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Tesi di Laurea
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“Es este el Palo Santo?”
Abstract
Enrico Dal Pozzo
In tutta l’America centro meridionale esistono più di
quindici alberi che sono comunemente chiamati “palo
santo”. La necessità di una disambiguazione è evidente.
Il presente saggio ha l’obiettivo di indagare le principali piante che condividono la denominazione popolare
di “palo santo”, fornendone una prima descrizione ed
avanzando un’ipotesi etnolinguistica intorno all’origine
di tale comunanza. Lo spunto della riflessione è l’equivoco nato durante una ricerca in Bolivia, dove sono
almeno due le piante medicinali comunemente conosciute con il nome di palo santo: la Bursera graveolens e la
Triplaris americana.
Sono poche le ricerche effettuate sulle caratteristiche e
le qualità di queste piante. Questo breve articolo vuole
essere una base di partenza ed uno stimolo ad approfondire la conoscenza, l’uso, le somiglianze e le differenze che esistono tra i vari alberi chiamati palo santo.
Equivoco e disambiguazione.
Nel Settembre 2010 partii verso la Bolivia con la spedizione “Silvia Granier Ligabue”, un progetto nato dalla
collaborazione tra l’università “Ca’Foscari” di Venezia,
il “Centro studi e ricerche Ligabue” e l’associazione
Onlus “Human Beings Heritage”. Durante la prima
parte del viaggio attraversammo il Beni, una vasta regione della Bolivia orientale, un’area in cui, all’arrivo
della primavera, le popolazioni dei villaggi applicano
il tradizionale chaqueo, o “taglia e brucia”. La finalità di
Frontespizio del testo “Historia
naturalis Brasiliae” di Willem
Piso, 1648.
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Es este el Palo Santo?
questa tecnica è rinnovare il terreno per future colture
o tramutarlo in pascolo per il più redditizio bestiame,
“por hacer pasto” affermano i campesinos. Una volta tale
pratica era limitata alla finalità di rigenerare la terra ed
era supportata da una certa conoscenza delle relazioni
intersistemiche, oggi è spesso utilizzata per creare aree
produttive capaci di garantire un profitto immediato,
causando però enormi danni ambientali.
Il 2010 è stato un anno di forte siccità in tutta la Bolivia, un fenomeno che non si verificava da decenni con
tale intensità. Per mesi non ha piovuto, intanto il vento
spingeva le fiamme ben oltre le aree calcolate. Il nostro gruppo di ricerca stava percorrendo la strada che,
attraversando una parte dell’amazzonia boliviana, porta da San Javier a Trinidad, quando un albero caduto
per via delle fiamme ci bloccò il cammino. Scendemmo
dalla macchina per ammirare il terribile paesaggio che
ci circondava. L’intera foresta intorno a noi era ormai
bruciata, il suolo coperto da uno strato di cenere che
raggiungeva i quaranta centimetri, alcune fiamme continuavano a spuntare dai tronchi anneriti. Annusai l’aria e
percepii una fragranza inconfondibile. Il legno di Bursera graveolens è utilizzato come incenso naturale e rilascia
nell’atmosfera un caratteristico aroma. L’albero non era
riconoscibile in mezzo a quel disastro, ma il profumo di
palo santo accompagnava gli ultimi respiri della foresta,
come un requiem che la natura stava dedicando a se
stessa.
Questo è l’elemento più misterioso ed equivoco dell’intera ricerca. Non vi sono testi che documentano la presenza di Bursera graveolens nell’area beniana della Bolivia.
Eppure, oltre al sottoscritto, altri diciotto membri della
spedizione erano presenti e testimoniano di aver sentito
il caratteristico profumo d’incenso di palo santo. Iniziai
a fare alcune domande per verificare la presenza dell’albero. All’epoca non conoscevo la grande varietà di alberi chiamati palo santo, dunque utilizzai questo nome
credendo fosse identificativo della sola Bursera graveolens;
questo fu il momento in cui si compì l’equivoco. Nel
Beni è conosciuto un solo albero chiamato palo santo,
ma non si tratta della Bursera Graveolens. L’albero che ri-
Enrico Dal Pozzo
sponde al nome di palo santo, è invece la Triplaris americana, comunemente chiamata anche palo diablo.
Quando intervistai gli abitanti di Nueva Israel, un piccolo villaggio nei pressi di Casarabe, questi m’indicarono
con sicurezza un alto albero popolato da formiche velenose. Convinto di aver trovato l’albero d’incenso che
stavo cercando, presi alcuni campioni di legno, raccolsi
diverse informazioni e solo più tardi mi accorsi di aver
mancato il mio obiettivo. L’equivoco fu svelato solo una
volta ritornato in Italia, quando consultai “Plantas utiles
en bosques y pampas chiquitanas” (Birk 1995), dove il palo
santo è classificato scientificamente secondo nomenclatura binomiale come Triplaris americana, un albero della
famiglia delle Polygonaceae. Il palo santo che stavo cercando, la Bursera graveolens, appartiene invece alla famiglia delle Burseraceae. È chiaro che si tratta di due piante
differenti, non imparentate tra loro.
Questo aneddoto mostra quanto possa essere facile
confondere piante differenti accomunate dallo stesso
appellativo. Palo santo è un nome popolare che identifica piante che spesso non hanno caratteristiche in
comune. Per essere più precisi ogni pianta, oltre alla nomenclatura ufficiale, possiede almeno un paio di nomi
dialettali o popolari: in nessun caso palo santo è il nome
esclusivo di una particolare pianta.
Prenderò come esempio, al fine di mostrare le grandi
differenze esistenti tra le piante chiamate palo santo,
un’analisi delle principali caratteristiche della Triplaris
americana e della Bursera graveolens. Oltre alle difformità, è
interessante notare come i due alberi siano accumunati
dal possedere varie proprietà medicinali; proprio questa
caratteristica potrebbe essere ciò che unisce le piante
denominate palo santo: il loro elevato potere curativo.
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Es este el Palo Santo?
Enrico Dal Pozzo
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Bursera Graveolens
Nome scientifico: Bursera graveolens
Nomenclatura: Triana & Planch. 1872
Regno: Plantae
Divisione: Magnoliophyta
Classe: Magnoliopsida
Ordine: Sapindales
Famiglia: Burseraceae
Genere: Bursera
Nomi comuni: Palo santo, palo dulce, palito sacro, incienso
natural.
Bursera graveolens è un albero comunemente utilizzato da
migliaia di anni dalle comunità originarie dell’America
latina, ma la sua storia “moderna” inizia solo nel 2000,
grazie al lavoro della fondazione “Deltatau”, guidata
da Dante Bolcato, studioso e artigiano del palo santo.
Le informazioni riportate in questa sezione si fondano su uno studio bibliografico, ma si avvalgono anche
del contributo dello stesso Dante Bolcato, intervistato
dall’autore nel Dicembre 2011.
Diffusione e habitat: L’albero cresce in un particolare
ecosistema, il bosco secco. Si trova in America del Sud,
nell’ampia regione del Gran Chaco, sulle coste dell’Ecuador e del Perù e nelle isole Galapagos (per questo motivo è una specie protetta); in Centro America cresce in
Messico, Guatemala, Honduras e Nicaragua.
