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Il Ratto delle Sabine
Installazioni artistiche da voci antiche
6 Marzo - 11 Dicembre 2011
ef
Il Ratto delle Sabine.
Installazioni artistiche
da voci antiche
Rieti
Museo Civico-Sezione Archeologica
6 marzo-11dicembre 2011
Mostra
Comitato scientifico e organizzativo
Olivier Bizeray
Daniela Camardella
Monica De Simone
Nadia Laudazi
Ines Millesimi
Letizia Rosati
Maria Rosaria Rotilio
Coordinamento generale e percorsi espositivi
Monica De Simone
Daniela Camardella
Apparati didattici
Monica De Simone
Daniela Camardella
gli insegnanti e gli studenti dell’Istituto di Istruzione
Superiore M. T. Varrone
Traduzioni
Renato Sciucca (francese)
Monica De Simone, Giovanni Zangari (inglese)
Ricerca immagini e acquisizioni
Museo Civico di Rieti
Allestimento
Museo Civico di Rieti
Ecolle Boulle, Parigi
Istituto di Istruzione Superiore M. T. Varrone, indirizzo
Liceo Artistico-Isarte A. Calcagnadoro
Graphidea Soc. Coop
Liceo Classico
“Marco Terenzio Varrone”
Grafica, stampa e realizzazione tecnica
Graphidea Soc. Coop, Rieti
Stampa catalogo: Tipografia Fabri, Rieti
Locandine e inviti
Grafica: Maria Cristina Tosoni
Stampa: Tipografia Panfilo, Rieti
Un particolare ringraziamento per la cortese
disponibilità e la collaborazione va a
Giovanna Alvino, Filippo Coarelli,
Fulvia Di Simone, Gianluca Guadagni,
Franco Guercilena, Pierluigi Robiati, Elena Tassi Scandone,
Maria Cristina Tosoni, Maria Beatrice Valletta
e al personale di ruolo e di supporto del Servizio
Museo del Comune di Rieti.
Si ringraziano inoltre:
Assessore alla Cultura del Comune di Rieti
Gianfranco Formichetti
Il Dirigente del Settore Cultura (Museo e Biblioteca)
Carlo Ciccaglioni
Il Dirigente Scolastico dell’Istituto di Istruzione
Superiore M. T. Varrone
Umberto Eleuteri
Gli studenti
Ecole Boulle - Parigi (studenti ed ex studenti):
Alain Camille, Bonnote Léonard, Braouch Lina,
Coubard Justine, De Cooman Victor, Duval Agathe,
Huitric Chloé, Lessellier Frédéric, Liaigre Adeline,
Lochmann Clarisse, Piter Zoé, Rousselot Maylis,
Ruiz Colombine, Santus Florian, Solène Michel,
Solier Romain
Istituto di Istruzione Superiore “M.T. Varrone”
Liceo Artistico- Isarte “A. Calcagandoro”:
IA: Cinardi Elisa; IIC: Amici Giorgia, Brunori Giulia,
Cassar Eleonora, Cocco Daniele, Collepiccolo Manuel,
Coppola Giulia, Di Giovanni Sara, Gallinaro Marta,
Gentile Michele, Maioli Kim, Marchetti Andrea,
Martelucci Agnese, Musarra Giulia,
Ndaya Ermine, Palmegiani Nicolas, Pitorri Giulia,
Tarquini Ilaria; IIIA: Grassi Manuel, Nicola Martellucci;
IVC: Barberini Gabriele, Blasetti Edoardo,
Borghetto Ettore Ismael, Castrucci Roberta,
Crisi Ludovico, Lunari M. Sole, Mgbe Alice,
Petroni Giulia, Pezzotti Erika, Pierantoni Francesca,
Pizzuti Alessandra, Tarani Barbara; VA: Gerli Martina,
Davide Tommasini; VC: Caloisi Elisa, Festuccia Martina,
Franceschini Anita, Novelli Giada, Russo Marta;
ex alunni: Matteo Onorini
Liceo Ginnasio Statale “M. Terenzio Varrone”:
IID: Benedetti Matteo, Ciogli Micaela,
Daniele Alessandra, Euforbio Federico,
Formichetti Lorenzo, Ippoliti Fabiana,
Marcellusi Rita Chiara, Marotti Simone,
Micheli Elisa, Patacchiola Guglielmina,
Petrini Ludovico Mario, Petroni Edoardo,
Picchi Scardaoni Marco, Puglielli Anna Rose,
Pulcinelli Alberto Maria, Rivabella Francesco,
Sinibaldi Noemi, Troiani Giorgio; IIIC, Abbattista Serena,
Barile Sara, Buzzi Cecilia, Carnassale Manola,
Casciani Giorgia, De Santis Alice, Desideri Agnese,
Desideri Francesca, Ermini Beatrice,
Giampietri Martina, Giovanzanti Mariangela,
Giuli Riccardo, Giuliani Simona, Graziani Antonio,
Grifoni Marika, Luvisotti Francesca, Mattioli Giorgia,
Michetti Erica, Patacchiola Roberta, Santilli Chiara,
Torre Beatrice.
