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La chiesa dei Leoni a Umm al-Rasas - Kastron Mefaa

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La chiesa dei Leoni a Umm al-Rasas - Kastron Mefaa
LA CHIESA DEI LEONI
A UMM AL-RASAS – KASTRON MEFAA
M. Piccirillo
Terminata l’esposizione di gran parte del complesso di S. Stefano, sul
limite settentrionale del quartiere fuori le mura del castrum di Umm
al-Rasas - Kastron Mefaa 1, durante la quarta campagna del 1989 decidemmo di estendere l’esplorazione delle rovine all’interno dell’abitato.
A tale scopo fu scelta l’area urbana limitata tra il complesso di S. Stefano a nord e il muro del castrum a sud (Fig. 1). Dal rilievo topografico delle murature emergenti risultava un’area di circa 100 m di lato
occupata al centro da due complessi ecclesiastici caratterizzati da due
chiese e da una cappella circondati da cortili chiusi all’interno di mura
di cinta con aperture sui vicoli del quartiere urbano. Logisticamente, la
strada che costeggia a sud il complesso di S. Stefano e quella che attraversa le rovine da est a ovest aperta dai beduini Salayta nella prima metà del secolo, avrebbero facilitato gli scarichi dello scavo verso
l’esterno nelle due direzioni. Abbiamo iniziato con lo scavo della chiesa del complesso meridionale procedendo verso nord (Foto 2-4). Rimosso l’accumulo del crollo dell’edificio centrale, abbiamo riportato
alla luce un’altra splendida opera dei mosaicisti del VI sec. operanti
nel territorio della diocesi di Madaba. In questo studio ci limitiamo a
presentare la chiesa del complesso con gli annessi in facciata esplorati
durante le campagne 1989 - 1992 2. La chiesa è stata denominata dei
Leoni dalle due fiere affrontate nel mosaico al centro del presbiterio 3.
1. M. Piccirillo, “Il complesso di Santo Stefano a Umm al-Rasas - Kastron Mefaa in Giordania (1986-1991)”, LA 41, 1991, 327-364; E. Alliata, “Ceramica del complesso di Santo
Stefano a Umm al-Rasas”, ivi, 365-422.
2. Notizie sullo scavo in “Ricerca in Giordania”, LA 39, 1989, 266-268; 40, 463-466; 41,
522-523.
3. Allo scavo hanno partecipato in diverse maniere tutti i componenti della spedizione. Il
rilievo grafico è stato rilevato e disegnato dal padre Eugenio Alliata, da A. Ferrari, Benedetta Steri, Paola Pizzi e Alfredo Roncalli.
LA 42 (1992) 199-225; Tavv. 1-22
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M. PICCIRILLO
Fig. 1 Pianta generale del settore nord est della città. A. Complesso di S. Stefano.
B. Chiesa dei Leoni. C. Cappella dei Pavoni. D. Castrum (E. Alliata - B. Steri).
LA CHIESA DEI LEONI
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L’edificio
Tra le chiese finora identificate e scavate tra le rovine di Umm er-Rasas,
la chiesa dei Leoni risulta di dimensioni maggiorate (26 m × 15 m circa),
l’unica triabsidata in tutta la regione di Madaba, con l’ambiente di servizio o diakonikon mosaicato in facciata (Foto 1). Nel complesso ecclesiastico l’edificio occupa il settore di sud est (Fig. 2). Le murature sono ben
conservate fino all’altezza della semicalotta nelle absidi laterali, e in facciata per circa tre metri. Sono anche conservati, anche se caduti, tre pilastri e gli archi dell’allineamento settentrionale. Elementi architettonici che
hanno reso possibile la ricostruzione grafica della chiesa almeno fino al
claristorio. Come nelle altre chiese di Umm al-Rasas, le pareti della chiesa sono costruite con una doppia fila di blocchi di calcare o di pietra
silicea sommariamente sbozzati e messi in opera con molte inzeppature,
mentre i paramenti interni delle absidi, i pilastri e gli archi sono costruiti
in blocchi squadrati di pietra lumachella. I blocchi delle mensole dei pilastri e i capitelli dei piedritti delle porte recano una modanatura semplice
Fig. 2 Ricostruzione assonometrica della Chiesa dei Leoni (A. Ferrari - E.
Alliata).
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Fig. 3-4 Fastigio (E. Alliata - T. Waliszewski) e mensa marmorea (M. Marini),
dal cortile sud.
con l’aggiunta di qualche disegno geometrico molto semplificato. Gli
architravi sulle porte sono decorati con croci incise in cerchio. La porta
meglio conservata e elaborata risulta quella al centro della facciata.
L’architrave decorato con tre croci in cerchio che poggia sui due capitelli
modanati e decorati con una linea di triangoli, è inquadrato sui lati e in
alto da un listello sagomato di lastre leggermente aggettanti verso l’esterno (Foto 7-8, 11). All’interno per tutta la profondità del muro la porta è
coperta a volta. Riutilizzato nella scala del cortile nord è stata ricuperata
anche la croce in pietra del fastigio. Tra le macerie nei pressi della porta
si è conservata una lastra di pietra lumachella intonacata sulla faccia interna con due fori per l’areazione proveniente da una finestrella. Sull’intonaco è ancora leggibile il nome di un benefattore dipinto in rosso (Foto
55).
La porta centrale in facciata metteva in comunicazione con il vestibolo e tramite una scala di cinque gradini con il cortile centrale del complesso che restava ad una quota superiore. Il sondaggio nei pressi della
scala ha portato a concludere che questa fu aggiunta in un secondo tempo
quando il livello del cortile fu rialzato di circa un metro. La porta meridionale in facciata apriva sul vano di servizio mosaicato o diakonikon.
