Interventi: Prof.ssa Anna Attias - Prof. Gary S. Becker
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Interventi: Prof.ssa Anna Attias - Prof. Gary S. Becker
Providence Reg. Trib. Roma N° 319/2001 dell'11/7/2001 Poste Italiane S.p.A. spedizione in A.P. - 70% - D.C.B. PD N° 2 aprile/giugno 2007 PERIODICO TRIMESTRALE DELL'ENTE NAZIONALE di PREVIDENZA e ASSISTENZA della PROFESSIONE INFERMIERISTICA Interventi: Prof.ssa Anna Attias - Prof. Gary S. Becker - On. Gian Paolo Patta - On. Mario Landolfi DIRETTORE RESPONSABILE Mario Schiavon Marco Bernardini COMITATO DI REDAZIONE Marco Bernardini Luca Bonfanti Fabio Fioretto Marisa Fort Ernesta Rosa Galli Marco Giammetta Valentina Nanni Anna Maria Padovan Mario Schiavon Progettazione e Impaginazione Adriano Lelli Valentina De Pietro www.graphio.it Finito di stampare nel mese di luglio 2007 Centro Stampa Monfalcone La rivista dell’Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza della Professione Infermieristica REDATTORE CAPO p rovidence Sommario 4 EDITORIALE: CRESCERE PREVIDENTI 8 RINNOVAMENTO E FUTURO PER LE PROFESSIONI SANITARIE On. Gian Paolo Patta - Sottosegretario al Ministero della Salute 12 FLESSIBILITA’ DELL’ALIQUOTA CONTRIBUTIVA E CONSAPEVOLEZZA DEL FUTURO TASSO DI SOSTITUZIONE: UN LEGAME INDISSOLUBILE Anna Attias - Professore Associato di Elementi Matematici di Finanza Previdenziale - Università degli Studi di Roma La Sapienza 16 UN MONDO DI COLORI CI CIRCONDA 22 UNA RAGIONE POLITICA PER LA RIFORMA DELLA PREVIDENZA SOCIALE Gary S. Becker - Premio Nobel per l’economia 26 CONCORSO BORSE DI STUDIO: ENPAPI VERSO IL FUTURO 30 I SERVIZI OFFERTI DA ENPAPI 32 LA NOSTRA PROPOSTA PER IL FUTURO DELLE PROFESSIONI Intervista all’ On. Mario Landolfi - Presidente della Commisione Parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi (Alleanza Nazionale) 36 TUTELA PREVIDENZIALE. COME FUNZIONA LA RIFORMA MARONI 40 FRUTTA E VERDURE: I COLORI DELLA VITA 44 IL DIRETTORE RISPONDE 46 PRIMA CONFERENZA NAZIONALE SULLA LIBERA PROFESSIONE INFERMIERISTICA “ Crescere previdenti di Mario Schiavon Presidente ENPAPI Edi tori ale “Il tempo della modernità è il presente” diceva Nietzsche, ma oggi, forse altri imperativi e un nuovo modo di vivere si propongono alle nuove generazioni e il mercato del lavoro è uno degli ambiti più emblematici per dimostrarlo. Nell’attuale società, come ci insegnano i suoi studiosi, il lavoro è di nuovo diventato un valore, così come ai tempi di Marx e degli altri filosofi del XIX secolo: la sua scarsità, specie nelle forme parziali e limitate che prevalgono nella sua offerta, gli attribuiscono un grande valore, oltre quello che già gli è connesso per la realizzazione della persona con tutti i suoi bisogni. Il lavoro come valore, quindi, per ricorrere alla definizione di un altro pensatore classico come Weber, sta profilando, specie per chi entra in questi anni nella vita pubblica, oltre che professionale, una centralità per progetti di vita a più lunga scadenza che non sono più quelli cui ci ha portato fino a questi ultimi anni la cultura moderna, tutti incentrati sul presente. “Il tempo della modernità è il presente” diceva Nietzsche, ma oggi, forse altri imperativi e un nuovo modo di vivere si propongono alle nuove generazioni e il mercato del lavoro è uno degli ambiti più emblematici per dimostrarlo. Nel suo più piccolo ambito di azione, ENPAPI ne è una dimostrazione. Le professioni sanitarie e, nello specifico, quelle infermieristiche proiettano un giovane appena c i n q u e formato teoricamente e praticamente ad una formazione continua, durante tutto l’arco della sua vita professionale attraverso la costitutiva acquisizione di crediti ECM, più che un’imposizione, uno strumento di certificazione di un apprendimento costante di nuove acquisizioni e tecniche della scienza infermieristica. L’infermiere svolge numerose attività, si aggiorna costantemente e cresce professionalmente. La crescita professionale entra a far parte del bagaglio culturale dell’infermiere, soprattutto di quello giovane e, in realtà, quest’ultimo è già portatore di questo tipo di cultura. E, a chiosa di quanto detto, quella infermieristica è una fra le professioni più giovani del nostro paese, cui aspirano ad entrare molti giovani, offrendo così un’identità giovane alla professione e alla più generale cultura del lavoro. Nonostante ciò, non è estranea a queste nuove generazioni quella progettualità dell’intera vita professionale, testimoniata dallo strumento degli ECM, dicevamo, ma anche da una particolare attenzione a ciò che seguirà la loro vita professionale. Quello della previdenza, al pari del lavoro, è oggetto di grandi trasformazioni sociali e, quindi, di particolare attenzione da parte del legislatore. Nei primi sei mesi del 2007 i lavoratori dipendenti sono stati richiesti di decidere sulla destinazione del loro trattamento di fine rapporto, aprendo la cultura del paese ad altre forme previdenziali. Ancora per tornare all’esempio del nostro Ente, ENPAPI nasce sulle prescrizioni di una normativa, il D.Lgs. n.103 del 10 febbraio 1996 che predispone strumenti previdenziali complementari alla forma obbligatoria tradizionale per garantire agli iscritti un reddito da pensione adeguato a mantenere una qualità della vita quanto più invariata rispetto alla fase precedente. Nonostante la sua attività sia prevalentemente orientata all’organizzazione degli strumenti previdenziali per i propri iscritti, ENPAPI è una cassa previdenziale giovanissima che assicura la tutela previdenziale obbligatoria ai soggetti che svolgono attività autonoma di libera professione nel campo delle attività infermieristiche, figure, come abbiamo detto, nuove nel panorama del mercato italiano e spesso giovani. L’età media degli iscritti, al momento, è molto bassa: totalizzano da soli quasi il 50% quegli infermieri liberi professionisti iscritti con età inferiore ai 36 anni e solo coloro che hanno un’età fra i 36 e i 40 anni costituiscono più del 22%, con una forte presenza femminile ed una crescente presenza maschile, oltre che di professionisti extracomunitari che esercitano in Italia. Non a caso, molti dei servizi offerti agli iscritti sono pensati e programmati dall’Ente proprio in nome di questa emergente cultura della pianificazione rivolta anche al futuro che si ritiene centrale per i giovani professionisti e che questi fanno propria con estrema naturalezza. Le convenzioni stipulate dall’Ente coprono soprattutto quei settori in cui si concentrano beni e servizi preferiti dai giovani. La carta di credito dell’Ente pensata per beneficiare di tutti i servizi previdenziali e di assistenza è uno strumento molto comune nell’uso soprattutto fra i giovani. Infine, la possibilità prevista anche per legge dall’ex art. 33 del Regolamento di previdenza offre agli iscritti di usufruire del riscatto dei periodi di studio. Infatti, l’iscritto all’Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza della Professione Infermieristica, in regola con l’invio delle comunicazioni obbligatorie e con il versamento della contribuzione dovuta, che possa far valere almeno cinque anni di contribuzione effettiva, ha la facoltà Edi tori ale di riscattare i periodi di studio per il conseguimento del titolo professionale. In particolare, si ricorda, sono riscattabili i periodi di studio relativi al conseguimento del diploma Universitario (art. 6, comma 3, del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, nonché, al conseguimento di diplomi ed attestati equipollenti), della Laurea in Infermieristica, del Master di primo livello, della Laurea specialistica in Scienze infermieristiche, del Master di secondo livello. Il riscatto può essere esercitato, per uno o più anni, nonché per frazioni di anno, non solo presso l’Ente al quale è diretta la domanda, ma anche in ciascuno degli altri regimi previdenziali obbligatori presso cui l’interessato sia iscritto. Ciò avviene considerando la contribuzione dovuta a titolo di riscatto equiparata a quella obbligatoria sia ai fini dell’anzianità contributiva, sia ai fini della determinazione del montante individuale dei contributi, necessario al calcolo della prestazione pensionistica secondo il sistema contributivo. Anche questi esempi dimostrano come i temi previdenziali non siano affatto lontani dai giovani. La previdenza è un percorso che si compie lungo tutta la vita professionale ed è pur sempre commisurata a criteri intergenerazionali, nonostante l’attuale crisi del sistema pensionistico. ENPAPI ha pianificato un programma di azioni e strategie previdenziali offerti ai suoi numerosissimi giovani iscritti che ne fanno un modello di gestione dell’attività professionale efficace, a detta di esperti e studiosi. Questi cenni dimostrano come stia diventando sempre meno “anomalo” e sempre più tipico della cultura professionale crescere in modo previdente commisurando le proprie scelte e azioni, nell’esempio nel mercato del lavoro, avendo come riferimento il proprio futuro e, in esso, anche quelle situazioni di possibile instabilità economica. Ecco in che modo, per chiudere ancora con l’ausilio di grandi pensatori che ci hanno preceduto, quando l’incertezza pone a repentaglio le certezze assunte nel passato, si tenti di ancorarsi dapprima solo al presente, ma poi, più costruttivamente, ci si riferisca ad un’attenta programmazione verso il futuro per uscire dalle difficoltà di quella che come l’attuale è una società del rischio. Quello della previdenza, al pari del lavoro, è oggetto di grandi trasformazioni sociali e, quindi, di particolare attenzione da parte del legislatore. Crescere previdenti di Mario Schiavon Presidente ENPAPI L’evoluzione della figura del professionista sanitario, nella lunga stagione di riforme ancora non conclusa, continua senza interruzioni, anche se le difficoltà che si incontrano non sono di facile e rapida soluzione. Mentre si cerca di affinare la normativa di riferimento, il riconoscimento della piena autonomia delle nuove “professioni sanitarie” non più “ausiliarie”, dotate di un proprio percorso universitario, della possibilità di progredire nella carriera fino alla dirigenza, nonché di un nuovo inquadramento contrattuale, stenta a farsi largo nella quotidianità del lavoro negli ospedali, nei dipartimenti e nei distretti. Le professioni sanitarie che, attualmente, fanno riferimento alla legge 26 febbraio 2006, n. 43, sono attualmente 22 e divise in quattro aree: infermieristica ed ostetrica, riabilitativa, tecnico sanitaria e della prevenzione, secondo quanto previsto dal D.M. 29 marzo 2001. Queste professioni hanno avuto negli ultimi dodici anni un’evoluzione significativa, sia dal punto di vista della formazione, sia per quanto attiene alle competenze e agli ambiti professionali. Infatti, con l’emanazione del D.Lgs n. 502 nel 1992, il Ministro della Sanità (ora Salute) ha avuto la possibilità di individuare i profili professionali delle professioni sanitarie prevedendo per le nuove figure una formazione a livello universitario. Con la norma citata sono stati separati nettamente e definiti i due diversi momenti fondanti le professioni sanitarie, ossia: - l’insieme delle competenze operative ed i contesti professionali della figura stessa; - l’ordinamento didattico del corso universitario, che deve rifarsi necessariamente alle indicazioni del profilo professionale, altrimenti si darebbe luogo ad una forma- n o v e Rinnovamento e futuro per le professioni sanitarie Sottosegretario al Ministero della Salute On. GIAN PAOLO PATTA zione difforme dalle competenze operative della figura sanitaria già individuata. L’importanza del profilo professionale è di tutta evidenza se si considera che il provvedimento regolamentare fissa in maniera inequivocabile l’ambito operativo nel quale l’operatore andrà ad esercitare le competenze specifiche e significative che identificheranno il professionista, il tipo di responsabilità e il grado di formazione richiesta per il conseguimento del titolo e il carattere abilitante all’esercizio professionale del titolo stesso. Altro aspetto da evidenziare è quello che il profilo sarà il punto di riferimento sia per la successiva definizione dell’ordinamento didattico del corso universitario professionalizzante, sia per il successivo