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Valutazione alunni della scuola secondaria II grado
Valutazione alunni scuola secondaria II grado, indicazioni per l'a.s. 2011/12 Con la circolare n. 94/11 il Ministero fornisce indicazioni operative per l'a.s. 2011/12 per la valutazione periodica degli apprendimenti nei percorsi di istruzione secondaria di II grado. Analizziamone gli aspetti principali. Le indicazioni riguardano il primo biennio dei percorsi di istruzione superiore Vecchio ordinamento (tuttora applicabile alle classi terze, quarte e quinte di tutti gli indirizzi di studio): esso richiede che, mentre in sede di scrutinio finale sia attribuito un unico voto a ciascuna disciplina o gruppo di discipline afferenti al medesimo insegnamento, negli scrutini intermedi la valutazione si esprima attraverso l’attribuzione di uno o più voti a seconda che l’insegnamento preveda una o più prove (scritte, orali, pratiche o grafiche) Nuovi ordinamenti: la previsione di più voti è contemplata per le discipline nelle quali la produzione scritta, pratica o grafica sia irrinunciabile. Anche nel caso di insegnamenti ad una prova, il voto potrà essere espressione di una sintesi valutativa frutto di diverse forme di verifica: scritte, strutturate e non strutturate, grafiche, multimediali, laboratoriali, orali, documentali, ecc. Infatti, come già indicato nella citata circolare del 9 novembre 2010, le verifiche possono prevedere, a solo titolo di esempio e in relazione alle tipologie individuate dalle istituzioni scolastiche, modalità scritte anche nel caso di insegnamento a sola prova orale. In ogni caso, un’ampia varietà di forme di verifica concorre a valorizzare pienamente i diversi stili di apprendimento, le potenzialità e le diverse attitudini degli studenti. Va, comunque, sottolineato che la valutazione è espressione dell’autonomia professionale propria della funzione docente e che le istituzioni scolastiche potranno individuare e adottare, nella loro autonomia e nell’ambito delle prove previste per ciascun insegnamento (scritte, orali, pratiche e grafiche), modalità e forme di verifica che ritengano funzionali all’accertamento dei risultati di apprendimento, declinati in competenze, conoscenze e abilità, di cui ai Regolamenti di riordino e al D.M. 139/2007 relativo all’obbligo d’istruzione. Le istituzioni scolastiche avranno cura di esplicitare, nei rispettivi piani dell’offerta formativa, le tipologie delle verifiche adottate, al fine di rendere l’intero processo valutativo trasparente e coerente con gli specifici obiettivi di apprendimento. Le tabelle allegate alla circolare individuano le tipologie di prove e le corrispondenti modalità di espressione del voto in sede di scrutini intermedi, relative a ciascun insegnamento dei primi due anni dei percorsi di istruzione secondaria di II grado. Valutazione periodica degli apprendimenti nei percorsi di istruzione secondaria di II grado. Indicazioni operative per l’a.s. 2011/12 Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Dipartimento per l'Istruzione Direzione Generale per gli Ordinamenti Scolastici e per l'Autonomia Scolastica Roma, 18 ottobre 2011 Oggetto: valutazione periodica degli apprendimenti nei percorsi di istruzione secondaria di II grado. Indicazioni operative per l’a.s. 2011/12. La presente circolare fornisce indicazioni alle istituzioni scolastiche di istruzione secondaria di II grado al fine di assicurare l’ordinato svolgimento delle operazioni relative alle valutazioni periodiche del corrente anno scolastico, nelle more dell’adozione delle modifiche e integrazioni al D.P.R. 122/2009, regolamento recante il coordinamento delle norme vigenti per la valutazione degli alunni. Le indicazioni riguardano il primo biennio dei percorsi di istruzione superiore in considerazione del fatto che i nuovi ordinamenti stanno trovando applicazione ai primi due anni di corso di ciascun indirizzo di studio. Si tiene, ovviamente, conto delle esperienze realizzate dalle scuole nell’anno di avvio