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LONtANI DALLA SOLItA
.116 maggio 2010 al t re c onomia 4 euro L’INFORMAZIONE PER AGIRE le nostre proposte per una vacanza in punta di piedi _08 Spedizione in a.p. - d.l. 353/2003 Art.1, Comma 1, DCB Milano - Contiene I.R. acqua: intervista a stefano rodotà _44 LONTANI DALLA SOLITA ESTATE TURISMO RESPONSABILE VS CEMENTO www.altreconomia.it chiara dattola Segnatevi la data: il 15 maggio l’assemblea dei soci! Attenzione! I soci di Altra Economia soc. coop. sono tutti convocati per l’assemblea annuale di approvazione del bilancio 2009, che si terrà (in seconda convocazione) a Milano, via Calatafimi 10, il 15 maggio 2010 a partire dalle ore 10.00 Diventa socio di Altreconomia, “scommetti” con noi sul futuro di una casa editrice indipendente dalla pubblicità e dai finanziamenti pubblici. Per farlo, basta depositare una quota che dà diritto a partecipare alla vita della cooperativa. Oggi siamo già più di 400! Usate gli sconti pensati per i soci! Avrete diritto a una riduzione sul prezzo di tutti i prodotti della cooperativa: dall’abbonamento alla rivista, dai libri alle magliette. Controllate le offerte sul sito www.altreconomia.it! Info: www.altreconomia.it/soci [email protected] Corso Lodi 47 - 20139 Milano - Tel. 02-89.91.98.90 EDITORIALE & sommario di pietro raitano 3_ .116 La partecipazione politica è un costo? Non molti se ne sono accorti, ma con le leggi Finanziarie del 2008 e del 2010 il governo ha di fatto abolito le circoscrizioni di decentramento per tutti i comuni con meno di 250mila abitanti. Che vengano chiamate “zona”, “municipio”, “municipalità”, la loro origine va cercata nei tanti “comitati di quartiere” spontanei sorti un po’ in tutta Italia negli anni 70. Quel movimento “dal basso” spinse nel 1976 il governo a disciplinare la materia. La legge di allora, firmata da Aldo Moro, stabiliva all’articolo 1 che i Comuni avevano la facoltà di ripartire il territorio in circoscrizioni “allo scopo di promuovere la partecipazione popolare alla gestione amministrativa della comunità locale e in attuazione del principio di autonomia sancito dall’articolo 128 della Costituzione”. Altri tempi, altre parole, altri ideali forse. Nell’ordinamento italiano le circoscrizioni oggi sono organismi di “partecipazione, consultazione e gestione dei servizi di base”; non sono enti locali ma organi dei Comuni. Oggi si è deciso di abolirli nei comuni più piccoli, nel nome dei tagli ai “costi della politica”. Il meccanismo sarà progressivo a partire dal 2011. Attenzione: i comuni sopra i 250mila abitanti, per i quali il decentramento invece è confermato, sono 12 -su un totale 8.101-, per 9 milioni di residenti. Vuol dire che il provvedimento riguarda 8.089 comuni e 51 milioni di italiani. Per loro, la nuova normativa prevede la possibilità di creare organismi di partecipazione di tipo volontario, senza riconoscimento di gettoni o indennità, che non abbiano poteri MAGGIO 2010 gestionali, ma solo consultivi e propositivi. Non un granché. È probabilmente vero che oggi le circoscrizioni non sono come un tempo in grado di attrarre i cittadini. Le presenze alle assemblee sono minime, il ruolo stesso di questi apparati -e chi ci lavora- non sono noti a tutti gli elettori. Paradossalmente, questo è più vero nei comuni con un grande numero di abitanti. Ma da qui a sostenere che la partecipazione dei cittadini all’amministrazione dei Comuni sia un costo e che quindi vada tagliato è troppo. O meglio, è l’ennesimo attacco all’autonomia dei Comuni, ai quali si stanno progressivamente sottraendo poteri e risorse. La partecipazione è un valore, e questo va ribadito. Trovarne nuove forme, più efficaci e attrattive, a questo punto è un dovere imposto a enti locali e cittadini da una classe politica che esalta l’individualismo del voto al posto della cittadinanza e del senso di appartenenza a una comunità. Non trovando poi soluzioni al crescente astensionismo e disaffezione. Se il modello degli anni 70 non funziona, i Comuni possono ispirarsi a esperienze che altrove hanno avuto la capacità di coinvolgere i cittadini in un processo decisionale partecipato. O possono anche guardare al mondo dell’economia solidale, che non a caso si interroga sempre più sul tema della politica e della rappresentanza. IN COPERTINA TURISMO RESPONSABILE _08 in barca o a piedi, contromano _14 SABBIA E CEMENTO gli altri servizi l’invasione degli ultra porti CONSUMI CRITICI _18 in pasto ai buoni _21 STORIE DI ORDINARIA PRECARIETÀ vaccini anti crisi _24 campi profondi _28 tutti i lati del cibo _31 FOTOREPORTAGE I NOSTRI LIBRI ECONOMIE SOLIDALI l’energia viene dal gas _33 cura o prestazione? LA FINE DEL WELFARE _34 il costo della tangente POLITICHE PUBBLICHE l’antimafia quotidiana _37 sindaci contro le mafie _38 GIUSTIZIA FISCALE grandi rendite in fuga dalle tasse dal nostro inviato _40 alla corte del dittatore _44 Intervista né pubblica né privata economie solidali _47 la casa dell’alternativa LE RUBRICHE _04 Fotonotizia _05 Racconto del mese di Lorenzo Guadagnucci _06le brevi /consumi critici _30distratti dalla libertà di Lorenzo Guadagnucci _43i signori delle guerre di Francesco Vignarca _46la banca dei ricchi di Luca Manes _48 trade watch di Monica Di Sisto _49un posto in prima fila di Ugo Ripamonti _50idee eretiche di Roberto Mancini WWW.ALTRECONOMIA.IT FOTONOTIZIA _4 ikea, sciopero per andare dal reparto-bagno al bagno gian maria garuti I dipendenti dell’Ikea di Corsico, alle porte di Milano, hanno scioperato ad aprile (foto), per una giornata intera, con tanto di presidio davanti al punto vendita, tra le facce incuriosite dei clienti armati di carrello e matitina. La protesta, hanno spiegato i rappresentanti sindacali, è dovuta alle condizioni di lavoro, definite “inaccettabili”, tra un “clima” faticoso, fatto di contestazioni disciplinari “inutili e pretestuose”, ed eccessivi carichi lavorativi, in quello che si stima sia il terzo punto vendita Ikea al mondo per fatturato. I lavoratori lamentano il fatto che i loro superiori siano arrivati addirittura a cronometrare il tempo che trascorrono in bagno i dipendenti. Sullo sfondo delle proteste, l’impiego di contratti part-time e la progressiva riduzione del personale, in vista dell’apertura del nuovo punto vendita della catena svedese (il diciottesimo in Italia) a San Giuliano Milanese. WWW.ALTRECONOMIA.IT MAGGIO 2010 IL RACCONTO DEL MESE di lorenzo guadagnucci 5_ Sempre più italiani scelgono di non votare; gli enti locali lombardi manifestano: hanno le casse vuote. E intanto l’Abruzzo intero, e gli aquilani, paiono abbandonati, a un anno dal terremoto. l’addio ai seggi C’è chi lo chiama partito del “non voto” e fa notare che è di gran lunga il più forte del paese: alle recenti elezioni regionali gli “astenuti” -chi non si è presentato ai seggisono stati il 35,81% degli elettori (40.830.521). Ma i commenti sulla partecipazione elettorale hanno accompagnato stancamente solo la prima giornata di voto, e appena le urne si sono aperte l’attenzione si è spostata sulle percentuali ottenute da candidati e partiti. Ogni preoccupazione è stata dimenticata. Eppure, sarebbe opportuno esprimere i risultati elettorali avendo come base di riferimento il numero degli elettori, e non, come sempre si fa, l’insieme dei cosiddetti voti validi (escluse quindi anche le schede nulle e bianche). Scopriremmo così che alle regionali le due formazioni maggiori, Pd e Pdl, insieme non toccano nemmeno un terzo dei consensi dei cittadini-elettori. Il Pd, con 5,8 milioni di voti, ottiene il 14,3% (i giornali hanno indicato il 26%, calcolato sui voti validi); il Pdl, con quasi sei milioni di voti ottiene poco di più, il 14,6%. Anche aggiungendo i voti ottenuti dalle “liste del presidente” -2,6 milioni fra centrodestra e centrosinistra- cambia poco: c’è da aggiungere un 6,4%, che porta la somma dei voti ottenuti dalle due principali forze politiche del Paese a poco più di un terzo dell’elettorato (35,3%). Detto in altro modo, MAGGIO 2010 le formazioni di maggioranza (Pdl, Lega Nord, La Destra più le “liste del presidente” di centrodestra), il 28 e 29 marzo hanno avuto 10 milioni 651mila voti, pari al 26% degli aventi diritto al voto. Queste cifre sono un indicatore certo della crisi dei partiti, visto che nessuno di questi riesce a raggiungere la pur miserabile quota del 15%: per dare un termine di paragone, nel ‘92, alle politiche, la Democrazie cristiana ottenne un dignitoso 24,5% (il Pds di fermò al 13,3%, il Psi all’11,2%), con un’affluenza al voto che toccava l’87,29%. Più in generale, siamo di fronte a una crisi profonda della democrazia rappresentativa, nonostante i discorsi ufficiali si soffermino sul successo elettorale di questo o quel partito, sul grande consenso di cui godrebbe l’attuale premier e così via (a proposito, la coalizione guidata da Silvio Berlusconi nel 2008 ha ottenuto un’ampia maggioranza alla Camera coi voti del 36,2% del corpo elettorale). Letti sotto questa luce, i progetti presidenzialisti -che si profilano come “risposta” alla crisi di credibilità della politicasembrano più scorciatoie, caldeggiate da leader e partiti privi di un effettivo e sufficiente consenso democratico, che reali vie d’uscita. _____ i sindaci e il deficit Pochi giorni dopo le elezioni, un singolare corteo ha sfilato per le vie di Milano: alcune centinaia di sindaci lombardi, fascia tricolore indosso, hanno manifestato contro i tagli alla finanza locale e il cosiddetto patto di stabilità che impone rigidi limiti di spesa agli enti locali. La manifestazione ha avuto toni un po’ paradossali: i sindaci che contestano e i ministri contestati appartengono in larga misura allo stesso schieramento; in aggiunta, gli uni e gli altri alzano da anni la bandiera del federalismo fiscale, che evidentemente è rimasto un mero slogan. L’impressione, per chi osserva, è di un’estrema confusione: diventa difficile per chiunque comprendere quale sia la reale posta in gioco (l’autonomia degli enti locali?, l’entità dei servizi pubblici erogati?, la tenuta dei bilanci comunali o di quello statale?) e quali le responsabilità politiche per le difficoltà che i sindaci denunciano. Oltretutto, compaiono sui media e subito si inabissano notizie a prima vista allarmanti: l’Istat all’inizio di aprile ha informato che lo Stato ha chiuso il 2009 con un deficit pubblico del 5,2%, il doppio dell’anno precedente. La causa principale è la caduta delle imposte su redditi e patrimoni (-7%), determinata dalla recessione. Sarebbe andata anche peggio senza l’entrata una tantum dello scudo fiscale (5,3 miliardi di euro, rispetto a un deficit complessivo di 80 miliardi). Proteste di piazza da un lato, statistiche ufficiali dall’altro sono comparse e sparite nel discorso pubblico senza incrociarsi. A questo punto servirebbe un’operazione verità, che non pare però nelle corde delle leadership politiche ed economiche. _____ la fine dell’aquila L’anniversario del terremoto in Abruzzo è trascorso lasciando una sensazione di disagio. L’intervento d’emergenza e l’avvio della ricostruzione sono entrati nell’agenda politica come eventi-bandiera: si pensi allo show del G8 o alla celebrazione della Protezione civile, nonostante le inchieste giudiziarie che ne stanno compromettendo l’immagine. Questa “visione”, legittimata dai maggiori media, ha in realtà parecchie crepe, che tuttavia non è facile decifrare. Stando alle cifre ufficiali, fornite dal commissario straordinario Gianni Chiodi (presidente della Regione Abruzzo), oltre 14mila persone sono state collocate nei nuovi alloggi del piano Case, strutture assai pubblicizzate e concepite come piccole “new town”, prive di quella rete di relazioni sociali, servizi, memoria condivisa che fanno di un luogo una città. Altre 2.200 persone vivono in abitazioni prese in affitto, circa 1.800 in “Moduli di abitazioni provvisorie”, 800 in altre strutture temporanee. La cifra più consistente fra quelle snocciolate da Chiodi, 27.316 persone, indica cittadini abruzzesi “in sistemazione autonoma”, cioè -pare di capire- che si sono trovati un posto da soli: da amici o parenti, in altre case proprie, trasferendosi altrove, abbandonando la propria abitazione e con prospettive incerte di rientro. In più ci sono cinquemila persone ancora alloggiate in alberghi sulla costa abruzzese. Quei 27mila e questi 5mila faranno mai ritorno all’Aquila e nelle altre cittadine disastrate? Esiste davvero la possibilità che il centro storico dell’Aquila sia ricostruito? Gli aquilani che nelle settimane scorse si sono armati di carriole e hanno cominciato a svuotare il centro dai detriti, hanno posto queste domande e rivendicato il diritto a essere protagonisti di una ricostruzione che al momento non c’è. Il primo anniversario del sisma ha lasciato più dubbi che certezze. WWW.ALTRECONOMIA.IT LE BREVI / CoNSUMI CRITICI www.osservatorioiraq.it, il portale “sul Medioriente che non fa notizia” è a rischio chiusura _6 GLI APPUNTAMENTI TRA MAGGIO E GIUGNO da lodi a trento un caffè per nestlé Chi siamo, cosa facciamo, dove andremo. “Comportamenti umani”, a Lodi dal 6 al 9 maggio, riunisce persone “curiose del presente” che “vogliano cercare di capire il futuro”. Il festival è un’iniziativa dell’assessorato alle Politiche culturali del Comune (comportamentiumani.org). Altreconomia edizioni fa il suo esordio al Salone internazionale del libro di Torino, dal 13 al 17 maggio. Cercateci sul programma: domenica 16, Luca Martinelli presenta il libro L’acqua è una merce. Alla Fortezza da Basso di Firenze, infine, dal 28 al 30 maggio c’è “Terra Futura”, la 7° edizione della mostra convegno internazionale promossa dal sistema Banca Etica. Siamo nelle sezione “comunicare la sostenibilità”. Cercateci anche sul programma culturale (www.terrafutura.it). Dal 3 al 6 giugno, la carovana di Ae si sposta a Trento, per il Festival dell’economia, giunto alla 5° edizione, dedicata a “Informazioni, scelte, sviluppo”. La rivista e i libri di Ae saranno presenti nella “Piazzetta dell’altra economica”, curata da Trentino Arcobaleno. Tra i nostri autori, ci saranno Francesco Gesualdi (con L’altra via) e Roberto Mancini (con Idee eretiche). Info: www.festivaleconomia.it Una storia da leggere sul fondo delle tazzine, quando beviamo un caffè “messicano”. Partiamo da un dato: il 50% delle esportazioni di grani dal Paese è controllato da Amsa (Agroindustrias Unidas de Mexico), partner Nestlé. La multinazionale, che partecipa a iniziative certificate da commercio equo e solidale e responsabilità sociale d’impresa, in Messico è responsabile di pratiche assai scorrette. Secondo La Jornada del campo, Amsa seleziona varietà di caffè congeniali alla produzione di Nestlé, con le modalità del “coyote”: ribasso sul prezzo, pressioni sui piccoli produttori perché vendano il loro caffè solo a Nestlé, pressioni per effettuare nelle piantagioni un cambio verso varietà meno caratterizzanti, più congeniali a una produzione globalizzata. A ciò si aggiunge la nomina di trader di Nestlé nelle alte cariche degli enti preposti alla gestione e promozione del caffè messicano, e la creazione di cooperative fantasma, al fine di accedere a fondi pubblici creati per il sostegno ai contadini: il quadro è completo. In Messico le zone caffeicole sono molte, e in alcune Amsa e Nestlé sono gli unici compratori. I produttori che aderiscono al loro programma sopportano: ricevono 6 pesos al chilo (0,35 euro) per il caffè non lavorato (café cereza) contro i 9 che paga il mercato locale. (mm) ilaria favè 3208 battute di news “Nuova, pulita, rinnovabile: energia”: i Beati i costruttori di pace hanno scelto di rispondere così, con un libretto di 36 pagine, al “papello” pro-nucleare Energia per il futuro, distribuito nei mesi scorsi come allegato ai giornali diocesani (vedi Ae 114) per spianare la strada alle nuove centrali volute dal governo italiano. L’obiettivo: mostrare, “con un linguaggio semplice e alla portata anche dei ‘non esperti’, come l’alternativa delle fonti rinnovabili sia praticabile e al tempo stesso desiderabile, mentre il nucleare è pericoloso e sconveniente anche da un WWW.ALTRECONOMIA.IT punto di vista economico”. In quarta, una citazione dal discorso di Benedetto XVI in occasione della Giornata mondiale della pace (1° gennaio 2010): “Occorre incoraggiare le ricerche volte ad individuare le modalità più efficaci per sfruttare la grande potenzialità dell’energia solare”. Secondo i curatori di Energia per il futuro, lo stesso papà sarebbe un convinto assertore del ritorno al nucleare nel nostro Paese. Info: www.beati.org. Per ricevere più copie stampate (al costo di circa 0,25 euro l’una) può ordinarle scrivendo a segreteria@ beati.org “Del bio mi fido!”. Aiab ha scelto questo slogan per aprire ai cittadini le porte delle aziende agricole biologiche. Fino a domenica 16 maggio, è PrimaveraBio 2010. Tutti gli eventi, regione per regione, sul sito www.primaverabio.aiab.it Dal 18 al 23 maggio, invece, il Bloom di Mezzago (Mb) ospita “Il mondo nel piatto, la vita nei campi”. Un’iniziativa di Acra, Bloom e cooperativa Scret. Info: www.bloomnet.org, www.acra.it MAGGIO 2010 www.altreconomia.it, notizie, negozio on line e l’archivio completo con tutti i numeri della rivista 7_ IMBROCCHIAMOLA! bottiglie o fontane? eni cerca gas a fano www.fontanelle.org archivio eni “Un sorso di Casentino”. Il gruppo Maniva, che nello stabilimento di Chiusi della Verna (Si) imbottiglia l’acqua minerale Verna e le bibite Aquidea, ha trovato la chiave di volta: niente canone di concessione per l’acqua imbottigliata in cambio della promozione turistica del territorio casentinese. L’accordo, che dura un anno, è stato siglato a fine marzo tra Maniva e Casentino sviluppo e turismo, il Consorzio misto pubblico e privato che riunisce i tredici Comuni che compongono il Casentino e un vasto numero di strutture ricettive ed esercizi commerciali del territorio. La pubblicità riguarderà 30 milioni di bottiglie. Dal 9 maggio è on-line fontanelle. org (www.fontanelle.org), un progetto interattivo per valorizzare le fontanelle collocate in strada (chiamateli “draghi verdi”, “vedovelle” o “nasoni”...), fornendo ai cittadini e ai turisti una mappa per individuarle. Dal sito è possibile fare una ricerca per indirizzo e individuare la fontanella più vicina, ma anche segnalarne una non ancora inserita nella mappa. La prima “mappa” si riferisce alla città di Milano, anche se il progetto prevede di allargare la mappatura ad altre città (contattate scrivendo a [email protected]). Il lancio del progetto prevede anche la distribuzione di una mappa cartacea dei fontanelli di Milano (in formato pieghevole 50 per 70). A breve saranno disponibili anche gli applicativi per i-Phone. Eni estrae gas dalle coste marchigiane. Ad aprile la compagnia ha annunciato lo “start up” della produzione della piattaforma offshore a gas “Annamaria B”, al largo di Fano. La produzione -che a regime arriverà a circa 1,2 milioni di metri cubi al giorno- viene inviata tramite una condotta sottomarina di circa 70 chilometri alla centrale di trattamento di Fano per essere immessa nella rete nazionale di distribuzione. Le riserve certe più quelle probabili di gas sono pari a circa 10 miliardi di metri cubi. Il giacimento “Annamaria” si estende fra l’Italia e la Croazia ad una distanza di 60 chilometri dalla costa ad una profondità d’acqua di circa 60 metri: si tratta del primo giacimento transfrontaliero messo in produzione in Adriatico e l’accordo per lo sviluppo congiunto è stato ratificato dai governi croato e italiano nel luglio 2009. Nel giacimento è già operativa la piattaforma gemella “Annamaria A”, posta in acque croate, che produce circa 800 mila metri cubi al giorno. Annamaria, il più importante campo a gas messo in produzione dal 1998, è stato interamente sviluppato da aziende italiane e croate con commesse per un totale di circa 420 milioni di euro. Le piattaforme sono state costruite da un consorzio costituito da Rosetti Marino, Saipem Energy Services e Intermare Sarda nelle yard di Marina di Ravenna, Arbatax e Rijeka in Croazia. La mappa dell’altra Roma si sostenibile. Info: www.made-inno.com allarga. Lo “SpazioBio” della Città dell’altra economia apre un secondo punto vendita in zona Tiburtina, presso la cooperativa sociale Cacciarella, in via di Casal Bruciato 11. Info: spaziobio@ cittadellaltraeconomia.org. “Equa”, in Liguria, significa mostra-mercato del commercio equosolidale. Dal 3 al 6 giugno, l’iniziativa ritorna a Genova, in piazza Caricamento, a pochi metri dal Porto Antico. Arriveranno partner produttori dalla Colombia, dal Bangladesh, dalla Bolivia MAGGIO 2010 e dal Nepal. Programma e informazioni aggiornate su www. equodiliguria.it Fair e Made in No hanno vinto il premio “Impresa ambiente 2010”. Made in No è un progetto di intimo biologico ed equo-solidale, realizzato in rete con produttori di cotone brasiliani e indiani (vedi Ae 98). Il premio rappresenta la selezione italiana dell’European Business Awards for the Environment, istituito dalla Direzione generale Ambiente della Commissione europea nel 1987 per promuovere le organizzazioni che contribuiscono allo sviluppo “Abbiamo bisogno di un’altra cultura. pace è su www.perlapace.it; l’appuntamento, tra Perugia e Assisi, è il 16 maggio. Ae è media partner. Dobbiamo sostituire l’io con il noi, la disoccupazione con il lavoro, l’esclusione con l’accoglienza, lo sfruttamento con la giustizia sociale, l’egoismo con la responsabilità, l’individualismo con l’apertura agli altri, l’intolleranza con il dialogo, il razzismo con il rispetto dei diritti umani, il cinismo con la solidarietà, la competizione selvaggia con la cooperazione, il consumismo con nuovi stili di vita”. L’appello completo per la Marcia della WWW.ALTRECONOMIA.IT TURISMO RESPONSABILE / UN’ESTATE CON “AE” _8 in barca o a piedi, contromano archivio non solo vela Itinerari “a vela” s’incrociano tra Mar Ligure e Mar Tirreno. Dal rumore delle onde ai profumi di montagna, per chi cammina in quota alla scoperta di culture millenarie Ce.Sto e Matti per la vela, la fondazione Tender to nave Italia e le scuole Don Milani); attività in barca per i minori del circuito penale in collaborazione con gli uffici di Genova del Centro per la giustizia minorile. Un progetto su tutti è “Amerigo, nuove rotte dell’apprendimento”, rivolto a studenti delle scuole medie inferiori e superiori, con problemi scolastici legati a difficoltà relazionali e ragazzi coinvolti in episodi di bullismo o che non frequentano la scuola. Si organizzano incontri, laboratori, lezioni ma anche uscite in mare di almeno 5 giorni (il responsabile del progetto In mezzo al mare, spinto dal vento, è Lorenzo Costa, [email protected], www. l’uomo è solo con la natura. È allora che, nonsolovelagenova.com). L’Unione genovese vela solidale e Non salpate le ancore, può riscoprire se stesso e l’altro attraverso percorsi solo vela condividono personale e barche con “Avventuramare”, educativi e formativi, vedrà la terra dal mare e imparare a stare associazione che organizza crociere ecologico-culturali e sportive insieme. Ad essere gruppo. centrate sull’idea del turismo responsabile e aperte a tutti. È affiliata L’Unione genovese vela solidale (unionegenovesevelasolidale. all’Uisp, Unione italiana sport per tutti. La barca Tanimar è il com) riunisce diverse organizzazioni che utilizzano il mare e la cabinato a vela principale delle attività di Non vela come strumento educativo, formativo, culturale, riabilitativo solo vela ma viene usato da Avventuramare e socializzante. L’attenzione è rivolta a tutti, dai bambini per diverse crociere estive. Per l’estate 2010, agli anziani, ma con particolare attenzione a persone le proposte di viaggio sono molteplici. Si parte con disabilità e a giovani con problematiche a giugno con una crociera sul Mar Ligure e sociali. In particolare, Non solo vela Onlus si l’arcipelago toscano (dal 13 al 19 giugno), da concentra su attività con minori e giovani. Tra gli itinerari Genova a Porto Santo Stefano passando per le proposte: giornate di avvicinamento alla in barca a vela per Portofino, Capraia, Elba, Montecristo e Giglio. vela per ragazzi seguiti dai servizi educativi; l’estate 2010 Sempre a giugno, le Isole Pontine (20-26 giugno) da percorsi di educazione al mare per scuole Porto Santo Stefano a Formia o Anzio. Dal 27 giugno al medie (in collaborazione con l’associazione Una maxi-rubrica di “turismo responsabile”, v’invita -per tempo- a passare “un’estate da altreconomi”, meglio se con una copia della rivista (o di uno dei nostri libri) nello zaino. Vi “serviamo” due idee -quella di inseguire il vento in mare aperto o con lo zaino in spalla- declinate in molti modi diversi. Sei pagine di proposte per affrontare una vacanza solidale, partecipe, lenta e soprattutto ricca di incontri. Nel rispetto della natura e dell’altro. E ricordate: ognuna di queste esperienze è uno stimolo per mettersi in gioco e riscoprire il dialogo. 