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Consulenti del Lavoro/Inps: non si scherza più

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Consulenti del Lavoro/Inps: non si scherza più
Consulenti del Lavoro/Inps: non si scherza più
( A cura di Francesco Longobardi – Presidente Nazionale ANCL- SU )
La misura è colma. I ripetuti disservizi telematici dell’Inps che vengono riferiti da
tutto il territorio nazionale, da ora non passeranno più sotto silenzio. I Consulenti del
Lavoro, da una parte sono chiamati ad ottemperare a numerosissimi adempimenti,
dall’altra sono intermediari inutili, e quando però per forza di cose devono
intermediare, i sistemi telematici non funzionano. Questa è la condizione vera in cui
migliaia di professionisti sono costretti ad operare tutti i giorni, erodendo risorse di
tempo ed economiche che potrebbero essere dedicate a ben altri sviluppi professionali
invece di fare il telelavoratore per conto della P.A. A proposito della veste di
intermediari, in questi ultimi giorni abbiamo potuto raccogliere come categoria
professionale il pensiero positivo nei nostri confronti da parte di concordi ed
autorevoli voci, che evidentemente conoscono più a fondo la nostra opera quotidiana
di quanti invece vivono di presunzioni infondate. Con il preventivo consenso interno
all’Ancl, si è provveduto a diffidare l’Inps con un atto legale e formale ad adoperarsi
affinché sia posto immediato rimedio ai difetti che provocano le interruzioni del
servizio telematico e ad adoperarsi comunque per tenere esenti gli utenti dalle
conseguenze negative di tali problematiche, riservandosi, in mancanza, qualora esse
dovessero ulteriormente presentarsi, di denunciare tale comportamento alla
competente Autorità Giudiziaria per l’accertamento di tutte le ipotesi di reato che la
medesima vorrà ravvisarvi. E’ opportuno a riguardo chiarire, che tale atto di diffida
non va intesa come una scaramuccia dettata dagli ultimi eventi di cui l’Istituto si è
reso pubblicamente protagonista, bensì si tratta dell’inizio di una azione forte e ormai
permanente per ristabilire condizioni di parità e dignità: quando l’Inps chiede un
adempimento e il professionista sbaglia o non ottempera, non solo emerge la
responsabilità professionale, ma l’azienda o il professionista stesso sono assoggettati
a sanzioni: orbene, così deve essere anche per l’amministrazione che pretende
l’adempimento: se sbaglia, che sia chiamata a pagare, in termini di responsabilità ed
in termini di danno arrecato. Peraltro, come può essere immediatamente accertata la
nostra responsabilità, è altrettanto immediatamente accertabile in sede giudiziaria la
responsabilità dell’istituto: “il rischio inerente alle modalità di trasmissione (degli
atti di ogni genere alla p.a. ndr.) non può far carico che alla parte che
unilateralmente aveva scelto il relativo sistema e ne aveva imposto l’utilizzo [agli
utenti]; e se rimane impossibile stabilire se vi sia stato un errore da parte del
trasmittente, o piuttosto la trasmissione sia stata danneggiata per un vizio del
sistema, il pregiudizio ricade sull’ente” (Cons. Stato, Sez. III, 25.1.2013, n. 481).
Nella giurisprudenza più recente espressasi sull’argomento, si segnala anche TAR
Puglia, sede di Bari, 28 luglio 2015, n. 01094 che, richiamando la testé menzionata
sentenza del Consiglio di Stato, aggiunge: “Il Collegio ritiene di condividere
integralmente questa impostazione giurisprudenziale, evidenziando anzitutto, in linea
generale, come le procedure informatiche applicate ai procedimenti amministrativi
debbano collocarsi in una posizione necessariamente servente rispetto agli stessi,
non essendo concepibile che, per problematiche di tipo tecnico, sia ostacolato
l’ordinato svolgimento dei rapporti fra privato e Pubblica Amministrazione e fra
Pubbliche Amministrazioni, nei reciproci rapporti.
Dalla natura meramente strumentale dell’informatica applicata all’attività della
Pubblica Amministrazione discende altresì il corollario dell’onere per la P.A. di
doversi accollare il rischio dei malfunzionamenti e degli esiti anomali dei sistemi
informatici di cui la stessa si avvale, essendo evidente che l’agevolazione che deriva
alla P.A. stessa, sul fronte organizzativo interno, dalla gestione digitale dei flussi
documentali, deve essere controbilanciata dalla capacità di rimediare alle
occasionali possibili disfunzioni che possano verificarsi, in particolare attraverso lo
strumento procedimentale del soccorso istruttorio (art. 46 D. Lgs. n. 163/2006 e art.
6 L. n. 241/1990).” Le anzidette risoluzioni della giurisprudenza dicono tutto, senza
necessità di poter aggiungere altro. L’Ancl, per mestiere, deve tutelare i legittimi
interessi dei Consulenti del Lavoro iscritti al Sindacato. Lo farà decisamente con ogni
mezzo.
E non siamo su scherzi a parte.
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