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Il Ratto delle Sabine Installazioni artistiche da voci antiche 6 Marzo - 11 Dicembre 2011 ef Il Ratto delle Sabine. Installazioni artistiche da voci antiche Rieti Museo Civico-Sezione Archeologica 6 marzo-11dicembre 2011 Mostra Comitato scientifico e organizzativo Olivier Bizeray Daniela Camardella Monica De Simone Nadia Laudazi Ines Millesimi Letizia Rosati Maria Rosaria Rotilio Coordinamento generale e percorsi espositivi Monica De Simone Daniela Camardella Apparati didattici Monica De Simone Daniela Camardella gli insegnanti e gli studenti dell’Istituto di Istruzione Superiore M. T. Varrone Traduzioni Renato Sciucca (francese) Monica De Simone, Giovanni Zangari (inglese) Ricerca immagini e acquisizioni Museo Civico di Rieti Allestimento Museo Civico di Rieti Ecolle Boulle, Parigi Istituto di Istruzione Superiore M. T. Varrone, indirizzo Liceo Artistico-Isarte A. Calcagnadoro Graphidea Soc. Coop Liceo Classico “Marco Terenzio Varrone” Grafica, stampa e realizzazione tecnica Graphidea Soc. Coop, Rieti Stampa catalogo: Tipografia Fabri, Rieti Locandine e inviti Grafica: Maria Cristina Tosoni Stampa: Tipografia Panfilo, Rieti Un particolare ringraziamento per la cortese disponibilità e la collaborazione va a Giovanna Alvino, Filippo Coarelli, Fulvia Di Simone, Gianluca Guadagni, Franco Guercilena, Pierluigi Robiati, Elena Tassi Scandone, Maria Cristina Tosoni, Maria Beatrice Valletta e al personale di ruolo e di supporto del Servizio Museo del Comune di Rieti. Si ringraziano inoltre: Assessore alla Cultura del Comune di Rieti Gianfranco Formichetti Il Dirigente del Settore Cultura (Museo e Biblioteca) Carlo Ciccaglioni Il Dirigente Scolastico dell’Istituto di Istruzione Superiore M. T. Varrone Umberto Eleuteri Gli studenti Ecole Boulle - Parigi (studenti ed ex studenti): Alain Camille, Bonnote Léonard, Braouch Lina, Coubard Justine, De Cooman Victor, Duval Agathe, Huitric Chloé, Lessellier Frédéric, Liaigre Adeline, Lochmann Clarisse, Piter Zoé, Rousselot Maylis, Ruiz Colombine, Santus Florian, Solène Michel, Solier Romain Istituto di Istruzione Superiore “M.T. Varrone” Liceo Artistico- Isarte “A. Calcagandoro”: IA: Cinardi Elisa; IIC: Amici Giorgia, Brunori Giulia, Cassar Eleonora, Cocco Daniele, Collepiccolo Manuel, Coppola Giulia, Di Giovanni Sara, Gallinaro Marta, Gentile Michele, Maioli Kim, Marchetti Andrea, Martelucci Agnese, Musarra Giulia, Ndaya Ermine, Palmegiani Nicolas, Pitorri Giulia, Tarquini Ilaria; IIIA: Grassi Manuel, Nicola Martellucci; IVC: Barberini Gabriele, Blasetti Edoardo, Borghetto Ettore Ismael, Castrucci Roberta, Crisi Ludovico, Lunari M. Sole, Mgbe Alice, Petroni Giulia, Pezzotti Erika, Pierantoni Francesca, Pizzuti Alessandra, Tarani Barbara; VA: Gerli Martina, Davide Tommasini; VC: Caloisi Elisa, Festuccia Martina, Franceschini Anita, Novelli Giada, Russo Marta; ex alunni: Matteo Onorini Liceo Ginnasio Statale “M. Terenzio Varrone”: IID: Benedetti Matteo, Ciogli Micaela, Daniele Alessandra, Euforbio Federico, Formichetti Lorenzo, Ippoliti Fabiana, Marcellusi Rita Chiara, Marotti Simone, Micheli Elisa, Patacchiola Guglielmina, Petrini Ludovico Mario, Petroni Edoardo, Picchi Scardaoni Marco, Puglielli Anna Rose, Pulcinelli Alberto Maria, Rivabella Francesco, Sinibaldi Noemi, Troiani Giorgio; IIIC, Abbattista Serena, Barile Sara, Buzzi Cecilia, Carnassale Manola, Casciani Giorgia, De Santis Alice, Desideri Agnese, Desideri Francesca, Ermini Beatrice, Giampietri Martina, Giovanzanti Mariangela, Giuli Riccardo, Giuliani Simona, Graziani Antonio, Grifoni Marika, Luvisotti Francesca, Mattioli Giorgia, Michetti Erica, Patacchiola Roberta, Santilli Chiara, Torre Beatrice. Catalogo a cura di Monica De Simone Daniela Camardella Progetto grafico [email protected] Stampa catalogo Tipografia Fabri Autori dei testi Giovanna Alvino Olivier Bizeray Daniela Camardella Monica De Simone Nadia Laudazi Ines Millesimi Letizia Rosati Maria Rosaria Rotilio Elena Tassi Scandone Maria Beatrice Valletta gli studenti dell’Istituto di Istruzione Superiore M. T. Varrone Traduzioni Renato Sciucca (in e dal francese) Monica De Simone (italiano-inglese) Giovanni Zangari (italiano-inglese) Gli studenti Istituto di Istruzione Superiore “M.T. Varrone” Liceo Artistico- Isarte “A. Calcagandoro”: IVC: Barberini Gabriele, Blasetti Edoardo, Borghetto Ettore Ismael, Castrucci Roberta, Crisi Ludovico, Lunari M. Sole, Mgbe Alice, Petroni Giulia, Pezzotti Erika, Pierantoni Francesca, Pizzuti Alessandra, Tarani Barbara; VC: Caloisi Elisa, Festuccia Martina, Franceschini Anita, Novelli Giada, Russo Marta Liceo Ginnasio Statale “M. Terenzio Varrone”: IID: Benedetti Matteo, Ciogli Micaela, Daniele Alessandra, Euforbio Federico, Formichetti Lorenzo, Ippoliti Fabiana, Marcellusi Rita Chiara, Marotti Simone, Micheli Elisa, Patacchiola Guglielmina, Petrini Ludovico Mario, Petroni Edoardo, Picchi Scardaoni Marco, Puglielli Anna Rose, Pulcinelli Alberto Maria, Rivabella Francesco, Sinibaldi Noemi, Troiani Giorgio IIIC: Abbattista Serena, Barile Sara, Buzzi Cecilia, Carnassale Manola, Casciani Giorgia, De Santis Alice, Desideri Agnese, Desideri Francesca, Ermini Beatrice, Giampietri Martina, Giovanzanti Mariangela, Giuli Riccardo, Giuliani Simona, Graziani Antonio, Grifoni Marika, Luvisotti Francesca, Mattioli Giorgia, Michetti Erica, Patacchiola Roberta, Santilli Chiara, Torre Beatrice Ringraziamenti Bologna, Unicredit Firenze, Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze, Soprintendente Cristina Acidini Macerata, Fondazione CARIMA Museo Palazzo Ricci Roma, Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio, soprintendente Marina Sapelli Ragni Roma, Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Roma, Soprintendente Rossella Vodret Roma, Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma, Soprintendente Anna Maria Moretti Roma, Galleria Colonna, Curatrice Collezione Colonna Patrizia Piergiovanni Roma, Galleria Nazionale d’Arte Antica Palazzo Barberini Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna Roma, Musei Capitolini Parigi, Centro Nazionale d’Arte e Cultura Georges Pompidou San Pietroburgo, Museo dell’Ermitage Siena, Soprintendenza per i Beni Storici ed Etnoantropologici per le province di Siena e Grosseto, Soprintendente Mario Scalini Siena, Pinacoteca Nazionale Crediti Fotografici Archivio fotografico GNAM Bologna, Unicredit, Palazzo Magnani Macerata, Fondazione CARIMA - Museo Palazzo Ricci Roma, Galleria Colonna San Pietroburgo, Museo dell’Ermitage Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio Soprintendenza per i Beni Storici ed Etnoantropologici per le province di Siena e Grosseto Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze Opere esposte in riproduzione fotografica: Bartolomeo di Giovanni, Ratto delle Sabine Il Sodoma, Il Ratto delle Sabine Gianbologna, Ratto delle Sabine Ludovico Carracci, Ratto delle Sabine Pieter Paul Rubens, Il Ratto delle Sabine Pietro da Cortona, Il Ratto delle Sabine Cavalier d’Arpino, Ratto delle Sabine Nicolas Poussin, Il Ratto delle Sabine Pietro Liberi, Il Ratto delle Sabine Luca Giordano, Ratto delle Sabine Tiepolo, Il Ratto delle Sabine Jacques-Louis David, Riconciliazione tra Romani e Sabini Primo Conti, Il Ratto delle Sabine Franco Gentilini, Il Ratto delle Sabine Pablo Picasso, Il Ratto delle Sabine (ispirato a David) Indice Nascita del progetto Il Ratto delle Sabine - Installazioni artistiche da voci antiche Ecole Boulle Liceo Ginnasio “M.Terenzio Varrone” Liceo Artistico ISARTE “A. Calcagnadoro” 9 15 19 23 I lavori degli studenti Ecole Boulle Liceo Artistico ISARTE “A. Calcagnadoro” Liceo Ginnasio “M.Terenzio Varrone” 27 47 57 Contributi Elena Tassi Scandone Sabinae Raptae - Usi matrimoniali ed origine della città curiata Giovanna Alvino I Sabini. Profilo storico-culturale sulla base della documentazione archeologica 61 67 Approfondimenti Le fonti Il mito di Tarpea Il Ver Sacrum Il mito di Europa Il mito di Persefone Il mito di Elena Bartolomeo di Giovanni Il Sodoma Giambologna Ludovico Carracci Pieter Paul Rubens Pietro da Cortona Cavalier d’Arpino Nicolas Poussin Pietro Liberi Luca Giordano Giovan Battista Tiepolo Jacques-Louis David Primo Conti Franco Gentilini Pablo Picasso Arturo Martini Il mito del Ratto delle Sabine nell’arte francese 81 86 89 91 92 93 95 97 99 101 103 105 107 109 111 113 115 117 119 121 123 124 125 Supporti didattici / Educational Posters 130 Rieti insiste su quel territorio tuttora chiamato Sabina che fin dagli esordi di Roma fu di fondamentale importanza per la crescita e lo sviluppo della città eterna. Secondo la storiografia antica, la stirpe romana nacque proprio in seguito all’unione violenta, poi ricomposta, tra i Romani e i Sabini, leggenda tramandata con il nome del “Ratto delle Sabine”. L’episodio, ricco spunto per interpretazioni storiche e letture antropologiche, ha avuto una grande fortuna nella tradizione e ha fornito ispirazione in varie epoche a produzioni artistiche e letterarie. La mostra organizzata dal Museo Civico di Rieti ripropone l’episodio e lo rende attuale nel linguaggio delle installazioni realizzate dagli studenti dell’Ecole Boulle di Parigi e dell’Istituto d’Istruzione Superiore M. T. Varrone di Rieti. L’esposizione è stata anche occasione per ribadire il forte legame esistente tra le istituzioni formative del territorio e la struttura museale. Il Museo, accanto a importanti materiali e opere d’arte dell’esposizione permanente, propone eventi culturali rivolti al vasto pubblico, ma si rivolge con un’attenzione speciale alla formazione e alla partecipazione di quanti vivono sul territorio, non solo comunale. Chi lavora con passione rivolta alla storia e all’archeologia del nostro territorio è ricompensato della fatica dall’interesse che i giovani di queste scuole hanno dimostrato e dall’entusiasmo di quanti hanno lavorato con impegno alla realizzazione di questo progetto. Prof. Gianfranco Formichetti Assessore alla Cultura del Comune di Rieti Basilica Emilia, Il Ratto delle Sabine I sec. a.C. - I sec. d.C. Roma, Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma Su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma E sai ch'el fé dal mal de le Sabine al dolor di Lucrezia in sette regi, vincendo intorno le genti vicine. Dante, Paradiso, canto VI Eccovi alfine, o belle dei vostri vincitori, vincitrici adorate, eccovi spose. Eccovi Nostre. Ah già che il Ciel vi rese d’un impero nascente le più care speranze Pietro Metastasio, Romolo ed Ersilia […] Chi su li muli e chi su li somari, Se scaricorno qui da la Sabbina Ommini, donne, a turbe, a formicari, E fra' ste donne c'ereno de quelle Villane, sì, ma proprio carinelle. […] La gente che nun c'era! Intorno ar Foro. Ne' li parchetti dietro a le colonne, C’ereno li romani e avanti a loro Tutti li Sabbinesi co' le donne. […] Trilussa, Il Ratto delle Sabine 7 Denarii in argento di L. Titurius L. f. Sabinus con Tazio e punizione di Tarpea e Ratto delle Sabine, 89 a.C. Roma, Museo Nazionale Romano (foto: Archivio SAR) Su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma Nascita del Progetto Il Ratto delle Sabine Installazioni artistiche da voci antiche Il Ratto delle Sabine Installazioni artistiche da voci antiche Questo progetto è nato dalla volontà di cimentarsi con occhi nuovi e moderni nella rappresentazione della leggenda del Ratto delle Sabine, tema sfruttato dall’arte di diverse epoche e che continua ad esercitare il suo potente fascino, sia per le interpretazioni antropologiche che per le letture in chiave storica. Secondo la leggenda Romolo autorizzò il celebre Ratto in occasione di uno spettacolo organizzato nell’Urbe in onore del dio Conso. L’azione di forza fu la risposta illegittima al tentativo fallito da parte dei Romani di stringere alleanza con le popolazioni limitrofe, per ottenere donne da sposare e popolare così il nuovo insediamento di Roma. Il rapimento scatenò l’ira dei Sabini guidati da Tito Tazio, re di Cures. Inevitabile fu lo scontro tra i due popoli. Una versione ricorda il tradimento della giovane romana Tarpea, donna corrotta dall’oro sabino, che avrebbe aiutato il nemico a penetrare le difese della città per poi essere punita. Nonostante le intenzioni di Tito Tazio fossero quelle di sconfiggere ed uccidere i Romani, l’intervento delle donne sabine divenute ormai mogli legittime, guidate da Ersilia, sposa di Romolo, risollevò la situazione garantendo la cessazione delle ostilità e l’unione di questi due popoli, che si concretizzò in una sorta di co-reggenza di Romolo e Tito Tazio. Il Ratto delle Sabine fin dall’antichità è stato oggetto di riflessioni storiche e fonte di ispirazione artistica. La leggenda, evocata con fierezza nei due denari fatti coniare nell’89 a.C. dal magistrato monetale Lucio Titurio Sabino, fu celebrata e immortalata nel fregio scolpito della Basilica Emilia Ce projet a eté crée avec le propos de regarder d’ un oeil nouveau et moderne l’image de la légende de l’Enlèvement des Sabines, thème exploité par les artistes de plusieures époques et qui continue d’exercer son charme puissant, soit pour les interprétations antropologiques que pour les lectures à caractère historique. Selon la légende, Romulus ordonna le célèbre “Enlèvement“ au cours d’un spectacle organisé à Rome pour feter le dieu Conso. Cette action violente a etè la réponse ilégitime à l’essai échoué de former une alliance avec les populations voisines, a fin de pouvoir marier des femmes et augmenter le nombre des citoyens de Rome. L’enlèvement declancha la colère des Sabins, sous le guide de Titus Tatius roi de Cures. La guerre entre les deux peuples fut inévitable. Une légende raconte d’une jeune fille romaine, Tarpea, corrompue par l’or sabin, qui aida les ennemis à rentrer dans la ville et qui a eté punie. Malgrè le propos de Titus Tatius de vaincrer et tuer les Romains, les femmes sabines, déjà mariées avec les Romains, entrainées par Ersilia, épouse de Romulus, réconcilièrent le deux peuples, dont Romulus et Titus Tazio devinrent rois ensemble. L’Enlévement des Sabines depuis l’ antiquitè devint objet de réflexions historiques et source d’inspiration artistique. La légende, évoquée avec fiertè dans les deux monnaies forgèes en l’an 89 avant J.C. par le magistrat Lucius Titurius Sabinus, fut célebré aussi dans un frise sculptè dans la Basilique Emilia au Forum Romain: l’épisode rappelait le glorieux 9 Il Rat t o de lle S ab ine del Foro Romano: l’episodio ricordava il glorioso passato dell’Urbe e testimoniava l’unione violenta, ma fruttuosa, dei due popoli, simboleggiata da una vicenda che esaltava il mos maiorum degli antenati. Successivamente diverse opere d’arte fecero riferimento a questo racconto legato alla fondazione di Roma: dal Giambologna a Pietro da Cortona, dal Cavalier d’Arpino a Nicolas Poussin, da Picasso ad Arturo Martini, gli artisti che hanno voluto rappresentare questo episodio lo hanno fatto enfatizzandone l’aspetto che maggiormente li aveva colpiti. La mostra “Il Ratto delle Sabine. Installazioni artistiche da voci antiche”, partendo dall’antico, esplora le diverse espressioni artistiche in un crescendo che termina nelle installazioni contemporanee e nei contenuti elaborati dal Museo Civico di Rieti, dall’Ecole Boulle di Parigi, dal Liceo Artistico Isarte “A. Calcagnadoro” e dal Liceo Classico “M. Terenzio Varrone” di Rieti. I lavori delle tre scuole coinvolte sottolineano le interpretazioni antropologiche e storiche di un mito entrato con forza nell’immaginario collettivo attraverso dipinti, sculture, opere letterarie, cinematografiche e intermezzi comici: un archetipo reso attuale dal linguaggio artistico contemporaneo scelto dagli alunni, dai professori e dai collaboratori che hanno realizzato il materiale per la mostra allestita nella Sezione Archeologica del Museo Civico di Rieti. Il percorso della mostra si inserisce nello spazio museale dialogando in particolare con i reperti archeologici conservati nell’Ala dei Sabini e venuti alla luce in occasione degli scavi effettuati dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio. Tra i reperti di indubbia importanza scientifica si ricordano i ricchi corredi funerari della necropoli di Poggio Sommavilla, 10 Installazioni artistiche da voci antiche passè de l’Urbe et témoignait l’union violente mais fructueuse des deux populations, symbolisé par un événement qui exalte le mos maiorum des ancetres. Plusieures oeuvres d’art, ensuite, ont été inspires par ce récit lié à la fondation de Rome: artistes comme Giambologna, Pietro da Cortona, le Cavalier d’Arpino, Nicolas Poussin, Picasso et Arturo Martini ont voulu représenter cet épisode marquant le point qui les avait frappé le plus. L’exposition inspirèes par d’anciennes légendes, à partir de l’ancienne histoire, explore les nombreuses expressions artistiques jusqu’aux installations contemporaines développèe par le Museo Civico di Rieti, l’Ecole Boulle de Paris, le Lycée Artistique-Isarte “A.Calcagnadoro”, le Lycée Classique “M. Terenzio Varrone” de Rieti. Les oeuvres des trois écoles marquent les interprétations anthropologiques et historiques du mythe entré avec vigueur dans l’imaginaire collectif avec peintures, sculptures, oeuvres litéraires, cinematographiques et entractes humoristiques: un archetype devenu actuel par le language moderne adopté par les éleves, les enseignants, et les collaborateurs qui ont realisé les materiaux de l’exposition à la Section Archeologique du Museo Civico di Rieti. Le parcours de l’exposition s’encadre dans l’espace du musée en rapport spécial avec les pièces archéologiques du Rayon des Sabins, découverts pendant les fouilles de l’ Autoritè archéologique du Latium. Entre les pieces plus importantes on signale les riches funéraires de la necropole de Poggio Sommavilla, site archéologique trés vaste d’une communauté sabine entre VIII et II siècle avant J.C. Nascita del Progetto sito archeologico di notevole estensione utilizzato da una ricca comunità sabina tra l’VIII secolo a.C. e la prima metà del II secolo a.C. I reperti venuti alla luce in località Fondo Stallone (Collevecchio-Rieti) costituiscono un’importante testimonianza della produzione artigianale locale (anforette sabine ad impasto buccheroide) e dei contatti commerciali (diretti o indiretti) che questa popolazione ebbe con le etnie limitrofe della valle del Tevere (situle in bronzo di produzione etrusca, ceramica falisca a figure rosse) e con le civiltà contemporanee del mediterraneo (ceramica attica a figure rosse). Di rilevante interesse è anche una sepoltura femminile apparentemente isolata, rinvenuta poco lontano in località “Collina dei Gelsi”, dove accanto ad un corredo funerario di tipo principesco (varia ceramica di elevata fattura e un paio di sandali in bronzo) sono stati ritrovati gli scheletri di cinque cani. Les découvertes dans l’aire Fondo Stallone (CollevecchioRieti) répreséntent un important témoignage de la production artisanale locale (petites amphores en terrecuite noire) et des liasons commerciales que cette population eut avec les collectivité voisines dans la vallée du Tibre (objets en bronze de production etrusque, céramique “falisca” à figures rouges) et avec les civilisations mediterranéennes (céramiques grecques à figures rouges). Trés interessante une tombe de femme dans les alentour dans l’aire “Collina dei Gelsi”, ou à coté du funéraire princier (céramiques à traitement trés raffiné et des sandales en bronze) ont eté trouvé cinq squelettes de chiens. Monica De Simone Daniela Camardella Monica De Simone Daniela Camardella 11 Nascita del Progetto La Sezione Archeologica del Museo Civico di Rieti è ubicata al primo piano dell'ex Monastero di Santa Lucia, struttura risalente al XIII sec. d.C. inserita nel centro storico della città. Le due aree del museo adibite all’esposizione presentano da un lato i reperti archeologici della Collezione Civica, provenienti da scavi sporadici e collezioni private, e dall’altro (Ala dei Sabini) i reperti venuti alla luce negli scavi effettuati in Sabina dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio. Una terza area (Sala Mostre) è finalizzata agli allestimenti temporanei. Tra i reperti di indubbia importanza scientifica esposti nella Sezione Archeologica, si possono annoverare l’urna cineraria a capanna (IX sec. a.C.) proveniente dalla necropoli di Campo Reatino, il rilievo con scena di venatio proveniente da Trebula Mutuesca, l’epigrafe di Oranius lustus (II sec. d. C.) da Rieti e i ricchi corredi di alcune tombe di Poggio Sommavilla. Campo Reatino Urna a capanna, IX sec. a.C. Museo Civico di Rieti Le Section Archeologique du Museo Civico di Rieti est située au premier étage du monastére de Santa Lucia, structure du XIII siécle après J.C. dans le centre ville. Les deux sections du Musée “Collezione Civica” et “Ala dei Sabini” présentent d’un coté les pèeces de provenance des fouilles occasionnelles et collections privées, de l’autre les objets de provenance des fouilles conduites par l’Autorité Archeologique du Lazio. Une troisiéme section (Sala Mostre) est dédiée aux expositions temporaires. Entre le pièces d’importance scientifique majeure de la Section Archeologique on peut voir une urne cinéraire à cabane, (IX siécle avant J.C.) de provenance de la necropole de Campo Reatino, le relief avec scène de venatio (chasse) de Trebula Mutuesca, l’épigraphe de Oranius Iustus (II siécle après J.C.) de Rieti, et le riche ensemble des tombeaux de Poggio Sommavilla. Rieti Testa di Menade, II sec. d.C. Museo Civico di Rieti 13 Il Rat t o de lle S ab ine 14 Installazioni artistiche da voci antiche ecole boulle Ecole Boulle Nascita del progetto Ecole Boulle Genèse du projet Questo progetto è nato dalla mia amicizia con Renato Sciucca ed è l’espressione del mio affetto per la Sabina, regione nella quale trascorro qualche settimana ogni anno e che ho imparato, grazie al mio amico, a scoprire ed apprezzare per tutti i tesori che custodisce. L’idea di far lavorare i miei studenti sulla tematica del “Ratto delle Sabine” è nata nell’estate del 2008. All’inizio avevamo pensato di realizzare alcune opere da esporre in diverse località della Sabina dando vita a tappe di un percorso turistico. L’adattamento attuale è stato deciso in occasione di una visita alla Sezione Archeologica del Museo Civico di Rieti (dalla notevole architettura e scenografia). L’incontro nel luglio 2009 con la direttrice del Museo Civico, Dott.ssa Monica De Simone, è stato decisivo: senza la sua energia non sarebbe stato possibile realizzare questo progetto. Ce projet est avant tout né de mon amitié avec Renato Sciucca (amoureux passionné de la Sabine) que je connais depuis plus de vingt ans. C’est aussi l’expression d’un coup de foudre pour cette région où je passe quelques semaines tous les étés et que j’ai appris, grâce à mon ami, à découvrir et à apprécier pour tous les trésors qu’elle recèle. L’idée de faire travailler mes étudiants sur leur vision du mythe est née durant l’été 2008. À l’origine, il s’agissait de réaliser des œuvres qui seraient ensuite disséminées dans la Sabine pour constituer les étapes d’un parcours touristique. Son adaptation au lieu a été décidée plus tard, durant les fêtes de fin d’année au hasard d’une promenade à Rieti et de la visite de la section archéologique du Museo Civico, à l’architecture et la scénographie remarquables. La rencontre, en juillet 2009, avec la Dott.ssa Monica De Simone, sa directrice, a aussi été décisive, sans elle et son énergie, rien n’eût été possible. L’Ecole Boulle è stata fondata nel 1886 ed è una delle quattro scuole d’arte del Comune di Parigi. In origine era una scuola specializzata nella formazione di professionisti dell’arredamento mentre oggi è divenuta una Scuola superiore di arti applicate, un Istituto d’Arte e di Design. Attualmente la scuola forma gli studenti facendoli specializzare in campi diversi che vanno dal design industriale a quello per l’arredamento, dal design della comunicazione all’architettura di interni. L’École Boulle, fondée en 1886, constitue l’une des quatre écoles d’art de la ville de Paris. À l’origine école de formation en métiers d’art pour les métiers de l’ameublement (ébénisterie, menuiserie en siège, montage en bronze, ciselure, tapisserie…), elle est aujourd’hui l’École supérieure de l’ameublement et du cadre de vie, Lycée des métiers de l’ameublement, de l’Architecture intérieure et du Design. Aujourd’hui, elle forme des générations de concepteurs dans des domaines aussi variés que le design produit, le design 15 Il Rat t o de lle S ab ine La classe di ”perfezionamento in arti applicate”, della quale mi occupo in particolare e che ha partecipato a questo progetto, è composta da diplomati in materie classiche e scientifiche che hanno familiarizzato con gli strumenti, le pratiche e le metodologie relative ai differenti campi del Design per poi specializzarsi o nei nostri corsi o in altre scuole d’arte (municipali, regionali o nazionali). Questo progetto mi ha dato l’opportunità di mettere gli studenti di fronte alla realizzazione pratica di quanto appreso nel corso di studi, facendogli conoscere la civiltà romana, culla 16 Installazioni artistiche da voci antiche mobilier, le design de communication, l’architecture intérieure et un grand éventail de métiers d’art. C’est la classe de “mise à niveau en arts appliqués”, dont j’ai principalement la charge, qui a pris en main le projet. Cette classe, composée de bacheliers des séries classiques et scientifiques est une classe passerelle qui leur permet en un an de s’initier aux outils, aux pratiques et aux méthodologies propres aux différents champs du Design pour, ensuite, se spécialiser au sein de classe de techniciens supérieurs où d’écoles d’art, municipales, régionales ou nationales. Ce projet était pour moi ecole boulle della cultura europea e in particolare di quella francese. Il progetto è stato presentato alla mia classe all’inizio dell’anno scolastico 2008 e le prime bozze sono state inviate a Renato Sciucca, presidente dell’associazione culturale Faianius. L’idea di proporre l’esposizione di queste opere al Museo Civico di Rieti è nata a dicembre dello stesso anno in occasione del mio soggiorno in Sabina. Gli studenti hanno elaborato i progetti selezionati adattandoli all’architettura della Sezione Archeologica del Museo e li hanno realizzati a Giugno 2009. L’estate dello stesso anno ho portato i miei alunni in Sabina e abbiamo incontrato la Dott.ssa Monica De Simone, che è stata immediatamente presa dal progetto e ci ha offerto il suo aiuto per realizzarlo. Inoltre la direttrice del Museo ha proposto di associare al progetto altre due scuole di Rieti: il Liceo Classico e l’Istituto d’Arte. Le installazioni realizzate per la mostra sono state create dagli stessi studenti che hanno concepito il progetto (anche se ora non sono più il loro professore e dei 18 studenti, solo 10 sono ancora oggi all’Ecole mentre gli altri frequentano altre scuole di specializzazione). Olivier Bizeray l’occasion de les confronter à une réalisation concrète, à l’échelle 1 et, qui plus est, de leur faire découvrir la civilisation Romaine, berceau des sociétés occidentales européennes, notamment française. Dès la rentrée scolaire en septembre, le projet à été proposé à la classe et les première esquisses ont été envoyées à Renato Sciucca qui préside l’association culturelle Faianius (dont le but est de promouvoir la culture dans la province des Sabines) et une première sélection a été opérée par ses membres. En visite pour les fêtes de fin d’année, nous avons eu l’idée de proposer au Museo Civico l’exposition de ces œuvres. Les étudiants ont ensuite fait évoluer les projets sélectionnés, pour les adapter à l’architecture du lieu, avant de les réaliser à l’échelle 1, en juin 2009. L’été suivant, je les ai emportés en Sabine et nous avons rencontré la Dott.ssa Monica De Simone qui a été aussitôt séduite par le projet et nous a proposé son appui pour le rendre concret. C’est aussi elle qui a eu l’idée d’y associer le Lycée Classique et l’École d’Art de Rieti, avec laquelle elle est entrée en contact et qu’elle a su convaincre de l’intérêt du projet. Les installations ont été réalisée en partie par les étudiants qui ont conçu le projet, (même si je ne suis plus aujourd’hui leur professeur et si sur les 18 étudiants au départ, seuls 10 demeurent encore à l’École aujourd’hui, les autres étant soit dans d’autres écoles d’art, soit s’étant orientés vers d’autres filières). Olivier Bizeray 17 IS TITUTO DI ISTRUZIONE SUPERIORE “M. T. VARRONE” LICEO GINNASIO STATALE “M. TERENZIO VARRONE” LYCÉE CLASSIQUE ”M. TERENZIO VARRONE” La cultura ha un cuore antico La culture a un cœur antique La storia Il Liceo Classico di Rieti “M. Terenzio Varrone” è la più antica tra le scuole superiori reatine, anche se l’intitolazione al massimo erudito latino compare soltanto nel 1901. 1887-1907-1927, tre date che segnano la storia del liceo reatino. Il primo Liceo comunale nella Rieti pontificia fu istituito il 9 dicembre del 1815 ed inaugurato il 21 gennaio 1816. Un Ginnasio comunale fu istituito nel 1861, pareggiato nel 1877 e regificato nel 1907. Quanto al Liceo, l’istituzione della prima classe fu sancita nel 1887. Divenne regio Liceo-Ginnasio “M. Terenzio Varrone” nel 1907. Nel gennaio del 1927 l’Istituto ebbe la sua sede definitiva, ancora attuale al Palazzo degli Studi. L’histoire Le Lycée Classique ”M. Terenzio Varrone” est la plus ancienne des écoles supérieures de Rieti, même si ce nom du très important érudit latin n’a été donné qu’en 1901. 