5. Le Spermatofite sono piante vascolari dotate di semi.
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5. Le Spermatofite sono piante vascolari dotate di semi.
5. Le Spermatofite sono piante vascolari dotate di semi. Durante il Devoniano, quando erano già comparsi insetti, ragni, centopiedi e anfibi primitivi, alcune piante cominciarono a proteggere i loro semi entro un involucro e a sviluppare fusti legnosi inspessiti, conquistando così grandi altezze e favorendo la riproduzione. Insieme alla dominanza dello sporofito sul gametofito, queste due novità evolutive si rivelarono vincenti nella conquista degli ambienti terrestri, oggi dominati proprio dalle piante con semi: le gimnosperme e le angiosperme. Il seme e il polline sono alcuni dei fattori di successo delle piante con semi. Il seme (▶figura 26) è una struttura specializzata costituita da un embrione racchiuso all’interno di un rivestimento protettivo e corredato di una riserva nutritiva che permetterà lo sviluppo della nuova piantina. Nelle gimnosperme come nelle angiosperme, il seme rappresenta dunque uno stadio di sopravvivenza ben protetto. Alcune specie di piante producono semi che possono restare vitali per molti anni (anche migliaia) germinando soltanto in condizioni ambientali propizie. Inoltre, molti semi hanno adattamenti strutturali che favoriscono la disseminazione per mezzo del vento o, più spesso, per mezzo di animali. Figura 27. I granuli pollinici sono i gametofiti maschili delle piante a seme. (A) Il polline di questa betulla si diffonde per mezzo del vento e i granuli pollinici possono cadere in prossimità di un gametofito femminile appartenente allo stesso albero o ad alberi diversi. (B) Il polline di ogni specie differisce per forma e dimensione (questa fotografia al microscopio elettronico è stata colorata artificialmente). Le piante con semi comprendono le gimnosperme e le angiosperme. Le piante con semi, comparse nel tardo periodo Devoniano circa 360 milioni di anni fa, derivarono Figura 26. Il seme è un adattamento alla vita sulla terraferma. probabilmente da antiche felci legnose con semi e oggi (A) I semi del soffione, sono piccoli e leggeri, e possono comprendono facilmente essere dispersi dal vento. gimnosperme e le angiosperme. (B) Questi pinoli sono i semi di una pianta di pino: la parte interna commestibile è la riserva nutritiva dell’embrione; il rivestimento legnoso protegge l’embrione dalla disidratazione. Questi semi sono adatti per resistere a lungo nel terreno. due grandi sottodivisioni: le Le gimnosperme (▶figura 28) sono le piante il cui seme non è racchiuso in un frutto. Insieme alle felci e ad altre piante senza semi, le gimnosperme formarono le grandi foreste che hanno dominato il paesaggio per più di 200 Tra le piante con semi, solo i gruppi più antichi milioni possiedono gameti maschili natanti; tutte le altre contemporaneamente utilizzano il polline per trasferire sulle parti femminili gruppo più vasto delle gimnosperme è costituito le cellule che daranno origine ai gameti maschili. Solo dalle conifere, che comprendono pini, abeti, sequoie e dopo che il polline trasportato dal vento o dagli animali molte altre specie con foglie aghiformi e strutture ha raggiunto le strutture femminili (impollinazione) ha contenenti i semi chiamate coni. luogo la fecondazione (▶figura 27). di anni durante ai dinosauri. il Mesozoico, Attualmente, il Le angiosperme presentano semi contenuti all’interno di Il punto di arrivo di questa straordinaria tendenza un frutto (▶figura 29). I semi delle angiosperme si evolutiva è costituito dalla completa indipendenza della sviluppano a partire da strutture riproduttive molto riproduzione rispetto all’acqua, che ha rappresentato un complesse, i fiori; per questo motivo esse sono enorme chiamate vantaggio evolutivo per la nell’ambiente terrestre delle piante con semi. diffusione «piante con fiori». Le angiosperme comparvero circa 140 milioni di anni fa e oggi costituiscono la maggior parte delle piante moderne, con 250000 specie sia arboree sia erbacee (▶figura 30). Figura 28. Le conifere sono le gimnosperme più diffuse. Nei climi più freddi le conifere formano estese foreste, come questa in Siberia. Figura 30. La diversità delle angiosperme. Le piante con fiore sono le più diffuse sul pianeta Terra, e comprendono sia specie erbacee (A) sia specie arboree (B). Le parole: Gimnosperma deriva dal greco gymnós, «nudo», e spérma, «seme», per indicare che le piante non hanno i semi protetti da una struttura specifica. Figura 29. I semi delle angiosperme. Angiosperma deriva dai termini greci angêion, «vaso», e da spérma, «seme», sottolineando che i semi delle Diversamente da quelli delle gimnosperme, che sono «nudi», i piante con fiori sono custoditi in una struttura specifica, semi delle angiosperme sono «protetti» all’interno di un frutto il frutto, che ha origine dall’ovario. (come questo avocado). 