maniera astratta o fantasiosa, e
concretamente. Fra due osteggianti ove l'autoesclusione non vi è, il tracciato serve per separare
l'ostilità dall'ostilità. La realtà non può mai essere diversa da come è!
Ogni popolo ha diritto all'autodeterminazione a patto che egli abbia una reale esistenza confermata
all'unanimità o quasi del popolo stesso.
Le forme di governo sono il cappotto indossato dai popoli, essi hanno il diritto di vestirsi come pare
loro e di decidere il modo di autogovernarsi secondo la propria storia, usanze e finalità.
Per raggiungere l'autodeterminazione si stringono alleanze con chiunque permetta il
raggiungimento di tale obiettivo. La realtà non può essere diversa da come è!
I popoli, a parte il nostro, sono solitamente orgogliosi del proprio nome, della loro tradizione e
lingua, ma la storia dimostra che ben pochi di questi son riusciti a fondare la loro comunità senza la
forza. Se la penna ne ha definito i percorsi la spada ha portato a termine il compito.
La terra è di chi se la prende!? Bene, che gli altri lottino per riprendersela.
I popoli in lotta se ne fregano dei militanti da comodino, gentaccia con indosso i pigiami con i
colori delle tribù, che si esaltano dietro gesta e battaglie altrui e che essi non sono in grado di
combattere, chiedono di non fare entrare il nuovo alleato quando essi non sono capaci di espellere
l'usurpante da casa loro, e nel frattempo la nostra terra si abita di cowboy che aprono fast food o di
GialloRussi che sbandierano banconote pronte da offrire al peggior referente. La realtà non può
essere diversa da come è!
Io non decido quale popolo sia nel giusto e quale no fondando il giudizio su ciò che è giusto per me,
prendo atto della realtà indipendentemente dalle mie simpatie o antipatie politiche, per questo
spesso divengo spoliticamente corretto.
Un uomo e una donna sposati da anni, provenienti da due mondi diversi e con abitudini diverse,
d'un tratto capiscono di non amarsi più e decidono di separarsi, uno dei due impedisce all'altro di
andarsene, l'altro non ottiene il consenso dalla gente intorno perché intende cambiare vita facendo
scelte non condivise, entrambi si scelgono gli avvocati migliori, disinteressandosi della reali finalità
degli avvocati stessi....questa è la realtà!
Ora non pretendere che il tuo vicino di casa lasci aperta la porta di casa quando tu ti proteggi con
una porta blindata.
SECONDA SETTIMANA
“Eravamo vagabondi con fissa dimora nel cuore…”
Abbiamo una storia e delle esperienze che, nonostante la differenza d’età ci separi di una
generazione, ci rendono simili. Una di queste è l’essere stati, entrambi, più o meno
convintamente, in epoche differenti, parte del movimento ultrà. Per quanto mi riguarda sono
stato non soltanto una delle tante voci che compongono il coro maestoso ed informe di una curva,
ma volente o nolente, il portavoce di un gruppo che costruisce un’identità e un senso
d’appartenenza attorno a simboli e pratiche ben definite. Ciò è accaduto perché in un’età della
vita in cui ero mosso più dalla passione che dalla ragione ho scritto canzoni, che sono croce e
delizia della mia produzione musicale, in cui mi sono esplicitamente riconosciuto nel movimento
ultrà. Non rinnego nulla di quello che ho scritto e detto, in quanto rappresenta comunque un
ricordo di ciò che sono stato, ma credo che molte cose vadano contestualizzate ed altre rivedute
con il senno del poi. Sono diverse le cose per le quali mi risulta ormai impossibile riconoscermi nel
mondo ultrà. Chi aderisce a questa categoria, innanzitutto, parla della propria passione come una
sorta d’attività clandestina, quando ormai tutti i loro codici, motti, numeri sono di dominio
pubblico e spopolano nei social. Non riesco più nemmeno a concepire la logica dello scontro che
avrei un tempo compreso come propaggine di un regolamento della strada che viene in ogni
istante trasgredito dagli stessi che lo innalzano a Vangelo! Gli ultras di oggi sono un pozzo di
contraddizioni, di luoghi comuni. Stare a contatto con loro mi dà un senso di triste anacronismo
nel vederli nel vano tentativo di tenere in vita un mondo che è ormai esistente e duraturo soltanto
nel ricordo. Ciò che vedo io è il tentativo di accaparrarsi i pochi quattrini rimasti, di farsi la guerra
•
attraverso ideologie politiche morte anch’esse e quasi sempre mal comprese. La stessa crociata
ultrà contro la repressione poliziesca assume sembianze grottesche oltre che contraddittorie.
Facendo parte di un movimento che ambisce ad essere clandestino e quindi estraneo alla legalità,
mi sentirei a disagio laddove la Legge non cercasse di reprimermi. Eppure qui sembra che si
pretenda che la Legge tuteli ciò che gli si oppone. È totalmente assurdo! Senza parlare che ormai
non credo più nemmeno che gli sbirri prendano a manganellate comunisti, ultrà o manifestanti in
genere per partito preso. Credo che gli sbirri non siano altro che burattini incaricati di picchiare
chiunque oltraggi lo Stato o loro stessi, nella loro mediocrità ed ignoranza.
Sarà che l’età in cui bisogna per forza sentirsi parte di qualcosa l’ho ormai sorpassata o sono
entrato in quella in cui bisogna sentirsi soli a tutti i costi, ma certe cose non riesco più a capirle.
Aiutami tu a fare chiarezza!
Bianco ovunque, neve perennemente immacolata sulle distese scintillanti, azzurro il cielo
vertiginosamente alto, il colore dell'eternità che impedisce che la notte sia interminabile, i nostri
canti glorificare questi colori, ditemi chi non ha mai tirato un sasso nello stagno?
Una notte mi apparve in sogno una gloria antica avvolta dai medesimi colori, mi disse sussurrando
"Incamminati per le città e lascia che il vento muova le nostre bandiere!"... Io allora mi incamminai,
facile al tempo adolescente scambiare visioni per profezie, ed io lo feci!
Da allora per diverso tempo viaggiai, salendo e scendendo da treni in corsa ma anche da quelli
fermi, stretto, talvolta, nel freddo gelido o arso dal raggio cuocente che colpisce la testa.
Diventai seguace di una squadra estranea alla mia città madre, nulla poteva legarmi ad essa e questo
rendeva la predizione ancora più libera ed ultrà-terrena. Quella "compagnia del calcione" da me
adorata si esonerava dalla vittoria, l'assenza quindi di festeggiamento alcuno mi rincuorava poiché
più d'ogni cosa io detestavo e detesto i festeggiamenti.
Negli anfiteatri dove l'agonismo veniva messo in scena, io facevo parte di quella tribù che creava
parte dello scenario, vivendo la partecipazione al suo massimo grado, eravamo vagabondi con fissa
dimora nel cuore che abitavano con grida e canti arene altrimenti spente.
Si viaggiava scomodamente, si saltavano barricate lungo il tragitto, si schivavano meteore lanciate
da falsi dei, l’urtare l’altro pareva quasi un gesto futurista, la vita era vissuta più casual-mente. Poi
d'un tratto la bellezza del cammino tortuoso divenne percorso tracciato dal vertice istituzio-anale.
Transitati prima dentro aree di servizio costruite per umani, classificati dietro un codice a barra,
stretti nella morsa cellerina, chiusi in recinti stadiali, silenziati dal rumore degli autoparlanti, per
non parlare delle peripezie burocratiche per entrare in possesso del ticket , dei costi legati allo
spostamento, e di quant'altro, e tutto questo, alla fine, per vedere un agonismo sempre più falsato e
simulato da professionisti del contratto più che del contatto.
Nuove o vecchie ideologie alcune delle quali alla moda altre fuorimoda creano l'identità di tanti
infedeli alla ideologie stesse che fuori dallo spalto forse non saprebbero rappresentare
coerentemente.
Ma non sono divenuto come quei cattolici che rimangono cristiani per fede ma che vanno a messa
solo una volta l'anno o nei momenti cruciali delle festività religiose!? La mia misantropia, fatto
ormai appurato dalla scienza medica, mi impedisce di stringermi nella folla, tuttavia mi annoia la
mediazione schermatica che farebbe, per altro, di me ciò che non posso essere, un tifoso da
comodino.
Rispondendoti guardo poeticamente un mondo che non mi appartiene più e che diviene poetico solo
perché già vissuto ed esiliato nel mio passato.
Tuttavia devo ammettere che mi riesce difficile oggi con Paparelli e con Gabbo nel cuore avere
visioni più critiche di quelle che non ho e non riuscirei ad avere.... E soprattutto Onore alla Tigre
Balkan!
“La Sacra Famiglia”
Ho sempre ritenuto, un po’ per delle teorie di una psicologia che ho studiato con disinteresse e
diffidenza, che quest’opinione derivi anche dal fatto che ho avuto una donna psicologa di cui serbo
un pessimo ricordo non ha molta importanza, un po’ per il naturale condizionamento culturale
dovuto dall’essere stato allevato in un ambiente profondamente cattolico, che la forma più
corretta di famiglia fosse quella allestita una volta l’anno a Natale al centro del Presepe. Una
mamma, un papà, un bambino, bue e asinello annessi, sostituiti forse nella modernità dal cane e
dal gatto. Col tempo m’accorsi che in realtà in quella famiglia il padre era stato un uomo presto
dimenticato, misericordioso al punto da accettare il tradimento di una donna che credeva illibata,
ingravidata da un fantomatico Spirito Santo che se la dette a gambe poco dopo il concepimento.
Addirittura Hegel contribuì a rafforzare in me questa convinzione con quella sua visione triadica di
pressoché tutto e con quell’idea per cui la cellula fondante uno Stato ordinato è proprio la
famiglia, intesa nella maniera appena descritta.
Da qualche tempo mi sono reso conto invece che quell’idea per cui “un bambino ha bisogno di un
padre e di una madre”, espressione che viene spesso ribadita nei talk show per le casalinghe, è
nient’altro che un luogo comune privo di argomentazioni valide a sostegno della tesi.
Mi sono convinto di questo non certo leggendo il libro di qualche sociologo idealista, quando
guardando in piena notte un programma cazzuto su MTV in cui veniva raccontata la quotidianità di
una coppia omosessuale e del loro figlio adottivo. Alla prima puntata la cosa mi fece un effetto di
profondo distacco, quasi di disgusto, ma con l’andar delle puntate iniziai ad abituarmi al fatto che
quella non era una famiglia “normale”, una coppia standard, ma era appunto formata da due
uomini ed un bambino. Ho pensato subito a quanto forte possa essere il condizionamento
culturale o l’opinione della maggioranza sul giudizio che un singolo può dare rispetto ad una scelta
di vita. Il fatto che io, abituato col tempo a convivere di fatto con la visione di una famiglia
composta da due uomini e il loro figlio, ho stravolto completamente un’idea che in me era così
radicata, mi ha portato a convincermi che il problema è unicamente della mia generazione. Ci
scandalizza che due gay possano dar vita a una famiglia semplicemente perché siamo stati indotti
a pensarla così!
Se chi nasce oggi fosse abituato a convivere con coppie gay e con famiglie che non sono quelle con
cui io ho avuto a che fare da piccolino, problemi come “E’ giusto che una coppia gay si sposi?”, “E’
giusto che due omosessuali o due lesbiche adottino un bambino?” non se li porrebbero nemmeno.
Ma tu fai parte di una generazione addirittura più vecchia della mia e chissà come la puoi pensare
a proposito!
•
Due elefanti, uno maschio e l'altro femmina si innamorarono, poco dopo scoprirono entrambi di
avere una proboscide ma questo non impedì loro di amarsi.
La persona che amo di più sono io, io sono maschio, quindi amando me stesso devo dedurre d'esser
gay!?
E quando, in un tempo acerbo, toccavo me stesso nell'intimità non raggiungevo forse, attraverso il
gesto onanistico, il godimento grazie a quell'organo maschile rendendomi io stesso omosessuale!?
E che dire di Narciso che a seguito di una punizione divina si innamorò della sua stessa immagine
riflessa in uno specchio d'acqua, lasciandosi infine morire perché resosi conto dell'impossibilità del
suo amore!?
Poco mi importa che l'omosessualità sia una tara genetica o qualcosa di innato nell'essere umano,
l'uomo in quanto animale sociale è costituito da un complesso di esigenze di carattere sessuale,
affettiva e cerebrale che trovano libera espressione e vita in ogni direzione.
La sessualità non dovrebbe avere solo un valore ludico ma anche liberatorio, spogliandosi del
pubblico consueto essa può trovare sfogo con individui del proprio sesso, di quell'opposto, con
componenti animali a patto che questi ultimi ne diano palese consenso, ma anche con bambole
gonfiate o sgonfiate a cazzotti, vegetali, oggetti inanimati, o quant'altro la creatività esprime o
semplicemente perdendosi nelle fantasie.
Nello stato attuale la figura più omofoba é quella del papa dimesso sempre vestito da donna che ha
ancora come perpetuo la bella copia di padre Ralph di "Uccelli di rovo".
Ma la sessualità nella sua teatralità dovrebbe essere vissuta come una faccenda privata e non
provata dal sistema.
Se è evidente che non è la diversità sessuale che disapprovo, tuttavia ne detesto l'ostentazione
attraverso il gesto smisurato, l'accentuazione di un dettaglio che diviene inopportuno, la
volgarizzazione della propria diversità che si autocelebra nel fenomeno da baraccone.
Mi avversa quando la semplice differenza sessuale che non dovrebbe essere caratteristica
fondamentale nella consapevolezza dell'individuo, sfocia nel movimentismo, celando sotto un
astuto vittimismo la stessa ostilità contestata.
Critico le nuove verità che pensano che il gusto o il genere sessuale formino identità a se stanti,
costruendo nuove lobby o caste, mi imbarazza che si scomodi il mondo antico, come se gli antichi
non avessero errato mai oppure confondendo il vero significato di alcune forme di cameratismo o
dell'aparghè.
Se un tempo avevamo un poeta, un filosofo, il guerriero, oggi abbiamo lo scrittore gay, il filosofo
gay o il macellaio pederasta!?
Per scoprire in cosa consiste l'essere umano dobbiamo cercare la risposta nella parola diversità, e se
la differenza è un arricchimento come taluni sostengono, perché mai vi è questa rincorsa di un
genere sessuale di divenire altro da sé, di uniformarsi ai modelli ed agli schemi della categoria
opposta?
Matrimonionismo, adozionismo!? Penso che un bambino debba crescere relazionandosi con due
visioni opposte del mondo non una attiva, passiva o versatile, quanto piuttosto maschile e
femminile per comprenderne velocemente i reali danni che la famiglia e gli esseri umani
comportano, orsù quindi almeno loro si astengano dal partecipare a nuovi processi distruttivi.
L'aumento della omosessualità è tuttavia la risposta "inconscia" e naturale della razza umana di
conservare la specie rispetto ad un mondo che si sta sempre più sovrappopolando,e che si avvia
verso una lenta e graduale estinzione ecologica del pianeta, essa per certi versi altro non è che la
rivolta della natura sono contro se stessa.
Quanto al matrimonio, invece, mi incuriosisce come esso sia divenuto più esigenza all'interno del
gay world che in quello etero, questo considero veramente patologico!
L'orgoglio omosessuale o gay pride!? Se domani essi si unissero tutti, pronti a cancellare ogni
differenza razziale, etnica, sociale, di ceto, politica e religiosa, sorreggendosi solo sull'omofilia
nascerebbe forse un mondialismo gay!? Insomma volete essere ano-ressiche, ano-maniacali siatelo,
ma vi prego evitate di essere ano-lessici e parlare col culo invece che con la testa!