1887-1907-1927, sont trois dates marquantes de l’histoire du Lycée de Rieti. Le premier Lycée communal dans la Rieti des Papes a été fondé le 9 décembre 1815 et inauguré le 21 Janvier 1816. Un premier cycle communal d’enseignement supérieur (en italien “ginnasio”) a été fondé en 1861 et étatisé en 1877 et 1907. Quant au deuxième cycle d’enseignement supérieur (en italien “liceo”), il le fut en 1887. En 1907, il est devenu le lycée régional ”M. Terenzio Varrone”. En Janvier 1927 l’Institut a eu son siège dans l’actuel Palais des Etudes. La scuola oggi: fisionomia e struttura Attualmente, dall’anno in corso scolastico (2010-2011), è nato l’Istituto di Istruzione Superiore “M. T. Varrone”, che comprende l’omonima sezione del Liceo Classico e la sezione del Liceo Artistico “Antonino Calcagnadoro”. L’ecole aujourd’hui: physionomie et structure Actuellement, depuis cette année scolaire, l’Institut d’Instruction Supérieure “M. T. Varrone” est composé de la section du Lycée Classique du même nom et de la section du Lycée Artistique “A.Calcagnadoro”. Il Liceo Classico comprende tre corsi-indirizzi (tutti quinquennali: IV e V ginnasio, I, II e III liceo): uno secondo il quadro ministeriale già articolato tra materie dell’area storico-filosofico-letteraria e materie dell’area scientifica; uno con potenziamento della matematica; uno con l’integrazione dello studio della seconda lingua Le Lycée Classique comporte trois orientations, toutes d’une durée de cinq ans (4e et 5e du 1er cycle, 1e, 2nde et 3e du second cycle): dans le cadre d’un schéma ministériel, la première articule histoire, philosophie et lettres avec les enseignements scientifiques; la seconde, avec le renforcement des 19 Il Rat t o de lle S ab ine straniera (francese o spagnolo). Vari e numerosi sono i progetti e le iniziative, sia curricolari che extracurricolari: attività musicali (Coro, Orchestra, Stage Danza), teatro, cineforum, laboratorio di lettura, scambi culturali, giornalino, gruppo sportivo…inoltre il concorso Certamen Varronianum Reatinum, aperto anche a studenti stranieri, nato nel 2003, con la collaborazione dell’Associazione ex alunni e di docenti di autorevoli università italiane. Rapporti con il museo Nell’ambito delle attività del Bimillenario della nascita dell’imperatore Tito Flavio Vespasiano (2009), è stata inaugurata la mostra “Divus Vespasianus. Il Bimillenario dei Flavi, Reate e l’Ager Reatinus,” nella quale sono state presentate anche esperienze didattiche, frutto di un progetto triennale a classi aperte, degli alunni del Liceo Classico “M. Terenzio Varrone”. Inoltre, alcuni studenti, in particolare, sotto la guida del personale del Museo stesso hanno collaborato in qualità di “mediatori culturali” nei confronti degli studenti più giovani delle classi ginnasiali, che hanno avuto modo di apprezzare l’evento oltre che per il suo spessore culturale anche per le modalità di comunicazione e di divulgazione scelte. Tale positiva esperienza prosegue attualmente (a.s. 20102011, classi II D e III C), con “Il Ratto delle Sabine”, progetto promosso e coordinato dal Museo Civico di Rieti. A partire dal tema specifico e dall’esame delle fonti antiche, il Liceo Classico ha condotto una ricerca che ha riguardato anche i Miti di Ratto ( Elena, Europa, Persefone, etc.); il Ratto nel rito del matrimonio; il Rapimento nella legislazione. Obiettivi specifici, proprio a partire dai testi classici, sono stati: 20 Installazioni artistiche da voci antiche mathématiques, la troisième, avec l’intégration d’une seconde langue étrangère (Français ou Espagnol). Les projets et les initiatives, tant scolaires qu’extrascolaires, sont nombreux: musique (Cœur, Orchestre, Stage de Danse), théâtre, cinéclub, laboratoire de lecture, échanges culturels, petit journal, groupes sportifs… avec en plus le concours, établi en 2003, Certamen Varronianum Reatinum, ouvert aussi aux étudiants étrangers, avec la collaboration de l’Association des anciens élèves et de professeurs de prestigieuses universités italiennes. Relations avec le musee Dans le cadre des festivités du Bimillénaire (2009) de la naissance de l’empereur Tito Flavio Vespasiano, a été inaugurée l’exposition “Divus Vespasianus: Le bimillénaire des Flaviens, Reate et l’Ager Reatinus”, où ont été présentées les expériences didactiques des élèves du Lycée, fruit d’un projet de trois ans en classes décloisonnées. En outre, beaucoup d’entre eux ont collaboré, en qualité de “médiateurs culturels“ et avec l’aide du personnel du Musée, à une action de sensibilisation à destination du jeune public, qui a eu les moyens d’apprécier l’événement tant pour sa valeur culturelle que grâce à la manière adoptée pour le communiquer et le rendre lisible. Cette expérience positive continue aujourd’hui (classe II D et III C) avec “L’Enlèvement des Sabines”, projet encouragé et coordonné par le Museo Civico di Rieti et l’Ecole Boulle de Paris. À partir de ce thème spécifique et de l’examen des anciennes sources antiques, le Lycée Classique a effectué une recherche sur les “mythes” de l’enlèvement (Hélène, Europa, Perséphone, etc.), l’Enlèvement dans le rite du mariage, l’Enlèvement selon la loi. À partir des textes classiques, les IS TITUTO DI ISTRUZIONE SUPERIORE “M. T. VARRONE” ricercare il legame con il territorio, i suoi miti, le sue leggende, la sua storia; ampliare l’attività di ricerca; potenziare la capacità di individuare collegamenti interdisciplinari utilizzando linguaggi specifici; acquisire competenze spendibili in contesti più articolati. Si aggiungono obiettivi cognitivi trasversali come: potenziare l’interesse per il patrimonio culturale quale fondamento della civiltà europea; sviluppare la curiosità cognitiva e la capacità di rielaborazione; motivare alle attività di gruppo ed educare al lavoro di équipe; promuovere la padronanza della multimedialità e la conoscenza delle lingue. Il Liceo Classico, nel corso delle attività progettuali, ha organizzato per le classi coinvolte una conferenza di grande interesse scientifico sul tema “Il Ratto delle Sabine” tenuta dal Prof. Lucio Ceccarelli dell’Università dell’Aquila, già collaboratore per il Certamen Varronianum Reatinum. objectifs ont été: la recherche des relations avec la province des Sabines, ses mythes, ses légendes, son histoire, le développement de la recherche; l’amélioration de la capacité de trouver les relations entre les différents domaines, l’usage d’expressions spécifiques; l’acquisition des capacités utiles dans des contextes plus complexes. Il faut ajouter des objectifs de connaissances transversales: amélioration de l’intérêt pour le patrimoine culturel européen; développement de la curiosité envers la connaissance et la capacité de son utilisation; la motivation pour le travail en équipe; l’amélioration de la maitrise du “multimédia” et de la connaissance des langues. Le Lycée Classique, au cours du projet, a prévu pour les élèves concernés une conférence d’un très grand intérêt scientifique sur le thème de “L’Enlèvement des Sabines” par le professeur Lucio Ceccarelli de l’Université de L’Aquila, collaborateur du Certamen Varronianum Reatinum. Gli studenti hanno detto che: “…il Liceo Classico fa sì che riusciamo a fare della nostra passione il nostro futuro” (intervista a “Il Tempo” del 17 Novembre 2010) Les élèves ont déclaré: “…le Lycée Classique fera de notre passion notre futur” (interview au journal il Tempo) Anche a nome degli studenti la Scuola ringrazia la Direttrice del Museo di Rieti, Dott.ssa Monica De Simone con i suoi Valenti Collaboratori per la disponibilità, competenza e sensibilità dimostrate, le Scuole Partner per la collaborazione. Non resta che un invito rivolto a tutti a visitare la Mostra. Au nom des élèves, l’école remercie la Directrice du Musée de Rieti, la Dott.ssa Monica de Simone et ses Valeureux Collaborateurs pour la disponibilité, la compétence et la sensibilité, et les Ecoles qui ont participé pour leur collaboration. Il ne reste plus qu’à inviter tout le monde à visiter l’Exposition. Le referenti del progetto Nadia Laudazi e M. Rosaria Rotilio Responsable du projet, Nadia Laudazi et M. Rosaria Rotilio 21 IS TITUTO DI ISTRUZIONE SUPERIORE “M. T. VARRONE” LICEO ARTISTICO-ISARTE “A. CALCAGNADORO” LYCÉE ARTISTIQUE-ISARTE “A. CALCAGNADORO” Il Liceo Artistico “A. Calcagnadoro” è, da più di quarant'anni, un riferimento ineludibile nel territorio provinciale per chi desideri avvicinarsi alla cultura artistica nelle sue poliedriche declinazioni. Come nella realtà che ci circonda, l'istruzione artistica si articola negli indirizzi della grafica digitalizzata e del web, della fotografia, della moda e del costume, del disegno industriale come nello studio e nella riscoperta dei beni culturali. Patrimonio del Calcagnadoro è oggi la sistematizzazione di un metodo sinergico messo a punto dopo una intensa e proficua sperimentazione, spesso pionieristica ma mai avventurosa, ove trovano sintesi il sapere ed il sapere fare. La metodologia di lavoro coniuga e potenzia le risorse interne alla scuola grazie alle diverse competenze poste in essere dai docenti, intrinseche nelle discipline teorico-pratiche e negli indirizzi. Il trait-d’union è sempre un corretto metodo di ricerca, autentico e consapevole, scientifico e rigoroso, animato da un'innata spinta verso ciò che è personale, originale e creativo. Per tali ragioni il Calcagnadoro ha scelto di svolgere questa ennesima esperienza in collaborazione con l'istituzione museale centrale nella vita culturale della provincia: il Museo Civico di Rieti. Il lavoro, articolato su più classi, offre proposte per una didattica museale, elabora una rivisitazione contemporanea di temi tanto antichi quanto mai attuali affinché il manufatto antico, di cui il museo è depositario e scrupoloso conservatore, continui ad essere parlante attraverso la reinvenzione di codici linguistico-espressivi vicini alla sensibilità Le Lycée Artistique “A.Calcagnadoro” est, depuis plus de quarante ans, une référence dans le territoire provincial pour ceux qui s’intéressent à la culture artistique sous toutes ses formes. Tout comme dans la réalité qui nous entoure, l’instruction artistique est orientée vers le graphisme numérique et le webdesign, la photo, la mode, le design industriel, ainsi que vers l’étude et la redécouverte du patrimoine culturel. Aujourd’hui, la mise en place d’une “méthode synergique”, souvent à l’avant-garde mais jamais aventureuse, mise au point après une intense et féconde expérimentation, fait partie du patrimoine de la “Calcagnadoro”; méthode qui allie connaissance et savoir-faire. Cette méthodologie de travail combine et met à profit les ressources internes de l’école avec les compétences des enseignants, propres aux disciplines théoriques et pratiques, et à l’orientation. Le trait d’union est toujours une méthode d’investigation valide, authentique et consciente, scientifique et rigoureuse, animée par une tendance innée vers ce qui est personnel, original et créatif. C’est pour ces raisons que la “Calcagnadoro” a choisi de participer à cette expérience, en collaboration avec l’institution muséale centrale de la vie culturelle de la province: Le “Museo Civico di Rieti”. Le travail, articulé sur plusieurs classes, propose une didactique muséale, établit une réinterprétation contemporaine de sujets tout aussi bien antiques qu’actuels, de sorte que l’objet manufacturé antique, dont le musée est le dépositaire et scrupuleux gardien, continue à communiquer en réinventant des codes linguistiques et expressifs, proches de la sensibilité des jeunes étudiants d’école supérieure. La synergie entre la “Calcagnadoro” et le Département de la Culture de la municipalité de Rieti a une longue histoire. Au 23 Il Rat t o de lle S ab ine di giovani studenti di scuola superiore. La sinergia tra il Calcagandoro e l'Assessorato alla Cultura del Comune di Rieti ha una lunga storia. Nell’anno scolastico 1997-98 la scuola, aveva adottato, in occasione della Settimana dei Beni Culturali, Le Muse del vestibolo del Teatro Flavio Vespasiano di Rieti realizzate nel 1916 dal pittore reatino Antonino Calcagnadoro, artista a cui non casualmente è intitolata la scuola. In questi ultimi dieci anni, nel solco di quella pionieristica metodologia didattica che vedeva gli studenti impegnati anche fuori dalle aule scolastiche e all’interno di musei, archivi, chiese e biblioteche, sono nati altri progetti: “Isarcheo. L'Isarte incontra l'archeologia”, “Gioca con il museo in rete”, “Adotta un monumento”, “Calcagnadoro Rieti-Roma. Andata e ritorno”, “Viaggio nella didattica museale”, “Fare Futurismo. Sperimentare l'idea”, nonché gli eventi per commemorare il celebre artista reatino Antonio Gherardi, “un genio bizzarro nella Roma del Seicento” ed infine il “Quarantennale dell'Istituto”, nel dicembre del 2008, celebrato anche presso la Biblioteca Comunale e nelle sale del Museo Civico. Nella veste di referente del progetto ho il dovere, ma soprattutto il piacere di ringraziare tutti coloro che a diverso titolo hanno reso possibile questa ennesima esperienza che si è felicemente conclusa grazie all'entusiasmo ed alla generosità degli studenti, ma soprattutto grazie alla determinazione, disponibilità e professionalità dei docenti mai stanchi di dare nuove risposte a nuove domande. La referente, prof.ssa Letizia Rosati 24 Installazioni artistiche da voci antiche cours de l’année scolaire 1997-98 l’école avait adapté, au cours de la “Settimana dei Beni Culturali”, l’œuvre La Muse, réalisée durant l’année 1916 par le peintre local Antonino Calcagnadoro, artiste qui a donné son nom à l’école. Cette exposition avait eu lieu dans la hall du Théâtre Flavio Vespasiano de Rieti. Au cours des dix dernières années, dans le sillage de la méthodologie didactique que vivent les étudiants en dehors des salles de classe et à l’intérieur des musées, archives, églises et bibliothèques, d’autres projets ont été réalisés: “Isarcheo. L’Isarte incontra l’Archeologia” (institut supérieur d’archéologie et institut supérieur d’art à la rencontre de l’archéologie), “Gioca con il Museo in rete” (joué en réseau avec le musée), “Adotta un Monumento” (adopté un monument), “Calcagnadoro Rieti-Roma. Andata e ritorno” (Calcagnadoro Rieti-Rome. Aller et retour), “Viaggio nella didattica museale” (Voyage dans la didactique muséale), “Fare Futurismo. Sperimentare l’idea” (Faire Futurisme. Expérimenter l’idée), la commémoration du célèbre artiste de Rieti Antonio Gherardi, ”un génie bizarre dans la Rome du 17e” , sans oublier les ”Quarante ans” de l’Institut, en décembre 2008, célébrés aussi dans les salles de la Bibliothèque Communale et du Musée Civico. En tant que responsable du projet j’ai le devoir, mais surtout le plaisir de remercier tous ceux qui ont contribué à cette énième expérience, rendue possible grâce à l’enthousiasme et à la générosité des étudiants, mais surtout grâce à la détermination, la disponibilité et le professionnalisme des enseignants, jamais las d’apporter de nouvelles réponses aux nouvelles demandes. Responsable du projet, prof.ssa Letizia Rosati Il Rat t o de lle S ab ine 26 Installazioni artistiche da voci antiche I LAVORI degli studenti Ecole Boulle Ecole Boulle Omaggio a Keith Haring Hommage à Keith Haring trittico, acrilico su tela triptyque, acrylique sur toile Ideazione Camille Alain (oggi studentessa della Scuola Superiore di Arti Applicate Duperré, Parigi, secondo anno di design di interni) Conception Camille Alain (aujourd’hui étudiante à l’Ecole Supérieure des Arts Appliqués Duperré, Paris, en 2e année de design d’espace) Realizzazione Camille Alain e Justine Coubard (oggi studentessa al secondo anno di design della comunicazione indirizzo spazio e volume, Ecole Boulle, Parigi) Réalisation Camille Alain et Justine Coubard (aujourd’hui étudiante en 2e année de design de communication option espace et volume, à l’Ecole Boulle, Paris) L’artista newyorkese Keith Haring (1958-1990) è stato uno tra i più celebri esponenti dell’arte americana degli anni ’80 del secolo scorso. Conosciuto per l’ innovativo linguaggio pittorico utilizzato, è stato un rappresentate della “Bad Painting”. Il suo lavoro si è ispirato all’arte di strada, in particolar modo ai graffiti newyorkesi. I suoi temi ricorrenti mescolano amore, sessualità e violenza e le sue opere ripetono instancabilmente figure di bambini che camminano carponi. Sebbene non abbia mai trattato il tema del Ratto delle Sabine (senza dubbio non né ha avuto tempo, visto che è morto di AIDS all’età di 31 anni) la sua opera è stata fonte di ispirazione per questa installazione, che vuole rendergli omaggio utilizzando il suo inconfondibile linguaggio pittorico. Keith Haring (1958-1990), artiste new-yorkais fut une véritable étoile filante de l’art américain des années 80. Il a incarné le renouveau de la figuration et fut l’une des têtes de file du “Bad Painting”. Son travail très graphique, est inspiré par l’art des rues, et notamment par le graffiti new-yorkais. Ses thèmes de prédilection mêlent, notamment, amour, sexualité et violence et ses tableaux répètent inlassablement la figure de bébés déambulant à quatre pattes. Il n’a jamais traité directement le thème de l’Enlèvement des Sabines (sans doute n’en a-t-il pas eu le temps, emporté par le sida à l’âge de 31 ans), et pourtant son œuvre y fait écho, aussi, lui rendre hommage en donnant ce qu’aurait pu être sa vision du mythe semblait tomber sous le sens. 27 Il Rat t o de lle S ab ine 28 Installazioni artistiche da voci antiche Il trittico si compone di tre diversi tributi a opere che possono essere considerate alla base dell’iconografia del mito. Le triptyque se compose de trois hommages à des œuvres qui font figure de jalon dans l’iconographie du mythe. Il primo riprende l’impostazione di Giovanni Antonio Bazzi, detto Il Sodoma (1477-1549). I Romani sono rappresentati come esseri mostruosi che indossano maschere di lupo. La gestualità dei personaggi ed i colori utilizzati sono ispirati a quelli del Sodoma, ma il linguaggio è quello di Keith Haring. Le 1er panneau reprend l’organisation du célèbre tableau de Giovanni Antonio Bazzi, dit Le Sodoma (1477-1549) qui initie, en 1506, le retour du mythe dans l’art romain de la renaissance. Les Romains sont incarnés par des êtres monstrueux au masque de loup. Les attitudes simplifiées et les couleurs reprennent celles du tableau original. Il secondo pannello rende omaggio al quadro di Nicolas Poussin (1637-1638) realizzato per il cardinale Luigi Omodei ed esposto al Museo del Louvre di Parigi. L’impostazione grafica e cromatica originale è stata tradotta secondo il linguaggio di Keith Haring. Le second panneau rend hommage à Nicolas Poussin et revisite avec les mêmes codes graphiques et colorés la seconde version (1637-1638) du tableau réalisée pour le cardinal Luigi Omodei et présentée au Musée du Louvre à Paris. L’ultimo pannello rende omaggio a Le Sabine (1799) di Jacques-Louis David (1748-1825). Vi si ritrovano due dei motivi ricorrenti di Keith Haring: il Bambino Radiante (Radiant Baby) ed il bambino che cammina carponi. Le dernier panneau, lui, rend hommage à la célèbre Intervention des Sabines (1799) de Jacques-Louis David (17481825) traité avec le même système graphique que les deux premiers panneaux. On y retrouve la figure des bébés, brandis ou déambulant à quatre pattes, si chère à Keith Haring. I LAVORI degli studenti Ecole Boulle Hommage à Keith Haring - triptyque (panneau 1) Omaggio a Keith Haring - trittico (pannello 1) 29 Il Rat t o de lle S ab ine Ecole Boulle Hommage à Keith Haring - triptyque (panneau 2) Omaggio a Keith Haring - trittico (pannello 2) 30 Installazioni artistiche da voci antiche I LAVORI degli studenti Ecole Boulle Hommage à Keith Haring - triptyque (panneau 3) Omaggio a Keith Haring - trittico (pannello 3) 31 Il Rat t o de lle S ab ine Ecole Boulle Omaggio a Keith Haring - trittico (pannello 3) Hommage Keith Haring - triptyque (panneau 3) Ecole Boulle À travers le texte Attraverso il testo 32 Installazioni artistiche da voci antiche EC O LE B O ULLE I LAVORI degli studenti Attraverso il testo À travers le texte installazione installation Ideazione Zoé Piter (oggi studentessa del secondo anno di design d interni alla Ecole Boulle, Parigi) Conception Zoé Piter (aujourd’hui étudiante en 2e année de design d’espace à l’École Boulle, Paris) Realizzazione Zoé Piter, Victor De Cooman, Agathe Duval, Chloé Huitric, Colombine Ruiz, Romain Solier con la collaborazione di altri studenti Réalisation Zoé Piter, Victor De Cooman, Agathe Duval, Chloé Huitric, Colombine Ruiz, Romain Solier et d’autres L’idea alla base di questa installazione, progettata per essere collocata nell’atrio del Museo, è rendere l’azione visibile ”fra le righe”. Il testo originale in latino di Tito Livio è in effetti più allusivo che descrittivo ed evoca l’episodio in maniera sintetica. Sulle tele, che riportano il testo originale dello storico romano, sono state ritagliate le sagome dei personaggi che incarnano differenti momenti del rapimento. L’idée directrice de l’installation, prévue depuis le début pour les arcades de l’entrée principale du Musée, était de rendre l’action visible “entre les lignes”. Le texte original en latin de Tite-Live est en effet plus allusif que descriptif et narre de manière elliptique l’action. Dans les toiles, sur lesquelles est écrit le texte original, se découpent les silhouettes de personnages en action qui incarnent différents moments de l’épisode de l’enlèvement. 33 Il Rat t o de lle S ab ine Ecole Boulle Pixels 34 Installazioni artistiche da voci antiche EC O LE B O ULLE I LAVORI degli studenti Pixels Pixels stampa digitale realizzata su tela impression numérique marouflée sur toile Ideazione Solène Michel (oggi studentessa del secondo anno di design di interni) Conception Solène Michel (aujourd’hui étudiante à l’école Boulle en 2e année de design d’espace) Realizzazione immagine-Solène Michel con l’aiuto del software “Andrea’s Mosaic” Réalisation image-Solène Michel avec l’aide du logiciel “Andrea’s Mosaic” Il mito del Ratto delle Sabine ha avuto un grande successo nell’arte occidentale ed è stato rappresentato secondo iconografie diverse, ricche e vivaci. Queste iconografie si sono nutrite le une delle altre a tal punto che ogni opera contiene gli echi della tradizione che l’ha preceduta. Al fine di rappresentare le influenze reciproche che le iconografie hanno esercitato tra di loro, l’immagine del celebre quadro di Jacques-Louis David, esposto al Louvre a Parigi, è stato partizionato in pixels, con ogni pixel costituito da immagini tratte dalle differenti rappresentazioni iconografiche. Le mythe de l’Enlèvement des Sabines et sa représentation ont eu un tel succès au cours des siècles dans l’art occidental, qu’ils constituent une iconographie riche et vivante, encore aujourd’hui. Plus que le texte lui-même, ces images font figure de référence dont les apports se nourrissent les uns les autres dans de multiples échos. C’est pour signifier ces influences croisées que l’image emblématique incarnée par le célèbre tableau de Jacques-Louis David, présenté au Louvre à Paris, a été pixélisée avec des images issues des différentes représentations du mythe. 35 Il Rat t o de lle S ab ine Installazioni artistiche da voci antiche Ecole Boulle Ombres Ombre 36 EC O LE B O ULLE I LAVORI degli studenti Ombre Ombres installazione, proiezione a parete installation, projection sur les murs du musée Ideazione Clarisse Lochmann (oggi al secondo anno di Design della comunicazione del Liceo Auguste Renoir, Parigi) Conception Clarisse Lochmann (aujourd’hui en 2e année de design de communication au Lycée Auguste Renoir, Paris) Realizzazione collettiva degli studenti in visita a Rieti Réalisation collective par les étudiants en visite à Rieti Questa installazione luminosa intende far percepire, all’interno del museo, la diffusa presenza del mito del Ratto delle Sabine. La proiezione delle ombre, grazie a filtri appositamente realizzati, sulle pareti delle sale del Museo ha come obiettivo quello di “disturbare” la leggibilità dei reperti archeologici esposti, ricordando che la civiltà che li ha prodotti è nata, secondo la leggenda, grazie al rapimento delle donne sabine. L’idée de cette installation lumineuse était de faire ressentir, partout dans le musée la présence de ce mythe fondateur de la civilisation romaine à laquelle il est consacré. Des “filtres” transparents peints projettent sur les parois des salles les ombres des protagonistes de l’action tels que représentés dans l’iconographie du mythe. L’objectif est de perturber la lisibilité des pièces archéologiques présentées en rappelant que la civilisation qui leur a donné naissance est issue de ce rapt scandaleux. 37 Il Rat t o de lle S ab ine Ecole Boulle Comics 38 Installazioni artistiche da voci antiche EC O LE B O ULLE I LAVORI degli studenti Comics Comics acrilico su tela acrylique sur toile Ideazione Adeline Liaigre (oggi al secondo anno di design della comunicazione-orientamento stampa, al Liceo Paul Ledermann di Sèvres, Hauts de Seine, regione di Parigi) Conception Adeline Liaigre (aujourd’hui en 2e année de design de communication option print, au Lycée Paul Ledermann de Sèvres, Hauts de Seine, région parisienne) Realizzazione Adeline Liaigre, Léonard Bonnote, Frédéric Lessellier, Colombine Ruiz ed altri Réalisation Adeline Liaigre, Léonard Bonnote, Frédéric Lesselier, Colombine Ruiz et autres Si tratta di una versione umoristica e anticonformista che offre una traduzione popolare attraverso l’universo delle serie animate americane e giapponesi. Nell’era di internet, dell’onnipotenza dell’immagine in tutte le sue forme e della globalizzazione culturale, i miti occidentali sono stravolti e non sopravvivono se non in un’immagine sbiadita e superficiale colma di supereroi di cartone. C’est une version humoristique et décalée qu’offre cette transcription triviale du mythe dans l’univers des séries animées américaines et japonaises. À l’heure d’internet, de la toute puissance de l’image, sous toutes ses formes, et de la mondialisation culturelle, les mythes fondateurs de l’occident sont submergés et ne subsistent plus que sous la forme d’une image amoindrie et superficielle remplie de super-héros de pacotille. 39 Il Rat t o de lle S ab ine Ecole Boulle Points de vue Punti di vista 40 Installazioni artistiche da voci antiche EC O LE B O ULLE I LAVORI degli studenti Punti di vista Points de vue stampa digitale su “volume ottico” impression numérique sur “volume optique” Ideazione Lina Brauch e Maylis Rousselot (studentesse del secondo anno di design di interni alla Ecole Boulle, Parigi) Conception Lina Braouch et Maylis Rousselot (étudiantes en 2e année de design d’espace à l’Ecole Boulle, Paris) Realizzazione Lina Brauch e Maylis Rousselot Réalisation Lina Braouch et Maylis Rousselot La rappresentazione del Ratto delle Sabine diventa, a partire dal XVI secolo, occasione per rappresentare corpi di uomini e donne nudi immortalati in atteggiamenti sensuali. Il celebre gruppo scolpito dal Giambologna (1529-1608) ed esposto nella Loggia dei Medici a Firenze, presenta una visione idealizzata e sensuale del rapimento e della violenza subita dalle donne sabine. In realtà la brutalità espressa da questi abbracci forzati, appena suggeriti nel testo di Tito Livio, è più vicina a quella descritta, in un altro contesto, dal gruppo Ercole e Caco, scultura realizzata su commissione di Vicino Orsini per il suo “Bosco Sacro” di Bomarzo, in provincia di Viterbo. Questa immagine cruda e violenta sembra corrispondere meglio alla realtà delle violenze subite dalle Sabine. La représentation du mythe des Sabines devient, dès le XVIe siècle, l’occasion de représenter les corps entremêlés d’hommes et de femmes dénudés dans des postures emplies de sensualité. Le célèbre groupe sculpté de Jean de Boulogne (1529 -1508), présenté dans la Loggia des Médicis à Florence atteint un sommet en donnant de l’action du rapt et du viol cette vision idéalisée et sensuelle. Pourtant, la réalité brutale et triviale de ces étreintes forcées, à peine suggérées dans le texte de Tite-Live, a du revêtir une toute autre réalité; à l’instar celle décrite, dans un autre contexte et à un autre sujet, par le groupe sculpté commandé par Vicino Orsini pour son “Bosco Sacro” de Bomarzo (province de Viterbe). Cette image violente et crue parait mieux correspondre à la réalité des viols subis par les Sabines. 41 Ecole Boulle Points de vue Punti di vista Ecole Boulle Points de vue Punti di vista Il Rat t o de lle S ab ine Ecole Boulle Anthropométries Antropometrie 44 Installazioni artistiche da voci antiche EC O LE B O ULLE I LAVORI degli studenti Antropometrie Anthropométries impronte su carta incollata su tela empreintes sur papier marouflé sur toile Ideazione Justine Coubard (attualmente studentessa del secondo anno di design della comunicazione - orientamento spazio e volume, Ecole Boulle di Parigi) Conception Justine Coubard (aujourd’hui étudiante en 2e année de design de communication option espace et volume, à l’Ecole Boulle, Paris) Realizzazione Justine Coubard, Zoè Piter, Léonard Bonnote, Romain Solier Réalisation Justine Coubard, Zoé Piter, Léonard Bonnote, Romain Solier Alla fine degli ’50 del XX secolo Yves Klein, esponente del “Nouveau Réalisme”, eseguì in pubblico, davanti al gotha mondano della scena artistica e politica parigina, le sue Antropometrie, performance artistiche in cui i corpi delle modelle nudi e cosparsi di blu vennero utilizzati come pennelli viventi sulla tela dell’artista. Questa opera propone una visione concreta e a scala reale dei corpi in movimento, ispirata alle performance del celebre artista francese. À la fin des années 50, Yves Klein, chef de file des “nouveaux réalistes” réalise en public, devant le gotha mondain de la scène artistique et politique parisienne ses Anthropométries. Ces “happenings” consistent à utiliser ses modèles nues comme des pinceaux vivants en leur demandant de marquer la toile de leurs empreintes après les avoir enduites de peinture, le célèbre bleu Klein. Cette réalisation propose, en tirant les leçons du procédé d’Yves Klein, de donner une vision concrète et de créer une image à l’échelle 1 sous forme d’empreintes dont la lisibilité est perturbée par les mouvements de l’action. 45 Il Rat t o de lle S ab ine 46 Installazioni artistiche da voci antiche I LAVORI degli studenti Liceo Artistico - ISARTE “A. Calcagnadoro” Lycée Artistique-ISARTE “A. Calcagnadoro” Il Ratto delle Sabine. Installazioni artistiche da voci antiche, voci moderne Il Ratto delle Sabine. Installazioni artistiche da voci antiche, voci moderne videoinstallazione, materiale e tecniche miste installation vidéo, matériaux et tecniques mixtes Ideazione Prof. ssa M. Beatrice Valletta Projet Prof.ssa M. Beatrice Valletta Realizzazione alunni delle classi II C e III A del Liceo Artistico-Isarte A. Calcagnadoro, a.a. 2010-2011 Réalisation elèves des classes II C - III A du Licée Artistique-Isarte A.Calcagnadoro-année scolaire 2010-2011 Il Ratto delle Sabine affonda le sue radici nella storia leggendaria di Roma. Per questo motivo è stata scelta come fulcro della videoistallazione una struttura verticale e cilindrica che ha lo scopo di rivisitare la celebre Colonna Traiana. Questo monumento ancora oggi domina lo spazio dei Fori Imperiali romani celebrando nei suoi rilievi la vittoria ottenuta dal popolo romano nelle campagne daciche promosse dall’imperatore Traiano. Una inevitabile trasposizione temporale transita dall'archetipo alla videoinstallazione. In epoca arcaica, nell'VIII secolo a.C., i Sabini osarono sfidare Roma ma le loro donne seppero mediare per la pace tra i due popoli: le vittime, guidate dalla bella Ersilia, trovarono una soluzione alternativa alla violenza della guerra, mentre la vestale Tarpea, rea di tradimento, morì sotto il peso degli scudi sabini. L’Enlèvment des Sabines est enraciné dans l’histoire légendaire de Rome. Pour cette raison une structure verticale et cylindrique a été choisie comme axe de l’ installation video, avec le but de revisiter la célèbre Colonne de Trajan. Ce monument domine encore aujourd’hui l’espace du Forum Romain et rappelle dans ses reliefs la victoire de l’empereur Trajan dans les guerres Daciannes. A partir de l’archétype à l’installation video un passage dans une transposition temporelle est inévitable. Dans le VIII siècle avant J.C. les Sabins défierent Rome, mais leurs femmes surent agir pour la paix entre les deux peuples: les victimes, conduites par la belle Ersilia, trouvèrent une solution alternative à la violence de la guerre, pendant que la vestale Tarpea, coupable de trahison, mourut sous le poids des boucliers sabins. 47 Il Rat t o de lle S ab ine La videoinstallazione richiama volutamente la sapienza tecnica dei maestri del passato coniugando i materiali più diversi per consistenza, luminosità e trasparenza. Il volto di Tarpea è imperturbabile come quello di una scultura classica perché il tempo non ha corrotto il valore di una scelta autonoma seppur tragica. Degli scudi lo ricoprono evocando la forza brutale delle armi; su di essi si erge una moderna colonna coclide, che, come nel modello antico, è istoriata con dinamici bassorilievi classicheggianti. Al culmine, una nuvola di tessuto avvolge lo spazio dell'installazione in cui un video miscelato da suoni, colori ed immagini in movimento evoca la condizione delle donne. Condizione inquietante come suggerito dai tacchi spezzati delle scarpe, una evidente allusione alla femminilità offesa. Il soggetto non è più rappresentato secondo un’iconografia ricorrente e consolidata, ma è interpretato superando il principio della verosimiglianza. La videoinstallazione invita lo spettatore ad entrare nella condizione psicologica di chi subisce il rapimento e per questo supera le tradizionali categorie del tempo e dello spazio; la tridimensionalità si dilata nella quarta dimensione che è lo spazio del visitatore ormai inevitabilmente avvolto dalle “voci antiche e moderne”. 48 Installazioni artistiche da voci antiche L’installation vidéo rappelle les connaissances techniques des maitres du passé, combinant la consistence, luminositè et tranparence de plusieurs matériaux. Le visage de Tarpea est imperscrutable comme celui d’une sculpture classique, parce que le temps n’a pas corrompu la valeur d’un choix autonome mais tragique. Des boucliérs le couvre, évoquant la force brutale des armes, le tout est surmontè par une moderne colonne coclide, decorèe avec des bas-reliefs dynamiques facon classique. Au bout un nuage de tissue envelope l’espace de l’installation, et un video qui mélange sons, couleurs et images en movement évoque la condition des femmes. Condition qui est inquietante, comme suggerè par les talons cassés des chaussures, allusion à la féminitè outragèe. Le sujet n’est pas representé selon une iconographie récurrante et consolidée, mais l’interpretation dépasse le principe de la vraisemblance. L’installation vidéo invite le spectateur de rentrer dans la condition psicologique de celui qui subit l’enlèvement, et pour cela depasse les traditionelles catégories du temps e de l’espace. Les trois dimensions se dilatant dans la quatrième, c‘est a dire l’espace du visiteur deja inévitablement enveloppè par les “rumeurs anciennes et modernes”. Lic e o A rt is t ic o - IS A RT E “A . C alc ag nadoro” I LAVORI degli studenti Video montaggio: Matteo Onorini lettrice: Elisa Cinardi, IA Video installation: Matteo Onorini lectrice: Elisa Cinardi, IA Il video è il trait-d’union tra passato e presente. Nasce dalla contaminazione delle sonorità antiche, “Synaulia”, con quelle moderne tratte da un celebre brano di Jude Driscoll, Road to Cairo, del 1968. La forza delle parole è esaltata dalla magistrale recitazione di Giorgio Albertazzi nell'invocazione a Mercurio, dio dei ladri, e dalla fresca interpretazione di una giovane studentessa che declama i versi di Livio, storico a cui dobbiamo il racconto del Ratto delle Sabine. Le immagini scorrono lentamente mentre si sovrappongono i gesti semplici e delicati del lavoro femminile evocato dalle mani, dagli occhi e dai visi di giovani occidentali che incrociano i volti negati di donne nascoste sotto un burqa opprimente. Ce vidéo est le trait d’union entre passé et présent. Il derive du contact entre les sons anciens, ”Synaulia” avec les modernes issues d’un célebre morceau de Jude Driscoll, ”Road to Cairo”, du 1968. La force des mots est renforcèe par l‘ interpretation magistrale de Giorgo Albertazzi dans l’invocation de Mercure, dieu des voleurs, et par la voix fraiche d’une jeune étudiante qui déclame le texte de Tite-Live, l’historien qui nous a racontè de l’Enlèvement de Sabines. Les images coulent lentement pendant que se superposent les gestes simples et delicats du travail feminin, evoquè par les mains, les yeux et les visages occidentals qui croisent les visages caches sous un “burqa” étouffant. 