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Palazzo Forcella-de Seta

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Palazzo Forcella-de Seta
Palazzo Forcella-de Seta
Palazzo Forcella-de Seta
Dopo tanti anni di ricerca per dotare l’ANCE di Palermo di una sede di prestigio, finalmente, a maggio 2003, si è peifezionato l’acquisto, molto travagliato, di Palazzo Forcella-de
Seta. Convinti che il Palazzo risulti quanto di meglio si trovi oggi a Palermo per ubicazione
e architettura e per i miscugli normanni e ispano-moreschi che gli fanno assumere connotati
del tutto particolari, l’Associazione ne curerà il completo restauro tendente al recupero dell’
originario splendore.
È importante, in attesa di espletare l’iter delle autorizzazioni, la immediata tutela di quanto,
a causa del completo stato di abbandono degli ultimi decenni, si è salvato dalle ruberie e dagli
atti vandalici.
In questo modo sarà tra l’altro restituito, a Palermo tutta, questo Palazzo assolutamente originale e incredibilmente affascinante.
Nell’auspicio che il Palazzo, una volta ristrutturato, possa accogliere oltre all’ANCE Palermo anche le altre Associazioni Industriali Regionale e Provinciale abbiamo fatto stampare
il presente opuscolo, cui seguirà, al termine degli interventi di recupero, una pubblicazione che
rappresenti la sontuosità e il fascino di Palazzo Forcella-de Seta.
ANCE Palermo
Palazzo Forcella-de Seta
Testo di Giuseppe Di Bemedetto
Riedificato alla metà del XIX secolo sulla Porta dei Greci, prospiciente l’antica Strada Colonna, il palazzo dei marchesi Forcella rappresenta un precoce
esempio di architettura neogotica, espressione degli interessi eruditi dell’aristocratica committenza. Caratterizzato da un apparato decorativo che trova espliciti richiami negli edifici di età normanna e nell’architettura ispano-moresca, il
palazzo è stato al centro di intricate vicende giudiziarie che ne hanno aggravato
lo stato di abbandono.
Il palazzo, conosciuto con le denominazioni di Forcella, Baucina e de Seta, sorge sui resti del baluardo Vega, all’ estremità sud-orientale delle mura urbiche
di Palermo che si sviluppano lungo il Foro ftalico.
L’eccezionalità dell’ubicazione, una configurazione caratterizzata dalla presenza di diversi stili architettonici, testimonianza eloquente del raffinato eclettismo culturale della committenza, conferiscono al palazzo un’aura di particolare
bellezza ed interesse.
Tuttavia, abbastanza oscura risulta, sino ad oggi, la sua vicenda edilizia. Le
notizie esistenti sono piuttosto sommarie, lacunose e spesso imprecise, nessuna
fondata su dati certi. Eppure palazzo Forcella si inserisce a pieno titolo in
quel fenomeno di metà Ottocento caratterizzato dalla riscoperta dell’architettura di età medioevale siciliana, asserzione del recupero di una identità
storica mai sopita cui affidare il riscatto culturale degli intellettuali locali.
Vi è, inoltre, un altro aspetto di sicuro interesse che vede palazzo Forcella
come caso emblematico del processo di riconversione funzionale del sistema
fortificatorio della città di Palermo.
I TREDICI BALUARDI
Già alla fine del Seicento i bastioni della cin-
di riduzione delle mansioni militari attribuite
ta muraria, edificati appena un secolo prima,
alle maestranze della città che coadiuvavano
persero, progressivamente, l’iniziale condi-
i capitani dei baluardi e le loro compagnie
zione di isolamento urbano, derivata dal ruo-
d’artiglieri nella difesa di Palermo. Dei tredici
Calogero de Bernardis,
incisione del 1821
raffigurante il
“Diroccamento della
Casina del Sig. P.pe
della Cattolica, eseguito il
G.no 28 Settembre 1820
dalle Barche Cannoniere
Siciliane, per far sloggiare
le truppe Napolimne”,
collezione Gino Lo
Giudice.