6. Le gimnosperme sono le più antiche piante con semi. La sottodivisione delle gimnosperme comprende le piante con semi che non producono fiori. Queste piante devono il nome (che come abbiamo visto significa «a seme nudo») al fatto che i loro semi non sono protetti dal tessuto del frutto. Attualmente esistono probabilmente meno di 850 specie di gimnosperme, in gran parte conifere; per quanto riguarda la loro predominanza nell’ambiente terrestre, queste piante sono seconde soltanto alle angiosperme. Nelle gimnosperme, i coni producono gli ovuli e gli strobili producono il polline. Le distese di abeti e cedri dell’America del Nord e quelle di pini e larici dell’Eurasia sono tra le più vaste formazioni forestali del mondo. Tutti questi alberi sono conifere, cioè «portatrici di coni». Un cono (quello che comunemente chiami pigna, (▶figura 31 A) è un breve fusto lungo il quale sono inserite fittamente delle squame legnose, ciascuna delle quali un rivestimento protettivo. Uno strobilo è un altro tipo di struttura coniforme più con squame derivate liberano una nuvola di polline costituita da milioni di microscopici granuli (a primavera ti sarà capitato di vedere i parabrezza delle automobili ricoperti da una polvere giallastra: è il polline delle conifere). La parete dei granuli pollinici contiene sporopollenina, il composto biologico chimicamente più resistente che si conosca, che ha il compito di proteggere il polline dalla disidratazione e da eventuali danni chimici. contiene due ovuli; ogni ovulo è costituito da uno sporangio e da piccola Quando gli strobili sono maturi, le squame si aprono e da foglie modificate inserite lungo l’asse (▶figura 31 B). Ciascuna squama di Il ciclo vitale delle gimnosperme. Per illustrare il ciclo vitale delle gimnosperme ci riferiamo a un pino (▶figura 32): l’albero è lo sporofito, mentre il gametofito è ridotto a uno stadio uno strobilo produce numerosi sporangi, ognuno dei microscopico che si sviluppa all’interno dei coni. quali origina per meiosi molte spore aploidi; i gametofiti I granuli di polline, trasportati dal vento, contengono le maschili, o granuli pollinici, si sviluppano dalle spore. cellule da cui si svilupperanno i gameti maschili. Quando un granulo pollinico raggiunge l’ovulo su un albero della stessa specie avviene l’impollinazione. Dopo l’impollinazione, l’ovulo si divide per meiosi e ciascuna spora aploide incomincia a svilupparsi in un gametofito femminile. Occorrono mesi perché nei gametofiti femminili si sviluppino le cellule uovo e nei granuli di polline si sviluppino le cellule spermatiche. A questo punto il granulo di polline produce un tubetto pollinico che si allunga fino a raggiungere la cellula uovo; le cellule spermatiche percorrono il tubetto, e, una volta a contatto con la cellula uovo, innescano la fecondazione. Il processo dell’impollinazione e della fecondazione richiede in tutto più di un anno. Dopo la fecondazione, dallo zigote si sviluppa l’embrione dello sporofito e l’intero ovulo si trasforma in seme. Il seme (▶figura 26 B) ha un rivestimento legnoso (il tegumento) e contiene la riserva di cibo per l’embrione (costituita dai resti del gametofito femminile). I coni dei pini liberano i semi Figura 31. I coni e gli strobili. circa due anni dopo l’impollinazione; i semi cadono a (A) Le scaglie dei coni femminili corrispondono a rami terra oppure vengono dispersi dal vento o dagli animali modificati. (B) Le strutture contenenti le spore all’interno degli strobili (ovvero modificate. i coni maschili) corrispondono a foglie e, quando le condizioni sono favorevoli, germinano (ciò significa che gli embrioni incominciano a crescere). Alla fine, dagli embrioni si sviluppano nuovi alberi. Le produzione dei gametofiti maschili sotto forma di fondamentali a cui le gimnosperme e le angiosperme granuli di polline affranca completamente la pianta dalla devono il loro successo nella conquista della terraferma. presenza di acqua per la riproduzione. L’ovulo è un adattamento chiave che rappresenta uno strumento di protezione per tutti gli stadi femminili del ciclo vitale; al suo interno avvengono l’impollinazione, la fecondazione e lo sviluppo dell’embrione. L’ovulo che si trasforma in seme costituisce pertanto uno degli eventi Nella maggior parte delle conifere l’unico tipo di protezione dell’ovulo è fornito dalle squame, che sono fittamente ammassate l’una contro l’altra e inserite nell’asse del cono; alcune pigne hanno squame così fitte e dure che soltanto il fuoco è in grado di aprirle e indurre il rilascio dei semi. Figura 32. Il ciclo vitale di una conifera. Nelle conifere come il pino, ma anche in altre gimnosperme, i gametofiti hanno dimensioni microscopiche e dipendono completamente per il nutrimento dallo sporofito. Nel seme di una gimnosperma sono presenti tessuti di 3 individui appartenenti a 3 diverse generazioni. Alcune specie di conifere possiedono tessuti morbidi e carnosi, simili a frutti, che circondano i semi, come le «bacche» del tasso e del ginepro (▶figura 33); gli animali possono cibarsi di questi tessuti e quindi disperdere i semi attraverso le feci, spesso a grandi distanze dalle piante di origine. Ma le «bacche» del ginepro e del tasso non sono frutti veri e propri, che invece sono strutture caratteristiche delle angiosperme. Si tratta di un caso di analogia nel quale alcune gimnosperme hanno evoluto una struttura che superficialmente assomiglia a un frutto e svolge la stessa funzione, ma che, studiata con attenzione, rivela un’origine del tutto differente e indipendente. Figura 34. Gli anelli del legno. Quando un albero viene tagliato, osservando la sezione del tronco si notano degli anelli concentrici, che rappresentano degli indicatori dell’età della pianta: ogni anello corrisponde a un anno di vita. Le gimnosperme attuali sono classificate in quattro classi: cicadine, ginkgofite, gnetofite e coniferofite. Nonostante si conoscano poco meno di 850 specie viventi, ancora oggi il gruppo delle gimnosperme domina in alcune