l`eta¡della seta. gelsibachicoltura e produzione della seta in
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l`eta¡della seta. gelsibachicoltura e produzione della seta in
economia e territorio L Á DELLA SETA. L'ETA GELSIBACHICOLTURA E PRODUZIONE DELLA SETA IN LOMBARDIA E NEL VARESOTTO a seta eÁ la bava secreta dal baco da seta 1, un insetto a metamorfosi completa 2. La larva vive sulle foglie di gelso nutrendosene. Le uova, dette semebachi, venivano conservate, dall'autunno alla primavera, tra i 12 e i 15ëC. In primavera, quando sui gelsi germogliano le prime foglie, i semebachi erano messi in incubazione (a una temperatura di almeno 18ëC) in un sacchetto di lana che le donne tenevano in seno per dieci-quindici giorni 3, oppure sotto le coperte; chi aveva maggiore disponibilitaÁ economica poteva permettersi una sorta di incubatrice riscaldata tramite un lume 4. Alla schiusa dell'uovo il baco, lungo circa tre millimetri, era posto su graticci collocati orizzontalmente uno sull'altro, alla distanza di circa venti centimetri, sui quali venivano messe foglie di gelso ben asciutte, perche le foglie bagnate avrebbero fatto ammalare i bachi. Questi dovevano essere nutriti 5 (anche di notte) e curati con assiduitaÁ data la loro salute delicata 6, mentre il loro appetito aumentava sempre di piuÁ con l'etaÁ 7; inoltre, crescendo, i bachi avevano bisogno di spazio maggiore e venivano dunque trasferiti su altri graticci che occorreva tener puliti per evitare malattie. Il locale destinato all'allevamento richiedeva anche di essere disinfettato. Il sistema piuÁ diffuso erano le fumigazioni con zolfo: in un secchio si mettevano delle braci e su queste si poneva lo zolfo che saturava la stanza di fumo e si lasciava agire per diverse ore. Altri sistemi erano l'affumicatura del locale bruciandovi della paglia bagnata oppure collocandovi blocchi di calce viva. Infine era indispensabile imbiancare il locale con calce, operazione che molti ripetevano tutti gli anni. L'illuminazione non doveva essere troppo intensa e il locale andava periodicamente arieggiato badando, peroÁ, a evitare le correnti d'aria che avrebbero nuociuto alla salute dei bachi. Le precauzioni, comunque, non erano mai troppe e anche il ricorso alla religione risultava utile per garantirsi la buona salute dei bachi: le donne partecipavano alle Rogazioni portando al collo il sacchetto contenente le uova dei bachi, LOMBARDIA NORD-OVEST Gelsi e seta, un binomio produttivo che proprio in Lombardia, a partire dal Cinquecento, rappresentoÁ un qualificatissimo settore dell'economia del Ducato e che tale si mantenne nei tre secoli successivi, pur tra alterne fortune. I metodi e le fasi di lavorazione, la loro evoluzione tecnica, il ruolo che l'allevamento dei bachi e l'attivitaÁ serica ebbero nella vita delle campagne tra Otto e Novecento, le pesanti condizioni di lavoro cui era costretta una manodopera prevalentemente femminile e minorile, le aziende che videro la luce in numerose localitaÁ del territorio varesino. Alessandro Dumassi 35 2/2002 Due monaci consegnano all'imperatore Giustiniano il seme dei bachi. Incisione da Ioannes Stradano, Vermis sericus, Anversa, 1620 circa (Civica Raccolta delle stampe Achille Bertarelli, Milano). oppure, questo veniva sollevato sul capo, in chiesa, durante le celebrazioni della domenica delle Palme. A Como, il GiovedõÁ santo, si acquistava la carta a forellini da porre sui graticci perche si pensava che, benedetta in quel giorno, avesse la facoltaÁ di tenere lontane le malattie del baco. Durante la Settimana santa, in alcune zone, era diffuso il rituale del CristeÂ: due ragazzini con una grande croce, in cambio di offerte (dolci, frutta secca, uova o danaro), andavano nelle varie case a cantare la Passione di Cristo, battendo con la croce sul soffitto del locale destinato all'allevamento, cioÁ avrebbe assicurato una buona crescita dei bachi 8. Altra usanza diffusa era di aspergere con acqua benedetta i graticci che accoglievano i bachi. Alcuni sulla porta del locale destinato all'allevamento appendevano una croce realizzata con del fieno. Anche un lumino acceso davanti all'immagine di san Giobbe, protettore dei bachi, era ritenuto efficace per propiziarne la crescita. Gli allevatori di bachi di Castello (oggi nel comune di Castelveccana) si recavano sulla Rocca dove sorgeva una Croce per far benedire i semebachi. Alla fine di quella che viene chiamata quinta etaÁ, il baco cominciava a secernere il filo e ad arrampicarsi sui rami messi dagli allevatori sui graticci, quindi, trovato un punto di suo gradi- mento, si costruiva il bozzolo. Seguivano poi la raccolta e, a giugno, la vendita. Da alcuni bozzoli, che venivano conservati per la riproduzione, dopo dieci giorni uscivano le farfalle; poco dopo l'accoppiamento i maschi morivano mentre le femmine deponevano le uova, che erano conservate al fresco per l'anno successivo. Le crisalidi si uccidevano con la stufatura (fra Sette e Ottocento si mettevano nel forno dopo la cottura del pane). I bozzoli venivano poi selezionati per avere fili dello stesso diametro 9. Successivamente si scopinava il bozzolo, ricoperto da una lanugine, per pulirlo e trovare il capofilo che, legato all'aspo, ruotando formava la matassa (quest'operazione si chiama trattura). Le bave, cioeÁ i filamenti continui, possono raggiungere anche un chilometro di lunghezza 10. Tramite l'incannatoio i fili erano trasferiti dalla matassa a un rocchetto dal quale, attraverso una fessura (la stribbla), passava a un altro rocchetto. Questa lavorazione, detta stracannaggio, serviva sia a pulire ulteriormente il filo sia a sciogliere eventuali nodi. Il binatoio, come suggerisce il nome, univa i fili a due a due per rendere il filato piuÁ resistente. La torcitura 11, infine, consisteva in un passaggio del filo dal rocchetto all'aspo, che, provocando nel filo una torsione, lo rinforzava ulteriormente. La larva di una falena (Bombyx mori, famiglia delle Bombycidae) produce il filo di seta. La larva di Bombyx mori, comunemente detta baco da seta, eÁ stata per millenni l'unica specie allevata per produrre seta, solo nel Novecento, a causa di un'epidemia di calcino, si comincioÁ ad allevare altre specie serigene. 