“Mai Stati Uniti!”
Stamattina mi sono svegliato storto, come oramai mi capita molto spesso. Il perché sfugge anche a
me. Forse è la percezione che le giornate buttate, passate a far nulla, concluse senza che niente si
sia portato a termine, sono diventate troppe. La gente mi chiama, mi chiede di fare e disfare,
d’uscire e svagarmi. Io sento soltanto il bisogno di isolarmi e stare da solo, avrei bisogno di
impegnarmi per poi svagarmi. Penso che il viaggio che a breve farò per il Venezuela possa essermi
d’aiuto, per lo meno per rigenerarmi e per fare chiarezza su quello che voglio e che mi aspetto.
Anche qui, in molti me lo sconsigliano. Il Venezuela è un Paese politicamente instabile, mi dicono,
in Venezuela spariscono gli aerei, soprattutto quelli con gli italiani a bordo, e tutte queste storielle.
Io credo che se mai mi capitasse qualcosa è un segno del destino, mi deve capitare e mi deve
capitare lì. Un po’ come la canzone “Samarcanda” dove un soldato per paura della morte scappa
lontanissimo, proprio dove la morte lo aspetta. Il destino.
Fra poco mi vedrò per un caffè con una mia amica che è appena rientrata dal Perù, la sua terra
natia. Già mi viene l’ansia… Per l’amor di Dio, è una ragazza carinissima e simpaticissima, ma non
la sopporto proprio quando parla del suo Perù. Il Paese più bello al mondo, la cucina più buona al
mondo, la gente più solare al mondo. La domanda mi sorge spontanea. Ma se hai avuto la fortuna
di nascere nel Paese migliore al mondo cosa cazzo ci fai qua in Italia? Sia chiaro, io non ho niente
contro nessuno. Sono cresciuto a contatto col multiculturalismo e con le differenze etniche e ne
sono sempre stato attratto per l’arricchimento che dal processo di incontro tra le diversità può
avvenire. Sono stato pure per diversi mesi fidanzato con una marocchina, ma credo che ci voglia
un po’ di rispetto per quella gente e per quella terra che ti ha dato le opportunità che il tuo Paese
non è stato in grado di offrirti. È normale che certi posti anche all’interno dell’Italia stessa, siano
migliori di questo… Se tutti vengono qui a lavorare lasciando incontaminate le altre zone che
frequentano soltanto per fare vacanza!
È politicamente scorrettissimo farlo, ma spesso comprendo anche le lamentele di chi dice che gli
stranieri “vengono qui a rubare lavoro agli italiani”. È un giudizio totalmente stupido espresso in
questa forma, ma certo è che la presenza massiccia di immigrati, con il loro scarso senso del
gruppo e della solidarietà tra i lavoratori, ha contribuito a perdere molti diritti acquisiti dalla
battaglie operaie negli scorsi decenni. Se è vero che all’Ortomercato alla mattina c’è uno
sfruttamento della manodopera che rasenta lo schiavismo, è vero anche che dall’altra parte c’è chi
lo permette, disposto a lavorare al ribasso a cifre inumane, certo per sopravvivere, ma pure
entrando in una competizione tra pezzenti con chi come lui ha bisogno di lavorare.
Ho capito e non capito quali sono le tue origini. Mi hai raccontato che il tuo cognome è stato
italianizzato, ma in origine suonava come slavo, che tuo padre pur essendo di Zara si definisce
italiano. Spiegamela bene questa cosa!
•
Una nave vagava in mezzo all'oceano, molti gli uomini ad abitarla, l'imbarcazione non resse
affondando se stessa e i suoi abitanti, una sola scialuppa può salvare solo pochi uomini.
La penisola è circondata dall'acqua, dai mari qualunque barca ormeggia, parte del territorio non è
abitabile, il flusso umano si sposta sulle grandi metropoli, più un villaggio è piccolo più il disagio
appare gigante, più una città è grande più la gente sta stretta.
Una stanza non può contenere un numero più elevato di quello che la metratura permette, se lo
facesse il locale diverrebbe una scatoletta affollata.
La quantità non produce più qualità, la qualità non è più generata dalla quantità. Chi viene per
arricchirsi finisce con l'impoverire se stesso e gli altri.
Il proselitismo religioso, lo sfruttamento capitalistico e le strumentalizzazioni politiche sono facce
diverse della stessa medaglia, essi vogliono un mondo sovraffollato.
Un tempo l'arrivo di un forestiero era talmente avvenimento eccezionale da ritenersi addirittura
magico, il suo giungere sottolineava la sorte felice dell'ospitante, egli portava con sé ogni bene per
il suolo in cui era approdato. Lo straniero non giungeva mai in gruppo ma individualmente, tuttavia
tanti individui giunti a rate fanno pur sempre un gruppo più esteso. Anche Ulisse quando giunse
naufrago e nudo a Nausicaa e le sue compagne fu circondato da affettuosa curiosità e condotto
dinnanzi al Re nella convinzione che le sue virtù sarebbero state di utilità per il governo del regno,
tuttavia Ulisse auspicava il ritorno nella patria casa.
Il migrante porta, quindi, con se usi, abitudini e costumi, ma anche speranze e sogni. Nonostante il
gruppo, ognuno rappresenta solo se stesso, nessuno di noi può rappresentare univocamente la
cultura dei tutti coloro che la compongono. Qundi meglio sarebbe parlare di società multiindividuale.
La pluriculturalità interna non riconosce se stessa, disinteresse e il disprezzo verso il punto di vista
opposto ha prodotto solo pluri-colturalità, invece di fingere di produrre cultura meglio sarebbe
coltivare l'orto. La globalizzazione ha tante sembianze ma un solo fine distruggere le differenze per
finalità omologanti, i popoli ormai globalizzati non producono cultura personale ma partecipano
solo al grande mercato mondialista assumendone i format ed usando, tutti, un solo linguaggio se pur
con lingue diverse.
Potremo avere certo, una società multietnica ma non multiculturale perchè la cultura è morta!
Le pari opportunità, l'equità dinnanzi alla legge son sensate se nessun partecipante, prima della gara,
godesse di un vantaggio. Pensare che ogni uomo sia uguale sarebbe spingerlo a rinnegare se stesso.
Le generalizzazioni son erranti quanto le equivalenze. Assimilare significa privare l'altro della sua
natura, per integrare urge programmare e procedere consapevoli dei reali mezzi a disposizione, non
vivere alla giornata. Nessuno rispetta più le file, le file sono state sempre slineate. Siamo troppi,
quantità in esubero ed assenza di qualità appesantiscono la mia anima-lità. Incivili per insegnare,
chi impara da noi rimane incivile come se stesso! Riconoscere i diritti altrui e punire secondo i
criteri dei doveri di appartenenza, ognuno rimanga se stesso, la legge riconosca la legge di
relatività!? Il forestiero non conosce la lingua d’altri, il nativo ha dimenticato la propria.
Si dice che gli italiani non sono mai Stati Uniti!? Mentono..mai fummo più Stati Uniti come ora!
Penso, se la nazionale di calcio diventasse internazionale chi non è interista la tiferebbe? Se la
mucca fosse per tutti sacra il costo del latte aumenterebbe? Se così fosse le donne berrebbero latte
di toro? Se il maiale fosse vietato come si comporterebbe un uomo a letto? E dopo che accadrebbe?
Il povero Little Tony avrebbe mai accettato di farsi chiamare Antonio Piccolo? In Padania l’ipod
diverrà veramente l’ipad? La tarantola sostituirà l'hip hop somarello? Nei fast food si venderà la
cassöla? Tutto è confuso, ogni cosa è ormai capovolta, ed io non sopporto più nessuno di voi! Se mi
suicidassi smetterei di odiarvi tutti, ma è un privilegio di cui non voglio privarmi!
Mio nonno era più italiano ieri degli italiani di oggi, mia nonna era slavo-illira, mio padre è rimasto
mio padre, ci fu una prima guerra e mio nonno c'era, nella seconda vi era anche mio padre, nella
terza mi aggiunsi anche io. Quanto alla mia parte materna trattasi di gente dedita alla terra
nell'umida bassa.
Se in me vivono miscugli infiniti, la mia misantropia, di cui ti consegno reperto sanitario rilasciato
dalla autorità competenti, non mi permette di vivere in un mondo gremito di gente. Dall'obbligo
militare fui congedato con tale sentenza: soggetto bipolare, asociale, con tendenze arcaiche e
mitologiche, si sconsiglia la partecipazione alla vita collettiva... Peccato sarei stato un ottimo
criminale di guerra!
Far sparire i paesani non è possibile, scacciare gli altri disumano!? Bene, rimanendo in me me ne
vado da voi! Vivere, se non ratealmente, in un modo per me insopportabile non mi è possibile,
vegeto rinchiuso nella mia prigione sdorata, circondato dagli dei, essi mi parlano nel silenzio perché
so ascoltarli, ma quando essi diverranno umani solleciterò il padrone di casa perché li sfratti, e lui
caccerà me!
Amo la nebbia perché mi impedisce di vedere i colori tutti, il bianco, il giallo, il rosso, il nero e
perfino il verde se son umani rovinano il paesaggio.
Umani siete troppi, scomparite alla mia vista!
Come lupī hominēs vivo marginale, convergo centralmente solo se urge, sotto la barba non saprete
mai se nascondo un ghigno sarcastico o una smorfia disapprovante. Ho cattivi pensieri, questo mi
rende impresentabile, qualora qualcuno, a me, si presentasse rammenti questo.
Il mondo è inguardabile, beati i ciechi e non gli slovacchi!
Oltrepasso l'uscio solo per passeggiarmi sul cuore, oppure per accumulare cibo insufficiente per
dare vitalità alla mia magrezza, non possiedo nulla se non la presunzione di non possedermi, un
tempo ebbi una donna col ciclo, sempre evitai quelle col triciclo, tempo fa regalai il mio biciclo, ora
cammino con ginniche scarpette di proprietà terriera, poiché il suolo che si fa schiacciare sente più
di quanto senta io calpestandovi. Insomma sono Re perché vivo solo, non ho sudditi e smemoro il
mondo!
“La musica di Orfeo per riprendersi Euridice”
Non abbiamo mai avuto modo di parlare di una cosa molto banale. Ti ho già parlato della mia
attività musicale. Bene, tu non mi hai mai detto se la musica è una delle tue passioni e se vi è
qualche genere o artista che in particolare prediligi. Da persona di pensiero ed interessata all’arte
quale sei, non puoi non avere un’opinione sulla musica. Mi piacerebbe soprattutto sapere cosa ne
pensi della musica rap e contemporanea in genere. Io, come ben sai, faccio musica rap. È la musica
che preferisco sin da quando sono bambino perché è la musica della parola per eccellenza ed io
sono appassionato delle parole. Di fatto il rap lo può fare anche chi non sa cantare o comporre
musica, anche per questo mi piace! La concepisco quindi più che altro come un mezzo
d’espressione, non certo come una cultura o come qualcosa di trascendentale e totalizzante, come
fanno in molti. Io sono figlio di un sacco di altre cose. Non solo della strada e dell’hip hop, ma pure
della letteratura, della filosofia, dell’arte, non potrei mai rinchiudermi in una limitante e
fantomatica “cultura hip hop”. Anche dal punto di vista musicale ho poi gusti molto più larghi che
credo si possano ritrovare nelle mie produzioni. Mi piace il rock più che la musica elettronica e
•
sono un grande ammiratore dei cantautori italiani, sempre per la loro capacità di musicare le
parole e raggiungere un livello poetico nelle proprie liriche. Guccini e De Andrè su tutti anche se
ho un amore viscerale per il grandissimo Rino Gaetano.
Hare Krsna Hare Krsna ,Krsna Krsna Hare Hare, Hare Rama Hare Rama, Rama Rama Hare Hare.
(canto divino)
All'inizio fu un suono primordiale, la sillaba sacra capace di contenere in se ogni nota umana, sulle
sue melodie la divinità danzando diede inizio al mondo. Apollo ed Orfea composero la musica per
l'Occidente, poi la notazione musicale si evolse libera divenendo arte, s'inventarono nuovi tempi e
ritmi, la voce ebbe, talvolta, il sopravvento sulla composizione sino a divenire solamente flautus
vocis.
La musica oggi scandisce gli umori, i sentimenti e la politica delle generazioni, se in un tempo
antico essa celebrava il rito nascente, religiosante, mortante e guerrante dei popoli, ora essa è solo
espressione di quell'uno individuale che aspira all'eternità attraverso il proprio sentire più basso da
condividere col simile.
Conosci la storia di Orfeo? La musica diviene strumento che sorregge il coraggio, mezzo
incantatore per gli dei, e tutto per raggiungere una meta più elevata, egli non compone l'amore, egli
lotta per ridare la vita all'amata perduta.
Orfeo follemente innamorato della sua sposa Euridice, vive lacerato dal dolore, la sua metà, in fuga
dalle accese attenzioni di Aristeo, uno dei tanti figli di Apollo che la ama segretamente, appoggia il
piede su un serpente che col suo morso la uccide, bei tempi! Orfeo si oppone al suo destino ed
armato della sua lira si incammina verso un viaggio negli inferi per riportare in Terra Euridice.
Giunto sulle rive del lago Aornos che apre la porta degli inferi, egli, dapprima, incanta il
traghettatore Caronte, poi placa Cerbero il guardiano dell'Ade, sino a giungere alla prigione di
Issione prima e quella del crudele semidio Tantalo. Il primo condannato da Zeus per aver desiderato
Era è legato per l'eternità da una ruota che non smette mai di girare, Orfeo cedendo alle suppliche di
Issione usa la lira per fermare momentaneamente la ruota, che allo spegnersi del suono orfico torna
a girare. Il secondo punito per aver ucciso il figlio per nutrire con la sua carne gli dei e per aver
rubato l'Ambrosia per donarla agli uomini, viene per eterna punizione legato ad un albero ed è
immerso fino al mento nell'acqua mentre dei frutti crescono proprio su un albero che gli è sopra.
Ogni volta che il semidio prova a bere, l'acqua si abbassa, mentre ogni volta che cerca di prendere i
frutti con la bocca, i rami si alzano. Tantalo chiede quindi ad Orfeo di suonare la lira per far fermare
l'acqua e i frutti. Suonando però, anche il suppliziato rimane immobilizzato e quindi, non potendo
sfamarsi, continua il suo tormento. A questo punto l'eroe scende la scalinata dei 1000 gradini
trovandosi al centro del mondo oscuro ove i demoni si sorpresero di vederlo. Giunto alla sala del
trono degli Inferi, Orfeo incontra Ade e Persefone, per addolcirli diede voce alla sua lira e al canto,
facendo riaffiorare in Persefone i ricordi della vita prima che Ade la rapisse e la costringesse a
sposarla. La regina degli inferi, ormai commossa, approfittò del fatto che Ade stesse dormendo per
lasciare che Euridice tornasse sulla terra. Fu posta però una condizione: Orfeo avrebbe dovuto
precedere l'amata per tutto il cammino fino alla porta dell'Ade senza voltarsi mai all'indietro.
Esattamente sulla soglia degli Inferi, e credendo di esser già uscito dal Regno dei Morti, Orfeo non
riuscì più a resistere al dubbio e ruppe la promessa fatta vedendo per questo scomparire Euridice
che tornò alle Tenebre per l'eternità. Essi non si sarebbero mai più incontrati, e alle parole
drammatiche e struggenti «Grazie, amore mio, hai fatto tutto ciò che potevi per salvarmi» si
stringono la mano per l'ultima volta.
Per una lira io vendo tutti i sogni miei.... Cantava il misantropo di Rieti.