Descrizione: La Bursera graveolens è un albero della famiglia delle Bursareacee, la stessa famiglia del franchincenso e
della mirra. Albero caducifoglio, rimane spoglio nel mese
di agosto. Il tronco dell’albero adulto misura mediamente
6 metri, ma può raggiungere i 10 metri di altezza, il diamentro medio è di 60 centimetri. La corteccia è liscia, color grigio cinereo a volte tendente al marrone, la superficie è lenticelare. Le foglie, composte, sono imparipennate
alternate, si concentrano verso la fine dei rami e possono
presentare 3 o 4 coppie più una foglia isolata, fino ad un
totale di 9. I fiori si concentrano alla fine dei rami: piccoli, ermafroditi, color verde chiaro. Il frutto ha la forma
di un’oliva, è lungo circa un centimetro, il colore va dal
verde al rossiccio; è molto apprezzato come nutrimento
dalla fauna dell’ecosistema. Il seme, prima di germogliare, viene digerito dalla flora locale. La fioritura è variabile,
a seconda della zona geografica, dei fattori ambientali e
climatici. Indicativamente la fioritura più forte avviene tra
maggio e giugno, i frutti compaiono tra giugno e luglio e,
durante questo periodo, è stata rilevata la presenza di api
che si nutrono del nettare dei fiori.
Uso: È possibile distinguere un uso tradizionale ed un
uso contemporaneo del palo santo Bursera graveolens,
uno ha origini millenarie, l’altro inizia nel 2000, anno
in cui Dante Bolcato estrasse per la prima volta l’olio
essenziale dal legno dell’albero.
Bursera graveolens: albero tipico
dei boschi secchi dell’America
latina.
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Es este el Palo Santo?
Uso tradizionale: le prime notizie scritte sul palo santo
Bursera graveolens si trovano nei registri del re di Spagna, in una relazione su Puerto Viejo ed il suo distretto,
datata 1605.
Palo Santo...
Il palo santo è così chiamato per
i rimedi alle infermità che da esso
si ricavano. Da esso si ottiene una
resina che fa le veci e dà i benefici
della trementina; cura infermità e
dolori causati dal freddo; la stessa
e l’acqua in cui si cuoce la radice
sanano i catarri; la resina serve
anche come incenso profumato.
Infermità e suoi rimedi: le
infermità volgari della terra sono
herpes estesi e dolori in tutto
il corpo, che generalmente sono
dovuti a bubas (it. framboesia).
Queste si curano con rovo comune
e palo santo; gli herpes con salassi
e purghe di mechoacan (una specie
di Gialappa) e cañifístola.
Palo Santo: al palo santo llaman así por los remedios que de
él se toman para las enfermedades. Sácase de el una resina que
hace las veces y provechos de la trementina; cura enfermedades y
dolores que proceden de frío, ella y el agua en que se cuece la raíz
y el palo sana los catarros; también sirve la resina por incienso
para perfumes.
Enfermedades y sus remedios : las enfermedades vulgares en la
tierra son calenturas prolijas recias y dolores en todo el cuerpo
que ordinariamente son de bubas. Estas curan con zarza y
palo santo; las calenturas con sangrías y purgas de mechoacan y
cañifístola.
(Segunda parte de la descripcion de Guayaquil en que
se trata de la ciudad de Puerto Viejo y su distrito, 1605
Biblioteca Nacional de Madrid, signatura 3064:56, trascrizione a cura di Dante Bolcato).
Già dai tempi del colonialismo, l’albero Bursera graveolens
era chiamato palo santo ed era considerato una pianta
capace di curare varie infermità. In questo antico documento la resina viene accomunata alla trementina per
le sue proprietà antisettiche, espettoranti, balsamiche e
antireumatiche; la resina è tuttora utilizzata in alcune
comunità indigene. Circa dieci giorni prima di un parto
la famiglia incide la corteccia del palo santo, seguendo
un rituale in cui viene chiesto il permesso di ferire la
pianta, al fine di ottenere il prezioso liquido. La resina,
dalle proprietà antisettiche e cicatrizzanti, viene poi raccolta ed applicata al neonato sul moncone residuo del
cordone ombelicale.
La resina è usata anche per curare le micosi della pelle
ma, a questo scopo, Dante Bolcato riferisce di un altro
possibile processo terapeutico. Nel Manabì cresce un
albero, la Ceiba pentadra, la quale produce una fibra lanosa che può essere utilizzata come spugna; dopo aver
fatto un buco nel tronco del palo santo, s’inserisce in
esso la lana di Ceiba e si richiude il buco; il giorno se-
Enrico Dal Pozzo
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guente, dalla spremitura della lana si ottiene un liquido
oleoso molto profumato che può essere applicato sulla
pelle. L’olio e la resina sono rimedi efficaci nella cura di
funghi, eczemi e dermatiti, ma sono anche in grado di
alleviare dolori articolari e ossei.
Il documento indirizzato al re di Spagna riferisce che il
palo santo Bursera graveolens era utilizzato nella cura delle
malattie da raffreddamento. Ancora oggi le popolazioni
locali fanno bollire in acqua il legno di palo santo, respirando i vapori balsamici esalati e bevendo l’aguita ricavata dall’infusione; due rimedi efficaci contro le malattie
delle vie respiratorie, l’influenza e i dolori osteoarticolari a essa legati. Il the è utile anche per calmare i dolori di
stomaco, delle vie orinarie e del corpo in generale.
Il cronista del documento non ha considerato che, nella
cosmovisione quechua, fredde sono non solo le malattie
da raffreddamento, ma anche le infermità delle ossa e
tutti i dolori che non si vedono, compreso l’umore depresso. Il palo santo Bursera graveolens è infatti utilizzato
Bursera graveolens, foglie e frutti
(disegno di Antonio Paolillo).
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Frammento di tronco di Bursera
graveolens (foto di Antonio
Paolillo).
Es este el Palo Santo?
anche per migliorare lo stato d’animo “freddo”, a questo scopo può essere masticato o bevuto in tisana.
Il legno di palo santo bruciato è utilizzato da millenni
come incenso; rilascia un aroma caratteristico, dai toni
freschi e agrumati, ed è considerato capace di allontanare le energie negative. L’incenso di Bursera graveolens è
capace di allontanare molte specie d’insetti, i quali sono
considerati una tangibile energia negativa. Il suo uso
come incenso non si limita però all’essere un ottimo
insettifugo. Il fumo prodotto dalla combustione è utilizzato nella regione andina in molte cerimonie e pratiche di limpiadura, le quali consistono in una pulizia tanto
dell’aria quanto dello spirito. L’incenso di Bursera graveolens è utilizzato per fumigare vari ambienti, come case o
luoghi di allevamento di animali, vestiti, in particolare la
biancheria intima; anche gli esseri umani possono trarre
beneficio dal fumo di palo santo. La cosmovisione andina insegna che vi sono livelli dell’essere che esistono anche se non possono essere toccati con mano; potremmo
definirlo, per comodità, il mondo delle divinità, degli
spiriti o delle energie invisibili. Il palo santo è considerato una via di accesso a queste dimensioni, in particolare
è utilizzato al fine di pulire, limpiar, l’energia di un uomo
o di un luogo. Pulire significa allontanare le energie negative, le quali possono essere considerate come cause o
riflesso di mali psicologici come depressione, tristezza,
debolezza e altri stati che impediscono una buona relazione con il mondo. L’incenso, puro legno o mischiato
in un sahumerio, è anche un elemento fondamentale nelle
cerimonie per la Pachamama, dove è offerto come dono
in reciprocità ai frutti ricevuti dalla terra.