fasce climatiche terrestri, secondo Figura 33. Alcune gimnosperme possiedono strutture simili a frutti. Le bacche del ginepro rivestono i semi e servono a favorire la loro dispersione, attirando gli animali che se ne nutrono. Queste «pseudobacche», che si formano a partire da quattro squame dello strobilo, non sono tuttavia veri frutti. solo alle angiosperme. I rappresentanti delle quattro classi odierne di gimnosperme non si somigliano molto nell’aspetto. Esse sono: Le cicadine (Cycadophyta), di cui sono note 140 specie, sono piante tropicali e subtropicali simili a palme, alte La presenza di tronchi legnosi ha permesso alle piante con semi di svilupparsi molto in altezza. fino 20 m (▶figura 35); probabilmente si tratta del gruppo più antico tra le gimnosperme esistenti. I loro tessuti sono spesso fortemente tossici per l’uomo. Le più antiche piante con semi producevano già il legno, cioè unoxilema inspessito (▶figura 34), che permetteva il sostegno per uno sviluppo in altezza maggiore rispetto a quello di altre piante. La porzione più recente del legno è adibita al trasporto di acqua, mentre il legno più vecchio si irrobustisce con resina e altri materiali per il sostegno, anche se non è più funzionale per la conduzione. Tuttavia, non sono legnose (cioè tutte dotate le di piante xilema): con semi nel corso dell’evoluzione molte di esse, dette erbacee, hanno «perso» questo genere di accrescimento e quindi non possono crescere molto in altezza, ma nonostante questo sono riuscite a conquistare una vastissima gamma di ambienti. Figura 35. Le cicadine. Molte cicadine possiedono una forma simile a quella delle felci e delle palme, sebbene non siano strettamente imparentate con nessuno di questi due gruppi. Le ginkgofite (Ginkgophyta), assai Mesozoica, rappresentate sono oggi comuni nell’era da un unico genere con una sola specie, Ginkgo biloba, detta anche albero dei ventagli (▶figura 36). Questa specie è a sessi separati, con alberi maschili e alberi femminili. Le conifere (Coniferophyta) sono di gran lunga le gimnosperme più abbondanti e diffuse, con circa 600 specie di piante che comprendono pini, abeti, larici, cedri, cipressi, ginepri, tassi e sequoie (▶figura 38). Esse sono tra le piante più grandi e longeve del pianeta e formano foreste che coprono le regioni settentrionali e le aree montane del pianeta e sono quindi fra le più imponenti formazioni vegetali. Il loro nome significa portatrici di coni (o strobili, cioè strutture assili recanti sporofilli). Tutte le conifere sono eterosporee e gli sporofilli si trovano in coni maschili e femminili separati e morfologicamente diversi, che si formano all'apice dei rami. La maggior parte sono piante sempreverdi, dotate di foglie aghiformi o ridotte a piccole squame. Figura 36. Le ginkgofite. Il caratteristico aspetto della pianta di Ginkgo biloba, delle sue larghe foglie bilobate e il rivestimento carnoso del seme. Le gnetofite (Gnetophyta) comprendono circa 90 specie raccolte in tre generi molto diversi tra loro e che condividono alcune caratteristiche con le angiosperme. Welwitschia (▶figura 37), una gnetofita, è una longeva pianta del deserto con foglie sfilacciate che si allungano sulla sabbia raggiungendo anche i 3 m. Figura 38. La diversità tra le gimnosperme. Le conifere, come il pino (in alto) o il cedro in basso), sono le piante dominanti in molte foreste attuali. Figura 37. Le gnetofite. Una Welwitschia mirabilis che cresce nel deserto della Namibia, in Africa; queste piante possono vivere fino a 2000 anni. Le foglie nastriformi si accrescono per tutta la vita e le loro estremità si lacerano e si rompono progressivamente. 6. Le angiosperme sono le più piante più recenti. Le più antiche testimonianze della presenza di angiosperme risalgono al periodo Cretaceo, circa 140 milioni di anni fa. Questo gruppo di piante ha conosciuto una vera e propria radiazione adattativa di tipo esplosivo e, nel corso di «soli» 60 milioni di anni, è divenuto dominante tra tutte le forme di vegetazione terrestre, con oltre 250 000 specie odierne. Il gametofito femminile delle angiosperme è ancora più ridotto di quello delle gimnosperme, tanto da essere costituito di solito da sole sette cellule; il gametofito maschile, poi, è formato da due soli nuclei, all’interno di un’unica cellula. Le piante con fiore rappresentano dunque l’estremo della tendenza evolutiva che ha caratterizzato le piante vascolari, con la generazione sporofitica che diventa sempre più consistente e indipendente dal gametofito e la generazione gametofitica che diventa sempre più piccola e più dipendente dallo sporofito. Il fiore è la caratteristica principale delle angiosperme. K = CALICE (sepali) C = COROLLA (petali) I fiori delle angiosperme sono i loro organi sessuali. A = ANDROCEO (stami) Tutti i tipi di fiore, dal tulipano alla margherita, hanno G = GINECEO (carpelli) organi maschili e femminili, e sono il luogo in cui avvengono l’impollinazione e la fecondazione; da questi organi si originano i frutti che contengono i semi. Gli involucri più esterni formano il perianzio costituito da un certo numero di foglie specializzate sterili, ovvero non recanti spore. Il perianzio è spesso suddiviso in due Tutte le parti che puoi osservare in un fiore sono di fatto foglie modificate; la rappresentazione ideale di un fiore (di cui non esiste in realtà l’esatta copia in natura) è illustrata nella ▶figura 39. involucri: uno più esterno, il calice, formato da elementi