5 WWW.ALTRECONOMIA.IT MAGGIO 2010 In apertura, l’isola Tabaccara, presso Lampedusa: ci passano, in agosto, gli itinerari di Non solo vela. Sotto, l’imbarcazione “Flash” di Vela Flash leo 9_ ne 3 luglio si visitano le Isole Pontine e Flegree, con tappa a Ventotene, Santo Stefano, Procida e Ischia. E ancora, le Eolie e Ustica. Ad agosto le tappe principali sono Pantelleria e Lampedusa. Passando, a seconda delle date, per Linosa e Malta, o in Tunisia. Ciò che accomuna ogni viaggio è la partecipazione: tutti gli ospiti sono invitati a partecipare alle attività di bordo, dalla programmazione della crociera, alle manovre, alla navigazione, ai turni ai fornelli e, infine, alla pulizia degli spazi comuni. Le notti in barca sono sempre 6. La quota di partecipazione per ogni adulto varia da 700 a 750 euro, a seconda della tratta prescelta. La quota comprende: iscrizione all’associazione, barca, equipaggio di due persone, cambusa, gasolio, porti programmati (tre: per l’imbarco, lo sbarco e uno intermedio), tender, assicurazione. Gli eventuali costi per ulteriori pernottamenti in porto sono indicativamente 10 euro a persona per notte. Per i gruppi che organizzano un imbarco di 8 persone, una è gratis. Sono esclusi i costi di trasferimento verso e dalle sedi di imbarco e sbarco (potete informarvi telefonando a Lorenzo Costa, 348-22.12.366, Emanuela Fracassi, 347-22.68.779, [email protected], www.avventuramare.com). Un’alternativa è il Circolo sportivo dilettantistico “Velaflash”, anch’esso associato a Uisp ed è socio della Lega nazionale vela e windsurf e di Aitr. Flash è una scuola di vela: attraverso il percorso didattico l’allievo viene messo in grado di condurre un’imbarcazione a vela in autonomia. Il circolo propone anche crociere estive aperte a tutti: “Crociere scuola-vacanze”. Tra le varie proposte estive c’è Route du Jasmin, regata a livello amatoriale che quest’anno compie 20 anni. Si svolge dal 31 luglio al 17 agosto, si parte da Tolone per arrivare ad Hammamet, dove è prevista la premiazione. Le tappe intermedie sono in Sardegna (alla Maddalena e a Porto Corallo), Djerba e Mahdia. Il numero di partecipanti è 7. Il costo è di 1.600 euro e comprende l’iscrizione alla regata, la partecipazione alle iniziative previste, cene e ormeggi. Sono esclusi dal prezzo la cambusa e il gasolio. Un’altra proposta è il viaggio per raggiungere le Isole Eolie: si parte archivio valalash di ia silv il 17 luglio da Sanremo, si attraversa il Mar Tirreno con navigazione d’altura, e infine si trascorre qualche giorno di crociera tra Lipari, Vulcano e Panarea. Si sbarca a Lipari il 23 luglio. Il prezzo è di 500 euro (esclusi cambusa, gasolio e porti). Massimo 10 partecipanti. E ancora, un viaggio a ritroso partendo però dalle Egadi: dopo un assaggio di isole si attraversa il tirreno sfiorando Sardegna e Corsica e si sbarca a Sanremo. Dal 28 agosto al 3 settembre. Prezzo: 500 euro (esclusi cambusa, gasolio e porti). C’è anche la possibilità di una crociera settimanale alle isole Eolie (24-30 luglio, 31 luglio-6 agosto; prezzo 550 euro) o alle isole Egadi (14-20 agosto, 21-27 agosto; prezzo 650 euro). E così via, le proposte sono molteplici e con destinazioni differenti. Sempre via mare. Per informazioni: Circolo Velaflash tel. 335-87.58.227, [email protected], www.flashvela.it. Restiamo in Sicilia, ma per circumnavigarla. È la proposta dell’associazione AMEntelibera in collaborazione con Planet viaggiatori responsabili, cooperativa A.l.i. (www.alicooperativa.com) ed Eco-Culture e viaggi. Un itinerario articolato in 4 settimane, il g(i)usto di viaggiare attraverso l’occhio vigile di Libera (vedi Ae 114). Si tratta di percorsi per scoprire il territorio, dal punto di vista culturale e sociale. Una delle prorposte per l’estate 2010 è un viaggio di 3 giorni di conoscenza archivio libera “Libera il g(i)usto di viaggiare” nasce con lo scopo di valorizzare e far conoscere le strutture e i terreni confiscati attraverso lo sguardo di chi si batte contro la mafia, vive e opera sul territorio. E soprattutto MAGGIO 2010 delle realtà che aderiscono al progetto Libera Terra e gestiscono beni confiscati nell’Alto Belice corleonese (Pa). A Palermo si incontrano gli organizzatori e gli accompagnatori di Libera terra Mediterraneo. Una volta presentato il programma di viaggio, ci si trasferisce nella Valle dello Jato per visitare la cantina Centopassi e la cantina Kaggio e conoscere le attività delle cooperative che curano queste strutture e i terreni. Si pranza presso l’agriturismo “Portella della Ginestra” gestito dalla coop “Placido Rizzotto”. Una sosta al Memoriale di Portella della Ginestra, dove il 1° maggio 1947 avvenne la prima strage di Stato italiana per mano mafiosa, alla presenza di testimoni privilegiati, reduci della strage. A Corleone si visita il centro storico in compagnia dei ragazzi dell’associazione Corleono Dialogos. Incontro con i soci della coop “Pio La Torre” e visita guidata del Cidma, Centro Internazionale di documentazione sulle mafie. Infine, una passeggiata per il centro di Palermo, per scoprire i più significativi luoghi della memoria della città. L’incontro con Libera Palermo avviene presso la ‘‘Bottega dei sapori e dei saperi della legalità”. Pranzo presso un ristorante aderente ad Addiopizzo, e testimonianza del commerciante gestore della struttura. La quota di partecipazione è di 310 euro a testa (da min 15 a max 20 persone). Si dorme in foresteria, piccolo albergo o b&b. L’itinerario può essere studiato insieme agli organizzatori. Info: 091-85.77.655, [email protected], www. ilgiustodiviaggiare.it WWW.ALTRECONOMIA.IT TURISMO RESPONSABILE / UN’ESTATE CON “AE” in barca o a piedi, contromano _ 10 archivio non solo vela tra mare e terra, coniugando navigazione e conoscenza sociale e culturale di questa terra. Durante la prima e la seconda settimana si parte da Marsala (Tp) e si sbarca a Siracusa, visitando le isole Egadi, Selinunte (e il suo sito archeologico), Agrigento e la valle dei templi, Modica, Capo Passero e -per finire- Siracusa. La terza settimana da Siracusa si sbarca a Milazzo. Durante il viaggio si fa tappa a Catania, Acitrezza, Acicastello e Savoca, Parco dell’Etna e le Isole Eolie. L’ultima settimana, dalle Isole Eolie ci si sposta verso Cefalù, il Parco delle Madonie e, per concludere, Palermo. Dal 24 luglio al 21 agosto. Il numero minimo di partecipanti è 6, il massimo 8. Il prezzo è calcolato a base settimanale: 750 euro (per la prima o la seconda settimana), 790 euro (la terza o la quarta settimana). La quota non comprende carburante, cambusa, eventuali spese portuali. Per informazioni: associazione AMEntelibera tel. 340-77.39.525; [email protected], www.viaggiamentelibera.it. Il percorso prosegue in Sicilia, ma questa volta tra barca a vela e trekking. L’associazione “la Boscaglia” propone un “velatrek” nelle Isole Eolie. La navigazione comincia a Milazzo (Me) per raggiungere la prima isola, Vulcano. Dopo averne visitato il cratere, accompagnati da un vulcanologo, ci si rilassa con bagni di fango. In base al vento e al mare, nei giorni successivi si prospettano veleggiate, passeggiate e trekking tra Lipari, Salina, Panarea, e Stromboli. Si dorme in barca e sotto le stelle. Dal 29 maggio al 5 giugno. La quota è di 940 euro (comprende guida, affitto barca a vela, cambusa a base bio, skipper, marinaio e assicurazione) più 230 euro per la cassa comune. Il numero massimo di partecipanti è 8. Per ogni persona che partecipa ad un viaggio in Sicilia, la Boscaglia devolve 3 euro al progetto “in viaggio con Emergency”. Il ricavato andrà a finanziare il progetto del Poliambulatorio per migranti di Palermo. Per informazioni: la Boscaglia tel. 051-62.64.169, [email protected], www.boscaglia.it. Un’estate in cammino. Dagli Appennini alle Alpi, sentieri da percorrere con gli zaini in spalla e la testa ben sgombra di pensieri. Proposte per tutte le gambe compagni di suola Sbarchiamo. E, finalmente con i piedi per terra, riprendiamo il cammino alla ricerca della lentezza, delle proprie origini, dei sapori e del g(i)usto. dei grifoni. Dopo Celano comincia la salita verso il Passo di Forca Caruso. Poi Cocullo, Anversa degli Abruzzi con le gole del Sagittario, da qui a Castrovalva per arrivare all’antico borgo di Scanno, “la cittaduzza dal sapore orientale”. Tanta storia, tanta natura, tanti incontri e tanto buon cibo. Con la Boscaglia facciamo tappa in Abruzzo: un cammino Ogni tappa prevede la sosta in un agriturismo biologico per famiglie con bambini, in compagnia degli asinelli che dove si producono formaggi e dove si insegnano a vivere la lentezza e l’esperienza degli antichi recuperano antiche varietà di grano, mele e viaggiatori. legumi (dal 3 al 10 luglio, la quota è di 300 Si parte dal Casale le Crete, a Tagliacozzo euro e comprende guida, assicurazione, (Aq), attraversando antiche vie di cibo e asini al seguito forniti di basti. Altre collegamento tra la Marsica e la valle spese previste: 240 euro -per mangiare e di Sulmona -la via Valeria, che fu trekking per un’estate dormire-, massimo 20 partecipanti). percorsa dai romani, da San Francesco, con sacco a pelo e zaino poi dai briganti e dai viaggiatori in spalla Rimaniamo in Abruzzo per continuare il inglesi dell’800-. Giunti sotto il Monte cammino tra luoghi e sapori di questa terra. Velino si osserva il panorama e il volo 5 WWW.ALTRECONOMIA.IT MAGGIO 2010 Un momento del campo di lavoro di febbraio 2010 in Nicaragua, promosso dall’associazione Italia-Nicaragua. Sotto, turisti in cammino con “AMEntelibera” nel Parco del Cilento. Nell’altra pagina, sulla barca di Non solo vela 11 _ L’Associazione ItaliaNicaragua organizza un campo di lavoro presso la comunità El Moro, situata a Zapatera, piccola isola del lago Nicaragua. I primi 2 giorni si trascorrono a Managua. È qui infatti che si svolgono gli incontri con le organizzazioni di base. Poi si parte per partecipare alla ricostruzione di un impianto di acqua potabile. Gli ultimi giorni il gruppo partecipa a una carovana in occasione del trentesimo anniversario della “Crociata dell’alfabetizzazione”, lanciata dalla “rivoluzione sandinista” dopo aver rovesciato il governo Somoza, nel 1979. Il viaggio dura dal 5 al 23 agosto. Sono previsti al massimo 10 partecipanti. La quota prevista è così suddivisa: 100 euro per iscrizione e materiale informativo più 380 dollari da versare a Managua per copertura spese di vitto alloggio e trasporto. Ogni partecipante provvede all’acquisto del biglietto aereo. Viene inoltre richiesto un contributo volontari al progetto. Per informazioni: 02-33.22.00.22, coordinamento@ itanica.org, www. itanica.org una bottega artigiana orafa dove assistere alla realizzazione di gioielli in filigrana scannese. Dal 21 al 28 agosto. Minimo di 6 persone. Il prezzo è di 560 euro a persona per gli adulti (i bambini fino a 6 anni non pagano e fino a 14 anni c’è una riduzione del 50%). Per informazioni: 338-69.03.250, [email protected], www. camminarecongusto.it. Qualche centinaio di chilometri più a Sud, c’è il Parco nazionale del Cilento. L’associazione AMEntelibera propone un tour di dieci giorni seguendo le piste dei briganti, realizzato in collaborazione con Planet e l’associazione Trekking Campania. Si parte da Piaggine (Sa), e subito c’è l’ascesa del Monte Cervati; spostamento a Felitto per visitare le gole del Calore, poi a Bellosguardo per visitare le sorgenti del Sammaro e Roscigno Vecchia, borgo abbandonato all’inizio del secolo scorso. Dalla località Fontana Inverno si inizia un trekking con destinazione Monte Motola. archivio amente libera L’organizzazione Camminare con gusto propone “i campi del gusto”: 8 giorni di escursioni e laboratori per riscoprire un’alimentazione sana e naturale. Una vacanza pensata per le famiglie, con alloggio in agriturismo o albergo diffuso nel centro storico di Anversa degli Abruzzi (Aq). Durante il soggiorno si svolgono diverse attività: “La fattoria di Nonna Papera”, per imparare a coltivare senza inquinare; “io faccio il formaggio”, per sperimentare la caseificazione; il laboratorio di panificazione e la lavorazione della lana. Si visita la Riserva regionale del Sagittario di Anversa, oasi Wwf, e la città di Sulmona, il suo centro storico, la fabbrica di confetti e “Asino mania”, allevamento di asini per escursioni e onoterapia. Escursione in Camosciara, primo nucleo di Riserva integrale del Parco nazionale d’Abruzzo, visita alle cascate delle Ninfe e delle Tre cannelle, al Centro natura e centro recupero della fauna selvatica di Pescasseroli e degustazione di prodotti tipici presso la Bottega di Gaia. Infine, tappa nel borgo medievale di Scanno (Aq), visitandone il centro storico e archivio associazione italia nicaragua un campo in centro-america MAGGIO 2010 WWW.ALTRECONOMIA.IT TURISMO RESPONSABILE / UN’ESTATE CON “AE” compagni di suola archivio la boscaglia _ 12 E ancora, a Sant’Angelo a Fasella per la risorgenza dell’Auso e la Grotta di San Michele, chiesa rupestre medievale ricavata all’interno di una grotta. Dalla località Casone Sant’Angelo parte un trekking sull’altopiano degli Alburni per giungere poi sulla vetta del monte Panormo. Infine, visita al borgo di Castelcivita e delle sue grotte. Si dorme in agriturismi e case rurali. Si mangiano prodotti tipici locali. Dal 14 al 23 maggio, dall’11 al 20 giugno, dal 27 agosto al 5 settembre, dal 17 al 26 settembre e dal 8 al 17 ottobre. Il prezzo è di 715 euro. Per informazioni: associazione AMEntelibera (vedi a p. 10). Le Alpi sono lo sfondo de Lou Tsamin Francoprovensal, un cammino simbolico per riunire le “genti francoprovenzali” abitanti a cavallo di tre Paesi: Italia, Francia e Svizzera. 28 giorni di percorso e più di 500 chilometri tra Piemonte, Savoia, Alta Savoia, Vallese chilometri e 28 poi attraversare il paesaggio della Vanoise e svizzero e Valle d’Aosta. Si cammina giorni in cammino per “Lou Tsamin gli specchi d’acqua savoiardi. I camminatori per incontrare la gente, per parlare una Francoprovensal” gireranno attorno alle più alte cime europee lingua comune e riunire per la prima del massiccio del Monte Bianco. Poi il Lago di volta tutti i “dialetti galloromanzi”. Ad Ginevra. Da Losanna si rientra nelle vallate del Vallese ogni sosta si entra nel vivo delle realtà locali, svizzero per dirigersi in Valle d’Aosta. Dal Gran Paradiso si incontrano gli enti istituzionali e le varie associazioni. l’itinerario rientra in Piemonte e chiude l’anello a Susa. La camminata ha un obiettivo scientifico: effettuare Dal 27 giugno al 24 luglio. Info: 0171-91.89.71, 328una ricognizione territoriale per verificare lo stato della 31.29.801, [email protected], www. lingua, il suo attuale utilizzo orale e scritto, per ascoltare chambradoc.it. e raccogliere documentazione riguardante usi, costumi, tradizioni, canti inseriti nel comune contesto montanaro. Restando sui monti, ma in autogestione, potrete Un gruppo di otto camminatori fissi, ognuno con un intraprendere il “Cammino delle Dolomiti”. Un percorso proprio compito specifico (comunicatori in lingua, ad anello in 30 tappe che abbraccia l’intera provincia giornalista, documentarista, fotografo, guida, ufficio bellunese. Dal santuario dei Santi Vittore e Corona alle stampa, e così via) percorre l’intero cammino. Chi vuole valli di cultura ladina. Dal Parco nazionale Dolomiti può accompagnare il gruppo fisso per tutto il numero bellunesi ai resti del Castello di Andraz. Dal lago di di tappe che desidera. Si parte da Susa (To), antica città romana che, con i paesi limitrofi, è una delle zone a parlata Misurina alle sorgenti del Piave. E ancora il lago di Alleghe, il passo Falzarego, il Cadore, gli scavi di epoca francoprovenzale. Si attraversano i più importanti valichi romana di Feltre e il sacrario di Pian di Salesei a ricordo alpini per arrivare in Francia, in Savoia e Alta Savoia, per della prima guerra mondiale. Infine, la diga del Vajont, subito oltre il confine friulano. Un percorso che evidenzia vari aspetti del territorio: da quello naturalistico a quello storico-religioso, delle tradizioni e della memoria. Un cammino individuale e a tappe: ognuno può intraprendere una o più parti dell’intero percorso, ma realizzarlo completamente richiede un mese di tempo (mettendo in conto 6-7 ore di cammino a tappa). Per informazioni: Ufficio informazioni e accoglienza turistica di Belluno: 0437-94.00.83, belluno@infodolomiti. it, [email protected]; www. camminodelledolomiti.it. archivio la boscaglia 500 WWW.ALTRECONOMIA.IT Sono proposte di viaggio a piedi e in punta di piedi. Per conoscere le nostre terre con uno sguardo curioso e partecipe, ma senza disturbare. Attraversando paesaggi e culture, nel giusto silenzio e con la dovuta calma. MAGGIO 2010 Sotto, realizzazione di un gioco di legno in una delle vacanze autoprodotte del Gaos dell’associazione “Circuito corto” di Incisa Valdarno (Fi). Nell’altra pagina, in alto l’attraversamento delle terre d’Abruzzo in compagnia di un cavallo, con la Boscaglia. E (una proposta della stessa realtà), un trek sulle isole Eolie (in basso) 13 _ idee in rassegna nelle marche Tutti a Fano, per la sesta “Rassegna di turismo responsabile!”. La cooperativa ViaggieMiraggi, agenzia di turismo responsabile, in collaborazione con i nostri soci della cooperativa di commercio equo e solidale “Mondo solidale” e con la Rees Marche (Rete di economia etica e solidale marchigiana) promuove l’evento che si svolge il 14 e 15 maggio presso l’“Emporio dell’Altreconomia”. Tra stand di turismo responsabile locale e nazionale e approfondi- menti su turismo responsabile e scuola. In programma anche la presentazione del libro L’Italia eco-solidale, edito da Altreconomia e curato da Silvia Leone (l’autrice di queste pagine), che ha visto la collaborazione di ViaggieMiraggi per la parte relativa ai weekend urbani di turismo responsabile. Per informazioni: 347-65.65.281, 347-48.21.202, [email protected], www.vemmarche.blogspot.com “IO LO SO FARE”: IL FELTRO, I COSMETICI, I DETERSIVI, IL PANE, LE CESTE DI SALICE. IMPARA L’ARTE E METTILA DA PARTE la vacanza per mani impegnate Ecco allora due proposte di viaggiolaboratorio per riscoprire la nostra creatività e poter dire “io lo so fare!”. L’associazione di volontariato “Circuito corto”, nata dal Gaos (Gruppo di acquisto ostinatamente solidale, vedi Ae109) di Incisa Valdarno (Fi), propone la quarta edizione della vacanza autoprodotta. In montagna, nel Mugello, a seguire laboratori di sapone, feltro, cosmetici, detersivi, pane a lievitazione naturale, giochi di legno, cibi fermentati e cucina naturale. E non solo. Tanto tempo libero per bagni al fiume e passeggiate. Lasciate a casa pc e macchine fotografiche, tanto non c’è energia elettrica e nessun segnale per icellulari. Si dorme in camerate presso il rifugio Cannova (989 metri sul livello del mare, www.rifugimugello.it). Il prezzo del rifugio è di 12 euro a notte. Le spese di cibo, legna e carburante si dividono in base al numero di partecipanti. La partecipazione ai laboratori è MAGGIO 2010 gratuita, salvo le spese dei materiali. Per informazioni e prenotazioni: 347.35.72.294 (Annalisa), [email protected], www.circuitocorto.org. I corsi-laboratorio “Vivere con cura”, promossi dal circolo “Irene e Lucia di Milione” di Capracotta (Is), propongono attività per avvicinarsi alla natura in modo pratico, teorico e creativo. Singoli laboratori, weekend e vacanze per sperimentare una vita ecologica e conviviale strettamente influenzata dalla natura intorno, ancora incontaminata. Passeggiate ecologiche con riconoscimento delle piante, esercizi per il corpo come yoga, pilates, laboratori di intreccio creativo e ceramica. In particolare, dal 28 agosto al 4 settembre, si organizza una vacanza di “intreccio creativo” in Liguria, a Triora. Un viaggio artistico che mette in risalto la creatività e le abilità di ciascuno dei partecipanti. Per imparare a realizzare, a partire dai rami di salice, lavori unici e personali. archivio gaos Un “estate 2010” da ricordare è quella alla ricerca della propria anima artigiana e a km0. Da una materia rigida, acquisendo la dovuta tecnica, si costruiscono ad esempio ceste e altri manufatti. Un corso per principianti e cestai esperti. Il prezzo del corso è di 320 euro (materiale incluso). Possibilità di vitto e alloggio presso il “Circolo delle fate e streghe” (10 euro a notte, 8 euro per ogni pasto). Per informazioni e prenotazioni: 0184-94.416 (Karin e Rainer), 0183-28.14.27 (Alexandra Mases, responsabile del corso), www. vivereconcura.it. WWW.ALTRECONOMIA.IT IN COPERTINA / SABBIA E CEMENTO _ 14 di l uca rt ma ine lli l’invasione degli ultra porti Si moltiplicano in Italia i progetti di porti turistici. Sono un pretesto per nuovi insediamenti immobiliari, e spesso recano con sé problemi ambientali Il “Porto degli Argonauti” è come un’astronave calata da un altro pianeta sul Mar Jonio. Basta guardarla nella foto qui sotto per trovano posto un hotel con una piscina da 6mila metri quadri, ville e appartamenti, case vacanza, la ricostruzione di un “borgo”. “L’investimento è stato pensato nel suo insieme fin dall’inizio, alla metà degli anni Ottanta” spiega l’ingegner Antonio De Nicolò, rendersi conto che, in questa struttura, niente sembra naturale: il consigliere di amministrazione di Nettis Resort, la società pugliese porto, con l’annesso resort, occupa 92 ettari e le barche sono accolte che ha ideato il progetto e gestisce la struttura. Gli Argonauti sono in un “canale” scavato per 700 metri all’interno della terraferma. realizzati sul modello di nuovo porto turistico italiano: le barche Gli Argonauti sono, per natura, diversi rispetto alla costa del restano ferme, i diportisti nuotano in piscina e a metapontino, in provincia di Matera, che è per lo più servizio dei posti barca c’è una colata di cemento selvaggia -la macchia mediterranea accarezza la a ridosso della costa. È lo stesso che incontriamo sabbia, e arriva fin quasi al mare- e con poche anche a Fiumicino (Roma) e nei porti della rete di infrastrutture turistiche. Dentro il porto, 450 Italia Navigando, di cui parliamo nelle pagine che ormeggi possono ospitare imbarcazioni seguono. È il modello che troviamo nelle parole del lunghe fino a ventotto metri. Il problema, gli ettari occupati dal ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli, secondo il però, è nascosto dietro le barche, dove Porto degli Argonauti e dal resort annesso a Pisticci (Mt) archivio porto degli argonauti 92 WWW.ALTRECONOMIA.IT MAGGIO 2010 In apertura, il nuovo Porto degli Argonauti, a Pisticci (Mt). In questa pagina, si lavora per limitare i danni dell’erosione costiera a Metaponto (Mt). Qui sotto, la mappa dei porti turistici in costruzione o ampliamento in Italia 15 _ Trieste Ospedaletti la carica dei porti turistici Igea Marina Imperia Livorno San Vincenzo Francavilla al mare Boccadarno Pinetamare Santa Marinella Civitavecchia La Maddalena Ostia Fiumicino Marina di Nettuno Anzio Sperlonga Formia Gaeta S. Salvo Marina Vasto Termoli Abbiamo 147mila posti barca, distribuiti lungo 7.435 chilometri di costa, ma non sono sufficienti. Solo nel biennio 2008-2009, in Italia sono stati inaugurati ben 30 nuovi porti (4 in Liguria, 6 in Sicilia), aumentando di circa 17mila unita i “parcheggi” per le imbarcazioni da diporto. “L’affare dei nuovi porti” non si ferma, neanche in Liguria, dove ormai c’è un ormeggio ogni cinque chilometri (62 su 349 chilometri di costa) e un posto barca ogni 50 residenti: il gruppo Cozzi Parodi, uno dei più attivi insieme Montenero Rodi Garganico Manfredonia Marina di Stabia San Felice Sorrento Circeo Marina di Arechi Piano di Sorrento Ponza Marina Policoro della Marina Pisticci Lobra di Equa Porto Cesareo Balestrate (Pa) Saline Joniche Siracusa quale il nostro Paese ha bisogno di un centinaio di porti turistici con annessi servizi. Un modo come un altro per continuare a costruire, senza prestare attenzione al consumo del suolo. In più, i