inserimento nel mondo del lavoro del possessore del titolo abilitante. Da ultimo va esplicitato che la definizione di un profilo che preveda il conseguimento di un titolo abilitante vincola il possessore dello stesso, in via esclusiva, all’esercizio di quella sola professione o qualifica e non di altre. Con appositi Regolamenti furono individuate, già nel 1994, le prime quattordici delle attuali ventidue professioni sanitarie. Il D.M. 26 luglio 1996 del Ministro dell’Università di concerto con il Ministro della Sanità individuò precisamente gli obiettivi didattici dei corsi dei Diplomi universitari. Ma la norma che più ha cambiato il rango delle professioni sanitarie è stata la legge 26 febbraio 1999, n. 42, la quale al comma 1 dell’articolo 1, prevede che “La denominazione professione sanitaria ausiliaria nel testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, e successive modificazioni, nonché in ogni altra disposizione di legge, e’ sostituita dalla denominazione professione sanitaria.” Lo stesso articolo 1, al comma 2, prevede l’abolizione dei “mansionari” per le professioni per le quali erano previsti e stabilisce che il campo proprio di attività e di responsabilità di tutte le professioni sanitarie di cui all’art. 6, comma 3 del D. Lgs n. 502/92 e successive modificazioni è determinato da tre fattori: • dai contenuti dei D.M. istitutivi dei relativi profili professionali; • dai contenuti degli ordinamenti didattici dei rispettivi corsi di Diploma Universitario e di formazione postbase; • dai contenuti degli specifici codici deontologici, ove esistenti. Quanto contenuto nella legge n. 42/99 è stato ribadito e ampliato dalla legge 10 agosto 2000, n. 251. Infatti, questa normativa rinnova il precedente sistema introducendo una nuova categoria di professioni sanitarie – quelle legate a funzioni di prevenzione, prevedendo la formazione universitaria specialistica per le professioni sanitarie e, conseguentemente, la possibilità di avere, nelle Aziende Sanitarie Locali, l’attribuzione della dirigenza dei Servizi di competenza. Questa legge prevede anche l’attuale ripartizione delle quattro aree che viene puntualmente ripresa dal Decreto 2 aprile 2001 recante la determina- zione delle classi delle lauree universitarie delle professioni sanitarie emanata dal Ministero dell’Università, della Ricerca Scientifica e Tecnologica di concerto con il Ministero della Sanità. Contestualmente, è stato emanato un altro Decreto di pari data che disciplina le classi delle lauree specialistiche universitarie delle professioni sanitarie il quale, all’allegato 2/S, esplicita analiticamente gli obiettivi formativi qualificanti dei laureati specialisti delle quattro scienze delle professioni sanitarie. Come si rileva dagli obiettivi qualificanti del corso biennale specialistico, gli stessi sono riferiti, superando le specificità delle singole lauree di base che forniscono le esperienze caratterizzanti corrispondenti al relativo profilo professionale, all’acquisizione di una formazione culturale e professionale avanzata per intervenire con elevate competenze nei processi assistenziali, gestionali, formativi e di ricerca. Inoltre, i laureati specialisti sviluppano un approccio integrato ai problemi organizzativi e gestionali delle professioni sanitarie, conseguendo la capacità di conoscere i principi economici dell’economia pubblica e aziendale, dell’organizzazione aziendale, del diritto amministrativo, della gestione delle risorse umane, informatiche e tecnologiche, dei metodi costi/efficacia, costi /utilità benefici e i metodi di controllo di qualità. Nella più recente legge 26 febbraio 2006 n. 43 1 1 Rinnovamento e futuro per le professioni sanitarie Questa legge prevede anche l’attuale ripartizione delle quattro aree che viene puntualmente ripresa dal Decreto 2 aprile 2001 recante la determinazione delle classi delle lauree universitarie delle professioni sanitarie emanata dal Ministero dell’Università, della Ricerca Scientifica e Tecnologica di concerto con il Ministero della Sanità. l’intero impianto tenta di aggiornare in modo organico l’intera disciplina del mondo delle professioni sanitarie. E’ da rilevare che la norma è stata approvata con una maggioranza parlamentare quasi unanime, a testimoniare la notevole attenzione che il Paese riserva alle professioni sanitarie e agli operatori che esercitano le stesse. Viene riconosciuta, infatti, la piena titolarità dei professionisti abilitati ad esercitare l’attività di prevenzione, di assistenza, di cura e di riabilitazione, stabilendo i requisiti per l’esercizio professionale, nonché i criteri e le modalità di organizzazione dei corsi di laurea abilitanti e l’obbligatorietà dell’iscrizione agli albi vigenti. Viene stabilito, inoltre che l’aggiornamento professionale è effettuato secondo modalità identiche a quelle previste per la professione medica. All’art. 4 è stata concessa la delega al Governo per l’istituzione degli Ordini professionali, il cui limite temporale è stato ampliato in un Disegno di Legge attualmente all’esame del Parlamento. Ultima grande riforma introdotta è l’individuazione della funzione di coordinamento e del titolo che vincola all’assegnazione della responsabilità stessa. Dunque, scorrendo anche in un rapido excursus temporale la normativa in materia, si evince quale grande evoluzione sia intervenuta per le professioni sanitarie nell’ultimo decennio, sebbene le disposizioni della legge n. 43/06 vadano ancora attuate in modo concreto. Accanto alla proposta di creare una Commissione formata da rappresentanti del Ministero della Salute e delle Regioni per elaborare le linee-guida per una nuova organizzazione del lavoro e per mettere a punto la nuova norma concorsuale (come previsto rispettivamente dagli artt. 1, 2, 3, 4 della Legge n. 251/00 e della Legge n. 43/06) sarebbe opportuno costituire una Commissione Nazionale sul nursing e sul midwifing, per mettere in condizione il Ministero e le Regioni di esplicare appieno la loro funzione di indirizzo, programmazione e controllo sul Servizio Sanitario Nazionale, rappresentando il comune strumento di promozione, monitoraggio e studio per coniugare l’attuazione del diritto alla salute con la valorizzazione delle professioni. Partendo dall’esperienza di lunga data della professione infermieristica ed ostetrica, dunque, si potrebbe poi estendere questa metodologia a tutte le professioni sanitarie, per far sì che i progressi tecnologici e scientifici vadano di pari passo con l’evoluzione dei profili professionali e formativi. Questo Governo nel suo complesso, e lo scrivente nello specifico, si stanno muovendo per contribuire con determinazione al processo riformatore delle professioni, avendo ben chiaro gli aspetti normativi e la realtà da regolamentare. Flessibilità dell’aliquota contributiva e consapevolezza del futuro tasso di sostituzione: un legame indissolubile di Anna Attias Professore Associato di Elementi Matematici di Finanza Previdenziale Università degli Studi di Roma La Sapienza In Italia coloro che sono andati o andranno in pensione con il calcolo effettuato su base retributiva, cioè con le regole precedenti alla riforma Dini del 1995, hanno diritto ad una rendita che, raggiunti tutti i requisiti massimi, è pari ad oltre l’80% della loro ultima retribuzione. Ciò, pur garantendo il sostanziale mantenimento del tenore di vita del pensionato rispetto al medesimo come attivo, ha condotto ad uno squilibrio finanziario strutturale malgrado l’aliquota contributiva, per il fondo pensioni lavoratori dipendenti, sia passata dal 14,1% del 1960 all’attuale 33% dell’ultima Finanziaria di cui il 9,19% a carico del lavoratore. La Commissione Ministeriale per la valutazione e la verifica degli effetti della legge 335/95 e provvedimenti successivi, nell’ottica della competitività, dello sviluppo e dell’equità, ha stimato che le generazioni che si pensioneranno con il sistema del pro-rata, cioè con il calcolo della pensione in parte con il metodo retributivo ed in parte con il metodo contributivo, godranno a parità di aliquota contributiva di un tasso di sostituzione, cioè di un rapporto tra pensione ed ultimo salario, compreso tra il 47% ed il 72%. Con la riforma Dini a regime tale tasso di sostituzione scenderà drasticamente tra il 31% ed il 40% nonostante l’invarianza dell’aliquota contributiva che la citata Commissione prevede inalterata almeno fino al 2013. La “questione previdenziale” è dunque uno dei maggiori problemi delle giovani generazioni lavoratrici le quali subiscono due forti penalizzazioni: pagano troppo per i pensionati correnti e versano troppo poco per la loro terza età. Questo discorso vale per i lavoratori dipendenti ma diventa ancor più rilevante se riferito alla popola- zione degli Enti delle Casse di Previdenza privatizzate e private. I dati resi noti al decennale delle Casse del 103 lo scorso ottobre non confortano: si stima che il tasso di sostituzione, per le Casse gestite a contributivo oscillerà a regime tra il 20% ed il 25% del reddito professionale, con una buona tenuta finanziaria per gli Enti di cui al D.lgs. 103/96 e con seri problemi di sostenibilità per la maggior parte degli Enti di cui al D.lgs. 509/94. Da più parti e con riferimento a qualsiasi categoria di pensionati si sottolinea che se non si eleva l’età pensionabile e non si interviene sui correnti coefficienti di trasformazione, ormai superati dagli andamenti demografici, ripartendo tra tutti i cittadini l’onere imposto dalla maggiore speranza di vita, il sistema, per il quale lo Stato spende quasi il 16% del PIL, collassa. L’attuale assetto demografico della popolazione italiana è assimilabile, in termini dinamici, ad un’“onda” e non, come spesso viene scritto, ad una statica “gobba”. Da una tale distribuzione deriva la certezza all’insostenibilità del sistema a ripartizione a cui si affianca l’ulteriore certezza che le generazioni future si troveranno inevitabilmente ed in numero sempre maggiore con pensioni al di sotto della soglia di povertà. Non ci sarà cioè pensionato medio in grado di mantenere, entro limiti ragionevoli e con il solo sostentamento della sua pensione, il proprio precedente tenore di vita e le rendite delle fasce più basse saranno nettamente al di sotto della soglia di sussistenza. Si giungerà quindi “… alla repentina esacerbazione d’un mal cronico ...” che, nel più classico stile manzoniano, condurrà la gente “affamata”… all’assalto ai forni. Tutti ricordano “Pane! Pane! ... il furore accrebbe la forza della moltitudine: la porta fu sfondata … e il torrente penetrò per tutti i varchi … e il pane è messo a ruba …” e “… mentre quel forno veniva così messo sottosopra, nessun altro della città era quieto e senza pericolo …”. E’ facile ipotizzare che lo scenario offerto a Renzo dalla Milano affamata del 1628 diverrà mutatis mutandi quello delle nostre città nei prossimi 30 anni: la grande difficoltà economica esaspera gli animi e conduce a situazioni che possono divenire assolutamente insostenibili. Il sistema previdenziale ha infatti anche evidenti effetti sulla coesione sociale. Siamo dunque in grado di conoscere fin da subito, sulla scorta di stime e valutazioni oggettive, quale sarà la situazione pensionistica nei prossimi 30 - 40 anni in termini di prestazioni. Già oggi i pensionati sono una categoria in difficoltà, in particolare il 50% di essi percepisce una rendita inferiore ai 1.000 euro al mese e per oltre il 23% di essi detta rendita risulta compresa tra 1.000 e 1.500 euro. Quae cum ita sint è certo che essi saranno i prossimi veri poveri. E’ perciò necessario intervenire oggi per garantire loro un futuro di stabilità e di dignità adottando strumenti normativi tesi alla salvaguardia dei principi di equità e solidarietà intergenerazionale ed alla soluzione dei problemi di sostenibilità finanziaria e di adeguatezza delle prestazioni. In questa prospettiva alcune Casse Previdenziali hanno chiesto ai loro iscritti l’aliquota di contributo soggettivo che sarebbero presumibilmente disposti a versare per il 2007 e per gli anni successivi. Attualmente per le Casse di Previdenza il contributo soggettivo si colloca tra l’8% ed il 17% mentre quello integrativo varia tra il 2% ed il 4%. La richiesta di un