Catalogo
a cura di
Monica De Simone
Daniela Camardella
Progetto grafico
[email protected]
Stampa catalogo
Tipografia Fabri
Autori dei testi
Giovanna Alvino
Olivier Bizeray
Daniela Camardella
Monica De Simone
Nadia Laudazi
Ines Millesimi
Letizia Rosati
Maria Rosaria Rotilio
Elena Tassi Scandone
Maria Beatrice Valletta
gli studenti dell’Istituto di Istruzione Superiore
M. T. Varrone
Traduzioni
Renato Sciucca (in e dal francese)
Monica De Simone (italiano-inglese)
Giovanni Zangari (italiano-inglese)
Gli studenti
Istituto di Istruzione Superiore “M.T. Varrone”
Liceo Artistico- Isarte “A. Calcagandoro”:
IVC: Barberini Gabriele, Blasetti Edoardo,
Borghetto Ettore Ismael, Castrucci Roberta,
Crisi Ludovico, Lunari M. Sole, Mgbe Alice,
Petroni Giulia, Pezzotti Erika, Pierantoni Francesca,
Pizzuti Alessandra, Tarani Barbara;
VC: Caloisi Elisa, Festuccia Martina,
Franceschini Anita, Novelli Giada, Russo Marta
Liceo Ginnasio Statale “M. Terenzio Varrone”:
IID: Benedetti Matteo, Ciogli Micaela,
Daniele Alessandra, Euforbio Federico,
Formichetti Lorenzo, Ippoliti Fabiana,
Marcellusi Rita Chiara, Marotti Simone,
Micheli Elisa, Patacchiola Guglielmina,
Petrini Ludovico Mario, Petroni Edoardo,
Picchi Scardaoni Marco, Puglielli Anna Rose,
Pulcinelli Alberto Maria, Rivabella Francesco,
Sinibaldi Noemi, Troiani Giorgio
IIIC: Abbattista Serena, Barile Sara,
Buzzi Cecilia, Carnassale Manola,
Casciani Giorgia, De Santis Alice, Desideri Agnese,
Desideri Francesca, Ermini Beatrice,
Giampietri Martina, Giovanzanti Mariangela,
Giuli Riccardo, Giuliani Simona, Graziani Antonio,
Grifoni Marika, Luvisotti Francesca, Mattioli Giorgia,
Michetti Erica, Patacchiola Roberta, Santilli Chiara,
Torre Beatrice
Ringraziamenti
Bologna, Unicredit
Firenze, Soprintendenza Speciale
per il Patrimonio Storico, Artistico
ed Etnoantropologico e per il Polo Museale
della città di Firenze, Soprintendente Cristina Acidini
Macerata, Fondazione CARIMA
Museo Palazzo Ricci
Roma, Soprintendenza per i Beni Archeologici del
Lazio, soprintendente Marina Sapelli Ragni
Roma, Soprintendenza Speciale per il Patrimonio
Storico Artistico ed Etnoantropologico e per il
Polo Museale della città di Roma,
Soprintendente Rossella Vodret
Roma, Soprintendenza Speciale
per i Beni Archeologici di Roma,
Soprintendente Anna Maria Moretti
Roma, Galleria Colonna,
Curatrice Collezione Colonna Patrizia Piergiovanni
Roma, Galleria Nazionale d’Arte Antica
Palazzo Barberini
Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna
Roma, Musei Capitolini
Parigi, Centro Nazionale d’Arte e Cultura
Georges Pompidou
San Pietroburgo, Museo dell’Ermitage
Siena, Soprintendenza per i Beni Storici
ed Etnoantropologici per le province di Siena
e Grosseto, Soprintendente Mario Scalini
Siena, Pinacoteca Nazionale
Crediti Fotografici
Archivio fotografico GNAM
Bologna, Unicredit, Palazzo Magnani
Macerata, Fondazione CARIMA - Museo Palazzo Ricci
Roma, Galleria Colonna
San Pietroburgo, Museo dell’Ermitage
Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio
Soprintendenza per i Beni Storici ed
Etnoantropologici per le province di Siena e Grosseto
Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici
di Roma
Soprintendenza Speciale per il Patrimonio
Storico, Artistico ed Etnoantropologico
e per il Polo Museale della città di Firenze
Opere esposte in riproduzione fotografica:
Bartolomeo di Giovanni, Ratto delle Sabine
Il Sodoma, Il Ratto delle Sabine
Gianbologna, Ratto delle Sabine
Ludovico Carracci, Ratto delle Sabine
Pieter Paul Rubens, Il Ratto delle Sabine
Pietro da Cortona, Il Ratto delle Sabine
Cavalier d’Arpino, Ratto delle Sabine
Nicolas Poussin, Il Ratto delle Sabine
Pietro Liberi, Il Ratto delle Sabine
Luca Giordano, Ratto delle Sabine
Tiepolo, Il Ratto delle Sabine
Jacques-Louis David, Riconciliazione tra Romani e Sabini
Primo Conti, Il Ratto delle Sabine
Franco Gentilini, Il Ratto delle Sabine
Pablo Picasso, Il Ratto delle Sabine (ispirato a David)
Indice
Nascita del progetto
Il Ratto delle Sabine - Installazioni artistiche da voci antiche
Ecole Boulle
Liceo Ginnasio “M.Terenzio Varrone”
Liceo Artistico ISARTE “A. Calcagnadoro”
9
15
19
23
I lavori degli studenti
Ecole Boulle
Liceo Artistico ISARTE “A. Calcagnadoro”
Liceo Ginnasio “M.Terenzio Varrone”
27
47
57
Contributi
Elena Tassi Scandone
Sabinae Raptae - Usi matrimoniali ed origine della città curiata
Giovanna Alvino
I Sabini. Profilo storico-culturale sulla base della documentazione archeologica
61
67
Approfondimenti
Le fonti
Il mito di Tarpea
Il Ver Sacrum
Il mito di Europa
Il mito di Persefone
Il mito di Elena
Bartolomeo di Giovanni
Il Sodoma
Giambologna
Ludovico Carracci
Pieter Paul Rubens
Pietro da Cortona
Cavalier d’Arpino
Nicolas Poussin
Pietro Liberi
Luca Giordano
Giovan Battista Tiepolo
Jacques-Louis David
Primo Conti
Franco Gentilini
Pablo Picasso
Arturo Martini
Il mito del Ratto delle Sabine nell’arte francese
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Supporti didattici / Educational Posters
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Rieti insiste su quel territorio tuttora chiamato Sabina che fin dagli esordi di Roma fu di fondamentale importanza per la crescita e lo sviluppo della città eterna. Secondo la storiografia antica,
la stirpe romana nacque proprio in seguito all’unione violenta, poi ricomposta, tra i Romani e i
Sabini, leggenda tramandata con il nome del “Ratto delle Sabine”. L’episodio, ricco spunto per
interpretazioni storiche e letture antropologiche, ha avuto una grande fortuna nella tradizione e
ha fornito ispirazione in varie epoche a produzioni artistiche e letterarie.
