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Il nuovo Governo regionale e la sfida che ci attende

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Il nuovo Governo regionale e la sfida che ci attende
TuttoSanità
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Sommario
Editoriale
Il nuovo Governo regionale
e la sfida che ci attende
Antonio Battista *
Si è da poco votato per il rinnovo del Presidente della Giunta Regionale e del
Consiglio regionale.
Tra non molto avremo anche un nuovo Esecutivo regionale espressione della
coalizione che ha vinto le elezioni.
Questo importante passaggio istituzionale cade in un momento di importanti
decisioni a livello centrale riguardanti la Carta Costituzionale e l’impianto federalista
del Paese.
La Regione Puglia dovrà, quindi, confrontarsi con processi di vasta portata
rispetto ai quali andranno ricalibrati sia i rapporti con lo Stato centrale, con le altre
Regioni e, perché no, con l’Unione Europea, sia l’azione politico istituzionale, orientata ad affrontare questioni vecchie e nuove.
In campo sanitario si pone, oltre che un problema di rapporti esterni alla Regione, quello interno relativo a come erogare i servizi a tutela della salute dei cittadini.
E’ di circa un mese fa la nuova Intesa in sede di Conferenza permanente tra Stato
e Regioni da cui derivano puntuali e complessi adempimenti per queste ultime,
senza dei quali si potrebbero avere notevoli ripercussioni sul finanziamento del
Sistema Sanitario Regionale.
C’è da definire con urgenza quali adattamenti organizzativi della struttura regionale saranno in grado di garantire quanto previsto dalla suddetta Intesa, oltre che
dalla normativa vigente, in primo luogo della legge finanziaria per il 2005, che, purtroppo, prevede forti limitazioni alla spesa pubblica ed a quella sanitaria, in particolare.
Per quanto riguarda, poi, il versante erogativo dei Livelli Essenziali di Assistenza, il prossimo Governo Regionale, qualunque fosse la risoluzione da prendere,
dovrà necessariamente affrontare almeno i seguenti temi:
€ rielaborazione del Piano Sanitario Regionale;
€ eventuale rideterminazione degli ambiti territoriali delle Aziende UU.SS.LL.,
anche in considerazione dell’istituzione della sesta provincia;
€ rielaborazione degli atti di programmazione, consequenziale alle scelte di politica sanitaria regionale, con particolare riferimento alla Ristrutturazione della rete
ospedaliera, anche per rispettare i nuovi parametri stabiliti dall’intervenuta Intesa
Stato-Regioni.
Il compito di fronte al quale si trova la Regione non è di poco conto.
L’augurio è che il nuovo Presidente, la nuova Giunta, il nuovo Consiglio Regionale, con il concorso delle Comunità locali, di tutte le forze politiche e sindacali,
delle Organizzazioni dei cittadini, della Comunità-scientifica e degli operatori, siano
in grado di affrontare la sfida offrendo e realizzando prospettive di sviluppo del
sistema socio-sanitario pugliese, orientandolo sempre più a tutelare, quanto più
universalmente e globalmente possibile, la salute individuale e collettiva.
* Direttore Medico
Tholos Editrice s.r.l. -Via Ungaretti n.c. - Alberobello (Ba)
tel.080.4323449
/ fax 080.4327182
e-mail:
[email protected]
Certificazione di Qualità UNI EN ISO 9001:2000 - Certificato n° 7947
€ Editoriale
Il nuovo Governo regionale e la sfida
che ci attende / A. Battista
pag. 1
• Quale riabilitazione in Puglia?
Forum
pag. 4
€ La visita odontoiatrica in età scolare
per la diagnosi precoce di malattia
celiaca / M. T. Montagna
pag. 8
€ Il “Dipartimento oncologico integrato”: un modello organizzativo per una
“Carta dei Servizi Oncologici” nella
AUSL BR/1 / O. Narracci
pag. 10
€ Insufficienza renale cronica: i
risultati nella provincia di Taranto
G. Colucci ed altri
pag. 12
€ Un rinnovato ruolo per i consultori
L. Di Stefano
pag. 16
€ Disturbi del comportamento alimentare: un’indagine della AUSL BA/3
G. Colacicco, S. Cotugno
pag. 17
€ La Carta dei servizi delle dipendenze
patologiche. G. Mammana
pag. 18
€ La Qualità dei Servizi Sanitari nella
pag. 22
Regione Puglia / P. Camboa
• Trapianti in Puglia: Piano triennale
Giunta Regionale
pag. 26
• Programmi di educazione alla
Salute e all’alimentazione
pag. 29
• Il protocollo d’intesa per la medicina
penitenziaria
pag. 30
• La “mission” etica per la Sanità
M. Pulimeno Ph.D.
pag. 38
• Normativa Nazionale e Regionale in
materia di tutela dei non fumatori
pag. 42
• Sanità - Legge Finanziaria dello
Stato 2005
pag. 48
• Il testo integrale dell’articolato in
materia sanitaria e sociosanitaria
della legge di bilancio
regionale 2005
pag. 56
• Nuovi orizzonti assistenziali AUSL
BR/1 / B. Causo
pag. 62
TuttoSanità
Anno 11° n. 76 - Marzo - Aprile 200
5
2005
Reg. Trib. Bari n. 1062 del 23-9-1991
Direttore Editoriale Mino Grassi
Direttore Responsabile Enzo Lorusso
Direttore Scientifico Antonio Battista
Copertina e Grafica: CREATTIVA
Editore THOLOS EDITRICE srl
Stampa TIPOLITOGRAFIA RADIO
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La Direzione non si assume la responsabilità delle
inserzioni pubblicitarie. Dati e notizie riportati su
TuttoSanità possono essere ripresi citando la fonte.
Chiuso in Tipografia il 22 Aprile 2005
Questo periodico è associato
all’Unione Stampa Periodica Italiana
n. 76 Marzo - Aprile 2005 ...............................................................................................................................................................................
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TuttoSanità
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Forum
Quale riabilitazione in Puglia?
Concetta Pesce, Presidente A.I.FI. Pu-glia
(Associazione Italiana
Fisioterapisti)
La riabilitazione, come
recitano le Linee Guida del
Ministero della Sanità, è un processo di
soluzione dei problemi e di educazione,
nel corso del quale si porta una persona a
raggiungere il miglior livello di vita possibile sul piano fisico, funzionale, sociale
ed emozionale con la minor restrizione
possibile delle sue scelte di vita.
E’ chiaro che la persona bisognosa di
cure si aspetta, e ne ha il diritto, di avere
prestazioni mirate e qualitativamente elevate. Purtroppo, molto spesso, accade
invece che si trovano ad affrontare proposte terapeutiche lontane da ogni logica scientifica.
Nella nostra Regione, ove comunque
esiste una cultura riabilitativa molto forte, si è assistito, e si assiste ancora purtroppo, ad una grande disomogeneità di
interventi, ad una convivenza, non sempre integrata, tra servizi pubblici di tipo
ospedaliero e territoriale e strutture private convenzionate. Strutture private che,
in taluni casi, sono più preoccupate di
alzare il livello quantitativo delle prestazioni piuttosto che quello qualitativo, ma
che in linea generale lavorano per garantirsi una competitività adeguata. Questo
deve far riflettere sul fatto, si spera, che
non siano i servizi pubblici a restare al
palo. Per la carenza di personale
riabilitativo e/o, in alcuni casi, di una non
adeguata distribuzione delle risorse sul
territorio.
Il miglioramento del livello di servizio
agli utenti e contestualmente del grado di
efficienza nello svolgimento dell’attività,
dovrà rappresentare per la nostra Regione, un obiettivo prioritario.
4
La domanda
Il Piano sanitario Regionale 2002 – 2004 ha dato particolare rilevanza alla Riabilitazione sia territoriale che ospedaliera. Rispetto alle scelte
della programmazione regionale e alle possibili modalità
organizzative, qual è la Sua
opinione ?
Si dovrà costruire un percorso assistenziale che sia il risultato di una modalità organizzativa che assicuri tempestivamente al cittadino, in forma coordinata, integrata e programmata, l’accesso
informato e la fruizione appropriata e condivisa dei servizi sanitari di zona e dei servizi ospedalieri in rete, in relazione agli
accertati bisogni di diagnosi, cura e riabilitazione.
L’evoluzione professionale di questi
ultimi anni, che è approdata con i decreti
sui nuovi profili delle professioni sanitarie, alla legge 42/99 ed alla Legge 251/2000,
ha seguito l’evoluzione organizzativa del
Sistema Sanitario Nazionale che, con il
passaggio all’aziendalizzazione, ha concretamente avviato una organizzazione del
lavoro per modelli professionali.
L’organizzazione che si dovrà dare,
quindi, dovrà prendere in considerazione
la volontà governativa di investire sulle
figure professionali sanitarie (nello specifico di area riabilitativa), con l’istituzione di strutture organizzative professionali, al fine di garantire il miglioramento delle prestazioni e favorire il processo di
aziendalizzazione, nonché lo sviluppo e
l’implementazione di metodologie di pianificazione “per obiettivi”. La partecipata
presenza di questi operatori nell’organiz-
zazione della Sanità, produrrà, secondo il
parere del legislatore, un salto di qualità
nella gestione delle risorse umane, soprattutto per la specificità che le stesse sono
oramai in grado di offrire nelle prestazioni sanitarie, ai migliori livelli. E’ proprio il
contenuto scientifico e professionale,
acquisito o acquisibile e impostato in forte progressione, a determinare il primo
importante fattore di sviluppo e di crescita di un Servizio riabilitativo qualificato.
Leonardo Trivisano,
Direttore Medico Servizio Sovradistrettuale di
Assistenza Riabilitativa
AUSL FG/3
Certamente il piano sanitario regionale 2002/4 si è interessato della attività
riabilitativa territoriale ed ospedaliera dando ad essa una rilevanza maggiore rispetto al passato. Tuttavia bisogna riconoscere che esso risulta insufficiente e
carente sotto diversi aspetti anche perché da solo senza atti consequenziali ha
smosso ben poco. Stiamo meglio rispetto al passato ma, potremmo stare meglio
nel futuro.
Volendo entrare nel merito cominciamo col dire che:
1) sebbene tutti gli studi pongano ai
primi posti delle statistiche sulla disabilità
le malattie neuromotorie ed osteoarticolari,
si è fatta una scelta che destina una quota superiore al 60% di posti letto a
patologie di natura cardiorespiratoria,
parlo ovviamente della situazione nella
provincia di Foggia. Questa scelta ovviamente non risolve a sufficienza le
problematiche legate alle patologie tipiche dei neurolesi e dei motulesi. Accanto
a tale insufficienza, tipica della situazione
foggiana, vi è l’assenza di posti letto pubblici sia nell’Azienda Mista, Ospedaliera-
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Universitaria che nell’ AUSL territoriale
FG/3. Gli unici posti letto di riabilitazione
per neurolesi e motulesi sono i 25 posti
presenti presso la Casa Divina Provvidenza;
2) è apprezzabilissima la visione
sovradistrettuale del servizio di Riabilitazione territoriale, tuttavia, sempre prendendo in considerazione la realtà provinciale, è da sottolineare che in assenza di
una precisa regolamentazione, ogni
AUSL si è data una organizzazione diversa che a volte sembra ingovernabile. Alcune ausl non hanno neanche deliberato l’istituzione del servizio sovradistrettuale. Premesso che un servizio
quale quello della riabilitazione deve essere integrato con i distretti socio-sanitari, assistiamo, in assenza di regolamento,
ad attività di programmazione disgiunta
tra distretti e sovradistretti, con tutte le
conseguenze che questo determina sia
nella gestione delle attività riabilitativa
che in quella protesica. L’integrazione
voluta dal piano sanitario regionale tra le
due strutture è indispensabile affinché le
varie forme riabilitative vengano fornite
in modo adeguato e competente. Le attività di riabilitazione da effettuare a livello
distrettuale devono prevedere la presenza di specialisti e personale del servizio di
riabilitazione onde programmare meglio
l’attività riabilitativa. Infatti sebbene in
quasi tutte le AUSL si sia provveduto alla
individuazione dell’ attività riabilitativa
per l’età adulta e per l’età evolutiva svolta a livello ambulatoriale e domiciliare, la
mancata integrazione della struttura
distrettuale e sovradistrettuale comporta
ancora oggi dispersione di energie e talvolta confusione tra l’ Assistenza
Domiciliare Sanitaria e l’Assistenza
Domiciliare Integrata. Il lavorare
separatamente tra il distretto ed il
sovradistretto potrebbe addirittura comportare che lo stesso paziente usufruisca
contemporaneamente di trattamento
riabilitativo ADS o ADI ed il trattamento
riabilitativo domiciliare ex art. 26 L.833/78.
In relazione a quanto detto si rende
necessario chiarire e rafforzare l’attività
dei servizi sovradistrettuali in modo da
facilitare l’orientamento di tali servizi in
senso dipartimentale. Nel caso specifico
della Ausl FG/3 perché non pensare a un
dipartimento interaziendale Università Azienda ospedaliera –Territorio ?
Aldo Capasso, Direttore
Sanitario
Azienda ospedalierouniversitaria “Ospedali Riuniti” di Foggia
I mutamenti intervenuti, e quelli in
corso, nella struttura demografica e sociale delle popolazioni dei Paesi dell’Europa occidentale, legati fondamentalmente all’allungamento della vita media,
alla contrazione della natalità ed alla presenza di consistenti flussi migratori, da
una parte, e le migliorate condizioni di vita
e di lavoro in generale, i progressi registrati in campo scientifico e clinico, la crescente attenzione ed aspettativa alla “qualità” della vita e l’ampliata consapevolezza di Utenti ed Operatori in ordine ai temi
della salute e della malattie dall’altra, hanno contribuito ad indurre un progressivo
allargamento dell’area del “bisogno” di
riabilitazione.
E’, dunque, indispensabile che “la domanda” e “l’offerta” dei servizi di riabilitazione siano adeguate ai bisogni, per
consentire l’appropriatezza, l’accessibilità, l’efficacia, la sicurezza e la razionalità
economico-gestionale degli interventi socio-sanitari relativi.
Ritengo che le coordinate generali cui
devono ispirarsi la programmazione, l’organizzazione e la gestione delle attività
riabilitative siano sintetizzabili in dieci
punti:
1) Centralità dell’Utente e della sua famiglia e deciso orientamento dei servizi
alle necessità/aspettative di tali soggetti;
2) Visione unitaria e globale, e cioè
sistemica, delle attività socio-riabilitative,
che consenta l’indispensabile coesione
ed integrazione dei servizi sanitari, sociali, educativi e formativi intorno alla persona dell’Utente ed alla sua famiglia, di cui
deve essere favorita la massima partecipazione alla definizione e gestione del progetto riabilitativo individualizzato;
3) Strutturazione “a rete” distribuita
sul territorio dei servizi riabilitativi e loro
organizzazione funzionale secondo il modello cosiddetto matriciale (dipartimenti e
disease management teams inter-dipartimentali);
4) Multipolarità della rete dei servizi
socio-sanitari (domicilio; distretto; ospedale) per consentire risposte appropriate,
qualificate e tempestive nelle varie fasi
degli accertamenti dei trattamenti (fase
acuta, intensiva ed estensiva; diagnosi;
riabilitazione precoce; interventi di sostegno e mantenimento dei soggetti stabilizzati);
5) Integrazione delle competenze professionali con l’area del volontariato e
dell’impegno sociale;
6) Individuazione di almeno due livelli di attività riabilitativa, destinati rispettivamente alla riabilitazione in età evolutiva
e all’area delle disabilità degli adulti;
7) Realizzazione di strutture riabilitative di elevata specializzazione per patologie di particolare gravità e complessità
clinico-assistenziale, come è il caso degli
eventi traumatici vertebro-midollari (Unità Spinali);
8) Attivazione di un osservatorio
epidemiologico regionale sulle disabilità
e sui risultati delle prestazioni (epidemiologia valutativa) e introduzione di tecniche e procedure chiare e condivise di miglioramento continuo della qualità dei
servizi e delle prestazioni;
9) Obbligo di programmazione e realizzazione di progetti riabilitativi
individualizzati, pur nel rispetto di linee
guida e standard professionali condivisi
di trattamento;
10) Impegno costante sul versante
della formazione e dell’aggiornamento
professionale degli Operatori.
Le scelte programmatiche e le iniziative realizzate od in corso di realizzazione
nella Regione Puglia (riabilitazioni
ospedaliere generali e specialistiche; servizi di distretto; piani di integrazione socio-assistenziale; ospedalizzazione domiciliare; assistenza domiciliare integrata;
RSA; ospedali di comunità; progetti finalizzati al potenziamento delle neuropsichiatrie infantili, etc.) appaiono orientate ad un più efficace e capillare servizio
agli Utenti, in linea con i più moderni orientamenti in materia di organizzazione e tecnica sanitaria, i bisogni e le legittime aspettative della collettività.
Francesco Diomede,
Presidente AISTOM e
World Federation of
Incontinence Patients
In Puglia il concetto
di riabilitazione è lacuno-
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so e molto complesso, gli stessi fondi governativi e regionali sono sempre più
risicati e spesso vengono gestiti da
pseudo cooperative o Associazioni che
sui pazienti fanno business. Ad esempio,
per i pazienti stomizzati ed incontinenti la
riabilitazione non è mai esistita. Al contrario, se questi pazienti fossero riabilitati riusciremmo a risparmiare milioni di euro
l’anno ed i soldi che la Regione Puglia
oggi spende in pannoloni, cateteri, traverse, ecc., ecc... sarebbero pienamente
recuperati. E’ pur vero che questo dato è
in sintonia con quello di altre regioni, ma
tutto ciò non deve vederci allegri, anzi
deve spronarci ad investire sulla riabilitazione e sulla prevenzione primaria e secondaria. Sì, perché a mio parere i due
concetti viaggiano in modo parallelo. Riabilitare significa poter consentire ad una
persona disabile o in grave difficoltà di
essere pienamente reinserito nella società, non diventando un peso e migliorando la sua qualità di vita, garantendogli il
lavoro, quello vero, non il misero assegno mensile d’invalidità (al limite della
dignità umana) civile o l’invalidità INPS
per chi già lavora. Riabilitare significa avere dei politici regionali e dirigenti sanitari
locali che hanno il coraggio di investire
sui pazienti, risparmiando e valorizzando
le risorse umane, eludendo molti studi
privati di psicologi e neurologi. Sì, perché è il lavoro che nobilita l’uomo, non la
mera assistenza.
Antonio Spanevello,
Direttore
Istituto
Scientifico di Cassano
Murge (Ba) Fondazione S. Maugeri
Il settore della riabilitazione è stato oggetto di un notevole
impegno da parte degli organi regionali
preposti, che hanno effettuato un’ analisi
puntuale dei bisogni legati all’attività
riabilitativa di alta specialità. Tale atto
programmatorio si inquadra nel nuovo sistema di riferimento delineato dalle Linee
Guida per la Riabilitazione emanate dal
Ministero della Sanità. I punti più qualificanti di tale riordino hanno riguardato la
riorganizzazione del settore, con particolare attenzione alla riabilitazione d’organo.
Infatti, l’intervento riabilitativo deve
essere considerato parte integrante del
6
processo di cura.
Da ciò si evince la scelta, pienamente
condivisa, di inserire la Riabilitazione
Pneumologica e Cardiologica nei reparti
per acuti, rispettivamente, di Pneumologia
e Cardiologia, distinguendosi, così, dalla
riabilitazione più tradizionale qual’ è quella Neuromotoria.
La filosofia sanitaria che supporta questa scelta è, a mio parere, vincente nei confronti del paziente che riceve assistenza
più specialistica e pertanto d’eccellenza.
CITTA' DI LECCE
HOSPITAL
Autorizzata dalla Regione Puglia con Det. Dir. n. 6 del 01/02/99
Direttore Sanitario: Prof. Giuseppe Martines
73100 Lecce € Via Provinciale per Arnesano, Km 4 €
tel. 0832/229111 € fax 0832/229819 € www.gruppovillamaria.it
Sede Legale: Piazza Trisi, 16 € 48022 Lugo (RA) € Tel. 0545/909711 € fax 0545/27510
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SAN FRANCESCO srl
NUOVA CLIONICA
SAN FRANCESCO S.R.L.
CASA DI CURA PRIVATA
Direttore Sanitario Dott. Gerardo Di Miscio
Specialista in chirurgia generale, urologia e cardioangiochirurgia
( aut. n. 170 bis del 9/11//1995 )
Via degliAviatori, 128 - 71100 FOGGIA
- Tel. 0881.65.92.11 - Fax 0881.65.92.06 www.nuovasanfrancesco.it
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Direttore Sanitario Dr. Antonio Talia
(Aut. Reg.le n. 185 bis del 17.11.95)
Via Vittime Civili, 112 - 71100 Foggia
Tel. 0881.742958/9 - 744898 - Fax 0881.719028
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Consanit
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Prevenzione
La visita odontoiatrica in età scolare può orientare
verso una diagnosi precoce di malattia celiaca?
I risultati di uno screening condotto in alcune scuole di Bari e provincia
Maria Teresa Montagna *
La malattia celiaca è una patologia infiammatoria cronica a carico della mucosa
dell’intestino tenue, dovuta ad un’intolleranza permanente al glutine. Comporta
malassorbimento per la progressiva
atrofia dei villi intestinali e può insorgere
in qualsiasi periodo della vita con una
manifestazione “classica o tipica”,
prettamente pediatrica, ed una “atipica”,
che può essere diagnosticata anche in età
adulta. La presenza di manifestazioni
extraintestinali, che caratterizzano queste
forme, non sempre è sufficiente per porre
il sospetto di malattia (4, 11).
Da un punto di vista epidemiologico,
durante gli anni ’50 la prevalenza della
celiachia era stimata pari a 1/8000 in Inghilterra e Galles e a 1/4000 in Scozia (7).
Negli ultimi 15 anni, attraverso l’avvento
di più specifiche tecniche diagnostiche,
si è constatato che questa malattia presenta una diffusione più ampia sia in Europa che nel NordAmerica (1/120-300). In
realtà, i dati sembrano ancora sottostimati
a causa dell’estremo polimorfismo clinico
che contraddistingue questa patologia e
che ne rende difficile la diagnosi (4, 8, 12).
Le manifestazioni extraintestinali si rilevano spesso a livello del cavo orale. Alcuni Autori hanno dimostrato che aftosi
recidivanti, displasia dello smalto, lingua
a carta geografica e dermatite erpetiforme
si manifestano con una frequenza significativamente maggiore nei soggetti celiaci
rispetto alla popolazione normale (1, 2, 6,
9, 10, 13-15), pertanto il riscontro di alterazioni intraorali potrebbe essere suggestivo di forme atipiche e/o silenti della
malattia (15) e orientare l’odontostomatologo verso alcuni specifici accertamenti ematochimici, quali la ricerca di
anticorpi anti-gliadina (AGA) di classe A
e di classe G, anticorpi anti-endomisio
(EMA) di classe A e anticorpi antitransglutamminasi (tTG) di classeA (8, 12).
8
La ricerca degli AGA costituisce un
test di primo livello, sia nei pazienti affetti
da forme atipiche che in soggetti apparentemente asintomatici (4, 11). Gli
anticorpi EMA sono presenti in fase acuta e risultano strettamente correlati alla
dieta priva di glutine: alcuni studi hanno
dimostrato che i soggetti con mucosa intestinale nella norma, ma EMA positivi,
spesso sviluppano una enteropatia
celiaca conclamata (celiachia potenziale
o latente) (5). Infine, la ricerca degli
anticorpi anti-tTG costituisce oggi un test
affidabile poiché l’enzima transglutamminasi ha un ruolo fondamentale nella
fisiopatogenesi della malattia. Per quanto
la conferma definitiva di celiachia sia affidata all’esame bioptico della mucosa digiunale, queste indagini ematochimiche
risultano fondamentali per svelare precocemente una malattia celiaca.
Poiché la celiachia è una malattia che
espone al rischio di complicanze
neoplastiche, tra cui il linfoma intestinale
non Hodgkin (5), una diagnosi precoce
diventa un aspetto importante della prevenzione, al fine di indirizzare quanto prima i pazienti verso una dieta priva di
glutine.
Alla luce di queste considerazioni, è
stato condotto uno screening per malattia celiaca in un gruppo di soggetti
pediatrici asintomatici allo scopo di valutare il ruolo delle lesioni del cavo orale
nella diagnosi precoce di celiachia.
Protocollo di studio. Complessivamente sono state arruolate 7 scuole di Bari
e provincia (1 elementare e 6 medie inferiori), per un totale di 837 studenti, di età
compresa tra 6 e 13 anni. Previo consenso informato, è stata effettuata una visita
odontoiatrica presso l’ambulatorio medico scolastico, allo scopo di individuare
eventuali patologie orali riferibili a sospetta malattia celiaca (aftosi, displasia dello
smalto dentale, glossite migrante, manifestazioni intraorali di dermatite
erpetiforme). I soggetti positivi all’esame
obiettivo sono stati sottoposti al
dosaggio ematico di tTG IgA e, in parallelo, di AGA IgA e IgG; in caso di positività,
si è proceduto con il dosaggio di EMA
IgA e IgA sieriche totali; ove necessario,
è stata consigliata la biopsia intestinale,
quale test di conferma.
Risultati. L’esame obiettivo odontoiatrico ha selezionato 667 soggetti con
manifestazioni orali riportabili a sospetta
malattia celiaca (79.7%). Tra le lesioni più
frequenti, sono state rilevate ipoplasia
dello smalto dentario e aftosi recidivanti.
Sulla base di questi primi dati, 229 bambini (134 femmine e 95 maschi) hanno accettato di sottoporsi alle indagini
ematochimiche. In nessun caso è stato
riscontrato deficit sierologico di IgA totali né sintomi di malassorbimento o
patologie di base.
Quattro bambini (1.7%) sono risultati
positivi per anticorpi AGA, EMA e tTG:
tutti presentavano ipoplasia dello smalto
dentario, uno accusava anche aftosi
recidivante. Sottoposti a biopsia intestinale, il sospetto di malattia celiaca è stato
confermato dal riscontro di infiltrazione
flogistica linfoplasmacellulare con
deplezione delle cellule caliciformi
mucipare e atrofia sub-totale o parziale dei
villi intestinali. Inoltre, è stato identificato anche un quinto caso, dal momento
che i genitori di uno dei quattro piccoli
pazienti hanno chiesto di sottoporre gli
altri componenti della famiglia a controlli
ematochimici.
Considerazioni. L’individuazione
complessiva di 5 casi di celiachia su 229
bambini asintomatici ma che presentavano alterazioni odontostomatologiche non
ci permette al momento di parlare di stretta correlazione tra lesioni del cavo orale e
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malattia celiaca, tuttavia risulta indubbio
che un’attenta collaborazione in ambito
scolastico tra figure specialistiche diverse potrebbe rappresentare un nuovo traguardo nella prevenzione secondaria della celiachia. In particolare, pediatra, odontoiatra e medico igienista, incoraggiando
i controlli odontoiatrici nelle scuole, potrebbero consentire la selezione di casi
sospetti in bambini asintomatici che resterebbero non diagnosticati sino all’insorgenza di manifestazioni cliniche più
gravi. Di conseguenza, la possibilità di
intervenire precocemente in età pediatrica,
sia correggendo gli eventuali deficit di
sviluppo che prevenendo le manifestazioni polidistrettuali della celiachia, rappresenta di per sé una meta importante, soprattutto se supportata dalla possibilità
di limitare l’evoluzione della malattia in
senso neoplastico (5). Inoltre, se si considera che il nostro studio, oltre ad individuare pazienti affetti da malattia celiaca,
ha permesso di rilevare anche gravi
patologie odontostomatologiche di cui il
bambino e la sua famiglia non erano al
corrente, si può concludere che la promozione di screening odontoiatrici nelle
scuole elementari e medie inferiori deve
essere considerata ancora oggi uno dei
principali obiettivi della medicina preventiva in età scolare.
Novità Editoriali
* Dipartimento di Medicina Interna e Medicina Pubblica - Sezione di Igiene, Università
degli Studi di Bari
Ringraziamenti
Si ringraziano per la preziosa collaborazione i dottori Daniela Tatò (Dip. Medicina Interna e Medicina Pubblica- Sezione di Igiene),
Christian Napoli (Dip. Scienze Biomediche ed
Oncologia Umana), Michele De Benedittis e
Luca Pastore (Dip. Odontostomatologia e Chirurgia), Mariella Baldassarre e Osvaldo Montagna (Dip. Biomedicina dell’Età Evolutiva)
dell’Università degli Studi di Bari.
Bibliografia
1. Aguirre JM, Rodriguez R, Oribe D, Vitoria
JC. Dental enamel defects in celiac patients.
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Endod 1997 ; 84(6):646-50.
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n. 76 Marzo - Aprile 2005 ...............................................................................................................................................................................
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TuttoSanità
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Integrazione ospedale/territorio
Il “Dipartimento oncologico integrato”: un modello organizzativo
per una “Carta dei Servizi Oncologici” nella Azienda USL BR/1
Ottavio Narracci *
Il Piano Sanitario Regionale 2002-2004
individua nella articolazione tra servizi
territoriali ed ospedalieri lo strumento per
garantire la assistenza ai pazienti affetti
da malattie tumorali, e fornisce indicazioni operative circa le attività di prevenzione, che vanno perseguite attraverso programmi di educazione sanitaria ed interventi nell’ambito delle esposizione a rischio in ambienti di lavoro, i programmi di
“screening” e linee guida, la promozione
di strutture di eccellenza, nonché circa la
assistenza ai malati terminali.
Sulla base di tali premesse, uno sviluppo organizzativo della assistenza
oncologica si rende necessario, nel territorio della AUSL BR/1, non soltanto per
dare concreta attuazione alle indicazioni
fornite dal Piano Sanitario Regionale in
materia di assistenza alle malattie tumorali,
ma anche per rispondere alle importanti
sollecitazioni in materia rivenienti da fattori di ordine epidemio-logico, clinico e
sociale, oggi più che mai in grande evidenza.
Per le particolari caratteristiche di questo settore assistenziale, tale sviluppo
deve essere più che mai ispirato alla logica organizzativa della “linea produttiva
dedicata”, ovvero deve tendere ad una
forte integrazione dei servizi e delle attività presenti sul territorio fino a delineare
un processo con caratteristiche di continuità, al quale il Cittadino deve poter accedere in ogni specifica fase del suo bisogno assistenziale.
Per realizzare questo processo, occorre mettere in rete ed integrare tutti i centri
erogatori di servizi in ambito oncologico,
secondo un modello organizzativo di “Dipartimento Aziendale Integrato”. Pertanto tutte le strutture operative, indipendentemente dalla loro allocazione tecnico-giuridica e/o dalla rispettiva afferenza ai livelli assistenziali della prevenzione, del
territorio, dell’ospedale nonché della integrazione socio-sanitaria, devono convergere verso un unico obiettivo, ovvero
la realizzazione della “linea produttiva
dedicata” di servizi assistenziali oncologici.
Il “Dipartimento Oncologico Integrato” si sviluppa a partire dalla rete dei servizi aziendali e prevede la integrazione dei
seguenti settori:
ed informazione sanitaria alla popolazione, secondo obiettivi individuati a livello
regionale (prevenzione primaria), ed anche secondo linee produttive legate alla
condu-zione di particolari campagne di
“screening” su tutto il territorio aziendale
(prevenzione secondaria). Tali campagne
necessitano di un adeguato supporto tecnico-specialistico nel settore della informazione e comunicazione.
Epidemiologia e Statistica.
Ufficio Aziendale per la Formazione
Fornisce al sistema le informazioni necessarie per individuare i “targets” assistenziali, in termini qualitativi e
quantitativi. In particolare, garantisce le
seguenti informazioni:
- dati di mortalità, incidenza e prevalenza relativi principalmente ai “big killer”
(tumori del polmone, della mammella, del
grosso intestino, della prostata), nonché
alle forme tumorali espressive di rischio
ambientale. Tali flussi informativi necessitano di essere implementati attraverso
la disponibilità, ancorché parziale, dei dati
con cui da più anni laAUSL BR/1 alimenta il Registro Tumori jonico-salentino.
- dati macroscopici sulle fasce di popolazione a rischio per singole forme
tumorali, allo scopo di poter programmare e predisporre campagne di “screening”
sul territorio, in applicazione dei progetti
di prevenzione già finanziati e di quelli
previsti dall’Accordo CSR del 29 luglio
2004, relativamente ai tumori della mammella, del collo dell’utero e del grosso intestino.
predispone programmi di formazione
accreditata per il Personale, aperti anche
ai Medici di famiglia e ai Pediatri di libera
scelta, relativamente agli obiettivi formativi di interesse regionale ed aziendale in
ambito oncologico.
Dipartimento di Prevenzione
Attraverso la funzione della Educazione Sanitaria, predispone gli strumenti tecnici, metodologici ed operativi per la
condu-zione di campagne di educazione
Territorio/Ospedale
L’integrazione tra Ospedale e Territorio è lo strumento primario individuato
dal Piano Sanitario Regionale 2002-2004
per garantire la assistenza ai pazienti
oncologici. Le attività ed i servizi prodotti
da questo livello di integrazione devono
essere allocati ed organizzati nell’ambito
di ciascun Distretto Sanitario; essi possono essere così riassunti:
- Attività di “screening”. Sono promosse innanzitutto le attività di
“screening” in materia di tumori della
mammella, del grosso intestino e dei tumori dell’apparato genitale femminile, finanziate in base a quanto previsto dall’Accordo intervenuto nella Conferenza
Stato Regioni del 29.7.2004. Tale accordo
prevede che il Distretto Sanitario formuli
inviti personalizzati alle fasce di popolazione a rischio a recarsi presso Strutture
aziendali appositamente individuate ove
effettuare, rispettivamente, mammografia,
sangue occulto nelle feci, PAP-Test. Al-
10 ................................................................................................................................................................................ n. 76 Marzo - Aprile 2005
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tre attività di “screening” possono essere promosse, sulla base delle necessità
epidemiologiche, dei supporti professionali e delle risorse disponibili.
- Prestazioni diagnostiche. Occorre ulteriormente favorire l’accesso alle prestazioni diagnostiche dei pazienti affetti da
malattie tumorali. Per questo, deve essere
selezionata una agenda differenziata nei
CUP per pazienti con diagnosi oncologica
che effettuano prestazioni ad essa collegate.
- Assistenza domiciliare. Particolare
enfasi è da attribuire alla integrazione delle attività di assistenza domiciliare erogate dalle associazioni convenzionate nel
processo organizzativo dipartimentale.
Inoltre, le attività di assistenza domiciliare
sono da implementare con una funzione
territoriale di cure palliative, per la quale
sono inoltre sono previste risorse
aggiuntive nell’ambito dei Progetti di PSN
2003-2005, in via di approvazione dalla
CSR.
- Ambulatori oncologici di 1° livello.
Sono collocati di norma nell’ambito
distrettuale (poliambulatorio, consultorio
familiare, ecc.). Svolgono essenzialmente
attività di primo orientamento clinico-diagnostico e di “screnning”.
- Ambulatori oncologici di 2° livello.
Sono collocati nell’ambito ospedaliero,
presso le Unità Operative di Oncologia
(Brindisi, Fasano, Francavilla). Poiché il
territorio del Distretto di Mesagne non
dispone di UU. OO. ospedaliere di
Oncologia, una ulteriore struttura ambulatoriale di 2° livello potrà essere individuata presso lo S.O. di Mesagne oppure
presso lo S.O. S. Pietro Vernotico. Essi
svolgono attività di consulenza per i pazienti assistiti negli altri reparti di degenza
ospedalieri, garantiscono la erogazione di
terapia farmacologia, gestiscono i protocolli clinici e di monitoraggio dei pazienti
in carico.
Funzione ospedaliera
- Degenza ordinaria, degenza in DH,
ospedalizzazione domiciliare. Tali funzioni sono assicurate con i posti letto di
Oncologia istituiti ed attivati nella rete
ospedaliera aziendale: 20 posti letto nel
P.O. Brindisi + 6 posti letto nel P.O. Fasano
+ 6 posti letto nel P.O. Francavilla + 6 poltrone di Onco-Ematologia a Brindisi.
