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Palazzo Forcella-de Seta
Palazzo Forcella-de Seta Palazzo Forcella-de Seta Dopo tanti anni di ricerca per dotare l’ANCE di Palermo di una sede di prestigio, finalmente, a maggio 2003, si è peifezionato l’acquisto, molto travagliato, di Palazzo Forcella-de Seta. Convinti che il Palazzo risulti quanto di meglio si trovi oggi a Palermo per ubicazione e architettura e per i miscugli normanni e ispano-moreschi che gli fanno assumere connotati del tutto particolari, l’Associazione ne curerà il completo restauro tendente al recupero dell’ originario splendore. È importante, in attesa di espletare l’iter delle autorizzazioni, la immediata tutela di quanto, a causa del completo stato di abbandono degli ultimi decenni, si è salvato dalle ruberie e dagli atti vandalici. In questo modo sarà tra l’altro restituito, a Palermo tutta, questo Palazzo assolutamente originale e incredibilmente affascinante. Nell’auspicio che il Palazzo, una volta ristrutturato, possa accogliere oltre all’ANCE Palermo anche le altre Associazioni Industriali Regionale e Provinciale abbiamo fatto stampare il presente opuscolo, cui seguirà, al termine degli interventi di recupero, una pubblicazione che rappresenti la sontuosità e il fascino di Palazzo Forcella-de Seta. ANCE Palermo Palazzo Forcella-de Seta Testo di Giuseppe Di Bemedetto Riedificato alla metà del XIX secolo sulla Porta dei Greci, prospiciente l’antica Strada Colonna, il palazzo dei marchesi Forcella rappresenta un precoce esempio di architettura neogotica, espressione degli interessi eruditi dell’aristocratica committenza. Caratterizzato da un apparato decorativo che trova espliciti richiami negli edifici di età normanna e nell’architettura ispano-moresca, il palazzo è stato al centro di intricate vicende giudiziarie che ne hanno aggravato lo stato di abbandono. Il palazzo, conosciuto con le denominazioni di Forcella, Baucina e de Seta, sorge sui resti del baluardo Vega, all’ estremità sud-orientale delle mura urbiche di Palermo che si sviluppano lungo il Foro ftalico. L’eccezionalità dell’ubicazione, una configurazione caratterizzata dalla presenza di diversi stili architettonici, testimonianza eloquente del raffinato eclettismo culturale della committenza, conferiscono al palazzo un’aura di particolare bellezza ed interesse. Tuttavia, abbastanza oscura risulta, sino ad oggi, la sua vicenda edilizia. Le notizie esistenti sono piuttosto sommarie, lacunose e spesso imprecise, nessuna fondata su dati certi. Eppure palazzo Forcella si inserisce a pieno titolo in quel fenomeno di metà Ottocento caratterizzato dalla riscoperta dell’architettura di età medioevale siciliana, asserzione del recupero di una identità storica mai sopita cui affidare il riscatto culturale degli intellettuali locali. Vi è, inoltre, un altro aspetto di sicuro interesse che vede palazzo Forcella come caso emblematico del processo di riconversione funzionale del sistema fortificatorio della città di Palermo. I TREDICI BALUARDI Già alla fine del Seicento i bastioni della cin- di riduzione delle mansioni militari attribuite ta muraria, edificati appena un secolo prima, alle maestranze della città che coadiuvavano persero, progressivamente, l’iniziale condi- i capitani dei baluardi e le loro compagnie zione di isolamento urbano, derivata dal ruo- d’artiglieri nella difesa di Palermo. Dei tredici Calogero de Bernardis, incisione del 1821 raffigurante il “Diroccamento della Casina del Sig. P.pe della Cattolica, eseguito il G.no 28 Settembre 1820 dalle Barche Cannoniere Siciliane, per far sloggiare le truppe Napolimne”, collezione Gino Lo Giudice. 