aumento contributivo lascerebbe immaginare un conseguente futuro aumento nel tasso di sostituzione … Quel che manca è la quantificazione effettiva di tale incremento, manca cioè una corretta, trasparente e completa informazione. Il legame funzionale tra tasso di sostituzione ed aliquota contributiva necessita di sofisticati strumenti matematico – attuariali per essere formalizzato. In un recente lavoro presentato al XIII Convegno della Teoria del Rischio ho costruito un modello econometrico, cali- ( 14 ] La responsabile consapevolezza dell’attuale contribuente e futuro pensionato, insieme alla chiarezza ed alla trasparenza che ogni sistema previdenziale dovrebbe obbligatoriamente garantire ai propri iscritti, fanno parte da anni del modus operandi svedese. brato sul fondo pensioni lavoratori dipendenti ma estendibile con alcune modifiche a qualsiasi fondo pensione con gestione finanziaria a ripartizione pura, cioè tale che con i contributi degli attivi si pagano le rendite ai pensionati e con calcolo contributivo della prestazione che consente proprio di stabilire l’incidenza sul tasso di sostituzione sia degli aumenti dell’aliquota contributiva sia dell’innalzamento dell’età pensionabile. Tale strumento ipotizza su base collettiva “un’aliquota contributiva flessibile” che, eventualmente combinata ad ipotesi di innalzamento dell’età pensionabile, consente di delineare una rendita pensionistica caratterizzata dal concetto di adeguatezza in riferimento al tasso di sostituzione. Una contribuzione dunque a misura delle proprie esigenze. Il futuro pensionato può perciò consapevolmente decidere oggi di aspettarsi un certo tasso di sostituzione domani rendendosi disponibile a versare l’aliquota contributiva corrispondente ai suoi desiderata pensionistici. Questa aspettativa, riteniamo meritevole di tutela, è garantita da un modello matematico – attuariale che tiene conto sia dell’aspetto strettamente demografico, per il quale resta dimostrato che gli attuali tassi di riproduttività e di sopravvivenza denotano una popolazione strutturalmente in espansione, sia dell’aspetto probabilistico – previdenziale che, sulla base delle norme vigenti, consente di esplicitare in modo rigoroso la relazione tra livello di contribuzione e tasso di sostituzione. E’ dunque possibile formulare in termini matematici questa relazione stabilendo le connessioni esistenti tra aspetto demografico ed equilibrio dei sistemi finanziari, verificando cioè gli effetti che dinamiche tendenziali di equilibri di natura demografica ripercuotono sugli equilibri finanziari di tipo previdenziale. Più semplice è formulare i tassi di sostituzione in regimi finanziari a capitalizzazione individuale. Si costruisce così una sorta di certezza del diritto ad un tasso di sostituzione che nelle aspettative del lavoratore, futuro pensionato, consente di mantenere un tenore di vita dignitoso e non lontano da quello precedente il periodo di attività. Il tema è quindi la consapevolezza del lavoratore e la conseguente ricerca della soluzione più soddisfacente che non può essergli comunque delegata completamente con un semplice aggravio di spesa durante la vita attiva ma deve essere caratterizzata da interventi economici e tecnici di più ampio respiro. Non è questo il contesto per entrare nel dettaglio di tali possibili interventi ma non guasta accennare alla opportunità di ridurre la precarietà del lavoro delle giovani generazioni ormai istituzionalizzata, alla eventualità di stabilire indennità di disoccupazione più corpose combinate con centri per l’impiego funzionanti ed in grado di intermediare efficacemente il mercato del lavoro ed alla valutazione di ipotesi di particolari garanzie per i periodi di contribuzione figurativa ed eventualmente di disoccupazione attingendo le risorse, per esempio, dagli introiti derivanti dalla lotta all’evasio- ne. In altri termini coniugare la manovra sulla previdenza con il mix virtuoso costituito da riforma degli ammortizzatori sociali e le nuove politiche attive per il lavoro. La responsabile consapevolezza dell’attuale contribuente e futuro pensionato, insieme alla chiarezza ed alla trasparenza che ogni sistema previdenziale dovrebbe obbligatoriamente garantire ai propri iscritti, fanno parte da anni del modus operandi svedese. Una busta arancione, contenente l’estratto conto pensionistico pubblico, viene recapitata ogni anno ai lavoratori svedesi. In questo conto compare l’importo della futura pensione pubblica, parametrata all’età di cessazione dell’attività lavorativa che è prevista a 61, a 65 o a 70 anni (nella prospettiva di favorire uscite dal mercato del lavoro ad età più avanzate) ed alla crescita economica del Paese ipotizzata dello 0% o del 2%, in funzione dei contributi che lavoratori e datori di lavoro versano nella misura del 16% alla Inkomstpension (pensione base) e nella misura del 2,5% alla Premium Pension. In Svezia il tasso di occupazione di coloro che hanno tra i 55 e i 64 anni è del 69% contro il 31% del nostro Paese: il desiderio di rimanere attivi, finchè c’è resistenza, è una ricchezza, purchè la permanenza sia condivisa dal lavoratore e sue decisioni diverse non siano soggette ad alcuna penalizzazione. Dunque informazione completa ed esaustiva al lavoratore e libera scelta sull’età di pensionamento. Lo slogan “what you see is what you get”, nel rispetto dell’equità e della solidarietà intergenerazionale, offre credibilità del sistema. Trasparenza, chiarezza, consapevolezza, responsabilità del contribuente rappresentano infatti aspetti essenziali della democrazia e del welfare svedese. In questo contesto si è voluto dare solo un’indicazio- ne sul nesso che lega entità della contribuzione, età di pensionamento e prestazione futura mentre si è tralasciato il tema assai rilevante della previdenza complementare, nodo essenziale per assicurare trattamenti pensionistici adeguati alle future generazioni. La previdenza complementare dovrebbe garantire alle generazioni future un ulteriore 16% di tasso di sostituzione, ma per dirla alla Giuliano Cazzola, soffre di una patologia cronica: “la sindrome del cantiere sempre aperto”. La sensazione è che nel mondo politico e nelle istituzioni sia nazionali che europee prevalga la voglia di tagliare, attraverso l’elevazione dell’età pensionabile, l’aggiornamento dei coefficienti di trasformazione, la destinazione del tfr alla complementare… anziché dare risposte convincenti alla domanda di “sopravvivenza dignitosa” dei futuri pensionati. E’ quindi necessario che il sistema previdenziale italiano compia quello che il Governatore Draghi ha chiamato “uno sforzo di consapevolezza collettiva”. Il numero uno di via Nazionale ha più volte ricordato quanto lungo e accidentato sia il cammino per avere un sistema finanziario che sappia coniugare il proprio conto economico con le leggi di mercato senza dimenticare gli interessi dei fruitori che, nel nostro caso, sono utenti assai particolari: i pensionati. “Lo sforzo collettivo pari a quello che cambiò la scala mobile”, di cui parla il Governatore e che è indicato come necessario per la riforma della riforma Dini, deve essere dunque costruito nell’interesse degli utenti all’insegna della trasparenza, della chiarezza e della consapevolezza “… per assicurare al tempo stesso una pressione contributiva non eccessiva, l’equilibrio finanziario del sistema, l’erogazione di pensioni di importo adeguato…”. Questo è l’auspicio. di Anna Attias Professore Associato di Elementi Matematici di Finanza Previdenziale Università degli Studi di Roma La Sapienza Flessibilità dell’aliquota contributiva e consapevolezza del futuro tasso di sostituzione: un legame indissolubile Un mondo di colori ci circonda d i L u c a B o n f a n t i , M a r i s a Fo r t , E r n e s t a R o s a G a l l i , A n n a M a r i a Pa d o v a n C’era una volta tanto tempo fa una certa fabbrica in cui gli operai si lamentavano con il padrone per il freddo che sentivano nel locale mensa, un locale che aveva le pareti imbiancate con un tono di blu, e chiedevano di aumentare il riscaldamento; il padrone, non essendo di questa idea, fece invece dipingere le pareti con un tono di arancio: il risultato fu che non solo gli operai non avvertivano più il freddo, ma addirittura venne abbassato il riscaldamento. È un fatto realmente accaduto e non è una fiaba, ma rimane una storia abbastanza convincente per capire quanto il colore può influire sull’umore degli uomini. A grandi linee, noi viviamo in un mondo dove inconsciamente, cioè per abitudine, senza che neppure ce ne rendiamo conto, il colore ha una sua collocazione ben precisa: questo fin dall’antichità, perchè da sempre a ogni colore era abbinato un significato: ad esempio il rosso è sinonimo di passione e forza, il giallo è vitalità, il blu tranquillità. Certamente l’esperienza delle piccole cose di ogni giorno ci dice quanto il colore influisce sul nostro stato d’animo: basta pensare, senza farla troppo lunga, ai colori del semaforo, per cui il verde, colore che sta a metà tra il freddo e il caldo, quindi di equilibrio, è usato come segnale di via libera, mentre il rosso, colore decisamente caldo, stimola maggiormente la nostra attenzione, e ci segnala un pericolo; anche gli errori nei compiti sono segnati in rosso; il blu, come detto, tende a “raffreddare” e calmare la mente, quindi i lampeggianti delle forze dell’ordine illuminano le scene di questo colore. Gli esempi potrebbero essere ancora tanti, ma andiamo con ordine, ricordando che la bellezza dell’uomo è nell’ individualità della persona, e che ognuno di noi è diverso dagli altri e pertanto non si può essere categorici ed esclusivi nelle generalizzazioni. Inoltre non bisogna dimenticare che la storia e la tradizione di ogni popolo fa si che le interpretazioni del colore che vanno bene per qualcuno siano per qualcun altro completamente sbagliate, fino ad essere vero il contrario: basta dire che se in occidente il colore del lutto è il nero, in Cina è esattamente il suo opposto, cioè il bianco. Detto questo non possiamo certo negare che i colori hanno una grande influenza sulla vita di tutti. L’architettura e l’urbanistica, per esempio, se ne occupano per rendere l’ambiente in cui viviamo sempre più confortevole ed ottimale: ecco che gli ospedali hanno spesso i muri dipinti di azzurro per rilassare i pazienti, mentre il marrone è il colore più comune per i pavimenti, perché ci ricorda la terra, e da una sensazione di stabilità. Gli studi sui colori hanno portato anche a sfruttare il disagio generato da determinate tinte: siccome si prova disagio a stare in una stanza con i muri dipinti di rosso, in una fabbrica giapponese sono stati dipinti di rosso i muri delle toilettes per farci stare il meno possibile i dipendenti e ridurre i tempi improduttivi. Naturalmente i grafici e i pubblicitari sono molto attenti all’uso che fanno dei colori, cercando di catturare il più possibile la nostra attenzione, giocando sui colori complementari, che tra loro si esaltano e si equilibrano allo stesso tempo: blu e arancio, rosso e verde, giallo e viola. La moda, ovviamente, non tratta a caso i colori, e tanto meno la loro disposizione: il nero snellisce, ma indica anche un po’ di voglia di solitudine; il rosso si indossa per attirare attenzione; il bianco è sinonimo di purezza. È importante però ricordare che la natura resta la maestra più grande nell’uso dei colori: pensiamo al fascino dell’autunno, stagione del ricordo e del rimpianto, della riflessione, che coi suoi colori rilassanti, effetto della contemporanea presenza delle svariate tonalità di rosso e marrone delle foglie e dell’azzurro del cielo ha ispirato tanti poeti; l’estate è invece tanto piena di vita quanto piena di sole, con il suo giallo (colore associato alla vitalità, alla vivacità, alla leggerezza) che splende in un cielo azzurrissimo. Gli oggetti e gli ambienti che ci circondano sono in gran parte colorati. Ciò dipende dal fatto che la luce si diffonde attraverso onde di diversa lunghezza: ad ogni onda corrisponde un colore. La differenza tra “colore” e “non colore” è spesso labile e soggettiva: la conoscenza della “teoria dei colori” è affascinante e varia... Il nostro occhio percepisce solo una piccola parte delle onde luminose