2
lo difensivo e di controllo militare sulla città e
baluardi esistenti pochi continuarono a man-
sul territorio circostante, per assumere usi di-
tenere l’originaria funzione. In quello detto
versi legati alle necessità stanziali dell’aristo-
di Pescara edificò il proprio palazzo, agli inizi
crazia e degli ordini religiosi presenti in cit-
dell’Ottocento, il barone Giuseppe Emanue-
tà. Questo processo di smilitarizzazione dei
le De Caccamo. Analogamente, il marchese
“punti forti” del circuito murario è ricollega-
Guccia di Ganzaria acquistò dal Senato di
bile alla politica, attuata dal governo centrale,
Palermo il bastione Papireto
(detto anche della Balata) per costruirvi una
del bastione Vega. Quest’ultimo, costruito nel
imponente dimora signorile con annesso giar-
1540 sotto il viceregno di Giovanni De Vega,
dino. Nel bastione di Porta di Termini, da sem-
era dotato di ben 19 pezzi di artiglieria ed era
pre sprovvisto di pezzi di artiglieria, trovarono
affidato alla vigilanza dei principi Bonanno di
posto, a partire dal 1657, l’oratorio della Nobile
Cattolica che furono più volte capitani della cit-
Compagnia di Santa Maria della Consolazione,
tà. Coloro che rivestivano tale grado avevano il
detta della Pace, e la chiesa, tuttora esistente, di
privilegio di poter risiedere nei bastioni loro as-
Santa Venera. Nel bastione Aragona, nei pressi
segnati, in edifici costruiti ed abbelliti a proprie
di Porta Carini, nel luglio del 1780 su progetto di
spese.
Giuseppe Venanzio Marvuglia, venne impian-
La presenza di una “casina” ricavata sopra il ba-
tato il primo Orto Botanico della città. Disatti-
stione Vega, appartenente ai principi Bonanno, è
vato l’Orto, dieci anni dopo la sua fondazione,
attestata sin dal 1673. Essa, per consuetudine fa-
in concomitanza con il trasferimento nei terreni
miliare, era goduta dal primogenito del principe
del duca di Archirafi, il bastione fu venduto per
di Cattolica che assumeva il titolo di duca di Mi-
1.000 onze alle suore del vicino Monastero di
silmeri. A più riprese la casina venne rinnovata e
Maria Immacolata della Concezione!. Ancora
ulteriormente ingrandita. Importanti furono i la-
più radicali furono le scelte operate dal Sena-
vori realizzati nel 1793 su progetto dell’architetto
to di Palermo nel tratto di mura prospiciente
Domenico Fogazza Furetto ed esecuzione del
la Strada Colonna (attuale Foro Italico) dove
mastro Salvatore La Gaia. Le opere rientravano
necessità pubbliche rappresentative e di decoro
in un vasto piano di interventi di manutenzio-
urbano spinsero alla demolizione, nel 1754, del
ne straordinaria intrapresi dai principi Bonanno
bastione del Tuono o del Trono (così chiamato
per le loro principali dimore urbane ed extraur-
per il grande numero di pezzi d’artiglieria di cui
bane. Responsabili ne furono sempre l’architet-
era fornito), situato a metà della cortina muraria
to Domenico Fogazza Furetto e Salvatore La
e, nel 1783, lo smantellamento di buona parte
Gaia che realizzarono “acconci” nella villa di
Bagheria, insieme all’ “addoratore” Giovanni
occupata dal Jolly Hotel ed era stato parti-
Spada e al “mastro ebanista” Salvatore Can-
colarmente apprezzato dal noto architetto
geri, nella villa della Piana dei Colli, nel pa-
veneziano Giannantonio Selva, amico ed
lazzo avito di via Cintorinai (attuale via Ales-
estimatore del Di Martino.
Terrazza sul Foro Italico
3
sandro Paternostro) dove venne costituito un
Gaspare Palermo lo descrive nella sua «Guida
nuovo appartamento per il giovane duca di
della Città di Palermo e suoi dintorni» (1816)
Misilmeri.
come luogo “sparso di alberi e di piante fore-
La casina era nota soprattutto per lo splendi-
stiere ed indigene, che lo rendono all’ estre-
do giardino progettato nel 1815 da Vincen-
mo delizioso e vi sono disposti con ricercata
zo Di Martino, allievo di Giuseppe Venan-
ineguaglianza dei capricciosi ed ameni viali.
zio Marvuglia. Si estendeva nell’area oggi
Vi si trova una artificiale collinetta espressa al
Particolare del prospetto
sul Foro Italico
con la Porta dei Greci.
