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L`azienda automatica

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L`azienda automatica
Alfio Bardolla, Lorenzo Ait
L’azienda automatica
Come trasformare il tuo business per avere più tempo libero e più soldi!
Sperling & Kupfer Editore
indice
INTRODUZIONE - La domanda fondamentale
CAPITOLO UNO - Ripensate l’azienda, liberate l’imprenditore
CAPITOLO DUE - Una leadership di concretezza
CAPITOLO TRE - Trovare i capitali
CAPITOLO QUATTRO – Dal business plaan al controllo di gestione
CAPITOLO CINQUE - Marketing: il pilota e l’ingegnere
CAPITOLO SEI - Lead generation & lead conversion
CAPITOLO SETTE - La trascurabile importanza di un prodotto di qualità
CAPITOLO OTTO - Procedure e Kpi
CAPITOLO BONUS n°1 - Aziende a Orologeria
CAPITOLO BONUS n°2 - Saper uscire di scena con stile
CONCLUSIONI - Per proseguire il viaggio
Volete fare gli imprenditori?
Siete pazzi?! … sapete cosa vi aspetta?!
L’80% delle aziende fallisce entro il terzo anno di attività.
Questo significa che dopo tre anni passati a buttare il sangue in un progetto nella migliore
delle ipotesi ne uscirete “in pari” e senza avere debiti. La maggior parte però ne uscirà con
debiti, psicologicamente con le ossa rotte e senza aver imparato la lezione.
Oltre il 90% delle imprese muore nel passaggio alla seconda generazione.
Questo significa che i padri, dopo aver lavorato sodo per tutta la vita, non riescono a
trasferire il frutto del loro lavoro ai propri figli.
Creare un’azienda di successo non è difficile: è solo molto diverso da ciò che
normalmente viene fatto dal 97% di chi ne possiede una.
Solo il 3% degli imprenditori ha un’azienda efficiente che nasce, cresce e si espande anno
dopo anno.
Volete entrare in questo gioco?! Siete pazzi?!
No, non siete pazzi…
Ecco cosa volevate quando avete creato la vostra azienda. È quello che volete ancora ed
è ciò che avete il sacrosanto diritto di desiderare per voi stessi, anche se state iniziando
adesso. Voi chiedete di:
Essere liberi
Non avere capi
Poter decidere del vostro tempo
Guadagnare di più
Guidare e non essere guidati
Inseguire i vostri sogni e creare un mondo migliore.
Ma poi…
Siete diventati schiavi dell’azienda …
…i vostri fornitori sono diventati i vostri capi: ora invece di uno ne
avete una decina …
…il vostro tempo è scandito dalle ore di lavoro; vi portate l’ufficio a
casa, i problemi, i pensieri …
...lavorate 7 giorni su 7, sere comprese …
…i vostri dipendenti lavorano meno di voi e guadagnano di più, con
meno responsabilità…
Cosa ne è stato di quel sogno?
Quando si è trasformato in un incubo?
Come è accaduto?
È stata dura!
Per noi è stato così.
E abbiamo sofferto e in alcune aziende che sono appena partite soffriamo ancora.
Abbiamo stretto la cinghia, facendo quello che c’era da fare. Poi ci siamo stancati di
sopportare e ci siamo domandati:
Come è possibile che al mondo esistano imprenditori con
centinaia di aziende che riescono a gestire avendo più
tempo libero dei loro impiegati part-time?
Questo libro è il frutto della nostra ricerca per trovare la risposta giusta a questa domanda.
È possibile creare aziende che in automatico producano denaro?
Sì, è possibile!
E questo libro spiega come.
Non siamo guru…
Siamo perfettamente consapevoli che al mondo esistono imprenditori più bravi di noi.
Imprenditori miliardari come Bill Gates o innovatori visionari come Steve Jobs che hanno
segnato il corso dell’umanità. Persone come queste sono i nostri mentori e ispiratori.
Trovate anche voi dei modelli cui tendere e fate di tutto per studiarli, incontrarli e parlare
con loro. Il nostro scopo, infatti, non è quello di diventare i vostri modelli ma, molto più
umilmente, quello di trasferirvi un metodo e un modo di pensare che per noi ha fatto la
differenza:un metodo, un sistema che vi aiuterà a realizzare un’azienda sana in poco
tempo e in grado di regalarvi tempo e libertà.
Seguiteci in questo viaggio e buona lettura,
Alfio e Lorenzo
…semplicemente ci siamo già passati!
Dall’iPad di Alfio Bardolla
Il motivo che mi ha spinto a scrivere questo libro scaturisce da una mia esperienza
personale. Non molto tempo fa mi sono reso conto di essere arrivato a un punto della mia
vita in cui stavo perdendo la mia capacità finanziaria, per seguire le mie aziende. Avevo
già raggiunto la Libertà Finanziaria®, potevo scegliere di non lavorare e mantenere lo
stesso tenore di vita; insegnavo alle persone a fare altrettanto, uscendo dalla «ruota del
criceto» di cui parlo nei miei corsi; tuttavia ero entrato in un tipo differente di ruota, la ruota
del criceto riservata agli imprenditori. Avevo una ventina di aziende, ognuna delle quali
necessitava della mia presenza per essere efficiente: ero costretto a lavorare non per il
denaro, ma per garantire l’operatività delle aziende che avevo avviato. In più non avevo
tempo per la mia attività di investitore che normalmente mi rendeva assai di più di quella
imprenditoriale. Perdevo la mia capacità di reddito per far fronte ai miei impegni di
imprenditore, un paradosso! Il fatto è che sulle spalle sentivo gravare anche la
responsabilità per le famiglie delle persone alle quali davo lavoro. Non potevo liquidare e
chiudere i battenti, e neppure mi sarebbe convenuto vendere, poiché la gran parte del
valore delle aziende si basava proprio sul fatto che fossi io stesso a dirigerle. Ero arrivato
a una situazione di stallo. Così non feci altro che applicare ciò che insegno nei miei corsi:
trovai dei mentori, delle persone che possedevano centinaia di aziende senza doverle
gestire, che avessero avviato imprese indipendenti in grado di funzionare senza il bisogno
della loro presenza. Ho frequentato corsi e pagato consulenze di esperti, solo per avere la
possibilità di staccare le mie aziende da me: per «sbardollizzarle», termine che fu coniato
in quel periodo dai miei più stretti collaboratori. È stato allora che ho pensato per la prima
volta a questo libro e al corso «A scuola di business», in cui insegno agli imprenditori
come ero io, a creare da zero un’attività (o a mettere a punto quella che hanno) e
impostarla in modo che funzioni da sola. Qualche tempo dopo, durante una delle serate
della nostra tournée teatrale, rividi Lorenzo, col quale avevo lavorato al precedente libro,
scritto a quattro mani;1 anche Lorenzo ha avviato delle aziende «automatiche» e possiede
un suo metodo per seguire piccole e medie imprese. Unimmo le nostre esperienze a
quelle di Gianluca Massini Rosati e creammo Smart Business Lab
(www.smartbusinesslab.it), una società che affianca gli imprenditori che vogliono sanare e
1
Milionari in 2 anni e 7 mesi, Sperling & Kupfer Editore, Milano 2010.
automatizzare la loro azienda, attraverso dei programmi mirati. Sono convinto che per un
imprenditore che intende creare un’azienda da zero o automatizzare quella che ha, il
corso A scuola di business (www.alfiobardolla.com) e la consulenza di Smart Business
Lab (www.smartbusinesslab.com) rappresentino il miglior percorso possibile.
Dal laptop di Lorenzo Ait
Nel nostro precedente libro,2 oltre alle parti a quattro mani, ve n’erano alcune scritte
individualmente da me o da Alfio, che riportavano le nostre esperienze dirette; una sorta di
diari di bordo intitolati Dalla scrivania di Alfio e Dagli appunti di Lorenzo. Avevo suggerito
io quel titolo, in virtù di come si svolgevano le nostre riunioni: un brainstorming iniziale, lui
alla scrivania mentre io abbozzavo mappe mentali sui miei appunti seduto al tavolino; poi
un confronto animato seguito da sopralluoghi sul cantiere gestito da una sua società in cui
avevo investito. Così funzionava il nostro lavoro. Tuttavia il bello del business è che non ci
si annoia mai, c’è sempre qualcosa di nuovo e di diverso. La situazione, da allora, è
leggermente cambiata o, per meglio dire, si è evoluta. Il mio lavoro è sempre più quello di
un «consulente alla scacchiera» più che di un «imprenditore in prima linea», mentre Alfio
sta lavorando per rendersi sempre più «inutile» all’interno delle sue aziende. Motivo per
cui anche il nostro modo di lavorare è radicalmente cambiato: ora operiamo molto più a
stretto contatto, anche se raramente ci incontriamo di persona, escluse le rare occasioni di
svago che toccano il lavoro solo come argomento di conversazione; la maggior parte del
confronto professionale avviene a distanza: io dal mio portatile, Alfio dal suo. Persino
l’ultima società che abbiamo creato assieme è stata fatta così: senza incontrarci, neppure
per costituirla dal notaio. Alfio è un imprenditore milionario, guru della finanza personale,
eppure il nostro rapporto è alla pari: io gestisco l’azienda che abbiamo in comune, io tratto
direttamente con fornitori e dipendenti; quello che sto imparando, collaborando alla pari
con chi ha più esperienza di me, è maggiore di quello che ho appreso in anni di carriera
imprenditoriale. Adesso che l’azienda che abbiamo creato assieme è prossima a essere
«automatizzata» dopo neanche un anno dalla sua nascita. In appena un anno, ho
realizzato più di quanto non ho creato, come imprenditore, nei dieci anni precedenti; più di
quanto molti imprenditori realizzano in una vita! Guardo i miei studenti, poco più che
ventenni, creare redditi e aziende che mantengono loro stessi e le loro famiglie e fremo
2
Milionari in 2 anni e 7 mesi. Ne abbiamo appena parlato…
all’idea di dove potranno arrivare nei prossimi dieci o venti anni! La crescita è
esponenziale, quando lavoriamo accanto alle persone che esaltano le nostre capacità.
