quartino - Parrocchia San Francesco d`Assisi | Marina di Cerveteri
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quartino - Parrocchia San Francesco d`Assisi | Marina di Cerveteri
Jorge Mario Bergoglio PAPA FRANCESCO IL NUOVO PAPA FRANCESCO È ITALO ARGENTINO A bbiamo un nuovo Papa. È l’italo argentino Jorge Mario Bergoglio. La fumata bianca è arrivata mercoledì 13 marzo alle 19,07 ed è stato un boato di gioia, di liberazione, di speranza da parte delle migliaia di fedeli accorsi in piazza San Pietro per vivere da vicino l’emozione del momento storico. Appena apparso al balcone, dopo che il cardinale Tauran aveva annunciato che il pontefice aveva scelto il nome di Francesco inequivocabile riferimento al poverello d’Assisi patrono d’Italia, nella folla si è quasi percepito un fremito di entusiasmo per un papa che in molti si augurano darà una scossa a tutti: Chiesa, Curia e intera società. Già con le prime parole di saluto Papa Francesco ha conquistato le tante persone presenti nella piazza aprendo il suo discorso con un inedito, semplice e colloquiale “Fratelli e sorelle, buonasera! Sembra che i miei fratelli Cardinali siano andati a prenderlo quasi alla fine del mondo” ha continuato il Cardinale Jorge Mario Bergoglio ora Pontefice. E in effetti la sua patria è la lontana Argentina, in particolare la città di Buenos Aires, dove è stato Arcivescovo. Sempre sorridente, il nuovo Vescovo di Roma ha chiesto poi la benedizione su di sé. Primo Gesuita a ricoprire un incarico così oneroso ora gli occhi di tutto il mondo sono puntati su di lui perché si aspettano un rinnovamento profondo, quasi rivoluzionario da un papa sì conservatore ma aperto e capace di infondere coraggio. Coraggio nelle scelte di vita, nella capacità di amare il prossimo e di avere fiducia gli uni verso gli altri; non a caso il motto che compare nello stemma adottato da Bergoglio dopo la sua ordinazione a vescovo è Miserando atque eligendo, espressione tratta da un'omelia di Beda il Venerabile, santo e dottore della Chiesa e traducibile come «[lo] guardò con misericordia (con sentimento di pietà) e lo scelse» riferito al pubblicano Matteo che Gesù scelse come suo discepolo. E sempre da Lui il Papa parte per asserire con forza ed energia che quando non si confessa Gesù Cristo, “si confessa la mondanità del diavolo, la mondanità del demonio. Lo stesso Pietro che ha confessato Gesù Cristo gli dice “Tu sei Cristo, il Figlio del Dio vivo. Io ti seguo ma non parliamo di Croce. Questo non c’entra. Ti seguo con altre possibilità, senza la Croce”. Ma il Pontefice richiamandosi ai tre fondamentali movimenti della vita camminare, edificare, confessare (Cristo) ha aggiunto “Quando camminiamo senza la Croce, quando edifichiamo senza la Croce e quando confessiamo un Cristo senza Croce non siamo discepoli del Signore: siamo mondani, siamo Vescovi, Preti, Cardinali, Papa ma non discepoli del Signore. Io vorrei che tutti, dopo questi giorni di grazia, avessimo il coraggio, proprio il coraggio di camminare in presenza del Signore, con la Croce del Signore; di edificare la Chiesa sul sangue del Signore che è versato sulla Croce; e di confessare l’unica gloria: Cristo Crocifisso. E così la Chiesa andrà avanti”. (dall’omelia della Santa Messa “pro Ecclesia” (per la Chiesa) che Papa Francesco ha celebrato giovedì 14 marzo con i cardinali che hanno partecipato al Conclave). I Jorge Mario Bergoglio PAPA FRANCESCO BIOGRAFIA P l'ordinazione presbiterale il 13 dicembre 1969. Dopo altre esperienze di insegnamento e la nomina a superiore provinciale dell'Argentina è rettore della Facoltà di teologia e filosofia a San Miguel. Nel 1979 partecipa al vertice della Celam (Consiglio Episcopale Latinoamericano) a Puebla ed è fra coloro che si oppongono decisamente alla teologia della liberazione, sostenendo la necessità che il continente latino-americano faccia i conti con la propria tradizione culturale e religiosa. Nel 1986 si reca in Germania per il completamento