dei nuovi percorsi e delle indicazioni già fornite per l’anno scolastico 2010/11 con la nota n. 3320 del 9 novembre 2010. A tale riguardo è utile richiamare il quadro di riferimento proprio dei vecchi ordinamenti, tuttora applicabile alle classi terze, quarte e quinte di tutti gli indirizzi di studio. Esso richiede che, mentre in sede di scrutinio finale sia attribuito un unico voto a ciascuna disciplina o gruppo di discipline afferenti al medesimo insegnamento, negli scrutini intermedi la valutazione si esprima attraverso l’attribuzione di uno o più voti a seconda che l’insegnamento preveda una o più prove (scritte, orali, pratiche o grafiche). Per quanto riguarda i nuovi ordinamenti si ritiene che le regole sopra delineate siano compatibili con i piani di studio del primo biennio, in attesa che si pervenga, anche sulla scorta delle esperienze di attuazione dei nuovi Regolamenti, alle citate modifiche e integrazioni del D.P.R. 122/2009. Pertanto con le tabelle allegate sono state individuate, in accordo con la Direzione generale per l’istruzione e formazione tecnica superiore, le tipologie di prove e le corrispondenti modalità di espressione del voto in sede di scrutini intermedi, relative a ciascun insegnamento dei primi due anni dei percorsi di istruzione secondaria di II grado. E’ evidente che la previsione di più voti è contemplata per le discipline nelle quali la produzione scritta, pratica o grafica sia irrinunciabile, anche alla luce delle Indicazioni nazionali riguardanti gli obiettivi specifici di apprendimento dei percorsi liceali e delle distinte Linee guida per gli istituti tecnici e per gli istituti professionali. Va, comunque, sottolineato che la valutazione è espressione dell’autonomia professionale propria della funzione docente e che le istituzioni scolastiche potranno individuare e adottare, nella loro autonomia e nell’ambito delle prove previste per ciascun insegnamento (scritte, orali, pratiche e grafiche), modalità e forme di verifica che ritengano funzionali all’accertamento dei risultati di apprendimento, declinati in competenze, conoscenze e abilità, di cui ai Regolamenti di riordino e al D.M. 139/2007 relativo all’obbligo d’istruzione. Ciò significa che, anche nel caso di insegnamenti ad una prova, il voto potrà essere espressione di una sintesi valutativa frutto di diverse forme di verifica: scritte, strutturate e non strutturate, grafiche, multimediali, laboratoriali, orali, documentali, ecc. Infatti, come già indicato nella citata circolare del 9 novembre 2010, le verifiche possono prevedere, a solo titolo di esempio e in relazione alle tipologie individuate dalle istituzioni scolastiche, modalità scritte anche nel caso di insegnamento a sola prova orale. Appare opportuno aggiungere che, in ogni caso, un’ampia varietà di forme di verifica concorre a valorizzare pienamente i diversi stili di apprendimento, le potenzialità e le diverse attitudini degli studenti. Nel caso in cui le istituzioni scolastiche utilizzino le quote di autonomia previste dai regolamenti di riordino dei licei (art. 10, comma 1, lett. c) D.P.R. 89/10), dei tecnici (art. 5, comma 3, lett. a) D.P.R. 88/10) e dei professionali (art. 5, comma 3, lett. a) D.P.R. 87/10) per introdurre nuove discipline curricolari, le relative modalità di valutazione e di espressione del voto in sede di scrutinio intermedio sono demandate alle singole istituzioni scolastiche. Limitatamente ai licei, in caso di potenziamento degli insegnamenti obbligatori per tutti gli studenti ai sensi dell’art. 10, comma 3, D.P.R. 89/10, il voto va espresso con le stesse modalità previste per l’insegnamento obbligatorio. Le istituzioni scolastiche avranno cura di esplicitare, nei rispettivi piani dell’offerta formativa, le tipologie delle verifiche adottate, al fine di rendere l’intero processo valutativo trasparente e coerente con gli specifici obiettivi di apprendimento. Saranno così valorizzate, anche in materia di valutazione, le attività progettuali e innovative realizzate dai licei in