Due porte sulla parete nord della chiesa aprivano sul cortile lastricato al
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centro dell’ala settentrionale in comunicazione con la strada tramite una
porta sulla parete nord. Nella fase finale entrambe le porte della chiesa
vennero bloccate. Non sembra ci fossero aperture sulla parete meridionale con passaggio diretto sul cortile corrispondente ad una quota più alta
della chiesa. Una scala in muratura aggiunta sulla parete meridionale nell’angolo di sud ovest permetteva di raggiungere la strada che costeggiava
il complesso a meridione ad una quota superiore di circa tre metri, passando sopra il tetto degli ambienti semisotterranei costruiti a ridosso delo
spigolo della chiesa (Foto 10).
Il mosaico dell’area occidentale del tappeto centrale era stato completamente e accuratamente asportato prima che gli archi dell’allineamento
meridionale cadessero sul pavimento. A giudicare da alcune zone restaurate con un intonaco di diverso colore del letto originale del mosaico, e da
una vaschetta per conservare la calce costruita sul mosaico nell’angolo di
nord-ovest della navata nord, si potrebbe pensare alla rioccupazione ad abitazione di questo settore della chiesa prima del crollo. Sempre prima del
crollo sull’intonaco bianco del pilastro del primo arco nei pressi della porta fu scritta a carbone una dedica in greco e in arabo, che siamo riusciti in
parte a recuperare sul pavimento. In una fase intermedia, sulla terra di accumulo che copriva la vaschetta per conservare la calce fu costruito un focolare nei pressi del quale fu recuperata la cassetta di un reliquiario.
Il vestibolo in facciata risultava separato in due ambienti completamente distinti: il diakonikon a sud e un vano funerario a nord. Dal vestibolo,
attraverso una bassa porticina con architrave, si entrava nell’ambiente
funerario. Il piccolo vano quadrangolare era coperto da lastre di pietra
lumachella sorrette da un arco in direzione est ovest con appoggio su due
mensole infisse nelle pareti. Al centro del pavimento, una tomba rettangolare in muratura coperta di lastre in pietra serviva da passaggio per una
cripta funeraria che si estendeva a ovest sotto il vano antistante il vestibolo
della chiesa. Una seconda tomba costruita a fossa ad una quota più alta era
stata coperta dal muro e dalla porta di ingresso all’ambiente funerario. La
doppia tomba plurima fu aperta nottetempo dai cercatori di tesori. Uno scavo di salvataggio condotto l’ultimo giorno della sesta campagna ha ridato
alcuni oggetti in metallo, una lampada e uno scarabeo egiziano. L’impronta dello scarabeo reca una sfinge con il nome Ammon 4. Il muro che chiude
a sud l’estensione della tomba verso ovest é stranamente costruito sopra un
4. Uno scarabeo simile è stato trovato a Lehun (D. Homès-Fredericq, “Late Bronze and Iron
Age Evidence from Lehun in Moab”, in Early Edom and Moab. The Beginning of the Iron
Age in Southern Jordan, ed. P. Bienkowski, Sheffield 1992, p. 192, fig. 16, 5).
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mezzo arco caduto da un pilastro di fronte alla porta con imposta d’arco
ancora al suo posto.
Direttamente dalla chiesa attraverso la porta meridionale si entrava nell’ambiente di servizio o diakonikon aggiunto in un secondo tempo alla facciata della chiesa la cui muratura a questo punto si restringe creando una
risega 5. L’ambiente era coperto dal tetto sorretto da due archi in direzione
est ovest con partenza da due mensole di appoggio sporgenti ai lati della
porta sulla parete orientale con ricaduta su due normali pilastri addossati
alla parete occidentale. Il vano era arieggiato da tre feritoie aperte sulla
parete nord che dava sul vestibolo di fronte alla porta centrale della chiesa
e da una finestrella al centro della parete meridionale che si affacciava sugli ambienti semisotterranei all’esterno 6.
Le tre absidi inscritte nella spessa parete di fondo sembrano contemporanee al mosaico pavimentale (Foto 12). Risulta invece aggiunto il gradino
costruito con mattoni crudi ricoperti di intonaco bianco lungo il perimetro
dell’abside centrale. Due nicchie costruite in conci di pietra lumachella si
aprono al centro delle due absidi laterali. L’edificio ha subito uno strano
movimento di torsione da est verso nord riscontrabile nelle murature delle
tre absidi e nella caduta degli archi e delle pareti. Il crollo avvenne in due
tempi. In un primo tempo crollò la serie di archi dell’allineamento meridionale con caduta anche del tetto e di parte della parete meridionale direttamente sul pavimento mosaicato. I conci sagomati degli archi erano
coperti da uno spesso strato di intonaci e di tegole isolate o compattate con
un impasto cementizio specialmente nelle vicinanze delle pareti. Nel crollo erano restati coinvolti e schiacciati i plutei e i pilastrini della balaustra
(Foto 5-6). La mancanza della parte alta delle colonnine del pulpito, della
mensa della tavola per le offerte, e la dispersione all’interno della chiesa di
frammenti dei plutei testimonia per un periodo di abbandono della chiesa
prima del crollo.
5. Il diakonikon mosaicato in facciata ricompare nella vicina cappella dei Pavoni esplorata
durante la settima campagna. In questo caso però l’ambiente di servizio è costruito all’esterno della parete nord. A Madaba, la chiesa della Carta e la chiesa del Profeta Elia avevano il
diakonikon a sud nei pressi della porta (Piccirillo, Chiese e mosaici di Madaba, Jerusalem
1989, p. 67 e p. 79).
6. Nell’ultima fase di occupazione il cortile del seminterrato era stato utilizzato come discarica, ridando cosí il primo deposito rilevante di tipologie ceramiche in uso a Umm alRasas in periodo omayyade-abbaside. Tra i cocci abbiamo recuperato una lampada intera
del tipo a girali di tralci di vite decorati con volatili e grappoli d’uva, e l’orlo di un catino
con inciso prima della cottura un graffito di arabo, Al hamdu lillah (Grazie a Dio!).
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Fig. 5, 1-3
Plutei del presbiterio (M. Marini).
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Fig. 5, 4-6
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Plutei del presbiterio (E. Alliata).