esistenti in natura; a questa corrisponde uno spettro di sette colori: il rosso, l’arancio, il giallo, il verde, l’azzurro, l’ìndaco e il violetto. Il fisico inglese Isaac Newton dimostrò, nel 1672, che la luce, che vediamo bianca, è in realtà composta dai sette colori dello spettro solare. Nel suo esperimento Newton fece passare un raggio di luce attraverso un prisma di cristallo. Il raggio si scompose così nei sette colori dello spettro solare, dimostrando che il bianco è la somma di quei colori. Una cosa simile accade nell’arcobaleno: la luce che passa attraverso le piccole gocce d’acqua, sospese nell’aria dopo una pioggia, si scompone nei sette colori dello spettro (con tutte le relative gradazioni intermedie). Deriva quindi questa osservazione: l’oggetto che riflette tutte le onde luminose appare bianco (bianco = somma di tutti i colori); l’oggetto che assorbe tutte le onde, senza restituirle ai nostri occhi, viene visto dai nostri occhi nero (nero = assenza di colori); l’oggetto che assorbe tutte le onde tranne uno, ha il colore corrispondente a quell’unica onda (ad esempio: un oggetto che non assorbe il verde, viene visto dai nostri occhi verde). Per questa ragione alcuni artisti definiscono il bianco e il nero “non colori” perché il bianco è dato dalla somma di tutti i colori, il nero dall’assenza di colori. Al contrario, per un artista sono due colori, per quanto anomali, definiti acromatici, cioè privi di colore: per la precisione, il bianco è considerato primario, perchè non si ottiene mescolando altri colori, e il nero secondario, perchè si ottiene mescolando altri colori. ” [1 9 ] Il linguaggio dei colori Linguaggio dei colori Fin dall’epoca egiziana venne attribuito ad alcuni colori un significato simbolico. Anche nell’antica Grecia veniva data molta importanza al valore simbolico dei colori e così pure in Cina, in India, nell’Islam e nell’arte paleocristiana. Rosso In latino “rubens” (rosso) è sinonimo di colorato. È il primo colore dell’arcobaleno che i neonati imparano a riconoscere, il primo a cui tutti i popoli hanno dato un nome. È il colore del movimento e dell’attività. La luce rossa è infatti quella con un intervallo di lunghezze d’onda più ampio e per tale motivo le sue vibrazioni possono avere un effetto stimolante. Il rosso è il colore che può muoversi più rapidamente trattenendo legato a sé lo sguardo. È stato dimostrato che l’esposizione al rosso accelera i battiti cardiaci e stimola la produzione d’adrenalina. Il rosso è stato abbinato a Marte, il dio della guerra e il pianeta rosso, per la sua natura aggressiva e per la sua associazione al colore del sangue. Il rosso è simbolo del cuore e dell’amore, del dinamismo e della vitalità, della passione e della sensualità, dell’autorità e della fierezza. Nell’arte paleocristiana si dipingevano di rosso gli arcangeli e i serafini. Blu Induce alla calma e si connota come placida e profonda soddisfazione, denota uno stato di soddisfatto adattamento. Fissando a lungo questo colore si produce un effetto di quiete, soddisfazione ed armonia. L’azzurro è il colore del mare e del cielo. Per i cinesi il blu è il colore dell’immortalità. Il blu è il colore del silenzio, della calma e della tranquillità. È il colore della contemplazione e della spiritualità. È associato alla forma geometrica del cerchio, simbolo dell’eterno moto dello spirito, insieme di quiete e dinamicità. In una stanza blu i battiti cardiaci diminuiscono e la sensibilità al freddo aumenta, mentre gli oggetti sembrano più piccoli e leggeri. Verde Corrispondono sensazioni di solidità, stabilità, forza e costanza ed un comportamento caratterizzato dalla perseveranza. L’energia del verde è un’energia potenziale raccolta in se stessa che denota una tensione interiore. L’effetto di stabilità prodotto dal verde rappresenta, da un punto di vista psicologico, i valori saldi che non mutano. La scelta del verde indica inoltre autostima. Il verde è il colore della vegetazione, della natura e della vita stessa. È il colore della rinascita primaverile, della forza della natura. Il verde, secondo gli psicologi, significa forza, perseveranza, equilibrio e stabilità. Probabilmente questo deriva dal fatto che il cristallino focalizza la luce verde quasi correttamente sulla retina e l’occhio percepisce perciò tale colore molto facilmente. Il verde è associato a Venere, dea dell’amore e della fertilità. Talvolta il verde è anche associato ad una simbologia negativa. È il colore della rabbia e della putrefazione, del veleno e dell’invidia; nel corpo umano il verde è segno di grave malattia e di morte. Giallo Questo colore è un colore caldo, così come il rosso e l’arancione. Rimanda alla radiosità che risveglia e dà calore. Suscitando una sensazione d’espansione e spingendo al movimento, il giallo corrisponde ad una condizione di libertà e autosviluppo. Il giallo, infatti, è il colore dell’illuminazione e della redenzione. Simbolo del sole e dell’oro e della saggezza, appartiene alla sfera dell’espansione, dell’idealismo e dell’azione. In Oriente il giallo è il colore del sole, della fertilità e della regalità. Le associazioni che si ritrovano in tutte le religioni relativamente al colore giallo sono: oro, luce e parola. Arancione L’arancione è il risultato della mescolanza dei colori rosso e giallo. Il suo contenuto emotivo è il desiderio. E’ la percezione delle emozioni da un punto di vista fisico (esplorazione del mondo attraverso i sensi - percepire e provare piacere). E’ legato all’energia fisica e mentale, all’attività, alla creatività. L’arancione stimola il movimento, l’indipendenza e la fiducia in se stessi, liberando dalle paure, dalle frustrazioni, dalle inibizioni e dai condizionamenti, ed è efficace in caso di depressione. La scelta dell’arancione indica il bisogno di ricerca di esperienze intense da cui trarre e sperimentare nuove sensazioni piacevoli e conoscitive. Il rosso è la forza fisica-amore e il giallo la saggezzaconoscenza; uniti nell’arancione esprimono questa combinazione di caratteristiche. Viola Nasce dalla mescolanza di rosso e blu, è il colore della metamorfosi, della transizione, del mistero e della magia. Colore tradizionale della mistica, della spiritualità ma anche della fascinazione erotica, il viola indica l’unione degli opposti, la suggestionabilità. Marrone Corrisponde alla sensazione della corporeità. Il forte bisogno, l’indifferenza o il rifiuto verso questa tinta indicano pertanto un preciso atteggiamento verso ciò che è corporeo e materiale e verso i piaceri fisici. Grigio È il colore della perfetta neutralità, una terra di nessuno priva di vita. Lo si sceglie per definire una distanza ed un non coinvolgimento. Nero Oggi giorno è un colore molto apprezzato nella moda femminile per la sua caratteristica di far sembrare la persona più magra. Il nero, però, aveva anche il significato di lutto, tristezza e morte. Nell’arte paleocristiana col nero si rappresentava il demonio. Bianco La luce bianca contiene tutti e sette i colori dell’iride. È il colore della purezza, della pulizia, dell’innocenza, della nascita, della precisione. Associato ad un sfondo conferisce un aspetto tecnico e utilizzato assieme a font con colori di contrasto rende facile la lettura dei testi. In Giappone, il bianco è il colore del lutto. Nell’arte paleocristiana si dipingevano di bianco le vesti dei santi, dei puri di cuore, dei fanciullini. Curiosità: Prima degli anni ‘60 i chirurghi operavano indossando un camice bianco, e bianco era anche il lenzuolo dove stava il paziente da operare. Il risultato era che gli stessi chirurghi lamentavano un certo abbagliamento, ma non solo: dopo aver fissato il rosso del sangue che usciva dal paziente, dovendo distogliere lo sguardo per prendere uno strumento chirurgico succedeva loro di vedere, sul bianco dei camici e delle lenzuola, una macchia luminosa di colore verde-azzurro assai fastidiosa. Venne così introdotto l’uso di camici color verde-azzurro: la macchia verde su fondo verde non dava più fastidio e l’abbagliamento diminuì in modo considerevole, ottenendo un minore stress ottico del chirurgo, a vantaggio del paziente. Questo espediente fu fatto probabilmente “a occhio”, ignorando il fatto che quel verde-azzurro della macchia luminosa non era altro che il complementare del rosso sangue. di GARY S. BECKER Premio Nobel per l’economia, Professore all’Università di Chicago e membro senior alla Stanford Hoover Institution Una ragione politica per la riforma della previdenza sociale [2 3 ] I conti individuali proteggerebbero i pensionati dall’ingerenza dello Stato Negli U.S.A. molti pensionamenti avvengono a 62 anni o prima, mentre gli italiani frequentemente vanno in pensione intorno ai 55 anni. Pensionamenti molto precoci sono comuni in Germania, Belgio ed altri Paesi europei. Inoltre, il legame tra contributi e benefici è stato scisso, così che ogni dollaro supplementare versato in tasse rende non più di 40 centesimi circa in indennità integrative. Pertanto, il sistema di previdenza sociale si è evoluto in due sistemi per la maggior parte indipendenti: una considerevole tassazione sugli stipendi, a partire dal primo dollaro guadagnato; e benefici pensionistici che vengono “garantiti” dallo Stato. C’è soltanto un minimo collegamento tra le imposte accantonate pagate sui redditi di un individuo e queste “garanzie”. Repubblicani e Democratici stanno discutendo animatamente circa il futuro della Previdenza Sociale, ed il nocciolo di tale discussione riguarda la privatizzazione. È vero, come osservano alcuni critici, che non c’è nessun vantaggio prodigioso nel privatizzare la Previdenza Sociale, dal momento che tutti i sistemi devono creare reddito per i pensionati. Analogamente, tuttavia, non vi è nemmeno alcun vantaggio nel privatizzare una acciaieria statale, dal momento che anche l’acciaio dovrà continuare ad essere prodotto. Tuttavia ci sono ottimi motivi – che trovano fondamento nell’economia politica - per privatizzare le acciaierie. E come con l’acciaio (e simili), ci sono ottimi motivi a sostegno di un sistema previdenziale privatizzato basato su conti individuali. Il sistema pensionistico a ripartizione (pay-as-you-go) fu introdotto inizialmente in Europa, quale metodo relativamente facile in grado di offrire un tenore di vita minimo agli anziani. Esso fu introdotto negli U.S.A. nel corso degli anni 1930, parzialmente anche per scoraggiare la concorrenza sul lavoro da parte degli anziani in un momento in cui la disoccupazione giovanile era estremamente alta. Allora si trattava di un sistema a basso costo, in quanto c’erano più di 10 lavoratori per pensionato, pertanto la tassazione previdenziale poteva essere bassa in relazione ai benefici ricevuti dai pensionati. Sicuramente, le prime generazioni di pensionati ottennero alti rendimenti in termini di redditi pensionistici dai rispettivi contributi previdenziali accantonati. Ma il tasso di natalità si è drasticamente ridotto e l’aspettativa di vita a 60 anni è cresciuta enormemente. Attualmente, un numero minore di lavoratori è chiamato a sostentare un numero sempre maggiore di pensionati. La conseguenza è un enorme incremento delle tasse previdenziali in ogni nazione a regime pensionistico a ripartizione (pay-as-you-go). L’aggregato delle imposte a carico di dipendenti e datori di lavoro negli U.S.A., escludendo i contributi al Servizio Sanitario Pubblico, è ora del 12.4% e continua a crescere, e tale percentuale è molto più alta in Giappone e nella maggior parte delle nazioni dell’Europa Occidentale. L’aspettativa di una crescita continua di queste aliquote d’imposta spiega il motivo per cui Paesi tanto diversi come Svezia e Gran Bretagna si siano parzialmente orientati verso un sistema di privatizzazione individuale. Aiuta, altresì, a capire perché Hong Kong, Polonia ed altri Paesi con basso tasso di natalità che hanno recentemente introdotto la previdenza sociale, comprendano, nei loro sistemi, elementi significativi inerenti i conti individuali. Tuttavia, contrariamente alla posizione di Bush, non ritengo che il vantaggio maggiore in un sistema basato su conti privati sia che i singoli possono ottenere un più alto rendimento dei propri risparmi ai fini pensionistici investendo in azioni. Non