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Il ratto delle Sabine – Gli Orazi e i Curiazi

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Il ratto delle Sabine – Gli Orazi e i Curiazi
Aneddoti e leggende
Le leggende che ti proponiamo, entrambe nella versione di Tito Livio, si riferiscono a due celebri
episodi. Il primo riguarda il rapimento delle donne Sabine ad opera dei Romani, rapimento che si
presume avvenuto durante il regno di Romolo. Il secondo è la rievocazione del duello fra i tre
Orazi e i tre Curiazi, deciso, durante il regno di Tullo Ostilio, per evitare una guerra fra i due popoli
che avrebbe finito per indebolire entrambi, rendendoli vulnerabili nei confronti del comune nemico etrusco.
Lo Stato romano era già così forte da poter tener fronte in guerra a qualsiasi tra le popolazioni confinanti; ma per la penuria delle donne la sua grandezza sarebbe durata una sola generazione, poiché
non v’era in patria speranza di prole, né avvenivano connubi coi vicini. Allora, conforme alla decisione dei senatori, Romolo inviò messi alle genti vicine a chiedere alleanza e connubi per il nuovo popolo […]. In nessun luogo l’ambasceria fu accolta benevolmente: tanto da un lato disprezzavano, dall’altro temevano, per sé e per i propri discendenti, una sì gran potenza che cresceva in mezzo a loro
[…] Romolo, dissimulando il suo cruccio, organizza ad arte solenni ludi in onore di Nettuno equestre, e li chiama Consuali. Ordina poi di annunziare lo spettacolo ai popoli vicini: e gli fanno molta
pubblicità allestendolo coi mezzi più grandiosi cui allora si sapeva o si poteva ricorrere, per destare intorno all’avvenimento interesse e attesa. Accorse molta gente, anche per la curiosità di vedere la
nuova città, e soprattutto i più vicini: Ceninesi, Crustumini, Antemnati; venne inoltre
tutta la popolazione dei Sabini, coi figli e le
spose. Ricevuti ospitalmente nelle case,
dopo aver visto la posizione della città, le
sue mura e il gran numero degli edifici, si
meravigliano che lo Stato romano si sia accresciuto in così breve tempo. Quando fu
giunto il momento dello spettacolo, e a
esso erano intenti gli animi e gli sguardi,
ecco scoppiare, secondo quanto era stato
predisposto, un tumulto e, al segnale convenuto, i giovani romani si lanciano da
ogni parte a rapire le fanciulle. Molte furono rapite a caso dai primi in cui s’erano
imbattute; alcune, particolarmente belle,
destinate ai più insigni tra i senatori, venivano portate nelle loro case da uomini della
plebe cui era stato dato quest’incarico.
TITO LIVIO, Storia di Roma, Vol. 1, 9,
trad. it. Mario Scandola, Fabbri, Milano 1994,
pp. 165-167
Il ratto delle Sabine, scultura del Giambologna,
piazza della Signoria, Firenze.
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© SEI - Società Editrice Internazionale p.A. - Torino
L. Crespi - L. Fusaro, Indicazioni di rotta
Sezione 6 La penisola italica prima e dopo l’avvento dei Romani
Il ratto delle Sabine
V’erano allora per caso nei due eserciti tre fratelli gemelli, pari d’età e di forze. È ben noto che si chiamavano Orazi e Curiazi, e quasi non v’è altro fatto antico che sia più famoso; […] I comandanti trattano coi gemelli, perché combattano ognuno per la propria patria: la supremazia toccherà a quella
parte donde verrà la vittoria. Non vi sono obiezioni; ci si accorda sul tempo e sul luogo. Prima che
iniziassero a combattere, fu concluso un patto fra i Romani e gli Albani a queste condizioni: che qualunque fosse il popolo i cui cittadini avessero vinto in quel duello, esso avrebbe con buona pace dominato sull’altro. […]
Si dà il segnale e, con le armi in pugno, come triplice schiera i giovani si lanciano, col coraggio di due
grandi eserciti. Né gli uni né gli altri pensano al proprio pericolo, ma al pubblico potere e alla schiavitù, e quindi alla sorte della patria, che sarebbe stata quella che essi le avrebbero preparato. […]
Come […] vennero alle strette, quando ormai non solo i movimenti delle membra e l’incrociarsi
delle spade e degli scudi, ma anche le ferite e il sangue attiravano gli sguardi, due dei Romani, feriti i
tre Albani, caddero morenti uno sopra l’altro.
Alla caduta di costoro, mentre l’esercito albano era scoppiato in un grido di gioia, ogni speranza aveva
ormai abbandonato le truppe romane, ma non per questo era cessata l’ansia, ché tutti trepidavano per
la sorte dell’unico rimasto, che i tre Curiazi avevano circondato. […] Per poter […] combatterli separatamente, cominciò a fuggire pensando che essi l’avrebbero inseguito fintanto che a ciascuno lo
consentisse il corpo indebolito dalle ferite. S’era già allontanato d’un buon tratto dal punto in cui
s’era combattuto, quando, volgendosi indietro, s’accorse che gli inseguitori erano assai distanti l’uno
dall’altro, e che soltanto uno non era molto lontano da lui.
Contro di esso egli si volse con grande impeto, e mentre l’esercito albano gridava ai Curiazi che portassero aiuto al fratello, già l’Orazio, vinto e ucciso il suo avversario, si preparava al secondo assalto.
Allora i Romani con un’acclamazione fragorosa qual è quella con cui gli spettatori salutano una vittoria inaspettata, incitano il loro campione; ed egli si affretta a porre fine al combattimento.
Così, prima che uno dei due – e non
era molto lontano – potesse raggiungerlo, egli uccide il secondo Curiazio;
e ormai, pareggiate le sorti, ne era rimasto uno solo per parte; ma, quanto
alle speranze e alle forze, non v’era alcuna parità. Il corpo illeso e la duplice
vittoria rendevano l’uno baldanzoso
di fronte al terzo combattimento; l’altro, trascinando il corpo prostrato
dalle ferite e dalla corsa, e abbattuto
dalla strage dei fratelli, compiuta sotto
i suoi occhi, si abbandona al nemico
vincitore.
TITO LIVIO, Storia di Roma,
Vol. 1, 24, 25, trad. it. Mario Scandola,
Fabbri, Milano 1994, pp. 199-203
Jacques-Louis David, Il giuramento
degli Orazi (part.), 1785, olio su tela
(Parigi, Museo del Louvre).
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L. Crespi - L. Fusaro, Indicazioni di rotta
Sezione 6 La penisola italica prima e dopo l’avvento dei Romani
Gli Orazi e i Curiazi
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