2 lo difensivo e di controllo militare sulla città e baluardi esistenti pochi continuarono a man- sul territorio circostante, per assumere usi di- tenere l’originaria funzione. In quello detto versi legati alle necessità stanziali dell’aristo- di Pescara edificò il proprio palazzo, agli inizi crazia e degli ordini religiosi presenti in cit- dell’Ottocento, il barone Giuseppe Emanue- tà. Questo processo di smilitarizzazione dei le De Caccamo. Analogamente, il marchese “punti forti” del circuito murario è ricollega- Guccia di Ganzaria acquistò dal Senato di bile alla politica, attuata dal governo centrale, Palermo il bastione Papireto (detto anche della Balata) per costruirvi una del bastione Vega. Quest’ultimo, costruito nel imponente dimora signorile con annesso giar- 1540 sotto il viceregno di Giovanni De Vega, dino. Nel bastione di Porta di Termini, da sem- era dotato di ben 19 pezzi di artiglieria ed era pre sprovvisto di pezzi di artiglieria, trovarono affidato alla vigilanza dei principi Bonanno di posto, a partire dal 1657, l’oratorio della Nobile Cattolica che furono più volte capitani della cit- Compagnia di Santa Maria della Consolazione, tà. Coloro che rivestivano tale grado avevano il detta della Pace, e la chiesa, tuttora esistente, di privilegio di poter risiedere nei bastioni loro as- Santa Venera. Nel bastione Aragona, nei pressi segnati, in edifici costruiti ed abbelliti a proprie di Porta Carini, nel luglio del 1780 su progetto di spese. Giuseppe Venanzio Marvuglia, venne impian- La presenza di una “casina” ricavata sopra il ba- tato il primo Orto Botanico della città. Disatti- stione Vega, appartenente ai principi Bonanno, è vato l’Orto, dieci anni dopo la sua fondazione, attestata sin dal 1673. Essa, per consuetudine fa- in concomitanza con il trasferimento nei terreni miliare, era goduta dal primogenito del principe del duca di Archirafi, il bastione fu venduto per di Cattolica che assumeva il titolo di duca di Mi- 1.000 onze alle suore del vicino Monastero di silmeri. A più riprese la casina venne rinnovata e Maria Immacolata della Concezione!. Ancora ulteriormente ingrandita. Importanti furono i la- più radicali furono le scelte operate dal Sena- vori realizzati nel 1793 su progetto dell’architetto to di Palermo nel tratto di mura prospiciente Domenico Fogazza Furetto ed esecuzione del la Strada Colonna (attuale Foro Italico) dove mastro Salvatore La Gaia. Le opere rientravano necessità pubbliche rappresentative e di decoro in un vasto piano di interventi di manutenzio- urbano spinsero alla demolizione, nel 1754, del ne straordinaria intrapresi dai principi Bonanno bastione del Tuono o del Trono (così chiamato per le loro principali dimore urbane ed extraur- per il grande numero di pezzi d’artiglieria di cui bane. Responsabili ne furono sempre l’architet- era fornito), situato a metà della cortina muraria to Domenico Fogazza Furetto e Salvatore La e, nel 1783, lo smantellamento di buona parte Gaia che realizzarono “acconci” nella villa di Bagheria, insieme all’ “addoratore” Giovanni occupata dal Jolly Hotel ed era stato parti- Spada e al “mastro ebanista” Salvatore Can- colarmente apprezzato dal noto architetto geri, nella villa della Piana dei Colli, nel pa- veneziano Giannantonio Selva, amico ed lazzo avito di via Cintorinai (attuale via Ales- estimatore del Di Martino. Terrazza sul Foro Italico 3 sandro Paternostro) dove venne costituito un Gaspare Palermo lo descrive nella sua «Guida nuovo appartamento per il giovane duca di della Città di Palermo e suoi dintorni» (1816) Misilmeri. come luogo “sparso di alberi e di piante fore- La casina era nota soprattutto per lo splendi- stiere ed indigene, che lo rendono all’ estre- do giardino progettato nel 1815 da Vincen- mo delizioso e vi sono disposti con ricercata zo Di Martino, allievo di Giuseppe Venan- ineguaglianza dei capricciosi ed ameni viali. zio Marvuglia. Si estendeva nell’area oggi Vi si trova una artificiale collinetta espressa al Particolare del prospetto sul Foro Italico con la Porta dei Greci. 