bracci a mare di questi porti “non naturali” non sono a impatto zero: quelli degli Argonauti, lunghi circa 250 metri, frenano le correnti e i sedimenti. E hanno acuito un problema di erosione della spiaggia che qui, alla foce del fiume Basento, che segna il confine tra i territori del comune di Pisticci (all’interno del quale si è sviluppato il porto) e Bernalda, esiste già dagli anni 50. Per questo, a febbraio, gli operatori turistici di Metaponto (frazione di Bernalda) hanno occupato il municipio. Ogni anno perdono metri di spiaggia, che loro misurano in file di ombrelloni: dove prima ce ne stavano dieci, oggi c’è posto solo per cinque, o due. Leonardo Chiruzzi è il neoeletto sindaco di Bernalda, ma era vice quando venne autorizzata la costruzione del porto, nel 2004. “L’erosione c’era già, la realizzazione dei bracci a mare degli Argonauti ha solo aumentato le criticità sul territorio”, spiega nel suo ufficio, in un bel palazzo nel centro storico della cittadina. Plana diretto sul problema che ha incontrato in campagna elettorale: “Abbiamo chiesto la realizzazione di sistemi di tutela, e il ‘ripascimento’ delle coste, anche usando la sabbia ricavata dal dragaggio del porto canale degli Argonauti”. Lo scorso anno la Regione ha speso 2 milioni di euro. Davanti al borgo di Metaponto Lido, vediamo le ruspe in mare: spostano grandi massi, cercando di frenare il potere erosivo delle onde. È un palliativo: prima, la costruzione di dighe a monte ha limitato l’apporto di sedimenti dei cinque fiumi che sboccano nello Jonio lucano; poi il prelievo forsennato di materiale per costruzioni ha fatto il resto. I bracci a mare degli Argonauti sono solo la ciliegina sulla torta: ci sono delle simulazioni che lo dimostrano, anche se per rendersene conto basta “visitare”, come abbiamo fatto, la spiaggia a monte e a valle del porto, misurando con gli occhi la differenza. Verso Est, la spiaggia di Metaponto è molto più indietro. Nicola Laviola, di Nettis Resort, mi fa notare invece che quella del loro resort (lato Pisticci) cresce di qualche metro ogni anno, cosa che fa comodo, perché su quel lato ospitano ombrelloni e sdraio. Il sindaco Chiruzzi spiega di voler chiedere alla Regione di inserire in Finanziaria regionale un capitolo di spesa, ogni anno, per il ripascimento delle costa. Gianni Palumbo, che per la Lipu è stato MAGGIO 2010 luca martinelli Marina di Cala di Sole (Licata) all’Acqua marcia di Francesco Bellavista Caltagirone (vedi a p. 16), ha aperti i cantieri di Bordighera (Im) e Ventimiglia (Im) dopo aver realizzato “Marina degli Aregai” a Santo Stefano al Mare (Im). Caltagirone, invece, ha inaugurato a fine 2009 il porto di San Maurizio, a Imperia. “Bisogna fare più posti barca -ha spiegato Beatrice Cozzi Parodi al Corriere della Sera-. È cresciuta la richiesta di ormeggi per grandi imbarcazioni, ma ritengo si debba incentivare anche una nautica di medie dimensione, e per questo dobbiamo creare delle strutture”. animatore, a partire dalla fine degli anni Novanta del “Comitato contro la cementificazione delle Costa Jonica”, lo definisce “il capitolo degli sconfitti”. Al privato, Nettis Resort, vanno i guadagni (l’affitto di un posto barca per un anno costa dai 1.770 euro ai 9.200; l’acquisto dai 29.300 ai 156mila; il valore degli immobili “di servizio” è triplicato dopo la costruzione del porto), mentre i costi ricadono sulla collettività. Il “Porto degli Argonauti” è stato inaugurato nell’ottobre del 2009, anche se una delle due banchine non è ancora completa e le gru segnalano lavori ancora in corso anche al resort. È costato una trentina di milioni di euro, almeno 6 dei quali arrivati a fondo perduto con un finanziamento del Cipe (Comitato interministeriale programmazione economica). È il secondo lungo la Costa Jonica lucana: in 35 chilometri ci sono ben due porti, l’altro è quello di “Marinagri”, nel territorio del comune di Policoro (Mt). Due porti costruiti dove non avrebbe potuto nascerne nemmeno uno. Sì, perché per dare il là ai cantieri c’è voluta una variante al Piano paesistico del metapontino, deliberata della Giunta regionale nel luglio del 2003. “Ci hanno messo solo sei mesi a modificare il Piano -spiega Palumbo-. I due porti sono stati costruiti all’interno di zone Sic, Siti d’interesse comunitario, alle foci dei fiumi Basento WWW.ALTRECONOMIA.IT IN COPERTINA / SABBIA E CEMENTO l’invasione degli ultra porti _ 16 Argonauti, ndr) finirebbe per sovvertire l’equilibrio ambientale di un habitat particolarmente caratteristico e delicato, con impatti pregiudizievole ed effetti distruttivi irreversibili”. E cita i motivi per cui il Piano paesistico pre-variante non permetteva la costruzioni di porti: un ambiente naturale di “eccezionale valore naturalistico ed ecologico”, un ambiente palustre in riva sinistra definito “suggestivo elemento di diversificazione e di elevata naturalità”. “La giunta comunale di Bernalda non ha fatto nemmeno opposizione formale -racconta Antenore-. Ha inviato solo una lettera”. Anche per questo a fine di febbraio è nato un “Comitato per la difesa di Metaponto-Sos Costa Jonica” (http://soscostaionica.jimdo.com). archivio acqua pia antica marcia e Agri. La scelta non è stata condivisa con il territorio”. In Regione, non c’è stata opposizione. Il progetto era sostenuto da Filippo Bubbico, presidente della Basilicata e oggi senatore del Pd, che è stato anche sottosegretario per lo Sviluppo economico nell’ultimo governo Prodi. Un documento di “Osservazioni” alla variante è stato redatto, invece, da “Città ideale”, un’associazione che riunisce professionisti tecnici del territorio di Bernalda e Metaponto. Il presidente Gianni Antenore mi accoglie nella penombra del suo studio, sul corso di Bernalda, e rincara la dose. M’invita a leggere il documento, indirizzato alla Regione Basilicata e al ministero dell’Ambiente: “È acclarato che il porto sul Basento (il Porto degli IL NUOVO PORTO TURISTICO DI ROMA HA LA FIRMA DI CALTAGIRONE attracco bipartisan La prima scena dell’opera “nuovo porto turistico di Roma” è andata in onda il 4 febbraio scorso a Fiumicino. Alla sfilata davanti al Mar Tirreno, alla foce del fiume Tevere, si sono presentati governo e opposizione: il ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta, le due candidate alla presidente della Regione Lazio Renata Polverini ed Emma Bonino, il presidente Pd della provincia di Roma Nicola Zingaretti. A fare gli onori di casa c’era Francesco Bellavista Caltagirone, l’azionista di riferimento di Iniziative portuali srl (Ip), la società concessionaria del porto turistico: Caltagirone è presidente di “Acqua pia antica marcia”, l’immobiliare incaricata di realizzare l’intervento, ribattezzato “Porto della Concordia”, per un investimento complessivo di oltre 300 milioni di euro. L’azionista di minoranza di Ip, con il 30 WWW.ALTRECONOMIA.IT per cento, è invece la società pubblica Italia Navigando (vedi articolo a p. 17), che -ci ha spiegato il presidente, Ernesto Abaterusso-, “si è impegnata per ottenere la concessione, mentre uno dei soci privati (Caltagirone, appunto, ndr) ha avuto un incarico di general contractor. Italia Navigando curerà la gestione delle opere a mare”. Sì, perché oltre ai 1.445 posti per barche da 10 a 60 metri nelle 4 darsene principali, davanti a Fiumicino troveranno posto anche yacht club, un albergo, un centro congressi, spazi commerciali e residenziali. È per questo che Legambiente Lazio, nel 2009, ha assegnato a Iniziative portuali una “Bandiera nera” nell’ambito del dossier “Goletta verde nel Lazio”. Caltagirone -che è anche azionista di Alitalia- ha ottenuto l’autorizzazione ad occupare 104,2 ettari di terreno demaniale, “77,4 per opere a mare, 26,89 per opere a terra e 4,5 per l’area cantieristica”, come spiega Legambiente 300 milioni di euro il costo del “Porto della Concordia” di Fiumicino Lazio nel dossier “Fiumicino, no al nuovo porto alla foce del Tevere”. Oltre ai posti barca, ci saranno 66mila metri cubi di attrezzature ricettive, 58.669 per attrezzature commerciali e uffici, congressi e cinema, oltre 4mila per servizi e un parcheggio da 3.409 posti auto. “L’esempio di Fiumicino e degli altri porti turistici in corso di autorizzazione lungo la costa laziale dimostrano che le esigenze cui rispondono questi progetti sono di tutt’altra natura rispetto ai ‘semplici’ posti barca -spiega Lorenzo Parlati, presidente di Legambiente Lazio-. Dietro Fiumicino, Anzio, Formia ci sono costruttori, che legano sempre alla realizzazione del porto spazi commerciali e uffici”. Dixit il ministro Matteoli: “Dobbiamo concepire i nuovi porti turistici come strutture piacevoli, dove ci siano un ristorante, dei negozi, delle attrazioni”. MAGGIO 2010 Nella pagina accanto, la cerimonia di posa della prima pietra del nuovo porto turistico di Fiumicino (Roma): presenti Altero Matteoli, Nicola Zingaretti, Gianni Letta, Francesco Bellavista Caltagirone. Accanto, il rendering del progetto. In questa pagina, il porto turistico di Gallipoli (Le) che verrà ampliato da Italia Navigando 17 _ Gli imprenditori si adeguano, e costruiscono ex novo. Anche se, ricorda Parlati, “Ucina, l’Unione nazionale cantieri e industrie nautiche, ha pubblicato uno studio secondo il quale in Italia esistono 240 porti sottoutilizzati, nei quali basterebbe allestire pontili galleggianti per recuperare 39mila posti barca”. Solo nel Lazio ci sono “lavori in corso” per quasi 9mila posti barca, tra ampliamenti e nuove costruzioni. Dal raddoppio del porto di Ostia (a “ben” 200 metri da Fiumicino), al nuovo Porto del Tirreno di Civitavecchia (un altro progetto dell’Acqua pia antica marcia di Caltagirone, in collaborazione con il gruppo Cozzi Parodi, vedi box a p. 15), a quello di Formia. A Fiumicino si costruirà in piena zona R4, “considerata a rischio idrogeologico ‘molto elevato’, secondo l’Autorità di bacino del Tevere -racconta ancora Parlati-; si costruirà in piena foce del fiume, eppure c’è un parere positivo di tutti gli enti. Tutti abbiamo avuto paura quando il Tevere ha rischiato di esondare a Roma, all’inizio del 2010, ma pochi sanno che se non è successo è perché le correnti hanno favorito il deflusso dell’acqua a mare”. La costruzione del nuovo porto potrebbe comportare seri problemi, ma poco importa di fronte a un argine da rompere. Oltre, c’è una nuova “frontiera” per i costruttori del nostro Paese. l’italia sta navigando C’è una “regia di Stato” dietro i porti turistici. Il ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli lo ha ribadito, a febbraio 2010, in un’intervista a il Giornale: “Abbiamo bisogno di realizzare almeno 100 porti”, ha spiegato, scagliandosi contro le “scelte ideologiche” che avrebbero bloccato -negli anni scorsi- la costruzione di nuove strutture. La rincorsa, però, è partita: circa un anno fa, il Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) ha sbloccato un contributo di 48 milioni di euro a favore di Italia Navigando, una società pubblica, controllata da InvItalia (ex Sviluppo Italia) e indirettamente dal ministero del Tesoro. Nata nel 2002, la mission di Italia Navigando è quella di creare una “rete portuale turistica in tutta Italia, soprattutto nel Centro-Sud, dove c’è forte carenza di posti barca”. Ernesto Abaterusso, presidente di Italia Navigando ed ex deputato Pds, sciorina i risultati della società: “Abbiamo ottenuto la concessione di Trieste, Balestrate (Pa), stiamo per appaltare Trani, la concessione di anticipata occupazione a Gallipoli (nella foto sopra) e Roccella Jonica”. E ancora: “Sta per arrivare la concessione di Anzio, è partito Fiumicino. Abbiamo firmato con la Regione Puglia l’Accordo di programma quadro che prevede la realizzazione e ammodernamento di 3 porti, Gallipoli, Brindisi e Trani, e la riqualificazione o nuova realizzazione a Margherita di Savoia, Fasano, Monopoli, Porto Cesareo, Ostuni. Abbiamo nuove iniziative Campania, nell’ambito di un Accordo di programma che firmeremo a breve: Procida è già realizzato e in cantiere ci sono Portici, Torre Annunziata La rete di Italia Navigando spa Siculiana Navigando S.r.l. (80%) “Siculiana” Trapani Navigando S.r.l. (51%) “Trapani” Stintino Navigando S.r.l. (51%) “Stintino” Marina di Portisco S.p.A. (100%) “Marina di Portisco” Teulada Navigando S.r.l., (51%) “Su Portu Nou Teulada Marina” Marina di Margherita di Savoia S.u.r.l.(100%) “Margherita di Savoia” Marina di Trani Srl (100%) Marina di Trani Marina di Monfalcona Terme Romane S.p.A. (51%)“Marina di Monfalcone” Marine di Napoli S.r.l.(50%) “Molosiglio Bagnoli” Gallipoli Navigando S.r.l. (100%) “Gallipoli” Porto delle Grazie S.r.l. (51%) “Roccella Jonica” MAGGIO 2010 Agropoli Navigando S.r.l. (100%) “Agropoli” italia navigando Marina di Reggio Calabria S.r.l. (51%) “Reggio Calabria” Isola di Procida Navigando S.p.A. (51%) “Marina di Procida” e Monosiglio, nel centro di Napoli. L’ammontare di tutti gli investimenti è di circa 150 milioni di euro. I fondi stanziati dal Cipe possono essere utilizzati solo firmando Accordi di programma quadro con le Regione, che impegneranno anche fondi propri. Dopo Puglia e Campania, sono in arrivo anche quelli con Friuli, Sicilia e Sardegna. “Italia Navigando o le società di scopo create per realizzare i porti (vedi tabella, ndr) potranno reperire fondi propri per completare gli investimenti”. Tra le società di scopo c’è anche Marinagri Resort spa, che ha realizzato il porto turistico di Policoro (Mt), un controverso progetto bloccato in passato da un’inchiesta della magistratura: “Abbiamo meno del 20%, e c’è un contenzioso con il socio privato. Siamo in trattative per uscire dalla società” spiega Abaterusso. grottammare senza porti Società controllate Campania Navigando S.r.l. (80%) “Sub - Holding” italia navigando DAL MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE 48 MILIONI DI CONTRIBUTI “La nostra è una città a misura d’uomo e quindi di turista”. Luigi Merli è sindaco di Grottammare (Ap), sull’Adriatico, per il movimento “Solidarietà e partecipazione”, che governa la cittadina dalla metà degli anni Novanta: “Allora abbiamo deciso che sulla costa non si costruisce. C’era un progetto, del 1986, per costruire un porto ‘megagalattico’, da 1.600 posti barca, poi ridotti a 600. E a servizio del porto avrebbero costruito 200-250mila metri cubi”. Anche senza porto (ci sono già, a pochi chilometri, quelli di San Benedetto del Tronto e Porto San Giorgio), “dal 1997 ad oggi abbiamo raddoppiato le presenza turistiche: non serve correr dietro all’idea di grandi edifici e grandi numeri -spiega Merli-. Non abbiamo voluto stravolgere il borgo marinaro trecentesco, conservando l’idea urbanistica del Piano regolatore del 1796. Lo aveva voluto il Papa”. WWW.ALTRECONOMIA.IT APPROFONDIMENTO / CONSUMI CRITICI _ 18 di l uca rt ma ine lli Ogni giorno vengono utilizzati 11 milioni di ticket in sostituzione delle mense. Tra tasse evitate, commissioni troppo alte e rischi di spirali inflazionistiche in pasto ai buoni Una “margherita” vale un buono pasto. Se un ristorante o agenzia fotogramma una pizzeria non accettasse i cosiddetti “ticket”, in una grande città come Milano, rischierebbe di chiudere. L’equazione ce la spiega Danilo, napoletano trapiantato a Milano: la pizza del suo locale è una delle più buone della città, eppure a mezzogiorno nessuno la sceglierebbe se una selva di adesivi sulla porta d’ingresso non rendesse evidente che, alla cassa, si accettano i buoni pasto, un’“insalata mista” di nomi e sigle. Chi ha un lavoro dipendente considera il ticket un “diritto”, ma basta fermarsi un attimo a riflettere, prima di addentare il panino e bere un sorso di cola, per capire Buoni pasto: mercato e quote delle principali imprese dal 2007 al 2009 Aziende 2007 2008 2009 Gruppo Accor Qui Group Day Ristoservice Sodexho Pass Pellegrini Compass Group Italia Lunch Time Ristochef Repas Lunch Coupon Coop. Italiana di Ristorazione E.P. E-Lunch Sagifi Sogart Service Ristomat Altri 40,7 13,4 10,6 11,9 5,6 nd. 0,8 4,8 4,6 2,0 0,4 0,1 0,1 0,2 4,6 0,3 41,2 13,6 11,5 11,2 5,4 4,5 0,8 4,2 3,9 2,0 1,1 0,1 0,0 nd. nd. 0,3 42,6 14,2 13,1 9,8 5,0 4,5 nd. 3,3 3,2 2,3 1,6 0,3 0,0 nd. nd. 0,2 Nel nostro Paese, in una normale giornata lavorativa, il numero dei buoni pasto utilizzati ammonta ad oltre 2,2 milioni per un valore complessivo di spesa prossimo agli 11 milioni di euro. Fonte: Databank WWW.ALTRECONOMIA.IT che a differenza dell’indennità di mensa in busta paga, che sostituiscono, i “buoni pasto” sono solo un “diritto a spendere”, che alimenta un mercato ricco e concentrato. Un mercato, soprattutto, defiscalizzato: chi garantisce ai propri dipendenti un ticket da 5,29 euro, su quelli non paga imposte. Se prendete in mano uno dei buoni pasto che avete in tasca, probabilmente lo inizierete a vedere con occhi diversi. Guardatelo in controluce: è solo un foglio di carta. L’unica “fortuna” che ha è che governo, aziende, lavoratori ed esercenti gli riconoscono un “valore convenzionale”. Ogni giorno, secondo la Federazione italiana dei pubblici esercizi (Fipe), ne vengono usati 2,2 milioni, per un valore di circa 11 milioni di euro. “A mezzogiorno, i ticket rappresentano l’80-90% del mio fatturato -spiega Danilo-. La sera capitava anche gente che si offriva di pagare per una tavolata di amici usando solo buoni pasto, facendosi dare in cambio denaro contante. Non sanno, queste persone, quanto ci ‘costa’ recuperare quei soldi: dobbiamo occuparci di contare i ticket, di suddividerli per tipo, di timbrarli uno ad uno, di consegnarli alle società che li emettono, girando tutti gli come funziona il buono pasto I buoni pasto “non sono cedibili, commercializzabili, cumulabili o convertibili in denaro”. Questo in teoria, perché nella realtà accade tutt’altro. Il titolare di una pizzeria usa i buoni accumulati per far la spesa, lasciando ad altri l’incombenza di contarli e chiedere il rimborso; il dipendente va a far la spesa, acquistando prodotti non alimentari, anche se non si potrebbe. Poco importa, quando l’importante è -ad ogni costo- aumentare il giro d’affari della moneta parallela. La legge di riferimento è il Decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 18 novembre 2005, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale ad inizio 2006 e successivamente modificato in virtù di una sentenza del Tar del Lazio e poi di un giudizio del Consiglio di Stato. Stabilisce, tra l’altro, che è sufficiente un capitale di 750mila euro per “battere moneta”, cioè emettere i ticket. E definisce, poi, chi sono le parti, i “quattro attori” sul mercato dei ticket, le cui relazioni somigliano a un circolo vizioso: emettitore-cliente (pubblica amministrazione, azienda privata)-dipendente-ristoratore... E, spiega la Fipe, non c’è nessuna disposizione che vieti al secondo attore di far pagare al terzo (il dipendente) una parte dei costi sostenuti per acquistare dal primo il buono pasto. MAGGIO 2010 19 _ uffici, che sono sparsi tutt’intorno a Milano. E quando ce ne capitano di falsi, scansionati ad esempio, di scaduti e di rubati, non ci vengono rimborsati. Mi chiedono una commissione anche per redarre un rendiconto, per questo me lo faccio da solo”. Lui e la moglie, spiega, passano il giorno di chiusura della pizzeria a mettere ordine tra i ticket: “È per questo che la sera non accetto più i buoni pasto”. Più ticket incassa e più s’incazza, Danilo. Perché, spiega, il “buono pasto è come il gioco delle tre carte”: a vincere è sempre il banco. In questo caso, “il banco” è rappresentato da una ventina di società, quelle che emettono i buoni. Le più importanti si chiamano Accor, Qui Group, Day Ristoservice, Sodexo, Pellegrini e Compass (vedi box). Sono le sei regine di un mercato che nel 2009 ha toccato i 2,6 miliardi di euro (in crescita del 7,3 per cento rispetto al 2008). Sono società cui, a differenza della Banca d’Italia, mandata in pensione dalla Banca centrale europea, è come se fosse ancora permesso stampare moneta: una moneta nuova, che è parallela all’euro ed è l’unica “battuta” in Italia. E la vittoria di ogni moneta si misura su una dato: la loro diffusione. L’impegno massimo delle aziende emettitrici di ticket è per questo volto ad aumentare il numero di fruitori e la rete di esercizi che accettano i buoni: sono 7 milioni gli italiani che consumano, comunemente, il pranzo fuori casa, ma poco più di due milioni quelli che ricevono dal datore di lavoro un buono. C’è ancora tanto spazio per conquistare nuove aziende alla “religione” del ticket. Anche i “pesci piccoli”, come noi di Ae, sono appetibili: abbiamo inviato a Qui Group, che con il 14,2% è il secondo gruppo sul mercato e ha tra i propri clienti anche la presidenza del Consiglio dei ministri, la richiesta di un preventivo per buoni pasto da 7 euro al giorno per i soci lavoratori della cooperativa, ed immediatamente è arrivata la risposta e un’offerta. Al telefono, poi, ci hanno spiegato che “ovviamente” l’azienda avrebbe ricevuto uno sconto sull’acquisto del buono pasto. E questo è un punto importante: hanno detto, in MAGGIO 2010 le sei sorelle del tagliando Sei gruppi controllano, complessivamente, l’89,2 per cento del mercato italiano dei “buoni pasto”, 2.605 milioni di euro di fatturato nel 2009 contro i 2.270 del 2007. “Danno da mangiare”, ogni giorno, ad oltre 2 milioni d’italiani, ma restano ai più sigle sconosciute. A guidare saldamente la classifica, con il 42,6%, c’è Accor Services Italia srl, che fa capo alla multinazionale Accor, 490mila clienti, uffici in 40 Paesi, attiva con 14 brand nell’ospitalità alberghira. Il suo “Ticket restaurant”, nato in Francia nel 1962, è definito dall’azienda “motore di cambiamento economico e sociale”. È presente in Italia anche con il marchio “City time”. In seconda posizione, molto staccato (14,2%), c’è il Qui Ticket di Qui Group, azienda italiana di Gregorio Fogliani con sede a Genova e circa 380 milioni di euro di fatturato. “Oltre 250 milioni di titoli di servizio emessi”. Mangiano “grazie a” Qui Group, tra gli altri, i dipendenti di Fs, Erg, Eni, Regione Liguria. Qui Group si occupa anche di creare per aziende e gruppi della distribuzione carte di pagamento con fido, quelle che permettono di posticipare a fine mese, in un unico addebito, il pagamento dei beni acquistati. Il progetto si chiama “Fidetico”. Sul podio, con il 13,1%, anche i ticket Day, nati nel 1987. Day Ristoservice è una società per azioni con oltre 340 milioni di euro di fatturato, nata dall’alleanza tra il gruppo Camst e la società francese Chèque Déjeuner. Camst è una cooperativa di lavoro con oltre 10mila soci, seconda in Italia solo ad Autogrill nel comparto ristorazione. Socia di Legacoop, è azionista di BolognaFiere. Pass Lunch, 9,8% del mercato italiano, è il ticket di Sodexo, un gruppo attivo in 80 Paesi che pratica, che siccome quella è carta comune, su cui è stampigliato un valore che è solo “nominale”, loro possono cederlo anche sottocosto. I ticket di Ae non valgono granché, ma il fenomeno riguarda anche le aste “al ribasso” fatte da grandi gruppi. Nel 2008, ad esempio, la Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi) ha denunciato che Intesa Sanpaolo, Monte dei Paschi ed Unicredit hanno messo all’asta forniture di buoni pasto per i propri dipendenti per 190 milioni di euro, chiedendo a chi partecipava alla “gara” un ribasso del 20% rispetto al fattura oltre 13 miliardi di euro gestendo servizi di ristorazione e “facilities management” (oltre ai buoni pasto anche buoni sconto e “motivazionali”). In Italia, ha creato Better day people, un “club on line” che offre buoni sconto e promozioni agli utilizzatori del Pass Lunch (www.betterdaypeople.it). Pellegrini Card (5%) è il ticket del gruppo Pellegrini (Ernesto, l’ex presidente dell’Inter), oltre 400 milioni di euro di fatturato nel 2009 (la metà circa dalla ristorazione, il 35,7 per cento dalla vendita di buoni pasto). Ristomat e Lunch Time (4,5%), per finire, sono i buoni di Compass Group Italia, filiale di un gruppo che fattura 19 miliardi di euro l’anno, attivo dalla ristorazione aziendale (Eurest) a quella scolastica (Scolarest). loro valore reale. Alla fine della giostra, il cerino resta in mano agli esercenti: “Chi li emette propone alle aziende i buoni pasto a uno costo che io ignoro -racconta Danilo-. Quello che so, però, è che se voglio avere il rimborso in 7 giorni mi chiedono una commissione del 10%. A 45 giorni, lo ‘sconto’ è mediamente del 7%”. È su questo sconto che si forma il guadagno delle