del dottorato. Ritornato in patria diventa direttore spirituale e confessore della chiesa della Compagnia di Gesù di Córdoba. Il 20 maggio 1992 papa Giovanni Paolo II lo nomina vescovo ausiliare di Buenos Aires, titolare di Auca. Nel 1997 è nominato arcivescovo coadiutore di Buenos Aires, succede alla medesima sede nel 1998. Diventa così primate d'Argentina. Dal 6 novembre dello stesso anno è anche ordinario per i fedeli di rito orientale in Argentina. Il 21 febbraio 2001 Giovanni Paolo II lo crea cardinale del titolo di San Roberto Bellarmino e dal 2005 al 2011 è a capo della Conferenza Episcopale Argentina. apa Francesco, nato Jorge Mario Bergoglio (in latino Franciscus; Buenos Aires, 17 dicembre 1936). Nato in una famiglia di origini italiane, specificamente piemontesi (il nonno Giovanni Angelo era nato in località Bricco Marmorito di Portacomaro Stazione, frazione di Asti non lontana da Portacomaro), è il quarto dei cinque figli di Mario, impiegato delle ferrovie salpato nel 1928 dal porto di Genova per cercare fortuna a Buenos Aires, e di Regina Maria Sivori, una casalinga la cui famiglia materna era originaria di Santa Giulia di Centaura, frazione collinare di Lavagna in provincia di Genova. All'età di 21 anni, a causa di una grave polmonite, gli viene asportata la parte superiore del polmone destro. Per questo i vaticanisti lo esclusero dalla lista dei papabili durante il conclave della sua elezione, nella convinzione che il successore di Ratzinger dovesse essere giovane ed energico. Laureato in chimica all'Università di Buenos Aires, ha avuto anche una fidanzata, prima di intraprendere la vita ecclesiastica, in base a quanto dichiarato da lui stesso. Decide di entrare nel seminario di Villa Devoto e l'11 marzo 1958 comincia il suo noviziato nella Compagnia di Gesù, trascorrendo un periodo in Cile e tornando a Buenos Aires in seguito, per laurearsi in filosofia nel 1960. Dal 1964 insegna per tre anni letteratura e psicologia nei collegi di Santa Fe e Buenos Aires. Riceve UN UOMO DI COMANDO… F ben lucide: “Ricorda: puoi andare in giro come ti pare, ma se non avrai le scarpe ben lucide sarai sempre malvestito e in disordine”, racconta ancora dopo trent’anni. E non solo: “Abbiamo imparato come si mangia a tavola e si conversa a seconda dell’ambiente in cui ci sarebbe capitato di entrare. Perché l’obiettivo è quello di avvicinare tutti”, dice a distanza di tutto questo tempo. Chissà se Francesco si metterà ad abbracciare i partecipanti alle sue Messe private in cappella la mattina presto, e chissà se lo farà in San Pietro (e lì sarebbe un problema più che altro logistico): ma da quest’uomo di grande cultura, polso fermo e carattere caldo, è lecito attendersi gesti sempre più coinvolgenti e sempre. orgiato alla scuola dei gesuiti, Francesco ha assunto il nome del Poverello d’Assisi. Chi lo conosce bene dice che il nuovo Papa sia un uomo buono, ma altrettanto capace di imporsi quando è il momento delle scelte. Ascolta tutti e poi decide in maniera ragionevole, ma se dice “no” è un punto fermo. Ha imparato a governare e decidere negli anni da arcivescovo di Buenos Aires, diocesi che comprende otto milioni di anime circa e che naturalmente richiede polso molto fermo per l’amministrazione. Di più: Bergoglio è figlio del gesuitismo argentino, molto rigoroso nel formare sacerdoti che possano presentarsi a qualsiasi livello in società. Racconta un amico prete che ha studiato lì negli anni Settanta/Ottanta come ogni mattina subisse l’ispezione, quasi come un militare: e se certe sbavature potevano essere tollerate, era imperativo avere le scarpe di Antonino D’Anna POSIZIONI MORALI, SOCIALI E SU TEMI POLITICI POVERTÀ E DISUGUAGLIANZA ECONOMICA I n una riunione dei vescovi latino-americani nel 2007 Bergoglio dichiarò: "Noi viviamo nella parte di mondo ove esistono le maggiori disuguaglianze, tra i paesi che economicamente sono cresciuti di più, ma nei quali la miseria è stata ridotto in misura minima"- aggiungendo- "Persiste