- Alta specialità. Le funzioni oncologiche a maggiore complessità assistenziale sono assicurate dalle UU. OO. mediche e chirurgiche specialistiche (attive o
da attivare), allocate soprattutto presso il
P.O. “Perrino” di Brindisi, tra cui è da annoverare anche la U.O. Radiote-rapia. Gli
Specialisti Oncologi garantiscono la integrazione del circuito assistenziale in favore dei pazienti non ricoverati nella U.O.
Oncologia, mediante la presa in carico del
paziente e la conseguente consulenza clinico-professionale. Tale modalità di integrazione garantisce di fatto la assistenza
specialistica in regime di degenza presso
il P.O. “Perrino”, nelle more della attivazione di posti letto di Oncologia.
Coordinamento dipartimentale
E’ da prevedere la costituzione di un
nucleo direzionale del Dipartimento
Oncologico Integrato, la cui configurazione di base deve comprendere il Dipartimento di Onco-Ematologia ospedaliero,
una Figura di coordinamento distrettuale,
l’Ufficio di Staff Epidemiologico-statistico, una rappresentanza delle Associazioni dei Cittadini e dei Medici di Famiglia.
Tale sistema organizzativo, pur non
modificando le caratteristiche funzionali
delle strutture in quanto i centri erogatori
continuano ad erogare le prestazioni ed i
servizi di propria competenza, può favorire un profondo cambiamento nella percezione della qualità della assistenza ricevuta da parte dei Cittadini. Infatti, i servizi
erogati non sono più estemporanei ed
autonomi, bensì fanno riferimento ad un
contesto assistenziale unitario e continuativo, fino a diventare espressione di una
vera e propria “Carta dei Servizi
Oncologici” condivisa tra la Azienda Sanitaria ed i Cittadini.
Da questo scaturisce anche la necessità di considerare la comunicazione tra
Azienda USL e Cittadini come “momento
forte e qualificante” del circuito assistenziale oncologico, la cui utilità non consiste solo nel far conoscere l’offerta dei
servizi, ma anche nel promuovere occasioni di confronto e condivisione, necessarie per consolidare quella “alleanza solidale” tesa alla promozione della salute,
soprattutto in questo particolare settore.
*Direttore dell’Ufficio per lo Sviluppo
Organizzativo
(formazione-qualità-accreditamento) AUSL BR/1
TuttoSanità
L’informazione Sanitaria in Puglia.
TuttoSanità, periodico bimestrale
TuttoSanitàNews, quindicinale
TuttoSanità on line
http://www.tuttosanita.it
e-mail: [email protected]
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Assistenza territoriale
Insufficienza renale cronica: i risultati
di uno studio condotto nella provincia di Taranto
Nove medici hanno controllato 1081 ultrasessantenni: una proposta di screening per i medici di base
G. Colucci, F. Pavone, P. Iacovazzo, L. Caliandro, D. Saracino, D. Cazzetta,
A. De Bari, A. Baldari, O. Lippolis, C. Basile°, L. Vernaglione*,L Amati#
Introduzione
La precoce identificazione dei pazienti con Insufficienza Renale Cronica sembra essere sempre più appannaggio del
Medico di Famiglia (MdF) per l’aumento
continuo di incidenza di questa malattia.
L’Insufficienza Renale Cronica è una delle condizioni morbose che maggiormente
pesano sulla spesa sanitaria nei paesi industrializzati. Infatti in Italia è la seconda
patologia per spesa pubblica dopo il diabete mellito. I costi variano notevolmente
con il progredire della patologia (dalla fase
intermedia a quella terminale) (1). Un intervento medico precoce nel paziente
uremico in predialisi, con la cura dell’ipertensione arteriosa, dell’anemia, del diabete, della dislipidemia e del metabolismo
calcio-fosforo , può ridurre la morbilità e
la mortalità anche dopo l’inizio del trattamento sostitutivo. Per cui anche se il concetto di Referral si deve considerare una
attività dinamica da adattare ai diversi gradi di uremia, non c’è dubbio che il maggior problema del riferimento dei pazienti
al Nefrologo rimane la difficoltà di ricercare procedure che definiscano correttamente e per tempo la popolazione a rischio.
La determinazione della sola creatinina
serica (Scr), però, anche se ancora usata
come screening test per le disfunzioni
renali, non è più sufficiente. Infatti pazienti
anche con importante riduzione del filtrato glomerulare (GFR), possono presentare normali i valori della Scr e sfuggire ad
un giusto Timely Referral (1). Questo è
particolarmente vero per la popolazione
anziana: applicando infatti la formula di
Cockcroft-Gault ci accorgeremo che molti
di questi soggetti, anche con significativa riduzione del filtrato glomerulare, possono sfuggire ad uno screening basato
sulla sola determinazione della Scr.
Scopo del lavoro: studiare una popo-
Età anagrafica (anni)
Creatininemia (mg/dl)
Clearance
creatinina
(ml/m’)
CCG (ml/m’)
PAS (mmHg)
PAD (mmHg)
PAM (mmHg)
P differenziale (mmHg)
MEDIA + DS
72,06 + 7,05
0,95 + 0,36
77,28 + 23,60
RANGE
60 - 96
0,5 - 9,2
6,9 - 189,4
65,69 + 20,06
136,07 + 11,64
78,65 + 7,98
97,78 + 7,99
57,41 + 10,32
5,8 - 161,0
110 – 180
45 – 140
76,7 – 140
0 – 105
Tabella I – Caratteristiche clinico-anagrafiche dei pazienti.
Maschi ( n = 460)
Femmine ( n = 621)
60 – 70 anni (%)
25,8
16,7
71 – 80 anni (%)
61,7
41,3
> 81 anni (%)
90,5
82,7
Tabella II – Prevalenza di soggetti con CCG < 60 ml/m’ stratificata per età e sesso.
lazione di soggetti ultrasessantenni per
individuare, con l’uso della formula di
Cockcroft-Gault, la prevalenza di IRC. In
letteratura infatti non sono a tutt’oggi
presenti statistiche che riguardino l’insorgenza e le prime fasi della malattia con
iniziale riduzione del GFR, ma solo studi
fatti su pazienti in Uremia Terminale.
Pazienti e metodi
Pazienti: lo studio ha interessato 9
medici della provincia ionica, con un numero medio di circa 1.500 assistiti ciascuno (totale 13.289). La provincia di Taranto
conta circa 587.000 abitanti.
Si tratta di uno studio durato 12 mesi
durante i quali i medici coinvolti hanno
arruolato i pazienti di età superiore ai 60
anni che, per motivi diversi, si sono rivolti al loro MdF.
Su una popolazione totale di 3335
ultrasessantenni ne sono stati screenati
1081. Ciascun paziente (M- range età 6093 ; F-range età 60-96) è stato sottoposto
a valutazione della clearance della
creatinina con o senza patologia, della
pressione arteriosa (Pressione Arteriosa
Sistolica (PAS), Pressione Arteriosa
Diastolica (PAD), Pressione Arteriosa
Media (PAM) e Pressione Arteriosa Differenziale) e del peso corporeo, della età
anagrafica, nonché della creatininemia, al
fine di ricavare la clearance di CockcroftGault (CCG) (riconosciuta valida nelle linee guida della Società Italiana di
Nefrologia) secondo la formula classica
(apportando una correzione di 0,85 per i
soggetti di sesso femminile):
CCG = (140 – età anagrafica) x peso
corporeo (Kg)/ 72 x creatininemia (mg/dl).
Analisi statistica
Per l’analisi statistica è stato
utilizzato:lo studio delle frequenze e l’analisi della regressione logistica, ed è stata
condotta mediante il software SPSS (SPSS
Inc, Chicago IL, USA).
Risultati: In tabella I sono indicati i
valori medi dei parametri anagrafici e clinici rilevati nei 1081 pazienti esaminati.
I dati espressi in tabella II indicano
che il sesso maschile è gravato da una
maggiore percentuale di soggetti con
CCG < 60 ml/m’. Inoltre con l’aumentare
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della età anagrafica, verosimilmente sia
per l’invecchiamento fisiologico che per
l’incremento delle vasculopatie ad esso
correlato, vi è un aumento della prevalenza di soggetti con
CCG < 60 ml/m’.
Al fine di determinare quale dei parametri valutati predice la presenza di una
CCG < 60 ml/m’, è stata eseguita l’analisi
della regressione logistica con la CCG
come variabile binaria (0 = CCG < 60 ml/
m’; 1 = CCG > 60 ml/m’) e, come variabili
indipendenti, gli altri parametri riportati in
tabella I, nonché la presenza di diabete
(19,1 % di tutti i pazienti), ipertensione
arteriosa (47,7 % di tutti i pazienti) o entrambi (13,8 % di tutti i pazienti). Questa
analisi ha dimostrato che i fattori di rischio
significativi per una CCG < 60 ml/m’ sono
l’età anagrafica (Odds Ratio: > 70 anni/ <
70 anni = 2,07; p < 0,05), il sesso (Odds
Ratio: M/F = 1,38; p < 0,05) ed il diabete
(Odds Ratio: D/ND = 1,18; p < 0,05). L’ipertensione arteriosa, pur presente spesso
in pazienti con CCG < 60 ml/m’, non si è
dimostrata statisticamente significativa
quale fattore di rischio, verosimilmente per
la relativa esiguità numerica del campione studiato.
La tab.3 mostra che con l’aumento
dei valori pressori si riduce il GFR.
I rimanenti diabetici-ipertesi con altre
patologie associate costituiscono un ultimo gruppo a se stante perché scarsamente omogeneo. Di 144 soggetti:M 52, F
92 , 19 (13.8%) presentavano un GFR < 40
ml/m, a forte rischio di IRC.
Discussione : Dal VI reporter del registro Apulo –Lucano di Dialisi e Trapianto
2001 è riportato il numero dei pazienti in
uremia terminale cronica: 4469 al 31/12/
1999. Di questi 3582 in Dialisi e 887 Trapiantati viventi di cui 57% maschi e con
una prevalenza di 993/106 ab.; il 23% di
questi soggetti è affetto da patologie
vascolari (Ipertensione Arteriosa e Diabete Mellito tipo 2) e si nota il trend di un
progressivo aumento dell’età dei pazienti
che presenta una significativa incidenza
(30%) nell’età tra 65-75 anni (2).
Dati del National Health and Nutrition
Examination (NHANES III) mostrano una
prevalenza di 0.8-10.9 per milione di abitanti (pmp) di IRC iniziale; lo studio è stato fatto su 12.000 soggetti in USA(3). D’al-
Età
Clcr
Clcrf
PA max
PA min
PAM
PAD
Creatinina
Validi
(listwise)
Normali
1081
1081
1081
1081
1081
1081
1081
1081
Minima
60
6.848
5.821
110
45
76.67
0
0.5
Massima
96
189.44
161.02
180
140
140
105
9.2
Media
72.06
77.28
65.69
136.07
78.65
97.78
57.41
0.95
Dstd
7.049
23.6
20.065
11.636
7.979
7.99
10.32
0.36
1081
Tab. 3 Rapporto fra Età, Pressione arteriosa e GFR
tronde dati Inglesi stimano una prevalenza di 600/pmp di soggetti con creatinina >
300 mmol/ml (4). Dal registro della società
Apulo-Lucano di Nefrologia si nota una
prevalenza di 993/ pmp.(2).
E’ dunque necessario per questi pazienti un appropriato management che
però necessita di un precoce riferimento
al Nefrologo: diversi studi infatti indicano (5-12) che i pazienti Early Referral (ER)
hanno migliori risultati dal punto di vista
della morbilità e mortalità (13) rispetto al
Late Referral (LR) e per di più impiegano
minori risorse realizzando un auspicato
risparmio.
Il maggior problema del riferimento al
Nefrologo rimane ancora la non corretta
definizione della popolazione a rischio per
difficoltà di metodiche di screening. Si è
già detto che la Scr non può essere più
considerata un marker di indagine e
screening del paziente Nefro-patico. Già
uno studio Canadese su 2781 soggetti,
che nel corso di un mese eseguivano
creatininemia, dimostrava un’alta prevalenza di pazienti con GFR (calcolato con
la formula di C-G) ridotto significativamente, pur avendo valori di crea-tinina sierica
assolutamente normali ed indicava il calcolo del GFR con questa metodica un valido aiuto per la precoce identificazione di
pazienti con disfunzione renale (14).
D’altronde ER dipende dallo screening
dei pazienti da parte del personale Medico con cui per prima vengono a contatto:
nella stragrande maggioranza dei casi il
MdF. L’analisi dei dati mostra quali fattori
di rischio significativi per una CCG < 60
ml/m’:l’età anagrafica (Odds Ratio: > 70
anni/ < 70 anni = 2,07; p < 0,05), il sesso
(Odds Ratio: M/F = 1,38; p < 0,05) ed il
diabete (Odds Ratio: D/ND = 1,18; p <
0,05).L’ipertensione arteriosa, pur presente spesso in pazienti con CCG < 60 ml/m’,
non si è dimostrata statisticamente signi-
ficativa quale fattore di rischio, probabilmente per il ridotto numero di soggetti
studiati. Questo studio dimostra ampiamente che la clearance della creatinina
calcolata con la formula di C-G è di facile
applicazione, di buon gradimento da parte dell’utente, al quale non si crea disagio
(complicate raccolte di urine etc.) ed è un
metodo di screening estensibile a tutti i
nostri pazienti per poter individuare le disfunzioni renali.
Successivamente si può scegliere di
inviare il paziente al Nefrologo oppure,
nei primi stadi, di porre noi i primi presidi
terapeutici applicando la “Good Medical
Care” cioè lo stretto controllo dell’ipertensione, il trattamento dell’iperlipidemia,
dell’anemia e un’attenta prevenzione e
cura delle complicanze del diabete (15).
Attraverso il counselling che ci è proprio
possiamo indirizzare il nostro paziente
verso un più corretto stile di vita (16). I
dati ottenuti da questo studio mostrano
che la riduzione del GFR è correlata all’età
e al diabete ma presenta una prevalenza
maggiore anche nei soggetti ipertesi.
Conclusioni : lo screening dei pazienti con disfunzione renale può essere effettuato attraverso il calcolo della
clearance della creatinina applicando la
formula di Cockcroft-Gault, un esame semplice, attendibile, poco costoso.
Medici di Medicina Generale, °Responsabile U.O. di Nefrologia e Dialisi Martina Franca,
*U.O. di Nefrologia e Dialisi Manduria. IRCCS
“S. DE BELLIS” Castellana Grotte (BA) #
Bibliografia visibile sul sito www.tuttosanita.it
n. 76 Marzo - Aprile 2005 ...............................................................................................................................................................................
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Aventis
nuova
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Materno infantile
Un rinnovato ruolo per i consultori in Puglia
In un momento di particolare attenzione legislativa sul ruolo della famiglia
Luca Di Stefano
Organizzato dalla Fondazione “Identità e Futuro” a Bari si è tenuto recentemente un interessante convegno sul rinnovato ruolo dei consultori familiari delle
Aziende Sanitarie Locali, in un momento
di particolare attenzione legislativa al ruolo
della famiglia come ‘luogo privilegiato di
prevenzione ed educazione’ ai comportamenti sanitari corretti.
In effetti, la recente Legge-quadro regionale per la Famiglia e, nello specifico,
il Piano regionale delle Politiche Sociali,
pongono particolare attenzione alle funzioni ed alle attività erogate dai Servizi
consultoriali pubblici e privati che trovano la loro naturale attuabilità nei Piani Territoriali di Zona, che le AUSL di Puglia
stanno stipulando a livello distrettuale con
tutti i Comuni competenti per territorio.
Tutti i relatori del convegno hanno
sinergicamente evidenziato come l’ Unità
operativa di Assistenza consultoriale sia
il Servizio di semplice e diretta accessibilità ai cittadini dove è quindi possibile
ancora realizzare:
1. Prevenzione primaria
2. Integrazione delle professionalità
sociali e sanitarie-specialistiche.
3. Interventi di sostegno socio-sanitario
4. Tutti gli interventi erogati a livello
distrettuale dalla AUSL per fasce di popolazione che non potrebbero essere altrimenti raggiunte (vedi adolescenti, coppie, extracomunitari, ecc.)
L’introduzione della Prof.ssa Cettina
Fazio Bonina, Presidente della Fondazione Identità e Futuro e past-president della Consulta Regionale Femminile ha sottolineato come i consultori, nati per volontà delle donne negli anni ’70, continuano ancora oggi la loro opera di sostegno ed accoglienza soprattutto per le
donne in difficoltà prima e dopo il periodo di gestazione o per la corretta prevenzione delle gravidanze indesiderate. Questo nonostante il mutare delle esigenze e
degli attuali tempi sociali caratterizzati
dalla crisi dei valori familiari e della comunicazione all’interno ed all’esterno della
famiglia.
La prof.ssa Fazio Bonina ha parlato
di Servizi consultoriali come ‘patrimonio
delle donne’ e dei cittadini che necessitano di trovare sul territorio extraospedaliero la risposta ai condivisi bisogni di salute primaria.
L’ Avv.to Paolo Pellegrino, Direttore
Generale dellaAUSL Bari 4 di Bari, ha sostenuto l’importanza di un potenziamento
nelle risorse umane e strumentali di tali
Servizi, auspicando l’incremento del numero di Consultori raggiungibili dalla
utenza barese e della provincia.
Dopo l’attuata realizzazione del piano
di riordino ospedaliero l’interesse della gestione sanitaria è certamente rivolto agli investimenti nelle strutture e nei servizi
distrettuali, dove è realistico poter ottenere
prestazioni sanitarie ed a valenza sociale di
alta qualità e dove è necessario lavorare ulteriormente per poter definiti-vamente superare le differenze tra ospedale e territorio,
creando sinergie e coordinamento.
L’ Assessore regionale alla sanità,
Dott. Salvatore Mazzaracchio, ha ufficialmente smentito qualsiasi ipotesi di ‘tagli’ o ridimensionamenti dei Servizi territoriali, chiarendo con fermezza che verranno rispettati gli standard minimi previsti dal DPCM 29 novembre 2001 sui Livelli Essenziali di Assistenza, che indicano
in n° 1 Consultorio ogni 20.000 abitanti lo
standard per tutti i territori delle AUSL.
Certamente il ruolo dei Consultori a
30 anni dalla loro istituzione, rimane determinante soprattutto perchè nella loro
identità multidisciplinare, sociale e specialistica, questi Servizi sono da sempre i
piu’ vicini ai cittadini ed il livello di gradimento lo dimostra.
Il Dott. Nicola Di Donna, Direttore di
Distretto Socio-Sanitario dellaAUSL Bari 4
è intervenuto evidenziando le difficoltà di
collegamento e di ‘lavoro di rete’ che i
Consultori Familiari si trovano a dover quotidianamente affrontare all’interno della stessa Azienda Sanitaria e, maggiormente, con
le Istituzioni Locali del Distretto (Tribunali,
scuole, Servizi Sociali Comunali, ecc.).
Il superamento di tali inevitabili difficoltà puo’ essere favorito esclusivamen-
te dalla buona interpretazione ed attuazione delle norme legate ai Piani di Zona.
Il Dott. Gianni Ferrucci, Dirigente di
Unità Operativa Consultoriale dellaAUSL
Bari 4 e Responsabile della Federazione
Italiana Psicologi della Regione Puglia,
puntualizzando il nuovo ruolo dei
consultori all’interno del processo di
aziendalizzazione della sanità e dei distretti, ha presentato un interessante quadro
della attuale condizione dei Servizi
consultoriali pugliesi in riferimento agli
standard previsti dai Livelli Essenziali di
Assistenza, dimostrando come nuove
potenzialità ed inderogabili necessità di
valorizzazione della salute pubblica passino attraverso la promozione ed il
potenziamento della Unità Operativa di
Assistenza consultoriale.
“Il Consultorio - ha affermato il Dott.
Ferrucci - può essere non più ‘Centro di
Costo’ ma ‘Centro di Reddito e di Investimento’ per la Azienda Sanitaria, se la
programmazione ed il monitoraggio delle prestazioni erogate e della loro qualità dovesse essere realizzati e soddisfatti.”
Le conclusioni del convegno, che ha
visto una notevole partecipazione di addetti ed operatori dei servizi sociali e sanitari, sono state affidate al Dott. Michele Grandolfo, dell’Istituto Superiore di Sanità di Roma, che, con partecipazione e
decisione, ha ribadito il ruolo preminente
dei consultori che non dovrebbero mai
perdere l’identità e le finalità per la quale
sono stati istituiti.
La soluzione dei problemi ed il
superamento delle difficoltà gestionali
saranno possibili, per il Dott. Grandolfo,
solo a condizione di una corretta applicazione delle leggi in vigore e, soprattutto,
del “Piano Nazionale Materno Infantile”
considerato l’unico strumento in grado
di permettere la corretta erogazione degli
interventi sociali, psicoterapeutici, ginecologici e pediatrici che il Servizio
consultoriale continua e continuerà ad
erogare, privilegiando tutte le forme di
prevenzione primaria e la salute della donna e della famiglia in primo piano.
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TuttoSanità
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Salute mentale
Disturbi del comportamento alimentare:
un’indagine della AUSL BA/3
Un’iniziativa in linea con gli obiettivi strategici della Regione Puglia
Gregorio Colacicco * Salvatore Cotugno **
La AUSL BA/3 ha approvato nello scorso febbraio il Progetto “Disturbi del comportamento alimentare” DCA, ad iniziativa
dello specifico Gruppo di Lavoro Aziendale.
Si tratta di un’iniziativa che contrad-distingue in termini di efficienza e di innovazione la AUSL BA/3, risultando perfettamente
in linea con le strategie di politica sanitaria del Piano Sanitario Nazionale 2003-2005 e gli obiettivi strategici della Regione Puglia.
La AUSL ha previsto un Servizio per i DCA e Obesità che affiancherà il “Centro Studi e Ricerche per i DCA” della AUSL LE/ 1,
l’unico attualmente presente tra le varie Aziende Sanitarie pugliesi.
Il Gruppo di Lavoro multidisciplinare costituitosi secondo le indicazioni della letteratura scientifica, del Ministero della Salute
e della stessa Regione Puglia, vede, sin dal principio, la partecipazione attiva di:
· Direzione Sanitaria
· Dipartimento di Salute Mentale (DSM)
· Dipartimento Dipendenze patologiche (DDP)
· Dipartimento di Prevenzione-SIAN
· Distretti Socio-Sanitari (DD.SS.SS)
· Medici di Medicina Generale (MMG)
· Pediatri di Libera Scelta (PLS)
· Consultorio Altamura
· Reparto Medicina P.O. Altamura
· Dipartimento Materno Infantile
Il coordinamento dello stesso gruppo è stato affidato dalla Direzione Generale al Direttore del DSM dr. Salvatore Cotugno,
promotore sin dal principio del processo che ha portato alla predisposi-zione del Progetto DCA della AUSL BA/3.
Tale progetto è sintetizzabile nelle seguenti tre azioni:
A. predisposizione di un progetto di indagine epidemiologica e costruzione di un sistema informativo aziendale orientato alla
valutazione degli stili di vita e ed abitudini alimentari dei giovani nonché al monitoraggio epidemiologico dei DCA: “Progetto di
Indagine Epidemiologica sugli stili di vita ed abitudini alimentari dei giovani”;
B. predisposizione di un percorso aziendale per l’assistenza ai disturbi del comportamento alimentare ed obesità, al fine di
garantire l’integrazione della rete fra i professionisti di diverse discipline: “Percorsi Assistenziali per i DCA della AUSL BA/3”;
C. costruzione di un progetto aziendale di formazione sui DCA volto al miglioramento dell’assistenza su tutto il territorio della
regione: “Progetto Formativo Aziendale per i DCA”;
In particolare:
• Il “Progetto di Indagine Epidemiologica sugli stili di vita ed abitudini alimentari dei giovani”, che ha visto il contributo
particolare dei dr. S. Anelli, dr. B. Giorgio, dr.ssa M. Moramarco, dr.ssa G. Olivieri, dr. M. Tomanelli, si rivolgerà:
• da una parte ad un campione di circa 1500 studenti di alcune scuole di tutti i comuni della AUSL BA/3, nella fascia di età 1318 aa, ossia dal terzo anno di scuola media al quinto anno di scuola media superiore;
• dall’altra, sarà tesa a conoscere l’eventuale presenza, presso gli ambulatori dei Medici di medicina generale e Pediatri di
libera scelta della AUSL BA/3, di casi clinici rientranti nei criteri diagnostici dei DCA, le abitudini alimentari, gli abusi voluttuari,
le variazioni di peso estreme tra l’utenza giovanile nella fascia di età 13-18 aa e 19-24 aa.
• L’approccio terapeutico multidisci-plinare, nel modello predisposto con il contributo diretto dei ddrr. F. Calvario, S.
Cotugno, B. Giorgio, che è un tentativo di risposta alla complessità e alla multifattorialità dei Disturbi del Comportamento
Alimentare, prevede, pertanto, un’équipe di lavoro dove siano presenti diverse professionalità (psichiatra, psicologo, internista,
educatore, dietista).
Le indicazioni sono per una struttura fisica dedicata ove l’èquipe multiprofessionale dovrà operare, salvaguardando lo
stigma su tali problematiche con evidenti componenti psicopatologiche e fornendo il proprio intervento sia in regime ambulatoriale sia in day hospital, naturalmente in base al programma terapeutico-riabilitativo individualizzato.
La stessa èquipe potrà avvalersi del supporto di un Centro Diurno ove poter mettere in atto specifici interventi riabilitativi,
laboratori di scrittura e pittura, incontri per gruppi di self-help di genitori.
• Fondamentale il coinvolgimento dei MMG e PLS, attraverso i rispettivi rappresentanti aziendali dr. P. Scalera e dr. N.
Schiavariello, sia durante i lavori per la predisposizione del Progetto DCA sia per l’indagine epidemiologica e per i percorsi
assistenziali che seguiranno.
* Direttore AUSL BA/3
** Direttore Dipartimento salute mentale AUSL BA/3
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TuttoSanità
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Dipendenze patologiche
La Carta dei professionisti pugliesi
dei servizi delle dipendenze patologiche
Elaborata recentemente a Bari
Giuseppe Mammana *
Il Workshop regionale indetto e realizzato dall’Acudipa (Associazione italiana per la cura delle dipendenze patologiche) recentemente a Bari sul tema “ Le
cure per i tossicodipendenti nel sistema
sanitario pugliese : luci, ombre e cambiamenti necessari “ si è svolto con la partecipazione di oltre duecento professionisti pugliesi dei servizi pubblici e privati
delle dipendenze patologiche da sostanze d’abuso. I professionisti presenti nella seduta plenaria conclusiva hanno
evidenziato i grandi cambiamenti che si
sono realizzati anche in Puglia in tale fenomeno, le attuali carenti risposte istituzionali e la forte esigenza di una generale
ridefinizione del sistema di prevenzione,
cura e riabilitazione per gli aspetti che vengono evidenziati di seguito .
Poiché le tematiche individuate richiedono approfondimenti e collaborazione
istituzionale viene dato a questo documento la forma della“Carta“intesa come
sintesi delle tematiche stesse .
Questi temi diventano punto di riferimento dei professionisti stessi sia per la
loro specifica e singola azione professionale sia per il cambiamento che viene richiesto a servizi ed istituzioni locali e regionali competenti in materia .
La Carta
1) Riconoscere ai dipendenti da sostanze d’abuso la possibilità della osservazione clinica e della disintossicazione protetta.
Nell’ambito dei servizi disponibili nella Regione è stata registrata la assoluta
carenza di strutture specifiche e specialistiche adeguate ad una osservazione e
disintossicazione protetta dalle sostanze
d’abuso che spesso rappresenta un primo passo fondamentale per :
-una corretta osservazione e diagnosi
-una precoce individuazione dei casi
con problemi psichiatrici
-una adeguata preparazione e motivazione a percorsi riabilitativi efficaci e
personalizzati
-una corretta impostazione dei programmi farmacologici che superi l’attuale
impostazione del monofarmaco sostitutivo come panacea di tutti i mali.Si devono
offrire adeguatamente ai pazienti anche
gli altri possibili trattamenti farmacologici
oggi disponibili (agonisti/antagonisti ed
antagonisti).Infine occorre integrare costantemente gli interventi farmacologici
con quelli psicologici,educativi e di
socializzazione anche nella fase e nei luoghi della disintossicazione.
La attuale carenza di tali strutture contribuisce alla inefficacia ed inefficienza di
molti interventi clinici, alla cronicizzazione
di molti pazienti,ad esiti e costi di trattamento indefinibili nel tempo.
2) Riconoscere ai dipendenti da sostanze d’abuso il diritto alla diagnosi.
Gli attuali assetti dei servizi per le
tossicodipendenze limitano fortemente le
possibilità di una corretta diagnosi della
condizione di dipendenza,della sua gravità ed intensità,dei suoi aspetti di
comorbilità psichiatrica.
Per questi motivi:
-si rischia di realizzare trattamenti con
una insufficiente diagnosi preliminare che
alla lunga possono divenire inefficaci e
cronicizzanti
-si sottovaluta l’esigenza di trattamenti per la comorbilità psichiatrica
-è sottodimensionato il problema del
valore medico-legale della diagnosi ed in
tale ambito i professionisti sono esposti
a gravi rischi soprattutto per i pazienti
sottoposti a provvedimenti della magistratura .
Una corretta diagnosi può essere realizzata soltanto:
-supportando i professionisti del settore con approfondimenti di addestramento e formazione all’utilizzo di strumenti
diagnostici non autoreferenziali e validati
dalla letteratura scientifica internazionale
- in contesti idonei alla diagnosi attualmente in larga parte indisponibili (centri per la disintossicazione ed osservazione,centri diurni semiresidenziali)
3) Riconoscere ai dipendenti da sostanze d’abuso il diritto alla cura in contesti adeguati alla gravita dei loro problemi ed al buon esito dei trattamenti.
In una patologia caratterizzata da una
potenziale e tendenziale cronicità per il
buon esito dei trattamenti occorre non
soltanto la buona capacità professionale
dei clinici ma anche la disponibilità di
contesti non monolitici ,ma articolati e
specifici che consentano la flessibilità, la
personalizzazione e la temporizzazione dei
trattamenti stessi in un continuum assistenziale
Attualmente nella nostra Regione i
contesti curativi e riabilitativi (Sert e comunità terapeutiche )si caratterizzano per
una rigidità non adeguata a tali esigenze
,alla pluralità delle sostanze d’abuso ed
alla varietà delle forme della dipendenza
patologica . Difatti:
-nel territorio sono disponibili soltanto strutture ambulatoriali (Sert) spesso
inadeguate alla gravità dei casi in trattamento
-le strutture riabilitative (comunità
terapeutiche ) hanno prevalente carattere
residenziale
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TuttoSanità
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-sono del tutto assenti gli spazi intermedi come centri diurni e centri
semiresidenziali utili per le fasi di osservazione e diagnosi,di inserimento post
riabilitativo , nonché per il trattamento di
casi nei quali le condizioni dei pazienti , la
possibilità di coinvolgere la famiglia e di
mantenere il lavoro consentano programmi più elastici e meno costosi
- a causa della esistenza di questi contesti limitativi i programmi di trattamento
sono troppo rigidamente configurati in
modalità soltanto ambulatoriali e residenziali concorrendo per queste caratteristiche alla frequente inefficacia e cronicizzazione nei loro esiti.
4) Riconoscere ai dipendenti da sostanze d’abuso il diritto alla cura in carcere.
Più di un terzo dei detenuti si trova in
condizioni di abuso o dipendenza da
sostanze psicoattive .
Il personale sanitario delle carceri dedicato ai tossicodipendenti che già operava in numero ridotto rispetto agli
standard previsti dal Dpr 309/90 dipendeva funzionalmente dal Ministero della
Giustizia e nel corso del 2004 è transitato
alle Aziende Sanitarie locali con contratti
non omogenei a quelli della Sanità e con
impegni orari largamente sottostimati rispetto al carico di utenza ed alle necessità cliniche. In queste condizioni i trattamenti della condizione di dipendenza realizzati all’interno delle carceri possono
frequentemente rivelarsi :
-insufficienti dal punto di vista
quantitativo
-inefficaci dal punto di vista qualitativo
-realizzati in setting che richiederebbero minore promiscuità tra i detenuti e
maggiore integrazione tra le esigenze di
custodia e quelle terapeutiche
-rischiosi dal punto di vista del permanere della condizione di abuso e dipendenza nel carcere stesso con gli evidenti
risvolti criminali che ne discendono
-inadeguati dal punto di vista di una
formazione comune ed integrata tra personale sanitario e personale del Ministero della giustizia
Un miglioramento della situazione non
può prescindere dall’affrontare tali
problematiche
5) Riconoscere concretamente ai dipendenti da alcool il diritto alla cura
Nonostante il problema dell’alcool sia
segnalato nella letteratura scientifica ed
epidemiologica insieme a quello dei
cannabinoidi come quello della sostanza
di accesso di molti adolescenti all’abuso
di droghe e quindi come un problema di
primaria importanza nella prevenzione
degli abusi e delle dipendenze nella nostra Regione soltanto tardivamente e senza grande concretezza si sono predisposti specifici interventi e strutture capaci
di affrontare tale problema . A tutt’oggi:
- l’utenza degli alcoolisti con difficoltà si rivolge allo stesso servizio nel quale
vengono curati gli altri tossicomani da
sostanze illegali (Sert) e perciò è necessario configurare all’interno dei Dipartimenti
per le dipendenze patologiche aree di servizio specifiche per gli alcoolisti :
- sono rare le strutture riabilitative residenziali e semiresidenziali specifiche per
gli alcoolisti
-per questi motivi è assai ridotta
l’esperienza clinica e l’efficacia degli interventi per gli alcoolisti i quali non assistiti adeguatamente maturano gravi danni psicofisici e sociali nel corso della loro
esperienza d ‘abuso e dipendenza
6) Dedicare la dovuta attenzione alla
prevenzione primaria tra gli adolescenti rafforzando la cultura e l’educazione
che contrastino l’uso di droghe, individuando le aree di rischio e vulnerabilità , curando precocemente gli adolescenti che abusano di droghe.
In tutta Europa l’Osservatorio europeo delle tossicodipendenze (OEDT) segnala il problema ingravescente ed allarmante degli adolescenti che entrano in
contatto con le droghe (soprattutto i
cannabinoidi e l’alcool) e che non trovano alcuna risposta idonea e dedicata a
questa fascia di età.
Tra di essi nascono i futuri tossicodipendenti. In Italia ed in Puglia il problema
non è meno grave ma, paradossalmente
si osserva che:
-calano le segnalazioni istituzionali di
minori che fanno uso di droghe alle Prefetture, ma,al contrario, le rilevazioni
epidemiologiche condotte tra gli studenti
(ad es. lo studio europeo Espad documen-
tano una percentuale sempre più alta di
consumatori di droghe tra gli adolescenti.
-sembrano dunque diminuiti attenzione , allarme ed interventi nella fase di primo contatto degli adolescenti con le droghe.
- scarsa ed insufficiente nelle scuole e
nei luoghi frequentati dagli adolescenti è
l’azione di contrasto culturale ed
educativo al consumo di droghe, soprattutto quella che renda gli adolescenti ed i
giovani protagonisti
-ancora scarsa nelle scuole e nei luoghi frequentati dagli adolescenti è l’attenzione ai fattori di rischio specifico e di
vulnerabilità individuale e sociale che
dovrebbero suggerire poi interventi mirati di prevenzione .
-rare sono le modalità operative consistenti nel contatto attivo con gli adolescenti più a rischio come per esempio gli
interventi in strada, nei luoghi frequentati dai giovani, gli interventi domiciliari .
-scarse sono le possibilità di disporre
di strutture riabilitative dedicate ai minori
che fanno uso di droga
-nei luoghi protetti della giustizia
minorile il problema non trova risposte
specialistiche e ne viene sottovalutato il
potenziale patologico evolutivo
dal punto di vista della dipendenza
7) Utilizzare correttamente le risorse
della legge 328 e dei piani di zona per
la prevenzione e l’inserimento e ricostituire un fondo regionale per progetti di
implementazione degli interventi curativi e riabilitativi in materia di dipendenze da sostanze d‘abuso.
Il varo e l’attuazione della legge 328
nella nostra Regione può costituire una
importante occasione per andare incontro ad alcune importanti istanze operative
affrontate nei punti precedenti.
Ciò può avvenire se vengono rispettate alcune condizioni :
- La riserva di risorse disponibili per le
tossicodipendenze deve vedere una consultazione adeguata dei professionisti
pubblici e privati del settore relativa alle
modalità di utilizzo delle stesse e sin dalle
prime fasi di costruzione dei piani di zona.