2 CioeÁ attraversa gli stadi di uovo, larva, crisalide e farfalla. 3 La temperatura ideale per le uova doveva essere superiore ai 15ëC. 4 Esistevano anche appositi locali riscaldati. 5 Dalla qualitaÁ delle foglie derivano la salute del baco e la stessa qualitaÁ della seta. Nel Settecento i gelsi venivano lasciati crescere perche si riteneva che fossero migliori le foglie di piante alte e forti; poi, nell'Ottocento, si cominciarono a raccogliere foglie anche da piante giovani. Per non danneggiare la corteccia si usava la scala triangolare oppure i ragazzini salivano scalzi sulla pianta; per la raccolta, che si faceva tra maggio e giugno, si utilizzava un sacco, il cui orlo era tenuto aperto da un cerchio di legno, che si appendeva a un ramo. Quando i bachi erano ancora piccoli, le foglie venivano tritate con un apposito attrezzo. Le malattie principali del baco sono l'atrofia parassitaria, causata da un parassita e trasmessa ereditariamente; la `flaccidezza' che, determinata da un habitat sfavorevole, porta alla morte dei bachi; il `giallume', che causa un ingiallimento della pelle del baco che in seguito si stacca; il calcino che provoca una specie di calcificazione degli organi interni dei bachi e la loro morte. 7 Un baco riesce a mangiare un quantitativo di foglie triturate pari a venti volte il suo peso. 8 Il rito del Criste aveva numerose varianti, ma la sostanza restava immutata: talvolta i ragazzini non erano due ma tre o cinque, a volte anziche una croce portavano un bastone cui era attaccata una corona di rami di mirto, oppure un ramo di palma (croce, ramo o bastone che fosse, dopo il rito non veniva mai buttato ma bruciato). 9 I bozzoli imperfetti erano utilizzati per ricavare una seta di scarto per tessuti di qualitaÁ molto modesta. 10 Per ottenere 1 chilogrammo di seta occorrono oltre 10 chili di bozzoli. 11 I torcitoi erano macchine di grandi dimensioni e gli edifici che le ospitavano potevano essere alti anche cinque piani. 1 2/2002 6 36 LOMBARDIA NORD-OVEST I tipi di filato che era possibile produrre erano quattro: il creÃpe, l'organzino, il ritorto singolo e il ritorto per trama. Il creÃpe si ottiene accoppiando e torcendo piuÁ fili, le torsioni sono due, una in un senso, l'altra nel senso opposto, la torsione eÁ fra 16 e 32 giri per centimetro. L'organzino eÁ simile al creÃpe, ma la torsione eÁ di soli 4 giri per centimetro. Il ritorto singolo si ottiene torcendo i fili di seta in un solo senso, il numero di torsioni eÁ variabile e da questo dipende la qualitaÁ del filato. Di solito, il creÃpe eÁ impiegato per produrre tessuti crespati, l'organzino eÁ utilizzato per realizzare l'ordito dei tessuti, mentre col filato ritorto si ricava la trama dei tessuti. Con il ritorto singolo si ottengono tessuti lisci e molto leggeri. Per la lavorazione era necessaria l'acqua, dunque la filanda sorgeva relativamente vicina a un corso d'acqua dal quale era derivata verso gli impianti. L'acqua serviva sia come forza motrice per il funzionamento della filanda sia per ammollare i bozzoli e, trasformata in vapore 12, per mantenere calda l'acqua delle bacinelle dove questi si srotolavano. 12 La caldaia a vapore fu introdotta verso la fine dell'Ottocento e sostituõÁ le bacinelle a fuoco diretto. Queste ultime erano poste su un piccolo fornello in muratura e il fuoco era controllato da un operaio, il fuochino; il passaggio al riscaldamento dell'acqua tramite vapore fece sõÁ che i fuochini fossero sostituiti da un solo fuochista che teneva sotto controllo la caldaia, questa era in grado di scaldare l'acqua di numerose bacinelle contemporaneamente. I fornelli industriali garantivano, inoltre, una produzione costante sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo e la loro concorrenza fece quasi scomparire i fornelli domestici. LOMBARDIA NORD-OVEST LE ORIGINI E GLI SVILUPPI Sono diverse le leggende sull'allevamento dei bachi e la produzione di seta: una attribuisce il merito all'imperatore cinese Fuxi, un'altra all'imperatore Shennong, una terza vuole che a iniziare l'allevamento del baco sia stata Si-LingSci, moglie dell'imperatore cinese Hoang-Ti, vissuto circa 2600 anni prima di Cristo, la quale fece prelevare i bachi dai gelsi, li fece nutrire con le foglie di questi alberi e trovoÁ il sistema per srotolare il bozzolo e per filare la seta. I cinesi sono stati, con gli indiani, i primi a dedicarsi all'allevamento dei bachi e alla produzione del prezioso tessuto. I ritrovamenti archeologici dimostrano questa attivitaÁ sotto la dinastia Shang (XIII-XII secolo a.C.). La seta era cono- 37 2/2002 Sistemazione dei bachi sui graticci e rinnovamento delle foglie di gelso. Incisione da Vermis sericus, cit. (Civica Raccolta delle stampe Achille Bertarelli, Milano). sciuta dai romani, i patrizi l'apprezzavano non solo per le sue caratteristiche ma anche per il fascino esotico e misterioso