La mostra organizzata dal Museo Civico di Rieti ripropone l’episodio e lo rende attuale nel linguaggio delle installazioni realizzate dagli studenti dell’Ecole Boulle di Parigi e dell’Istituto d’Istruzione Superiore M. T. Varrone di Rieti.
L’esposizione è stata anche occasione per ribadire il forte legame esistente tra le istituzioni formative del territorio e la struttura museale. Il Museo, accanto a importanti materiali e opere d’arte
dell’esposizione permanente, propone eventi culturali rivolti al vasto pubblico, ma si rivolge con
un’attenzione speciale alla formazione e alla partecipazione di quanti vivono sul territorio, non
solo comunale.
Chi lavora con passione rivolta alla storia e all’archeologia del nostro territorio è ricompensato
della fatica dall’interesse che i giovani di queste scuole hanno dimostrato e dall’entusiasmo di
quanti hanno lavorato con impegno alla realizzazione di questo progetto.
Prof. Gianfranco Formichetti
Assessore alla Cultura del Comune di Rieti
Basilica Emilia, Il Ratto delle Sabine
I sec. a.C. - I sec. d.C.
Roma, Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma
Su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma
E sai ch'el fé dal mal de le Sabine
al dolor di Lucrezia in sette regi,
vincendo intorno le genti vicine.
Dante, Paradiso, canto VI
Eccovi alfine, o belle
dei vostri vincitori,
vincitrici adorate, eccovi spose.
Eccovi Nostre. Ah già che il Ciel vi rese
d’un impero nascente le più care speranze
Pietro Metastasio, Romolo ed Ersilia
[…]
Chi su li muli e chi su li somari,
Se scaricorno qui da la Sabbina
Ommini, donne, a turbe, a formicari,
E fra' ste donne c'ereno de quelle
Villane, sì, ma proprio carinelle.
[…]
La gente che nun c'era! Intorno ar Foro.
Ne' li parchetti dietro a le colonne,
C’ereno li romani e avanti a loro
Tutti li Sabbinesi co' le donne.
[…]
Trilussa, Il Ratto delle Sabine
7
Denarii in argento
di L. Titurius L. f. Sabinus con Tazio e punizione di Tarpea e Ratto delle Sabine, 89 a.C.
Roma, Museo Nazionale Romano (foto: Archivio SAR)
Su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma
Nascita del Progetto
Il Ratto delle Sabine
Installazioni artistiche da voci antiche
Il Ratto delle Sabine
Installazioni artistiche da voci antiche
Questo progetto è nato dalla volontà di cimentarsi con occhi
nuovi e moderni nella rappresentazione della leggenda del Ratto
delle Sabine, tema sfruttato dall’arte di diverse epoche e che
continua ad esercitare il suo potente fascino, sia per le interpretazioni antropologiche che per le letture in chiave storica.
Secondo la leggenda Romolo autorizzò il celebre Ratto in occasione di uno spettacolo organizzato nell’Urbe in onore del
dio Conso. L’azione di forza fu la risposta illegittima al tentativo
fallito da parte dei Romani di stringere alleanza con le popolazioni limitrofe, per ottenere donne da sposare e popolare
così il nuovo insediamento di Roma. Il rapimento scatenò l’ira
dei Sabini guidati da Tito Tazio, re di Cures. Inevitabile fu lo
scontro tra i due popoli. Una versione ricorda il tradimento
della giovane romana Tarpea, donna corrotta dall’oro sabino,
che avrebbe aiutato il nemico a penetrare le difese della città
per poi essere punita. Nonostante le intenzioni di Tito Tazio
fossero quelle di sconfiggere ed uccidere i Romani, l’intervento delle donne sabine divenute ormai mogli legittime, guidate da Ersilia, sposa di Romolo, risollevò la situazione
garantendo la cessazione delle ostilità e l’unione di questi due
popoli, che si concretizzò in una sorta di co-reggenza di Romolo e Tito Tazio.
Il Ratto delle Sabine fin dall’antichità è stato oggetto di riflessioni storiche e fonte di ispirazione artistica.
La leggenda, evocata con fierezza nei due denari fatti coniare
nell’89 a.C. dal magistrato monetale Lucio Titurio Sabino, fu
celebrata e immortalata nel fregio scolpito della Basilica Emilia
Ce projet a eté crée avec le propos de regarder d’ un oeil
nouveau et moderne l’image de la légende de l’Enlèvement
des Sabines, thème exploité par les artistes de plusieures
époques et qui continue d’exercer son charme puissant, soit
pour les interprétations antropologiques que pour les lectures
à caractère historique.
Selon la légende, Romulus ordonna le célèbre “Enlèvement“
au cours d’un spectacle organisé à Rome pour feter le dieu
Conso. Cette action violente a etè la réponse ilégitime à l’essai échoué de former une alliance avec les populations voisines, a fin de pouvoir marier des femmes et augmenter le
nombre des citoyens de Rome. L’enlèvement declancha la
colère des Sabins, sous le guide de Titus Tatius roi de Cures.
La guerre entre les deux peuples fut inévitable. Une légende
raconte d’une jeune fille romaine, Tarpea, corrompue par l’or
sabin, qui aida les ennemis à rentrer dans la ville et qui a eté
punie. Malgrè le propos de Titus Tatius de vaincrer et tuer les
Romains, les femmes sabines, déjà mariées avec les Romains, entrainées par Ersilia, épouse de Romulus, réconcilièrent le deux peuples, dont Romulus et Titus Tazio devinrent
rois ensemble.