WWW.ALTRECONOMIA.IT APPROFONDIMENTO / CONSUMI CRITICI in pasto ai buoni _ 20 Il gruppo Cremonini vorrebbe pagare in “buoni pasto” e “buoni benzina” il premio aziendale a 600 dipendenti. Sono quelli che lavorano a Castelvetro, in provincia di Modena, negli stabilimenti di Inalca Jbs, joint venture tra l’azienda italiana e la brasilina Jbs, il più grande produttore al mondo di carne bovine. Nel bel mezzo della trattativa per il rinnovo del contratto aziendale (che è scaduto il 31 dicembre del 2008), Inalca ha fatto sapere al sindacato che per il 2009 avrebbe riconosciuto un “premio di produzione” di 258 euro, e che lo avrebbe erogato in “buoni”. “Sarebbe la prima volta, per il settore, per i lavoratori dell’agri-industria. E non a caso i 258 euro corrispondono al massimo di ‘erogazioni liberali’ che possono essere date senza pagare tasse né contributi a favore dei lavoratori -spiega Umberto Franciosi, segretario della Flai/Cgil di Modena, che sta seguendo la vertenza Inalca per il rinnovo contrattuale-. Per i reparti più produttivi, ad esempio quelli dove vengono prodotti gli hamburger, si tratta di una pesante penalizzazione, visto che prima il premio sfiorava i 600 euro”. A Castelvetro ci sono stati uno sciopero, assemblee e il blocco delle flessibilità e degli straordinari (foto in basso): “Rivendichiamo un contratto che possa ritenersi tale -continua Franciosi-. Da un lato c’è Confindustria che lascia alla contrattazione aziendale l’esigenza di soddisfare una richiesta di aumento di ‘potere d’acquisto’ delle famiglie, dall’altro il gruppo Cremonini che agendo così annulla di fatto il contratto integrativo aziendale”. Nel frattempo, la notizia ha fatto il giro del mondo: lettere di solidarietà a favore dei dipendenti modenesi di Inalca Jbs sono arrivate dalle organizzazioni sindacali internazionali, affiliate all’International Union of Food workers (Iuf), che rappresentano i lavoratori della Jbs in Brasile, Usa, Canada e Australia. Info sulla vertenza: http:// www.facebook.com/ contrattoinalcajbs WWW.ALTRECONOMIA.IT 2,6 agenzia fotogramma al posto della busta miliardi di euro è il giro di 4 euro e mezzo. Per poter società di emissione. d’affari annuo dei buoni ‘rientrare’, dovrà aumentare In questa versione del pasto in Italia i prezzi. Questo meccanismo gioco delle tre carte del si scaricherà su tutti gli avventori, XXI secolo non poteva anche quelli che non pagano con i mancare la leva finanziaria buoni”. L’Adoc chiede la fine delle aste al della liquidità: chi emette i buoni ribasso e l’obbligo di pagare gli esercenti incassa denaro contante, dalle aziende entro 60 giorni. che acquistano i ticket, e lo restituisce agli L’unico “fronte” su cui tutti (associazioni dei esercenti, depauperato della commissione, consumatori, degli esercenti, degli emettitori) mediamente dopo due mesi (perché per sembrano essere d’accordo però è un altro, potersi garantire commissioni più basse, i ed è il dibattito intorno all’aumento della gestori di bar, ristoranti e pizzerie accettano di aspettare più a lungo). Tra l’altro, il buono quota defiscalizzata, ovvero quella parte di pasto è moneta che “scade” (generalmente il buono pasto su cui non si pagano tasse. È 31 dicembre dell’anno in cui è stato emesso): ferma da una decina d’anni a 5,29 euro, che dopo, chi emette incassa comunque, e non è è proprio il valore della maggior parte dei ticket in circolazione. Significa che anche se obbligato a restituire niente. già oggi le aziende sono libere di garantire Più buoni circolano, più esercizi devono ai dipendenti un rimborso superiore ai 5,29 essere convenzionati. In tutta Italia, sono euro per il pasto, poche lo fanno, perché circa 100mila. Sul sito di Qui Group, sulla quota aggiuntiva dovrebbero pagare l’azienda invita i titolari di Qui Ticket le tasse. L’Anseb, l’Associazione nazionale a segnalare eventuali esercizi vicini al delle società emettitrici di buoni pasto, proprio luogo di lavoro che ancora punta proprio su questo per attrarre clienti: non accettano i buoni; il blocchetto di il risparmio. Il buono pasto costa meno Pellegrini Card si chiude con una pagina dell’indennità di mensa in busta, su cui si per segnalare “i dati del locale che desideri pagano i contributi. Su tutti i siti ci sono dei venga convenzionato”. “contatori” che aiutano i curiosi a scoprirlo Come se fosse un favore. inserendo i dati della propria azienda. Ma non è così: secondo Danilo resta dietro il bancone: prepara la Carlo Pileri, presidente pasta per le pizze della sera. dell’Adoc (Associazione per E si chiede ancora perché l’Epam, la difesa ed orientamento l’Associazione provinciale milanese pubblici dei consumatori), i ticket esercizi, affiliata Fipe, invece di tutelare gli generano anche una spirale inflazionistica: “Il barista che iscritti sulle alte commissioni manda loro offerte e convenzioni sui buoni incassa un buono da 5 euro pasto. e 29 ‘nominali’, sa che in termini reali varrà poco più MAGGIO 2010 STORIE DI ORDINARIA PRECARIETà / ATTUALITÀ di g ia iul gui di 21 _ L’industria farmaceutica affronta la congiuntura delocalizzando i centri di ricerca e buttandosi su prodotti più remunerativi. Il caso Glaxo a Verona vaccini anti crisi per le malattie psichiatriche. “Dopo 15 anni di studi, ricerca e pubblicazioni stavamo raggiungendo l’obiettivo che ci eravamo prefissati: trovare delle molecole storia di precariato in periodo di crisi in grado di sostituire i farmaci utilizzati economica: Francesco è un ricercatore nella cura per l’ansia, la depressione, la della GlaxoSmithKline, un colosso dipendenza da sostanze psicotrope, che mondiale dell’industria farmaceutica da hanno gravi effetti collaterali -prosegue oltre 33 miliardi di euro di fatturato. Francesco- ma i vertici dell’azienda ci Il Centro ricerche di Verona dove lavora hanno risposto che vogliono investire verrà chiuso entro fine 2010 perché in settori che garantiscano un miglior l’azienda si aspettava in bilancio un rendimento”. È lo stesso amministratore più 14%, anziché il più 11% risultato a delegato Luc Debruyne, in una nota consuntivo. Due erano le alternative per rilasciata al termine di un incontro i vertici della Glaxo: o guadagnare di più sulla questione con ministro del Lavoro -“ma a posteriori è un po’ difficile” dice Maurizio Sacconi, a svelare la strategia sorridendo amaramente Francesco- o della multinazionale: tagliare in risorse umane. Rimarranno “interrompere la a casa in 550, una stima per ricerca in alcune difetto, che non tiene conto aree terapeutiche dell’indotto qualificato che che presentano ruota attorno al principale un rapporto centro di ricerca europeo i ricercatori della Glaxo che perderanno il lavoro nel centro di Verona. L’annuncio a febbraio 550 La sede del Centro ricerche della multinazionale GlaxoSmithKline, a Verona MAGGIO 2010 meno favorevole rispetto ad altre fra gli investimenti necessari e la possibilità di scoprire terapie utili”. Fra queste aree terapeutiche, viene specificato, “sono stati scelti per la dismissione alcuni settori delle neuroscienze” che riguardano i centri di Verona e di Harlow in Gran Bretagna. Quello che non dice Debruyne nella nota è quali siano le aree che presentano un rapporto “più” favorevole ma è sufficiente documentarsi su alcuni siti di analisi finanziaria per scoprirlo: “La produzione di vaccini è uno dei trend emergenti del settore -si legge su FinanzaWorld-. I tempi di approvazione sono più rapidi (rispetto ad altre produzioni) e la competizione è minore. E infatti Glaxo ha 24 nuovi vaccini in fase di test, di cui 7 nell’ultima fase prima dell’approvazione finale”. Stessa strategia viene adottata da altri giganti del settore, come Novartis e giulia guidi Fra qualche mese Francesco non avrà più un lavoro. Ma questa non è la solita WWW.ALTRECONOMIA.IT ATTUALITÀ / STORIE DI ORDINARIA PRECARIETÀ vaccini anti crisi _ 22 Governo e perfino del Capo dello Stato. Intervenendo recentemente a Verona, Giorgio Napolitano ha lanciato un appello affinché il capitale umano del Centro ricerche non venga disperso. Più diretto il ministro all’Economia Giulio Tremonti, che ha chiesto che vengano restituiti gli aiuti statali percepiti, una posizione già anticipata da Sacconi: “chi vuole dismettere farà i conti con il Governo sul dare e sull’avere”. Non saranno conti facili da fare: è vero che gli investimenti in ricerca in Italia sono fra i più bassi d’Europa, ma le multinazionali del farmaco godono anche di una serie di incentivi e detrazioni fiscali in caso di assunzione di nuovo personale e, dopo il “caso Glaxo”, il Governo sta valutando un’ulteriore erogazione di aiuti per il mantenimento dei posti di lavoro nel settore. Ma il vero colpaccio delle imprese farmaceutiche con i Governi di tutto il mondo sono stati i contratti di fornitura per i vaccini legati alle “emergenze” pandemiche: le virgolette sono dovute all’apertura dell’inchiesta da parte All’interno di un laboratorio farmaceutico si sperimentano vaccini agenzia fotogramma Merck, che grazie alla produzione dei vaccini hanno registrato crescite del 57 e del 126%. Questi risultati finanziari non sono solo dovuti al successo dei prodotti in commercio, ma anche al cambiamento del sistema di ricerca: anziché investire in laboratori interni, le multinazionali del farmaco hanno contemporaneamente iniziato un’aggressiva campagna di acquisizioni di centri di ricerca esterni, disolocati in particolare nei Paesi emergenti: Cina, India e Brasile. A fronte di università di ottimo livello, il costo per ricercatore è inferiore rispetto a quello pagato in Europa. “Per loro fare ricerca significa ricercare nuovi biotech da comprare” conclude Francesco, prima di rientrare nell’imponente palazzone di acciaio e vetro alla periferia di Verona. In un sistema di libero mercato, non si può impedire a un privato di scegliere la strategia commerciale che ritiene migliore. Tuttavia la scelta della Glaxo di lasciare a casa 550 lavoratori altamente qualificati senza possibilità di ricollocazione nel Paese ha provocato una reazione sconcertata da parte del della commissione Sanità del Consiglio d’Europa contro le multinazionali impegnate nella produzione del vaccino per l’H1N1, accusate di aver influenzato la decisione dell’Organizzazione mondiale della sanità di dichiarare la pandemia e costringere così gli Stati di tutto il mondo a comprare il loro prodotto in quantità enormi, senza badare a spese e a condizioni a dir poco favorevoli per le aziende. Accusa pesantissima, parzialmente confermata dal consigliere speciale dell’Oms Keiji Fukuda, che ha ammesso errori e confusione nella gestione dell’emergenza. Nel frattempo le milioni di fiale vendute a peso d’oro giacciono inutilizzate nei magazzini e manca poco alla scadenza della loro validità. Solo in Italia, il ministro Ferruccio Fazio ha parlato di 12 milioni di dosi inutilizzate. In questo senso, la posizione di Vittorio Agnoletto, medico e politico che da oltre 20 anni si batte nella lotta contro il virus dell’Aids, è molto netta: “L’unica, vera strategia delle multinazionali farmaceutiche è quella di creare il bisogno di farmaci, con ogni mezzo ed al minor costo possibile”. I colpi assetati dai giganti globali in questa direzione sono diversi e non sempre seguendo le vie della legalità. La procura di Milano ha disegnato uno scenario inquietante: nelle pagine dell’inchiesta condotta con la Guardia di Finanza si parla di una tangente da 100mila euro stanziata nel 2005 da un colosso farmaceutico per un mediatore e per un senatore, allo scopo di far registrare un nuovo farmaco anti-infertilità a un prezzo maggiore. E di fondi neri aziendali per 2,7 milioni di euro nel 2002-2006, creati con false fatture d’acquisto di decine di migliaia di “libri scientifici”, per ritratto della multinazionale GlaxoSmithKline è stata oggetto di una vicenda giudiziaria, nel 2003, che ha visto gli alti vertici della consociata italiana inquisiti con oltre 500 medici dal Procuratore della Repubblica di Verona, per il reato di comparaggio (prescrizione di farmaci di una ditta produttrice in cambio di regali o denaro di quest’ultima a medici del Servizio Sanitario Nazionale). È tra le multinazionali WWW.ALTRECONOMIA.IT farmaceutiche che più spesso ricorrono al prepensionamento ed alla mobilità del personale assunto a tempo indeterminato al fine di “ridurre i costi strutturali fissi” anche quando non vi è la necessità di ristrutturazione imposta da fatturato calante. La consociata italiana, dal 2001 (data di fusione con la SmithKline Beecham) al 2008, ha epurato molto del personale della SmithKline Beecham con sede a Baranzate di Bollate (Milano) ed ha ripetutamente incentivato all’esodo il personale della GlaxoWellcome di Verona. Sempre a Verona, l’ennesima mobilità -iniziata nel 2008- prevede molti esuberi nel personale a tempo indeterminato. Nel settembre 2008 ha ricevuto dal ministero della Sanità oltre 24 milioni di euro per finanziare il settore di ricerca pre-clinica proprio in Italia. Sempre da settembre 2008 GlaxoSmithKline comunica l’ennesima mobilità con un taglio del 30% del personale del settore pre-clinico, ed in particolar modo a Verona. Il 22 dicembre 2009 è stata oggetto di uno sciopero per il tentativo di esternalizzare 130 lavoratori dipendenti dei servizi interni, scioperi che continueranno anche nei primi mesi del 2010. www.gsk.it MAGGIO 2010 23 _ corrompere medici e far sì che sempre più endrocrinologi prescrivessero ai pazienti l’ormone della crescita commercializzato dalla ditta. Per queste due imputazioni di corruzione la Procura di Milano ha chiesto al gip Gaetano Brusa che la divisione italiana della multinazionale sia temporaneamente interdetta dal contrattare con il Servizio sanitario nazionale. Per chi si muove nel lecito, l’arma migliore è il marketing: il 30% dei budget delle imprese finisce in pubblicità, più o meno esplicita. Grazie all’approvazione di leggi ad hoc, gli scaffali dei supermercati dei Paesi occidentali si sono riempiti di prodotti parafarmaceutici per ogni esigenza facendo lievitare i fatturati di due cifre, mentre è pressante l’invito alla vaccinazione preventiva per ogni forma di virus influenzale invernale. Anche le disfunzioni croniche sono un mercato appetibile: si pensi a malattie diffuse come il diabete, per il quale, però, la ricerca di un vaccino va a rilento. Come sembrano non avere ancora uno sbocco realistico gli studi sul vaccino contro l’Hiv “Le multinazionali farmaceutiche agiscono globalmente come un enorme cartello in grado di fare pressioni su qualsiasi ente governativo -conclude Agnoletto-. L’esclusività dei principi attivi di cui detengono il brevetto fa sì che siano in grado di determinarne il prezzo e non hanno alcun interesse a ‘svenderlo’ per la cura di malattie diffuse nei Paesi più poveri”. Tutto questo nonostante le enormi donazioni, pubbliche e private, fatte in questa direzione. Un mondo sano, per qualcuno, è un disastro. LE PAROLE DI SILVIO GARATTINI, DIRETTORE DELL’ISTITUTO MARIO NEGRI DI MILANO ricerca di buon senso Dottor Garattini, che cosa pensa della chiusura del Centro di ricerca Glaxo di Verona? È un fatto estremamente grave. Per la GlaxoSmithKline l’Italia è un mercato importante e il licenziamento di centinaia di ricercatori mi sembra un atto ingiustificato. Non dimentichiamoci che la Glaxo ha ricevuto dalla sanità pubblica somme molto ingenti per la vendita di vaccini, non ultimo quello contro il virus dell’H1N1. Sarebbe stato opportuno attendere i risvolti commerciali dei prodotti che si stavano sviluppando a Verona e mantenere i posti di lavoro, se non altro per correttezza nei confronti del Paese. Un suo ex collaboratore, che abbiamo intervistato in queste pagine, ha puntato il dito proprio su questo: non esiste etica nel comportamento del management della Glaxo, se non quella delle regole di mercato. Non dobbiamo dare per scontato che l’industria farmaceutica debba seguire puramente il fine del business. Credo che, in questo senso, ci dovrebbe essere una pressione da parte dell’opinione pubblica e della politica affinché questo non accada. Cosa accadrebbe se lo Stato decidesse di punto in bianco di non pagare più le MAGGIO 2010 forniture farmaceutiche? Gli stessi impegni degli enti pubblici devono essere assunti anche dai privati, piccoli o grandi che siano. Glaxo dall’Italia ha ricevuto, e tanto: è giusto che assuma degli impegni che vadano al di là del semplice accordo commerciale. È una questione di buon senso. Un buon senso che sembra scarseggiare in Italia. Sì, negli ultimi 20 anni ho visto praticamente scomparire la ricerca italiana. Pensiamo alla Carlo Erba. Il problema è che non è più conveniente mantenere qui, e in Europa in generale, i propri laboratori. Cina, India e Brasile sono i luoghi appetibili in questo momento: hanno buone università e forniscono risorse umane preparate ad un costo inferiore. E non dimentichiamoci che questi Paesi rappresentano la nuova frontiera del mercato: la loro progressiva crescita economica fa sì che le multinazionali del farmaco vedano una proficua espansione in quelle aree. Ma che senso ha, per la ricerca farmaceutica, seguire le indicazioni di mercato anziché gli indici sulla salute? Nessuno e, secondo me, non è una strategia Il medico e chimico Silvio Garattini, 82 anni, ha fondato il Mario Negri nel 1963. www. marionegri.it valida neanche a livello di mercato, nel lungo termine. Ad esempio le ricerche neuroscientifiche che vengono svolte a Verona hanno un bacino di utenza altissimo, una volta che sia consentito al personale impegnato di raggiungere dei risultati. Pensiamo anche alle grandi sfide che la ricerca sta affrontando e che deve vincere: l’Aids, i tumori, le oltre 6mila malattie rare e quelle del sistema nervoso centrale, alle quali lavorano in Glaxo fino alla dismissione. Ognuna di queste sfide non rappresenta solo uno stimolo etico per ogni ricercatore ma anche una fetta di mercato. Forse più difficile da conquistare ma senz’altro cospicua. Lei lavora da anni all’Istituto Mario Negri che, nell’interesse pubblico, si occupa di formazione e informazione; che messaggio vuole lanciare in conclusione di questa intervista? Che l’Italia ha diritto di avere ricerca, non mercato. WWW.ALTRECONOMIA.IT FOTOREPORTAGE / L’ETICA IN UNO SCATTO _ 24 di p i or etr ait ano campi profondi Foto che indagano la relazione tra etica e comunicazione e raccontano l’oggi. Dal riscatto dei giovani migranti di Barcellona alle violenze sui minori Uno dei più grandi fotogiornalisti della storia, lo statunitense William Eugene Smith (1918-1978), un giorno disse una frase divenuta celebre: “A che cosa serve una grande profondità di campo se non c’è un’adeguata profondità di sentimento?”. Smith aveva visto e documentato gli orrori della Seconda guerra mondiale, mostrandoli al mondo con la forza delle sue straordinarie immagini. Questo è lo spirito che devono aver vissuto i visitatori del “Festival della fotografia etica”, che si è svolto a Lodi nel mese di marzo, e dal quale sono tratte le immagini che vedere in queste pagine. Si è trattato del primo evento interamente dedicato all’approfondimento della relazione tra etica, comunicazione e fotografia, con mostre, serate di videoproiezioni, dibattiti, incontri e letture (in attesa della prossima edizioni, info qui: www.festivaldellafotografiaetica.it). Le foto della nostra selezione sono state realizzate in seno a una serie di progetti. Ruido Photo è un’associazione di Barcellona, nata nel 2005 con l’idea di creare un a piattaforma dove realizzare progetti di fotografia documentaria indipendenti, critici e impegnati (www.ruidophoto.com). Collectif Argos è un gruppo di giornalisti indipendenti, fotografi e redattori con sede a Parigi, impegnato nel giornalismo documentario. Luca Catalano Gonzaga (45enne romano) firma invece le immagini del progetto Wordless Children, realizzato tra i bambini lavoratori del Nepal (www.catalanogonzaga. com), mentre l’olandese Robert Knoth ha realizzato per Greenpeace un reportage fotografico in quattro aree dell’ex Unione Sovietica colpite da incidenti e contaminazioni nucleari (www. robertknoth). ActiveStill è invece un gruppo di fotoreporter israeliani nato nel 2005 (www. activestills.org), mentre il romano Francesco Zizola, ha curato per Medici senza frontiere il progetto “Colombia, voci nascoste” (www.zizola.com). la foto dell’altro Ruido Photo (photo-collective). Mira’m bé è un progetto di fotografia partecipativa rivolto ai ragazzi del Congost di Granollers (Barcellona), un quartiere ad altissima densità di immigrati di varie nazionalità. In corso dal 2008. WWW.ALTRECONOMIA.IT MAGGIO 2010 25 _ cambia il mondo Argos (photo-collective). Bangladesh, distretto di Stakhira. Un’anziana donna cura la sua mucca lungo l’argine di un fiume. In poche decadi il riscaldamento globale ha cambiato il volto della campagna della sua gioventù. MAGGIO 2010 WWW.ALTRECONOMIA.IT FOTOREPORTAGE / L’ETICA IN UNO SCATTO campi profondi a scuola in fornace Luca Catalano Gonzaga. La maggior parte della produzione di mattoni nel mondo viene fatta a mano. In Asia, America Latina e Africa sono i bambini ad occuparsi di questa produzione. Nepal, 2008. l’eredità nucleare Robert Knoth per Greenpeace. Pripyat, Ucraina. Asilo abbandonato. Pripyat era una città modello costruita per i lavoratori di Cernobyl. Tutti i 50mila abitanti furono evacuati dopo l’incidente al reattore numero 4. La cittadina continua a essere fortemente contaminata. WWW.ALTRECONOMIA.IT MAGGIO 2010 confini armati Activestills (photo-collective). Checkpoint a Qalandiya, tra Israele e Palestina. Ottobre 2007. un’infanzia negata Francesco Zizola per Medici Senza Frontiere. Ospedale S. Francesco di Assisi di Quibdo, in colombia. A., 13 anni, è stata violentata da un suo vicino di casa. Le è stata appena confermata la gravidanza. MAGGIO 2010 WWW.ALTRECONOMIA.IT I NOSTRI LIBRI / LA POLITICA NEL PIATTO ura daz a c lla re de _ 28 ion e tutti i lati del cibo Il mondo soffre la fame e le cause sono umane e naturali assieme. Mentre ciascuno di noi, a tavola, può fare la sua parte. I nuovi saggi di Altreconomia Un libro così avvincente che per finirlo si può saltare un pasto. Anche perché alla fine non si ha tanta fame. Che cosa succede al nostro corpo quando si arriva alla “fame nera”? E che cos’è davvero una carestia, quali effetti produce sulle relazioni interpersonali e sociali? Anatomia della fame è una lettura dura e affascinante che affonda il bisturi nel “corpo” delle catastrofi alimentari. Dopo una disamina antropologica che mette a confronto il rapporto tra le diverse culture, i tabù religiosi e culturali legati al cibo, con minuzia storica e moderna crudeltà, Vittorio Rinaldi ci spiega come e perché la fame e la cronica mancanza di cibo siano realtà quotidiana oggi per oltre un miliardo di persone. Le nuove carestie sono simultaneamente frutto di dinamiche che si producono in un territorio locale e di eziologie esterne, che rimandano al più ampio quadro delle relazioni politico-economiche internazionali e allo sfruttamento del Sud del mondo. Fattori dunque d’origine umana, legati alle imprevidenze, alla cupidigia, alla guerra, e fattori d’origine naturale, connaturati alle imponderabili bizzarrie dei cieli, dei mari e della Terra che provocano gli shock alimentari finali, quelli che fanno precipitare la situazione e gli unici colti dai media. La fame non è insomma che l’immagine speculare del nostro appetito e del benessere, della nostra disattenzione e del modello globale dominante: quello che impone le guerre per garantire i nostri commerci, il continuo aumento di allevamenti da carne per le nostre tavole (a discapito delle colture per alimentazione umana) o l’uso di agro carburanti: da qui il neocolonialismo rurale, l’agricoltura che forza l’esportazione dai Paesi del Sud del mondo e gli ogm. Per massimo paradosso sono così le zone rurali e i contadini a soffrire di più la fame. Che fare? Non c’è una sola soluzione: per certo il ritorno degli Stati nazionali a un ruolo forte (e si spera positivo) e la sovranità alimentare di ciascun popolo sono le prime condizioni necessarie. Nella prefazione Daniele Scaglione di ActionAid ricorda i numeri della fame, molto difficili da digerire. Il rapporto Fao 2009 documenta la crescita degli affamati in tutto il Sud del mondo, salvo America Latina e Caraibi. L’Asia e l’area del Pacifico in primis (642 milioni), poi l’Africa ‘subsahariana’ (265 milioni), America