della sua fabbricazione. Intorno al 552 d.C. due monaci basiliani parlarono dei bachi da seta, visti in Siria, all'imperatore Giustiniano (482-565) che, secondo la tradizione, li incaricoÁ di trafugarne alcuni esemplari, portati poi a Bisanzio nascosti nel cavo di un bastone. L'interesse dell'imperatore si spiega con l'alto prezzo della seta dovuto alle spese di trasporto, ai rischi che questo comportava, alle varie tassazioni cui era sottoposto il prodotto e ai vari passaggi da un intermediario all'altro. La regione italiana che, per prima, comincioÁ ad allevare bachi fu, nel XII secolo, la Sicilia 13, dove furono introdotti da re Ruggero (10951154) che ne era venuto a conoscenza in Grecia 14. La produzione di seta fu protetta dal monopolio statale a partire dal 1231 fino ai tempi di Federico II di Svevia, poi questa attivitaÁ venne praticata in Calabria, Toscana, Veneto e Lombardia. In Lombardia la filatura fu introdotta da Filippo Maria Visconti che chiamoÁ artigiani toscani, fra questi Pietro De Bartolo, ai quali concesse privilegi a patto che avviassero nel Ducato la produzione della seta. Nel 1471 Galeazzo Maria Sforza, per dare impulso alla bachicoltura, ordinoÁ che si piantassero cinque alberi di gelso ogni dieci pertiche di terreno. Ma fu Ludovico Sforza a incentivare piuÁ di tutti la gelsicoltura nell'intero territorio del Ducato di Milano. La tradizione vuole che il soprannome `il Moro' derivi dalla mora del gelso e pare che una foglia di gelso fosse il suo simbolo. Gelsicoltura, bachicoltura e lavorazione della seta trovarono un ambiente favorevole anche per la grande disponibilitaÁ d'acqua, necessaria per le varie fasi della lavorazione e per far funzionare le ruote dei mulini che azionarono le macchine fino all'avvento del vapore. La qualitaÁ del prodotto lombardo raggiunse livelli notevoli, tanto che i mercati esteri esigevano che le ricercate sete italiane (non solo lombarde) avessero una certificazione d'autenticitaÁ. Il perno intorno a cui ruotava tutto il processo produttivo era il mercante che gestiva le diverse fasi di produzione trattando con allevatori, artigiani e maestri 15. La produzione di seta, florida nel XVI secolo 16 (ai primi del Cinquecento in Italia si calcola che fossero attivi intorno ai 14.000 telai, circa il 70 per cento di quelli europei), entroÁ in crisi nel secolo successivo durante la dominazione spagnola, quando numerosi tessitori emigrarono in Francia, attirati dai privilegi loro concessi. Fra le cause della crisi va ricordata anche la difficoltaÁ a reggere la concorrenza dei drappi, specialmente operati, prodotti a Lione, dove Dangon aveva inventato il telaio aÁ la grande tire (perfezionato poi da Galantier) che permetteva di realizzare tessuti piuÁ complessi in minor tempo, abbassando i costi di produzione. Nel XVIII secolo il mercato riprese vivacitaÁ, ogni centro produttore si specializzoÁ nella produzione di un particolare tipo di tessuto serico, continuando un processo iniziato nel Seicento. L'esportazione dall'Italia si indirizzoÁ verso vari mercati fra i quali l'Europa centro-orientale e l'Impero Ottomano, mentre l'esportazione verso i porti di Lisbona e Cadice fa ipotizzare che anche le colonie americane richiedessero tessuti pregiati. In questo secolo la produzione si diffuse anche nei centri minori e il fenomeno fu particolarmente sensibile nelle terre appartenenti al Ducato di Milano, fra le quali Varese. La piuÁ antica attestazione dell'impiego delle foglie di gelso per l'allevamento del baco da seta risale al 1036. 14 I primi artigiani al servizio di Ruggero II erano greci di Atene, Corinto e Tebe. 15 Questo sistema produttivo, in cui le varie lavorazioni erano svolte in luoghi diversi da persone che operavano indipendentemente l'una dall'altra, continuoÁ fino all'avvento della fabbrica. 16 Pare che i primi veri imprenditori in questo settore siano stati Pietro Boldoni, che nel 1510 impiantoÁ il primo filatoio, e Pagano Merino, al quale si deve la prima manifattura di drappi in seta, fondata nel 1554. Entrambi operarono nel Comasco. Nel XVI secolo nella trattura e nella torcitura erano impiegate nel Ducato cinquantamila persone. 13 2/2002 38 LOMBARDIA NORD-OVEST I tessuti prodotti erano soprattutto quelli lisci, per evitare di confrontarsi con l'agguerrita concorrenza lionese che continuava a prevalere nella produzione di tessuti operati. Il governo austriaco cercoÁ di far risorgere la produzione serica in Lombardia 17 concedendo agevolazioni fiscali ai bachicoltori e sviluppando a corte e presso i ceti piuÁ alti l'uso della seta. Se la tessitura della seta risentiva della concorrenza francese, la richiesta estera di seta grezza incentivava la bachicoltura e alcune lavorazioni come la trattura e la torcitura. Uno degli obiettivi dell'amministrazione austriaca era produrre in Lombardia la seta che la regione importava da altri Stati (Inghilterra, Francia, Paesi Bassi), pertanto, per favorire lo sviluppo delle industrie, fra le varie agevolazioni concesse vi fu l'abolizione dei dazi che diede impulso ai commerci fra Lombardia e Germania (con la seta, grezza e ritorta, al primo posto fra le merci esportate). Anche alcuni imprenditori elvetici, attirati dalle facilitazioni fiscali, impiantarono filande in Lombardia 18. Nelle zone rurali, in questo secolo si registroÁ un incremento dei gelsi 19, specialmente in collina, dove le condizioni ambientali sono piuÁ adatte alla gelsicoltura rispetto alle zone di pianura troppo umide 20. Specialmente nella seconda metaÁ del Settecento la produzione di foglie di gelso aumentoÁ 21, tanto che in diverse zone della Lombardia si pensoÁ di abolire il divieto di esportazione della foglia. Anche per le foglie di gelso c'era un mercato e le donne erano molto abili nella loro pulizia, che consisteva nel togliere le more; in media, una donna esperta in un giorno riusciva a pulire fra i 70 e i 100 chili di foglie. Quando la famiglia contadina non era occupata nei lavori agricoli s'impegnava nella produzione di seta; a ge- 17 La produzione di seta, florida nel XVI secolo, era entrata in crisi nel secolo successivo durante la dominazione spagnola. 