L’Enlévement des Sabines depuis l’ antiquitè devint objet de
réflexions historiques et source d’inspiration artistique.
La légende, évoquée avec fiertè dans les deux monnaies forgèes en l’an 89 avant J.C. par le magistrat Lucius Titurius
Sabinus, fut célebré aussi dans un frise sculptè dans la Basilique Emilia au Forum Romain: l’épisode rappelait le glorieux
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Il Rat t o de lle S ab ine
del Foro Romano: l’episodio ricordava il glorioso passato dell’Urbe e testimoniava l’unione violenta, ma fruttuosa, dei due
popoli, simboleggiata da una vicenda che esaltava il mos maiorum degli antenati.
Successivamente diverse opere d’arte fecero riferimento a
questo racconto legato alla fondazione di Roma: dal Giambologna a Pietro da Cortona, dal Cavalier d’Arpino a Nicolas
Poussin, da Picasso ad Arturo Martini, gli artisti che hanno
voluto rappresentare questo episodio lo hanno fatto enfatizzandone l’aspetto che maggiormente li aveva colpiti.
La mostra “Il Ratto delle Sabine. Installazioni artistiche da voci
antiche”, partendo dall’antico, esplora le diverse espressioni
artistiche in un crescendo che termina nelle installazioni contemporanee e nei contenuti elaborati dal Museo Civico di Rieti,
dall’Ecole Boulle di Parigi, dal Liceo Artistico Isarte “A. Calcagnadoro” e dal Liceo Classico “M. Terenzio Varrone” di Rieti.
I lavori delle tre scuole coinvolte sottolineano le interpretazioni
antropologiche e storiche di un mito entrato con forza nell’immaginario collettivo attraverso dipinti, sculture, opere letterarie, cinematografiche e intermezzi comici: un archetipo reso
attuale dal linguaggio artistico contemporaneo scelto dagli
alunni, dai professori e dai collaboratori che hanno realizzato
il materiale per la mostra allestita nella Sezione Archeologica
del Museo Civico di Rieti.
Il percorso della mostra si inserisce nello spazio museale dialogando in particolare con i reperti archeologici conservati
nell’Ala dei Sabini e venuti alla luce in occasione degli scavi
effettuati dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio.
Tra i reperti di indubbia importanza scientifica si ricordano i
ricchi corredi funerari della necropoli di Poggio Sommavilla,
10
Installazioni artistiche da voci antiche
passè de l’Urbe et témoignait l’union violente mais fructueuse
des deux populations, symbolisé par un événement qui exalte
le mos maiorum des ancetres.
Plusieures oeuvres d’art, ensuite, ont été inspires par ce récit
lié à la fondation de Rome: artistes comme Giambologna, Pietro da Cortona, le Cavalier d’Arpino, Nicolas Poussin, Picasso
et Arturo Martini ont voulu représenter cet épisode marquant
le point qui les avait frappé le plus.
L’exposition inspirèes par d’anciennes légendes, à partir de
l’ancienne histoire, explore les nombreuses expressions artistiques jusqu’aux installations contemporaines développèe
par le Museo Civico di Rieti, l’Ecole Boulle de Paris, le Lycée
Artistique-Isarte “A.Calcagnadoro”, le Lycée Classique “M.
Terenzio Varrone” de Rieti.
Les oeuvres des trois écoles marquent les interprétations anthropologiques et historiques du mythe entré avec vigueur
dans l’imaginaire collectif avec peintures, sculptures, oeuvres
litéraires, cinematographiques et entractes humoristiques: un
archetype devenu actuel par le language moderne adopté par
les éleves, les enseignants, et les collaborateurs qui ont realisé les materiaux de l’exposition à la Section Archeologique
du Museo Civico di Rieti.
Le parcours de l’exposition s’encadre dans l’espace du
musée en rapport spécial avec les pièces archéologiques du
Rayon des Sabins, découverts pendant les fouilles de l’ Autoritè archéologique du Latium.
Entre les pieces plus importantes on signale les riches funéraires de la necropole de Poggio Sommavilla, site archéologique trés vaste d’une communauté sabine entre VIII et II
siècle avant J.C.
Nascita del Progetto
sito archeologico di notevole estensione utilizzato da una ricca
comunità sabina tra l’VIII secolo a.C. e la prima metà del II
secolo a.C.
I reperti venuti alla luce in località Fondo Stallone (Collevecchio-Rieti) costituiscono un’importante testimonianza della
produzione artigianale locale (anforette sabine ad impasto
buccheroide) e dei contatti commerciali (diretti o indiretti) che
questa popolazione ebbe con le etnie limitrofe della valle del
Tevere (situle in bronzo di produzione etrusca, ceramica falisca
a figure rosse) e con le civiltà contemporanee del mediterraneo (ceramica attica a figure rosse). Di rilevante interesse è
anche una sepoltura femminile apparentemente isolata, rinvenuta poco lontano in località “Collina dei Gelsi”, dove accanto ad un corredo funerario di tipo principesco (varia
ceramica di elevata fattura e un paio di sandali in bronzo) sono
stati ritrovati gli scheletri di cinque cani.
Les découvertes dans l’aire Fondo Stallone (CollevecchioRieti) répreséntent un important témoignage de la production
artisanale locale (petites amphores en terrecuite noire) et des
liasons commerciales que cette population eut avec les collectivité voisines dans la vallée du Tibre (objets en bronze de
production etrusque, céramique “falisca” à figures rouges) et
avec les civilisations mediterranéennes (céramiques grecques
à figures rouges). Trés interessante une tombe de femme
dans les alentour dans l’aire “Collina dei Gelsi”, ou à coté du
funéraire princier (céramiques à traitement trés raffiné et des
sandales en bronze) ont eté trouvé cinq squelettes de chiens.