- L’azione di contrasto e prevenzione
primaria dell’uso di droghe deve riconoscere obiettivi ed interventi coerenti con
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le necessità segnalate dai servizi e dai professionisti e deve mirare sia al contrasto
culturale ed educativo alle droghe ed al
benessere dei giovani ,sia alle aree di rischio
- L’azione di inserimento deve essere
molto attenta ad evitare i rischi assistenziali e per questo motivo gli interventi di
tal genere devono essere necessariamente concordati nel maggior dettaglio possibile con professionisti e servizi specialistici che abbisognano costantemente nel
loro lavoro di possibilità concrete di inserimento per i loro pazienti che si sottopongono a trattamenti riabilitativi.
-azioni di supporto integrate sono
necessarie nell’area della famiglia ,dei
minori,della salute mentale della povertà
-poiché la legge 328 sostituisce il fondo regionale per la lotta alla droga derivante dal DPR 309/90 l’area del sostegno
ai progetti per la cura e la riabilitazione
non è più sostenuta da alcun fondo e ciò
avviene paradossalmente in un momento
in cui le esigenze di ampia modificazione
di strutture ed interventi in materia richiedono investimento di risorse pena la decadenza dell’intero sistema e la condanna dei nostri pazienti ad un cronicizzazione
che può essere prodotta dagli stessi servizi.
8) Costituire in ogni Asl il Dipartimento per le dipendenze patologiche
come previsto dalla legge ,definirne il
regolamento operativo ,dotarlo di risorse economiche ed umane.
La complessità delle problematiche e
degli interventi da affrontare richiede luoghi e tempi idonei per la sintesi, la progettazione e la programmazione operativa.
Questo luogo e questo tempo sono costituiti dal Dipartimento per le dipendenze patologiche dove possono incontrarsi, progettare,programmare ed operare il
pubblico ed il privato,il sociale ,il sanitario e la cultura tutti necessari per l’ efficacia e l’ efficienza degli interventi . Esso è
di fatto già istituito con legge regionale
ma risulta inattivo nella stragrande maggioranza delle Asl regionali.
Ciò avviene perché:
-non è mai stato definito un regolamento che declini i principi della legge
regionale in quanto a competenze e limiti
dell’azione Dipartimentale soprattutto in
relazione ai Sert ed al privato sociale nei
singoli ambiti operativi territoriali.
-in modo analogo e per questi motivi
non si sono potute avviare relazioni organiche ,costruttive ed importanti con i
servizi di salute mentale e quelli materno
infantili necessarie ad affrontare con efficacia molti problemi della prevenzione ,del
trattamento e della comorbidità psichiatrica.
-di conseguenza in nessuna Asl è stato definito un organigramma dipartimentale coerente con tali esigenze e realmente operativo
- non sono mai state definite le risorse
umane ed economiche utili e necessarie a
sostenere la nuova organizzazione dipartimentale dei servizi per le dipendenze
patologiche da sostanze d’abuso.
Su tutti questi temi i professionisti
pugliesi dei servizi pubblici e privati
sanitari,sociali e culturali operanti nel cam-
po delle dipendenze patologiche da sostanze d’abuso sollecitano il Presidente
della Regione Puglia, l’intera Giunta Regionale Pugliese ed in primis l’Assessore alla Sanità ed ai Servizi Sociali, l’Ares
ed il suo Direttore, Il Consiglio Regionale
Pugliese ed i Capigruppo dei Partiti politici presenti in Consiglio Regionale a tenere nella dovuta considerazione il delicato settore delle dipendenze patologiche
per il peso che esso ha nello sviluppo civile ed evoluto dei nostri cittadini e delle
nuove generazioni.
Le particolari tematiche che vengono
suggerite in questo documento soprattutto per quella parte che concerne i cambiamenti istituzionali richiesti saranno
oggetto di successive iniziative rivolte alle
istituzioni citate ed alla soluzione dei problemi qui indicati nel pieno rispetto delle
rispettive e specifiche competenze .
* Presidente Acudipa
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Autorizzata dalla Regione Puglia con Det. Dir. n.202 del 09/01/1996
Direttore Sanitario: Dott. Francesco Casulli
70124 Bari • Via Camillo Rosalba, 35-37 • tel. 080/5644111 • fax 080/5644678/5042487
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RESP. DR. N. DANESE - Spec. in Radiologia Medica
RESP. DR. M. FORMOSO - Spec. in Medicina Fisica e Riabilita.ne
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Abasan
nuova
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Qualità
Una proposta per il miglioramento della
qualità dei servizi sanitari nella Regione Puglia
Il ruolo centrale della formazione degli operatori all’audit
Pierluigi Camboa *
L’Associazione Pugliese dei Direttori
e Dirigenti di Distretto (A.Pu.Di.D.) ha proceduto a cambiare il vecchio (ed incontestabilmente brutto) logo, imponendosi il
principio di modificare, con il “look”, anche la sua dimensione di società scientifica; in particolare, l’APuDiD per il triennio
2005-2007 si pone come obiettivo quello
di affiancare e sostenere gli sforzi della
Regione Puglia nel grande processo di
cambiamento della sanità, finalizzato a
coniugare l’efficacia dei processi assistenziali con la sostenibilità economica.
Nelle regioni ad economia meno avanzata, tale risultato potrà essere ottenuto solo
attraverso un forte impulso alle politiche
del miglioramento della qualità e dell’ottimizzazione dell’utilizzo delle risorse, ovvero con la rimozione degli errori sistematici legati a procedure inadeguate o, comunque, caratterizzate da bassi livello di
qualità.
È noto, infatti, che contro gli innumerevoli e proteiformi fattori di rischio (clinico ed economico) presenti nei processi
delle aziende sanitarie l’unica possibilità
di opposizione è rappresentata dal miglioramento della qualità. A nostro avviso,
nelle aziende sanitarie (vedi “La gestione
globale del rischio nelle aziende sanitarie” di P. Camboa – CIC Edizioni Internazionali, Roma, 2005), i progetti di miglioramento della qualità dei processi nelle
aziende sanitarie si devono orientare in
due direzioni:
1. Il miglioramento della qualità oggettiva (decisionale, organizzativa e tecnico-professionale), al fine di realizzare un
consistente miglioramento degli esiti
(outcomes) clinici ed economici del processo. In questo ambito, il migliore strumento metodologico per assicurare un
buon esito della politica del miglioramento è quello dell’autovalutazione (audit).
2. Il miglioramento delle qualità sog-
gettiva o percepita, espressa sia in termini di consenso interno (motivazione e
soddisfazione professionale degli operatori) che di consenso esterno (customer
satisfaction o consenso degli utenti). In
questo caso, la strategia più efficace appare quella della politica della comunicazione per la promozione e il marketing
aziendale, da realizzarsi secondo un progetto da noi definito “Progetto Empatia
Aziendale (PEA)”.
L’Audit
L’audit è una moderna ed efficace procedura per il miglioramento della qualità,
che si pone come obiettivo la riduzione
della frequenza degli eventi avversi, attraverso il riconoscimento e la conseguente correzione degli errori legati a fattori di
rischio di varia natura.
La procedura dell’audit nelle aziende
sanitarie può essere realizzata in vari ambiti (clinico, economico, medico-legale, di
sistema, ecc.) e si sviluppa attraverso un
processo di autovalutazione, che si propone di rilevare, in un definito periodo di
tempo, tutti gli eventi avversi legati all’attività assistenziale, verificandone la riduzione realizzata dopo l’introduzione degli
specifici correttivi.
Nel rinviare a più specifiche pubblicazioni l’approfondimento del tema in oggetto, ci sembra comunque opportuno
introdurre la definizione di audit clinico
proposta del NHS britannico:
“L’audit clinico è un’iniziativa condotta da clinici che cerca di migliorare la qualità e gli esiti (outcomes) clinici dell’assistenza attraverso una revisione tra pari
strutturata, per mezzo della quale i clinici
esaminano la propria attività e i propri risultati in confronto a standard espliciti e
la modificano se necessario.” (National
Health Service Executive, 1996).
Indipendentemente dal tipo di audit
che si pone in essere (clinico, economico,
per la qualità, ecc.), è necessario sottolineare il fatto che si tratta sempre di un
processo di valutazione, ovvero di “misurazione”, per cui è necessario utilizzare
specifici indicatori e standard di riferimento; nel campo degli indicatori, possiamo
schematicamente distinguere 3 gruppi:
• Indicatori di rischio sociosanitario:
di bisogno (da rilevazione epidemiologica), di efficacia, di efficienza, di accessibilità, di equità, di umanizzazione, di sicurezza, ecc.
• Indicatori di rischio professionale: di
rendimento, tipo di attività, quantità di
prestazioni svolte, ecc.
• Indicatori di rischio economico: indicatori bio-demografici, socio-strutturali (trasporti, servizi sociali, ecc.), di impiego di risorse, di appropriatezza, ecc.
In conclusione, è necessario sottolineare il ruolo centrale della formazione
degli operatori all’audit, dal momento che
è una procedura connessa con specifici
requisiti di rigore scientifico e metodologico.
Il Progetto EmpatiaAziendale (PEA)
Il tema della qualità percepita in sanità rappresenta oggi una vera emergenza,
dal momento che tutte le indagini svolte
sulla qualità percepita da parte dei cittadini italiani nei confronti dei servizi sanitari hanno messo in evidenza bassi livelli
di consenso, con la sola eccezione del
medico di famiglia, che rappresenta realmente la figura del medico di fiducia del
cittadino.
La rilevazione dei bassi livelli di consenso nei confronti dei servizi di assistenza sanitaria impone la necessità di verificare la situazione del consenso interno,
dal momento che uno stato di forte
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demotivazione da parte degli operatori,
oltre a produrre un peggioramento delle
performance, tende a condizionare negativamente anche il consenso esterno.
Tutti i progetti di miglioramento dei
livelli di consenso (esterno ed interno) in
un’azienda sanitaria si devono proporre
lo sviluppo di programmi finalizzati a produrre una situazione di empatia, attraverso il miglioramento delle capacità di dialogo e di ascolto tra operatore di assistenza e paziente (empatia medica) e tra responsabile/i della direzione aziendale o del
servizio e lavoratore (empatia ergonomica). Il progetto, che definiremo di
empatia aziendale, si fonda essenzialmente su interventi mirati di comunicazione,
veicolati dallo strumento della formazione aziendale e sottoposti a costanti controlli di qualità, al fine di assicurare lo sviluppo di una stato di benessere percepito
sia dai cittadini utenti, sia dagli stessi
operatori della sanità.
Il concetto di empatia fu introdotto per
la prima volta nel 1872 dal filosofo Robert
Vicher, per traduzione del termine tedesco “Einfuhlung”, che letteralmente significa “sentire dentro”. In seguito, il concetto di empatia entrò stabilmente nel
campo della psicologia clinica e della psicanalisi e venne definito da Carl Rogers
come “(nostra) capacità di percepire le
emozioni e lo stato d’animo di una persona come se si fosse (noi stessi) davvero
quella persona”. Sulla base di tali presupposti, il progetto per lo sviluppo di un
forte miglioramento del consenso (progetto di empatia aziendale) si può interpretare come un innovativo programma manageriale sia di promozione aziendale
(marketing) che di etica sanitaria, finalizzato a produrre una situazione di:
• Empatia medica: capacità di dialogo
e di ascolto tra operatore (o team) di assistenza e paziente, con presa d’atto dello
stato psico-sociale del paziente (carattere, emozioni e stato d’animo), per lo sviluppo di un approccio relazionale positivo, finalizzato a produrre un consistente
miglioramento, in termini di outcome, dei
processi di cura (Spiro, 1992). Allo stato
attuale, è disponibile per la pratica clinica
un idoneo strumento scientifico per la
misurazione dell’empatia nei processi di
cura dei pazienti (Scala Jefferson
dell’Empatia Medica), consistente in un
questionario composto da 20 item e svi-
luppato dai ricercatori della Jefferson
University, in collaborazione con la “Pfizer
Inc.”, per progressiva riduzione di un iniziale questionario composto da 90 item,
sulla base di studi di significatività statistica condotti su 3 differenti gruppi di
operatori sanitari (il primo composto da
55 medici, il secondo da 41 medici di medicina interna ed il terzo da 193 studenti
del terzo anno di medicina). La Scala
Jefferson, formata da 17 item significativi
di una correlazione positiva tra medico e
paziente e da 3 item a significato negativo, può fungere da modello di riferimento
per la costruzione di un analogo strumento per la misurazione dell’empatia
ergonomica.
• Empatia ergonomica: capacità di
dialogo e di ascolto da parte del/i responsabile/i dell’azienda o del servizio nei confronti del lavoratore, con presa in considerazione delle sue istanze e dei suoi suggerimenti, per lo sviluppo di un approccio relazionale positivo, al fine di garantire lo sviluppo di un processo di stabile
coinvolgimento partecipativo nelle scelte e di condivisione delle logiche e delle
strategie aziendali, con conseguente
acquisizione di una condizione di benessere psico-sociale (motivazione e soddisfazione professionale) da parte dell’operatore (Camboa, 2005).
Il progetto “empatia aziendale” si fonda sull’ipotesi che, alla base dei bassi livelli di consenso (esterno ed interno) nei
confronti delle aziende e dei servizi sanitari, sussista un unico comune fattore
“eziologico”, caratterizzato dalla radicata
percezione di “disinteresse” dei servizi nei
confronti delle esigenze, rispettivamente,
degli erogatori e dei destinatari delle prestazioni, che si sentono perciò relegati ad
un ruolo passivo: il cliente, come destinatario di pacchetti di prestazioni preconfezionate e l’operatore, come anonimo elemento di una meccanica catena di montaggio. Il risultato finale è l’instaurarsi di
un circolo vizioso di potenziamento reciproco degli effetti negativi, dal momento
che l’insoddisfazione professionale degli
operatori della sanità tende ad aggravare
il livello di diffusa sfiducia dei cittadini
verso i servizi.
Sulla base di tali premesse, si può affermare che la politica del miglioramento
del consenso interno nelle aziende sanitarie è uno strumento fondamentale del
management, dal momento che è ormai
universalmente accettato che la motivazione e la soddisfazione professionale
degli operatori rappresentano un elemento di condizionamento nella gestione di
un’aziende sanitaria altrettanto importante
quanto la customer satisfaction propriamente detta (livello di consenso degli
utenti); infatti, nelle aziende sanitarie il
monitoraggio della qualità percepita dovrebbe essere una priorità assoluta sia
nella sua dimensione “esterna” (livello di
fiducia dei cittadini verso i servizi), sia in
quella interna (motivazione e soddisfazione professionale degli operatori).
Allo stato attuale, la letteratura specifica ci consente di mettere in evidenza che
nelle aziende sanitarie, a fronte di una
grande attenzione verso la customer
satisfaction esterna, sono state prese solo
episodiche e sporadiche iniziative di indagini sul consenso interno, la quasi totalità delle quali non ha peraltro adottato
lo strumento metodologico del confronto
comparativo con i risultati di altre aziende. A nostro parere, questa sproporzione
dipende essenzialmente da tre fattori:
1. La sottovalutazione del livello di
motivazione del personale come fattore
di condizionamento delle performance.
2. L’obiettiva difficoltà del processo
di monitoraggio dei livelli di consenso interno, che si basa in modo esclusivo sul
metodo della rilevazione “attiva” (mediante indagini ad hoc), al contrario di quanto
non avvenga per la customer satisfaction
interna, per la quale è possibile anche uno
studio di tipo “passivo”, consistente nell’analisi delle segnalazioni e dei reclami
dei cittadini.
3. Il diffuso timore di un possibile “effetto boomerang” prodotto dalla
socializzazione dei risultati dell’indagine
all’interno dell’azienda e nell’ambito del
contesto sociale, con possibile sviluppo
di un potenziamento diffuso dei fenomeni di contestazione.
In realtà, si tratta di timori del tutto
infondati, dal momento che già la mera
socializzazione da parte dei responsabili
aziendali dell’intenzione di realizzare
un’indagine conoscitiva sui livelli di motivazione del personale rappresenta di per
sé uno strumento di miglioramento del
n. 76 Marzo - Aprile 2005 ...............................................................................................................................................................................
23
TuttoSanità
.............................................................................................................................................................................................................................................................
consenso, soprattutto se gli strumenti e i
metodi dell’indagine vengono costruiti in
modo condiviso.
Abbiamo già detto che il grado di
motivazione e di soddisfazione professionale degli operatori delle aziende sanitarie è un elemento in grado di condizionare
in misura molto consistente il substrato
“ambientale” di un’azienda sanitaria; infatti, in un sistema già negativamente condizionato da un evidente aumento di
entropia (legato allo sviluppo asimmetrico
della domanda e dell’offerta, ovvero dei
bisogni e delle risorse), l’accertamento di
bassi livelli di motivazione e soddisfazione professionale del personale equivale
al rilievo di una tendenza ad un ulteriore
aggravamento della situazione, a causa
della riduzione dei livelli di “energia potenziale”, ovvero del rendimento complessivo del “motore” dell’azienda. In un simile contesto ed in una fase ormai avanzata e irreversibile del processo di aziendalizzazione della sanità, le politiche di
marketing aziendale per il miglioramento
dei livelli di consenso (interno ed esterno) rappresentano una strategia ormai
necessaria e indifferibile anche per le
aziende erogatrici di servizi, come le aziende sanitarie; infatti, la progressiva perdita della componente utilizzabile di energia del sistema (legata ad un aumento lento, ma costante dell’entropia) può essere
contrastata solo da un corrispondente
aumento di sinergia, ottenuto mediante
strategie aziendali tali da provocare un
equivalente miglioramento dei livelli di
rendimento (performance) del processo.
In estrema sintesi, lo schema del progetto di management aziendale può essere rappresentato come una sorta di duello
rusticano tra entropia e sinergia, delle
quali riportiamo le rispettive definizioni
scientifiche tratte dalla fisica:
• Entropia: dispersione e degrado della energia sviluppata in un sistema complesso.
• Sinergia: azione contemporanea di
meccanismi e leve con potenziamento dei
risultati.
Uno degli elementi di maggiore
criticità che la direzione di un’azienda sanitaria si trova a dover affrontare è pertanto quello connesso con l’aumento di
entropia del sistema sanitario. Tale elemento di criticità è legato a:
• Fattori “endogeni” (interni al siste-
Schema del progetto di empatia aziendale
Empatia medica
Comunicazione
Formazione
Qualità
Empatia ergonomica
Sviluppo di sinergia
Miglioramento degli outcomes clinici ed economici
ma): scarsa propensione al management
(persistenza di mentalità di tipo rigidamente burocratico).
• Fattori “esogeni” (legati al contesto
di riferimento ambientale): tendenze
demografico-epidemiologiche (invecchiamento della popolazione, aumento delle
patologie cronico-evolutive), tecnologiche (costo della ricerca), economiche e
socio-culturali.
La situazione di progressivo impoverimento delle “risorse energetiche” del
sistema deve essere contrastata da un
aumento di sinergia, mediante l’implementazione di tecniche di ottimizzazione dell’utilizzo delle risorse, per cui si può affermare che il miglioramento degli esiti clinici, economici e “culturali” del sistema si
realizza con l’adozione di strategie di miglioramento aziendale, caratterizzate da:
1. Adozione della politica del miglioramento della qualità, mediante monitoraggio degli outcome (esiti) clinici, economici e medico-legali, con lo strumento
di autovalutazione (audit).
2. Sviluppo di sinergie per il miglioramento dell’efficacia, con adozione di procedure per l’ottimizzazione dei processi
di continuità assistenziale, mediante:
• l’integrazione trasversale (tra le
macrostrutture).
• l’integrazione longitudinale (tra i servizi di una struttura).
3. Investimento nella comunicazione
aziendale, nel contesto di un più ampio
progetto di promozione aziendale, prevalentemente realizzato attraverso la formazione; infatti, si ha ragione di ritenere che
in un contesto aziendale la comunicazione e la formazione rappresentino, con la
qualità, tre entità indissolubili, in grado di
produrre un effetto di reciproco potenziamento (sviluppo di sinergia).
Le profonde trasformazioni della sanità avvenute nella fase terminale del secondo millennio possono essere descritte come un processo di passaggio da un
modello di sistema stabile ad un modello
ad elevata complessità e rapidità evolutiva
(turbolenza), che ha imposto una progressione geometrica dell’impegno dei responsabili della gestione aziendale (alta
managerialità). In tale contesto, le capacità manageriali nella gestione di un’azienda sanitaria si esprimono spesso come
tendenza a costruire specifici uffici di staff,
atti a fungere da adeguati strumenti di
supporto del manager per il miglioramento degli esiti; in tal senso e in tale ottica,
l’ASL Le/2 di Maglie ha inteso realizzare
un innovativo progetto di sviluppo di
sinergia (progetto di empatia aziendale),
basato sul principio dell’effetto di reciproco potenziamento tra politica della
qualità, formazione professionale e comunicazione, al fine di produrre un concreto
aumento dei livelli di motivazione e di soddisfazione professionale degli operatori
(empatia ergonomica), con conseguente
miglioramento teorico degli esiti attesi.
* Presidente A.Pu.Di.D. Associazione
Pugliese dei Direttori e Dirigenti di Distretto
Riferimenti bibliografici: il presente lavoro è tratto da “La gestione globale del rischio nelle aziende sanitarie” di P. Camboa –
CIC Edizioni Internazionali, Roma, 2005.
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TEA
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TuttoSanità
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Dalla Regione
Un piano triennale per rilanciare
donazioni e trapianti in Puglia
Il programma operativo approvato dalla Giunta regionale
In Italia si sono registrati nel 2004 21,1
donatori d’organo per milione di persone
(pmp) (nel 2003 erano 18,5); in Puglia sono
stati 8,5 nel 2004 (9,0 nel 2003). C’è ancora molto da lavorare nella nostra regione
su questo fronte per avvicinarci alla media nazionale. Peraltro, dopo il trend positivo degli ultimi anni, il 2004 ha fatto
registrare una flessione che ha fatto seguito a quella già verificatasi nel 2003
rispetto all’anno precedente.
La Giunta regionale ha approvato a
tal proposito, alla fine dello scorso dicembre, un piano d’intervento per la donazione e trapianto di organi per il triennio
2005-2007, che fissando in maniera organica linee operative, obiettivi e relativi
finanziamenti, mira a ripristinare una striscia positiva sia in termini di donazioni
che di trapianti.
Il piano in questione si prefigge il conseguimento di 4 obiettivi:
- miglioramento dell’organizzazione
del processo donazione organi-trapianto;
- incremento progressivo del numero
delle donazioni di organi da donatore cadavere (da 10 a 30 per milione di abitanti);
- incremento del numero dei trapianti
di organi;
- riduzione della mobilità passiva.
A tal fine il piano prevede altrettante
tipologie d’interventi:
1) censimento delle risorse strutturali,
strumentali e umane nei centri di rianimazione per migliorare il processo di donazione di organi e tessuti da donatore
cadavere (incarico affidato al prof.
Tommaso Fiore, ordinario di Anestesiologia e Rianimazione dell’Università di
Bari che dovrà indicare in dettaglio gli interventi da porre in essere. Questa attività sarà retributia con i fondi previsti per il
trattamento di trasferta).
Censimento delle situazioni
nei centri di rianimazione; investimenti sulle risorse umane con
incentivi economici certi e
potenziamento dell’organico del
Centro regionale trapianti: sono
queste le tre linee direttrici del
programma per l’attuazione del
quale sono a disposizione poco
meno di 2 milioni di euro per il
triennio 2005-2007
2) miglioramento della rete del coordinamento a cura dal Centro regionale trapianti che ha sede presso il Policlinico di
Bari. Lo stesso svolgerà funzioni di supporto e vigilanza per le Aziende sanitarie
al fine della realizzazione del progetto in
questione, anche sulla base delle indicazioni fornite da Fiore a seguito del censimento prima specificato. Il Centro avrà
anche funzioni di raccordo tra la rete delle
rianimazioni in relazione alle sole donazioni. E’ prevista la nomina, ad opera del direttore generale competente su proposta del
direttore dell’Unità operativa interessata
tra i dirigenti medici dell’U.O. stessa, di un
responsabile delle donazioni per ogni centro di rianimazione. Quest’ultimo dovrà
partecipare a specifici progetti-obiettivo
finanziati con il fondo previsto per l’attuazione del piano e con riconoscimento all’interessato della specifica funzione.
La valutazione dell’incarico viene effettuata sulla base dei seguenti indicatori
di risultato: n. 2,5 donatori ogni 4 p.l. di
terapia intensiva per anno; istituzione e
aggiornamento del registro on line dei
cerebrolesi con 2 eventi formativi organizzati nel corso dell’anno nell’ambito
della propria azienda; 1 progetto obiettivo per il coinvolgimento del personale
medico e del comparto interessato con
remunerazione sulla base del raggiungi-
mento dei risultati. La verifica è prevista
semestralmente.
Per quel che riguarda il territorio il piano prevede la nomina di un dirigente
medico di I livello come relativo per lo
svolgimento dei compiti previsti dalla legge n. 91/99 oltre che dalla linee guida nazionali. In particolare il medico responsabile deve monitorare le attività di donazione e prelievo di tessuti nelle strutture
sprovviste di rianimazione, occuparsi della
formazione prevista dalla citata L. n. 91/
99 nell’ambito dell’AUSL e curare i rapporti con le associazioni di volontariato.
Anche in questo caso è prevista la partecipazione ai progetti obiettivo finanziati
con i fondi previsti dal piano e il riconoscimento dell’incarico professionale di
alta specialità. La verifica degli indicatori
di risultato è prevista semestralmente. Gli
indicatori previsti sono i seguenti: 1 evento formativo per anno nell’azienda e 24
eventi culturali e divulgativi sul territorio
interessato; minimo 250 dichiarazioni di
volontà alla donazione acquisite e registrate presso l’AUSL per anno; 25 cornee
prelevate durante l’anno e registrate nell’apposito registro dei tessuti. Il medico
responsabile è nominato dal direttore generale, su proposta del direttore sanitario
dell’AUSL, tra i medici con un’anzianità
di almeno 5 anni e dura in carico 3 anni.
3) Potenziamento dell’organico del
Centro regionale trapianti con personale
medico e amministrativo (2 medici assunti con contratto biennale; un funzionario
amministrativo a tempo indeterminato).
4) Stanziamento di un apposito fondo
per l’attuazione del piano per un importo
di 1.989.000,00.
Gli obiettivi programmati sono 70 donazioni d’organi per il 2005, 100 per il 2006
e 120 per il 2007.
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TuttoSanità
.............................................................................................................................................................................................................................................................
Donatori Regione Puglia
Ospedali
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
Totali
BA Policlinico
2
1
2
1
1
5
4
5
2
5
8
6
9
2
7
1
61
BA Carb. Di Venere
0
0
0
1
1
0
2
1
3
1
2
1
1
4
4
0
21
BA S. Paolo
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
BA Andria
0
0
0
0
0
0
0
0
0
4
6
2
15
4
2
0
33
BA Acquaviva
1
1
0
1
1
1
0
0
1
0
0
2
1
0
4
1
14
BA Castellana
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
BA Monopoli
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
BA Trani
1
0
0
0
2
1
1
0
0
0
0
1
0
1
0
0
7
FG Foggia
4
2
0
1
0
1
2
2
2
3
3
8
5
3
2
0
38
FG San Giovanni R.
0
0
0
0
1
1
1
0
4
2
1
2
0
2
3
0
17
FG San Severo
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
BR Brindisi
0
0
0
0
1
0
0
0
0
0
2
0
3
2
1
1
10
LE Lecce
3
3
3
2
1
4
4
7
8
4
7
1
5
11
3
0
66
LE Casarano
0
0
0
0
0
0
0
0
0
2
0
0
0
1
1
0
4
LE Tricase
0
0
0
0
0
0
2
0
0
1
0
0
0
0
1
0
4
TA Taranto
0
1
0
2
1
3
4
3
3
8
4
10
3
6
6
0
54
11
8
5
8
9
16
20
18
23
30
33
33
42
36
34
3
329
Totali
TOTALE DONATORI
MEDIA / ANNO (sino al 2003)
329,0
20,9
DONATORI / pmp (4.085.239 ISTAT) / ANNO 1999
7,3
DONATORI / pmp / (4.085.239 ISTAT ) ANNO 2000
8,1
DONATORI / pmp / (4.085.239 ISTAT ) ANNO 2001
8,1
DONATORI / pmp / (3.983.487 ISTAT) ANNO 2002
10,5
DONATORI / pmp / (3.983.487 ISTAT ) ANNO 2003
9,0
DONATORI / pmp / (4.020.707 ISTAT 14° cens.) ANNO 2004
8,5
DONATORI / pmp / (4.020.707 ISTAT 14° cens.) ANNO 2005
0,7
DONATORI/pmp/DATO ESTRAPOLATO (2005)
4,5
(numero di donatori alla data dell'ultimo/il mese corrente estrapolato sino a fine anno)
* Si intendono i donatori di organo/i parenchimale/i
Fonte: Centro Regionale Trapianti
n. 76 Marzo - Aprile 2005 ...............................................................................................................................................................................
27
TuttoSanità
.............................................................................................................................................................................................................................................................
Trapianti Regione Puglia 1992 - 2005
Policlinico - Bari
Vito fazzi - Lecce Totali
Totale Regione
al 1999 - Policlinico - Bari
Tot. C sing. Tot. V
Tot. Singoli C+V
184
79
283
Anno
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
c
v
c
v
c
v
c
v
c
v
c
v
c
v
c
v
3
9
9
19
17
10
23
9
30
8
27
12
29
6
46
6
9
0
10
0
3
0
9
0
10
0
12
0
8
0
5
0
12
9
19
19
20
10
31
9
40
8
39
12
37
6
51
6
21
al 1999 - Vito fazzi - Lecce
Tot. Singoli C+V
Tot. C sing. Tot. V
65
0
65
38
30
40
328
48
51
43
57
Policlinico - Bari
Vito fazzi - Lecce
Totali
66
5
3
47
4
9
73
6
2
70
4
3
72
9
3
9
2
0
0
2
68
5
3
49
4
9
78
6
2
75
4
3
73
9
3
9
Totali Generali - Policlinico - Bari
Tot. C
Tot.Sing.
Tot.
Tot. V
sing.
C+ V
Doppi
521
107
620
20
Totali Regione
Anno
2000
2001
2002
2003
2004
2005
C singolo
V
C doppio
C singolo
V
C doppio
C singolo
V
C doppio
C singolo
V
C doppio
C singolo
V
C doppio
C singolo
V
C doppio
5
0
0
5
1
73
Totali Generali - Vito Fazzi - Lecce
Tot. C
Tot.Sing.
Tot.
Tot. V
sing.
C+V
Doppi
80
0
80
0
3
53
9
84
2
79
3
82
3
9
Legenda:
C = trapianto da donatore cadavere
V = trapianto da donatore vivente
I trapianti di 2 reni in un unico ricevente
sono cominciati nel 2000
TRAPIANTI DI FEGATO
Trapianti
di Fegato
Centro Trapianti
Trapianti effettuati
Centro Trapianti
Trapianti Effettuati
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
TOTALE
2
8
20
20
24
22
19
1
116
Policlinico - Bari
TRAPIANTI DI CUORE
Trapianti
di CuoreTrapianti effettuati
Centro Trapianti
Centro Trapianti
Policlinico - Bari
Trapianti Effettuati
2002
2003
2004
TOTALE
5
3
3
11
Fonte: Centro Regionale Trapianti
28 ................................................................................................................................................................................ n. 76 Marzo - Aprile 2005
TuttoSanità
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Formazione
Presentati due progetti regionali per programmi di educazione alla salute
sulla promozione dell’attività fisica e sull’educazione alimentare
Le due iniziative sono state progettate dall’A.Re.S. e hanno ricevuto il
riconoscimento sperimentale da parte della Commissione nazionale ECM
Inizieranno il 7 maggio prossimo i corsi di formazione gratuiti per i medici di
famiglia pugliesi onde consentire loro di
svolgere efficacemente i due progetti di
educazione sanitaria pianificati dall’Ares,
relativi a “L’educazione alla promozione dell’attività fisica” e alla “Educazione alimentare e promozione di un corretto stile di vita”.
I due progetti in questione saranno realizzati nel corso del 2005 e ad essi è stato
riconosciuto, da parte della Commissione
nazionale di Educazione continua in Medicina, il carattere sperimentale prevedendo nel contempo 40 crediti formativi a copertura dell’intero debito formativo annuo
dei medici di medicina generale coinvolti.
Si tratta del più alto rapporto in Italia tra
numero di crediti ECM riconosciuti (40) e
ore di formazione in aula previste (16). Il
relativo protocollo d’intesa tra Ministero
della salute eAres è stato firmato a Roma il
19 gennaio scorso.
Le due iniziative, partorite in stretta
attuazione di quanto previsto in merito
dal Piano Sanitario Regionale, mirano a
far acquisire ai medici di base le tecniche
e i contenuti per una più efficace comunicazione con i pazienti nei due settori d’intervento individuati, ritenuti strategici sul
piano della prevenzione.
Al progetto di “‘Educazione alimentare e promozione di un corretto stile di
vita hanno aderito 8 AUSL (FG1, FG/2,
FG/3, BA/3, BA/4, BA/5, BR/1 e LE/1).A
quello di “Educazione alla promozione
dell’attività fisica” la TA/1 e LE/2.
L’attività di formazione per i medici di
base, come detto precedentemente, è prevista in 16 ore articolate complessivamente in tre giornate, che saranno svolte nelle stesse AUSL, in un arco di tempo non
inferiore ai 5 mesi di durata della
sperimentazione
I due progetti sono pianificati in maniera analitica, prevedendo cinque moduli
cada uno per una durata complessiva di
150 giorni.
Un primo modulo – introduttivo - in
cui i medici coinvolti, nell’arco di una intera giornata, coordinati da specialisti
(fisiatra, medico dello sport, psicologo) si
confronteranno per arrivare a un protocollo unico da adottare e sottoscrivere.
Il secondo modulo (della durata di 60
giorni) incentrato sull’attività in ambulatorio, basata su un protocollo comunicativo per incentivare una corretta attività
fisica nei confronti di tutti i pazienti possibili e sull’acquisizione di alcuni dati da
riportare su un’apposita tabella.
Terzo modulo (4 ore un aula), coordinato dal responsabile AUSL dell’educazione sanitaria, con esame delle eventuali
criticità manifestatesi e con la presentazione dei dati e relativi indicatori (numero
pazienti incontrati, numero di quelli educati alla promozione dell’attività fisica e
numero di quelli che già la svolgono).
Quarto modulo (dal 62esimo al 149esimo giorno della sperimentazione) ancora
attività in ambulatorio: in questo lasso di
tempo il MMG metterà in atto il monitoraggio dell’effettivo cambio di stile di vita
verificando se i pazienti sensibilizzati con
il protocollo di educazione sanitaria concordato, abbiano effettivamente modificato il loro atteggiamento rispetto all’attività fisica. Anche in questo caso i dati
verranno riportati sull’apposita tabella.
Infine la quinta ed ultima parte (4 ore
in aula, il 150esimo ed ultimo giorno della
sperimentazione) in cui il responsabile
AUSL dell’educazione sanitaria, che coordinerà la giornata, raccoglierà i dati e
avrà luogo la presentazione degli stessi
sulla base dei seguenti indicatori: il numero dei pazienti che, sensibilizzati, hanno cambiato stile di vita totalmente o parzialmente e numero di quelli che sono stati sensibilizzati dal protocollo comunicativo. Seguirà, quindi, la discussione plenaria. I vari rapporti finali confluiranno in
un unico rapporto conclusivo.
L’Ares provvederà a fissare uno
standard minimo definito che consenta di
comprendere una soglia comportamentale, con la quale definire chi ha migliora-
to oggettivamente il suo stile di vita. In
questa maniera sarà possibile acquisire
un dato oggettivo di efficacia dell’intero
progetto formativo ossia il numero di
pugliesi che hanno modificato in maniera
evidente il loro stile di vita.
Sulla stessa identica falsariga si pone
anche l’altro progetto su “L’educazione
alimentare e promozione di un corretto
stile di vita”.