4 naturale, dalla sommità della quale si precipita nanno Branciforte fu ucciso a Bagheria dove una copiosa quantità d’acqua, che nasconden- si era recato prima di rifugiarsi a Napoli. dosi in un profondo cavo, si fa poi rivedere in Da quel momento la casina venne “saccheg- forma di piccolo fiume, che con il suo corso giata, distrutta, rimanendo generalmente nudi fa più risaltare la va- i muri, i pavimenti ghezza del giardino”. smattonati, Lintervento di Vincen- senza porte, i balconi zo Di Martino, sino ad senza vetrate e senza ora ritenuto limitato palmiggiane e qual- al progetto del giardi- che camera del tutto no, fu esteso all’intera smantellata e senza casina, come si rileva pavimento e siccome dalle inedite relazioni anche la facciata che di appalto delle ope- sporge dalla marina re redatte dallo stesso (Foro Italico) era stata architetto. All’inter- in parte abbattuta fu la parteciparono famiglia Cattolica inti- i “mastri” Giuseppe mata da questo Senato vento gli usci Firriolo, Giuseppe Mirabile e Giovan Battista (di Palermo) ad atterrarla interamente e biso- Noto2• Gli eventi del 1820 furono piuttosto gnò quindi ricostruire detta parte abbattuta funesti per i Bonanno. Il 20 settembre la bat- che un sÌ fatto avvenimento portò la conse- teria marittima e le navi cannoniere dei rivolto guenza che detta casina, divenuta inabitabile, si diroccarono la casina sopra Porta dei Greci non si è potuta locare dal 1820 a questa par- per spingere allo scoperto le truppe borboni- te(1833)”3. che lì asserragliate. Il principe Giuseppe Bo- Non disponendo di mezzi finanziari, per gli eredi del principe Giuseppe Bonanno4 non vilegio precedentemente costituito dai prin- rimase altra scelta che ricorrere al Tribuna- cipi di Cattolica, comprò l’intera proprietà le Civile di Palermo per “costituire il privi- per 1.600 onze pagate in monete d’argento6• legio in favore di colui che si sarebbe offer- Con una successiva scrittura privata BonoProspetto sul Foro ftalico. 5 to a sborsare la somma per la ricostruzione mo dichiarò di aver acquistato la casina e il suddetta”s. Nel marzo 1827 l’architetto Giu- baluardo per conto del sacerdote Carmelo seppe Incardona venne incaricato dal Tri- Quartararo. Quest’ultimo, per la ricostru- bunale Civile di redigere una dettagliata re- zione dell’ edificio, aveva richiesto un presti- lazione sullo stato dell’ edificio e dei lavori to di 2.000 onze a Luigi Costamante, ricco necessari per gli interventi di rifacimento. possidente di Trapani. Ma, appena qual- Nel 1833 Ergiminio Bonomo, in virtù del pri- che mese dopo, la proprietà del baluardo e degli edifici annessi venne ceduta al mar- villa che i principi Bonanno possedevano a chese Enrico Carlo Forcella7• Nell’ottobre Bagheria, con l’impegno di riparare i danni dello stesso anno, completate le opere di ri- causati dal terremoto del 1823 su progetto di costruzione iniziate dal sacerdote Quartara- Nicolò Puglia8. 6. Sala otldgonale con fontana. Fa parte dell’ampliamento realizzato dall’architetto Giuseppe Patricolo. 7. La sala appare oggi come uno degli ambienti più degradati. 6/7 ro, secondo le previsioni dell’architetto Incardona, il marchese vi stabilì la propria dimora. La casina di Porta dei Greci non era l’unica proprietà dei principi di Cattolica venuta in possesso del marchese Forcella. Questi, infatti, nel giugno del 1831 aveva ottenuto in enfiteusi perpetua, per sé e i suoi eredi, la IL MARCHESE ENRICO FORCELLA E LE VICENDE EDILIZIE DEL PALAZZO Enrico era nato a Palermo nel 1795 da Giu- dine di Francesco I, di Colonnello dei Reali seppa Almirante e da Antonio Forcella che Eserciti. Alle rendite ricavate dagli ex feudi di con diploma reale del 20 giugno 1815 aveva Pietralonga e Donaliga e da altri possedimen- ottenuto per sé e i suoi eredi il titolo di mar- ti terrieri ed urbani univa quelli provenienti Il vestibolo d’ingresso negli anni ‘60 