ci sono “regali” in tali investimenti, dal momento che l’alto rendimento sulle azioni è collegato alla loro maggiore rischiosità e ad altri trade off tra le azioni e gli altri beni. Tuttavia, non c’è nessun particolare problema di “transizione” nel muoversi verso un sistema totalmente privatizzato, dal momento che le future generazioni, con qualsiasi sistema, dovranno pagare il debito implicito derivante dagli impegni verso i pensionati attuali e futuri — a meno che, ovviamente, esse vengano meno a tali impegni. Ma sarà opportuno finanziare questo debito gradatamente, iniziando fin da ora, piuttosto che dover imporre significativi aumenti di imposte alle future generazioni. I pensiona- ti per i quali il reddito previdenziale non rappresenta la parte più importante dei loro crediti previdenziali investiranno molti dei loro risparmi in azioni. Studi indicano che questo è esattamente ciò che essi generalmente fanno con i loro fondi pensione individuali (IRA) al fine di avere portafoglio bilanciato tra azioni ed il credito previdenziale implicito loro garantito. Dal momento che gli individui a basso reddito riescono ad accantonare un patrimonio minimo oltre al loro credito previdenziale, un sistema interamente finanziato attraverso il risparmio personale permetterebbe loro di avere portafogli maggiormente equilibrati tra azioni ed obbligazioni. Pertanto, alcuni potrebbero porre la seguente domanda: Se non c’è un chiaro vantaggio nel permettere alla maggioranza degli individui di investire in azioni al fine di favorire la copertura della loro pensione, e se non vi sono rilevanti problemi di transizione, quali sono gli eventuali vantaggi di un sistema privatizzato? Io ritengo che i vantaggi siano principalmente di natura politica, non “economici”, e che la privatizzazione aiuti a tenere separato il risparmio pensionistico dalla politica dei gruppi di interesse, dalla tassazione, e dalla spesa statale. I sistemi pensionistici a ripartizione sono in crisi principalmente a causa del mutato rapporto lavoratori / pensionato, ma di GARY S. BECKER Premio Nobel per l’economia, Professore all’Università di Chicago e membro senior alla Stanford Hoover Institution Una ragione politica per la riforma della previdenza sociale I conti individuali proteggerebbero i pensionati dall’ingerenza dello Stato anche a causa delle decisioni politiche che hanno modificato il sistema da sistema previdenziale per la terza età ad un inefficiente e complicato sistema di assistenza per alcuni anziani. Nonostante il miglioramento della salute sia mentale che fisica delle persone più anziane, le pressioni politiche in tutte le nazioni che adottano tali sistemi hanno obbligato una ristrutturazione dei pagamenti previdenziali al fine di incoraggiare il pensionamento anticipato, persino rispetto al precedente livello stabilito a 65 anni. Negli U.S.A. molti pensionamenti avvengono a 62 anni o prima, mentre gli italiani frequentemente vanno in pensione intorno ai 55 anni. Pensionamenti molto precoci sono comuni in Germania, Belgio ed altri Paesi europei. Inoltre, il legame tra contributi e benefici è stato scisso, così che ogni dollaro supplementare versato in tasse rende non più di 40 centesimi circa in indennità integrative. Pertanto, il sistema di previdenza sociale si è evoluto in due sistemi per la maggior parte indipendenti: una considerevole tassazione sugli stipendi, a partire dal primo dollaro guadagnato; e benefici pensionistici che vengono”garantiti” dallo Stato. C’è soltanto un minimo collegamento tra le imposte accantonate pagate sui redditi di un individuo e queste “garanzie”. X Concorso Borse di Studio: ENPAPI verso il futuro di Simona Beltrone - Ufficio Prestazioni Il 30 aprile scorso è scaduto il termine per la presentazione delle domande per accedere alle borse di studio che ENPAPI riserva agli Assicurati che abbiano conseguito il diploma di laurea specialistica ed ai figli di Assicurati e/o pensionati dell’Ente che analogamente abbiano conseguito il diploma di maturità, laurea triennale o specialistica. I bandi hanno messo a concorso, rispettivamente per il 2006 e 2007: - 50 borse di studio del valore di € 500,00 ciascuna per i figli di iscritti all’Ente o di pensionati con trattamento a carico di ENPAPI che abbiano conseguito il diploma di maturità; - 30 borse di studio del valore di € 1.000,00 ciascuna per i figli di iscritti all’Ente o di pensionati con trattamento a carico di ENPAPI che abbiano conseguito la laurea triennale; - 20 borse di studio del valore di € 1.500,00 ciascuna per i figli di iscritti all’Ente o di pensionati con trattamento a carico di ENPAPI che abbiano conseguito la Laurea Specialistica; - 10 borse di studio del valore di € 2.000,00 ciascuna per gli iscritti all’Ente che abbiano conseguito la Laurea Specialistica in Scienze infermieristiche. Al secondo anno di applicazione, si può tracciare un primissimo bilancio del livello di interesse sviluppato da questa iniziativa dell’Ente, sulla base dei dati in nostro possesso. Nell’anno in cui il primo bando veniva alla luce, le domande pervenute entro i termini sono state 19; quelle spedite entro il 30 aprile di quest’anno, in concorso per l’assegnazione delle borse di studio messe a disposizione dal bando 2007 sono state 23. Pur tenendo presente l’incremento del numero di domande pervenute, che in percentuale può essere stimato poco sopra il 20%, siamo consci di essere ancora lontani dai risultati che ci si attendeva al momento in cui l’istituto è stato creato ed in cui si crede ancora. L’istituto delle borse di studio è stato, infatti, introdotto per soddisfare alcune delle prerogative dell’Ente che ha inteso così porsi vicino agli Assicurati anche in questo momento della vita. ENPAPI che, realizzando un esplicito obbligo normativo, garantisce tutela al termine della vita lavorativa, si è attivato al fine di proteggere anche altri eventi che possano verificarsi nel corso della vita lavorativa stessa o, come nel caso delle borse di studio, all’inizio di tale percorso. Il quadro si è così completato aggiungendo all’ampia ed articolata gamma di prestazioni previdenziali ed assistenziali, che assicura protezione sociale nei momenti di bisogno, un ulteriore elemento di tutela che esaudisce un duplice aspetto: intensifica quel processo di orientamento al servizio ormai iniziato nel corso dell’anno 2003 e attua uno dei principali presupposti alla base della funzione di tutela propria dell’attività dell’Ente: la solidarietà. Le risorse che permettono l’attribuzione di borse di studio, così come tutti gli altri istituti finalizzati all’erogazione di interventi assistenziali, sono infatti reperite nel fondo per le spese di gestione e solidarietà, a cui sono imputati i contributi integrativi versati dagli iscritti attivi. Lo stanziamento destinato alla copertura delle borse di studio è, anche per quest’anno, pari a € 105.000,00 ed è reso possibile dall’avanzo di gestione innescato dal contenimento delle spese nonché dall’ottenimento di ottimi risultati derivanti dall’applicazione delle strategie di investimento. Data la disponibilità finanziaria appena citata, che ci porterà a formulare il prossimo bando di concorso 2008, e dato il numero di domande pervenute, certamente superiore rispetto allo scorso anno, ma ancora lontano dal raggiungere gli obiettivi prefissati, ci si augura che, per il prossimo anno, il numero di domande possa essere tale da permettere l’erogazione del maggior numero di borse di studio possibile tra quelle messe in concorso. Solo così potremmo realizzare appieno l’obiettivo di premiare e stimolare chi affronta con tenacia e bravura la propria formazione, punto di partenza per lo sviluppo di capacità professionali che saranno fondamentali nell’accesso al mondo del lavoro con le migliori chance di successo. ENPAPI verso il futuro X I servizi offerti da ENPAPI di Sara Di Stefano - Ufficio Centro Studi In questi anni ENPAPI ha costantemente guardato al rapporto istituzionale che si instaura con gli iscritti come ad un processo che debba garantire la trasparenza e l’informazione nei confronti di tutti gli attori. È per questo che, tra i servizi aggiuntivi, alcuni, con il passare del tempo, sono divenuti strumenti fondamentali per l’attività dell’Ente. Tra questi, la trasmissione periodica del materiale informativo, quale Regolamento e Statuto, Vademecum e brochures tematiche; l’implementazione della rivista “Providence”, il nostro periodico trimestrale che ha attraversato notevoli evoluzioni sia contenutistiche che grafiche; la fruibilità di un’area riservata agli iscritti del sito internet www.enpapi.it, accessibile mediante digitazione del proprio numero di matricola e della password assegnata. L’Ente, peraltro, da sempre attento alle esigenze degli Assicurati, continua ad attivarsi anche al fine di migliorare la qualità della vita degli iscritti, rendendo disponibili servizi aggiuntivi alla professione infermieristica, seppur negli ambiti non direttamente correlati alle funzioni istituzionali dell’Ente. Le iniziative intraprese nell’ultimo periodo sono state rivolte, infatti, ad ampliare i settori di interesse cercando, nel contempo, di potenziare la qualità dei servizi offerti. È proprio in tale ottica che si poneva, all’inizio, l’adesione all’Emapi (l’Ente di Mutua Assistenza dei Professionisti Italiani) e che si ripropone ora che è stato raggiunto il primo importante obiettivo: l’opportunità per tutti gli Assicurati ENPAPI di stipulare una polizza di Assistenza Sanitaria Integrativa grazie all’accordo firmato tra la compagnia Assicurazioni Generali S.p.A. ed Emapi. Tale Ente, cui sono associati alcuni Enti di previdenza aderenti all’AdEPP (Cassa Forense, Cassa Notariato, ENPAP, ENPAPI, EPPI, ENPACL e Cassa Geometri), ha lo scopo di promuovere la cultura solidaristica e assicurativa e di ricercare soluzioni assistenziali ed assicurative per i professionisti iscritti agli Enti citati, ovvero agli Albi degli Ordini e ai Collegi professionali. I casi coperti sono la malattia e l’infortunio e possono essere attivate due tipologie di garanzie: X • Garanzia “A” Grandi Interventi Chirurgici e Gravi Eventi Morbosi; • Garanzia “B” – Ricovero, extraospedaliere e domiciliari – che, data l’inclusione della precedente garanzia, prende il nome di “GLOBALE”. La polizza, messa a disposizione degli iscritti e dei familiari conviventi, ha validità per il territorio nazionale ed estero ed è corrisposta dietro il versamento di un premio del tutto vantaggioso rispetto agli attuali prezzi di mercato che possono essere consultati, insieme alle specifiche della polizza, collegandosi al sito internet www.emapi.it. ENPAPI, deciso a soddisfare le necessità di una professione che si sta confrontando con i cambiamenti della società, ha posto tra i suoi obiettivi anche la ricerca di soluzioni vantaggiose per permettere agli Assicurati di arricchire le proprie conoscenze. Sono pertanto, in avanzata fase di studio convenzioni con importanti e ormai consolidati istituti di lingua inglese e con scuole di informatica presenti in modo capillare su quasi tutto il territorio italiano. Tutte le proposte saranno disponibili anche per i familiari dei nostri iscritti, affinchè questo possa essere un incitamento all’apprendimento ed alla crescita professionale e personale. Accanto alle novità di rilievo appena sintetizzate, se ne pongono altre come le convenzioni stipulate già da tempo. ENPAPI, nella ricerca di soluzioni che siano sempre più concrete e di qualità, si propone di riesaminare, per correggere e migliorare laddove fosse necessario, gli accordi in essere con le aziende che operano nei settori prescelti per le convenzioni, in quanto ritenuti quelli più adatti a soddisfare i bisogni e le necessità rilevati presso i nostri Assicurati, tra cui si ricordano prodotti e servizi medicali, case editrici che pubblicano riviste e testi specialistici di carattere medico-scientifico. Non si possono dimenticare, poi, le convenzioni con i settori che forniscono servizi immediatamente correlati alla vita professionale ed allo svolgimento di attività ricreative e alla ricerca del benessere. ENPAPI si è quindi rivolto ai più importanti istituti di credito, quali la Banca Popolare di Sondrio, Intesa – Sanpaolo