Uso moderno: l’uso del legno di Bursera graveolens continua da tempi immemori, ma un nuovo prodotto ha
attirato l’attenzione sull’albero, si tratta dell’olio essenziale.
La storia contemporanea del palo santo Bursera graveolens inizia nel 2000, anno in cui Dante Bolcato giunge in Ecuador e si dedica, insieme a Claudio Passerini,
allo studio della pianta; i due inaugurano un metodo
di estrazione dell’olio essenziale a corrente di vapo-
Enrico Dal Pozzo
re. A Puerto Lopez, nel Manabí, Bolcato inaugura la
“Fundacion Deltatau Palosanto”, con la quale raccoglie
ed estrae dalla legna un olio dalle proprietà curative.
La fondazione ha lavorato per anni nella formazione
di personale proveniente da gruppi sociali disagiati,
ha ideato un metodo per far germogliare il seme e ha
piantato più di trentamila alberi, contribuendo a salvare la Bursera graveolens dal pericolo di estinzione; ha
inoltre dimostrato la sostenibilità ambientale intrinseca
al metodo di produzione dell’olio, stipulando accordi
con il governo ecuadoriano per la sua lavorazione ed
esportazione, prima proibita poiché la Bursera graveolens
è una specie protetta. Attualmente Dante Bolcato è “El
artesan” del palo santo, una piccola impresa che produce
e commercia olio, garantendo condizioni di sostenibilità ambientale e tutelando la sopravvivenza della pianta
grazie ad un vivaio in continua espansione. Dante Bolcato estrae l’olio essenziale mediante corrente di vapore,
senza l’uso di solventi chimici, in modo da ottenere un
olio puro al 100%. L’olio ottenuto, dal colore dorato e
dall’aroma citrico, è utile per curare differenti infermità
e per migliorare lo stato d’animo. Ecco i consigli che lo
studioso condivide sul proprio sito internet.
Gripe-Alergias-Asma-Jaqueca-Estrés-Mal Humor: poner algunas gotas de “Palosanto Oil” en el pecho a nivel del corazón, en
la nariz y en la cervical.
Induce a la meditación y al relajamiento psicofísico: diluir algunas
gotas en agua y disolver los vapores al ambiente con un difusor
por esencia a vela.
Situaciones de mareo de mar como de aire: poner algunas gotas en
el pecho a nivel del corazón.
Situaciones de pánico, estrés y ansiedad laboral: poner algunas
gotas de “Palosanto Oil” en el pecho a niel del corazón, en la
nariz y en la cervical.
Masajes: reactiva la circulación sanguínea y recarga el nivel energético
Artritis y Artrosis y dolores musculares: solo cuando hay dolor,
poner 3 veces al día algunas gotas directamente en el punto del
dolor sobando la parte hasta que el aceite este absorbido. Proteger
la parte con una sabana de color rojo.
Dolor de cervical: solo cuando necesita, poner algunas gotas en
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Gripe-Alergias ....
Influenza-Allergia-Asma-Emicrania-Stress-Malumore: porre
alcune goccie di olio di Palosanto
sul petto a livello del cuore.
Induce la meditazione e il
rilassamento psicofisico: diluire
alcune gocce con acqua e liberare
nell’ambiente con un diffusore a
candela.
Mal di mare e mal d’aria: mettere alcune gocce sul petto a livello
del cuore.
Situazioni di panico, stress e
ansia lavorativa: mettere alcune
gocce sul petto a livello del cuore,
sulle narici e sulle cervicali.
Massaggi: riattiva la circolazione
e ricarica a livello energetico.
Artriti, artrosi e dolori muscolari:
solo quando c’è dolore, mettere 3
gocce al giorno sul punto dolente,
massaggiando fino ad assorbimento. Proteggere con una benda di
colore rosso.
Dolori cervicali: solo quando
necessario, porre alcune gocce sulla
parte dolente, fino ad assorbimento.
Prevenzione contro i tumori dello
stomaco, fegato, polmoni e pelle:
porre 3 gocce sotto la lingua 3
volte al giorno per 6 giorni a
settimana.
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Es este el Palo Santo?
la parte que duele sobando la parte hasta que el producto este
absorbido.
Prevención contra los tumores de estomago, hígado, pulmones, mamas y piel: poner 3 gotas debajo de la lengua 3 veces al día por 6
días a la semana.
Sezioni di Bursera graveolens,
il frammento in alto presenta
venature a forma di rosa, tipiche
delle piante di sesso femminile;
il frammento in basso, privo di
venature, proviene da un albero di
sesso maschile.
L’olio essenziale di Bursera graveolens è divenuto oggetto
di ricerca di diverse università, alcuni studi sui principi
attivi sono stati pubblicati in Giappone e a Cuba (Yukawa C. 2004, 2005, 2006; Manzano 2009). Le recenti ricerche sull’olio essenziale hanno evidenziato la presenza di principi attivi contenuti nella Bursera graveolens e
possono far luce sull’efficacia della pianta in relazione
alla cura di varie infermità.
L’elemento maggiormente presente è il limonene, con
percentuali che variano tra il 60% e il 68% per quanto
riguarda la Bursera graveolens del Manabì. A seconda della
regione di provenienza, l’albero presenta una composizione chimica differente, per esempio in altre regioni
dell’Ecuador ed in Perù il palo santo presenta, generalmente, percentuali di limonene più basse, tra il 40% e
il 50%. Il limonene ha proprietà antisettiche, sgrassanti,
insettifughe, ma le più recenti ricerche si stanno concentrando sui suoi effetti chemiopreventivi e chemioterapeutici. Il limonene aiuta lo sviluppo di enzimi epatici
coinvolti nella neutralizzazione dei carcinogeni, e promuove il sistema antiossidante GSH (Glutatione) di fegato ed intestino, implicato nell’eliminazione dei carcinogeni. L’olio essenziale di Bursera graveolens contiene
inoltre buone percentuali di mentofurano (fino al 10%,
effetto analgesico, decongestionante, balsamico) e pulegone (fino all’1%), alfa-terpineolo (fino all’8%, azione disinfettante, antimicrobica, antifunginea ad ampio
spettro d’azione), germacrene-D (antimicrobico, feromone), carvone (sedativo e insetticida). In totale l’olio
essenziale contiene circa cento elementi, tra cui tracce
di acido guayaretico, un anestetico presente anche in altri alberi chiamati palo santo. La scienziata e ricercatrice ecuadoriana Patricia Manzano (2007) pone l’accento
sul potenziale fitofarmaceutico della Bursera graveolens.