4
naturale, dalla sommità della quale si precipita
nanno Branciforte fu ucciso a Bagheria dove
una copiosa quantità d’acqua, che nasconden-
si era recato prima di rifugiarsi a Napoli.
dosi in un profondo cavo, si fa poi rivedere in
Da quel momento la casina venne “saccheg-
forma di piccolo fiume, che con il suo corso
giata, distrutta, rimanendo generalmente nudi
fa più risaltare la va-
i muri, i pavimenti
ghezza del giardino”.
smattonati,
Lintervento di Vincen-
senza porte, i balconi
zo Di Martino, sino ad
senza vetrate e senza
ora ritenuto limitato
palmiggiane e qual-
al progetto del giardi-
che camera del tutto
no, fu esteso all’intera
smantellata e senza
casina, come si rileva
pavimento e siccome
dalle inedite relazioni
anche la facciata che
di appalto delle ope-
sporge dalla marina
re redatte dallo stesso
(Foro Italico) era stata
architetto.
All’inter-
in parte abbattuta fu la
parteciparono
famiglia Cattolica inti-
i “mastri” Giuseppe
mata da questo Senato
vento
gli
usci
Firriolo, Giuseppe Mirabile e Giovan Battista
(di Palermo) ad atterrarla interamente e biso-
Noto2• Gli eventi del 1820 furono piuttosto
gnò quindi ricostruire detta parte abbattuta
funesti per i Bonanno. Il 20 settembre la bat-
che un sÌ fatto avvenimento portò la conse-
teria marittima e le navi cannoniere dei rivolto
guenza che detta casina, divenuta inabitabile,
si diroccarono la casina sopra Porta dei Greci
non si è potuta locare dal 1820 a questa par-
per spingere allo scoperto le truppe borboni-
te(1833)”3.
che lì asserragliate. Il principe Giuseppe Bo-
Non disponendo di mezzi finanziari, per gli
eredi del principe Giuseppe Bonanno4 non
vilegio precedentemente costituito dai prin-
rimase altra scelta che ricorrere al Tribuna-
cipi di Cattolica, comprò l’intera proprietà
le Civile di Palermo per “costituire il privi-
per 1.600 onze pagate in monete d’argento6•
legio in favore di colui che si sarebbe offer-
Con una successiva scrittura privata BonoProspetto sul Foro ftalico.
5
to a sborsare la somma per la ricostruzione
mo dichiarò di aver acquistato la casina e il
suddetta”s. Nel marzo 1827 l’architetto Giu-
baluardo per conto del sacerdote Carmelo
seppe Incardona venne incaricato dal Tri-
Quartararo. Quest’ultimo, per la ricostru-
bunale Civile di redigere una dettagliata re-
zione dell’ edificio, aveva richiesto un presti-
lazione sullo stato dell’ edificio e dei lavori
to di 2.000 onze a Luigi Costamante, ricco
necessari per gli interventi di rifacimento.
possidente di Trapani. Ma, appena qual-
Nel 1833 Ergiminio Bonomo, in virtù del pri-
che mese dopo, la proprietà del baluardo
e degli edifici annessi venne ceduta al mar-
villa che i principi Bonanno possedevano a
chese Enrico Carlo Forcella7• Nell’ottobre
Bagheria, con l’impegno di riparare i danni
dello stesso anno, completate le opere di ri-
causati dal terremoto del 1823 su progetto di
costruzione iniziate dal sacerdote Quartara-
Nicolò Puglia8.
6.
Sala otldgonale con
fontana.
Fa parte dell’ampliamento
realizzato dall’architetto
Giuseppe Patricolo.
7.
La sala appare oggi come
uno degli ambienti più
degradati.
6/7
ro, secondo le previsioni dell’architetto Incardona, il marchese vi stabilì la propria dimora.
La casina di Porta dei Greci non era l’unica
proprietà dei principi di Cattolica venuta in
possesso del marchese Forcella. Questi, infatti, nel giugno del 1831 aveva ottenuto in
enfiteusi perpetua, per sé e i suoi eredi, la
IL MARCHESE ENRICO FORCELLA E LE VICENDE EDILIZIE DEL PALAZZO
Enrico era nato a Palermo nel 1795 da Giu-
dine di Francesco I, di Colonnello dei Reali
seppa Almirante e da Antonio Forcella che
Eserciti. Alle rendite ricavate dagli ex feudi di
con diploma reale del 20 giugno 1815 aveva
Pietralonga e Donaliga e da altri possedimen-
ottenuto per sé e i suoi eredi il titolo di mar-
ti terrieri ed urbani univa quelli provenienti
Il vestibolo d’ingresso
negli anni ‘60 ed oggi.