Ora ascoltate attentamente quello che vi dirò: i tempi sono cambiati, ma il tempo è ancora
e sempre la moneta di scambio più preziosa; spero che la lettura di questo manuale e
l’applicazione pratica di tutti i suoi punti aiuti l’imprenditore che c’è in voi a ritrovare il
tempo che avete sottratto a voi stessi. Anche se all’inizio potrà sembrarvi un paradosso,
seguendo il percorso che tracceremo assieme, meno tempo cercherete di dedicare alla
vostra azienda più solido e remunerativo diventerà il vostro business. Il cammino che
intraprenderemo insieme ha lo scopo di migliorare radicalmente il vostro stile di vita e i
vostri affari; il prezzo che vi chiediamo di pagare è di essere disposti a diventare più liberi.
Ecco il mercato in cui vogliamo portarvi!
Tutto nasce da una visione, il sogno dell’imprenditore.
Quella visione, quel sogno, prendono forma attraverso dei numeri.
L’imprenditore sa dove vuole andare, entro quando e quanto dovrà lavorare prima che le
cose funzionino da sole; sa dove trovare i soldi per realizzare il suo progetto e lo realizza.
Ha lavorato sodo, per un periodo che va da sei mesi a tre anni: non di più; e ora può
godersi il frutto del proprio lavoro; ora ha un’azienda che funziona senza il bisogno della
sua presenza. Un’azienda che lo mantiene e che mantiene la sua famiglia.
Ora può dedicarsi ad altro.
A un’altra azienda, magari.
Questi imprenditori esistono, non sono migliori degli altri e non lavorano più degli altri;
lavorano diversamente dagli altri, questo sì.
Il libro che state leggendo descrive come.
A partire da oggi potete cominciare a mettere a frutto i risultati del vostro lavoro: lavorare
meno e ottenere di più, compiendo azioni diverse.
Volete sapere come fare? Proseguite con la lettura!
INTRODUZIONE
La domanda fondamentale
Come tutto ha sempre inizio
Tutto ha inizio con una semplice domanda.
La nostra mente funziona così: attraverso le domande.
Non ci credete? Vi state chiedendo se sia vero?
I risultati che raggiungiamo dipendono dalle domande che ci poniamo. Le risposte che
otteniamo nella vita dipendono dalle domande che scegliamo di farci, dalle parole che
utilizziamo per formulare i nostri pensieri e da come risuonano quelle domande nella
nostra testa. La prossima volta che affronterete un intoppo, quale domanda si porrà
l’imprenditore che è in voi? Come definirete l’ostacolo che vi trovate ad affrontare? Lo
chiamerete «problema», «sfida» o «indovinello»? Con cosa decideremo di avere a che
fare?
Tutto inizia con le domande:
ü
Come posso guadagnare di più?
ü
Dove posso trovare più clienti?
ü
Chi devo licenziare?
ü
Chi devo assumere?
ü
Come posso affossare la concorrenza?
ü
Come insegno alla mia azienda a occuparsi da sola di se stessa?
ü
Come posso far crescere il mio business?
ü
Come posso trovare i soldi per….
Vedete come tutto inizia a prendere forma?
Domande di qualità creano una vita di qualità. Domande di qualità dell’imprenditore
creano una azienda di qualità.
Il modo più efficace per ottenere risultati diversi è porsi domande diverse. Solo una
percentuale minima degli imprenditori realizza i propri sogni, gli altri seguono regole non
scritte rispondendo sempre alle stesse domande. Se volete essere un’eccezione, dovete
allontanarvi dalla regola. Se volete ottenere nuove risposte, dovete farvi nuove domande,
e questo libro contiene le domande che si fanno quegli imprenditori di successo.
Il cambiamento della vostra azienda avrà inizio con una domanda…
E dopo cosa succederà? Dopo che avrò appreso tutto questo? Dopo che avrò cambiato il
mio modo di pensare? Dopo che avrò impostato tutto in modo diverso? Dov’è l’oro, in tutto
ciò? Come potrò trasformare quello che voglio in ciò che desidero di più? Molti
imprenditori hanno paura a lasciar andare i problemi. Pensano che smettendo di essere
indispensabili, creando persone e sistemi indipendenti, diventeranno anche inutili. Ma non
è così. La verità è che si è inutili proprio quando si è indispensabili.
Quando sei indispensabile
sei più che inutile: sei dannoso.
Dovete capire cosa volete. Volete essere indispensabili o volete essere liberi? Volete
forgiare maestri o creare esecutori? Quando lo avrete capito, quando questi concetti
assumeranno una forma precisa nella vostra mente, allora potrete trasformare la vostra
visione in realtà. Il punto nodale è riuscire a chiarire questi concetti nella vostra mente:
dovrete capire che si può creare tutto partendo da una prospettiva diversa.
Noi possediamo un sistema per assistere i piccoli imprenditori e aiutarli a creare aziende
solide, che funzionino senza il bisogno della loro presenza; possiamo aiutarvi a mettere in
pratica tutto quello che descriviamo in questo libro.
Ecco una cosa fantastica.
Abbiamo osservato questo fenomeno, che è tipico in migliaia di titolari di piccole imprese:
tutto ha inizio con una domanda…
Domanda fondamentale:
«Senza di voi l’azienda muore?»
Risposta:________________
CAPITOLO UNO
Ripensate l’azienda,
liberate l’imprenditore
L’imprenditore tuttofare
Sapete tutto quello che c’è da fare.
Sapete dove e come trovare collaboratori capaci.
Sapete anche come addestrarli da zero.
Vi mancano solo il tempo e la liquidità.
Siete un capo presente, un lavoratore indefesso.
Siete il primo ad arrivare in ufficio e l’ultimo a uscirne.
Siete il miglior dipendente della vostra azienda.
Sapete come risolvere tutti i problemi; e lo fate.
Sapete qual è il prezzo da pagare; e lo pagate.
C’è da lavorare di più? Meglio?
Nessun problema per voi!
C’è solo un problema.
L’azienda non può sopravvivere senza di voi.
È questo il problema.
I problemi di un imprenditore
La maggior parte degli imprenditori non hanno ben chiaro fin dall’inizio cosa significhi
creare un’azienda. Sfortunatamente riescono, nonostante ciò, ad avviare un’impresa da
zero e a farla crescere portandola al successo. Sono bravi. Fanno il doppio, il quadruplo
della fatica, e alla fine riescono a far quadrare i conti.
È allora che cominciano i veri problemi.
Da semplice idea nella loro testa, in breve l’azienda è cresciuta e diventata un sistema
enormemente complesso; i vecchi problemi si moltiplicano e ne sorgono di nuovi e
inaspettati.
Trovare collaboratori fidati diventa più importante che avere collaboratori capaci; la
clientela è diventata più esigente e difficile da gestire; l’azienda incassa di più, ma non
dispone di una sufficiente liquidità; il flusso di denaro è inadeguato; paradossalmente si
rischia di fallire per eccesso di crescita.
Questi sono solo alcuni dei problemi, e i nostri imprenditori possono, ancora una volta,
risolverli tutti e far fronte a ogni esigenza; ma ognuna di queste operazioni richiederà
tempo.
Il loro tempo.
Potete imparare molto da loro
Stando accanto a questi lavoratori potreste imparare molto: la responsabilità,
l’abnegazione, la caparbietà; potrebbe capitarvi spesso di sentirli enunciare i loro motti di
fronte ai problemi:
«Per essere un esempio devi saperti sporcare le mani».
«Un vero leader deve rimboccarsi le maniche».
«Dobbiamo essere imprenditori operai».
E, se li osservate bene, ogni tanto potreste cogliere questo pensiero nella loro mente:
«Così tanto da fare, così poco tempo per farlo».
Potete imparare molto da loro, se volete diventare degli ottimi dirigenti. Ma, se la vostra
intenzione è di essere degli imprenditori soddisfatti e capaci, non imitateli.
Troppo bravi, troppo disponibili, troppo importanti, troppo impegnati a correre…
Se i nostri imprenditori «dirigenti» avessero cominciato e avessero fallito,3 sarebbe stato
diverso: si sarebbero arresi o avrebbero imparato dai loro sbagli, ma questo non è
avvenuto perché sono stati fin troppo bravi.
Si sono rimboccati le maniche e sono riusciti a tappare ogni falla e a far fronte a ogni
imprevisto!
Provate a immaginare un atleta che corre i cento metri con delle zavorre: se è poco
competitivo, se ha poco mordente, dopo un po’ rinuncia alla gara, si ferma e si accorge di
essere legato a qualcosa che lo fa andare più lento. Allora toglierà le zavorre, perché non
c’è ragione alcuna di schiacciare l’acceleratore a tavoletta mantenendo il freno a mano
tirato.
Se però l’atleta è davvero in gamba e testardo, rischierà di continuare la gara senza
accorgersi che sta facendo il doppio della fatica rispetto a quella che gli è richiesta. Finché
la gara non è terminata. Allora, e solo allora, una volta terminata la gara, si accorgerà del
problema e lo risolverà.
L’intoppo4 è che la competizione imprenditoriale non finisce mai: c’è sempre un nuovo
traguardo e la gara è continua; sta a noi trovare il tempo di fermarci e controllare se siamo
legati a delle zavorre.