Da quel dì Orfeo decise di non desiderare più donna alcuna per ritirarsi sul monte Rodope per
condurre una vita dalle regole ascetiche, sino a quando un gruppo di Baccanti ubriache lo invitano a
partecipare ad una orgia dionisiaca, al suo rifiuto, le donne infuriate lo uccidono e dopo averlo fatto
a pezzi gettano la sua testa nel fiume Evros, insieme alla sua lira. La testa cadendo proprio sulla lira,
continuò, mentre galleggiava, a cantare soavemente. Zeus, toccato da questo evento commovente,
prende la lira e la mette in cielo formando una costellazione.
Nel mito orfico la musica non è lagna, lasagna, pizza quattro stagioni non vivaldiane, o traccia
contestante, essa ha una ispirazione più elevata, partecipazione ad una verità superiore, lotta contro
il proprio destino, esaltazione dell'anima, se nel tempo antico essa accompagnava le linee nascenti,
religiosanti, mortanti e guerranti di un popolo, oggi la musica è basso istinto, l'esigenza di rimarcare
i sentimenti individuali perché essi divengano il sentire di tutti, il cantore sorretto dalla propria
narcisistica volontà scrive il testo che si oppone al circondario, al politico di cui partecipa, il dolore
o la gioia individuali, aspirando all'eternità attraverso il successo.
Musica rap? Un format dal linguaggio globale e dal vestiario omologato, figlio lincoliano degli
eredi di Lincoln stesso.
Amico fragile all'Autogrill!? (canto di-vino).
Hare Krsna Hare Krsna ,Krsna Krsna Hare Hare, Hare Rama Hare Rama, Rama Rama Hare Hare.
(canto divino)
“Dal Po all’Expo”
Sono di Milano, proprio come te. Ma da un po’ di tempo a questa parte queste strade iniziano a
starmi strette. Non credo che Milano sia la città delle opportunità che molti decantano, anche se
la stessa cosa credo sia vera per molte altre città. È forse di più la città degli opportunismi. Molto
spesso ho l’impressione che a Milano, una volta girati tutti i locali, una volta conosciuti tutti i
balordi, una volta chiavate tutte le mignotte non ci sia molto altro da fare. Mi sarebbe piaciuto
vivere questa città, che dopo tutto amo perché è la mia città, in altri tempi. Magari negli anni dei
cantautori, del Derby, negli anni della Vecchia Milano, delle vie del centro vive come non lo sono
più, delle trattorie aperte sui Navigli. Mi sarebbe piaciuto esserci, insomma, quando questa città
aveva ancora un fascino e non puzzava di morte. Mi sarebbe piaciuto vedere Milano negli anni
della contestazione, con le strade piene di gente, con gli sbirri e i manifestanti, con le risse e le
bombe. Forse era una città più dura di quella di adesso, ma senza dubbio era anche più romantica.
Quella che mi è invece capitata di vivere a me, più attivamente, è la Milano del Duemila. La Milano
industriosa di Albertini e Formigoni, piena di disoccupati, quella della fiera che non si sa bene a
cosa serve e come arrivarci, quella degli impiegati incravattati e impizzati, sempre al bar, quella
degli immigrati nordafricani e degli indiani che ti puliscono i vetri ai semafori senza che gli hai
chiesto un cazzo. Penso molte volte che se fossi nato in altri anni avrei avuto più fortuna, anche da
una città come questa.
•
All'inizio una dea meravigliosa si addormentò sul mare, la sua impronta generò una penisola, molti i
suoi figli ad abitarla, ella bella e perfetta insegnò loro ad amarsi, rispettarsi e a godere delle proprie
bellezze. Ma essi sempre più attratti dalla brama del potere e dalla ricchezza finirono col farsi
guerra fra loro, distrussero paesaggi e statue offerte alle divinità, la madre sfinita dal dolore
invecchiò di colpo e morì dopo esser privata del suo splendore.
Uno dei suoi rampolli fondò un regno a nord ovest della terra consumata, il suo impero fondato
sulla plutocrazia come ogni impero fu destinato anch'esso a perire.
Fummo insubri, celti incelti (scusami il foresterismo cinese); longobardi che parlarono con Frigg la
moglie di Odino; la romanità ci battezzò Mediolanum, ma nessuno di noi pensava che saremmo
diventati una banca!?
Milano città fredda perché per te nessuna canzone d'amore è stata mai scritta, mascheri il
rammarico con l'indifferenza, sotto il mantello avvolgi ed accogli tutti per proteggerli dal tuo gelo.
Attratti dalla tua agiatezza, gente di ogni luogo giunge a te per spremerti e consumarti, munta come
si munge una mucca, spremuta come si spreme un arancia di cui si butta la buccia. Ricevi inaffetto e
fingi, per questo, di esser priva di sentimento, pretendono da te quello che non sono capaci di darti,
si lamentano che esenti da sole e luce perché sei fredda per natura.
Un tempo motore d'Italia, ora bicicletta con le rotelle ai lati per non sbandare sulle curve, e quelli
sulle sedie a rotelle guardarti come fossi ricca. Correvi veloce sorpassando tutti ora fatichi a tenere
il ritmo d'un tempo, forse ti fermasti per attendere che le altre ti raggiungessero!? Oppure sbrillata
zoppichi persuadendo gli altri che il tuo passo sostenuto sia ancora una corsa!?
Fosti bonificata, l'acqua sotterrata dalla terra prima macerata ed edificata ora riciclata. Mattone su
mattone hanno fondato i loro regni cavalieri senza gloria, un tempo semplici commenda da
cinematografo natalizio, nel quale macchiettarci tutti. Sempre più lontana dal Po e così vicina
all'Expo, la tua dignità passa per le mani di sceriffi, sfruttatori e timorati di Pechino. Offrivi servigio
al rimanente, ora ti differenzi solo per la quantità inferiore del disservizio. Se dialetti sei chiusa, se
rinneghi te stessa ibrida e bastarda. Ti amano come i magnaccia amano la loro puttana del piano
alto, pensano di poter comperare tutto quello che sei con tutto quello che hanno, dimenticandosi che
senza quello che sei non avrebbero tutto ciò che hanno. Esempio pad-ano di gente che ti nomina
solo per difendere gli interessi di bottega, esponendo il tuo vestito invece che la tua essenza, oppure
offesa dagli altri perché vivi con contegno la tua miseria attuale.
Ho nostalgia dei tram colorati solo di verde, dei vespasiani a ridosso delle piazze, delle fiat seicento
verdate che fungevano da taxi ed a guidarle non vi erano i tassi-sti di oggi, delle porte da calcio
costruite con le giacchette nei campi da calcio inventate strade chiuse, delle gradinate dello stadio
che un tempo si chiamavano popolari, delle cabine telefoniche a gettoni, dei cinema periferici che
qualche anno più tardi mutavano in cinematografi a luci rosse, delle scarpe da tennis Mecap con le
quali fuggivo dalle sculacciate materne, della nebbia che nascondeva il saccheggio continuo, che
penetravo camminando, mano nella mano con mia mamma prima che il suo sorriso irriverente non
si trasformò, per opera del fato, in una smorfia di dolore che la portasse via.
“Fanculo la democrazia!”
È una giornata davvero brutta per me oggi. Non che ultimamente stia passando belle giornate, ma
questa è peggio di altre. Sono davvero giù di morale. Ho appena saputo di non avere superato il
colloquio finale per un posto di lavoro nell’Ufficio Cultura del mio Comune. Al mio posto sono stati
•
selezionati il figlio di una che già lavora in quell’Ufficio e un altro che nemmeno è laureato. Ci son
rimasto davvero male. Ci tenevo molto. Ero anche pronto a rinunciare al mio prossimo viaggio in
Venezuela per quel lavoro.
Sapere che “questa è l’Italia” non è più una consolazione. Ogni giorno mi sento sempre di più
mortificato ed umiliato, al punto che davvero finisco per convincermi di non valere un cazzo.
Dicevo prima ad un amico che fino a poco tempo fa pensavo all’emigrazione come qualcosa di
lontano da me e dalla mia realtà, il frutto della disperazione di gente che vive nel Terzo Mondo o
comunque in posti disastrati. Oggi penso a quest’eventualità, non perché qui soffra di fame o
abbia gravi problemi economici, ma come via di fuga da un Paese che sembra non volermi
accogliere, per scappare da una realtà in cui non sento più d’avere un ruolo.
Ogni giorno ormai passa via come sprecato, alla sera mi domando cos’abbia combinato e la
risposta è sempre niente. Nulla si muove. Tutto vanificato. I miei studi, i miei sforzi, i miei sacrifici,
le mie esperienze. Non so quanto ancora debba andare avanti a sentirmi così, ma non so più per
quanto sarò ancora in grado di reggere con questo stato d’animo.
Crazia=Potere Stato=participio passato. Temocrazia dello Stato Italiano, forma temibile di strati
oligarchici scelti indirettamente dal cittadino fondata su una concezione superata della Nazione.
La vulnerabilità territoriale del paese che si presta da sempre ad invasione estranee di ogni tipo, ed
alcune caratteristiche peculiari tipiche del popolo italico hanno reso tardiva quella unificazione di
centocinquanta anni, tuttavia rimangono immutate e ormai accentuate quelle inclinazioni negative
dell'italiano stesso, quali gli interessi privati e particolari prevalenti sull'interesse nazionale, nonché
la propensione a sottomettersi al paese forestiero di turno. Se da una parte non sono mai mancate
agli italiani cultura e arte, ciò su cui si fonda, oggi, sempre più lo stato vigente è l'esaltazione
dell'accumulo di ricchezze ottenuto talvolta con l'uso opportunistico della furbizia locale.
Piacerebbe ai tanti che io scivolassi parlando dello scenario attuale, ma sottolineare con nomi e
cognomi l'indecorso renderebbe omaggio a personaggi dalla vanità indiscussa. Basterebbe
conoscere la storia democratica italiana di questi sessantotto anni per autocommentarci.
Prima dell'unificazione vivevamo suddivisi in staterelli stranieri, lo stato era concepito come
qualcosa di a sé stante, la sopravvivenza si sostenne sulla creazione di una serie di scambi paralleli
allo stato stesso, quando poi diventammo noi stessi statalmente uno concepimmo ancora
l'istituzione stato come ancora qualcosa di a sé stante.
Ancora adesso pur essendo noi stessi la stessa cosa che contestiamo, eleggendo l'alter ego negativo
di noi stessi attraverso il consenso, dissentiamo di tutto questo!?
Ciò che critichiamo è solo ciò che abbiamo deciso prima, legittimato dopo, da cui ci distanziamo
solo formalmente perché, pur con le dovute differenze, rimaniamo tutti ciò che oggi siamo.
L'Italia è una barca in mezzo al mare, il motore sbenzinato, rimangono remi, i disfattisti abdicano
alla remata, i positivisti remano verso isole improponibili, forse meglio sarebbe fare come nella
metafora del fatalismo russo, come il soldato che nel gelo d'inverno si lascia morire nella neve per
smettere di sentire. L'Italia è un paese che ha perso la bussola, naviga in mare aperto, non ha
destinazione alcuna se non quella indicata da altri ma che non è in grado di raggiungere, una
imbarcazione logora che attende solo una nuova deriva per poter ripartire. Ma ovunque tu andrai
rimarrai sempre figlio, che ti piaccia o no, della tua terra, non sarai, come non siamo, capace mai di
snaturarti.
I borboni sono stato il tumore che ha malignato la penisola, i massoni l'hanno unificata e la chiesa
da sempre la governa!
Non basterebbe il tempo che non voglio avere a disposizione per parlare della politica italiana per
non cadere nella vergogna di esser, contro la mia volontà, partecipe di questa indecenza generale, se
volessi usare termini insultanti per il circostante capitolerei in lunghezze bibliche.
Da tempo sleggo giornali, ed evito l'informazione in tutte le sue sformate. Detesto i lamenti
individuali di ognuno di noi che tutti insieme formano questo baraccone di cui ci crediamo vittime
scolpevolizzandoci. Chi ci governa siamo noi al posto loro!
Votare il meno peggio o tapparsi il naso per non permettere all'altro di eleggersi!? Non voto perché
sono svuotato, le urine espellono rifiuti organici!
La carta erettorale quella ancora conservo da qualche parte, quella elettorale (consentimi ancora il
foresterismo cantonese) è una forma di virilità che non voglio esercitare.
Parlare del mio paese, da cui non riesco a fuggire, senza più capire se vi è in me masochismo o
legamento, mi crea irritazione e tristezza, la sola citazione di un evento storico relegabile alla
democrazia mi crea fastidio e vergogna.
Sdemocrativi gente, sdemocrativi!
TERZA SETTIMANA
“Odio tutti”
Viviamo in un mondo dove i valori sono andati completamente distorti. Perché bisogna essere
leali, sinceri, onesti quando ad averla vinta sono sempre gli sleali, i bugiardi e i disonesti? Ciò è
visibile a tutti i livelli della società, nella politica, che è ormai diventata una casta di amici e puttane
o nello sport, dove ormai vince solo l’atleta dopato e fraudolento. Prima c’era lo scandalo, poi è
subentrata la rabbia e l’indignazione, ora sto finendo per esser indifferente ad una realtà che non
può essere cambiata, che deve farsi del male sul serio prima di modificare il suo assetto, anche se
sembra perennemente agonizzante senza che arrivi mai la sua fine. Credo che si debba azzerare
tutto, ripartire da capo. Non sono un fan accanito della meritocrazia. Penso che una società
funzionante debba riuscire a dar posto a chi è meritevole e chi no. Ma quello che accade nel mio
Paese è che quasi sempre ad avere la meglio è il demerito. Siamo viziati, da Nord a Sud, a una
mentalità tipicamente mafiosa, quella dell’amicizia, del rispetto e della famiglia e abbiamo portato
questa logica al punto che è normale che essa prevalga su qualsiasi altra, come quelle del merito,
dell’esperienza o della capacità.
L’effetto è semplice e impietoso. Io oramai odio tutti. Mi infastidisce l’umano vivere e il contatto
con l’altro. Dietro ogni sorriso vedo la falsità e ciò che più odio è l’ipocrisia. Non è soltanto colpa
del mio carattere, mi ci hanno portato. Vorrei solo isolarmi e bastare a me stesso. Vorrei poter
fare a meno della quotidianità perché è solo nel quotidiano che serve l’altro. Vorrei avere rapporti
sessuali soltanto con me stesso o con puttane che sanno perché sono lì e non si sentono in diritto
di dovere parlare. Sto bene a contatto con gli ubriachi, le puttane, i vagabondi e i carcerati perché
dopo tutto sento di essere un po’ come loro, escluso da un sistema che mi accoltella col sorriso
sulle labbra. Si sono presi il mio sangue, ora vogliono la mia anima.
Ogni giorno, le rare volte in cui esco, sento gente lamentarsi, eppure nessuno fa un cazzo. Forse
perché pensa che non si possa far nulla, forse perché piuttosto che agire pensa come al solito di
•
delegare, forse semplicemente perché non sa nemmeno chi sia il suo nemico. Io ho capito chi è il
mio nemico. Chi si appropria della mia confidenza senza che io l’abbia autorizzato a farlo.
Si dice che l'ignoranza sia ignorare, io ho sempre pensato che l'ignoranza sia pensare di sapere più
di quanto realmente si sappia, una disconoscenza che si arroga il diritto di sapere e parlare di ogni
cosa come se la si conoscesse, ti sei mai chiesto come mai le persone parlano solo di se stesse?
Palese la conclusione!
Onore al domandante, che spinto dal dubbio si spinge oltre presunte verità personali nel coraggio di
privarsi, domani, di esse.