49 Liceo Artistico ISARTE “A. Calcagnadoro” Rilievo grafico (particolare tratto da Le Sabine di Jacques-Louis David) Relief graphique (détail tiré par l’oeuvre de Jacques-Louis David, Les Sabines) Lic e o A rt is t ic o - IS A RT E “A . C alc ag nadoro” I LAVORI degli studenti Dal sapere al saper fare Proposte operative per la didattica museale Entre le “savoir et le savoir faire” Proposition opérationelle pour l’éducation au musèe Realizzazione alunni della classe V C del Liceo Artistico-Isarte “A. Calcagnadoro”, a.a. 2010-2011 Réalisation elèves de la classe V C du Licée Artistique-Isarte “A.Calcagnadoro”, année scolaire 2010-2011 La comprensione del fenomeno culturale avviene attraverso lo studio e la documentazione delle testimonianze che, per la loro complessità, necessitano di un duplice piano di indagine: quello teorico e quello pratico, il sapere ed il saper fare. Diverse le discipline e poliedriche le competenze che interagiscono per il raggiungimento dell'obiettivo: saper dare una interpretazione corretta sul piano epistemologico ed espressivo del Bene Culturale. A tale scopo il percorso didattico deve necessariamente intrecciare l'antico con il contemporaneo, il valore documentario con quello della rivisitazione originale, gli strumenti tecnici della tradizione con i materiali inconsueti ed inaspettati del tempo storico attuale. Questo perché il Ratto delle Sabine è mito, storia e leggenda ma soprattutto metafora e paradigma dello status sociale e culturale delle donne nel mondo di ieri e di oggi. Le classi del Liceo Artistico hanno pertanto elaborato un percorso coerente che attraversa la tradizione dell'arte aulica proponendo rilievi grafico-pittorici ad olio e ad affresco tratti da capolavori del passato. Grandi artisti, dal Rinascimento in poi, si sono misurati con questa fortunata iconografia: Bartolomeo di Giovanni, Giambologna, Pietro da Cortona, Jacques-Louis David, Primo Conti. Il loro lavoro transita attraverso gli stili e le tecniche dimostrando la forza espressiva ed evocativa degli archetipi nell'arte occidentale. La compréhension du phénomène culturel se croise par l’étude et la documentation des témoignages complexes qui ont besoin de deux niveaux d’enquète: le théorique et le pratique, le savoir et le savoir-faire. Multiples disciplines et compétences multi-facettes interagissent pour atteindre l’objectif de donner l’interpretation correcte sur le plan épistémologique et expressif du “Bene Culturale”. A cet effet le parcours didactique doit mélanger l’ancien et le contemporain, la valeur documentaire avec la revision originale, les instruments tecniques de la tradition avec les matériaux inhabituels et inattendus du temps actuel. C’est pour cela que l’Enlèvément des Sabines est mythe, histoire, légende mais surtout métaphore et paradigme du status social et culturel des femmes dans le monde d’hier et d’aujourd’hui. Pour cela les classes du Lycèe Artistique ont construit un parcours coherent qui traverse la tradition de l’art noble, en proposant peintures issues des chefs-d’oeuvres du passé. Grands artistes, depuis la Renaissance, ont adressè cette hereuse iconographie: Bartolomeo di Giovanni, Jean de Boulogne, Pietro da Cortona, Jacques-Luis David, Primo Conti. Leurs oeuvres traversent styles et techniques démontrant la puissance expressive et évocatrice des archetypes dans l’art occidental. 51 Liceo Artistico ISARTE “A. Calcagnadoro” Rilievi pittorici ad olio (particolari tratti dal Ratto delle Sabine di Bartolomeo di Giovanni) Reliefs picturaux à l’huile (détails tirés par l’oeuvre de Bartolomeo di Giovanni, Ratto delle Sabine) Liceo Artistico ISARTE “A. Calcagnadoro” Rilievi pittorici ad affresco (particolari tratti da Il Ratto delle Sabine di Primo Conti) Reliefs picturaux à la fresque (détails tirés par l’oeuvre de Primo Conti, Il Ratto delle Sabine) Lic e o A rt is t ic o - IS A RT E “A . C alc ag nadoro” I LAVORI degli studenti Il Ratto delle Sabine Fumetto Il Ratto delle Sabine Bandes dessinées china e pastelli su carta chine et le pastel sur papier Realizzazione alunni delle classi II C Réalisation elèves des classe II C I giovani di oggi comunicano attraverso i linguaggi della contemporaneità che si rivelano freschi e immediati come la "letteratura disegnata" del fumetto, la nona arte. Una modalità certamente accattivante per raccontare in modo gradevole ed efficace ciò che è denso di contenuti storici, morali e simbolici come il Ratto delle Sabine. I ragazzi della IIC, con l'insegnante di Discipline Pittoriche, hanno voluto interpretare l'episodio rileggendo una celebre serie di strisce ambientate nell'antica Roma. Les jeunes d’aujourd’hui communiquent par les languages contemporains qui sont frais et impulsifs comme la “litèrature des bandes dessinèes”, le neuvième art. Une facon surement attractive pour raconter agréablement et avec efficacitè ce qui est plein de contenu historique, morale et symbolique comme l’Enlévement des Sabines. Les éleves de la classe IIC, avec l’enseignant de Peinture ont voulu interpréter l’épisode avec la rélecture d’une cèlebre série de bandes dessinèes situèes dans l’ancienne Rome. 55 Il Rat t o de lle S ab ine Liceo Ginnasio Statale “M. Terenzio Varrone” Il Ratto nel mito 56 Installazioni artistiche da voci antiche I LAVORI degli studenti Liceo Ginnasio Statale “M. Terenzio Varrone” Il ratto nel Mito Lycée Classique ”M. Terenzio Varrone” Il ratto nel Mito inchiostrazione a china, colorazione digitale encre de chine-coloration numerique Ideazione Santilli Chiara, studentessa del Liceo Ginnasio “M.Terenzio Varrone”, III C (5° anno), a. s. 2010/2011 Conception Santilli Chiara-étudiante du Lycée Classique “M.Terenzio Varrone” III C (5° année), 2010-2011 Realizzazione Santilli Chiara Réalisation Santilli Chiara Parlando di “ratto”, a proposito del progetto sviluppato dalla nostra classe, era impossibile non concedere un ampio spazio alla trattazione di quei miti che ne hanno fatto il loro tema fondamentale; da questo presupposto è partita l'idea per il disegno in cui sono stati rappresentati, dietro un minuzioso lavoro di ricerca, alcuni tra i miti di “ratto” più conosciuti. L'intento è quello di rivisitare sotto nuova luce l'iconografia del mito e di presentarlo in chiave umoristica e vivace con riferimenti semplici e comprensibili. Un omaggio sincero alla fantasia e all'immaginazione con la speranza di recuperare quell'aspetto del mito che, dietro l'insegnamento morale, è puro piacere onirico. Dans le projet développé par notre classe à propos de “l’enlèvement”, est necessaire de donner un espace important à l’étude des mythes dont l’énlèvemet a étè le thème fondamental. D’où l’idée du dessin où ont étè représentés, aprés une rècherche soigneuse, les mythes de l ‘enlèvemet les plus connus. L’intention est de relire dans une nouvelle perspective l’iconographie du mythe et le montrer d’une facon humoristique et sèmillante, avec des references simples et compréhensibles. Un hommage sincère à la fantaisie et a l’imagination, avec l’espoir de récuperer le coté du mythe qui, derrière l’enseignement moral, est simplemènt agréable. Nel disegno sono stati raffigurati i seguenti miti: Dans le dessin ont eté représentés les mythes suivants: Io e Zeus: la fanciulla venne rapita da Zeus sotto forma di nube. Come narra Ovidio nelle Metamorfosi “quando il Tonante, ravvolta la terra di vasta nebbia, nasconde la ninfa”. Si narra che Zeus, per non farsi scoprire da Era, mutò la fanciulla Io et Zeus: le jeune fille à eté enlevé par Zeus sous forme de nuage. Selon Ovide, dans les Métamorphoses “Zeus, voilè la terre d’un vaste brouillard, cache la nymphe”. Zeus, pour eviter que Hera s’en apercoive, transforme la 57 Il Rat t o de lle S ab ine 58 Installazioni artistiche da voci antiche in una candida giovenca. L’idea per il disegno del personaggio è ispirata al quadro di Pieter Lastman Era scopre Zeus con Io (1618, National Gallery, Londra) e a quello del Correggio Io che viene avvolta da Zeus sotto forma di nube (1489 -1534, Museo del Louvre, Parigi). jeune fille en genisse blanche. L’idée vient du tableau de Pieter Lastman Hera attrape Zeus avec Io (1618, National Gallery, Londres) et de celui du Correggio Io enveloppé par Zeus sous forme de nuage (14891534, Musée du Louvre, Paris). Eros e Psiche: il mito, presentatoci da Apuleio, narra di una fanciulla talmente bella da destare le ire di Venere. La dea incaricò Eros di rapirla per condurla in un castello dove si sarebbe dovuta sposare con l’uomo più spregevole della terra. In realtà Eros mosso dall’amore che sentiva per lei decise di disobbedire alla dea prendendo segretamente il posto del promesso sposo della fanciulla. Un tributo al celebre gruppo scultoreo Amore e Psiche di Antonio Canova (1788-1793, Museo del Louvre, Parigi). Eros et Psiche: le mythe, selon Apulée, raconte d’une jeune fille si belle de réveiller le rage de Venus. La déesse chargea Eros de l’enlever et la conduire dans un chateau où elle aurait du se marier avec l’homme le plus méprisable du monde: en effet Eros, amoureux d’elle, désobéit à la déesse et pris secrètement la place du fiancé de la jeune fille. Un hommage aussi a la sculpture Amore et Psiche de Antonio Canova (1788-1793, Musée du Louvre, Paris). Europa e Zeus: la fanciulla venne sedotta da Zeus che, presentatosi sotto le spoglie di un mansueto toro bianco, la condusse sul suo dorso all’isola di Creta. Europa è spesso rappresentata su un meraviglioso toro bianco da numerosi artisti quali Tiepolo, Tiziano e Veronese. Europa e Zeus: la jeune fille à eté séduite par Zeus, deguisé en taureau blanc, qui la conduit sur son dos jusqu’a l’ile de Crète. Europa est souvent répresentée sur un merveilleux taureau blanc par nombreux artistes (Tiepolo, Titien, Veronese). Persefone e Ade: figlia di Cerere, rapita dal dio degli Inferi per farne la sua sposa è rinchiusa per sei mesi l’anno nelle viscere della Terra, simbolo dell’alternarsi delle stagioni. Spesso viene raffigurata con il melograno simbolo di fertilità e di vita e morte come testimoniato dal quadro Persephona del pittore e poeta inglese Dante Gabriel Rossetti (1873-1877). Persephone et Ade: Persephone, fille de Cerere, à eté enlevée par le dieu des Enfers qui voulait l’épouser et l’enfermer pendent six mois par an dans les profondeurs de la Terre. C’est le symbole des variations des saisons. Parfois elle est répresentée comme grenade, symbole de fertilité, comme dans le tableau du peintre et poéte anglais Dante Gabriele Rossetti (1873-1877). Ila, Eracle e le ninfe: giovinetto di grande bellezza, Ila fece Ila, Eracles et les nymphes: jeune homme de grande be- Lic e o G INNA S IO S T A T A LE ”M . T E RE NZIO VARRONE” I LAVORI degli studenti invaghire Eracle, che lo rapì e lo portò con sé nella spedizione degli Argonauti. Durante il viaggio scomparve rapito dalle ninfe di uno stagno. Nell'arte ellenistica e romana il suo rapimento da parte delle ninfe è raffigurato su rilievi, pitture pompeiane, mosaici e nelle tarsie marmoree della basilica di Giunio Basso a Roma. La raffigurazione ha preso spunto dall’opera Ila e le Ninfe di John William Waterhouse (1896, City Art Galleries, Manchester). auté, Ila fait tomber amoureux de lui Eracles, qui l’enleva et l’emmena avec lui dans l’aventure des Argonauts. Au cours du voyage il disparait, enlevé par les nymphes d’un étang. Dans l’art grec et romain son enlevement est répresentée dans reliefs, peintures de Pompei, mosaiques dans la basilique de Giunio Basso a Rome. Le dessin s’est inspiré au tableau de John William Waterhouse (1896, City Art Galleries, Manchester). Ganimede e Zeus: la bellezza del giovane fece invaghire Zeus il quale, sotto forma di aquila, lo rapì e lo condusse sull'Olimpo, dove lo rese suo amante e coppiere degli dei. Un tributo alla copia romana del III sec. d. C. Ganimede e Giove, conservata al Museo Archeologico di Venezia. Ganimede et Zeus: Zeus étè entiché par la beauté du jeune, et sous forme d’aigle, l’emmena a l’Olympus où il devient son amant et porteur des dieux. Hommage a la copie romaine du III siècle après J.C. Ganimède et Zeus au Musée Archéologique de Venise. Elena e Paride: Elena, moglie del re Menelao, venne rapita dal principe troiano Paride, evento che avrebbe scatenato la leggendaria guerra di Troia ricordata dal ciclo epico greco. Il disegno è stato ispirato dal quadro di Evelyn De Morgan intitolato Elena di Troia (1898). Helene et Paris: Helene, femme du roi Menelaos, à eté enlevée par le prince de Troie Paride, ce qui à dechainé la legendaire guerre, rappelé dans le cycle epique grec. Le dessin à etè inspiré par le tableau de Evelyn De Morgan (1898). Criseide e Agamennone: figlia di Crise, sacerdote di Apollo, durante la guerra di Troia Criseide divenne schiava del re acheo Agamennone. Quest’ultimo fu costretto da Apollo, che irato per l’affronto come punizione dell’atto aveva scatenato una terribile pestilenza nel campo acheo, a restituire la fanciulla al padre. Un omaggio all’affresco Crise che con doni prega Agamennone a rilasciargli la figlia Criseide di Felice Giani (inizi XIX secolo). Criseide et Agamennon: pendant la guerre de Troie Criseide, fille de Crise pretre d’Apollon, est devenue ésclave du roi Agamennon. Ce dernier fut obligè par Apollon, qui en colére pour l’affrontement avait dechainé une terrible peste dans la camp achéenne, fut obligè de rendre la fille a son pére. Hommage à la fresque de Felice Giani Crise avec des cadeux supplie Agamennon de lui rendre sa fille (XIX siècle). 59 Collevecchio (RI) Poggio Sommavilla, Tomba 32 Anforetta sabina, prima metà VI sec. a.C. Museo Civico di Rieti (Archivio SBAL) CONTRIBUTI SABINAE RAPTAE. USI MATRIMONIALI ED ORIGINE DELLA CITTÀ CURIATA Elena Tassi Scandone - Sapienza Università di Roma spiegare l’origine di tale notizia, che, evidentemente, agli occhi degli storici più antichi, non doveva suscitare particolari perplessità6, mentre, con il passare del tempo e il sovrapporsi Tra i ‘miti di fondazione’ il ratto delle sabine è forse quello che ha avuto maggiore notorietà e diffusione anche al di fuori della storia di Roma antica. Al di là dei tratti leggendari ed eziologici del racconto, vi è, a mio avviso, un dato significativo sul quale vale la pena soffermarsi. Mi riferisco alla stretta correlazione, presente all’interno della tradizione antica, tra il rapimento delle donne, il matrimonio di queste con i Romani e l’origine delle curie, le quali avrebbero derivato il loro nome da quello delle donne sabine rapite1. Se infatti il nesso di correlazione tra i primi due eventi appare chiaro - le fonti sono concordi nell’affermare che il rapimento è determinato dal rifiuto opposto delle popolazioni vicine di concedere il conubium, come richiesto dai Romani2 - meno immediatamente evidente appare il legame tra il matrimonio delle Sabine e la ripartizione del popolo in curie. Non stupisce pertanto che già alcuni storici antichi abbiano messo in dubbio l’attendibilità della notizia3, tesi, questa, ripresa anche da una parte della moderna dottrina4. Non di meno, però, almeno in origine, qualche tipo di collegamento tra usi matrimoniali e ripartizione per curie deve esserci stato, perché altrimenti non si comprenderebbe la genesi della tradizione, di cui abbiamo riferito sopra, e, sopratutto, l’ampio seguito che la stessa ha avuto presso gli autori antichi5. Non pare pertanto privo di fondamento riprendere in esame quanto narratoci dagli antichi, per verificare se, tra le righe del racconto annalistico, sia possibile cogliere indizi utile a del sistema centuriato all’antica ripartizione per curie, tale nesso era diventato meno immediatamente percepibile7. Secondo la concorde testimonianza delle fonti le donne sabine vengono rapite, perché i Sabini al pari degli altri popoli confinanti cui i Romani si erano rivolti per chiedere concilia et conubia8, alleanze e matrimoni, avevano rifiutato di concedere loro il conubium, ovvero il diritto di stringere matrimoni validi secondo il diritto civile, con conseguente nascita di figli legittimi9. La mancanza di legittimazione delle nozze parrebbe trovare riscontro nelle descrizione dei riti matrimoniali che suggellano l’unione delle Sabine con i Romani. Scrive Dionigi: “Dopo aver contato le fanciulle ed aver trovato che erano seicentottantatrè, subito (Romolo scl.) scelse un ugual numero di uomini tra gli scapoli, a cui egli le univa secondo le usanze del paese di ciascuna donna, garantendo le nozze su una comunanza di acqua e fuoco, come appunto si fa ancora ai giorni nostri10”. Le nuptiae sono pertanto celebrate secondo i costumi della comunità di appartenenza della moglie, cui si affianca il rituale romano dell’acqua e del fuoco11. Il seguito della storia è noto. I Sabini muovono guerra contro Roma, riuscendo in un primo momento ad impadronirsi dell’arce grazie al tradimento di Tarpea e al ferimento di Romolo, costretto ad abbandonare temporaneamente il comando dell’esercito. Riavutosi dalle ferite, Romolo si pone alla testa delle truppe e mette in fuga i Sabini che si accampano al di fuori della città, pronti a riprendere la guerra, non appena i soldati abbiano recuperato le forze. 61 Il Rat t o de lle S ab ine Allora le donne sabine, capeggiate da Ersilia, escono dalla città e si recano dai loro padri e fratelli, chiedendo intercessione per i loro mariti e per i figli che sarebbero nati dall’unione con i Romani. Romolo e Tito Tazio cedono alle suppliche di quelle che erano al contempo mogli dei Romani, ma figlie dei Sabini e decidono nec pacem modo, sed civitatem unam ex duabus fiunt. Regnum consociant; imperium omne conferunt Romam12. Aggiunge Dionigi “Romolo e Tazio erano re di Roma con uguale autorità e pari onori; la città mantenendo il suo nome, era chiamata Roma dal nome del fondatore, e ogni suo abitante, come già per il passato, era detto Romano, ma tutti i suoi abitanti insieme erano designati in generale con il nome di Quiriti desunto dalla patria di Tazio; tutti i Sabini che lo desideravano potevano diventare cittadini di Roma, partecipare agli stessi riti sacri ed essere iscritti nelle tribù e nelle fratrie13”. Il foedus tra Romolo e Tazio viene suggellato dal giuramento delle truppe e dall’erezione di altari sulla via sacra. Narra Dionigi che solo una parte dei Sabini al seguito di Tito Tazio decide di avere la cittadinanza romana ed iscriversi alle curie14: sono i parenti e i consanguinei delle rapite15. E’ a questo punto che lo storico greco introduce il collegamento tra le Sabine rapite e andate in sposa ai Romani e la denominazione delle curie. Riferisce Dionigi che secondo la tradizione prevalente, Romolo, nel ripartire la popolazione nelle curie, avrebbe imposto a quest’ultime i nomi delle vergini sabine che, con il loro intervento, avevano reso possibile la pace16. Rivela però lo storico greco come Varrone contestasse l’attendibilità della notizia, sostenendo invece che Romolo 62 Installazioni artistiche da voci antiche avrebbe assegnato i nomi alle curie tempo prima, quando divise il popolo per la prima volta, desumendoli “dai nomi, ora dei comandanti, ora dei villaggi17”. Varrone rilevava inoltre come le donne che avevano preso parte all’ambasceria sarebbero state cinquecentoventisette e pertanto egli non riteneva verosimile che i re avessero concesso quell’onore “solo ad alcune di esse, escludendone un così gran numero18”. L’interrogativo che si pone a questo punto è di capire come i Sabini, che hanno deciso di stabilirsi a Roma, vengano inquadrati all’interno del sistema delle curie e quindi ammessi alla partecipazione dei sacra. La dottrina moderna ha infatti autorevolmente rilevato che nella fusione delle due comunità, l’elemento etnico non si risolve in termini politici, ma continua a permanere, come dimostra l’istituzione della diarchia di Romolo e Tito Tazio19. Nel caso delle vergini rapite si pone poi un ulteriore quesito: il matrimonio con i Romani incide sullo status civitatis delle donne? Se il foedus intervenuto tra Romolo e Tito Tazio parrebbe sanare l’originaria assenza del conubium e garantire la legittimità della filiazione con conseguente soggezione dei nati alla patria potestas del padre, analoga certezza non sembra potersi avere relativamente alla condizione giuridica delle mogli. Sappiamo infatti che la sposa poteva entrare a far parte della famiglia del marito e quindi prendere parte ai sacra e alle antiche tradizioni ancestrali, solo con la conventio in manum che la poneva loco filiae, rispetto al marito, se questo era sui iuris, o al di lui padre, se alieni iuris. Compiendo la conventio in manum, la sposa rescindeva i legami con la famiglia di origine ed entrava a tutti gli effetti a far parte della Contributi nuova famiglia21. Ad avvalorare l’ipotesi che il matrimonio non avesse comportato anche la conventio in manum, sembrerebbe condurre la già richiamata testimonianza di Dionigi di Alicarnasso, secondo cui le nuptiae sarebbero stato celebrate secondo le usanze della comunità di appartenenza delle spose. Ma vi è un altro dato, sino ad ora, a quanto mi consta, non preso in esame e che mi sembra invece particolarmente importante. Mi riferisco alla testimonianza di Festo relativa alla denominazione delle curie più antiche, le curiae veteres. Scrive l’antiquario: Fest., s.v. novae curiae 180 L Novae curiae proximae compitum Fabricium aedificatae sunt, quod parum amplae erant veteres a Romulo factae, ubi is populum et sacra in partis triginta distribuerat, ut in is ea sacra curarent, quae cum ex veteribus in novas evocarentur, quattuor curiarum per religiones evocari non potuerunt. itaque Foriensis, Raptae, Veliensis, Velitiae res divinae fiunt in veteribus curiis. Festo sta parlando della nuove sedi delle curie, edificate in prossimità del compitum Fabricium, sul Celio, e notevolmente più ampie di quelle fatte costruire da Romolo, perché il popolo di Roma, che nel frattempo era quantitativamente cresciuto, potesse attendere ai sacra. Tutte le curie furono spostate nella nuova sede, ad eccezione di quattro che per religiones, evocari non potuerunt. Per queste quattro curie i sacra e gli antichi riti ancestrali continuano ad essere celebrati nelle vecchie sedi. L’antiquario ci tramanda anche i nomi delle curie che non poterono essere spostate: Foriensis, Raptae, Veliensis, Velitiae. I nomi di Foriensis e Veliensis si riferiscono ai pagi situati rispettivamente in prossimità del Foro e della Velia, nulla invece possiamo ipotizzare con riguardo alla denominazione Velitiae, perché questa è la sola attestazione presente nelle fonti antiche23. Diversamente, quanto alla quarta curia disponiamo di ben maggiori indicazioni. La denominazione Raptae letteralmente “Le rapite” sembra infatti potersi ricollegare con buona verosimiglianza all’episodio del ratto delle vergini, in accordo con quanto narratoci dagli autori antichi circa il collegamento tra il nome delle curie e quello delle donne sabine e con l’uso, ampiamente documentato nelle fonti, del participio raptae in associazione alle Sabine24. Secondo quanto qui affermato, le donne sabine sposate ai Romani ed i loro parenti e consanguinei sono inquadrati ai fini dei sacra in una curia, che prende il nome dalle vergini rapite25. Qualora l’ipotesi avanzata colga nel vero, non solo si avrebbe un’ulteriore conferma della sostanziale attendibilità della tradizione antica, in linea del resto con l’attuale orientamento della storiografia, ma sarebbe possibile ricavare importanti elementi di informazione, senza dubbio di natura esclusivamente indiziaria, ma non per questo privi di validità, relativi alla sfera giuridico-religiosa delle curie e degli ordinamenti familiari e gentilizi ad esse sottesi. La moderna storiografia giuridica ha messo in evidenza come una parte delle curie, almeno quelle più antiche, abbia un’origine pre-civica, ed anzi, secondo l’ipotesi attualmente prevalente, la città sarebbe nata dal sinecismo di queste preesistenti comunità di villaggio26. I romanisti hanno giusta- 63 Il Rat t o de lle S ab ine mente sottolineato come la memoria di questa originaria autonomia delle curie si conservi ancora nella tarda età repubblicana, se pur limitata in questo periodo storico principalmente alla sfera religioso-sacrale27. Ma in antico essa doveva essere assai più ampia ed estesa a ricomprendere le antiche usanze e costumi ancestrali, come è possibile arguire dalle competenze del comizio curiato in materia di atti che hanno effetti sul piano delle organizzazioni familiari e gentilizie, oltre che su quello religioso, dei sacra28. L’ipotesi qui presentata pare pertanto confermare, da un lato, l’opinione prevalente che individua il criterio di appartenenza alle curie nei legami parentali o psuedo-parentali, nei genera 64 Installazioni artistiche da voci antiche hominum29, e, dall’altro lato, consente di mettere meglio a fuoco la più antica struttura del matrimonio. L’inquadramento delle donne in una curia diversa da quella dei mariti, sembrerebbe avvalorare l’ipotesi che anche per l’età arcaica il matrimonio potesse essere «validamente costituito tra soggetti muniti di conubium senza che intercorresse ne confarreatio, nè coemptio, ma quei rituali che socialmente si identificavano con l’inizio del matrimonio»30. Il che significa che tale istituto esplicava tutti i suoi effetti in ordine allo status della prole, ma non rispetto a quello della moglie che continuava a partecipare ai sacra della propria famiglia di origine. Contributi Note 1 - Cfr. Liv. 1.9 ss.; Dion. Hal. 2.30 ss. Plut. Rom. 14, 19; Cic. rep. 2.7. Si veda anche Serv. Aen.: 8.638 ... cum enim filias perdiderint Caeninenses, Antemnates, Crustumini et Sabini, ceteris quiescentibus Sabini soli bella sumpserunt. intervenientibus postea triginta feminis, iam enixis, de illis quae raptae erant, pax facta est: ex quarum nominibus curiae appellatae sunt. in communem etiam mulierum honorem kalendae eis dicatae sunt. 2 - Liv. 1.9.1-5; Cfr. anche Dion. Hal. 2.30 e 2.35.3. Interessante la risposta data agli ambasciatori, in cui si stabilisce un paragone con l’asylum. Cfr Liv. 1.9.5: a plerisque rogitantibus dimissi, ecquod feminis quoque asylum aperuissent; id enim demum compar conubium fore. 3 - Cfr. Dion. Hal. 2.47.3-4 che riporta il pensiero di Varrone. Livio in 1.13 sembra invece non sollevare dubbi circa l’attendibilità della notizia. 4 - Cfr. Capogrossi Colognesi 1990, 93, il quale evidenzia come dai nomi delle curie non si possa trarre alcuna indicazione precisa circa il fondamento territoriale o parentale delle stesse. 5 - Come è stato opportunamente rilevato, l’unica voce di dissenso è quella di Varrone, le cui argomentazioni non paiono però convincenti. 6 - Come mette bene in evidenza Dionigi di Alicarnasso, gli storici erano concordi nell’affermare tale correlazione. L’unica voce contraria che egli aveva incontrato nella lettura delle sue fonti era Varrone. Cfr. Dion. Hal. 2. 47. 3-4. 7 - Sui rapporti tra ripartizione per curie e ordinamento centuriato si v. da ultimo Capogrossi Colognesi 2009, 39 ss. e 57 ss. 8 - Liv. 1.9. V. anche Dion. Hal. 2.30. 9 - V. Volterra 1991, in particolare i volumi secondo e terzo e Luraschi 1979, 238 ss. 10 - Dion. Hal. 2.30.6. Si veda anche Plut. Rom. 19.4-9. 11 - Cfr. Paul-Fest. s.v. aqua et igni 3 L. Su tale cerimonia si v. Piro 1994, 111-112. V. anche De Francisci 1959, 289. 12 - Liv. 1.13. A differenza di quanto accade dopo il 338, quando la concessione del ius conubii al pari del ius commercii è un atto unilaterale di Roma, nell’età arcaica tale concessione sembra essere caratterizzata non solo dalla reciprocità, ma anche all’esistenza di un foedus, che regolamenta in maniera più ampia i diritti riconosciuti ai membri delle comunità che lo hanno sottoscritto. Sull’argomento Capogrossi Colognesi 2000, 64-65. 13 - Dion. Hal. 2.46. Come rilevato dalla dottrina più recente, nella descrizione di Dionigi, la ripartizione del popolo nelle trenta curie risulta appiattita, mentre vi sono elementi per ritenere che il processo di formazione del popolo debba essersi realizzato in tempi più lunghi, come peraltro documenta Livio, che, non a caso, colloca la divisione del popolo in curie solo dopo la guerra contro i Sabini. Tale assenza di prospettiva storica sarebbe ascrivibile alla circostanza per la quale i capitoli 7-29 del libro II delle Antichità Romane, deriverebbero da una fonte a sé stante, in cui prevarrebbe l’interesse per una esposizione sistematica della costituzione romulea. Sull’argomento v. Musti 1970, 27. 14 - Dion. Hal. 2.46.3. 15 - V. anche Liv. 1.11.2 16 - Cic. rep. 2.7: Qua ex causa cum bellum Romanis Sabini intulissent proeliique certamen varium atque anceps fuisset, cum T. Tatio, rege Sabinorum, foedus icit matronis ipsis, quae raptae erant, orantibus; quo foedere et Sabinos in civitatem adscivit sacris conmunicatis et regnum suum cum illorum rege sociavit. 17 - V. Poucet 1985, 34. Questo parrebbe confermare che il numero complessivo delle trenta curie sarebbe stato raggiunto solo in un momento successivo, anche se di poco, alla fondazione della città. V. Capogrossi Colognesi, 1990, 57. Parimenti la ripartizione per curie sembrerebbe essere più antica di quella per tribù. Cfr. da ultimo Capogrossi Colognesi 1990, 60 ss. 18 - Dion. Hal. 2.47.4. Cfr. anche Cic. rep. 2.8: ... in tribus tris curiasque triginta discripserat (quas curias earum nominibus nuncupavit, quae ex Sabinis virgines raptae postea fuerant oratrices pacis et foederis) e Liv. 1.13.6:... itaque cum populo in curias triginta divideret, nomina earum imposuit curiis. 19 - Capogrossi Colognesi 1990, 65. 20 - Piro 1994, 117 ss. 21 - Talamanca 1990, 131 ss. 22 - V. supra, nt. 11. 23 - Cfr. TLL s.v. Velitiae. 24 - V. TLL s.v. raptus. 25 - Per le fonti v. supra, nt.1 26 - Sull’argomento, Capogrossi Colognesi 1990, 81 ss. Lo studioso ricorda a tale proposito l’antica cerimonia religiosa dei Fornacalia, che faceva parte dei sacra publica pro curiis. Le curie, sotto la guida di appositi sacerdoti delle curie stesse, il curio e il flamen curialis (Dion. Hal. 2. 21.2-3), attendono a tali celebrazioni, separatamente e in giorni diversi. La festività si conclude con un rito collettivo, cui partecipavano tutte le curie riunite insieme, a significare la realizzata fusione delle singole celebrazioni. 27 - Capogrossi Colognesi 1990, 90 ss. 28 - V. De Francisci 1959, 577 ss. e recentemente Capogrossi Colognesi 1990, 34 ss. 29 - Gell. 15.27. 