Afferma che sono stati isolati dall’olio essenziale due
Enrico Dal Pozzo
importanti triterpeni: il lupeolo e l’epi-lupeolo, i quali
hanno effetto antinfiammatorio, antireumatico, antibatterico. La comunità scientifica ritiene che il lupeolo
abbia inoltre effetti chemiopreventivi, in particolare per
quanto riguarda i tumori della pelle e della prostata.
Sostenibilità
La Bursera graveolens è un albero che presenta caratteristiche uniche in natura, infatti, l’olio essenziale non può
essere ottenuto da piante tagliate dall’uomo o da piante
ancora vive. Perché si generi l’olio, occorre che la pianta
muoia per sradicamento e venga lasciata maturare dai
quattro ai dieci anni a contatto con il proprio habitat.
L’albero vivo presenta una sostanza maleodorante e
non può essere utilizzato né come incenso, né per la
produzione di olio. L’unica parte utilizzabile in vita è la
resina che cicatrizza le incisioni e le ferite dell’albero, ed
è dunque di difficile ottenimento.
Dante Bolcato ha seguito le indicazioni dei nativi, i quali
affermano che dall’albero tagliato non è possibile ottenere l’incenso profumato. Per un anno ha tagliato quattro alberi al mese, seguendo le fasi lunari, fino ad un
totale di quarantotto alberi. Nel giro di uno o due anni
gli alberi tagliati si sono degradati e sono diventati nutrimento per la terra, grazie anche al contributo di insetti
ed animali. Allo stesso modo si degradano e decompongono gli alberi morti per malattia, circa il 3-4% della
popolazione vivente. Solo il 3-4% degli alberi muore
per sradicamento, processo facilitato dal fatto che la
Bursera graveolens ha radici molto superficiali. A volte è
sufficiente un temporale o un forte vento per causare
la morte dell’albero, il quale mantiene però le radici e
il tronco sano, non attaccato da malattie. Alcuni alberi
cadono per terra e vengono ricoperti dalla vegetazione,
altri muoiono in piedi, andando incontro a differenti
processi.
Gli alberi che muoiono in piedi iniziano a seccarsi, perdono la corteccia durante il primo anno, la quale si stacca nettamente, lasciando il tronco nudo. In seguito in-
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Es este el Palo Santo?
setti e altri animali attaccano la polpa esterna dell’albero,
fino a lasciare intatto il solo cuore interno, che è la parte
in cui si concentra l’olio. Nel secondo e terzo anno dalla morte iniziano a staccarsi i rami più sottili, dopo tre
o quattro anni cade anche il tronco. Se l’albero muore
cadendo, viene presto avvolto e protetto dalla vegetazione, il processo di trasformazione è differente e già
dal secondo anno dalla morte è in grado di dare un litro
d’olio. Nelle sue ricerche Dante Bolcato ha verificato
che la quantità di olio estraibile da un albero che rimane
a contatto con la terra sulla quale è morto, aumenta con
il passare degli anni: dopo sei anni di riposo è possibile
ottenere fino a due litri di olio con un solo albero. Un
altro fattore importante è la tempistica dell’estrazione:
una volta raccolto e separato dal luogo della morte, si
hanno circa trenta giorni per estrarre l’olio, passati i
quali il legno inizia a seccare e l’olio a diminuire, fino
all’inutilizzabilità.
Il palo santo Bursera graveolens non può essere prodotto
industrialmente, giacché l’uomo non può forzare i processi naturali intrinseci della pianta. L’albero non può
essere tagliato, non può essere accumulato al di fuori
del suo habitat e deve essere lasciato a riposo per un
periodo che varia tra i quattro e i dieci anni. Mentre
è vivo l’albero emana un odore sgradevole, il legno è
molto pesante e di difficile trasporto, per questi motivi
non conviene raccoglierlo mentre è in vita.
Queste caratteristiche garantiscono una sorta di sostenibilità ambientale intrinseca alla pianta, per questo
motivo il palo santo Bursera graveolens potrebbe essere
considerato un simbolo di collaborazione armoniosa
tra uomo e natura.
Cosmovisione andina e palo santo
La cosmovisione andina è una visione del mondo in cui
l’uomo non è il centro dell’universo, ma si riconosce
come parte della natura e del cosmo. L’essere umano,
lungi dall’essere padrone della natura, ne è guardiano
e conservatore. Egli non produce, la vera produttrice
Enrico Dal Pozzo
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è la Pachamama, la forza cosmica femminile, o madre
terra, l’essere umano è colui se ne prende cura coltivandola e aiutando la sua rigenerazione. Lo stesso lavoro
agricolo del campesino diviene una forma di culto, una
presentazione simbolica dell’ordine cosmico “Pacha”, in
cui la vita si ricrea continuamente. Per questo motivo il
lavoro del campesino non è un mero atto produttivo, ma
un dialogo intimo e intenso con le forze della vita, è una
preghiera alla Pachamama, un atto simbolico dal carattere
rituale. In questa pratica emerge come l’uomo andino
debba ‘ascoltare’ l’ordine della natura-Pacha: da un lato
per poterla conoscere, dall’altro per rispettarne le leggi
e collaborare così alla rigenerazione del cosmo.
Nella cultura andina tutta la natura è un organismo vivo,
al contrario che in occidente, dove prevale una concezione meccanicista e causalista intorno ad essa. L’essere
umano andino osserva gli elementi della natura nascere,
crescere e morire secondo un ordine organico soggia-
Un monolito in cui è rappresentata la cosmovisione andina: i tre
strati del cosmo, hanak pacha,
kay pacha e manqha pacha,
non sono realmente separati tra
loro, l’insieme forma un unico
organismo, Pacha, che vive delle
sue infinite interrelazioni.
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Dibujo cosmologico de Pachacuti Yamqui, in Yamqui P.,
Relacion de antiguedaded desde
Reyno del Piru, manoscritto
originale N°3169 della biblioteca
nazionale di Madrid, 1613.
Indicazioni tradotte in spagnolo.
Si tratta di una rappresentazione
del cosmo Pacha come casa organicamente ordinata: ogni essere
occupa un luogo che gli è proprio,
vivendo senza violare l’equilibrio
della natura e dell’universo.
Es este el Palo Santo?
cente. Il suo agire etico, economico e sociale si accorda
a una visione della natura come essere vivente donatrice
di vita, la quale però non può solo dare, ha anche bisogno di cure da parte dei propri figli. Nella cosmovisione
andina l’uomo gode dei benefici offerti dalla natura, ma
deve prendersene anche cura, rispettando un ordine di
reciprocità che garantisce la vita ad entrambi. Secondo
la cosmovisione andina il palo santo, così come molti
altri elementi della natura, è una pianta sacra poiché dà
vita; ma i suoi doni non sono gratuiti. L’uomo, infatti,
per poter ottenere dei benefici, deve coltivare l’albero
in maniera rispettosa, proteggendo il suo ciclo naturale
e attendendo che questo si compia. Il palo santo è un
albero ricco di elementi positivi ed utili all’uomo, ma
richiede anche un ‘ascolto’ minuzioso. La produzione
Enrico Dal Pozzo
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industriale non è applicabile a questa particolare pianta:
è la natura stessa a dettare le regole. Il palo santo Bursera
graveolens deve seguire il suo ciclo vitale, morire di morte
naturale, rimanere a contatto con la sua terra per diversi
anni.