coerenza con le citate Indicazioni Nazionali, nonché le esperienze di organizzazione metodologico-didattica e di ricerca (didattica modulare e laboratoriale, personalizzazione dei percorsi, utilizzazione di metodologie e strumenti didattici innovativi, aree di progetto, ecc.) che gli istituti tecnici e professionali realizzano in attuazione delle Linee guida per il passaggio al nuovo ordinamento per il primo biennio. IL DIRETTORE GENERALE F.to Carmela Palumbo Tabella A - Licei Tabella B - Istituti Tecnici Tabella C - Istituti Professionali Valutazione studenti. Quale valenza formativa può avere l’ammissione alla classe successiva o agli esami di Stato da parte di un Giudice? I tribunali sono chiamati in causa, sempre più spesso, per giudicare la correttezza della non ammissione alla classe successiva o agli esami di Stato di un alunno da parte del consiglio di classe. Diverse, nel tempo, sono state le sentenze che hanno ammesso alunni non promossi alla classe successiva o all'Esame di Stato con motivazioni svariate: mancanza di adeguate motivazioni; insufficienza in una sola disciplina; mancata deroga alle assenze per giustificati motivi... Ne riportiamo alcune a titolo esemplificativo. Bocciato per una sola disciplina: il TAR non è d'accordo e lo ammette alla classe successiva Una bocciatura motivata solo con le assenze e' a rischio di illegittimità Esame di Stato: copiare da cellulare si può, se soffri d'ansia da prestazione scolastica Pochi giorni fa, inoltre, c’è stata una sentenza del Consiglio di Stato del 3.12.2015 n. 5502, secondo cui è possibile accedere agli atti e alle valutazioni non solo dell’alunno interessato ma anche a quelle dei compagni di classe, per riscontrare eventuali disparità di trattamento. Studenti non promossi: Consiglio di Stato concede accesso ai voti finali e risultati scolastici dei compagni di classe. Premesso che la non ammissione degli allievi alla classe successiva o agli esami non sembra ormai essere uno “strumento” ricorrente (grazie anche ai progressi compiuti dalle Istituzioni scolastiche dal punto di vista educativo – didattico), per far recuperare agli stessi eventuali lacune anche gravi, le diverse sentenze in merito spingono ad una riflessione su quanto possa ritenersi valida, dal punto di vista formativo, l'ammissione di un allievo alla classe successiva da parte di un tribunale, la cui istruttoria è prevalentemente (se non tutta) documentale priva, quindi, di quella relazione che permette di monitorare il processo formativo dell’alunno medesimo. Lontani dal voler contestare le decisioni di merito dei Tribunali che si sono espressi in materia, proviamo a illustrare le perplessità relative alla validità formativa di una decisione presa non dal consiglio di classe ma da un giudice. La stessa normativa di riferimento, in primis il DPR n. 122/09 “Regolamento recante coordinamento delle norme vigenti per la valutazione degli alunni e ulteriori modalita' applicative in materia, ai sensi degli articoli 2 e 3 del decreto-legge 1° settembre 2008, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2008, n. 169”, spinge a tale riflessione. L’articolo 1 del detto DPR al comma 3 prevede: “La valutazione ha per oggetto il processo di apprendimento, il comportamento e il rendimento scolastico complessivo degli alunni. La valutazione concorre, con la sua finalità anche formativa e attraverso l'individuazione delle potenzialità e delle carenze di ciascun alunno, ai processi di autovalutazione degli alunni medesimi, al miglioramento dei livelli di conoscenza e al successo formativo, anche in coerenza con l'obiettivo dell'apprendimento permanente di cui alla «Strategia di Lisbona nel settore dell'istruzione e della formazione», adottata dal Consiglio europeo con raccomandazione del 23 e 24 marzo 2000.” La valutazione riguarda, dunque, diversi aspetti della vita scolastica degli alunni quali l’apprendimento, il comportamento, la sfera relazionale e affettiva, per cui deve essere necessariamente frutto di un processo che dura