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La nascita del motore V7 Il motore del "Mulo meccanico 3x3"

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La nascita del motore V7 Il motore del "Mulo meccanico 3x3"
La nascita del motore V7
Nel
1957
la
Guzzi
abbandona il mondo delle
corse, decisione presa di
comune accordo con Gilera
e Mondial. A seguito di
questa risoluzione i valenti
tecnici Carcano Cantoni e
Todero in forze alla Guzzi,
che fino ad allora si erano
occupati del settore corse,
si devono ritagliare una
nuova area di sviluppo. In
questo frangente vengono
fatti due studi, uno riguarda
un motore destinato ad
equipaggiare
il
"mulo
meccanico 3x3" un veicolo militare, l'altro interessa un motore da montare sulla Fiat
500 in sostituzione dell'originale bicilindrico parallelo. Precedentemente era già
stato fatto uno studio per il motore del 3x3 dal progettista Antonio Micucci nel
1951, i disegni mostrano un motore a V frontale di cilindrata 697cc. Questo progetto
rimarrà tale e non avrà nessun seguito.
Il motore del "Mulo meccanico 3x3"
Questo veicolo è un
motocarro studiato per
impieghi
militari
(il
motocarro è un mezzo a
tre ruote la cui parte
anteriore è derivata da
una motocicletta mentre il
posteriore prevede un
vano atto al carico merci).
Una delle particolarità del
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Mulo
meccanico studiato dalla Guzzi è l'avere la
trazione su tutte e tre le ruote, anche
quella anteriore. Questo permette di
avere un'ottima motricità su fondi di
qualunque tipo, per l'appunto impieghi di
tipo militare. Il progetto del motore per il
3x3 è sostanzialmente diverso dal
precedente studio di Micucci anche se lo
schema è grossomodo simile.
Il nuovo motore ha cilindrata di 750 cc, il carter motore costruito in un sol pezzo
all'interno del quale viene inserito l'albero motore attraverso un foro di grande
diametro. Il foro viene poi chiuso da una flangia che alloggia una delle bronzine di
banco. La distribuzione è ad aste e bilancieri e si avvale di due alberi a camme
laterali posti ai lati esterni del motore, i quali azionano valvole parallele tra di loro
ed inclinate di 12° rispetto l'asse del cilindro. Il raffreddamento è ad aria con
ventilazione forzata: una grossa ventola è montata sull'albero motore mentre tutto
il blocco motore è racchiuso da convogliatori in lamiera. L'accensione a
spinterogeno, il carburatore Weber e l'avviamento elettrico denotano un
impostazione di tipo automobilistico.
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La lubrificazione è a carter secco con serbatoio dell'olio separato, un pozzetto di
pescaggio è posto sotto l'albero motore ed una doppia pompa (una di mandata ed
una di recupero), soluzione è obbligata dalle forti pendenze alle quali avrebbe
potuto marciare il veicolo.
A causa dell'impiego gravoso del mezzo si decide di mantenere un regime di
rotazione contenuto ed un basso rapporto di compressione (6,5:1), la potenza che
ne risulta è di 20 cv a 4000 giri/min e la coppia è di 36 Nm a 2400 giri/min. Di questo
veicolo ne saranno costruiti solo 200 pezzi, poi la produzione cesserà a causa
dell'eccessiva difficoltà nel gestire il mezzo.
Il motore della Fiat 500
Per questo utilizzo il motore a V viene sviluppato in modo diverso. L'obiettivo è
quello di realizzare un motore brillante che la Fiat avrebbe dovuto montare su una
versione sportiva della 500 sempre con la stessa cilindrata, per cui erano necessarie
doti di leggerezza e buone prestazioni. Tutto il gruppo motore-cambio viene
realizzato in lega leggera, i cilindri hanno un riporto cromato per allungarne la vita,
la testa è di forma emisferica con valvole di diametro maggiorato (30mm
l'aspirazione, 27mm lo scarico), mentre l'albero a camme (che diventa uno solo)
viene posto al centro della V. Il carter rimane monolitico con una grande flangia
smontabile per l'introduzione dell'albero motore, anche quest'ultimo costruito in un
sol pezzo, la stessa flangia alloggia una bronzina di banco.
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L'alimentazione è affidata ad un Weber doppio corpo 34 DCS, la lubrificazione si
avvale di olio raccolto nella coppa e di una sola pompa di mandata, il
raffreddamento rimane ad aria forzata con ventola montata sull'albero motore.