detti sepali ed uno più interno, la corolla, formata da elementi detti petali. La corolla e il calice svolgono spesso un ruolo fondamentale nell'attrarre verso il fiore gli animali impollinatori. In alcune piante il perianzio non è differenziato e gli elementi che lo costituiscono sono definiti tepali. In altri casi ancora, sia i petali che i sepali, oppure i tepali, possono risultare completamente assenti. (▶figura 40). Figura 40. I fiori hanno forme diverse. (A) Il fiore di magnolia presenta numerosi tepali. (B) Nel fiore di orchidea gli elementi si fondono formando una struttura completamente diversa. Gli involucri più interni sono invece formati da foglioline Figura 39. Schema generale di un fiore. Le strutture necessarie alle funzioni riproduttive delle angiosperme sono gli stami e un pistillo; i fiori che possiedono entrambe queste strutture vengono detti perfetti. L'organo riproduttivo delle angiosperme è il fiore, una particolare forma di strobilo. Esso è costituito da diversi involucri fiorali i cui elementi sono disposti ad anello intorno a un ricettacolo centrale (talamo) che nella maggior parte dei casi sono: modificate che portano gli sporangi e possono essere quindi considerate sporofilli. L’androceo è costituito da elementi detti stami, gli sporofilli che portano i microsporangi. Ogni stame è composto da un filamento che termina con una duplice antera, ciascuna contenente microsporangi nei quali viene prodotto il polline. Il gineceo è costituito da elementi detti carpelli, gli sporofilli che recano i megasporangi. Dalla trasformazione di uno o più carpelli si forma invece il pistillo, nella cui parte basale, definita ovario, si trovano gli ovuli. Nel pistillo si può inoltre riconoscere una parte più allungata o stilo, la cui superficie distale, destinata a ricevere il polline, prende il nome di stigma. Evoluzione del fiore. I botanici manifestano tuttora opinioni contrastanti su quale sia il tipo di fiore evolutivamente più primitivo. È comunque ormai certo che i primi fiori possedevano numerosi tepali (o sepali e petali), carpelli e stami, tutti disposti a spirale intorno alla parte centrale. Un fiore che possiede tutti gli involucri fiorali è detto completo, mentre uno che non li possiede tutti è detto incompleto. Se un fiore produce sia megasporangi che microsporangi, viene definito perfetto, viceversa, un fiore che produce sporangi di un solo tipo è detto imperfetto. Nel corso dell'evoluzione, questa struttura di base si è poi modificata e a seconda dei casi si è verificata una differenziazione dei petali dai sepali, la formazione di un numero fisso di organi, la loro disposizione ad anello o, infine, il passaggio da una simmetria radiale (come quella dei gigli) in cui esistono molti piani di Molte angiosperme producono infatti due diversi tipi di fiore, uno contenente soltanto megasporangi e l'altro microsporangi. In questi fiori, di conseguenza, gli stami o i carpelli non sono funzionanti, oppure mancano del tutto. simmetria che dividono il fiore in due parti equivalenti, a una simmetria bilaterale (come quella dei fiori del pisello o delle orchidee) in cui esiste un solo piano di simmetria che divide il fiore in due parti che sono l’una l’immagine speculare dell’altra. In molti casi la simmetria bilaterale è accompagnata spesso da estese Le specie in cui sono presenti sulla stessa pianta sia fiori maschili che femminili vengono definite monoiche, mentre quelle in cui i fiori maschili e femminili si formano su piante diverse vengono dette dioiche; in quest'ultimo caso esistono cioè piante femminili e piante maschili. I primi carpelli rappresentavano sicuramente foglie modificate e apparivano come sporofilli piegati ma non completamente chiusi, di una forma intermedia tra quella tipica delle gimnosperme e quella delle attuali angiosperme. Successivamente, i carpelli si sono fusi e Ogni specie è caratterizzata da una formula fiorale, la quale indica quali sono gli involucri che costituiscono il fiore e quanti sono gli elementi che li costituiscono. Ad esempio, la formula fiorale K5C5A10G1, indica che il fiore di una data specie è formato da un calice che possiede 5 sepali, una corolla che possiede 5 petali, un androceo che possiede 10 stami e un gineceo che possiede un solo carpello. sono stati progressivamente inglobati all'interno del ricettacolo. Nei fiori delle angiosperme, evolutisi più recentemente, le altre parti fiorali risultano disposte all'estremo apicale dell'ovario piuttosto che alla base. Anche gli stami dei primitivi fiori dovevano possedere una struttura a forma di foglia, ed essere quindi piuttosto diversi da quelli schematizzati in un ipotetico fiore. In molti fiori attuali il pistillo presenta uno stilo di Per quanto riguarda la disposizione, i fiori si possono presentare singolarmente oppure essere raggruppati a formare un’infiorescenza, per esempio l’ombrella delle ombrellifere (la famiglia che comprende la carota e il prezzemolo), fusioni fra le varie parti. i capolini delle asteracee (la famiglia delle margherite e del girasole) e le spighe di molte graminacee (▶figura 41). forma allungata e anche le antere sono situate all'apice di lunghi filamenti. L'allungamento di queste strutture è stato probabilmente favorito dalla selezione naturale, poiché esso aumenta la probabilità di impollinazione. La presenza di lunghi peduncoli rende infatti più agevole il contatto delle antere con il corpo degli insetti impollinatori