ed oggi. 8/9 chese “appoggiato” sul cognome. Era spo- dall’attività di procuratore di alcuni nobili sato con Rosalia Migliaccio figlia di Ignazio (tra cui il principe Pignatelli di Aragona, Ma- principe di Malvagna. ria Capece Minutoli dei duchi di San Valen- Rivestì, come il padre, importanti cariche tino e monsignor Gaetano Giunta priore di onorifiche come quella di Gentiluomo di Sant’Andrea di Piazza) e, soprattutto, dall’im- Camera e Maggiordomo di Settimana di Fer- portante ufficio di Amministratore Generale dinando II, di Commendatore del Real Or- della Casa e dei Siti Reali 10 di Palermo e provincia. Intrecciò rapporti con cervi, palme, girali e rabeschi. Sebbene non Nicolò Puglia che negli anni della costruzio- accertato, è possibile ipotizzare un intervento ne di palazzo Forcella stava eseguendo dei re- dell’architetto Nicolò Puglia nella prima ste- stauri, in qualità di architetto della Real Casa, sura del progetto di palazzo Forcella, poi re- del Palazzo Reale ed alizzato parzialmente e in particolare dell’ap- portato a termine, nel partamento detto “del suo aspetto odierno, duca di Calabria” de- dagli architetti Em- stinato manuele Palazzotto e tradizional- mente al re e che com- Giuseppe Patricolo. prendeva la Sala di Re Si possono individuare Ruggero, allora chia- tre diverse fasi nella ri- mata “delle Dame”. La costruzione del palaz- frequenza quasi quo- zo: la prima, conclusa tidiana di quei luoghi, nell’ ottobre del 1834, della Cappella Palatina consistente nella ripa- e degli altri edifici di età razione dei danni subiti normanna di proprietà nel 1820; la seconda, regia non poco influenzò il marchese Forcel- che vide impegnato l’architetto Palazzotto e la nelle scelte degli apparati decorativi del suo che si concluse nel 1841, riconoscibile nella palazzo sopra Porta dei Greci. Strettissime riconfigurazione in stile neoclassico del corpo sono le analogie rintracciabili nel repertorio centrale e della relativa sopraelevazione; infi- iconografico utilizzato nei rivestimenti musivi ne la terza comprendente gli interventi in stile e spesso è esplicita la citazione: leoni e grifoni neogotico del Patricolo, che seguono di pochi inscritti in cerchi; pavoni che si fronteggiano; anni il progetto del Castello Pennisi presso Acireale e del Castello Saporito nel territorio edificazione la perdita della vista sul mare9• di Mazara, identificabili nell’ addizione del Erudito, grecista, appassionato d’arte, arche- corpo sud-orientale comprendente, tra l’al- ologia e numismatica, Enrico Forcella scrisse tro, una piccola sala ottagonale angolare con «Numismata aliquot sicula», edito a Napoli Galleria pnncipale con affaccio su piazza Kalsa. Gli apparati decorativi delle pareti e della pavimentazione s’ispirano a quelli della Sala degli Ambasciatori dell’Alhambra a Granada. Lo stato odierno della galleria mostra chiaramente i danni arrecati dai furti e dall’abbandono. 11 una fontana di ispirazione moresca. Inizial- da Angelo Trani nel 1825. Fu anche autore mente Forcella aveva previsto di ampliare il del «Cerimoniale per la traslazione e tumu- palazzo con l’aggiunta di un’ala a nordovest lazione delle Auguste Salme di Guglielmo I del corpo centrale, ma dovette ben presto e Guglielmo 11 nelle restaurate tombe ove desistere da questa impresa per l’energica giaceano prima dell’incendio del Duomo di opposizione delle suore del vicino Monaste- Monreale avvenuto nel 1811», edito a Paler- ro di Santa Teresa che temevano dalla nuova mo nel 1844 per i tipi di M.A. Console. Morì a Palermo il 30 agosto del 1855 senza giore, conte d’Isnello, barone di Aspromonte. figli, lasciando ogni suo bene al nipote Anto- Limparentamento con una delle più ricche e nio, figlio del fratello Orazio. aristocratiche famiglie della Sicilia (la moglie Dopo il 1875 il palazzo venne acquistato da era dama di Corte della Regina