Un bruco intimorito si chiuse in un bozzolo di seta, se divieni farfalla vivrai un giorno ma
liberamente.
Da infante vivevo in un mondo tutto mio, incapace di partecipare ai giochi comuni, più d'ogni cosa
mi ha sempre disturbato il girotondo, poi per molto tempo fingendo di essere un cavaliere giravo
solo su me stesso, divenni tutto e il contrario di tutto senza mai diventare nulla o essere riconosciuto
parte integrante.
La mia bipolarità mi spinse a vivere poggiando il piede su un mondo e l'altro sul mondo opposto, e
se da una parte mi trovai forse più a mio agio, dall'altra mi resi conto del disagio. Oggi riconosco
solo quel mondo di mezzo, il mio!
Non potendo per sopravvivenza vivere autarchicamente ho imparato a tracciare un confine, da un
lato vi è tutto ciò che reputo sopportabile, sul versante affacciato quello che reputo incompatibile
per la mia quiete. Armato di me stesso difendo il tracciato separativo senza compassione alcuna.
Avendo un cuore che corre veloce mi trovo costretto a superare qualsiasi cosa lo obblighi a scattare
squillantemente, se abdico per natura all'amore o altre simili stupidaggini, per imposizione rifiuto
anche le cose più serie. Vivo isolato senza desolazione alcuna se vivo isolato, ma quando l'isola
diviene continente l'umano diviene incontinente di noia.
Forse soffri per il mondo perché ne fai ancora parte, da giovani sempre si vuole lasciare un segno
nella storia, ma oggi per farlo urgerebbe una gioventù realmente eretica al pensiero dominante, e
tale movimentismo è nullo!
Pensi sia meglio accompagnarsi con gente etilicamente rumorosa, di donne a cui riconosci come
unica ricchezza il lusso fra le cosce, o di imprigionati talvolta incapaci di esser liberi anche fuori
dalla prigionia stessa!? Forse che il mondo opposto non affascina la tua creatività o forse, più
semplicemente, ne vedi la smeritocrazia del possesso!?
Forse meglio non sarebbe camminare con l'acrobata in fin di vita che va verso la morte e che ha
fatto del rischio e del coraggio la sua onestà esistenza nella derisione generale!?
Io vivo in disparte senza arte né parte, la mia storia è una storia che non entrerà mai nella storia, non
sono figlio, né stato figliato, talmente elevato da non sentire l'esigenza di procreare la volontà di
potenza nella prole de-generazione. Mi si dice che ho buttato via la mia intelligenza, solo perché
non lo messa al servizio dei tanti, oppure come non vi fosse qualcuno più intelligente di me nel
buttarsi in questa intelligentzia maleodorante!?
Desidero che la gente provi indifferenza per me, amo esser disconosciuto per continuare ad esistere,
non possiedo cosa alcuna tranne i libri che fingo di aver letto per rendermi simile agli bugiardi, non
pago un mutuo, non guido motori petrolifati, non condivido il mio sentire con famiglia alcuna, e
non padroneggio su alcun cittadino del futuro, non essendo un soggetto consumante rimango un
individuo improduttivo, le istituzioni mi cercano solo per avere il mio consenso per un sistema per
cui provo dissenso, o per pagare tasse su redditi inesistenti, quanto al resto non esisto, la mia è una
salma profumata in un mondo di mefitici viventi!
“Cinghia, cucina e pioggia dorata”
Cazzo, ma con quella barba, nessuno ti ha mai detto che sembri un talebano?! Senza offesa
ovviamente. Anzi, per me sarebbe pure un complimento! Ho letto un libro di Massimo Fini sul loro
capo, il Mullah Omar, e ho avuto modo di rivedere completamente l’idea che mi ero fatto di loro.
Secondo la chiave di lettura di Fini, loro non sono conniventi col terrorismo islamico, ma
combattono contro l’invadenza dell’esercito americano di agire su un territorio non loro come se
lo fosse. Partigiani in un certo senso, più che terroristi. Mi parlavi tempo fa, non ricordo se nel
carteggio o durante una conversazione, di un referto medico che certifica una tua personalità
“arcaica” e “tendente alla mitologia”. Beh, in un certo senso questa è una cosa molto talebana! Tu
sei un talebano italiano, un talebano del terzo millennio! Chissà poi cosa ne pensi tu delle donne.
Non ne abbiamo mai parlato! Balkan il Taliban!
•
Con questa mia faccia, un tempo negli aeroporti mi fermavano, ora quando mi vedono fermano
direttamente gli aerei.
Oggi sono di umore incerto. Rilessi giorni fa il mio programma politico d'un tempo, tramite me
stesso alle donne dicevo "cinghia, cucina e pioggia dorata", una mi chiese cos'è la pioggia dorata?
dissi "brava, solitamente le altre donne mi chiedono cos'è la cucina!". Gli uomini parlano delle
donne nello stesso modo in cui le donne parlano di se stesse, le donne parlano degli uomini come
mai gli uomini penserebbero una donna parlerebbe di loro. In questa epoca di estrema
volgarizzazione, donne si vestono da uomini ma se un uomo si veste da donna si ride di lui,
nell'Afghanistan talebano un uomo poteva vestire il burqa ed uscire, nessuno, non riconoscendolo,
avrebbe potuto ridere di lui, quante coppie gay libere di girare insieme per i mercati usando
semplicemente quel velo mascherante.
I Talebani? una grande civiltà incompresa, un tentativo evolutivo nell'involutivo, la svolta umana
verso l'esemplare tracciato dal semplice arcaico e mitologico. Un viaggio controcorrente in seno
alla modernità estrema.
Al ricordo del Mullah dall'occhio destro che si stringe il mio cuore si commuove, un veterano che
ha schivato i missili cavalcando una motocicletta.
Le leggi taleban? Cosa diceva di diverso Giuliano l'apostata? Ammetteva ironicamente di non
lavarsi e tagliarsi la barba per non diventare sociale in un mondo consumato dal vizio, contestava il
lusso, dissentiva dei teatri, licenziò i barbieri dal palazzo (tagliabarbe spaventati migrarono in
Giamaica ove ad attenderli i cannoni dei rastafari), si imbarazzava della conversione da Apollo a
Cristo. Le multinazionali delle lamette e dei rasoi da barba armano i miscredenti. Come dice uno
che pensa di essermi amico, un tale Kurz "Un uomo deve avere del pelo in faccia barba o baffi, non
importa. La tendenza moderna a odiare il pelo facciale è sintomatica: non si vuole accettare l'uomo
che vuole distanziarsi dalla donna che non è e dal bambino che non vuole più essere. La società
teme ciò che c'è di primitivo nel maschio, e cerca di castrarlo attraverso un' estetizzazione forzata".
I talebani riconobbero pure ben cinque pause lavorative per svolgere le preghiere, mentre qui, oggi,
manco una pausa di cinque minuti viene data per mangiare mentre si piscia. Il divieto alle donne di
spettegolare parlando di programmi televisivi che non sarebbero più esistiti, l'abolizione della
musica per riascoltare il silenzio e il verso mistico, pensa ad una donna che porta il figlio a scuola,
da noi sveglia all'alba, trucco, e vestito per fare rizzare i cazzi dei maritati altrui, in Afghanistan una
donna per portare il figlio alla madrasse poteva svegliarsi poco prima, un burqa e via e qualora fosse
stata indigente, bastava che uno dei maschi in famiglia portasse lui il velo coprente e il gioco era
fatto. Basta l'uso dei cosmetici testati sugli animali, l'impedimento a portare sandali a spillo, scarpe
da tennis coi tacchi perché rumorosi, o presentandosi indossando zoccole olandesi ai piedi; nessun
canarino chiuso in una gabbia casalinga ma invece libero volare senza timore del gatto silvestro di
turno, sparare agli aquiloni invece che alle aquile, nessuno portare più i capelli lunghi per non
offendere i pelati e le pappardelle, le balestre nelle finestre invece che le palestre nelle case, l'uomo
girare con indosso un ak47 invece che con una valigetta immobiliare, il maschio divenire un tiratore
scelto, la femmina una stiratrice certa. L'attrice di gola profonda faceva pompe atomiche, i suoi
connazionali lanciarono due bombe atomiche, chi le tira dice agli altri: “Io solo posso tenerle!”: mi
pare giusto, se non le tiri che le tieni a fare!?
Mi si dice allora: “Balkan, ma perché non preferire i GialloRussi?” Mi ci vedi con la maglietta der
Pupone!? Alla tripletta imperialista non interessano i diritti civili altrimenti li rispetterebbero,
vogliono solo impossessarsi di beni a basso costo, investire capitali ove prima non era possibile, ed
avviare attività ad alto profitto: la conquista, il mantenimento e la collaborazione dei governi
fantoccio creano la loro egemonia, tre fecce (scusa l'esterofilismo barese) della stessa merdaglia.
Gli ameri-cani hanno distrutto una grande civiltà, chiunque non desideri che il proprio figlio
divenga come quel pallerino scolorito che balzava su un motivetto thrillerato, o come la material
girl tronatasi come una vergine nazarethiana è considerato nemico.
Non c’è notte che non sogni di bombardare Beirut...e comunque dietro la lotta anti-talebana ci sono
le multinazionali dei rasoi elettrici.
In finale diciamocelo meglio barboni che borboni!
“La democrazia è contro-natura!”
Leggo stamattina sui giornali che Berlusconi è stato messo alla berlina per aver dichiarato che
“Mussolini ha fatto cose buone” in occasione del Giorno della Memoria. Tralasciando giudizi di
merito su un personaggio come Berlusconi, ormai indifendibile da tutti i punti di vista,
imprigionato in una bolla di egocentrismo e affetto da chiare sindromi di onnipotenza, e sulla
convenienza di dichiarazioni del genere in occasione della commemorazione di un genocidio,
perché ancora in Italia, dopo più di 60 anni, non è possibile affrontare certi argomenti a
prescindere dal sentimentalismo e dal buonismo e limitandosi al realismo dell’analisi storica?
Voglio esser soltanto un domandante e non è mia intenzione, all’interno del quesito, perdermi in
noiose divagazioni storiche che, qualora lo volesse, troveranno spazio nelle parole del
rispondente. Mi limito a constatare come, soprattutto in questo Paese, bene e male continuino a
rappresentare due blocchi contrapposti e radicalmente separati, non so poi per quale motivo. Le
persone sono buone o cattive, gli eventi positivi o negativi. A dispetto di quanto a me accada di
vedere ogni giorno, tutto sembra ridursi a questa terribile endiadi. Il genio non può che fare e dire
cose geniali, lo stronzo non può che fare stronzate.
Il mondo che osservo io è diverso. In esso il bene e il male, il bello e il brutto si mescolano
continuamente e certo solo nelle false propagande fatte da qualcuno ho visto guerre combattersi
tra buoni e cattivi, colpevoli e innocenti, carnefici e vittime.
•
Non mi rivedo nel fascismo e tanto meno nel comunismo, i quali vengono anch’essi visti come uno
l’opposto dell’altro. Ancora non ne ho capito il perché! Ma nemmeno mi dichiaro antifascista o
anticomunista, e non certo per menefreghismo, se non altro perché alcuni lo riterrebbero una
deriva fascista! Semplicemente credo che chi, rifiutando il crocifisso nelle scuole in quanto simbolo
di una cristianità da cui si sente oppresso, dovrebbe per coerenza, chiedere anche l’abolizione
della lettura di Dante o Manzoni o lo studio dei quadri rinascimentali, allo stesso modo ritengo che
chi dichiara che “tutto il fascismo è merda” il treno, al posto che in Centrale, dovrebbe prenderlo a
Rogoredo e dovrebbe crepar di malaria nell’Agro Pontino.
So che, per esperienze personali e vicende famigliari, questo è un tema a cui sei particolarmente
caro. Mi aspetto da te una delle risposte più entusiasmanti di questo carteggio.
Senza marxismo può esistere il comunismo? Il nazionalismo è fondamento di ogni fascismo?
Da quando si ha il timore di uscire dai margini nessuno si spinge verso i lati più estremi ma tutti,
ormai, convergono al centro!?
Due stati fondano se stessi su scale di valori diversi ma nella concretizzazione dello stato stesso
l'etica oligarchica del patto unico diviene, per entrambi, invincibile. L'uomo prescelto dalla storia
rappresenta l'idea, talvolta per far sopravvivere quell'idea bisogna sostituire il prescelto con uno
scelto. Quando l'umano si sostituisce all'idea a tal punto da utilizzare l'idea stessa per mantenere la
propria ambizione di potere allora essa svanisce e con lei ogni demiurgo ideologico. Taluni puntano
il dito accusando gli estremi di pensiero totalizzante, quando è il presente a fondarsi sul
multinazionalismo combustibile. I democratici tacciano i laterali di sovversionismo, di tendenze
assolutiste, eppure in campo se mancano i terzini di entrambe le squadre ogni schema cade.
Sono più i rigorismi che impongono la loro natura arcaica ad imporsi con il plebiscito inizialmente
quasi sempre assoluto, o le democrazie ad imporre presunte concessioni con l'uso della violenza e
del sangue. Ma soprattutto quando una democrazia si impone tiene sempre conto del disaccordante
o lo reprime semplicemente!?
L'esportazione della democrazia, oggi poi, avviene sempre dopo una ricerca di mercato attraverso la
quale si stabilisce una linea comunicativa verso l'esterno che faccia apparire la negazione
dell'inaccettabile come qualcosa impossibile da rifiutare. Ovviamente a priori si concede il
presentarsi, poi se il presentato non riconosce il diritto che lo rappresenta allora gli si nega
l'esistenza. Difendiamo questo stato n.a.t.o? Ma se nasce prima o dopo dovrà pure morire. La
democrazia è l'unica forma di vita che aspira all'eternità, essa quindi è contro natura.
Può una democrazia colorandosi di multiespressivismo indossare sempre e solo un unica
espressività capitalistica. Una vera democrazia non nascerà forse solo dopo il superamento del
capitalismo!?
Il borghesismo non è un ceto ma il fondamento delle relazioni sociali sullo scambio di interessi
estesi ad ogni campo che si sorregge sul valore qualunquistico. Tante caste insieme formano un
borghesismo. Ci lavaggiano il cervello sul discorso dell'uguaglianza e poi la declassata politica si
offende alla de-generalizzazione!?
Nell'odierno scenario politico forse dovremmo parlare di scomunicatismo a sinistra e sfascismo a
destra, non credi?
Sono più le vittime emanate dagli estremismi in violenta lite fra loro oppure quelli inginocchiati
sotto i colpi delle organizzazioni parallele allo stato? Se le prime non sussistono in una democrazia
le seconde desistono dal non esistere parallelamente. Chi vuole che io affermi lo schieramento
impari prima a schierarsi. Destra e sinistra sono schemi vigenti in sistemi da me disconosciuti a cui
mi esimo dal partecipare, se sugli spalti si tifa ancora è solo perché le arene sono diventate stadi, il
coraggio non è più affrontare un leone ma pettinarsi come un coglione.
La proprietà privata? Possiamo possedere ogni cosa ma non noi stessi, questa è la fandonia
democratica. Fosse per me gli uomini dovrebbero avere tutti una casa della stessa metratura ma
anche donne della stessa bassezza o altezza, e se l'esproprio proletario è legittimo, è concesso che a
farlo sia il ricco che ruba se stesso? E se tu pensi di possedere una femmina nel momento in cui ne
hai due ed io nessuna posso portartene via una!? Insomma quanti negando la proprietà
contraddicono la propria?