o, nel caso di impollinazione anemofila, espone più efficacemente tali strutture all'azione del vento. Argomentazioni simili valgono con ogni probabilità anche per spiegare lo sviluppo di uno stilo di forma allungata. Recentemente, tuttavia, è stata proposta una teoria alternativa, che interpreta l'allungamento dello stilo in termini di selezione sessuale. Secondo quest'ipotesi, l'allungamento dello stilo permetterebbe alla pianta femminile di selezionare quei granuli pollinici in cui si è Figura 41. Le infiorescenze. realizzato (A) L’infiorescenza del dauco (un membro della famiglia delle pollinico, e ciò come indizio di un patrimonio genetico ombrellifere) è un’ombrella composta, formata da fiori sorretti da steli che si originano in un punto centrale comune. (B) I girasoli appartengono alla famiglia delle asteracee (o composite). Nel capolino, ciascuna struttura allungata, simile a un petalo, è in realtà un fiore, mentre la porzione centrale è formata da dozzine o centinaia di altri fiori. (C) Le piante erbacee come queste formano infiorescenze definite spighe. maschile «migliori». un con maggiore allungamento caratteristiche del tubetto complessivamente impollinate da un’unica specie di falena (una farfalla Le parole: notturna). Un’impollinazione di questo tipo, affidata a Petalo deriva dal greco petannýnai, «aprire», mentre sepalo è stato coniato sullo stesso modello, derivandolo dal latino saepes, «recinto». Il senso è che i sepali fanno da recinzione all’ingresso nel fiore, segnato dai petali. cui derivano anche ecologia ed economia), con i suffissi mono- e di-, nel senso di fiori che ospitano uno o due apparati sessuali. Carpello deriva dal termine greco karpós, «frutto», e indica animale, fornisce alla pianta un meccanismo perfetto per il trasferimento di polline da un individuo all’altro (anche se la rende vulnerabile in caso di diminuzione o scomparsa dei suoi impollinatori specialisti). La maggior parte delle interazioni pianta-impollinatore Monóico e dióico derivano dal greco oikós, «casa» (da infatti poche specie o addirittura soltanto a una specie una o più foglie modificate che proteggono il frutto. è tuttavia molto meno specifica: infatti la stessa specie di angiosperma viene di solito impollinata da molte specie animali, e lo stesso impollinatore funge da veicolo di polline per molte piante diverse. I fiori impollinati dagli uccelli sono spesso di colore rosso e privi di odore, mentre quelli visitati da insetti hanno odori caratteristici; addirittura, molti fiori impollinati dalle api hanno disegni peculiari sui petali, segnati da vere e proprie «piste di atterraggio», le cosiddette «guide del nettare», che si rendono evidenti Le angiosperme si sono coevolute con i loro impollinatori. Mentre molte gimnosperme sono impollinate grazie al (impollinazione vento anemofila), che trasporta «nuvole» di granuli di polline, la maggior parte delle angiosperme impollinata Le caratteristiche del ciclo vitale delle angiosperme. animali Come abbiamo appena visto, le principali caratteristiche delle angiosperme si possono sintetizzare in cinque visita punti principali: impollinatori offrendo da proprio quella in cui le api vedono meglio. (impollinazione zoofila). Moltissimi fiori favoriscono la degli è solo nella regione ultravioletta dello spettro della luce, loro del cibo, il nettare zuccherino (ma anche i granuli di polline stessi possono essere ricercati come nutrimento dagli animali), spesso attirandoli con un particolare profumo. Durante la visita, gli animali si imbrattano di polline, che trasportano di fiore in fiore e di pianta in pianta, favorendo in modo attivo l’aumento della varietà genetica delle popolazioni vegetali. Gli animali impollinatori più importanti sono senza dubbio gli 1. doppia fecondazione; 2. produzione di endosperma; 3. ovuli e semi racchiusi in un carpello; 4. presenza di fiori; 5. presenza di frutti. insetti, in particolare le api (▶figura 42 A); anche alcuni uccelli, come i colibrì (▶figura 42 B) e certi pipistrelli Nelle angiosperme, l’impollinazione consiste nell’arrivo svolgono questo ruolo benefico. di un granulo di polline all’interno di un fiore; questo è soltanto il primo dei tre eventi che porteranno alla formazione di un seme. Seguono quindi la formazione del tubetto pollinico (▶figura 43) la successiva fecondazione, che ha la peculiarità di essere «doppia». Figura 42. L’impollinazione zoofila. Molte specie di angiosperme si affidano agli animali per la dispersione del polline. Nell’ambiente terrestre le angiosperme e i loro impollinatori si sono evoluti plasmandosi a vicenda per oltre 130 milioni di anni, un processo chiamato coevoluzione: gli animali hanno influenzato l’evoluzione delle piante e le piante hanno influenzato l’evoluzione dei loro impollinatori. Solo così, con questo tipo di pressione adattativa reciproca, si può spiegare l’incredibile diversità e specificità che si osserva tra fiori e animali impollinatori. Per esempio, alcune specie di Yucca (il genere cui appartiene il tronchetto della felicità, comune pianta d’appartamento) in natura sono Figura 43. I tubetti pollinici iniziano a svilupparsi. Questi granuli pollinici hanno raggiunto strutture a forma di dito presenti sullo stigma di un fiore di Arabidopsis, e i loro tubetti pollinici sono penetrati al suo interno. Nella doppia fecondazione, coinvolti Lo zigote si divide mitoticamente per dare origine ambedue i nuclei spermatici del granulo pollinico: uno infatti, sono all’embrione dello sporofito. Il nucleo triploide, invece, di essi si fonde con la cellula uovo, formando lo zigote dividendosi per mitosi dà origine a un tessuto a sua diploide (2n) (questa è una normale fusione tra due volta triploide, l’endosperma, che ha il compito di nuclei n), mentre l’altro si fonde con due nuclei aploidi nutrire lo sporofito in embrione nel corso dei primi del gametofito femminile, detti nuclei polari, formando stadi dello sviluppo (▶figura 44). un nucleo triploide (3n) (questa è una fusione tripla tra due nuclei n femminili ed un nucleo n maschile). Figura 44. Il ciclo vitale di un’angiosperma. La formazione di un endosperma triploide distingue il ciclo delle angiosperme da quello delle gimnosperme. Nel seme di una angiosperma sono presenti tessuti di 4 individui appartenenti a 3 diverse generazioni. Le angiosperme producono frutti, che contengono i semi. Dopo la fecondazione, l’ovario di un fiore insieme ai semi che contiene è destinato a trasformarsi in un frutto. Questa struttura non soltanto protegge i semi ma può anche favorirne la dispersione attirando animali che se ne nutrono o su cui resta impigliata. Un frutto può derivare soltanto dall’ovario maturo insieme ai suoi In molte piante questo significa semplicemente la caduta per gravità del frutto e la sua successiva disgregazione, ma in altri casi può essere anche più complessa. Come abbiamo già visto nel caso dell’impollinazione, possono essere coinvolti agenti di dispersione come il vento (chiamato trasporto anemocoro), che porta il frutto lontano dalla pianta madre grazie alle sue caratteristiche aerodinamiche (vedi ▶figura 26 A). trasporto zoocoro invece semi oppure comprendere altre parti del fiore o Nel strutture associate ad esso. animali, come per esempio se i frutti sono spinosi e si Un frutto semplice, come per esempio una ciliegia (▶figura 45 A), deriva da un carpello singolo o da diversi carpelli riuniti; il lampone è invece un esempio di frutto aggregato, o composto (▶figura 45 B), che si sviluppa cioè da numerosi carpelli separati di un singolo fiore; gli ananas e i fichi sono esempi di frutti multipli (▶figura 45 C), formati a partire da un’infiorescenza. I frutti derivati da parti diverse dal carpello e dai semi sono chiamati falsi frutti (▶figura 45 D); sono esempi di questo tipo di frutto le mele, le pere vengono utilizzati gli agganciano al pelo dei mammiferi, oppure se i frutti sono carnosi e vengono ingeriti da animali che ne disperdono i semi. Addirittura, i semi di alcune specie per poter germinare devono prima entrare in contatto con i succhi gastrici di un animale. Infine, quando il mezzo di disseminazione è l’acqua si parla di trasporto idrocoro; un esempio particolare è la noce di cocco, che può galleggiare ed essere trasportata per chilometri dalle correnti marine. Le parole: e le fragole. Il processo mediante il quale i semi vengono dispersi, Frutto è un termine che in botanica indica tutto ciò che fino deriva dai carpelli o, in senso più ampio, da una parte a raggiungere un ambiente adatto alla germinazione, è chiamato disseminazione. del fiore. Pertanto sono frutti anche diversi ortaggi, come i pomodori o i peperoni. Figura 45. I frutti possiedono forme, colori, profumi e sapori diversi. (A) La ciliega è un frutto semplice. (B) Il lampone è un frutto composto. (C) Un frutto multiplo, l’ananas, e (D) un falso frutto, la fragola. Il successo angiosperme. evolutivo delle Le angiosperme sono le piante più diffuse sulla Terra da più di 100 milioni di anni. Attualmente se ne conoscono circa 250 000 specie; la maggior parte del nostro cibo deriva però dai prodotti di poche centinaia di specie: le radici (carote e barbabietole), i frutti (mele, uva, noci, lamponi e zucche), i semi delle leguminose (piselli e fagioli), oppure i semi dei cereali come il riso, il grano e il mais. I botanici suddividono le angiosperme in due gruppi, le monocotiledoni e le dicotiledoni (▶figura 46). I nomi «monocotiledone» e «dicotiledone» si riferiscono alle prime foglie che compaiono nell’embrione della pianta: queste foglioline embrionali sono chiamate cotiledoni. L’embrione delle monocotiledoni possiede una foglia sola, mentre quello delle dicotiledoni ne ha due. Le monocotiledoni comprendono circa 65 000 specie tra cui le orchidee, i bambù, le palme, i gigli, ma anche i cereali e altre piante erbacee (▶figura 47); il cotiledone singolo è visibile all’interno del seme. Anche le foglie, i fusti, i fiori e le radici delle monocotiledoni hanno delle caratteristiche particolari: nella maggior parte delle monocotiledoni, le foglie presentano nervature parallele e i tessuti vascolari all’interno del fusto (che trasportano l’acqua e le sostanze nutritive) sono organizzati in fasci con una disposizione sparsa; i petali e gli altri elementi del fiore sono tre o multipli di tre. La maggior parte delle angiosperme è però costituita da dicotiledoni. Sono dicotiledoni gran parte degli arbusti e degli alberi, nonché la maggior parte delle piante ornamentali e molte piante di uso alimentare (▶figura 48). Le foglie delle dicotiledoni possiedono una rete ramificata di nervature e gli steli presentano dei fasci vascolari che, in sezione trasversale, sono disposti a formare un anello periferico; i petali e le altre parti del fiore di solito sono quattro o cinque, oppure multipli di essi. Figura 46. Monocotiledoni e dicotiledoni a confronto. La presenza di un solo