Il palo santo potrebbe essere considerato un simbolo di
collaborazione armoniosa tra l’uomo e la natura. Tale
simbiosi, che in ecologia è chiamata sostenibilità, è una
relazione in cui entrambi i soggetti beneficiano l’uno
dell’altro, garantendo la reciprocità nella cura: la natura
offre molto, in cambio l’uomo la coltiva, la protegge e
la omaggia.
Triplaris Americana
Nome scientifico: Triplaris americana
Nomenclatura: (L.) Pav. Ex Meisn 1856
Regno: Plantae
Divisione: Magnoliophyta
Classe: Magnoliopsida
Ordine: Caryophyllales
Famiglia: Polygonaceae
Genere: Triplaris
Specie: Triplaris americana
Nomi comuni: Palo santo, palo diablo, palo de santa maria,
varasanta, guacamayo.
Diffusione e habitat: La Triplaris americana è un albero
nativo dei boschi settentrionali dell’America meridionale, dell’America centrale e delle Antille.
Descrizione: Il tronco può misurare fino a 25 metri
di altezza e 40 centimetri di diametro. Le foglie sono
semplici, dalla forma ellittica e le nervature parallelinervie, misurano fino a 30-35 cm di lunghezza. I fiori
sono dioici, quelli delle piante femmine hanno colori
che vanno dal rosa, al fucsia, all’arancione; quelli delle
piante maschio dal giallino, al bianco, al grigio. L’albero
vive in simbiosi con varie specie di formiche del genere
Pseudomyrmex o Myrmica triplarina, le quali sono animali
mutualisti. Probabilmente il nome palo diablo deriva dalla
Albero di Triplaris americana.
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Sopra: un abitante del villaggio
di Nueva Israel indica un giovane
esemplare di Triplaris americana
(Foto di Enrico Dal Pozzo).
Sotto: sezione di Triplaris americana, il tronco cavo è ambitato
da formiche, Myrmica triplarina
(Foto di Enrico Dal Pozzo).
Es este el Palo Santo?
presenza di queste formiche, usate nel passato come tortura e punizione, e capaci di uccidere un uomo.
Proprietà e uso:
Disturbi intestinali: i germogli più giovani, facilmente
reperibili nelle piante che ancora non hanno raggiunto
un’altezza elevata, sono utili per curare la diarrea. Non
sono conservati, ma ricercati e tagliati freschi. Una volta
raccolti si fanno bollire in acqua uno o più germogli e
si beve l’infuso.
Reumatismi e artriti: i morsi delle formiche che vivono
nel Triplaris sono utilizzati nel trattamento di reumatismi ed artriti. In un’intervista condotta nell’ottobre 2010
nel villaggio di Nueva Israel, Beni, Bolivia, i locali affermano che il morso crea dolore in principio, in seguito
la sensibilità diminuisce e la parte del corpo interessata
rimane anestetizzata per alcuni minuti. È possibile che
una quantità elevata di morsi causi svenimento. Una volta ripresa sensibilità, il dolore sarà scomparso. Il procedimento per farsi mordere segue alcune fasi. Inizialmente
è necessario muovere o dare dei colpi all’albero, in modo
tale da provocare la fuoriuscita e l’allerta delle formiche.
Dopo aver individuato le zone del corpo che si vuole
trattare, le si avvicina all’albero in modo che le formiche
salgano sulla parte interessata ed inizino immediatamente a mordere. Il processo è molto doloroso, nel momento in cui il male si fa insopportabile, è necessario allontanarsi dall’albero e scacciare le formiche. È probabile che
il veleno delle formiche abbia funzione anestetica, servono analisi chimiche per approfondire la natura di questo elemento. I morsi delle formiche erano usati anche
come forma di tortura, un numero elevato di mordeduras
possono portare alla morte. I giornali locali riportano
incidenti occasionali, uno dei più recenti il decesso di un
uomo che, ubriaco, si è addormentato sotto un albero di
Triplaris americana, per poi non risvegliarsi più.
Emorragie: in caso di emorragia dovuta all’estrazione di
un dente, si può fare un infuso con la corteccia dell’albero o con i germogli più giovani. Si assume bevendone
un po’, in seguito occorre fare un gargarismo, poi se
ne beve un altro po’ e si fa un altro gargarismo. Queste
informazioni andranno verificate meglio, ma hanno un
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riscontro nel lavoro di Gudrun Birk “Plantas utiles en
bosques y pampas chiquitanas” (Birk 1995). Sono sei gli
usi medicinali del palo diablo elencati nel testo originale:
- Mal di pancia: macinare la corteccia e bollirla in un bicchiere d’acqua, berne un sorso tre volte al giorno.
- Mal di pancia, diarrea: bollire la corteccia finchè l’acqua
non diventa nera. Lasciar raffreddare e bere un sorso al
giorno, i bambini un cucchiaino tre volte al giorno.
- Diarrea: Tagliare la corteccia dal lato esposto al sole,
bollire in acqua insieme alla corteccia di Tarumà e di
Sahuinto, anch’esse tagliate dal lato del sole. Per gli adulti
mezzo bicchiere, per i bambini a cucchiaini.
- Mal di denti: bollire la corteccia in acqua, sciacquarsi la
bocca. È anche possibile tritare le formiche e metterle
sopra il dente.
- Pasmo de sereno: bollire la foglia in acqua, bere.
- Reumatismo: appoggiarsi all’albero, lasciarsi pungere
dalle formiche.
- Tosse: bollire il fiore in acqua. Bere a sorsi.
I principali alberi chiamati “palo santo”
Il nome palo santo è diffuso in tutta l’America centrale
e America del sud, ma in ogni paese il nome richiamerà
l’attenzione degli abitanti verso piante molto diverse tra
loro. Nella Bolivia orientale palo santo si riferisce alla
Triplaris americana, o al guayacan, mentre nella zona altiplanica il palo santo è considerato nome proprio della
Bursera graveolens, così come in Perù e in Ecuador. In Paraguay il palo santo è la Bulnesia sarmentoi, in Chile palo
santo è il nome di più di cinque diverse specie arboree,
tra le quali la Porliera chilensis, Dasyphyllum diacanthoides e
la Weinmannia trichosperma. Il Guaiacum officinale è forse
l’albero che porta il nome di palo santo più diffuso e
utilizzato al mondo, anche industrialmente.
Anche in Europa ci sono alberi conosciuti, in alcune
denominazioni popolari, con il nome di palo santo, tra
i quali vi è anche il Diospiro kaki, l’albero dei cachi. A
seguire viene riportata una descrizione di un palo santo
“europeo”, saranno poi classificati i principali alberi di
palo santo diffusi nell’America centro meridionale.
Albero di Triplaris americana.
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Amelanchier ovalis
Bulnesia sarmientoi
Nome scientifico: Amelanchier ovalis
Nomenclatura: Medik., Gesch. Bot. 1793.