Latina e Caraibi (53 miloni) infine Maghreb e Medio Oriente (42 milioni). Ma c’è fame è anche nei Paesi sviluppati, per un totale di 15 milioni, secondo la Fao. Anatomia della fame, di Vittorio Rinaldi, 192 pagine, 15 euro. In bottega e sul nostro sito dall’8 maggio, in libreria da ottobre. il circolo dei diritti Tracciabilità, biodiversità, filiera corta, cultura, piacere, diritti: sono le parole chiave del progetto “Il Circolo del Cibo”, promosso da Altromercato, la principale organizzazione di commercio equo. Il progetto si rivolge a chef, ristoratori, produttori di materie prime, appassionati gastronomi e a tutti i consumatori WWW.ALTRECONOMIA.IT interessati ad assaporare la dimensione materiale e sociale del buon cibo. Il Circolo del Cibo (www.ilcircolodelcibo. it) viene presentato per la prima volta in occasione di “Scambiamo il mondo”, manifestazione lanciata da Altromercato in concomitanza con la Giornata mondiale del commercio equo e solidale (8 maggio) e rientra nella campagna “Diritto al cibo” (www.dirittoalcibo.org). In occasione del lancio del “Circolo” (a Milano il 4 maggio) presentazione del nostro libro Il cuoco leggero (in alto). Sempre a Milano, il 9 maggio, presentazione anche per Anatomia della fame, all’interno delle manifestazione per la giornata del commercio equo. Informazioni su www.altreconomia.it MAGGIO 2010 29 _ leggeri e sostenibili in cucina L’impronta ecologica della nostra cucina non è quella del vino rosso versato sulla tovaglia. Ma è la conseguenza delle nostre scelte quotidiane in tema di cibo, materie prime, utensili, tecniche di cottura, conservazione, condivisione. Il vero “cuoco leggero” non pesa sulla Terra, sul clima, sui popoli che producono per la nostra tavola, sugli altri esseri viventi. E neppure sulle proprie tasche o sullo stomaco, se è vero che la cucina che si propone è equa e solidale, veg-italiana, ecologica e a chilometro zero senza il peso del packaging, di lunghi trasporti, senza crudeltà MAGGIO 2010 per gli animali, semplice e alla portata di tutti, economica e popolare. Un prontuario delle materie prime, redatto secondo princìpi etici e nutrizionali: prodotti del commercio equo e solidale, verdure, legumi e cereali, freschi o -per chi può- autoprodotte ma comunque locali, salvo poche eccezioni. Se non potete coltivare, cittadini senza terra, fate perno per la vostra spesa sull’eco-socio-classifica dei luoghi d’acquisto, che vede al primo posto i gruppi d’acquisto e le botteghe del commercio equo e a chiudere la fila i “moloch” dei centri commerciali. Per cucinare a volte il fuoco non serve, e neppure il mixer. Parte da queste pagine la rivincita dei mano domestici, strumenti che non consumano energia se non quella pulita delle nostre mani. Le ricette, le zuppe e le torte, le conserve e i sughi, i dolci sani e le bevande “di rubinetto” di Marinella Correggia, che di queste da anni fa il suo pane e companatico, usando quando si può l’energia del sole, dei forni solari, persino quella della politica e delle esperienze altrui. Il cuoco leggero. Manuale per un cibo ecologico e solidale quotidiano: oltre 100 ricette veg-italiane, di Marinella Correggia, 96 pp, 4,5 euro. In vendita in bottega, in libreria e su www.altreconomia.it WWW.ALTRECONOMIA.IT _ 30 una nave dei diritti, per dare uno scossone a un paese razzista Navi Pillay, sudafricana, alto commissario dell’Onu per i diritti umani, nella sua recente visita in Italia ha espresso giudizi assai duri sul nostro Paese. Ha detto, ad esempio, che il pogrom di Rosarno è stato un atto gravissimo e che i responsabili vanno perseguiti e puniti, aggiungendo: “Mi auguro sia assolutamente chiaro che è responsabilità delle pubbliche autorità assicurare che i migranti non siano stigmatizzati, calunniati o aggrediti”. Dopo una visita ai campi rom della capitale, ha commentato: “Per un attimo ho pensato di trovarmi in uno dei più poveri Paesi in via di sviluppo e non in un Paese con la storia più ricca di molti altri”. Durante un incontro con associazioni e ong (trasmesso in parte da Radiotre) ha detto d’essere rimasta colpita dalla scarsa competenza dei funzionari ministeriali (“tutti maschi!”, ha aggiunto) in tema di diritti umani. Per quanto autorevoli e circostanziate, queste e altre osservazioni di Navi Pillay hanno avuto pochissima eco sui media e nel mondo politico. La sensazione, anche stavolta, è che l’occhio esterno sia più acuto e diretto dello sguardo di chi vive nel nostro Paese. Perciò merita attenzione l’insolito progetto organizzato da un gruppo di italiani residenti in Spagna, lo sbarco di una “nave dei diritti” con un migliaio di persone a bordo nel porto di Genova a fine giugno. Nel manifesto che enuncia gli scopi dell’impresa (www.losbarco.org) si legge fra l’altro: “La crisi c’è anche qua, ma la sensazione è che la situazione nel nostro Paese sia particolare, soprattutto sul lato culturale, umano, relazionale. Il razzismo cresce, così come l’arroganza, A CURA DI LORENZO GUADAGNUCCI la prepotenza, la repressione, il malaffare, il maschilismo, la diffusa cultura mafiosa, la mancanza di risposte per il mondo del lavoro, sempre più subalterno e sempre più precario. I meriti e i talenti delle persone, soprattutto dei giovani, non sono valorizzati...”. Forse abbiamo davvero bisogno di uno scossone. Lorenzo Guadagnucci è giornalista al “QN-La Nazione”. Il suo blog: www.altreconomia.it/noidelladiaz DISTRATTI DALLA LIBERTà WWW.ALTRECONOMIA.IT MAGGIO 2010 ECONOMIE SOLIDALI / ATTUALITà di p i or etr ait ano 31 _ l’energia viene dal gas I gruppi d’acquisto sono ormai un’esperienza matura di economia alternativa. A giugno un convegno per parlare di rappresentanza e bisogni fondamentali I gruppi di acquisto solidali si chiamano a convegno, a giugno. Siamo la dimensione del limite e il riferimento a valori da salvaguardare. Come di consueto, le due giornate del convegno saranno un’occasione di confronto e di riflessione sulle prospettive di sviluppo per queste esperienze. Quest’anno i punti affrontati nel corso del convegno saranno in particolare due: da una parte l’analisi delle caratteristiche fondamentali di queste esperienze di economia solidale come tratto distintivo all’interno delle innumerevoli forme e progetti in cui si sviluppano, e dall’altra il tema della rappresentanza, sia nel senso di una voce diversa che le esperienze di economia solidale vorrebbero esprimere, sia nel senso di quali proposte portare avanti o sostenere di fronte al vuoto della politica. Nel corso delle due giornate verranno presentate esperienze e condivisi saperi e conoscenze. Tra le prime, spazio al tema dell’energia con la presentazione del progetto CoEnergia. Nato nel 2007, il progetto (che a breve dovrebbe costituirsi in una vera e propria associazione) ha la finalità di alla decima edizione e per la prima volta quest’anno l’incontro (dal titolo “Territori in movimento”, vedi box) vedrà protagonisti anche i distretti di economia solidali (Des). In dieci anni il percorso si è notevolmente evoluto, poiché radicalmente cambiati sono il contesto e i numeri. Oggi i Gas costituiscono un’esperienza diffusa su tutto il territorio nazionale, con oltre 650 gruppi registrati (www.retegas.org). Difficile stimare, ma possiamo ormai ragionevolmente parlare di un movimento che coinvolge non meno di 100mila persone. I Des -reti locali di economia solidale che collegano su un territorio i consumatori organizzati in Gas, i produttori e le associazioni, con lo scopo di sostenere e promuovere forme di economia attente alle relazioni tra le persone, alle condizioni di lavoro e all’ambiente- sono invece ormai una ventina in tutta Italia (www.retecosol.org). Gas e Des, insieme, attivano sui loro territori circuiti di fiducia e flussi di prodotti e servizi che rafforzano le comunità locali e promuovono l’autosostenibilità, in rete con le altre realtà di economia “Territori in movimento”. solidale e gli altri territori. Già L’appuntamento è a Osnago nei fatti esiste un grande intreccio (Lc), tra Milano e Lecco, per tra queste esperienze che, in un il 10° convegno nazionale dei gruppi di acquisto solidali, certo senso, hanno bisogno l’una ne fine settimana del 5 e 6 dell’altra. Da una parte i Gas giugno 2010. Le iscrizioni sono possono trovare nel percorso dei aperte: fate un salto su www. Des una portata più ampia della convegnogasdes2010.org per loro azione, in una prospettive tutte le informazioni. A oggi il programma, non ancora di trasformazione sociale del definitivo, prevede per il sabato territorio e dei modi di produrre una plenaria con la presentazione dei piccoli produttori locali, in di alcune esperienze dei distretti primis gli agricoltori. di economia solidale (come il Des Dall’altra i Des trovano nei Gas rurale di MIlano) e di aggregazioni di gruppi di acquisto solidali una base di sostegno fondamentale (come il Gas Energia). per il loro operare, un modello organizzativo che include anche favorire l’acquisto di energia elettrica da fonte rinnovabile certificata, attraverso un contratto che abbia caratteristiche che l’avvicinino ai “patti” di economia solidale: prezzo trasparente, fiducia, la costituzione di un fondo per la realizzazione di impianti da fonte rinnovabile. Oggi il percorso sembra essere arrivato a un punto di svolta: a maggio parte infatti una prima sperimentazione che vedrà coinvolte un centinaio di famiglie appartenenti a Gas che stipuleranno un contratto per la fornitura di elettricità dalla società CleanPower di Padova, in base a una convenzione redatta da Co-Energia e attraverso l’associazione Gas Energia. Tra le esperienze in corso, verrà anche presentato il Des rurale del Parco Sud di Milano (www.desrparcosudmilano.it), una realtà che dopo un anno di lavoro oggi coinvolge una quindicina di cascine del territorio, 25 Gas della zona e un paio di amministrazioni comunali, per un totale di non meno di 2.500 persone, in progetti che vanno dalla filiera corta agli orti scolastici, e che hanno dato lavoro a una decina di operatori. Quello di Milano è il secondo distretto rurale italiano, dopo quello di Pordenone. gas e des insieme a osnago MAGGIO 2010 Nel pomeriggio, gruppi di lavoro tematici: comunicazione, piccola distribuzione organizzata, sovranità alimentare, commercio equo, finanza etica e tessile. È previsto anche un approfondimento sulle reti europee con Eric Lavillunière di Ripess Europa. La domenica mattina (il convegno terminerà a pranzo) plenaria con resoconto del lavoro dei gruppi e relatori sul tema della rappresentanza e del soddisfacimento dei bisogni fondamentali. Tutti gli incontri si svolgeranno in strutture messe a disposizione del Comune. WWW.ALTRECONOMIA.IT LA FINE DEL WELFARE / ATTUALITÀ di p i or etr ait ano 33 _ I tagli al Fondo nazionale per i servizi sociali universali spingono a un modello mercantile dell’assistenza. La Lombardia, come sempre, è in prima fila cura o prestazione? Mentre lo Stato taglia progressivamente i fondi destinati alle politiche sociali (vedi box), alcune Regioni fanno di meglio e li sottraggono ai Comuni. Risultato: servizi sociali che si riducono (agli anziani, ai bambini, alle persone disagiate), rette che si alzano, famiglie che non possono pagare, furbi che evitano di farlo. E aberrazioni come quelle degli amministratori di alcuni Comuni che hanno lasciato senza cibo e a piedi i bambini delle scuole elementari. Sono esperienze sempre più frequenti con le quali ci confrontiamo ogni giorno. Al posto di compensare ai tagli, come hanno fatto altre Regioni, la Lombardia, con la delibera di giunta regionale 11255 del 10 febbraio scorso, ha deciso di trattenere presso di sé gran parte dei fondi destinati dallo Stato ai Comuni del proprio territorio: due volte e mezza quanto trattenuto nel 2009. Per la precisione, i Comuni lombardi (ai quali già erano stati destinati dal governo il 22,74% di fondi in meno, da 95 a 73 milioni di euro) si vedono privati di un ulteriore 30%. Tradotto: lo scorso anno avevano a disposizione 81 milioni di euro, quest’anno 39 milioni. Nel 2008 erano 92 milioni di euro. Il provvedimento ha scatenato le proteste del Consiglio nazionale di rappresentanza dei sindaci e dei presidenti delle assemblee dei sindaci, anche perché il taglio colpisce soprattutto i progetti di welfare di largo respiro, che i Comuni avevano cominciato a progettare e gestire unendo le forze attraverso lo strumento recente degli Ambiti MAGGIO 2010 in cui vengono spesi i soldi non è irrilevante. Una cosa è infatti che questi passino attraverso i Comuni, un’altra se diventano ‘buoni’ da spendere, a disposizione delle singole famiglie. Siamo favorevoli a un maggior protagonismo dei cittadini, ma in questo caso sta passando una cultura ‘prestazionale’ della cura. Noi invece preferiamo una prospettiva ‘relazionale’, dove quando si parla di welfare e politiche sociali si ragioni su una comunità, non sul singolo cui sono dati soldi da spendere. Pensiamo a un sistema dove ci sono cooperative sociali che agiscono sul territorio, in un’ottica fatta di legami, in un sistema di relazioni. Se invece ho tanti cittadini che hanno in mano il loro tagliando, tutto cambia. Perché la dinamica prestazionale spinge a portare al massimo il controllo e l’efficienza economica della prestazione”. E quando si confonde la libertà di scegliere a chi affidarsi con il mercato, si passa dalla cura alla prestazione, dalla relazione alla manutenzione. eidon press Nel welfare i numeri contano. Specie quando si riducono. territoriali. La Regione Lombardia si è affrettata a spiegare che non si tratta di tagli, ma di denaro che verrà impiegato sempre per scopi sociali ma attraverso dispositivi regionali, come i “buoni sociali”. Ma questo garantirà servizi adeguati a tutti? Giuseppe Guerini è divenuto presidente di Federsolidarietà Lombardia proprio mentre la giunta approvava la Delibera 11255. Federsolidarietà è la federazione che associa le 1.097 cooperative sociali aderenti a Confcooperative in Lombardia, oltre i due terzi del totale di quelle lombarde. “Il tema importante è proprio l’utilizzo dei fondi. Il modo dal governo un fondo a scalare Il Fondo nazionale per le politiche sociali, istituito dalla legge 449 del 1997, è la principale fonte di finanziamento statale degli interventi di assistenza alle persone e alle famiglie. La sua configurazione oggi è prevista dalla legge 328 del 2000, mentre il suo ammontare annuo è determinato dalla legge finanziaria. La maggior parte del denaro (60%) è destinato all’Inps. Per il resto, a seguito delle modifiche costituzionali che attribuiscono alle Regioni la competenza in materia di politiche sociali, oggi allo Stato spetta solo lo stanziamento del fondo e l’individuazione di livelli essenziali e uniformi sul territorio nazionale delle prestazioni. Sono i governatori a decidere come utilizzare i soldi e a chi affidarli. Nel corso degli ultimi dieci anni, l’ammontare del Fondo si è attestato tra i 1.307 milioni di euro del 2005 ai 1.883 milioni del 2004. Ma dal 2010 si è abbattuta pesantemente la scure dei tagli: l’ultima finanziaria ha stabilito infatti che il Fondo ammonterà a 1.175 milioni di euro (300 milioni in meno circa dello scorso anno). E nei prossimi anni andrà anche peggio: 913 milioni per il 2011 e altrettanti per il 2012. WWW.ALTRECONOMIA.IT APPROFONDIMENTO / POLITICHE PUBBLICHE _ 34 il costo della tangente La corruzione rappresenta un fardello da 60 miliardi di euro all’anno. Lo Stato perde la fiducia dei cittadini, ma non interviene La corruzione ha un andamento carsico. La questione riemerge periodicamente in superficie, in corrispondenza di denunce, inchieste e scandali che attirano l’attenzione dei mezzi di comunicazione e dell’opinione pubblica. Un corto circuito di questo tipo si è realizzato proprio a metà febbraio 2010, in coincidenza con il diciottesimo anniversario dell’arresto di Mario Chiesa, che sancì l’avvio di “Mani pulite”. Già da alcune settimane l’inchiesta della Procura di Firenze aveva rivelato la trama di relazioni pericolose intessute da un manipolo di alti burocrati e imprenditori all’ombra degli appalti della Protezione civile. Così l’arresto in flagranza di reato del Presidente della commissione urbanistica del Comune di Milano (Milko Pennisi, nella foto a p. 35), con la mazzetta appena pagata nascosta alla meno peggio, ha finito per evocare in molti un senso di déjà vù, la percezione di un eterno ritorno della corruzione italiana, immutata nei suoi riti e nelle abitudini, ma in fondo fortificata dalla protervia e dall’ostentazione d’impunità dei suoi protagonisti, così come dalla stanchezza o dalla rassegnazione di spettatori e vittime. Ad appesantire il clima ci si sono messi anche gli appuntamenti istituzionali. Proprio il 17 febbraio l’annuale relazione della Corte dei Conti si è trasformata in un pesante atto d’accusa contro gli effetti nefasti della corruzione dilagante sui bilanci dello Stato: una vasta tipologia di opere pubbliche incompiute o inutilizzate, propedeutiche o sintomatiche dell’avvenuta spartizione di tangenti, accompagna la sistematica lievitazione dei prezzi dei contratti pubblici, nell’ordine WWW.ALTRECONOMIA.IT del 40/50 per cento. Ma se il costo diretto della corruzione, stimato all’incirca in 60 miliardi di euro, è un fardello pesante per i disastrati bilanci dello Stato, ancora più allarmanti sono i danni politici e sociali, la delegittimazione delle istituzioni e della classe politica, il segnale di degrado del tessuto morale della classe dirigente, l’affermarsi meccanismi di selezione che premiano corrotti e corruttori nelle carriere economiche, politiche, burocratiche. Incrociando le informazioni ricavabili da fonti statistiche e giudiziarie è possibile fornire miliardi di euro è il una “fotografia” -per costo diretto della quanto approssimativa corruzione in Italia “tre facce” della corruzione e sfumata- delle (Corte dei Conti, 2010) -meno corruzione perseguita dimensioni attuali e presentata al pubblico, mentre della corruzione italiana, il fenomeno è percepito (e vissuto) in individuando alcune linee crescita- se ne ricavano alcune indicazioni. di fondo della sua evoluzione dagli anni Primo, la percezione della corruzione di Mani pulite ad oggi. Le statistiche cresce negli stessi anni in cui si esaurisce giudiziarie mostrano, dopo l’onda lunga la spinta propulsiva delle inchieste, di incriminazioni che cresce fino a metà incriminazioni e condanne diventano degli anni Novanta, una caduta verticale eventi più rari. Ciò significa che negli del numero di denuncie e condanne, che prosegue fino ai giorni nostri. Al contrario, ultimi dieci anni si è presumibilmente allargata la forbice tra corruzione praticata i sondaggi indicano la percezione di una e corruzione denunciata, è lievitata diffusione in crescita della pratica effettiva cioè la “cifra oscura” della corruzione, della corruzione, che avrebbe raggiunto l’ammontare di reati che non emergono nel 2009 i livelli massimi dell’ultimo decennio. I mezzi di comunicazione, a loro alla luce. Del resto, i toni disinvolti dei protagonisti volta, sembrano sempre meno interessati delle intercettazioni telefoniche al tema. A partire da metà degli anni 90 il numero di episodi di corruzione presentati nell’inchiesta fiorentina hanno indotto i al pubblico diminuisce costantemente, ed è magistrati a parlare di una loro “sindrome di impunità”, che li porta a proclamare negli ultimi anni inferiore persino ai livelli tranquillamente di avere “la licenza di pre-Mani pulite. uccidere” quando si tratta di decidere Combinando i sentieri evolutivi di queste 60 MAGGIO 2010 come assegnare gli appalti della Protezione civile. Secondo aspetto, la percezione di una corruzione rampante non scaturisce da una maggiore copertura mediatica. Al contrario, la scarsa presenza del tema sui mezzi di comunicazione è inversamente proporzionale alla sfiducia nell’onestà dei propri amministratori. Nonostante le omissioni dei media, è probabile che altri canali informali di comunicazione e le esperienze dirette abbiano plasmato la sensazione di un clima di illegalità politica diffusa. Infine, il crollo di attenzione giornalistica nei confronti degli scandali è stato in proporzione ancora più marcato rispetto alla riduzione dei procedimenti giudiziari. Accanto alla sordina imposta sui casi scomodi dal “nuovo ordine” televisivo e mediatico, può aver influito una sorta di effetto-saturazione: dopo la “grande abbuffata” di mani pulite, si è alzato il MAGGIO 2010 e rt o ucc i* 35 _ livello di tolleranza pubblica di “modiche quantità” di corruzione. Si è smorzato così anche il potere deterrente che la semplice esposizione al sospetto della corruzione esercitava sulla classe politica, suscitando un giudizio pubblico ancor più temuto della sanzione penale, per il suo effetto distruttivo sulla reputazione e sulle carriere dei politici coinvolti. C’è poi da considerare l’effetto distorsivo indotto dall’ormai quindicennale campagna assolutoria volta a minimizzare le ricadute del coinvolgimento di Silvio Berlusconi -nelle alterne vesti di capo del governo e leader dell’opposizione- in inchieste per reati di corruzione o affini. Anche se i procedimenti non sono arrivati a sancirne la colpevolezza, grazie alle defatiganti schermaglie giudiziarie o agli scudi normativi ad hoc, sono comunque serviti a spostare ampia parte del pubblico verso una chiave di lettura che associa per default le notizie di corruzione all’azione di magistrati politicamente schierati. Lo scenario è quindi quello di una corruzione ancora capillare e più frequentemente impunita, in un contesto di sfiducia generalizzata verso l’onestà dell’intera classe dirigente. La “nuova” corruzione presenta poi un altro elemento chiave di continuità rispetto a quella svelata all’inizio degli anni Novanta. È ancora una corruzione sistemica, nella quale le condotte, gli stili, le movenze degli attori coinvolti appaiono incardinati entro copioni prefissati, seguono regole codificate. Appaiono tuttora in vigore -proprio come nelle storie svelate da di mani pulite- norme di comportamento che facilitano l’identificazione di partner affidabili, emarginano o castigano onesti e dissenzienti, socializzano i nuovi entrati, scongiurano pericolose controversie, abbattono i rischi. Come mostrano -ancora per poco, se la stretta governativa sulle intercettazioni andrà in porto- le conversazioni tra i soggetti coinvolti nelle inchieste, chi partecipa al gioco della corruzione sistemica sa bene a quali interlocutori rivolgersi e la loro attendibilità, quali codici linguistici utilizzare, le percentuali da pagare, i fenomeno occultato Nelle statistiche giudiziarie, il principale indicatore dell’ampiezza della “corruzione perseguita”, l’onda di “Mani pulite” rifluisce dopo il picco raggiunto nel 1995, quando ci sono stati quasi 2mila reati e oltre 3mila persone denunciate. Dopo un calo costante, nel 2006 i numeri sono ridotti a meno di un terzo. Lo stesso andamento caratterizza le condanne: da un massimo di oltre 1.700 nel 1996 alle appena 239 del 2006, con una caduta verticale che si accentua a partire dal 2001. In alcune regioni si assiste a un vero e proprio tracollo: da 138 condanne per corruzione nel 1996 a 5 nel 2006 in Sicilia; da 545 a 43 in Lombardia; da 19 a zero in Calabria. Un altro “termometro” della diffusione della corruzione è fornito da sondaggi e rilevazioni statistiche. Secondo Eurobarometro, tra il 2005 e il 2008 la percentuale di cittadini italiani per i quali la corruzione è un problema rilevante cresce dal 75 all’84 per cento; nel corso del 2009, il 17 per cento si è visto chiedere od offrire una tangente (erano il 9 per cento due anni prima). Questo quadro a tinte fosche trova conferme nel “Corruption perception index” della ong Trasparency International, che misura le percezioni di esperti e osservatori internazionali sulla diffusione del fenomeno. Fin dalla prima rilevazione (1995) un baratro separa l’Italia dalle altre democrazie. Oggi siamo crollati dal 41° posto del 2006 al 63° del 2009, con il peggiore punteggio dell’ultimo decennio, quart’ultimo tra i Paesi dell’Ue. L’Italia è considerata un Paese nel quale il ricorso alle tangenti è agli stessi livelli dell’Arabia Saudita, e più frequente rispetto a Cuba, Turchia, Namibia, Malesia, Giordania, Botswana. Un’ulteriore fonte d’informazione sulla corruzione è rappresentata dai mezzi di comunicazione. I dati disponibili -un’elaborazione sulle notizie