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VINCENZO NAPOLEONE «era un casinista

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VINCENZO NAPOLEONE «era un casinista
VINCENZO NAPOLEONE
(1910 – 1984)
pittore
«era un casinista, aveva lo studio tutto in disordine, con una mano fumava e con l'altra reggeva il
pennello» (Nicodemo Napoleone)
Vincenzo Napoleone, uno dei più importanti
pittori figurativi del Novecento abruzzese,
nacque a Torre dei Passeri (PE) il 5 aprile 1910
da Giuseppe e Rosina Perazza. Ultimo di 13
figli, sei femmine e sette maschi, frequentò i
primi studi nel suo paese natale fino a quando,
all’età di 12 anni, fu avviato all’arte dal frescante
Angelo De Cesaris, autore degli affreschi della
chiesa di Santa Maria delle Grazie di Torre dei
Passeri, il quale per primo si accorse della sua
spiccata predisposizione per il disegno; in
seguito il maestro De Cesaris divenne suo
cognato sposando nel 1925 la sorella Maria.
Gli eventi bellici e la conseguente grave crisi
economica che colpì l’Italia e l’Abruzzo,
costrinsero Napoleone ad abbandonare gli studi
e ad affrontare precocemente la vita. Furono
anni difficili ma anche anni di intense ricerche e
studi dal vero.
Nel 1928, in occasione di una breve visita di Gabriele D’Annunzio a Pescara, da poco
elevata a provincia, Vincenzo Napoleone, diciottenne, eseguì alcuni schizzi a matita del
Vate, molto apprezzati dal poeta, e nel 1936 sempre per D’Annunzio realizzò un ritratto
ad olio poi replicato nel 1947 perché l’originale venne distrutto durante la guerra.
Nel 1931 partì militare di leva a Pisa e dopo un periodo trascorso tra l’Abruzzo e la
Toscana, nel 1941 sposò Nicolina Di Bartolomeo da cui ebbe il figlio Leandro. Tre anni
dopo, nel pieno della Seconda Guerra, perse la moglie a soli 25 anni e nel ’46 sposò la
sorella di Nicolina, Anita, dalla quale ebbe tre figli: Nicodemo, che ricalcò le orme del
padre divenendo anche lui un quotato pittore, Remo e Siro gioiellieri a Pescara.
Il periodo della guerra e soprattutto il dopoguerra non fu facile per nessuno, nemmeno
per l’artista torrese che si vide costretto a svolgere i mestieri più disparati come il
caricaturista, il cartellonista, operaio in fabbrica a Bussi sul Tirino, gestore di uno
stabilimento balneare e rappresentante di medicinali ma sempre con la passione per
l’arte.
Negli anni Cinquanta cominciava la ripresa dell’Italia ma le difficoltà restavano tutte, il
mercato dell’arte specie in Abruzzo era praticamente inesistente e le sue opere, pur se
apprezzate, restavano invendute. Nel 1954, attratto da migliori prospettive di guadagno,
Napoleone lascia l’Italia e si trasferisce in Venezuela con l’amico Manfredo Michetti,
anch’egli pittore, dove resterà quattro anni.
Furono anni formativi e ricchi di soddisfazioni dove lavorò come ritrattista del
Presidente venezuelano Marcos Perez Jimenez e da questi ricevette l’incarico di
restaurare la pinacoteca di Palazzo Miraflores. Appartengono a tale periodo anche delle
opere di carattere religioso realizzate per diverse cattedrali, come Maracaibo, la Vittoria e
Valencia.
I rovesciamenti politici che nel 1958 condussero alle rappresaglie contro Jimenez,
costrinsero l’artista abruzzese a tornare in patria. Qui organizzò una serie di mostre nelle
più importanti città italiane, a cominciare da L’Aquila che lo lanciò a livello nazionale.
Acclamato dalla critica, allestì a Roma una mostra alla Galleria San Marco, in via del
Babbuino, che riscosse grandissimo successo di pubblico. Nel marzo del 1966 fu la volta
di Buffalo negli Stati Uniti e, l’anno dopo, a Parigi, a Montmartre. Fu un periodo di
grandi successi che lo portarono, nel 1965, ad aprire un atelier a Pescara, in via Firenze
prima e, dal 1968, in corso Umberto, che diventò in poco tempo uno dei centri artistici
più importanti e frequentati della regione. L’ultimo suo dipinto, del 1979, fu la tela
raffigurante la Vergine Regina del Cielo con Bambino per la Chiesa parrocchiale di
Cappelle sul Tavo. Dopodiché, affidato l’atelier a suo figlio Nicodemo, si ritirò in
campagna nella sua villa a Castellana di Pianella dove rimase fino alla morte avvenuta il 4
agosto 1984.
Definito da alcuni il “pittore maledetto” o il “maratoneta della pittura”, Vincenzo
Napoleone resta un romantico della pittura e si rivela tale quando dipinge la terra
d’Abruzzo con i suoi paesaggi, quando narra le vicende tristi o liete della realtà
quotidiana, perché la sua arte esprime qualcosa di suggestivo che colpisce l’intimo e
suscita sempre belle sensazioni. Un’arte, la sua, che non ha mai deviato verso le facili
seduzioni della moda, ma che è rimasta fedele alla sua impronta tradizionale,
caratteristica della sua personalità.
Carlo Maria d’Este
(Centro reg.le Beni Culturali)
BIBLIOGRAFIA E FONTI:
Giuseppe Catania, Validità artistica di Vincenzo Napoleone, in “Scena Illustrata”, marzo
1966
Nicodemo Napoleone, L’Abruzzo nell’arte di Nicodemo Napoleone, attraverso un secolo di
tradizioni pittoriche di famiglia, Pescara, Carsa, 2002
Aggiunto in Sulmona il 5 agosto 2014
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