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La Parabola della pecorella smarrita e della dracma perduta (Lc 15

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La Parabola della pecorella smarrita e della dracma perduta (Lc 15
La Parabola della pecorella smarrita e della dracma perduta (Lc 15,1-10)
LA PARABOLA DELLA PECORELLA SMARRITA E
DELLA DRACMA PERDUTA
(Lc 15,1-10)
Testo
1
Ora erano a lui avvicinatisi tutti i pubblicani e i peccatori per
ascoltare lui
2
E borbottavano i farisei e gli scribi dicendo: Costui è teso ad
accogliere i peccatori e mangia con loro!
3
Ora disse loro la parabola questa dicendo:
4
Quale uomo tra voi, avendo cento pecore persa una non
tralascia le novantanove nel deserto e va dietro alla perduta
finché trovi essa?
5
E avendo trovata, pone sui suoi omeri gioendo
6
ed essendo giunto nella casa convoca gli amici e i vicini dicendo
loro: Rallegratevi con me, perché ho trovato la pecora di me
quella perduta.
7
Dico a voi che così gioia nel cielo sarà per un peccatore che si
converte che per novantanove giusti che non bisogno hanno di
conversione.
8
O quale donna dracme avente dieci se perde dracma una, non
accende lampada e scopa la casa e cerca attentamente finché non
trovi?
9
E avendo trovata convoca le amiche e vicine dicendo:
Rallegratevi con me, poiché ho trovato la dracma che avevo
perduta.
10
Così dico a voi, c'è gioia davanti agli angeli di Dio per un
peccatore che si converte.
Contesto
Il capitolo 15 del Vangelo di Luca rappresenta il culmine del
messaggio dell'Evangelista; è giustamente chiamato il “Vangelo nel
Vangelo”, perché rivela il centro del vangelo stesso: Dio è il Padre di
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La Parabola della pecorella smarrita e della dracma perduta (Lc 15,1-10)
tenerezza e di misericordia. Gesù racconta un'unica parabola in tre
scene, in cui manifesta la sua compassione per i peccatori.
La chiesa di Luca deve ricordarsi sempre che non è una setta di
giusti, ma una comunità di peccatori aperti al perdono. Questa
parabola è un commento, infatti a 6,36: «Siate misericordiosi, come il
Padre vostro, è misericordioso». La frase che Papa Francesco ha
voluto che ci accompagnasse in quest'anno giubilare.
Sia la pecora che la dracma sono simboli della comunità; la pecora
perché simboleggia il discepolo e la dracma perché il numero dieci è il
numero base per formare un’assemblea sinagogale. In entrambe le
similitudini si evidenzia il fatto che, agli occhi di Dio, acquista una
particolare preziosità colui che si allontana dalla sua paternità e
diventa oggetto non di accuse, ma di cure e di sollecitudini maggiori.
L'intento della parabola è analogo al racconto del fariseo e del
pubblicano (18,9-14), le due parabole sono strettamente collegate.
Lectio
v. 1: «Ora erano a lui avvicinatisi tutti». Luca usa il verbo
all’imperfetto, per indicare che Gesù era solito accogliere tutti,
nessuno escluso. Nonostante le strettissime esigenze del discepolato di
cui Gesù ha appena parlato (14,25-35), i pubblicani e i peccatori non
desistono dall'avvicinarsi a lui. L'ammissione della propria indigenza e
del proprio peccato sono condizioni essenziali per accogliere il dono
di colui che è misericordia e perdono.
«i pubblicani». Sono i peccatori della peggior specie, assimilati ai
pagani. Sono odiatissimi da tutti perché riscuotono il tributo straniero
dal popolo di Dio e non hanno alcun diritto a mangiare il pane del
Regno.
«e i peccatori». Sono i trasgressori della legge. Sono quei poveri,
deformi, ciechi e zoppicanti nei confronti della Parola, invitati al
banchetto (14,21).