Le prestazioni risultano buone: la potenza erogata è di 27 CV a 6000 giri/min ed è
superiore del 50% rispetto al motore Fiat, anche la coppia è buona: 32 Nm a 4000
giri/min. La prima unità viene montata su una 500 del 1961 e viene provata a lungo
a Mandello.
Nel frattempo anche Carlo Abarth (famoso preparatore di motori) si interessa a
questa fornitura e sviluppa il suo progetto: il modello 595 su telaio Fiat 500.
In risposta ad Abarth anche Guzzi porta la cilindrata a 594cc, la potenza sale a 32 CV
sempre a 6000 giri/min e la coppia a 44 Nm a 4000 giri/min.
Vengono aggiunti anche un radiatore dell'olio e prese di aria calda per il
riscaldamento dell'abitacolo. Il motore viene montato su una 500 D e la velocità
raggiunta dal mezzo è di 130 Km/h, un risultato superiore alle stesse aspettative dei
progettisti.
Enrico Parodi, amministratore delegato della Guzzi, consegna ufficialmente la
vettura alla Fiat affinché la testassero. Il prototipo tornerà dopo tre mesi
accompagnato da una lettera di elogio per le prestazioni ma nessun cenno alla
possibilità di eventuali successive forniture.
Probabilmente gli elementi penalizzanti sono stati un'eccessiva rumorosità del
motore, il sottodimensionamento di giunti e semiassi inizialmente calcolati per
trasmettere una potenza pari alla metà di quella sviluppata a fine progetto e, non
ultima, la possibilità di accordi già in atto tra Fiat e Abarth. E' comunque grazie a
questo rifiuto che si decide di destinare questo propulsore ad un impiego
motociclistico.
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Il motore a V sale in moto
Come spesso succedeva a quei tempi in Guzzi prima di decidere la produzione di un
nuovo modello si valutava se i corpi dell'Esercito o delle Forze dell'Ordine fossero
interessati ad una fornitura, l'eventuale produzione per questi corpi avrebbe
permesso di ridurre le incidenze degli investimenti necessari alla produzione. Nel
1963 viene presentata al ministero dell'Interno la proposta di una nuova moto per
equipaggiare la Polizia di Stato che al momento utilizzava ancora i vecchi Falcone.
La proposta è accompagnata da un progetto che descrive la motocicletta in ogni sua
parte. Nel progetto vengono rimossi i particolari attinenti l'impiego automobilistico:
viene eliminata la pompa della benzina ed il raffreddamento forzato con ventola.
Inoltre il carburatore Weber è sostituito da due Dell'Orto VHB29 e la dinamo viene
posta al centro della V, sopra l'albero a camme. Per l'impiego motociclistico il
motore diventa superquadro: corsa di 70mm e alesaggio di 80mm, ottenendo così
una cilindrata totale di 703 cc. Aumentando l'alesaggio c'è la possibilità di montare
valvole di diametro maggiore: aspirazione di 38,5mm e scarico di 34,5mm.
Il cambio viene completamente riprogettato, la trasmissione finale è a unico giunto
cardanico contenuto nel forcellone e quest'ultimo è flangiato direttamente alla
scatola della coppia conica. Il telaio è a doppia culla chiusa, la forcella anteriore è
teleidraulica, le sospensioni posteriori sono a doppio ammortizzatore. Le ruote
prevedono il montaggio di pneumatici da 18" mentre i freni sono a tamburo di
diametro 225mm, l'anteriore a doppia camma ed il posteriore a camma semplice.
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In sede di progetto viene calcolata una potenza di 35 CV a 6000 giri/min per la
versione destinata alla Polizia Italiana, con un rapporto di compressione di 7,5:1
(necessario con l'impiego di carburanti a 84/88 ottani in uso a questi corpi), questo
progetto viene proposto anche al Corpo dei Carabinieri che desiderava un modello
speciale per i Corazzieri.
Mike Berliner, l'importatore Ducati
per gli USA, si interessa al nuovo
progetto e chiede una variante del
motore che bruci le benzine a 98
ottani impiegate negli States, per
quest'ultimo si prevede una potenza
di 42 CV a 6200 giri/min.
All'inizio del 1964 vengono costruite
e consegnate due moto in prova alla
Polizia Italiana, ritorneranno a
Mandello dopo avere precorso 31.000 km ciascuna senza presentare problemi
rilevanti. Altre macchine vengono consegnate alla Marina ed alla Guardia di Finanza,
in tutti questi motori la compressione è portata a 9:1 e la potenza a 59 CV SAE, in
modo che i test risultino essere più severi.