Monica De Simone
Daniela Camardella
Monica De Simone
Daniela Camardella
11
Nascita del Progetto
La Sezione Archeologica del Museo Civico di Rieti è ubicata
al primo piano dell'ex Monastero di Santa Lucia, struttura risalente al XIII sec. d.C. inserita nel centro storico della città.
Le due aree del museo adibite all’esposizione presentano da
un lato i reperti archeologici della Collezione Civica, provenienti da scavi sporadici e collezioni private, e dall’altro (Ala
dei Sabini) i reperti venuti alla luce negli scavi effettuati in Sabina dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio.
Una terza area (Sala Mostre) è finalizzata agli allestimenti temporanei.
Tra i reperti di indubbia importanza scientifica esposti nella
Sezione Archeologica, si possono annoverare l’urna cineraria
a capanna (IX sec. a.C.) proveniente dalla necropoli di Campo
Reatino, il rilievo con scena di venatio proveniente da Trebula
Mutuesca, l’epigrafe di Oranius lustus (II sec. d. C.) da Rieti e
i ricchi corredi di alcune tombe di Poggio Sommavilla.
Campo Reatino
Urna a capanna, IX sec. a.C.
Museo Civico di Rieti
Le Section Archeologique du Museo Civico di Rieti est située au
premier étage du monastére de Santa Lucia, structure du XIII
siécle après J.C. dans le centre ville.
Les deux sections du Musée “Collezione Civica” et “Ala dei
Sabini” présentent d’un coté les pèeces de provenance des
fouilles occasionnelles et collections privées, de l’autre les
objets de provenance des fouilles conduites par l’Autorité Archeologique du Lazio.
Une troisiéme section (Sala Mostre) est dédiée aux expositions temporaires.
Entre le pièces d’importance scientifique majeure de la Section
Archeologique on peut voir une urne cinéraire à cabane, (IX siécle
avant J.C.) de provenance de la necropole de Campo Reatino, le
relief avec scène de venatio (chasse) de Trebula Mutuesca, l’épigraphe de Oranius Iustus (II siécle après J.C.) de Rieti, et le riche
ensemble des tombeaux de Poggio Sommavilla.
Rieti
Testa di Menade, II sec. d.C.
Museo Civico di Rieti
13
Il Rat t o de lle S ab ine
14
Installazioni artistiche da voci antiche
ecole boulle
Ecole Boulle
Nascita del progetto
Ecole Boulle
Genèse du projet
Questo progetto è nato dalla mia amicizia con Renato
Sciucca ed è l’espressione del mio affetto per la Sabina,
regione nella quale trascorro qualche settimana ogni anno
e che ho imparato, grazie al mio amico, a scoprire ed apprezzare per tutti i tesori che custodisce.
L’idea di far lavorare i miei studenti sulla tematica del
“Ratto delle Sabine” è nata nell’estate del 2008. All’inizio
avevamo pensato di realizzare alcune opere da esporre in
diverse località della Sabina dando vita a tappe di un percorso turistico.
L’adattamento attuale è stato deciso in occasione di una
visita alla Sezione Archeologica del Museo Civico di Rieti
(dalla notevole architettura e scenografia).
L’incontro nel luglio 2009 con la direttrice del Museo Civico, Dott.ssa Monica De Simone, è stato decisivo: senza
la sua energia non sarebbe stato possibile realizzare questo progetto.
Ce projet est avant tout né de mon amitié avec Renato
Sciucca (amoureux passionné de la Sabine) que je connais
depuis plus de vingt ans. C’est aussi l’expression d’un coup
de foudre pour cette région où je passe quelques semaines
tous les étés et que j’ai appris, grâce à mon ami, à découvrir
et à apprécier pour tous les trésors qu’elle recèle.
L’idée de faire travailler mes étudiants sur leur vision du mythe
est née durant l’été 2008. À l’origine, il s’agissait de réaliser
des œuvres qui seraient ensuite disséminées dans la Sabine
pour constituer les étapes d’un parcours touristique.
Son adaptation au lieu a été décidée plus tard, durant les
fêtes de fin d’année au hasard d’une promenade à Rieti et
de la visite de la section archéologique du Museo Civico, à
l’architecture et la scénographie remarquables.
La rencontre, en juillet 2009, avec la Dott.ssa Monica De
Simone, sa directrice, a aussi été décisive, sans elle et son
énergie, rien n’eût été possible.
L’Ecole Boulle è stata fondata nel 1886 ed è una delle quattro
scuole d’arte del Comune di Parigi. In origine era una scuola
specializzata nella formazione di professionisti dell’arredamento mentre oggi è divenuta una Scuola superiore di arti
applicate, un Istituto d’Arte e di Design.
Attualmente la scuola forma gli studenti facendoli specializzare in campi diversi che vanno dal design industriale a quello
per l’arredamento, dal design della comunicazione all’architettura di interni.
L’École Boulle, fondée en 1886, constitue l’une des quatre
écoles d’art de la ville de Paris. À l’origine école de formation
en métiers d’art pour les métiers de l’ameublement (ébénisterie, menuiserie en siège, montage en bronze, ciselure, tapisserie…), elle est aujourd’hui l’École supérieure de
l’ameublement et du cadre de vie, Lycée des métiers de
l’ameublement, de l’Architecture intérieure et du Design. Aujourd’hui, elle forme des générations de concepteurs dans
des domaines aussi variés que le design produit, le design
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Il Rat t o de lle S ab ine
La classe di ”perfezionamento in arti applicate”, della quale
mi occupo in particolare e che ha partecipato a questo progetto, è composta da diplomati in materie classiche e scientifiche che hanno familiarizzato con gli strumenti, le pratiche
e le metodologie relative ai differenti campi del Design per poi
specializzarsi o nei nostri corsi o in altre scuole d’arte (municipali, regionali o nazionali).