Regno: Plantae
Divisione: Magnoliophyta
Classe: Magnoliopsida
Ordine: Rosales
Famiglia: Rosaceae
Genere: Amelanchier
Nomi comuni: È una pianta dotata di molti nomi popolari in differenti lingue. In castigliano: palo santo, ma anche
amelanchero, amelanchiero, bellomera, bullomera, carrasquilla,
carroné, cormiera, cornera, cornijillo, cornijuelo, cornillo, cornés,
corruñé criñolera, criñonera, curña, curñera, curnia, curniera, curroné, curruñé, curruné, durillo, durillo agrio, durillo blanco, escallonera, escobizos, espino-majuelo de fruto negro, gayubilla, gayumilla,
griñales, grijolera, grillonera, griñolé, griñolera, griñuelo, guilloma,
guillomera, guillomero, guillomo, guiñolera, gullomo, hierba del
riñón, malanguera, mellema, mellomino, mellomo, melones, palo
duro, peroníspero silvestre de los Pirineos, árbol de las gayubas,
sena, senera, serniera, villomo, zurillo.
Nome scientifico: Bulnesia sarmientoi
Nomenclat]ura: Lorentz ex Griseb.
Regno: Plantae
Divisione: Fanerogama Magnoliophyta
Classe: Dicotiledonea Magnoliopsida
Ordine: Zygophyllales
Famiglia: Zygophyllaceae
Genere: Bulnesia
Nomi comuni: Palo santo, ibiocaí, vera. A volte è chiamato
Paraguay lignum vitae, poiché le sue proprietà e il suo uso
sono simili a quelle del guayacan, un albero del genere
Guaiacum.
Diffusione e habitat: Cresce nelle aree boschive e rocciose del bacino occidentale del Mediterraneo e sulle
Alpi, fino a 2100 metri di altitudine.
Descrizione: Arbusto caducifoglio che raggiunge un’altezza compresa tra l’uno e i quattro metri. I rami sono
flessibili e resistenti, le foglie ovali. I fiori sono bianchi e
compaiono tra aprile e maggio, i frutti sono drupe commestibili, dal colore blu scuro, tendente al nero.
Proprietà e uso: Tradizionalmente è utilizzata la
corteccia infusa, circa 35 grammi, cui è possibile aggiungere un grammo di bicarbonato di sodio per aumentare l’effetto. L’infuso ha proprietà ipotensive,
probabilmente dovute a qualche flavonoide. La corteccia contiene anche tannini tra il 10% e il 20%, la
cui azione astringente e coleretica è utile per curare
patologie epatiche. Le foglie contengono betulino e
sono conosciute per le proprietà antipiretiche; la linfa
è usata come diuretico e antireumatico.
Diffusione e habitat: Cresce nei boschi del Gran Chaco, soprattutto nelle zone asciutte e calde. È diffuso soprattutto in Argentina, Brasile, Paraguay.
Descrizione: L’albero ha un’altezza che varia tra i 6 e
i 15 metri di altezza, il tronco ha un diametro che varia
tra i 20 e i 40 centimetri. La corteccia è rugosa, il legno
molto duro e profumato, il colore può variare dal marrone scuro fino al verde oliva.
Proprietà e uso: Il legno di palo santo Bulnesia sarmientoi è diffuso nel mercato internazionale ed è particolarmente apprezzato per le pregiate venature, la levigatezza, la lucentezza, la consistenza molto resistente e per il
piacevole profumo. Dal legno si estrae l’olio essenziale
di guaiac, lo stesso che si estrae dagli alberi di Guaiacum.
L’olio di guaiac è diffuso nell’industria della cosmesi, in
particolare è utilizzato nella realizzazione di profumi e
saponi. La “Dogfish Head Brewery” ha creato una particolare birra scura utilizzando questa pianta, la “Palo
Santo Marron”.
L’uso tradizionale prevede l’infusione della corteccia
per ottenere una bevanda utile a trattare problemi di
stomaco. Il legno produce un aroma gradevole quando
bruciato, per questo è utilizzato anche come incenso
naturale, specie in momenti rituali. In alcuni villaggi
le coppie che si sposano piantano un seme di Bulnesia
come simbolo della loro unione.
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Dasyphyllum Diacanthoides
Erythrina Costaricensis
Nome scientifico: Dasyphyllum diacanthoides
Nomenclatura: (Less.) Cabrera
Regno: Plantae
Divisione: Tracheophyta
Classe: Magnoliopsida
Ordine: Asterales
Famiglia: Asteraceae
Genere: Dasyphyllum
Nomi comuni: Trevo, tagu, tayú, palo santo, palo blanco.
Nome scientifico: Erythrina costaricensis
Nomenclatura: Krukoff (1939)
Regno: Plantae
Divisione: Magnoliphyta
Classe: Magnoliopsida
Ordine: Fabales
Famiglia: Fabaceae
Genere: Erythrina
Nomi comuni: Gallito, pito, machetito, palo santo.
Diffusione e habitat: Diffuso in luoghi umidi e ombrosi o in terreni aridi, tra i 200 e i 1000 metri di altitudine. Si trova in Chile e in Argentina.
Descrizione: sempreverde, può raggiungere i 20 metri
di altezza e i 2 di diametro. La corteccia è morbida e sottile, segnata da profondi tagli longitudinali. Fiorisce una
volta all’anno, tra gennaio e febbraio, i suoi fiori sono
bianchi e aromatici. Produce un piccolo frutto dalla forma cilindrica, lungo 3-4 millimetri e largo uno.
Proprietà e uso: Con i fiori si produce un miele di ottima qualità. Le foglie possono essere applicate nella
cura di piaghe e ferite, ha inoltre proprietà espettoranti
e calma la tosse.
Diffusione e habitat: Si sviluppa nell’area centrale
della Costa Rica, dove spesso cresce adiacente a piccoli
ruscelli, nella foresta. Cresce anche a Panama e in Colombia.
Descrizione: Piccolo albero di foresta, con fiori rossi e
brillanti. Il tronco è corto, solitamente inclinato o ricurvo, ha spine affilate. Le foglie hanno tripartizioni a forma di cuore, le estremità sono larghe, la parte inferiore
è verde chiaro o bluette. I fiori sono allungati, la forma è
tubolare e stretta, con una piccola apertura; compaiono
quando l’albero è senza foglie.
Proprietà e uso: La corteccia è usata come astringente
nei bagni terapeutici e contro i dolori reumatici nelle
saune. Circa un terzo degli alberi della famiglia Erythrina contengono un alcaloide, l’eritrina, che possiede proprietà narcotiche e sedative.
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Rami di Fouquieria formosa con
gemme e fiori.
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Fouquieria Formosa
Guaiacum Officinale
Nome scientifico: Fouquieria formosa
Nomenclatura: Kunth
Regno: Plantae
Divisione: Magnoliophyta
Classe: Mangoliopsida
Ordine: Ericales
Famiglia: Fouquieriaceae
Genere: Fouquieria
Nomi comuni: Tlapacon, palo santo, rabo de iguana, rosadillo,
rosalillo.