La V7 contro tutti
(Intervista a Umberto Todero)
Come appena accennato vennero consegnate alcune moto alla Scuola di Polizia di
Roma affinché fossero testate Le prove vennero eseguite comparativamente con
altre moto prodotte in quel periodo da costruttori italiani e stranieri: la Benelli 650,
la Ducati 750, l' MV 4 cilindri 600, le Gilera 500 e le BMW boxer.
I test furono svolti sia su strada che in officina. I primi in una vasta pineta nei pressi
di Fiumicino: dopo avere chiuso le strade tutte le moto subirono test di velocità,
ripresa ed accelerazione, maneggevolezza, rumorosità e consumo. Già da questi
primi contatti uscimmo vincenti ma ciò che fece pendere l'ago della bilancia
decisamente a nostro favore furono i test d'officina. In pratica ogni giorno, per
diversi giorni, le moto venivano portate nell'officina riparazioni della Scuola di Polizia
di Roma, qui si verificava l'accessibilità meccanica in termini di facilità e rapidità
d'intervento.
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Per esempio un giorno si registravano le valvole: nel nostro caso, grazie alle teste
ben esposte con i coperchi fissati da poche viti l'operazione richiedeva pochi minuti
mentre per la MV bisognava smontare il motore! Un'altra volta erano di turno le
puntine dell'accensione. Anche qui con la nostra moto nessun problema perché lo
spinterogeno sporge dietro al cilindro destro ed è inclinato di 45° ed il coperchio si
smonta in un secondo, e potrei citare ancora la facilità di intervento sul motorino
d'avviamento, fissato solo a due bulloni, sull'indotto e sulla regolazione della
dinamo, sul cambio che si stacca dal motore ed infine sulla regolazione della
catena… che noi non avevamo! Questo perché la V7 era nata con l'intendimento di
soddisfare le richieste dei militari, e non era una moto civile adattata.
Oltre tutto noi portammo due esemplari completamente attrezzati di carenatura
protettiva, radio, sirena e lampeggiante. Proprio per alimentare in ogni momento
senza problemi questi accessori elettrici che non compaiono normalmente, e che
assorbono molto - la sola radio a quei tempi mangiava 2,5 Ah, la nostra bicilindrica
aveva una potentissima dinamo da 300 W e l'impianto elettrico da 12V. Soprattutto
la dinamo forniva una potente carica già a bassissimo numero di giri, cos'ì il
guidatore non doveva preoccuparsi di restare con la batteria a terra quando per
esigenze di servizio avesse dovuto usare molto la radio o gli altri accessori elettrici
senza poter percorrere tanta strada ad andatura spedita per far girare la dinamo e
quindi ricaricare la batteria. Nel progetto si cercò di ottenere sia una buona potenza
quanto la coppia massima a basso numero di giri. Ormai il tempo degli inseguimenti
era finito per la Polizia. Finiti i tempi in cui la Guzzi li riforniva di Condor e di Falcone
Sport: proprio la radio e le mutate condizioni del traffico le rendevano superflui. Ma
la Polizia non si è accontentata di questi test. Ha voluto due prototipi da usare per la
scorta al Giro d'Italia e per affidarli a diversi agenti, così da vederne la resistenza.
Dopo 31.000 Km ce le hanno restituite senza aver fatto la minima manutenzione.
Allo smontaggio i motori delle due moto, che avevano sempre funzionato bene, si
presentano in perfette condizioni, decretando l'approvazione definitiva e la firma sul
contratto di fornitura della nostra bicilindrica.
Da moto militare a moto civile
Una volta definito il contratto per le forniture militari si procede col preparare
alcune moto per uso civile. Viene presentata una prima versione destinata alla
vendita del pubblico al Salone del Ciclo e Motociclo di Milano del 1965 e si decide la
costruzione di una serie pilota di 300 esemplari. Saranno pronti dopo due anni e
verranno messi in vendita al prezzo di 725.000 lire.
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I dati di omologazione ridimensionano al loro giusto livello potenza e prestazioni. I
50 CV SAE pubblicizzati diventano 40 secondo le norme CUNA che esigono la prova
del motore completo di silenziatori e di filtro aria e non consentono durante la prova
gli aggiustamenti permessi dalle norme SAE.
La velocità massima controllata effettivamente su strada risulta essere di 164 Km/h
ed il consumo di 7 litri/100 km (sempre secondo le norme CUNA).
Nonostante questo ridimensionamenti la V7 desta un enorme impressione in un
mercato come quello italiano dove non si era mai vista una moto così imponente.
(tratto da Legend Bike, anno 7 numero 70, e da Motociclismo d'epoca, anno 9 numero 10)
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