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Il presbiterio rialzato di due gradini si estende fino all’altezza della prima fila di pilastri. Del mobilio liturgico restavano il primo ricorso dell’altare in muratura al centro dell’abside, e nei pressi della balaustra a nord
dell’ingresso, la base con due colonnine della tavola per le offerte, alcuni
pilastrini e tre plutei completi della balaustra insieme a frammenti degli
altri elementi (Foto 15). Nello scavo sono stati recuperati anche due capitelli di dimensioni maggiorate scolpiti in pietra bianca e il frammento di
un terzo riferibili alle colonne di un ciborio, come nella chiesa di S. Stefano (Foto 27-30). Stranamente non resta traccia dei fusti di colonna corrispondenti né del loro allettamento. Frontalmente a sud aggetta nella navata
centrale l’ambone della chiesa tra i meglio conservati finora scoperti nella
regione.
Il mobilio liturgico
L’altare nell’abside risultava un rifacimento in muratura di un altare precedente con la mensa sorretta da quattro colonnine (Foto 13-14). Gli incavi
in pietra lumachella con frammenti delle colonnine in scisto bituminoso
erano stati inglobati nella muratura delimitata nel programma del mosaico
da un pannello rettangolare di linee policrome 7. Il frammento di una mensa in marmo bianco recuperato in un ambiente all’esterno della chiesa potrebbe aver fatto parte di tale altare. Le linee perimetrali del mosaico che
seguono i margini irregolari degli incavi in pietra per le basi delle colonnine, potrebbero appartenere ad un rifacimento e rimandare in tal caso ad
un altare mobile originario.
La tavola per le offerte all’interno della balaustra a nord dell’ingresso era
composta da due colonnine infisse in una lastra di pietra lumachella ritrovate nei pressi. Non siamo riusciti a recuperare la mensa corrispondente.
La balaustra era composta originariamente da sei plutei in lastre di
scisto bituminoso sorrette da pilastrini della stessa pietra con bulbo terminale decorati su un lato con riquadrature modanate (Foto 16-19; Fig. 5,16). Il pluteo frontale nei pressi dell’ambone era intagliato con un motivo
di croci di scuta con le risulte decorate con croci circondato sui fianchi
da due linee di mezze rosette alternativamente invertite. Uno dei plutei
del lato sud recava al centro una croce a banda piana con gigli agli incro-
7. Come nella chiesa del Vescovo Sergio (Cfr. LA 41, 1991, p. 333, fig. 3) e nella chiesa di
S. Stefano (ivi, p. 343 s.).
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ci dei bracci, chiusa in un cerchio a banda piana da cui partono due
lemnischi che terminano con una croce aggiunta al di sopra della punta
dell’edere. Un terzo pluteo era decorato con un intreccio di cerchi all’interno di un medaglione con croci nelle risulte. Un quarto con cerchi accostati e intrecciati decorati con croci. Su un quinto erano stati scolpiti
due agnelli affrontati ad una croce su un globo-monte. I due animali vennero erasi con cura durante la crisi iconoclastica. Una lastra del fianco
nord aveva due animali, anch’essi erasi, affrontati a un cantaro ansato su
piedistallo con fuoriuscita di due rametti.
L’arredo liturgico più completo è l’ambone che aggetta nella navata
centrale con partenza nei pressi del primo pilastro dell’allineamento meridionale sullo spigolo di sud ovest del presbiterio (Foto 20) 8. È composto di due elementi: la scala in muratura e la piattaforma esagonale
sorretta da quattro colonne. La scala poggia sui due gradini del presbiterio. Tutti e sei i gradini sono sagomati sui fianchi per l’appoggio delle
due lastre di scisto bituminoso che servivano da poggiamano e ringhiera
sorretti da due pilastrini in scisto bituminoso ai lati della scala. L’ultimo
gradino era sagomato anche sul davanti per l’appoggio della piattaforma.
La lastra completa in scisto bituminoso del lato nord dalla forma
trapezoidale si incastra perfettamente nella scanalatura del pilastrino
nord di partenza (Foto 20). È decorata con quattro cerchi annodati con
inseriti una croce fiorita, un vaso, e probabilmente un motivo figurativo
rimosso dagli iconoclasti. Della seconda lastra resta solo un piccolo
frammento dello spigolo. Della parte antistante dell’ambone resta la base
circolare in pietra inserita nel pavimento con la parte inferiore delle
quattro colonnine che originariamente si alzavano per più di un metro
per sorreggere la piattaforma. Questa era di forma esagonale a giudicare
dalle cinque lastre di scisto bituminoso ritrovate nei pressi insieme ad
uno spigolo sagomato della piattaforma stessa (Foto 21-26). La decorazione delle lastre ripete i motivi dei plutei della balaustra (Fig. 6,1-5).
Una rosetta decora il centro di due quadrati intrecciati. Una croce fiorita
è scolpita al centro di un motivo di svastica a doppio ritorno. Una croce
è inserita al centro di un intreccio di cerchi decorati con rosette. Un
intreccio di cerchi decorati da quattro clipei. La lastra con una croce in
evidenza al centro di quattro esagoni polilobati affiancati e annodati doveva occupare il centro del parapetto della piattaforma. Fori indicano i
8 . Come nella basilica di Mosè al Nebo (S. Saller, The Memorial of Moses on Mount Nebo,
Jerusalem 1941, I, p. 55, fig. 11; II, Pl. 43) e nelle chiese di Gerasa (C. Kraeling, Gerasa
City of the Decapolis, New Haven 1937, p. 184).
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Fig. 6.1-5 Plutei appartenenti al pulpito (M. Marini).
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Fig. 6.6-7 Parapetto della scala e frammento della piattaforma esagonale del
pulpito (M. Marini).
Fig. 6.7 Pianta e ricostruzione del pulpito (E. Alliata).
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punti di aggangio delle lastre rinforzati da chiodi in ferro ritrovati sul
pavimento. Il mosaico segue l’andamento circolare della base in pietra.
Certamente il mosaicista tenne conto della presenza dell’ambone nel programmare la decorazione dell’area corrispondente della navata centrale.