8/9
chese “appoggiato” sul cognome. Era spo-
dall’attività di procuratore di alcuni nobili
sato con Rosalia Migliaccio figlia di Ignazio
(tra cui il principe Pignatelli di Aragona, Ma-
principe di Malvagna.
ria Capece Minutoli dei duchi di San Valen-
Rivestì, come il padre, importanti cariche
tino e monsignor Gaetano Giunta priore di
onorifiche come quella di Gentiluomo di
Sant’Andrea di Piazza) e, soprattutto, dall’im-
Camera e Maggiordomo di Settimana di Fer-
portante ufficio di Amministratore Generale
dinando II, di Commendatore del Real Or-
della Casa e dei Siti Reali
10
di Palermo e provincia. Intrecciò rapporti con
cervi, palme, girali e rabeschi. Sebbene non
Nicolò Puglia che negli anni della costruzio-
accertato, è possibile ipotizzare un intervento
ne di palazzo Forcella stava eseguendo dei re-
dell’architetto Nicolò Puglia nella prima ste-
stauri, in qualità di architetto della Real Casa,
sura del progetto di palazzo Forcella, poi re-
del Palazzo Reale ed
alizzato parzialmente e
in particolare dell’ap-
portato a termine, nel
partamento detto “del
suo aspetto odierno,
duca di Calabria” de-
dagli architetti Em-
stinato
manuele Palazzotto e
tradizional-
mente al re e che com-
Giuseppe Patricolo.
prendeva la Sala di Re
Si possono individuare
Ruggero, allora chia-
tre diverse fasi nella ri-
mata “delle Dame”. La
costruzione del palaz-
frequenza quasi quo-
zo: la prima, conclusa
tidiana di quei luoghi,
nell’ ottobre del 1834,
della Cappella Palatina
consistente nella ripa-
e degli altri edifici di età
razione dei danni subiti
normanna di proprietà
nel 1820; la seconda,
regia non poco influenzò il marchese Forcel-
che vide impegnato l’architetto Palazzotto e
la nelle scelte degli apparati decorativi del suo
che si concluse nel 1841, riconoscibile nella
palazzo sopra Porta dei Greci. Strettissime
riconfigurazione in stile neoclassico del corpo
sono le analogie rintracciabili nel repertorio
centrale e della relativa sopraelevazione; infi-
iconografico utilizzato nei rivestimenti musivi
ne la terza comprendente gli interventi in stile
e spesso è esplicita la citazione: leoni e grifoni
neogotico del Patricolo, che seguono di pochi
inscritti in cerchi; pavoni che si fronteggiano;
anni il progetto del Castello Pennisi presso
Acireale e del Castello Saporito nel territorio
edificazione la perdita della vista sul mare9•
di Mazara, identificabili nell’ addizione del
Erudito, grecista, appassionato d’arte, arche-
corpo sud-orientale comprendente, tra l’al-
ologia e numismatica, Enrico Forcella scrisse
tro, una piccola sala ottagonale angolare con
«Numismata aliquot sicula», edito a Napoli
Galleria pnncipale con affaccio su
piazza Kalsa.
Gli apparati decorativi delle
pareti e della pavimentazione
s’ispirano a quelli della Sala degli
Ambasciatori dell’Alhambra a
Granada.
Lo stato odierno della
galleria mostra chiaramente
i danni arrecati dai furti e
dall’abbandono.
11
una fontana di ispirazione moresca. Inizial-
da Angelo Trani nel 1825. Fu anche autore
mente Forcella aveva previsto di ampliare il
del «Cerimoniale per la traslazione e tumu-
palazzo con l’aggiunta di un’ala a nordovest
lazione delle Auguste Salme di Guglielmo I
del corpo centrale, ma dovette ben presto
e Guglielmo 11 nelle restaurate tombe ove
desistere da questa impresa per l’energica
giaceano prima dell’incendio del Duomo di
opposizione delle suore del vicino Monaste-
Monreale avvenuto nel 1811», edito a Paler-
ro di Santa Teresa che temevano dalla nuova
mo nel 1844 per i tipi di M.A. Console.