un intero ordine e grado di scuola e non può esaurirsi in singole verifiche scritte e orali, in itinere e finali, ma deve piuttosto fondarsi su una osservazione continua dell’allievo e avere come fine il successo formativo dello stesso. A testimonianza di ciò, riportiamo un paragrafo della circolare MIUR n. 48 del 31 maggio 2012 “Esame di Stato conclusivo del primo ciclo di istruzione. Istruzioni a carattere permanente”: […] All’esito dell’esame di Stato concorrono gli esiti delle prove scritte e orali, ivi compresa la prova nazionale INVALSI, e il giudizio di idoneità all’ammissione. Il voto finale “è costituito dalla media dei voti in decimi ottenuti nelle singole prove e nel giudizio di idoneità, arrotondata all’unità superiore per frazione pari o superiore a 0,5”. Per media dei voti deve intendersi la media aritmetica, dovendosi attribuire a tutte le prove d’esame il medesimo rilievo. Si esclude pertanto ogni possibilità di ricorrere alla media ponderata. Al riguardo, si ricorda che tutti gli allievi ammessi all’esame di Stato hanno già conseguito nello scrutinio finale almeno un voto di sufficienza nelle diverse discipline. È pertanto cura precipua della commissione e delle sottocommissioni d’esame far sì che il voto conclusivo sia il frutto meditato di una valutazione collegiale delle diverse prove e del complessivo percorso scolastico dei giovani candidati. Il voto conclusivo, dunque, non è solo frutto di una media aritmetica ma di una valutazione meditata che tenga conto delle prove e del percorso scolastico; quest’ultimo alla scuola secondaria di secondo grado è valorizzato dal credito scolastico, che contribuisce alla votazione finale dell’Esame di Stato. A quanto detto riguardo alla complesso meccanismo che sta dietro il processo valutativo, si aggiunga il fatto che la valutazione è collegiale e non frutto di singoli voti dei diversi docenti del consiglio di classe. L’art. 2 comma 1 del DPR n. 122/ 09 stabilisce: La valutazione, periodica e finale, degli apprendimenti e' effettuata nella scuola primaria dal docente ovvero collegialmente dai docenti contitolari della classe e, nella scuola secondaria di primo grado, dal consiglio di classe, presieduto dal dirigente scolastico o da suo delegato, con deliberazione assunta, ove necessario, a maggioranza. L’art. 4 comma 1 del DPR n. 122/ 09 stabilisce: La valutazione, periodica e finale, degli apprendimenti è effettuata dal consiglio di classe, formato ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni e presieduto dal dirigente scolastico o da suo delegato, con deliberazione assunta, ove necessario, a maggioranza. L’art. 79 del R.D. 653/1925 detta: “I voti si assegnano, su proposta dei singoli professori, in base ad un giudizio brevemente motivato desunto da un congruo numero di interrogazioni e di esercizi scritti, grafici o pratici fatti in casa o a scuola, corretti e classificati durante il trimestre o durante l’ultimo periodo delle lezioni ”. L’articolo 6 comma 2 dell’Ordinanza Ministeriale n. 92 riprende quanto previsto dal detto decreto affermando: “Il docente della disciplina propone il voto in base ad un giudizio motivato desunto dagli esiti di un congruo numero di prove effettuate durante l’ultimo trimestre o quadrimestre e sulla base di una valutazione complessiva dell’impegno, interesse e partecipazione dimostrati nell’intero percorso formativo. La proposta di voto tiene altresì conto delle valutazioni espresse in sede di scrutinio intermedio nonché dell’esito delle verifiche relative ad eventuali iniziative di sostegno e ad interventi di recupero precedentemente effettuati.” Il singolo docente, quindi, propone un voto che deve essere motivato in coerenza con i criteri adottati dal collegio dei docenti e con gli obiettivi prefissati in sede di progettazione e deve poi essere deliberato dal consiglio di classe. Tale sistema garantisce oggettività (difficilmente le “antipatie” di un docente possono influire sulla valutazione) e trasparenza e rende meno attaccabili i giudizi