Nei due progetti sperimentali sarà applicata la metodologia della qualità totale
applicata ai processi formativi, garantendo così l’evidenza documentata dei reali
risultati ottenuti, che, nello specifico, sono
il numero di cittadini pugliesi che avranno migliorato il loro stile di vita attraverso
l’attività fisica e la corretta alimentazione.
L’Agenzia sanitaria ha richiesto ed
ottenuto dalla Commissione Nazionale
ECM l’esonero dal pagamento dei contribuiti ECM per tutte le edizioni dei corsi,
circa un centinaio, essendo considerati
gli stessi come edizioni di un unico Progetto Formativo Aziendale Regionale,
destinato ai soli medici di medicina generale del sistema sanitario regionale della
Puglia.
I due progetti, peraltro, hanno rispettato le indicazioni dell’art. 8 dell’accordo
integrativo regionale per la disciplina dei
rapporti con i medici della medicina generale, ex DPR 270 del 28.07.2000, relativo
agli istituti normativi ed economici riservati alla trattativa regionale sottoscritto e
approvato con la deliberazione della Giunta regionale 20 aprile 2004, n. 565.
Va anche sottolineato che il programma
delle due sperimentazioni è il terzo in Italia
ad aver ottenuto il riconoscimento del carattere sperimentale, da quando nel 2002 si
è avviato il Progetto Nazionale di ECM, ed il
primo ad essere promosso da un ente regionale, in un universo di oltre centomila
eventi. Gli altri due progetti approvati precedentemente sono il Piano di formazione
SARS e quello sperimentale di formazione a
supporto del piano di eliminazione del morbillo e della rosolia congenita.
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Dalla Regione
Il Protocollo d’intesa per la per medicina penitenziaria
Il relativo schema approvato dalla Giunta regionale il 15 febbraio scorso
Il protocollo di intesa (il testo integrale
è riportato a seguire) riguarda la Regione
e il Provveditorato regionale dell’Amministrazione Penitenziaria per la Puglia in attuazione del D.Lgs. n. 230.1999 e ha per
oggetto l’assistenza ai detenuti, con particolare riferimento a quelli tossicodipendenti. In particolare sono previste a favore dei
detenuti misure di prevenzione (piani di
educazione sanitaria concordati tra AUSL
e istituto penitenziario), per l’assistenza
specialistica (concordando direttamente
tempi e modalità di visite e accertamenti
diagnostici, con la possibilità di effettuarli
direttamente presso l’istituto penitenziario e con l’obbligo di rendicontazione
semestrale all’Assessorato alla sanità ) e
per quella farmaceutica.
A quest’ultimo proposito è prevista
la dispensazione dei farmaci impiegati
nell’area H, di quelli inclusi nel PH-T
(Prontuario della distribuzione diretta)
(DeterminazioneAres del 29 ottobre 2004).
Il referente sanitario dell’istituto penitenziario dovrà inoltrare trimestralmente,
fatte salve le urgenze, la richiesta dei
medicinali, utilizzando il modello predisposto, alla AUSL competente. Nei 10
giorni successivi quest’ultima comunicherà la disponibilità al ritiro dei medicinali,
a carico comunque dell’istituto penitenziario. Il referente sanitario di quest’ultimo dovrà provvedere alla corretta gestione dei farmaci nonchè a curare un apposito registro e alla notifica semestrale dell’elenco dei farmaci somministrati ai detenuti residenti in altre regioni.
Per quel che riguarda l’assistenza ai
tossicodipendenti gli interventi di prevenzione, informazione e educazione mirati
alla riduzione delle patologie connesse
all’uso di droga, dovranno essere concordati tra direttore sanitario dell’AUSL e
referente sanitario del carcere. E’ previsto
l’apporto delle diverse professionalità
sanitarie, sociali ed educative necessarie; dovranno essere previsti spazi attrezzati per l’attuazione degli interventi preventivi, assistenziali e riabilitativi.
Per il 2005 la somma impegnata sarà
pari a 430.000 euro. Importo che sarà
successivamente ripartito tra le AUSL interessate. Dopo il primo anno di attività,
Regione e Provveditorato dell’Amministrazione Penitenziaria procederanno, se
necessario, alla verifica delle modalità
organizzative.
Protocollo d’Intesa
per l’attuazione della Medicina
Penitenziaria ex Decreto Lgs.
22.6.1999, n. 230
tra
Regione Puglia
e
Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria per la Puglia
Premesso che
- il Decreto Lgs. n. 230 del 22.06.1999
recante “Riordino della medicina
penitenziaria, in applicazione dell’art.5
della Legge 30 novembre 1998 n.419”,
assegna al S.S.N. il compito di assicurare
alle persone detenute e internate livelli di
prestazioni concernenti la prevenzione, la
diagnosi, la cura e la riabilitazione analoghi a quelli garantiti ai cittadini in stato
di libertà, sulla base degli obiettivi generali di salute e dei livelli essenziali di assistenza individuati nel Piano Sanitario Nazionale, così come recepiti nel Piano Sanitario Nazionale approvato con Deliberazione della Giunta Regionale n. 2087 del
27.12 2001;
- l’art.2 del decreto stesso inoltre stabilisce che l’assistenza sanitaria ai detenuti ed agli internati è organizzata secondo principi di globalità dell’intervento
sulle cause di pregiudizio alla salute, di
unitarietà dei servizi e delle prestazioni, di
integrazione dell’assistenza sociale e sanitaria e di garanzia della continuità
terapeutica;
considerato che
- l’art.8 del decreto medesimo ha previsto in particolare, a decorrere dall’1
gennaio 2000, il trasferimento al S.S.N.
delle funzioni sanitarie svolte dall’Amministrazione penitenziaria con riferimento ai settori della prevenzione e dell’assistenza ai detenuti ed agli internati tossicodipendenti, nonché la individuazione, con successivo decreto interministeriale, di almeno tre regioni nelle
quali realizzare, in forma sperimentale, il
trasferimento graduale delle restanti funzioni sanitarie;
preso atto che
- la Regione Puglia, individuata ai sensi
del decreto interministeriale del 20 aprile
2000 tra le Regioni nelle quali avviare la
fase sperimentale, ha svolto proficuamente tale compito promuovendo iniziative in
sede politica e attivando, nell’ottica di
collaborazione e confronto, un Tavolo
Tecnico tra l’Assessorato alla Sanità,
l’A.Re.S e il Provveditorato Regionale
dell’Amministrazione Penitenziaria;
dato atto che
- nel corso di tale fase sperimentale
sono emerse alcune problematiche relative prevalentemente all’assistenza specialistica, farmaceutica, nonché nei confronti dei detenuti tossicodipendenti;
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rilevato che
- il Piano Sanitario della Regione Puglia
al punto 9.1. definisce l’integrazione, tra i
settori della sanità e delle politiche sociali, condizione indispensabile per l’attuazione della programmazione sanitaria da
realizzarsi mediante forme di collaborazione sinergica fra leAziende-UU.SS.LL. e le
altre Istituzioni;
- della popolazione detenuta negli Istituti di pena pugliesi circa il 10% proviene
da realtà territoriali differenti da quella di
pertinenza delle Aziende-UU.SS.LL. nei
cui territori gli stessi sono ubicati;
valutata
- la necessità di intraprendere iniziative volte al miglioramento dell’assistenza
sanitaria nelle carceri in collaborazione
con il Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria nelle more dell’adozione degli ulteriori provvedimenti
governativi indicati nel Decreto Lgs.
n.230/1999;
tutto ciò premesso,
tra
Regione Puglia
e
Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria per la Puglia
si conviene per l’anno 2005 l’adozione del presente protocollo di intesa per
l’attuazione di specifiche iniziative volte
ad assicurare le necessarie misure di prevenzione, l’assistenza specialistica, farmaceutica e alle persone tossicodipendenti all’interno degli Istituti penitenziari
presenti nella regione Puglia, secondo le
modalità di seguito specificate:
1) in merito alla prevenzione:
1.a) l’Istituto Penitenziario e l’Azienda-USL, competente per territorio, predispongono appositi piani di educazione
sanitaria, con modalità e tempi stabiliti
concordemente rivolti oltre che alla popolazione carceraria, anche agli operatori
penitenziari per adulti e per minori, su temi
riguardanti: l’igiene dei luoghi di lavoro
anche in riferimento al Decreto Lgs. n.626/
94, l’igiene degli alimenti, l’igiene personale;
1.b) leAziende UU.SS.LL. avviano negli istituti penitenziari ubicati nei relativi
ambiti territoriali, anche con il coinvolgimento degli operatori penitenziari e dei
detenuti, una ricognizione dei rischi per
la tutela della salute con l’obiettivo di individuare gli interventi strutturali necessari a garantire idonee condizioni ambientali, nell’ottica del miglioramento della
qualità della vita nelle carceri;
2) in merito all’assistenza specialistica:
2.a) è assicurato l’accesso da parte
della popolazione detenuta, adulta e
minorile, alle prestazioni relative agli accertamenti specialistici prescritti, attraverso la seguente procedura:
in considerazione del fatto che le attività in questione non consentono la normale prassi di prenotazione, il Direttore
dell’Istituto penitenziario ed il Direttore
Generale dell’Azienda USL, territorialmente competente, concordano direttamente tempi e modalità per l’effettuazione delle visite specialistiche, nonché per
gli accertamenti diagnostici presso i relativi ambulatori, secondo i modelli operativi della Azienda-USL interessata;
2.b) in linea con i criteri di funzionalità
e di efficienza, nel rispetto del modello
organizzativo aziendale, tali visite specialistiche ed accertamenti diagnostici possono, altresì, essere effettuati direttamente
presso l’Istituto penitenziario;
2.c) con cadenza semestrale il
Referente per i “flussi informativi ed attività gestionali” delle Aziende-UU.SS.LL.
nei cui territori sono ubicati gli Istituti penitenziari, trasmette all’Assessorato Regionale alla Sanità, Ufficio “1”, il resoconto delle prestazioni specialistiche, ambulatoriali e di assistenza farmaceutica, così
come queste ultime acquisite dall’Istituto
penitenziario ed indicate nel successivo
punto 3.e);
3) in merito all’assistenza farmaceutica:
3.a) la Regione Puglia si impegna, nelle persone dei Direttori Generali dell’Aziende- UU.SS.LL., nei cui territori sono presenti gli istituti penitenziari, a dispensare
in favore della popolazione detenuta oltre ai farmaci impiegati nell’area H in regime di continuità terapeutica, anche quelli
inclusi nel PH-T (Prontuario della Distribuzione Diretta), così come indicati nella
Determinazione del 29 ottobre 2004 a firma del Direttore Generale dell’Agenzia Italiana del Farmaco recante: “Note AIFA
2004 (Revisione delle note CUF) in G.U.
n.259 del 4/11/2004 - S.O. n.162;
3.b) il Referente sanitario dell’Istituto
penitenziario, con cadenza trimestrale, fatte salve le urgenze, provvede ad inviare
al Dirigente dell’Area Farmaceutica dell’Azienda-USL, territorialmente competente, mediante il modello indicato nell’allegato “B” che costituisce parte integrante
del presente documento, la relativa richiesta individuando i medicinali e specificandone la quantità presumibilmente necessaria nel trimestre;
3.c) entro dieci giorni dall’inoltro della richiesta il Direttore Generale dell’Azienda-U.S.L. deve comunicare alla Direzione
dell’Istituto penitenziario la disponibilità
al ritiro dei medicinali;
3.d) le operazioni di ritiro dei farmaci
dalla farmacia interna della Azienda-USL,
territorialmente competente, sono a carico dell’Amministrazione Penitenziaria;
3.e) il Referente sanitario dell’Istituto
penitenziario, deve provvedere alla corretta conservazione, stoccaggio e gestione dei farmaci a lui affidati.
Inoltre dovrà curare:
1) la tenuta di un apposito registro
nel quale specificare il nome dell’assistito e la relativa data di somministrazione
dei farmaci;
2) la notifica semestrale dell’elenco
dei farmaci somministrati ai detenuti residenti in altre regioni, specificandone la
quantità per ogni singolo assistito e la
data di sommi-nistrazione.
Al fine di garantire l’assistenza farmaceutica all’interno degli Istituti Penitenziari la Regione Puglia stanzia per l’anno
2005 un apposito fondo pari a circa l’80%
della spesa allo stesso titolo sostenuta
annualmente, nel precedente biennio 2003
/ 2004, dal Provveditorato Regionale per
la Puglia ed ammontante ad Euro
534.283,00= così come da quest’ultimo
comunicata con nota n.27926/ UOSP/2004
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del 26 ottobre 2004. Il relativo onere per la
Regione, fino al limite massimo di Euro
430.000,00=, graverà sull’accantonamento previsto dal comma 1, lett. a, dell’art.10
della L.R. 31/12/1994, n.38. Detta somma
sarà ripartita in favore delle AziendeUU.SS.LL. interessate alla problematica in
questione con l’obiettivo di sostenere le
stesse per le maggiori spese derivanti dalla
presenza nel loro territorio degli Istituti
Penitenziari, sulla base della spesa storica riportata sulla nota citata.
4)
4.a) il Direttore sanitario dell’Azienda-USL territorialmente competente ed il
Referente sanitario dell’Istituto penitenziario concordano in modo integrato con
approccio interdisciplinare l’organizzazione degli interventi di prevenzione, informazione ed educazione mirati alla riduzione delle patologie corrette all’uso di droghe;
4.b) il Direttore sanitario e il Referente
sanitario concorrono alla definizione di
programmi terapeutici incentrati sulla persona con l’apporto delle diverse professionalità sanitarie, sociali ed educative;
4.c) il Direttore dell’Istituto penitenziario provvede alla realizzazione di spazi
attrezzati per l’attuazione degli interventi
preventivi, assistenziali e riabilitativi.
ALLEGATO B)
RICHIESTA TRIMESTRALE FARMACI
Richiesta trimestrale farmaci, in attuazione del protocollo
di intesa del ………………, da parte dell’Istituto Penitenziario ubicato nel comune di…………………… provincia di ……
all’area farmaceutica dell’Azienda-USL
…………………
Farmaci
Confezioni
N.
Decorso un anno dalla stipula del presente protocollo e con successive cadenze annuali, le parti firmatarie sulla base di
indicazioni fornite dal Tavolo Tecnico,
procederanno ad una verifica congiunta
sulle modalità organizzative, così come
sopra concordate;
Tale documento, di durata annuale, è
rinnovato tacitamente salvo diversa determinazione delle parti da comunicarsi
entro novanta giorni dalla scadenza dello
stesso.
Il presente protocollo d’intesa viene
sottoscritto dal Presidente della Regione Puglia e dal Provveditore Regionale
dell’Amministrazione Penitenziaria per
la Puglia e diverrà esecutivo ad avvenuta approvazione da parte della Giunta
regionale.
Data ______________
Il Referente sanitario
dell’Istituto penitenziario
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FASE
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Ricerca scientifica
“Cure & Care”, un progetto finanziato dall’iniziativa
comunitaria Equal e realizzato in partnership
Le conclusioni della sperimentazione in un recente convegno a Brindisi
Paolo Tanese *
Lo scorso 28 Gennaio, a Brindisi, a
cura della AUSL BR/1 si è tenuto il convegno conclusivo del Progetto “Cure &
Care”.
Il progetto “Cure & Care”, finanziato
dall’Iniziativa Comunitaria Equal, è stato
realizzato da una partnership composta da
• AUSL BR/1 di BRINDISI - Capofila
• CONSORZIO tra cooperative sociali
“ELPENDÙ” di Mola di Bari - Coordinatore Generale di Progetto e attuatore attraverso le coop. associate “Alba” e “Cresciamo Insieme” di Mesagne
• I.R.I.D.I.A. s.r.l.
• UNIVERSITÀ di LECCE – Dipartimento di Filosofia e Scienze SocialiMaster di Scienze Sociali
• UNIVERSITÀ SAPIENZA di ROMA
– Dipartimento di contabilità nazionale e
analisi dei processi sociali
• EUTROPIA ONLUS di ROMA
L’Obiettivo si può racchiudere in uno
slogan: Passare dalla “Cura” all’ ”Aver
Cura”
Per il raggiungimento degli obiettivi
che il progetto si è posto è stato sperimentato uno Strumento che, in estrema
sintesi, possiamo definire “Dipartimento
territoriale interaziendale pubblico/privato non-profit per la cura, l’assistenza socio-sanitaria ed assistenziale nelle malattie a rilevanza sociale, attivatore di una
rete territoriale di intervento integrato
psico-socio-sanitario-telematico”
“Cure & Care” ha realizzato le seguenti
azioni:
• Ricerca
• Formazione
• Sperimentazione
• Transnazionalità
La Ricerca
Realizzata da una Êquipe guidata dal
Prof. Luigi Za, Direttore del Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università di
Lecce, ha individuato e analizzato:
• bisogni espliciti e latenti, reti di rapporti sociali, valutazione del tenore di vita,
diagnosi, percorso di cura in atto, elementi quali-quantitativi del rapporto con i servizi, costi valutabili, attraverso la
somministrazione di 200 questionari.
• bisogni espliciti e latenti degli operatori dei servizi sociali e sanitari del privato
sociale e del servizio pubblico sanitario,
attraverso 60 interviste di profondità.
• 20 storie di vita significative.
La Ricerca ha fornito uno spaccato dei
bisogni espressi dai cittadini della Provincia di Brindisi.
I Risultati della Ricerca sono stati raccolti in un Libro, curato dallo stesso Prof.
Luigi Za, e diffuso tra gli operatori del
settore.
La ricerca, quindi, oltre a contribuire
alla realizzazione del progetto, sta contribuendo a far meglio conoscere anche ai
Decisori Politici brindisini i bisogni della
gente.
La Formazione
Il percorso formativo, complesso e
articolato, si è rivolto a operatori in possesso di qualifiche di medio e alto livello,
con esperienze lavorative differenziate, sia
per la natura degli Enti cui appartengono
(imprese sociali e sanità pubblica) sia per
una routine di lavoro differente. Il percorso formativo ha dato vita ad una figura
innovativa qual’è il “Mediatore socio-sanitario”
Obiettivo del percorso formativo è
stato la creazione di équipe di lavoro integrata socio-sanitaria e pubblico-privata, nell‘ottica di un superamento delle
barriere tra le diverse professionalità.
Equipe che realizzi interventi diversificati e flessibili, capaci di sviluppare una
sensibilità più attenta agli aspetti
qualitativi dell’assistenza, per orientare in
direzioni negoziate e condivise, le competenze professionali e gli interventi operativi.
La conquista dello stato di salute non
può che essere un compito erogato in
modo integrato da tutti i soggetti sociali e
sanitari, mettendo al centro la persona e
non i problemi, sociali o sanitari, della
stessa.
La sperimentazione
Sono stati attivati due Nuclei Operativi Territoriali (NOT) che hanno sperimentato interventi operativi integrati sociosanitari, psico-sociali, telematici, di rete,
decentrando sul territorio alcuni aspetti
del percorso di cura e, contemporaneamente, integrando gli interventi completandoli con una maggiore attenzione alla
rete territoriale intorno alla persona-utente, innovando strumenti di lavoro e protocolli di lavoro, prendendo in carico la
persona nella sua interezza.
La telemedicina
Gli operatori del NOT sono stati forma-
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La rete sul territorio
CONSORZIO ELPENDU’
Controllo di Progetto
Presidi Ospedalieri
MESAGNE
IRIDIA s.r.l.
Controllo telematico di progetto
RETE
ISDN
Application
Server
SAN PANCRAZIO SALENT
AUSL BR/1
Internet
Database / Video Server
Firewall / Internet Provider
ti all’utilizzo di strumenti informatici sottoposti a test durante la fase sperimentale.
E’ stato sperimentato con successo il
televideoconsulto a distanza. I NOT, collegati in videoconferenza con i presidi
ospedalieri di riferimento, hanno potuto
trasmettere immagini diagnostiche e realizzare consulti medici a distanza.
Questo strumento, oggi perfettamente funzionante, può consentire al paziente il permanere nel proprio contesto, limitando i trasferimenti casa-ospedale ai
momenti acuti o di inderogabile necessità
Il riscontro del lavoro svolto è stato
affidato all’Università La Sapienza di
Roma e ad Eutropia onlus che hanno prodotto l’Analisi dei mutamenti indotti dal
progetto nel territorio in cui ha operato.
Il report finale che, da un lato, testimonia la bontà del lavoro svolto e quanto
la sperimentazione del Servizio dei NOT
sia stato apprezzato dagli utenti e, dall’altro, ci consegna riflessioni che arricchiranno la proposta operativa che oggi presenteremo.
La transnazionalità
I progetti Equal hanno nella
transnazionalità uno dei tratti distintivi.
“Cure & Care” ha sottoscritto e realizzato attività con:
ire a migliorare la qualità della vita nella
nostra Regione.
Sono oggi disponibili metodologie
formative sperimentate sul campo per la
formazione di professionalità necessarie
al soddisfacimento di bisogni complessi
espressi dai cittadini
E’ stata sperimentata una modalità di
intervento sul territorio che l’Equipe di
progetto ha tradotto in proposta operativa che viene oggi sottoposta al sistema
degli Enti Locali, concorrendo in tal modo
• FRANCIA - Institute Paoli-Calmettes
- Marsiglia Progetto “Transfers”
• OLANDA - Bosch Medicentrum Hertogenbosch Progetto “ICT werkt in
de Zorg”
L’eredità di “Cure & Care”
Cure & Care ci lascia importanti strumenti che se utilizzati potranno contribu-
* Coordinatore Generale di Progetto
Presidente Consorzio Elpendù scrl Consorzio tra cooperative sociali
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Interventi
S.S.N. : tra significativi risultati e l’esigenza di rilancio
Un’analisi tecnica per pervenire alla governabilità del
sistema sotto i profili della qualità, dell’efficienza e sostenibilità
Luigi MarioAddante*
Da alcuni anni è venuta meno l’attenzione politica sul nostro sistema sanitario, ma non si può assistere passivamente al degrado del sistema sanitario pubblico causato essenzialmente: da un inadeguato assetto istituzionale delle aziende sanitarie; da una cattiva distribuzione
delle competenze tra i diversi livelli di gestione del Servizio (nazionale, regionale,
locale); dal mancato coordinamento tra i
diversi settori operativi e, soprattutto, dal
suo cronico sottofinanziamento; da ritardi ed omissioni nei confronti del personale di assistenza (medico e non), ecc.
Nonostante le carenze lamentate, il
S.S.N. ha prodotto significativi risultati in
termini di tutela e recupero della salute
della nostra cittadinanza (come riconosciuto da tutti gli organismi internazionali, OMS compresa); perciò si impone l’esigenza del rilancio del nostro servizio sanitario.
Vorrei sottolineare gli aspetti che ritengo più attuali, sia per quanto riguarda
le analisi della realtà esistente che le proposte di interventi correttivi.
L’analisi è basata sulle seguenti
constatazioni:
• in tutto il mondo i bisogni sanitari
crescono più delle risorse pubbliche che
possono essere ad essi destinate e, quindi, c’è necessità di contenere-razionalizzare la spesa sanitaria pubblica, cominciando con l’eliminare sprechi e
duplicazioni di servizi;
• un servizio sanitario moderno ed efficace si compone di molti settori di intervento (medicina ospedaliera, medicina di famiglia e pediatria di libera scelta,
medicina di continuità assistenziale e medicina dei servizi, medicina specialistica
ambulatoriale territoriale, medicina di prevenzione e di predizione, ecc.), tutti di pari
dignità, ma che devono essere armonizzati ed integrati tra di loro;
• il nostro sistema-Sanità ha bisogno
di una “iniezione” di qualità;
• la spesa sanitaria pubblica deve in
premessa essere correttamente stimata e,
una volta individuati gli obiettivi strategici e programmati i livelli essenziali di
assistenza da erogare, essi vanno comunque garantiti; è inevitabile, esclusi gli indigenti veri e gli affetti da patologie cronico-invalidanti, prevedere una partecipazione diretta anche se modesta dei cittadini ai costi di tutte le prestazioni sanitarie godute, non tanto per contribuire al
finanziamento del sistema, ma per prevenire un approccio consumistico ai servizi
sanitari;
• è intelligente sfruttare tutte le opportunità oggi offerte dalla Tecnologia
applicata alla Informazione ed alla Comunicazione (ICT).
Se queste sono le premesse, bisogna
muoversi per realizzare i seguenti indirizzi
funzionali-organizzativi che ritengo
prioritari.
1. Gli ospedali per acuti, ridotti di numero e di posti-letto, andranno adeguati
in strutture ed attrezzature e dovranno
essere tra loro collegati in rete informatico-telematica, possedendo tutte le
dotazioni per far fronte ai nuovi compiti e
ad ogni tipo di urgenza medica e chirurgica. In particolare, essi dovranno avere almeno le seguenti strutture: pronto soccorso-dipartimento d’urgenza; terapie intensive; dipartimento di medicina, dipartimento di chirurgia; dipartimento di diagnostica (strumentale e di laboratorio); dipartimento materno-infantile; unità psichiatrica; settore libero-professionale;
poliambula-tori; fisiocinesiterapia per
acuti; servizio 118 per le urgenze territoriali, ecc.
Andranno altresì incrementate le capacità di risposta degli ospedali in termini
di prestazioni specialistiche ambulatoria-
li, comprese le attività di day-hospital e
day-surgery che, proprio per il loro limitato tempo di degenza, richiedono eccellenza di attrezzature e ultraqualificazione del
personale addetto, nonché la possibilità,
al bisogno, di poter disporre di un ampio
ventaglio di servizi diagnostici e
terapeutici integrativi complementari.
2. le attività distrettuali, che dovranno farsi carico anche della miglior integrazione tra servizi ospedalieri e territoriali e tra interventi sanitari e sociali
verso la persona, dovranno comprendere:
- l’assistenza medica primaria;
- poliambulatori extraospedalieri;
- l’ADI;
- una organizzazione di information
tecnology, che consenta di monitorare a
domicilio, in condizioni di sicurezza, il paziente cronicamente critico;
- il sostegno organizzativo ed economico per le famiglie che supportano il “familiare cronico” a domicilio, ecc.
Le strutture degenziali per cronici dovranno comprendere RSA, hospices,
country hospital, case di riposo, ecc., tutte collegate in rete con le strutture di un
efficiente e qualificato “servizio riabilitativo regionale”, articolato per patologie.
In particolare, gli hospices non dovranno rappresentare un doppione aperto sul territorio rispetto ai reparti
ospedalieri di oncologia, ma dovranno
consentire di assistere con dignità e competenza i malati terminali nella complessità della loro difficile condizione, anche mediante l’utilizzo di servizi altamente qualificati (ad esempio terapia del dolore, cure
palliative, alimentazione parenterale, sostegno psicologico, ecc.); mentre i
country-hospital non dovranno essere la
fotocopia in piccolo degli ospedali per
acuti ma dedicarsi esclusivamente alle
patologie croniche a bassa intensità di
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cure.
La specializzazione e la diversificazione consentono, infatti, in materia sanitaria, almeno un duplice vantaggio: la
qualità, la sicurezza e l’economicità d’intervento.
Andranno, infine, favorite ed incentivate: l’integrazione tra medici ospedalieri
e medici territoriali, specie nell’ambito
delle strutture e delle attività distrettuali;
una più facile osmosi tra le carriere di medico-dipendente e medico-convenzionato; il collegamento in rete dei medici di
medicina generale e dei pediatri di libera
scelta tra di loro e con il distretto di competenza.
3. per realizzare l’anzidetto riassetto
organizzativo-funzionale del sistema, bisogna tuttavia:
• investire nella qualità tecnico-scientifica dell’approccio assistenziale, sia attraverso l’adozione di linee-guida e percorsi diagnostico-terapeutici condivisi
(che, a differenza dei rigidi protocolli imposti dall’alto, possono migliorare
l’appropriatezza delle prestazioni e prevenire disordini o abusi prescrittivi), sia attraverso un’ampia riforma di tutto il percorso formativo (di base, specialistico e
permanente) del personale medico. Ma
anche il cittadino-paziente, utente del Servizio, andrà adeguatamente educato (per
responsabilizzarlo) circa la migliore tutela
della propria salute;
• armonizzare gli istituti del rapporto
di lavoro dei due fondamentali settori di
cui si compone il S.S.N.: il settore medicodipendente e quello medico-convenzionale. A tal fine sarà inevitabile:
- che contratti e convenzioni dei medici del S.S.N. siano negoziati con identiche controparti; che Stato e Regioni siano richiamati alla responsabilità diretta in
tema di contrattazione (in luogo
dell’ARAN e della SISAC,Agenzie negoziali che hanno dimostrato la loro inadeguatezza, accrescendo solo la distanza tra
le Parti e allungando i tempi di trattativa);
- che i rinnovi degli accordi di lavoro
avvengano in tempi fisiologici, e non solo
per garantire agli operatori, il diritto al
recupero salariale rispetto ai processi
inflattivi, ma anche perché il malcostume
di rinnovarli quando ormai sono pressoché scaduti i tempi della loro vigenza economica e normativa, impedisce alla disciplina contrattuale stessa di correggere
tempestivamente gli errori di impostazione
e di interpretare e di orientare le nuove
esigenze dell’organizzazione del lavoro;
-che i medici del S.S.N., e le loro
espressioni rappresentative, siano coinvolti pienamente in ogni fase della programmazione, organizzazione e gestione
dei servizi sanitari, anche per calibrare in
ogni realtà l’organizzazione del lavoro
sulla base delle disponibilità delle strutture, delle attrezzature e del personale esistenti e dei bisogni assistenziali del bacino d’utenza, nonché per realizzare il modello funzionale del dipartimento delle
cure primarie, dei vari dipartimenti
ospedalieri, o dei dipartimenti transmurali,
o del tipo ospedale-territorio, quando lo
impongano le esigenze assistenziali, ad
es. in materia di tutela ed igiene mentale,
di raccolta e conservazione di sangue ed
emo-derivati, ecc., ovvero ancora di dipartimento di prevenzione.
4. Le anzidette correzioni, a mio giudizio tutte necessarie, non saranno tuttavia sufficienti:
• senza una riforma dell’assetto istituzionale del S.S.N., nel quale solidarietà
nazionale e regionalismo sanitario trovino una equa sintesi ed in cui siano banditi, perché incompatibili con un sistema
sanitario pubblico, l’autoritarismo
monocratico della gestione e la assoluta
discrezionalità in materia funzionaleorganizzativa;
• senza riconoscere agli operatori sanitari (medici e non medici) una idonea
collocazione ordinamentale e contrattuale, in cui diritti e doveri siano chiari e definiti, per tutti;
• senza un adeguato finanziamento
pubblico del S.S.N. ed una contestuale
corresponsabilizzazione degli utenti nella
corretta domanda di prestazioni e servizi.
A chi dovesse obiettare che l’analisi
anzidetta delle problematiche sanitarie è
stata troppo”tecnica”, faccio osservare
che le riforme sanitarie dell’ultimo quarto
di secolo, con il loro approccio politico di
tipo ideologico-populista e demagogico,
si sono dimostrate perdenti in quanto non
hanno saputo garantire la “governabilità
del sistema” sotto i profili della qualità,
efficienza, sostenibilità.
* V. Presidente nazionale C.I.M.O.
Confederazione Italiana Medici Ospedalieri
Dalla Regione
Approvato il regolamento
per i servizi sociali
Il regolamento di applicazione della L.R. n. 17.2003 (“Sistema integrato
di interventi e servizi sociali in Puglia”)
approvato in via definitiva dalla Giunta regionale il 2 marzo scorso (deliberazione n. 119) disciplina in tutti gli
aspetti la citata L.R. n. 17 che ridisegna
l’intero assetto di questo comparto
nella nostra regione.
In particolare sono disciplinate:
1.le attività per il coordinamento
delle azioni integrate per l’elaborazione dei Piani sociali di zona, le procedure per la partecipazione dei cittadini,
delle Organizzazioni sindacali, degli Organismi di rappresentanza e tutela degli utenti e del Terzo Settore;
2.l’attività di verifica regionale e
l’esercizio dei poteri sostitutivi;
3.le modalità per gli interventi
indifferibili e per i reclami;
4.le procedure per il rilascio dell’autorizzazione al funzionamento delle strutture e dei servizi e i requisiti degli organismi di controllo deputati alla
certificazione della permanenza dei requisiti di qualità (Titolo II);
5.le tipologie rispettivamente delle strutture e dei servizi e i requisiti minimi per l’autorizzazione (nei Titoli III e
IV);
6.i criteri per la compartecipazione
al costo da parte degli utenti (Titolo V);
7.i criteri generali per i rapporti tra
enti pubblici e soggetti gestori, in modo
particolare in materia di tariffe, titoli per
l’acquisto, affidamento dei servizi e
accreditamento (Titolo VI);
8.le procedure per la depubblicizzazione delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, in conformità
al disposto di cui all’art. 17 della legge
regionale di riforma (Titolo VII).
Il testo integrale del regolamento
su www.tuttosanita.it.
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TuttoSanità
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Contributi
La necessità di una “mission” etica per la sanità
Accanto agli interventi e alle riforme di carattere legislativo apportati con lo scopo di riorganizzare i servizi
sanitari, è opportuno ergere una solida impalcatura morale, capace di sorreggere l’attività degli operatori,
al fine di rendere il sistema più integrato e funzionale alla vita collettiva e al raggiungimento del bene comune.
Manuela Pulimeno Ph.D. *
La sfera pubblica rappresenta uno dei
contesti più importanti in cui si svolge
gran parte dell’interazione dell’uomo con
gli altri individui e costituisce la prospettiva migliore dalla quale osservare le scelte comportamentali dei soggetti, le dinamiche relazionali e le eventuali anomalie e
difficoltà che le accompagnano.
Ad un rapido esame della gestione
pubblica in Italia, risulta evidente ed
inarrestabile il disfacimento di una disciplina vitale per la collettività: l’etica. L’eclissi parziale e a tratti totale del riflesso etico
è la conseguenza di una prepotente disattenzione e disinteresse da parte dei servizi
pubblici del nostro Paese nei confronti di
norme non scritte ma cruciali per il funzionamento corretto, efficace ed efficiente
della pubblica amministrazione. Si dimentica troppo spesso che solo esercitando un
incarico pubblico con imparzialità, curando responsabilmente l’interesse generale
e gestendo le risorse della società in modo
adeguato si conquista il consenso dei cittadini/utenti1.
Se da un lato la globalizzazione, lo
sviluppo tecnologico, l’accrescimento dei
saperi e lo scambio di informazioni su scala
mondiale incidono profondamente non
solo sulla realtà del singolo individuo alterandone inesorabilmente essenza ed
esistenza - ma anche sull’intera comunità, dall’altro lato emerge un bisogno di
coordinate morali attraverso le quali decifrare le azioni umane. L’istanza del cittadino utente nei confronti dei servizi pubblici - siano essi scuola, sanità, burocrazia,
giustizia - assume sempre più i contorni
di un’implorante “richiesta culturale di
etica” 2.
È fondamentale immettere nuova linfa
all’interno del settore pubblico e preferire
l’opzione etica ad altre soluzioni
comportamentali superficiali e sbrigative.
L’opzione etica si rivela sempre una scel-
ta vincente ed è l’unico strumento in grado di aumentare il livello di fiducia dei cittadini nei riguardi delle istituzioni e degli
organismi pubblici, garantendo l’armonia
del sistema pubblico e la soddisfazione
della società. Infatti, una gestione equa
ed affidabile dei vari compartimenti pubblici (es. sanità, scuola, apparato burocratico, giustizia…) non solo rafforzerà
l’opinione positiva della collettività verso lo Stato, ma contribuirà anche al corretto funzionamento dello stesso corpo
sociale. Auspicare un risanamento etico
del settore pubblico significa desiderare
la buona salute della comunità ed adoperarsi, attraverso coerenti linee di azione e
modalità di intervento, affinché si verifichi “un ritorno alla morale”3 e l’etica
recuperi un ruolo da protagonista all’interno della dimensione pubblica.
Per tale ragione, e per non smarrire ciò
che ancora sopravvive della tradizione
etica, è opportuno riscoprire i rami storici
della filosofia morale, innestandoli con i
germogli della riflessione filosofica moderna, al fine di adattare i principi etici di
un tempo all’apparenza integro (ma in
verità gravido di melodrammi immorali) ad
una realtà, come quella attuale, in continuo divenire ed esposta alle incognite
della globalizzazione. Difatti, benché la
tavola filosofica e politica si arricchisca
di contributi e voci differenti rispetto al
passato, si è ancora lontani dal partorire
un nucleo di principi universali capaci di
superare le barriere culturali e sociali e di
imporsi semplicemente per i caratteri di
autenticità ed accessibilità.