Morì a Palermo il 30 agosto del 1855 senza
giore, conte d’Isnello, barone di Aspromonte.
figli, lasciando ogni suo bene al nipote Anto-
Limparentamento con una delle più ricche e
nio, figlio del fratello Orazio.
aristocratiche famiglie della Sicilia (la moglie
Dopo il 1875 il palazzo venne acquistato da
era dama di Corte della Regina Margherita
Biagio Licata, originario di Favara, un aristo-
di Savoia) favorì il suo impegno politico che
cratico di nuova generazione. La scalata so-
lo portò ben presto tra i senatori del Regno
ciale di Biagio era stata fulminante: in virtù
d’Italia. Morì a Palermo il 15 agosto del 1893.
del matrimonio, contratto nel 1864, con l’ere-
Gli successe il primogenito Antonio Matteo
ditiera Francesca Di Maria Termine aveva ac-
Arnaldo, nato il 15 gennaio del 1866, che nel
quisito nel 1868, nomine maritale, i titoli di
1895 aveva sposato Giulia Fardella figlia del
principe di Baucina, marchese di Montemag-
barone di Moxarta Stefano. Da questi nacque,
Galleria dei mosaici.
Nei preziosi rivestimenti
in marmo e mosaico
che ricoprono per intero
l’ambiente è esplicito il
riferimento alla Sala della
fontana della Zisa e alla
Sala di Re Ruggero nel
Palazzo Reale di Palermo.
12
nel settembre del 1896, Biagio sposato nel
chese di Montemaggiore, Giovanni conte
1919 con Giuseppina Cammarata l.anza fi-
d’Isnello e il Cavalier Oliviero, “abitano
glia del barone l.eoluca e di Vittoria Lanza
nel palazzo ereditato dal defunto lor pa-
dei principi di Mirto. Nella «Guida della
dre, al Foro Umberto I, e propriamente
Attuali condizioni della
Galleria dopo il furto di
alcuni rivestimenti mannorei
e delle colonne angolari.
13
Città di Palermo» del Guarneri (1902) tra
sopra Porta dei Greci dove trovasi una
le famiglie patrizie cittadine è menzionata
galleria che è un tesoro d’arte visitato da
anche quella dei Licata “oriunda famiglia
tutti i forestieri che vengono a Palermo”.
di Malta, portata in Sicilia da un Filippo
Consistenti furono gli interventi di am-
l.eocata, dalla cui linea discende Biagio Li-
modernamento operati dai Baucina, ma
cata”. Guarneri ci informa inoltre che tre
nessuno in grado di caratterizzare l’edi-
dei cinque figli di Biagio, Antonino mar-
ficio così come era avvenuto m passato.
I MARCHESI DE SETA
Nei primi decenni del Novecento il palazzo
Il palazzo ha l’accesso principale dalla cosid-
venne acquistato dal marchese Francesco de
detta rampa di Santa Teresa. Varcato il mo-
Seta, prefetto di Palermo. Su commissione del
numentale cancello, recante in alto lo stemma
de Seta, intorno al 1923, Onofrio Tomaselli
dei marchesi de Seta, si trova, di fronte, un
affrescò il grande salone neoclassico contiguo
piccolo portale in stile neo gotico che im-
alle due gallerie. Negli anni ‘50 la trasforma-
mette alla scala d’accesso del piano nobile.
zione in circolo con annessa sala da gioco e
Questa, non molto grande, è tutta in marmo
successivamente in sede del Consiglio di Giu-
grigio, a due rampe di circa venti scalini, in-
stizia Amministrativa ne mutò radicalmente
cassata fra due muri.
l’uso, segnando, in qualche modo, l’inizio di
Terminata la seconda fuga della scala si giun-
un’inesorabile decadenza. E di quegli anni
ge nel vestibolo, un ampio e luminoso vano
l’intervento riformatore del prof. Gino Mori-
rettangolare, con grandi vetrate archiacute,
ci, docente di chiara fama dell’ Accademia di
adornato, alle pareti, da esili colonnine e da
Belle Arti di Palermo, noto non soltanto per
un mosaico raffigurante delle fiere.