e BHW, al fine di attivare intese atte alla concessione, a condizioni favorevoli, di mutui ipotecari, prestiti personali e all’apertura di ”””” t r e n t a 1 credito in c/c, all’apertura di conto corrente, alla cessione del quinto dello stipendio, all’apertura di conto corrente on-line, senza dimenticare la collaborazione con la Banca Popolare di Sondrio, istituto cassiere dell’Ente, grazie alla quale è stata realizzata la Carta di Credito ENPAPI, ormai posseduta da un elevato numero di iscritti. Accordi finalizzati ad offrire tariffe agevolate per il noleggio di auto, moto e furgoni sono inoltre stati presi con le maggiori compagnie di autonoleggio presenti sull’intero territorio nazionale. Ritenendo sempre importante lo spazio dedicato alla cura della propria persona, al benessere psicofisico e, perché no, al divertimento, sono state, infine, sottoscritte convenzioni con catene alberghiere, agenzie di viaggio e singole strutture recettive che offrono riduzioni di quote associative annuali nonché tariffe agevolate. Nella speranza che i servizi messi a disposizione possano trovare un elevato riscontro da parte degli Assicurati che possa garantire un numero di adesioni sufficientemente alto, tale consentire un miglioramento delle condizioni offerte, si rimanda al nostro sito internet www.enpapi.it, sezione convenzioni, nella quale sono presenti schede informative e link attraverso cui è possibile usufruire delle agevolazioni appena descritte. ( 32 ] La nostra proposta per il futuro delle professioni di Marco Bernardini Intervista all’On. Mario Landolfi Presidente della Commisione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi (Alleanza Nazionale) Dopo l’intensa attività parlamentare di fine anno sulla Legge Finanziaria, un nuovo banco di prova per la maggioranza in carica sarà costituito nella primavera dall’atteso iter di riforma delle professioni e della previdenza dopo i primi sussulti scatenati lo scorso settembre dalla cosiddetta “Legge Bersani”. Alle proposte del Governo finora l’attuale opposizione ha ribattuto muovendo un essenziale problema giuridico, di natura costituzionale: infatti, a causa della riforma del Titolo V della Costituzione, la competenza concorrente tra Stato e Regioni blocca l’iter di molti progetti di legge, fra cui quello ormai indispensabile sulle professioni che è divenuto un mosaico incompiuto. Con la risoluzione del conflitto di competenze fra Stato e Regioni, tra le proposte dell’opposizione si registra quella sull’affidamento a quest’ultime, in collaborazione con gli Ordini, di programmi di sostegno per i tirocinanti più svantaggiati, riconoscendo agli Ordini un ruolo imprescindibile e alle associazioni non regolamentate un adeguato riconoscimento. Su questi temi si è espresso anche l’On. Mario Landolfi, attuale Presidente della Commissione di Vigilanza sulla Rai, attento e partecipe nella sua coalizione anche su questi temi. Si tratta di problemi fondamentali da risolvere per la nostra società e i nostri giovani, i professionisti di oggi e di domani, come abbiamo già voluto ribadire nella nostra proposta di legge, di cui è prima firmataria la collega On. Siliquini. Si è trattato di una proposta di “legge quadro” che lasciasse al dibattito fra legislatore ordinario e parti in causa, i nostri professionisti, la declinazione della regolamentazione, puntando alle nuove doti professionali dell’autoimprenditorialità, capacità di espansione e valenza produttiva per un rilancio del nostro paese e delle stesse professioni. In cosa altro si dimostra innovativa la vostra proposta di legge? Questa proposta va in controtendenza rispetto a quanti auspicano la sostituzione degli studi professionali con “società di servizi”, per dare spazio a un mercato non regolamentato, noi vogliamo garantire la tutela del diritto e bisogno del consumatore all’eticità e sicurezza, mostrando che le professioni hanno evoluto il loro profilo dalle prime esperienze ordinistiche del XIX secolo, ma ne hanno mantenuto sempre la competenza e il rispetto dei principi democratici, come attesta il vigente decreto legislativo luogotenenziale 23 novembre 1944, n. 382, che riorganizza su basi democratiche gli Ordini e i Collegi professionali, per cui gli organi di vertice sono esponenziali del corpo professionale e liberamente eletti dall’assemblea degli iscritti. La vostra posizione giuridica vanta una diretta discendenza dalle linee dettate dal legislatore comunitario… Certamente, poiché la legislazione comunitaria non afferma la necessità di deregolarizzare le professioni intellettuali, di abolire gli Ordini, le tariffe, i controlli all’accesso e molti stati la seguono alla lettera e con successo. Un’equilibrata misura sarebbe quella da un lato di consentire agli studi professionali l’adozione di modelli organizzativi idonei a riuni- 3 0 t r e La nostra proposta per il futuro delle professioni re forze e competenze plurime o diverse per meglio rispondere alla domanda della committenza e affrontare la competizione globale; dall’altro, l’adozione di un modello organizzativo in cui il professionista possa porsi come “esperto indipendente e autonomo nelle proprie scelte tecniche”. Proprio partendo dalle esigenze poste dall’unificazione dei mercati dei servizi nel territorio comunitario, la ventilata soppressione degli ordini e delle tariffe produrrebbe il passaggio della titolarità dei servizi professionali in capo a “chiunque” e, quindi, anche alle grandi imprese, come da anni richiesto da Confindustria, banche ed altri. A mio parere si realizzerebbe una pericolosa concentrazione dei servizi professionali in capo a pochi, un vero e proprio oligopolio che da un lato porterebbe alla distruzione del tessuto ” ? ! professionale italiano fondato sulla qualità e sulla deontologia e dall’altro danneggerebbe i diritti del consumatore: prioritario è il diritto del cittadino e delle imprese di “scegliere” il soggetto professionale sul mercato, certo della sua formazione, pratica e deontologia, in corretta concorrenza. Le libere professioni rappresentano uno dei pilastri del pluralismo e dell’indipendenza all’interno della società, assolvendo ruoli di pubblico interesse. Nonostante questa pluralità e autonomia sono comunque necessarie delle regole per assicurare imparzialità, competenza, responsabilità dei professionisti e impedire conflitti d’interesse o forme di pubblicità ingannevole. Qual è la vostra posizione? Gli Stati membri devono essere autorizzati a stabilire tariffe obbligatorie tenendo conto dell’interesse generale e non solo di quello della professione: la deregolarizzazione voluta dal Governo parte da una falsa rappresentazione della realtà del mercato, con asimmetria tra domanda e offerta nell’occupazione giovanile e crisi nei settori della produzione industriale, che si vorrebbe risolvere diffondendo capitale finanziario nel terziario, soprattutto nel settore dei servizi professionali. L’indiscriminato aumento del numero dei professionisti non può ridurre i costi della committenza creando un’eccessiva manodopera intellettuale a basso costo, cui affidare il lavoro considerato routinario. Dagli ultimi rapporti del Censis risultano iscritti agli albi più di 1,8 milioni di professionisti, cui ne vanno aggiunti 500.000 appartenenti all’area sanitaria non medica, grazie all’istituzione, con la legge n. 43 del 2006, di nuovi albi e Ordini delle professioni sanitarie, per un totale di 2,3 milioni. Per tutti questi professionisti, appartenenti ad ordini di lunga tradizione o esercitanti in occupazioni emergenti regole democratiche e rispettose sono quelle che assicurano la costituzione di società fra professionisti, l’obbligatorietà dell’iscrizione e la rappresentatività degli appartenenti agli Ordini professionali, una loro ampia funzione normativa per tenuta e aggiornamento degli albi, per verifica dei requisiti per l’iscrizione, per deontologia ed eventuali procedimenti disciplinari, per regolamentare la pubblicità. Ma anche per subordinare l’introduzione di nuovi Ordini alla verifica di determinati requisiti, quali la tutela di interessi costituzionalmente rilevanti, la necessità di salvaguardare l’utente e la definizione di attività riservate in esclusiva agli iscritti agli albi. A tal fine, per le professioni attualmente non organizzate in Ordini, è riconosciuta la possibilità di costituire libere associazioni, per la tutela della qualità della prestazione fornita e per agevolare e rendere più imparziale l’accesso dei giovani alla professione. Insomma, dalla definizione delle tariffe alla redazione di una pubblicità informativa, all’obbligo di assicurazione per i rischi professionali, la proposta dell’On. Landolfi appare a tal punto articolata da costituire una proposta al vaglio del legislatore nella ormai prossima riforma. [3 6 ] Il discorso della tutela previdenziale ha subito una improvvisa accelerazione con la cosiddetta “riforma Maroni” (D.Lgs. 252 del 5/12/2005) la cui entrata in vigore è stata anticipata al 1 gennaio 2007; tale dispositivo rappresenta un’importante novità in quanto apporta delle rilevanti modifiche alla disciplina fiscale delle forme pensionistiche complementari. Cerchiamo di capire come funzionano i meccanismi di tale provvedimento. In primo luogo è opportuno, ai fini di una chiara esposizione, distinguere due fasi principali: quella dell’accumulo (ovvero il periodo in cui vengono effettuati i versamenti, che normalmente è durante il periodo lavorativo) e quella dell’erogazione delle prestazioni (che di solito coincide con la cessazione dell’attività lavorativa del soggetto); infine, in secondo luogo, vi è tutta la disciplina riguardante le anticipazioni e i riscatti delle posizioni individuali prima della cessazione dell’attività lavorativa. Ma procediamo con ordine. La fase di accumulo L’anticipazione del decreto Maroni ha reso completamente deducibili dal reddito complessivo, a partire dall’inizio di quest’anno, i contributi versati ad una forma pensionistica complementare (entro l’importo di 5.164,57€). Viene meno, di conseguenza, il limite di deducibilità del 12% del reddito stesso, così come i vincoli per i lavoratori dipendenti legati al doppio della quota di TFR destinata alle forme di previdenza integrativa. Fino al 31/12/2006 infatti, se ad esempio un soggetto dichiarava un reddito imponibile di 30.000€, l’importo massimo che poteva dedurre – quale contributo versato ad un fondo pensione - era di 3.600€, pari al 12% del proprio reddito (il tetto massimo dei 5.164,57€ esisteva già però, nel senso che se ad esempio un soggetto dichiarava 60.000€ di imponibile, non poteva dedurre l’intero 12% - pari a 7.200€ - ma si poteva “limitare” ai 5.164,57€). In questo modo, si è cercato di dare un maggior beneficio in termini relativi a coloro che necessitano di crearsi una pensione complementare e hanno redditi più bassi. Oltre a questo, ai lavoratori di prima occupazione successiva all’ 1/1/2007 e, limitatamente ai primi cinque anni di partecipazione a forme pensionistiche complementari, sarà consentito, nei 20 anni successivi al quinto di partecipazione, dedurre dal reddito complessivo contributi superiori al limite predetto di 5.164,57€, pari alla differenza tra 25.822,85€ (= 5.164,57€ x 5) e i contributi effettivamente versati nei precedenti cinque anni, e comunque per un importo annuo non superiore a 2.582,29€. Sempre legata a questa fase è la tassazione dei rendimenti maturati in fase di accumulo, pari all’11%, che è quasi la metà rispetto a quella – che dovrebbe entrare in vigore nei prossimi mesi – del 20% di tutte le altre forme di investimento finanziario. Tutela previdenziale. Come funziona la r i f o r m a M a r o n i di MARCO BERNARDINI [3 7 ] 3 0 o t t o Tutela previdenziale. Come funziona la rifo rma Maroni La fase di erogazione delle prestazioni In primo luogo, è bene ricordare che una volta giunti al momento dell’età pensionabile ogni singolo soggetto potrà liquidare al massimo il 50% del montante accumulato sotto forma di capitale (detratte le somme erogate a titolo di anticipazione per le quali non si sia provveduto al reintegro), il resto dovrà essere riscosso sotto forma di rendita integrativa. Questo limite prevede un’unica eccezione, ovvero nel caso in cui la rendita