Solo dopo aver scandagliato la molteplicità dei bisogni e delle attese dell’uomo moderno, sarà possibile edificare le
fondamenta dei futuri paradigmi etici, tentando così di contrastare la decadenza dei
valori e la crisi della ragione4, orizzonti
foschi di una società dalle parvenze mi-
nacciosamente nichiliste5. Oltre che da un
esame dei bisogni e delle attese sociali,
l’elaborazione di principi etici dovrebbe
procedere da un’indagine accurata dei
molteplici ambiti (primo fra tutti quello
sanitario) che caratterizzano il settore pubblico, in cui si esplica o dovrebbe realizzarsi l’etica pubblica.
Metafisica e fenomenologia dell’etica sanitaria
L’esistenza di uno spazio pubblico,
come quello sanitario, in continua evoluzione, obbliga chi opera in tale contesto a
mettere in gioco - a seconda delle circostanze contingenti - tecniche e condotte
morali diverse. Allo stesso modo, anche
l’etica sanitaria, che ha il compito di fornire alla sanità linee guida comportamentali
e coordinate morali, si configura come una
condizione perennemente “in fieri”, in cui
diviene difficoltoso determinare in maniera definitiva quel corredo “incorrompibile”
in grado di guidare gli operatori sanitari
nell’esecuzione delle loro attività e nei
rapporti con l’utenza6.
La mancanza di una visione etica uniforme in campo sanitario e l’assenza di un
fondamento metafisico come presupposto a questa concezione, ha generato e
continua a determinare un disordine ed
una frammentazione morale dettata da
prese di posizioni unilaterali e soggettivistiche. Al contrario, l’adozione di
una prospettiva metafisica, intesa
kantianamente come indagine sui “principi a priori pratici della nostra ragione”7,
potrebbe garantire stabilità e linearità al
settore sanitario, assicurandogli una solida categoricità contro la variabilità delle
circostanze storiche e l’estrema insicurezza del nostro tempo. Oltre al fondamento
metafisico che assicurerebbe alla società,
al settore pubblico e, nello specifico, alla
sanità, un giusto grado di coesione e sta-
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bilità, è necessario, in epoca postmoderna,
tener conto - nella realizzazione di istituzioni giuste - di un valore irrinunciabile,
come quello della “differenza”, intesa
come pluralità di idee e ragioni diverse.
Infatti, il principio metafisico perderebbe
senso se la visione etica non scaturisse
direttamente da una contrattazione aperta e trasparente, in cui la pluralità delle
posizioni di tutti gli attori sanitari possa
emergere limpidamente ed in maniera
spontanea. Ed è proprio la condivisione
di differenti principi e visioni del mondo a
dar vita ad un’etica sanitaria coerente, in
cui la solidità erompe dal forte legame che
vincola le parti e che sostiene la reciproca
cooperazione in vista del perseguimento
del bene comune. Affinché la contrattazione sia autentica, è indispensabile che
la discussione proceda lungo un percorso che, evitando pregiudizi, presunte superiorità intellettuali e convinzioni ideologiche, riesca a concepire un prodotto
etico, scevro da coercizioni o minacce
derivanti dall’occupazione di posizioni
predominanti. Inoltre, una corretta
concertazione deriva dal rispetto di una
serie di regole procedurali, atte a garantire la più larga partecipazione alla discussione pubblica ed un equo accesso di tutti
i soggetti interessati ai processi decisionali, al fine di mirare ad una effettiva cooperazione, ancor prima di dare alla luce
una teoria etica normativa.
L’assenza di una tradizione etico-sanitaria consolidata rende la contrattazione il
momento genetico e risolutore delle
intricate questioni etiche che caratterizzano il nostro essere soggetti morali in un
mondo in continuo divenire. Un’etica sanitaria, partorita attraverso un costante
confronto di ragioni ed idee diverse, sarà
in grado - nella sua azione riformatrice - di
indirizzare armoniosamente un settore pubblico, come quello sanitario, che ha bisogno di un orientamento a cui ispirarsi.
È fondamentale, nell’ambito di una
teoria morale, che indaga i fondamenti
dell’agire individuale e collettivo, capire
ciò che ha, o che dovrebbe avere valore
in un settore pubblico come quello sanitario. Inoltre, posto che si realizzi una sorta di statuto etico per la sanità, bisogna
stabilire se i principi che ne discendono
possiedano un carattere prescrittivo e
vincolante. Secondo il filosofo Nozick, il
valore morale è strettamente connesso alla
natura intersoggettiva delle nostre relazioni e l’etica si realizza pienamente “quando il proprio valore spinge una persona a
comportarsi verso un altro come il valore
di quell’altro richiede”8.
Se il rischio di una teoria morale applicata ad un sistema pubblico potrebbe essere quello di restringere eccessivamente
gli spazi d’azione - limitando l’accesso alle
libertà fondamentali - una teoria etica fondata su un accordo pubblicamente condiviso, continuamente aperto al confronto, assicurerebbe la più ampia fruibilità di
diritti e libertà, nel pieno rispetto dei vincoli deontologici stabiliti. Una sanità etica è una sanità nella quale ogni relazione
è “ispirata da” e “si avvale di” principi e
norme morali pubblicamente condivise.
L’idea che la società abbia bisogno per garantire il buon corso della vita pubblica - di un codice morale emerge
allorquando si comprende che le scienze
sociali, “dalla politica al diritto e all’economia, non sono in grado di generare scelte collettive sicuramente corrette”9. Si
dovrà superare il pensiero di Bentham10 e
Hume11 (entrambi appartenenti alla corrente dell’utilitarismo), per i quali il sistema giuridico da solo sembrava sufficiente a governare la vita pubblica, perché i
doveri etici non rimanessero di esclusiva
pertinenza della sfera privata. Infatti, è
solo all’inizio del XIX secolo che cominciano a diffondersi i valori dell’etica pubblica (col rischio, questa volta, di un’eccessiva limitazione della libertà individuale). Così, mentre Kant manteneva nettamente separate la sfera della legalità da
quella della morale, intendendo con la prima l’organizzazione della società e con la
seconda le leggi della coscienza individuale12, Hegel sopprimeva per sempre
l’etica come campo autonomo, descrivendo la moralità privata come un concetto
puramente astratto e pertanto inesistente. Dunque, la moralità non era più oggetto della sfera individuale, ma si fondava
esclusivamente sulla legislazione dello
Stato, “lo Spirito assoluto realizzato nella
molteplicità della coscienza esistente” 13.
Oggigiorno, a causa della complessità della società contemporanea, è necessario abbandonare l’utopia di un’etica
universale, rinunciando alla ricerca di canoni morali assoluti. Infatti, “le ambizioni
dell’etica pubblica di trovare spazi nei
quali collocare procedure capaci di pro-
durre risultati univoci e di imporsi su tutti
sono andate frustrate”14. Se è quindi impossibile definire in maniera univoca la
nozione di etica pubblica o delimitare precisamente la sua sfera d’azione, è invece
facile capire come la forma odierna di questa disciplina sia più simile ad un’insieme
di tecniche fra loro diverse da impiegare a
seconda dei problemi che di volta in volta
si presentano. Così l’etica pubblica contemporanea si ritrova ad indossare gli abiti
di direttore d’orchestra e a guidare la possibilità simultanea di espressioni etiche
dissonanti.
La mission etica in sanità
Accanto agli interventi ed alle riforme
di carattere legislativo, apportati nell’assetto istituzionale e normativo del Paese con lo scopo di riorganizzare i servizi sanitari e prevenire fenomeni di inefficienza
- è opportuno che la sanità eriga una solida impalcatura etica, capace di sorreggere l’attività degli operatori, al fine di rendere il sistema più integrato e funzionale
alla vita collettiva e al raggiungimento del
bene comune.
Accade, infatti, che la sanità si adorni
con cura, mascherando scrupolosamente
le innumerevoli carenze e mostrandosi più
in forma di quanto in realtà non sia, solo
quando è intimorita dalle visite a sorpresa di qualche ispettore o supervisore
esterno al settore (giornalisti o inviati televisivi).
Sarebbe invece auspicabile che l’apparato sanitario, come qualsiasi altro ambito pubblico, mirasse ad un rinnovamento della sua sostanza ed immagine per una
necessità intrinseca al sistema e per non
annientarsi a causa delle sue stesse
inefficienze. Tappare i buchi e colmare le
lacune, solo per paura che arrivi qualcuno a controllare, renderle pubbliche e castigare, non elimina gli ostacoli, semplicemente ne rallenta la rimozione.
Al contrario, la sanità pubblica potrà
restituire credibilità e valore a concetti
importanti come compartecipazione e responsabilità, se mirerà a progetti di qualità al servizio dei cittadini-utenti,
riesaminando le dinamiche organizzative
e gestionali e rivedendo su una base etica non solo gli aspetti di carattere tecnico
ed economico, ma l’intero ambito operativo. Ed ancora, l’elaborazione di una Carta
etica, intesa come una sorta di
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autoregolamentazione interna, fungerà da
bussola, orientando gli operatori sanitari
tra le emergenti e sommerse problematiche di carattere etico.
Per essere originale, il regolamento etico dovrà scaturire dal confronto costante
tra i diversi attori della sanità, esperti accademici e rappresentanti istituzionali, in modo
da permettere a tutti coloro che partecipano
alla discussione di manifestare agevolmente le richieste di innovazione organizzativa
e le valutazioni di ordine etico.
Infine, poiché il settore sanitario costituisce un contesto pubblico di vitale importanza, in cui l’operatore svolge una funzione chiave all’interno della collettività, è
necessario prevedere nel corso della preparazione del regolamento etico, alcune
norme integrative di condotta accanto a
quelle generali di comportamento.
Le categorie etiche della sanità
Prima di procedere all’elaborazione di
una Carta etica, bisogna individuare chiaramente le esigenze dei cittadini-utenti, in
modo da definire la mission primaria del
servizio sanitario pubblico (promozione e
tutela della salute), i valori fondamentali e
le norme etiche che, restituendo trasparenza ed integrità alla gestione sanitaria
pubblica, soddisfino pienamente le richieste della collettività. È ovvio che la capacità di rispondere alle necessità dei pazienti-utenti, esaudendo le loro aspettative in modo efficace (riduzione dei rischi
per la salute), efficiente (riduzione degli
sprechi) e trasparente (integrità nella gestione dei servizi), dipende anche dalla
validità dei principi organizzativi che ispirano il sistema sanitario pubblico.
La fiducia dei cittadini nei confronti
del servizio sanitario aumenterà se la sanità pubblica garantirà non solo uguaglianza nell’accesso ai servizi socio-sanitari e il contenimento delle liste di attesa,
ma anche l’umanizzazione dell’assistenza, l’adeguamento a standard di efficacia
e di comportamento, il decoro strutturale,
in modo che la verifica e la valutazione
delle attività dei dirigenti e di tutti gli operatori sanitari possa avvenire sulla base
di questi obiettivi che si configurano prima di tutto come “etici” e successivamente come “economici”. In questo senso,
ricompensare quegli operatori sanitari che
si dimostrano fedeli ai valori dell’impegno,
della responsabilità e della solidarietà e
sanzionare gli episodi di disonestà, servirà come esempio per la condotta degli altri operatori e permetterà di tutelare i cittadini utenti nei confronti delle irresponsabilità del servizio sanitario pubblico. In
altre parole, occorre instaurare tra la sanità e la collettività un’alleanza fatta di dialogo, convergenza e trasparenza assoluta, in modo da salvaguardare l’equilibrio
e l’armonia tra le due realtà. Appare necessario stimolare ed allargare il dibattito
intorno all’etica sanitaria investendo in
formazione e cultura, attraverso il
coinvolgimento delle Università, delle
aziende sanitarie locali ed ospedaliere (ma
anche delle strutture private), fino agli
ordini professionali ed alle associazioni
di categoria, con l’obiettivo di accrescere
la motivazione degli operatori della sanità
e di conseguenza il grado di fiducia dei
cittadini utenti. In questo senso, sarà più
agevole definire la nozione di etica sanitaria, i suoi confini e gli spazi di manovra
giuridicamente e moralmente legittimi.
Sebbene la recente normativa ed il riassetto delle competenze abbia comportato
per la sanità la necessità di rapportarsi
con diversi soggetti istituzionali secondo nuove regole (si pensi al sistema di
finanziamento dei DRG e alle loro ripercussioni sulla durata dei ricoveri), è essenziale che l’etica sanitaria venga “concepita” all’interno del mondo sanitario e
non sia filtrata da altre realtà pubbliche o
imposta da istituzioni politiche, che potrebbero manipolare a loro piacimento il
codice etico. Un’etica sanitaria, se vuole
essere autentica e coerente, deve realizzarsi a partire dall’esperienza sanitaria
stessa, dai principi ippocratici15, dalla recente indagine bioetica, dai principi costituzionali dei diritti e delle libertà fondamentali e da quei saperi umanistico-scientifici che le sono strettamente congiunti,
in modo da garantire - sulla base della
comunicazione e del confronto - un accordo stabile nella durata, aperto alle differenze. Alla luce delle complessità e delle numerose variabili che intervengono nel
sistema sanità, è necessario sempre tener
conto della dialettica dei punti di vista,
senza cercare di imporre una propria verità sulla base di presunte egemonie intellettuali o culturali.
L’universo sanitario ha quindi il dovere morale di articolare, esplicitare e fissare in un nuovo codice deontologico una
propria etica che funga da principio ispiratore per la condotta di tutti gli attori della
sanità. In questo senso, l’operatore sanitario che sceglierà di ispirare il proprio
comportamento a tali norme investirà tutte le sue energie fisiche e le conoscenze
teoriche per la cura e l’accoglienza del
paziente16. Senza impegno effettivo ed
investimento totale, gli obiettivi di salute
non possono essere raggiunti ed il processo di cura del paziente si trasforma in
una sterile e banale messinscena17. Difatti,
al di là dei suoi presupposti scientifici, la
professione sanitaria si fonda innanzitutto
su profonde capacità comunicative,
relazionali e di ascolto18. Per tale motivo,
l’etica sanitaria è prima di tutto un’etica
interpersonale, intrisa di altruismo e benevolenza, che comporta la comprensione profonda di colui che ha bisogno di
essere curato ed il superamento delle
discriminazioni, dei pregiudizi e delle chiusure emotive.
Va però sottolineato che - oggi più che
in passato - l’operatore sanitario è tenuto
a soprintendere all’organizzazione razionale del processo assistenziale con l’adempimento di numerosi obblighi burocratici.
Purtroppo, anche per tale ragione, l’operatore rischia di trascurare l’impegno e la
partecipazione empatica al processo di
guarigione del paziente (a volte, semplicemente per mancanza di tempo). Di conseguenza, il rispetto della correlazione razionale tra mezzi e fini, l’ottimizzazione dei
costi, la promozione della qualità
nell’erogazione di prestazioni sanitarie può
concretizzarsi solo in presenza di un’equa
attribuzione di responsabilità e di adeguate dotazioni di organico all’interno del sistema sanità19. In conclusione, il pericolo
da evitare è quello che gli operatori sanitari siano spinti a concentrarsi sugli aspetti
organizzativi e sul corretto funzionamento
del sistema, a scapito del basilare momento assistenziale.
Alla luce dell’enorme divario fra le crescenti domande di salute e le scarse risorse disponibili20, è essenziale che i livelli
dirigenziali realizzino le condizioni necessarie affinché ogni operatore possa farsi
carico - consapevolmente - della dialettica fini-mezzi21 per raggiungere obiettivi
coerenti con le aspettative di salute della
società, assicurando ai cittadini efficacia
clinica ed equità delle prestazioni. Si tratta quindi di attuare un’etica della respon-
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sabilità, intesa come atteggiamento razionale rispetto allo scopo22 (più attinente
alla sfera della professionalità concreta
rispetto all’etica interpersonale e comunicativa, propria della personalità del singolo), che possa guidare correttamente
gli operatori sanitari secondo le categorie
dell’appropriatezza delle prestazioni23.
Anche il riassetto istituzionale in senso federalista dello Stato pone nuovi interrogativi. Secondo l’attuale Ministro
della Salute, Girolamo Sirchia, il ruolo di
un moderno ministero della sanità consiste nel fissare “i paletti etici del sistema,
altrimenti si rischierebbe di avere dei sistemi sanitari differenti tra regione e regione, non tanto sotto il profilo
organizzativo, ma sotto il profilo dei risultati che si ottengono”.
Oggigiorno, mentre la sanità pubblica
è più autonoma e più libera di
autodeterminarsi rispetto al passato, anche grazie al nuovo ordinamento interno
impresso dall’aziendalizzazione24 e dalle
nuove competenze delle Regioni
(devolution), esiste il rischio grave che
alle nuove possibilità di autogoverno sanitario non corrisponda una presa di coscienza, di responsabilità ed impegno da
parte degli attori del sistema (manager,
medici, infermieri etc.). E se è vero, come
scrive Kant, che “libertà e legge pratica
(morale) incondizionata rinviano reciprocamente l’una all’altra”25 (secondo il filosofo tedesco, la libertà è la ratio essendi
della legge morale e la legge morale è la
ratio cognoscendi della libertà), è anche
chiaro che gli operatori della sanità saranno in grado di fronteggiare le
problematiche sanitarie emergenti, se faranno dell’etica un’assoluta priorità ed il
valore ispiratore del governo in Sanità ad
ogni livello.
* Docente Corsi di Formazione Libera Università Mediterranea, Bari
Note Bibliografiche
1
Secondo Transparency International, l’Italia ha registrato nel 2003 un lieve miglioramento riguardo all’Indice di Percezione della Corruzione (Corruption Perception Index - CPI), classificandosi al 35° posto e passando da un voto di
5,2 a 5,3 (10 è il voto migliore e 0 il peggiore).
Nel 2002 l’Italia si classificava al 31° posto
contro il 29° del 2001.
2
AA. VV., Teorie etiche contemporanee, a
cura di C. A. Viano, Torino, Bollati Boringheri,
1990, p. 11.
3
SIGNORE, M., Questioni di etica e di filosofia pratica, Milella, Lecce, 1995, p. 7.
4
HABERMAS, J., La crisi della razionalità
nel capitalismo maturo, trad. it. di G. Backhaus,
Laterza, Roma-Bari, 1975.
5
TAYLOR, C., Il disagio della modernità,
trad. it. di G. Ferrara degli Uberti, Laterza, RomaBari, 1994.
6
ALFIERI, R. et. al., Valori, cultura e salute: il ruolo dell’operatore di sanità pubblica
nella definizione degli obiettivi”, Mecosan, vol.
22, aprile-giugno 1997, pp. 71-79.
7
KANT, Immanuel, Fondazione della metafisica dei costumi, a cura di Amedeo Vigorelli,
Bruno Mondadori, Varese, 1995, p. 32.
8
NOZICK, R., Spiegazioni filosofiche, trad.
it. di G. Rigamonti, Il Saggiatore, Milano 1987,
p. 449.
9
VIANO, C. A., Etica pubblica, Laterza,
Roma-Bari, 2002, p. XVIII
10
BENTHAM, J., Introduzione ai principi
della morale e della legislazione, in Sofismi
politici, a cura di P. Crespi, Bompiani, Milano,
1947.
11
HUME, D., Ricerche sull’intelletto umano e sui principi della morale, trad. it. Laterza,
Roma-Bari 1978.
12
KANT, I., Critica della ragion pratica, a
cura di Vittorio Mathieu, Rusconi, Milano, 1996.
13
HEGEL, G. W. F., Fenomenologia dello
spirito, a cura di V. Cicero, Rusconi, Milano,
1995, p. 599.
14
VIANO, Etica pubblica, cit., p. 115.
15
GRMEK, M.D, “La nascita dell’arte medica occidentale”, Storia del pensiero medico
occidentale 1, Antichità e Medioevo, Laterza,
Bari, 1993, pp. 3-66.
16
SPINSANTI, S. Curare e prendersi cura,
Cidas, Roma, 2000.
17
PELLEGRINO, E.D., THOMASMA D.C.,
Per il bene del paziente, tradizione e innovazione nell’etica medica, Edizioni Paoline, Milano
1992.
18
HABERMAS, J., Teoria dell’agire comunicativo, trad. it. di P. Rinaudo, 2 voll., Il Mulino, Bologna, 1986.
19
SPAGNOLO, A.G., “Etica ed allocazione
delle risorse in sanità”, In: Bioetica nella ricerca e nella prassi medica, Edizioni Camilliane,
Torino, 1997, pp. 205-230.
20
HIRSCH, F., I limiti sociali allo sviluppo,
trad. it. di L. Aleotti, a cura di A. Martinelli,
Bompiani, Milano, 1981.
21
MOONEY, G., Problemi chiave della economia sanitaria, a cura di Livio Garattini, Il Pensiero Scientifico Editore, Roma, 1996, p. 33.
22
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n. 76 Marzo - Aprile 2005 ...............................................................................................................................................................................
41
TuttoSanità
.............................................................................................................................................................................................................................................................
Dalla Regione
“Attuazione art. 51, comma 7, della Legge 16 gennaio 2003, n. 3 in materia
di tutela della salute dei non fumatori. Direttiva regionale delle sanzioni amministrative erogate da organi non statali”
Il testo integrale della deliberazione della Giunta regionale n. 358 del 15 marzo 2005
ne, tra l’altro, dei locali riserDa molti anni il fumo di
vati ai fumatori nonché i
tabacco è ritenuta la più Legislazione antifumo: la direttiva regionale
modelli dei cartelli connessi
importante causa di morte
sulle sanzioni amministrative
all’attuazione delle disposiprematura e prevenibile in
zioni previste dalla legge.
Italia e rappresenta uno dei
In materia di tutela della salute dei non fumatori la normatiAll’attuazione dell’artipiù gravi problemi di saniva di riferimento è quella introdotta dall’art. 51 della L. 16.1.2003
colo 51 – comma 2 della legtà pubblica a livello monn. 3 con le successive modifiche e inte-grazioni, ivi incluse le
ge 16 gennaio 2003, n. 3 in
diale. Per tale motivo, la
determinazioni assunte dalla Conferenza Stato-Regioni il 16
materia di requisiti tecnici dei
prevenzione dei gravi dandicembre scorso. E’ quanto ha deciso la Giunta regionale con un
locali per fumatori si è giunni alla salute derivanti dalti con DPCM del 23 dicemla esposizione attiva e pasprovvedimento dello scorso marzo (di cui pubblichiamo il testo
bre 2003.
siva al fumo di tabacco
integrale unitamente alla circolare esplicativa ministeriale del
Inoltre, con Accordo
costituisce obiettivo prio17 dicembre scorso). Pertanto, l’importo delle sanzioni da appliStato-Regioni
del 16 dicemritario della politica sanitacare nel caso di violazione del divieto di fumo, sono quelle
bre
2004,
sono
state definiria del nostro Paese.
definite dall’art. 52 comma 20 della L. n. 448/2001 (da 25 a 250
te
le
procedure
per l’accerAllo scopo di arginare
euro con raddoppio in presenza di donne in stato di gravidanza
tamento
delle
infrazioni,
la
il dilagare di questa grave
o bambini inferiori a 12 anni) incrementate del 10 % (come prerelativa
modulistica
nonché
e diffusa forma di dipenvisto dalla legge finanziaria dello Stato 2005).
l’individuazione dei soggetdenza gli interventi
Se la sanzione è comminata da organi statali, il pagamento
ti legittimati ad elevare i renormativi, negli ultimi
verrà effettuato secondo le modalità previste dal citato Accordo
lativi processi verbali.
anni, sono stati sempre più
Stato-Regioni del 16.12.2004.
Con circolare del 17/12/
numerosi e incisivi. Nello
Se si tratta di organi non statali (polizia amministrativa lo2004, il Ministero della Saspecifico si richiama la norcale, guardie giurate, etc) il pagamento va effettuato sul conto
lute nel fornire chiarimenti
ma dispositiva introdotta
corrente delle sedi provinciali interessate dell’Ufficio regionale
aggiuntivi sulla portata
con l’art. 52, comma 20,
del Contenzioso. Presso queste ultime potrà eventualmente esseinnovativa delle predette
della legge n. 448 del 2001
re presentato ricorso nel termine di 30 giorni.
disposizioni ha confermato
che ha significativamente
La puntualizzazione approvata dal Governo regionale si è
il divieto totale di fumo in
incrementato il valore delresa necessaria (in Puglia la legge anti fumo n. 16.2002 è antescuole, ospedali, uffici della
le sanzioni amministrative
cedente a quella dello Stato) in considerazione della necessità
pubblica amministrazione,
previste nei confronti dei
di uniformare le modalità applicative e a seguito di una sentenza
ecc.. già introdotte con pretrasgressori al divieto di
della Corte Costituzionale (n. 361 del 19.12.2003), secondo la
cedente normativa.
fumo nei luoghi non conquale la determinazione delle sanzioni di natura amministrativa,
Infine, con il comma 189
sentiti precedentemente
introdotte per garantire l’osservanza del divieto di fumo, deve
della legge 30 dicembre 2004,
fissate dalla Legge 11 non. 311 è stato deciso che l’imvembre 1975, n. 584;
essere uguale su tutto il territorio nazionale e al legislatore
Di seguito all’attribuporto delle sanzioni da apzione alle regioni della competenza a legi- strative molto più onerose rispetto a quelle plicare, in caso di violazione del divieto di
ferare in materia di “tutela della salute”, la già previste dalla normativa nazionale.
fumo, sono quelle definite dall’art. 52,
Successivamente, in materia di tutela comma 20, della legge n. 448 del 2001, inRegione Puglia ha approvato la legge 7/
8/2002, n.16 in tema di: “ Divieto di fumare della salute dei non fumatori è intervenu- crementate del 10%.
nei luoghi pubblici e nei luoghi chiusi to nuovamente il Parlamento Italiano che,
Questo recente proliferare della noraperti al pubblico”. Con tale provvedimen- con l’articolo 51 della legge 16 gennaio mativa nazionale e regionale in materia di
to, oltre ad emanare rigide norme atte a 2003, n. 3, ha introdotto il divieto di fuma- tutela della salute dei non fumatori ha
perseguire e assicurare una drastica ridu- re non solo nei luoghi di lavoro pubblici, ingenerato nell’opinione pubblica e, in
zione del fumo di tabacco negli ambienti ma anche in tutti quelli privati, che siano particolare, negli addetti ai lavori, che
di lavoro pubblici e privati, l’Assemblea aperti al pubblico o ad utenti ed ha rinvia- sono chiamati a garantire il pieno rispetto
Regionale ha introdotto sanzioni ammini- to ad apposito regolamento la definizio- di tale divieto, molta confusione soprat-
42 ................................................................................................................................................................................ n. 76 Marzo - Aprile 2005
TuttoSanità
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tutto nella parte relativa al sistema
sanzionatorio da applicare.
Inoltre, nello specifico argomento,
oggetto della presente proposta
deliberativa, è illuminante il richiamo alla
decisione assunta dalla Corte Costituzionale che, con sentenza n. 361 del 19/12/
2003, ha riaffermato il principio che la determinazione delle sanzioni di natura amministrativa, introdotte per garantire l’osservanza del divieto di fumo, deve essere
uguale su tutto il territorio nazionale e che
al legislatore regionale non è riconosciuto spazio alcuno.
Pertanto, allo scopo di dissipare i dubbi interpretativi manifestati dalle diverse
istituzioni pubbliche e private pugliesi e
al fine di evitare l’instaurarsi di inutili
contenziosi riguardo all’importo della sanzione da applicare, a seconda che ad infliggere la stessa sia un organo statale
(carabinieri, PS, Guardia di Finanza) o non
statale(VV.UU., Guardie Giurate) si propone, nelle more dell’abrogazione degli artt.
4-3° comma e 9 della legge regionale 7/8/
2002, n.16, di prendere atto, in materia di
tutela della salute dei non fumatori, delle
prescrizioni introdotte dall ‘art. 51 della
legge 16 gennaio 2003, n. 3, e successive
modifiche ed integrazioni ivi incluse le
determinazioni assunte il 16 dicembre 2004
in sede di Conferenza Stato-Regioni
L’Assessore relatore sulla base delle
risultanze istruttorie di cui innanzi, propone alla Giunta l’adozione del seguente
atto finale in quanto rientrante nelle
tipologie previste dall’art. 4 - comma 4,
lettera a) della L.R. n. 7/97
La Giunta
• udita la relazione e la conseguente
proposta dell’Assessore alla Sanità e Servizi Sociali;
• viste le sottoscrizioni poste in calce
al presente provvedimento dal Responsabile del Procedimento da parte del Dirigente dell’Ufficio e del Dirigente del Settore;
• a voti unanimi espressi nei modi di
legge;
Delibera
per le motivazioni in narrativa esposte che qui si intendono integralmente riportate di:
disporre che, in materia di tutela della
salute dei non fumatori, la normativa di
riferimento è quella introdotta dall ‘art. 51
della legge 16 gennaio 2003, n. 3, e successive modifiche ed integrazioni ivi incluse le determinazioni assunte il 16 dicembre 2004 in sede di Conferenza StatoRegioni.
In virtù di quanto sopra e delle intese
raggiunte in sede di Accordo Stato-Regioni, sottoscritto il 16 dicembre u.s., si
conferma quanto appresso:
- l’importo delle sanzioni da applicare,
in caso di violazione del divieto di fumo,
sono quelle definite dall’art. 52, comma
20, della legge n. 448 del 2001, incrementate del 10% come disposto dal comma
189 della legge 30 dicembre 2004, n.
311(Legge Finanziaria 2005);
- nel caso in cui l’infrazione al divieto
di fumare è comminata da organi statali il
pagamento della sanzione amministrativa
è effettuato secondo le modalità indicate
nel citato Accordo Stato-Regioni del 16
dicembre 2004;
- nel caso in cui l’infrazione al divieto
di fumare è comminata da organi non statali (polizia amministrativa locale, guardie
giurate, ecc.) il pagamento, della sanzione amministrativa, è effettuato mediante
il versamento della sanzione (entro e non
oltre 60 gg. dalla contestazione o notifica
del processo verbale) sul conto corrente
postale dell’Ufficio regionale del
contenzioso, competente per provincia,
che di seguito si riportano:
· Ufficio regionale del Contenzioso di
BARI
SEDE: Via Gobetti, 26 – Bari;
Tel. 080/5406435 - 080/5406427 - Fax
080/5406428
C.C.P. n. 712703
· Ufficio regionale del Contenzioso di
BRINDISI
SEDE: Via Rubini, 12 – Brindisi;
Tel. 0831/595253 - Fax 0831/595255
C.C.P. n. 747709
· Ufficio reg.le del Contenzioso di
FOGGIA
SEDE: Corso Giannone, 1 - Foggia
Tel. 0881/706341 - Fax 0881/706377
C.C.P. n. 719708
· Ufficio reg.le del Contenzioso di
LECCE
SEDE: Viale Aldo Moro - Lecce
Tel. Fax 0832/373627
C.C.P. n.726703
· Ufficio reg.le del Contenzioso di
TARANTO
SEDE: Piazza Belstat, n.24 - Taranto
Tel. 099/7307318 - Fax 099/7307317
C.C.P. n. 733709
- Copia del verbale di accertamento
della violazione dell’osservanza del divieto di fumo dovrà essere inviato all’Ufficio
di cui sopra, competente per territorio.
- Avverso tale provvedimento, entro
e non oltre 30 gg. dalla data di emissione
del verbale di contestazione, il trasgressore ha facoltà di far pervenire all’ Ufficio
del Contenzioso, competente per territorio, propri scritti difensivi e documenti
chiedendo di essere ascoltato dall’autorità competente a ricevere il rapporto.
Di autorizzare il Dirigente del Settore
Sanità a piena diffusione dei contenuti del
presente atto a tutte le Amministrazioni
pubbliche presenti sul territorio regionale, alle rappresentanze di categorie.
S. Raffaele
Cittadella della Carità
Autorizzazione comunale n° 09/03 del 29/10/2003
Fondazione eretta in Ente Morale
Casa di Cura ad indirizzo Riabilitativo:
Neuromotorio, Cardiologico, Respiratorio
Direttore Sanitario Dott. Vincenzo Ruggiero (specialista in Fisiatria)
Resp. Cardiologia:
Resp. Pneumologia:
Labor. di Analisi Cliniche:
Ambulatorio di Radiologia:
Ambulatorio di FKT:
Poliambulatorio:
Medicina del Lavoro
Dott. M. Orlando,
Dott. C. Imperiale,
Dott.ssa A. Coppola,
Dott. G. D’Onghia,
Dott. V. Ruggiero,
Dott. V. Ruggiero,
Dott. G. Saltalamacchia
Specialista
Specialista
Biologa
Radiologo
Specialista
Specialista
in Cardiologia
in Pneumologia
in Fisiatria
in Fisiatria
Piazzale Cittadella della Carità, 1 - 74100 Taranto
Tel. 099/4732111/214 - Fax 099/4732250
http:// www.cittadelladellacarita.it - e-mail [email protected]
n. 76 Marzo - Aprile 2005 ...............................................................................................................................................................................
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TuttoSanità
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Documentazione
Circolare Ministero della Salute 17 dicembre 2004
“Indicazioni interpretative e attuative dei divieti conseguenti
all’entrata in vigore dell’articolo 51 della legge 16 gennaio 2003,
n. 3, sulla tutela della salute dei non fumatori”
Nell’approssimarsi della data di piena
entrata in vigore delle prescrizioni dell’art.
51 della legge 16 gennaio 2003, n. 3, sulla
tutela della salute dei non fumatori - prevista per il 10 gennaio 2005 ex art. 19 del
decreto-legge 9 novembre 2004, n. 266 –
si ritiene proficuo, con la presente, fornire alcuni chiarimenti e utili indicazioni sulla portata ampiamente innovativa di dette
disposizioni.
1. Il quadro normativo di riferimento è
rappresentato dai provvedimenti di seguito cronologicamente elencati:
a. legge n. 584 dell’11 novembre 1975
(in Gazzetta Ufficiale 5 dicembre 1975, n. 322);
b. direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 dicembre 1995 (in Gazzetta Ufficiale 15 gennaio 1996, n. 11);
c. art. 52, comma 20, della legge n. 448
del 2001 (in Gazzetta Ufficiale 29 dicembre
2001, n. 301);
d. art. 51 della legge 16 gennaio 2003,
n. 3 (in Gazzetta Ufficiale 20 gennaio 2003,
n. 15);
e. accordo Stato-Regioni del 24 luglio
2003;
f. decreto del Presidente del Consiglio
dei Ministri 23 dicembre 2003 (in Gazzetta
Ufficiale 29 dicembre 2003, n. 300);
g. art. 19 del decreto-legge 9 novembre 2004, n. 266.
2. La normativa sopra richiamata - e,
in particolare, l’art. 51 della legge n. 3/2003
- persegue il fine primario della «tutela
della salute dei non fumatori», con l’obiettivo della massima estensione possibile
del divieto di fumare, che, come tale, deve
essere ritenuto di portata generale, con la
sola, limitata esclusione delle eccezioni
espressamente previste.
Il fumo di tabacco è la più importante
causa di morte prematura e prevenibile in
Italia e rappresenta uno dei più gravi problemi di sanità pubblica a livello mondiale; ecco perché la prevenzione dei gravi
danni alla salute derivanti dalla esposizione attiva e passiva al fumo di tabacco
costituisce obiettivo prioritario della politica sanitaria del nostro Paese e dell’U.E.
La nuova normativa si inserisce in
questa visione strategica e per questo si
rende necessario garantire il rispetto delle norme di divieto e il sanzionamento delle
relative infrazioni.
Il divieto di fumare trova applicazione
non solo nei luoghi di lavoro pubblici, ma
anche in tutti quelli privati, che siano aperti
al pubblico o ad utenti. Tale accezione
comprende gli stessi lavoratori dipendenti
in quanto «utenti» dei locali nell’ambito
dei quali prestano la loro attività lavorativa. E’ infatti interesse del datore di lavoro
mettere in atto e far rispettare il divieto,
anche per tutelarsi da eventuali rivalse da
parte di tutti coloro che potrebbero instaurare azioni risarcitorie per danni alla
salute causati dal fumo.