cotiledone è uno dei caratteri che distinguono le monocotiledoni dalle altre angiosperme. Figura 47. Le monocotiledoni. (A) Le palme sono fra le poche monocotiledoni arboree. (B) Molte piante erbacee, come il grano, sono monocotiledoni. (C) Le monocotiledoni includono inoltre alcuni comuni fiori da giardino, come questi gigli. Figura 48. Le dicotiledoni. (A) La famiglia delle cactacee costituisce un grande gruppo di dicotiledoni, con circa 1500 specie soltanto nelle Americhe. ( B) Le rose rampicanti sono dicotiledoni che appartengono alla famiglia delle rosacee, così come le rose coltivate. Gli organi delle angiosperme formano un sistema aereo e un sistema radicale Le angiosperme possiedono organi vegetativi (ossia tre non tipi coinvolti di nella riproduzione): le radici, i fusti e le foglie. Tutti gli organi una gemma ascellare (vedi ▶figura 49). Quando la gemma si attiva, può svilupparsi in un nuovo ramo o in un’estensione del sistema aereo. All’apice di ogni fusto o ramo di trova una gemma apicale, che produce le cellule responsabili dell’accrescimento in altezza o in larghezza e dello sviluppo del fusto. sono organizzati a formare due apparati ben distinti: il sistema aereo e il sistema radicale. I piani strutturali fondamentali di una monocotiledone e di una dicotiledone tipica sono illustrati nella ▶figura 49: Il sistema aereo di una pianta è formato dai fusti, dalle foglie e dai fiori. In linea generale, le foglie costituiscono gli organi principali adibiti alla fotosintesi. I fusti sostengono le foglie, le espongono alla luce del Sole e forniscono le vie per il trasporto dei materiali tra le radici e le foglie. I nodi corrispondono ai punti di inserimento delle foglie sul fusto, mentre le zone del fusto tra nodi successivi vengono definite internodi. Il sistema radicale àncora la pianta al terreno e fornisce nutrimento al corpo vegetale. L’estrema Le angiosperme presentano sistemi conduttori articolati. Un’altra caratteristica delle angiosperme è la presenza di sistemi possiede conduttori speciali articolati: lo xilema infatti cellule conduttrici chiamate trachee o elementi dei vasi (▶figura 50 A), di ampio diametro e connesse tra loro, che formano lunghi condotti senza interruzioni; l’altra cellula tipica dello xilema delle angiosperme è la fibra, che svolge un ruolo fondamentale nel sostegno. Il floema delle piante con fiori è costituito da particolari tipi di cellule chiamate tubi cribrosi (▶figura 50 B). ramificazione delle radici e il loro elevato rapporto superficie/volume permettono di assorbire l’acqua e i nutrienti dal terreno. Figura 49. Gli organi e gli apparati vegetativi. La struttura corporea di base e i principali organi vegetativi delle monocotiledoni e delle dicotiledoni. Dal fusto hanno origine le gemme e i fiori. La funzione principale del fusto è quella di portare in Figura 50. La conduzione nelle angiosperme. (A) Elementi tracheali nel fusto di una pianta di zucca: le pareti alto gli organi riproduttivi (i fiori) e quelli fotosintetici sono colorate in rosso (si noti il diverso tipo di inspessimento (foglie). A differenza delle radici, il fusto porta gemme ad anello e spirale). (B) Elementi dei tubi cribrosi, adibiti alla di vario tipo: una gemma è un germoglio allo stato embrionale. In corrispondenza dei nodi si sviluppano le foglie e dove la foglia si inserisce sul fusto si trova conduzione delle sostanze nutritive nel fusto di una pianta di cetriolo. (C) Floema e xilema sono organizzati in fasci, come si vede in questa sezione di fusto. Le foglie sono gli organi specializzati nella fotosintesi. Gli stomi regolano gli scambi di gassosi tra la pianta e l’ambiente. Le foglie sono responsabili di quasi tutta la fotosintesi Le piante hanno evoluto un elegante compromesso tra effettuata dalla pianta, che produce molecole organiche le opposte esigenze di trattenere acqua per prevenire la ricche di energia e libera ossigeno gassoso. disidratazione e di procurarsi il CO2 necessario alla In quanto organi fotosintetici, le foglie sono molto efficienti nel catturare la luce. La lamina fogliare è una fotosintesi grazie agli stomi, pori presenti sull’epidermide delle foglie. struttura sottile, che si inserisce sul fusto per mezzo di Una un peduncolo definito picciolo; lungo i fusti, le foglie chiamate cellule sono orientate in modo da rendere massima la quantità chiusura di ogni stoma (▶figura 52). Quando gli stomi di luce assorbita per la fotosintesi. sono aperti, il CO2 (reagente della fotosintesi) può La maggior parte delle foglie presenta due zone di tessuto fotosintetico, indicate complessivamente come mesofillo (▶figura 51 A). coppia entrare di nella cellule epidermiche specializzate, di guardia, controlla l’apertura e cellula per diffusione, ma contemporaneamente attraverso la stessa via viene perso vapore acqueo. D’altra parte, la chiusura degli stomi previene la perdita di acqua ma rende anche All’interno del mesofillo si trovano inoltre ampi spazi vuoti, attraverso i quali il diossido di carbonio può impossibile l’ingresso di CO2 nella foglia. diffondere per essere assorbito dalle cellule coinvolte La maggior parte delle piante apre gli stomi solo nella fotosintesi. A livello della foglia il tessuto quando l’intensità della luce è sufficiente a mantenere vascolare si ramifica notevolmente e forma una fitta rete un’adeguata velocità di fotosintesi. Di notte, quando di nervature (▶figura 51 B), garantendo alle cellule del l’oscurità inibisce