un'ingiusta distribuzione dei beni, la qual cosa crea una situazione sociale che grida al cielo e limita le possibilità di una vita più piena da parte di tanti nostri fratelli". Il 30 settembre 2009, Bergoglio parlando a un convegno organizzato dall'Università gesuita del Salvador a Buenos Aires, il cui titolo era "Las deudas sociales de nuestro tiempo" ("I debiti sociali del nostro tempo") citò un documento redatto nel 1992 da parte della Conferenza Episcopale Latino-americana ("Documento de Santo Domingo") in cui si afferma che "la povertà estrema e le strutture economiche ingiuste che causano grandi disugua- glianze" sono violazioni dei diritti umani e il debito sociale lo stigmatizzò come "immorale, ingiusto e illegittimo", specialmente nel verificarsi in una nazione che possiede le condizioni economiche necessarie per evitare i danni della povertà. Egli reclamò una risposta "etica culturale e solidale” per saldare il debito sociale nei confronti di milioni di argentini, per lo più bambini e giovani, affermando che è imperativo lottare per cambiare le condizioni strutturali, le attitudini personali o corporative che generano questo situazione. II Jorge Mario Bergoglio PAPA FRANCESCO SCELTA DEL NOME IL NOME FRANCESCO DICE GIÀ TUTTO DEL NUOVO PAPA: IL COMMENTO DEL FILOSOFO, MASSIMO CACCIARI un verso la cattolicità autentica e per l’altro un segnale che potrebbe essere letto anche drammaticamente di perdita proprio di centralità europea sotto ogni profilo. Abbiamo perso sotto il profilo economico, ora anche sotto il profilo culturale e spirituale. Non è una cosa da niente per la Chiesa: la Chiesa ha avuto i suoi cardini in Europa, non c’è niente da fare. La Chiesa è stata, per secoli e secoli, Chiesa europea. Cosa comporterà questo e quali saranno le conseguenze di questo? E’ facile dire cattolicità, cattolicità… Sì, certo c’è questa dimensione, ma come di ogni cosa c’è anche l’altra faccia. D. La scelta del nome Francesco dice già tutto del nuovo Papa, il suo modo d’intendere la sua funzione, il suo rapporto con tutte le persone: è quanto sostiene il filosofo Massimo Cacciari, alla radio. R. - Mi pare sia evidente: ha assunto un nome straordinario, per la prima volta e non a caso. Quindi, è chiaro che sarà un Papa che cercherà di svolgere il proprio ministero con una sensibilità altissima per il povero. E’ un richiamo fortissimo per la Chiesa alla povertà. Ed è evidente anche la ripresa del senso della rinuncia di Papa Ratzinger. Humilitas et paupertas sono le grandi virtù francescane e quindi con il nome che ha assunto ha detto tutto quello che doveva dire. Il resto non sono nient’altro che conseguenze di questa scelta, che - ripeto - è una scelta assolutamente straordinaria, come quella che aveva fatto Benedetto XVI. Non a caso, nessun Papa aveva - diciamo pure - “osato” chiamarsi Francesco. Quindi, se in questo caso ha osato chiamarsi Francesco, dovrà pure dire qualcosa. D. - Un riferimento all’omelia che ha pronunciato alla sua prima messa da Papa. Ha detto: “Bisogna avere il coraggio di camminare con la Croce del Signore, senza la Croce siamo mondani, bisogna camminare nella luce, vivere con irreprensibilità...". Insomma, confessare Gesù Cristo, altrimenti “diventeremo una ong assistenziale...” R. - Ha perfettamente ragione. Non c’è dubbio alcuno. Se la Chiesa si declina soltanto sotto il profilo etico, per quanto nobile, sotto il profilo socio-politico, per quanto nobile, non è più la Chiesa. La Chiesa deve predicare il Verbo e da ciò, di conseguenza, tutto il resto. Ma se dimentica il paradosso iniziale, lo scandalo iniziale da cui nasce… D. - Le categorie che sempre si usano - progressista, conservatore - sono rispuntate fuori anche a proposito del nuovo Papa. Secondo lei sono valide anche oggi? R. - Non sono valide neanche sul piano politico, si figuri se sono valide sul piano religioso o spirituale. Certo che, come sempre per quanto riguarda i vescovi, anche i più grandi