In forza di detto generalizzato divieto,
la realizzazione di aree per fumatori non
rappresenta affatto un obbligo, ma una
facoltà, riservata ai pubblici esercizi e ai
luoghi di lavoro che qualora ritengano
opportuno attrezzare locali riservati ai fumatori devono adeguarli ai requisiti tecnici dettati dal decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri del 23 dicembre
2003.
3. Per ciò che concerne l’ambito oggettivo di applicazione della norma, essa
applica il divieto di fumo a tutti i locali
chiusi pubblici e privati aperti ad utenti o
al pubblico. Per quelli pubblici, poi, il
comma 10 dell’art. 51 della legge n. 3/2003
mantiene immodificate le attuali disposizioni in materia, restando così confermato il divieto totale di fumo in scuole, ospedali, uffici della pubblica amministrazione, autoveicoli di proprietà dello Stato, di
enti pubblici e di privati concessionari di
pubblici servizi per il trasporto collettivo
di persone, taxi, metropolitane, treni, sale
di attesa di aeroporti, stazioni ferroviarie,
autofilotranviarie e portuali-marittime, biblioteche, musei, pinacoteche. Le nuove
prescrizioni del citato art. 51 «tutela della
salute dei non fumatori» della legge n. 3
del 16 gennaio 2003, sono inoltre
applicabili e vincolanti per la generalità
dei «locali chiusi» privati aperti ad utenti
o al pubblico, di cui al comma 1 del medesimo articolo, ivi compresi, oltre a bar e
ristoranti, circoli privati e tutti i locali di
intrattenimento, come le discoteche, e
quelli ad essi assimilati, come le palestre,
le sale corse, le sale gioco, le sale video
games, le sale Bingo, i cinema multisala, i
teatri, salva solo la facoltà di attrezzare a
norma aree riservate a fumatori. Resta fermo che, considerata la libera accessibilità
a tutti i locali di fumatori e non fumatori, la
possibilità di fumare non può essere consentita se non in spazi di inferiore dimensione attrezzati all’interno dei locali, proprio per la definizione «riservati ai fumatori» utilizzata al comma 1b dell’art. 51
della legge n. 3/2003.
4. Per quanto concerne specificamente le responsabilità che gravano sui gestori degli esercizi pubblici, l’art. 7 della
legge n. 584/1975, come espressamente
disposto dal comma 5 dell’art. 51 della legge n. 3/2003, è stato sostituito dall’art. 52,
comma 20, della legge n. 448 del 28 dicembre 2001 che prevede un inasprimento
delle sanzioni amministrative per i trasgressori al divieto di fumo e per coloro
cui spetta, in base all’art. 2 della legge n.
584/1975, di curare l’osservanza del divieto, qualora non ottemperino al loro compito.
A tale riguardo e per comprendere esattamente la portata della norma, deve essere richiamato l’art. 4, lettera c), della direttiva del Presidente del Consiglio dei
Ministri del 14 dicembre 1995, il quale prevede testualmente: «Per i locali condotti
da soggetti privati, il responsabile della
struttura, ovvero dipendente o collaboratore da lui incaricato, richiamerà i tra-
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sgressori all’osservanza del divieto e curerà che le infrazioni siano segnalate ai
pubblici ufficiali ed agenti competenti a
norma dell’art. 13 della legge 24 novembre 1981, n. 689».
Al riguardo si precisa che sui soggetti responsabili della struttura o sui loro
delegati ricadono gli obblighi di:
1) richiamare formalmente i trasgressori all’osservanza del divieto di fumare;
2) segnalare, in caso di inottemperanza
al richiamo, il comportamento del o dei trasgressori, ai pubblici ufficiali e agenti ai
quali competono la contestazione della violazione del divieto e la conseguente redazione del verbale di contravvenzione.
Sarà loro cura anche esporre cartelli,
come indicato nell’accordo stipulato in
sede di Conferenza Stato-Regioni nella
seduta del 16 dicembre 2004.
In presenza di violazioni a detta disposizione si applicano le misure
sanzionatorie previste dall’art. 7, secondo comma, della legge 11 novembre 1975,
n. 584, recante «Divieto di fumare in determinati locali e su mezzi di trasporto
pubblico» con particolare riferimento
all’art. 2 della medesima legge.
5. L’art. 2 della legge n. 584 dell’11
novembre 1975 inquadrato nel contesto
organico della disciplina all’esame, porta
ad escludere limitazioni agli obblighi dei
gestori, i quali pertanto non sono tenuti
soltanto alla materiale apposizione del
cartello di divieto di fumo ma anche ad
attuare interventi attivi di dissuasione nei
confronti dei trasgressori osservando
così gli adempimenti previsti dal richiamato art. 4, lettera c), della direttiva 14 dicembre 1995. Infatti, il tenore letterale del
sopra citato art. 2, che recita testualmente
«... curano l’osservanza del divieto ...»,
risulterebbe assolutamente privo di concreto significato pratico ove inteso nel
senso di limitare gli obblighi dei gestori
alla mera esposizione del cartello, poiché
ciò non giustificherebbe in alcun modo la
applicazione delle misure sanzionatorie,
comprese tra un minimo di 200 e un massimo di 2000 euro, previste dall’art. 52,
comma 20, della legge n. 448 del 28 dicembre 2001. Inoltre, considerato che il comma
9 dell’art. 51 della legge n. 3/2003 ha fra
l’altro mantenuto in vigore anche l’art. 5
della citata legge n. 584/1975, qualora non
siano osservati gli obblighi che ricadono
sui gestori, il questore può sospendere,
per un periodo da tre giorni a tre mesi, o
revocare la licenza di esercizio del locale.
6. Quanto alla previsione di aumenti
degli importi delle sanzioni, misura contemplata nella legge finanziaria 2005, sembra sufficiente ricordare il principio che si
debbono applicare le misure sanzionatorie
vigenti al momento dell’accertamento della violazione: principio inequivoco, idoneo a superare qualsivoglia dubbio in
subiecta materia, ivi compreso quello delle modalità di aggiornamento dei cartelli
di divieto, posto che ogni presunta difficoltà al riguardo può essere agevolmente
superata con l’apposizione, di semplici
talloncini autoadesivi indicatori delle variazioni intervenute agli importi delle sanzioni.
7. Con l’accordo definito nella seduta
della Conferenza Stato-Regioni del 16 dicembre 2004 è stata data attuazione al
comma 7 dell’art. 51 della legge n. 3/2003,
ridefinendo in particolare le procedure per
l’accertamento delle infrazioni e
l’individuazione dei soggetti legittimati ad
elevare i relativi processi verbali. L’approvazione di tale accordo ha completato il
quadro organico della disciplina di settore relativa al divieto di fumo.
Va precisato, in questo senso, che i
dirigenti preposti alle strutture amministrative e di servizio di pubbliche amministrazioni, di aziende e di agenzie pubbliche individuano con atto formale i soggetti cui spetta vigilare sull’osservanza
del divieto, accertare e contestare le infrazioni. Resta inteso che, ove non vi abbiano provveduto, spetta ad essi stessi
esercitare tale attività di vigilanza, di accertamento e di contestazione.
Nei locali privati in cui si svolge comunque un servizio per conto dell’amministrazione pubblica sono invece tenuti a
vigilare sul rispetto del divieto di fumare,
ad accertare le infrazioni ed a contestare
la violazione i soggetti cui spetta per legge, regolamento o disposizioni di autorità
assicurare l’ordine interno dei locali.
Nelle strutture pubbliche e private
soggette al divieto di fumare i soggetti
incaricati della vigilanza, dell’accertamento e della contestazione delle infrazioni,
come pure il personale dei corpi di polizia
amministrativa locale, conformemente alle
disposizioni vigenti, nonché le guardie
giurate espressamente adibite a tale servizio, su richiesta dei responsabili o di
chiunque intenda far accertare infrazioni
al divieto:
- vigilano sull’osservanza dell’appli-
cazione del divieto;
- accertano le infrazioni, contestando
immediatamente al trasgressore la violazione;
- redigono in triplice copia il verbale
di contestazione, che deve dare atto dell’avvenuto richiamo da parte del responsabile della struttura o suo delegato e
contenere - oltre agli estremi del trasgressore, della violazione compiuta e delle
modalità con le quali può avvenire il pagamento della sanzione pecuniaria in misura ridotta
- l’indicazione dell’autorità cui far pervenire scritti difensivi;
- notificano il verbale ovvero, quando
non sia possibile provvedervi immediatamente, ne assicurano la notifica a mezzo
posta (entro novanta giorni dall’accertamento dell’infrazione), secondo la procedura prevista dalla legge 20 novembre
1982, n. 890.
Le indicazioni finora espresse, ovviamente, non pregiudicano la possibilità
degli ufficiali ed agenti di polizia
giudiziaria, normalmente impegnati in altri compiti istituzionali di maggior rilievo,
di svolgere tali attività di accertamento e
di contestazione delle infrazioni di propria iniziativa ovvero nell’ambito dei servizi di cui sono incaricati, come previsto
dall’art. 13, quarto comma, della legge 24
novembre 1981, n. 689.
Nei locali privati, infine, i soggetti cui
spetta vigilare sul rispetto del divieto si
identificano nei conduttori dei locali stessi
o nei collaboratori da essi formalmente
delegati che, in base a quanto chiarito al
punto 4 della presente circolare, richiamano i trasgressori all’osservanza del divieto e provvedono a segnalare immediatamente le infrazioni ad uno dei soggetti
pubblici incaricati della vigilanza, dell’accertamento e della contestazione delle violazioni in precedenza indicati.
Fermi i chiarimenti e le indicazioni di
cui sopra, corre l’obbligo di ribadire anche in questa sede che ogni eventuale,
ulteriore dubbio che dovesse emergere
dalla normativa sul divieto di fumare a
tutela della salute dei non fumatori dovrà
essere valutato alla luce del fondamentale principio cui e’ informata tale disciplina, in base al quale «è proibito fumare in
tutti i locali chiusi, ad eccezione delle abitazioni private e dei locali riservati ai fumatori se esistenti e purché dotati delle
caratteristiche previste dal decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri 23
dicembre 2003».
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Simposi
Le ulcere difficili e loro gestione
Un interessante convegno di approfondimento a Monopoli
Il 25 e 26 febbraio scorsi si è tenuto
a Monopoli il convegno dal titolo: Attualità nel trattamento delle ulcere difficili e loro gestione. Organizzatori dell’
evento il dott. Giovanni Ostuni, presidente neoeletto della Società Italiana di Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica e
Direttore della U.O. di Chirurgia Plastica
Ospedaliera del Policlinico di Bari ed il
Prof. D. Dioguardi, Direttore della cattedra di Chirurgia Plastica dell’Università
di Bari, coadiuvato dal comitato organizzatore e scientifico rappresentato dalle
equipe composte dai dd.rr. M. Del Zotti,
C.M. Ressa , F. Sisto, V. Navach, E.
Vollono, A. Albino, A. Zagaria, C. Bini,
G. Maggio, G. Gozzo e A. Volpe della Chirurgia Plastica Universitaria di Bari.
Il convegno ha rappresentato l’occasione per discutere su quanto la medicina e la chirurgia offrono di nuovo allo stato
attuale, per una patologia, quale l’ulcera
cutanea, di difficile risoluzione, sia per le
proprie caratteristiche che per le malattie
che a queste possono essere associate
(diabete, vasculopatie, cardiopatie,
connettivopatie, paraplegie ecc.).
Tale patologia riserva spesso a medici e pazienti complicanze e problematiche
non facili da trattare, per cui la cura si
protrae per mesi e se guarisce è insidiata
dalle recidive.
Un tempo negletta, la cura delle ulcere cutanee, in un passato neanche tanto
lontano era affidata a ben pochi presidi :
la fisiologica, la garza iodoformica , qualche pomata a volte utile a volte no ed alla
buona volontà del chirurgo armato di lama
chirurgica, perseveranza e pazienza. Val
la pena ricordare che, prima dell’avvento
degli unguenti fibrinolitici, la necrectomia
che precedeva la comparsa del tessuto di
granulazione poteva essere affidata alle
larve di mosca.
Successivamente si sono fatti strada
i principi della “Wound Bed Preaparation
“sulla medicazione umida ed occlusiva.
Una buona medicazione deve avere come
caratteristica la capacità di intervenire nei
diversi stadi dell’ulcera dalla formazione
dell’escara fino al tessuto di granulazione, promuovendo la rimozione dell’escara, il riassorbimento dell’essuda-to,
la modulazione della carica batterica contaminante l’ulcera, la possibilità di permanere per più di una giornata e di non aderire all’ulcera. Proprietà quest’ultima, che
riduce il dolore ad ogni medicazione e non
interferisce con i processi di guarigione
dell’ulcera stessa.
Con il termine di medicazione avanzata si fa riferimento a tutti quei presidi a
base di alginati, idrocolloidi, idrogel, film
semipermeabili, di sali d’argento,di sostanze lipocolloidali e biointerattive (lamine di acido ialuronico) in grado quindi
di interagire con il tessuto biologico e di
promuoverne la guarigione.
Anche dal punto di vista biotecnologico si rilevano i progressi ottenuti con
la VAC terapia (Vacuum Assisted Closure)
e la “escissione con getto d’acqua”. Nel
primo caso l’utilizzazione di una macchina che esercita una pressione negativa
sulla piaga, modulabile mediante un sofisticato software, consente di accelerare
la comparsa di un valido tessuto di
granulazione, riducendo i tempi di guarigione. Un’ulteriore progresso deve essere registrato nell’utilizzo di un getto d’acqua per la detersione meccanica dell’ulcera. Tale procedimento viene effettuato
convogliando in un manipolo del diametro fra gli 8 ed i 14 mm, un getto d’acqua a
velocità ( da 426 fino a 1057 Kph) ed a
pressioni elevatissime (da 103 fino a 827
bar ). L’acqua così convogliata si comporta come una lama assumendo però
delle caratteristiche di precisione notevolmente superiori. Il metodo presenta dunque diversi vantaggi : consente il
debridment superficiale dell’ulcera, rispettando il tessuto di granulazione e risultando sopportabile al paziente che può
tranquillamente essere trattato in ambiente ambulatoriale e senza anestesia.
Ancora, il convegno ha registrato i
risultati ottenuti grazie all’ingegneria
tissutale che si presenta come una pratica ormai consolidata nei Presidi Ospedalieri Pugliesi. Da un frammento di cute è
possibile coltivare quantità illimitate di
fibroblasti e di cheratinociti.
Soprattutto l’uso dello Hyalograft 3D
lamina di derma coltivato costituito da
fibroblasti immersi in una matrice di acido
ialuronico, ha consentito la ricostituzione
del derma andato distrutto, promuovendo così la formazione di tessuto di
granulazione, premessa alla guarigione
spontanea o ad un trattamento chirurgico risolutivo mediante innesti o lembi di
cute.
La multidisciplinarietà è stata inoltre
un elemento “portante” dell’ organizzazione del congresso. Basti pensare ai diversi specialisti intervenuti nel convegno: l’angiologo, il chirurgo vascolare,
l’endocrinologo, l’ortopedico, il fisiatra,
l’epidemiologo, il neurologo, il personale
amministrativo e paramedico ed il chirurgo plastico al quale , come ha spiegato il
dott. Ostuni, spetta la funzione di coordinare tutte queste diverse figure “al letto”
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dell’ammalato, quasi un “perno” attorno
al quale ruotano le diverse branche specialistiche.
Inoltre il congresso non si è limitato
ad illustrare le diverse e rilevanti novità
legate al trattamento delle ulcere sul versante farmacologico, su quello offerto
dalle medicazioni avanzate, dai dispositivi
biomeccanici e dai trattamenti chirurgici
mirati.
Una delle tematiche approfondite è
stata la prospettiva di una cura
domiciliare delle ulcere. Emerge dal convegno che, il trattamento domiciliare delle ulcere sembrerebbe essere meno oneroso per il sistema sanitario rispetto al
trattamento tradizionale ospedaliero.A tal
proposito si è parlato di Assistenza
Domiciliare e di Assistenza Domiciliare
Integrata, a dimostrazione che esiste già
una realtà ben codificata da leggi e regole per il trattamento domiciliare dei tumori
e che potrebbe essere utilizzata proficuamente per la cura delle stesse ulcere.
Non si è trascurato nemmeno di trattare l’attualità dell’ulcere nei paesi in via
di sviluppo. Ha chiuso, infatti, i lavoro la
relazione del dott. Sisto sull’ulcera del
Buruli. L’ulcera del Buruli, patologia emergente nei paesi in via di sviluppo è un
tema tanto caro al dott. G. Ostuni, per il
quale ha profuso e continua a profondere
tanti sforzi sia sul piano medico scientifico che umanitario, recandosi periodicamente in Benin e promovendo sia la ricerca che la sensibilizzazione della popolazione e delle istituzioni a questa emergenza umanitaria, che miete vittime soprattutto fra i bambini.
Il convegno, patrocinato dalla Regione Puglia , dal Comune di Monopoli e dalla
Conferenza per lo Studio delle Ulcere
Cutanee (Co.r.te.) e dalla Società Italiana di
Chirurgia Plastica, Ricostruttiva ed Estetica (SICPRE), è stato alla fine premiato da
una grande partecipazione di pubblico “a
dimostrazione che - ha concluso il dott.
Ostuni - le buone idee e la buona organizzazione incontrano la sensibilità di un pubblico attento e numeroso.
Documentazione
La nuova legislazione regionale
a tutela dei portatori di pacemaker
Il testo integrale della legge regionale
pubblicata sul BUR n. 32 del 25 febbraio scorso
L.R. 22 febbraio 2005 n. 4 “Tutela dei soggetti portatori di sistemi elettronici
vitali: esonero dal passaggio di varchi dotati di apparecchiature a rilevanza elettromagnetica”
Art. 1
(Finalità)
1. La presente legge tutela i soggetti sensibili dai danni che possono derivare
dall’esposizione a campi elettromagnetici indotti da sistemi di rilevamento (varchi
elettromagnetici) presenti sul territorio regionale presso esercizi commerciali e banche.
2. Ai fini della presente legge sono soggetti sensibili:
a) i portatori di pace-maker;
b) i portatori di altre protesi dotate di circuiti elettronici;
c) i portatori di preparati intracranici (o comunque posizionati in prossimità di
strutture anatomiche vitali);
d) i portatori di clips vascolari o schegge in materiale ferromagnetico;
e) le donne in stato di gravidanza;
f) i soggetti affetti da anemia falciforme.
Art. 2
(Zone ad accesso controllato)
1. Ai fini della presente legge si definiscono zone ad accesso controllato i luoghi
pubblici o aperti al pubblico ai quali si accede attraverso varchi dotati di dispositivi
di controllo e interessati da un campo disperso di induzione magnetica.
2. Gli accessi a tutte le zone di cui al comma 1 devono essere segnalati con contrassegni ben visibili al fine di impedire l’ingresso incidentale dei soggetti sensibili.
3. I responsabili di tali zone sono tenuti ad attuare sistemi alternativi di rilevamento che non arrechino danni alla salute.
4. I soggetti sensibili sono dotati di tesserino identificativo rilasciato dalla competente Azienda sanitaria locale (ASL) e sono esentati dai controlli o rilevamenti
effettuati mediante l’utilizzo di campi elettromagnetici.
5. Le donne in gravidanza devono presentare idoneo certificato medico, aggiornato ogni due mesi, che ne attesti lo stato.
6. L’impossibilità di consentire l’accesso attraverso varchi alternativi di rilevamento comporta la classificazione del relativo locale come dotato di barriera
architettonica e la conseguente applicazione della normativa prevista dall’articolo
24 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione
sociale e i diritti delle persone handicappate); dal decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n. 503 (Regolamento recante norme per l’eliminazione delle
barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici); dall’articolo 1 della
legge 9 gennaio 1989, n. 13 (Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione
delle barriere architettoniche negli edifici privati); dagli articoli 2, 7, 10 e 11 del
decreto del Ministro dei lavori pubblici 14 giugno 1989, n. 236 (Prescrizioni tecniche
necessarie a garantire l’accessibilità, l’adattabilità e la visitabilità degli edifici privati
e di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e agevolata, ai fini del superamento
e dell’eliminazione delle barriere architettoniche).
Art. 3
(Regolamento attuativo)
1. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge la
Giunta regionale emana apposito regolamento che stabilisce, tra l’altro, le sanzioni
amministrative a carico dei soggetti inadempienti e individua gli organismi preposti
alla vigilanza dell’applicazione della presente legge.
La presente legge sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione ai sensi
e per gli effetti dell’art. 53, comma 1 della L.R. 12/05/2004, n° 7 “Statuto della Regione
Puglia” ed entrerà in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione.
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Documentazione
Il testo integrale dei commi di interesse sanitario
della Legge finanziaria dello Stato 2005
Si tratta della n. 311 del 30 dicembre 2004 pubblicata sul S.O. alla G.U. n. 306 del 31 dicembre scorso
5. Al fine di assicurare il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica stabiliti in sede di Unione europea, indicati
nel Documento di programmazione economico-finanziaria e nelle relative note di
aggiornamento, per il triennio 2005 – 2007
la spesa complessiva delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato, individuate per l’anno
2005 nell’elenco 1 allegato alla presente
legge e per gli anni successivi dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) con proprio provvedimento pubblicato nella Gazzetta Ufficiale non oltre il 31 luglio di ogni
anno, non può superare il limite del 2 per
cento rispetto alle corrispondenti previsioni aggiornate del precedente anno,
come risultanti dalla Relazione
previsionale e programmatica.
61. Salvo quanto disposto nel comma
175, la sospensione degli aumenti delle
addizionali all’imposta sul reddito e delle
maggiorazioni dell’aliquota dell’imposta
regionale sulle attività produttive di cui
all’articolo 3, comma 1, lettera a), della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e all’articolo
2, comma 21, della legge 24 dicembre 2003,
n. 350, è confermata sino al 31 dicembre
2005. Resta ferma l’applicazione del
comma 22 dell’articolo 2 della legge n. 350
del 2003 alle disposizioni regionali in materia di IRAP diverse da quelle riguardanti la maggiorazione dell’aliquota, nonchè,
unitamente al comma 23 del medesimo articolo, alle disposizioni regionali in materia di tassa automobilistica; le regioni possono modificare tali disposizioni nei soli
limiti dei poteri loro attribuiti dalla normativa statale di riferimento ed in conformità
con essa.
62. Sono autorizzate, a carico di somme a qualsiasi titolo spettanti, le
compensazioni degli importi a credito e a
debito di ciascuna regione, connessi alle
perdite di entrata realizzate dalle stesse
per effetto delle disposizioni recate dall’articolo 17, comma 22, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, indicate, solo a questo fine, nella tabella di riparto approvata
con decreto del Ministro dell’economia e
delle finanze sulla base della proposta
presentata dalle regioni in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano. Tale compensazione
sarà effettuata dal Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della
Ragioneria generale dello Stato, in quattro rate annuali di eguale importo a partire
dall’esercizio 2005.
63. I trasferimenti erariali per l’anno
2005 di ogni singolo ente locale sono determinati in base alle disposizioni recate
dall’articolo 31, comma 1, primo periodo,
della legge 27 dicembre 2002, n. 289.
64. Per l’anno 2005, l’incremento delle risorse, pari a 340 milioni di euro, derivante dal reintegro della riduzione dei trasferimenti erariali conseguente alla cessazione dell’efficacia delle disposizioni di
cui all’articolo 24, comma 9, della legge 28
dicembre 2001, n. 448, è attribuito, quanto
ad euro 260 milioni, a favore degli enti locali per confermare i contributi di cui all’articolo 3, commi 27, 35, secondo periodo, 36 e 141, della legge 24 dicembre 2003,
n. 350, e quanto ad 80 milioni di euro in
favore dei comuni di cui all’articolo 9,
comma 3, del decreto legislativo 30 giugno 1997, n. 244.
65. Le disposizioni in materia di compartecipazione provinciale e comunale al
gettito dell’imposta sul reddito delle persone fisiche di cui all’articolo 31, comma
8, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, già
confermate per l’anno 2004 dall’articolo
2, comma 18, della legge 24 dicembre 2003,
n. 350, sono prorogate per l’anno 2005.
93. Le dotazioni organiche delle amministrazioni dello Stato anche ad ordinamento autonomo, delle agenzie, incluse
le agenzie fiscali di cui agli articoli 62, 63 e
64 del decreto legislativo 30 luglio 1999,
n. 300, e successive modificazioni, degli
enti pubblici non economici, degli enti di
ricerca e degli enti di cui all’articolo 70,
comma 4, del decreto legislativo 30 marzo
2001, n. 165, e successive modificazioni,
sono rideterminate, sulla base dei princìpi
e criteri di cui all’articolo 1, comma 1, del
predetto decreto legislativo e all’articolo
34, comma 1, della legge 27 dicembre 2002,
n. 289, apportando una riduzione non inferiore al 5 per cento della spesa complessiva relativa al numero dei posti in organico di ciascuna amministrazione, tenuto
comunque conto del processo di innovazione tecnologica. Ai predetti fini le amministrazioni adottano adeguate misure di
razionalizzazione e riorganizzazione degli
uffici, anche sulla base di quanto previsto dal comma 192, mirate ad una rapida e
razionale riallocazione del personale ed
alla ottimizzazione dei compiti direttamente
connessi con le attività istituzionali e dei
servizi da rendere all’utenza, con significativa riduzione del numero di dipendenti
attualmente applicati in compiti logisticostrumentali e di supporto. Le amministrazioni interessate provvedono a tale
rideterminazione secondo le disposizioni
e le modalità previste dai rispettivi ordinamenti. Le amministrazioni dello Stato,
anche ad ordinamento autonomo, provvedono con decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri su proposta del
Ministro competente, di concerto con il
Ministro per la funzione pubblica e con il
Ministro dell’economia e delle finanze. Per
le amministrazioni che non provvedono
entro il 30 aprile 2005 a dare attuazione
agli adempimenti contenuti nel presente
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comma la dotazione organica è fissata
sulla base del personale in servizio, riferito a ciascuna qualifica, alla data del 31
dicembre 2004. In ogni caso alle amministrazioni e agli enti, finchè non provvedono alla rideterminazione del proprio organico secondo le predette previsioni, si
applica il divieto di cui all’articolo 6,
comma 6, del decreto legislativo 30 marzo
2001, n. 165. Al termine del triennio 20052007 le amministrazioni di cui al presente
comma rideterminano ulteriormente le
dotazioni organiche per tener conto degli
effetti di riduzione del personale derivanti dalle disposizioni del presente comma e
dei commi da 94 a 106. Sono comunque
fatte salve le previsioni di cui al combinato disposto dell’articolo 3, commi 53, ultimo periodo, e 71, della legge 24 dicembre
2003, n. 350, nonchè le procedure
concorsuali in atto alla data del 30 novembre 2004, le mobilità che l’amministrazione di destinazione abbia avviato alla
data di entrata in vigore della presente
legge e quelle connesse a processi di trasformazione o soppressione di amministrazioni pubbliche ovvero concernenti
personale in situazione di eccedenza,
compresi i docenti di cui all’articolo 35,
comma 5, terzo periodo, della legge 27 dicembre 2002, n. 289. Ai fini del concorso
delle autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, le
disposizioni di cui al presente comma costituiscono princìpi e norme di indirizzo
per le predette amministrazioni e per gli
enti del Servizio sanitario nazionale, che
operano le riduzioni delle rispettive dotazioni organiche secondo l’ambito di applicazione da definire con il decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri di cui
al comma 98.
98. Ai fini del concorso delle autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, con decreti del
Presidente del Consiglio dei ministri, da
emanare previo accordo tra Governo, regioni e autonomie locali da concludere in
sede di Conferenza unificata, per le amministrazioni regionali, gli enti locali di cui
all’articolo 2, commi 1 e 2, del testo unico
di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000,
n. 267, e gli enti del Servizio sanitario nazionale, sono fissati criteri e limiti per le
assunzioni per il triennio 2005-2007, previa
attivazione delle procedure di mobilità e
fatte salve le assunzioni del personale
infermieristico del Servizio sanitario nazionale.
Le predette misure devono garantire,
per le regioni e le autonomie locali, la realizzazione di economie di spesa lorde non
inferiori a 213 milioni di euro per l’anno
2005, a 572 milioni di euro per l’anno 2006,
a 850 milioni di euro per l’anno 2007 e a
940 milioni di euro a decorrere dall’anno
2008 e, per gli enti del Servizio sanitario
nazionale, economie di spesa lorde non
inferiori a 215 milioni di euro per l’anno
2005, a 579 milioni di euro per l’anno 2006,
a 860 milioni di euro per l’anno 2007 e a
949 milioni di euro a decorrere dall’anno
2008. Fino all’emanazione dei decreti di
cui al presente comma trovano applicazione le disposizioni di cui al primo periodo del comma 95. Le province e i comuni
che non abbiano rispettato le regole del
patto di stabilità interno non possono
procedere ad assunzioni di personale a
qualsiasi titolo nell’anno successivo a
quello del mancato rispetto.
I singoli enti in caso di assunzioni di
personale devono autocertificare il rispetto delle disposizioni del patto di stabilità
interno per l’anno precedente quello nel
quale vengono disposte le assunzioni. In
ogni caso sono consentite, previa
autocertificazione degli enti, le assunzioni
connesse al passaggio di funzioni e competenze alle regioni e agli enti locali il cui
onere sia coperto dai trasferimenti erariali
compensativi della mancata assegnazione di unità di personale.
Per le Camere di commercio, industria,
artigianato e agricoltura e l’Unioncamere,
con decreto del Ministero delle attività
produttive, d’intesa con la Presidenza del
Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica e con il Ministero
dell’economia e delle finanze, sono individuati specifici indicatori di equilibrio
economico-finanziario, volti a fissare criteri e limiti per le assunzioni a tempo indeterminato, nel rispetto delle previsioni di
cui al presente comma.
103. A decorrere dall’anno 2008, le
amministrazioni di cui all’articolo 1, comma
2, e all’articolo 70, comma 4, del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, possono, previo
esperimento delle procedure di mobilità,
effettuare assunzioni a tempo indeterminato entro i limiti delle cessazioni dal servizio verificatesi nell’anno precedente.
105. A decorrere dall’anno 2005, le
università adottano programmi triennali
del fabbisogno di personale docente, ricercatore e tecnico-amministrativo, a tempo determinato e indeterminato, tenuto
conto delle risorse a tal fine stanziate nei
rispettivi bilanci. I programmi sono valutati dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca ai fini della coerenza
con le risorse stanziate nel fondo di finanziamento ordinario, fermo restando il
limite del 90 per cento ai sensi della normativa vigente.
106. Per il funzionamento del Dipartimento nazionale per le politiche antidroga
è autorizzata l’ulteriore spesa di 6 milioni
di euro annui a decorrere dall’anno 2005.
107. Per le regioni, le autonomie locali
e gli enti del Servizio sanitario nazionale
le economie derivanti dall’attuazione dei
commi da 93 a 105 conseguenti a misure
limitative delle assunzioni per gli anni
2006, 2007 e 2008 restano acquisite ai bilanci degli enti ai fini del miglioramento
dei relativi saldi.
116. Per l’anno 2005, le amministrazioni di cui agli articoli 1, comma 2, e 70,
comma 4, del decreto legislativo 30 marzo
2001, n. 165, e successive modificazioni,
possono avvalersi di personale a tempo
determinato, ad eccezione di quanto previsto dall’articolo 108 del testo unico di
cui al decreto legislativo 18 agosto 2000,
n. 267, o con convenzioni ovvero con
contratti di collaborazione coordinata e
continuativa, nel limite della spesa media
annua sostenuta per le stesse finalità nel
triennio 1999-2001. La spesa per il personale a tempo determinato in servizio presso il Corpo forestale dello Stato nell’anno
2005, assunto ai sensi della legge 5 aprile
1985, n. 124, non può superare quella sostenuta per lo stesso personale nell’anno
2004. Le limitazioni di cui al presente
comma non trovano applicazione nei confronti del personale infermieristico del
Servizio sanitario nazionale. Le medesime
limitazioni non trovano altresì applicazione nei confronti delle regioni e delle autonomie locali. Gli enti locali che per l’anno
2004 non abbiano rispettato le regole del
patto di stabilità interno non possono
avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e con-
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tinuativa. Per il comparto scuola e per
quello delle istituzioni di alta formazione
e specializzazione artistica e musicale trovano applicazione le specifiche disposizioni di settore.
117. I Ministeri per i beni e le attività
culturali, della giustizia, della salute e
l’Agenzia del territorio sono autorizzati ad
avvalersi, sino al 31 dicembre 2005, del
personale in servizio con contratti di lavoro a tempo determinato, prorogati ai
sensi dell’articolo 3, comma 62, della legge 24 dicembre 2003, n. 350. Il Ministero
dell’economia e delle finanze può continuare ad avvalersi fino al 31 dicembre
2005 del personale utilizzato ai sensi dell’articolo 47, comma 10, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive
modificazioni.
122. Per l’anno 2005 per gli enti di ricerca, l’Istituto superiore di sanità, l’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, gli istituti zooprofilattici sperimentali, l’Agenzia per i
servizi sanitari regionali, l’Agenzia italiana del farmaco, gli Istituti di ricovero e
cura a carattere scientifico, l’Agenzia
spaziale italiana, l’Ente per le nuove tecnologie, l’energia e l’ambiente, il CNIPA,
nonchè per le università e le scuole superiori ad ordinamento speciale, sono fatte
comunque salve le assunzioni a tempo
determinato e la stipula di contratti di collaborazione coordinata e continuativa per
l’attuazione di progetti di ricerca e di innovazione tecnologica ovvero di progetti finalizzati al miglioramento di servizi
anche didattici per gli studenti, i cui oneri
non risultino a carico dei bilanci di funzionamento degli enti o del Fondo di finanziamento degli enti o del Fondo di finanziamento ordinario delle università.
149. I commi primo e secondo dell’articolo 2 del decreto-legge 30 dicembre
1979, n. 663, convertito, con modificazioni,
dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33, e successive modificazioni, sono sostituiti dai
seguenti:
«A decorrere dal 1º giugno 2005, nei
casi di infermità comportante incapacità
lavorativa, il medico curante trasmette all’INPS il certificato di diagnosi sull’inizio
e sulla durata presunta della malattia per
via telematica on line, secondo le specifiche tecniche e le modalità procedurali
determinate dall’INPS medesimo.
Il lavoratore è tenuto, entro due giorni dal relativo rilascio, a recapitare o a trasmettere, a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, l’attestazione della
malattia, rilasciata dal medico curante, al
datore di lavoro, salvo il caso in cui quest’ultimo richieda all’INPS la trasmissione in via telematica della suddetta attestazione, secondo modalità stabilite dallo
stesso Istituto.
Con apposito decreto interministeriale
dei Ministri del lavoro e delle politiche
sociali, della salute, dell’economia e delle
finanze e per l’innovazione e le tecnologie, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e
di Bolzano, sono individuate le modalità
tecniche, operative e di regolamentazione,
al fine di consentire l’avvio della nuova
procedura di trasmissione telematica on
line della certificazione di malattia all’INPS
e di inoltro dell’attestazione di malattia dall’INPS al datore di lavoro, previsti dal primo e dal secondo comma del presente articolo».
164. Per garantire il rispetto degli obblighi comunitari e la realizzazione degli
obiettivi di finanza pubblica per il triennio
2005-2007 il livello complessivo della spesa del Servizio sanitario nazionale, al cui
finanziamento concorre lo Stato, è determinato in 88.195 milioni di euro per l’anno
2005, 89.960 milioni di euro per l’anno 2006
e 91.759 milioni di euro per l’anno 2007. I
predetti importi ricomprendono anche
quello di 50 milioni di euro, per ciascuno
degli anni indicati, a titolo di ulteriore finanziamento a carico dello Stato per
l’ospedale «Bambino Gesù». Lo Stato, in
deroga a quanto stabilito dall’articolo 4,
comma 3, del decreto-legge 18 settembre
2001, n. 347, convertito, con modificazioni,
dalla legge 16 novembre 2001, n. 405, concorre al ripiano dei disavanzi del Servizio
sanitario nazionale per gli anni 2001, 2002
e 2003. A tal fine è autorizzata, a titolo di
regolazione debitoria, la spesa di 2.000
milioni di euro per l’anno 2005, di cui 50
milioni di euro finalizzati al ripiano dei disavanzi della regione Lazio per l’anno
2003, derivanti dal finanziamento dell’ospedale «Bambino Gesù». Le predette
disponibilità finanziarie sono ripartite tra
le regioni con decreto del Ministro della
salute, di concerto con il Ministro del-
l’economia e delle finanze, d’intesa con la
Conferenza Stato-Regioni.