30 - Capogrossi Colognesi 2000, 64 e Capogrossi Colognesi 1994, 210 ss. V. anche Franciosi, Famiglia e persone, 136 ss. Bibliografia Capogrossi Colognesi 1990 L. Capogrossi Colognesi, Dalla tribù allo stato, Roma, 1990 Capogrossi Colognesi 1994 L. Capogrossi Colognesi, Proprietà e signoria in Roma antica, I², Roma, 1994 Capogrossi Colognesi 2000 L. Capogrossi Colognesi, Cittadini e territorio. Consolidamento e ‘trasformazione’ della civitas romana, Roma, 2000 Capogrossi Colognesi 2009 L. Capogrossi Colognesi, Storia di Roma tra diritto e potere, Bologna 2009 De Francisci 1959 P. De Francisci, Primordia civitatis, Roma, 1959 Franciosi 1992 G. Franciosi, Famiglia e persone in Roma antica. Dall’età arcaica al principato, Torino,1992 Luraschi 1979 G. Luraschi, Foedus, Ius Latii, civitas, aspetti della romanizzazione in Transpadana, Padova, 1979 Musti 1970 D. Musti, Tendenze nella storiografia romana e greca su Roma arcaica. Studi su Livio e Dionigi di Alicarnasso, Roma, 1970 Piro 1994 I. Piro, «Usu» in manu convenire, Napoli, 1994 Poucet 1985 J. Poucet, Les origines de Rome, tradition et histoire, Bruxelles, 1985 Talamanca 1990 M. Talamanca, Istituzioni di diritto romano, Milano, 1990 Volterra 1991 E. Volterra, Scritti giuridici, I-III, Napoli, 1991 65 Il Rat t o de lle S ab ine Collevecchio (RI) Poggio Sommavilla, Tomba 48 Oinochoe a becco, VI sec. a.C. Museo Civico di Rieti (Archivio SBAL) 66 Installazioni artistiche da voci antiche Contributi I SABINI. PROFILO STORICO-CULTURALE SULLA BASE DELLA DOCUMENTAZIONE ARCHEOLOGICA Giovanna Alvino Catone, la cui opinione sull’origine dei Sabini1 ci è nota attraverso Dionigi di Alicarnasso2, narra che questo popolo, proveniente originariamente da Testruna, nei pressi di Amiternum, località tradizionalmente collocata alle pendici del Gran Sasso, dopo aver conquistato la conca reatina, oltrepassò la catena dei Monti Sabini per stanziarsi nella regione prospiciente il Tevere. In questi spostamenti i Sabini sarebbero stati guidati da Sabhos, figlio della divinità locale Sancos, da cui sarebbe derivato il nome etnico. In realtà il termine sabhih-no significherebbe “colui che è proprio” (dalla radice sabho, “il proprio”), in opposizione al diverso, indicando l'insieme degli individui che si riconoscono per l'appartenenza ad un medesimo ceppo3. Secondo Cicerone la Sabina era il fiore dell’Italia e la forza dello Stato romano4. I Sabini sono rappresentati nelle fonti antiche come un popolo di integrità esemplare5; infatti qualità degli uomini sono l’austerità, la sincerità, l’onestà, mentre le donne, dedite alla cura della casa e all’educazione dei figli, si distinguono per modestia, compostezza e pudicizia6. I confini amministrativi della provincia di Rieti racchiudono un'area disomogenea, che corrisponde solo parzialmente al territorio anticamente abitato dai Sabini7, che allora si estendeva anche alle attuali regioni di Umbria e Abruzzo. Quest'area si caratterizza per i forti mutamenti di paesaggio che, nel condizionare in maniera significativa le forme dell’insediamento e le strutture economico-sociali, hanno determinato conse- guentemente esperienze culturali diverse. Fin dalle epoche più antiche, principali arterie di comunicazione in un comprensorio così ampio furono le vie d’acqua - prima tra tutte il fiume Tevere con i suoi affluenti - e i tracciati viari che interessavano l'area, il principale dei quali, avente carattere transappenninico, era la Salaria (la via del sale), la quale mutua il proprio nome dal commercio del sale, utilizzato come alimento, medicinale e prodotto per la conservazione dei cibi, che le popolazioni dell’entroterra si procuravano raggiungendo il mare. La regione, che si caratterizza pertanto per posizione geografica come territorio di transito e di collegamento tra la fascia costiera laziale e l’area interna montuosa, fu interessata da correnti culturali e da traffici commerciali tra la zona di Roma, l’Etruria meridionale e l’area picena8, veicolati anche dalla pratica della transumanza. Insediamenti e necropoli Le principali testimonianze archeologiche sabine riferibili ad epoca protostorica, quando tra la fine dell’età del Bronzo e la prima età del Ferro il processo formativo dei vari gruppi etnici va maturando9, sono note nella Conca Velina, dove sono stati documentati da indagini di superficie una serie di insediamenti posti quasi ai margini della linea di costa dell’antico lacus Velinus e nelle valli adiacenti10. Di notevole importanza è il rinvenimento dei ripostigli di Piediluco-Contigliano11, che con i materiali restituiti (asce, lance, spade, fibule, arpioni, morsi equini, ma anche frammenti di oggetti votivi) permettono di ipotizzare l’esistenza in zone interne e già in epoca remota - i pezzi più antichi si datano al XII-XI secolo a.C. ed evidenziano un rapporto mediato con la 67 Il Rat t o de lle S ab ine cultura micenea - di gruppi con una organizzazione sociale di tipo gentilizio, in grado di apprezzare i beni di lusso come espressione di prestigio personale e come oggetti di arredo rituale. I reperti denotano un’apertura verso l’area laziale, dimostrando la predisposizione all’acquisizione di merce di importazione, sia di provenienza cipriota che egea, arrivata nel Reatino seguendo le valli del Tevere e dei suoi affluenti12. Altro rinvenimento importante per la conoscenza delle prime fasi del popolo sabino è rappresentato dalla necropoli di Campo Reatino, nel suburbio di Rieti che fu individuata alla fine degli anni Venti del ‘900 in seguito alla scoperta casuale di manufatti archeologici e parzialmente investigata. Sono state recuperate poche sepolture a cremazione, tutte inquadrabili nell'ambito della prima metà del IX secolo a.C., che evidenziano una facies culturale con forti analogie con la cultura laziale. Le ceneri del defunto, conservate in un’urna a capanna o in un’olla con scodella-coperchio, erano racchiuse in una cassetta monolitica con coperchio realizzata in pietra locale13. In tempi recenti alcune indagini di ampio respiro, condotte a livello topografico e mirate alla ricostruzione dell’assetto territoriale, hanno interessato sia la Sabina tiberina o meridionale che quella interna, con particolare riguardo alla conca Reatina14. Per quanto riguarda l’area della Conca Velina, gli studi hanno ancora una volta evidenziato come le comunità protostoriche avessero stabilito contatti con l’ambiente ternano, tiberino e laziale, favoriti soprattutto dalle pratiche della transumanza. Le ricognizioni mettono in luce lo stretto rapporto di questi insediamenti con l’ambiente naturale, molto soggetto a variazioni climatiche. Dai dati in nostro possesso si può ipotizzare 68 Installazioni artistiche da voci antiche per le epoche più antiche l’esistenza di insediamenti non molto estesi, relativi a piccoli gruppi familiari, abitati per tempi non molto lunghi, mentre a partire dalla media età del Bronzo è possibile parlare di una occupazione stabile del territorio, con una scelta dei siti più favorevoli per le attività produttive. Nel periodo di passaggio tra la fine dell’età del Bronzo e la prima età del Ferro una radicale trasformazione climatica porta ad una crisi degli insediamenti e più in generale ad uno spopolamento della Conca Velina, che vede una riduzione degli abitati dovuta al rapido crescere del livello delle acque con conseguente allagamento di vaste aree, impaludamento, perdita di terreni coltivabili e probabilmente insorgere di malattie15. Per quanto riguarda la Sabina meridionale, è possibile che già durante l’età del Bronzo la valle del Tevere con i suoi affluenti costituisse la base del sistema di comunicazioni delle popolazioni dei territori a nord di Roma, ancora organizzati in piccoli insediamenti sparsi. Solo con l’età del Ferro, alcuni di questi abitati si trasformano in nuclei di popolamento di una certa consistenza che possono essere interpretati come centri proto-urbani o veri e propri centri urbani16, mentre per la Sabina interna non ci sono attestazioni di insediamenti preromani a carattere urbano, sebbene sicuramente Reate dovesse occupare un sito già abitato in epoca arcaica17. In età arcaica i più importanti centri abitati erano Cures Sabini18 ed Eretum, entrambi siti nella Sabina meridionale. Cures Sabini, situata in località S. Maria degli Arci nel comune di Fara Sabina (RI) è, come le fonti tramandano, in stretto rapporto con le origini di Roma19. I resti dell’abitato dell’età del Ferro sono stati identificati sulla collina denominata Collevecchio e mostrano una continuità di occupazione dagli inizi dell’VIII al Contributi VI secolo a.C. Nel VII secolo a.C. l’insediamento raggiunge, espandendosi sulle alture di Casino d’Arci e S. Maria degli Arci, la ragguardevole estensione di circa trenta ettari, del tutto simile alle coeve città latine. Sono stati individuati gli apprestamenti difensivi dell’abitato20, le zone destinate alla produzione e all’immagazzinamento21 e quelle abitative, sulle quali ci si soffermerà in particolare. Le abitazioni sono di diverse tipologie, strutture rettangolari con annessi, capanne circolari o subcircolari e ovali, la cui pianta è leggibile dalla traccia dei buchi di palo lignei che delimitavano il perimetro dell’edificio, oppure dai muretti di pietre sui quali si impostavano i pali che sostenevano la copertura. Al terzo quarto del secolo VIII a.C. si data la capanna denominata “struttura L”, caratterizzata dalla presenza di due file perimetrali di buchi per pali - l’esterna forse relativa ad un portico - e formata da un ambiente rettangolare e da uno, adiacente e più piccolo, che conteneva un forno22, mentre al secolo successivo possono essere datate le capanne circolari o subcircolari con diametro variabile tra i 3,5 e i 4 metri, e perimetro scavato nel banco argilloso con buchi di palo all’esterno. Una delle capanne ovali scavate, delimitata da un muro di fondazione perimetrale in pietra, con elevato ligneo rinforzato da pali e pareti rivestite di intonaco, deve essere datata alla seconda metà del VII secolo a.C., nell’ambito dell’orientalizzante medio-recente, grazie alla abbondante ceramica italo-geometrica, di impasto rosso, bruno e buccheroide, e bucchero, collocandosi in questo modo come una tipologia di passaggio tra i fondi di capanna e gli edifici di età arcaica23. All’inizio del VI secolo a.C., infatti, evidenti sono le tracce di una svolta in senso urbano, come testimoniano i resti di al- meno due case, costruite entrambe con un basamento di pietrame e copertura in tegole, suddivise in più ambienti ed entrambe edificate intorno al secondo quarto del VI secolo a.C.24 Per questa fase arcaica, rimangono per adesso sconosciuti i sepolcreti di Cures Sabini25. Nella Sabina meridionale, al confine con i Latini, nel territorio dell’odierno comune di Montelibretti (RM), si trovano i resti di Eretum26, di cui è stata individuata l'area dell’insediamento arcaico27, che tuttavia non è stato mai sistematicamente indagato, mentre è stata scavata dal CNR-ISCIMA (Istituto di Studi sulle Civiltà Italiche e del Mediterraneo Antico) la necropoli di Colle del Forno, attribuita all'antico centro, che consta di 38 tombe a camera ed una a fossa28, tra le quali si segnalano in particolare la 11 e la 36, monumentali da un punto di vista architettonico ed anomale per la posizione topografica rispetto alle altre. Esse hanno restituito notevoli corredi che permettono l’attribuzione di entrambe a personaggi di alto rango dell’antico centro, il primo vissuto alla fine del VII secolo a.C., il secondo alla fine del VI secolo a.C. La tomba 11, nota da tempo, è caratterizzata da una planimetria anomala a celle laterali e dromos eccezionalmente lungo e largo, e denuncia l’appartenenza ad uno dei membri più ragguardevoli della comunità, deposto con il rituale funerario dell'incinerazione inusuale per l'epoca29. Ritrovata nel corso della campagna di scavo del 1972 la tomba è stata purtroppo sconvolta da un intervento clandestino. Il corredo, riassemblato per lo studio, vede la presenza di un calesse, con cassa rivestita di lamine di bronzo sbalzate, e quella di un currus, un carro da guerra, come elementi principali e distintivi. La tomba 36, dalla grande struttura tricamerale a croce, con atrio centrale sco- 69 Il Rat t o de lle S ab ine perto e dromos monumentale30, ospitava nell’atrio e nelle camere laterali il corredo, composto anche questa volta da un currus, che era stato sicuramente smontato per farlo passare dalla porta e poi rimontato disponendolo in diagonale rispetto alla camera, da calderoni di bronzo e un podanipter (= bacino per lavare i piedi) e da quattro vasi in ceramica, ridotti in pezzi, tra i quali si distingue il collo di un’anfora di bucchero, databile alla fine del VI secolo. Il defunto era deposto nel loculo di fondo entro una cassa lignea, che accoglieva le ceneri, forse ai lati dell’urna erano stati deposti due calici in bucchero con sostegno a cariatidi, di un tipo più antico rispetto all’epoca della deposizione, cui veniva attribuito evidentemente un particolare valore sacrale. La camera in cui è scavato il loculo, molto ampia, conteneva una spada e un eccezionale trono a grandezza naturale, in terracotta, con parte frontale piatta rinvenuto in frammenti31. Molte sono ancora le attestazioni di altri abitati non altrimenti noti dalle fonti antiche, spesso testimoniati indirettamente da vaste aree sepolcrali, nelle quali la tipologia delle tombe, a camera e a pseudo-camera, e gli elementi di corredo confermano il quadro di intensi scambi con la zona etrusca e falisco-capenate. Nel comune di Collevecchio (RI), in località Poggio Sommavilla, doveva trovarsi uno degli insediamenti di età arcaica. Le ricerche archeologiche relative all’abitato sono a tutt’oggi molto limitate e i frammentari dati a disposizione mostrano una prima occupazione, costituita da piccoli nuclei insediativi, inquadrabili nella fase iniziale dell'età del Ferro nell’odierna località di Poggio Sommavilla. In epoca orientalizzante l’inse- 70 Installazioni artistiche da voci antiche diamento assume una dimensione urbana che comporta l’organizzazione degli spazi ad uso abitativo e di quelli ad uso funerario; in età arcaica lo spazio abitativo doveva disporsi sulle pendici della collina organizzata a terrazzi, con apporti di terreno e livellamento delle pendenze32. Sempre nella frazione di Poggio Sommavilla, nelle località Casale Tosti e Stallone, su una collina tufacea prospiciente il Tevere, è stata individuata una vasta necropoli, composta da Collevecchio (RI) Poggio Sommavilla, Tomba 32 Situla in bronzo, V-IV sec. a.C. Museo Civico di Rieti (Archivio SBAL) contributi tombe del tipo a fossa, a fossa con dromos e a camera con loculi nelle pareti33, utilizzata ininterrottamente dal VII/VI sec. a. C. alla prima metà del II sec. a.C. Allo stato attuale delle conoscenze, sono solo due le tombe che si distinguono per impegno architettonico nella necropoli, la tomba 14 e la tomba 36. La tomba 14 presenta infatti il soffitto a doppio spiovente, con trave centrale, columen, ben rilevato e travi perpendicolari scolpiti, disposti a formare il tetto displuviato34, la cui tipologia si riallaccia ai modelli dell’architettura funeraria irradiatisi dall'etrusca Caere. La tomba 36 è fino ad ora l’unica ad avere un pilastro ed una semicolonna con funzione di sostegno per il tetto. La sepoltura, a pianta quadrangolare, presenta un lungo corridoio di accesso pesantemente rimaneggiato in epoca moderna, tanto da comprometterne e renderne illeggibile l’originario sviluppo. Le sepolture hanno inoltre restituito ricchi corredi funerari. Per l’epoca arcaica si nota la presenza di una classe di anfore, note nella letteratura archeologica come “anforette sabine”, ritenute un prodotto di fabbricazione locale sulla base dell’area di distribuzione e delle caratteristiche tecniche, morfologiche ed ornamentali35. Scarsamente attestata è la ceramica etrusco-corinzia, mentre abbastanza frequente è la ceramica greca, sia a figure nere che rosse, le cui attestazioni sono documentate principalmente dalle kyliches (= coppe per bere). Numerosi gli oggetti in bronzo, come oinochoai (= vasi da vino), kyathoi (= attingitoi), bacili o situle, che costituiscono i principali oggetti di importazione dall’area etrusca, soprattutto dalla zona di Vulci ed Orvieto. Sono presenti inoltre elementi dell’armamento quali punte di lancia e spade sia del tipo con elsa a croce, che del tipo corto con elsa a stami. I corredi più recenti sono invece caratterizzati da vasi di produzione falisca a figure rosse e da ceramica a vernice nera. Sulla Collina dei Gelsi, attigua all’area denominata Stallone e relativa probabilmente allo stesso sepolcreto, è stata recuperata una sepoltura pertinente ad un individuo di sesso femminile, deposto con tutto il corredo vascolare e gli ornamenti personali, assieme ai suoi cinque cani. Il corredo, che ha restituito ceramica di produzione locale, ma anche buccheri ed un paio di calzari in bronzo, può essere datato tra la seconda metà del VII e il VI secolo a.C. L'individuazione di necropoli, per lo più lungo il corso del Tevere, ha dunque consentito di ipotizzare la presenza di centri abitati di cui non si conosce tuttavia il nome antico, come nel caso del sito su cui oggi sorge l'attuale centro di Magliano Sabina (RI)36, occupato già nel corso della fase recente dell’età del Ferro37. A partire dalla seconda metà dell’VIII secolo a.C. e per la prima metà del VII secolo a.C. la documentazione archeologica non è molto abbondante, ma tuttavia permette di ricostruire l’esistenza di un insediamento di tipo sparso. Nella seconda metà del VII secolo a.C. è documentata la presenza di capanne che poi alla fine dello stesso secolo e nel corso di quello successivo vengono comunque sostituite da case con copertura di tegole e coppi38. È in quest’epoca che le necropoli occupano le colline che cingono Magliano, fra le quali (Colle del Giglio, Colle S. Biagio, Madonna Grande e Madonna del Rovo) quella di Colle del Giglio è la più nota in quanto ha restituito anche materiali ceramici inscritti. Già alla fine dell’Ottocento in questa località furono effettuati rinvenimenti di tombe collocabili cronologicamente tra l’inizio 71 Il Rat t o de lle S ab ine Installazioni artistiche da voci antiche del VI e la metà del IV secolo a.C. In Per quanto invece riguarda le aree più tempi recenti sono state riprese le ininterne della provincia di Rieti, dati dagini, che hanno portato all’indipiuttosto importanti sono venuti viduazione di una estesa alla luce in tempi recenti. necropoli e alla ricostituzione in Nel comune di Amaqualche caso delle trice (RI), in località originali associazioni Saletta, ai piedi della di corredo39, in quanto collina su cui sorge il sepolcreto nel corso il moderno abitato, del tempo ha subito posto sulla sponda destra del danneggiamenti di varia natura torrente Lagozzo, è stata indiche hanno causato la dispersione una necropoli di viduata 44 40 degli oggetti . Conosciamo però un tombe a tumulo con circolo di pietre buon numero di forme ceramiche che pere tombe a fossa del tipo a ciottoloni, colmettono di valutare e di inserire la necropoli locabili cronologicamente in età arcaica, Collevecchio (RI) in un contesto culturale e cronologico41. con una fase d’uso che abbraccia alPoggio Sommavilla, Tomba 48 Nell’ultimo venticinquennio del VII secolo Kylix attica a figure rosse, 460 a.C. meno l'intero VI secolo a.C. e parte del Museo Civico di Rieti (Archivio SBAL) a.C. sembra si preferissero tombe a caV45. Attualmente la necropoli è ancora in mera semicostruite, con piccolo dromos di fase di scavo e di studio ed è probabile accesso e copertura lignea sostenuta da pilastro centrale, per che il sito riveli una frequentazione più antica. poi passare, nel corso del VI secolo a.C., alla realizzazione di Le sepolture più arcaiche, come sembra, sono del tipo a tutombe a fossa, delimitate da blocchi di tufo, e tombe a casmulo, del diametro di circa 10 metri, delimitate da un circolo sone con pareti rivestite di tegole42. Le aree sepolcrali dalle di pietre, alzato di terra e pietre e tomba centrale a fossa riSabina tiberina mostrano una certa omogeneità di usi e covestita di scheggioni in pietra, come il circolo B, la cui tomba stumi, sebbene possano essere individuate differenze sub-reoriginaria è forse la tomba 146, o semplici tombe a ciottoloni47. gionali tra l’area meridionale, con Cures Sabini ed Eretum che In generale i corredi delle tombe di Saletta attestano la presubiscono l’influenza della cultura capenate, veiente e ceretana, senza di oggetti di lusso che consentono di riferirle ad un e l’area settentrionale, con Magliano e Poggio Sommavilla che gruppo sociale emergente che tende ad emulare lo stile di risentono maggiormente delle culture falisca, volsiniese e vulvita già in voga in area etrusco-laziale48. cente43. La necropoli, che si colloca lungo il tratto iniziale interappen- 72 Contributi ninico, in un’area assai poco conosciuta dal punto di vista archeologico, si può nettamente distinguere per tipologia e caratteri del corredo, dalle necropoli della Sabina tiberina. Le caratteristiche architettoniche dei sepolcri, da una parte le tombe a camera e a camera semicostruita, dall’altra le tombe a circolo e a tumulo, non devono essere lette solo come pratica soluzione per i riti funerari adatta alla morfologia dell’ambiente, ma anche come espressione di credenze e costumi diversificati di gruppi culturalmente affini, caratterizzati da una comune matrice e sensibili a diverse correnti culturali. La necropoli di Saletta, per la sua collocazione geografica, per la tipologia delle tombe ed anche per la presenza di alcuni materiali attestati, potrebbe quindi, in via di ipotesi, essere avvicinata culturalmente all’ambito territoriale teramano, storicamente assegnato ai Pretutii 49. Note di civiltà e cultura materiale Il grado di civiltà raggiunto dai Sabini è ben attestato dalla scrittura; la lingua parlata da questo popolo è infatti documentata da precoci monumenti epigrafici. Il più antico manufatto conosciuto è la fiaschetta-gingillo di Poggio Sommavilla (dalla tomba III, datata al 600 a. C. ca.), esempio della scrittura nazionale dei Sabini, modellata forse su quella etrusco-meridionale ma con innovazioni proprie. Il vasetto in impasto bruno, di forma lenticolare con aironi incisi sulle due facce, presenta tre iscrizioni, due destrorse ed una apparentemente sinistrorsa, incise tutte dopo la cottura, che si dispongono intorno al collo e sulle due facce piatte50. Ancora brevi iscrizioni apposte su vasellame sono conosciute dalla necropoli di Colle del Giglio nel territorio di Magliano Sabina: un'olla incisa ed excisa sul ventre con quattro figure di cavalli conserva un’iscrizione sinistrorsa che occupa, con andamento curvilineo, lo spazio compreso tra le figure equine. La struttura del testo potrebbe essere quella di un dono rivolto a una serie di persone individuate da nomi in dativo51. Recentemente a seguito di lavori di schedatura effettuati sul materiale in deposito presso il Museo Civico, si è ritrovato un calice su basso piede di impasto buccheroide con due iscrizioni. La tipologia del calice, molto diffusa in ambito falisco tra i vasi che costituiscono il servizio per il banchetto, rimanda ad un orizzonte cronologico di VI secolo a.C. Le due iscrizioni, entrambe destrorse, sono realizzate dalla stessa mano dopo la cottura e ricordano la presenza di due partecipanti al banchetto Iatinoz e Qunoz52. A queste testimonianze fa seguito il cippo di Cures di fine VI o inizi V secolo a.C., rinvenuto casualmente nel letto del fiume Farfa. Questo monumento53 è stato variamente interpretato come iscrizione di carattere pubblico54 o piuttosto funerario55. Per quanto attiene all'aspetto sacrale, particolarmente interessante si è rivelato lo scavo delle tombe 31 e 38 della già citata necropoli di Colle del Forno, pertinente all'antico centro abitato di Eretum. Entrambe le sepolture hanno restituito, infatti, un lituo in ferro dalla tipica forma arcaica ad uncino semplice con rigonfiamento finale. Il lituo - lungo bastone ricurvo in ferro utilizzato per l’arte divinatoria - è l’attributo simbolo della carica dell’augure. La tomba 38 si data tra la fine del VII e la metà del VI secolo a.C., mentre la tomba 31 è certamente posteriore, collocandosi in un arco cronologico che va dalla metà del VI al primo o secondo quarto del V secolo a.C.; si tratta delle più antiche attestazioni archeologiche di litui co- 73 Collevecchio (RI) Poggio Sommavilla, Tomba 48 Oinochoe a cartoccio, 330-320 a.C. Museo Civico di Rieti (Archivio SBAL) Contributi nosciute56. Il ricorrere di litui in sepolture di famiglie eminenti farebbe pensare che l’augurato fosse prerogativa del vertice della società locale, ma anche che non fosse appannaggio di una singola famiglia. Spunto di riflessione è inoltre la tradizionale origine sabina degli auguri più famosi della antica storia di Roma57. Per l’epoca arcaica non vi sono testimonianze di luoghi di culto e di aree sacre, anche se è molto probabile che in età romana siano utilizzati gli stessi luoghi frequentati in precedenza. Delle principali divinità sabine conosciamo alcuni nomi, tramandatici dalle fonti ed indicate specificamente come autoctone. Sebbene fondamentale per la conoscenza dei culti sabini sia Varrone58 che elenca una serie di divinità come provenienti dal territorio59, in questa fonte non compaiono divinità sicuramente sabine, come Vacuna, per la quale non si hanno attestazioni di cultura materiale che possano costituire una prova del culto già per l’età preromana. Il culto della dea, attestato essenzialmente tra la fine dell’età repubblicana e la prima età imperiale, è fortemente connesso ai boschi, alle acque, ai laghi e alle sorgenti ed è ampiamente documentato a livello letterario, epigrafico e toponimico60. La vasta estensione delle aree sacre dedicate alla dea, esistenti ancora in età romana, potrebbe essere interpretata in funzione della tutela dell’assetto idrogeologico e forestale di ampie zone del paesaggio sabino. È inoltre chiaro il ruolo dei santuari extraurbani, punti franchi e luoghi di sosta lungo percorsi difficili. Nell’area in esame, e soprattutto nella Sabina interna, caratterizzata da una non fitta rete di insediamenti a carattere urbano, i santuari dovevano svolgere, oltre alla funzione primaria di luoghi di culto, anche Collevecchio (RI) Poggio Sommavilla, Tomba 32 Cratere a colonnette, 375-350 a.C. Museo Civico di Rieti (Archivio SBAL) il ruolo di centri di aggregazione e costituire importanti punti di snodo per i traffici commerciali. Nel corso del VI secolo si sviluppano in Sabina tiberina, attività produttive locali, in specie nel campo della produzione cera- 75 Il Rat t o de lle S ab ine mica. I caratteri peculiari delle già citate anforette sabine61 risiedono nel corpo ovoide marcato nella metà inferiore da un listello in rilievo, nel corto collo verticale, nelle anse a nastro, nel piede a tromba e soprattutto nella decorazione a cilindretto. Il repertorio decorativo vede motivi geometrici, vegetali ed animali, soprattutto cavalli, più raramente figure umane, alternarsi in una composizione prevalentemente a registri sovrapposti. La romanizzazione La conquista della Sabina avvenne all’inizio del III secolo a.C., al termine della III guerra sannitica, ad opera del console Manio Curio Dentato. L’occupazione del territorio anche in età romana avvenne con strutture urbane del tutto particolari62. Nella maggior parte dei casi le città, prive di mura di difesa, non prevedono nel tessuto del centro grandi spazi destinati all’edilizia privata, ma privilegiano le strutture pubbliche, solitamente raccolte attorno alla piazza del foro. Se Cures ed Eretum dovevano apparire in declino rispetto alla netta preminenza che ebbero in età preromana, altre città, quali Reate (Rieti), Trebula Mutuesca (l’odierna Monteleone Sabino) e Forum Novum (Torri in Sabina)63 vennero ad essere costituite. Anche per la fase romana, come già per quella preromana, sembrerebbe potersi delineare una differenza abbastanza marcata tra la situazione della Sabina tiberina, che con la romanizzazione vide la costruzione di moltissime ville di produzione che costituirono poi l’asse portante della regione64, e quella interna, per la quale rimangono come punti di riferimento principali del territorio i molti vici ricordati dalle fonti. 76 Installazioni artistiche da voci antiche Note 1 - La tradizione antica in merito all’origine di questo ethnos era sostanzialmente divisa tra i sostenitori dell’autoctonia e coloro che valorizzavano piuttosto l’apporto greco alla cultura sabina. Le fonti principali a questo proposito sono rappresentate da Strabone (Strabo V,3,1), Dionigi di Alicarnasso (Dion. Hal. II, 49), che riferisce le diverse tradizioni in merito all’origine dei Sabini, ed Igino, la cui versione ci è tramandata da Servio (Servio Ad Aen. VIII 638 = Hyg. fr. 9P). 2 - Cat., fr. 50P = Dion. Hal. II, 49,2. 3 - Spadoni 2009, p. 21. 4 - Cic., Pro Q. Ligario X, 32. 5 - Liv. I,18. 6 - Sul carattere dei Sabini si ricorda anche quanto tramandato da Cicerone (Cic. Epist. ad fam., ad Trebon. XV,20), da Ovidio (Ovid. Amor. II, el. 4 v.15), Properzio (Propert. Eleg. II, 32, 47), Orazio (Hor. Epod., od. II), Giovenale (Iuven. Satyr. X, 297-299) e Marziale (Mart. Epigr. 1,62). 7 - I Sabini sono stati oggetto di numerosi studi e ricerche, che hanno dato luogo ad un’amplissima bibliografia. Tra i contributi più recenti relativi all’età arcaica vd. Alvino 2009 e Spadoni 2009. 8 - I Sabini, scendendo nella Valle del Tevere e ponendosi direttamente sul fiume, vennero a contatto con quei flussi commerciali e culturali che avevano come principali attori i Falisci, gli Etruschi e anche Roma, sviluppando nei loro insediamenti una cultura della quale Fabio Pittore - riportato da Dionigi di Alicarnasso (Dion Hal. II, 38, 3) e Strabone (Strabo V, 3, 1) - sostiene che non avesse niente da invidiare quanto a lusso e raffinatezza a quella degli Etruschi. 9 - Guidobaldi 1994, p. 47. 10 - Coccia, Mattingly 1993; Coccia, Mattingly 1995; Carancini, Guerzoni 1996. Per una sintesi si veda da ultimo Carancini, Guerzoni, Mattioli 2009. 11 - Sembra certa la provenienza del ripostiglio di Contigliano da Piediluco (TR). I materiali facenti parte del deposito sono stati recuperati in anni diversi, ma dalla documentazione in possesso della Soprintendenza per i Beni Archeologici per l’Umbria sembra possibile attribuire allo stesso contesto tutti i ritrovamenti (Bonomi Ponzi 1997). 12 - Colonna 1988, p. 516; da ultimo Carancini, Guerzoni, Mattioli 2009. 13 - Il sepolcreto fu scoperto e parzialmente scavato nel 1929 da Giacomo Caprioli (Caprioli 1929), che recuperò cinque tombe. Nel 1981 fu rinvenuta un’altra tomba appartenente al sepolcreto, su cui vd. Filippi 1983 e Filippi 1990. I materiali sono attualmente esposti presso il Museo Civico di Rieti – sez. Archeologica. 14 - Per la Sabina tiberina si veda Muzzioli 1980, Di Giuseppe et alii 2002; Candelato, Guidi, Santoro 2004; Guidi, Santoro, Agneni 2004; Patterson, Di Giuseppe, Witcher 2004. Per la Sabina interna Carancini 1986; Carancini et alii 1990; Coccia, Mattingly 1993; Coccia, Mattingly 1995. 15 - Brunamonte et alii, 2003, p. 243. 16 - Muzzioli 1980, p. 28. 17 - Dalle ricognizioni effettuate nella Conca di Rieti sembra che in età arcaica gli insediamenti di medie dimensioni prediligano versanti collinari prospicienti la conca, per i quali probabilmente si può parlare di nuclei protourbani, cui si affianca un discreto numero di insediamenti sparsi sul territorio (Carancini, Massetti, Posi 1985; Carancini, Massetti, Posi 1986; Carancini et alii 1990; Coccia, Mattingly 1993; Coccia, Mattingly 1995). Per la zona attorno a Rieti non sono attualmente conosciute aree a sicura destinazione funeraria, anche se è possibile che nell’area alle pendici di Colle S. Antonio al Monte, in località la Cavatella, Contributi si trovasse un sepolcreto arcaico e che nella zona del nucleo industriale fosse presente un’altra area a destinazione funeraria (Firmani 1979, Colonna 1974, p. 93, nota 1) 18 - Per l’origine del nome Muzzioli 1980 pp. 28-29. Cures Sabini fu identificata già nel Settecento in località Arci, dove sono stati condotti scavi dai Corradini nel 1774 e poi nel 1835 e tra il 1874 e il 1875 dai Torlonia. Oggetto di studio approfondito da parte di Maria Pia Muzzioli negli anni ’80 del Novecento, il sito è stato indagato dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio tra il 1979 ed il 1993, sotto la direzione scientifica di Alessandro Guidi. 19 - Delle origini di Cures parlano Catone riportato da Dionigi di Alicarnasso (Dion. Hal, II,49,3) e Varrone, la cui opinione è riportata ancora da Dionigi (Dion Hal. II,48). Fondata da Modio Fabidio, vi nacquero i primi re di Roma, Tito Tazio e Numa Pompilio. 20 - Gli apprestamenti difensivi, realizzati da fossati profondi non più di 4 metri, e terrapieni costituiti dalle terre di risulta dello scavo, si inseriscono perfettamente in quello che noi conosciamo dalle fonti, sulle città sabine, tutte senza mura (Dion Hal. II, 49,3). 21 - Una grande vasca databile verosimilmente alla fine dell’VIII secolo a.C. era destinata alla decantazione dell’argilla e legata alla produzione ceramica, attestata anche da una fornace di cottura per vasellame con copertura mobile. Come magazzino per derrate va invece interpretata una piccola struttura circolare che conteneva resti di un grosso dolio. 22 - Sono stati recuperati molti frammenti vascolari pertinenti a questa capanna, tra cui due skyphoi euboici o di imitazione, un notevole sostegno di impasto rosso dipinto in bianco con cavalieri, ceramica d’impasto con assonanze picene (Guidi 1997, con bibliografia precedente). Inoltre vi sono state individuate tracce di una attività artigianale, suggerita dagli scarti di lavorazione di ossa e corni (Guidi et alii 1996, in particolare pp. 153, 158 e 203). I materiali di Cures sono in deposito presso il Museo Civico di Fara Sabina. 23 - Guidi et alii 1996, p. 149. 24 - Guidi et alii 1996, pp. 149, 158-162 e 202. 25 - Sul costone nord occidentale del Colle di S. Maria degli Arci, nei primi anni ’90 del Novecento, è stata individuata una struttura scavata nel tufo, priva di materiale antico, che si è ipotizzato potesse essere una tomba a camera di età arcaica (Bistolfi, Guidi 1995, p. 636). 26 - La città è più volte ricordata dalle fonti per la sua particolare posizione di confine e per gli scontri che opposero Romani, Etruschi e Sabini nella valle del Tevere (Dion. Hal III, 32,4; Dion Hal. III, 59,1; Dion Hal IV,51 e Dion Hal. V,45; Liv. III, 26,2; Liv. III 29,7; Liv. III 38,1; Serv. Ad Aen. VII,771). 27 - L’insediamento arcaico è stato individuato sull’altura più vicina al Tevere, separata da una scarpata dal resto del promontorio, in posizione ben difendibile per i ripidi pendii e per la presenza del fiume e del Fosso della Neve (Santoro, Quilici Gigli 1995). 