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28/07/2004 La Sicilia: La crisi delle Università e l`inevitabile fuga

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28/07/2004 La Sicilia: La crisi delle Università e l`inevitabile fuga
LA SICILIA
MERCOLEDÌ 28 LUGLIO 2004
Ieri e Oggi
2.
C
M
Y
N
Il punto
www.lasicilia.it
Direttore responsabile
Mario Ciancio Sanfilippo
LE MATA HARI VENUTE DAL FREDDO. Una mostra a San Pietroburgo rivela
l’irresistibile fascino delle 007. Una di loro finì per ottenere dal celebre fisico preziose
informazioni sul «progetto Manhattan» per la messa a punto della prima bomba atomica
La politica
dei rattoppi
Editrice
Domenico Sanfilippo
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GIOVANNI GRAZIANI
I
l governo battuto per tre volte ieri alla Camera grazie
al voto dei leghisti è un’immagine significativa di questa fase politica, segnata da rapporti tesi nella maggioranza che per ora si scaricano su aspetti minori, come il decreto sulla pubblica amministrazione. Tensioni che però se non saranno risolte nel corso dell’estate, a settembre potrebbero allargarsi a temi
vitali, come l’economia e le riforme costituzionali.
Di fronte a questa emergenza, Berlusconi ha incassato per ora due risultati parziali ma essenziali
per impostare la strategia d’autunno: lunedì l’accantonamento degli emendamenti dell’Udc sulle
riforme, ieri il consenso della Lega ad approvare la
riforma delle pensioni su cui è stata posta la fiducia,
senza aspettare settembre per legarla al federalismo.
Senza il voto sulle pensioni subito, come aveva osservato Tabacci, sarebbe stato difficile per il governo
mettere in cantiere la prossima manovra.
Tutto ciò peraltro, se dà ossigeno al governo nell’
immediato, fa aumentare la posta in gioco a settembre, che si profila come il possibile momento
della verità di tutta la legislatura. E l’opposizione, che
sente l’importanza del momento, cerca di rendere
più stretta la strada, minacciando un ostruzionismo a 360 gradi se le riforme non arriveranno subito in aula. Il che farebbe saltare l’incastro di impegni
messo assieme da Berlusconi per controllare gli irrequieti alleati.
La decisione sofferta, ma attribuita direttamente
a Bossi, di votare la fiducia sulle pensioni significa
che la Lega ha concesso ancora una volta credito a
Berlusconi, dal quale si aspetta un sostegno all’approvazione della riforma federale dopo la pausa
estiva. Il che richiede che si concluda con successo il
confronto tecnico, o «Lorenzago due», che deve quadrare il cerchio delle richieste dell’Udc, delle resistenze di An sulla forma di governo e della volontà
della Lega di arrivare all’ approvazione definitiva
nei tempi più rapidi possibili.
Se quella sulle riforme è una partita complessa ma
risolvibile per intero ai tavoli della politica, quella
dell’economia si presenta se possibile ancora più delicata. Il Dpef, sul quale il ministro Siniscalco ha riferito ieri al capo dello Stato, rappresenta il primo
passo di una serie di decisioni delicate che dovranno essere prese nei prossimi mesi. E questo spiega il
tentativo del ministro dell’Economia di costruire
attorno al documento un vasto consenso al di là dei
confini della maggioranza e del mondo politico in
generale. Consenso che però le parti sociali non
hanno ancora dato, mentre le autonomie locali, esaltate da Ciampi come immagine di un’Italia che sa lavorare al di là delle polemiche, sono sul piede di
guerra, come sottolinea l’Anci che reclama l’attuazione del federalismo fiscale.
Di fronte a un centrodestra che ha di fronte un
groviglio di problemi da maneggiare con molta prudenza, si pone un centrosinistra dove il leader ha posto il problema della leadership e dei modi della designazione. La richiesta di Prodi del ricorso alle primarie per assegnare il ruolo di guida della coalizione, al di là della suggestiva coincidenza con la convention democratica di Boston, non significa infatti
una strada per scegliere uno fra tanti candidati in pista, come è stato per John F. Kerry, ma un modo per
evitare, come sottolinea Enrico Letta, che una volta
fatta la scelta, e la scelta di Prodi, il leader possa essere «azzoppato» dai partiti della coalizione.