165. Resta fermo l’obbligo in capo all’Agenzia italiana del farmaco di garantire
per la quota a proprio carico, ai sensi dell’articolo 48 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con
modificazioni, dalla legge 24 novembre
2003, n. 326, il livello della spesa farmaceutica stabilito dalla legislazione vigente. Nell’ambito delle annuali direttive del
Ministro della salute all’Agenzia è incluso il conseguimento dell’obiettivo del rispetto del predetto livello della spesa farmaceutica. Al fine di conseguire il
contenimento della spesa farmaceutica,
l’Agenzia italiana del farmaco stabilisce
le modalità per il confezionamento ottimale
dei farmaci a carico del Servizio sanitario
nazionale, almeno per le patologie più rilevanti, relativamente a dosaggi e numero di unità posologiche, individua i farmaci per i quali i medici possono prescrivere «confezioni d’avvio» per terapie usate per la prima volta verso i cittadini, al
fine di evitare prescrizioni quantitativamente improprie e più costose, e di
verificarne la tollerabilità e l’efficacia, e
predispone l’elenco dei farmaci per i quali
sono autorizzate la prescrizione e la vendita per unità posologiche.
166. All’articolo 8 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, sono apportate le
seguenti modificazioni:
a) al comma 10:
1) alla lettera c), dopo le parole: «indicate alle lettere a) e b)» sono aggiunte le
seguenti: «ad eccezione dei farmaci non
soggetti a ricetta con accesso alla pubblicità al pubblico»;
2) dopo la lettera c), è aggiunta la seguente:
«c-bis) farmaci non soggetti a ricetta
medica con accesso alla pubblicità al pubblico (OTC)»;
b) al comma 14, ultimo periodo, le parole: «lettera c)» sono sostituite dalle seguenti: «lettere c) e c-bis)».
167. All’articolo 70, comma 2, primo
periodo, della legge 23 dicembre 1998, n.
448, dopo le parole: «l’indicazione della
“nota“» la parola: «, controfirmata,» è
soppressa.
168. L’Agenzia italiana del farmaco
adotta nel limite di spesa annuo di 1 milio-
50 ................................................................................................................................................................................ n. 76 Marzo - Aprile 2005
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ne di euro per ciascuno degli anni 2005,
2006 e 2007, nell’ambito del programma
annuale di attività previsto dall’articolo
48, comma 5, lettera h), del decreto-legge
30 settembre 2003, n. 269, convertito, con
modificazioni, dalla legge 24 novembre
2003, n. 326, un piano di comunicazione
volto a diffondere l’uso dei farmaci generici, ad assicurare una adeguata informazione del pubblico su tali farmaci e a garantire ai medici, ai farmacisti e agli operatori di settore, a mezzo di apposite pubblicazioni specialistiche, le informazioni necessarie sui farmaci generici e le liste complete di farmaci generici disponibili.
169. Al fine di garantire che l’obiettivo del raggiungimento dell’equilibrio economico finanziario da parte delle regioni
sia conseguito nel rispetto della garanzia
della tutela della salute, ferma restando la
disciplina dettata dall’articolo 54 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, per le prestazioni già definite dal decreto del Presidente
del Consiglio dei ministri 29 novembre
2001, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 33 dell’8 febbraio 2002, e successive modificazioni,
anche al fine di garantire che le modalità
di erogazione delle stesse siano uniformi
sul territorio nazionale, coerentemente
con le risorse programmate per il Servizio
sanitario nazionale, con regolamento adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della
legge 23 agosto 1988, n. 400, di concerto
con il Ministro dell’economia e delle finanze, dal Ministro della salute, che si
avvale della commissione di cui all’articolo 4-bis, comma 10, del decreto-legge
15 aprile 2002, n. 63, convertito, con
modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002,
n. 112, sono fissati gli standard qualitativi,
strutturali, tecnologici, di processo e possibilmente di esito, e quantitativi di cui ai
livelli essenziali di assistenza, sentita la
Conferenza permanente per i rapporti tra
lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Con la medesima procedura sono individuati le tipologie
di assistenza e i servizi, relativi alle aree di
offerta individuate dal vigente Piano sanitario nazionale. In fase di prima applicazione gli standard sono fissati entro il 30
giugno 2005.
170. Alla determinazione delle tariffe
massime per la remunerazione delle prestazioni e delle funzioni assistenziali, as-
sunte come riferimento per la valutazione
della congruità delle risorse a disposizione del Servizio sanitario nazionale, provvede, con proprio decreto, il Ministero
della salute, di concerto con il Ministero
dell’economia e delle finanze, sentita la
Conferenza permanente per i rapporti tra
lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Gli importi
tariffari, fissati dalle singole regioni, superiori alle tariffe massime restano a carico dei bilanci regionali. Entro il 30 marzo
2005, con decreto del Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
le regioni e le province autonome di Trento
e di Bolzano, si procede alla ricognizione
e all’eventuale aggiornamento delle tariffe massime, coerentemente con le risorse
programmate per il Servizio sanitario nazionale. Con la medesima modalità e i medesimi criteri si procede all’aggiornamento biennale delle tariffe massime entro il
31 dicembre di ogni secondo anno a decorrere dall’anno 2005.
171. Ferma restando la facoltà delle
singole regioni di procedere, per il governo dei volumi di attività e dei tetti di spesa, alla modulazione, entro i valori massimi nazionali, degli importi tariffari praticati per la remunerazione dei soggetti
erogatori pubblici e privati, è vietata, nella remunerazione del singolo erogatore,
l’applicazione alle singole prestazioni di
importi tariffari diversi a seconda della
residenza del paziente, indipendentemente dalle modalità con cui viene regolata la
compensazione della mobilità sia
intraregionale che interregionale. Sono
nulli i contratti e gli accordi stipulati con i
soggetti erogatori in violazione di detto
principio.
172. Il potere di accesso del Ministro
della salute presso le aziende unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere di cui
all’articolo 2, comma 6, del decreto-legge
29 agosto 1984, n. 528, convertito, con
modificazioni, dalla legge 31 ottobre 1984,
n. 733, e all’articolo 4, comma 2, della legge 1º febbraio 1989, n. 37, è esteso a tutti
gli Istituti di ricovero e cura a carattere
scientifico, anche se trasformati in fondazioni, ai policlinici universitari e alle aziende ospedaliere universitarie ed è integrato con la potestà di verifica dell’effettiva
erogazione, secondo criteri di efficienza
ed appropriatezza, dei livelli essenziali di
assistenza di cui all’articolo 1, comma 6,
del decreto legislativo 30 dicembre 1992,
n. 502, e successive modificazioni, al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, pubblicato nel
supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 33 dell’8 febbraio 2002, e all’articolo 54 della legge 27 dicembre 2002, n.
289, compresa la verifica dei relativi tempi
di attesa.
173. L’accesso al finanziamento integrativo a carico dello Stato derivante da
quanto disposto al comma 164, rispetto al
livello di cui all’accordo Stato-regioni
dell’8 agosto 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 208 del 7 settembre 2001,
per l’anno 2004, rivalutato del 2 per cento
su base annua a decorrere dal 2005, è subordinato alla stipula di una specifica intesa tra Stato e regioni ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003,
n. 131, che contempli ai fini del
contenimento della dinamica dei costi:
a) gli adempimenti già previsti dalla
vigente legislazione;
b) i casi nei quali debbano essere previste modalità di affiancamento dei rappresentanti dei Ministeri della salute e
dell’economia e delle finanze ai fini di una
migliore definizione delle misure da adottare;
c) ulteriori adempimenti per migliorare
il monitoraggio della spesa sanitaria nell’ambito del Nuovo sistema informativo
sanitario;
d) il rispetto degli obblighi di programmazione a livello regionale, al fine di garantire l’effettività del processo di
razionalizzazione delle reti strutturali dell’offerta ospedaliera e della domanda
ospedaliera, con particolare riguardo al
riequilibrio dell’offerta di posti letto per
acuti e per lungodegenza e riabilitazione,
alla promozione del passaggio dal ricovero ordinario al ricovero diurno, nonchè
alla realizzazione degli interventi previsti
dal Piano nazionale della prevenzione e
dal Piano nazionale dell’aggiornamento
del personale sanitario, coerentemente
con il Piano sanitario nazionale;
e) il vincolo di crescita delle voci dei
costi di produzione, con esclusione di
quelli per il personale cui si applica la specifica normativa di settore, secondo modalità che garantiscano che, complessi-
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51
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.............................................................................................................................................................................................................................................................
vamente, la loro crescita non sia superiore, a decorrere dal 2005, al 2 per cento annuo rispetto ai dati previsionali indicati
nel bilancio dell’anno precedente, al netto di eventuali costi di personale di competenza di precedenti esercizi;
f) in ogni caso, l’obbligo in capo alle
regioni di garantire in sede di programmazione regionale, coerentemente con gli
obiettivi sull’indebitamento netto delle
amministrazioni pubbliche, l’equilibrio
economico-finanziario delle proprie aziende sanitarie, aziende ospedaliere, aziende
ospedaliere universitarie ed Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico sia in
sede di preventivo annuale che di conto
consuntivo, realizzando forme di verifica
trimestrale della coerenza degli andamenti con gli obiettivi dell’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche e prevedendo l’obbligatorietà dell’adozione di
misure per la riconduzione in equilibrio
della gestione ove si prospettassero situazioni di squilibrio, nonchè l’ipotesi di
decadenza del direttore generale.
174. Al fine del rispetto dell’equilibrio
economico-finanziario, la regione, ove si
prospetti sulla base del monitoraggio
trimestrale una situazione di squilibrio,
adotta i provvedimenti necessari. Qualora dai dati del monitoraggio del quarto trimestre si evidenzi un disavanzo di gestione a fronte del quale non sono stati adottati i predetti provvedimenti, ovvero essi
non siano sufficienti, con la procedura di
cui all’articolo 8, comma 1, della legge 5
giugno 2003, n. 131, il Presidente del Consiglio dei ministri diffida la regione a provvedervi entro il 30 aprile dell’anno successivo a quello di riferimento. Qualora la
regione non adempia, entro i successivi
trenta giorni il presidente della regione, in
qualità di commissario ad acta, approva il
bilancio di esercizio consolidato del Servizio sanitario regionale al fine di determinare il disavanzo di gestione e adotta i
necessari provvedimenti per il suo
ripianamento, ivi inclusi gli aumenti dell’addizionale all’imposta sul reddito delle
persone fisiche e le maggiorazioni dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive entro le misure stabilite dalla normativa vigente. I predetti incrementi possono essere adottati anche in funzione della copertura dei disavanzi di gestione accertati o stimati nel settore sanitario relativi all’esercizio 2004 e seguenti.
175. Per le finalità di cui al comma 174
e per la copertura dei disavanzi di gestione accertati o stimati nel settore sanitario,
la regione, in deroga alla sospensione di
cui al comma 61, primo periodo, può deliberare l’inizio o la ripresa della decorrenza degli effetti degli aumenti dell’addizionale regionale all’imposta sul reddito e
delle maggiorazioni dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive,
già disposti, oggetto della predetta sospensione. Ai sensi del primo periodo del
presente comma e del comma 22 dell’articolo 2 della legge 24 dicembre 2003, n.
350, l’inizio o la ripresa della decorrenza
degli effetti può concernere anche quelle
maggiorazioni dell’aliquota IRAP che siano state deliberate dalle regioni,
antecedentemente al 31 dicembre 2003, in
difformità rispetto a quanto previsto dalla normativa statale. Per le medesime finalità, le regioni possono altresì, nei limiti
della normativa statale di riferimento ed
in conformità ad essa, disporre nuovi aumenti dell’addizionale regionale all’imposta sul reddito o nuove maggiorazioni
dell’aliquota IRAP ovvero modificare gli
aumenti e le maggiorazioni di cui al primo
periodo del presente comma.
176. In caso di mancato adempimento agli obblighi di cui al comma 173 è precluso l’accesso al maggiore finanziamento previsto per gli anni 2005, 2006 e 2007,
con conseguente immediato recupero
delle somme eventualmente erogate.
177. Le regioni, ai sensi dell’articolo
4, comma 9, della legge 30 dicembre 1991,
n. 412, e successive modificazioni, definiscono le fattispecie per l’eventuale trasformazione da tempo determinato a tempo indeterminato del rapporto di lavoro
dei professionisti convenzionati a carico
del protocollo aggiuntivo ai sensi dei decreti del Presidente della Repubblica 28
luglio 2000, n. 271, e 21 settembre 2001, n.
446, in modo da assicurare una riduzione
della relativa spesa pari ad almeno il 20
per cento. La predetta trasformazione è
possibile entro il limite del numero di ore
di incarico attivate a titolo convenzionale
presso ciascuna azienda sanitaria locale
alla data del 31 ottobre 2004.
178. Il rapporto tra il Servizio sanitario nazionale, i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta, i medici spe-
cialisti ambulatoriali interni e le altre professioni sanitarie non dipendenti dal medesimo è disciplinato da apposite convenzioni conformi agli accordi collettivi nazionali stipulati ai sensi dell’articolo 4,
comma 9, della legge 30 dicembre 1991, n.
412, e successive modificazioni, con le
organizzazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative in campo nazionale. La rappresentatività delle organizzazioni sindacali è basata sulla consistenza associativa. Detti accordi hanno
durata quadriennale per la parte normativa e durata biennale per la parte economica. In sede di prima applicazione la durata, per le parti normativa ed economica, è
definita fino al 31 dicembre 2005.
179. Al fine di garantire il rispetto degli obblighi di cui al comma 173, ciascuna
regione provvede a disciplinare appositi
meccanismi di raccordo tra le aziende sanitarie locali, le aziende ospedaliere, le
aziende ospedaliere universitarie, gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico e i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta, attribuendo a questi
ultimi il compito di segnalare tempestivamente alle strutture competenti a livello
regionale le situazioni di inefficienza
gestionale e organizzativa che costituiscono violazione degli obiettivi di
contenimento della dinamica dei costi di
cui ai commi da 164 a 187.
180. La regione interessata, nelle ipotesi indicate ai commi 174 e 176, anche
avvalendosi del supporto tecnico dell’Agenzia per i servizi sanitari regionali,
procede ad una ricognizione delle cause
ed elabora un programma operativo di
riorganizzazione, di riqualificazione o di
potenziamento del Servizio sanitario regionale, di durata non superiore al
triennio. I Ministri della salute e dell’economia e delle finanze e la singola regione
stipulano apposito accordo che individui
gli interventi necessari per il perseguimento dell’equilibrio economico, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza e
degli adempimenti di cui alla intesa prevista dal comma 173. La sottoscrizione dell’accordo è condizione necessaria per la
riattribuzione alla regione interessata del
maggiore finanziamento anche in maniera
parziale e graduale, subordinatamente alla
verifica della effettiva attuazione del programma.
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181. Con riferimento agli importi indicati al comma 164, relativamente alla somma di 1.000 milioni di euro per l’anno 2005,
1.200 milioni di euro per l’anno 2006 e 1.400
milioni di euro per l’anno 2007, il relativo
riconoscimento alle regioni resta condizionato, oltre che agli adempimenti di cui
al comma 173, anche al rispetto da parte
delle regioni medesime dell’obiettivo per
la quota a loro carico sulla spesa farmaceutica previsto dall’articolo 48 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24
novembre 2003, n. 326.
182. Limitatamente all’anno 2004:
a) l’obbligo in capo alle regioni, per la
quota del 40 per cento a loro carico, di cui
all’articolo 48, comma 5, lettera f), del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24
novembre 2003, n. 326, in caso di
superamento dei tetti di spesa di cui al
comma 1 del predetto articolo 48, s’intende comunque adempiuto, anche qualora
la regione non abbia provveduto al previsto ripiano, purchè l’equilibrio complessivo del relativo sistema sanitario regionale venga rispettato, previa verifica dell’avvenuta erogazione dei livelli essenziali
di assistenza effettuata dal Ministero della salute, ai sensi del comma 172;
b) con specifica intesa tra Stato e regioni, sulla base dei dati forniti dall’Agenzia italiana del farmaco, su proposta del
Ministro della salute, sono definite le
eventuali compensazioni sugli effetti, per
ogni singola regione, derivanti dai provvedimenti a carico delle aziende produttrici di cui all’articolo 1 del decreto-legge
24 giugno 2004, n. 156, convertito, con
modificazioni, dalla legge 2 agosto 2004,
n. 202, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica programmati, anche ai fini
dell’accesso all’integrazione dei finanziamenti a carico dello Stato come stabilito
dal citato Accordo Stato-regioni dell’8
agosto 2001.
183. A partire dal 2005, sulla base delle rilevazioni condotte dall’Agenzia italiana del farmaco, le regioni che non adottano misure di contenimento della spesa
farmaceutica adeguate al rispetto dei tetti
stabiliti dall’articolo 48, comma 1, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, con-
vertito, con modificazioni, dalla legge 24
novembre 2003, n. 326, sono tenute nell’esercizio successivo a quello di
rilevazione ad adottare misure di
contenimento pari al 50 per cento del proprio sfondamento.
184. Al fine di consentire in via anticipata l’erogazione dell’incremento del finanziamento a carico dello Stato:
a) in deroga a quanto stabilito dall’articolo 13, comma 6, del decreto legislativo
18 febbraio 2000, n. 56, il Ministero dell’economia e delle finanze, per gli anni
2005, 2006 e 2007, è autorizzato a concedere alle regioni a statuto ordinario anticipazioni con riferimento alle somme indicate al comma 164, al netto di quelle indicate al comma 181, da accreditare sulle
contabilità speciali di cui all’articolo 66
della legge 23 dicembre 2000, n. 388, in
essere presso le tesorerie provinciali dello Stato, nella misura pari al 95 per cento
delle somme dovute alle regioni a statuto
ordinario a titolo di finanziamento della
quota indistinta del fabbisogno sanitario,
quale risulta dalla deliberazione del CIPE
per i corrispondenti anni, al netto delle
entrate proprie regionali;
b) per gli anni 2005, 2006 e 2007, il
Ministero dell’economia e delle finanze è
autorizzato a concedere alle regioni Sicilia e Sardegna anticipazioni nella misura
pari al 95 per cento delle somme dovute a
tali regioni a titolo di finanziamento della
quota indistinta quale risulta dalla deliberazione del CIPE per i corrispondenti anni,
al netto delle entrate proprie e delle partecipazioni delle medesime regioni;
c) all’erogazione dell’ulteriore 5 per
cento o al ripristino del livello di finanziamento previsto dal citato accordo Statoregioni dell’8 agosto 2001 per l’anno 2004,
rivalutato del 2 per cento su base annua a
decorrere dal 2005, nei confronti delle singole regioni si provvede a seguito della
verifica degli adempimenti di cui ai commi
173 e 181;
d) nelle more della deliberazione del
CIPE e della proposta di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al
comma 4 dell’articolo 2 del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56, nonchè
della stipula dell’intesa di cui al comma
173, le anticipazioni sono commisurate al
livello del finanziamento corrispondente
a quello previsto dal riparto per l’anno
2004 in base alla deliberazione del CIPE,
rivalutato del 2 per cento su base annua a
decorrere dal 2005;
e) sono autorizzati, in sede di conguaglio, eventuali recuperi che dovessero rendersi necessari anche a carico delle somme a qualsiasi titolo spettanti alle regioni
per gli esercizi successivi.
185. All’articolo 50 del decreto-legge
30 settembre 2003, n. 269, convertito, con
modificazioni, dalla legge 24 novembre
2003, n. 326, dopo il comma 1, è inserito il
seguente:
«1-bis. Il Ministero dell’economia e
delle finanze cura la generazione e la consegna della tessera sanitaria a tutti i soggetti destinatari, indicati al comma 1, entro il 31 dicembre 2005».
186. Nell’ambito delle attività dirette
alla definizione e implementazione del
Nuovo Sistema Informativo Sanitario
(NSIS), il Ministero della salute, anche ai
fini del controllo e monitoraggio della spesa per la realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica, garantisce in ogni caso
la coerente prosecuzione delle azioni in
corso con riduzione della spesa per il rinnovo dei contratti per la fornitura di beni
e servizi afferenti al funzionamento del
NSIS nella misura di cinque punti percentuali, salva la facoltà di ampliare i servizi
richiesti nel limite dell’ordinario
stanziamento di bilancio.
187. In considerazione del rilievo nazionale ed internazionale nella sperimenta-zione sanitaria di elevata specializzazione e nella cura delle più rilevanti
patologie, per l’anno 2005 è autorizzata la
spesa di 15 milioni di euro in favore della
fondazione «Centro San Raffaele del
Monte Tabor».
188. Le regioni che alla data del 1º gennaio 2005 abbiano ancora in corso di
completamento il proprio programma di
investimenti in attuazione dell’articolo 20
della legge 11 marzo 1988, n. 67, e successive modificazioni, destinano una quota
delle risorse residue al potenziamento ed
ammodernamento tecnologico.
189. Le sanzioni amministrative per
infrazioni al divieto di fumare, previste
dall’articolo 51, comma 7, della legge 16
gennaio 2003, n. 3, sono aumentate del 10
per cento.
n. 76 Marzo - Aprile 2005 ...............................................................................................................................................................................
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190. I proventi delle sanzioni amministrative per infrazioni al divieto di fumare
inflitte, a norma dell’articolo 51, comma 7,
della legge 16 gennaio 2003, n. 3, da organi statali affluiscono al bilancio dello Stato, per essere successivamente riassegnati, limitatamente ai maggiori proventi
conseguiti per effetto degli aumenti di cui
al comma 189, ad appositi capitoli di spesa dello stato di previsione del Ministero
della salute per il potenziamento degli organi ispettivi e di controllo, nonchè per la
realizzazione di campagne di informazione e di educazione alla salute finalizzate
alla prevenzione del tabagismo e delle
patologie ad esso correlate.
191. Resta ferma l’autonoma, integrale disponibilità da parte delle singole regioni, ai sensi degli articoli 17, terzo
comma, e 29, terzo comma, della legge 24
novembre 1981, n. 689, dei proventi relativi alle infrazioni di cui al comma 189, accertate dagli organi di polizia locale, come
tali ad esse direttamente attribuiti.
349. A decorrere dal 1º gennaio 2005,
al testo unico delle imposte sui redditi, di
cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) nell’articolo 3, comma 1, le parole:
«nonchè della deduzione spettante ai
sensi dell’articolo 11» sono sostituite
dalle seguenti: «nonchè delle deduzioni
effettivamente spettanti ai sensi degli articoli 11 e 12»;
b) l’articolo 13 è rinumerato in articolo
12 e la relativa rubrica è sostituita dalla
seguente: «Deduzioni per oneri di famiglia»; nel medesimo articolo sono, altresì,
apportate le seguenti modificazioni:
1) i commi 1 e 2 sono sostituiti dai seguenti:
«1. Dal reddito complessivo si deducono per oneri di famiglia i seguenti importi:
a) 3.200 euro per il coniuge non legalmente ed effettivamente separato;
b) 2.900 euro per ciascun figlio, compresi i figli naturali riconosciuti, i figli adottivi e gli affidati o affiliati, nonchè per ogni
altra persona indicata nell’articolo 433 del
codice civile che conviva con il contribuente o percepisca assegni alimentari
non risultanti da provvedimenti dell’au-
torità giudiziaria da ripartire tra coloro che
hanno diritto alla deduzione.
2. La deduzione di cui al comma 1, lettera b), è aumentata a:
a) 3.450 euro, per ciascun figlio di età
inferiore a tre anni;
b) 3.200 euro, per il primo figlio se l’altro genitore manca o non ha riconosciuto
i figli naturali e il contribuente non è coniugato o se coniugato, si è successivamente legalmente ed effettivamente separato, ovvero se vi sono figli adottivi, affidati o affiliati del solo contribuente e questi non è coniugato o, se coniugato, si è
successivamente legalmente ed effettivamente separato;
c) 3.700 euro, per ogni figlio portatore
di handicap ai sensi dell’articolo 3 della
legge 5 febbraio 1992, n. 104»;
2) nei commi 3 e 4, le parole: «Le
detrazioni per carichi di famiglia» sono
sostituite dalle seguenti: «Le deduzioni
di cui ai commi 1 e 2»;
3) dopo il comma 4, sono aggiunti i
seguenti:
«4-bis. Dal reddito complessivo si
deducono, fino ad un massimo di 1.820
euro, le spese documentate sostenute dal
contribuente per gli addetti alla propria
assistenza personale nei casi di non
autosufficienza nel compimento degli atti
della vita quotidiana. Le medesime spese
sono deducibili anche se sono state sostenute nell’interesse delle persone indicate nell’articolo 433 del codice civile.
4-ter. Le deduzioni di cui ai commi 1, 2
e 4-bis spettano per la parte corrispondente al rapporto tra l’ammontare di 78.000
euro, aumentato delle medesime deduzioni e degli oneri deducibili di cui all’articolo 10, e diminuito del reddito complessivo, e l’importo di 78.000 euro. Se il predetto rapporto è maggiore o uguale a 1, la
deduzione compete per intero; se lo stesso è zero o minore di zero, la deduzione
non compete; negli altri casi, ai fini del
predetto rapporto, si computano le prime
quattro cifre decimali»;
c) l’articolo 12 è rinumerato in articolo
13 e sono, altresì, apportate le seguenti
modificazioni:
1) nell’alinea del comma 1, le parole:
«della deduzione per assicurare la progressività dell’imposizione di cui all’articolo 11» sono sostituite dalle seguenti:
«delle deduzioni di cui agli articoli 11 e
12»;
2) le lettere da a) ad e) dello stesso
comma 1 sono sostituite dalle seguenti:
«a) fino a 26.000 euro, 23 per cento;
b) oltre 26.000 euro e fino a 33.500
euro, 33 per cento;
c) oltre 33.500 euro, 39 per cento»;
3) nel comma 2, le parole: «negli articoli 13, 14 e 15» sono sostituite dalle seguenti: «negli articoli 15 e 16 nonchè in
altre disposizioni di legge»;
d) l’articolo 14 è abrogato.
350. È introdotto un contributo di solidarietà del 4 per cento sulla parte di reddito imponibile di cui all’articolo 13 del
testo unico delle imposte sui redditi, di
cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, come modificato dal comma 349, eccedente l’importo di 100.000 euro. Per la dichiarazione, il versamento, l’accertamento, la riscossione ed il contenzioso riguardante
il contributo di solidarietà, si applicano le
disposizioni vigenti per le imposte sui redditi.
467. Al numero 41-bis) della tabella
A, parte seconda, allegata al decreto del
Presidente della Repubblica 26 ottobre
1972, n. 633, sono ricomprese, a decorrere
dal 1º gennaio 2005, anche le prestazioni
di cui ai numeri 18), 19), 20) e 21) dell’articolo 10 del predetto decreto n. 633 del
1972, e successive modificazioni, rese, in
favore dei soggetti indicati nel medesimo
numero 41-bis) da cooperative e loro consorzi, sia direttamente che in esecuzione
di contratti di appalto e convenzioni in
genere. Resta salva la facoltà per le cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, di optare per la previsione di maggior favore ai sensi dell’articolo
10, comma 8, del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460. Le agevolazioni di
cui al presente comma sono concesse nel
limite di spesa di 10 milioni di euro annui.
Il Ministro dell’economia e delle finanze
provvede, con propri decreti, a dare attuazione al presente comma.
505. Per l’anno 2005 il limite di non
concorrenza alla formazione del reddito
di lavoro dipendente, relativamente ai
contributi di assistenza sanitaria, di cui
all’articolo 51, comma 2, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui
al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive
modificazioni, è fissato in euro 3.615,20.
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Documentazione
Il testo integrale dell’articolato in materia sanitaria
e sociosanitaria della legge di bilancio regionale 2005
La n. 1 del 12 gennaio 2005 pubblicata sul BUR n. 6 del 13 gennaio scorso
Titolo II norme settoriali
di rilievo finanziario
Capo I Disposizioni
in materia sanitaria
Art. 16
(Modifiche e integrazioni alla legge
regionale 28 maggio 2004, n. 8)
1. Alla legge regionale 28 maggio 2004,
n. 8 (Disciplina in materia di autorizzazione alla realizzazione e all’esercizio,
all’accreditamento istituzionale e accordi
contrattuali delle strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private), sono
apportate le seguenti modifiche e
integrazioni:
a) il primo periodo del comma 2 dell’articolo 6 è sostituito dal seguente: “Nessuna struttura di ricovero per acuti può
possedere capacità ricettiva inferiore a
trenta posti letto, fatta eccezione per le
strutture monospecialistiche della disciplina di psichiatria.”;
b) dopo il comma 1 dell’articolo 7 è
inserito il seguente:
”1 bis. Nelle ipotesi di modifica della
disciplina dei posti letto o di funzioni che
non presuppongono interventi soggetti
ad autorizzazione o concessione comunale, il procedimento di autorizzazione alla
realizzazione relativa alle strutture di cui
all’articolo 5, comma 1, lettera a), numero
1, è unificato a quello relativo all’autorizzazione all’esercizio rilasciata dalla Regione.”;
c) dopo il comma 1 dell’articolo 10 è
inserito il seguente:
”1 bis Limitatamente alle strutture che
erogano prestazioni termali insistenti sul
territorio regionale è consentito, in caso
di trasferimento della titolarità di società,
continuare l’esercizio dell’attività fino al
rilascio e/o conferma dell’autorizzazione.”;
d) all’articolo 17 è aggiunto, in fine, il
seguente comma:
”2 bis E’ istituito presso il Comune di
appartenenza l’apposito elenco degli studi odontoiatrici autorizzati con i nominativi dei titolari abilitati all’esercizio.”;
e) il comma 5 dell’articolo 19 è sostituito dal seguente:
”5. Le strutture private già autorizzate
ai sensi della normativa vigente, per continuare a svolgere le attività, devono presentare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a), domanda di
conferma dell’autorizzazione con impegno
alla realizzazione dei requisiti entro i termini di cui al comma 3.”;
f) al comma 3 dell’articolo 21 è aggiunto, in fine, il seguente periodo:
“L’accreditamento può essere rilasciato
in maniera graduale per unità o disciplina
o settori al completamento della relativa
fase istruttoria.”;
g) l’ultimo periodo del comma 7 dell’articolo 24 è sostituito dal seguente:
“L’accreditamento è revocato in conseguenza della verifica negativa circa il volume di attività svolta e la qualità dei risultati.”;
h) al comma 11, lettera a), numero 1,
dell’articolo 24 le parole: “dalla data di
entrata in vigore della presente legge”
sono sostituite dalle seguenti: “dalla data
di pubblicazione del regolamento di cui
all’articolo 3, lettera a), numeri 1), 2) e 3)”;
i) il primo periodo del comma 5 dell’articolo 29 è sostituito dal seguente: “In
caso di necessità connesse alla realizzazione di interventi strutturali per
l’adeguamento ai requisiti prescritti, le
strutture di cui al regolamento regionale
27 novembre 2002, n. 7 (Organizzazione
delle strutture riabilitative psichiatriche
residenziali e diurne pubbliche e private),
considerando positiva la compatibilità con
il fabbisogno complessivo, sono autorizzate dai Comuni alle relative modifiche o
al trasferimento definitivo, nell’ambito del
distretto ove è ubicata la struttura autorizzata, previa verifica dei requisiti strutturali e organizzativi da parte dell’Azienda USL competente per territorio.”;
j) dopo il comma 5 dell’articolo 29 è
inserito il seguente:
”5 bis. Le strutture di cui al r.r. 7/2002
che hanno operato in regime di convenzione con le unità sanitarie locali (USL),
sulla scorta di atti autorizzativi di quest’ultime, in conformità alla programmazione
definita dai dipartimenti di salute mentale, devono essere considerate, a tutti gli
effetti, autorizzate all’esercizio delle attività.”.
2. Il personale ausiliario in servizio alla
data di entrata in vigore della l.r. 8/2004
presso le strutture riabilitative psichiatriche di cui al r.r. 7/2002 può essere confermato in servizio sino all’espletamento dei
corsi per operatore socio sanitario attivati dalla Regione Puglia ai quali avranno
titolo alla partecipazione e, comunque,
sino al 31 dicembre 2005.
Art. 17
(Norme in materia di spesa sanitaria)
1. Al comma 7 dell’articolo 21 della legge regionale 7 gennaio 2004, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio di
previsione 2004 e bilancio pluriennale
2004-2006 della Regione Puglia), è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Il risultato economico positivo utilizzabile è determinato dopo l’applicazione del comma
35 dell’articolo 1 della legge 23 dicembre
1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione
della finanza pubblica).”.
2. All’articolo 21 della l.r. 1/ 2004 è aggiunto, in fine, il seguente comma:
”7 bis Per l’anno 2004, nel caso di
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superamento del valore di riferimento del
13 per cento per la spesa farmaceutica territoriale, in ambito regionale e di singola
azienda, fermo restando quanto previsto
dall’articolo 1, comma 35, della legge 662/
1996, il 50 per cento del residuo risultato
economico positivo, entro il limite del
superamento per ciascuna azienda, affluisce ad apposito fondo regionale da utilizzare per iniziative finalizzate al
contenimento della spesa farmaceutica.”.
3. In attuazione del protocollo d’intesa tra Presidenza del Consiglio dei ministri, Ministro della salute, Regione Puglia
e Casa sollievo della sofferenza di S. Giovanni Rotondo, l’onere a carico della Regione, pari a euro 35 milioni, decurtati di
euro 8.306.004,00 di cui all’articolo 25 della l.r. 14/2004, è coperto con le risorse del
fondo sanitario regionale non ancora liquidate alla Casa sollievo della sofferenza, all’interno dei tetti di spesa fissati con
i riparti annuali degli esercizi 2002 e 2003.
4. All’articolo 6, comma 4, della legge
regionale 13 agosto 2001, n. 24 (Istituzione dell’Agenzia regionale sanitaria
pugliese - ARES), come modificato dall’articolo 14 della l.r. 20/2002, la percentuale del 50 per cento è elevata al 75 per
cento a decorrere dal 1° gennaio 2005.
5. Il finanziamento dell’attività
dell’ARES, a decorrere dall’anno 2005, è
fissato nell’ambito del documento annuale d’indirizzo economico e funzionale. Fino
all’approvazione del documento d’indirizzo economico e funzionale l’ARES è autorizzata a iscrivere nel bilancio preventivo economico la somma riconosciuta per
l’anno 2004 incrementata dell’8 per cento. L’ARES è autorizzata a utilizzare gli utili
di gestione di ciascun anno anche per il
finanziamento degli esercizi successivi e
per iniziative di prevenzione ed educazione sanitaria. Al maggior onere derivante
da tale incremento si provvede mediante
contestuale riduzione dello stanziamento
del capitolo di spesa 741090.
6. Il trattamento economico annuo
base dei direttori sanitari e amministrativi
aziendali delle aziende sanitarie, definito
ai sensi del decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri 31 maggio 2001, n.
319 (Modificazioni e integrazioni al dpcm
19 luglio 1995, n. 502, concernente il trattamento economico del direttore generale, del direttore sanitario e del direttore
amministrativo delle aziende sanitarie), in
misura non inferiore a quello previsto dalla
contrattazione collettiva nazionale per le
posizioni apicali e, comunque, in misura
non superiore all’80 per cento di quello
del direttore generale, è calcolato con riferimento alle voci stipendiali fisse e continuative, compreso la tredicesima
mensilità, con esclusione della retribuzione di risultato e di eventuali assegni ad
personam.
7. Il trattamento economico di cui al
comma 6 è determinato con riferimento
alla media delle retribuzioni corrisposte
in ambito regionale e non al livello massimo contrattualmente riconoscibile ai direttori di dipartimento, fermo restando il
limite massimo dell’80 per cento del trattamento del direttore generale.
8. In applicazione delle disposizioni
di cui ai commi 6 e 7, a decorrere dal 1°
gennaio 2004 il trattamento economico
annuo spettante ai direttori sanitari e amministrativi delle aziende sanitarie è fissato in euro 123.949,00.Ai direttori generali delle aziende sanitarie il trattamento è
fissato nella misura annua di euro
154.937,00.