la sua febbrile attività di pittore, scenografo e
In comunicazione con il vestibolo due grandi
incisore, ma anche per alcuni prestigiosi alle-
ambienti. Il primo, alla destra di chi entra, è la
stimenti di architettura degli interni presso il
Grande Galleria. È un immenso ambiente a
Palazzo Correr e il Museo Nazionale di Vene-
doppia altezza, con affaccio su piazza Kalsa,
zia, il Palazzo del Governo di Torino e VIlla
riccamente configurato con apparati decorati-
Pajno a Palermo.
vi che hanno espliciti richiami all’architettura
Gli avvenimenti recenti sono purtroppo carat-
e agli interni dell’ Alhambra di Granada, ed in
terizzati dal perdurare dello stato di inutilizza-
particolare alle geometrie usate per decorare
zione di buona parte dell’ edificio, che ha favo-
la Sala degli Ambasciatori. La doppia altez-
rito il diffondersi del degrado e, cosa ancor più
za è segnata da un duplice ordine di finestre
grave, la sistematica spoliazione degli interni.
archiacute, e dal sistema di colonne sovrap-
poste collocate ai quattro angoli. Al di so-
marmi e di mosaici, dal pavimento alle pa-
pra di un alto lambris in marmo si disten-
reti, ricrea l’atmosfera di un ambiente aulico
de, per l’intero primo ordine della stanza,
di età normanna, con precisi riferimenti ai
una decorazione a stucco policroma. Lo
mosaici della Sala della Fontana della Zisa
15
schema geometrico delle decorazioni delle
e della sala di Re Ruggero nel Palazzo Re-
pareti viene ripreso nella pavimentazione,
ale di Palermo. Particolarmente preziosa la
realizzata in marmo a diversi colori, e nel-
volta dove, al di sopra di un sistema con-
la poderosa volta a padiglione di copertu-
tinuo di archetti trilobati sostenuti da esili
ra. Laltra galleria è disposta parallelamente
colonfine, corre senza soluzione di continu-
alla prima con la quale comunica attraverso
ità un’iscrizione dedicatoria in lingua greca,
due porte. Interamente rivestita di preziosi
chiara testimonianza degli studi condotti dal
Forcella e della sua fedeltà a re Ferdinando
niso e Arianna circondati da baccanti. Nono-
II Borbone (BASILEOS FERDINANDOΥ)
stante le attuali condizioni, palazzo Forcella
più volte menzionato. Linclinazione all’eclet-
mantiene inalterato il suo valore, incarnando
tismo, all’eruditismo e alla citazione colta si
gli ideali e le aspirazioni di quella classe diri-
coglie, del resto, in ogni particolare del palaz-
gente di inizio Ottocento, economicamente
zo. In uno degli ambienti minori dell’ ala di
forte, che a Palermo continuava a ricercare
rappresentanza un mosaico policromo rico-
nel fasto della propria dimora un sistema di
pre per intero il pavimento con la raffigura-
segni atto ad esprimere il ruolo sociale con-
zione di un guerriero clamidato a cavallo nell’
quistato. Enrico Forcella, che del palazzo è
atto di scagliare una lancia contro un cin-
il vero “ideatore”, è certamente espressione
ghiale assalito dai cani. La scena, tratta dall’
alta dell’eruditismo intellettuale locale di que-
«Ippolito di Euripide», è ispirata ad un noto
gli anni, e il suo interesse per l’architettura,
sarcofago, ben conosciuto dall’esperto anti-
l’arte e la storia patria, sembra andare oltre
quario Forcella, esistente nel duomo di Agri-
la passione colta di un esponente illuminato
gento e utilizzato come fonte battesimale1o•
dell’aristocrazia. La convivenza, nell’ edificio,
Negli appartamenti privati del marchese sono
di differenti ed eterogenei lessici architettoni-
ancora da notare un piccolo ambiente la cui
ci non può essere semplicisticamente inter-
volta è interamente rivestita di mosaici; una
pretata come frutto della stravagante tenden-
riproduzione semplificata e a scala ridotta del
za all’ eclettismo della committenza.
rivestimento musivo della volta della Sala di
Piuttosto nella riscoperta dell’architettura del
Re Ruggero, con tanto di medaglioni entro
Medioevo “isolano” si può intravedere il tra-
cui sono raffigurati leoni, grifoni e al centro
mite per una riesumazione di una specifica
lo stemma di famiglia. Nella piccola stanza
identità culturale che equivale al riconosci-
contigua, in un prezioso soffitto ligneo, è col-
mento della originaria condizione di “nazio-
locato un dipinto ad olio rappresentante Dio-
ne” della Sicilia.