Nome scientifico: Guaiacum officinale
Nomenclatura: Linneo 1753
Regno: Plantae
Divisione: Magnoliophyta
Classe: Magnoliopsida
Ordine: Zygophyllales
Famiglia: Zygophyllaceae
Genere: Guaiacum
Nomi comuni: Palo santo, lignum vitae, guayacan, guayacum.
Diffusione e habitat: Questa specie è ampiamente diffusa nelle foreste tropicali secche dalla depressione di
Bolson in Messico, fino all’istmo di Tehuantepec, oltre
che in Guatemala.
Descrizione: Le Fouquieria hanno l’aspetto di piante da
deserto, ma non sono legate ai cacti. Hanno gambi semi-succulenti da cui spuntano punte sottili con piccole
foglie alla base. La formosa è la specie che maggiormente
assomiglia ad un albero, è riconoscibile dai distintivi fiori rosso-arancione chiaro. Può raggiungere i sei metri di
altezza e i venti centimetri di diametro.
Proprietà e uso: Non si conoscono usi particolari.
Diffusione e habitat: Abita le foreste secche dei bassopiani e le zone boscose, spesso cresce nelle aree costiere.
Diffuso in molte parti del mondo, in particolare nelle americhe: Antigua, Bahamas, Barbados, Colombia,
Costa Rica, Cuba, Repubblica Dominicana, Grenada,
Guadalupe, Guatemala, Haiti, Honduras, Jamaica, Martinica, Messico, Montserrat, Antille Olandesi, Nicaragua, Panama, Porto Rico, St. Kitts and Nevis, St. Lucia,
St. Vincent e Grenadine, Trinidad e Tobago, Stati Uniti,
Venezuela, Isole Vergini. È stata introdotta anche in India e in Ghana e fin dal 1508 fu merce di scambio in
Europa, dove arrivò via mare attraverso la Spagna.
Descrizione: Albero dalla crescita molto lenta, può
raggiungere i 12 metri di altezza e il diametro di 60 centimetri. È un sempreverde, le foglie sono composte,
lunghe circa 3 centimetri e larghe 2, dalla forma irregolare, possono essere obovate o ottuse. I fiori, azzurri,
hanno cinque petali, il frutto è giallo arancione chiaro,
l’interno è rosso con semi neri.
Proprietà e uso: il legno è caratterizzato da venature
pregiate, è inoltre dotato di grande forza e resistenza.
Grazie a queste caratteristiche, unite alla lubrificazione
garantita dalla buona quantità di resina contenuta nel
legno, lo rendono particolarmente adatto a essere utilizzato per la costruzione di componenti nell’industria
navale. È usato anche nella costruzione di palle da bowling, mobili, artigianato, martelli di legno, pulegge, ruote
per carrelli, manici di vari oggetti e altro. In Europa
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era utilizzato come rimedio medicinale per diversi scopi, si
diffuse principalmente con il nome di lignum-vitae, wood of
life, ma anche palo santo: nomi derivanti dall’attribuzione
di grandi poteri medicinali. Tradizionalmente la resina era
utilizzata per curare la sifilide, ma anche il mal di denti, varie
malattie della pelle, reumatismi e gotta. La resina, chiamata
guaiac, è costituita da acidi organici quali il guaiaconico, il
guaiaretico e il guaiacico, presenti anche nella Bulnesia sarmientoi, nella Porliera chilensis e alcune tracce nella Bursera graveolens. Industrialmente viene estratta dalla segatura e dagli
scarti mediante alcohol o etere, ma può anche essere raccolta dall’albero stesso o estratta bollendo in acqua i rami.
Il guaiac è comunemente utilizzato in medicina nel gFOBT
(guaiac fecal occult blood test), utilizzato per l’individuazione di
sangue nelle feci. Guaiacum ha una azione stimolante locale
che lo rende adatto al trattamento di reumatismi. I componenti della resina hanno inoltre un’azione antiinfiammatoria, lassativa, diuretica, sudorifera, rinvigorente.
Guaiacum officinalis, pianta,
fiore e frutto (disegno Antonio
Paolillo).
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Porliera chilensis
Nome scientifico: Porliera chilensis
Nomenclatura: Johnst.
Regno: Plantae
Divisione: Magnoliophyta
Classe: Magnoliopsida
Ordine: Zygophyllales
Famiglia: Zygophyllaceae
Genere: Porliera
Nomi comuni: Guayacan, palo santo, huayacan.
Diffusione e habitat: Albero endemico del Chile, cresce
dalla regione IV, il Limarì, fino alla Colchagua nella regione VII. Secondo alcuni autori era presente anche in Perù.
Si trova sulle coste assolate delle montagne, in luoghi
rocciosi e nelle valli. È un elemento comune nei boschi
sclerofili, il cui eccessivo sfruttamento e distruzione ha
portato molte specie ad essere a rischio estinzione.
Descrizione: Albero sempreverde che può raggiungere i 3
metri di altezza. Rami tortuosi, corteccia grigio cenere, ha
piccole foglie opposte, lunghe da 0,6 a 1,2 centimetri. I fiori
sono ermafroditi, piccoli ed isolati. Il frutto è una piccola
capsula ovale, marrone o viola scuro, diviso in quattro lobi
profondi, ciascuno contenente semi. È una pianta che cresce lentamente; la fioritura avviene tra settembre e ottobre.
Proprietà e uso: Il nome popolare guayacan deriva
dall’omonimo Guaiacum officinale, le cui proprietà medicinali
sono descritte da vari autori come simili a quelle della Porliera chilensis. Nella provincia di Coquimbo si usava la tintura
preparata con la resina come sostituto di quella del guayaco.
Attualmente si utilizzano i tagli legnosi cotti al fine di abbassare la febbre, e come depurativo per trattare infermità
reumatiche, renali, dolori lombari e contusioni. È possibile
utilizzare un’infusione di circa un cucchiaio di legno per litro d’acqua al fine di trattare raffreddori, infermità renali e
reumatiche, febbre. La stessa infusione può essere applicata in caso di dolori e contusioni. Ha un’azione balsamica,
depurativa, sudorifera, antibatterica e antiinfiammatoria. Il
legno, molto duro e dalle venature pregiate, è utilizzato per
intagliare strumenti decorativi.
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Virola elongata
Nome scientifico: Virola elongata
Nomenclatura: Warb. 1897
Regno: Plantae
Divisione: Magnoliophyta
Classe: Magnoliopsida
Ordine: Magnoliales
Famiglia: Myristicaceae
Genere: Virola
Nomi comuni: Sangre de toro, gabún, palo santo negro, epená,
paricá e altri.
Virola elongata pianta, semi e
fiori (disegno Antonio Paolillo).
Diffusione e habitat: Pianta nativa dei boschi umidi
tropicali, cresce fino agli 800 metri di altitudine ed è autoctona della foresta Amazzonica. Si trova in Suriname,
Panama, Colombia, Venezuela, Ecuador, Perù, Bolivia,
Brasile e Guyana. Ne esistono più di 67 specie.