Con l’ovvia conclusione che l’ambone sia contemporaneo con il mosaico e non aggiunto in un secondo tempo 9.
Dei capitelli in pietra bianca di dimensioni maggiorate, quello meglio
conservato fu trovato nel presbiterio nei pressi della tavola delle offerte (Foto
27-28; Fig. 7,1). Vicino fu trovato anche un frammento di un secondo dello
stesso stile. Quello più eroso fu recuperato in superficie e mostra evidenti
tracce della esposizione alle intemperie (Foto 29-30; Fig. 7,2). Lo stile dell’intaglio a linee nette dei capitelli come dei plutei della balaustra e
dell’ambone risentono della tecnica utilizzata in periodo omayyade nelle
sculture e negli stucchi 10.
La cassetta di un reliquiario in marmo ritrovata nell’angolo di sud-est
della chiesa è del tipo a diversi scomparti interni (Foto 54; Fig. 8,1-2). Nei
pressi dell’altare fu ritrovato anche un supporto per incensiere in pietra con
tracce di bruciatura all’interno. L’oggetto è quadrato con accenno sagomato
dei quattro piedi.
Una lampada in vetro sostenuta da tre fasciette in rame era caduta sul
lato nord della fascia del mosaico della navata centrale sulle fronde
dell’alberello a est della figura con la fionda in mano (Foto 50).
Il mosaico
Il mosaico pavimentale della chiesa dei Leoni subì un primo intervento distruttivo durante la crisi iconoclastica. Inoltre, prima del crollo della chiesa
a seguito della caduta delle arcate meridionali, il mosaico della navata centrale era stato in gran parte asportato probabilmente quando il settore della
chiesa venne utilizzato come vano di abitazione. Malgrado tali danni, il
mosaico per finezza di esecuzione resta uno dei capolavori dei mosaicisti
operanti nella regione di Madaba nella seconda metà del VI secolo (Pianta
fuori testo I).
Il programma decorativo risulta quantomai omogeneo nella impostazione generale che segue la spartizione funzionale e architettonica della
9. Cfr. J. Lassus, Sanctuaires Chrétiens de Syrie, 1947, p. 207 s.
10. Cfr. i merli di Qasr al-Hayr al-Gharby, un frammento di fregio con foglia trilobata, un
intaglio su legno con foglie ecc. (Institut du Monde Arabe, Chateaux Omayyades de Syrie,
pp. 26-33).
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Fig. 7.1 Capitello in calcare (M. Marini)
Fig. 7.2 Capitello in calcare (M. Marini)
LA CHIESA DEI LEONI
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chiesa. L’unico elemento anomalo è dato dall’area di fronte al gradino del
presbiterio obbligata dall’estensione dell’ambone nella navata centrale.
Della scena adottata, danneggiata dagli iconoclasti e sostituita con un nuovo motivo, resta troppo poco per immaginare nei dettagli la soluzione proposta dai mosaicisti.
Il mosaico del presbiterio
Nel presbiterio la zona curvilinea dell’abside è nettamente divisa dall’area
rettangolare di fronte all’altare (Foto 31). I due motivi dello stesso tappeto
sono in qualche modo unificati dalla frangia perimetrale che però varia nei
due casi. Una fascia con treccia a due capi con frangia a punta di triangoli
dentati circonda il campo omogeneo di fiori. Sul lato di ovest il motivo è
chiuso da una linea dentellata di tessere rosse interrotta al centro dal ret-
Fig. 8,1-2 Reliquiario in marmo (M. Marini) e restituzione del coperchio da
frammenti (E. Alliata).
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tangolo su fondo bianco dell’altare. Il centro d’interesse della composizione è indicato dalla croce fiorita in cerchi concentrici sotto l’altare affiancato da due vitelli con una campanella appesa al collo, sfigurati dagli iconoclasti ma riconoscibili dalle corna, dalla coda, e dalle zampe. Nella zona
tra la fascia e la parete era aggiunta una linea di tessere nere interrotta da
quadratini. Una linea di fiori all’altezza dei piedi dei due vitelli, riempiva
lo spazio bianco tra il pannello dell’altare e il motivo seguente.
L’area del bema antistante l’altare è chiusa a est e a ovest da una fascia
di rombi composti da croci di fiori e da linee triple dentate di tessere nere e
gialle con diamanti inseriti al centro. La fascia è inserita tra due bande di
linee policrome di tessere rosse e nere che circonda anche il pannello figurato centrale decorato sui lati da una frangia di triangoli dentati di tessere
nere con terminazione a punta rotonda dello stesso colore. La fascia interna del pannello è composta da medaglioni figurati su fondo nero interrotti
da semicrocette di tessere bianche e gialle nelle risulte dei lati di est e di
ovest, e da coppie di foglie alternativamente di colore bianco e rosa contrapposte ad una croce al centro sui lati. I motivi figurativi dei medaglioni,
volatili alternati con frutti, sono ritmati da grappoli d’uva che si ripetono
nei medaglioni d’angolo e sui lati (Foto 35-40). Sul lato di sinistra, iniziando dal grappolo in basso, e rotando in senso orario, sono riconoscibili una
gallinella, un frutto con roncola, tre melegrane e un volatile sfigurato. Sul
lato di est, un volatile sfigurato, una foglia con tre pere, un volatile sfigurato, il grappolo d’uva, due pappagallini con nastro affrontati, il grappolo,
un volatile sfigurato, una foglia a cuore con tre frutti, un volatile sfigurato.
Sul lato di destra, un volatile sfigurato, tre melegrane isolate sul fondo
bianco, un frutto con coltello a punta, una gallinella. Sul lato di ovest, un
volatile sfigurato, una foglia a cuore con tre frutti, un volatile sfigurato, il
grappolo, un volatile sfigurato, una gazza che becca dei semi, il grappolo,
una cicogna che becca un ramoscello, una foglia a cuore con tre frutti, una
gallinella.