Margherita Biagio Licata, originario di Favara, un aristo- di Savoia) favorì il suo impegno politico che cratico di nuova generazione. La scalata so- lo portò ben presto tra i senatori del Regno ciale di Biagio era stata fulminante: in virtù d’Italia. Morì a Palermo il 15 agosto del 1893. del matrimonio, contratto nel 1864, con l’ere- Gli successe il primogenito Antonio Matteo ditiera Francesca Di Maria Termine aveva ac- Arnaldo, nato il 15 gennaio del 1866, che nel quisito nel 1868, nomine maritale, i titoli di 1895 aveva sposato Giulia Fardella figlia del principe di Baucina, marchese di Montemag- barone di Moxarta Stefano. Da questi nacque, Galleria dei mosaici. Nei preziosi rivestimenti in marmo e mosaico che ricoprono per intero l’ambiente è esplicito il riferimento alla Sala della fontana della Zisa e alla Sala di Re Ruggero nel Palazzo Reale di Palermo. 12 nel settembre del 1896, Biagio sposato nel chese di Montemaggiore, Giovanni conte 1919 con Giuseppina Cammarata l.anza fi- d’Isnello e il Cavalier Oliviero, “abitano glia del barone l.eoluca e di Vittoria Lanza nel palazzo ereditato dal defunto lor pa- dei principi di Mirto. Nella «Guida della dre, al Foro Umberto I, e propriamente Attuali condizioni della Galleria dopo il furto di alcuni rivestimenti mannorei e delle colonne angolari. 13 Città di Palermo» del Guarneri (1902) tra sopra Porta dei Greci dove trovasi una le famiglie patrizie cittadine è menzionata galleria che è un tesoro d’arte visitato da anche quella dei Licata “oriunda famiglia tutti i forestieri che vengono a Palermo”. di Malta, portata in Sicilia da un Filippo Consistenti furono gli interventi di am- l.eocata, dalla cui linea discende Biagio Li- modernamento operati dai Baucina, ma cata”. Guarneri ci informa inoltre che tre nessuno in grado di caratterizzare l’edi- dei cinque figli di Biagio, Antonino mar- ficio così come era avvenuto m passato. I MARCHESI DE SETA Nei primi decenni del Novecento il palazzo Il palazzo ha l’accesso principale dalla cosid- venne acquistato dal marchese Francesco de detta rampa di Santa Teresa. Varcato il mo- Seta, prefetto di Palermo. Su commissione del numentale cancello, recante in alto lo stemma de Seta, intorno al 1923, Onofrio Tomaselli dei marchesi de Seta, si trova, di fronte, un affrescò il grande salone neoclassico contiguo piccolo portale in stile neo gotico che im- alle due gallerie. Negli anni ‘50 la trasforma- mette alla scala d’accesso del piano nobile. zione in circolo con annessa sala da gioco e Questa, non molto grande, è tutta in marmo successivamente in sede del Consiglio di Giu- grigio, a due rampe di circa venti scalini, in- stizia Amministrativa ne mutò radicalmente cassata fra due muri. l’uso, segnando, in qualche modo, l’inizio di Terminata la seconda fuga della scala si giun- un’inesorabile decadenza. E di quegli anni ge nel vestibolo, un ampio e luminoso vano l’intervento riformatore del prof. Gino Mori- rettangolare, con grandi vetrate archiacute, ci, docente di chiara fama dell’ Accademia di adornato, alle pareti, da esili colonnine e da Belle Arti di Palermo, noto non soltanto per un mosaico raffigurante delle fiere. la sua febbrile attività di pittore, scenografo e In comunicazione con il vestibolo due grandi incisore, ma anche per alcuni prestigiosi alle- ambienti. Il primo, alla destra di chi entra, è la stimenti di architettura degli interni presso il Grande Galleria. È un immenso ambiente a Palazzo Correr e il Museo Nazionale di Vene- doppia altezza, con affaccio su piazza Kalsa, zia, il Palazzo del Governo di Torino e VIlla riccamente configurato con apparati decorati- Pajno a Palermo. vi che hanno espliciti richiami all’architettura Gli avvenimenti recenti sono purtroppo carat- e agli interni dell’ Alhambra di Granada, ed in terizzati dal perdurare dello stato di inutilizza- particolare alle geometrie