Questo progetto mi ha dato l’opportunità di mettere gli studenti di fronte alla realizzazione pratica di quanto appreso nel
corso di studi, facendogli conoscere la civiltà romana, culla
16
Installazioni artistiche da voci antiche
mobilier, le design de communication, l’architecture intérieure
et un grand éventail de métiers d’art. C’est la classe de “mise
à niveau en arts appliqués”, dont j’ai principalement la
charge, qui a pris en main le projet. Cette classe, composée
de bacheliers des séries classiques et scientifiques est une
classe passerelle qui leur permet en un an de s’initier aux
outils, aux pratiques et aux méthodologies propres aux différents champs du Design pour, ensuite, se spécialiser au sein
de classe de techniciens supérieurs où d’écoles d’art, municipales, régionales ou nationales. Ce projet était pour moi
ecole boulle
della cultura europea e in particolare di quella francese.
Il progetto è stato presentato alla mia classe all’inizio dell’anno
scolastico 2008 e le prime bozze sono state inviate a Renato
Sciucca, presidente dell’associazione culturale Faianius.
L’idea di proporre l’esposizione di queste opere al Museo Civico di Rieti è nata a dicembre dello stesso anno in occasione
del mio soggiorno in Sabina. Gli studenti hanno elaborato i
progetti selezionati adattandoli all’architettura della Sezione
Archeologica del Museo e li hanno realizzati a Giugno 2009.
L’estate dello stesso anno ho portato i miei alunni in Sabina
e abbiamo incontrato la Dott.ssa Monica De Simone, che è
stata immediatamente presa dal progetto e ci ha offerto il suo
aiuto per realizzarlo. Inoltre la direttrice del Museo ha proposto
di associare al progetto altre due scuole di Rieti: il Liceo Classico e l’Istituto d’Arte. Le installazioni realizzate per la mostra
sono state create dagli stessi studenti che hanno concepito il
progetto (anche se ora non sono più il loro professore e dei
18 studenti, solo 10 sono ancora oggi all’Ecole mentre gli altri
frequentano altre scuole di specializzazione).
Olivier Bizeray
l’occasion de les confronter à une réalisation concrète, à
l’échelle 1 et, qui plus est, de leur faire découvrir la civilisation Romaine, berceau des sociétés occidentales européennes, notamment française.
Dès la rentrée scolaire en septembre, le projet à été proposé
à la classe et les première esquisses ont été envoyées à Renato Sciucca qui préside l’association culturelle Faianius (dont
le but est de promouvoir la culture dans la province des Sabines) et une première sélection a été opérée par ses membres. En visite pour les fêtes de fin d’année, nous avons eu
l’idée de proposer au Museo Civico l’exposition de ces œuvres. Les étudiants ont ensuite fait évoluer les projets sélectionnés, pour les adapter à l’architecture du lieu, avant de les
réaliser à l’échelle 1, en juin 2009. L’été suivant, je les ai emportés en Sabine et nous avons rencontré la Dott.ssa Monica
De Simone qui a été aussitôt séduite par le projet et nous a
proposé son appui pour le rendre concret. C’est aussi elle
qui a eu l’idée d’y associer le Lycée Classique et l’École d’Art
de Rieti, avec laquelle elle est entrée en contact et qu’elle a
su convaincre de l’intérêt du projet. Les installations ont été
réalisée en partie par les étudiants qui ont conçu le projet,
(même si je ne suis plus aujourd’hui leur professeur et si sur
les 18 étudiants au départ, seuls 10 demeurent encore à
l’École aujourd’hui, les autres étant soit dans d’autres écoles
d’art, soit s’étant orientés vers d’autres filières).
Olivier Bizeray
17
IS TITUTO DI ISTRUZIONE SUPERIORE “M. T. VARRONE”
LICEO GINNASIO STATALE “M. TERENZIO VARRONE”
LYCÉE CLASSIQUE ”M. TERENZIO VARRONE”
La cultura ha un cuore antico
La culture a un cœur antique
La storia
Il Liceo Classico di Rieti “M. Terenzio Varrone” è la più antica
tra le scuole superiori reatine, anche se l’intitolazione al massimo erudito latino compare soltanto nel 1901.
1887-1907-1927, tre date che segnano la storia del liceo
reatino. Il primo Liceo comunale nella Rieti pontificia fu istituito
il 9 dicembre del 1815 ed inaugurato il 21 gennaio 1816.
Un Ginnasio comunale fu istituito nel 1861, pareggiato nel
1877 e regificato nel 1907.
Quanto al Liceo, l’istituzione della prima classe fu sancita nel
1887.
Divenne regio Liceo-Ginnasio “M. Terenzio Varrone” nel 1907.
Nel gennaio del 1927 l’Istituto ebbe la sua sede definitiva,
ancora attuale al Palazzo degli Studi.
L’histoire
Le Lycée Classique ”M. Terenzio Varrone” est la plus ancienne
des écoles supérieures de Rieti, même si ce nom du très important érudit latin n’a été donné qu’en 1901.
1887-1907-1927, sont trois dates marquantes de l’histoire
du Lycée de Rieti. Le premier Lycée communal dans la Rieti
des Papes a été fondé le 9 décembre 1815 et inauguré le
21 Janvier 1816.
Un premier cycle communal d’enseignement supérieur (en
italien “ginnasio”) a été fondé en 1861 et étatisé en 1877 et
1907. Quant au deuxième cycle d’enseignement supérieur
(en italien “liceo”), il le fut en 1887. En 1907, il est devenu
le lycée régional ”M. Terenzio Varrone”. En Janvier 1927 l’Institut a eu son siège dans l’actuel Palais des Etudes.