«per ascoltare lui». I peccatori stanno con Gesù non per chiedere
miracoli, ma per ascoltarlo. Ascoltare significa diventare discepoli.
v. 2: «E borbottavano i farisei e gli scribi: dicendo: Costui è teso
ad accogliere i peccatori». L’atteggiamento di Gesù è indecente. Egli
non solo sta con i peccatori, ma addirittura è proteso ad accogliergli.
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La Parabola della pecorella smarrita e della dracma perduta (Lc 15,1-10)
«e mangia con loro!». Se mangiare significa vivere, il "mangiare
con" significa "vivere con" l’altro, vivere la vita dell’altro. Gesù vive
la vita del peccatore, il peccatore che si converte vive di Gesù, il
salvatore. In questo senso Paolo dice: «Cristo vive in me» (Gal 2, 20).
v. 3: «Ora disse loro la parabola questa dicendo». Il discorso di
Gesù è rivolto a coloro che si credono giusti, perché si convertano al
pensiero di Dio che è misericordia. Il racconto è un supplemento di
istruzione per convincere i giusti a desistere e per esortare i peccatori
ad insistere.
v. 4: «Quale uomo tra voi, avendo cento pecore». Gesù spesso
sceglie l'ambiente della pastorizia per parlare del suo rapporto con i
suoi discepoli. Il profeta Ezechiele aveva già preannunziato l'azione di
Cristo: «Oracolo del Signore Dio: andrò in cerca della pecora
perduta e ricondurrò nell'ovile quella smarrita, fascerò quella ferita e
curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte; le pascerò
con giustizia» (Ez 34, 15-16). Gesù realizza questa antica profezia. In
Giovanni egli si presenta come il pastore bello, che dà la vita per le
sue pecore (cfr Gv 10, 11); a Pietro gli indica il suo gregge, perché lui
lo pascoli (cfr Gv 21, 15-17).
«persa una». Il cuore del Padre si volge verso ogni singola
persona. Egli ha un amore totale per ognuno personalmente. Il Signore
dice a ognuno di nome: «Sei prezioso ai miei occhi, sei degno di stima
ed io ti amo» (Is 43,4). Noi non siamo una massa per lui; siamo dei
singoli figli, amati individualmente. Lui ci chiama per nome ad uno ad
uno (cfr Gv 10,3). Ci fosse stato soltanto un peccatore lui sarebbe
venuto a salvarlo, anche per uno solo lui sarebbe morto in croce.
«Non tralascia le novantanove nel deserto». Qui si nota come
questa scena di Gesù è paradossale. Nessuno lascerebbe novantanove
pecore nel deserto per cercare quella perduta: si rischia di restare
senza nessuna pecora: quelle nel deserto si potrebbero perdere e
quell'unica cercata non si è certi di trovarla. Si lascia il certo per
l'incerto; un certo molto più sostanzioso (99) rispetto all'incerto (1).
Dio agisce veramente in modo assurdo, va contro la logica razionale.
Questo è Dio.
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La Parabola della pecorella smarrita e della dracma perduta (Lc 15,1-10)
«Nel deserto». È interessante notare come Luca, a differenza di
Matteo, dice che il pastore lascia le novantanove pecore non sui monti
tranquilli a pascolare, ma addirittura nel deserto.
Perché? Gesù sta parlando ai farisei e agli scribi, che si credevano
giusti e presumano di avere la certezza della salvezza. E come se Gesù
dicesse loro: voi siete le novantanove pecore, vi pensate al sicuro, ma
siete nel deserto, perché non volete accogliere la mia parola e non
volete farvi guidare da me, che sono il pastore vero. Allora io
preferisco andare da chi, anche se è nel deserto, tuttavia vuole essere
aiutato, perché mi vuole ascoltare.