28 - La necropoli di Colle del Forno è stata scavata sotto la direzione scientifica di Paola Santoro (vd. da ultimo Benelli, Santoro 2009, con bibliografia precedente). I materiali si conservano attualmente presso il Museo Civico di Fara Sabina. 29 - Benelli, Santoro 2009. 30 - La tomba si colloca nel massimo ordine dimensionale delle tombe a camera rinvenute in Italia e colpisce in modo particolare quando viene confrontata con le modeste camere usuali a Colle del Forno (Benelli, Santoro 2009). 31 - Si tratta probabilmente di un trono di uso reale come indica anche la realizzazione del piano di seduta in materiale deperibile agganciato ai fori passanti (Benelli, Santoro 2009). 32 - Santoro, Zarattini 1995. 33 - Il recupero delle prime tombe è avvenuto a fine Ottocento, quando i corredi funerari furono smembrati nei vari musei in Italia e all’estero; nel 1981 fu eseguito un intervento di recupero in cui furono scavate tre tombe in località Casale Tosti, mentre altre 48 furono scavate negli anni 1983-1986 ad opera della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio in località Stallone. I materiali sono conservati presso i depositi della Soprintendenza, tranne le tombe 32 e 48 che attualmente sono esposte presso il Museo Civico di Rieti sez. Archeologica. 34 - Alvino, Santoro 1984; Alvino 1997, con bibliografia precedente e Alvino 2005. 35 - Martelli 1977. 36 - In questo territorio sono state effettuate diverse ricognizioni che hanno permesso di individuare anche degli insediamenti di minore estensione ed importanza, i cui materiali testimoniano uno sviluppo sincronico e contemporaneo all’insediamento principale di Magliano ed una stretta dipendenza da esso. È il caso degli abitati in località Castellano, Casale Eroli, Colle Cece, le Rocchette e Colle Pineto a nord di Magliano e quelli in località Casale Grillino e Casale del Vescovo a sud di Magliano (Santoro 1996a, p. 282). 37 - Lo sviluppo dell’insediamento di Magliano è sicuramente determinato dalla posizione dominante il Tevere, che ne ha permesso l’inserimento nelle correnti di traffico commerciale che attraversavano l’Etruria interna, sfruttando questa preferenziale via fluviale in alternativa alle rotte costiere (Santoro 1997a, p. 84). 38 - Santoro 1997a. 39 - Una delle tombe per la quale è stato possibile verificare le associazioni degli oggetti, è una sepoltura maschile a fossa, forse rivestita di tegole, in cui il defunto era adagiato su un piano anch’esso di tegole. La composizione del corredo, che si inquadra negli anni finali del VII o all’inizio del VI secolo a.C., dimostra, con la presenza di grandi olle di impasto, spiedi, coppe per bere, piatti e vasi di bronzo, che la comunità locale aveva fatto propria l’ideologia del banchetto, alla moda etrusca e laziale. Per una dettagliata descrizione degli oggetti si veda Santoro 1996b, pp .212-213. 40 - Santoro 2008. 41 - Santoro 1996b. 42 - Santoro 2008, p. 15. 43 - Santoro 2006. 44 - In tutto sono state recuperate otto sepolture, alcune delle quali pesantemente manomesse dai clandestini, fatto questo che influisce pesantemente sull’associazione dei corredi delle sepolture violate. E' fatto obbligo sottolineare come i corredi delle tombe 1-3 siano pervenuti alla Soprintendenza in maniera fortunosa. In questi casi l’associazione dei corredi, anche se cronologicamente attendibile, è stata ricostruita da notizie raccolte sul posto, Alvino 2004, p. 118. 45 - Alvino 2004; Alvino 2006. 46 - La tomba 1 è una sepoltura ad inumazione di forma ovoidale la cui fossa, rivestita di arenaria anche sul piano di deposizione, si inserisce in un tumulo delimitato da pietre di grandi dimensioni. Purtroppo l’azione dei clandestini ha compromesso la sua relazione stratigrafica con il monumento, impedendo allo stato attuale di asserire con certezza che proprio questa sepoltura fosse quella costruita con il tumulo, come suggeriscono le datazioni degli oggetti di corredo attribuitele, ma soprattutto la sua collocazione centrale nel circolo. Sembrerebbe che della tomba 1 facciano parte un’olla di impasto con decorazione costituita da solcature semicircolari e cuppelle, un’olla globulare in impasto rosso con sovraddipinture geometriche in bianco, un bacile di bronzo con orlo perlato, placche bronzee appartenenti a due cinture ed una fuseruola. In considerazione della probabile incompletezza del corredo non è possibile proporre per questa sepoltura che una datazione di massima e piuttosto generica entro la prima metà del VI secolo a.C. 47 - La tomba 8 del tipo a ciottoloni, ha permesso di recuperare il corredo della sepoltura di un individuo di sesso femminile e di un infante. Di forma rettangolare, con copertura in 77 Il Rat t o de lle S ab ine ciottoli di arenaria grigia, la sepoltura, mancante del lato meridionale ed in parte della copertura probabilmente a causa dell’azione erosiva del Fosso Lagozzo, conservava scarsi resti della defunta deposta in posizione supina. Molti sono gli oggetti del corredo personale rinvenuti: numerose perline in ambra e in vetro, pendenti in ambra, elementi di collana in argento, una bulla, perle di pasta di vetro policrome, fibule di varia foggia sia in bronzo che in ferro, pendenti in bronzo, anelli, di cui uno del tipo à cartouche, con raffigurazione di cavalieri affrontati, placchette in argento dorato con raffigurazioni di protomi femminili, un aryballos globulare in pasta di vetro bleu decorato con motivo ad onda a colori alternati, due anforette-unguentario a figure nere con decorazione a palmetta. Il complesso di oggetti rimanda ad un orizzonte cronologico tra la fine del VI e gli inizi del V secolo a.C. 48 - Alcuni dei materiali rinvenuti suggeriscono contatti con l’area etrusca, in particolar modo vulcente, mentre altri testimoniano di una generale influenza dall’area sabino-tiberina e capenate, e dall’area centro-italica. Si vedano in particolare le anforette a figure nere e l’anello à cartouche, Alvino 2004, p. 120 e nota 22 e 24. 49 - Per un approfondimento sulla questione dei Pretuzi si veda Naso 2000, con ampia bibliografia. 50 - Cristofani 1977. La fiaschetta è conservata dal 1901 al Museum of Fine Arts di Boston. 51 - Cristofani 1996. 52 - Santoro 2008. 53 - Il documento è collocato nell’ambito delle testimonianze epigrafiche di ambito sudpiceno (Marinetti 2001, p. 138). 54 - Morandi 1983. 55 - Colonna 1988. 56 - Il lituo è stato finora rinvenuto solo in contesti etruschi piuttosto tardi (IV-III secolo a.C.). 57 - Benelli, Santoro 2009. 58 - Varro de l.l. V, 74. 59 - Per una trattazione sull’argomento, Evans 1939. 60 - Alvino, Leggio 2006a, pp. 30-36. 61 - Martelli 1977. 62 - Vd. Alvino 2009a. 63 - Il nome della città indica che in questo caso non vi fu un rapporto diretto con le precedenti strutture insediative ed anzi fu messo in atto il tentativo di trasformare l'assetto territoriale, sebbene sia accertato che non vi furono cambiamenti traumatici con la romanizzazione (Verga 2006, pp. 32-34, con bibliografia precedente). Gran parte degli insediamenti gravitanti attorno al centro arcaico di Poggio Sommavilla, che ricade nell’ager Foronovanus, continuano infatti a vivere durante l’età romana. Tale dato induce a dubitare di un’alienazione di terre in favore dei cittadini romani; probabilmente solo nell’area del centro urbano di Forum Novum (loc. Vescovio), antico mercato sito in una zona pianeggiante, favorevole allo sfruttamento agricolo e alla commercializzazione dei prodotti, vi è stata un’assegnazione in favore di coloni romani. 64 - Vd. Alvino 2009b. Bibliografia Alvino 1997 G. Alvino, La necropoli di Poggio Sommavilla, in G. 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Non meno significativi sono quelli contenuti nel ciclo propriamente romano: la storia dei gemelli semidivini, la fondazione di Roma, il Ratto delle Sabine, l’apoteosi di Romolo. Si tratta di veri e propri miti di fondazione, incentrati sulle gesta e sulle opere del re-fondatore. I Romani delle epoche posteriori vedevano in quei racconti la relazione leggendaria dei seguenti avvenimenti capitali: la fondazione di Roma sul colle Palatino nel 754-753 a.C.; l’unione con il popolo dei Sabini; la creazione delle fondamentali istituzioni politiche della città. Il Ratto delle Sabine è senza alcun dubbio una delle più antiche ed interessanti vicende leggendarie legate alla storia di Roma, cui fanno larga menzione nelle loro opere alcuni tra i più insigni autori latini e greci che non esitano ad esprimere le proprie convinzioni riguardo le ragioni e il fondamento storico del mito. Ne parlano, ad esempio, Tito Livio nella sua monumentale “Storia di Roma“ (Ab Urbe Condita Libri CXLII), Plutarco ne “La vita di Romolo” (Ῥωμύλος, Βίοι Παράλληλοι) e Dionigi di Alicarnasso in “Antichità romane“ (Ῥωμαική ἀρχαιολογία); la presenza di riferimenti, seppure brevi, a tale vicenda, è riscontrata in componimenti poetici come l’”Eneide” di Virgilio, le “Metamorfosi “ di Ovidio e alcune elegie di Properzio. La storiografia latina ha certamente mitizzato, in vari modi, questo episodio che riveste un interesse antropologico in Approfondimenti quanto riconducibile ad un particolare rituale matrimoniale che avveniva per rapimento. Roma, infatti, al momento della fondazione è presentata come una città maschile costruita e resa forte da uomini. Le donne servono principalmente alla procreazione e sono considerate uno strumento per stabilire vincoli e alleanze con i popoli vicini. Secondo l’ideologia militare, il rapimento non si configura come un atto di violenza, ma come una risposta necessaria ad un affronto. Il “Ratto delle Sabine” diventa così un modello politico: le donne, rapite con la forza, entrano a far parte della società ed il loro matrimonio costituisce la premessa dell’alleanza con i Sabini. Romolo è l’indiscusso re di Roma e con il tempo rende la sua città così potente e grande che, secondo Livio “poteva rivaleggiare militarmente con qualunque popolo dei dintorni“. In Tito Livio, Plutarco e Dionigi di Alicarnasso la vicenda relativa al Ratto delle Sabine ha uno sviluppo narrativo molto simile. Livio (I, 9), dopo aver parlato del rifiuto delle popolazioni limitrofe a stringere patti di alleanza con i Romani attraverso la stipulazione di matrimoni legittimi, fa riferimento alle feste indette dal re per attirare i vicini, comprese le fanciulle sabine, e alla volontà dei Romani di riscattarsi dall’affronto subito: [….] Romolo inviò ambasciatori alle popolazioni vicine, per chiedere alleanza e matrimonio per il nuovo popolo: dicendo che anche le città, come le altre cose, nascono da simili origini [….] In nessun luogo fu colta benevolmente l’ambasceria tanto da un lato nutrivano di spregio e dall’altro tenevano per se e per i venturi una sì gran potenza in mezzo a loro sempre più crescente [….] Mal sopportò questo la gioventù romana, 81 Il Rat t o de lle S ab ine e per certo si cominciò a pensare di far ricorso alla forza. Per dar tempo e luogo ad essa , Romolo, dissimulando il proprio dispetto, predispone ad arte i solenni ludi in onore di Nettuno equestre; e li chiama Consualia. Ordina poi che si bandisca tra i vicini lo spettacolo, e, per rendere la cosa attraente e clamorosa, lo allestiscono con la maggior grandiosità che allora si potesse e si sapesse. Accorse gran gente, anche per la curiosità di vedere la nuova città e particolarmente i più vicini: Ceninesi, Crustumesi, Antemnesi; e venne tutta, con figli e con mogli la popolazione dei Sabini. In Dionigi (2, 30) manca il racconto del rifiuto opposto dagli altri popoli alle richieste di vincoli matrimoniali. L’autore prova la legittimità della posizione romana nel ratto e poi nella guerra giustificando l’azione come risposta all’isolamento subito dai Romani ad opera delle popolazioni limitrofe. In realtà il vero tema del Ratto delle Sabine è, come meglio esprime Dionigi, la violenta acquisizione da parte dei Romani del diritto di connubio, quale integrazione manu militari tra i popoli circostanti: [….] Rifletteva che le città vicine non si sarebbero unite di loro iniziativa ai Romani, che da poco tempo avevano formato una comunità, non erano potenti per ricchezze e non avevano ancora dato prova di qualche impresa valorosa. Pensava anche che avrebbero ceduto alla forza, se nessun oltraggio fosse commesso; decise pertanto di stringere parentele sancite da nozze mediante un rapimento in massa di vergini e questa decisione fu condivisa anche dal nonno Numitore. Romolo viene presentato come un eroe-distruttore dallo 82 Installazioni artistiche da voci antiche stesso Virgilio (VIII, 635): [….] Aggiunta avea quindi non lungi Roma e rapite ad arbitrio le Sabine dal teatro gremito a’ gran Circensi; onde nova a Romulidi era guerra col vecchio Tazio e la severa Curi. Ma poi gli stessi re, poste le offese, diritti in armi con le tazze in mano stavan davanti l’ara di Giove e, uccisa una scrofa, stringevano alleanza. In Dionigi e in Virgilio, le figure dell’eroe fondatore e dell'eroe distruttore sono destinate ad intrecciarsi. Romolo, il fondatore, è infatti anche un distruttore e un fratricida. In Plutarco (14, 3-6), il ritrovamento di un altare segreto diventa il motivo dell’indizione dei giochi. Lo spettacolo organizzato, come dice l’autore “nel quarto mese dopo la fondazione di Roma”, attira molta gente in città e termina con il rapimento delle donne sabine: In primo luogo fece diffondere la notizia che aveva ritrovato l’altare, nascosto sotto terra, dedicato ad una divinità. Chiamavano il dio Conso, che secondo alcuni significa consigliere (infatti ancor oggi i romani chiamano consilium il consiglio e i loro magistrati supremi consules, cioè consiglieri); secondo altri il dio era Poseidone Hippios. [….] Quando l’altare fu messo in luce, Romolo fece annunciare che avrebbe celebrato uno splendido sacrificio su di esso, una gara e uno spettacolo festivo. Si radunò molta gente; Romolo in persona si mise in prima fila con i cittadini importanti adorno di un mantello di porpora. Il segnale convenuto per dare il via all’assalto era questo: Romolo alzandosi avrebbe ripiegato il LIC E O G INNA S IO S t at ale “M . T E RE NZIO VARRONE” mantello, poi lo avrebbe indossato di nuovo. Molti armati di spada tenevano gli occhi fissi su di lui: al segnale convenuto sguainarono le spade e, slanciandosi sulle figlie dei Sabini urlando, le rapirono [….] Il numero delle donne sabine rapite, legato tra l’altro alla questione se da esse o da alcune di esse avessero preso nome le curie romane, varia da autore ad autore. Il solo Plutarco (14, 7), riporta tre informazioni differenti: Si dice che furono rapite solo trenta donne, dalle quali presero nome le curie; secondo Valerio Anziate invece le vergini erano cinquecentoventisette e secondo Giuba seicentottantatrè [….] Dionigi (2, 30) conferma la notizia di seicentottantatré donne mentre Livio (I, 13) fa riferimento solamente alle trenta curie romane istituite da Romolo e chiamate, in seguito alla pace stipulata con i Sabini, con i nomi delle fanciulle rapite, senza riportare alcun dato certo sul numero totale delle donne sabine: [….] Quella pronta e lieta pace venuta da così dolorosa guerra rese più care le Sabine ai mariti e ai genitori e, più che a tutti, allo stesso Romolo. Pertanto, dividendo la popolazione in trenta curie, alle curie diede i loro nomi Non si sa se quelle che dovevano dar nome alle curie, che certo il numero delle donne era maggiore, fossero state scelte con riguardo all’età o alla dignità loro o dei loro mariti o a sorte. [….] Le donne rapite erano nubili ad eccezione di Ersilia, futura Approfondimenti sposa di Romolo. Nel racconto di Livio non vi è alcun riferimento a questo dato, ricordato invece da Plutarco (15, 7-8): l’autore greco inoltre riporta la duplice tradizione che voleva Ersilia o come moglie di Ostilio o come moglie di Romolo: [….] non furono rapite donne sposate, se si eccettua la sola Ersilia di cui non si erano accorti [….]Quanto ad Ersilia alcuni dicono che abbia sposato Ostilio, uno dei romani più in vista, altri lo stesso Romolo [….] Livio (I, 9) sostiene chiaramente che il rapimento delle donne sabine non fu seguito da alcuna violenza sessuale. Al contrario afferma che Romolo offrì alle fanciulle libera scelta e promise loro pieni diritti civili e di proprietà: [….] Romolo in persona andava tra di loro e spiegava che ciò era accaduto a causa della superbia dei loro padri, che avevano negato il connubio ai vicini; esse tuttavia sarebbero state tenute in matrimonio, nella condivisione di tutti i beni e della cittadinanza e dei figli, di cui nulla è più caro al genere umano; raddolcissero dunque il loro sdegno e, a coloro ai quali la sorte aveva assegnato il loro corpo, concedessero anche il cuore; spesso da un ingiuria nasce la benevolenza; essi avrebbero trovato i loro mariti tanto migliori poiché ciascuno si sarebbe sforzato per quanto stava in sé, adempiendo per parte sua i propri doveri, a colmare la nostalgia dei genitori e della patria. Si aggiungevano le manifestazione d’affetto dei mariti, i quali tentavano di scusare l’accaduto con l’ardore della passione, che sono le preghiere più efficaci per l’animo femminile. 83 Il Rat t o de lle S ab ine Secondo la tradizione storica, il Ratto delle Sabine fu seguito da una richiesta di liberazione inoltrata dai genitori delle fanciulle rapite alla quale il nuovo re di Roma rispose negativamente. L’esplicito rifiuto di Romolo scatenò la guerra tra i due popoli. Diverso nei tre autori è l’intervento pacificatore delle donne sabine: mentre negli scritti di Livio (I, 13) e Plutarco (19, 1-7) esse si gettano improvvisamente tra i due eserciti riuscendo a fermare la battaglia, in Dionigi (2, 45) si recano con Ersilia dai Sabini per trattare direttamente la pace. In tutti e tre i racconti si pone l’accento sui figli che accomunano i due popoli, strumentalizzati per frenare l’ira dei loro nonni sabini, anche se la loro presenza appare decisamente scollegata e anacronistica rispetto alla immediatezza della guerra che si sarebbe scatenata. Comune ai tre autori è la menzione del voto da parte di Romolo di un tempio a Giove Statore, durante la battaglia decisiva tra Romani e Sabini. Livio (I,12) nel racconto della battaglia ricorda il voto di Romolo in maniera dettagliata: [….] Romolo, travolto anch’egli dalla turba fuggente, alzando le armi al cielo pregò: Giove, qui sul Palatino, per monito degli auspici tuoi, io gettai le fondamenta della città. I Sabini occupano ormai, presa per tradimento, la rocca; e di la tendono qui con le armi, varcando il mezzo della valle. Ma tu, padre degli dei e degli uomini, almeno da qui tieni lontani i nemici! Libera dalla paura i Romani, e arresta la loro turpe fuga! A te, Giove Statore, io voto qui un tempio, il quale attesti tra i venturi che la città fu salva per il tuo pronto ausilio [….] 84 Installazioni artistiche da voci antiche Secondo Plutarco (19, 9) il tempio era stato costruito nel luogo dove l’esercito si era fermato al termine della preghiera del re, mentre Dionigi (II, 50) nel raccontare l’attività di Romolo e Tito Tazio accenna brevemente alla fondazione del tempio di Zeus Orthosios. Livio fa seguire al racconto della battaglia finale una rapida menzione della pace con i Sabini e del regno comune di Romolo e Tito Tazio, a cui si contrappongono notizie più ampie di Dionigi e di Plutarco che includono rispettivamente una digressione sui Sabini ed un excursus descrittivo sulla realtà romana. Alla spartizione della città tra i due re Dionigi (II, 50) ricollega la loro distinta attività religiosa, facendo generale riferimento alla costruzione di templi: quello dedicato a Giove Statore da parte di Romolo e quelli edificati da Tito Tazio in onore di una serie di divinità, che sembrano riprendere l’elenco varroniano degli dei romani di origine sabina. È difficile distinguere il successivo accenno alle nuove feste allora istituite (in particolare i Matronalia, incentrati sul ruolo pacificatore delle donne) e comuni quindi ad entrambi i popoli, da una più generale digressione sulle feste, che sembra essere piuttosto un pretesto per parlare dei Lupercalia separatamente dalla leggenda della lupa. Il Rat t o de lle S ab ine Il mito di Tarpea La figura di Tarpea come traditrice è stata approfondita da due celebri autori della letteratura latina: Tito Livio e Properzio. Tito Livio, storico romano di età augustea, fa della morte di Tarpea un exemplum morale. Il tradimento della giovane vestale, causato dall’avidità, ottiene come ricompensa la morte: […] Tazio sedusse con oro la figlia di lui, inducendola a lasciare entrare alcuni armati nella rocca, mentre per caso ella usciva dalle mura ad attingere acqua per i sacrifici. Entrati l’uccisero seppellendola sotto le armi, o perché si avesse a credere che la rocca era stata invece presa a forza o per dare un esempio di ciò a cui conduce il tradimento, sì che apparisse non esservi mai per il traditore sicurezza alcuna. E anche aggiunge la leggenda che, poiché solevano i Sabini portare sul braccio sinistro armille d’oro di gran peso e ornarsi di anelli gemmati bellissimi, ella avesse con loro pattuito di avere in compenso ciò che loro avevano nella sinistra; perciò, invece che oggetti d’oro, accumularono su di lei scudi. Altri narrano che ella, pattuendo che le dessero ciò che tenevano con la sinistra, chiedesse proprio gli scudi, e che, parendo a quelli che ella facesse inganno, fosse stata uccisa con quel compenso stesso che aveva chiesto. (Ab Urbe Condita, I, 11) Il poeta Properzio (Elegia, IV, 4), riscatta la figura di Tarpea presentando la vestale come una donna che ha tradito la patria per amore del re nemico Tito Tazio. Un amore colpevole poiché Tarpea come sacerdotessa della dea Vesta è votata alla castità: […] Di qui Tarpea attinse l'acqua da offrire alla dea; ella 86 Installazioni artistiche da voci antiche portava sul capo un'anfora di argilla. E una sola morte potè bastare per l'empia fanciulla che volle tradire, o Vesta, il tuo fuoco […] Nella versione offerta da Properzio, l’amore tra Tarpea e Tito Tazio finisce subito, poiché il re Sabino, dopo essersi impadronito della rocca, non mantiene l’impegno con la giovane e la fa seppellire sotto gli scudi dei suoi uomini: […] Aveva tradito la custodia della porta e la patria dormiente, e chiese a lui di scegliere il giorno delle nozze. Ma Tazio (infatti il nemico non onora il delitto) Spósami–le disse–e sali sul mio letto regale! Così disse, e la seppellì coprendola con le armi dei compagni. Questa, o vergine, era la dote adatta ai tuoi servigi Da Tarpea, che fu guida, il colle trasse il nome: hai la ricompensa, o custode, di una sorte ingiusta. A questo episodio è probabilmente attribuita l’origine del Saxum Tarpeium o Rupes Tarpeia. La tradizione romana prevedeva infatti che dalla Rupe Tarpea, sul Campidoglio, fossero gettati i traditori. I reati di “tradimento” di diversa natura erano accomunati dal fatto che chi li commetteva veniva meno alla fides, cioè al sacro dovere di fedeltà sia in ambito pubblico (cittadino-stato romano) che privato (cittadino-cittadino). Basilica Emilia, Punizione di Tarpea I sec. a.C. - I sec. d.C. Roma, Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma Su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma LIC E O G INNA S IO S T A T A LE “M . T E RE NZIO VARRONE” Il Ver Sacrum La Primavera Sacra (Ver Sacrum) era un rituale praticato da diversi italici. Veniva celebrato in occasione di calamità naturali o in circostanze particolari (guerra, carestie, pestilenze) e consisteva nell'offrire alle divinità, in particolare a Marte, oltre le primizie dei campi e animali sacrificali, anche i primogeniti maschi nati dal 1º marzo al 30 aprile dello stesso anno. Il rituale, poi modificato, avrebbe portato ad individuare così un gruppo di giovani destinati a lasciare la propria terra. I bambini consacrati (Sacrati), giunti all'età dell'adolescenza partivano alla ricerca di una nuova terra da colonizzare guidati da un un animale-totemico che indicava loro la strada e il luogo dove stanziarsi; dall’animale poi avrebbero anche preso il nome, come nel caso dei Piceni, dal picchio, degli Equicoli, dal cavallo, degli Irpini, dal lupo. In questo modo si creavano nuove comunità ed etnie, al fine di ridurre la crescita della popolazione locale ed estendere l’area di influenza sui territori vicini. Con il voto della Primavera Sacra nacquero dal ceppo osco-umbro diverse popolazioni italiche che abitavano le regioni centro-meridionali della penisola. Proprio i Sabini sono considerati il nucleo da cui si generarono le più antiche migrazioni, che sarebbero partite dal Lago di Cotilia, ombelico dell’Italia. I racconti mitici legati a questa pratica rituale e le modalità cambiano da popolazione a popolazione. Ver Sacrum e Ratto delle Sabine: tra storia e leggenda La leggendaria fondazione di Roma è caratterizzata da una sequenza di episodi simbolici. La nascita dei gemelli Romolo e Remo dalla giovane Rea amata dal dio Marte, la loro adozione da parte di una lupa, l’uccisione di Remo per mano di Romolo sono solamente alcuni dei drammatici eventi che diedero origine, secondo la tradizione, alla civiltà romana. A queste azioni seguì il celebre Ratto delle Sabine. Secondo la tra- Approfondimenti dizione, attestata da Varrone e da Tito Livio e ripresa da Virgilio nell’Eneide, Romolo ed i suoi compagni rapiroro le giovani donne sabine in occasione dei giochi organizzati in città in onore del dio Conso. Questo atto di violenza scatenò un conflitto che si risolse solo grazie all'intervento pacificatore delle stesse donne rapite, nel frattempo divenute mogli legittime dei Romani. La leggenda del ratto delle Sabine potrebbe essere ricondotta al rituale del Ver Sacrum. Infatti la primavera sacra prevedeva l'allontanamento di una leva di giovani (in questo caso Romolo e Remo) destinati a fondare una nuova colonia. In genere si trattava esclusivamente di uomini, ma alla nuova fondazione doveva necessariamente seguire la formazione di nuovi nuclei familiari in grado di dare vita alla comunità. La crisi economica scatenata dagli stessi motivi che avevano richiesto l’attuazione del Ver Sacrum (calamità naturali, carestie, pestilenze, guerre) impediva ai giovani di prendere mogli legittime in quanto non potevano offrire alle loro famiglie i tradizionali doni nuziali. Questo aspetto potrebbe spiegare la necessità di ricorrere al rapimento delle donne per popolare il villaggio fondato. Secondo altre interpretazioni, il Ratto avrebbe avuto una funzione rituale ed avrebbe rappresentato una cerimonia arcaica, “ut more ferarum” come dice Orazio, caratteristica della comunità dei Sabini. Anche se è impossibile definire quanto appartiene alla leggenda e quanto invece alla storia, è certo che fin dall'epoca della fondazione, la Roma delle origini strinse significativi contatti con i Sabini attraverso legami matrimoniali, passando da una fase di conflitto ad una di collaborazione e condivisione dei poteri, come testimoniato dalla co-reggenza di Romolo e Tito Tazio. Anche il successore di Romolo, Numa Pompilio, era di origine sabina e a lui si fanno risalire importanti riforme religiose e istituzionali. 89 Collevecchio (RI) Poggio Sommavilla, Tomba 32 Kylix a figure rosse di produzione falisca, 370-360 a.C. Museo Civico di Rieti (Archivio SBAL) LIC E O G INNA S IO “M . T E RE NZIO V A RRO NE” ll mito di Europa I Persiani dicono che Io giunse in Egitto in tal modo, diversamente dai Greci, e questo sarebbe stato il primo dei torti; dicono che in seguito alcuni Greci-ma non sanno riferirne il nome- sbarcarono a Tiro, in Fenicia, e rapirono Europa, la figlia del re; costoro sarebbero stati Cretesi. Così, insomma, erano alla pari; ma i Greci poi si resero colpevoli del secondo torto. (Erodoto, Storie, I, 2) Europa (Εὐρώπη, Europa) secondo la mitologia greca era figlia del re fenicio Agenore e sorella di Cadmo, mitico fondatore di Tebe. La sua bellezza fece innamorare il sommo Zeus il quale vedendola giocare con le compagne sulla riva del mare, pensò di avvicinarla trasformandosi in un meraviglioso toro mansueto. Europa dopo averlo accarezzato salì sul dorso del toro. Così Zeus poté rapire la fanciulla balzando nel mare e irrompendo tra le onde con le sue zampe possenti. Arrivato all’isola di Creta Zeus consumò l’unione con la fanciulla nei pressi della città di Gortina (nella grotta Dittea o sotto un platano). Da Zeus ed Europa nacquero tre figli: Minosse, re di Creta, Sarpedone, re di Licia e Radamanto, giudice degli inferi. Secondo la leggenda Europa, dopo le nozze divine, sposò il mortale Asterione, re di Creta, divenendo regina dell’isola e capostipite dei suoi sovrani. In onore di questa fanciulla, gli antichi Greci chiamarono Europa il continente che si trovava a nord dell’isola di Creta. La tradizione antica annovera il ratto di Europa tra le cause dell’antica rivalità fra i greci e i troiani. Erodoto (Storie I, 2), che cerca di razionalizzare il mito, considera la vicenda come Approfondimenti la vendetta attuata dai greci in risposta al rapimento di Io, figlia di Inaco, da parte di alcuni mercanti fenici. Io, nella mitologia greca, è una ninfa sedotta da Zeus e trasformata in giovenca per sottrarla, senza successo, alle ire di Hera. Le testimonianze del mito di Europa risalgono all’VIII secolo a.C. Omero nell’Iliade (XIV, 321) cita la fanciulla come figlia del re Fenice, mentre Esiodo nella Teogonia (vv. 355-362) menziona Europa come figlia di Oceano e Teti. Europa viene ricordata inoltre da Stesicoro, Simonide, Eschilo, Platone Comico e vari poeti ellenistici, tra cui Apollonio Rodio. Celebre è il poemetto mitologico del poeta siracusano Mosco intitolato Europa (Idillio II) dal quale, probabilmente, attinsero i latini Orazio (Odi, III, 27, 25-76), Ovidio (Metamorfosi, II, 836875; Fasti, V, 603-618), Achille Tazio, Luciano e il poeta bizantino Nonno di Panopoli (Dionisiache, vv. 46-136). Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia (XII, 5, 11) ricorda l’arrivo di Europa nella città di Gortina. Il mito di Europa ebbe nuovamente fortuna a partire dall’età umanistica. La vicenda viene narrata anche nella Sampogna del Marino, raccolta di rime pubblicata nel 1620. Molti artisti hanno rappresentato il mito del ratto di Europa preferendo l’iconografia della fanciulla dalle bianche carni nude, con in mano fiori e ghirlande, sul dorso del toro mansueto. Tra le testimonianze più antiche dell’arte greca si ricordano una metopa del tesoro dei Sicioni a Delfi ed una metopa proveniente da Selinunte; nel mondo romano sono note una pittura pompeiana conservata nel Museo Nazionale di Napoli, una pittura della Domus Aurea e una scena del mosaico nilotico di Palestrina. Nel Museo di Rieti è esposta una kylix a figure rosse, proveniente dalla Necropoli di Poggio 91 Il Rat t o de lle S ab ine Installazioni artistiche da voci antiche Sommavilla, che presenta la classica iconografia della fanciulla sul toro. Il mito di Persefone Plutone si innamorò di Persefone e, con l’aiuto di Zeus, la rapì di nascosto. Demetra andava cercandola per tutta la terra, di giorno e di notte, alla luce delle fiaccole; ma quando venne a sapere dagli abitanti di Ermione che Plutone l’aveva rapita, irata con gli dei abbandonò il cielo e, assunto l’aspetto di una donna mortale, si recò ad Eleusi. Dapprima si mise a sedere sulla roccia che, dal suo atteggiamento, fu detta Agelasto, accanto al pozzo chiamato Callicoro; poi si recò da Celeo che allora regnava ad Eleusi; vi erano là delle donne che la invitarono a sedersi accanto a loro, e vi era una vecchia, di nome Iambe che, facendo gesti osceni, provocò il riso della dea. È per questo, dicono, che le donne fanno i gesti osceni durante le Tesmoforie. (Apollodoro, Biblioteca, I-5) Persefone (Περσεφόνη, Proserpina), conosciuta anche con il nome di Kore, ossia fanciulla, era la figlia divina di Demetra e del sommo Zeus e la giovane sposa di Ade, dio degli inferi. Le nozze tra Ade e Persefone rappresentano simbolicamente il rinnovamento della vita, alludendo al morire e rinascere della vegetazione e al perenne ciclo dell’esistenza in cui la morte è una tappa necessaria alla vita stessa. Secondo la mitologia greco-romana, Zeus aveva promesso la mano di Persefone ad Ade all’insaputa di Demetra e questo antefatto aveva au- 92 torizzato il ratto di Persefone da parte del dio degli inferi. Il rapimento avvenne o in Sicilia, vicino al lago di Pergusa nei pressi di Enna, o nella “piana di Nisa”. Un giorno, mentre Persefone stava cogliendo dei fiori con altre fanciulle venne improvvisamente rapita da Ade e portata nell’oltretomba. L’ignara Demetra iniziò disperatamente a cercare la figlia e ad invocare l’aiuto di Zeus, ma una volta appresa la verità, folle di dolore, decise di vendicarsi del divino rendendo arida la terra e provocando con le carestie la morte delle creature terrestri. Zeus allora, preoccupato per le sorti dell’umanità, inviò Ermes, suo messaggero, negli inferi a chiedere la restituzione di Persefone. Ade, costretto, decise di accettare la richiesta con l’inganno: facendo mangiare una melagrana, cibo dei morti, a Persefone, il dio degli inferi condannò la fanciulla a trascorrere un periodo dell’anno nell’oltretomba e il resto del tempo sulla terra con la madre. Per il suo rapporto con l’agricoltura, il culto di Persefone si diffuse soprattutto nelle zone agricole dell’antica Grecia, nelle regioni della Messenia, della Laconia, dell’Arcadia e della Tessaglia. La sua massima popolarità si ebbe inoltre nelle regioni dell’Italia meridionale, soprattutto in Sicilia. La storia di Demetra e Persefone compare nell’Inno omerico a Demetra (II, 1-90), nella Biblioteca di Apollodoro (I 5), nell’Inno 6 di Callimaco, nelle Metamorfosi di Ovidio (V 385-486) e nel Ratto di Proserpina di Claudiano. Inoltre viene citata in alcuni frammenti di Archiloco e in alcuni versi dell’Elena di Euripide (1301-52). Le rappresentazioni di Persefone sono molto frequenti nell’arte greco-romana. In relazione con i misteri eleusini, la dea compare sul celebre rilievo di Eleusi con Demetra e Trittolemo, LIC E O G INNA S IO S T A T A LE “M . T E RE NZIO VARRONE” al Museo Nazionale di Atene. La scena del ratto è presente in alcuni pinakes locresi e in alcuni celebri sarcofagi, tra cui quello di Carlo Magno ad Aquisgrana. Il soggiorno nell’oltretomba è rievocato nei pinakes di Locri, nella ceramica e nel rilievo delle Arpie da Xanthos, in Licia. Come figura isolata la dea compare anche nelle pitture pompeiane. Il mito di Elena Una generazione più tardi, Alessandro figlio di Priamo, udita questa storia, volle trovarsi una moglie in Grecia con il rapimento, sapendo comunque che non avrebbe pagato il fio, poiché quelli non lo avevano pagato. Così, quando ebbe rapito Elena, i Greci in un primo tempo decisero di mandare ambasciatori a richiedere Elena, e giustizia per il rapimento. (Erodoto, Storie, I-3) Nella mitologia greca Elena rappresenta l’archetipo umano della bellezza femminile. Nata dall’unione di Leda e Zeus, a causa della sua avvenenza fu rapita una prima volta da Teseo e Piritoo che la condussero in Attica. Tornata in patria, grazie a Castore e Polluce “suoi fratelli”, catturò l’attenzione di numerosi pretendenti. La scelta di Elena ricadde su Menelao, re di Sparta, che aveva promesso un’ecatombe (sacrificio di cento animali) di buoi ad Afrodite, dea della bellezza. Menelao non avendo mantenuto la promessa scatenò l’ira della dea che favorì il “tradimento” da parte di Elena sicché, quando Paride, figlio di Priamo re di Troia, si recò a Sparta per una missione diplomatica riuscì a sedurre Elena e a convincerla a partire con lui. Approfondimenti Era, adirata nei confronti di Paride, scagliò una tempesta durante il loro viaggio costringendoli a sbarcare in Egitto, dove, secondo il poeta Stesicoro, Elena fu sostituita da Nefele, un fantasma con le sue sembianze. Omero, invece, sostiene che i grandi eroi achei (Agamennone, Ulisse, Achille, etc.) decisero di vendicare il rapimento e organizzarono la grande spedizione all’origine della decennale Guerra di Troia, durante la quale Elena, dopo la morte di Paride, ne sposò il fratello Deifobo. Tuttavia, una volta conquistata Troia, Elena in virtù della sua bellezza fu perdonata dal marito che la riportò a Sparta. Euripide, nella sua tragedia Elena, ritiene che non fu lei in persona a seguire Paride a Troia ma una sua immagine, mentre la vera Elena avrebbe trascorso gli ultimi anni della guerra di Troia in Egitto alla corte di Proteo. Elena viene rappresentata soltanto in contesti collettivi come nelle pitture vascolari e nei rilievi dei cicli mitici (Iliou persis). Fonti letterarie attestano che i pittori greci Polignoto e Zeusi la rappresentarono in alcune opere andate perdute. 93 Il Rat t o de lle S ab ine Installazioni artistiche da voci antiche Bartolomeo di Giovanni Ratto delle Sabine, 1488 olio su tavola, 70x155 cm, Roma, Galleria Colonna, Sala della Colonna Bellica 94 Credito Fotografico: Galleria Colonna Roma Lic e o A RT IS T IC O - IS A RT E “A . C alc ag nadoro” Approfondimenti Bartolomeo di Giovanni Ratto delle Sabine, 1488 Questo pannello decorava un antico mobile a cassa destinato a contenere oggetti di uso quotidiano. L’opera, dipinta da Bartolomeo di Giovanni, rappresenta il rapimento delle Sabine. La scena è ambientata all’interno di un’arena semicircolare, luogo dove, secondo la versione del mito tramandata da Tito Livio, si svolse la festa dei Consualia. Tutti i personaggi sono raffigurati in movimento: alcuni giovani si trovano su carri trainati da coppie di cavalli, mentre altri aggrediscono le Sabine che danno segno di rifiuto verso i loro aggressori. I due personaggi armati di lancia e di scudo rappresentati sul primo gradino dell’emiciclo potrebbero essere identificati con Romolo e Tito Tazio. Sullo sfondo sono disegnati, in maniera anacronistica, alcuni edifici simbolici dell’antica Roma: una colonna coclide, il Pantheon, la Torre delle Milizie e un obelisco. Dietro, contro un cielo limpido, si snoda un paesaggio ideale caratterizzato da poggi e da montagne rocciose elevate. Pur essendo un'opera rinascimentale, la prospettiva lineare è inesistente e solo qualche pioppo isolato ha il compito di misurare, come modulo, lo spazio in profondità. I personaggi, ad eccezione di qualche isolato caso, sono ritratti senza alcuna espressione drammatica dei volti. Le figure femminili (testa inclinata, stessa capigliatura, abiti rigonfi) sono tipologie ripetute e meno variate di quelle maschili, nelle quali si nota una volontà semplificata di ricerca anatomica delle parti nude. I giovani sui carri alludono alle gare organizzate in occasione della festa indetta da Romolo. Le fanciulle sono vestite secondo i costumi dell’antica Roma. Lo stile utilizzato è fondato su un decorativismo lineare e segue un logico percorso narrativo; le figure sono stereotipate, dinamiche e divise per gruppi isolati. Il dipinto, che predilige un colore livido nei toni più grigi e metallici, è tuttavia vivacizzato dalle gamme pastello di alcuni panneggi, aspetto tipico dell’artista. Una decorazione con motivi rinascimentali caratterizza il carro intagliato del giovane in primo piano. 95 Il Rat t o de lle S ab ine Installazioni artistiche da voci antiche Giovan Antonio Bazzi detto Il Sodoma Il Ratto delle Sabine (o Condanna di Rea Silvia), 1506-1507 olio su tavola, 76x170 cm, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini Per gentile concessione dell’Archivio Fotografico della Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Roma 96 Lic e o A RT IS T IC O - IS A RT E “A . C alc ag nadoro” Approfondimenti Giovan Antonio Bazzi detto Il Sodoma Il Ratto delle Sabine, 1506-1507 Il celebre dipinto della collezione Chigi rappresenta il leggendario Ratto delle Sabine. La scena può essere divisa idealmente in due sezioni: nella prima viene ricordato l’episodio di Tarpea mentre nella seconda viene raffigurato l’atto del rapimento vero e proprio. A sinistra è rappresentato Romolo, con indosso un vestito azzurro e un mantello bianco, in piedi su di un piedistallo. Alle sue spalle sono ritratti due soldati, uno armato di alabarda e l’altro seduto su un’armatura. Di fronte, tre uomini portano al cospetto del mitico fondatore di Roma Tarpea, rea di tradimento. L’identità della fanciulla è confermata simbolicamente dalla presenza di alcuni scudi dipinti ai suoi piedi. Sullo sfondo di questa scena la rappresentazione di un mausoleo e di un arco trionfale richiamano il paesaggio di Roma antica. La figura centrale del giovane armato di spada ha la funzione di introdurre la scena del rapimento raffigurata a destra. Un uomo afferra la chioma di una giovane sabina mentre un altro cerca di proteggerla e portarla via; un altro uomo seminudo con un mantello rosso in mano corre verso tre donne che, a loro volta, scappano spaventate. In lontananza il Tevere ha le stesse tonalità celesti dei monti e nel cielo volano due rondinelle. Il panorama di questa scena richiama lo stile più realistico del Masaccio, nonostante al centro del dipinto sia presente una digressione fantastica di un fauno che cavalca un tritone. Le prospettive sghembe e non unitarie (si notino sul primissimo piano il cane e i bambini completamente avulsi e isolati nella composizione) e l’accentuazione espressiva e popolare dei volti dei personaggi, confermano lo stile attardato del Sodoma rispetto agli altri pittori che operavano nel pieno del Rinascimento. 97 Il Rat t o de lle S ab ine Gianbologna Ratto delle Sabine, 1582 marmo, altezza 410 cm Firenze, Loggia dei Lanzi Su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali 98 Installazioni artistiche da voci antiche Lic e o A RT IS T IC O - IS A RT E “A . C alc ag nadoro” Approfondimenti Jean de Boulogne detto Giambologna Ratto delle Sabine, 1582 Questa scultura è una delle più famose opere ispirate al tema del Ratto delle Sabine. Nel 1582 prese il posto della Giuditta di Donatello in piazza della Signoria a Firenze, anche se l’opera, non ancora perfettamente ripulita, rimase coperta sino al gennaio 1583 quando venne presentata per la prima volta al pubblico. Il Giambologna, in origine aveva voluto rappresentare un qualsiasi ratto narrato dalla mitologia greco-romana e solo successivamente decise di specificare il tema scelto in una lastra bronzea lavorata a bassorilievo e posizionata sul basamento dell’opera. Lo stile del Giambologna è da ricollegarsi a quello di Michelangelo, artista coevo dal quale riprese la maniera rielaborandola in chiave moderna (manierismo). L’opera, commissionata allo scultore francese dalla famiglia dei Medici, dimostra la raggiunta sapienza tecnica dell’artista, capace di rendere dinamica una scultura colossale ricavata da un solo blocco di marmo. Il Giambologna articola in modo complesso la posizione ad avvitamento serpentino dei tre personaggi, con un alternarsi continuo di pieni e di vuoti. La scultura riassume tutto il dramma del ratto: un giovane romano sottrae una Sabina al vecchio padre che disperato rimane intrappolato tra le gambe del rapitore. La drammaticità è inoltre enfatizzata dal libero gioco di braccia levate della giovane donna. Il successo riscosso dal gruppo è testimoniato dal fatto che lo stesso Bernini s’ispirò ad esso per realizzare il Ratto di Proserpina della Galleria Borghese. 99 Il Rat t o de lle S ab ine Ludovico Carracci Ratto delle Sabine, 1588-1591 affresco, Bologna, Palazzo Magnani 100 Installazioni artistiche da voci antiche Lic e o A RT IS T IC O - IS A RT E “A . C alc ag nadoro” Approfondimenti Ludovico Carracci Ratto delle Sabine, 1588-1591 L'affresco con l'episodio del Ratto delle Sabine fa parte di un complesso ciclo pittorico che tratta gli episodi relativi alla "fondazione di Roma" e che decora a mo’ di fregio le pareti della Sala di rappresentanza di Palazzo Magnani a Bologna. Il dipinto, incorniciato da una fascia con telamoni, figure di ignudi, fauni, festoni di frutta e maschere teatrali in monocromo realizzata dai cugini Carracci, presenta il tema del Ratto delle Sabine nel rispetto della tradizione, ambientando l’evento all’interno di un’arena. L'effetto è quello di un quadro ricco di illusionismo spaziale e scorci. In primo piano le donne sabine sono afferrate dai soldati romani. Sul fondo si intravede una folla tumultuosa e, ritratto a sinistra, il re Romolo che in piedi su un podio osserva la scena. Gli impasti scuri dell'affresco e il generale stato di deterioramento (e forse cattivi restauri con ampie ridipinture) non permettono di analizzare i singoli personaggi che comunque risultano appena abbozzati. Nell’opera si coglie una capacità di variare tono e condotta pittorica esplorando l’intera gamma dei sentimenti umani e cercando di restituire verità al leggendario mito della nascita di Roma. Volendo dare alla scena una visione sintetica e semplificata, Ludovico Carracci utilizza forme tonde e tese, rese tramite un cromatismo intenso e caldo, che rendono palpitante e credibile la scena. 101 Il Rat t o de lle S ab ine Pieter Paul Rubens Il Ratto delle Sabine, 1635-1640 olio su tavola, 169,9x236,2 cm, Londra, National Gallery 102 Installazioni artistiche da voci antiche Lic e o A RT IS T IC O - IS A RT E “A . C alc ag nadoro” Approfondimenti Pieter Paul Rubens Il Ratto delle Sabine, 1635-1640 Ne Il Ratto delle Sabine di Rubens, i protagonisti dell’episodio sono raffigurati in modo tale da creare un’atmosfera di paura, violenza e forte tensione emotiva. In primo piano la donna vestita di nero sta per essere trascinata via nonostante abbia portato le mani al petto in gesto di preghiera. A sinistra un’altra donna viene strappata con crudeltà dalle braccia della madre. A destra una fanciulla è rapita da un soldato che cavalca un maestoso cavallo nero. L’intreccio complesso di masse in movimento, rappresentate in secondo piano a sinistra, enfatizza la caoticità della scena mentre la chiara raffigurazione di Romolo, seduto sul trono a destra, sembra sottolineare la crudeltà del leggendario rapimento, pianificato ed eseguito a tradimento. Lo sfondo è dominato dal profilo di un edificio classico e da un colonnato. L’aspetto che più colpisce di quest’opera è la rappresentazione dei volti femminili. Su questi volti traspare il desiderio di fuggire e di sottrarsi alla violenza dei soldati. Nei loro occhi Rubens ha espresso una tristezza profonda e un profondo disgusto. Le luce che sembra provenire da una fonte esterna riflette bagliori dinamici sugli incarnati dei personaggi e sui loro serici vestiti, caratterizzati da una pennellata fluida, dinamica e veloce. Maestro nel determinare l’ideale bellezza classica e nel descrivere accuratamente i corpi femminili, Rubens ha impaginato lo spazio di questo dipinto con costruzioni asimmetriche degli spazi scenici che accolgono un numero ricchissimo di figure in pose ed espressioni diverse. L’artista ha eseguito un altro dipinto su questo tema, incentrando però l’attenzione non sulla scena corale ma solo su quattro figure (Ratto delle figlie di Leucippo, 1618-1620, Monaco, Alte Pinakothek), unite in una composizione apparentemente statica, ma in realtà concepite dentro curve concentriche. 103 Il Rat t o de lle S ab ine Pietro da Cortona Il Ratto delle Sabine, 1629 olio su tela, 280,5x426 cm, Roma, Pinacoteca Capitolina 104 Installazioni artistiche da voci antiche Lic e o A RT IS T IC O - IS A RT E “A . C alc ag nadoro” Approfondimenti Pietro Berrettini detto Pietro da Cortona Il Ratto delle Sabine, 1629 Il Ratto delle Sabine fu commissionato a Pietro da Cortona dall’amico Giovan Francesco Sacchetti in occasione delle sue nozze con Beatrice Tassoni Estense. Il dipinto presenta un andamento compositivo diagonale di gusto barocco, sottolineato dalle figure posizionate in primo piano che, proiettate verso l’alto, conferiscono dinamicità all’episodio rappresentato. Il rapimento è enfatizzato, al centro, dalla presenza di una donna giacente a terra che oppone resistenza al soldato romano. Altre coppie laterali ripetono il gesto della presa e del tentativo di fuga: la donna di destra, stupita, solleva le braccia in alto come richiesta di aiuto contro il soldato romano; la donna di sinistra si divincola dalla morsa dell’abbraccio del suo rapitore osservando alla sua destra il bambino piangente che la reclama. Le figure femminili sono panneggiate mentre quelle maschili indossano corazze che lasciano intravedere gli incarnati morbidi delle membra, zone di luce rifrangente che attraggono l’occhio dell’osservatore. In secondo piano, in alto a sinistra, Romolo assiste alla scena seduto davanti alla statua di Nettuno, sporgendosi dall’edificio classico. Davanti a lui un soldato indica il rapimento che si consuma a destra della scena. Sempre in secondo piano una donna sabina, colta di spalle, abbraccia il vecchio padre che sta per essere aggredito. Chiude la scena molto drammatica e movimentata il tempio dorico dipinto in prospettiva sulla destra. Davanti sono disposte, in un crescendo di masse plastiche su un asse verticale, diverse figure: un soldato a cavallo, un’altra coppia intenta nella lotta, vestiti e panni scomposti a terra. La scena è diurna e sullo sfondo si intravedono le fronde di alberi ombreggiati da un sole seminascosto dalle nubi. In questo quadro Pietro da Cortona rende evidenti sia i suoi punti di forza, come la capacità narrativa di cogliere l’attivo come in un’istantanea fotografica, sia i suoi punti deboli, come l'assenza di spessore psicologico nei personaggi rappresentati, dove domina l’effetto sorpresa e il dramma. Il soggetto mitologico è impaginato secondo una disposizione centrifuga, e non simmetrica, in cui l’artista orchestra con assoluta padronanza una composizione piena di pathos. L’insieme, dalle figure umane al paesaggio fino agli elementi tratti dall’antico (templi, obelischi), è reso vibrante dall’energia creativa del maestro che adopera colori brillanti e pennellate fluide e veloci. L’artista ha saputo fondere gli elementi tratti dai grandi modelli cinquecenteschi in un’opera che rende in maniera immediata il senso della sua rappresentazione e che richiama, nelle coppie rappresentate, il Ratto di Proserpina di Gian Lorenzo Bernini. 105 Il Rat t o de lle S ab ine Cavalier d’Arpino Ratto delle Sabine, 1635-1636 affresco, Roma, Palazzo dei Conservatori, Sala degli Orazi e Curiazi 106 Installazioni artistiche da voci antiche Lic e o A RT IS T IC O - IS A RT E “A . C alc ag nadoro” Approfondimenti Giuseppe Cesari, detto Cavalier d'Arpino Ratto delle Sabine, 1635-1636 L’opera fa parte del ciclo di affreschi storici sulle origini di Roma realizzati nel Salone dell’antico Palazzo Comunale per esaltare, con orgoglio, le vicende del popolo romano. Il dipinto, inquadrato da una ricca cornice a grottesche con stemmi romani, rappresenta il rapimento delle Sabine da parte dei soldati romani. Sulla sinistra, accanto ad un soldato dalla postura rilassata che richiama quella delle statue classiche, Romolo armato, in piedi su un semplice basamento, indica con aria minacciosa il rapimento. La scena è caratterizzata complessivamente da un movimento spontaneo anche se, in contraddizione con il dramma che si sta consumando, le figure sembrano bloccate e inerti, poco espressive, con le membra allungate secondo le forzature del linguaggio manierista. Il disegno è molto curato e i colori non sono squillanti ma caratterizzati da una tavolozza pastello. Manca qualsiasi riferimento ai monumenti classici poiché il Cavalier d’Arpino ha convertito il dramma del Ratto in una scena indefinita, ambientata in un paesaggio agreste. Il punto di colore più brillante è dato dal drappo rosso sulla sinistra che costituisce un improvvisato padiglione per riparare Romolo e il suo seguito. Pur essendo un’opera nata nel pieno del gusto barocco romano, risulta attardata e legata ad un modo di dipingere superato. 107 Il Rat t o de lle S ab ine Nicolas Poussin Il Ratto delle Sabine, 1637 olio su tela, 157x203 cm, Parigi, Museo del Louvre 108 Installazioni artistiche da voci antiche Lic e o A RT IS T IC O - IS A RT E “A . C alc ag nadoro” Approfondimenti Nicolas Poussin Il Ratto delle Sabine, 1637 Realizzato per il cardinale Luigi Omodei e acquistato dopo la sua morte dal Re di Francia Luigi XIV, il dipinto fa parte della collezione originaria del Museo del Louvre. Il quadro, di grandi dimensioni, rappresenta l’episodio del rapimento delle donne sabine da parte dei soldati romani. La compostezza classica e l’equilibrio tipici di Poussin, basati sul ritmo di elementi verticali e orizzontali, lasciano spazio al nuovo gusto barocco per il movimento. Questo aspetto è evidente nell’agitazione delle figure che occupano la scena in primo piano e che hanno come sfondo le chiare masse prospettiche degli edifici classici in monocromo. Poussin, che soggiornerà per molti anni a Roma facendo propria la cultura dell’Antico, esegue questo dipinto nel momento in cui la sua fama si consolida soprattutto in patria. Nel Ratto coglie il momento più drammatico dell'evento: uomini e donne, dai visi impauriti e di forte espressività, lottano e fuggono verso i lati estremi della piazza, con l’effetto ottico di “uscire fuori” dalla cornice. In primo piano, a sinistra, una donna si ribella afferrando i capelli del suo rapitore mentre a destra un'altra, braccata da un soldato romano, tenta di fuggire. Sul lato sinistro, sopraelevato rispetto alla scena, Romolo, immortalato in una posa teatrale ispirata alle antiche statue imperiali romane, impartisce ordini al suo popolo. Gli abiti, intensamente colorati alla maniera neoveneta, hanno la stessa foggia classicheggiante delle architetture, realizzate con la prospettiva centrale che dà un senso di chiarezza spaziale alla scena. Le direttrici, in cui si inseriscono idealmente le figure e le architetture, sono quelle della piramide prospettica che si congiunge in un punto di fuga centrale. Oltre alla versione del Louvre, esiste un altro dipinto dallo stesso soggetto dello stesso artista, ma di poco precedente, realizzato a Roma per il maresciallo Carlo I de Créquy (oggi a New York, nelle collezioni del Metropolitan Museum of Art). 109 Il Rat t o de lle S ab ine Installazioni artistiche da voci antiche Pietro Liberi Il Ratto delle Sabine, 1641 olio su tela, 310x450 cm, Siena, Pinacoteca Nazionale Su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Foto Soprintendenza BSAE di Siena e Grosseto 110 Lic e o A RT IS T IC O - IS A RT E “A . C alc ag nadoro” Approfondimenti Pietro Liberi Il Ratto delle Sabine, 1641 Il dipinto, di vaste dimensioni, è uno dei celebri quadri del catalogo di opere certe di Pietro Liberi. Se confrontato con la coeva decorazione del soffitto dell’Oratorio dei Vanchetoni a Firenze, Il Trionfo delle armi medicee, Il Ratto delle Sabine appare d’impostazione più incerta. La scena è occupata dalla monumentale figura di una donna sabina: la sua posizione richiama il personaggio di Dafne del celebre gruppo Apollo e Dafne scolpito dal Bernini e conservato nella Galleria Borghese di Roma. Ai lati di questa figura centrale, si distribuiscono altri personaggi rappresentati con dimensioni decrescenti che occupano lo spazio assumendo un ritmo finale vorticoso. Il quadro presenta una ricercatezza nelle espressioni fisiognomiche, messe in risalto da un colore schiarito, combinato con una solida costruzione pittorica modulata dolcemente nei toni cromatici. Appare evidente la robustezza plastica dei corpi, colpiti da lame di luce contro un fondo d’intonazione cupa e notturna, dove le nubi sembrano il risultato del fumo denso scaturito dai fuochi spenti alla fine della festa organizzata da Romolo per rapire le Sabine. La pennellata, pur nel classico andamento a fregio della composizione, appare in alcuni tratti violenta. L’ artista studia la gestualità e la psicologia dei personaggi rendendoli unici. Il personaggio centrale della Sabina presenta dei tratti che ricordano il Veronese e il Tintoretto; è di una bellezza raffinata e nobile, indossa gioielli (le celebri armille) ed è raffigurata di profilo con il volto verso l’osservatore. E’ in fuga verso destra e si dispone su una linea guida diagonale, che divide la scena in due parti: alla sua sinistra si distingue con chiarezza il rapimento vero e proprio con due coppie di soldati romani che agguantano due giovani sabine, trascinandole via e formando una spirale intrecciata di corpi; alla destra della donna, accanto ad un cane impaurito, soldati romani lottano per rapire altre Sabine in un complesso incrocio di membra. La scena è racchiusa da uno sfondo cupo, animato da un balenare di luci ed ombre; la luce principale è esterna al quadro e colpisce soprattutto la protagonista. 111 Il Rat t o de lle S ab ine Luca Giordano Ratto delle Sabine (particolare), 1687-1689 olio su tela, 118x170 cm, Caserta, Palazzo Reale 112 Installazioni artistiche da voci antiche Lic e o A RT IS T IC O - IS A RT E “A . C alc ag nadoro” Approfondimenti Luca Giordano Ratto delle Sabine 1687-1689 L’episodio è ambientato in uno scenario notturno e si sviluppa attorno ad una coppia centrale in primo piano che rappresenta l’atto del rapimento di una donna sabina da parte di un soldato romano. La loro posizione richiama quella dei personaggi della monumentale scultura del Ratto delle Sabine, opera del Giambologna esposta a partire dal 1583 nella Loggia dei Lanzi a Firenze. Sulla sinistra, in secondo piano, è raffigurata la loggia di un edificio classico dove Romolo in trono, attorniato da un gruppo di figure abbozzate con pennellate fluide e veloci, indica l’avvenimento. Il drappo chiaro sulla scalinata dell’edifico, riflette la luce che nasce da una fonte esterna al dipinto stabilendo una continuità tra il primo e il secondo piano dell’opera. Il cielo sullo sfondo è adombrato, cosparso di nubi temporalesche e i lati estremi della tela sono inquadrati da quinte arboree appena tracciate. Le espressioni femminili sono cariche di drammaticità, nonostante i volti delle Sabine siano privi di dettagli. La veste bianca della donna al centro della tela sembra mossa da un forte vento ed il movimento del panneggio viene accentuato dal violento gesto del soldato. Ripetendo la stessa cosa anche per le vesti delle altre Sabine e per i mantelli dei soldati in piedi o a cavallo, l’autore cerca di evidenziare il dinamismo dei personaggi, resi in modo plastico, con una monumentalità che richiama Michelangelo ed una carnalità che ricorda i nudi di Bernini e di Rubens, artisti celebrati per la loro capacità di rendere la carne viva e palpitante. Nel quadro prevalgono colori freddi ad eccezione di alcune vesti femminili e di alcuni mantelli dei soldati dove ricorre l’uso del rosso. I pigmenti metallici conferiscono al quadro una tonalità plumbea che sottolinea la tragicità della scena. Luca Giordano Ratto delle Sabine, 1687-1689 olio su tela, 118x170 cm, Caserta, Palazzo Reale 113 Il Rat t o de lle S ab ine Giovan Battista Tiepolo Il Ratto delle Sabine, 1718-1719 olio su tela, 288x588 cm, San Pietroburgo, Museo dell’Ermitage 114 Installazioni artistiche da voci antiche Lic e o A RT IS T IC O - IS A RT E “A . C alc ag nadoro” Approfondimenti Giovan Battista Tiepolo Il Ratto delle Sabine, 1718-1719 L’opera proveniva dal Palazzo veneziano di Jacopo Zorzi. Successivamente acquistata dall’imperatrice Caterina II di Russia entrò a far parte della collezione originaria del Museo dell’Ermitage di San Pietroburgo. In questo dipinto lo stile del Tiepolo, inizialmente influenzato dalla pittura del Veronese (soprattutto nell’impostazione scenica), rivela la sua originalità nell’espressività dei volti dei personaggi, sin dai primi anni della sua produzione artistica. L'opera sembra caotica in quanto l'agitazione che pervade le figure è trasmessa da un movimento di masse cromatiche e bagliori di luce di forte spettacolarità, effetto dovuto anche alle notevoli dimensioni del quadro. Al centro troviamo un gruppo di donne, catturate da alcuni romani che indossano armature. Sul lato destro la scena si fa più cupa: un uomo a cavallo osserva quanto accade ai suoi occhi (espediente che fa diventare anche noi spettatori all’interno del quadro); dietro di lui, un uomo dà fiato alle trombe ed un altro innalza, tra le insegne, uno stendardo con l'iscrizione “S.P.Q.R.” Sulla sinistra, Tiepolo raffigura altri soldati intenti a rapire le donne sabine: i gesti espressivi e i volti trasmettono tutta la drammaticità del rapimento “in presa diretta”. In secondo piano si trova un altro gruppo di personaggi ed alcuni edifici rinascimentali. In alto, sopra una terrazza, Romolo, circondato dalle sue truppe, assiste da spettatore al dramma. Al centro della scena troneggia una statua del dio Conso, divinità romana della terra e della fertilità. I colori sono caldi, la luce è teatrale e gli spettacolari panneggi sembrano anticipare la maniera rococò. 115 Il Rat t o de lle S ab ine Jacques-Louis David Riconciliazione tra Romani e Sabini (o Le Sabine), 1799 olio su tela, 386x520 cm, Parigi, Museo del Louvre 116 Installazioni artistiche da voci antiche Lic e o A RT IS T IC O - IS A RT E “A . C alc ag nadoro” Approfondimenti Jacques-Louis David Riconciliazione tra Romani e Sabini (o Le Sabine), 1799 Questo dipinto rappresenta l’episodio conclusivo del leggendario Ratto delle Sabine: la riconciliazione tra il popolo romano e quello sabino per intercessione delle stesse donne rapite. Secondo la tradizione, la guerra scoppiata tra i due popoli, guidati rispettivamente da Romolo e Tito Tazio, terminò in seguito all’eroico intervento delle donne sabine che, gettatesi nella mischia con i loro bambini, riuscirono a fermare la battaglia grazie al loro amore coniugale e filiale. Nella sezione superiore è rappresentata una fortezza medievale ed un’acropoli dominata da una costruzione templare. Nella sezione inferiore donne, bambini e uomini armati di lancia, a piedi e a cavallo, affollano caoticamente la scena della battaglia. In primo piano sono raffigurati i tre protagonisti dell’episodio: Ersilia, donna simbolo delle Sabine, Romolo, capo del popolo romano e Tito Tazio, capo dei Sabini. Ersilia, la giovane donna con le vesti bianche, è posta al centro della scena e si distingue dal resto della folla per la sua posizione. È ritratta con le braccia aperte nell’atto di dividere i due principali contendenti. Romolo si trova a destra del dipinto ed è riconoscibile grazie alla decorazione del suo scudo, la lupa che allatta Romolo e Remo. A sinistra Tito Tazio è raffigurato frontalmente con le gambe divaricate. Dietro di lui una giovane donna in posizione elevata rispetto alla mischia tenta di salvare il suo bambino, sollevandolo verso l’alto. Un’altra donna abbraccia la sua gamba con il capo chino in segno di supplica. I tre bambini che si trovano davanti ad Ersilia sono sorvegliati, al centro, dalla donna inginocchiata e vestita di rosso. Il dipinto, manifesto del neoclassicismo, è stato eseguito con una chiara ed equilibrata impaginazione: ogni forma è delineata nel rispetto delle regole neoclassiche, la linea risulta elegante, il disegno curato, la composizione ritmata da linee perpendicolari e da moduli quadrati. In questa opera David traduce in pittura la plasticità della scultura greca. L’autore elabora una nuova riflessione sul quadro di soggetto storico, ritenuto da sempre la categoria più alta della rappresentazione artistica e dell’Accademia Francese. Per questo motivo si ispira ai grandi capolavori di Raffaello e di Poussin e a quelli dell’arte classica. Ad esempio Romolo riprende la postura dello Zeus di Capo Artemision, scultura greca di stile severo risalente al V secolo a. C., Ersilia richiama la posa della figura che danza nell’Adorazione del vitello d’oro (1633-1636 circa) di Poussin, l’anziana donna posta tra i due rimanda alla Vecchia ubriaca, opera ellenistica del II sec a.C., mentre la folla di lance e insegne militari dello sfondo ricordano i teleri di Andrea Mantenga, come quello dei Trionfi di Cesare (1486 circa). La qualità artistica spicca con i nudi statuari di Tito Tazio e di Romolo, con Ersilia che si stacca dal resto della composizione per la sua veste bianca, leggera e luminosa come dettava la moda neoclassica. La presenza di personaggi femminili e di bambini, costituisce un immediato richiamo al tema della Strage degli Innocenti, soprattutto per la donna che, a sinistra del dipinto, fugge via sollevando in aria il proprio figlio per salvarlo dall’infuriare della battaglia. Il dipinto è stato fonte di ispirazione per la Pace tra Sabini e Romani, incisione di Bartolomeo Pinelli del 1816, e per Il Ratto delle Sabine d’après David (1962) di Picasso. 117 Il Rat t o de lle S ab ine Installazioni artistiche da voci antiche Primo Conti Il Ratto delle Sabine, 1925 olio su tela, 182x300 cm, Macerata, Fondazione CARIMA, Museo Palazzo Ricci 118 Lic e o A RT IS T IC O - IS A RT E “A . C alc ag nadoro” Approfondimenti Primo Conti Il Ratto delle Sabine, 1925 La tela è affollata da corpi che si muovono e si divincolano nella lotta. Le rigide figure assumono posizioni disarmoniche e teatrali. I volti delle Sabine esprimono la forte tensione emotiva generata dalla paura ma allo stesso tempo manifestano una disinibita sensualità. La figura sdraiata in primo piano a destra ricorda sia le Odalische di Delacroix e di Ingres che la celebre scultura ellenistica Arianna addormentata dopo l’abbandono di Teseo, conservata nei Musei Vaticani di Roma. Al centro, tra i due gruppi di figure laterali, si apre uno spazio vuoto caratterizzato da un intenso fondo blu oltremare e dominato dalla figura di un bambino che sembra attaccarsi ai capelli sciolti della madre rapita. Le coppie che incarnano in modo più tradizionale l’episodio del rapimento sono ispirate al celebre Ratto di Proserpina, scolpito da Gian Lorenzo Bernini e conservato nella Galleria Borghese di Roma. Significativo il fatto che Primo Conti non abbia voluto far riferimento ad un’ambientazione classica per mezzo della tradizionale citazione di templi ed edifici romani antichi, ma abbia incentrato la sua attenzione sul corpo in movimento e sull’espressività di alcuni volti. La pennellata, ridotta a campiture asciutte e magre, fa risaltare la luminosità delle figure, mentre il colore intenso e vibrante del cielo e dei drappi rossi e azzurri enfatizza le qualità espressive dell’opera. 