espressi dai consigli di classe. In sintesi, la valutazione: ha carattere formativo, orientativo ed è volta a favorire il successo degli alunni; è un processo complesso, che riguarda tutti gli aspetti della vita scolastica dell’alunno e deve essere costantemente monitorato; ha carattere collegiale. Questi elementi spingono a sostenere la tesi secondo cui la decisione di ammettere o non ammettere un alunno alla classe successiva o agli esami può essere difficilmente presa al di fuori del consiglio di classe, salvo in casi eccezionali in cui l’intervento del giudizio si è rivelato necessario. Organico potenziato e valutazione degli apprendimenti. La decisione spetta al collegio dei docenti Nelle Linee di orientamento per il corretto utilizzo dell’organico per il potenziamento” fornite dalle sigle sindacali rappresentative, in un passo significativo della Scheda unitaria, allegata alle Linee, si fa riferimento al contributo dei docenti dell’organico potenziato nella valutazione intermedia e finale. Tra le modalità di utilizzo dei docenti viene messa in evidenza la necessità di definire in sede di collegio dei docenti, quale sarà appunto il ruolo di tali docenti in seno alla valutazione periodica. Tale ordine prescinde dal fatto che i docenti dell’organico potenziato svolgono parimenti attività di insegnamento, sia in progetti deliberati dagli organi collegiali sia durante le ore destinate alle supplenze ed essendo docenti alla stregua degli altri, nella loro funzione rientra anche quella valutativa che non può essere così estromessa. Il Regolamento sulla valutazione Il DPR n.122 del 2009 all’art.2 comma 5 e all’art.4 comma 1 del DPR n.122 del 2009 prevede che per la valutazione degli alunni nel primo ciclo di istruzione e nel secondo ciclo di istruzione “il personale docente esterno e gli esperti di cui si avvale la scuola, che svolgono attività o insegnamenti per l’ampliamento e il potenziamento dell’offerta formativa, ivi compresi i docenti incaricati delle attività alternative all’insegnamento della religione cattolica, forniscono preventivamente ai docenti delle classi elementi conoscitivi sull’interesse manifestato e il profitto raggiunto da ciascun alunno”; nel caso dei docenti dell’organico potenziato va da sé che il loro contributo alla valutazione sia pienamente legittimato e dovuto, fermo restando che il decreto n.122 sottolinea che l’azione valutativa dei docenti che svolgono attività di potenziamento dell’offerta formativa, sia svolta“preventivamente”, indi l’avverbio parrebbe indicare una loro esclusione dalla partecipazione alle attività di scrutinio, dovendo detti docenti fornire prima dell’insediamento del consiglio di classe, elementi utili alla valutazione. La questione è controversa In merito alla partecipazione agli scrutini, su un versante complementare a quello sollevato dalla scheda unitaria, si pone per esempio il caso dei docenti incaricati delle attività alternative all’insegnamento della religione cattolica (menzionati dallo stesso DPR 122). Per questi ultimi il problema è stato molto dibattuto anche in una Sentenza del Tar del Lazio, la n.33433 del 15/11/2010, avendo il giudice in quell’occasione censurato il DPR 122 proprio nella parte in cui esclude i docenti delle attività alternative dalla partecipazione ai consigli di classe e quindi dal “procedimento decisionale che vede, invece, protagonisti anche gli insegnanti di religione”. Nello specifico, nella sentenza si lamenta “l’illegittimità della funzione decisoria attribuita ai docenti di religione nel consiglio di classe chiamato ad attribuire il punteggio per il credito scolastico” e anche “la conseguente illegittimità per il diverso trattamento riservato a detta categoria di docenti rispetto a quella dei docenti di attività alternative all’insegnamento della religione cattolica, non essendo prevista la partecipazione di questi ultimi nel consiglio di classe”. (…) è evidente che il diverso trattamento, riservato nel procedimento decisionale alle due distinte categorie dei