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La spia russa che irretì Einstein
STEFANO POSCIA
Dalla Russia con amore: il fascino irresistibile e le
misteriose imprese delle spie in gonnella venute
dal freddo sono al centro di una mostra allestita a
San Pietroburgo dal Museo della polizia politica
russa, ovviamente diretto da una gentile signora,
Lyudmila Mikhailova.
Eroina postuma della mostra, inaugurata nei
giorni scorsi, è senza dubbio Margarita Konenkova
(morta a 84 anni nel 1980), agente per un ventennio negli Stati Uniti dell’Nkvd, la polizia segreta dell’epoca staliniana, che, grazie alla sua straordinaria
bellezza - di cui i visitatori hanno riprova da una fotografia - ammaliò Albert Einstein, riuscendo a
strappargli preziose informazioni sul «progetto
Manhattan» per la messa a punto della prima bomba atomica. «La maggior parte delle spie femminili russe erano molto belle, affascinanti, colte, astute e facevano uso di un’ottima logica», commenta la
signora Mikhailova, curatrice della mostra che ripercorre la storia di questo oscuro mondo dai tempi degli Zar fino agli anni ’60, quando l’allora Unione Sovietica cominciò a essere scossa dal fenomeno della dissidenza.
Moglie del noto scultore e pittore Serghei Konenkov, la Mata Hari che conquistò Einstein era
giunta a New York nel 1923 con il marito per partecipare a una mostra delle arti figurative russo-sovietiche. La coppia si stabilì però negli Stati Uniti, da
dove sarebbe rientrata in patria solo nel 1945.
Margarita venne reclutata da un’altra spia russa
in gonnella, Yelizaveta Zarubina, seconda moglie
del capo della stazione dell’Nkvd negli Usa, Vasili
Zarubin, che aveva trasformato in agenti segreti anche la prima consorte e la figlia.
Operando sotto la guida della sua reclutatrice,
Margarita stabilì rapporti di amicizia con Robert
Oppenheimer, a capo del «progetto Manhattan»,
ma soprattutto con Albert Einstein, che, pur non
partecipando ai tentativi per mettere a punto la
bomba atomica, possedeva tutte le informazioni
relative alla sua realizzazione.
Grazie al legame con Einstein, di cui divenne
amante, l’affascinante spia riuscì a inviare ai suoi
superiori a Mosca nelle tetre stanze della Lubianka
(tuttora sede dei servizi segreti russi) preziose
informazioni. Ma, pochi mesi prima di rientrare in
patria, avrebbe svelato la verità allo scienziato.
Sorprendentemente, ha riferito di recente il settimanale russo «Ogoniok», Einstein avrebbe però
mostrato comprensione e, nell’ultima lettera inviata all’amante, avrebbe addirittura manifestato il
desiderio di aiutarla ad «adempiere con successo il
delicato compito affidatole dai suoi capi a Mosca».
La mostra pietroburghese ricostruisce le gesta
anche della prima Mata Hari russa, la duchessa
Dorothea Lieven, sorella del capo della polizia politica zarista Alexander Benckendorff e moglie di un
ambasciatore russo in Germania. A inizio dell’800,
l’ attraente duchessa diede vita a Berlino a un salotto frequentato dalla buona società e dove raccoglieva preziose informazioni.
Alla vigilia dell’invasione tedesca del giugno
1941, un’altra affascinante spia in gonnella, Zoya
Voskresenskaya, meglio nota in Russia come scrit-
trice di libri per bambini, aveva invece inutilmente cercato di mettere Stalin sull’avviso dell’imminente attacco nazista.
Fasciata in un elegante abito di velluto e spacciandosi come «madame Yartseva», un mese prima
aveva partecipato a un ricevimento all’ambasciata
tedesca a Mosca in onore dell’Opera di Berlino, in
tourneè in Urss. Ballando con l’ambasciatore tedesco Werner von Schulenberg, ’madame Yartsevà
aveva notato in una stanza vicina i segni lasciati
sulle pareti da quadri rimossi e una pila di valigie
ammucchiate, deducendone l’ imminenza dell’invasione. Il 17 giugno 1941, cinque giorni prima dell’attacco hitleriano, aveva quindi inviato un rapporto a Stalin, ma il dittatore non le aveva prestato
credito.