18 La famiglia Abegg impiantoÁ molti setifici, uno dei quali a Garlate, in provincia di Como. 19 In Italia, nella seconda metaÁ del XIX secolo, vi erano circa sessanta milioni di gelsi. 20 Il gelso andava preferibilmente piantato in un luogo elevato, asciutto e ben ventilato. 21 Una delle zone della Lombardia con la maggior produzione di foglie di gelso era la Brianza; come indicano le tavole del Catasto teresiano, la presenza dei gelsi in quest'area era percentualmente superiore al resto della Lombardia. LOMBARDIA NORD-OVEST 39 2/2002 Filatura della seta dai bozzoli. Incisione da Vermicus sericus, cit. (Civica Raccolta delle stampe Achille Bertarelli, Milano). stire questa attivitaÁ casalinga provvedevano i mercanti che, a seconda dei casi, potevano acquistare il prodotto dai contadini o intervenire piuÁ direttamente fornendo materia prima e mezzi di produzione (a Busto Arsizio, ad esempio, i mercanti gestivano la produzione di circa seicento telai fra quelli presenti in cittaÁ e nei dintorni). Verso la metaÁ del Settecento, sia per usufruire della manodopera contadina, piuÁ conveniente di quella cittadina, sia per sfruttare l'energia idraulica, la fabbricazione della seta tese a spostarsi dalle cittaÁ verso le aree agricole. Nell'area del Ticino l'industria tessile, nella fattispecie quella serica, fu l'elemento trainante nel processo di industrializzazione, la diffusione della bachicoltura stimoloÁ la nascita di filatoi che impiegavano l'energia idraulica come forza motrice collegando la ruota idraulica all'albero del filatoio. Nell'ultimo ventennio del XVIII secolo aumentarono tanto il numero dei filatoi quanto la loro capacitaÁ produttiva; dai rapporti del consigliere De La Tour e del regio visitatore Odescalchi, Varese eÁ fra i centri ove si registrarono l'aumento dei telai e l'incremento della loro produttivitaÁ. Varie iniziative, inoltre, tesero a migliorare le tecniche di allevamento dei bozzoli e di produzione della seta: la SocietaÁ Patriottica, tramite opuscoli, cercoÁ di diffondere tra gli allevatori metodi razionali per l'allevamento dei bachi (per esempio il calore artificiale e l'uso del termometro) e di incentivare l'uso di fornelli piuÁ efficienti. Nel periodo napoleonico (1796-1814) la situazione andoÁ peggiorando sia per le distruzioni dell'esercito d'Oltralpe che per l'interesse dei francesi a favorire la loro produzione nazionale. Nel 1802 il prefetto del dipartimento del Lario, volendo individuare le cause della modesta qualitaÁ della seta prodotta in zona, rilevoÁ la cattiva lavorazione dei bozzoli, la mediocre qualitaÁ del tessuto e i tentativi di nascondere i difetti del prodotto o di aumentarne artificiosamente il peso. La situazione miglioroÁ, in parte, col ritorno degli austriaci. Alla metaÁ dell'Ottocento in Lombardia l'in2/2002 dustria tessile era particolarmente sviluppata: Varese, Busto Arsizio, Gallarate ma anche Milano e Como erano importanti centri produttori di seta e di cotone. Sempre nel corso dell'Ottocento e nella prima metaÁ del Novecento migliorarono le conoscenze scientifiche e furono messe a punto nuove tecniche per allevare i bachi. A Como giaÁ nel XVIII secolo la `Camera Mercantile' offriva assistenza tecnica e commerciale; nel 1802 questo ente fu sostituito dalla `Camera Primaria di Commercio Arti e Manifatture del Dipartimento del Lario'; ma anche altri enti operavano nel settore, fra questi la `SocietaÁ 40 LOMBARDIA NORD-OVEST dieri, nel 1871, il deputato Luigi Luzzatti, futuro ministro dell'Agricoltura nel 1909, istituõÁ a Padova la `Stazione bacologica sperimentale' le cui finalitaÁ erano la conservazione e il miglioramento delle razze del baco e il coordinamento delle attivitaÁ di ricerca legate alla gelsicoltura e alla bachicoltura. A Milano venne fondata l'`Associazione Serica Italiana', che si occupava dell'acquisto dei bozzoli per rifornire le varie aziende. Nella seconda metaÁ dell'Ottocento, in Brianza, l'ingegner G. Susani creoÁ un istituto bacologico con lo scopo di selezionare razze di bachi piuÁ resistenti alle malattie. d'Incoraggiamento d'Arti e Mestieri di Milano' che, in collaborazione con l'Amministrazione comunale di Como, organizzava corsi di formazione per operai serici. Nel 1854 per assicurare uno standard qualitativo migliore sorse lo `Stabilimento per la stagionatura e assaggio delle sete'. Dopo il 1859 (che vide la II guerra d'Indipendenza e l'annessione della Lombardia al Regno di Sardegna) fu istituita la `Scuola di Setificio' con lo scopo di formare personale specializzato. Per migliorare la qualitaÁ e le tecniche, andando incontro alle esigenze di bachicoltori e filanLOMBARDIA NORD-OVEST 41 2/2002 La diffusione della gelsibachicoltura e delle filande deriva dal ruolo di `integratori di reddito' di queste attivitaÁ. Gli allevatori selezionarono razze pregiate con le quali si poteva ottenere seta di buona qualitaÁ 22 che avrebbe spuntato prezzi migliori sul mercato. Quasi