119 Il Rat t o de lle S ab ine Franco Gentilini Il Ratto delle Sabine, 1938 olio su tavola, 120x153 cm, Roma, Galleria Nazionale di Arte Moderna 120 Installazioni artistiche da voci antiche Su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Lic e o A RT IS T IC O - IS A RT E “A . C alc ag nadoro” Approfondimenti Franco Gentilini Il Ratto delle Sabine, 1938 Il dipinto di Franco Gentilini presenta il drammatico episodio del Ratto delle Sabine quasi fosse una festa campestre, nel solco dell’interpretazione felice e gioiosa che dava Renoir della vita sociale dell’Ottocento. In primo piano sono raffigurate coppie di uomini e donne vestite con i costumi tipici della campagna romana del XIX secolo (corsetti e cappelli di paglia), mentre un solo personaggio maschile indossa l’armatura del soldato romano. A sinistra, l’uomo dalla barba canuta, inginocchiato e vestito di un gilet e una semplice camicia bianca, sembra chiedere pietà per la figlia rapita. In secondo piano, alberi e templi classici sono rappresentati sullo sfondo di un cielo blu intenso. Prevalgono tonalità pastello, un movimento veloce dei segni delle pennellate sottili, un’impostazione postimpressionista e fortemente bozzettistica. Tra cani che scappano, carretti colmi di ortaggi e isolate figure di bambini appena abbozzate, in quest’opera non si coglie il clima tragico e violento del rapimento, presente in altri celebri dipinti realizzati su questo tema. 121 Il Rat t o de lle S ab ine Installazioni artistiche da voci antiche Pablo Picasso Il Ratto delle Sabine (ispirato a David), 1962 olio su tela, 97x130 cm, Parigi, Museo Nazionale d’Arte Moderna - Centro Georges Pompidou 122 Lic e o A RT IS T IC O - IS A RT E “A . C alc ag nadoro” Approfondimenti Pablo Picasso Il Ratto delle Sabine (ispirato a David), 1962 Il dipinto, come testimonia il linguaggio post-cubista utilizzato, appartiene alla produzione tarda dell’artista. Ispirato a Le Sabine di David (1799), appena terminato fu acquistato dal gallerista e critico d’arte tedesco Daniel Henry Kahnweiler; nel 1964 fu ceduto con i suoi diritti al Museo d'Arte Moderna di Parigi. Sulla sinistra, in primo piano, si trovano dei personaggi distesi a terra, privi di vita, adagiati gli uni sugli altri e con accanto armi spezzate e bambini uccisi. La parte superiore del quadro è occupata dalla scena del rapimento vero e proprio. Il personaggio principale, posto al centro della composizione su un cavallo imbizzarrito, cinge con le braccia la vita di una donna. Sulla destra è rappresentato un uomo di spalle armato con una grande arma da taglio e con uno scudo, ridotto sinteticamente ad un semplice disco. Sullo sfondo, da sinistra verso destra, sono riconoscibili un teatro, un tempio e delle abitazioni di forma cubica. Nel dipinto, le due linee di forza principali si incontrano formando un triangolo nel quale sono inscritti tutti i personaggi ad eccezione dell'uomo armato di coltello sulla destra. Quest'ultimo appare più rifinito nei dettagli e incarna la figura dell'eroe. La concitazione che anima la scena pone in risalto la tragedia dell’avvenimento: lo spettatore si trova ad essere coinvolto in un dramma in atto, quasi a percepire le urla delle donne disperate che cercano di sfuggire al loro destino. Il tono della rappresentazione, così fortemente violento, richiama la scena di una guerra e ricorda un altro celebre capolavoro dell’artista: Guernica (1937, Madrid, Museo Nazionale Reina Sofia). Picasso rappresenta con estrema drammaticità l’episodio del Ratto delle Sabine e lo rende attuale: il ricordo della leggendaria violenza diventa un ammonimento contro gli orrori della guerra. L’artista era affascinato da questo soggetto a tal punto da realizzarne due versioni. La seconda versione creata nel 1963 e conservata al Museum of Fine Arts di Boston, è di maggiori dimensioni ed è caratterizzata da pochi personaggi ritratti su uno sfondo dominato da un solo edificio templare 123 Lic e o A RT IS T IC O - IS A RT E “A . C alc ag nadoro” Approfondimenti Arturo Martini Ratto delle Sabine, 1935 scultura in bronzo, altezza 39 cm Milano, collezione privata Questa scultura è stata realizzata insieme ad altri 5 esemplari in occasione del centenario della nascita dello scultore. Il modello originale è in gesso ed è conservato presso Palazzo Thiene di Vicenza. L’opera, creata dal maestro nell’estate del 1935 a Blevio, sul Lago di Como, rappresenta un uomo (forse Romolo) che solleva sulla propria schiena una donna (forse Ersilia) tenendola per i capelli e per un braccio. La coppia è nuda, ha le gambe divaricate ed è ritratta in una posizione acrobatica e sintetica. La scultura evidenzia la violenza e la brutalità del rapimento senza alcun riferimento all’episodio collettivo che, secondo la leggenda, ebbe come vittime tutte le giovani donne del popolo sabino. Le posizioni dei corpi sono originali, molto ricercate e piuttosto immaginarie. Colpisce la modellazione delle dita della mano della donna molto realistica e curata. Il bacino dell’uomo proiettato in avanti è bilanciato dalle gambe della donna appoggiata alla sua schiena. L'equilibrio della statua è segnato da tre linee immaginarie partendo da una X tracciata dalla figura maschile, perno dell’opera. L’artista in pochi rigorosi tratti di modellato è riuscito a trasmettere tutta la violenza che l’antica leggenda rappresenta. Immagine dell’opera assente in quanto non autorizzata 124 Ec o le B o ulle Approfondimenti Il mito del Ratto delle Sabine nell’arte francese Le mythe des Sabines dans l’art français Anche se la rappresentazione di nudi femminili in atteggiamenti sensuali ha un certo rilievo nell’arte francese, particolarmente nel XVIII secolo, la rappresentazione del mito del Ratto delle Sabine ha ispirato relativamente pochi quadri. Quadri che comunque figurano fra i capolavori. Si la représentation de nus féminins dans des postures sensuelles a tenu une place particulière dans l’art français, notamment au XVIIIe siècle, la représentation du mythe de l’Enlèvement des Sabines n’a ,elle, donné lieu qu’à relativement peu de tableaux. Ceux-ci font pourtant aujourd’hui figure de chefs d’œuvre. Nicolas Poussin (1594-1665) L’Enlevement des Sabines (1634 e 1637) Senza dubbio il più romano degli artisti francesi, avendo lavorato a Roma fino alla sua morte (con una piccola parentesi di due anni alla corte di Luigi XIV), Nicolas Poussin dette due versioni del suo quadro a quattro anni di intervallo. La prima si trova oggi al Metropolitan Museum of Art di New York, la seconda al Museo del Louvre a Parigi. Le dimensioni sono quasi uguali (cm 154x206 e 157x203) ed ambedue narrano lo stesso episodio del mito, quello del rapimento delle giovani, al segnale di Romolo, durante una festa organizzata dai Romani. La composizione è abbastanza simile con il personaggio di Romolo, sullo zoccolo di un tempio, che dà il segnale e gruppi di diversi personaggi. Mentre la scena artistica romana, in questo primo terzo del Seicento, è completamente dominata dall’estetica barocca, le tele di Poussin incarnano il classicismo francese di cui il pittore, malgrado la sua lontananza dalla Francia, è considerato caposcuola. Laddove pittori e scultori barocchi propongono una visione tumultuosa e sensuale, l’artista francese dà di questo episodio una visione teatralizzata piena di rigore e misura. Alle figure Nicolas Poussin (1594-1665) L’Enlèvement des Sabines (1634 et 1637) Sans doute le plus romain des artistes français, puisqu’il travailla à Rome jusqu’à sa mort (avec une petite parenthèse de deux ans à la cour de louis XIV) Nicolas Poussin donna deux versions de son tableau à quatre ans d’intervalle, l’une, la première, est aujourd’hui au Metropolitan Museum of Art de New-York, la seconde au Musée du Louvre à Paris. De dimensions très proches (154X206 et 157x203), ces deux toiles narrent le même épisode du mythe, celui du rapt des jeunes filles, au signal de Romulus, lors de la fête organisée par les romains. Leur composition est assez semblable, avec, sur la partie gauche du tableau, le personnage de Romulus, juché sur le socle d’un temple, donnant le signal et des groupes de personnages dans des attitudes communes. Alors que la scène artistique romaine est, dans ce premier tiers du Seicento, totalement dominée par l’esthétique baroque, les toiles de Poussin incarnent le classicisme français dont le peintre, malgré son éloignement de France, est désigné chef de file. Là où peintres et sculpteurs baroques proposent une vision tumultueuse et sensuelle, l’artiste français donne de cet épisode une vision théâtralisée pleine de rigueur et de mesure. Aux figures féminines dénudées et aux enla- 125 Il Rat t o de lle S ab ine 126 Installazioni artistiche da voci antiche femminili spogliate ed agli abbracci lascivi delle altre versioni dell’epoca, Nicolas Poussin oppone una visione più pudica e sobria: le donne sono vestite “all’antica” e lasciano intravedere solo piccole parti del loro corpo; gli uomini sono abbigliati per la guerra, con elmo e corazza, oppure vestono la toga. Gli atteggiamenti dei personaggi, fissati in pose teatrali, sono idealizzati. La violenza dell’azione e il disordine sono qui messi in scena con un artificio compositivo: i personaggi si allontanano dal centro della tela, dal centro della piazza, come in fuga. L’architettura di Roma nelle due tele è assolutamente anacronistica rispetto al periodo della fondazione, quando la città era solo un villaggio (la costruzione dei templi in muratura è successiva). Poussin coglie il pretesto della tela per dare di Roma una immagine colta, frutto della propria fascinazione per la città nella quale vive e lavora da anni. Questa immagine del mito non deve nulla al caso e tutto è intellettualizzato. Essa è il risultato di una preparazione minuziosa ed è con l’ausilio di piccole figurine di cera disposte in uno sfondo teatrale che Poussin ha preparato la sua composizione. cements lascifs des autres versions de son époque, Nicolas Poussin oppose une vision beaucoup plus prude et sobre: les femmes y sont habillées “ à l’antique “ et ne laissent entrevoir que de très faibles parties de leur anatomie; les hommes sont en costume de guerrier, avec casque et cuirasse, ou en toge. Les attitudes des personnages, figées dans des poses théâtrales sont idéalisées. La violence de l’action et la débandade sont ici mises en scène avec un artifice de composition: les personnages s’écartent du centre de la toile, du milieu de la place, comme pour fuir. L’architecture de Rome dans les deux toiles est, totalement anachronique avec la période de la fondation, durant laquelle la ville n’était qu’une bourgade (la construction des temples étant bien postérieure). Poussin saisit le prétexte de la toile pour donner de Rome une image érudite, fruit de sa propre fascination pour la ville dans laquelle il travaille et vit depuis des années. Cette image du mythe ne doit donc rien au hasard et tout y est intellectualisé. Elle est le résultat d’une minutieuse préparation et c’est à l’aide de petites figurines de cire disposées dans un décor de théâtre que Poussin a préparé sa composition. Jacques-Louis David (1748-1825) Les Sabines o L’Intervention des Sabines (1794-1799) In prigione, dopo la caduta del suo amico Robespierre, nel 1794, Jacques-Louis David ha l’idea di realizzare un seguito dell’episodio dipinto nel capolavoro di Poussin. Per cinque anni lavorerà accanitamente nel suo atelier del Louvre per realizzare questa tela dalle dimensioni imponenti (cm 386x520). Jacques-Louis David viene consacrato, fin dal 1785, come Jacques-Louis David (1748-1825) Les Sabines ou l’Intervention des Sabines (1794-1799) C’est en prison, après la chute de Robespierre, son ami, en 1794, que Jacques-Louis David a l’idée de réaliser une suite à l’épisode dépeint dans le chef d’œuvre de Poussin. Durant cinq ans, il travaillera avec acharnement dans son atelier du Louvre pour réaliser cette toile aux dimensions imposantes (386 X 520). C’est grâce à la représentation de l’histoire de la Rome an- Ec o le B o ulle capofila della corrente neo-classica in virtù delle rappresentazioni della storia di Roma antica, con il celebre Giuramento degli Orazi. Il suo stile, definito all’epoca come “etrusco” per la sua sobrietà e severità, prefigura gli ideali della Rivoluzione, nella quale l’artista si impegnerà totalmente insieme a Marat e poi a Robespierre, sacrificando ad essa i suoi amici ed il suo matrimonio. Per rappresentare l’episodio della riconciliazione che conclude la descrizione di Tito Livio, egli sceglie uno stile diverso, da lui stesso definito “puro greco”. Alla nudità femminile, abituale nell’iconografia del mito, egli sostituisce la nudità degli eroi maschi, come nella scultura greca. L’artista giustificò questa scelta, che sorprese e fece scandalo all’epoca, in uno scritto intitolato “Note sulla nudità dei miei eroi”, che venne distribuito ai visitatori dell’esposizione. L’opera, esposta per cinque anni in una sala prestata dal Louvre, ebbe un’eco considerevole. Questa fu anche, in Francia, la prima esposizione a pagamento nella storia dell’arte (un tipo di manifestazione destinata ad un grande avvenire) e gli assicurò fama e ricchezza, permettendogli perfino di comprare un antico convento, poi trasformato in una proprietà di 140 ettari, la fattoria di Marcoussis, a Ozouer-le-Voulgis, vicino Parigi. Altra innovazione per il suo tempo, l’opera fu esposta in una stanza di fronte ad un grande specchio, che immergeva gli spettatori nel cuore dell’azione. L’azione riprende la tradizionale rappresentazione di questo episodio: raffigura Ersilia che si interpone fra il sabino Tito Tazio (a sinistra) e suo marito, il romano Romolo (a destra). Ai piedi della donna sono raffigurati bambini in tenera età, frutto dell’unione (forzata) fra Romani e Sabine. Approfondimenti tique que Jacques-Louis David accède à la consécration, comme chef de file du courant néo-classique, dès 1785 avec le célèbre Serment des Horaces. Son style qualifié à l’époque “d’étrusque”, de par son dépouillement et sa sévérité, préfigure les idéaux de la Révolution, dans laquelle l’artiste s’investira de manière effrénée aux côtés de Marat puis de Robespierre, lui sacrifiant ses amis et son mariage. C’est un tout autre style qualifié par lui, de “ pur grec “, qu’il choisit pour représenter l’épisode de la réconciliation qui clôt le récit de Tite-Live. À la nudité féminine, habituelle dans l’iconographie du mythe, il substitue la nudité des héros masculins, comme dans la sculpture grecque. Ce choix, qui surprit et fit scandale à l’époque, il prit le soin de le justifier dans un texte intitulé “Notes sur la nudité de mes héros”, qu’il distribuait aux spectateurs lors de son exposition. L’œuvre exposée durant cinq ans dans une salle prêtée par le Louvre eût un retentissement considérable. Elle fut aussi la première exposition payante de l’histoire de l’art (type de manifestation appelé à un très grand avenir) et lui assura notoriété et richesse, lui permettant même de s’acheter un ancien prieuré devenu une propriété de 140 hectares, la ferme des Marcoussis, à Ozouer-le-Voulgis, près de Paris. Autre innovation de son temps, l’œuvre fut exposée dans une pièce face à un grand miroir, qui plongeait les spectateurs au cœur de l’action. L’action reprend la tradition de la représentation de cet épisod: il figure Hersilie s’interposant entre son père Tatius, le sabin (à gauche) et son mari Romulus, le romain (à droite) avec, à ses pieds, des enfants en bas âge, fruits de l’union (forcée) entre Romains et Sabines. Au fond à gauche, la Rome antique est incarnée par le biais 127 Il Rat t o de lle S ab ine 128 Installazioni artistiche da voci antiche In fondo a destra, la Roma antica è rappresentata da una fortezza di scorcio, completamente anacronistica, che ricorda la fortezza della Bastiglia, abbattuta dai rivoluzionari il 14 Luglio 1789. Non c’è dubbio che questo quadro, lungi dall’essere una rappresentazione “realistica” di un momento dell’episodio leggendario narrato da Tito Livio, è in effetti l’incarnazione della riconciliazione nazionale che l’artista si augura, in seguito al Terrore e alla sanguinosa degenerazione della Rivoluzione francese, che condusse centinaia di migliaia di persone al patibolo. Il quadro, inoltre, attribuisce alla ”Donna”, qui incarnata da Ersilia, il ruolo centrale simile a quello che giocò la ex moglie di David, Marguerite Charlotte Pécoul. Quest’ultima, dopo il divorzio dall’artista per i suoi sbandamenti rivoluzionari, si risposerà con lui in seguito alla caduta di Robespierre. d’une forteresse totalement anachronique, dont la représentation n’est pas sans rappeler la forteresse de la Bastille, jetée à bas par les révolutionnaires le 14 juillet 1789. À n’en pas douter, ce tableau, loin de n’être qu’une représentation “ réaliste “ d’un moment du mythe décrit par TiteLive, est en fait l’incarnation de la réconciliation nationale que l’artiste appelle de ses vœux après les errements de la Terreur (paroxysme sanglant de la Révolution française qui conduisit des centaines de milliers de personnes à l’échafaud) dans laquelle il s’était fourvoyé. Le tableau donne aussi à “ la Femme “, ici incarnée par Hersilie, le rôle central, à l’instar de celui que joua son ex-femme, Marguerite Charlotte Pécoul qui, après avoir divorcé durant ses errements révolutionnaires, se remaria avec lui durant sa disgrâce à la chute de Robespierre. Pablo Picasso (1881-1973) Serie l’Enlevement des Sabines (1961-1963) Benché catalano di nascita, Pablo Picasso è considerato il maggiore artista dell’arte francese del XX secolo. Il suo lavoro attorno al “Ratto delle Sabine”, fra il gennaio 1961 e il marzo 1963 si inserisce nel suo periodo di rilettura dei capolavori dei grandi maestri. Anche se non ha dato luogo ad una produzione prolifica come quella della sua celebre rilettura delle Meninas di Velasquez, la serie del “Ratto delle Sabine” produsse una dozzina di tele e quasi 100 studi. Queste opere sono direttamente ispirate alle tele di Poussin e David ed anche se manifestano spesso una influenza predominante (di David o di Poussin), Picasso dialoga costantemente con i suoi modelli, contaminandoli e Pablo Picasso (1881-1973) Série l’Enlèvement des Sabines (1961-1963) Bien que catalan de naissance, Pablo Picasso est considéré comme l’artiste majeur de l’art français du 20e siècle. Son travail autour de l’enlèvement des Sabines, entre janvier 1961 et mars 1963 s’inscrit dans sa période de relecture des chefs d’œuvre des grands maitres (cf. l’exposition Picasso et les maitres 2008). Même si elle n’a pas donné lieu à une œuvre aussi prolifique que sa célèbre relecture des Ménines de Vélasquez, la série “l’Enlèvement des Sabines” donna lieu à une dizaine de toiles et à plusieurs dizaines d’études (près de 100). Ces œuvres sont directement inspirées des toiles de Poussin et de David et, même elles revendiquent souvent une influence prédominante (d’après David Ec o le B o ulle fondendoli, in particolar modo per l’architettura. Nessun limite di pudore né il minimo controllo in merito alla nudità: i corpi, sia maschili che femminili, sono nudi, con gli attributi sessuali in evidenza. I personaggi femminili sono per lo più slogati, schiacciati o squartati. Il cavallo, autentico stallone di cui Picasso sottolinea gli attributi sessuali, è onnipresente e prende un ruolo centrale nelle sue riletture del mito. Nelle ultime tele della serie, datate rispettivamente novembre 1962 per quella del Museo Nazionale d’Arte Moderna di Parigi e febbraio 1963 per quella del Boston Museum of Fine Arts, Tazio a cavallo fronteggia Romolo nudo, con lo scudo ispirato alla tela di David; sotto di lui una donna nella prima tela, una fanciulla nella seconda, alzano lo sguardo e fissano spaventate i suoi attributi maschili. In nessun’altra opera che tratta questo tema la questione dello stupro è trattata altrettanto crudamente che nei quadri e negli studi di Picasso. L’ultima serie di disegni sul soggetto (marzo 1963) contamina il mito del Ratto delle Sabine con quello del Minotauro (che, sappiamo, Picasso considera il suo autoritratto). Nel marzo 1961, all’età di 80 anni, il maestro sposava Jacqueline Roque, di 47 anni più giovane, dopo una tumultuosa separazione da Francoise Gillot, madre dei suoi due figli Claude e Paloma. Questa serie di tele sul tema delle Sabine è probabimente per Picasso un modo di interrogare i suoi complessi rapporti con la sessualità e le donne: durante tutta la sua vita ha effettivamente collezionato conquiste femminile sempre più giovani di lui. Approfondimenti ou d’après Poussin), Picasso les mélange souvent, notamment pour l’architecture. Ici, concernant la nudité, plus question de pudeur ou de la moindre retenue : les corps tant masculins que féminins sont nus, leurs attributs sexuels mis en valeur. Les personnages féminins sont le plus souvent disloqués, écrasés ou écartelés. Le cheval, véritable étalon dont Picasso souligne les attributs sexuels est omniprésent et prend une place centrale dans ses relectures du mythe. Dans ses ultimes toiles de la série, datées respectivement de novembre 1962 (pour celle du Musée National d’Art Moderne de Paris) et de février 1963 (pour celle du Boston Museum of Fine Arts), Tatius à cheval fait face au Romulus nu avec son bouclier inspiré de la toile de David; sous lui, une femme dans la première toile, une fille dans la seconde, lèvent les yeux et fixent horrifiées ses attributs masculins. Dans aucune œuvre sur ce mythe la question sexuelle posée par ces viols n’est aussi crûment posée que dans les toiles et études de Picasso. Sa dernière série de dessins sur le sujet (mars 1963) mélange le mythe des Sabines avec celui du Minotaure (dont nous savons qu’il relève de l’autoportrait). En mars 1961, âgé de 80 ans, le maitre épousait Jacqueline Roque, de 47 ans sa cadette après une séparation tumultueuse avec Françoise Gillot, mère de ses deux enfants, Claude et Paloma, au milieu des années 50. Cette série de toiles sur le thème des Sabines n’est peut-être pour Picasso qu’une manière d’interroger ses rapports complexes à la sexualité et aux femmes: il a en effet sa vie durant, entre père et amant, collectionné des conquêtes féminines toujours (et toujours plus) plus jeunes que lui. 129 Il Rat t o de lle S ab ine Installazioni artistiche da voci antiche Bartolomeo di Giovanni Ratto delle Sabine, 1488, olio su tavola, 70 x155 cm Bartolomeo di Giovanni Rape of the Sabines, 1488, oil on wood, 70 x155 cm Roma, Galleria Colonna, Sala della Colonna Bellica “Esse tuttavia sarebbero state tenute in matrimonio, nella condivisione di tutti i beni e della cittadinanza e dei figli, di cui nulla è più caro al genere umano; raddolcissero dunque il loro sdegno e, a coloro ai quali la sorte aveva assegnato il loro corpo, concedessero anche il cuore; spesso da un ingiuria nasce la benevolenza; essi avrebbero trovato i loro mariti tanto migliori poiché ciascuno si sarebbe sforzato per quanto stava in sé, adempiendo per parte sua i propri doveri,a colmare la nostalgia dei genitori e della patria. Si aggiungevano le manifestazione d’affetto dei mariti, i quali tentavano di scusare l’accaduto con l’ardore della passione, che sono le preghiere più efficaci per l’animo femminile.” (Tito Livio, Ab Urbe Condita, I, 9) “They [Sabine women] should be joined in lawful marriage, partake jointly in all their possessions and civil privileges, as well as in their common children, who are the most cherished in the human heart. They would placate the fierceness of their anger, and cheerfully surrender their affections to those to whom fortune had consigned their bodies. From injuries love and friendship often arise; the women should find them kinder husbands on this account, because each man, besides performing his conjugal duty, would endeavor to the utmost of his power to make up for his wife’s want of her parents and native country. To this the caresses of the husbands were added, excusing what they had done on the plea of passion and love, arguments that work most successfully on women's hearts.” (Livy, Ab Urbe Condita, I, 9) Giovan Antonio Bazzi detto Il Sodoma Ratto delle Sabine (o Condanna di Rea Silvia) 1506-1507 olio su tavola, 76 x170 cm Giovanni Antonio Bazzi called “Il Sodoma” Rape of the Sabines (or Punishment of Rhea Silvia) 1506-1507 oil on wood, 76 x170 cm Roma, Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini 130 Suppo rt i didat t ic i Con la rivalutazione degli ideali del mondo classico promossa dalla cultura umanistico-rinascimentale e con la loro integrazione nell’ambito della religiosità cristiana, amore e matrimonio diventarono tra le tematiche fondamentali della nuova speculazione filosofico-letteraria dei secoli XV e XVI. In questo clima culturale si colse il legame simbolico che intercorreva tra l’istituzione matrimoniale e la leggenda del Ratto delle Sabine. Per questo motivo l’episodio fu considerato tra gli exempla virtutis e iniziò ad essere rappresentato su alcuni oggetti realizzati per arredare la camera da letto degli sposi. Cassoni nuziali e spalliere furono decorate con la scena del rapimento, ispirata alle narrazioni delle fonti classiche latine, al fine di esaltare le virtù morali della sposa e augurare alla famiglia un felice matrimonio e una buona prole. Il dipinto di Bartolomeo di Giovanni faceva parte di un cassone nuziale, mobile destinato a contenere la dote della sposa; durante il rituale della domum ductio il cassone veniva trasportato con una processione a casa del futuro sposo. La scena è ambientata in un’arena semicircolare, luogo dove secondo la tradizione storica si era celebrata la festa dei Consualia indetta da Romolo per attuare il rapimento. I personaggi, divisi per gruppi, sono raffigurati in movimento e sono ritratti senza alcuna espressione drammatica dei volti. Dietro l’arena, sullo sfondo di un paesaggio ideale caratterizzato da alte montagne, sono disegnati in maniera anacronistica alcuni edifici simbolici dell’antica Roma (una colonna coclide, il Pantheon, la Torre delle Milizie e un obelisco). Il dipinto del Sodoma decorava molto probabilmente una spalliera. La scena del rapimento è divisa in due sezioni principali unite idealmente dalla figura centrale di un soldato romano. A sinistra è raffigurato Romolo con i suoi uomini e la traditrice Tarpea. L’identità della giovane vestale è confermata dalla rappresentazione simbolica degli scudi gettati a terra. Sullo sfondo sono rappresentati un arco trionfale e il Mausoleo di Adriano così come appariva nella Roma dei Papi (Castel Sant’Angelo). A destra, due gruppi di personaggi rappresentano l’episodio del rapimento vero e proprio: alcuni uomini afferrano una giovane sabina mentre alcune donne tentano la fuga. Alle loro spalle è visibile il Tevere con i suoi ponti. Anche in questo caso il mito svolge una funzione paradigmatica. Sottolineando l’importanza dell’armonia familiare ribadisce i ruoli di ciascuno all’interno della coppia: la donna onesta e pudica è sottomessa alla volontà del marito, garante dei diritti della moglie e dei figli. educational posters The Humanistic and Renaissance culture revitalized the classical world’s ideals and successfully integrated them with Christian piety; among others, love and marriage became key themes of the new literary-philosophical speculation of the XV and XVI centuries. A strong symbolic relationship was then emphasized between wedlock and the legend of the Rape of the Sabine Women. The legendary event was taken as an exemplum virtutis (model of virtue) and artists used it as a theme for decorating furniture in bridal chambers. Wedding chests and headboards were illustrated with scenes of the abduction, according to ancient Latin sources, in order to magnify the moral virtues of the bride and to wish a fruitful and long-lasting marriage. Bartolomeo di Giovanni’s painting belonged to a panel from a wedding chest, in which the bride’s dowry was stored. During the domum ductio ritual (the conducting of the bride to her husband's house), the chest was carried in a procession and delivered to the groom’s house. In the painting, the scene takes place in a semicircular arena where, according to tradition, the Consualia festival was held. Romulus had invited the Sabines to the festival with the intention of abducting their women. The characters are represented in motion, portrayed in groups, without any sign of tension on their faces. Behind the arena, the background depicts an ideal landscape with high mountains, whereas in the foreground the artist has painted anachronistic buildings as symbols of ancient Rome (a cochlear column, the Pantheon, the Tower of the Militia, and an obelisk). This panel by Il Sodoma probably decorated a headboard. The abduction scene consists of two main sections, formally connected by a Roman soldier as the central figure. On the left, Romulus, his men, and the traitor Tarpeia are portrayed. The latter is easily identifiable by the nearby shields on the ground. In the background, the artist represents a triumphal arch and the Mausoleum of the Emperor Hadrian, as it appeared in the XV and XVI centuries, when it was the Castel S. Angelo, the fortress of the Pope. On the right, two groups of figures act out the event: some men grab a young Sabine woman, while other women attempt to escape. Behind these women, the Tiber flows unperturbed under its bridges. The legend serves a paradigmatic function. It underscores the importance of family harmony, thus reinforcing the specific role of each individual within the couple: the woman, virtuous and modest, is subjected to her husband’s control; the man safeguards the rights of his wife and children. 