fornite da la Repubblica- mostrano come tra il ‘92 e il ‘94 siano stati presentati al pubblico in media 220 episodi di corruzione ogni anno, scesi a 88 nel biennio successivo, a 44 tra il ‘97 e il 2000. La decrescita prosegue, con appena 29 casi in media tra il 2008 e il 2009. Nel mondo incantato dei media l’Italia non è mai parsa così virtuosa. agenzia fotogramma getty images lb di a n van WWW.ALTRECONOMIA.IT APPROFONDIMENTO / POLITICHE PUBBLICHE il costo della tangente _ 36 58 parametri di spartizione delle tangenti o i criteri di rotazione seguiti da imprese o partiti cartellizzati. Affiorano però alcuni elementi di differenziazione tra “nuova” e “vecchia” corruzione. Grazie ai processi di apprendimento si osserva infatti l’applicazione di tecniche più sofisticate per minimizzare il pericolo di incorrere in controversie o di sollevare le attenzioni degli organi di controllo. Le “tangenti pulite e fatturate” -così battezzate in un’intercettazione telefonica tra i protagonisti degli appalti della Protezione civile- possono assumere forme differenziate, dall’intestazione a prestanome o familiari di società fornitrici di improbabili consulenze ad enti pubblici, alle partecipazioni societarie incrociate estese a familiari o prestanome, come camera di compensazione dei versamenti attesi. Quella che emerge oggi, in definitiva, non è tanto una corruzione liquida o gelatinosa, come l’hanno definita commentatori e inquirenti per contrapporla a quella del passato, strutturata intorno all’obolo coatto versato dalle i casi di corruzione cui sono stati dedicati articoli dal quotidiano “la Repubblica” negli anni 2008 e 2009 imprese ai partiti. È infatti una corruzione ancora “solidamente” regolata, dove però a seconda dei contesti il ruolo di garante del rispetto delle “regole del gioco” è ricoperto da attori diversi: l’alto dirigente oppure il faccendiere ben introdotto, il “boss dell’ente pubblico” o l’imprenditore dai contatti trasversali, il capofamiglia mafioso o il leader politico a capo di costose macchine clientelari. Collocandosi al centro delle nuove reti di corruzione, questi soggetti riescono ad assicurare che tutto fili liscio, favoriscono l’assorbimento dei dissidi interni e creano le condizioni per l’impermeabilità del sistema della corruzione ad intrusioni esterne. Per queste ragioni, di fronte all’eterno ritorno della corruzione, l’eredità di Mani pulite appare controversa. All’enfasi sull’azione purificatrice della magistratura, cui la società civile è sembrata per un breve periodo delegare le proprie aspettative di rinnovamento, ha fatto seguito la delusione per i risultati delle inchieste, falcidiate da prescrizioni e dagli effetti nefasti -sotto un profilo sia pratico che simbolicodelle molte leggi ad personam. Di qui lo strascico di un’escalation di tensioni tra potere politico e sistema giudiziario, il pessimismo ancor più radicato sull’onestà della classe dirigente, la rinnovata tolleranza nei confronti delle molte manifestazioni d’illegalità di massa. Questo processo si lega in una certa misura allo spegnersi d’interesse degli elettori per i temi attinenti alla “questione morale”, sancito dai ripetuti successi elettorali del pluri-inquisito leader del centrodestra e dei suoi emuli. Ma dipende anche dal ruolo ambiguo della classe politica, che incapace di attuare riforme anti-corruzione ha finito per abdicare -per incapacità o cattiva volontà- al proprio ruolo, delegando di fatto la risposta istituzionale alla corruzione dilagante alla sola repressione penale. Così facendo, ha delegittimato l’azione dei magistrati, intralciandone l’attività con misure ritagliate sulle esigenze giudiziarie del premier. * Alberto Vannucci insegna Analisi delle politiche pubbliche alla Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Pisa. Nel 2007 con Donatella della Porta ha scritto Mani impunite. Vecchia e nuova corruzione in Italia (Laterza) una lotta ad armi impari Nel dibattito pubblico molta attenzione è stata prestata ad alcune macro-cause della vasta e ramificata corruzione italiana, dall’eccesso di regolazione ai costi iperbolici della politica, cui va aggiunta l’eredità di una storia pluridecennale di illegalità pervasiva. Si sono infatti sviluppate nel mondo della politica e dell’economia prassi informali e criteri di legittimazione che condensano i principi di una vera e WWW.ALTRECONOMIA.IT propria “cultura della corruzione”, col suo retaggio di (dis)valori ben radicati nell’intera classe dirigente. Ma naturalmente ha pesato, e molto, anche l’inerzia della classe politica. Le tanto invocate -almeno negli anni Novanta- politiche anti-corruzione sono sfociate in pochi provvedimenti aventi solo blando valore simbolico, forzati dal tardivo recepimento di convenzioni internazionali. Simbolo del fallimento è l’istituzione nel 2003 di un Alto commissario per la lotta alla corruzione ad opera del secondo governo Berlusconi, con una dotazione irrisoria di risorse, poteri inconsistenti e per giunta posto “alla dirette dipendenze funzionali” del Presidente del Consiglio. Un ente anticorruzione al guinzaglio del potere politico non è propriamente il massimo in termini di garanzie d’autonomia, ma comunque, e a scanso di equivoci, nel 2008 lo si è abolito. Gli è subentrato un ancor più modesto Servizio anticorruzione e trasparenza, stavolta alle dipendenze del ministro per la Pubblica amministrazione, che nel suo ultimo rapporto annuale spende diverse pagine per dimostrare che in Italia la corruzione, alla fin fine, non è questo gran problema: diminuiscono i reati denunciati, l’alta “varianza” delle rilevazioni rende poco attendibili i severi giudizi di Transparency International, e nell’indicatore su Trasparency in reporting le imprese italiane sopravanzano quelle francesi e britanniche per quanto riguarda l’approvazione e l’accessibilità di documenti e codici di condotta. Come se non fosse nota l’eccellenza italiana nell’arte di produrre carta contenente disposizioni che nessuno si sogna di osservare. La scomparsa della corruzione italiana è forse l’ennesimo miracolo del ministro Renato Brunetta? MAGGIO 2010 L’ANTIMAFIA QUOTIDIANA / ATTUALITÀ di p i or etr ait ano 37 _ sindaci contro le mafie L’educazione alla legalità democratica è il fine di “Avviso Pubblico”, associazione di enti locali nata nel 1996. A maggio la incontrate a Certaldo La lotta alle mafie e alla criminalità organizzata comincia nelle aule dei consigli comunali. È la sfida di Avviso Pubblico, “Enti locali e Regioni per la formazione civile contro le mafie” una rete di amministratori di Comuni, Province, Regioni e Comunità montane nata nel 1996 per promuovere azioni di prevenzione e contrasto all’infiltrazione mafiosa nel governo degli enti locali e per aggregare, tra questi ultimi, quelli che hanno manifestato o manifestano il loro interesse verso percorsi di educazione alla legalità democratica . L’associazione in questi anni ha svolto diverse attività -anche in collaborazione con Libera di don Luigi Ciotti (vedi Ae114)- per la realizzazione di progetti finalizzati a promuovere la cittadinanza e la partecipazione tra i giovani: seminari, workshop, interventi nelle scuole, convegni, pubblicazione di atti e quaderni, documentazione. Attualmente Avviso Pubblico conta 170 soci, tra i quali una dozzina di Province e tre Regioni (Liguria, Puglia e Toscana). Il presidente è, dal 2002, Andrea Campinoti: 39 anni, è sindaco del Comune di Certaldo (Fi), dove a maggio si terrà la seconda festa nazionale di Avviso Pubblico (vedi box). Nelle sue parole le finalità dell’associazione: “Nel nostro statuto è scritto chiaramente: promozione della legalità democratica. Il nostro impegno quindi è quello di diffondere le buone pratiche delle amministrazioni locali in tema di mafie e criminalità organizzata. Non dimentichiamoci: l’anno della nascita di Avviso Pubblico, il 1996, è in piena Tangentopoli. Allora emerse subito la necessità per la politica di darsi nuova credibilità, individuando nella lotta alla mafia e alla corruzione il proprio elemento decisivo. Per fare questo lavoriamo su tre filoni: educare alla legalità e alla responsabilità nelle scuole e con la società civile, anche attraverso la creazione di strumenti di partecipazione che favoriscano la promozione della democrazia; rafforzare esperienze di contrasto alla criminalità -anche con sportelli antiusura e racket, e l’utilizzo di beni confiscati-; proporre al legislatore la modifica della normativa. a 18 anni da capaci, certaldo “Insieme per un impegno Comune”. Gli amministratori degli enti locali aderenti ad Avviso Pubblico danno appuntamento nella splendida cornice di Certaldo, in provincia di Firenze, per la seconda festa nazionale dell’associazione, dal 20 al 23 maggio 2010. Ricchissimo il programma (tutte le informazioni sono sul sito MAGGIO 2010 www.avvisopubblico.it). Si comincia giovedì sera con il convegno “Mafia Export. Come Cosa nostra, ‘ndrangheta e camorra hanno colonizzato il mondo”. Venerdì mattina ci si sposta nell’auditorium delle scuole medie con la proiezione del documentario “Schiaffo alla mafia”, mentre la serata è dedicata alla Insieme a questo, lavoriamo costantemente sulla formazione degli amministratori”. I Comuni in Italia sono però 8mila, eppure meno di 170 sono soci di Avviso Pubblico. Ci sono nomi significativi, come Locri (Rc), Corleone (Pa) o Niscemi (Cl), la Provincia di Napoli e quella di Reggio Calabria, ma mancano all’appello realtà importanti, come Palermo o Milano. “Quando divenni presidente i soci erano 50. Oggi il numero è in crescita, anche se in alcune aree del Paese c’è difficoltà ad ammettere l’esistenza sul proprio territorio del fenomeno mafioso. Un meccanismo di rimozione che costituisce un grosso errore poiché l’indifferenza su questi temi è una colpa. D’altra parte, lavoriamo con un numero di enti locali che è ben superiore al numero dei soci. Perché dire ‘aderisco ad Avviso Pubblico’ vuol dire anche esporsi molto, metterci la faccia. Anche se in pochi lo ricordano, in Italia centinaia di amministratori pubblici subiscono intimidazioni anche gravi nel più totale silenzio, solo perché fanno rispettare le regole degli appalti, tanto per fare un esempio”. A sinistra, gli amministratori degli enti locali soci di Avviso Pubblico fotografati con uno striscione durante la manifestazione in memoria delle vittime della mafia organizzata da Libera a Milano, il 20 marzo 2010 presenza di mafie straniere e italiane in Toscana. Sabato pomeriggio (dopo l’intitolazione del centro polivalente alla memoria di Antonino Caponnetto) assemblea degli amministratori locali aderenti all’associazione, e in serata il convegno “L’antimafia sociale. Quando i cittadini e gli enti locali fanno la loro parte”. Domenica mattina passeggiata amatoriale dedicata a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, e in serata il convegno “Lo stato della lotta alla mafia a diciotto anni dalle stragi di Capaci e di via D’Amelio” (23 maggio e 19 luglio 1992). Hanno confermato la presenza alla festa tra i relatori Francesco Forgione, PIetro Suchan, Ettore Squillace Greco, Enzo Ciconte, Pier Luigi Vigna, Angela Napoli, Rita Ghedini e Giorgio Pighi. Sono attesi anche don Luigi Ciotti, Walter Veltroni, Nichi Vendola e Fabio Granata. WWW.ALTRECONOMIA.IT APPROFONDIMENTO / GIUSTIZIA FISCALE _ 38 di ib gig oac ca Polizze vita, frazionamento azionario e fondi immobiliari permettono di accedere a regimi fiscali vantaggiosi. Ma non per tutti grandi rendite in fuga dalle tasse Italia Paese di naviganti, poeti e paperoni. Pochi paperoni, 0,1% imago economica una sparuta minoranza che rappresenta appena lo 0,1% della popolazione: neanche 77mila individui, in un Paese con oltre 60 milioni di abitanti, che possano vantare un reddito superiore ai 200mila euro. Questo, almeno, è ciò che emerge dalla lettura dei dati sulle dichiarazioni dei redditi degli italiani per il 2008. Ma ricchezza reale e tasse pagate non vanno quasi mai d’accordo. Esistono infatti delle alchimie che consentono di avere un conto da nababbo pagando meno imposte di un operaio cassintegrato. Vediamone alcune. pari soltanto al 12,5%. Già una scelta del genere consente di assoggettare i guadagni a un livello di imposizione vantaggioso. Ma c’è un altro aspetto interessante: la possibilità di compensare fra loro quanto perso e quanto guadagnato dall’investimento. Facciamo un esempio. Mettiamo il caso che la polizza sia composta da due titoli del valore di 50 per uno. Poniamo il caso che, alla fine della gestione, il primo paniere abbia acquistato valore fino a diventare 70, mentre il secondo abbia perso tanto da valere 30. Tirando le somme si ottiene una plusvalenza di 20 sul primo paniere, e una uguale minusvalenza sul secondo per è la popolazione italiana cui, compensando, l’imponibile con un reddito superiore a 200mila euro secondo è pari a zero. Quindi se è vero che i dati del Fisco per un verso la polizza ha perso valore è altrettanto vero che sulla parte virtuosa il guadagno ottenuto è, di fatto, esentasse. Ancora, il regime fiscale applicato non lascia traccia di queste operazioni nella dichiarazione dei redditi perché il momento impositivo è gestito, in completo anonimato, esclusivamente dall’intermediario. Un’altra operazione interessante è, poi, il cosiddetto “frazionamento azionario”. Un meccanismo, cioè, che consente di sfruttare il differente trattamento fiscale esistente fra le partecipazioni “qualificate” -quelle cioè caratterizzate da una forte presenza nel capitale dell’impresa-, e le non qualificate. Mentre i proventi derivanti dalle prime concorrono, seppure in parte, alla formazione del reddito della persona fisica, quelli delle non qualificate scontano un’imposta del 12,5%. Già così, la convenienza salta all’occhio. Pensiamo al capofamiglia che, con questo sistema, decide di suddividere il carico fiscale Per prima cosa, un ottimo sistema sarebbe di investire in prodotti assicurativi a elevato contenuto finanziario, come le “polizze vita”. Giusto per dare un riferimento, stiamo parlando di un mercato che, secondo le rilevazioni dell’Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici (www.ania.it), valeva nel 2008 complessivamente 412 milioni di euro. Ovvero se avessimo dei risparmi e, attraverso un intermediario, decidessimo di stipulare una polizza assicurativa, potremmo usufruire di un regime fiscale che tassa i proventi dell’investimento con un’aliquota WWW.ALTRECONOMIA.IT MAGGIO 2010 Nella foto sotto, manifestazione a favore dell’introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie davanti al parlamento europeo di Bruxelles, a marzo 39 _ zerozerocinque, l’imposta che vogliamo Visti i volumi dei mercati finanziari, inoltre, anche un’imposta molto piccola permetterebbe di riscuotere un gettito enorme, dell’ordine delle centinaia di miliardi di dollari ogni anno su scala globale. Risorse disponibili per finanziare i beni pubblici globali, la lotta ai cambiamenti climatici, la cooperazione internazionale. Una parte del gettito potrebbe essere È stata lanciata anche in Italia una campagna per chiedere ai membri del G20 che si riuniranno a fine giugno in Canada l’introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie. Si tratta di un’imposta molto ridotta (tipicamente lo 0,05%) su ogni operazione finanziaria. Il tasso così piccolo non impatterebbe gli investimenti di lungo periodo e l’economia reale. Al contrario, gli speculatori, che realizzano centinaia o migliaia di operazioni quotidiane per guadagnare su piccole oscillazioni dei prezzi, dovrebbero pagare la tassa su ogni transazione. Si tratta quindi di una misura estremamente mirata ed efficace contro la speculazione e per frenare lo strapotere della finanza. Tineke D’haese/Oxfam fra i membri del proprio nucleo. E ora facciamo due conti. Prima della trasformazione il dividendo della partecipazione qualificata va a ingrossare il reddito imponibile del soggetto nella misura del 49,72 per cento, così dice la norma. Per cui su un dividendo di 100, si aggiungono 49 al reddito imponibile e il totale si tassa con la progressiva. Il carico fiscale effettivamente generato sarebbe del 21 per cento, ma dopo il make-up il livello di imposizione scende al 12,5. Anche in questo caso il fenomeno riguarda pochi eletti che, tuttavia, possono contare su patrimoni di tutto rispetto. Recentemente, PricewaterhouseCoopers ha quantificato in 883 miliardi di euro il valore dei grandi patrimoni italiani nel 2009. Per quelli all’antica, poi, c’è sempre il mattone. E un investimento del genere, si sa, è sempre un ottimo affare, addirittura la convenienza aumenta se si è in grado di aderire a un fondo immobiliare. I fondi, in generale, rappresentano un particolare tipo di prodotto finanziario che permette di trasformare gli investimenti immobiliari in attività finanziarie. Per cui, aderendo a un fondo, non si entra in possesso di un immobile vero e proprio ma si acquistano delle quote del suo patrimonio. Stiamo parlando di una bella torta. Una torta che secondo un recente studio dell’associazione che rappresenta le società di gestione del risparmio nel nostro usata per ridare fiato ai conti pubblici, colpiti dalla crisi e dagli enormi piani di salvataggio per salvare il sistema finanziario. In altre parole, la tassa sulle transazioni finanziarie permetterebbe di fare pagare una buona parte del costo della crisi a chi ne ha le maggiori responsabilità -i giganti della finanza e gli speculatori- mentre fino a oggi tale costo è stato scaricato MAGGIO 2010 Paese, Assogestioni, ha una consistenza patrimoniale di 20 miliardi di euro, suddivisi fra poco più di 140 fondi. La convenienza dell’immobiliare, comunque, sta nel fatto che sui proventi periodici distribuiti ai soci si applica una ritenuta alla fonte del solo 20%. Il che, tradotto, significa consentire all’investitore di tassare al 20 un provento che, verosimilmente, avrebbe dovuto assoggettare a un’aliquota del 43. Se, infatti, gli immobili fossero stati acquistati e poi affittati i canoni di locazione avrebbero concorso a formare il reddito imponibile della persona e, quindi, sarebbero stati sottoposti all’imposizione progressiva. In questo modo, invece, la tassazione viene spostata direttamente sul fondo. Secondo Roberto Moro Visconti, professore di Finanza aziendale all’Università Cattolica di Milano, in confronto con altri Stati europei “il nostro sistema favorisce il risparmio rispetto al lavoro e investimenti. Anche se c’è da dire che le rendite sono state falcidiate dalla crisi. Siamo tassati relativamente poco, dunque, ma su introiti che negli ultimi anni si sono sempre più assottigliati anche perché i tassi di interesse sono ai minimi storici, le Borse sono sui cittadini, sui lavoratori, sulle fasce più deboli della popolazione, tanto nel Nord quanto nel Sud del mondo. La proposta ha recentemente ricevuto il sostegno di molti capi di Stato e di governo, come in Francia o in Germania, della presidenza della Commissione Europea e di diverse altre istituzioni. L’appuntamento del G20 di Toronto, a fine giugno, è un momento fondamentale per chiedere l’approvazione di questa misura. Per questo le campagne lanciate dalle reti internazionali si concentrano su un appello indirizzato ai capi di Stato e di governo dei Paesi del G20. In Italia, tutte le informazioni e l’appello da firmare on-line sono disponibili su www.zerozerocinque.it crollate nell’autunno 2008 e i dividendi sono magri”. Sul tema comunque il dibattito nell’area euro è perennemente caldo. Lo conferma Moro Visconti: “Da almeno un decennio in Europa si discute di armonizzare il livello di tassazione delle rendite finanziarie, anche perché le emissioni acquistano sempre più una dimensione sovranazionale. Il problema, però, non è facile da risolvere. Per quanto riguarda il nostro Paese, la proposta era di introdurre un’aliquota unificata del 19-20% che, per esempio, risolverebbe il problema dei differenti trattamenti cui sono soggetti le varie tipologie di interessi da rendita finanziaria. Un meccanismo del genere, comunque, dovrebbe essere accompagnato da un processo complessivo di riforma capace di tassare di più il risparmio, e di meno il lavoro”. La crisi però ci ha messo lo zampino. “In un momento come quello attuale è molto delicato parlare di riforma fiscale. Aumentando le tasse, soprattutto quelle sul risparmio, vero salvagente in tempo di crisi finanziaria, si penalizzano i cittadini svilendo la loro capacità di spesa, mentre diminuendole crollano gli introiti dello Stato. Prevedo che dovremo attendere ancora diversi anni prima che si possa discutere concretamente di questo tema specifico”. E a noi non resterebbe che incrociare le dita. WWW.ALTRECONOMIA.IT DAL NOSTRO INVIATO / IMPRESE&DIRITTI _ 40 di r icc ard al ov sec chi La Bielorussia è strategica per il trasporto dei combustibili dalla Russia all’Europa. È una democrazia solo sulla carta, ma l’Italia ci fa affari lo stesso alla corte del dittatore E l’Italia non si fa scrupoli a stringere accordi d’affari con l’uomo che l’occidente chiamava, fino a poco tempo fa, “l’ultimo tiranno d’Europa”, Alexander Lukashenko (vedi Ae 114). Questo è il messaggio emerso dalla missione a Minsk del 22 febbraio 2010 condotta dal sottosegretario allo Sviluppo economico Adolfo Urso, insieme a una delegazione di 70 imprese e a rappresentanti di Unicredit, Intesa Sanpaolo e Mediobanca. Durante l’incontro bilaterale con il governo bielorusso è stato sottoscritto un accordo per la creazione di un’area industriale esclusivamente made in Italy nella zona economica speciale di Brest, con un fondo di 165 milioni di euro di crediti aperti dagli istituti finanziari italiani presenti e un servizio ferroviario quotidiano sulla linea Portogruaro (Ve)-Brest-Mosca per il trasporto di merci. Le aziende che parteciperanno al progetto potranno usufruire di particolari agevolazioni: l’esenzione dal pagamento delle imposte sui redditi per i primi 5 anni e la deroga dai dazi doganali per l’importazione e l’esportazione di prodotti o macchinari. Il nuovo centro industriale nel distretto (oblast) di Brest, al confine con la Polonia, è solo una delle iniziative che hanno preso forma dopo la visita del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi a Minsk, il 30 novembre 2009, la prima volta di un leader occidentale alla corte del tiranno bielorusso. Alexander Lukashenko è dal 1994 il capo incontrastato della giovane Repubblica presidenziale. Vincitore a sorpresa nelle prime elezioni democratiche, venne rieletto nelle successive tornate elettorali con il 75,6% (2001) e l’82,6% (2006) dei voti. In entrambe le occasioni gli osservatori internazionali ritennero che non fossero stati rispettati gli standard per lo svolgimento di consultazioni libere e democratiche. Durante gli oltre 15 anni di dominio, il presidente si è contraddistinto per una politica autoritaria e dispotica, imperniata sulla centralizzazione del potere legislativo ed esecutivo, sulla repressione dei diritti umani e della libertà di stampa, sulla persecuzione dell’opposizione, nonché sul monopolio statale delle strutture economiche. I nemici si riferiscono a lui come dittatore, i sostenitori come bat’ka (padre), i bielorussi preferiscono non nominarlo: “Abbiamo troppa paura” confessa uno studente di fronte alla National Library di Minsk. Dietro Oktyabrskaja Square, all’incrocio con Karl Marx Street, si trova la residenza del Presidente. Qui, adducendo a motivo “quel profondo legame tra i nostri Paesi che nasce da quei 25mila riccardo valsecchi La Bielorussia è pronta per gli investitori italiani. bambini vittime di Cernobyl ospitati dalle famiglie italiane dal 1986 a oggi”, il governo italiano ha firmato accordi con lo stesso uomo che ha perseguitato, incarcerato ed esiliato Juri Bandazhevsky, il primo medico a denunciare le conseguenze del disastro atomico sulla popolazione bielorussa. In prima linea tra i nuovi investitori c’è Finmeccanica, il gruppo italiano leader nel settore della difesa, dell’aerospazio, dell’energia e dei trasporti. Il 15 settembre 2009 il presidente e ad del gruppo, Pier Francesco Guarguaglini, si è recato a Minsk per partecipare a un incontro con le nuove relazioni commerciali privilegiate tra minsk e roma L’interscambio commerciale tra Bielorussia e Italia prima dell’accordo commerciale e le nuove imprese interessate dopo la visita di Silvio Berlusconi, a Minsk il 30 novembre 2009. 