UN PALAZZO TRA STORIA E LEGGENDA
di Cesare de Seta
Il palazzo lungo il Foro Italico, cresciuto sulle
Partinico per qualche mese in estate. Quel gior-
mura, è sempre stato un luogo ricordato nel-
no in piazza del Parlamento a Roma stavo con
le storie di famiglia: le zie, sorelle maggiori di
Danilo e i suoi amici contadini ai quali mi pre-
mio padre, erano le uniche ad avere memoria e
sentò: avevo in mano un cartellone, un vecchio
esperienza diretta di quella casa. Sono storie
Il marchese Cesare de
Seta con la moglie Agnese
Fiorillo dei marchesi
Marchianò, in braccio
il figlio Vittorio e poi,
dà sinistra, Davide,
Ermelindà, Emanuele e
Daniele il primogenito,
1887.
sfocate di balli e feste, con ospiti illustri e tanti
sorbetti e gelati, a cui anche a causa di conflitti
interni alla famiglia: come sempre in Sicilia (e
forse anche altrove) erano conflitti di interessi,
di eredità e di truffe per petrate ai danni dei congiunti che s’erano allontanati dall’isola, dunque
dal controllo del bene che era sì il palazzo, ma
anche molte altre proprietà. Che fossero molte
le terre possedute dai de Seta l’ho sentito dire
in famiglia e il tono di vita nella società del
tempo, e le cronache mondane palermitane tra
16
Otto e Novecento lo testimoniano. Che comunque la famiglia disponesse di vasti latifondi e li
gestisse con la durezza che era propria di quei
-avendo udito il mio cognome- me o tol-
tempi ne ebbi una diretta e assai tarda conferma
se di mano, guardandomi fisso e farfuglian-
molto giovane, in una manifestazione di brac-
do qualcosa in dialetto sibilò “Cui de Seta
cianti organizzata da Danilo Dolci a Roma.
nun tinemo nienti a chi fareI”. Questo epi-
Sarà stato il 1961. A quel tempo avevo cono-
sodio volevo raccontarlo nel mio romanzo
sciuto Dolci e come molti giovani ero rimasto
«La dimenticanza» (1994) visto che evo-
affascinato dal suo apostolato laico, ero stato a
co del tutto fantasiosamente i racconti un po’
Il marchese Giovanni de
Seta (seduto) con il figlio
Cesare in divisa del Regio
collegio della N unziatella
e con il figlio Francesco in
divisa di ufficiale del Regio
esercito; accanto un giovane
in abito talare (gennaio
1864).
favolistici che avevo sentito in casa delle zie,
“ una mala persona”. Tuttavia anche questo
ma poi me ne dimenticai ... ora ho l’occasione
Emanuele non era affatto amato da mio padre,
per riparare a quella omissione. Tuttavia il
anzi credo che lo detestasse per una certa vita
palazzo l’ho visitato una sola volta agli esordi
tra dissoluta e libertina che costui conduceva:
anzi ricordo benissimo che quando qualcuno gli
chiedeva se ne era parente, lui rispondeva che
era solo una omonimia. Tuttavia in questa famiglia -dai molti rami di un unico grande albero- tutti avevano le loro radici in Calabria tra
Paola e Cosenza: un fratello minore del nonno
ingegnere fu sottosegretario ai Lavori pubblici
17
in diversi governi Giolitti. Era stato eletto deputato con voto plebiscitario non essendoci aldegli anni Sessanta, in gita a Palermo: avevo
tri candidati nella circoscrizione in cui si pre-
neppure diciotto anni e rimasi molto colpito da
sentava ed aveva svolto una notevole attività in
un gran salone che era al piano nobile. Era
favore di queste povere terre. Aveva per altro
quello il salone delle feste dove danzava la bel-
creato dal nulla le Terme -ad Acquappesa, se
la zia Elvira con i suoi ammiratori ed era di
non erro- che esistono ancora e si chiamano
lei che più ne ho sentito dire o così mi sembra
appunto Luigiane. Agli inizi di quest’anno il
di ricordare. So che in anni recenti ci abitava
sindaco di Intavolata, a cui vorremmo donare
Emanuele de Seta che non ho mai incontrato