131 Il Rat t o de lle S ab ine Installazioni artistiche da voci antiche Ludovico Carracci Ratto delle Sabine, 1588-91 affresco Ludovico Carracci Rape of the Sabine Women, 1588-91 fresco Bologna, Palazzo Magnani “E Romolo compì rapidamente questa sua opera perché fondo la città e volle che dal suo nome si chiamasse Roma e, per rafforzare la nuova città, pensò ed attuò un progetto strano ed un po’ selvaggio forse, ma degno di un grande uomo che voglia stabilire solidamente il proprio regno ed il proprio popolo. Essendo le nobili vergini Sabine venute a Roma per i giochi celebrati nel circo il primo anniversario, ordinò che fossero rapite e che fossero unite in matrimonio con uomini delle più nobili famiglie.” (Cicerone, De Re Publica, II,12) “Romulus did all this with wonderful rapidity and thus founded the city, which he determined to call Rome, after his own name. With the intention to strengthen the city he conceived a design, singular and even a little wild, but worthy of a great man who wants to strengthen his power and his people. The young Sabine women of noble birth had come to Rome for public games, which Romulus for the first year had established as annual festival for the god Consus in the circus. On Romulus’s orders the girls were abducted and given in marriage to the noblest men in Rome.” (Cicero, De Re Publica, II,12) Giuseppe Cesari detto il Cavalier d’Arpino Ratto delle Sabine, 1635-1636 affresco Giuseppe Cesari known as il Cavalier d’Arpino Rape of the Sabine Women, 1635-1636 fresco Roma, Palazzo dei Conservatori 132 Suppo rt i didat t ic i L’usanza di adornare i palazzi cittadini o nobiliari con pitture storiche che ricordavano celebri episodi della storia romana o uomini illustri del passato si manifestò a partire dalla seconda metà del Trecento. Il Ratto delle Sabine iniziò ad essere raffigurato negli ambienti più importanti dei palazzi pubblici e privati di alcune città italiane, tra cui Roma e Bologna. Il leggendario rapimento era solitamente inserito all’interno di cicli pittorici che avevano la funzione di esaltare, attraverso esempi significativi, la storia dell’antica Roma, la sua cultura e i suoi ideali (giustizia, speranza, pietas, etc.). Scopo dei committenti era quello di legare il passato glorioso dell’Urbe al presente, il loro potere con quello del passato, la discendenza della loro famiglia alla città fondata da Romolo. Il Ratto delle Sabine di Ludovico Carracci si inserisce nel ciclo di affreschi che decorano la fascia superiore delle pareti della Sala d’Onore di Palazzo Magnani a Bologna. Il fregio ornamentale racconta in 14 episodi la storia della fondazione di Roma: dalla nascita di Romolo e Remo all’apparizione di Romolo a Proculo. L’opera rappresenta il momento culminante del rapimento. A sinistra Romolo, in piedi su un alto podio, osserva la scena. Le coppie rappresentate in primo piano accentuano la confusione della retrostante folla, causata dalla tempestiva e violenta azione dei soldati. Il dipinto del Cavalier d’Arpino si inserisce nel ciclo di affreschi realizzati a mo’ di arazzo per la Sala degli Orazi e Curiazi del Palazzo dei Conservatori a Roma. L’opera, inquadrata da una ricca cornice a grottesche con stemmi romani, rappresenta il rapimento delle Sabine da parte dei soldati romani. Sulla sinistra, Romolo armato, in piedi su un semplice basamento, indica il rapimento. La scena è caratterizzata complessivamente da un movimento spontaneo, anche se le figure sembrano bloccate e inerti, poco espressive, con le membra allungate secondo le forzature del linguaggio manierista. Manca qualsiasi citazione ai monumenti classici poiché il Cavalier d’Arpino ha convertito il dramma del ratto in una scena indefinita, ambientata in un paesaggio agreste. educational posters In the second half of XIV century a new decorative fashion became very popular among the wealthiest. Public buildings and private palaces’ interiors were often illustrated with historical paintings portraying episodes of ancient Rome and illustrious men from the past. The Abduction of the Sabine Women was thus depicted in several locations, including important palaces in Rome and Bologna. The legendary abduction was usually part of a cycle of paintings that served to glorify the history of ancient Rome, its culture and its ideals (justice, hope, piety, etc.). The clients, who ordered those scenes painted in their premises, meant to tie their own power with the glorious past of the Urbs, by presenting their families as the descendants of the city founded by Romulus. The Rape of the Sabine Women by Ludovico Carracci is part of a cycle of frescoes that decorate the upper walls of the Hall of Honor in Palazzo Magnani (Bologna). The ornamental frieze consists of 14 episodes, all related to the founding of Rome: from the birth of Romulus and Remus, to the miraculous appearance of Romulus to Proculus. The section with the Sabine Women represents the climax of the abduction. On the left, Romulus stands on a high podium and watches the scene. In the foreground pairs of figures emphasize the turmoil among the crowd in the background, which is caused by a rapid and violent action of the soldiers. The painting by the Cavalier d’Arpino belongs to the cycle of frescoes painted in the fashion of a tapestry for the Sala degli Orazi e Curiazi in Palazzo dei Conservatori (Rome). The scene is framed with grotesque motifs and Roman emblems, and it represents the abduction of the Sabine women by the Roman soldiers. On the left, Romulus is standing armed on a podium and points at the event. The whole scene shows some natural motion, although some of the figures may look stiff and expressionless as in Manierist style. There is no reference to classical architecture, as the artist has turned the tragedy of the rape into a vague atmosphere of a rural landscape. 133 Il Rat t o de lle S ab ine Installazioni artistiche da voci antiche Pietro da Cortona Il Ratto delle Sabine, 1629 olio su tela, 280,5 x 426 cm Pietro da Cortona The Rape of the Sabine Women, 1629 oil on canvas, 280,5 x 426 cm Roma, Pinacoteca Capitolina “Fosti Romolo tu, primo, a instaurare Giochi eccitanti, quando maritasti I tuoi celibi eroi con le Sabine!” (Ovidio, Ars Amatoria, I, 101-102) “It was you, Romulus, the first who established those Exciting games, when you gave The young Sabine women to your unmarried men!” (Ovid, Ars Amatoria, I, 101-102 Pieter Paul Rubens Il Ratto delle sabine, 1635-40 olio su tavola, 169,9 x 236,2 cm Pieter Paul Rubens The Rape of the Sabine Women, 1635-40 oil on wood, 169,9 x 236,2 cm Londra, National Gallery 134 Suppo rt i didat t ic i educational posters Verso la fine del Cinquecento, una nuova teoria estetica condizionò il panorama culturale italiano e europeo: l’arte, al pari della retorica, iniziò ad essere considerata come un mezzo efficace di persuasione. La pittura “storica”, pur mantenendo uno scopo celebrativo-educativo, ebbe la funzione di coinvolgere emotivamente l’osservatore. Per questo motivo il Ratto delle Sabine iniziò ad essere rappresentato con scene drammatiche e ricche di pathos capaci di trasmettere, quasi con curiosità scientifica, come attraverso il cannocchiale di Galileo, gli stati d’animo dei personaggi raffigurati. Toward the end of the XVI century, a new aesthetic theory had a broad influence on Italian and European culture. Art, similarly to Rhetoric, became an effective instrument of persuasion. While maintaining its celebrative and educational purposes, historical painting assumed also the function of involving the viewer at an emotional level. It was for this reason that the Rape of the Sabine women began to be depicted by means of dramatic scenes, full of pathos. The emotions of the characters were represented almost with a scientific rigor, as through Galileo’s lenses. Ne Il Ratto delle Sabine di Pietro da Cortona, la volontà di esaltare l’istituzione matrimoniale è accompagnata dalla costante ricerca di pathos e drammaticità da parte dell’autore. La scena, ambientata in un paesaggio lussureggiante ricco di edifici antichi (templi, obelischi), rappresenta il momento culminante del rapimento. In secondo piano, a sinistra, Romolo seduto in trono osserva la violenza dell’atto che non lascia via di fuga alle fanciulle afferrate dai soldati romani. A nulla servono le suppliche del bambino piangente raffigurato a sinistra, come impotente è l’abbraccio dell’anziano padre che, in secondo piano, tenta di proteggere la figlia. In his Rape of the Sabine Women, Pietro da Cortona aimed to glorify the institution of the matrimony. At the same time he constantly sought pathos and drama. The scene is set in a luxuriant landscape, filled with ancient buildings (temples, obelisks) and it represents the climactic moment of the abduction. In the background, on the left, Romulus sits on his throne and watches the violent act, which does not leave any escape for the girls, taken away by Roman soldiers. The helplessness of the Sabines is represented by a crying child, on the left, and by an old man, who hugs his daughter in the vain effort to protect her. Il Ratto delle Sabine di Rubens è inserito in un’atmosfera di paura, violenza e forte tensione emotiva. In primo piano la donna vestita di nero sta per essere trascinata via nonostante abbia portato le mani al petto in gesto di preghiera. A sinistra, un’altra donna viene strappata con crudeltà dalle braccia della madre. A destra, una fanciulla è rapita da un soldato che cavalca un maestoso cavallo nero. L’intreccio complesso delle masse in movimento, rappresentate in secondo piano a sinistra, enfatizza la caoticità della scena, mentre la nitida raffigurazione di Romolo in trono sembra sottolineare la crudeltà del leggendario rapimento. I moti dell’animo femminile sono tradotti nella gestualità e nelle espressioni disperate dei volti delle Sabine. Rubens sets his Rape of the Sabine Women within an atmosphere full of fear, violence, and powerful emotional tension. In the foreground, a woman dressed in black, is being dragged away, despite tying her hands together in a supplicating gesture. On the left, another woman is brutally snatched away from her mother’s arms. On the right, a soldier on an imposing black horse abducts a girl. In the background, on the left, figures in motion intertwine and form a chaotic scene of violence and turmoil; on the opposite side, Romulus is depicted in a statuary pose as to emphasize the cruelty of the abduction. The feelings of the Sabine women are portrayed by means of their gestures and desperate facial expressions. 135 Il Rat t o de lle S ab ine Installazioni artistiche da voci antiche Pietro Liberi, Il Ratto delle Sabine, 1641 olio su tela, 310 x 450 cm Luca Giordano, Ratto delle Sabine, 1687-1689 olio su tela, 118 x 170 cm Pietro Liberi, The Rape of the Sabine Women, 1641 oil on canvas, 310 x 450 cm Luca Giordano, Rape of the Sabine Women, 1687-1689 oil on canvas, 118 x 170 cm Siena, Pinacoteca Nazionale Caserta, Palazzo Reale. “Si radunò molta gente; Romolo in persona si mise in prima fila con i cittadini più importanti adorno di un mantello di porpora. Il segnale convenuto per dare il via all’assalto era questo: Romolo, alzandosi, avrebbe ripiegato il mantello, poi l’avrebbe indossato di nuovo. Molti, armati di spada, tenevano gli occhi fissi su di lui; al segnale convenuto sguainarono le spade e, slanciandosi sulle figlie dei sabini urlando, le rapirono; lasciarono però fuggire i Sabini e non se ne occuparono.” (Plutarco, Vita di Romolo, 14, 4-5) “Many people came together, while Romulus, wearing his purple cloak, placed himself in the front line, among his chief men. The signal for starting the assault was the following: Romulus, standing, would fold his cloak and then would wear it again. Many of the men, armed with swords, kept their eyes upon him; when the signal was given, they drew their swords, rushing in with shouts, and dragged away the daughters of the Sabines. They let the Sabine men escape and did not worry about them.” (Plutarch, The Life of Romulus, 14, 4-5) Giovan Battista Tiepolo, Il ratto delle Sabine, 1718-1719, olio su tela, 288 x 588 cm Giovan Battista Tiepolo, The Rape of the Sabine Women, 1718-1719, oil on canvas, 288 x 588 cm San Pietroburgo, Museo dell’Ermitage 136 Suppo rt i didat t ic i educational posters Ricerca del movimento, teatralità, forte drammaticità, indagine psicologica dei personaggi: sono queste le caratteristiche che accomunano le tele sul Ratto delle Sabine di Pietro Liberi, Luca Giordano e Giovan Battista Tiepolo. Questi tre pittori italiani, seppero rappresentare la leggenda del rapimento con la stessa tensione emotiva di una tragedia classica (ut pictura poesis). The works on the Rape of the Sabine Women by Pietro Liberi, Luca Giordano, and Giovan Battista Tiepolo all attempt to emphasize movement, drama, and psychological depiction of characters’ feelings. All the three Italian painters succeeded in representing the abduction scene with the emotional tension typical of a classical tragedy (ut pictura poesis). Il Ratto delle Sabine di Pietro Liberi è dominato dalla figura centrale di una donna sabina che protesa in avanti fugge verso destra: il suo candore è impreziosito dal colore delle vesti e dai gioielli. La sua bellezza è raffinata ed elegante e la sua grazia sembra ingentilire la drammaticità dell’episodio rappresentato. Ai lati di questa figura si distribuiscono gruppi di personaggi rappresentati con dimensioni decrescenti: soldati romani afferrano fanciulle impaurite che tentano invano di liberarsi. Notevole è la ricerca fisiognomica: le espressioni sono enfatizzate dalla luminosità degli incarnati che contrasta con uno sfondo cupo animato da un balenare di luci ed ombre. The central figure of a Sabine woman pushing forward and running to the right dominates the scene of The Rape of the Sabine Women by Pietro Liberi. Her colorful clothes and her jewels highlight the whiteness of her complexion. Her beauty is elegant and refined, and her grace softens the dramatic tension of the episode. On her sides, various groups of characters are depicted decreasing in size. Roman soldiers grasp fearful girls who unsuccessfully attempt to break free. The physiognomic research is notable: the facial expressions are emphasized by the luminous complexions, in contrast to a dark background, made alive by a dramatic alternation of light and shadows. Luca Giordano ambienta il suo Ratto delle Sabine in uno scenario notturno. Il cielo è oscurato da nubi temporalesche e le quinte architettoniche degli antichi edifici classici rimangono in penombra. La rappresentazione si sviluppa intorno ad una coppia centrale formata da un soldato romano che cattura una donna sabina. La loro posizione richiama quella dei personaggi della scultura del Giambologna. Sulla sinistra, in secondo piano, Romolo in trono, attorniato da un gruppo di figure abbozzate con pennellate fluide e veloci, ordina il rapimento. Le espressioni femminili sono cariche di drammaticità. Il dinamismo della scena è sottolineato dalle vesti delle fanciulle, agitate da un forte vento e scomposte dall’agire impulsivo e violento dei soldati. Le figure sono grandiose e presentano un incarnato che sembra vivo e palpitante. Luca Giordano sets his painting in a nocturnal scenery. Stormy clouds darken the sky, so that the architecture of the ancient classical buildings remains in the shadow. The main scene consists of a Roman soldier who captures a Sabine woman. Their posture recalls the statue by Giambologna. On the left, in the background, Romulus on his throne orders the abduction while being surrounded by a group of figures, depicted with smooth, quick strokes. The facial expressions of the Sabine women are full of drama. The dynamic character of the scene is rendered by the women’s clothes, blown by the wind and ruffled by the violent actions of the soldiers. The figures are grandiose and are depicted with a throbbing and palpitating skin. Il quadro fu realizzato da Giovan Battista Tiepolo per il Palazzo di Jacopo Zorzi a Venezia. Successivamente fu acquistato da Caterina II di Russia ed entrò a far parte della collezione dell’Ermitage di San Pietroburgo. L’artista rappresenta il Ratto delle Sabine con particolare dinamismo: i personaggi raffigurati in primo piano contrastano con il groviglio caotico di corpi che, posizionati in secondo piano, rendono impetuosa la scena. Le espressioni dei personaggi sono messe in risalto dalla luce laterale e da una gestualità manifesta, che culmina nell’orrore e nella disperazione delle tre Sabine sollevate da terra. Sullo sfondo, dall’alto degli edifici classicheggianti, Romolo assiste al rapimento, che si sviluppa attorno alla statua centrale del dio Conso. This painting was commissioned to Giovan Battista Tiepolo for the Palace of Jacopo Zorzi in Venice. Later it was acquired by Catherine II of Russia and entered the collection of the Hermitage in St. Petersburg. The artist represented a very dynamic abduction scene: the characters in the foreground are in contrast with the chaotic mass of people in the background, thus giving impetus to the scene. A light from the side and explicit gesture emphasize the facial expressions. The horror and desperation felt by the three Sabine women being hauled represent the climax of the scene. In the background, from atop the classical buildings, Romulus witnesses the abduction that takes place around the statue of the god Consus. 137 Il Rat t o de lle S ab ine Installazioni artistiche da voci antiche Nicolas Poussin Il Ratto delle Sabine, 1637 olio su tela, 157 x 203 cm Jacques-Louis David Riconciliazione tra Romani e Sabini, 1799 olio su tela, 386 x 520 cm Pablo Picasso Il Ratto delle Sabine (ispirato a David), 1962 olio su tela, 97 x 130 cm Nicolas Poussin The Rape of the Sabine Women, 1637 oil on canvas, 157 x 203 cm Jacques-Louis David The Intervention of the Sabine Women, 1799 oil on canvas, 386 x 520 cm Pablo Picasso The Rape of the Sabine Women (after David), 1962 oil on canvas, 97 x 130 cm Parigi, Museo del Louvre Parigi, Museo del Louvre Parigi, Museo Nazionale d’Arte Moderna, Centro Georges Pompidou “Anche se combattete per un altro motivo, bisogna che smettiate, poiché, per mezzo nostro, siete diventati cognati, nonni, parenti. Se la guerra è per noi, portateci via con i vostri generi e i vostri nipoti, restituiteci i nostri padri e i nostri parenti, non toglieteci mariti e figli. Vi supplichiamo di non renderci di nuovo prigioniere.” (Plutarco, Vita di Romolo, 19, 7) “If you were making war upon any other occasion, for our sakes you ought to withhold your hands from those to whom we have made you fathers-in-law and grandsires. If it be for our own cause, then take us, and with us your sons-in-law and grandchildren. Restore to us our parents and kindred, but do not rob us of our children and husbands. Make us not, we entreat you, twice captives” (Plutarch, The Life of Romulus, 19, 7) “Ma forse non sono state stabilite dalle divinità leggi per il popolo romano, perché, come dice Sallustio, “il diritto e la morale presso di loro non avevano efficacia in virtù delle leggi ma della natura”? Da tale diritto e morale suppongo che derivi il ratto delle Sabine. Che cosa di più giuridico e morale che le figlie di altri, richiamate col pretesto di uno spettacolo, non fossero date in matrimonio dai genitori ma prese con la violenza ad arbitrio di chi voleva? Se i Sabini agivano contro il diritto nel rifiutare le fanciulle richieste, molto più contro il diritto era rapirle senza che fossero date in matrimonio.” (S. Agostino, La Città di Dio, 2, 17) “But possibly we are to find the reason for this neglect of the Romans by their gods, in the saying of Sallust, that “equity and virtue prevailed among the Romans not more by force of laws than of nature.” I presume it is to this inborn equity and goodness of disposition we are to ascribe the rape of the Sabine women. What, indeed, could be more equitable and virtuous, than to carry off by force, as each man was fit, and without their parents’ consent, girls who were strangers and guests, and who had been decoyed and entrapped by the pretense of a spectacle! If the Sabines were wrong to deny their daughters when the Romans asked for them, was it not a greater wrong in the Romans to carry them off after that denial?” (Saint Augustin, The City of God, 2, 17) 138 Suppo rt i didat t ic i Nicolas Poussin e Jacques-Louis David rappresentarono il leggendario Ratto delle Sabine utilizzando un linguaggio classicista ispirato alla misura e alla sobrietà della composizione. Questi due artisti hanno avuto una grande influenza su Pablo Picasso e sulle sue numerose riflessioni sul tema del ratto. Il loro spiccato gusto per la teatralità delle pose e per l’idealizzazione dei personaggi subì una trasfigurazione nella visione del pittore catalano che, a più riprese, fu tradotta in una serie di tele dedicate al leggendario rapimento delle Sabine. Il Ratto delle Sabine di Nicolas Poussin, realizzato per il cardinale Luigi Omodei e acquistato successivamente dal Re di Francia Luigi XIV, rappresenta l’episodio del rapimento con equilibrio formale e compostezza classica. L’influenza barocca è appena accennata dalle figure agitate che occupano il primo piano della scena. I protagonisti, immortalati in pose teatrali, sono idealizzati. A sinistra, in primo piano, una donna cerca di liberarsi afferrando per i capelli il suo rapitore, mentre a destra un’altra, braccata da un soldato romano, tenta di fuggire invano. Sul lato sinistro Romolo, dall’alto del podio, impartisce ordini al suo popolo, assumendo una posizione che richiama quella delle statue romane di età imperiale. educational posters Both Nicolas Poussin and Jacques-Louis David depicted the legendary Rape of the Sabine women in a classicizing manner, with moderation and simplicity of the composition. These painters profoundly influenced Picasso and his numerous variations on the theme. Poussin and David’s manifest gusto for dramatic poses and idealized characters was completely altered by Picasso’s new vision. The Rape of the Sabine Women by Nicolas Poussin was commissioned for Cardinal Luigi Omodei and was later acquired by the King of France, Louis XIV. The painting represents the abduction with a balance and restraint characteristic of classical composition. Baroque influence plays a minor role and can be detected in the agitated figures in the foreground. The main characters are idealized in their theatrical gestures. On the left, in the foreground, a woman attempts to free herself by grabbing the hair of her assailant. On the right side of the scene, another woman, hunted by a Roman soldier, fails to escape. From a high podium on the left, Romulus gives orders to his men. His pose recalls, and is probably inspired by, Roman statues of emperors. Jacques-Louis David rappresentò l’episodio della Riconciliazione tra Romani e Sabini con lo scopo di augurare un periodo di pace e serenità allo stato francese, travolto dalla Rivoluzione e dalla violenta dittatura di Robespierre. Secondo la tradizione narrata da Plutarco e Tito Livio, la guerra tra i Romani e i Sabini terminò in seguito all’intervento delle donne Sabine che, gettatesi nella mischia con i loro bambini, riuscirono a fermare la battaglia facendo appello all’amore coniugale e filiale. In primo piano sono raffigurati i tre protagonisti dell’episodio: Ersilia, moglie di Romolo ed eroina delle Sabine, Romolo, capo del popolo romano e Tito Tazio, capo dei Sabini. Ersilia è ritratta con le braccia spalancate nell’atto di dividere i due principali contendenti. In questa opera David traduce in pittura la plasticità della scultura e sostituisce la nudità femminile, tipica dell’iconografia a soggetto mitologico, con quella maschile degli eroi della cultura greca. Jacques-Louis David depicted the episode of the Intervention of the Sabine Women in order to wish a peaceful and quiet period to the French state, overwhelmed by the Revolution and the violent dictatorship of Robespierre. According to Plutarch and Livy, the war between Romans and Sabines ended through the intervention of the Sabine women, who enforced peace by running between the combatants: the women entered into the fray with their children and were able to stop the fight by appealing to conjugal and filial love. In the foreground the three protagonists of the episode are depicted: Ersilia, heroine of the Sabines and Romulus’s wife; Romulus, head of the Roman army; and Titus Tatius, leader of the Sabines. Ersilia is portrayed outstretching her arms, in the act of dividing the two main contenders. In this work, David translated the plasticity of sculpture into painting and replaced female nudity, characteristic of related iconography, with male nudity, recalling the heroes of the Greek culture. Le opere di Pablo Picasso sul “Ratto delle Sabine” furono realizzate tra il 1961 e il 1963. La serie, ispirata alle celebri tele di Poussin e David, dialoga con i modelli proponendo un innovativo linguaggio pittorico. Questo quadro, ispirato alla tela del David, è affollato da personaggi nudi. La violenza dell’atto, generato dal desiderio sessuale umano, è tradotta con un linguaggio cruento. I corpi delle donne, affiancati da quelli dei bambini, sono travolti e schiacciati; sopra di essi infuria la scena del rapimento che culmina con un personaggio a cavallo rappresentato mentra cattura una donna sabina. Sulla destra torreggia un armato, che imbraccia uno scudo tondo e nella destra una specie di grande coltello, che aumenta la violenza e la presenza irruenta della sessualità nella scena. Between 1961 and 1963, Pablo Picasso produced several works on the theme of the "Rape of the Sabine Women”. The series, inspired by famous paintings of Poussin and David, visits and modifies the models by proposing an innovative artistic language. This painting, inspired by David’s work, is crowded with nude figures. A crude style renders the violence of the act, which is generated by human sexual desire. Women's bodies, along with those of children, are overwhelmed and crushed; the climax of the abduction scene is represented by a mounted soldier who seizes a Sabine woman. On the right, a gigantic figure, armed with a shield and a large knife, expresses impetuous violence and the presence of sexuality in the scene. 139 Il Rat t o de lle S ab ine Installazioni artistiche da voci antiche Primo Conti Il Ratto delle Sabine, 1925 olio su tela, 182 x 300 cm Franco Gentilini Il Ratto delle Sabine, 1938 olio su tavola, 120 x 153 cm Primo Conti The Abduction of the Sabine Women, 1925 oil on canvas, 182 x 300 cm Franco Gentilini The Abduction of the Sabine Women, 1938 oil on canvas, 120 x 153 cm Macerata, Fondazione CARIMA-Museo Palazzo Ricci Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna “Quindi in giro fé cenno; e allor novella Ardua lotta d’amor surse repente, Che non mai fu veduta altra si bella L’uno abbraccia Poppea tenacemente Ortensia l’altro per le vesti afferra, Che col grido assordar l’aria si sente.” “SABBINESI! Er tre maggio Roma Nostra Ve darà uno spettacolo ner Foro. Cuccagna, curse, giochi, lotta, giostra, Tombola d’ottocento lire in oro Fochi la sera e poi verrà innalzato Er solito pallone (Francesco Gianni, Il Ratto delle Sabine) Er Comitato” This excerpt by Francesco Gianni, a Roman poet of the 18th century, describes the brawl occurring during the abduction: “thus he gave the signal, and then a new / strenuous fight suddenly arose / such that never before an equally stunning one was seen. / While one man tenaciously squeezes Poppea / another grasps Ortensia by her clothes / the cries so intense as to become deafening.” 140 (Trilussa, Il Ratto delle Sabine) Carlo Alberto Salustri, the 19th century Roman dialectal poet better known as Trilussa, describes the commemoration on the anniversary of the episode: “SABINESE PEOPLE! / On the third of May Our beloved Rome / will be putting on a show in the Forum. / Good times, races, games, fights, merry-go-rounds / bingos for eight hundred liras in gold / fires at night and then / the usual balloon will be hoisted. / Signed: The Committee.” Suppo rt i didat t ic i educational posters Tra gli artisti del Novecento italiano che rappresentarono la leggenda del Ratto delle Sabine, vanno ricordati Primo Conti e Franco Gentilini, pittori che, pur utilizzando soluzioni stilistiche diverse, narrarono questa vicenda mitologica inserendola in una dimensione spazio-temporale fantastica. Primo Conti and Franco Gentilini are among the most prominent Italian artists of the XX century. Both of them depicted the legend of the Abduction of the Sabine women. Despite using different styles, these painters staged the mythological tale within an imaginary space-time dimension. Il Ratto delle Sabine di Primo Conti ha come sfondo le semplici tonalità dell’azzurro e del blu oltremare. La vicenda, sospesa nel tempo e nello spazio, viene rappresentata senza il tradizionale riferimento ai monumenti classici antichi. La tela è affollata da corpi che si muovono e si divincolano nella lotta. I volti delle Sabine esprimono una disinibita sensualità. Al centro, tra due gruppi di figure laterali, si apre uno spazio vuoto, dominato da un bambino che sembra attaccarsi ai capelli sciolti della madre rapita. The Abduction of the Sabine Women by Primo Conti shows in the background simple tones of sky-blue and ultramarine. The episode is represented as if it were paused in space and time, without any reference to the classical monuments of ancient Rome. The canvas is crowded with bodies in motion, wrestling and fighting. The facial expression of the Sabine women conveys an uninhibited lustiness. In between two groups of side figures, the painting leads to a void space in the center, dominated by a child grasping the ruffled hair of his seized mother. Il Ratto delle Sabine di Franco Gentilini è ambientato in un paesaggio che ricorda quello di una festa campestre. Coppie di uomini e donne vestite con costumi assolutamente anacronistici (corsetti e cappelli di paglia) occupano la scena. L’assenza di pathos e tragicità trasfigura la violenza dell’evento in un inno gioioso alla vita. Il cromatismo è vivace e ricco di sfumature delicate. L’episodio si è trasformato in una novella, che ricorda l’antica leggenda nella rappresentazione del soldato romano ritratto in primo piano. The Abduction of the Sabine Women by Franco Gentilini is set in a landscape reminiscent of a country festival. Pairs of men and women, dressed with anachronistic costumes (corsets and straw hats), fill the scene. The color palette is lively and full of subtle nuances. The scene turns into a fairy tale, which recalls the ancient legend only in the representation of the Roman soldier depicted in the foreground. 141 Il Rat t o de lle S ab ine Installazioni artistiche da voci antiche Kylix a figure rosse di produzione falisca, 370-360 a.C. Tomba 32, Necropoli di Poggio Sommavilla (Collevecchio, Rieti) Faliscan red-figure cup (kylix), 370-360 B.C. Tomb 32. Poggio Sommavilla Necropolis (Collevecchio, Rieti) Suppo rt i didat t ic i Questa kylix (coppa) a figure rosse di produzione falisca proviene dalla tomba a camera con dromos n. 32 della Necropoli di Poggio Sommavilla; il corredo funerario della tomba è ricco di testimonianze vascolari (anforette sabine, situle in bronzo, oinochoai in bucchero, stamnoi e kylikes) e di oggetti di uso personale (vaghi di collane in pasta vitrea, vasi per unguenti, strigile e specchio). All’interno della coppa, dentro una cornice a meandro continuo intervallato da piccoli rettangoli campiti da cinque punti, è rappresentato il ratto di Europa, che assume una particolare importanza vista la rarità con la quale questo soggetto è stato rappresentato dai ceramografi di ambiente falisco. Europa, seduta sul dorso del toro, in corsa verso destra, stringe con la mano sinistra il corno dell’animale e con la destra la sua coda. La fanciulla è ritratta frontalmente, ma con la testa di profilo, ed indossa una candida veste riccamente decorata. Secondo la mitologia greca Europa era figlia del re fenicio Agenore e sorella di Cadmo, mitico fondatore di Tebe. La sua bellezza fece innamorare il sommo Zeus il quale, vedendola giocare con le compagne sulla riva del mare, pensò di avvicinarla trasformandosi in un meraviglioso toro mansueto. Europa dopo averlo accarezzato salì sul dorso del toro. Così Zeus poté rapire la fanciulla balzando nel mare e irrompendo tra le onde con le sue zampe possenti. Arrivato a Creta, Zeus consumò l’unione con la fanciulla nei pressi della città di Gortina (nella grotta Dittea o sotto un platano). Da Zeus ed Europa nacquero tre figli: Minosse, re di Creta; Sarpedone, re di Licia; e Radamanto, giudice degli inferi. Secondo la leggenda Europa, dopo le nozze divine, sposò il mortale Asterione, re di Creta, divenendo regina dell’isola e capostipite dei suoi sovrani. In onore di questa fanciulla, gli antichi Greci chiamarono Europa il continente che si trovava a nord dell’isola di Creta. educational posters This Faliscan red-figure cup (kylix) was found in a chamber tomb with dromos (corridor) in the Necropolis of Poggio Sommavilla; the rich grave goods included several pottery and bronze vases, such as Sabine small amphorae, bronze situlae (bucket-shaped vessels), oinochoai (wine jugs) made of bucchero, stamnoi (vessels for storing wine), and kylikes cups; other items buried in the tomb were personal objects such as glass paste necklace beads, perfume bottles, a strigil (skin-scraper), and a mirror. The tondo represents the abduction of Europa by Zeus in the form of a bull, a subject rarely depicted by Faliscan vase painters. The central scene is surrounded by an elaborate circular meander. The scene is oriented from left to right. Europa is riding the running bull; her left hand grips a horn of the bull, her right hand is holding the tail. The young virgin is depicted frontally, with her head facing forewards. She is wearing a lavishly decorated white gown. According to Greek mythology, Europa was a Phoenician princess, the daughter of the king of Tyre, Agenor, and the sister of Cadmus, founder of Thebes. Her outstanding beauty drew Zeus’s attention to her. The god fell in love with the young girl and decided to pursue her. While she was with some other girls on the shore, Zeus transformed himself into a magnificent and tame bull. She went to caress the animal and then she climbed onto his back. Zeus immediately took the opportunity and ran into the sea, breaking the waves with his mighty legs. Once they reached the island of Crete, Zeus seduced her, near the city of Gortyna, in the Dikteon Cave or under a plane tree. Their union gave birth to three sons: Minos, the king of Crete, Sarpedon; the king of Lycia; and Rhadamanthus, one of the judges of the dead. According to the legend, Europa later married Asterion, the king of Crete, becoming the queen of the island and the founding mother of the dynasty. Ancient Greeks named the whole continent north of Crete after her. 143 Soprintendenza Beni Archeologici del Lazio COMUNE DI RIETI PROVINCIA DI RIETI Assessorato alla Cultura Assessorato alla Cultura Assessorato Cultura, Arte e Sport La mostra e la pubblicazione sono state in parte finanziate con i contributi della Regione Lazio (L.R. 42/97) Le immagini contenute nel catalogo relative alle celebri opere sul “Ratto delle Sabine” sono state riprodotte su pannelli didattici appositamente realizzati per la mostra. Stampato dalla Tipografia Fabri - Rieti, nel mese di marzo dell’anno 2011. È vietata la riproduzione e ogni altro utilizzo non autorizzato delle immagini e dei testi.