Come mi mancano i senatori romani che mandavano a morte i figli perché corrotti in nome di un’
antica democrazia, e che dire di Alcibiade l'ateniese che esula a Sparta all'apice del declino
democratico che condanna a morte la sapienza socratica in nome del quieto governo vivere; non era
il consenso concorde che sceglie di mortificare Gesù invece dell'assassino zelota, a tal punto da
preferire l'integralista oggi nemico all'universalista oggi amico!?
Vuoi che ti dica in cosa credo? Nell'utopia platonica che illuminata dall'etica e dalla morale delinea
l'unione fra forza politica e assioma filosofico portando l'uomo a vivere armoniosamente con i
singoli e se stesso. Vi sono ideologie finite ed infinite, la mia è ormai indefinita!
16) “Dio è morto”
Credo che questo mondo sia stato fottuto dal denaro. Il sistema capitalistico ha estremizzato se
stesso fino a raggiungere conseguenze da cui ormai non si può più tornare indietro. Il denaro è
diventato il centro di tutto, il metro di paragone, la pietra filosofale. L’immoralità è insita nel
denaro, al punto che non fa più differenza parlare di denaro onesto e denaro sporco. Se il fine è il
suo accumulo, se conta solo guadagnare, se il profitto giustifica tutto, allora è evidente perché i
modelli di business ad oggi più redditizi siano la guerra, la droga e la prostituzione. Ogni
Rivoluzione ha messo in discussione una certa rappresentazione della Politica, mai la Politica
stessa. Ci si è scagliati contro modelli di Stato, mai contro lo Stato stesso. Bisogna avere il coraggio
di dire che il sistema è sbagliato, alla radice, e va estirpato e sostituito con uno nuovo. Questo io
credo.
Nessuno ebbe più ragione di chi disse che Dio è morto. Forse ha solo cambiato nome ed è sceso,
questa volta davvero, in mezzo a noi. Il Dio dei nostri giorni è nient’altro che il Soldo. Senza di esso
non comprenderemmo il mondo in cui viviamo. Esso è il fine e la causa di tutto.
Anche nell’arte valgono ormai le regole del profitto. Il disco migliore è quello che vende di più, il
libro più bello quello più letto, persino il valore estetico dei quadri è ormai scelto dagli impresari e
non dai letterati! Nella mia irreligiosità spero che questo carteggio non sia letto mai da nessuno!
Non stiamo a parlare delle guerre poi. Amicizie e inimicizie cambiano a seconda del bottino che le
parti possono garantirti quando ti troverai al tavolo della pace. Siamo alla mercede di eventi che
non riusciamo più a gestire perché siamo merce, merce in carne e ossa.
Oggi mi sono svegliato più incazzato del solito, sto entrando nel mio periodo misantropo e la
consapevolezza di non possedere questi fottuti soldi, in mano solo a degli emeriti stronzi, non fa
che aumentarla.
Ma ora devo andare. Ho di là sul divano un pezzo di carne scucita che mi sta aspettando. L’idea che
possa mettersi a parlare da un momento mi desta troppa preoccupazione.
Dio è morto, ma il capitalismo non ha le ore contate! Più facile uccidere il nulla che privarsi del
conveniente.
Il male nasce dove l'amore non giunge, indi il pene cresce quando il male non giunge.
Se il denaro è male usarlo per fin di bene è cosa malvagia o benigna? Nessuno di noi si pulirebbe
mai il culo con la cartamoneta, però non teniamo in tasca carta igienica velata!
Un tempo prima di questo tempo il diavolo tentava l'uomo, ora il denaro l'ha mandato in esilio. Gli
esseri umani hanno tutti un prezzo altri invece sono solo un costo. Sopra la panca la capra canta,
sotto la banca l'uomo crepa. I soldi sono una stranezza, essi hanno valore perché noi diamo valore
loro, attraverso un patto comune stabiliamo che quel pezzo di carta valga cento denari, se qualcuno
stabilisse un valore diverso i nostri soldi che fine farebbero?
I governi vogliono estirpare la criminalità, quest'ultima produce un quarto dell'utile capitalistico,
fanno parte di essa non gli esercenti liberi del furto, ma giudici, avvocati, polizia, ditte (porte
blindate, allarmi, ecc…), assicurazioni, e quant'altro, se la delinquenza morisse il capitalismo
produrrebbe criminalità per mantenere se stesso. Non la repressione del socialismo reale ha limitato
la malvivenza ma l'assenza di capitalismo non l'ha fomentata. Nel frattempo ci hanno ridotto a fare
le rapine a mano disarmata poiché manco i soldi per le armi si trovano più.
Dovremmo tornare al baratro e quando il Signor Aggio si presenta raggiungerlo nel suo tempio con
Pietre e Paolo.
Siamo tutti soggetti consumati, vendiamo e comperiamo divinità sulle bancarelle, non abbiamo
rispetto manco per i morti.
16)“La verità è la bugia della vita”
Non abbiamo mai affrontato, se non di sponda, il tema della religione. Mi interessava conoscere,
anche perché ho capito quanto sia stato ricco e tortuoso, il tuo personale percorso. Io, come già
ho avuto modo di dirti, vengo da una famiglia molto cattolica e questo, come spesso accade, mi ha
portato alla lunga a rinnegare codici, tradizioni, dogmi di quella tradizione. Nell’adolescenza,
spinto dal bisogno d’appartenenza tipico di quell’età, questa ribellione mi portò a ricercare e a
rivedermi di volta in volta nelle manifestazioni, soprattutto esteriori, proprie d’altre religioni. Oggi,
se sento il bisogno d’un momento di raccoglimento, mi vien naturale più naturale fare il segno
della croce che inginocchiarmi rivolto alla Mecca, anche se comunque quella fede non mi ha mai
conquistato davvero.
Avendo studiato filosofia, per altro in un’università cattolica, son troppo razionale per poter
credere alla storia di un uomo concepito per opera dello Spirito e risorto nella carne tre giorni
dopo il decesso. I filosofi cristiani sono soliti dire che certe verità sfuggono alla ragione, sono come
dicono loro a-razionali. A mio avviso è un’agile scorciatoia per non ammettere che, di fatto,
cozzano con la ragione.
Qualsiasi religione, non solo quella cristiana, bisogna ammetterlo, è un atto di violenza. È
l’affermazione che la mia visione del mondo è vera, a discapito della tua, che è invece fasulla.
Come però, rifacendosi soltanto a leggi della ragione, si potrebbe affermare che è vero che Cristo
è risorto ed è falso che Dio ha dettato il Corano a Maometto? Dio, nella sua onnipotenza, assunto
condiviso da tutte le religioni del mondo e che nel contempo le falsifica, per lo meno in parte,
tutte, non può aver voluto che accadessero entrambe le cose?
L’ho scritto pure tempo fa in un pezzo. La verità non è bussare e entrare in una porta, ma è
sfondarle tutte e svuotarle una alla volta. Questa frase significa che la Verità non è fatta per
compartimenti stagni, non la si trova all’interno di una scuola di pensiero, una religione, una
filosofia, ma è un processo interiore in cui, entrando di volta in volta in contatto con ognuna di
queste, si mette in gioco se stesso e le proprie convinzioni ricostruendo la propria Verità.
Rinnego, forse anche per partito preso, qualsiasi verità assoluta, perfino quelle della matematica e
della grammatica. Per questo non potrei mai rinchiudermi dentro una religione.
Sono diverse le divinità che nascono in una grotta, con un parto verginale, un padre dalle mansioni
lavorative umili, riscaldate da un toro, e tre saggi portar loro doni, ed ognuna di loro perseguitata da
un re. Anomalo poi che nascano tutte a cavallo fra il 24 e il 25 dicembre, ossia un giorno prima
della nascita dell'antimperialista cinese, a tal punto che possiamo affermare che il divino cade
sempre sotto il segno del capricorno!?
Platone dice “il re filosofo morirà sulla croce”, il dio nordico viene appeso sull'albero Yggorrasil e
ferito nel costato come un altro dopo di lui. La runa hagal ha sei punte come la stella di David.
E chi era Cristo? Un cistercense convinto di essere Dio? Un avatar ultima incarnazione del primo
per ordine? Un sionista che vuole invadere col giudaismo il mondo fingendo di esser in contrasto
col giudaismo stesso? Un mondialista che vuole stendere il monoteismo a chiunque in nome di una
futura fratellanza mondiale? Un socialista non ateo disprezzato dai fanatici del martire di Bolivia?
Uno sciamano che negli anni insaputi della sua esistenza vagheggia per il Kashmir con i sadhu?
Dio si rivela alle genti scelte nelle forme e nei modi da lui scelti, moltiplicando se stesso,
discendendo o salendo nell'umano, la gente prega rivolgendosi verso l'alto, ma il nulla è nel tutto
previo di collocazioni spazio-temporali.
La verità ha una sola matrice che si narra con racconti diversi, oppure una continua copiatura che
copia se stessa all'infinito, anche ora che il divino silenzia?
Colui che scioglie l'Ordine delle Stelle spiega: il diavolo e un amico stavano camminando per la
strada, quando videro davanti a loro un uomo che si chinava a raccogliere una cosa, dopo averla
guardata, e mettersela in tasca, l'amico chiese al diavolo “Cosa ha raccolto?”, egli disse la verità;
“Allora questo è un brutto affare per te”, replicò l'altro, ed il luciferino rispose "Oh niente affatto, io
gliela faro organizzare!".
La verità quindi è una terra senza sentieri, oppure una meta che ci spinge a scegliere il veicolo
giusto per raggiungerla? Tu vuoi buttare giù una porta dietro l'altra e rubare la verità? Io mi siedo
immobile e le verità giungono a me. Tu pensi di esercitare un furto mistico invece commetti un
saccheggio, se fossi armato, deduco, faresti una crociata!
L'ateismo non è forse una verità che per esistere ha l'esigenza di negare un altra verità!? Durga
cavalca la tigre, i popperiani ucciderebbero la dea ed anche il felino, io che non voglio domarla né
ucciderla ho imparato a scavalcarla. Cogli la metafora, perché dietro ogni presunta verità vi è
metafora e similitudine. Taluni cercano il mantra altrove senza vedere la filocalia posata sul petto.
Dio tace, le semi-divinità vivono nel sottosuolo, illuminate dal sole dei Vril, esse sono gli iperborei
che un giorno abiteranno il nuovo mondo. Ma prima dovremmo attendere che il Madhi o il Kalki
giunga cavalcando il cavallo di Odino.
Lao Tze esortava a non oltrepassare lo steccato di casa per finire nel regno vicino, l'imperativo
categorico era “Nasci, vivi e muori nel tuo giardino”, abbiamo rinnegato secoli gloriosi di
paganesimo trasformando dei in santi beati, ma credimi è possibile far rinascere Dionisio divenendo
seguaci di Shiva.
Due sufi entrano in un bar, il discepolo dice "Maestro qui non si respira, non trova che l'aria sia
irrespirabile?" e l'anziano risponde "Trovo che questa aria sia buona perché è l'unica che abbiamo!".
Vivi più zenamente e non in maniera zemaniana.
Un giovane sadhu tutto contento si reca dal suo maestro e dice lui "Stamane è successa una cosa
grandiosa, ho camminato sopra le acque" e il sadhu anziano dice lui "Capirai, se me lo dicevi ti
indicavo il luogo da dove parte un traghetto e facevi meno fatica". Non attaccarti ai risultati
materiali e non giudicare la verità all'interno di alcune fenomenologie.
Ora scomprendi ciò che dico, cammina in mezzo alle verità e se una di esse non giunge a te è
perché negasti lei il tuo indirizzo. Se qualcosa hai imparato da me vuol dire che nulla sono riuscito
ad insegnarti. Tutto è maya, penso di esistere perché mi ascolti ma se non ti parlo esisto di più. Se
negassi di adorare Krishna smetterei di mentirti, perché la verità è la bugia della vita. Una domanda
però da tempo mi sorge spontanea se il Dio cristiano perdona perché esiste un inferno ed un
paradiso? Mah!
Haribol
“Chi è eroe per la propria gente diviene criminale per la gente altrui”
Quello su cui voglio interrogarti oggi è un tema molto delicato e che rischia di toccare la tua
sensibilità andando a rievocare ricordi e fantasmi forse sopiti del tuo passato. Le tue origini
balcaniche e le tue vicissitudini familiari certamente non ti rendono indifferente al tema della
guerra. Io fortunatamente ho avuto la fortuna di non dover mai partecipare attivamente ad un
conflitto armato, non sono stato nemmeno obbligato a svolgere il servizio militare, né ho
dovuto subirlo come civile. Credo che soltanto di due cose non si possa scrivere senza averle
realmente vissute: la guerra e la galera. E infatti chi meglio ha scritto di carcere e guerra è
gente che queste esperienze le ha vissute sulla propria pelle.
La guerra che, in un modo o nell’altro, hai dovuto vivere tu insieme alla tua famiglia è, per
quanto io ne sappia, la più tremenda che l’Europa ha visto dopo il secondo conflitto mondiale.
È una guerra di cui, io credo, si sa ancora molto poco. Forse è passato troppo poco tempo
perché di essa se ne faccia una storia, ma i libri ancora sono lacunosi sull’argomento e si può
fare affidamento davvero solo alle leggende della strada, un po’ come per le risse di quartiere.
Girano secondo me molti luoghi comuni sulle guerre nell’ex Jugoslavia. Tipo che fino a quando
c’era Tito bene o male tutti erano tenuti buoni ed era impossibile che le varie etnie venissero a
contatto. La cosa che mi ha sempre impressionato di questi conflitti è il pensiero di come delle
differenze etniche possano portare a degli scontri così tremendi e sanguinosi, al punto da
distruggere città intere e dividere famiglie. È davvero vero che in quegli anni poteva capitare di
svegliarsi ed esser costretti ad odiare quello che fino a ieri era il tuo vicino di casa, quello che
magari ti portava il pane a casa?
•
Questa guerra ha riportato il mondo indietro di diversi secoli per quanto riguarda le strategie e
i metodi con cui si è combattuta. Si è tornati alla guerra dell’uomo contro uomo, corpo a
corpo, più umana per certi versi, disumana, terribilmente disumana per altri. È stato come
tornare al Medioevo, con un eccezione. Nel Medioevo, che questo sia vero o meno non conta,
si parla spesso di un’etica cavalleresca, di un codice del guerriero. Le guerre dell’ex Jugoslavia
sembrano essere invece state il luogo del genocidio, del crimine di guerra, dell’orrore. Senza
voler entrare nel merito dei casi specifici, che nemmeno mi interessano, quello che mi
interessava chiederti è proprio questo.
È possibile parlare di un’etica di guerra? Possono esserci delle regole da seguire quando il fine
è l’annientamento del nemico? Qual è la sottile linea che separa l’eroe dal criminale di guerra?
Onore alla tigre Balkan!
Due popoli in un solo Dio, quest'ultimo comandò di uccidersi uno con l'altro, entrambe le genti
combatterono per distruggere l'altro e il proprio Dio, comunque fosse andata quel Dio avrebbe
sempre avuto un popolo devoto.
L' esistenza dell'uno si fondava sull'esistenza dell'altro, l'esistenza altrui diveniva inesistenza
propria.
Tito fu un grande imperatore romano della dinastia dei Flavi. Il Tito medio si usa invece per
indicare altro!
Ti parlerò come parlerebbe chi non può più parlare!
Qualcuno ci impose di essere amici dopo aver scelto deliberatamente d'esser nemici.