2008. Esportazioni: 320,5 milioni di euro (+46% rispetto a 2007). Importazioni: 872,4 milioni (28% rispetto a 2007). 81 Aziende: 48 capitale misto, 33 a capitale interamente italiano. Investimenti: 10,9 milioni di euro. WWW.ALTRECONOMIA.IT 2009 (gennaio-novembre). Esportazioni: 151,7 milioni di euro. Importazioni: 622,4 milioni. 80 Aziende: 49 capitale misto, 31 a capitale interamente italiano. Investimenti: 7,3 milioni di euro. Da allora sono stati firmati i seguenti accordi: 1. accordo inter-governativo sulla cooperazione economica; 2. intesa tecnica sulla cooperazione in campo veterinario; 3. accordo sul divieto della doppia imposizione fiscale (tutti il 30 novembre 2009, con il premier italiano Silvio Berlusconi); 4. accordo-quadro di cooperazione economica tra Italia e Bielorussia (il 30 novembre 2009, con l’ambasciatore Giulio Prigioni); 5. memorandum d’intesa (il 30 novembre 2009, con Finmeccanica); 6. dichiarazione congiunta sulla costituzione nella Repubblica di MAGGIO 2010 Sopra, il palazzo che ospita la Biblioteca Nazionale di Bielorussia. Sotto, Alexander Lukashenko fotografato durante un incontro con il presidente russo Dmitry Medvedev Estonia Lettonia Lituania Minsk Russia 41 _ Bielorussia Polonia Ucraina il governo bielorusso, che ha avuto come risultato la firma di un memorandum d’intesa per la collaborazione nel settore dei trasporti, della sicurezza, dello spazio, del servizio postale e del settore energetico. In particolare Finmeccanica fornirà attraverso Selex Si, sistemi di sicurezza per l’area di Minsk, per i collegamenti autostradali e per i Campionati mondiali di hockey (2014); attraverso Elsag Datamat, sistemi di automazione postale; attraverso Ansaldo Energia, consulenza in materia di energia sia convenzionale che nucleare, e per ciò che riguarda i relativi sistemi di sicurezza. Attualmente in 165 agenzia fotogramma milioni di euro. Le linee di credito accese dalle banche italiane per le aziende che investono in Bielorussia Bielorussia sono presenti 80 aziende italiane, 49 a partecipazione mista, 31 a capitale interamente italiano. Eccetto pochi marchi che rappresentano prodotti tipici, come Marmi di Carrara, o aziende storicamente presenti dai tempi dell’Unione Sovietica, come Danieli & C. Officine Meccaniche, leader mondiale nella produzione d’impianti siderurgici, si tratta per lo più di compagnie poco rilevanti, che operano nei settori dei beni di consumo -abbigliamento, cosmetici e alimenti- e nella lavorazione del legno. Il commercio di molti prodotti italiani di marca, soprattutto nel settore della moda, è ostacolato dall‘ingente presenza di merce di contrabbando dal confine russo. Fiorente è anche il traffico di opere musicali, cosmetici e capi d’abbigliamento contraffatti, sebbene non di produzione locale. Anche per ciò che riguarda i volumi d’esportazione (466 milioni di euro nel 2008, soprattutto investiti nell’acquisto di macchinari meccanici) e d’importazione (141 milioni di euro nel 2008), l’Italia, rispetto ad altri paesi quali Russia, Germania o Polonia, non ha rappresentato nel recente passato un partner importante per la Bielorussia. Fino a ora il maggior ostacolo a un interscambio tra i due Paesi è stato la totale partecipazione del governo locale nelle attività economiche. Lo Stato possiede l’85% circa delle imprese e, al fine di scoraggiare l’iniziativa privata, impone dazi doganali e costi di licenza altissimi. Il sistema bancario è Bielorussia di un distretto industriale con la partecipazione delle aziende italiane nella zona di Brest; 2. dichiarazione congiunta in seguito al terzo Forum Economico ItaliaBielorussia. Un altro fronte, riguarda invece gli “impegni” presi da parte delle aziende italiane: 1. Danieli & C. Officine Meccaniche. 175 milioni di euro d’investimento per la partecipazione alla gara d’appalto nella costruzione d’impianti siderurgici in collaborazione con la locale Byelorussian MAGGIO 2010 Iron and Steel Works (Bmz). Finmeccanica. Trasporti: autobus a gas per il trasporto urbano e per la realizzazione di sistemi di controllo automatico nel campo ferroviario e dei trasporti urbani. Spazio: accordi comuni per implementare la cooperazione tra imprese e istituti scientifici per lo sviluppo di centri di eccellenza spaziale, in particolare per quanto attiene alle tematiche ambientali ed alle comunicazioni. Selex sistemi integrati (Gruppo Finmeccanica). Homeland Security: anch’esso per il 76% in mano allo Stato: l’unica società di credito straniera è la Priorbank di Raiffeisen International, gruppo austriaco noto per il forte legame con Gazprom, il colosso del gas russo. La crisi internazionale, che ha avuto come conseguenza un fortissimo calo delle esportazione (-47,7%) e delle importazioni (-33,4%) nel primo semestre del 2009, ha costretto Lukashenko ad aprire la Bielorussia a nuovi mercati. In particolare, il governo ha approvato un piano di privatizzazione che prevede la vendita di quote di controllo di 519 aziende statali e di quote di minoranza per altre 217; l’abrogazione del golden share, ovvero il diritto d’intervento del governo in aziende private una volta di proprietà statale; l’accettazione della manodopera straniera; l’eliminazione dei dazi doganali sui macchinari d’importazione. “Il Paese è classificato ancora come area ad alto rischio -spiega Marco Minoretti, analista della Sace (Servizi assicurativi per il commercio estero) per i Paesi dell’ex Urss-, ma le sue credenziali sono state ‘rivalutate’ sia in virtù della buona performance offerta nel rispettare i parametri imposti dal Fondo monetario per ottenere un credito di 3,5 miliardi di dollari, sia per la solidità del sistema bancario, sia per una stabilità politica confermata nelle elezioni parlamentari del 2008”. Nell’occasione l’opposizione non riuscì a ottenere nemmeno un seggio. Queste ragioni, oltre a un evidente maggiore interesse delle aziende italiane a operare in Bielorussia, hanno spinto la Sace ad aumentare il plafond assicurativo sul territorio, dai 20 milioni di euro del luglio 2009 ai 50 attuali. Priva di sbocchi sul mare e per nulla ricca di risorse naturali, la paludosa e poco fertile Bielorussia costituisce una zona strategica tecnologie per garantire la sicurezza dell’area di Minsk, dei Campionati mondiali di hockey (2014), del “Corridoio 2” e del “Corridoio 9”. Spazio: accordi comuni per implementare la cooperazione tra imprese e istituti scientifici per lo sviluppo di centri di eccellenza spaziale, in particolare per quanto attiene alle tematiche ambientali ed alle comunicazioni. Elsag Datamat (Finmeccanica). Postale: l’accordo con l’azienda nazionale bielorussa BelPostha, per realizzare sistemi di automazione postale. Ansaldo Energia (Finmeccanica). Consulenza in materia di energia, sia convenzionale che nucleare, e i relativi sistemi di sicurezza. Italia Logistica (Fs e Poste Italiane). Collegamento Portogruaro (Ve)-BrestMosca Linee di Credito. Mediolanum: 70 milioni € Intesa San Paolo: 55 milioni € Unicredit: 40 milioni (dati www. sardegnabelarus.it, ministero dello Sviluppo economico) WWW.ALTRECONOMIA.IT DAL NOSTRO INVIATO / IMPRESE&DIRITTI alla corte del dittatore _ 42 per il mercato italiano. Grazie ai 30mila chilometri di gasdotti provenienti dalla Russia, che attraversano il suo sottosuolo diretti verso l’Europa e le permettono di svolgere un ruolo fondamentale nella distribuzione delle risorse energetiche. Forte di ciò, più volte il governo di Minsk ha boicottato il flusso degli idrocarburi destinati all’Ue, al fine di ottenere da Mosca una maggiore percentuale sui prezzi di transito. Grazie al passaggio d’importanti vie di trasporto, come il “Corridoio 2” che congiunge Berlino, Varsavia, Minsk e Mosca, e il “Corridoio 9”, che collega da Sud a Nord il Mar Nero con il Mar Baltico. Infine, il fatto che la Bielorussia rappresenta una finestra commerciale verso Russia e Kazakistan, soprattutto dopo la sottoscrizione -il 27 novembre 2009- dell’Unione doganale tra i tre Stati, che prevede la cancellazione dei dazi, nonché la creazione in un futuro prossimo di una moneta unica. Se il neo-presidente ucraino Viktor Janukovic accettasse l’invito del premier russo Vladimir Putin all’ingresso dell’Ucraina nell’Unione doganale, si aprirebbe un “appetitoso” spazio economico e monetario da 220 milioni di abitanti. Da non sottovalutare poi che, come molti Paesi dell’ex Urss, la Bielorussia può fornire una forza lavoro altamente qualificata e dai costi contenuti, visto il basso tenore di vita. Non a caso il sottosegretario Adolfo Urso ha auspicato, per il progetto nella regione di Brest, un futuro “modello Timisoara”. Negli anni Novanta 2.600 aziende italiane, in particolare venete, delocalizzarono nella città romena. Per chi è alla ricerca di costi più bassi, la democrazia è un di più. CHI SI OPPONE A LUKASHENKO IN BIELORUSSIA È RIDOTTO AL SILENZIO CON LA VIOLENZA. SOLO BERLUSCONI NON LO VEDE un regime costruito sui media riccardo valsecchi affatto”. Nell’occasione il premier italiano si rivolse al presidente Lukashenko con queste parole: “La gente ti ama, lo dimostrano le elezioni”. “Certo, Lukashenko sa come farsi amare -corregge Milinkevich-. È l’unico politico ad avere accesso ai canali televisivi; ha riempito le strade della propria immagine; ha represso e imprigionato gli avversari e i dissidenti. Volete che la gente non dica di amarlo?”. “La realtà -continua il leader del Movement for Freedom- è che un premier straniero in visita a un regime autoritario dovrebbe considerare le conseguenze di certe esternazioni e l’uso propagandistico che il governo fa di esse. I tantissimi bielorussi che ripongono nell’Unione Europea la fiducia per un possibile cambiamento, sono rimasti allibiti dalle dichiarazioni di Berlusconi, dal momento che la Ue è fondata sul rispetto dei diritti umani, non sull’“amore forzato” di un popolo per il proprio leader.” Qual è la situazione attuale? “La riapertura dei dialoghi con l’occidente ha dato avvio a un processo d’inevitabile cambiamento, ma la repressione è sempre fortissima. Ci sono ancora detenuti politici in carcere e centinaia sono i ragazzi espulsi dall’università, perché considerati vicini Aleksander Milinkevich (nella foto) è un uomo alto e robusto, il volto dominato da grosse guance rosse e dal colore celeste intenso delle pupille. Candidato per l’opposizione alle ultime elezioni presidenziali bielorusse, premio Sakharov 2006 per la libertà d’opinione, uomo di punta del movimento democratico (Movement for Freedom) per le prossime elezioni del 2011, Milinkevich commenta con sorriso amaro il primato di Silvio Berlusconi, primo leader occidentale a visitare la capitale Minsk dal lontano 1996: “In realtà i rapporti con l’Unione Europea non sono mai cessati. Nel passato, io stesso ho incontrato, tra gli altri, il presidente Barroso e la cancelliera tedesca Angela Merkel. Diciamo piuttosto che, per la prima volta dal 1996, una rappresentanza europea ha ignorato completamente l’opposizione, come se non esistessimo WWW.ALTRECONOMIA.IT all’opposizione, e costretti alla coscrizione militare obbligatoria. Sui miei stessi figli, che frequentano un’università in Polonia, pende una condanna per renitenza alla leva, nonostante il regolare svolgimento degli studi.” Palata Pradstawnikow è la sede del Parlamento bielorusso; 110 deputati, nessuno a rappresentare l’opposizione: “Il nostro è l’unico Paese in Europa dove i parlamentari non sono eletti, ma designati dal governo,” sottolinea Milinkevich. A proposito, Lukashenko ebbe a dire, dopo le ultime elezioni, che l’opposizione non è necessaria in Bielorussia, perché finanziata da capitale straniero. “Per il nostro presidente nulla è necessario. Come ha egli stesso affermato recentemente in diretta televisiva, ammonendo il proprio primo ministro Sjarhej Sidorski, non esiste altro politico in Bielorussia al di fuori di lui -racconta il leader dell’opposizione-. D’altronde ha anche ribadito più volte in pubblico che il Paese non è pronto per la democrazia. Ma chi può decidere quando un popolo è pronto per vivere in libertà?”. Che cosa pensa della riapertura del dialogo tra Europa e Bielorussia? “Sono stato favorevole, perché non può fare altro che accelerare il processo di democratizzazione, sia per un conseguente incremento delle condizioni economiche, sia per via di un inevitabile confronto con altre realtà e culture, che del modello democratico sono espressione.” MAGGIO 2010 I SIGNORI DELLE GUERRE di francesco vignarca Il caro armato è il nostro libro dedicato alle spese militari in Italia www.altreconomia.it 43 _ l’italia arma il mondo intero È uscito il Rapporto del governo sulle autorizzazioni all’export di armi. Disegna una mappa della relazioni commerciali tra l’industria nazionale e Paesi più o meno democratici, all’insegna della scarsa trasparenza L’export italiano di armi autorizzato dal governo nel 2009 sfiora i cinque miliardi di euro. Cui andrebbero sommati altri 1.820 milioni di euro dei programmi intergovernativi: al netto di tali autorizzazioni (cioè i progetti statali per la fornitura diretta ai propri eserciti) si tratta di un incremento di valore del 61,3%: l’esportazione italiana di sistemi di armamento non si arresta neppure in un periodo di crisi. E il nostro Paese conferma quanto emerso recentemente anche a livello mondiale: un report del Sipri (Stockholm International Peace Research Institute, sipri.org) appena pubblicato dimostra come la crescita nel commercio di armi convenzionali sia stata del 22% dal 2005 al 2009. In Italia, Finmeccanica nei primi due mesi del 2010 ha già raccolto ordini per 2,7 miliardi di euro e ha chiuso il bilancio 2009 con un risultato positivo in crescita del 16% (718 milioni di utile). Mettendo in fila i dati del Rapporto della Presidenza del Consiglio sui lineamenti di politica in materia di esportazione e transito di materiali di armamento si scopre che le autorizzazioni rilasciate siano state 2.181 (trecento in più dell’anno precedente). Il controvalore è di 4.914 milioni di euro, contro i poco più di 3mila dell’anno passato. Un’exploit che il governo commenta così: “L’industria italiana per la difesa ha, di fatto, consolidato e incrementato la propria presenza sul mercato globale [...] confermando le sue capacità tecnologiche [...] tali da consentirle di affermarsi in mercati tecnologicamente MAGGIO 2010 all’avanguardia”. La crescita si conferma solida anche per quanto riguarda le esportazioni effettive di materiale di armamento registrate dai movimenti doganali e che “concretizzano” gli affari autorizzati negli anni precedenti. Il controvalore delle 2.832 esportazioni definitive si è infatti attestato sui 2,205 miliardi di euro, con una crescita del 25% rispetto ai 1,772 miliardi del 2008. Nell’ultimo anno si sono invece mantenuti costanti i flussi di pagamento tracciati ed autorizzati presso le banche: negli ultimi anni) la tabella di dettaglio che permetteva di collegare gli importi autorizzati alla banca su cui è avvenuto l’incasso. Tra le autorizzazioni 2009, l’operazione più rilevante, responsabile di buona parte dell’enorme balzo di quasi 2 miliardi di euro, è quella relativa alla fornitura all’Arabia Saudita, via Regno Unito, del caccia multiruolo Efa Eurofighter, che l’Italia produce con Germania e Spagna. Ciò permette ad Alenia Aeronautica di salire in testa alla classifica degli esportatori I caccia Eurofighter Typhoon (nella foto) che l’Italia produce con Regno Unito, Germania e Spagna sono tati protegonisti della maggior commessa tricolore del 2009. Per seguire la nostra rubrica su armi e spese militari: www.altreconomia.it/signoridelleguerre si tratta di circa 4 miliardi (in leggera flessione dal 2008) di cui circa 3.759 milioni (+ 94 milioni) riferiti ad operazioni di esportazione definitiva. I compensi di intermediazione ufficiali si sono attestati sui 36 milioni di euro. Al riguardo, non c’è ancora il dettaglio degli istituti di credito coinvolti: dovremo aspettare la Relazione completa composta (oltre 4mila pagine), che non conterrà comunque (come già per volume finanziario, con 1.546 milioni, seguita a ruota Agusta (985) ed Avio (811), il che conferma la preminenza mondiale della nostra industria dell’aerospazio. Staccati, ci sono Fincantieri e Selex Galileo, che totalizzano poco più di 200 milioni in autorizzazioni. Tra i Paesi destinatari troviamo al secondo e terzo posto Germania (553 milioni) e Stati Uniti (495) mentre altri Paesi come la Francia sono protagonisti delle produzioni inter-governative. Nelle prime posizioni ci sono anche Paesi posti in aree “calde” o con conflitti più o meno latenti: il Qatar, l’India, gli Emirati Arabi Uniti (grandi protagonisti negli scorsi anni) e il Marocco. Complessivamente il 53% delle autorizzazioni ad esportazioni definitive nel 2009 si è diretto verso Paesi non appartenenti alla Nato o all’Unione Europea: i Paesi geopoliticamente e strategicamente più vicini e alleati “si tengono” solo il 46% delle esportazioni contro il 69% dello scorso anno. Tra i Paesi asiatici, il principale acquirente è stata l’India che si è portata a casa una nave logistica di classe “Etna” costruita da Fincantieri, mentre in America Latina i nostri sistemi navali sono stati acquisiti dalla Colombia. Il Qatar ha comprato elicotteri, mentre in Africa ancora una volta la Nigeria si distingue tra i nostri compratori. Il Rapporto tratteggia le linee di indirizzo che guideranno il governo nella riforma della nostra legislazione sull’export di armamenti, che dovrà adeguarsi a normative e disposizioni di ambito europeo da recepire nei prossimi mesi. Vista la delicatezza dell’argomento e la grande tradizione di controllo e trasparenza che la legge 185 ha sempre garantito, speriamo che le indicazioni al confronto con la società civile del mondo del disarmo -presenti anche quest’anno nel documento governativo- siano seguite da passi concreti di ascolto. WWW.ALTRECONOMIA.IT INTERVISTA / IMBROCCHIAMOLA _ 44 di l uca rt ma ine lli né pubblica né privata “Il referendum sul’acqua rimette al centro dell’attenzione grandi questioni che riguardano il nostro futuro” spiega Stefano Rodotà, già Garante per la privacy stesura dei tre quesiti referendari per l’acqua pubblica. Un impegno personale, e un sostegno, che spiega con semplicità: “L’accesso all’acqua, come alla conoscenza, sono beni cui fa riferimento la collettività, sono fatti di vita quotidiana delle persone, che richiedono una nuova idea di proprietà -spiega-. Non è pubblico né privato ciò di cui stiamo parlando”. Il fine settimana del 24 e 25 aprile è iniziata la raccolta delle 500mila firme necessarie per presentare i 3 quesiti, il cui obiettivo è stoppare gli effetti del decreto “Ronchi”, che impone di affidare a soggetti privati la gestione del servizio idrico integrato. Il 21 luglio le firme dovranno essere consegnate alla Corte di Cassazione (info su www. acquabenecomune.org). Lei ha definito il referendum sull’acqua un uso intelligente di questo strumento costituzionale, contrapponendolo all’idea di referendum-ripicca. “Ho dato questa definizione per una ragione: penso che sia necessario rimettere al centro dell’attenzione le grandi questioni che riguardano il nostro presente e il nostro futuro. Viviamo una stanchezza referendaria, legata a un uso eccessivo, all’inflazione del referendum, e al fatto che molti hanno avuto come oggetto temi, WWW.ALTRECONOMIA.IT ad esempio le leggi elettorali, che progressivamente hanno allontanato i cittadini dall’istituto. Il referendum, però, offre diverse possibilità: ‘obbligando’ alla raccolta delle firme necessarie per presentare i quesiti, impone una discussione pubblica, capace di mettere al centro dell’agenda politica un tema importante. Il semplice annuncio del referendum sull’acqua, ad esempio, ha determinato una reazione da parte di alcuni parlamentari (i senatori del Partito democratico Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, ndr), che hanno detto che la sede propria per affrontare la questione è il Parlamento. Fino a un attimo prima quelle stesse persone non erano impegnate sul tema. ‘L’annuncio’ ha determinato un’attenzione sul tema, anche se il tema era già lì. Questo è un uso intelligente del referendum, che serve a modificare l’agenda politica, inserendovi temi che sono capitali per il presente e il futuro del Paese. In questo, l’acqua è paradigmatica: se si riesce a chiarire la portata dei tre quesiti ai cittadini, questi probabilmente solleciteranno un’attenzione da parte della politica”. il diritto ai dati personali Stefano Rodotà è nato a Cosenza nel 1933. Ordinario di Diritto civile all’Università di Roma “La Sapienza”, è stato deputato al Parlamento italiano dal 1979 al 1994 e vice-presidente della Camera dei deputati (1992). Editorialista de la Repubblica, è stato anche presidente dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali e presiede il Comitato scientifico dell’Agenzia europea per i diritti fondamentali. Per l’editore Lusa Sossella è in uscita l’audio-libro Che cos’è il corpo? (cd più fascicolo di 32 pagine, 15 euro). Lo scorso anno Laterza ha mandato in libreria Perché laico (200 pp., 15 euro), una riflessione sui troppi temi che dividono laici e cattolici italiani: procreazione assistita, testamento biologico, obiezione di coscienza, unioni di fatto, diritti degli omosessuali, limiti della ricerca scientifica, presenza della religione nella sfera pubblica. imago economica Stefano Rodotà, giurista e già presidente dell’Autorità garante per la privacy, ha partecipato alla Alcuni interventi del ministro Andrea Ronchi sembrano suggerire “l’elezione” del Forum italiano dei movimenti per l’acqua e del comitato promotore referendario a soggetto politico riconosciuto. “Non entro nel merito degli interventi pubblicati su Il Sole-24 Ore, polemici o adesivi che siano, ma il fatto stesso che molte parole siano state spese intorno al referendum e all’acqua dimostra che si discute di un tema vero. Ed è indubbiamente vero che sia stato creato un nuovo soggetto politico. C’è di più, in prospettiva il comitato promotore del referendum (di cui fa parte anche Altreconomia, ndr) potrebbe essere riconosciuto dalla Corte Costituzionale come soggetto di rilevanza costituzionale, perché questo MAGGIO 2010 tre quesiti, 500mila firme La campagna referendaria è partita a fine aprile. Tre quesiti, pensati per rendere “innocuo” il decreto “Ronchi”, che è legge dal novembre 2009 e dal 1° gennaio 2012 impone l’affidamento del servizio idrico integrato tramite gara a società di capitali. Dei tre quesiti, il primo prevede l’abrogazione dell’articolo 23 bis della legge numero 166 del è successo in passato. Per questo, avrà titolo per intervenire in tutte le fasi della procedure referendaria, ad esempio ad essere presente davanti alla Corte quando questa dovrà decidere dell’ammissibilità del referendum”. Nell’elaborazione dei quesiti, il vostro gruppo di lavoro è stato guidato da un’idea: la necessità di uscire dall’opposizione tra pubblico e privato. In che senso questo referendum rappresenta una novità? “Siamo partiti dalla considerazione che il regime della proprietà pubblica, com’è disciplinato dal Codice Civile del 1942, è assolutamente inadeguato rispetto alle esigenze del tempo che stiamo vivendo. Era, in realtà, già arretrata quando è stata scritta. Uno spunto è arrivato dai lavori di un commissione ministeriale che ho presieduto fino al 2008, istituita con l’obiettivo di presentare una legge delega di riforma del regime della proprietà pubblica. Ciò che emerge, dal quel testo, è un’innovazione riguardante il fatto che ci sono beni comuni, che non possono essere considerati privati, per ovvie ragioni, ma nemmeno assimilati al bene pubblico tradizionale, come una caserma o un aeroporto. Sono beni cui fa riferimento la collettività, e che richiedono una nuova idea di proprietà. Come l’acqua. L’idea di ‘bene comune’ non è nuova, ha attraversato la storia. Noi l’abbiamo solamente messa in primo piano. La vicinanza maggiore è all’interesse pubblico, e questo significa non poter affidare questi beni alle gestioni private. Il ministro Andrea Ronchi falsifica la realtà quando dice che il decreto MAGGIO 2010 2008, relativo alla privatizzazione dei servizi pubblici di rilevanza economica (è il papà” dell’articolo 15); il secondo, l’abrogazione dell’articolo 150 (quattro commi) del decreto legislativo 152 del 2006 (il “Codice dell’ambiente”), “relativo alla scelta della forma di gestione”, per rendere possibile l’affidamento ad aziende speciali; infine, l’abrogazione dell’articolo che porta il suo nome comporta solo ‘affidamenti in gestione’, mentre i Comuni restano titolari del diritto. Da moltissimo tempo si è sottolineato che quando si scinde proprietà e gestione, il vero proprietario diventa chi ha il potere di gestire. Il fatto che il titolare resti un soggetto pubblico è un argomento formale, ingannevole. Restano da vedere le caratteristiche della gestione: quando questa viene affidata ai privati, è orientata al profitto, e ciò implica una sostanziale privatizzazione del bene. Il gestore fornisce un servizio, ma solo perché vuol ricevere un profitto. I soggetti cui fare riferimento per comprendere la funzione di un bene comune sono tutti i cittadini, e per questo essi devono essere gestiti fuori dalla logica di mercato. Il che non significa che non debbano essere gestiti con criteri economici. Ma l’economicità della gestione non coincide con la produzione di profitto”. A che cosa ha portato il lavoro della commissione ministeriale sulla riforma della proprietà pubblica che ha presieduto? “I risultati della commissione ministeriale furono presentati, alla fine del governo Prodi, all’allora ministro della Giustizia Enzo Scotti. Con il nuovo governo, non hanno ricevuto nessuna attenzione dal ministero. Invece la Regione Piemonte, utilizzando il potere di presentare progetti di legge al Parlamento, nel settembre scorso ha approvato un testo che sostanzialmente 45 _ 154 del decreto legislativo 152 del 2006, che predispone che la tariffa costituisce il corrispettivo del servizio idrico integrato ed è determinata tenendo conto della remunerazione del capitale investito. Per tutte le informazioni sul referendum: www.acquabenecomune.org, 06-68.13.62.25, segreteria@ acquabenecomune.org coincide con quanto da noi proposto in merito a una ‘Riforma del regime della proprietà pubblica’. Lo ha presentato al Senato, dove è stato assegnata alla commissione giustizia. In consiglio regionale, l’iniziativa è stata votata all’unanimità. Ciò significa che non è iniziativa di un singolo partito. Dopo di che, riprendendo idea e proposta, anche il gruppo del Pd ha presentato una sua proposta simile. È un dato significativo: un partito ha presentato al Senato un progetto di legge che mette al primo posto la categoria dei beni comuni, e include in questi l’acqua. Ci si attende coerenza da tutti coloro i quali hanno riconosciuto la correttezza di questa impostazione. È possibile, per tornare alla prima domanda, che anche questo passaggio venga facilitato dalla presentazione dei quesiti referendari sull’acqua. Quei senatori che hanno chiesto ‘la via parlamentare’, dovranno adesso sollecitare, se sono coerenti, l’immediata apertura della discussione sull’iniziativa della Regione Piemonte in Commissione giustizia. Sarebbe un atto politico importante. Se quelle spese dai parlamentari del Pd non sono solo parole”. corpo e libro “Di chi è il corpo? Della persona che lo vive e abita, dei suoi familiari, di un Dio che l’ha donato, di una natura che lo vuole inviolabile, di un potere sociale che in mille modi se ne impadronisce, di un medico o di un magistrato che ne stabiliscono il destino? E di quale corpo stiamo parlando?”