Lo spazio interno del tappeto è scandito da tre alberelli carichi di frutti,
melegrane sui lati e mele al centro. Due fiere (che abbiamo identificato con
leoni) sono affontate all’alberello centrale (Foto 32). Due gazzelle sono aggiunte sui margini rivolte verso il centro in atto di brucare le foglie
dell’alberello corrispondente (Foto 33-34). Il mosaicista si è divertito a ritrarre la gazzella di sinistra (sfigurata dagli iconoclasti) nell’atto di defecare.
La stessa accuratezza decorativa risulta nelle semilunette delle due absidi laterali. Il pannello semicircolare dell’absidiola di nord chiuso all’interno di una doppia linea di tessere nere e rosse è circondato da una frangia
esterna di triangoli dentati di tessere nere con terminazione a punta roton-
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da, con l’aggiunta sul lato frontale di una linea dentellata di tessere rosse.
Il campo è decorato con due gallinacei affrontati ad un cantaro ansato su
piedistallo con l’aggiunta di due colombi posati sull’orlo (Foto 47). I quattro volatili furono sfigurati dagli iconoclasti. Il meno danneggiato è il volatile di sinistra, di cui resta il corto becco con parte della cresta e tutta la
parte posteriore con il ricco piumaggio. Nel pannello speculare dell’absidiola di sud due aquile, di cui restano visibili per l’identificazione il becco,
gli artigli e parte della coda, erano affrontati ad un cantaro ansato dal quale
spunta un fiore di loto (Foto 46). Il motivo è accompagnato in alto da una
iscrizione con i nomi dei benefattori.
Il mosaico del corpo della chiesa
Come abbiamo anticipato, l’ampia zona mosaicata che separa il gradino del
presbiterio dalla fascia del tappeto centrale è una caratteristica del programma decorativo della chiesa dei Leoni se confrontato con i mosaici delle chiese nel territorio di Madaba 11. I mosaicisti vi furono obbligati dalla presenza
dell’ambone che si proietta all’interno della navata sul margine destro. Il
danno iconoclastico impedisce di immaginare i dettagli della soluzione adottata che si può solo congetturare in base ai pochi elementi superstiti fuori del
riquadro con reticolo di fiori copiato dalle navatelle laterali con il quale la
scena fu sostituita (Foto 41). Della scena originaria restano lungo il gradino
alcuni nomi mutili accompagnati da linee di tessere curvilinee e da una fronda di un alberello che rimandano a benefattori ritratti tra gli alberi. Nei pressi dell’ambone, fuori del reticolo geometrico chiaramente terminato a caso,
era raffigurato un cacciatore armato di arco in atto di incoccare la freccia da
lanciare contro la preda. Nelle altre due figure danneggiate si possono immaginare il cane nei pressi dell’arciere e la preda di fronte alla base circolare
dell’ambone. La parte superiore della scena resa completamente illegibile è
sostituita con una grande foglia a cuore in tessere nere e grigie. Con molta
probabilità di questa scena faceva parte anche la vignetta di Kastron Mefaa
raffigurata sulla sinistra. La vignetta infatti fuoriesce verso destra dai limiti
ristretti del lungo intercolunnio per estendersi di lato nell’area del pavimento di fronte al gradino. Un dettaglio inspiegabile se non come parte integran-
11. Una soluzione simile, anche qui obbligata dalla presenza dell’ambone, verrà adottata
nella chiesa di S. Stefano dove l’area viene divisa in due pannelli rettangolari per l’iscrizione dedicatoria e una teoria di benefattori (M. Piccirillo, The Mosaics of Jordan, Amman
1993, 345-346).
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M. PICCIRILLO
te della scena che possiamo ipotizzare come una scena di caccia ambientata
nei pressi della città 12.
Il tappeto centrale esteso a tutta l’area rimanente della lunga navata fin
nei pressi della porta, è circondato da una triplice fascia (Foto 43). La fascia esterna è composta da una serie continua di cerchi e di quadrati uniti
da un elemento a trifoglio su fondo di tessere rosse. La larga fascia centrale con una teoria di persone alternate ad alberelli carichi di frutto su fondo
di tessere bianche, e la fascia interna con una treccia semplice a due capi
su fondo nero. A giudicare dal poco che resta, le figure della fascia identificate con i benefattori della chiesa erano raffigurati nell’atto di recare doni
o in scene di vita. Sul lato di est come sul limite occidentale del lato nord,
chiaramente restano visibili i cesti pieni di frutti portati sulle spalle da persone riccamente vestite con mantelli svolazzanti. Sul margine orientale del
lato nord invece una fionda e la briglia di un animale da soma legato ad un
alberello rimandano ad una scena di vita. La maggior parte degli alberelli
recano melegrane ma anche altri frutti come pere.
La decorazione del tappeto della lunga navata era spartita da una serie di
registri di tre ampi girali di acanto su fondo di tessere bianco. Restano solo
quattro registri e parte del quinto sulla testata orientale decorati con scene di
vita pesantemente sfigurate durante la crisi iconoclastica. Due animali non
identificabili inclinati in avanti (pavoni?) confrontavano nel primo registro il
medaglione centrale con un’iscrizione in greco. Nel secondo registro seguiva una scena di uccellaggione composta dal cacciatore, al centro, riconoscibile dalla bacchetta, e dalla gabbia nella quale era raffigurata la pernice di
richiamo, con aggiunta una pernice posata sull’anello in alto e una terza pernice nei pressi della porticina aperta che stava per entrare nella gabbia. Un
animale caratterizzato da una lunga coda (una volpe?) era raffigurato nel terzo girale. Unica figura identificabile del terzo registro è Salamanis (figlio) di
Sobanu ritratto a cavallo con una frusta in mano nel girale al centro. Un motivo floreale molto stilizzato sostituisce nel girale di destra la figura distrutta. Anche nel quarto registro resta identificabile solo il motivo del girale
centrale con Giovanni (figlio) di Saolo ritratto come un soldato armato di
spada e di scudo mentre affronta una possibile fiera. Nel girale superstite del
quinto registro resta in alto la linea di profilo di un animale.