Descrizione: Si presenta come un albero dalle dimensioni variabili, il diametro medio è di circa 43 centimetri, il tronco può misurare dai 7 ai 23 metri, ma può
raggiungere anche i 30 metri di altezza. La corteccia è
color grigio marrone, la resina interna diventa rossa al
contatto con l’aria. Le foglie sono lucide, color verde
scuro, ha grappoli di piccoli fiori gialli che emettono un
odore pungente. Il frutto si presenta a grappoli, è ellissoide o sub globulare, lungo dagli 11 ai 20 millimetri, il
diametro varia dai 10 ai 15 millimetri.
Proprietà e uso: Ha proprietà allucinogene, dovute al
contenuto in dimetiltriptamina (DMT, lo stesso principio attivo dell’ayahuasca) e bufotenina. Il suo uso rituale si diffuse in Bolivia dalle terre basse verso il nord
dell’Amazzonia, ma i resti archeologici dimostrano il
suo uso anche nell’altipiano andino e nel Tiahuanaco. È
tuttora utilizzata come pianta medicinale dalle varie applicazioni; è un antinfiammatorio, un fungicida, è usato
nella cura dell’ulcera dello stomaco e per combattere
le infezioni da stafilococco. Alcune tribù usano tuttora la pianta in alcuni rituali sacri, inducendo uno stato
di coscienza alterato. Per la preparazione della sostanza allucinogena, occorre pestare la corteccia essiccata
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e i semi, fino ad ottenere una fine polvere che andrà
inalata attraverso una sorta di lunga cannuccia. Il processo d’inalazione avviene tra due persone, una pone
un’estremità della canna nel proprio naso ed inspira,
un’altra soffia all’interno dell’altra estremità al fine di
aiutare il processo. La polvere inalata a scopo medicinale è chiamata rapé.
Weinmannia trichosperma
Nome scientifico: Weinmannia trichosperma
Nomenclatura: Cav. 1801
Regno: Plantae
Divisione: Magnoliophyta
Classe: Magnoliopsida
Ordine: Oxalidales
Famiglia: Cunoniaceae
Genere: Weinmannia
Nomi comuni: Tineo, tenío, palo santo, teniu, tinel, maden.
Diffusione e habitat: Endemico di luoghi boscosi e
umidi della cordigliera del Chile e dell’Argentina. In
Chile cresce dalla provincia di Talca, nella VII regione,
fino alla penisola di Taitao, nella XI regione.
Descrizione: Albero sempreverde che raggiunge i 30
metri di altezza e il metro di diametro. Il tronco è retto e
cilindrico, la corteccia grigia, rugosa e con fessurazioni
longitudinali e trasversali ben marcate. Le foglie sono
composte, imparipennate, coriacee, molto brillanti nella parte superiore, verde glauco nella parte inferiore. I
fiori, bianchi, sono ermafroditi e aggruppati. Il frutto è
una capsula coriacea, bipartita, obovata, lunga dai 6 ai
9 millimetri e larga 2. In autunno il frutto diviene color
rosso scuro.
Proprietà e uso: L’uso principale è quello ornamentale.
La pianta, dotata di un legno resistente e molto bello
d’aspetto, è sovente piantata nei giardini e nei parchi di
Chile e Argentina, ma a questo scopo è stata esportata
anche in Irlanda del Nord, Inghilterra, Scozia e sulla
costa pacifica degli Stati Uniti.
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I fiori, ricchi di nettare, sono utilizzati dalle api per produrre un miele molto pregiato. La corteccia contiene
tannino, per questo motivo è utilizzabile per la cura di
piccole ferite, ustioni e anche dermatiti.
L’origine del nome palo santo: un’ipotesi
Appurato che esistono molte piante chiamate palo
santo differenti tra loro, occorre interrogarsi intorno
all’origine comune di tale nome. L’ipotesi maturata, per
far luce intorno alla genesi di tale comunanza, prende
le mosse da una analisi del linguaggio e della visione del
mondo in cui il termine “palo santo” è stato coniato e
si è sviluppato. Ogni cultura usa una lingua per parlare e definire la realtà, ogni linguaggio si forma in una
particolare visione del mondo. Per fare una genealogia
della denominazione “santo” riferita ad un albero (palo,
in spagnolo), occorre interrogarsi a partire dal mondo
da cui provenivano i primi uomini che usarono questo
nome: i colonizzatori spagnoli. Questi arrivarono in
America quando l’influenza culturale della chiesa cattolica era molto forte, così come la presenza, tra i coloni,
di frati e monaci missionari, i quali erano anche i depositari dei saperi delle principali discipline e s’impegnavano sia a registrare informazioni sulle nuove colonie,
che a cambiare i complicati nomi indigeni con termini
occidentali. Molti chiamarono “santo” alcuni alberi. Per
quale motivo?
Santo è un termine che rimanda alla tradizione cristiana. La religione cattolica, in particolare, si fonda su una
struttura gerarchica, dove il massimo del potere è concentrato nelle mani di un solo Dio, appunto, onnipotente. Più in basso ci sono gli angeli e altre figure importanti, tra cui i santi, le quali hanno a loro volta capacità
simili a quelle divine: possono per esempio fare miracoli
e guarire le persone. Per diventare santo, un uomo deve
fare qualcosa d’importante nel corso della sua vita per
la cura del prossimo. Santo è anche l’olio che redime dai
peccati gli infermi, l’acqua santa è usata per benedire
i malati. Per risonanza la parola “santo” era probabil-
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mente usata anche dai medici, dai monaci e dai cronisti
spagnoli di cultura cattolica per nominare alcune medicine, piante e principi attivi che servivano per curare.
Si può ipotizzare che più malattie e più efficacemente
una medicina cura, maggiore è il suo potere, maggiore
è il suo “santo”. Gli alberi chiamati palo santo hanno
il potere di curare e dare vita, questo basta a renderli
sacri. I vari palo santo sono accomunati dall’essere, in
maggior parte, piante dalle proprietà medicinali (Bursera
graveolens, Triplaris americana, varie specie di Guaiacum, Bulnesia sarmientoi, Porliera chilensis, Weinmannia trichosperma,
Dasyphyllum diacanthoides, Amelanchier ovalis). Altri alberi, oltre ad essere medicinali, sono detti “santo” anche
perché hanno un importante ruolo nella cura rituale,
dovuto a proprietà allucinogene o psicoattive (Virola
elongata, varie specie di Erythrina). Alcuni di questi sono
usati anche come incenso durante le cerimonie (Bursera
graveolens, Bulnesia sarmientoi) o come offerta.
In ultima istanza gli alberi nominati palo santo sono
coinvolti nella cura dell’essere umano, alcuni da un punto di vista terapeutico o medicinale, alcuni hanno anche
un ruolo importante nella cura di dimensioni spirituali.
Occorre però ricordare che l’uso tradizionale di queste
piante s’inserisce in una cosmovisione e in uno stile di
vita che non separa la cura dell’organismo umano dalla
cura delle proprie relazioni vitali con la comunità, con la
natura e con la spiritualità. L’obiettivo di questa ricerca
era di fornire una prima classificazione e disambiguazione delle piante chiamate palo santo; in futuro auspico che la ricerca prosegua. Spero che questo lavoro
possa essere utile per scegliere i metodi e le tecniche più
adeguate per un ulteriore approfondimento.
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