La scuola oggi: fisionomia e struttura
Attualmente, dall’anno in corso scolastico (2010-2011), è
nato l’Istituto di Istruzione Superiore “M. T. Varrone”, che comprende l’omonima sezione del Liceo Classico e la sezione del
Liceo Artistico “Antonino Calcagnadoro”.
L’ecole aujourd’hui: physionomie et structure
Actuellement, depuis cette année scolaire, l’Institut d’Instruction Supérieure “M. T. Varrone” est composé de la section
du Lycée Classique du même nom et de la section du Lycée
Artistique “A.Calcagnadoro”.
Il Liceo Classico comprende tre corsi-indirizzi (tutti quinquennali:
IV e V ginnasio, I, II e III liceo): uno secondo il quadro ministeriale
già articolato tra materie dell’area storico-filosofico-letteraria e
materie dell’area scientifica; uno con potenziamento della matematica; uno con l’integrazione dello studio della seconda lingua
Le Lycée Classique comporte trois orientations, toutes d’une
durée de cinq ans (4e et 5e du 1er cycle, 1e, 2nde et 3e du
second cycle): dans le cadre d’un schéma ministériel, la première articule histoire, philosophie et lettres avec les enseignements scientifiques; la seconde, avec le renforcement des
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Il Rat t o de lle S ab ine
straniera (francese o spagnolo).
Vari e numerosi sono i progetti e le iniziative, sia curricolari
che extracurricolari: attività musicali (Coro, Orchestra, Stage
Danza), teatro, cineforum, laboratorio di lettura, scambi culturali, giornalino, gruppo sportivo…inoltre il concorso Certamen Varronianum Reatinum, aperto anche a studenti stranieri,
nato nel 2003, con la collaborazione dell’Associazione ex
alunni e di docenti di autorevoli università italiane.
Rapporti con il museo
Nell’ambito delle attività del Bimillenario della nascita dell’imperatore Tito Flavio Vespasiano (2009), è stata inaugurata la
mostra “Divus Vespasianus. Il Bimillenario dei Flavi, Reate e
l’Ager Reatinus,” nella quale sono state presentate anche
esperienze didattiche, frutto di un progetto triennale a classi
aperte, degli alunni del Liceo Classico “M. Terenzio Varrone”.
Inoltre, alcuni studenti, in particolare, sotto la guida del personale del Museo stesso hanno collaborato in qualità di “mediatori culturali” nei confronti degli studenti più giovani delle
classi ginnasiali, che hanno avuto modo di apprezzare l’evento
oltre che per il suo spessore culturale anche per le modalità
di comunicazione e di divulgazione scelte.
Tale positiva esperienza prosegue attualmente (a.s. 20102011, classi II D e III C), con “Il Ratto delle Sabine”, progetto
promosso e coordinato dal Museo Civico di Rieti. A partire dal
tema specifico e dall’esame delle fonti antiche, il Liceo Classico ha condotto una ricerca che ha riguardato anche i Miti
di Ratto ( Elena, Europa, Persefone, etc.); il Ratto nel rito del
matrimonio; il Rapimento nella legislazione.
Obiettivi specifici, proprio a partire dai testi classici, sono stati:
20
Installazioni artistiche da voci antiche
mathématiques, la troisième, avec l’intégration d’une seconde
langue étrangère (Français ou Espagnol). Les projets et les
initiatives, tant scolaires qu’extrascolaires, sont nombreux:
musique (Cœur, Orchestre, Stage de Danse), théâtre, cinéclub,
laboratoire de lecture, échanges culturels, petit journal, groupes sportifs… avec en plus le concours, établi en 2003, Certamen Varronianum Reatinum, ouvert aussi aux étudiants
étrangers, avec la collaboration de l’Association des anciens
élèves et de professeurs de prestigieuses universités italiennes.
Relations avec le musee
Dans le cadre des festivités du Bimillénaire (2009) de la naissance de l’empereur Tito Flavio Vespasiano, a été inaugurée
l’exposition “Divus Vespasianus: Le bimillénaire des Flaviens,
Reate et l’Ager Reatinus”, où ont été présentées les expériences didactiques des élèves du Lycée, fruit d’un projet de trois
ans en classes décloisonnées. En outre, beaucoup d’entre eux
ont collaboré, en qualité de “médiateurs culturels“ et avec
l’aide du personnel du Musée, à une action de sensibilisation
à destination du jeune public, qui a eu les moyens d’apprécier
l’événement tant pour sa valeur culturelle que grâce à la manière adoptée pour le communiquer et le rendre lisible.
Cette expérience positive continue aujourd’hui (classe II D et
III C) avec “L’Enlèvement des Sabines”, projet encouragé et
coordonné par le Museo Civico di Rieti et l’Ecole Boulle de
Paris. À partir de ce thème spécifique et de l’examen des anciennes sources antiques, le Lycée Classique a effectué une
recherche sur les “mythes” de l’enlèvement (Hélène, Europa,
Perséphone, etc.), l’Enlèvement dans le rite du mariage,
l’Enlèvement selon la loi. À partir des textes classiques, les
IS TITUTO DI ISTRUZIONE SUPERIORE “M. T. VARRONE”
ricercare il legame con il territorio, i suoi miti, le sue leggende,
la sua storia; ampliare l’attività di ricerca; potenziare la capacità di individuare collegamenti interdisciplinari utilizzando linguaggi specifici; acquisire competenze spendibili in contesti
più articolati. Si aggiungono obiettivi cognitivi trasversali come:
potenziare l’interesse per il patrimonio culturale quale fondamento della civiltà europea; sviluppare la curiosità cognitiva
e la capacità di rielaborazione; motivare alle attività di gruppo
ed educare al lavoro di équipe; promuovere la padronanza
della multimedialità e la conoscenza delle lingue.