Un’altra caratteristica della chiesa dei Leoni sono gli stretti e lunghi
intercolunni che separano il programma decorativo della navata centrale dal
motivo delle navate laterali. L’intercolunnio orientale dell’allineamento
12. Come nel pannello centrale nell’aula della cappella della Theotokos del Memoriale di
Mosè sul monte Nebo (Piccirillo, Chiese e mosaici di Madaba, p. 164).
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nord era decorato parte con la vignetta di Kastron Mefaa parte con un nodo
multiplo in un rombo, seguito da un motivo figurativo nell’intercolunnio
adiacente completamente sfigurato dagli iconoclasti. Gli altri intercolunni
recano tutti un motivo geometrico: quadrati con una doppia svastica alternati a motivi ad arcobaleno, ottagoni e cerchi che si intersecano, ottagoni
decorati con treccie e motivi ad arcobaleno, campo di fioretti in diagonale.
Entrambe le navate laterali sono decorate con un reticolo unico di rombi
di fiori in diagonale caricati con diamanti. Il reticolo è chiuso da una treccia
multipla a calice con orlo curvo e occhielli nella navata sud, a quattro capi su
fondo scuro nella navata nord. Una frangia di fiori circonda le due trecce su
tutti i lati. I due campi mosaicati erano stati danneggiati sulle testate orientali nei pressi del gradino delle due absidiole. La zona danneggiata della
navatella sud era stata restaurata con tessere bianche di modulo maggiorato.
Il mosaico del diakonikon
Come abbiamo anticipato, la cappella di servizio in facciata in corrispondenza della porta sud, sembra aggiunta in un secondo tempo alla muratura
della chiesa che in questo punto forma una risega rientrante. Dal sondaggio in profondità al centro del vano, risulta un utilizzo successivo della stessa area. Il pavimento mosaicato fu aggiunto nella fase finale su una serie
di pavimenti in battuto di terra e calce ad una quota più alta della soglia
originaria della porta della chiesa. Nella riempitura furono utilizzate tessere di recupero di un mosaico precedente. Inoltre la preparazione del rudus
molto tenace con utilizzo di schegge di tessere, mostra affinità con le zone
di restauro post iconoclastico del mosaico deIla chiesa di S. Stefano datato
all’epoca omayyade. Come fattura tecnica, nel modo di posizionamento
delle tessere, mostra delle strette somiglianze con il rifacimento del pannello di fronte al gradino del presbiterio della chiesa dei Leoni. Come in
quel pannello viene utilizzato il motivo del reticolo di fiori delle navate
laterali della chiesa (Foto 53).
La vignetta di Kastron Mefaa
La vignetta di Kastron Mefaa raffigurata nell’intercolunnio orientale nei
pressi del gradino del presbiterio si estende verso destra oltre gli stretti margini dell’intercolunnio (Foto 51). Con verosimiglianza la vignetta faceva
parte della scena possibilmente di caccia che si sviluppava lungo il gradino
218
M. PICCIRILLO
fino a raggiungere l’ambone, e subì anche se solo in parte il danno della distruzione iconoclastica e quello susseguente del calpestio. Un motivo in più
per la stretta relazione tra la vignetta e la scena seguente è dato dal ramo in
basso inclinato sulla destra verso l’interno della scena. Come la vignetta
omonima della chiesa di S. Stefano, anche questa è doppia. Abbiamo in alto
un piano poligonale di città all’interno di alte mura con torri merlate con porta frontale ad arco preceduta da una scala. Il paramento del muro in ombra è
indicato con una quadrettatura di linee nere. Linee nere intercalate da linee di
tessere gialle che servono anche a indicare i diversi piani delle torri con finestre doppie per ogni piano. All’interno delle mura restano due chiese rese di
facciata con tetto rosso a spiovente unite da un colonnato con balcone e da
una possibile indicazione di scala antistante. Alla chiesa meridionale è unito
un edificio schematico con porte o finestre tra due ante laterali.
La seconda vignetta è anch’essa circondata da mura con torri merlate
tenute basse unite alla vignetta precedente. Diverse porte ad arco rese in
posizione frontale si aprono tra le torri lungo tutto il circuito. All’interno
lungo il perimetro delle mura sono rappresentate almeno quattro chiese con
tetto rosso a spiovente, due affincate in primo piano e due isolate sui lati.
La chiesa isolata di sinistra oltre alla porta in facciata ha due porte sulla
parete in vista. Tre piani di finestre sono indicate sulla parete in vista della
chiesa in primo piano. Al centro della vignetta lasciato vuoto e reso con
tessere bianche, si innalza su un basamento a tre gradini una colonna con
capitello che termina con una croce.
La vignetta con il suo carattere descrittivo naturalistico riferito alla doppia realtà urbana di Kastron Mefaa composta dal castrum e dal quartiere
sviluppatosi a nord fuori le mura, chiarisce la vignetta molto più schematica
del mosaico di S. Stefano (Foto 52). Su questa linea di interpretazione descrittiva topografica permessa dalla conoscenza delle rovine di Umm alRasas – Kastron Mefaa, si potrebbe andare oltre dando al mosaicista
l’intenzione di descrivere le chiese esistenti al suo tempo all’interno del
castrum (doppia chiesa di S. Sergio), e nel quartiere settentrionale (il complesso delle chiese di S. Stefano).
Resta indeciso il valore iconografico della colonna che nelle due vignette di Kastron Mefaa troviamo rappresentata al centro del quartiere fuori
le mura. Si potrebbe pensare ad un ricordo cristianizzato del passato militare del castrum mutuato dalle vignette che troviamo nei codici della
Notitia Dignitatum 13.
13. Come nella tavola del Comes limitis Aegypti con le insegne dei diversi distaccamenti
militari (O. Seeck, Notitia Dignitatum, Berolini 1876, 58). Senza dimenticare la colonna
LA CHIESA DEI LEONI
219
Le iscrizioni del mosaico
Non ci è stato conservato il nome del santo a cui la chiesa era dedicata.