usate per decorare zione di buona parte dell’ edificio, che ha favo- la Sala degli Ambasciatori. La doppia altez- rito il diffondersi del degrado e, cosa ancor più za è segnata da un duplice ordine di finestre grave, la sistematica spoliazione degli interni. archiacute, e dal sistema di colonne sovrap- poste collocate ai quattro angoli. Al di so- marmi e di mosaici, dal pavimento alle pa- pra di un alto lambris in marmo si disten- reti, ricrea l’atmosfera di un ambiente aulico de, per l’intero primo ordine della stanza, di età normanna, con precisi riferimenti ai una decorazione a stucco policroma. Lo mosaici della Sala della Fontana della Zisa 15 schema geometrico delle decorazioni delle e della sala di Re Ruggero nel Palazzo Re- pareti viene ripreso nella pavimentazione, ale di Palermo. Particolarmente preziosa la realizzata in marmo a diversi colori, e nel- volta dove, al di sopra di un sistema con- la poderosa volta a padiglione di copertu- tinuo di archetti trilobati sostenuti da esili ra. Laltra galleria è disposta parallelamente colonfine, corre senza soluzione di continu- alla prima con la quale comunica attraverso ità un’iscrizione dedicatoria in lingua greca, due porte. Interamente rivestita di preziosi chiara testimonianza degli studi condotti dal Forcella e della sua fedeltà a re Ferdinando niso e Arianna circondati da baccanti. Nono- II Borbone (BASILEOS FERDINANDOΥ) stante le attuali condizioni, palazzo Forcella più volte menzionato. Linclinazione all’eclet- mantiene inalterato il suo valore, incarnando tismo, all’eruditismo e alla citazione colta si gli ideali e le aspirazioni di quella classe diri- coglie, del resto, in ogni particolare del palaz- gente di inizio Ottocento, economicamente zo. In uno degli ambienti minori dell’ ala di forte, che a Palermo continuava a ricercare rappresentanza un mosaico policromo rico- nel fasto della propria dimora un sistema di pre per intero il pavimento con la raffigura- segni atto ad esprimere il ruolo sociale con- zione di un guerriero clamidato a cavallo nell’ quistato. Enrico Forcella, che del palazzo è atto di scagliare una lancia contro un cin- il vero “ideatore”, è certamente espressione ghiale assalito dai cani. La scena, tratta dall’ alta dell’eruditismo intellettuale locale di que- «Ippolito di Euripide», è ispirata ad un noto gli anni, e il suo interesse per l’architettura, sarcofago, ben conosciuto dall’esperto anti- l’arte e la storia patria, sembra andare oltre quario Forcella, esistente nel duomo di Agri- la passione colta di un esponente illuminato gento e utilizzato come fonte battesimale1o• dell’aristocrazia. La convivenza, nell’ edificio, Negli appartamenti privati del marchese sono di differenti ed eterogenei lessici architettoni- ancora da notare un piccolo ambiente la cui ci non può essere semplicisticamente inter- volta è interamente rivestita di mosaici; una pretata come frutto della stravagante tenden- riproduzione semplificata e a scala ridotta del za all’ eclettismo della committenza. rivestimento musivo della volta della Sala di Piuttosto nella riscoperta dell’architettura del Re Ruggero, con tanto di medaglioni entro Medioevo “isolano” si può intravedere il tra- cui sono raffigurati leoni, grifoni e al centro mite per una riesumazione di una specifica lo stemma di famiglia. Nella piccola stanza identità culturale che equivale al riconosci- contigua, in un prezioso soffitto ligneo, è col- mento della originaria condizione di “nazio- locato un dipinto ad olio rappresentante Dio- ne” della Sicilia. UN PALAZZO TRA STORIA E LEGGENDA di Cesare de Seta Il palazzo lungo il Foro Italico, cresciuto sulle Partinico per qualche mese in estate. Quel gior- mura, è sempre stato un luogo ricordato nel- no in piazza del Parlamento a Roma stavo con le storie di famiglia: le zie, sorelle maggiori di Danilo e i suoi amici contadini ai