Gesù preferisce andare da chi lo accoglie, da chi lo ascolta; sceglie
di portare all'ovile anche una sola pecora, che però vuole ascoltare; si
vuole fare guidare. Ci sono pecore che vogliono perdersi, ci sono
pecore che vogliono salvarsi.
v. 5: «E trovatala, se la pone sui suoi omeri». Il pastore usava
spezzare la gamba alla pecora che fugge, perché imparasse a non
smarrirsi. Questo pastore, invece, non rompe la gamba, ma se la
abbraccia, la stringe a sé, con sollecitudine amorosa. È lui il pastore
che conduce ad acque tranquille e a pascoli ubertosi (cfr Sal 23).
v. 6: «Venuto nella casa». Giunge a casa solo con l'unica pecora
perduta e ritrovata. Le altre novantanove, che si credono giusti,
restano fuori, come il fratello maggiore. Questi entreranno nella casa
del Padre quando riconosceranno di aver bisogno di misericordia e
impareranno a con-gioire con lui per il fratello morto e risorto.
«Gioendo». Luca è l'evangelista della gioia. Le due scene
coincidono con il richiamo a rallegrarsi. In dieci versetti per ben 5
volte è usata la parola della gioia; in greco karà, da cui viene la parola
carità. La gioia è carità. Tutti quelli che vivono in autentica
comunione con Dio, sentono questo stesso trasalimento di gioia, tutte
le volte che un peccatore si converte e che un’anima ritorna a Dio.
Ecco la grande carità che dovremmo avere, gioire con chi ritorna;
chi gioisce ama e chi ama gioisce.
v. 7: «Un solo peccatore che si converte». Un atto di pentimento, di
conversione è sempre più significativo di una normale perseveranza
nel bene. Ma se riflettiamo bene la pecora non si è convertita, come la
dracma non tornerà da sé dalla donna. Sono semplicemente ritrovate.
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La Parabola della pecorella smarrita e della dracma perduta (Lc 15,1-10)
La conversione più che un nostro ritorno a Dio, consiste
nell'accogliere Lui che è venuto a cercarci. Convertirsi è riconoscere
che ci siamo persi e quindi volgere lo sguardo dal proprio io a Dio che
ci guarda con amore. Il soggetto non è l'uomo, ma è Dio; è lui che per
primo è venuto a cercarci. Non potremmo mai trovare Dio, se lui non
si facesse trovare. Toccante è questo modo con cui Gesù intende la
conversione: è frutto non del soggetto che si converte, bensì dell'agire
di Dio che cerca chi è perduto.
La stessa parabola si trova anche in Matteo (18, 12-14), ma il
contesto è diverso; questa è inserita nel discorso sulla Chiesa. Matteo
non parla di pecore lasciate nel deserto, ma di pecore sui monti che
non si erano smarrite. La Chiesa assume il volto del Padre
misericordioso quando è madre alla ricerca della pecora smarrita e non
pensa solo a quelli al sicuro. Quindi la parabola, secondo Matteo, non
è più una linea pastorale di Cristo, ma diventa un'esortazione alle
guide della comunità sulla condotta da tenere verso le pecore più
deboli. Papa Francesco così si espresse il 17 giugno 2013, ai
Partecipanti al Convegno Ecclesiale di Roma: «Nel Vangelo è bello
quel brano che ci parla del pastore che, quando torna all’ovile, si
accorge che manca una pecora, lascia le 99 e va a cercarla, a
cercarne una. Ma, fratelli e sorelle, noi ne abbiamo una; ci mancano
le 99! Dobbiamo uscire, dobbiamo andare da loro!...E noi sentiamo il
fervore, lo zelo apostolico di andare e uscire e trovare le altre 99?
Questa è una responsabilità grande, e dobbiamo chiedere al Signore
la grazia della generosità e il coraggio e la pazienza per uscire, per
uscire ad annunziare il Vangelo. Ah, questo è difficile. È più facile
restare a casa, con quell’unica pecorella! È più facile con quella
pecorella, pettinarla, accarezzarla… ma il Signore ci vuole pastori,
non pettinatori di pecorelle; pastori! E quando una comunità è
chiusa, sempre tra le stesse persone che parlano, questa comunità non
è una comunità che dà vita. È una comunità sterile, non è feconda. La
fecondità del Vangelo viene per la grazia di Gesù Cristo, ma
attraverso noi, la nostra predicazione, il nostro coraggio, la nostra
pazienza».