Prima dell'inizio di una guerra il senso intorno era apparente, ma allo scoppio dei primi tumulti
l'insensatezza divenne, per tutti, un tratto logico della sensatezza. L'estetica del bellico, il
viandante viaggia armato, i peggiori in battaglia divengono i migliori; ogni paesaggio è abitato
dagli dei della guerra, qui iniziò il primo conflitto mondiale qui non finirà la nostra guerra
nazionale. L'erba si pasticcia di rosso, laddove l'ordine etico svanisce il conflitto etnico insorge,
nell'epoca del ferro il gioco è sregolato, l'irregolatezza diviene patto comune. Arjuna vive in un
tempo fuori dal tempo, Bhisma è padre di tutti!
I morti da vivi sono animati da colori diversi, i vivi da morti vengono colorati dal fazionismo
ideologico, ma la morte quando ti stringe a sé si presenta in tinta unica e con un odore acre. Lo
stupro etnico altro non è che rinascere nel grembo nemico, il combattente rinasce solo nel
Walhalla.
Massacri accompagnano i cammini armati, il misto paga il tradimento del rifiuto allo
schieramento, gli sciacalli vestono da uomini ma rimangono pur sempre sciacalli.
Il soggetto odiato diviene oggetto animato, alla comune umanità si sostituisce la diversa
identità.
I missili cancellano le facce, spersonalizzano ogni sentire, chi spara guardando in faccia porta
con sé la morte nell'esistenza tutta, il missilista sogna il nulla, il soldato incuba la notte!
Mandrie di sopravvissuti si uniscono agli eserciti, la vendetta rende lupo un coniglio.
Chi ti arma diviene il nemico del tuo nemico, chi disarma diviene il nemico di tutti, alla fine
della guerra chi arma e disarma diviene la stessa cosa.
Il Barone pazzo scrive “I vinti assassinano brutalmente, mentre i vincitori giustiziano
umanamente”. E' una storia vecchia come il mondo e i piatti della bilancia sono
irrimediabilmente truccati. I fucilati, gli impiccati, gli sgozzati si contano a milioni e milioni.
Civili e soldati, uomini e donne. Io ne ho versato tanto quanto altri, ed anche di più, perché era il
mio mestiere.
Chi è eroe per la propria gente diviene criminale per la gente altrui!
Gli estranei alla guerra si vestono come Arlecchino, con la violenza inneggiano alla pace, molti
sventolano bandiere diverse dalla propria, altri inneggiano a guerre capaci di vivere solo sugli
spalti curvati.
I nuovi giustizieri rendono i nemici, nemici di un nuovo comune nemico!
Forse sarebbe tempo ti parlassi come chi può parlare parla!? Bene, non lo farò!
•
“A parte quelle che ho amato”
A parte quelle che ho amato, e non sono più di tre, e a parte mia mamma e mia nonna,
tutte le altre donne mi hanno sempre fatto schifo, non le ho mai reputate più che delle
cose, degli oggetti utili a sfogare miei personali bisogni fisiologici, e nulla di più. Mi ha
sempre indispettito la loro voce, il loro pensiero vuoto, il loro futile tentativo di sentirsi al
centro dell’attenzione. Fu Eva a convincere Adamo a raccogliere la mela. Il germe del
tradimento è insito in loro. Quando un uomo fa le corna ad una donna lo fa perché attratto
sessualmente da un’altra, la donna prima ci pensa e poi agisce. L’uomo tradisce per se
stesso, la donna tradisce contro il proprio uomo ed è pure in grado di giustificare il
tradimento con arzigogolati discorsi privi di interesse. Io ritenendo la monogamia un atto
contro-natura, una convenzione sociale e nulla di più, non mi sono mai chiesto se stessi
tradendo o meno. Desiderando, facevo di tutto per ottenere. Per l’uomo la donna è un
pezzo di carne scucita, poco di più. La donna ha una visione più globale dell’uomo. Il
linguaggio, che non mente mai, lo testimonia. Quante volte al passaggio di una bella donna
si sentono compagnie di uomini commentare “Che bella figa”. Mai ho visto donna
chiamare un uomo “bel cazzo”!
Ho avuto molte donne, in passato attratte dalla mia bellezza, imbruttendomi forse attratte
dalla mia cultura ed intelligenza. Dico forse perché con una donna è facile apparire
interessanti. Basta prenderle per il culo e farle credere che loro hanno qualcosa in più degli
altri. Il gioco è semplice. È un po’ come quando, al contrario, una donna dice ad un uomo
che a letto è formidabile. È bello crederlo, ma se ci si ferma a pensare un attimo, si capisce
che è una gran cazzata! Non sono misogino, o forse non so di esserlo. Non mi pongo il
problema. Mi limito a constatare che nelle donne trovo davvero poca creatività. Che cazzo
hanno mai inventato le donne? Non credo all’amicizia uomo-donna. Non credo che un
uomo possa mai confidarsi o confrontarsi con una donna. Come ci si fa a confidare con una
bambola gonfiabile?
Quando ho amato probabilmente amavo l’idea che di me mi facevo nel riflesso dei suoi
occhi. Senza di me, lei stessa ha smesso di esser ciò che io amavo. Poteva stare con me, ha
scelto di stare con un altro, una nullità in camicia e capelli riccioli. Ciò basta a dimostrare la
stupidità insita in ogni donna! Aveva ragione quel mio amico che diceva che tutti quelli con
i capelli riccioli andrebbero internati. Dove mai può voler andare uno coi capelli riccioli?!
Donna. Essere umano di sesso femminile, dalle caratteristiche fisiche accentuate, talvolta
soggetto inanimato.
Se dicessi che ho avuto tante donne mi vanterei dell'invantabile. Poche le donne fisse, tante
quelle fesse che se non fossero state tali non mi avrebbero frequentato. L'uomo vuol sentirsi
dire “Come mi scopi tu non mi ha mai scopato nessuno”, la donna desidera che un uomo
dica lei “Farai anche l'amore bene ma ti amo perché sei intelligente”.
Togli la virilità ad un uomo e lo priverai di ciò che non ha, considera una donna intelligente
e lei penserà davvero di essere tale. Se una donna mi dicesse “Come faccio l'amore con te
non l'ho fatto mai con nessuno” la lascerei, se dicessi ad una donna “Sei intelligente perché
mi frequenti” la renderei più stupida di quello che penso non sia.
Quando infante mi si diceva che nacqui sotto un fior di loto ero felice, quando seppi che fui
sgomberato dall’utero di una donna entrai in depressione.
L'uomo parla delle donne come non vorrebbe si parlasse della loro madre o sorella, le donne
parlano degli uomini come se questi ultimi fossero donne.
Il peccato originale non esiste? Dio non esiste? Esiste solo la natura che decide senza senso
alcuno di fare soffrire ciclicamente una donna, se esce sangue loro fra le cosce qualcosa
devono pure aver fatto, altrimenti le perdite sarebbero dall’ascella, dalla bocca (ma anche in
quel caso qualcosa avrebbero fatto!), ecc.
Un tempo una donna aveva un lusso fra le gambe, ora invece ha un russo; le mercenarie
devono pagare le tasse! Quando voglio parlare con una donna senza annoiarmi mi vesto da
donna e parlo da solo. Tutti i lavori femminili sono svolti meglio dai maschi, la femminista
vuol fare tutti i lavori tranne quelli maschili. Dimmi con che donna vai e ti dirò chi non sei.
Se l'uomo beveva il latte di vacca succhiando i capezzoli di una donna, la donna beve il latte
di toro spremendo un pisellino.
Un tempo la donna era vergine, ora è del toro, eppure essendo femmina dovrebbe essere
mucca.
Le donne si vestono da uomo, gli uomini non possono vestirsi da donna, e dicono che
abbiamo raggiunto la parità dei sessi. Quando ero gay, all'insaputa di me stesso, non andavo
certo con gli uomini, da quando sono etero non vado più con una donna. Come uomo son
misogino, fossi donna sarei sicuramente misandrica, perché odio gli esseri umani tutti, per
quello non riuscendo ad esser sovraumano mi basta essere disumano.
Durante una performance sessuale una donne mi chiese “Fammi del male”, tirai lei un
cazzotto e si arrabbiò! Un giorno lessi un annuncio di una donna che in cambio di una
prestazione chiedeva 50 rose, mi presentai con 50 rose rosse ed ella mi cacciò. Smettendo di
capirle le ho comprese capendo che non c'è niente da capire.
Con la donna si diceva frusta e carota, ossia frusta e poi fermati a mangiare una carota per
riprendere energia, ma oggi la psicanalisi direbbe che la carota in bocca nasconde inconsci
strani. L'uomo che piange per una donna andrebbe frustato, la donna piangerebbe solo se
frustata.
L'essere perfetto era l'androgino, partecipando in natura ad entrambi i sessi, univa in un
corpo solo gli opposti autarchicamente, quando gli dei tagliarono in due l'androgino fu il
tempo di Adamo ed Eva, oggi sarebbe il tempo di Evo e Adama, poiché tutto è capovolto.
La vera sposa era quella astrale Lilith....ma quella è un altra storia! Donna, ti amo perché sei
lontana......
Così parlo Balkanthustra.
QUARTA SETTIMANA
•
“Non verrà servita carne e io me ne starò a casa!”
Stamattina ho beccato una mia amica che ogni volta che mi vede mi tira in mezzo con
storie di vegetarianesimo e veganismo. Animalista convinta, non mangia né carne, né
pesce, né derivati. Io non potrei mai fare una cosa del genere. Sarebbe un affronto alla mia
intera generazione, fatta per lo più di allevatori e contadini. Non ho mai compreso fino in
fondo la differenza tra animali domestici e non domestici. Voglio dire, non è che se un
animale ha più affinità con l’uomo, come il cane e il gatto, allora è giusto che viva in un
appartamento o che in un appartamento stia meglio che in natura. A me tra l’altro, per
brutte esperienze capitatemi in infanzia, i cani e i gatti manco mi stanno particolarmente
simpatici. Credo comunque che anche la differenza di cui dicevo sia molto legata alla
cultura di un popolo. Probabilmente in Oriente tenere in casa un serpente o uno scorpione
è più comune che qui. Figurati, io non credo nemmeno che in uno zoo gli animali stiano
male. In uno zoo gli animali vengono protetti e godono certamente di un’aspettativa
superiore che nella giungla. In cattività, infatti, non rischierebbero mai d’esser vittima di
qualche predatore.
L’uomo è onnivoro e deve mangiar carne e verdure. Non comprendo nessun’etica che vieti
il cibo d’animale. Io per altro credo che mangiar carne e pesce sia soddisfare un piacere
corporale e io, quando si tratta di soddisfar questi piaceri, non mi tiro mai indietro. Che
l’uomo possa viver tranquillamente senza mangiar carne è un argomento che non mi
interessa. Potrebbe sopravvivrebbe tranquillamente anche senza casa e vestiti, eppure
continua a far mutui e a fare shopping.
Gente del Sud mi ha detto che l’uomo lo si vede a tavola. Sono d’accordo. Il pranzo, la
grigliata sono eventi che cementificano la famiglia. Non è possibile chiamarsi fuori
adducendo a convinzioni moraleggianti incomprensibile.
Ah… La tipa mi ha invitata al suo matrimonio a giugno. Non verrà servita carne e io me ne
starò a casa!
Ognuno mangia i suoi simili, alcune donne mangiano la porchetta, certi uomini il maialino,
altri ancora il coniglio, io mangerei la tigre, ma è più facile strozzare un tacchino che
uccidere a cazzotti una tigre, Plutarco lo comprese prima dicendo: "Se tu affermi di essere
nato per questo tipo di alimentazione, quando vuoi mangiare un animale prima uccidilo tu
stesso, ma fallo servendoti solo delle tue forze, non di armi. Come i lupi, gli orsi e i leoni
uccidono da sé ciò che mangiano, ammazza un bue a morsi o sbrana con la bocca un maiale,
un agnello o una lepre e, gettandoti su di loro, divorali mentre sono ancora vivi, come fanno
quelle belve. Ma se aspetti che la tua preda diventi cadavere e la presenza dell'anima vitale ti
fa esitare a gustarti la carne, perché contro natura ti nutri di ciò che è animato?"
Nella Repubblica platonica, Socrate parla al carnivoro Glaucone così: "Avremmo bisogno di
molti maiali e di guardiani, e poi saremmo costretti a ricorrere più spesso ai medici. E gli
allevamenti richiederanno spazi nuovi, sottraendo terreno all'agricoltura. Così, la città sarà
costretta ad invadere i paesi vicini ed a fare la guerra".
Astenersi dall'uccidere forme viventi e dal nutrirsi di "esseri animati" porta secondo alcuni
ad uno stato di purezza ed ascetismo che libera l'iniziato dalla sua condizione di prigioniero
del corpo per ritornare alla sua origine divina, il chiaroveggente per essere tale può solo
essere vegetariano.
La trasmigrazione delle anime è una convinzione di molte culture, l'anima migra da un
corpo all'altro che sia umano o animale, possibile che qualcuno sapendo ciò trovi godevole
uccidendo una gallina al pensiero che si tratti di una sua ex fidanzata, solo il seme della
compassione indicato dall'illuminato che siede nella posizione del loto può evitare
l'Olocausto. Certo, per il nostro karma anche togliendo la vita ad una pianta possono esserci
reazioni karmiche negative, ma si provoca molto meno dolore che uccidendo animali,
perché il sistema nervoso delle piante è assai meno sviluppato. Gli animali e gli uomini
partecipano entrambi al soffio divino, la donna e la tonna vanno per mare.
Quando Dio diluvia sulle genti perdute, salva i predestinati e le specie animali, la tonna
rimane in mare, la donna sale incazzata sull'arca. Se gli esseri umani e gli animali sono
legati da una eguaglianza spirituale, dovremmo dire che alcuni sono vegetariani o certi
uomini erbivori? Ciò ci risparmierebbe tali dubbi, un vegetariano induista, ad esempio, è un
ariano che vegeta? Oppure il vegetarianesimo non indoeuropeo è un dogma alimentare che
stabilisce di non cibarsi di ariani in quanto considerati animali?
Il discepolo si recò dal suo guru e ribattendo disse "Io però sono vegetariano" e il maestro
disse "Che c'è di così grandioso? Anche bovini, cervi, cavalli, conigli, rinoceronti, giraffe,
zebre, gorilla, ippopotami, panda, alcuni roditori, insetti, tartarughe eccetera, lo sono!"
Hare Krsna maha mantra- Jai Sri Krishna Caitanya Prabhu Nityananda Sri Advaita
Gaddadhara srivasadi Goura bhakta vrinda- Nama om vishnu padaya Krishna prestaja
bhutale srimate Bhaktivedanta swamin iti namine – namaste sarasvate deve gaura vani
pracarine nirvisesa sunya vadi pascatya desa tarine.
Buona Prasada!
•
“Essi rimasero gli stessi, ma cambiarono l’automobile”
Anche il tema su cui vorrei interrogarti oggi trae spunto molto dalle tue vicende private e
dalla tua storia passata. Essendo io dell’hinterland a nord di Milano, ho avuto modo di
entrare in contatto, fin da piccolo con molti degli zingari che abitano gli accampamenti che
sono qui abbastanza diffusi.
Devo dire che ho sempre guardato con simpatia e curiosità alla gente zingara, da
qualunque parte essa venisse, perché gradisco la loro volontà di vivere in un modo
alternativa alla società, rifiutando ogni forma di integrazione, anche se posso comprendere
la diffidenza che molti nutrono nei loro confronti, superabile soltanto con l’abitudine e la
conoscenza.
Sono due le domande fondamentali che però volevo farti in merito a questo argomento.
La prima è accompagnata da un dubbio fondamentale. Se gli zingari credono nel
nomadismo, perché allora si oppongono ad ogni tipo di sgombero da campi, per altro
fatiscenti e dove non vengono rispettate le minime norme igieniche, in cui stanno ormai da
decenni?