quali mi pre- mio padre, erano le uniche ad avere memoria e sentò: avevo in mano un cartellone, un vecchio esperienza diretta di quella casa. Sono storie Il marchese Cesare de Seta con la moglie Agnese Fiorillo dei marchesi Marchianò, in braccio il figlio Vittorio e poi, dà sinistra, Davide, Ermelindà, Emanuele e Daniele il primogenito, 1887. sfocate di balli e feste, con ospiti illustri e tanti sorbetti e gelati, a cui anche a causa di conflitti interni alla famiglia: come sempre in Sicilia (e forse anche altrove) erano conflitti di interessi, di eredità e di truffe per petrate ai danni dei congiunti che s’erano allontanati dall’isola, dunque dal controllo del bene che era sì il palazzo, ma anche molte altre proprietà. Che fossero molte le terre possedute dai de Seta l’ho sentito dire in famiglia e il tono di vita nella società del tempo, e le cronache mondane palermitane tra 16 Otto e Novecento lo testimoniano. Che comunque la famiglia disponesse di vasti latifondi e li gestisse con la durezza che era propria di quei -avendo udito il mio cognome- me o tol- tempi ne ebbi una diretta e assai tarda conferma se di mano, guardandomi fisso e farfuglian- molto giovane, in una manifestazione di brac- do qualcosa in dialetto sibilò “Cui de Seta cianti organizzata da Danilo Dolci a Roma. nun tinemo nienti a chi fareI”. Questo epi- Sarà stato il 1961. A quel tempo avevo cono- sodio volevo raccontarlo nel mio romanzo sciuto Dolci e come molti giovani ero rimasto «La dimenticanza» (1994) visto che evo- affascinato dal suo apostolato laico, ero stato a co del tutto fantasiosamente i racconti un po’ Il marchese Giovanni de Seta (seduto) con il figlio Cesare in divisa del Regio collegio della N unziatella e con il figlio Francesco in divisa di ufficiale del Regio esercito; accanto un giovane in abito talare (gennaio 1864). favolistici che avevo sentito in casa delle zie, “ una mala persona”. Tuttavia anche questo ma poi me ne dimenticai ... ora ho l’occasione Emanuele non era affatto amato da mio padre, per riparare a quella omissione. Tuttavia il anzi credo che lo detestasse per una certa vita palazzo l’ho visitato una sola volta agli esordi tra dissoluta e libertina che costui conduceva: anzi ricordo benissimo che quando qualcuno gli chiedeva se ne era parente, lui rispondeva che era solo una omonimia. Tuttavia in questa famiglia -dai molti rami di un unico grande albero- tutti avevano le loro radici in Calabria tra Paola e Cosenza: un fratello minore del nonno ingegnere fu sottosegretario ai Lavori pubblici 17 in diversi governi Giolitti. Era stato eletto deputato con voto plebiscitario non essendoci aldegli anni Sessanta, in gita a Palermo: avevo tri candidati nella circoscrizione in cui si pre- neppure diciotto anni e rimasi molto colpito da sentava ed aveva svolto una notevole attività in un gran salone che era al piano nobile. Era favore di queste povere terre. Aveva per altro quello il salone delle feste dove danzava la bel- creato dal nulla le Terme -ad Acquappesa, se la zia Elvira con i suoi ammiratori ed era di non erro- che esistono ancora e si chiamano lei che più ne ho sentito dire o così mi sembra appunto Luigiane. Agli inizi di quest’anno il di ricordare. So che in anni recenti ci abitava sindaco di Intavolata, a cui vorremmo donare Emanuele de Seta che non ho mai incontrato il nostro palazzotto-fortezza (sempre che si ri- e che il possesso di quel palazzo fu causa di esca a rintracciare tutti gli aventi possesso), mi una lunga contesa giudiziaria con un avvocato chiedeva il contributo del nostro archivio per palermitano molto potente di cui in famiglia onorare l’onorevole Luigi de Seta e il fratello si diceva un gran male: le zie dicevano che era Cesare che era assurto al più alto grado della magistratura. Essi, evidentemente, hanno la- Pur avendo una certa familiarità con questo sciato un