Sempre all’epoca staliniana, risale il reclutamente di un’ altra delle spie al centro della mostra
di San Pietroburgo, Yelena Kozeltseva, che sarebbe
poi diventata colonnello del Kgb (erede del Nkvd)
e avrebbe concluso la sua carriera come vice rettore dell’Università statale di Mosca. Ormai novantenne, la signora Kozeltseva, reclutata nel 1938
dopo la laurea in ingegneria, non mostra rimorsi
per la sua attività nei servizi segreti della dissolta
Urss. «Quando lavoravo lì, ho salvato la vita di molte persone che avrebbero potuto essere inviate nei
gulag o uccise», racconta. E ricorda orgogliosa di
quella volta, nel 1965, quando riuscì a persuadere
gli universitari di Mosca a non partecipare a una
manifestazione a sostegno degli scrittori dissidenti Andrei Sinyavski e Yuli Daniel nella centralissima
piazza Pushkin.
GIORGIO MONTAUDO SULL’ADDIO POLEMICO DI SALVATORE NIGRO CHE LASCIA CATANIA PER LA NORMALE DI PISA
La crisi delle Università e l’inevitabile fuga delle figure emergenti
GIORGIO MONTAUDO
Silvano Nigro se ne va, chiamato alla Normale di Pisa. C’è da esserne felici per lui, già
da tempo punto di riferimento della cultura italianista in campo internazionale, e
per il lustro che ne viene alla città. Alla
Normale, Nigro avrà certo modo di esprimersi al meglio. Ci sono due aspetti di questa vicenda che si prestano a brevi commenti. Il primo concerne il significato di
questa partenza rispetto all’ambiente culturale catanese, mentre il secondo pertiene
all’analisi da lui fatta circa la crisi in cui
versa l’Università italiana. Nigro lascia la
nostra Università, e ce ne dispiace. Se pur
imperfetta e oggi forse un po’ malata, l’Università è tutto quello che abbiamo a Catania in fatto di formazione professionale,
di cultura, di scienza, di tecnologia. Cosa sarebbe Catania senza i suoi medici, inge-
Reg.Trib.Catania n.8 [cron.8750]
del 7giugno 1948
Associato alla FIEG
Federazione Italiana
Editori Giornali
Parole
di ieri
Dichiarazioni, commenti,
frasi sfuggite,
battute di cui pentirsi
eccetera eccetera
ascoltati, rubati, provocati
per strada, a casa,
nei corridoi dei passi perduti
gneri, giuristi, e tutti gli altri esperti, professionisti e scienziati, che trovano nell’Università la sede naturale per studiare, crescere e coltivare le loro discipline? Con tutte le possibili manchevolezze, l’Università
di Catania rappresenta il polo più alto di
qualificazione scientifica e professionale,
una struttura essenziale all’organizzazione
della vita civile e moderna nel nostro territorio. Il rammarico per la partenza del valente studioso non deve indurci al pessimismo. Quando qualcuno emerge nel suo
campo, come è spesso accaduto in passato
(Verga, Pirandello, Gentile, Brancati, Majorana, Luigi Condorelli, per citare solo alcuni), Catania e la Sicilia diventano troppo
strette. Il viaggio verso le capitali diviene a
volte inevitabile.
Diverso è il discorso sulla crisi dell’Università, cui Silvano Nigro si riferisce col tono accorato di chi ha dedicato la vita a va-
La Gazzetta dello sport è il centro di
potere più forte che esista in Italia. Non
c’è Coni, Lega calcio o altro che gli stia
alla pari. E questo perché, dopo 100
anni, la Gazzetta ha un’autorevolezza
tale che la si può considerare la ’Bibbia’.
Perché scrive sempre la verità.
Pietro Calabrese
Eva è la prima scienziata, la prima
vera grande contestatrice dell’autorità.
Perché la scienza consiste proprio
nel cercare le leggi e non accettare
le verità rivelate. E le donne in
questo sono molto più curiose degli
uomini.
Margherita Hack
NERO GIALLO CIANO MAGENTA
lori che vede ora messi da parte e calpestati. È tutto vero quel che egli dice. In tutto il mondo, all’Università si insegna facendo ricerca scientifica ed essa non può
avere confini, si attua su scala planetaria. Il
docente universitario deve essere uno studioso dedito principalmente alla ricerca
scientifica, esperto nel suo campo e riconosciuto a livello internazionale. Quali sono le migliori Università al mondo? I nomi
sono sempre gli stessi e corrispondono a
quei centri di eccellenza che raccolgono
gli studiosi più prestigiosi. Sono i professori
quelli che determinano il rango delle Università. Cos’altro, se no? In Italia invece, si
insiste nel non selezionare con rigore i docenti. Ci si imbarca nella farsa di valutazioni burocratiche e farraginose, fatte per coprire misfatti e favorire lobby. Da noi si
continua a risparmiare sugli investimenti
per la ricerca scientifica e per l’Università.