Lo scherzo degli dei…
Il mito di Sisifo descrive la pena di un uomo condannato a sospingere enormi massi in
cima a una rupe per poi gettarli in un abisso. Per ogni masso gettato, un nuovo masso
ricompariva in fondo alla rupe: la sua pena si sarebbe conclusa solo una volta smaltite le
rocce. Ma Sisifo viveva nell’illusione. Gli dei lo avevano turlupinato: il masso era sempre lo
stesso; attraverso un sistema di gallerie e cunicoli, infatti, la pietra ritornava al punto di
partenza. E così Sisifo sospingeva massi all’infinito, illudendosi di poter concludere il
lavoro. È tremenda, la pena di Sisifo, la condanna a un lavoro infinito, sempre uguale,
senza sbocchi e senza la speranza di un cambiamento radicale. Egli vive una condizione
3
4
Non parliamo di fallimento in senso giuridico, ovviamente.
E il bello!
molto simile a quella del criceto nella sua ruota: corre, corre e non arriva mai da nessuna
parte. Per il criceto, così come per Sisifo, c’è stato lo zampino degli «dei» che hanno
inventato un marchingegno che dà l’illusione a chi ne è schiavo di muoversi, ma che non
porta da nessuna parte. Gli imprenditori che lavorano nelle loro aziende, correndo da una
parte all’altra, occupandosi di tutto e ricominciando nuovamente ogni giorno con il lavoro
del giorno precedente, gli imprenditori che non automatizzano mai i loro processi
aziendali, che vogliono essere e rimanere indispensabili, che non accettano che siano altri
a spingere la loro pietra perché quello è un «loro» compito e solo loro sono in grado di
compierlo al meglio, ci ricordano Sisifo; e non possiamo evitare di chiedervi: nella vostra
storia chi ricopre il ruolo degli dei?
Perché gli imprenditori sono frustrati?
Molti imprenditori sono frustrati perché, in realtà, non fanno gli imprenditori bensì i
lavoratori senza contratto delle proprie aziende. Quando i titolari lavorano nelle loro
aziende spesso vendono, rispondono al telefono, puliscono, guidano il camion, vanno in
banca, fanno fronte ai problemi dei dipendenti, gestiscono le lamentele della clientela…
cioè svolgono il lavoro dei loro dipendenti! Quando un imprenditore diventa «colui senza il
quale niente funzionerebbe», quando decide di essere indispensabile alla propria azienda,
smette di avere un’azienda e si ritrova a svolgere un lavoro da dipendente, con tutti i rischi
imprenditoriali. Coloro che compiono questa scelta hanno meno tempo libero dei loro
dipendenti e molte più responsabilità, e come se non bastasse non godono neppure delle
garanzie sindacali: non hanno orari e, seppure li avessero, i loro straordinari non
verrebbero comunque retribuiti. Hanno tutti i problemi e i rischi imprenditoriali, senza
godere dei vantaggi. Altissimi rischi, nessun vantaggio e un lavoro senza fine. Chiunque
ne sarebbe frustrato. Perché si ritrovano in questa situazione?
Sono delle seghe!
Quando il boscaiolo deve tagliare un albero può procedere spedito, ma se deve abbattere
una foresta ogni tanto dovrà fermarsi per affilare i denti della sua lama, altrimenti prima o
poi la sega si romperà!
Molti imprenditori sono così: proprio perché maledettamente in gamba, lavorano in
continuazione, senza fermarsi mai e senza capire che il loro è un errore di impostazione;
faticano più del necessario ricevendo in cambio meno del dovuto. Non capiscono il
perché, e pensano sia normale lavorare così tanto; si chiedono come possano altri
imprenditori possedere più di un’azienda quando per loro la gestione di una singola
impresa assorbe la maggior parte del tempo. Sono confusi poiché non hanno chiarito a se
stessi, fin dall’inizio, qual è il mestiere di un imprenditore!
Il compito della lama è tagliare, certamente… ma quello del boscaiolo è tanto di tagliare
quanto di mantenere affilata la lama: a quali dei due compiti dedicano più tempo?
È esattamente come pensate…
Ricordatevelo sempre: la vostra attività è significativamente meno appagante di quello che
dovrebbe essere perché le azioni intraprese in un’azienda rispecchiano i pensieri che
avete su di essa. Quando diciamo a un piccolo imprenditore che solo cambiando il modo
di pensare si può cambiare tutto, di solito non ci crede. Ma è vero. Possiamo assicurarvi
che lo è, che tutto dipende dal modo di pensare; non sono solo le nostre esperienze a
garantirvelo, ma quelle di migliaia di imprenditori che hanno realizzato il loro sogno. Walt
Disney lo ha fatto, Sam Walton dei supermercati Walmart lo ha fatto, Fred Smith della
Federal Express lo ha fatto, e anche voi potete fare lo stesso!
Le 3 figure dell’azienda
§
Imprenditore. È un sognatore, un visionario, un inventore. È il motore e l'energia
dell'azienda e di ogni attività. Lavora sull’azienda, su come svilupparla. Su come
farla crescere, su come reperire nuovi capitali. E’ quello che con la sua visione
illumina e motiva le persone ad entrare nel suo sogno ed a raggiungere traguardi
sempre più ambiziosi.
§
Manager. E’ pragmatico, un organizzatore e trasforma la visione dell’imprenditore in
azioni volte ad organizzare il lavoro dei tecnici. Raggiunge l’ordine ed i risultati
attraverso processi. È quello che pensa: Se lavoriamo in squadra, possiamo
farcela.
§
Tecnico. E’ colui che esegue. Perfeziona le proprie competenze tecniche o
artigianali e svolge il lavoro “fisico” in azienda
E voi, in azienda, come dividete il vostro tempo fra questi tre profili?
Dovreste passare non più del 5% del vostro tempo (se proprio dovete) a fare il lavoro
tecnico. Il 15% massimo a fare il manager ed organizzare le risorse ed oltre l’80% del
tempo a fare il vero lavoro dell’imprenditore. Sognare, creare, dare energia e visione al
business.
Quale credete sia il vostro mestiere?
Il motivo che spinge gli «imprenditori sega» a svolgere tutto il lavoro da soli, non è né il
dovere né la necessità, ma essenzialmente il fatto che credono sia un loro compito. Lo
ripetiamo chiamando in causa voi lettori.
Sveglia: il motivo per cui lavorate così tanto nella vostra azienda non è la situazione in cui
siete, ma il modo in cui vedete voi stessi!
Gli imprenditori sega hanno impostato fin dall’inizio l’azienda affinché il loro lavoro fosse
importante, fondamentale, spesso insostituibile. Hanno creato un sistema che
permettesse loro di lavorare in proprio, senza un padrone, senza un capo, per poter fare
ciò che sapevano fare bene, nel modo che preferivano. Hanno commesso un errore.
L’errore del pasticciere
Immaginate che un bravo pasticciere decida di aprire una propria attività. I primi punti che
dovrebbero essere chiariti sono questi:
ü Fare bene le torte non è un buon motivo per aprire una pasticceria.
ü Fare bene le torte non è neppure un elemento essenziale per aprire una pasticceria di
successo.
ü Fare buone torte non è il lavoro di chi gestisce una pasticceria!
Fare gli imprenditori di una pasticceria non significa fare torte!
Immaginiamo che qualcuno chieda al nostro amico quanto è bravo nel suo lavoro;
essendo sia il pasticciere sia il titolare della pasticceria, potrebbe concentrarsi su due
cose:
ü
La bontà delle torte.
ü
Il bilancio dell’azienda.
Ma un pasticciere che sceglie di diventare imprenditore continuando a pensare alla bontà
delle torte è… nei pasticci! Un pasticciere che ama preparare le torte non ha un valido
motivo per creare un’azienda. Dovrebbe invece specializzarsi come dipendente, diventare
sempre più bravo per farsi assumere in pasticcerie sempre più rinomate e cimentarsi in
creazioni culinarie sempre più sfidanti! Ma se il nostro pasticciere ha il sogno di esportare
le sue creazioni nel mondo, di creare una catena di pasticcerie, tutte di qualità eccelsa, da
New York a Hong Kong, ognuna col medesimo standard, per dare la possibilità a ogni
cliente di assaggiare le sue opere d’arte e poter servire ogni giorno migliaia di clienti
soddisfatti, allora sì: per far questo occorre diventare un imprenditore! E per diventare
imprenditore deve uscire dalla cucina: standardizzare il suo metodo unico di cucinare le
torte, farlo diventare sempre meno unico e sempre più replicabile, in modo da poterlo
insegnare ai suoi dipendenti diretti che poi lo insegneranno ad altri dipendenti nelle varie
pasticcerie. Per fare questo dovrà cominciare dalla sua azienda prendendo le redini della
sua organizzazione. Lo chef titolare di una catena di pasticcerie cucinerà torte per amici e
parenti, ma raramente lo farà per suoi clienti, altrimenti non potrebbe servirne abbastanza
ogni giorno. E se di tanto in tanto sfornerà un dolce nella sua azienda, sarà per sfizio e
non per «lavoro».
Dovrà trovare i soldi per aprire le pasticcierie, fissare i prezzi in modo da avere il giusto
margine e profitto, fare il controllo di gestione e leggere i numeri ponendo rimedio quando
non funzionano.
Pensate in franchising…
Per cambiare la vostra azienda, prima di tutto dovete cambiare le opinioni che avete su di
essa. Se desiderate che il vostro business cresca dovete pensare alla vostra attività come
a qualcosa di completamente separato da voi. Dovreste rapportarvi al vostro business
come se doveste avviare un’attività di franchising. Non intendiamo letteralmente, ma
cercate solo di seguirci un momento. È molto importante; vorremmo farvi afferrare il
concetto. Se volete migliorare la vostra attività, dovete considerarla come un prodotto di
vostra invenzione, un sistema che state creando. Un sistema completamente integrato,
che funziona esattamente nello stesso modo ogni singola ora di ogni singolo giorno.