buon ricordo. Eho dovuto deludere mestiere e con gli archivi, non so darmi ragione perché purtroppo -per le traversie complesse del perché non abbia mai deciso di occuparmene della nostra famiglia- a me, ai miei fratelli e in prima persona. Francamente non lo so, quasi ai parenti stretti non restano che taluni ritagli che preferisca conservare di questo passato l’alo- di giornale e qualche antica foto. Ora tuttavia ne favolistico che di esso mi hanno trasmesso i questo articolo sul palazzo de Seta a Palermo racconti delle vecchie zie o ascoltare i racconti mette a fuoco un tassello della nostra famiglia che amici palermitani più avanti negli anni mi che mancava ed io non dispero che conducendo hanno fatto di questi parenti che non ho mai indagini all’Archivio di Stato di Napoli e di conosciuto personalmente ma che appartengono Palermo possano saltar fuori altri documenti. tuttavia alla saga della mia famiglia. Le foto nn. 3, 4, 6, 8 e 11 sono state gentilmente concesse dall’Ufficio del Centro Storico del Comune di Palermo. Le foto nn. 16 e 17 sono dell’archivio de Seta. Le foto nn. 1 e 5 sono “Viste dal mare del prospetto del Palazzo”, anni ‘30, collezione privata. Le altre foto sono state fomite dall’ architetto Barbara Rappa. 1 Cfr. atto del 23 luglio del 1789 del notaio Giuseppe Fontana, volume 15154, pp. 553- 550, ASPa (Archivio di Stato di Palermo). 2 Cfr. Atto del notaio Francesco Antonio Bruno del 30 ottobre 1815, ASPa. 3 Atto di vendita del baluardo e della casina sopra Porta dei Greci di proprietà degli eredi del principe Giuseppe Bonanno di Cattolica a Ergiminio Bonomo stilato dal Notaio Salvatore Epiro Zummo il 1833, voI. 40835, ASPa. 4 Gli eredi del principe Giuseppe Bonanno erano: i figli Francesco Antonio (erede universale) e Marianna, là moglie Teresa M oncada, nellà duplice veste di vedova e di tutrice del figlio interdetto Giuseppe, e Saveria Esposito, vedova, erede usufruttuaria di Salvatore Bonanno duca di Foresta, secondogenito di Giuseppe, nonché tutrice dei figli Francesco Paolo, Raffaella e Teresa Bonanno. 5 Cfr. n. 3. 6 Cfr. n. 3. 7 Il marchese Forcella in precedenza aveva edificato un palàzzo nella Strada Nuova fuori Porta Maqueda (attuale via Ruggiero Settimo), che in seguito sarà acquistato dai principi Lanza di Scalea. In un “quartino” ospitò per lunghi anni l’amico marchese Giacomo Giuseppe Haus, erudito e mecenate che donò molti quadri dellà sua collezione alla Pinacoteca dell’Università di Palermo. 8 Cfr. atto del 9 giugno del 1831 del notaio Salvatore Epiro Zummo, vol. 40832, ASPa. 9 Secondo là descrizione del catasto borbonico del 1850-54 il palàzzo del marchese Forcellà era costituito da: “appartamento nobile di membri 32; quartino secondo piano di membri 18 e casa terrana”. Forcella possedeva anche una “casa terrana e una solerata” con accesso dalla salita Forcella (attuale rampa di Santa Teresa). Cfr. Regia Delegazione per là Compilàzione dei Catasti, ASPa. 10 Cfr. Raffaello Politi, illustrazione al sarcofago agrigentino rappresentante l’ippolito di Euripide, scultura in alto rilievo in marmo statuario antico, Lorenzo Dato, Palermo 1822. ANCE PALERMO Associazione Costruttori Edili CONSIGLIO DIRETTIVO PRESIDENTE Giuseppe Di Giovanna VICE PRESIDENTI Enrico Biuso Massimiliano Miconi COMPONENTI Ugo Argiroffi Marco Di Benedetto Armando Fecarotta Giuseppe Messina Fabio Sanfratello Davide Tedesco COMPONENTI DI DIRITTO Antonio Catalano Angela Pisciotta TESORIERE Maria G. Pollara DIRETTORE Amedeo Brucato Cassa Edile CPT Panormedil ENTI PARITETICI Presidente Fabio San fratello Presidente Francesco Reale Presidente Ugo Argiroffi Confindustria Sicili Ance Palermo Via XX Settembre, 64 - 90141 Palermo - tel. 091 6252282 www.ancepalermo.it - [email protected] Confindustria Sicilia Via A. Volta, 44 - 90133 Palermo - tel 091 581100 www.confindustriasicilia.it - [email protected]