tutte le famiglie contadine avevano dei gelsi, indispensabili per l'allevamento del baco 23. GiaÁ nel 1769, da una relazione presentata all'imperatore Giuseppe II, risulta una filanda a Porto Valtravaglia: pare che fosse l'unica presente nella zona, fondata da Giovanni Mellerio. La presenza della filanda eÁ riconfermata agli inizi del XIX secolo dall'economista e filosofo Melchiorre Gioia che parla di filande a Castello Cabiaglio e a Porto Valtravaglia (localitaÁ, questa, dove la filanda eÁ segnalata, per l'ultima volta, nel 1803; dal 1926 vi saraÁ una tessitura di seta artificiale, la Telsa, attiva fino al 1985); a Castelveccana, nella frazione San Pietro, vi eÁ la cosiddetta `Filandina'. Nel 1857 sono attestate filature di seta ad Angera (la Simonelli e la Vedani), a Laveno (la filatura Tinelli che occupa solo personale femminile), a Germignaga (filatoio Huber e Comp. che occupava duecento operaie), a Voldomino (Luino), a Maccagno. Ancora nel 1863, Ezechiele Zanzi afferma che la filatura della seta eÁ una delle piuÁ importanti attivitaÁ industriali del circondario di Varese. Nello stesso anno a Germignaga eÁ presente la seteria Bozzotti; a Besozzo, nel 1864, eÁ attiva una filatura di seta; nel 1868 a Creva (Luino), utilizzando le preesistenti strutture di due mulini e una fornace, viene realizzato l'impianto della tessitura Hussy; ancora a Creva, nel 1872, viene fondata la `Tessitura Steiner' 24; nello stesso anno a Mac- cagno eÁ presente un filatoio (di proprietaÁ di Francesco Branca); a Barasso nel 1872 vi eÁ la filanda De Giorgi (attiva fino al 1945), ma prima di questa c'era la filanda Talacchini (parte della seta lavorata a Barasso era prodotta nelle filande di Gavirate, Comerio, Bodio e Intra). Utilizzando il canale di un mulino in disuso che derivava le acque dal torrente Margorabbia, nei pressi di Mesenzana, nel 1874 la ditta Bordet-Decauville impiantoÁ un setificio. In questo caso eÁ interessante notare che nella concessione si precisava che l'acqua doveva utilizzarsi solo ed esclusivamente per il setificio. Nel 1884 a Sesto Calende eÁ attivo il setificio Pietro Maradet - Stefano Dell'Ora con 120 lavoratori. Nel 1894 sono presenti tratture di seta ad Abbiate Guazzone, Albizzate, Azzate, una torcitura di seta a Caronno Ghiringhello (oggi Varesino), una tessitura di nastri in seta a Cassano Magnago, tessiture a Morazzone e (due) a Tradate; nel 1896 a Sesto vi eÁ l'incannatoio di Augusto Gilbert & C. Fra la seconda metaÁ dell'Ottocento e la prima metaÁ del Novecento a Ispra sono attive una torcitura e una tessitura di seta; a Germignaga e a Luino compare varie volte il nome Stehly, talvolta associato ad altri (Stehly e Bodmer, Stehly & C., Stehly Prassede). Nel 1924, fra le ditte aderenti alla `Federazione Industriali del Gallaratese', sono, a Morazzone, la `Tessitura di Morazzone G. Tronconi' che, fra l'altro, produceva ``fantasie seta''; a Cassano Magnago, la ditta `Fratelli Bossi' confezionava anche scialli ricamati in seta; nel 1928 a Barasso si ha notizia di una produzione e vendita di semebachi e bozzoli. Nel 1940, la ditta Hussy, con stabilimenti a Cassano Magnago e Luino, produceva anche tessuti di seta; a Tradate la `Tessilraion' fabbricava altresõÁ ``misti con seta'', e la `Crespi Porro G.' anche abiti e foderami in seta pura. 22 Si riteneva che la seta di qualitaÁ migliore fosse quella ricavata dai bozzoli piuÁ consistenti e piuÁ chiari. 23 Il baco predilige le foglie del gelso bianco (Morus alba), un albero, originario dell'Asia, che vive a lungo raggiungendo anche i dieci metri di altezza. Fu introdotto in Europa dagli arabi; la sua diffusione in Italia ebbe inizio nel Meridione. Appartiene alla famiglia delle moracee, ha il fusto eretto molto ramificato, le foglie lobate hanno le nervature e la pagina inferiore coperte da una specie di lanugine e, oltre che per l'alimentazione dei bachi, sono impiegate anche per quella dei bovini. 24 La crescita demografica della frazione di Creva viene spiegata proprio con l'apertura di questi stabilimenti e il conseguente trasferimento dei dipendenti in tale localitaÁ. LA LAVORAZIONE DELLA SETA NEL VARESOTTO 2/2002 42 LOMBARDIA NORD-OVEST Da uno scritto di Ezechiele Zanzi, segretario del Comitato varesino per l'Esposizione industriale di Firenze del 1861, emerge che il lavoro in filanda era, se si escludono i ragazzini, esclusivamente femminile ed era svolto solo in una parte dell'anno come attivitaÁ complementare affiancata al lavoro agricolo. PoicheÂ, in linea di massima, le mansioni in filanda non richiedevano una preparazione particolare e potevano essere svolte da chiunque, i datori di lavoro non avevano difficoltaÁ a reperire manodopera 25. Nel periodo in cui andava diffondendosi il sistema di fabbrica, le esigenze della produzione erano inoltre considerate prioritarie rispetto alle esigenze dei lavoratori, e le filande senza finestre per proteggere i colori, a danno della salute delle operaie, sono solo un esempio. Latrine, mense e dormitori, poi, erano insufficienti e poco igienici. Da un'indagine promossa nel 1873 dalla Camera di Commercio di Varese riguardante le filande della Valcuvia, si puoÁ dedurre quali fossero le condizioni di lavoro: le operaie avevano dai dieci ai vent'anni, erano impiegati anche bambini a partire dai sette anni, l'orario era particolarmente gravoso, intorno alle dodicitredici ore, che in estate potevano arrivare a quindici: si cominciava intorno alle quattro del mattino e si lavorava in piedi. Data la lunghezza dell'orario lavorativo, le operaie