Visualizzatelo in modo chiaro e nitido. Guardate i colori della vostra azienda.
Assaporatene il gusto. Annusatene gli odori. Ascoltatene il suono. Le insegne, le finestre,
il pavimento, i muri, le impeccabili uniformi dei vostri dipendenti. Guardate questa cosa
meravigliosa che state creando. Una creatura indipendente che funziona a prescindere
dalla vostra presenza.
Se siete indispensabili alla vostra azienda non avete
un’azienda: avete un lavoro da dipendenti, con tutti i rischi
imprenditoriali.
Avete un’azienda o una one man company?
Non si tratta solo di voi, non si tratta solo di rendere l’azienda indipendente rispetto al suo
creatore: quello è solo il primo passo. Pensate a come è strutturata la vostra attività,
pensate a tutti coloro che ci lavorano, dal top della dirigenza fino all’inquadramento più
basso nella scala gerarchica. E ora diteci: c’è qualcuno di «indispensabile»? Se la risposta
è positiva, siete nei guai! Punto. Significa che la vostra azienda, per vivere, ha bisogno di
quella persona. Significa che siete sotto ricatto: un ricatto messo in atto non dal
collaboratore indispensabile, bensì da voi stessi che gestite l’azienda senza fare nulla per
rendere ogni singolo elemento sostituibile. Non fa differenza se l’individuo in questione è
una persona integerrima e legata con serietà professionale all’azienda, state assegnando
un incarico di responsabilità e scegliere qualcuno di cui vi fidate è il meno che possiate
fare; qualsiasi opzione diversa sarebbe un suicidio imprenditoriale! Nel caso in cui le
persone indispensabili fossero più di una il problema è strutturale e, molto probabilmente,
manca la consapevolezza delle procedure. Probabilmente chi di dovere non sa cosa fa
realmente quella persona in quel ruolo o non sa come formare dipendenti che la
sostituiscano.
Un individuo insostituibile, due danni
Quando qualcuno diventa indispensabile si verificano dei danni sia per la persona
insostituibile sia per l’impresa. Quest’ultima si trova a dipendere completamente, e ciò non
è sano poiché il rapporto di autonomia e serenità decisionale rispetto alla gestione di un
dipendente è squilibrato: manca la possibilità di gestirlo come meglio si crede. Anche il
collaboratore subisce un danno: se è indispensabile in quella posizione non può essere
spostato, e quindi non può essere promosso anche se svolge il suo lavoro nel migliore dei
modi; anzi, esattamente per questo! È un paradosso, ma più ci si rende indispensabili più
ci si impantana a livello di carriera. Ogni collaboratore dovrebbe fare in modo di rendere
se stesso sostituibile, per poter essere promosso o trasferito a incarichi di maggior rilievo;
se ciò non avviene è perché manca la fiducia verso la dirigenza che gestisce la società.
Un dipendente «insostituibile», un collaboratore «fondamentale»… forse la cosa potrebbe
apparire estremamente lodevole a chi non ha idea di cosa voglia dire rischio
imprenditoriale, ma vi assicuriamo che in realtà è decisamente stupida e sicuramente
dannosa, sia per l’imprenditore sia per chi lavora nell’azienda!
Aziende con la data di scadenza
Avete mai aperto una confezione di yogurt scaduto? Avete mai annusato un cartone di
latte aperto da una settimana? Un’azienda che si poggia su elementi indispensabili è una
sorta di «azienda a tempo». Come una bomba, può scoppiare da un momento all’altro:
certo, il timer potrebbe non raggiungere mai il fatidico zero e le cose procedere per il
meglio fino alla liquidazione della società, ma voi costruireste una casa accanto a una
mina inesplosa? Il rischio imprenditoriale non riguarda solo l’imprenditore, ma chiunque
collabori con l’impresa. Se l’azienda si regge su poche persone allora quelle persone
reggono un peso troppo grande e l’azienda poggia, indipendentemente da quanto siano
brave, su basi poco solide.
«I cimiteri sono pieni di persone che si ritenevano
indispensabili.»
Charles de Gaulle
Qual è lo scopo di un’azienda?
Lo scopo di un’azienda è servire l’imprenditore!
Lo scopo della vostra azienda è servire voi!
Se non l’avete mai vista in questo modo cambiate prospettiva e vedetela in questo modo!
La vostra azienda è uno strumento per la vostra libertà, non un giogo, una condanna o
una prigione! Non si sceglie di diventare imprenditori per avere un lavoro; si sceglie di
diventare imprenditori per creare posti di lavoro, avere persone che lavorano ai vostri
progetti, avere «più leva»: questi sono tutti strumenti che la vostra azienda dovrebbe
fornire!
Qual è il fine ultimo di un’azienda?
Chiariamo subito anche questo punto: lo scopo ultimo di un’azienda non è «fare bene le
cose», «espandersi», «crescere» e neppure «cambiare il mondo» o chissà cos’altro: il fine
ultimo di un’azienda è generare utili. Un’azienda è sana nel momento in cui produce utili.
Un’azienda è di successo nel momento in cui produce utili in quantità. Una vecchia
vignetta raffigurante un consiglio d’amministrazione col bilancio in perdita recita: Abbiamo
finalmente raggiunto l’eccellenza nella produzione, purtroppo abbiamo perso di vista utili e
profitto. Vi fa ridere? A noi no! Perché abbiamo visto fin troppe volte commettere questo
errore! Il fine di un buon venditore è chiudere il contratto, non creare un rapporto di fiducia
con il proprio cliente: quello è un corollario utile ma non essenziale! Allo stesso modo il
fine ultimo di un’azienda è produrre utili: non avere il prodotto o il servizio migliori, questi
due fattori sono dei possibili strumenti, non lo scopo! È cinico ma è anche una regola
ovvia nel mondo degli affari: altrimenti non avete un’azienda, avete un hobby!
Siete voi che servite l’azienda
o è l’azienda è il vostro servo?
Fatevi questa domanda: È l’imprenditore che deve servire l’azienda o è l’azienda che deve
servire l’imprenditore?
Se la vostra risposta è «tutte e due le cose» ragionate5 da dipendente, non da
imprenditore!
5
E rischiate di diventare (se già non lo siete).
L’imprenditore, non ci stancheremo mai di ripeterlo, deve necessariamente, per il bene e
la stabilità dell’azienda (e per il suo), essere servito dalla sua impresa, altrimenti fallirà non
appena non potrà più occuparsene. E in tal modo anche i dipendenti si ritroveranno senza
lavoro. Oppure l’azienda non sopravvivrà al passaggio generazionale.
A questo punto, qualcuno potrebbe essere colto da impulsi etici e chiedere:
Perché un imprenditore ha il privilegio di essere servito senza servire, mentre i dipendenti
devono fare i lavoratori?
La risposta è quanto mai semplice: perché l’imprenditore si prende (o si è preso all’inizio) il
rischio imprenditoriale, ecco perché! L’imprenditore ha creato (faticando parecchio, in molti
casi) un sistema che funziona anche senza di lui, dando lavoro ai dipendenti.
L’imprenditore sceglie di rischiare di non avere uno stipendio fisso per avere la libertà di
una rendita dalla sua azienda; il dipendente vuole la sicurezza di uno stipendio in cambio
di ore di lavoro. È una questione di valori: chi insegue la libertà e chi insegue la sicurezza.6
Un’ottima scusa per non farlo
Si può evitare la fatica di fare le cose in modo diverso, accampando la scusa che «non ci
sono abbastanza soldi». Non potete perdere tempo a cercare e addestrare dipendenti
capaci ai quali delegare e proprio perché siete i titolari volete essere i primi responsabili
per tutto. Inoltre siete i maggiori investitori: è in gioco la vostra vita finanziaria! Del resto
sapete già che non potete fidarvi di nessuno per fare ciò che deve essere fatto, anche
perché ogni volta che lo fate rimanete delusi. E così via. Una logica tanto pervasiva
quanto endemica.7 Questo rispecchia il punto di vista di molti titolari di piccole imprese di
tutto il mondo. È il punto di vista che danneggia molte aziende e non permette una
crescita di queste attività, che rimangono come sono, cioè piccole. Troppo piccole:
6
Non ci soffermiamo sull’argomento: abbiamo già analizzato a chi dei due appartenga la vera libertà nel nostro
precedente libro, Milionari in 2 anni e 7 mesi.
7
Ogni volta che pronunciamo questa frase, tutti annuiscono facendo intendere di aver tutto chiaro, per questo la
lasciamo così anche qui…
nonostante il loro potenziale sia molto più grande non lo realizzeranno in tutta la vita. Chi
fallisce nello sfruttare il potenziale della propria impresa, per favorire una sua crescita,
fallisce anche nel favorire la propria crescita personale! E questo è il fatto più tragico.
Perché ciò che è cominciato come un’iniziativa divertente ed eccitante deve diventare una
fatica caotica e frustrante?
Avrai ottenuto successo come imprenditore solo quando
sarai totalmente inutile alla tua azienda.
Facile dirlo, ma qui già è un miracolo se riusciamo a stare a galla!
Possiamo immaginare i commenti della maggior parte dei lettori arrivati a questo punto;
potremmo dividerli in due categorie: imprenditori e vittime del business.
Gli imprenditori in questo momento stanno pensando: Ok, la cosa mi è chiara e potrebbe
interessarmi, veniamo al come!
Le vittime del business stanno invece pensando: Facile dirlo, ma con tutti i problemi che
abbiamo noi è impossibile!
Questi ultimi commettono un errore che fa di loro dei lavoratori a vita: li trasforma da
individui che hanno un grande problema a persone che avranno sempre un problema più
grande di loro, impedendogli di fare quel salto di qualità che è essenziale per chi vuole
avviare un’azienda di successo!