il nostro palazzotto-fortezza (sempre che si ri-
e che il possesso di quel palazzo fu causa di
esca a rintracciare tutti gli aventi possesso), mi
una lunga contesa giudiziaria con un avvocato
chiedeva il contributo del nostro archivio per
palermitano molto potente di cui in famiglia
onorare l’onorevole Luigi de Seta e il fratello
si diceva un gran male: le zie dicevano che era
Cesare che era assurto al più alto grado della
magistratura. Essi, evidentemente, hanno la-
Pur avendo una certa familiarità con questo
sciato un buon ricordo. Eho dovuto deludere
mestiere e con gli archivi, non so darmi ragione
perché purtroppo -per le traversie complesse
del perché non abbia mai deciso di occuparmene
della nostra famiglia- a me, ai miei fratelli e
in prima persona. Francamente non lo so, quasi
ai parenti stretti non restano che taluni ritagli
che preferisca conservare di questo passato l’alo-
di giornale e qualche antica foto. Ora tuttavia
ne favolistico che di esso mi hanno trasmesso i
questo articolo sul palazzo de Seta a Palermo
racconti delle vecchie zie o ascoltare i racconti
mette a fuoco un tassello della nostra famiglia
che amici palermitani più avanti negli anni mi
che mancava ed io non dispero che conducendo
hanno fatto di questi parenti che non ho mai
indagini all’Archivio di Stato di Napoli e di
conosciuto personalmente ma che appartengono
Palermo possano saltar fuori altri documenti.
tuttavia alla saga della mia famiglia.
Le foto nn. 3, 4, 6, 8 e 11 sono state gentilmente concesse dall’Ufficio del Centro Storico del Comune di Palermo.
Le foto nn. 16 e 17 sono dell’archivio de Seta. Le foto nn. 1 e 5 sono “Viste dal mare del prospetto del Palazzo”, anni ‘30,
collezione privata. Le altre foto sono state fomite dall’ architetto Barbara Rappa.
1 Cfr. atto del 23 luglio del 1789 del notaio
Giuseppe Fontana, volume 15154, pp.
553- 550, ASPa (Archivio di Stato di
Palermo).
2 Cfr. Atto del notaio Francesco Antonio
Bruno del 30 ottobre 1815, ASPa.
3 Atto di vendita del baluardo e della casina
sopra Porta dei Greci di proprietà degli eredi
del principe Giuseppe Bonanno di Cattolica
a Ergiminio Bonomo stilato dal Notaio
Salvatore Epiro Zummo il 1833, voI.
40835, ASPa.
4 Gli eredi del principe Giuseppe Bonanno
erano: i figli Francesco Antonio (erede
universale) e Marianna, là moglie Teresa
M oncada, nellà duplice veste di vedova e
di tutrice del figlio interdetto Giuseppe, e
Saveria Esposito, vedova, erede usufruttuaria di Salvatore Bonanno duca di Foresta,
secondogenito di Giuseppe, nonché tutrice
dei figli Francesco Paolo, Raffaella e Teresa
Bonanno.
5 Cfr. n. 3.
6 Cfr. n. 3.
7 Il marchese Forcella in precedenza aveva
edificato un palàzzo nella Strada Nuova
fuori Porta Maqueda (attuale via Ruggiero
Settimo), che in seguito sarà acquistato dai
principi Lanza di Scalea. In un “quartino”
ospitò per lunghi anni l’amico marchese
Giacomo Giuseppe Haus, erudito e mecenate
che donò molti quadri dellà sua collezione
alla Pinacoteca dell’Università di Palermo.
8 Cfr. atto del 9 giugno del 1831 del notaio
Salvatore Epiro Zummo, vol. 40832,
ASPa.
9 Secondo là descrizione del catasto borbonico
del 1850-54 il palàzzo del marchese
Forcellà era costituito da: “appartamento
nobile di membri 32; quartino secondo piano
di membri 18 e casa terrana”. Forcella
possedeva anche una “casa terrana e una
solerata” con accesso dalla salita Forcella
(attuale rampa di Santa Teresa). Cfr.
Regia Delegazione per là Compilàzione dei
Catasti, ASPa.
10 Cfr. Raffaello Politi, illustrazione
al sarcofago agrigentino rappresentante
l’ippolito di Euripide, scultura in alto rilievo
in marmo statuario antico, Lorenzo Dato,
Palermo 1822.
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