che risiedevano lontano dalla filanda dormivano sul posto e lõÁ mangiavano, un vitto costituito da zuppe, polenta, minestre. Le paghe, inoltre, erano basse e di gran lunga inferiori alle retribuzioni di un operaio maschio adulto. L'odore derivante dalle lavorazioni era sgradevole e le operaie contraevano diverse malattie professionali 26: come forme reumatiche, artrosi ossea, geloni, rachitismo. L'ambiente era molto umido per via dell'acqua calda usata nella lavorazione e anche percheÂ, per evitare che le correnti d'aria spostassero i fili negli aspi, le finestre venivano tenute chiuse e talvolta, come accennato, non esistevano addirittura, per evitare che la luce facesse perdere brillantezza ai tessuti. Mancavano le strutture igieniche, tanto che la realizzazione, nel 1875, presso la ditta Bozzotti a Germignaga, di una latrina per i dipendenti fu un caso eccezionale. In alcune filande dotate di servizi era previsto un sorvegliante che vigilasse affinche le operaie non vi si trattenessero a lungo. Le matasse di seta grezza venivano controllate e se il lavoro non corrispondeva a quanto previsto dalla ditta la lavoratrice veniva multata, la sanzione poteva ammontare anche a metaÁ del salario; in alcune filande si applicava altresõÁ la sospensione dal lavoro, con conseguenze facilmente intuibili per un'economia familiare giaÁ piuttosto precaria. Ai piuÁ piccoli erano inflitte anche punizioni fisiche. Non era previsto il congedo per maternitaÁ e si continuava a lavorare fino a poco prima del parto; ne esistevano congedo e permessi per l'allattamento, e i neonati facevano la loro poppata in un apposito locale della filanda. Il fatto che le operaie, di solito, cantassero durante il lavoro era incentivato dai padroni non perche il canto desse sollievo alle filandere ma perche se queste cantavano non c'era il rischio che si distraessero chiacchierando, tanto che, spesso, erano proprio le operaie `di fiducia' del datore di lavoro a guidare il canto. 25 La condizione delle giovani operaie, le loro motivazioni, le loro speranze sono compendiate nei versi di una delle canzoni piuÁ note. La Canzon della filandera, molto nota perche l'editore Giulio Ricordi la diffuse tramite fogli stampati. Il testo, che in originale eÁ in dialetto, reso in italiano, recita cosõÁ: ``Io vado in filanda perche sono povera: / Io vado in filanda per guadagnare; / Io vado in filanda perche sono giovane, / Perche ho voglia di lavorare / [...] / Il mio fidanzato, dove lui sia / Io non lo so affatto ± ma lui torneraÁ. / Io lo aspetteroÁ fino a che potroÁ; / Ma se lui mi mancheraÁ ± se lui non tornasse; / A me non importa! Io gliela faccio... / Sposo un altro per consolarmi! / [...]''. 26 Da un'inchiesta del 1877, tra le fabbriche piuÁ insalubri (fra cui concerie, fabbriche di fiammiferi e cartiere) figurano anche le filande. Nella canzone A la mattin bonora si invitano i giovani a non badare all'aspetto delle ragazze abbrutite dalla fatica e dai vapori della filanda. LE CONDIZIONI DI LAVORO LOMBARDIA NORD-OVEST 43 2/2002 ``Incannatojo - DeÂvidage'' e ``Filato - AppreÃt'', incisioni dalla pubblicazione a scopo pubblicitario di L. Magrini, Setifici del Nob. Sig. Alberto Keller in Mandello e Villanovetta, Milano, 1859 (Civica Raccolta delle stampe Achille Bertarelli, Milano). 1895-96, una maestra elementare notava che molte alunne, a partire dalla primavera, si assentavano per andare a lavorare nella locale filanda; anche nell'anno scolastico 1897-98, nel- Quando nel 1871 fu promulgata una legge a tutela del lavoro minorile i filandieri della circoscrizione di Varese chiesero che la legge venisse abrogata poiche il lavoro dell'operaia adulta e della minore erano strettamente connesse e, a loro avviso, non era possibile organizzarlo con turni differenti ne si potevano organizzare doppi turni per la carenza di mano d'opera: cosõÁ l'orario di lavoro di dodici ore fu mantenuto e venne ridotto solo in conseguenza degli scioperi di fine Ottocento 27. Nel 1873 nella provincia di Como risultavano impiegati nelle filande 7997 minori, l'etaÁ massima dei quali non superava i dodici anni. Ad Albizzate, nell'anno scolastico 2/2002 27 Se la legge del 1886 vietava il lavoro notturno ai minori di dodici anni e lo limitava a sole sei ore per i ragazzi di etaÁ superiore a dodici anni, gli escamotage per aggirarla furono molti (uno per tutti: tramite accordi fra diversi imprenditori e con il consenso dei ragazzi, costretti dalla necessitaÁ, si riusciva ad allungare la giornata lavorativa facendoli lavorare per turni di sei ore in diversi luoghi di lavoro). Quando a Milano nel 1895 si tenne il I Congresso sugli infortuni del lavoro si chiese, fra l'altro: che i datori di lavoro fornissero ai loro dipendenti idonei mezzi 44 LOMBARDIA NORD-OVEST lo stesso periodo, si registrarono molte assenze, e la maestra, accanto al nome delle alunne assenti, annotoÁ ``andata in filanda''. Solo nel 1902 si ebbe una nuova legge migliorativa sul lavoro delle donne e dei fanciulli. Nel settore serico sono noti scioperi giaÁ a partire dal XVIII secolo quando, nel 1780 a Como, manifestarono i tessitori; dopo gli scioperi che si ebbero nel Varesotto nel 1887 le operaie ottennero un aumento del 10 per cento. Nel 1907 entrarono in agitazione le operaie della filanda di Albizzate, seguite dalle lavoratrici della Rosemund di Sumirago che aderirono allo sciopero; il sottoprefetto di Gallarate fece intervenire i carabinieri, all'arrivo dei quali la tensione salõÁ e ne derivarono disordini. La situazione tornoÁ alla normalitaÁ quando, grazie anche alla mediazione della Camera del Lavoro, le operaie videro accolte le loro richieste (giornata lavorativa ridotta da undici a dieci ore e mezza e aumento giornaliero di dieci centesimi). alla metaÁ degli anni Ottanta si eÁ verificato un aumento della produzione che ha raggiunto i 68 milioni di chili. L'abbandono della bachicoltura in Italia eÁ dipeso da vari fattori, fra i quali l'alto costo della manodopera e un'infestazione di Hyphantria cunea, una piccola farfalla bianca la cui larva eÁ un vorace distruttore di foglie di gelso. Non bisogna poi dimenticare il rapido mutamento socio-economico verificatosi nell'Italia del dopoguerra, quando lo sviluppo industriale, soprattutto nel Nord-Ovest, ha provocato fra l'altro un aumento del costo della manodopera che ha reso la seta italiana non piuÁ competitiva rispetto a quella proveniente dall'Asia. La produzione comasca, oggi, si occupa principalmente della confezione di capi che, da circa un secolo, riscuotono successo in tutto il mondo. LA DECADENZA Tra la fine dell'Ottocento e i primi del Novecento furono inventati procedimenti per la produzione di filati di origine vegetale che per bellezza erano in grado di competere con la seta 28. In provincia di Varese si continuoÁ ancora ad allevare bachi, fino a dopo la seconda guerra mondiale, quando l'attivitaÁ cessoÁ. Dopo il conflitto si eÁ registrata una generale diminuzione della produzione di seta a vantaggio delle fibre artificiali: la produzione mondiale di seta eÁ calata dai 59 milioni di chilogrammi del 1940 ai 19 milioni del 1950; solo intorno di protezione, che operai membri del collegio dei probiviri potessero ispezionare i luoghi di lavoro, che l'orario di lavoro delle donne fosse ridotto a otto o cinque ore a seconda dell'ambiente in cui esse operavano, che non si impiegassero donne in lavori pericolosi o comunque dannosi per la salute, che fosse obbligatoria l'astensione dal lavoro nell'ultimo mese di gravidanza e nel primo mese di puerperio, che non fosse consentito il lavoro notturno alle donne. Con la crisi degli anni Trenta e il conseguente aumento della disoccupazione, le richieste LOMBARDIA NORD-OVEST dei lavoratori si ridimensionarono, non solo dal punto di vista salariale ma anche per quanto riguarda le condizioni di lavoro, con un considerevole aumento degli infortuni. 28 La seta artificiale (cosõÁ chiamata per la somiglianza del filato alla vera seta) fu prodotta nel 1884 da Hilaire Chardonnett, che la ottenne dalla cellulosa di diversi tipi di legno; il prodotto assunse, poi, il nome commerciale di rayon. 45 2/2002 Particolari del frontespizio dell'opera di Ioannis Stradano Vermis Sericus, cit. (Civica Raccolta delle stampe Achille Bertarelli, Milano). assottigliato alle estremitaÁ, serviva per avvolgervi le fibre tessili dopo che queste, arrotolate insieme, avevano formato un filo unico. L'incannatoio a mano eÁ costituito da una ruota che viene fatta girare a mano, il moto rotatorio fa ruotare i fusi, dove si trova il rocchetto. Con questa operazione si passa il filo dalla matassa al rocchetto. La matassatrice a mano eÁ un semplice attrezzo su cui vengono posti i rocchetti, dai quali il filo viene avvolto intorno a un arcolaio, realizzando cosõÁ le matasse. Nell'orditoio orizzontale i fili vengono fatti passare da una parte all'altra dell'intelaiatura, mantenendoli in posizione alternata e girandoli attorno ai pioli per la lunghezza prestabilita. I passaggi devono essere tanti quanti i fili che si vogliono inserire nell'ordito. Per l'allevamento dei bachi si usava il palco da bachi, una sorta di scaffale con alcuni ripiani consistenti in un graticcio fatto con listelli di legno; su ogni graticcio si mettevano le foglie di gelso di cui si alimentavano i bachi. Un ripiano era riservato ai bachi che avevano giaÁ fatto il bozzolo. Il piegatoio serve ad avvolgere, con il rastrello, i fili intorno al subbio, in modo che questi siano disposti verticalmente per la lavorazione al telaio. Lo sgabello in realtaÁ eÁ una puleggia mossa da una manovella. Per evitare che si muova durante il lavoro le si pone a fianco una pietra con funzione di contrappeso. La puleggia mette in movimento l'aspo. Il telaio a bottoni veniva impiegato per produrre tessuti operati, un sistema di cordicelle che avevano un bottone all'estremitaÁ permetteva al tessitore di sollevare contemporaneamente piuÁ fili di ordito in modo da formare, col filo di trama, i disegni desiderati. Il telaio a jacquard era in uso giaÁ nella prima metaÁ dell'Ottocento, si basa su un principio simile a quello dei computer a schede perforate. I fili sono attaccati agli arpini che, a loro volta, sono divisi da un pettine; il disegno jacquard si trova sopra gli arpini. Il telaio a ratiera ha in alto la ratiera da cui scendono dei fili che sono attaccati ai licci, i quali sono tenuti fermi da molle attaccate ad assi. I licci LE MANSIONI IN FILANDA Il direttore sovrintendeva a tutte le fasi della produzione. Le filiere si occupavano della trattura. Il fuochista controllava la caldaia che riscaldava i fornelli. Le maestre erano le operaie esperte, con piuÁ responsabilitaÁ riguardo la qualitaÁ del prodotto. Le proviniere controllavano la qualitaÁ del filato. Le scuinere, con lo scopino, agitavano i bozzoli per trovare il capofilo. Le serve di filatura erano le bambine impiegate per compiti vari, fra cui quello di aiutare le maestre. Le tachere giravano l'aspo. LE ATTREZZATURE L'aspo a mano eÁ costituito da un bastone nel quale sono inseriti due legni perpendicolari