Un imprenditore deve lavorare in modo da rendersi inutile
alla sua azienda!
Cosa deve fare un imprenditore?
A questo punto i lettori-vittime del business avranno già smesso di leggere e riposto il
libro, bollandolo come un manuale utopistico e poco pratico, con bei concetti ma
impossibili da realizzare. Va bene così, ora possiamo rispondere alle domande di voi
lettori-imprenditori:
ü
Qual è il mestiere di un imprenditore?
ü
Quanto deve lavorare duro?
ü
Per quanto tempo?
ü
In che modo?
Le risposte a queste domande sono i principi di base per far funzionare un’azienda.
Un imprenditore deve:
ü Creare un’azienda che funzioni automaticamente senza la sua presenza.
ü Lavorare il meno possibile; cioè molto all’inizio, meno dopo, quasi per niente alla fine.
ü Lavorare poco dal collo in giù, molto dal collo in su.
ü Occuparsi, operativamente, di tutto ciò che «serve» in termini di urgenza, ma la priorità,
in termini di importanza, va data all’indipendenza dell’azienda, ovvero lavorare per
creare automatismi e persone interdipendenti all’interno dell’azienda.
ü Realizzare tutto questo in un periodo di tempo che va da un minimo di 6 mesi a un
massimo di 3 anni: un periodo maggiore significa che l’imprenditore sta sbagliando
approccio o metodologia. In quel periodo l’imprenditore lavorerà perché «deve farlo»
(deve rendere l’azienda indipendente da lui); poi sarà lui stesso a scegliere di lavorare
fin quando lo desidera: per scelta, ma non per necessità.
Sì, ma come?
Tutte le aziende sono uguali. Funzionano tutte allo stesso modo. Tutte. Quando
funzionano. Indipendentemente dal settore di attività e dal metodo utilizzato per produrre
utili. Indipendentemente dal loro core business, ogni azienda che imposterete seguirà
questo schema:
Qualunque azienda, indipendentemente da cosa venda e di cosa si occupi, funziona nello
stesso modo.
1. Tutto nasce dalla leadership dell’imprenditore: questa persona ha un desiderio, lo
traduce in una visione concreta, realizzabile e verso la quale nutre un senso di
«urgenza».
2. Chiarita la visione, l’imprenditore stabilisce il costo di realizzo e reperisce le risorse
economiche che gli occorrono. Se le ha e vuole farlo, utilizzerà le proprie, se non le ha
o non le vuole utilizzare, troverà qualcuno disposto a investire con lui o su di lui (soci o
banche)
3. Il denaro serve per iniziare a produrre ma soprattutto per iniziare a comunicare verso
l’esterno per fare marketing.
4. Il marketing serve a generare i nomi, gli indirizzi di potenziali clienti.
5. Alcuni contatti rimangono tali, mentre altri diventano clienti; clienti paganti, clienti fedeli,
soddisfatti, che parlano dell’azienda e producono altri contatti che si trasformano in
clienti e così via…
6. In ultimo c’è il prodotto, quello di cui apparentemente si occupa l’azienda ma che
rappresenta solo la parte conclusiva della catena e l’ultimo anello per importanza.
L’acquisto di quel prodotto o servizio è ciò che finanzierà l’azienda e alimenterà il ciclo.
Non state leggendo questo libro per il modo in cui è scritto (non lo avete ancora letto,
perciò non sapete se è scritto bene o male e quindi se è un buon prodotto), ma per come
è stato impostato il sistema che porta all’utilizzo finale del prodotto. È per questo motivo
che i libri di successo si chiamano best seller. Lo stile della scrittura conta davvero molto
poco; conta la tecnica utilizzata per la promozione e la vendita. Se poi piacerà genererà
altre vendite per gli stessi autori. Ma la qualità del prodotto come vedremo non è
necessaria. E’ un di più.
Ecco come funzionano le aziende che funzionano.
Creare un’azienda è come crescere un bambino. All’inizio
devi seguirlo in continuazione e fare tutto per lui, poi,
durante l’adolescenza, dovrai seguirlo a distanza,
permettergli di sbagliare per conto suo e rimediare da solo,
aiutarlo e correggerlo senza che se ne accorga, finché non
diventerà capace di andare avanti da solo e allora sarà
vostro dovere distaccarvene e lasciarlo andare avanti per la
sua strada: tutto quello che farete da quel momento in poi
non sarà qualcosa di necessario, sarà qualcosa in più.
Il vostro obiettivo, d’ora in avanti, sarà quello di rendere la vostra azienda il più possibile
simile al nostro grafico.
Nel capitolo conclusivo del nostro percorso, troverete esempi e suggerimenti per
impostare al meglio procedure e indicatori chiave delle prestazioni, che vi aiuteranno a
capire gli aspetti da incrementare e quelli sui quali impostare diversamente il lavoro.
2
Una leadership di concretezza
La genesi dell’azienda
L’azienda parte dalla leadership dell’imprenditore. Un imprenditore deve essere un leader.
To lead significa «condurre, guidare». Un imprenditore deve farsi seguire da clienti, soci,
banche, fornitori e dipendenti. Sviluppare le doti di leadership, quindi, è la prima necessità
di un imprenditore ma anche l’abilità meno visibile e più criticata.
Responsabilità imprenditoriali
Ormai l’avete capito: non basta che un’azienda funzioni, è solo il primo passo. Certo, ci si
può consolare col fatto che l’80% delle aziende fallisce entro il terzo anno di attività; se
non fate parte di questa maggioranza siete già stati bravi, ma un imprenditore che si
rispetti non può paragonarsi a chi sta peggio di lui, fosse pure la maggior parte dei suoi
concorrenti; non potete accontentarvi del «meglio tirare a campare che tirare le cuoia».
Avete una precisa responsabilità che riguarda le famiglie di tutti coloro che lavorano nella
vostra azienda. Tanto per essere chiari: è anche della vostra famiglia che stiamo parlando.
Quando un’azienda non riesce a pagare i fornitori o deve fare dei tagli al personale o delle
riduzioni di stipendio ai suoi dipendenti, molto spesso è per difetti di gestione. La maggior
parte di questi errori dipende dal fatto che chi gestisce l’azienda non si occupa al 100%
dei problemi imprenditoriali perché è impegnato in compiti che non lo riguardano: anziché
gestire e coordinare, si mette in gioco personalmente; anziché delegare esegue, e questo
gli fa perdere la visione d’insieme. Finché non accade qualcosa di grave con cui fare i
conti, che ristabilisce le priorità. Un vecchio e ancora comune modo di pensare recita che
«un leader deve sapersi sporcare le mani». Non è affatto così, non più: un leader deve
mettere in condizione ogni singolo elemento di poter svolgere il proprio lavoro nel migliore
dei modi e nella condizione ideale. Questo non significa lavorare «dal collo in giù», ma
lavorare «dal collo in su». è questa la leadership imprenditoriale, nell’economia che stiamo
vivendo!
La psicologia dell’imprenditore
La maggior parte degli imprenditori non lavora abbastanza e con continuità sulla propria
psicologia. Nonostante lo si ripeta costantemente, sembra che occuparsi della propria
mentalità sia ancora considerato un fattore secondario o meno concreto rispetto al lavoro
«tangibile». Sono molti gli imprenditori che la pensano in questo modo. (Non a caso l’80%
delle aziende fallisce entro i tre anni dalla nascita.) D’altro canto, molti aspiranti
imprenditori lavorano moltissimo sulla propria mentalità imprenditoriale, salvo poi compiere
pochissime azioni concrete per cambiare le loro abitudini.
Sono molto creativi, molto fantasiosi e molto poco consistenti.
Hanno tutte le risposte e si fanno le domande giuste, ma non le mettono in pratica senza
la dovuta continuità e perseveranza. Preferiscono accampare delle scuse e aspettare che
le cose migliorino da sole, col tempo. Noi preferiamo di gran lunga i primi, se non altro
perché realizzano qualcosa.
Con fatica eccessiva, però portano a compimento almeno in parte i loro propositi. Ma
perché gli imprenditori, anche i più organizzati, faticano tanto? Ecco ciò che orienta una
sana mentalità imprenditoriale:
Un imprenditore rimanda il piacere temporaneo a breve termine, in cambio di azioni che
servono a garantire il piacere duraturo a lungo termine.
La leadership è sempre la stessa!
Esistono moltissimi corsi e libri sulla leadership che dicono essenzialmente sempre le
stesse cose in maniera diversa: ora, dal momento che repetita iuvant,* se non lo avete
mai fatto vi consigliamo di approfondire l’argomento. Se invece siete abituati a leggere
manuali di crescita personale e a frequentare dei corsi, saprete che la leadership è
talmente sconfinata che, dissertandone, potremmo abbracciare la quasi totalità dello
scibile umano. Ci sono mille approcci alla leadership ma anche dei principi base comuni.
Noi ne abbiamo scelti tre che riteniamo particolarmente interessanti per la vostra impresa.
1. Guidare con l’esempio. Nel caso di un imprenditore, come abbiamo visto, non significa
«sporcarsi le mani» facendo lo stesso lavoro dei propri collaboratori, ma compiere il
proprio dovere facendo anche qualcosa in più: pretendere da se stesso uno standard più
alto di quello richiesto a chi lo segue. È così che si alza lo standard della squadra.
2. Essere congruenti. Per un imprenditore si traduce nell’avere un pensiero ed essere in
linea con esso non solo a parole, ma con la totalità delle proprie azioni; soprattutto
significa essere franco con se stesso! Non potete guidare gli altri se siete come una
banderuola. Solo gli sciocchi non cambiano mai idea, è vero, ma solo chi ne persegue una
con convinzione porta a termine qualcosa nella vita. Ricordate che gli imprenditori
decidono in fretta e cambiano idea molto lentamente. Sappiate che non potrete avere il
plauso di tutti: per guidare un gruppo di persone, occorre anzitutto voltare le spalle alla
folla!
3. Infondere energia. Siete datori di lavoro, è vero; pagate uno stipendio a persone che
hanno accettato liberamente di svolgere un compito. Tuttavia i vostri collaboratori sono
come delle macchine e voi siete i generatori da cui attingono energia. Non è cinismo: al
contrario, è amore. Amore verso il sogno e la visione che condividete con loro, amore
verso la vostra squadra. Amore che vi spinge a prendervi la responsabilità della loro carica
motivazionale, proprio come un buon padre di famiglia. Se preferite una metafora più ecofriendly, voi siete un giardiniere che fa crescere delle piantine fino a trasformarle in robusti
alberi da frutta: dovete annaffiarle, curarle e, quando serve, potare qualche ramo; ma non
potrete farlo efficacemente se non sarete prima coloro che infondono energia alle foglie.
Prima di preoccuparvi di fare bene il giardiniere, dovrete diventare il loro «sole»!
* O, come dicono gli americani, repetition is the mother of the skills. La leadership imprenditoriale è concretezza!
Essere leader significa essere amati da alcuni e odiati da altri: i leader più noti di tutti i
tempi, da Gandhi a Gesù Cristo, da JFK a Martin Luther King, sono stati uccisi da persone
in disaccordo con loro. Essere leader significa essere in grado di guidare gli altri e se
stessi verso un obiettivo più grande, anche se la squadra lo ritiene irraggiungibile; e farlo
in modo che, quando ce ne saremo andati, almeno un segno della nostra leadership
rimarrà in quelle persone È questa l’essenza della leadership imprenditoriale: perché,
come abbiamo visto, il vostro scopo è esattamente quello di non essere più lì a guidare la
squadra: e per far questo dovete creare altri leader, dopo di voi. Per non rischiare di
risultare troppo teorici, da qui in avanti, parleremo di «leadership imprenditoriale», e in
questo capitolo tratteremo gli aspetti che si ripercuotono sulla vostra azienda in termini di:
• Fatturato.
• Crescita.
Quello che faremo è rendere concreti quei principi base appena visti. Tratteremo gli
aspetti pratici della leadership!
Aspetto pratico della leadership n. 0:
l’autonomia decisionale del leader
Poche chiacchiere. Si può parlare di leader e leadership, ma chi prende le decisioni in
azienda? Siete voi? Allora, se svilupperete anche le caratteristiche e le abilità adeguate,
potrete diventare il leader. Non siete voi? In questo caso potrete aspirare al massimo a
essere «un» leader nella vostra azienda.
Qual è la differenza? Nel secondo caso, l’azienda chiude. Se dovete chiedere il permesso
a qualcuno o convincere i vostri soci prima di fare qualcosa non solo non avete leadership,
ma non ispirate neppure fiducia. Quindi, a livello pratico, dovete assolutamente occuparvi
di due aspetti fondamentali:
1. Definire chiaramente i limiti dell’autonomia decisionale di tutti: sia la vostra sia quella dei
vostri collaboratori, in modo che si sappia in ogni momento chi ha la responsabilità per
qualcosa.
2. Debellare la sindrome del «fifty-fifty». Non dovreste mai essere (o avere) soci al 50% in
qualunque aspetto della vostra azienda: il rischio dello stallo decisionale è altissimo!
Fallirete sicuramente? No. Ma perché esporvi a un rischio così elevato? L’unica possibilità
di cavarvela, se ci saranno punti di vista differenti tra i due soci, è che chi è dotato di
maggiore leadership in quel momento prenda il sopravvento: ma se proprio dovete farlo,
fatelo prima e convincete l’altro a cedervi il 51% dell’azienda (o del ramo d’azienda, o della
responsabilità del progetto) in cambio di qualcosa, magari delle garanzie. Oppure cedete
di comune accordo l’1% a un terzo del quale vi fidate, per quando dovrete prendere una
decisione importante che vi vede su due punti di vista opposti.
Aspetto pratico della leadership n. 1:
il «tempo libero» di un imprenditore
Se avete il tempo di dire che non avete tempo…
La lamentela che spesso riceviamo dai piccoli imprenditori che vogliono ampliare la
propria attività riguarda il fatto che «non hanno il tempo di poterlo fare», considerando la
mole di lavoro di cui si fanno carico. Noi diciamo loro che non è così. Loro ribadiscono che
è così. Poi pensiamo agli imprenditori che hanno centinaia di aziende. Come fanno a
svilupparle e a farle crescere? Se vogliamo fare qualcosa, bisogna solo mettersi in testa di
farlo. Tutto qui. Il tempo di cui disponiamo rappresenta un riflesso di ciò che pensiamo al
riguardo. Consideratela una risorsa da reperire e amministrare, e inizierete ad averne di
più: farete le cose in modo diverso.
E questo è il segreto per mettere in pratica i propri pensieri. Mettetevi in testa che vi
piacerebbe avere più vita sociale. Mettetevi in testa che desiderate lavorare meglio.
Mettetevi in testa di non saper fare tutto e che la cosa non costituisce un problema: perché
non vi è richiesto di farlo. Mettetevi in testa di trovare il tempo per avviare un’attività che
funzioni da sola.
Mettetevi in testa tutto questo abbastanza profondamente e rendetelo importante:
troverete il tempo!
«Un dipendente ‘trova’ il tempo. Un imprenditore se lo crea.» Lorenzo Ait Avete il tempo di adattarvi?
Il mondo cambia in continuazione. Fino a qualche anno fa non era così: ci sono voluti
2000 anni all’uomo per alzarsi da terra a bordo di una macchina, l’aeroplano, e appena
una sessantina per raggiungere la Luna! Oggi, nelle università, gli studenti vengono
preparati per risolvere problemi che ancora non abbiamo, utilizzando tecnologie
avveniristiche; sembra assurdo, ma se ci pensate è logico e rappresenta ormai una prassi
del mercato. D’altronde i dieci lavori più richiesti nel 2011 non esistevano, nel 2004! Il
numero delle informazioni tecniche raddoppia ogni due anni: sapete cosa significa per chi
oggi inizia una laurea triennale? Vuol dire che tutto ciò che apprenderà nel biennio sarà
obsoleto entro il triennio!
Sapete cosa comporta tutto questo? Significa che viviamo in tempi che mutano. In mercati
che mutano. In business che mutano. Come è cambiato il vostro business negli ultimi due
anni? Se pensate che non sia variato, non vi siete accorti del cambiamento. Se non ve ne
siete accorti, probabilmente non lo avete anticipato. Se non lo avete anticipato, lo state
subendo.
Se lo subite troppo, morirete. Chi non si adatta verrà sostituito. Chi può sopravvivere in
questo mercato? Pensate ai dinosauri: erano forti, eppure si sono estinti. Pensate ai
delfini: sono intelligenti tuttavia sono una specie a rischio di estinzione. Chi può
sopravvivere in un mercato che si evolve in continuazione?
«Non è la specie più forte o più intelligente, quella che sopravvive, ma la più ricettiva ai cambiamenti.» Charles Darwin Siate disposti a una maggiore vita sociale!
Un imprenditore deve avere coscienza del suo tempo, altrimenti non può rendersi conto di
come cambiano i mercati, il suo lavoro, gli scenari economici. Senza una precisa
cognizione del contesto in cui vive e della società che lo circonda non può avere intuizioni
per anticipare i cambiamenti, cavalcare i mutamenti dei mercati, accompagnare e
assecondare i flussi economici. Ci sono imprenditori che si chiudono nella loro torre
d’avorio e da là amministrano
l’azienda e impostano il business. Una volta poteva essere una strategia vincente, ma nei
mercati odierni sono destinati a scomparire! Pensate alle agenzie di viaggio. Pensate al
colosso Blockbuster: potevano far fronte alla crisi in una infinità di modi, contando su
brand internazionale, posizione dominante sul mercato, banche dati, numero di clienti
sconfinato, capitali imponenti… Tuttavia non è la specie più forte che sopravvive ai
mutamenti del mercato, ma quella più ricettiva al cambiamento.
Il prezzo che vi chiediamo di pagare è essere disposti ad avere più tempo libero, d’ora in avanti. Vivete il vostro tempo!
Cosa vorreste fare se ne aveste il tempo? Con chi e dove vorreste trascorrere le ore, se
poteste decidere di farlo ovunque? Domandatevi che cosa significa «più vita». è l’abilità di
trascorrere il tempo in un modo completamente nuovo e piacevole. La sfida non consiste
in una migliore comprensione della vostra esperienza, ma nella creazione di una visione
del business che vi dia la capacità di vivere una vita più piena. Non potete immaginare le
esperienze straordinarie che l’esistenza vi può riservare finché non uscite dalla gabbia che
vi siete costruiti. Come è possibile che Bill Gates sia diventato uno degli uomini più ricchi
del mondo, dopo essersi ritirato dal college, avendo una visione del mondo parziale e
disponendo di un software ordinario? Come è possibile che Madre Teresa sia diventata
una santa conosciuta in tutto il mondo, lavorando in un quartiere povero della città di
Calcutta? Come è stato possibile che Gandhi abbia liberato il suo Paese, affrontando
l’impero britannico solo con la sua determinazione? Come è possibile tutto ciò? Qual è la
vostra visione di una vita che valga la pena di essere vissuta? Qual è la vostra visione di
una vita più ricca? L’unico ostacolo per la vostra libertà è la vostra mente e i pensieri che
la dominano. Non è la mancanza di capitale.