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La Parabola della pecorella smarrita e della dracma perduta (Lc 15,1-10)
v. 8: «Quale donna». Prima era un uomo, ora è una donna. In Dio
c'è la potenza dell'amore dell'uomo e la tenerezza materna di una
donna.
«Dieci dracme». Il numero dieci è numero sinagogale, quindi
rappresenta la comunità. Ai tempi di Gesù una dracma valeva quanto
una giornata di lavoro dipendente.
«accende lampada». La donna accende la lampada per localizzare
la moneta preziosa. Quando il bagliore si riflette sulla moneta
facendola brillare, allora si potrà trovare. Questo ci fa comprendere
una verità stupenda. Possiamo perderci, ma non smetteremo mai di
brillare; abbiamo una dignità insita, dentro di noi; siamo fatti di cielo,
siamo preziosi, anche se e quando sbagliamo. Il peccato non può
offuscare la grande dignità di cui Dio ci ha rivestiti (come le perle,
anche se cadiamo nel fango, non smettiamo di essere perle).
Veramente noi siamo preziosi per Dio, sempre.
«e scopa la casa e cerca attentamente finché non trovi?». Si nota la
cura con cui la donna cerca. La vera cura pastorale è fatta di pazienza
e anche di tolleranza, capace di ottenere alla fine il successo
desiderato e forse insperato. Se la donna non avesse avuto pazienza
non avrebbe trovato. Se la comunità non ha pazienza di attendere la
crescita e la conversione dei suoi membri, ma li espelle per indegnità,
non avverrà mai che possa festeggiare la loro conversione, il loro
ritorno. Quanta pazienza ci vuole nell'impegno pastorale!!
I modi in cui smarrirsi
Ci si può chiedere per quale motivo Gesù racconta due scene per
dire in fondo la stessa cosa: l’allontanamento dell’uomo e il suo
ritrovamento da parte di Dio che incessantemente lo cerca. Leggendo
con attenzione le due similitudini, ci accorgiamo che esse non dicono
esattamente la stessa cosa, ma si riferiscono a due modalità ben
precise con cui l’uomo può allontanarsi da Dio: la pecora e la moneta
si smarriscono, infatti, in due modi diversi. La pecora si allontana
spazialmente, si allontana dalle altre pecore, mentre la moneta si
perde senza allontanarsi, ovvero dentro lo stesso perimetro della casa.
C’è una lontananza da Dio fisica ed esteriore, che si manifesta nella
non partecipazione alla vita visibile della Chiesa e della comunità
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La Parabola della pecorella smarrita e della dracma perduta (Lc 15,1-10)
cristiana; e c’è una lontananza da Dio che si verifica ugualmente,
senza tuttavia allontanarsi dal perimetro visibile della casa del Padre.
Il concetto di lontananza da Dio deve essere quindi compreso in senso
molto ampio. Coloro i quali non partecipano alla vita della Chiesa,
non necessariamente sono lontani da Dio, né sono necessariamente
vicini a Dio quelli che vi partecipano, perché l’essere vicini o lontani
da Dio non è un problema geografico, ma riguarda essenzialmente una
disposizione del cuore. Si può essere fuori ed essere vicini, si può
essere dentro ed essere lontani. Va anche notato come queste due
similitudini, della pecora e della dracma, fungano, nell’impianto del
racconto lucano, da introduzione alla parabola del padre
misericordioso, anticipando il destino dei suoi personaggi: il figlio
minore si allontana fisicamente da casa; il figlio maggiore, pur stando
in casa, si allontana psicologicamente, spiritualmente; non vive da
figlio. La consuetudine e la familiarità quotidiana con i misteri di Dio,
possono offuscare la coscienza di essere figli infinitamente amati,
facendoci perdere anche la capacità di apprezzare i doni che
quotidianamente il Padre mette nelle nostre mani. In tal modo, ci si
smarrisce senza lasciare fisicamente la casa paterna.