dell’America Latina, può darsi che vi sia una certa tensione tra la linea di umiltà, di povertà, di radicale vicinanza e prossimità al povero, che spesso questi grandi vescovi interpretano e incarnano, e la posizione dal punto di vista teologico, etico, scarsamente in sintonia con le società più secolarizzate dell’Occidente. Bisogna vedere… Certo, i problemi saranno colossali. Poi, c’è un altro segnale che è duplice, diciamo contradditorio: questa è la prima volta non soltanto di Francesco, ma è la prima volta dell’extra europeo. Questo resta un fatto colossale, colossale. Testimonia in positivo per D. Lo scandalo della Croce… R. - Quello è lo scandalo: la follia. E’ una follia. Il logos della Croce è una moria per il mondo. Detto questo, però, la Chiesa - e questo sarà il problema di questo Papa - deve anche essere nel mondo, deve saperne i linguaggi, deve saperlo ascoltare, deve essere in grado di capire cosa dice il mondo nel XXI secolo. PERCHÈ FRANCESCO IL 16 MARZO FRANCESCO HA SPIEGATO LE RAGIONI DELLA SCELTA DEL SUO NOME PONTIFICALE: stato eletto il Papa. E lui mi abbracciò, mi baciò e mi disse: “Non dimenticarti dei poveri!”. E quella parola è entrata qui: i poveri, i poveri. Poi, subito, in relazione ai poveri ho pensato a Francesco d’Assisi. Poi, ho pensato alle guerre, mentre lo scrutinio proseguiva, fino a tutti i voti. E Francesco è l’uomo della pace. E così, è venuto il nome, nel mio cuore: Francesco d’Assisi. È per me l’uomo della povertà, l’uomo della pace, l’uomo che ama e custodisce il creato; in questo momento anche noi abbiamo con il creato una relazione non tanto buona, no? E’ l’uomo che ci dà questo spirito di pace, l’uomo povero … Ah, come vorrei una Chiesa povera e per i poveri! » «N ell’elezione, io avevo accanto a me l’arcivescovo emerito di San Paolo e anche prefetto emerito della Congregazione per il Clero, il cardinale Claudio Hummes. Quando la cosa diveniva un po’ pericolosa, lui mi confortava. E quando i voti sono saliti a due terzi, (eletto con 90 voti) viene l’applauso consueto, perché è ULTIMO DISCORSO DEL PAPA BENEDETTO XVI I l 28 febbraio 2013, alle ore 17,37: Papa Benedetto XVI dopo la storica rinuncia al Pontificato fa il suo ultimo discorso dalle finestre del palazzo di Castel Gandolfo che lo ospiterà fino a maggio: “Grazie, grazie di cuore. Cari amici, sono felice di essere con voi, circondato dalla bellezza del Creato e dalla vostra simpatia che mi fa molto bene. Grazie per la vostra amicizia, per il vostro affetto. Voi sapete che questo giorno mio è diverso da quelli precedenti: non sono più Pontefice Sommo della Chiesa Cattolica. Fino alle otto di sera lo sarò ancora, poi non più. Sono semplicemente un pellegrino che inizia l’ultima tappa del suo pellegrinaggio su questa terra. Ma vorrei ancora con il mio cuore, con il mio amore, con la mia preghiera, con la mia riflessione, con tutte le mie forze interiori, lavorare per il bene comune, il bene della Chiesa, il bene dell’umanità. E mi sento molto appoggiato dalla vostra simpatia. Andiamo avanti insieme con il Signore per il bene della Chiesa e del mondo. Grazie”. III Jorge Mario Bergoglio PAPA FRANCESCO PAPA FRANCESCO, UN UMILE COMUNICATORE «È bene parlare solo quando si deve dire qualcosa che valga più del silenzio. Esiste un momento per tacere, così come esiste un momento per parlare. Nell'ordine, il momento di tacere deve venire sempre prima: solo quando si sarà imparato a mantenere il silenzio, si potrà imparare a parlare rettamente ". Nell'arte di “tacere” dell' Abate Dinouart (1716-1786) c’è un elogio al silenzio. E il nuovo Papa Francesco la prima volta che è apparso al mondo nel suo abito bianco si è fermato. E ha fermato il tempo. Secondi che in televisione sono sembrati secoli. Nel 1998 il Papa Comunicatore, Giovanni Paolo II, aveva detto: “C'è il silenzio tragico dell'incomunicabilità, e c'è il silenzio della fecondità e del coraggio, che è proprio di chi rinuncia a farsi sentire all'esterno per raggiungere