Non è la mancanza di informazioni. Non è la mancanza di abilità. Non è la mancanza di
bravi impiegati. Non sono le piccole dimensioni della vostra azienda. Non è la vostra
esperienza limitata. Non sono le vostre competenze limitate. Non è perché non ci sono
nuove idee cui dedicarsi. Questi non sono ostacoli, ma opinioni. Sono una conseguenza di
ciò che la mente pensa quando ha paura di aprirsi a un’opportunità.
Non ragionate per risorse ma per opportunità
Non focalizzatevi su ciò che non avete, ma su ciò che potete fare! La nostra società ci ha
abituato a ragionare in termini di risorse: quando avrò quella cosa, in quella determinata
condizione, compirò quelle azioni o avrò quei comportamenti, e sarò quel tipo di persona o
vivrò quello stato d’animo. Questo è il modo di ragionare di chi subisce la realtà, non di chi
se la crea. Per essere un imprenditore dovete (attenzione ripetiamo: abbiamo scritto
dovete, non «è consigliabile») ragionare in termini di opportunità.
Se ragionate come farebbe nella vostra situazione la persona che volete diventare e vi comportate come colui che volete essere, allora otterrete i risultati che desiderate. I dipendenti e i liberi professionisti ragionano per risorse: Ho i soldi? Posso permettermelo!
Ho le condizioni per farlo? Lo faccio! Gli imprenditori non possono permettersi il lusso di
ragionare per risorse, altrimenti le loro aziende vivranno sempre sulla soglia della
sopravvivenza minima, a un passo dal fallimento o senza mai una vera espansione! Gli
imprenditori devono necessariamente ragionare per opportunità! In che situazioni volete
portare voi stessi e le vostre aziende? Cosa sognate per il vostro business? Come
vorreste che fossero i vostri collaboratori? I fondi si reperiscono, la liquidità si genera: in
questo consiste il mestiere di un imprenditore! è un impegno preciso, fatto di
consapevolezza, coraggio, calcolo del rischio, e soprattutto di responsabilità! Questo
significa per noi possedere la leadership imprenditoriale.
Tutto sta a come ponete la domanda
Quando consigliamo a un imprenditore, che ci dice di non avere tempo o di non avere
soldi o collaboratori capaci, di ragionare come farebbero al suo posto Donald Trump o
Steve Jobs o Bill Gates, la risposta che a volte ci viene data è: Be’, loro risolverebbero
facilmente il problema: sono miliardari! È incredibile quanto sia difficile per alcune persone
ragionare «per opportunità» e non «per risorse»! In quei casi sorridiamo, annuiamo e poi
poniamo la domanda in termini ancor più semplici: Capiamo che ora sono diventati
miliardari, ma cosa avrebbero fatto nella vostra situazione con la loro mentalità?
A questo punto alcuni imprenditori-vittime del business erigono un muro di gomma, altri,
improvvisamente, trovano nuove opportunità…
Aspetto pratico della leadership n. 2:
avere collaboratori capaci e di fiducia
Meglio la capacità o la fiducia? Preferite avere:
o Una squadra di collaboratori capaci.
o Una squadra di collaboratori fidati.
Prima di rispondere pensate a questo: la capacità può essere acquistata sul mercato, la
fiducia può essere solo costruita nel tempo, da un leader affidabile. E dal momento che il
business non si muove alla velocità della capacità ma a quella della fiducia, essere un
leader che ispira fedeltà, correttezza, abnegazione e responsabilità nei membri del proprio
team vi dà un vantaggio competitivo enorme.
Se siete circondati da yesmen, chiedetevi il perché
Se avete yesmen è perché voi li avete educati a essere così: che messaggio passate ai
vostri dipendenti? Avete costruito un’azienda che sprona la leadership anche dal basso?
Se non
lo avete fatto dovete porvi delle domande!
Gestite l’azienda come una famiglia?
Se lo fate, smettete subito! A meno che la vostra non sia la famiglia Corleone.* Perché?
Perché l’azienda non è una famiglia, dove ci si sostiene l’un l’altro e si è solidali con chi ha
più difficoltà. In un’azienda si ottimizza ciò che funziona e si taglia ciò che non funziona! In
una famiglia non è fondamentale l’utile, in un’azienda sì. Le priorità sono differenti! Tanto
tempo fa un uomo politico si è candidato con uno slogan: «Voglio gestire questo Paese
come un’azienda». Lo slogan era tarato male: i cittadini non sono dipendenti; i cittadini
non devono produrre per poter restare. I dipendenti sì! La solidarietà verso chi non è
produttivo non va bene in azienda; la solidarietà a tutti i costi è dannosa, non solo per
l’imprenditore, ma per tutta l’impresa!
Una delle principali cause di sprechi nelle aziende è oggi legato a due fattori: la
sovrapproduzione e l’eccesso di personale. La domanda che dovete farvi nei confronti di
ognuno dei vostri collaboratori è molto semplice e diretta:
Oggi assumereste quella persona?
Se la risposta è no, licenziatela.
E se pensate che senza il vostro stipendio quella persona morirà di fame, allora
licenziatela e, se pensate non sia in grado di mantenersi da sé (pensiero che non fa onore
né alla né alla persona, né a voi), fatele l’elemosina per il resto della vita.
Non potete essere tanto arroganti da pensare che senza di voi la persona che licenzierete non potrà cavarsela! * Il Padrino è spesso stato usato come testo di management. Lorenzo, invece, lo rivede ogni 24 dicembre come «film natalizio»… E se poi ci fa causa?
Se rispettate le norme sul contratto di lavoro, non avete nulla di cui preoccuparvi. In caso
contrario avete appena trovato un ottimo motivo per rispettare le regole. Se rispettate le
norme sul contratto di lavoro, ma il vostro avvocato sostiene che avete qualcosa di cui
preoccuparvi, fate una chiacchierata col vostro consulente del lavoro. Forse non
comunicate con lui in modo efficace e non ha ben compreso per cosa lo pagate, o forse
avete bisogno di un altro consulente del lavoro. Se l’avvocato vi sconsiglia di licenziare
sempre e comunque un dipendente, perché se vi fa causa il tribunale darà ragione a lui,
cambiate avvocato. Trovatene uno con esperienza specifica nelle cause di lavoro*1 e
affrontate la cosa! Non potete permettervi di mantenere in azienda un dipendente che non
lavora: non è utile, non è etico, non è giusto nei confronti di chi invece lavora e si fa il
mazzo, non è profittevole ed è dannoso per tutta l’azienda. Non potete stipendiarlo per
stare in ufficio e non fare nulla: tenere in azienda un dipendente che non vi serve è come
fare mobbing nei confronti di chi produce! E se state pensando che il tribunale dia sempre
ragione ai dipendenti licenziati, be’, secondo la nostra esperienza non è affatto vero: se il
licenziamento è motivato, nella maggior parte dei casi non si corrono rischi.
E se non è possibile licenziarlo?
Pagatelo per stare a casa.
Oppure diventate*2 imprenditori.
«Regola n. 1: assumete solo qualcuno che potete licenziare!» Alfio Bardolla State attenti a parenti e «fidanzate/i» in azienda. Se non «performano» vi ritroverete a
pagare «una pensione» per un lavoro non svolto e questo potrebbe uccidere la vostra
relazione al di fuori del lavoro.
Lavorate con dei collaboratori o con dei mercenari?
È molto semplice capire se si possiede leadership imprenditoriale, basta rivolgere a se
stessi delle domande specifiche su cosa muove noi stessi e i nostri collaboratori. Ve ne
suggeriamo
alcune in grado di andare in profondità, vediamole nel dettaglio:
*1 Rivolgetevi sempre a un avvocato con esperienza specifica in ciò di cui tratta la causa: questo è il nostro consiglio. *2 Perché se fate questa obiezione non lo siete: gli imprenditori trovano soluzioni, in cosa credete consista il vostro lavoro? • Perché i vostri collaboratori sono con voi?
• Per quale motivo lavorano al vostro fianco?
• Perché hanno deciso di seguirvi?
La risposta è lo stipendio? è solo il denaro che li motiva?
Cosa ve ne importa delle loro motivazioni? Cosa c’entra questo con voi? Tutto o niente:
dipende se volete avere dei collaboratori o dei mercenari. Se volete avere leadership, se
volete avere dei collaboratori fidati, allora dovete accettare che il motivo per cui le persone
lavorano per voi dipende principalmente da voi.
• Che rapporto avete con loro?
• Che rapporto avete impostato sin dall’inizio e come lo avete costruito negli anni?
• Cosa sapete di loro?
• Cosa li motiva?
• Cosa li spinge a lavorare meglio?
• Cosa li sprona a percorrere «il miglio in più»?
Se è solo il denaro che li smuove, allora abbiamo un solo modo di motivarli a fare di più.
Indovinate quale. Se è solo il denaro che li fa trottare, potrà farlo per un po’, ma poi si
abitueranno e occorrerà aggiungere altro denaro per spronarli.
Se è solo il denaro che li fa impegnare, allora una somma più alta li convincerà a cambiare
bandiera. Se è solo il denaro a farli lavorare per voi, allora collaborate con dei mercenari.
«Ecco una domanda importante che i leader dovrebbero farsi: sto costruendo persone o sto costruendo il mio sogno e usando le persone per raggiungerlo?» John Maxwell (fondatore di INJOY per lo sviluppo delle potenzialità umane) …e loro con chi lavorano?
Cosa sprona voi? Cosa vi fa muovere? Se aveste incassato decine di milioni alla lotteria,
che ne sarebbe della vostra azienda? Se vi offrissero una cifra altissima per cedere
l’azienda, cosa decidereste?