docenti in considerazione, introduca un vulnus alla posizione degli studenti non avvalentisi che decidano di seguire attività di insegnamenti alternativo. Non può di certo dubitarsi della disparità di trattamento introdotta dalla fonte regolamentare impugnata, atteso che un conto è sedere “a pieno titolo” nel consiglio di classe e concorrere alle sue deliberazioni in ordine all’attribuzione del punteggio per il credito scolastico, un conto è fornire preventivamente al consiglio di classe “elementi conoscitivi” sull’interesse e il profitto dimostrati da ciascuno studente; insomma, un conto è presenziare, e porsi in posizione dialettica nell’ambito dell’organo consiliare, un conto è rassegnare dei “meri elementi conoscitivi” che dovranno essere apprezzati “dai docenti della classe”. Dello stesso tenore sarebbe il problema sollevato con i docenti dell’organico potenziato che come si è già detto, svolgono attività di ampliamento dell’offerta formativa e che, dovendo seguire il dettato normativo, decreto sulla valutazione, dovrebbero presentare indicazioni valutative, in anticipo ossia prima della riunione collegiale. La decisione collegiale E’ bene però sottolineare che ai sensi del comma 5 dell’art.1 dello stesso decreto 122, al collegio dei docenti è attribuita la funzione di definire “modalità e criteri per assicurare omogeneità, equità e trasparenza della valutazione, nel rispetto del principio della libertà di insegnamento” e che “detti criteri e modalità fanno parte integrante del piano dell'offerta formativa”; trattasi di un principio che potrebbe anche conflìggere con gli articoli 2 e 4 del citato decreto. La decisione spetta agli organi collegiali che dovranno organizzarsi su questo aspetto spinoso inserendolo come dovuto all’interno del futuro PTOF. Valutazione studenti: meglio i voti o le medaglie? Bocciatura pratica antipedagogica Ridurre il processo di valutazione al mero voto numerico è una pratica che sembra sempre più inadeguata in una scuola che mette l’intento formativo prima di quello selettivo. Così nascono esperienze alternative, come Mimerito sostenuto dal Miur, che ‘premia’ i ragazzi con medaglie e distintivi vari (dalle stelle agli scudetti). Ma anche queste pratiche che sfruttano il modello del “rinforzo” positivo molto diffuso nei paesi anglosassoni nascondono qualche insidia, poiché per esempio incoraggiano esibizionismo e ed egocentrismo, come ci ha sottolineato Luisa Piarulli, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Pedagogisti Italiani. Nella scuola delle competenze, nella scuola dell’inclusione, nella scuola che forma i cittadini ha ancora senso dare i voti? “Il sistema scolastico italiano ha una lunga storia in fatto di valutazione degli alunni e sottolineo “degli alunni”, espressione scorretta; nel linguaggio quotidiano andrebbe utilizzata la formula “valutazione degli apprendimenti”, che prevede la capacità di un'accurata analisi multifattoriale. Penso che il voto non sia in grado di documentare in forma autentica il percorso formativo degli alunni. Oggi abbiamo una molteplicità di situazioni: alunni stranieri, con DSA, con Bes (bisogni educativi speciali): a ciascuno di essi va tutelato e garantito il diritto ad imparare, nel rispetto della personalità, della cultura, dei bisogni emergenti. Mi si dirà che si può prevedere un Piano didattico personalizzato per costoro! Tuttavia esperienza e osservazione mi dicono che un PDP rischia di tramutarsi solo in un'arida pratica burocratica”. Una valutazione espressa in voti numerici o in giudizi può essere uno strumento formativo? Nel dibattito pedagogico, quale orientamento prevale? “La valutazione docimologica ha carattere monodimensionale e ricordiamo che la L. 517/77 non a caso l'aveva abolita; un acceso dibattito aveva percorso quegli anni e studiosi ed esperti di vario genere si erano confrontati animatamente, sottolineando l'aridità del voto numerico e peggio ancora delle medie aritmetiche, che non dava sufficiente dignità a un percorso apprenditivo che non