derivante dalla conversione di almeno il 70% del montante finale, sia inferiore al 50% dell’assegno sociale (c.d. pensione minima). Altro principio che naturalmente non è stato modificato è quello dell’applicazione delle aliquote solo all’importo corrispondente ai redditi non ancora tassati. Cosa si intende con questo principio è più facilmente comprensibile con un esempio numerico. Si supponga che un lavoratore abbia versato in un fondo di previdenza integrativa 5.000€ l’anno per 20 anni, e che ogni anno abbia dedotto dal proprio reddito tale importo: alla fine dei 20 anni avrà versato complessivamente 100.000€. Al momento della cessazione della propria attività lavorativa, suppo- niamo si ritrovi con un montante finale di 150.000€ dove i 50.000€ in più derivano dalle plusvalenze finanziarie maturate nel corso dei vari anni. Per semplicità, ipotizziamo inoltre che decida di incassare l’intera prestazione sotto forma di rendita: ciò significa che 1/3 della rendita deriverà dai rendimenti finanziari (50.000/150.000) avuti nel corso degli anni, mentre i rimanenti 2/3 dal totale dei contributi versati (100.000/150.000). Quindi la quota-parte di rendita derivante dai rendimenti - già tassati in fase di accumulo (come detto in precedenza ad un’aliquota dell’11%) - non verrà più sottoposta a tassazione; quello che verrà invece sottoposto ad imposizione fiscale, nella maniera che andrò a descrivere, è la parte di rendita (in questo esempio pari a 2/3) derivanti dal totale dei contributi versati. Le prestazioni erogate, sia in forma di capitale sia in forma di rendita, saranno soggette ad una ritenuta a titolo di imposta pari al 15% (ribadisco, la ritenuta si applica solo all’importo corrispondente ai redditi non ancora tassati, come descritto nell’esempio precedente). L’aliquota del 15% verrà ridotta di una quota pari allo 0,30% per ogni Dopo l’intensa attività parlamentare di fine anno sulla Legge Finanziaria, un nuovo banco di prova per la maggioranza in carica sarà costituito nella primavera dall’atteso iter di riforma delle professioni e della previdenza. anno eccedente il quindicesimo di partecipazione ad una forma pensionistica complementare, con un limite massimo di riduzione di 6 punti percentuali. Pertanto, chi potrà vantare almeno 36 anni di partecipazione ad una forma di previdenza complementare, l’aliquota applicata sarà pari al 9%. I riscatti e le anticipazioni Il D.Lgs 252/05 è intervenuto anche sul regime fiscale delle anticipazioni e dei riscatti. Innanzitutto, l’importo massimo richiedibile a titolo di anticipazione non può mai essere superiore al 75% del montante accumulato. Qualora l’anticipazione venga richiesta per spese sanitarie (a seguito di gravissime situazioni relative a sé, al coniuge e ai figli per terapie e interventi straordinari riconosciuti come tali dalle competenti strutture pubbliche) è prevista l’applicazione della medesima aliquota prevista per le prestazioni previdenziali (15%), con progressiva riduzione dell’aliquota stessa secondo quanto descritto in precedenza; in questo caso, l’anticipazione è richiedibile in qualsiasi momento. Qualora invece l’anticipazione venga richiesta per finanziare l’acquisto (o la ristrutturazione) della prima casa (per sé o per i figli), è prevista l’applicazione, a titolo di imposta, dell’aliquota fissa del 23%; inoltre, in quest’ultimo caso devono essere trascorsi almeno 8 anni dal momento dell’iscrizione ad una forma pensionistica complementare. In caso di riscatto, per tutte le fattispecie previste dall’art. 14, comma 2 e 3 del D. Lgs. 252/05 (in occupazione temporanea, procedure di mobilità, cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria, invalidità permanente, morte) è prevista l’applicazione, agli importi corrispondenti ai redditi non ancora tassati, dell’aliquota del 15% con progressiva riduzione secondo il meccanismo già illustrato precedentemente. In ipotesi di riscatto per cause diverse da quelle previste dalla legge (genericamente definite “ulteriori esigenze dell’aderente”), la ritenuta da applicare, sempre sulla parte di redditi non ancora tassati, è pari al 23%: in quest’ultima ipotesi, devono essere trascorsi almeno 8 anni dalla prima iscrizione ad un fondo pensione complementare e il limite massimo “riscattabile” è pari al 30% della posizione maturata. di ROBERTO DE ROSA Che frutta e ortaggi facciano bene si sa, ma a riprova di quello che sembra solo un modo di dire, la scienza ci segnala i phytochemical: questi sono composti organici di origine vegetale che svolgono un’azione protettiva su diversi sistemi e apparati del nostro organismo; non sono nutrienti e vengono assunti con gli alimenti di origine vegetale esercitando la loro azione sia a livello del tubo digerente che venendo assorbiti ma solo in piccola parte nel torrente circolatorio. Sono, insomma, sostanze naturali presenti nelle piante che catturano l’energia del sole e la trasformano in colori vivaci e invitanti. Oltre a essere responsabili dei colori, tuttavia, i phytochemical sono preziosi per due motivi: • si trasformano in un vero e proprio scudo protettivo per il nostro organismo • aiutano a mantenerci in forma senza bisogno di integratori. Un’alimentazione variata e completa di frutta e ortaggi non solo nutre in maniera equilibrata, ma è anche sana. Riduce infatti di un 30% il rischio di sviluppare tumori, diabete, patologie cardiache e coronariche e altre malattie altrettanto diffuse. LA REGOLA DEI 5 COLORI Insomma, phytochemical, acqua, vitamine, minerali e fibre contenuti nella frutta e nella verdura fresca sono tanti buoni motivi per tenersi in forma naturalmente e per avere cura della propria salute con allegria. La distinzione è utile non solo per dividere le diverse tipologie di frutta a seconda dell’umore, ma è basata sulle diverse proprietà appartenenti ai vari gruppi. LE PROPRIETÀ DEL ROSSO Nel gruppo del rosso rientrano frutta e verdura dalle virtù preziose perché capaci di ridurre il rischio di sviluppare tumori e patologie cardiovascolari e di proteggere il tessuto epiteliale. È un colore con una potente azione antiossidante dovuta a due phytochemical: il licopene e le antocianine. Il licopene combatte i tumori al seno e alle ovaie nelle donne e il tumore alla prostata negli uomini. Ne sono ricchi i pomodori e l’anguria. Le antocianine, presenti ad esempio nell’arancia 4 0 u n o Frutta e verdure: i colori della vita rossa, sono un utile alleato nel trattamento delle patologie dei vasi sanguigni, della fragilità capillare, nella prevenzione dell’aterosclerosi procurata da alti livelli di colesterolo, nell’inibizione dell’aggregazione piastrinica e nel potenziamento della funzione visiva. Rimanendo sempre tra la buona frutta, fragole e ciliegie sono ricche di carotenoidi, nemici dei tumori, delle patologie cardiovascolari incluso l’ictus, della cataratta, dell’invecchiamento cellulare, delle patologie neurodegenerative e dell’invecchiamento cutaneo. Nel rosso c’è anche la vitamina C. Fragole e arancia rossa, ad esempio, ne contengono grandi quantità che aiutano la produzione di collagene, mantengono integri i vasi sanguigni, stimolano le difese immunitarie, la cicatrizzazione delle ferite e incrementano l’assorbimento del ferro contenuto nei vegetali. LE PROPRIETÀ DEL GIALLO-ARANCIO Alla nostra salute piace molto il giallo-arancio. Combatte infatti il rischio di sviluppare tumori e patologie cardiovascolari, potenzia la vista e previene l’invecchiamento cellulare. Il beta-carotene è sicuramente il phytochemical tipico di questo colore. Ha una potente azione provitaminica e antiossidante ed è precursore della vitamina A, importante nella crescita, nella riproduzione e nel mantenimento dei tessuti, nella funzione immunitaria e nella visione. Sempre il beta-carotene sa proteggerci dal danno dei radicali liberi, viene assorbito con i grassi e, se assunto con gli alimenti, non porta al sovradosaggio, come può succedere con un eccessivo uso di integratori. Per proteggerci da vari tipi di tumore, il giallo-arancio ha a disposizione i flavonoidi, che agiscono principalmente a livello gastro-intestinale, neutralizzando la formazione di radicali liberi o catturandoli prima che possano danneggiare altre molecole. Nella squadra del giallo-arancio il peperone, il limone e l’arancio, sono ricchi di vitamina C e, oltre ad avere una funzione antiossidante, contribuiscono alla produzione del collagene. È scientificamente provata anche l’azione protettiva delle antocianine, i phytochemical con proprietà antinfiammatorie, antitumorali e anticoagulanti presenti in grande quantità nelle arance. LE PROPRIETÀ DEL VERDE Il colore verde è dato dalla presenza di clorofilla che ha una potente azione antiossidante per il nostro organismo. Il carotenoide, altro phytochemical dei verdi, aiuta il nostro organismo a prevenire molti tipi di tumore e a proteggerlo dalle patologie coronariche. E non solo. Sempre i carotenoidi sono responsabili della vista, dello sviluppo delle cellule epiteliali e difendono anche dall’invecchiamento. Nel verde c’è anche il magnesio, un minerale con tante qualità importanti per il metabolismo dei carboidrati e delle proteine, che regola anche la pressione dei vasi sanguigni e la trasmissione dell’impulso nervoso. Il magnesio dà un grande aiuto al nostro benessere stimolando l’assorbimento del calcio, del fosforo, del sodio e del potassio. Gli ortaggi a foglia verde sono una grande fonte di acido folico e di folati, che aiutano a prevenire l’aterosclerosi e il rischio di incompleta chiusura del canale vertebrale dei neonati durante la gravidanza. Ma i benefici del verde non sono finiti: c’è tanta vitamina C in ortaggi e frutta di questo colore. Qualche esempio? I broccoli, il prezzemolo, gli spinaci e il kiwi. La vitamina C favorisce anche l’assorbimento del ferro contenuto nella frutta e nella verdura ed è un ottimo antiossidante perché protegge dai radicali liberi associati allo sviluppo di malattie cardiovascolari, neurologiche, tumori e dall’invecchiamento precoce. LE PROPRIETÀ DEL BLU-VIOLA Anche il blu-viola è un colore nemico dei tumori e delle patologie cardiovascolari e amico della vista, dei capillari sanguigni e di una corretta funzione urinaria. Sono le antocianine, phytochemical con potere antiossidante, a combattere le patologie della circolazione del sangue, della fragilità capillare, e prevengono l’aterosclerosi provocata da alti livelli di colesterolo e inibiscono l’aggregazione piastrinica. Tra i prodotti del gruppo blu-viola, il ribes e il radicchio sono ottimi antiossidanti perché ricchi di vitamina C e protagonisti nella formazione della carnicina e del collagene. I frutti di bosco curano invece la fragilità dei capillari e prevengono le infezioni del tratto urinario. E ancora: nel bluviola ci sono alimenti ricchi di fibra e di carotenoidi, attivi contro tumori, patologie cardiovascolari incluso l’ictus, cataratta, invecchiamento cellulare, patologie neurodegenerative e invecchiamento cutaneo. Amaro sì, ma buono per la salute. Nel radicchio c’è il betacarotene, precursore della vitamina A che interviene nella crescita, nella riproduzione e nel mantenimento dei tessuti, nella funzione immunitaria e nel meccanismo della visione. Il radicchio inoltre, come fichi, ribes, more e prugne, contiene il potassio che protegge il tessuto osseo e diminuisce il rischio di patologie cardiovascolari e l’ipertensione. Di magnesio sono ricche le melanzane povere invece di calorie. I frutti di bosco sono amici di un intestino sano con la loro fibra solubile che regola l’assorbimento degli altri nutrienti e alimenta la flora microbica intestinale. LE PROPRIETÀ DEL BIANCO Nutrirsi di bianco è un vero affare per la nostra salute. Rinforza il tessuto osseo e i polmoni, combatte tumori e patologie cardiovascolari. È la quercetina il phytochemical tipico del bianco, un antiossidante nemico dei tumori. Frutta e ortaggi del gruppo bianco sono una miniera di benessere perché ricchi di fibre, di sali minerali come il potassio e di vitamine, in particolare la vitamina C. Contengono anche gli isotiocianati, i phytochemical che prevengono l’invecchiamento cellulare. Le mele e le cipolle sono alimenti che contengono grandi quantità di flavonoidi (flavonoli, catechine, flavoni), potenti antiossidanti ottimi per proteggersi dai tumori e benefici per la funzionalità polmonare (in particolare quelli contenuti nelle mele). I flavonoidi contenuti nelle cipolle regolano invece il meccanismo della perdita di calcio dal tessuto osseo. Aglio, cipolle e porri contengono l’allisolfuro, che ci protegge dalle patologie coronariche rendendo il sangue più fluido e meno incline alla formazione di trombi e aiuta nella prevenzione di varie forme di tumore. Un altro minerale arricchisce il bianco: il selenio. Contenuto nei funghi, previene l’ipertensione, le anemie, diversi tipi di tumore e l’invecchiamento. CURIOSITÀ Il finocchio, nativo del Mediterraneo, nell’antichità insaporiva i cibi o ne copriva gli eventuali difetti. Da qui l’espressione “infinocchiare”, metafora dell’imbroglio. L’arrivo della melanzana in Italia risale al XVIII secolo, ma veniva coltivata da oltre 4.000 anni in India. Credenze popolari le hanno attribuito difetti e virtù. Si pensava che mangiarne tante portasse alla pazzia (da cui il nome “mela insana”) o, invece, che avesse poteri afrodisiaci e magici. Nell’antichità prezzemolo, sedano e basilico e non avevano esattamente il compito di insaporire le pietanze: gli antichi Greci usavano il primo per decorare le corone dei vincitori dei giochi Nemei, mentre i romani usavano il basilico per combattere gli attacchi del basilisco, un leggendario quanto terribile drago. Il termine arancia proviene, attraverso l’arabo “narangi”, dal sanscrito “narag’a” che significa “frutto favorito dagli elefanti”. Al sapore di arancio anche una leggenda siciliana: una fanciulla poverissima, non avendo abiti e gioielli da indossare per le sue nozze, si adornò i capelli e i vestiti con i profumatissimi fiori d’arancio. Da qui la tradizione tuttora viva. Bianco, blu-viola, giallo-arancio, rosso e verde. I 5 COLORI SONO TUTTI QUI. A ognuno il suo. È proprio il caso di dirlo, visto che ogni specie vegetale ha il suo colore oltre che un buon sapore. Ma pere, mele, sedano, finocchi, pomodori e via dicendo, hanno proprio il colore che pensi? Controlla e conserva la tabella dei colori, potrebbe esserti utile quando fai la spesa o quando prepari la colazione, il pranzo o la cena. Magari anche quando stai per fare uno spuntino. ROSSO ••• Anguria Arancia rossa Barbabietola rossa Ciliegia Fragola Pomodoro Ravanello Rapa rossa VERDE ••• Agretti Asparagi Basilico Bieta Broccoletti Broccoli Carciofo Cavolo broccolo Cavolo cappuccino Cetriolo Cicoria Cime di rapa Indivia Kiwi Lattuga Prezzemolo Rughetta Spinaci Uva Zucchina GIALLO-ARANCIO ••• Albicocca Arancia Carota Clementina Kaki Limone Mandarino Melone Nespola Nettarina Peperone Pesca Pompelmo Zucca BLU - VIOLA ••• Fichi Frutti di bosco Melanzane Prugne Radicchio Uva nera BIANCO ••• Aglio Cavolfiore Cipolla Finocchio Funghi Mela Pera Porri Sedano [4 4 ] IL ?! DIRETTORE RISPONDE Ho ricevuto i bollettini M.AV. per il versamento degli acconti relativi all’anno 2007. Non riesco, tuttavia, a comprendere gli importi presenti, diversi da quelli versati per gli anni precedenti. Potete aiutarmi a capire? Gli importi contenuti nei M.AV. sono diversi da quelli degli anni precedenti in quanto il contributo di maternità per l’anno 2006 è stato ridotto ad € 20,00; pertanto, l’eccedenza contributiva generatasi è stata utilizzata a parziale copertura del contributo di maternità 2007, riducendo così gli importi richiesti negli ultimi bollettini M.AV. trasmessi. Ho dimenticato di comunicare la variazione della mia residenza e, pertanto, non ho ricevuto il modello UNI/07. Come posso dichiarare i dati reddituali per l’anno 2006? I dati reddituali per l’anno 2006 possono essere trasmessi, entro il 30/09/2007, utilizzando i modelli in bianco disponibili presso i nostri uffici, sul sito internet www.enpapi.it ovvero presso i Collegi Provinciali IPASVI. È, inoltre, sempre possibile dichiarare i dati reddituali in via telematica, accedendo all’area riservata agli iscritti del sito web istituzionale www.enpapi.it. In tal caso, successivamente all’inserimento dei dati reddituali richiesti, sarà anche possibile ottenere il calcolo automatico dell’eventuale contribuzione dovuta a saldo. Le ricordiamo, in ogni caso, che è sempre necessario aggiornare i propri dati anagrafici a seguito di variazioni e che il mancato ricevimento della modulistica non esonera il professionista dall’inoltro della dichiarazione entro i termini stabiliti dal Regolamento di Previdenza. ! IL DIRETTORE RISPONDE Sono stato iscritto all’ENPAPI per pochi mesi nel corso dell’anno 2006: devo dichiarare comunque i miei dati reddituali? Si, tutti coloro che sono stati iscritti all’Ente nel corso dell’anno 2006, anche se per un breve periodo e successivamente cancellati, hanno l’obbligo di comunicare i dati reddituali percepiti per l’anno 2006 e di versare i relativi contributi. Il Regolamento di Previdenza prevede che la contribuzione complessivamente dovuta sia calcolata in percentuale (contributo soggettivo pari al 10% ovvero, facoltativamente, al 15%, del reddito professionale e contributo integrativo pari al 2% del volume d’affari prodotto) rispetto ai dati reddituali che devono essere comunicati. Contestualmente all’attività libero professionale, ho anche un contratto di lavoro dipendente per il quale ho chiesto ed ottenuto la riduzione del contributo soggettivo per l’anno 2006. Barrando l’opzione prevista sul modello UNI/07 posso ottenere la riduzione anche per l’anno 2007? No. Barrando la relativa opzione, solo coloro che abbiano già ottenuto la riduzione del contributo soggettivo per contestuale lavoro dipendente per l’anno 2007 possono ottenere la prosecuzione di tale beneficio anche per l’anno 2008. Si ricorda, in ogni caso, che la riduzione si applica solo sul contributo soggettivo minimo (€ 516,46) ma il contributo complessivamente dovuto è comunque pari al 10% ovvero al 15% del reddito professionale dichiarato per lo stesso anno. Ho iniziato a lavorare come libera professionista a dicembre 2005, mi sono cancellata a gennaio 2007, ho 30 anni, posso chiedere la restituzione del montante contributivo? No. Per ottenere la restituzione del montante contributivo, è necessario che, al raggiungimento dell’età pensionabile, sia cessata l’iscrizione all’Ente senza aver maturato 5 anni di contribuzione effettiva. Tanto premesso, nel Suo caso, fermo restando il possesso dei primi due requisiti, bisognerà attendere il compimento del 65° anno di età. [4 6 ] Centro Congressi della Camera di Commercio di Brescia 13 ottobre 2007 PRIMA CONFERENZA NAZIONALE SULLA LIBERA PROFESSIONE INFERMIERISTICA Sarà un evento atteso e di grande attualità la 1° Conferenza Nazionale sulla Libera Professione Infermieristica che Brescia ospiterà il prossimo 13 ottobre nella sala Conferenze della Camera di Commercio cittadina, e che sarà organizzato dai due principali Organismi rappresentativi della professione infermieristica. La Federazione Nazionale Ipasvi ed ENPAPI, l’Ente di Previdenza e Assistenza della Libera Professione infermieristica, infatti, danno appuntamento a quasi cinquecento infermieri, oltre che a studiosi ed esperti del settore, per fare il punto sugli aspetti formativi, previdenziali e giuridici di una professione in netta crescita e rapida trasformazione. Come sarà sottolineato, nei saluti introduttivi, dalla Presidente della Federazione Nazionale dei Collegi Ipasvi, Annalisa Silvestro, e dal Presidente di Enpapi, Mario Schiavon, molti sono i passi in avanti compiuti dagli infermieri operanti in Italia per adeguare il loro aggiornamento e specializzazione ai nuovi servizi richiesti agli infermieri nei contesti sanitari sempre più complessi. Altrettanto numerosi sono stati gli interventi regolamentativi e normativi per adeguare la professione ad un mercato del lavoro sempre più aperto ed esigente e a standards comunitari particolarmente ambiti. Sulle conquiste della professione e sulle sue sfide future si confronteranno relatori esperti che illustreranno le principali trasformazioni del sistema salute in Italia, nel quale opera l’infermiere, e gli aspetti della liberalizzazione del mercato del lavoro associati alla riforma del mondo delle professioni. Saranno inoltre definiti i dettagli dell’esercizio della professione infermieristica nell’attuale e prossimo contesto giuridico che prospetta la riforma delle professioni. Nell’ambito di questa importante giornata di studi, una sessione specifica sarà dedicata anche ai risvolti concreti dell’esercizio libero professionale quali contrattualistica, fiscalità, previdenza ed assistenza, per concludere l’importante e completo quadro d’insieme su acquisizioni e sviluppi della professione infermieristica all’inizio del terzo millennio. Chi volesse assistere alla manifestazione può utilizzare la scheda di iscrizione, che si riporta di seguito e che deve essere trasmessa alla Segreteria Organizzativa, nella quale sono contenute le necessarie indicazioni di “servizio”. Maggiori informazioni sono, in ogni caso, reperibili sul sito www.enpapi.it, presso gli uffici dell’Ente ovvero presso le sedi dei Collegi provinciali Ipasvi. Sicuri di una fattiva collaborazione e di un favorevole riscontro, si da a tutti Voi appuntamento a Brescia. Come raggiungere la sede AUTOMOBILE: da Milano: Autostrada A4 uscita Brescia Ovest da Venezia: Autostrada A4 uscita Brescia Centro da Mantova: Statale Goitese da Cremona: Autostrada A21 uscita Brescia Centro I PARCHEGGI PIÙ VICINI SONO: PALAGIUSTIZIA Via Lattanzio Gambara (600 posti auto) AUTOSILO UNO Via V. Emanuele II (350 posti auto) SILOPARK MECCANIZZATO Via B. Croce 24 (72 posti auto) SILOPARK P.zza S. Domenico (72 posti auto) PARCHEGGIO STAZIONE Viale Stazione 42 (1000 posti auto) P.ZA MERCATO c.da Cavalletto (190 posti auto) TRENO La stazione ferroviaria dista 500 m ed è raggiungibile a piedi in 7/10 minuti AEREO Aeroporto Gabriele D’Annunzio Brescia - Montichiari 20 km da Brescia (bus navetta di collegamento con Brescia) Aeroporto di Verona Villafranca 50 km da Brescia Aeroporto di Bergamo - Orio al Serio 50 km da Brescia Aeroporto di Milano - Linate 100 km da Brescia Aeroporto di Milano - Malpensa 150 km da Brescia TAXI Radio Taxi Brixia Tel. 030-35111 Centro Congressi della Camera di Commercio di Brescia Via Einaudi, 23 Brescia, 13 ottobre 2007 SCHEDA DI ISCRIZIONE COGNOME .................................................................................................................................................................... NOME ............................................................................................................................................................................ INDIRIZZO .................................................................................................................................................................... CAP ................................................................................................................................................................................ CITTÀ ............................................................................................................................................................................. TEL ................................................................................................................................................................................. FAX ................................................................................................................................................................................. E-MAIL ........................................................................................................................................................................... Autorizzo al trattamento dei dati ai sensi del D.Lgs. 196/2003 sulla privacy Inviare tramite fax o posta elettronica a: PRO-BRIXIA, Azienda Speciale della Camera di Commercio di Brescia Via Einaudi, 23 - 25121 Brescia Fax 030/3725368 e-mail: [email protected] La conferma dell’iscrizione verrà comunicata a mezzo fax o e-mail Segreteria Organizzativa: tel. 030/3725367 Rif.: Sig. Marco Moratti - Sig.ra Michela Mombelli ENPAPI Lungotevere dei Mellini, 27 - 00193 Roma www.enpapi.it