e, in appositi incastri, due traversine. Il bastone viene tenuto con una sola mano mentre con l'altra si fanno compiere dei movimenti con i quali il filato viene ridotto in matassa. Disporre il filato in matassa rende piuÁ facili operazioni quali il lavaggio, lo sgrassaggio e la tintura. L'aspo meccanico consiste in un albero verticale con dei bracci, sostenuto da una struttura composta da quattro montanti, viene azionato dallo sgabello e girando avvolge i fili della cantra. La cantra eÁ una sorta di rastrelliera sulla quale vengono posti i rocchetti. Facendo girare l'aspo, i fili dei rocchetti vengono avvolti sulla giostra, intrecciati e poi sistemati sul piegatoio. Il fuso, un arnese di legno panciuto al centro e 2/2002 46 LOMBARDIA NORD-OVEST divaricano i fili dell'ordito, tenuti tesi da contrappesi e avvolti nel subbio (mentre i fili sono tenuti aperti, passa la navetta nella quale eÁ avvolta la trama). I fili vengono fatti penetrare attraverso le maglie dei licci e il pettine, cosõÁ diventano tessuto che viene poi avvolto in un altro subbio. Col torcitore a mano si realizzavano cordoni e cordoncini per guarnire bordi di coperte o tende. Il `cuore' della macchina eÁ un elemento dentato che, tramite anelli mossi da una manovella, gira attorcigliando i fili fino a quando non diventano ben tesi. La virgolina avvolge la trama di scarto in fili di rayon, cosõÁ da ottenere una colorazione piuÁ viva. La trama di scarto eÁ collocata nella zona inferiore della macchina, nella parte mediana sono poste le rocche con il filo sintetico colorato, il nuovo filato viene raccolto in rocche di legno poste sulla parte superiore della virgolina. L'attrezzatura necessaria per la lavorazione della seta non si ferma qui, un manifesto pubblicitario della ditta Giulio Chiesa di Torino illustra quasi cento articoli per filande e filatoi, fra questi: rotelline in alluminio, in alluminio con raggi rivestiti in alluminio, con raggi in vetro e i lati rivestiti in alluminio, in legno di bosso con i raggi di vetro e d'alluminio, in legno-vetro con i raggi cuciti con filo d'ottone e cotte nell'olio; rocchetti porta-fili; porta-rotelline; cuscinetti; bussole; termometri; padelline; guida-fili; scodelle bucherellate; cappellette d'ottone per filatoi; cappellette per binatoi; sbattitrici meccaniche; ricci e chiocciole in porcellana; supporti; girelle; pettini in ottone; supporti guida-fili in vetro; porta-bottoni con morsetto, bottoni di vario tipo; forbici speciali in acciaio. LOMBARDIA NORD-OVEST I TESSUTI L'arazzo eÁ un tessuto ornamentale per rivestire pareti, eÁ realizzato con fili di seta, lana, oro e argento su un modello di cartone. Il broccato eÁ realizzato con seta pesante tessuta a brocchi, cioeÁ con fili in rilievo che formano degli anelli, ha disegni floreali spesso con fili d'oro e d'argento; i fili aggiuntivi sono decorativi e non fanno parte della struttura del tessuto. Lo chiffon eÁ una seta trasparente la cui struttura presenta effetti semiopachi e granulazioni simili alla garza. Gli chiffon, come le organze e le granadine, sono stoffe realizzate con un sottile filato diagonale spaziato in modo da creare una trasparenza. Appartengono al gruppo dei taffetaÁ. Lo chiffon eÁ detto anche creÃpe georgette. La ciniglia eÁ un filato a pelo lungo, in origine seta. Il crespo o creÃpe eÁ un tessuto realizzato con una fibra ben intrecciata prima di essere tessuta, in modo da avere un aspetto irregolarmente opaco e morbido. I filati per ottenere il crespo sono intrecciati sia verso destra sia verso sinistra e i fili di ciascuna treccia sono usati alternativamente nel tessuto. Tutti i filati di crespo sono privati della sericina solo dopo la tessitura. Il damasco eÁ un tessuto decorato, di origine cinese, uno dei piuÁ antichi tessuti di seta. In Italia si comincioÁ a produrre a Lucca e poi a Venezia, oggi eÁ realizzato con telaio jacquard. Il droguete o droghetto eÁ un tessuto in seta con piccoli motivi, molto diffuso nel Settecento. Il lampas o lampasso (eÁ detto anche diasprum) eÁ un tessuto di seta figurato, multicolore su sfondo scuro, realizzato con orditi e trame aggiunte a una base giaÁ tessuta. Il satin eÁ un tessuto opaco con una faccia lucida molto morbido. PuoÁ essere tinto lavorato o ancora in filato. Ne esiste un'ampia varietaÁ. Il velluto eÁ ottenuto con tre elementi: un ordito strutturale, una trama strutturale e un'ordito aggiuntivo, non strutturale, il pelo eÁ dato dall'ordito a rilievo, tutto il fondo puoÁ essere ricoperto di pelo, o avere aree prive di pelo. Un tipo particolare eÁ il velluto di Genova (o velluto giardino), multicolore con decorazioni floreali, utilizzato per rivestimenti. 47 2/2002 BIBLIOGRAFIA Manzin M., Dal canto ambrosiano alla polifonia: contributi per una storia della musica sacra e popolare in Valtravaglia e sull'alto lago Maggiore, in ``Loci Travaliae'', X, 2001. Antonini Ballinari J., Agra racconta la sua storia, Varese, Josca, 1982. Battistini F., La tessitura serica italiana durante l'etaÁ moderna: dimensioni, specializzazione produttiva, mercati, in La seta in Italia dal Medioevo al Seicento, Venezia, Fondazione Giorgio Cini - Marsilio, 2000. Mingoia Morreale G. (a cura di), Fila fila nel castello di Albizzate, Gavirate, Nicolini Editore, 2000. Miozzi M., ... e fu tanto girar di macine, Germignaga, Nastro & Nastro, 1996. Belloni Zecchinelli M., Le sete lombarde tra il Rinascimento e l'Ottocento, in Artigianato lombardo, 3. L'opera tessile, Milano, Cariplo, 1979. 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