L’ozio è il padre di tutti i vizi
Quinto: Non ammazzare. Questo
comandamento non solo vieta l’omicidio
e il suicidio, ma ci ricorda che dobbiamo
aver cura della nostra salute. Un ragazzo
che beve o mangia troppo, o che fuma o si
droga, va contro questo comandamento. E
non vanno fatti neppure sforzi esagerati
nello sport, perché danneggiano
gravemente la salute. Si deve custodire
non solo la vita terrena degli altri ma
anche la loro integrità morale: se non si
ammazza il corpo si può ammazzare
l’anima con lo scandalo, portando gli altri
al male. Sesto: Non commettere atti
impuri. Piuttosto che fare un atto impuro è meglio morire. Per
rimanere puri dobbiamo dominare la curiosità, allontanarci
dalle occasioni, non essere nell’ozio, che è il padre di tutti i vizi.
Chiara Lubich
Basta parlare con i ricercatori per avvertire
il loro sconforto, sentire la rabbia di chi si
sente tradito da affermazioni ipocrite, cui
seguono purtroppo pratiche aberranti, come i recenti concorsi e la distribuzione
lobbistica degli sparuti fondi disponibili.
Ormai da più di 1000 anni le Università sono il luogo della ricerca di base e d’avanguardia. La più autentica didattica universitaria si fa svolgendo un tema di ricerca,
non solo spiegando in classe i manuali.
Quest’ultimo è certo un compito essenziale, che deve essere svolto accuratamente e
professionalmente, esso tuttavia rappresenta solo una condizione necessaria, ma
non sufficiente a qualificare l’Università.
Mentre ci sono parecchi modi di organizzare un’efficiente formazione intermedia,
non c’è altro mezzo che l’Università per
ottenere la formazione scientifica al livello
più elevato. Non si può perciò adire a com-
promessi di sorta circa la qualità dei docenti
universitari, che devono essere valutati in
base alle loro qualità di studiosi, e reclutati al più alto livello scientifico possibile. La
priorità che dovremmo darci, é proprio
quella di assicurare condizioni che consentano la formazione di una classe di professori universitari veramente in grado di reggere il confronto internazionale. Solo così
l’Italia potrà godere di un buon sistema
universitario (cosa oltremodo urgente per
la sopravvivenza culturale ed economica
della nazione). Sapremo capovolgere il tentativo di seppellire l’Università sotto una
montagna di regolamenti pseudo-parlamentari e meramente burocratici? Sapremo evitare la pletora di controlli centrali e
formali che, di fatto, inceppano il funzionamento di ogni Ente, Università compresa, e che ne riducono l’efficienza a livelli intollerabili? Quale Università vogliamo?
APPUNTI
La Russa e i saggi da Lorenzago all’Etna
SALVATORE SCALIA
L
’attaccamento all’Etna del coordinatore di An Ignazio La Russa è a
dir poco commovente. Per valorizzare il vulcano e la sua amata
Ragalna le tenta tutte, a dire il vero non
sempre con successo. Ci aveva provato
sponsorizzando la nomina ad assessore
al Turismo del piccolo comune della milanese Daniela Santan... chè? o Santan...
chi? Animatrice di serate mondane che
sull’Etna aveva grandi idee, ma è passata come un meteora dopo aver sollevato
un polverone di nera sabbia vulcanica.
Ora La Russa coglie al volo un’altra occasione. I cosiddetti saggi della Casa del-
le Libertà si devono riunire per definire
la riforma federalista, ripetendo l’esperienza dell’estate scorsa a Lorenzago in
Veneto. Poiché c’è chi vuole le Alpi e chi
la spiaggia, la voce roca più fumosa d’Italia propone l’Etna, perché accomuna
l’aria della montagna e la vicinanza al
mare. Una soluzione ideale e anche un
subdolo tentativo di farci rimpiangere la
bella Santan... ché? Da esperta pierre
avrebbe fatto egregiamente gli onori di
casa, mettendo a loro agio i saggi, finora
inutilmente pensosi. Poiché Lorenzago è
stata un fallimento, si spera che il vulcano metta una pietra sopra ai loro litigi.
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