9. In conseguenza dell’implementazione dei servizi di emergenza-urgenza
previsti dal piano sanitario regionale, agli
enti ecclesiastici C. Panico di Tricase e
Miulli di Acquaviva delle Fonti è riconosciuta, ai sensi dell’articolo 20, comma 1,
della legge regionale 21 dicembre 2000, n.
28 (Variazione al bilancio di previsione per
l’esercizio finanziario 2000), la
remunerazione, per i costi standard di produzione, pari a euro 1 milione per ciascuno degli anni 2002 e 2003.
10. Per l’ente ecclesiastico C. Panico
di Tricase, a fronte di prestazioni rese e in
conseguenza dell’equiparazione delle tariffe alle aziende ospedaliere, il tetto di
spesa è elevato di ulteriori euro 2 milioni
500 mila per ciascuno degli anni 2002 e
2003. Per l’ente ecclesiastico Miulli di
Acquaviva delle Fonti il tetto di spesa
fissato con il documento d’indirizzo economico e funzionale per l’anno 2004 è elevato di euro 3 milioni.
11. Per l’ente ecclesiastico Casa Divina Provvidenza Opere Don Uva di
Bisceglie e Foggia il tetto di spesa fissato
con il documento d’indirizzo economico
e funzionale per l’anno 2004 è elevato a
euro 67.861.002,00. Contestualmente all’attivazione delle U.O. complesse per
acuti in attuazione di quanto previsto con
il piano di riordino ospedaliero, l’attività
riabilitativa connessa deve essere considerata ai fini della remunerazione di livello
ospedaliero.
Art. 18
(Modifica alla legge regionale
21 novembre 1996, n. 25)
1. Le tariffe di rimborso di cui al comma
2 dell’articolo 1 della legge regionale 21
novembre 1996, n. 25 (Rimborso delle spese sostenute per interventi di trapianto),
così come sostituito dall’articolo 69 della
legge regionale 6 maggio 1998, n. 14, sono
così modificate:
a) per le spese di soggiorno: massimo
euro 150,00 giornalieri;
b) per i pasti: massimo euro 80,00 giornalieri.
Art. 19
(Disposizioni in materia di
gestioni liquidatorie ex USL)
1. Il Presidente della Giunta regionale
con proprio decreto, da emanarsi entro
sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, provvede
all’individuazione, previa verifica istruttoria degli uffici regionali competenti, delle gestioni liquidatorie risultanti dalla soppressione delle USL, ai sensi dell’articolo
6, comma 1, della legge 23 dicembre 1994,
n. 724 (Misure di razionalizzazione della
finanza pubblica) e dell’articolo 2, comma
14, della legge 28 dicembre 1995, n. 549
(Misure di razionalizzazione della finanza
pubblica), che non si trovano in condizioni di grave dissesto finanziario ovvero non
risultano gravemente deficitarie ed emana il relativo provvedimento di chiusura e
di cessazione degli effetti delle procedure
di liquidazione coatta delle medesime gestioni liquidatorie.
2. Gli eventuali saldi attivi delle gestioni liquidatorie così individuati, al netto
degli accantonamenti necessari per pagare i creditori, restano assegnati alle aziende sanitarie di riferimento a copertura dei
disavanzi in essere.
Art. 20
(Prestazioni sanitarie)
1. Il termine del 31 dicembre 2004 di
n. 76 Marzo - Aprile 2005 ...............................................................................................................................................................................
57
TuttoSanità
.............................................................................................................................................................................................................................................................
cui all’articolo 29, comma 4, della l.r. 1/
2004 è prorogato in relazione all’attuazione delle procedure di accreditamento e,
comunque, non oltre il 31 dicembre 2005.
Per ciascuna struttura sanitaria il regime
di assistenza indiretta regredisce gradualmente in relazione agli accreditamenti concessi.
2. La Regione effettua una ricognizione dei costi sostenuti nel triennio 20022004 per l’assistenza indiretta. Tali costi,
in relazione all’applicazione del comma 1,
concorrono proporzionalmente all’incremento del limite di spesa per l’attività in
regime di ricovero delle case di cura private accreditate. I contratti di cui all’articolo 8 quinquies del decreto legislativo
30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della
disciplina in materia sanitaria, a norma
dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992,
n. 421) e successive modificazioni, devono tenere conto, oltre a quelli già previsti,
dei seguenti ulteriori elementi:
a) il fabbisogno di posti letto per le
case di cura private è individuato, ai sensi dell’articolo 9 della legge regionale 25
agosto 2003, n.19 (Assestamento e prima
variazione al bilancio di previsione per
l’esercizio finanziario 2003), tenendo conto dell’accreditamento in eccesso mentre
il volume di attività da porre a carico del
Servizio sanitario regionale deve fare riferimento ai posti letto rientranti nel tetto di
5 per mille abitanti di cui alle della Giunta
regionale 2 agosto 2002, n. 1087 e 30 settembre 2002, n. 1429 (II rimodulazione del
piano di riordino della rete ospedaliera Armonizzazione e affinamento degli elementi strutturali di piano di cui alla deliberazione della Giunta regionale 1087/
2002 a seguito delle consultazioni con i
rappresentanti delle comunità locali interessate) e successive integrazioni;
b) a norma dell’articolo 8 quater, comma
2, del d.lgs. 502/1992 e successive
modificazioni e integrazioni, la qualità di
soggetto accreditato non costituisce vincolo per le aziende ed enti del Servizio
sanitario regionale a corrispondere la
remunerazione delle prestazioni erogate
al di fuori degli accordi contrattuali.
3. L’equiparazione ai fini della stipula
dei contratti e della garanzia della libera
scelta fra strutture pubbliche e private,
anche ai fini della determinazione delle
tariffe, dei tetti di spesa e delle regressioni
tariffarie, tiene conto della tipologia e
complessità delle strutture nonché dell’andamento storico complessivo della
domanda con la relativa ripartizione fra
settore pubblico e privato.
Art. 21
(Integrazione all’articolo 15 della legge
regionale 30 dicembre 1994, n. 36)
tore professionale in servizio presso i servizi di riabilitazione delle AUSL, in possesso di diploma di laurea, già alla data di
assunzione è equiparato alla figura professionale di “collaboratore professionale esperto”.
Art. 25
(Rinnovo convenzioni)
1. Alla prima elencazione del comma 4
dell’articolo 15 della legge regionale 30
dicembre 1994, n. 36 (Norme e principi per
il riordino del Servizio sanitario regionale
in attuazione del d.lgs. 502/1992 e successive modificazioni e integrazioni, così
come sostituito dalla lettera A del comma
1 dell’articolo 30 della l.r. 1/2004 e integrato dall’articolo 30 della l.r. 14/2004, è aggiunta, in fine, la seguente lettera:
”l) servizi di pneumotisiologia, istituiti, alla data del 31 dicembre 2003, dalle
aziende sanitarie sulla base delle direttive
regionali emanate con della Giunta regionale 23 luglio 1996, n. 3227 e 16 maggio
2000, n. 614, a seguito della soppressione
dei Consorzi provinciali antitubercolari
(CPA).”.
1. Le convenzioni stipulate con il personale trasferito alle AUSL in esecuzione
dell’articolo 8, comma 1, del decreto legislativo 22 giugno 1999, n. 230 (Riordino
della medicina penitenziaria a norma dell’articolo 5 della legge 30 novembre 1998,
n. 419), relativamente ai settori della prevenzione e della tossicodipendenza e del
decreto dei Ministri della salute e della
Giustizia del 10 aprile 2002 (Individuazione del personale operante negli istituti
penitenziari, nei settori della prevenzione
e dell’assistenza ai detenuti e agli internati tossicodipendenti), con incarico non
inferiore a quaranta ore mensili al 30 giugno 2003 sono rinnovate a tempo indeterminato.
Art. 22
(Mobilità del personale del
servizio emergenza territoriale)
Art. 26
(Integrazione al disposto dell’articolo
18, comma 2, della l.r. 14/2004)
1. L’assegnazione della sede, a seguito di conferimento degli incarichi a tempo
indeterminato, di cui all’articolo 63 del
decreto del Presidente della Repubblica
28 luglio 2000, n. 270 (Regolamento di esecuzione dell’accordo collettivo nazionale
per la disciplina dei rapporti con i medici
di medicina generale), è effettuata previa
mobilità, a domanda, del personale medico cui è stato conferito incarico a tempo
indeterminato ai sensi dell’articolo 12 della l.r. 14/2004.
1. Fermo restando il rispetto dei limiti
e dei vincoli finanziari previsti dalla normativa nazionale e regionale vigente, a
integrazione di quanto previsto al comma
2 dell’articolo 18 della l.r. 14/2004, i direttori generali delle aziende sanitarie, in deroga al 50 per cento del turnover previsto
dalla legge regionale 25 agosto 2003, n.
19 (Assestamento e prima variazione al
bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2003), sono autorizzati a ricoprire,
con assunzioni a tempo indeterminato, i
posti di autista di autoambulanza che risultano vacanti nelle dotazioni organiche
approvate.
Art. 23
(Presidenti dei collegi sindacali
delle aziende sanitarie)
1. I Presidenti dei collegi sindacali delle
aziende sanitarie sono individuati tra i
componenti di nomina regionale.
Art. 24
(Educatori professionali)
1. Il personale con qualifica di educa-
Art. 27
(Modifica all’articolo 20 della l.r. 1/2004)
1. All’articolo 20 della l.r. 1/2004 le parole: “possono essere” sono sostituite
dalle seguenti: “devono essere”.
Art. 28
(Norma interpretativa
58 ................................................................................................................................................................................ n. 76 Marzo - Aprile 2005
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.............................................................................................................................................................................................................................................................
dell’articolo 32 della l.r. 14/2004)
1. La disposizione di cui all’articolo 32
della l.r. 14/2004, con la quale è stato elevato il contributo giornaliero riconosciuto dalla Regione ai gestori di case protette dal regolamento regionale 2 aprile 1997,
n. 1 (Articolo 4, comma 2, lettera b), della
legge regionale 19 aprile 1995, n. 20 - Assegnazione delle quote di spesa per l’assistenza a rilievo sanitario fornita alle persone parzialmente o del tutto non
autosufficienti ospitate nelle strutture residenziali protette), è da intendersi riferita
all’assistenza assicurata ai non
autosufficienti nelle case protette della
tipologia A), il cui contributo era
quantificato in lire 55 mila (euro 28,41).
Art. 29
(Riqualificazione dell’assistenza
sanitaria in regime libero-professionale)
1. Per le prestazioni libero-professionali, erogate in regime di ricovero ordinario o diurno, di cui alle lettere a) e b) del
comma 2 dell’articolo 15 quinquies del
d.lgs. 502/1992 e successive modificazioni,
la Regione partecipa alla spesa nella misura del 70 per cento della tariffa prevista
per le prestazioni a carico del Servizio sanitario nazionale.
2. Le tariffe aziendali, costruite sulla
base dei costi complessivi delle prestazioni concernenti l’attività libero-professionale intramuraria, devono essere rese
pubbliche e assicurare il pareggio della
specifica e separata contabilità.
3. Per la fruizione delle prestazioni erogate in regime di libera professione
intramuraria, il cittadino è tenuto al pagamento della tariffa aziendale decurtata
della partecipazione alla spesa di cui al
comma 1.
Art. 30
(Registro provvisorio
delle strutture autorizzate)
1. Per l’istituzione di un registro provvisorio delle strutture autorizzate, nelle
more dell’attuazione dell’articolo 17 della l.r. 8/2004, i Sindaci trasmettono
all’AUSL territorialmente competente
l’elenco delle strutture che hanno presentato domanda di conferma dell’autorizzazione ai sensi del comma 5 dell’arti-
colo 19 della l.r. 8/2004.
2. I soggetti di cui al comma 2 dell’articolo 19 della l.r. 8/2004 devono inoltrare
all’AUSL territorialmente competente richiesta d’inserimento nel registro provvisorio entro sei mesi dalla data di entrata
in vigore della presente legge.
3. La mancata presentazione della richiesta d’inserimento nel registro provvisorio comporta la decadenza dell’autorizzazione provvisoria concessa ai sensi
del comma 2 dell’articolo 19 della l.r. 8/
2004.
Art. 31
(Compensi ai componenti e al
segretario delle Commissioni
di cui agli articoli 11 e 12 della
legge regionale 20 luglio 1984, n. 36)
1. Ai componenti delle commissioni di
cui agli articoli 11 e 12 della legge regionale 20 luglio 1984, n. 36 (Norme concernenti l’igiene e sanità pubblica e il servizio farmaceutico), è corrisposto, a decorrere dal primo giorno successivo alla data
di entrata in vigore della presente legge,
oltre alle spese di viaggio, se e in quanto
dovute, il gettone di presenza pari a euro
40,00. Al segretario, per ogni seduta, è
corrisposto il gettone di presenza pari a
euro 20,00.
2. Ai componenti delle commissioni e
al segretario spettano, inoltre, rispettivamente euro 4,00 ed euro 2,00 per ogni caso
definito.
Art. 32
(Tutela delle acque
destinate a uso umano)
1. In ottemperanza a quanto stabilito
dalla Conferenza permanente per i rapporti
tra lo Stato, le Regioni e le ProvinceAutonome nell’accordo del 12 dicembre 2002,
nelle more della predisposizione del piano regionale di tutela delle acque, leAUSL,
tramite il Servizio d’igiene, alimenti e nutrizione (SIAN), in collaborazione con gli
uffici tecnici comunali territorialmente
competenti, ciascuno per il proprio ambito di competenza, provvedono a effettuare sopralluoghi con esami analitici e verifiche ispettive presso gli impianti di
captazione delle acque destinate a uso
umano per verificare la salubrità dell’acqua distribuita e la conformità delle opere
di captazione alla normativa vigente.
2. Qualora all’atto del sopralluogo si
accerti la mancanza del “giudizio di qualità e d’idoneità d’uso” dell’impianto di
captazione e/o pregiudizio per la salute
pubblica, deve essere inoltrata richiesta
per la chiusura dell’impianto al Sindaco
territorialmente competente e al Presidente della Giunta regionale in caso in cui
l’impianto sia al servizio di più Comuni.
Se esiste il giudizio di qualità e d’idoneità
d’uso e non sussistono pericoli per la
salute pubblica o rischio d’inquinamento
delle acque correlato alla definizione della zona di tutela assoluta e della zona di
rispetto, così come previste dall’articolo
21 del decreto legislativo 11 maggio 1999,
n. 152 (Disposizioni sulla tutela delle acque dall’inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della
direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole a seguito delle disposizioni correttive
e integrative di cui al decreto legislativo
18 agosto 2000, n. 258) e successive
modificazioni, il SIAN dell’AUSL competente territorialmente segnala eventuali
inosservanze per la zona di tutela assoluta sia in riferimento al criterio geometrico
sia in riferimento alla canalizzazione per il
deflusso delle acque meteoriche sia in riferimento all’opportuna recinzione al Sindaco del territorio dove ha sede l’impianto e al Presidente della Giunta regionale
nel caso in cui l’impianto sia al servizio di
più Comuni, prescrivendo un congruo
periodo di tempo, comunque non superiore a un anno, entro il quale adeguare
l’impianto di captazione alla normativa
vigente.
Art. 33
(Norme in materia di personale)
1. Nella dotazione organica dei presidi ospedalieri dotati di due o più stabilimenti, oltre al direttore sanitario, dirigente di struttura complessa di presidio, deve
essere obbligatoriamente prevista la figura
di dirigente di struttura semplice per ciascun stabilimento.
2. Nei presidi ospedalieri dotati di due
o più stabilimenti, con una dotazione complessiva superiore a mille posti letto, può
essere prevista una seconda struttura
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complessa di anestesia e rianimazione e
di cardiologia.
3. Il personale di assistenza religiosa
rientra nella categoria del personale di
assistenza diretta di cui all’articolo 8,
comma 5, lettera c), della l.r. 19/2003.
4. Al primo periodo del comma 1 dell’articolo 10 della l.r. 14/2004 le parole: “da
almeno cinque anni” sono soppresse.
5. La percentuale del 2 per cento prevista per l’azienda Ospedali riuniti di Foggia dall’articolo 8, comma 2, della l.r. 19/
2003 è elevata al 3 per cento.
6. Nelle AUSL è consentita l’istituzione nella dotazione organica di una posizione dirigenziale - direttore di struttura
complessa - con funzione di coordinamento delle attività dei singoli distretti.
7. Nell’ambito dei dipartimenti di prevenzione deve essere individuato il coordinatore dei servizi veterinari.
8. Nell’anno 2005 le graduatorie ancora valide di pubblici espletati dalle aziende sanitarie sono utilizzabili per la copertura dei posti vacanti nelle dotazioni organiche approvate dalla Regione, fermi
restando i limiti alle assunzioni di cui alle
disposizioni di leggi regionali.
9. Ai fini dell’attivazione delle unità
operative, previste dal piano di riordino
della rete ospedaliera, riguardanti discipline di nuova istituzione, non presenti nell’ambito di ciascun presidio ospeda-liero e
diverse dalle discipline di base, i direttori
generali delle aziende sanitarie sono autorizzati a procedere alle assunzioni delle
unità di personale del ruolo sanitario strettamente necessarie ai fini della predetta
attivazione, previste nella dotazione organica approvata dalla Regione.
10. Al comma 6 dell’articolo 11 della
l.r. 14/2004 le parole: “30 aprile 2003” sono
sostituite dalle seguenti: “31 marzo 2003”.
Art. 34
(Associazioni di volontariato)
1. All’articolo 3, comma 3, della legge
regionale 18 dicembre 1991, n. 14 (Normativa in materia di medicina trasfusionale),
le parole: “almeno mille donazioni possono” sono sostituite dalle seguenti: “almeno cinquecento donazioni possono”.
Art. 35
(Assistenza domiciliare ai pazienti
oncologici in fase terminale)
1. La Regione Puglia garantisce l’assistenza ai malati oncologici terminali anche attraverso specifiche convenzioni tra
associazioni di volontariato onlus, di verificata esperienza sul territorio pugliese
che perseguono esclusivamente tali finalità, e le aziende sanitarie locali con interventi finanziari a valere sul fondo sanitario regionale e con l’utilizzo delle risorse
vincolate per obiettivi di piano ex articolo
1, comma 34 bis, della l. 662/1996.
2. Fino all’avvio dei progetti ex articolo 1, comma 34 bis, della l. 662/1996, le
AUSL, a decorrere dal 1° gennaio 2005,
possono avviare i rapporti convenzionali
di cui al comma 1 con risorse del proprio
bilancio.
Art. 36
(Strutture riabilitative
psichiatriche private. R.r. 7/ 2002)
1. Il personale laureato, in servizio presso le strutture riabilitative psichiatriche
private nel profilo professionale di collaboratore professionale sanitario, alla data
di entrata in vigore del r.r. 7/2002, può essere confermato in servizio.
Art. 37
(Termine di deliberazione
dei bilanci di previsione)
1. In deroga all’articolo 17 della legge
regionale 30 dicembre 1994, n. 38 (Norme
sull’assetto programmatico, contabile,
gestionale e di controllo delle USL in attuazione del d.lgs. 502/1992), il bilancio
pluriennale preventivo e il bilancio economico preventivo per l’anno 2005 sono
deliberati dal direttore generale entro il 21
gennaio e trasmessi entro dieci giorni
all’ARES per l’esercizio delle funzioni di
controllo di cui all’articolo 12 della l.r. 20/
2002.
Art. 38
(Personale ex legge regionale
9 giugno 1987, n. 16)
1. All’articolo 46 della l.r. 17/2003, recante disposizioni per il personale adibito ai servizi sociali d’integrazione scolastica dei portatori di handicap, di cui alla
legge regionale 9 giugno 1987, n. 16 (Norme organiche per l’integrazione scolastica degli handicappati), sono apportate le
seguenti modifiche e integrazioni:
a) al comma 2, ultimo periodo, le parole: “L’ANCI delega all’USL” sono sostituite dalle seguenti: “Il Presidente dell’associazione dei Comuni facenti parte del
distretto, di cui al primo periodo del presente comma, ovvero, se non ancora nominato, il Sindaco del Comune sede del
distretto sanitario o socio-sanitario delega all’USL, sentiti i Sindaci degli altri Comuni,”;
b) dopo il comma 4 è aggiunto il seguente:
”4 bis In attesa della definizione delle
procedure di cui ai commi 1 e 2, con decorrenza dall’applicazione del presente
articolo, le aziende sono delegate a stipulare contratti di lavoro subordinato, full
time, a tempo determinato di durata annuale, rinnovabili, con il personale di cui
ai commi 1 e 3 secondo le disposizioni del
Contratto collettivo nazionale di lavoro
(CCNL) degli enti locali, sostenendo a titolo di anticipazione i relativi costi che
saranno oggetto di rimborso, previa idonea rendicontazione, utilizzando i fondi
regionali di settore destinati ai Comuni dal
piano sociale che saranno accreditati direttamente in favore delle AUSL.”.
Art. 39
(Modifica all’articolo 6 della legge
regionale 10 agosto 2001, n. 21 e
successive modificazioni)
1. Il comma 1 dell’articolo 6 della legge regionale 10 agosto 2001, n. 21 (Istituzione di una Commissione consiliare d’indagine sulla gestione amministrativa e
contabile dell’Azienda sanitaria TA/1 e
dell’Azienda
ospedaliera
“SS.
Annunziata” di Taranto), così come modificato con le leggi regionali 25 giugno
2002, n. 9 e 20 dicembre 2002, n. 21, è sostituito dal seguente:
”1. La Commissione termina i suoi lavori entro il 31 gennaio 2005.”
Capo II Disposizioni in
materia di assistenza sociale
Art. 40
(Modifica all’articolo
45 della l.r. 17/2003)
1. Al comma 1 dell’articolo 45 della l.r.
17/2003 sono aggiunte, in fine, le seguen-
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ti parole: “previa ripartizione delle somme
dovute ai Comuni ai sensi dell’articolo 11,
comma 3, della legge regionale 17 aprile
1990, n. 11 (Disposizioni sostitutive e integrative della legge regionale 4 ottobre
1989, n. 14).”.
Art. 41
(Accompagnamento dal cane
guida per persone prive di vista)
1. La persona priva di vista ha diritto a
farsi accompagnare dal proprio cane guida nei suoi viaggi su ogni mezzo di trasporto pubblico senza dover pagare per
l’animale alcun biglietto o sovrapprezzo.
2. Alla persona priva di vista è riconosciuto, altresì, il diritto di accedere agli
esercizi aperti al pubblico con il proprio
cane guida.
3. Tutti coloro che impediscono od
ostacolano l’esercizio dei diritti di cui ai
commi 1 e 2 sono soggetti alla sanzione
amministrativa del pagamento di una somma pari a euro 500,00.
4. Ogni altra disposizione in contrasto o in difformità con il presente articolo
è abrogata.
ne della delega di cuiall’articolo 1 della
legge 22 luglio 1975, n. 382), annualmente
sono concessi contributi secondo le percentuali indicate, riferite allo stanziamento
annuo di bilancio, alle sezioni provinciali
della Puglia delle sottoelencate associazioni riconosciute:
a) Unione italiana ciechi 23 %
b) Ente nazionale protezione
assistenza sordomuti 9 %
c) Associazione nazionale mutilati
invalidi di lavori 12 %
d) Associazione nazionale vittime
civili di guerra 3 %
e) Unione nazionale mutilati per
servizio 12 %
f) Associazione nazionale
mutilati e invalidi di guerra 15 %
g) Associazione nazionale
mutilati e invalidi civili 13 %
h) Associazione nazionale
famiglie dei caduti e dei
dispersi in guerra 3 %
i) Associazione italiana stomizzati 4 %
j) Federazione associazione
nazionale disabili 2 %
k) Associazione italiana ciechi
di guerra 4 %.”.
Centro Bio-Medico
di Analisi Cliniche
Direttore Sanitario: Dott. Marco Papagni
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Art. 42
(Proroga dei termini di presentazione dei
rendiconti in materia di servizi sociali)
1. I termini di cui all’articolo 111 della
l.r. 28/2001 per la presentazione dei rendiconti da parte delle amministrazioni pubbliche beneficiarie di contributi regionali
in materia di assistenza sociale, attribuiti
negli anni dal 2000 al 2004, sono prorogati al 30 giugno 2005.
Art. 43
(Modifica all’articolo 1 della legge
regionale 11 gennaio 1994, n. 2)
1. L’articolo 1 della legge regionale 11
gennaio 1994, n. 2 (Contributi alle associazioni di tutela e rappresentanza degli
invalidi), così come sostituito dall’articolo 1 della legge regionale 16 luglio 2004, n.
11, è sostituito dal seguente:
”Art. 1
1 Allo scopo di favorire l’attività di
rappresentanza e tutela delle associazioni privatizzate ai sensi degli articoli 113 e
115 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazio-
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n. 76 Marzo - Aprile 2005 ...............................................................................................................................................................................
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Contributi
Dalla sanità alla salute: nuovi orizzonti
assistenziali nella Azienda USL BR/1
Bruno Causo *
Il mutamento dello scenario epidemiologico e sociale nel quale si genera la domanda di salute ha progressivamente determinato l’affermazione di strategie assistenziali fondate sulla revisione della tradizionale organizzazione sanitaria. Quest’ultima, dominata fino a poco tempo addietro dall’ospedale come sede principale della risposta ai bisogni assistenziali
dei cittadini, sposta sempre di più il suo
baricentro sul territorio come luogo privilegiato dell’incontro tra i bisogni e le risposte.
Questo progressivo spostamento,
reso possibile da una consistente
riallocazione di risorse economiche, trova solide basi normative negli ultimi Piani
Sanitari Nazionali, nell’Accordo
dell’8.8.2001 della Conferenza Stato-Regioni e, per quanto riguarda il nostro territorio, nel Piano Sanitario Regionale della Puglia 2002-2004 e nel Piano Regionale
delle Politiche Sociali approvato con la
legge regionale n. 17 del 2003, a loro volta
parti integranti del Piano Regionale di Salute 2002-2007.
Tutti questi documenti affermano chiaramente che la salute, intesa come benessere globale del cittadino e della comunità, deve essere tutelata attraverso un sistema integrato di servizi sanitari e sociali, nel rispetto di vincoli che, prima ancora
di essere economici e finanziari, fanno riferimento ad una dimensione “etica” in
cui emergono i valori della appropriatezza
e della equità delle prestazioni. Infatti,
soltanto un sistema nel quale le risorse
sono utilizzate secondo criteri di equità
distributiva e di appropriatezza clinica, può
essere definito “etico”, ovvero è un sistema che riesce ad offrire a tutti coloro
che ne hanno bisogno le risposte necessarie per ogni specifico bisogno espresso, senza spreco di risorse e con facilità
di accesso.
L’organizzazione sanitaria nel nostro
territorio
Indubbiamente il nostro territorio ha
visto negli ultimi anni la attuazione di profonde riforme della organizzazione sanitaria, orientate ad affermare gli indirizzi
strategici elaborati nei documenti
normativi sopra elencati: la ristrutturazione della rete ospedaliera e la incentivazione delle cure territoriali (domiciliari
in particolare), rappresentano le manifestazioni più evidenti di tale processo riformatore. Quest’ultimo é ormai avviato
verso un progressivo consolidamento,
sostenuto non solo da fonti finanziarie
adeguate (le risorse disponibili), ma anche e soprattutto dalla decisiva spinta
verso la innovazione dei processi organizzativi e la certificazione della qualità,
che sono i capisaldi della nuova disciplina regionale sull’accreditamento delle
strutture sanitarie.
La rimodulazione della rete ospedaliera provinciale ha consentito di differenziare l’offerta ospedaliera, con la articolazione di poli dedicati alla emergenza-urgenza chirurgica e alle terapie intensive,
con servizi attivi sulle 24 ore (Brindisi,
Francavilla, Ostuni), poli dedicati alle discipline mediche, alla lungodegenza
post-acuzie ed alla riabilitazione, con profili organizzativi rivolti principalmente alla
stabilizzazione e al mantenimento dei pazienti post-acuti (Fasano-Cisternino,
Ceglie, S. Pietro Vernotico, Mesagne). In
tutti questi ospedali, forniti di sale operatorie efficienti, sono stati attivati servizi
di “day surgery” polispecialistico che
assicurano la erogazione di oltre la metà
della domanda di prestazioni chirurgiche
del territorio, con un significativo abbattimento dei tempi di attesa per i cittadini.
Le scelte strategiche relative alla in-
novazione strutturale e tecnologica dei
nostri ospedali sono inoltre contenute in
un programma definito di investimenti,
sostenuto da corposi finanziamenti regionali (circa 23 milioni di euro), derivanti
anche dalla premialità statale in conseguenza dei grandi processi di
ristrutturazione sanitaria condotti negli
ultimi anni dalla Regione Puglia.
Questi finanziamenti consentiranno
alla AUSL BR/1, nel breve-medio periodo, di completare la rete ospedaliera prevista dal Piano di riordino ospedaliero
mediante la realizzazione, ad esempio, delle Chirurgie ultra-specialistiche nell’Ospedale “Perrino” di Brindisi (cardiochirurgia,
chirurgia pediatrica, chirurgia toracica)
che, insieme con la neurochirurgia, la chirurgia oro-mascellare ed otorinolaringoiatrica, le terapie intensive (neonatale,
coronarica, rianimatoria, grandi ustionati),
la alta specialità riabilitativa e le tecnologie per le bio-immagini già disponibili ed
in via di espansione, conferiranno la definita qualificazione di “eccellenza”
ospedaliera.
Anche sul territorio si riversano notevoli flussi di risorse economiche e finanziarie, allo scopo di incentivare servizi ed
attività che assumono un livello di
strutturazione più articolato e complesso. E’ il caso del servizio di assistenza
domiciliare sanitaria, assimilabile ormai ad
una sorta di “ospedale territoriale” poiché mutua il modello assistenziale
ospedaliero mediante una traslazione dello
stesso nel domicilio del paziente. Il principale attore del processo è il Medico di
Famiglia (o il Pediatra) il quale può trattare a domicilio pazienti con patologie acute o croniche stabilizzate, utilizzando il
supporto assistenziale dell’Infermiere, del
Fisioterapista e, in un futuro ormai prossimo, anche dello Specialista nonché del-
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l’Operatore socio assistenziale. Questa
tipologia di servizio domiciliare è la reale
alternativa ai ricoveri ospedalieri, specialmente a quelli inappropriati, che per molto tempo hanno costituito il principale
fattore dei costi non più sostenibili da un
sistema che voglia funzionare secondo
criteri “etici”.
Prospettive della organizzazione sanitaria
In un certo qual modo, si può dunque
affermare che le attività ospedaliere e territoriali, nel nostro territorio, siano
incanalate lungo prospettive di sviluppo
orientate secondo criteri ben definiti, e
sostenute da risorse adeguate rispetto
agli obiettivi assistenziali.
Ogni ulteriore articolazione di tali livelli assistenziali appartiene quindi ad un
futuro “già scritto”: la realizzazione di
ospedali sempre più simili a “day
services”, ovvero strutture nelle quali,
senza ricovero ospedaliero, si svolgono
funzioni come attività di tipo ambulatoriale integrate ed orientate per problemi,
punti nascita, “day surgery” sempre più
evolute, prestazioni diagnostiche
invasive e semi-invasive; accanto ad essi,
la articolazione di percorsi assistenziali di
eccellenza per la gestione della grande
traumatologia (“trauma center”), della
patologia cerebro-vascolare (“strokeunit”) nell’ospedale di riferimento provinciale.
Allo stesso modo, si sta allocando una
quantità sempre maggiore di risorse nel
territorio, mirando alla valorizzazione delle cure di tipo residenziale, mediante strutture quali le Residenze sanitarie assistenziali per i non autosufficienti (di imminente attivazione a Brindisi e a Ostuni), gli
Ospedali di Comunità (attivi a Cisternino
e, prossimamente, anche a Mesagne);
sono in via di realizzazione strutture quali
gli ambulatori territoriali dei Medici di famiglia integrati con le Guardie Mediche,
in grado di offrire prestazioni specialistiche e di pronto soccorso per le patologie
ad urgenza differibile (che costituiscono
l’80% delle richieste attualmente presenti
nei Pronto soccorso ospedalieri), mentre
dei servizi di assistenza domiciliare si è
già detto.
Nuovi orizzonti per la promozione
della salute
Detto questo, rimane una profonda
inquietudine: non siamo ancora certi che
il sistema della “sanità”, ovvero la organizzazione sanitaria, ancorché rimodulato
e riorganizzato, sia in grado di dare le necessarie risposte a tanti bisogni assistenziali che oggi non sono espressi; non siamo certi, cioè, che la sanità riesca a generare salute per tutti, soprattutto per quelle fasce che sono deboli non solo in ragione del bisogno, ma anche in ragione
della scarsa capacità di rappresentanza e
del dichiarato “disinteresse” degli Operatori del settore (Medici, Amministratori
e quant’altro).
Questa inquietudine è rafforzata dal
fatto che, in tutta sincerità, anche il copioso dibattito sulla sanità in corso nella
nostra Regione, che pure tiene banco da
qualche tempo, sembra essere prigioniero di una logica esclusivamente “sanitaria”, ovvero è tutto incentrato sulle modalità di organizzazione e di allocazione di
risorse, che sono in realtà già definite ed
inquadrate in un percorso dai contorni
ben evidenti, ed i cui meccanismi di
governance sono indifferenti al mutare
degli equilibri politico-amministrativi.
Per questo, il dibattito sulle nuove
prospettive dell’assistenza deve uscire
dalla prigione sanitaria, per diventare la
ricerca di risposte ancora più globali rispetto ai nuovi bisogni e alle nuove domande di salute, indotte proprio dal mutato scenario epidemiologico.
L’aumento della aspettativa di vita e
della popolazione anziana; il miglioramento della assistenza sanitaria per anziani,
disabili adulti, disabili giovani e disabili
di minore età; la progressiva erosione del
contesto familiare con la conseguente diffusione di forme di solitudine e di abbandono; la difficile ricerca di un equilibrio
tra sviluppo economico (di cui l’industria
è premessa necessaria), uomo e ambiente, con il pesante fardello delle malattie ad
esso collegate; la necessità di integrare
fasce di popolazione in una prospettiva
inter-etnica ed inter-culturale; l’esigenza
di comunicare con la società per aumentare il grado di consapevolezza intorno
alla salute secondo modelli alternativi rispetto al “consumismo” sanitario imperante: questa corposa agenda dei problemi più evidenti nel nostro territorio, richiede innanzitutto una condivisione sul piano culturale ed una sinergia di sforzi per
disegnare nuovi orizzonti assistenziali.
Inoltre, nel passaggio dalla sanità alla
salute, la valenza etica della Azienda Sanitaria deve tornare ad essere riferimento
primario affinché i valori della
appropriatezza clinica e della equità nell’accesso ai servizi siano estesi anche alle
fasce più svantaggiate, la cui salute deve
essere promossa attraverso la elaborazione di nuovi percorsi assistenziali.
Questi percorsi afferiscono necessariamente ad una dimensione meta-sanitaria, in cui è prevalente l’integrazione con
il sociale, nell’ambito delle potenzialità e
delle volontà concertative del territorio,
di cui gli Accordi di Programma recentemente sottoscritti dalla Azienda USL BR/
1 in funzione dei Piani di Zona per la gestione integrata dei servizi socio-sanitari,
costituiscono una prima espressione.
Questo orizzonte non lascia del tutto
indifferente la “sanità”: curare e prendersi cura dello stato di salute del disabile
adulto, affrontare i complessi problemi
clinici e psicologici della pediatria dell’handicap, migliorare la qualità della vita
dell’anziano, mediare i conflitti del nucleo
familiare, costituiscono nuove sfide per
le quali i nostri servizi, i nostri operatori,
noi stessi, rischiamo di essere impreparati,
se non usciamo dalla logica ormai stretta
della diade “ospedale-territorio” per attrezzarci con nuovi strumenti di indagine
e nuove professionalità.
Infine, é necessario orientare la ricerca sui nuovi orizzonti della assistenza in
una prospettiva di alleanza con la Società
civile e con gli Enti Locali; per questo, è
auspicabile un dibattito che riporti al centro dell’attenzione l’uomo quale portatore di interessi legati ad un concetto di salute più complesso e più profondo, e non
quale mero consumatore di servizi e prestazioni, inconsapevolmente asservito ad
interessi che con la tutela della salute hanno ben poco a che vedere.
* Direttore Generale Azienda USL BR/1
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