si regola sulla quantità di nozioni più o meno apprese, bensì sulla qualità di quanto appreso (“Meglio una testa ben fatta che una testa ben piena!”). Un senso può avere la valutazione in giudizi quando questa è svolta a livello collegiale, quando tiene conto dell'intero curricolo dell'alunna/o, quando rispetta i tempi di apprendimento, quando tiene in dovuta considerazione le complessità emotive, sociali, cognitive e culturali dell'individuo. Lo scenario attuale sembra controverso in proposito e rispecchia uno stato di disagio complessivo dei docenti sui piani del riconoscimento intellettuale, del disorientamento creato da un vertiginoso sviluppo tecnologico che riempie le classi di “nativi digitali” e che contrasta con la permanenza di una didattica fondamentalmente inadeguata. Il D.M. n°9 del 27.01.2010 introduce l'obbligo della certificazione delle competenze ovvero il sapersi orientare autonomamente e individuare strategie per la soluzione dei problemi in contesti reali o verosimili; la legge risponde effettivamente al bisogno di una valutazione diversa. Tuttavia nelle scuole si registra una gran confusione a partire dall'ambito semantico: la competenza rischia di essere intesa come conoscenza. Ancora una volta si dimentica che si valuta per educare (Zavalloni)”. Come giudica il ritorno ai voti in decimi anche nella scuola primaria? Esiste una differenza dal punto di vista pedagogico tra numero e giudizio? “Personalmente giudico il ritorno ai voti in decimi assolutamente negativo. Nella scuola primaria i bambini vanno educati ovvero accompagnati nel percorso di crescita nell'ottica dell'empowerment, quindi nel far emergere “quel tesoro nascosto che non c'è in nessun altro”. La scuola primaria deve saper e poter fecondare creatività, fantasia, proporre una didattica per problemi; il problem solving si rivela una strategia utile per la vita stessa! Essa deve lasciar spazio alla parola, alla narrazione, al racconto, deve contribuire a formare, ovvero a dar forma a un soggetto che vive l'avventura della crescita. Dal punto di vista pedagogico l'approccio ermeneutico-qualitativo è vincente. In tale ottica il voto in decimi rischia di tarpare le ali, anche perché la soggettività può inficiare l'oggettività. Il giudizio, ripeto, se formulato collegialmente e se non è fondato solo su una serie di meri compiti ed esercizi da valutare, può rappresentare un momento di feedback positivo tra attività d'insegnamento e risultato raggiunto. Ciò implica la disponibilità all'autovalutazione da parte del docente ma anche dell'alunno e, perché no, di epoché, concetto della fenomenologia husserliano, che mira a sospendere il giudizio su cose e persone per avere modo di considerarle senza pregiudizi. Vorrei far notare ancora che ogni pratica può essere valutabile se si dà la possibilità agli allievi di “fare esperienza” prima di tutto! La valutazione è solo un mezzo per guidare il percorso formativo”. La valutazione in generale, espressa in numeri o in giudizi, ha un fine essenzialmente selettivo. Pensa che sistemi alternativi come medaglie o distintivi (per esempio il progetto Mimerito promosso dall’associazione culturale Rinnovamenti ma sostenuto anche dal Miur) possano stimolare gli allievi a dare il meglio di sé non solo in termini di rendimento scolastico, ma anche nello sviluppo di qualità caratteriali come la buona condotta, l'impegno, la socialità, la buona volontà e lo spirito di iniziativa? “Certo, la valutazione ha purtroppo uno scopo fondamentalmente selettivo perché solo in pochi casi scuole e docenti hanno avviato un processo di valutazione degli apprendimenti consapevole, etico e scientifico. Medaglie e distintivi direi che ci riportano a logiche di un passato lontano; se nelle intenzioni del legislatore c'è lo scopo di creare stimoli e motivare allo studio, dall'altra parte si rischia di incoraggiare il fenomeno sociale così diffuso di spettacolarizzazione ed esibizionismo, agevolato a volte da fenomeni di stereotipia o di effetto alone, nonché