Conclusione
La parabola presenta un Dio in cammino; un Dio che esce, va in
cerca, per ritrovare. Egli non si ferma mai, non si arrende mai, perché
Dio non desidera la morte del peccatore, ma che desista dalla sua
condotta e viva (cfr Ez 33,11). Uno solo, uno solo di noi è sufficiente a
mettere Dio in cammino.
Così è Dio, così siamo chiamati ad essere noi, sempre in cammino.
Un cammino interiore per convertirci continuamente, riconoscere il
nostro errore e tuffarci fra le braccia del Padre misericordioso per
ricevere il perdono; un cammino esteriore per andare a cercare i
lontani, accoglierli, annunciare loro la gioia del Vangelo, fare festa con
loro nella casa del Padre. Lo zelo di Dio deve essere il nostro zelo:
non avere pace finché non ritorni chi è smarrito; la nostra gioia sarà
piena quando tutti saranno ritrovati. Ma per gioire così dobbiamo
prima noi ritrovarci, prima noi sperimentare l'amore misericordioso di
Dio, perché chi sperimenta quest'amore non può non sentire la gioia
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La Parabola della pecorella smarrita e della dracma perduta (Lc 15,1-10)
che anche altri lo sperimentino. Concludo con una frase detta da Papa
Francesco alla prima udienza Giubilare (sabato, 30 gennaio 2016): «Il
segno concreto che abbiamo davvero incontrato Gesù è la gioia che
proviamo nel comunicarlo anche agli altri. E questo non è “fare
proselitismo”, questo è fare un dono: io ti do quello che mi dà gioia…
Incontrare Gesù equivale a incontrarsi con il suo amore. Questo amore
ci trasforma e ci rende capaci di trasmettere ad altri la forza che ci
dona». Dove c'è amore c'è gioia, perché l'amore nasce da aver
incontrato Cristo e chi incontra Cristo non può non gioire. Una gioia
che diventa contagiosa.
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La Parabola della pecorella smarrita e della dracma perduta (Lc 15,1-10)
APPROFONDIAMO LA PAROLA
Alla luce delle due scene della parabola è bene interrogarsi su un
doppio versante:
1. «Quale uomo tra voi, avendo cento pecore persa una non
tralascia le novantanove nel deserto e va dietro alla perduta
finché trovi essa?» (Lc 15,4).
Come mi comporto con quelli che sono fisicamente fuori? Li cerco,
dando testimonianza di coerenza e di carità? Gioisco per il loro
ritorno?
2. «O quale donna dracme avente dieci se perde dracma una, non
accende lampada e scopa la casa e cerca attentamente finché
non trovi?» (Lc 15, 8). Si può stare dentro ed essere smarriti. Io
che sono dentro sono convinto di essere salvato? Sto camminando
nella strada del Signore? Ascolto la sua voce? Obbedisco alla sua
Parola? Mi conformo alla sua volontà?
Riflettiamo alla luce della Parola di Dio
Ez 34, 15-16; Ez 33,11; Is 43,4; Sal 23; Mt 18, 12-14; Lc 6,36; 14,2535; Gv 10, 11-18
PREGHIERA
Ti benediciamo, Dio della gioia, perché il tuo Figlio, Gesù Cristo,
fu conosciuto come chi accoglie e riceve i peccatori.
Egli ci ha mostrato il tuo cuore di Padre che esce alla ricerca della
pecora smarrita; ci ha rivelato la tua tenerezza di Madre che vai a
recupera la monete perduta.
Tu, Dio, ti rallegri per ogni peccatore convertito.
Rallegrati anche di noi, fa che ci convertiamo sempre nel seguire il
Tuo Figlio, il Pastore unico; seguendo Lui ritroviamo la strada che
porta a te.
Dacci il tuo amore zelante, Signore, nel cercare il fratello lontano e
donaci il tuo cuore gioioso nell'accogliere il fratello che ritorna
nell'ovile della tua Chiesa.
Grazie, Padre, perché siamo oggetto del tuo amore e perché la tua
tenerezza è più forte del nostro peccato.
Amen.
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