. Una riflessione di Stefano Rodotà raccolta nel nuovo audio-libro “Che cos’è il corpo?”, in uscita a maggio. WWW.ALTRECONOMIA.IT _ 46 R alla salute del clima: quasi 4 miliardi per il carbone sudafricano Nonostante qualche mugugno interno, a inizio aprile la Banca mondiale ha deciso di staccare un assegno di ben 3,75 miliardi di dollari intestato alla sudafricana Eskom, una multinazionale del settore estrattivo. Eskom impiegherà quel fiume di denaro per la realizzazione della centrale a carbone di Medupi, nella provincia settentrionale di Limpopo (Sudafrica). Una volta attivo, l’impianto provocherà impatti negativi molto pesanti sui terreni e sulle risorse idriche dell’area interessata, contribuendo inoltre ai cambiamenti climatici tramite l’emissione di 30 milioni di tonnellate di CO2 l’anno. Per alimentare il nuovo mega impianto, poi, in Sudafrica si apriranno 40 nuove miniere di carbone, condannando così per i prossimi decenni il Paese alla dipendenza dal combustibile fossile più inquinante tra quelli conosciuti. I sostenitori di Medupi affermano che l’opera faciliterà l’accesso all’energia elettrica da parte dei più poveri. Una tesi fortemente contestata dai tanti oppositori al progetto, tra cui il Cosatu, il principale sindacato sudafricano, che invece pensano che la centrale andrà a beneficiare numerose imprese A CURA DI LUCA MANES multinazionali particolarmente “energivore” e inquinanti. Aziende che, grazie ad accordi ancora in vigore dal periodo dell’apartheid, spunteranno delle tariffe inferiori rispetto a quelle previste da Eskom per le famiglie più povere. I dubbi sulla nuova opera li hanno manifestati anche i vertici di alcune commissioni senatoriali statunitensi, che alla vigilia del voto in World Bank hanno scritto al presidente Robert Zoellick chiedendo spiegazioni, e sono emersi a sorpresa nel corso della votazione. Cinque direttori su 24, tra cui i rappresentati di Usa e Italia, si sono astenuti. Nella consuetudine della World Bank un’astensione equivale a un parere negativo al finanziamento in esame. Evidentemente la retorica dei banchieri di Washington sulla lotta al surriscaldamento globale, sparsa a profusione nel recente vertice di Copenhagen, inizia a non convincere nemmeno alcuni di loro. www.crbm.org LA BANCA DEI RICCHI WWW.ALTRECONOMIA.IT MAGGIO 2010 ECONOMIE SOLIDALI / ATTUALITÀ di p i or etr ait ano 47 _ A Venezia nasce la cooperativa Sesterzo. Dal primo maggio gestisce il PalaPlip, una struttura recuperata dal Comune e dedicata all’altra economia la casa dell’alternativa Venezia rilancia l’altra economia. A tre anni dalla sua inaugurazione, si apre un nuovo capitolo per il PalaPlip (nella foto a destra), la grande struttura polifunzionale di Mestre dedicata dal Comune di Venezia all’economia solidale (è in via San Donà 195/c). Un tempo sede della centrale del latte, oggi il Plip è uno spazio che ospita convegni, spettacoli, workshop e riunioni di associazioni nell’auditorium attrezzato e nell’open space di oltre 600 metri quadri. Il centro è stato affidato da quasi due anni dal Comune all’associazione AEres (www.aeresvenezia.it), un’organizzazione di secondo livello che raggruppa 39 realtà del terzo settore veneziano. AEres è nata nel 2008, al termine di un percorso avviato dal Comune di Venezia assieme ai protagonisti dell’economia solidale veneziana (Progetto Venezia per l’altraeconomia). Come erede e prosecutrice di quella esperienza, l’associazione si è impegnata per il conseguimento di due obiettivi fondamentali: lo sviluppo di una rete dell’economia solidale locale e la creazione delle condizioni idonee alla nascita di un distretto di economia solidale veneziano, fondato su modalità MAGGIO 2010 alternative di lavoro, produzione, risparmio e consumo. Per perseguire questi fini, AEres ha lavorato in partnership con il Comune di Venezia, con il quale ha stipulato un patto di sussidiarietà orizzontale. Circa un anno fa, all’interno di AEres si è formato un gruppo di lavoro costituito da Acli, Arci, l’associazione Mandragola e l’associazione Emù (Eco museo urbano). Oggi il gruppo si è costituito in cooperativa, e a partire dal primo di maggio opera come gestore dello spazio. La cooperativa, che si chiama Sesterzo, è aperta a tutti e ha tra i promotori tutte le realtà di AEres. Sesterzo gestirà la grande sala conferenze da 300 posti e il salone, dove a settembre dovrebbe sorgere una “bio osteria”, l’Osteria “del Terzo millennio”, un locale dove sarà promossa un’alimentazione sana, equa e accessibile a tutti, con un’offerta che comprenderà prodotti biologici, equo e solidali e le eccellenze locali provenienti dai fornitori dei gruppi di acquisto solidali veneziani (se ne contano almeno 13). Accanto alla bio osteria è prevista l’apertura di una bottega “dei sapori e dei saperi”, un emporio dove saranno messi in commercio prodotti dall’alto “valore sociale”, dal biologico a libri e riviste. “Vogliamo che questo diventi un ‘centro civico e sociale, un luogo di buone pratiche e di produzione di pensiero” spiega il presidente di Sesterzo, David Marchiori. Il progetto gode di un finanziamento di 40mila euro per partire, e il Comune di Venezia continuerà a fare la sua parte pagando tutte le utenze della struttura per 5 anni. WWW.ALTRECONOMIA.IT TRADE WATCH di monica di sisto* _ 48 il brasile dalla parte del più forte Il cotone resta terreno di scontro nella Wto. Il Tribunale delle dispute giudica colpevoli gli Usa per i sussidi all’export, ma il gigante latinoamericano, vittorioso, nicchia. A rimetterci sono, al solito, i produttori africani tra le due amministrazioni, si è arrivati a una mediazione. Il Brasile, che aveva minacciato di alzare le tasse sull’importazione di prodotti statunitensi come auto, farmaci, apparecchi medici, elettronici, tessili e farine per circa 591 milioni di dollari, ha accettato di soprassedere in cambio di una prima modifica del programma di credito alle esportazioni statunitensi, e di un fondo temporaneo concorrenza sleale sul cotone, operata grazie ai sussidi “a stelle e strisce” riconosciuti a esportazioni e agricoltori made in Usa. Il Tribunale delle dispute dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto), infatti, l’estate scorsa ha condannato gli Usa a subire un pacchetto di “misure di riparazione”, per risarcire il Brasile del valore approssimativo di 830 milioni di dollari. Dopo mesi di braccio di ferro di assistenza per l’industria tessile brasiliana da 147,3 milioni di dollari l’anno. Il fondo rimarrà operativo almeno fino al 2012, quando verrà ridiscusso il “Farm bill”, la legge nazionale che amministra l’agricoltura statunitense. Soddisfatti il delegato al Commercio e il ministro dell’Agricoltura Usa, Ron Kirk e Tom Vilsack, che hanno esibito la felicità dei grandi produttori nazionali, white house photo by pete souza Doveva essere uno dei casipilota di governo globale dell’aggressività commerciale dei “soliti noti” a vantaggio delle economie emergenti. Si è rivelato, invece, un inciucio tra vecchi e nuovi ricchi a spese dei Paesi più poveri. Parliamo della vittoria del Brasile sugli Stati Uniti d’America nella causa legale che, dal 2002, vede i primi chiedere una punizione esemplare dei secondi per la WWW.ALTRECONOMIA.IT rappresentati dal National Cotton Council of America, per aver aperto senza danni commerciali il confronto nazionale sul prossimo Farm bill. Il cotone Usa “vale” tra 12 e 20 milioni di balle, il 70% destinate alle esportazioni per un ritorno di circa 4 miliardi di dollari. C’è da gioire per il settore visto che, a seguito dell’accordo, produttori e trader continueranno a poter contare sugli oltre 3 miliardi di dollari l’anno di sussidi che li aiutano a tenere testa alla Cina nella classifica dei primi esportatori sicuramente fino al 2012. Il Brasile, quinto esportatore globale, vede nella mediazione “una possibile base per l’ accordo finale che chiuderà la disputa con soddisfazione per entrambi”. L’amministrazione Obama invece spera di concludere così la partita, anche perché si trova nella scomoda posizione di pagare un sussidio ai propri concorrenti, dovendo pure garantire al più presto un ulteriore sostegno di 25 milioni di dollari ai propri produttori, che farà passare come sostegno allo sviluppo di approcci “verdi” a ambiente e suolo -legali in ambito Wto-, per evitare che vadano a sommarsi automaticamente al capitolo incriminato dei sussidi all’export. Chi continua a perdere sono, però, i produttori africani di cotone, la maggior parte dei quali scivola progressivamente sotto la soglia della povertà. L’inciucio tra Brasile e Usa, infatti, ha lasciato intatti i sussidi all’export che deprimono il prezzo internazionale del cotone riducendoli sul lastrico. Non avendo co-promosso insieme al Brasile l’annosa -e costosa- causa, ad essi non spetterà alcuna compensazione per la concorrenza sleale statunitense che pure la sentenza della Wto ha riconosciuto aver colpito tutti i produttori di cotone del mondo incapaci di compensare le perdite con propri sussidi, tipo l’Unione Europea. In ambito Wto, per di più, nonostante una qualche ripresa di attività a Ginevra, il tavolo di “Iniziativa sul cotone” langue senza avanzamenti nella speranza dei più forti che venga dimenticato. Eppure, spinto dai Paesi africani più colpiti dalla concorrenza sleale, è tra i contenuti “di sviluppo” sulla carta più rilevanti per il ciclo di negoziati in corso. Per l’ennesima volta, per di più, il Brasile si è smarcato dal fronte dei Paesi in via di sviluppo per raggiungere in solitaria un risultato utile e imporsi, così, ad ogni costo come uno dei nuovi leader del commercio globale. Una cosa è chiara: chi vedeva nel Tribunale delle dispute l’anima “funzionante” del meccanismo della Wto come arbitro di un commercio internazionale più giusto, dovrà rassegnarsi a rinunciare all’illusione. Gli affari sono affari, per la giustizia c’è ancora tempo. * vicepresidente di Fair, www.faircoop.it MAGGIO 2010 UN POSTO IN PRIMA FILA di ugo ripamonti 49 _ un ingorgo di oggetti, spesso inutili È anche grazie alla pubblicità se le nostre case sono piene di cose, e il consumo è spinto all’eccesso. Ecco un libro per capire “com’è stato possibile”, e un sito che aiuta a costruire gli anticorpi di fronte alla tv Spopola su internet una serie di video realizzati da pre adolescenti statunitensi basati su un’azione semplice e ripetuta: mostrare 50 oggetti presenti nella propria cameretta. Ce ne sono centinaia e tutti, inutile dirlo, hanno un effetto ipnotico al quale è praticamente impossibile resistere. Il mio approccio empirico mi ha spinto a fare lo stesso esperimento. Non mi sono ripreso con una videocamera, ma ho provato a raccogliere 50 oggetti di mia proprietà. E con (non certo enorme) sorpresa ho constatato che non possiedo così tante cose. Contando un barattolo vuoto di pasticche del re sole e contando due volte il gessetto spezzato della lavagna mi sono fermato a 27. Ciò che colpisce invece nei video dei ragazzi americani non solo è la facilità con la quale pescano dalla scrivania oggetti diversi, ma il fatto che questi siano differenti anche da un video all’altro. Insomma, se si guardano 3 camere non è impossibile MAGGIO 2010 imbattersi in 130/140 oggetti diversi. Le camere dei ragazzi delle nuove generazioni sono colme, straripanti di oggetti, gadget, strumenti. Non esiste al mondo testimonianza più efficace dell’avanzata del superfluo nella nostra società. Avanzata verbalizzata e analizzata dal fitto (e non poteva essere altrimenti) libro di Giorgio Triani, intitolato L’ingorgo (Eleuthera, 2010). Il sottotitolo è “sopravvivere al troppo”. Triani ci insegna proprio questo: che il troppo in questa società è dilagante e forse inarrestabile. Vivere nel troppo è impossibile, dobbiamo pensare a come sopravvivere all’eccesso. Con rigore da studioso, ma con una scrittura molto piacevole ed estremamente fruibile, Triani enuncia i campi nel quale l’eccesso sta ormai dilagando e nei quali si creano ingorghi: i media, le merci, la tecnologia, il mondo del lavoro fino all’ingorgo sociale, alla commistione di modelli culturali basati sull’affermazione personale e nuove tecnologie che crea un ingorgo di protagonismo. Lo scenario, spiace dirlo, è inquietante. Triani ci mostra però una strada per resistere decisamente originale. La risposta all’eccesso è immanente, è un’azione personale, una filosofia di vita più consapevole, ma soprattutto ci dice che per reagire all’eccesso non serve altro eccesso, basta forse, e non è poco, mantenere la calma. Quello che Triani teme è una contrapposizione fatta da persone che usano le stesse armi di chi ci spinge all’eccesso, la stessa propaganda e una comunicazione simile. E questo è un altro punto focale del libro, la comunicazione. Ogni capitolo, soprattutto nei paragrafi iniziali, che parli di media o di economia, non può fare a meno di citare slogan o spot pubblicitari, forse perché Triani sa che tutto l’impulso al consumo inconsapevole arriva da lì. La cosa sorprendente è che lo fa dando nomi e cognomi, conscio di come la pubblicità è ormai entrata sottopelle alla nostra cultura, come un virus contro il quale è difficile creare anticorpi. Dunque, se mai dovessi fare un video per mostrare i 50 oggetti che ho in camera con me, uno sicuramente sarà la copia del bel libro di Triani, che scrive una verità: la pubblicità siamo noi, ormai è endemica, inarrestabile, capace di raggiungere il nostro subconscio con mille vie traverse. E forse la colpa è, per assurdo, anche di chi l’ha osteggiata in modo monolitico e acritico. Credo che, parafrasando proprio un noto slogan, la pubblicità se la conosci non fa male. La pubblicità è una forma di comunicazione capace ormai di raggiungere livelli estetici e creativi che né la tv, né il cinema italiani sfiorano. Quindi non considerarla il male assoluto è un punto di partenza necessario, almeno per cominciare ad essere meno succubi proprio degli spot. Ci aiuta in questa esplorazione il pregevole teddisbanded.blogspot. com, primo blog critico sulla comunicazione pubblicitaria. Uno sguardo non prevenuto, ma attento, capace di cogliere i mutamenti di una forma d’arte che parte già con gli sfavori del pubblico. Il termine “disbanded” è intraducibile in italiano ed è sinonimo di un modo d’agire, di una filosofia di vita, di tutta la condizione umana: chi non ha voce è disbanded, così come chi è confuso, chi è tornato single, chi è in minoranza, proprio come il consumatore davanti alla pubblicità. Questa è la pubblica utilità del sito: spiegare la pubblicità per creare gli anticorpi ed essere meno disbanded. Per informazioni e segnalazioni scrivete a: [email protected] WWW.ALTRECONOMIA.IT * idee eretiche di roberto mancini _ 50 116. Dalla dispersione al movimento. È la svolta indispensabile per generare l’alternativa a tutta l’iniquità che ci assedia. Il nostro Paese oggi vive non solo una crisi della democrazia, ma più radicalmente una crisi di civiltà. E una delle cause di inefficacia degli sforzi per costruire un’alternativa credibile sta nella dispersione. Anche i più generosi sono sempre troppo legati alla Babele delle microidentità, delle particolarità e dei personalismi. È per questo che non si è ancora riusciti a dare tutta la sua fisionomia e la sua energia al movimento del risveglio. Che è poi il movimento della dignità, termine che riassume bene il valore delle persone, il senso della giustizia intera, i doveri, i diritti, il metodo per agire. È noto che i centri di potere antidemocratico interagiscono facilmente e godono del vantaggio di sintonie quasi automatiche. Invece quanti anelano a un’Italia liberata, civile, giusta e ospitale devono sprecare quasi tutte le loro energie per dare vita, nel migliore dei casi, a esili ed effimeri coordinamenti. In questo interminabile periodo di doglie, mentre i soprusi diventano legge e masse di individui manipolati danno voto e consenso a chi fa loro del male, bisogna pervenire alla visione di un unico movimento in cui confluiscano le esperienze, le idee, le energie per una società tornata civile. Non mi riferisco a un’associazione in più, né tanto meno a un nuovo partito. Mi riferisco a un processo complessivo di cambiamento, alimentato sia WWW.ALTRECONOMIA.IT da una tensione spirituale comune che dalla confluenza operativa delle energie di tutte le forme di soggettività impegnate a costruire un’altra Italia. A partire da questo articolo cercherò di chiarire alcuni tratti di fondo di tale processo, che si qualifica come movimento proprio per la coralità e per l’inedita efficacia che lo devono contraddistinguere. I co-protagonisti del movimento della dignità non solo già esistono, ma agiscono in modi e con finalità che, di fatto, tendono a una confluenza organica. Sono quanti agiscono secondo la giustizia restitutiva, che riattribuisce i diritti a chi ne è stato privato e i doveri a chi li elude. Rientrano in questi convergenti percorsi di servizio verso il bene comune molte esperienze in atto: l’impegno per l’occupazione e per la dignità del lavoro; la ricerca di vie sane per i comportamenti economici; la lotta contro le mafie; la cura per i diritti di tutti i gruppi umani esposti all’esclusione, alla persecuzione e alla violenza; la difesa della natura; l’azione educativa sistematica e appassionata; la costruzione delle condizioni per la cooperazione internazionale. Le radici del movimento della dignità sono profonde, risalgono almeno a quelli che durante il fascismo hanno creduto in una Repubblica democratica, equa e mite. E poi ai molti esempi di servitori del bene comune che seppero vedere come la fondazione nonviolenta di una società giusta si compie attraverso la liberazione delle persone. Nell’educazione: Maria Montessori, Lorenzo Milani, Mario Lodi, Gianni Rodari; nella cura della salute a partire dai rifiutati: Franco Basaglia e Franca Ongaro; nel dare respiro alla vita delle comunità locali: Giorgio La Pira, Danilo Dolci, Mario Tommasini; nella difesa della legalità: Giovanni Falcone e Paolo Borsellino; nella visione dell’alternativa tra verità e violenza: Aldo Capitini. Sono solo pochi esempi tra moltissimi altri, ma bastano a indicare che il movimento è più radicato, esteso e vivo di quanto non si immagini. Il movimento della dignità non improvvisa gesti mediatici, ma segue un meto- do che dà corso a processi di liberazione. Come è accaduto storicamente con la politica della nonviolenza. L’esperienza di Gandhi in Sudafrica e in India e altre esperienze analoghe sono il riferimento più presente, contemporaneo e carico di futuro che deve illuminarci. Non si tratta di importare da noi modelli sperimentati altrove, ma di assumere in modo originale e creativo la visione, l’energia e il metodo della nonviolenza. È necessario arrivare a capire quali forme di sintonia tra soggettività diverse, quali dinamiche di confluenza delle energie e quali percorsi progettuali sono necessari perché il movimento della dignità riesca a dare una risposta adeguata alla nostra crisi di civiltà. Intanto, però, in Italia cresce sempre più la consapevolezza del fatto che solo grazie a questo risveglio corale potremo costruire le condizioni per una società dove tutti possono vivere con piena dignità. * Roberto Mancini insegna Filosofia teoretica all’Università di Macerata. I suoi ultimi libri sono Idee eretiche (Altreconomia, 2010), L’umanità promessa (Qiqajon, 2009), Desiderare il futuro (Pazzini, 2009) e La laicità come metodo (Cittadella editrice, 2009) MAGGIO 2010 Altreconomia è informazione indipendente. Abbonati Da adesso anche in PDF! Oggi è possibile abbonarsi alla nostra rivista anche in versione digitale! Per sapere come fare e avere più informazioni fai un salto su www.altreconomia.it Come abbonarsi ad Altreconomia Sottoscrivo un abbonamento ad Altreconomia: o Ordinario - Annuale (11 numeri): 38 euro o Amico - Annuale (11 numeri): 100 euro o Biennale (22 numeri): 75 euro o Estero - Annuale (11 numeri): 53 euro o Altreconomia + Gaia: 50 euro o Altreconomia + Terre di mezzo: 57 euro o Altreconomia + Nigrizia: 60 euro o Altreconomia + VpS: 60 euro o Altreconomia + Mosaico di pace: 60 euro o Altreconomia + Valori: 65 euro o Altreconomia + Carta: 145 euro NOME............................................................................ COGNOME.................................................................................. VIA......................................................................................................... CITTÁ................................................................. 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Cattaneo 6, 22063 Cantù Altra Economia Soc. Coop. conta oggi 425 soci persone fisiche e 39 soci persone giuridiche. Il capitale sociale è di 185.800 euro. Le botteghe del commercio equo e solidale sono 18. Per qualsiasi esigenza, i soci possono rivolgersi all’ufficio a loro dedicato scrivendo a [email protected] (Elena Rosini) pubblicità: [email protected] oppure Sisifo Italia, tel. 0424-50.52.18, [email protected] progetto grafico: guido daelli/studioscheggia stampa: New Press - Como Stampato su carta certificata FSC. Imbustato in Mater Bi® WWW.ALTRECONOMIA.IT