questo processo, gli stomi rimangono mesofillo un continuo apporto di acqua e di minerali. Attraverso le nervature, inoltre, i prodotti della fotosintesi vengono immessi nel floema per essere trasportati al resto della pianta. L’intera foglia è rivestita, su entrambe le superfici, da quindi chiusi; in queste condizioni non c’è bisogno di CO2 e quindi si conserva l’acqua. Anche durante il giorno gli stomi si chiudono se la pianta sta perdendo acqua a una velocità troppo elevata. uno strato di cellule non coinvolte nei processi fotosintetici e che costituiscono l’epidermide. Per ridurre le perdite d’acqua, queste cellule sono rivestite da una cuticola cerosa impermeabile all’acqua. Figura 52. Gli stomi. (A) Fotografia al microscopio elettronico a scansione di uno stoma aperto delimitato da due cellule di guardia a forma di salsiccia. (B) Meccanismo di apertura e chiusura degli stomi. Figura 51. La struttura della foglia. (A) Questa rappresentazione schematica tridimensionale Le parole: corrisponde a una sezione di una foglia. (B) Il reticolo di sottili nervature in questa foglia di acero trasporta l’acqua al mesofillo e i prodotti della fotosintesi dalla foglia alle altre parti della Stoma in greco significa «bocca», qui inteso nel senso pianta. più ampio di «aperturta». Le radici hanno funzione di ancoraggio al substrato e di assorbimento di acqua e minerali. I semi sono la nostra principale fonte nutritiva. Tra le moltissime specie di piante con semi coltivate, ne sono state individuate 12 che si ritengono basilari per la nutrizione umana: riso, noce di cocco, frumento, mais, Nella maggior parte delle piante, l’acqua e i minerali patata, batata (o patata dolce), cassava (o tapioca o entrano attraverso ilsistema radicale, che è collocato nel manioca), canna da zucchero, barbabietola da zucchero, terreno (dove la luce non penetra); per questo motivo le soia, fagiolo e banana. radici sono tipicamente prive di capacità fotosintetica. Oltre la metà della popolazione umana mondiale ottiene Esistono principalmente due tipi di sistemi radicali. gran parte delle calorie quotidiane dal prodotto di Molte dicotiledoni possiedono un sistema radicale a un’unica pianta, il riso (Oryza sativa), particolarmente fittone: una singola grande radice primaria si accresce importante nella dieta dei Paesi asiatici, dove è coltivato in profondità nel terreno ed è accompagnata da radici da quasi 5000 anni. Le piante del riso sono usate in laterali meno pronunciate. Il fittone stesso svolge molti modi, per esempio come rivestimento dei tetti, spesso le funzioni di organo di riserva delle sostanze come foraggio e lettiera per animali e anche per nutritive, come accade nella carota (▶figura 53 A). confezionare abiti, e persino la lolla (il rivestimento del Le monocotiledoni e alcune dicotiledoni possiedono invece un sistema radicale fascicolato, costituito da seme scartato nella lavorazione) viene sfruttata in diversi modi, da combustibile a fertilizzante. orizzontalmente In alcune popolazioni la noce di cocco (Cocos nucifera) ramificandosi sotto la superficie del suolo (▶figura 53 è chiamata «albero della vita», poiché, in effetti, tutte le B); poiché gran parte delle loro radici occupa i primi parti della pianta vengono in qualche modo utilizzate: il centimetri del terreno, le monocotiledoni, in particolare tronco come materiale da costruzione, la linfa essiccata quelle erbacee, proteggono efficacemente il suolo come zucchero o fermentata come bevanda, le foglie dall’erosione. per rivestimenti di abitazioni, cestini e cappelli, i filamenti che si propagano germogli come verdura. Anche la noce di cocco, il frutto, ha molti usi: il guscio duro si adopera come contenitore o combustibile, lo strato fibroso mediano per farne tappeti e imbottiture, mentre il seme, costituito dal «latte» e dalla polpa, è usato come cibo e bevanda (sterile). Per milioni di persone la polpa del cocco è la principale fonte di proteine; dalla polpa essiccata (commerciata con il nome di copra) e pressata si ottiene l’olio di cocco, l’olio vegetale più usato nel mondo nelle industrie (lubrificanti, gomma sintetica) e, sebbene con proprietà nutritive scarse, anche per l’alimentazione. La copra si usa anche come fertilizzante e come mangime per il bestiame. Figura 53. Due esempi di sistemi radicali. Il sistema a fittone della carota (A) differisce dal sistema radicale fibroso del porro (B). Le piante sono dall’antichità usate come medicine Dalle piante si ricava una miriade di principi attivi che permettono di curare dal semplice disturbo alla vera e propria malattia. In passato, gli unici farmaci erano quelli naturali e tra questi, i principali erano proprio quelli estratti dalle piante. Una delle più antiche «professioni» che si possono immaginare è quella del Le piante utili per gli esseri umani. Il ruolo svolto dalle piante nell’ambiente è fondamentale e complesso, benefico anche per il mantenimento delle risorse che ci sono utili. La vegetazione ha effetti sostanziali sul suolo, sull’acqua, sull’atmosfera, sul clima e sull’assetto idrogeologico. cosiddetto «uomo della medicina» o sciamano (un ruolo spesso ricoperto da donne), la persona che cura usando rimedi derivati dalle piante. Oggi anche noi usiamo molte medicine derivate da piante. Il campo della ricerca di nuovi principi attivi di origine vegetale è molto attivo e ha già permesso di scoprire farmaci importanti nel trattamento di vari tipi di malattie.