La seconda non vuol esser banale, cerca soltanto di oltrepassare il perbenismo di molti.
L’illegalità è davvero un elemento connaturale agli zingari, ovvero senza di essa non ci
sarebbero loro? Lo chiedo senza alcun intento provocatorio o di condanna. Credo infatti
che molte cose legali siano immorali e viceversa.
Scacciato dall'Agartha, il popolo in tribolazione ha la sua culla laddove Shiva danzava. I
turisti viaggiano, i pastori nomadizzano, i popoli migrano sollecitati dalla spinta o
dall'attrazione. Un monarca gitano radunò la gente per andare alla conquista di terre nuove,
ognuno prese una direzione diversa, i Rom, i Sinti e i Kalè partirono per tre luoghi diversi.
I bizantini sospettosi dell'indovino e del mago denominarono i tribolati come intoccabili,
essi divennero, per sempre, Atzinganos (Zingari).
La parola zingaro riassume, con un concetto, una unità inesistente nel reale.
Un re tzigano sognava un Romanesthan in suolo abissino, egli non solo non ebbe la terra
non promessa, ma perdette pure il sogno stesso.
La patria divenne un campo, la vicinanza e la lontananza che un tempo definivano il grado
rapportale vennero cancellate dalla piazzola numerata. L'unico nomadismo praticato lo
spostamento dal campo al supermercato.
Io ho vissuto con i Rom e loro hanno vissuto con me, non tutti insieme nella stessa casa
ovviamente. Sensibile al vento, uno dei figli ventilati mi chiese di padrinizzare la sua
nascitura, divenni il padrino ma non godetti del potere di quello di Coppola.
Una notte una zingara mi disse: “Fra tutti i Rom che ci sono qui tu sei il peggiore di tutti.
Compresi allora che dietro ogni zingaro vi è uno zingaro più zingaro di lui.
Le kampine espongono sempre vestiti al sole, ma i villaggi sono sempre siti a ridosso dei
margini urbani. Le donne fanno la questua? Se siete ricchi fate loro la carità, se siete poveri
non date loro nulla, se siete i ricchi e poveri evitate di cantare in questura.
Tutti mi chiedete se gli Zingari rubano? A me che ho rubato loro!
Vi sono Gagè e Roma, Mare Roma (noi altri) e Ave Roma (altri), Cace Roma (puri Rom) e
chi cace che il nemico ti ascolta!
L'altro viene colto dall'occhio che vede e dall'immaginazione che viaggia, le differenze
emergenti selezionate via via optando per quelle più significative e insignificanti, i confini
invalicabili vengono tracciati assumendo talvolta sembianze socio-politiche. Se il mondo è
una nostra rappresentazione, noi vediamo le cose per come noi siamo nell'opposto di come
pensiamo non siano.
Perfino l'autorappresentazione vive di modelli inventati o semplicemente recitati.
La conoscenza dei popoli è altro, esso è un viaggio nelle tradizioni, nei riti e nelle liturgie
tribali, per affrontarlo devi prima comprendere la tua identità perché non potrai mai
diventare ciò che non sei.
Un tempo ero un gagè meno infelice in mezzo a zingari non sempre felici, poi cambiarono i
tempi e cambiai io, essi rimasero gli stessi ma cambiarono l'automobile..a me invece,
stamane, hanno rubato solo la bicicletta!
•
“Tre popoli per un solo Dio”
La cosa più comune che si sente dire quando si parla del conflitto arabo-israeliano è che un
popolo non può legittimare la propria presenza in un territorio perché esso è stato
promesso da Dio qualche millennio fa, questo perché la fede in Dio, nella fattispecie in
quello ebraico, non accomuna l’umanità intera e non può quindi essere un argomento di
consenso globale. Questa promessa, dunque, non potrebbe giustificare mai un eventuale
ricorso all’uso militare come, a detta di molti, avrebbero fatto gli Israeliani in Palestina.
Nella realtà però accade esattamente il contrario. Ovvero che Dio all’alba dei tempi non si
è mai nemmeno sognato di segnare i confini tra i popoli e le comunità, che sono stati
invece creati dalla libera iniziativa degli uomini, per lo più attraverso guerre e massacri.
Non esiste Nazione al mondo la cui genesi sia stata diversa da questa. So che la citazione è
politicamente molto scorretta, ma non sbagliava Mladic quando affermava che “le
frontiere sono sempre tracciate col sangue e le nazioni sono sempre delimitate dalle
tombe”.
È un tema, questo, che si riallaccia molto a quello dell’autodeterminazione, su cui abbiamo
avuto modo di confrontarci nel corso di un precedente carteggio. Che sia giusto, invento,
che la Dalmazia torni all’Italia, che i Paesi Baschi si autonomizzino, che l’Irlanda del Nord
conquisti l’indipendenza, lo posso trovar condivisibile, ma non è detto che ciò debba
avvenire a gratis. La terra è di chi se la prende. Forse è triste, ma è la realtà. Anche a me
piacerebbe vivere in un mondo dove tutte le discussioni si risolvono a strette di mano e
discorsi, senza colpe ferire. Purtroppo in questo mondo non sono mai accadute cose del
genere.
Ma siamo poi così convinti che agli arabi interessa così tanto la causa palestinese? Israele
ha un esercito così potente che nemmeno una coalizione di Paesi Arabi riuscirebbe a
sconfiggerlo? Il fatto che Israele un giorno potrebbe farsi da parte, non darebbe vita a
problemi e liti ancora maggiori?
Ma soprattutto, perché a noi Europei dovrebbe interessare così tanto un problema
totalmente interno al mondo arabo, quando a loro stessi sembra non interessare? Non
possono gli Europei esser interpellati dagli Arabi a loro piacimento. Qui va bene, qui no.
Troppo facile così.
Tutti a difender cause d’altri, mai le proprie.
L’unico motivo per cui simpatizzo per i palestinesi è perché sto sempre dalla parte dei più
deboli. La potenza economica e lobbystica degli Ebrei mi è sempre stata sul cazzo. Loro
sono da sempre gli intoccabili, su di loro non si può scherzare e qualsiasi cosa succeda a
loro è più grave che se la stessa cosa accada agli altri. Detto questo io ormai non ho più
nessuna bandiera, nemmeno la mia, e tra i due litiganti non sto più dalla parte di nessuno,
preferisco bastonarli entrambi.
Una triade devotante, Dio sceglie un popolo eletto con i voti delle lobby, la terra promessa
spetta a coloro che si sono eletti da soli. Se il Demiurgo professato da un popolo
intellingence ha una intelligenza superiore perché non ha promesso la Nuova Zelanda?
Impadronirsi o conquistare questo è il dilemma!
Eppure un tempo le terre erano oggetto di conquista, esse venivano prese e difese con il
sangue e non vendute ai futuri nemici. I confini sono tracciati umani, il divino non usò il
righello per disegnare il mondo.
Mi solleciti sulla terra questionata!? Un padre aveva tre figli, il prima erra-va per il mondo,
il secondo perdonava il primo d'errare, il terzo diceva che i primi due erravano e basta, il
padre promise, alla fine del suo tempo, di dare al primogenito una terra, quando quest'ultimo
tornando a casa ci ritrovò i due fratelli...La guerra ebbe un inizio senza fine!
In ex Jugoslavia la guerra venne smaltita in nove anni con la creazione di sette repubbliche,
in medio oriente due popoli per costruire due stati litigano da più di sessant'anni, vi sono
popoli sbrigativi e altri che hanno tempo da far perdere. La terra è araba e islamica? Gli
emiri indossino il fucile e caccino gli occupanti invece di andare a caccia di calciatori e
mignotte. Gli ebrei vogliono quiete? Facciano la pace! L'unico modo per fare una guerra è
farla, un modo per non farla è non volerla fare. Da quando non c'è più "Guerra e pace" non
c'è più nulla da leggere.
L'ebreo alto-finanza se stesso, il palestinese non viene finanziato dall'arabo che sottoscrive
contratti con il cowboy che il sabato indossa il rekel. I palestinesi o sono patriati in una terra
ancora irreale o esulati in campi surreali, se a Gaza puoi muoverti con il somaro, a Beirut o
Tel Aviv anche gli asini guidano BMW, ma ovunque siano i palestinesi vivono come somari.
Se i palestinesi per gli israeliani sono cittadini di serie B, nel campionato arabo non
giocherebbero certo in serie A.
Si vocifera che l'America sia filoisraeliana più di quanto sia filosaudita, la verità è che sono
gli ebrei ad essere filoamericani più di quanto i sauditi siano filo yankee, questo è il sogno
americano.
L'identità ebraica si rafforza nel timore dell'agguato, quella palestinese si agita per timore
della rappresaglia. Un giorno quando il cuore mio pareva guastato il mio medico mi disse:
"Non può esser diversamente poiché vivi come un palestinese", da quel giorno ho compreso
come vive infelicemente un palestinese. Ma soprattutto mi dissi come posso non
simpatizzare con un paese che ha dedicato una sua città Gaza a Gascoigne!?
Ebrei e palestinesi difendono la propria bandiera, nelle nostre piazze agitiamo le loro
bandiere perché la nostra la sventolano solo i beceri nazionalisti. Qualcuno difende la
propria causa, altri difendono la causa altrui, io ho imparato che per estirpare la malattia
devi rimuovere la causa.
Mi citasti l'incitabile, la cui figlia diede il proprio sangue per l'amor osteggiato dal proprio
padre, forse che sia venuto il tempo di ribellarsi dalle prescrizioni paterne!?
•
“Violenza e viltà”
Tempo fa venni contattato da un noto programma televisivo per partecipare ad una
trasmissione che avesse per tema la violenza tra i giovani. Probabilmente colpiti da alcuni
dei miei testi, ricevetti una telefonata in cui mi veniva chiesta una vaga opinione
sull’argomento, senza allusioni o riferimenti precisi. Probabilmente si aspettavano che fossi
il solito ultrà esagitato della serie: “Sì, scendiamo nelle strade e spacchiamo tutto”. In
realtà mantenni una linea molto più, diciamo così, moderata, termine molto in voga oggi,
in cui mi limitai ad asserire che la violenza è un elemento presente in ogni essere umano e,
come tale, non può far paura a priori, e che è deprecabile laddove sia fine a se stessa,
laddove quindi ci sia un culto della forza e della violenza in sé, senza una reale motivazione.
Certamente loro avevano bisogno della solita macchietta da mandare in prima serata e
quindi ritirarono l’invito e, se non ricordo male, cestinarono proprio la puntata.
La posizione che assunsi in quell’occasione è quasi sicuramente la stessa che assumerei
oggi. Soprattutto se legata ai casi di manifestazioni, oggi in realtà molto più sporadici di un
tempo, quello che a me spaventa non sono gli episodi di scontro e violenza tra parti, ma
quelli in cui, come forse negli esempi degli ultras di cui parlavamo in qualche carteggio,
sembra che la violenza sia usata soltanto per il gusto di esercitarla, senza alcuno scopo
reale.
Tu, come me d’altronde, hai nel corso della vita avuto a che fare con realtà ed episodi di
violenza. Dato che comunque, come me, non sei mai stato un “violento” e la violenza non è
certo una pratica comune della mia vita, volevo conoscere la tua opinione in merito,
convinto che di certo non sei uno che “a un certo punto ha compreso i propri errori e si è
redento”!
La folla in violenza incontra il sorvegliante violento, ma se due folle violente incontrano se
stesse, il sorvegliante gode. Tra due antagonisti vi è una distanza, la riduzione di essa crea lo
scontro come nell'amore l'incontro.
L'atto violento inquieta l'opinione pubblica se a compierlo non è un sorvegliante, la massa
che viola esige la comparizione mediatica per poter esistere.
Talvolta un manifestante della violenza cerca attraverso il gesto provocatorio una risposta
violenta, la reazione repressiva diviene strumento politico per tutti.
L’azione violenta fra violenti è violenza, l'atto violento contro chi non è violento è viltà. La
devastazione verso oggetti inanimati da parte di ricchi amanti della degustazione etilica,
diviene solo rabbia contro se stessi.
Se uno muore assalendo il nemico con un’arma in mano, meglio sarebbe pensarlo eroe che
strumentarlo martire!? La legge condanna la violenza attraverso l'uso della violenza senza
condannare se stessa!
La via della violenza è assai lunga, dilungarmi sarebbe dilungante. Ma dimmi se non è forse
violenta la paura che lo stato imprime nel cittadino allarmandolo continuamente di un
imminente pericolo, o quella che ci rammenta, in ogni momento, di poter esser colpiti da
malattie di ogni tipo!? E che dire della violenza verbale quando l'uso dell'idioma diviene
disarticolato e improprio!? E della vio-lenza usata per catturare un pesce invece che un trota
di turno!? La violenza vive ormai di gesti quotidiani, innocenti sino allo scoppiamento
mortale o all'accoppiamento vitale.
Tu ti sei mai violentato passando del tempo con una donna? E tra le donne che mi ascoltano
per come io parlo di loro, non credi commetterebbero, se si scontrassero con me per strada,
un gesto inconsueto e violento!?
Come ogni lupo della brughiera, io stesso potrei avere la violenza di Fenrir, con un gesto
iniziato in un istante e terminato in un lampo potrei compiere azioni feroci. Tuttavia da
quando sto combattendo una spietata guerra contro me stesso, non ho più energie e forze per
combattere con violenza nemici più deboli di me.
•
“Luride bevitrici di sperma altrui”
Penso d’aver fatto l’amore con al massimo quattro donne nella mia vita. Tutte le altre volte
ho scopato e basta. Son stato di sicuro con più di cinquanta donne che, considerando
d’aver perso la verginità da maggiorenne e che ad oggi non ho ancora compiuto i 25 anni,
sono una cifra rilevante. Ovviamente in questo computo non sto contando le donne che ho
pagato, le quali, non mi vergogno ad ammetterlo, sono tantissime. Spesso le ho addirittura
preferite, perché mi costavano meno, perché mi portavano via meno tempo, perché erano
più sincere, perché mi davano più amore. Da un po’ di tempo a ‘sta parte, più o meno da
quando non ho più la fidanzata, concepisco il sesso come la soddisfazione di un bisogno
fisiologico e nient’altro, poco più di un ripetitivo gesto meccanico, da catena di montaggio,
ma comunque necessario, da compiere con una certa frequenza ed intensità. So bene che
questo mio modo di intendere il sesso mi porterà a stare male, forse mi porterà addirittura
a morire, ma tant’è.
Per ora sono stato soltanto con donne. Non ho mai avuto esperienze omosessuali né con
trans, ma non escludo che prima o poi accada, né mi spaventa l’idea di pensarmi in
circostanze del genere.
In questo dannato mondo moderno tutto ha perso valore, la parola data, i gesti rituali,
l’educazione ed inevitabilmente anche l’amore. Non vedo più alcun sentimento nel far
l’amore, solo il piacere momentaneo e nulla più. Per come le vedo io le donne sono inutili
pezzi di carne atti a darmi piacere, per questo l’istante successivo al raggiungimento del
mio piacere vorrei che se ne andassero. Non ho nemmeno più intenzione di perdermi in
smancerie o finti interessi, arrivo dritto al punto, se a lei va bene.. bene, altrimenti piacere
d’averti conosciuto e me ne sto a casa. Son stufo di quest’ipocrisia. La gente non ha voglia
di conoscersi e io non ho voglia di conoscere la gente.
Oggi tutto è portato all’eccesso, all’estremo. Quand’ero piccolo bastava una coscia
scoperta a scandalizzare, oggi se in una scena di sesso non sono almeno in tre si tende a
cambiar canale in cerca di qualcosa di meno soft. Eppure nessuno riesce a raggiungere il
mio livello. Se leggessero le mie conversazioni penserebbero che sono un pazzo
disadattato. Io credo che al giorno d’oggi sia più da disadattati chiamare “amore” il proprio
compagno.