nel profondo le radici della verità e della vita. Il nostro tempo ha bisogno di riscoprire la fecondità del silenzio, per superare l'effimero, la dissipazione dei suoni, delle immagini, delle chiacchiere che troppo spesso impediscono di sentire la voce di Dio”. Un messaggio ancora attuale quello di Giovanni Paolo II, ma quello che ha colpito tutti i vaticanisti, italiani e stranieri, ma anche la gente è stata l’umiltà. Ed è vero che nei primi secondi il viso del nuovo Pontefice mostrava incredulità ed emozione. E quando ha detto :”sono il Papa filosofo e teologo, Benedetto XVI, le nuove tecnologie. Se i suoi pensieri arriveranno ai fedeli attraverso un tweet. O se invece seguendo la scia di altri suoi predecessori riaffermerà il ruolo della radio o lo strapotere della televisione. Televisione che ha citato quando ha voluto benedire i fedeli di tutto il mondo. E’ tutto da scoprire. Come scriveva il sociologo De Kerchove già nel 1984 "sfruttare appieno tutte le potenzialità espressive del piccolo schermo fa correre il rischio alla Chiesa di omologare l'espressione del sacro con gli altri messaggi e generi dell'intrattenimento e dell'evasione televisiva". E quindi dovrà trovare il giusto equilibrio tra potenzialità e rischi dei nuovi e dei vecchi media. Vedere anche chi sceglierà come suo portavoce se un laico, come aveva fatto Giovanni Paolo II con Navarro Valls o Benedetto XVI un sacerdote, come padre Lombardi . È presto per dire se raccoglierà il messaggio lanciato da Papa Benedetto XVI sull’importanza di internet per parlare soprattutto ai giovani. Se sfrutterà la forza dei social network per l’opera di evangelizzazione. Magari in questo mondo globalizzato, liquido ma dove è indispensabile comunicare valori e contenuti basterà a Papa Francesco rileggere l'enciclica Miranda Prorsus del 1957 o Communio et Progressio venuti a prendermi dall’altro mondo” ha confermato il suo linguaggio comprensibile, la spontaneità dei gesti, che, come il silenzio, comunicano tantissimo. Lo ha ammesso in un’intervista a Repubblica Loris Francesco Capovilla, segretario di Papa Roncalli: “appena l’ho visto Papa Francesco mi ha colpito subito per quella sua espressione bonaria, con quei gesti semplici, anche quando ha impartito la benedizione, ma soprattutto quando ha iniziato a parlare con quel fratelli e sorelle, buona sera”. Una delle persone che è stata più vicina a Papa Giovanni XXIII ha trovato “un’impressionante affinità” tra Papa Roncalli e Papa Bergoglio. Non pensiamo che ci sia stato nulla di calcolato e di programmato ma ha sicuramente ragione Alberto Melloni quando scrive sul Corriere della Sera di “semplicità sapiente”. Ed ci convince ancora di più lo storico delle religioni quando sottolinea che “Francesco è apparso subito come un Papa che non ha paura di presentarsi con dolcezza, di essere un cristiano insieme al suo popolo, il popolo di Dio”. Tutti si chiedono se sarà un Papa che userà, come ha fatto anche del 1971 o i testi del Cardinale Martini sui media per trovare una strada. Ma già il nome Francesco lo fa associare alla figura del Santo dei Poveri. E’ quindi facile pensare che sarà un umile comunicatore. Difficile capire quali strategie di comunicazione userà per far vincere, come scrive Melloni “quella luce di fede che vedrà le magagne e le speranza di una Chiesa che con Papa Francesco ha ripreso il largo”. L’anno scorso in questo periodo commentavamo l’iniziativa di Papa Benedetto XVI che a 85 anni aveva deciso di lanciare il messaggio sulla Quaresima attraverso 40 tweet. E Antonio Spadaro, gesuita come Papa Francesco, presentissimo con i suoi tweet (@antoniospadaro) aveva ribadito come “la rete non è soltanto rumore”. O magari Papa Francesco sceglierà di utilizzare tutti i media vecchie e nuovi. Magari costringendoli al silenzio. L’Abate Dinouart lo aveva scritto: “Il silenzio può talvolta far le veci della saggezza per il povero di spirito, e della sapienza per l'ignorante”. di Francesco Pira IV