Abbiamo però la data del mosaico nell’iscrizione del tappeto e i nomi di
diversi benefattori che concorsero all’opera.
Iscrizione n. 71 14. L’iscrizione è inserita in un medaglione nel girale al
centro del primo registro di acanto del tappeto (Foto 48). Il testo si sviluppa su sette linee. La prima e l’ultima linea ridotte ad una parola e ad una
lettera numerale sono introdotte e chiuse da una croce. Le lettere quadrate
in tessere nere su fondo bianco sono alte 5 cm.
+ ∆Epi; + Sergivou tou' oJ/siw(tavtou) ejpisk(ovpou) ejte/liwvqh oJ
nao;" ou\/to" ejn mhni; De/sivou ijnd(iktiovno") + z— +
Al tempo di Sergio il santo vescovo fu terminato questo tempio nel mese
di Desio (nell’anno del) l’indizione settima.
Dalle iscrizioni delle chiese di Kastron Mefaa conosciamo due vescovi
con il nome Sergio 15. Dal contesto stilistico del mosaico l’iscrizione si rivotiva all’interno della porta nord nella vignetta della Santa Città di Gerusalemme della
Carta di Madaba (Piccirillo, The Mosaics of Jordan, fig. 63).
14. La numerazione continua quella delle iscrizioni già pubblicate. Cfr. Piccirillo, “Le iscrizioni di Umm er-Rasas - Kastron Mefaa in Giordania I (1986-1987)”, LA 37, 1987, 177239; Idem, “Umm er-Rasas - Kastron Mefaa. Inscription No. 70”, ADAJ 36, 1992, p. 300 s.
15. Nell’iscrizione dedicatoria della chiesa del Vescovo Sergio (LA 37, 1987, p. 204 ss) e nell’iscrizione lungo il gradino del presbiterio nella chiesa di S. Stefano (LA 37, 1937, p. 183 ss).
220
M. PICCIRILLO
ferisce a Sergio I che sappiamo a reggere la diocesi di Madaba, da cui
Kastron Mefaa dipendeva, tra il 574 e il 603 16. Tenuto conto di questi termini, per l’indizione settima si può scegliere l’anno 574 e il 589 d. C. Preferiamo il 589 pìu vicino alle date sicure che leggiamo nella chiesa del
Prete Wa’il (586) 17 e nella chiesa del Vescovo Sergio (587/8) 18, in un periodo di intensa attività edilizia a Kastron Mefaa.
Iscrizione n. 72. Diamo qui di seguito i nomi dei benefattori scritti nel
mosaico.
a. L’iscrizione è aggiunta in alto al motivo delle due aquile affrontate
al cantaro nella semilunetta dell’absdiola di sud (Foto 46). Le lettere in tessere nere sono alte 5 cm.
Pafanwn Taliqa Iwannh" Souelou
Pafanon Talitha Giovanni (figlio) di Soelo
Il primo nome si ritrova nella forma Pafenw'" in Egitto 19. Il secondo
nome di origine aramaica, femminile di tly, si ritrova in Mc 5, 41. Nella
forma Qaleqqi in una iscrizione di Tiberiade 20. I due nomi che seguono
sono comuni nella regione e nelle iscrizioni di Umm al-Rasas 21.
b. Nella navata centrale lungo il gradino del presbiterio si leggono i seguenti nomi in lettere di tessere nere (altezza delle lettere 5 cm). Un elemento rotondo si inserisce oltre la linea del primo nome (Foto 41). Un altro elemento
a punta è inserito all’interno del secondo nome all’altezza dello iota.
16. Cfr. Piccirillo, Chiese e mosaici di Madaba, p. 321.
17. Cfr. Piccirillo, “La chiesa del Prete Wa’il a Umm al-Rasas - Kastron Mefaa”, in F.
Manns - E. Alliata (a cura di), Early Christianity in Context. Monuments and Documents
(in stampa).
18. Cfr. LA 37, 1987, p. 204 ss.
19. In D. Foraboschi, Onomasticon alterum papyrologicum, Milano 1971.
20. (SEG 26, n. 1686).
21. Cfr. LA 37, 1987, iscrizioni n. 48 e ss.
LA CHIESA DEI LEONI
221
… OIÇ
Eguptio"
ANOH≥ …
… KONTEÇ≥
Il nome Eguptio" è usato in una iscrizione di Siria 22. Interessante la
presenza di questi nomi egiziani tra la popolazione di Kastron Mefaa.
c. Altri due nomi accompagnano in alto le figure ritratte nella fascia
centrale del tappeto. Il primo nome è diviso da un cesto pieno di frutti portato sulla spalla e sorretto da una mano sul margine ovest del lato nord della
fascia (Foto 42). Il secondo nome, anch’esso diviso in due parti, resta isolato sul lato sud della fascia, essendo andata completamente distrutta la figura corrispondente (Foto 49). Le lettere in tessere nere sono alte 5 cm.
Paulo" Kassianou
Toem/o"
I due nomi Paolo e Cassiano ricorrono in una iscrizione della chiesa di
S. Stefano 23. Toemo" dalla radice semitica tym (servo) o t’m (gemello) ricorre ordinariamente nella forma Qemo", Qaimo", Qwma" 24.
d. Altri due nomi acccompagnano nei girali del tappeto centrale la figura del cavaliere al centro del terzo registro e quella del soldato armato di
spada e di scudo al centro del quarto registro (Foto 44-45). Di un altro
nome nel quinto registro restavano solo due tracce di lettere.
Sala/manh" Soba/nou
Salaman (figlio) di Sobanos
22. IGLS n. 2731.
23. LA 37, 1987, iscr. n. 7, p. 189.
24. Cfr. M. Sartre, Bostra. Des origines à l’Islam, 1985, 204s.
222
M. PICCIRILLO
Iwa/nh" Sawlou
Giovanni (figlio) di Saola
Il nome Salaman ricorre a Madaba e al monte Nebo. 25. Il patronimico
ricorre nel Bashan e in altre regioni dell’area siriana 26. Saola ricorre due
volte nella chiesa di S. Giorgio al Nebo 27.