La pubblicità, la televisione e i media in genere presentano la donna nella sua nudità, la sua
immagine è divenuta ordinaria privandola di reale magnetismo e fascinazione. La rete e le
nuove forme di comunicazione hanno accelerato la trasformazione del sesso come, mania
ossessiva, atto consumistico, merce di scambio e consumo velocizzato dell'incontro. L'uomo
nel timore dell'atto prestativo fugge nel miracolo mercenario perché incapace di tornare se
stesso, il sesso si è superficializzato grazie alla sua banalità. Il sesso viene vissuto con una
sete inesausta, con una insoddisfazione perenne che spinge al desiderio senza termine.
La libertà sessuale estraniata dall'atto riproduttivo, divenne reazione alla sessuofobia
puritana, assente di ogni atteggiamento responsabile e di autoconservazione ha accentuato il
diffondersi dell'epidemia del nuovo secolo.
Ho praticato il sesso acrobatico con discreti risultati, quello estremo con ottimi voti, un
tempo mi feci fare una pompa da una cannibale affamata. Il sesso è il primo piano
dell'ascensione verso una nuova e sempre diversa consapevolezza del proprio sé. Esso
potrebbe essere, perfino, sul piano speculativo degli antichi insegnamenti misterici, una
manifestazione della potenza del divino, una irruzione della trascendenza nell’immanenza
della vita terrena, un segno delle possibilità più alte presenti nell’uomo.
Nell'odierno tempo si è perso il valore della conoscenza che si sviluppa nel coraggio di
andare verso l'incognita, d'esser sorpresi dal risultato inaspettato del processo conoscitivo
stesso, il sesso vive ormai di fantasie stereotipate, più legato alla prestazione sansonica che
all'unificazione degli opposti per divenire insieme quell'unico essere che è l'androgino e non
l'ambrogino d'oro. La castità che aspira all'ascesi è un atto di rivolta contro il mondo
moderno, essa insegna la via della determinazione e della liberazione dagli attaccamenti
materiali nell'attesa di trovare la propria sposa astrale.
Lo spreco dell’energia vitale dovuto all’impulso della lussuria è causa di molte malattie
fisiche e mentali? Forse se praticassi il sesso tantrico....?
Un tempo quando ero un poeta all'insaputa degli altri scrissi una poesia per il mio primo
falso amore, essa diceva così: “E' meraviglioso svegliarsi senza più il tuo sapore in bocca,
lurida bevitrice di sperma altrui”. A proposito ma quanti programmi di cucina ci sono oggi
in televisione? Mah!
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“Mio Dio, aiutami a cambiare il mondo”
Ormai qualche anno fa venni convinto da mio padre a fare una visita da uno psichiatra. In
quel periodo, per via di una serie di problemi e frustrazioni personali, mi capitava di essere
perennemente nervoso, irascibile, oltre che triste e giù di morale. Capii da solo, con l’andar
del tempo, che con sentimenti del genere avrei dovuto imparare a conviverci, che tanto
nulla sarebbe mai cambiato. Andai comunque da questo dottorone. Fu per me
un’esperienza più che deludente. Parlai per circa 20 minuti cercando di capire quali fossero
le cause di quella che chiamò “depressione adolescenziale”, dopo di che sbrigò la
questione scrivendo su un foglio i farmaci che avrei dovuto prendere e chiedendo gli 80
euro di compenso, ovviamente senza emettere ricevuta. Ricordo che me ne andai con
l’idea di non tornarci mai più, come più volte mi era capitato con altri dottori in passato. E
così, infatti, fu.
Non sono mai stato un ragazzo sereno. Forse solo in alcune parentesi, quand’ero
innamorato o quando la musica mi dava qualche soddisfazione. Ma erano appunto
parentesi, erano attimi eccezionali in una mestizia costante. Vivere per me è stato sempre
questo. Cercare di rompere questa desolazione e questa monotonia con esperienze
estreme che mi dessero il brivido per un breve periodo. Ma ora mi rendo conto che son
stufo anche di questo. È tutto sommato un modo per evadere dalla realtà, per non
pensarci, e nulla più.
Non so se la depressione possa essere davvero vinta con i farmaci. Io non credo. Credo che
la depressione sia una parola dentro la quale buttare mille cose di cui la letteratura parla
da millenni e che la scienza, a un certo punto, ha voluto sistematizzare, ma senza la stessa
profondità. È lo spleen, il male di vivere, il turbamento di tantissimi personaggi letterari. La
depressione è tutte queste cose e prima di Freüd l’avevano capita, meglio, i Greci,
Baudelaire e Dostoevskij.
Ma poi dai. Preferisco fumarmi una canna. In più parlare con un coglione col camice non mi
ha mai aiutato. A ‘sto punto parlo con un prete. Dimmi te.
Vi sono due tipi di de-pressione, quella bassa che colpisce anche gli alti, e quella alta che
colpisce anche i bassi. La mia in quanto alta non poteva che colpire uno alto come me. La
depressione è il lato oscuro dell'evidenza, perché vi sia un male di vivere bisogna vi sia la
convinzione dell'esistenza di un bene di vivere. Se parli con un camice riceverai consigli
sull'uso di un detersivo, se ti fai una canna penserai confessandoti di parlare davvero con un
prete.
Si dice che la depressione sia un disturbo dell'umore, e pensare che io ho sempre creduto si
trattasse di un disturbo dell'amore, pare essa, talvolta, si accompagni al suici-dio, ossia a
quella convinzione che solo morendo il mondo sparisca come se il mondo fosse solo una
nostra rappresentazione, oppure all'auto-lesionismo la cui forma più estrema si realizza
frequentando gli altri nella convinzione di una dissimilitudine infondata.
Questo malessere dell'anima che svuota il recipiente interiore da ogni sentimento o
emozione positiva, scivolando in una perenne tristezza, in una visione pessimistica del
futuro, un senso di intrappolamento in un tunnel privo d'uscita. Il depresso percorre il
sentiero della notte sotto l'urlo segreto!
Di frequente è possibile vivere simulazioni improvvise di morte, oppure dall'allarme ansioso
che viene percepito come aggressore esterno.
Dobbiamo forse pensare che ad ogni azione corrisponderà un azione ulteriore in una
concatenazione infinita?
Non sarebbe allora opportuno rompere questa catena e far cambiare direzione all'azione
stessa?
Oppure è opportuno credere che l'elemento che causa un mutamento verrà presto o tardi
mutato da un altro elemento lungo il corso della catena stessa degli elementi? Riusciremmo
allora a vivere percorrendo il cerchio?
Non vi è forse una terza via creativa generata nel mutamento dall'elemento stesso che
prende consapevolezza di se stesso nell'eterno presente!? Se l'atto creativo consiste nell'estro
artistico perché anche il genio dell'arte muore ugualmente folle di depressione!? Chiediti se
sei più legato alle cose, alle persone, e a tutto ciò che tale attaccamento comporta nel
giudizio e nella perdita oppure se ti identifichi nel tuo io a tal punto da voler provare su di te
tutto il sentire del mondo in un male solo? Quando la sentinella ansiosa suona l'adunata
perché non combatti il nemico che ti assale nella notte immediata invece che attendere l'alba
dell'attacco finale.
Qualsiasi sia il motivo, slegalo da ogni vita precedente che sempre ti sarà sconosciuta, ma
impara soprattutto a vivere con distacco ogni causa che genera l'atto depressivo. Ricorda che
l'oggetto ricercante è il ricercatore stesso!
Azione e passività sono un unico e medesimo atto così come la vita e noi siamo la medesima
cosa. Cogli la depressione su di te, silenziala dentro e fuori, comprendi sempre che ogni
gioia e dolore nasce e muore dentro te, se non puoi cambiare il mondo circostante cambia il
tuo modo di vedere il mondo circostante ed anche la depressione muterà il suo modo di
vedere se stessa. Un antico proverbio sufi recita così:
A vent'anni avevo una preghiera soltanto: "Mio Dio, aiutami a cambiare il mondo, questo
mondo insopportabile, invivibile, di una tale crudeltà, di una tale ingiustizia". E mi sono
battuto come un leone. Dopo vent'anni, poche cose erano cambiate. Quando ho avuto
quarant'anni, avevo una preghiera soltanto: "Mio Dio, aiutami a cambiare mia moglie, i miei
figli e la mia famiglia". E mi sono battuto come un leone per vent'anni, senza risultato. Ora
sono vecchio e ho una preghiera soltanto: "Mio Dio, aiutami a cambiare me stesso"... Ed
ecco che il mondo cambia, intorno a me!
Quanto a te prenditi una camomilla e smetti con i ted al limone!
CONCLUSIONE
Mi sono condiviso con te per quattro settimane, ventiquattro giorni sono un mesecennio,
troppe anche per un simposio.
Prima di dis-correre con la mente e con te, la notte quando i giardini dell'umano si
svuotavano raccontavo alle statue di me, poi esse smisero di tacere, dovetti scegliermi allora
un nuovo marmo da sformare e giungesti tu.
Giorni fa qualcuno ha iniziato a bussare alla mia porta, non ho risposto, da allora il
campanello continua a suonare, a breve scenderò e suonerò il suonatore.
Da tempo, poi, ho smesso di leggere, credo trattasi di un bloggo leggi-slativo, e pensare che
un tempo leggevo anche in bagno, ora seduto sul vate (un tempo quel gioco a lui piaceva) mi
leggo la mano per non vedere il mio futuro, oppure guardo la mia carta d'identità per
ricordarmi di chi non sono e perché la mia foto fa decisamente cagare. Sulla mia tomba vi
sarà scritto "Questo non sono io!". Ieri sera mi sono chiuso nell'armadio, come un disperato
mi sono cercato ovunque e quando mi sono trovato senza ritrovarmi mi sono detto
"Lasciami solo!". Ho desiderio ora di rimanere isolato e non desolato dalla presenza altrui,
temo di essere Thormentato, che sia diventato una divinità mentolata? Mah!!
Un tempo avevo incubi rivelanti ora solo sogni storditi. Dalla mia casa sull'albero, voglio
tornare la sera ad affacciarmi sul soffitto galassico per vedere le stelle danzare, e quando una
cadere sperare che incendi le vostra case prima che possiate esprimere un desiderio. La
fratellanza cosmica non fa per me! Se Dio non si fa vedere è perché si vergogna, se io non
mi specchio è perché mi vergogno della vergogna di Dio, se voi apparite è perché non vi
vergognate di nulla. Se uscissi in mezzo ai miei dissimili vorrei essere un escremento di
mucca per lanciarmi sui loro sorrisi assassini. Il cuore da giorni corre affannato come
rincorresse ciò che non c'è, ho bisogno di esularmi in me stesso, di abdicare ogni nuovo
appuntamento con chiunque non sia io, eravamo stranieri ieri, lo saremo anche domani, oggi
tregua.
Il mio duellante Kurz mi disse: "Se gli Dei esistessero, temerebbero uno come te più di
qualunque ateo. Perché l'occhio di chi cerca è anche l'occhio di chi giudica. Nessun Dio
vorrebbe essere servito da uno come te. Uno che, nel profondo, vorrebbe commettere il
peccato primario: annientare Dio. Il cacciatore non sa dimostrare il suo amore verso la
Natura se non puntandogli contro il fucile...tu odi il mondo, e vuoi Dio al tuo fianco. Ma Lui
diserterà sempre. E rimarrai solo. Lo sai molto meglio di me.
Ma la vita è illusione, il reale si nasconde dietro la vita stessa, a noi il compito di trovarlo
usando ogni mezzo spirituale a disposizione, non ci sono peccati da espiare ma solo
attaccamenti dai quali liberarsi, ma purtroppo Maya sconfigge anche i guerrieri più grandi e
valorosi.
Rimango senza andare e tu vai senza tornare, se hai un'ultima parola fai che sia la penultima
prima dei saluti.
Son cresciuto pensando che apparire, esser protagonista a tutti i costi, esser riconosciuto
fosse la chiave d’accesso alla felicità. Ora odio il mondo di cui faccio parte, quello per cui ho
combattuto. Forse non dipende nemmeno dall’ambiente e da chi ci sta dentro, ma proprio
da me. Io prima o poi tendo ad odiare ogni cosa, devo sentirmi fuori, l’elemento di
disturbo, il deviato. Non c’è niente da fare. Mi piace esser eretico e blasfemo e proprio in
quest’eresia sta la mia verità. Ora, però, a contatto con quest’ipocrisia, questa meschinità,
questa mediocrità mi rendo conto che la miglior riconoscenza è il non esser mai
riconosciuto. Che liberazione quando nessuno sa chi sono. Sono arrivato al punto di negare
la mia identità quando c’è chi mi riconosce! Desidero esser sempre attuale e fuori moda.
Stimato da tutti e supportato da nessuno. Questa è la mia perenne condizione. Il successo
è destinato a perire, la gloria è eterna. Io, da un po’, tendo ad evitarli entrambi!
Se prima di conoscerti mi sentivo solo, ora mi sento ancora più solo, soprattutto quando
sto in tua compagnia.
Fra poco esce il mio disco. Chissà come andrà. Francamente non mi interessa nemmeno far
tanta promozione. Se a qualcuno interessa venga lui da me. Non vado alla ricerca del
divino, figurarsi di qualche fottuto cliente. Credo che per un po’ la pianterò con questa
storia del rap. Foto da appiccicare al muro ne ho abbastanza. E poi non mi stimola più quasi
nulla di tutto questo giro che si è fatto troppo grosso per me, non il contatto con la gente,
non il far baldoria con gli amici, non i soldi, non l’andare in giro a suonare. Non è più il mio
mondo. E nemmeno io sono più suo. Chi lo sa, magari un giorno di questo carteggio ne farò
un libro che verrà pubblicato e qualche stronzo lo leggerà. Chi lo sa. Magari avrò da
scrittore quel falso successo che non ho avuto da rapper. Chissà se davvero ci sarà un folle
che vorrà pubblicare questo folle carteggio tra due folli. Poi magari potrei suicidarmi, come
ha fatto Pavese.
Me ne vorrei andare, sono esausto. Vorrei guardare questo Paese affondare da lontano o
forse, semplicemente la mia è solo una scusa. Me ne voglio andare soltanto perché non ho
avuto il coraggio di salire sulla cima di un monte che ho bramato sin da bambino. Non ne
ho avuto la forza, la spregiudicatezza, l’incoscienza e ora, chi lo sa, magari vivo davvero nel
rimorso e nell’autocommiserazione d’esser un genio incompreso. Ma quello che vorrei
davvero fare adesso è stracciare tutti i miei sogni e fregarmene! Fregarmene di tutto!
Forse, chi lo sa, farò la tua fine, diventerò anch’io un vecchio e mi rinchiuderò in un
abbaino da cui non vorrò più veder niente e nessuno.
Qualunque cosa sarò, comunque andrà, è stato un piacere conoscerti, Balkan. Ma ora è
tempo che me ne vada!
Io vivo con normalità la mia follia, tu vivi con follia la tua normalità. Straccia i sogni e
fregatene!.... Ma prima di andare prendi questo libro, questo poema "Bhagavad-gita" è
l'opera più alta e sublime che sia mai esistita, tienilo sempre con te, essa ti indicherà la via
per percorrerla, tranquillo non avrai bisogno di una illuminazione ma solo di accendere la
luce e praticare il bhakti yoga!
Lo terrò da conto, Balkan, e lo porterò sempre con me. Dovunque andrò!
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