incoraggiato da adulti caratterizzati da un forte ego. I presupposti dell'Educazione vanno ben oltre: scoprire le attitudini e le potenzialità di ciascuno, valorizzarle, educare alla relazione e alla buona comunicazione. Il premio in termini di concessione di crediti, borse di studio, buoni per l'acquisto di libri, possono svolgere una funzione di riconoscimento di risultati raggiunti e condivisi collegialmente”. Se si parla di voti è inevitabile parlare anche di promozioni e bocciature. Il ministro dell'istruzione austriaco Claudia Schmied ha annunciato di voler abolire la bocciatura già dal prossimo anno, motivando la scelta nell’ambito di un più ampio progetto di riforma della scuola. Lei cosa ne pensa? La bocciatura ha un valore formativo? “Io penso che la bocciatura nella scuola primaria e secondaria di primo grado sia una pratica antipedagogica in quanto gli obiettivi del curricolo dovrebbero “essere spalmati” nel corso di questi anni, periodo di intense trasformazioni fisiche e psicologiche, in contesti intrafamiliari sempre più complessi. Riscoprire una pedagogia del tempo, dell'ascolto, del pensare e pensarsi è urgente, a fronte dei numerosissimi episodi di disagio adolescenziale (bullismo, cyberbullismo, dipendenze di vario genere...). Occorrerebbe un sistema scolastico capace di garantire attività di laboratorio per il recupero o per l'approfondimento (si tutelerebbero anche le eccellenze) in orario scolastico ed extrascolastico: una buona pratica pedagogica. La valutazione, ricordiamo, deve rappresentare un processo e perciò avere carattere di continuità. Nell'attesa di modifiche strutturali sostanziali anche in Italia (come si prospetta in Austria), per ciò che riguarda la scuola secondaria di secondo grado, la bocciatura non deve rappresentare MAI una scelta superficiale e frettolosa (come spesso avviene): essa va mediata e condivisa con l'alunno e la famiglia in un'ottica di corresponsabilità educativa. Devono essere chiare le motivazioni e va sottolineato che ripetere un anno può offrire la possibilità di fortificare gli apprendimenti e prendersi tempo. L'alunno e la famiglia vanno accompagnati da un pedagogista. Solo ed esclusivamente in questi termini la bocciatura potrebbe assumere un valore formativo e orientativo eventualmente, ma sono scettica a riguardo! I numeri sulla dispersione scolastica ce lo rammentano. Credo ci sia ancora molto da fare sul piano della formazione pedagogica dei docenti, spesso preparatissimi nel proprio ambito disciplinare, ma scarsamente a conoscenza delle dinamiche evolutive”. La competizione tra gli studenti è un valore che la scuola deve promuovere? O sono più importanti la collaborazione, la condivisione, il lavoro di squadra? “La scuola è prima di tutto luogo di formazione. È l'ambiente educativo per eccellenza dopo la famiglia. La società attuale incoraggia già abbastanza modelli di competitività insana, veicolata dagli stessi adulti in forme variegate. La scuola deve andare oltre, essa, semmai deve educare a gestire le dinamiche complesse della competitività! La pratica della peer education è straordinaria in tal senso, la “scuola dei compiti” o l'istituzione di “banche del tempo” nella scuola, dove ci si aiuta, dove tutti possono viversi protagonisti, rappresentano modelli pedagogici positivi. Io aiuto te, tu aiuti me! È il principio buberiano dell'incontro dialogico! Chi lo può insegnare se non la scuola? Non nego certo che piccole gare, tornei, o similari, se ben mediati dagli adulti, possano rappresentare momenti di piacevole gioco di squadra, scambio, divertimento, stimolo e motivazione a far meglio, ma anche a misurarsi con l'acquisizione e il rispetto delle regole. Tuttavia ancora una volta l'adulto ha un ruolo determinante, un adulto autorevole sul quale fare affidamento, comprensivo ma non permissivo. I nostri giovani tendono sempre la mano, ma non la mostrano, desiderano sfidare e misurare l'adulto, ma chiedono - a volte un disperato urlo che nessuno ascolta - che venga loro tesa una mano”.