Iscrizione 73. Toponimo che accompagna la doppia vignetta di
Kastron Mef[aa]. Il toponimo è scritto su due linee ed è in parte danneggiato (Foto 51) 28.
Kastro≥n≥
Mef[aa]
25. Nella chiesa degli Apostoli a Madaba (Piccirillo, Chiese e mosaici di Madaba, p. 105),
e nel mosaico superiore e inferiore della chiesa di Kaianos alle ‘Uyun Musa (ivi, p. 210 e
214).
26. LA 26, 1976, p. 203 s.
27. Piccirillo, Chiese e mosaici di Madaba, p. 179 e 181.
28. Per il toponimo che accompagna la vignetta nel mosaico di S. Stefano Cfr. LA 37, 1987,
197, n. 22.
LA CHIESA DEI LEONI
223
Iscrizione 74. Graffito su una tegola.
Su un frammento di una delle molte tegole del tetto che coprivano il
pavimento mosaicato resta l’inizio di una invocazione introdotta da una
croce incisa prima della cottura.
+ Ô0 Q(eo;)" tou' ÔA(givou) …
Non ci è stato possibile completare la tegola e l’invocazione che avrebbe ridato probabilmente il nome del santo a cui la chiesa era dedicata 29.
Iscrizione 75. Pittura su intonaco.
Il nome di una persona introdotto da una croce è dipinto in rosso sulla
parte alta dell’intonaco di una finestrella per areazione.
+ Zara
Conclusione
La chiesa dei Leoni con la sua tipologia insolita per le chiese di Kastron
Mefaa e della diocesi di Madaba, ci ha conservato uno dei lavori tecnicamente più curati dei mosaicisti che operavano nella regione alla fine del VI
secolo. Un lavoro certamente notevole per l’accuratezza e l’abilità tecnica
abbinate alla sapienza grafica e coloristica con le quali sono resi i motivi
29. Una tegola con una lista di nomi in greco è stata recuperata dalla spedizione svizzera
nello scavo all’interno del castrum (ancora inedita).
224
M. PICCIRILLO
dei medaglioni, la gazzella che bruca le fronde di un alberello e le due teste delle fiere nel mosaico del presbiterio. Nei tre alberelli prevale il gusto
coloristico con i frutti tenuti su toni caldi che si staccano sul grigio e bianco dei rametti e delle foglie interne, che a loro volta spiccano sul fondo
scuro della chioma dell’albero.
La stretta somiglianza della gazzella che bruca le foglie dell’albero con
la gazzella della zona absidale nella cappellla della Theotokos della basilica di Mosè sul Monte Nebo, ci ha spinto ad approfondire l’esame dei due
programmi decorativi che mostrano più di una affinità 30. Nell’area dei due
presbiteri abbiamo la stessa soluzione con la semicirconferenza absidale
decorata con un campo di fiori chiusa in una fascia che termina contro il
pannello rettangolare di fronte all’altare, con l’aggiunta all’esterno, lungo
il perimetro dell’abside, di una linea di rombi e quadrati. In entrambi i programmi ritroviamo i due tori affrontati all’altare e la doppia gazzella sui
margini del pannello. Altri motivi della fascia come il frutto con coltello,
la foglia a cuore, le pere e le melegrane affrontate (quattro al Nebo e non
tre come nella chiesa dei Leoni), si ritrovano negli scomparti della navata
della cappella della Theotokos. Un’altra somiglianaza potrebbe essere la
scena di caccia al centro della navata nella cappella della Theotokos, di
fronte al gradino del santuario nella chiesa dei Leoni. In entrambi i mosaici i cacciatori (o supposti tali) muovono verso destra da un edificio reso
sulla sinistra per tutta l’altezza del pannello. Tali somiglianze unite alla
bellezza e accuratezza tecnica dei due lavori potrebbero far postulare la
stessa équipe di mosaicisti come responsabile dei due mosaici, più che un
semplice uso degli stessi modelli da due équipes diverse.
Come si può notare, anche questo mosaico ha sofferto pesantemente
l’intervento iconoclastico, con la strana alternanza di volatili e di animali
soppressi e di altri risparmiati nel mosaico del presbiterio. Stessa alternanza riscontrabile nella cappella della Theotokos al Nebo. Tra i motivi aggiunti al restauro post-iconoclastico notiamo la foglia a cuore nei pressi
dell’ambone e il ramoscello stilizzato nel girale del secondo registro.
L’edificio sacro fu costruito e mosaicato al tempo del vescovo Sergio
nella seconda metà del VI secolo. In una seconda fase nell’area antistante
la facciata furono costruiti la cappella funeraria a nord e il diakonikon a
sud, con l’aggiunta della scala per raggiungere il cortile centrale. In un
30. S. Saller, The Memorial of Moses on Mount Nebo, II, Pl. 109-11.
31. Piccirillo, “Iconofobia o iconoclastia nelle chiese di Giordania?”, in Omaggio F. De
Maffei (in stampa).
LA CHIESA DEI LEONI
225
periodo successivo, indicativamente posto in epoca omayyade, il mosaico
della chiesa subì il danno iconoclastico 31. Il restauro delle figure asportate
va messo in relazione con la continuazione dell’utilizzo dell’ambiente per
luogo di riunione sacra per un periodo susseguente a quella data. Per un
certo periodo, il settore occidentale della chiesa fu utilizzato come luogo
di abitazione dopo aver asportato il manto mosaicato nella navata centrale.
In questa fase avvenne il crollo della chiesa con la caduta della serie di archi dell’allineamento meridionale. Sul crollo nell’angolo di nord ovest della chiesa fu costruito un focolare che a giudicare dall’accumulo di ceneri
fu in servizio per un periodo piuttosto lungo.
Gli archi dell’allineamento settentrionale crollarono in un secondo tempo su un accumulo di pietre, di tegole e di terra che già aveva riempito la
navatella nord della chiesa.
Michele Piccirillo
Studium Biblicum Franciscanum, Jerusalem
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