Se è solo il denaro a muovervi, allora i vostri collaboratori lavorano con un mercenario. Ma
non basta. Conta soprattutto la percezione che trasmettete di voi stessi: come pensate
che
risponderebbero i vostri collaboratori a queste domande su di voi? Hanno idea di quale sia
il vostro scopo profondo? E voi, ce l’avete?
Il vostro scopo profondo
Come abbiamo detto, questo libro non vuole fare della filosofia spicciola, ma essere
concreto. E ci rendiamo conto che potrebbe apparire difficile o anche un controsenso
chiedervi di interrogarvi sugli scopi profondi che ha per voi il business o il vostro mestiere
di imprenditore, e dirvi che quelle risposte hanno un’applicazione estremamente pratica
sulle azioni che compite ogni giorno. Sarebbe troppo facile farvi notare che il motivo per
cui scegliete di creare un’impresa e il significato che date alla vostra identità di
imprenditore si ripercuotono sull’umore con cui vi sveglierete al mattino, nel modo in cui
guiderete l’auto per andare al lavoro, nei pensieri che farete prima di addormentarvi la
sera. Potremmo rispondervi così, ma non saremmo abbastanza concreti, e i più pragmatici
potrebbero tacciarci di fare ancora troppa teoria. Vediamo piuttosto altri elementi, legati
alle vostre motivazioni, che si ripercuotono su aspetti altamente pratici del vostro modo di
amministrare l’azienda.
Leader vs headship
Quando parliamo di leadership in termini concreti, la maggior parte degli imprenditori ci
muove la seguente obiezione:
A sentir voi, sembra quasi che io non abbia abbastanza leadership, ma come mai allora
riesco a raggiungere risultati importanti con la mia squadra?
Dovete distinguere tra il termine leader e il termine header.
Spesso vengono usati come sinonimi, specie in campo aziendale e più specificatamente
manageriale, ma il leader è colui che sa influenzare i propri collaboratori, che sa
convincerli e
sa come averli al proprio fianco, mentre l’header è colui che sa far raggiungere al gruppo il
risultato prestabilito. Molto spesso, in ambito lavorativo, si va alla ricerca di leader, ma ciò
che realmente si cerca sono header. Viceversa, per essere imprenditori e automatizzare
un’impresa, occorre avere leadership.
Ricordate cosa abbiamo detto in precedenza?
«Essere leader significa essere in grado di guidare gli altri e se stessi verso un obiettivo più grande, anche se la squadra lo ritiene irraggiungibile; e farlo in modo che, quando ce ne saremo andati, almeno un segno della nostra leadership rimarrà in quelle persone È questa l’essenza della leadership imprenditoriale: perché, come abbiamo visto, il vostro scopo è esattamente quello di non essere più lì a guidare la squadra: e per far questo dovete creare altri leader dopo di voi.» «Ai manager basta avere headship, agli imprenditori occorre leadership.» Lorenzo Ait Ispirate o date ordini?
Un imprenditore sa che i collaboratori più preziosi sono coloro che svolgono
volontariamente incarichi che altri svolgono solo se spronati.
Pensate a come sarà la vostra azienda quando tutto sarà compiuto. Come la immaginate?
Quando succederà? In che giorno? Entro che ora? Se non sapete rispondere a queste
domande non avete una visione. Se non avete una visione non potete ispirare nessuno.
Quando Martin Luther King riuscì a ispirare milioni di persone e a cambiare il mondo,
cominciò così il suo discorso: Io ho un sogno. E voi? Vi siete scomodati a scriverlo? Avete
impegnato almeno mezz’ora del vostro tempo a chiarirvelo, mettendolo nero su bianco?
Se la risposta è no, perché mai dovrebbero seguirvi le persone?
Se la risposta è no, come potete chiedere a chi lavora per voi di collaborare impegnandosi
per qualcosa di più dello stipendio? Infatti non lo fanno. Le persone seguono i leader.
I leader sanno cosa vogliono. Lo sanno nei dettagli. E hanno chiarito quella visione
mettendola per iscritto. Fatelo anche voi. L’alternativa è: continuare a pagare le persone…
controllare che svolgano il lavoro per cui le pagate… incentivarle… punirle… pagare
qualcuno che le controlli al posto vostro… controllare quest’ultimo e così via… senza mai
potervi allontanare dalla vostra azienda. Quando il gatto non c’è i topi ballano.
Questo solo perché i «gatti» e i «topi» non hanno mai avuto una visione in comune.
«Se vuoi costruire una barca, non radunare uomini per tagliare legna, dividere i compiti e impartire ordini, ma insegna loro la nostalgia per il mare vasto e infinito.» Antoine de Saint-­‐Exupéry Addestrate o create maestri?
Ogni gioco ha le sue regole, ed è importante conoscerle per giocare correttamente. Le
regole di un efficace programma di addestramento devono rendere possibile il
raggiungimento immediato dei risultati di chi desidera imparare. Lo schema dal quale vi
consigliamo di partire per addestrare i vostri collaboratori alle procedure è quello della
leadership situazionale, messo a punto da Ken Blanchard* e Paul Hersey, che ha il pregio
della semplicità e dell’applicazione concreta.
Vi suggeriamo una nostra rivisitazione dei quattro quadranti.
Ti dico cosa devi fare e non ti spiego né discuto il perché
Qui stiamo parlando di leadership direttiva o direzionale, dove nella prima fase è
importante dare indicazioni sulle azioni da compiere omettendo di spiegarne le
motivazioni. Questo perché all’inizio la persona deve fare esperienza sul campo evitando
discussioni o commenti sul «da farsi» (e inoltre perché occorre saper mettere bene in
pratica il metodo, prima di personalizzarlo). Un po’ come fa Pat Morita, il famoso Maestro
Miyagi nel film Karate Kid, il quale, senza perdere tempo a dare spiegazioni, dà subito dei
compiti da svolgere al suo nuovo allievo. Attenzione: non degli esercizi astratti, ma dei
compiti concreti! Ricordate la reazione di Daniel? All’inizio non capisce il motivo di quegli
strani lavori: dai la cera, togli la cera, e si fa l’idea di dover ripagare le lezioni del Maestro
fornendo in cambio del lavoro manuale; poi, quando riesce a parare il violento attacco del
proprio sensei grazie ai movimenti appresi lucidando l’auto, capisce che quei semplici
passaggi contenevano una scienza. Voi dovrete fare la stessa cosa: i pochi compiti dei
quali richiederete lo svolgimento saranno semplici, facili da attuare ed eseguibili alla
lettera. Ecco il procedimento che vi consigliamo.
* Creatore e coautore della serie dell’One Minute Manager, pubblicata in Italia da Sperling & Kupfer. Fase 1. Dirigere. Un nuovo collaboratore che inizia a lavorare ha molto entusiasmo e poca
esperienza. Il nostro compito sarà quello di contenere la sua esuberanza tenendolo a
freno. Il nostro ruolo sarà quindi di dirigere impartendo ordini e facendo sviluppare gli
automatismi pratici delle procedure di lavoro.
Non fornendo spiegazioni ma ordini, eviteremo proposte non richieste di miglioramento
delle procedure da parte di una persona che non ha ancora esperienza.
Fase 2. Addestrare. Il nostro collaboratore è maturato e ha sviluppato degli automatismi.
Ha lavorato sodo, il suo entusiasmo è calato, vinto dalla fatica. È adesso che forniremo le
spiegazioni e mostreremo il perché di determinate procedure.
In questo modo nutriremo con nuova linfa l’entusiasmo del nostro collaboratore.
Fase 3. Delegare. Ora che abbiamo un collaboratore formato, con esperienza e a
conoscenza delle procedure, possiamo affidargli un collaboratore inesperto da addestrare
e dargli degli standard da raggiungere.
Fase 4. Supervisionare. In questa fase, per un ulteriore salto di qualità, occorre affidare la
squadra al nostro collaboratore e farci da parte, assumendo un ruolo di mera supervisione
e rimanendo disponibili esclusivamente su richiesta (o se le cose dovessero precipitare).
Come avete visto non ci riferiamo al tipo di leadership di cui si parla nei manuali di
autoaiuto: stiamo parlando di leadership in senso più pratico, ma anche più profondo. E
soprattutto stiamo parlando di quegli aspetti pratici della
leadership fondamentali per impostare la vostra azienda.
Risolvete problemi o create problem solver?
Fate in modo che le persone che gestite arrivino con delle soluzioni, piuttosto che con dei
problemi: ogni volta che vi sottopongono un caso difficile, rispondete così:
Capisco, e quali sono le tre soluzioni che hai già trovato?
Se il vostro collaboratore non ve ne propone, la vostra risposta sarà:
Trova tre soluzioni e torna da me: se non funzionano, ne sperimenteremo assieme una
quarta!
Questione di «scimmie»!
Ricordate la metafora delle scimmie di L’One Minute Manager insegna a delegare?* Ogni volta
che qualcuno viene da voi con un problema è come se avesse sulla spalla una scimmia. Quando
vi chiede se siete disponibili ad aiutarlo e rispondete di sì, la scimmia mette una zampa sulla
vostra spalla, quando cominciate a lavorare al suo caso ecco che la scimmia lascia l’amico per
appollaiarsi su di voi; il vostro compito è di rendere l’azienda automatica: non accollatevi scimmie
che non siano vostre, o non avrete tempo di automatizzare il tutto!
Aspetto pratico della leadership n. 3:
la disponibilità di risorse adeguate
Questo aspetto può essere tradotto in:
Persone che credono abbastanza in noi da investire nel nostro progetto.
Nel nostro caso, quindi, si tratta di due tipi di investimento:
• Persone valide.
• Denaro altrui.
Voi di cosa avete più bisogno?
* Ken Blanchard, William Onken Jr, Hal Burrows, L’One Minute Manager insegna a delegare, Sperling & Kupfer, Milano 1989. 
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