Il Liceo Classico, nel corso delle attività progettuali, ha organizzato per le classi coinvolte una conferenza di grande interesse scientifico sul tema “Il Ratto delle Sabine” tenuta dal
Prof. Lucio Ceccarelli dell’Università dell’Aquila, già collaboratore per il Certamen Varronianum Reatinum.
objectifs ont été: la recherche des relations avec la province
des Sabines, ses mythes, ses légendes, son histoire, le développement de la recherche; l’amélioration de la capacité de
trouver les relations entre les différents domaines, l’usage
d’expressions spécifiques; l’acquisition des capacités utiles
dans des contextes plus complexes. Il faut ajouter des objectifs
de connaissances transversales: amélioration de l’intérêt pour
le patrimoine culturel européen; développement de la curiosité
envers la connaissance et la capacité de son utilisation; la motivation pour le travail en équipe; l’amélioration de la maitrise
du “multimédia” et de la connaissance des langues.
Le Lycée Classique, au cours du projet, a prévu pour les élèves concernés une conférence d’un très grand intérêt scientifique sur le thème de “L’Enlèvement des Sabines” par le
professeur Lucio Ceccarelli de l’Université de L’Aquila, collaborateur du Certamen Varronianum Reatinum.
Gli studenti hanno detto che:
“…il Liceo Classico fa sì che riusciamo a fare della nostra
passione il nostro futuro” (intervista a “Il Tempo” del 17 Novembre 2010)
Les élèves ont déclaré:
“…le Lycée Classique fera de notre passion notre futur” (interview au journal il Tempo)
Anche a nome degli studenti la Scuola ringrazia la Direttrice
del Museo di Rieti, Dott.ssa Monica De Simone con i suoi Valenti Collaboratori per la disponibilità, competenza e sensibilità
dimostrate, le Scuole Partner per la collaborazione.
Non resta che un invito rivolto a tutti a visitare la Mostra.
Au nom des élèves, l’école remercie la Directrice du Musée de
Rieti, la Dott.ssa Monica de Simone et ses Valeureux Collaborateurs pour la disponibilité, la compétence et la sensibilité, et
les Ecoles qui ont participé pour leur collaboration.
Il ne reste plus qu’à inviter tout le monde à visiter l’Exposition.
Le referenti del progetto
Nadia Laudazi e M. Rosaria Rotilio
Responsable du projet,
Nadia Laudazi et M. Rosaria Rotilio
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IS TITUTO DI ISTRUZIONE SUPERIORE “M. T. VARRONE”
LICEO ARTISTICO-ISARTE “A. CALCAGNADORO”
LYCÉE ARTISTIQUE-ISARTE “A. CALCAGNADORO”
Il Liceo Artistico “A. Calcagnadoro” è, da più di quarant'anni,
un riferimento ineludibile nel territorio provinciale per chi desideri avvicinarsi alla cultura artistica nelle sue poliedriche declinazioni. Come nella realtà che ci circonda, l'istruzione
artistica si articola negli indirizzi della grafica digitalizzata e
del web, della fotografia, della moda e del costume, del disegno industriale come nello studio e nella riscoperta dei beni
culturali.
Patrimonio del Calcagnadoro è oggi la sistematizzazione di
un metodo sinergico messo a punto dopo una intensa e proficua sperimentazione, spesso pionieristica ma mai avventurosa, ove trovano sintesi il sapere ed il sapere fare. La
metodologia di lavoro coniuga e potenzia le risorse interne
alla scuola grazie alle diverse competenze poste in essere dai
docenti, intrinseche nelle discipline teorico-pratiche e negli
indirizzi. Il trait-d’union è sempre un corretto metodo di ricerca, autentico e consapevole, scientifico e rigoroso, animato
da un'innata spinta verso ciò che è personale, originale e
creativo.
Per tali ragioni il Calcagnadoro ha scelto di svolgere questa
ennesima esperienza in collaborazione con l'istituzione museale centrale nella vita culturale della provincia: il Museo Civico di Rieti. Il lavoro, articolato su più classi, offre proposte
per una didattica museale, elabora una rivisitazione contemporanea di temi tanto antichi quanto mai attuali affinché il manufatto antico, di cui il museo è depositario e scrupoloso
conservatore, continui ad essere parlante attraverso la reinvenzione di codici linguistico-espressivi vicini alla sensibilità
Le Lycée Artistique “A.Calcagnadoro” est, depuis plus de quarante
ans, une référence dans le territoire provincial pour ceux qui
s’intéressent à la culture artistique sous toutes ses formes. Tout
comme dans la réalité qui nous entoure, l’instruction artistique
est orientée vers le graphisme numérique et le webdesign, la
photo, la mode, le design industriel, ainsi que vers l’étude et la
redécouverte du patrimoine culturel.
Aujourd’hui, la mise en place d’une “méthode synergique”, souvent
à l’avant-garde mais jamais aventureuse, mise au point après une
intense et féconde expérimentation, fait partie du patrimoine de la
“Calcagnadoro”; méthode qui allie connaissance et savoir-faire.
Cette méthodologie de travail combine et met à profit les ressources
internes de l’école avec les compétences des enseignants, propres
aux disciplines théoriques et pratiques, et à l’orientation. Le trait
d’union est toujours une méthode d’investigation valide, authentique et consciente, scientifique et rigoureuse, animée par une tendance innée vers ce qui est personnel, original et créatif.
C’est pour ces raisons que la “Calcagnadoro” a choisi de participer
à cette expérience, en collaboration avec l’institution muséale centrale de la vie culturelle de la province: Le “Museo Civico di Rieti”.
Le travail, articulé sur plusieurs classes, propose une didactique
muséale, établit une réinterprétation contemporaine de sujets tout
aussi bien antiques qu’actuels, de sorte que l’objet manufacturé
antique, dont le musée est le dépositaire et scrupuleux gardien,
continue à communiquer en réinventant des codes linguistiques et
expressifs, proches de la sensibilité des jeunes étudiants d’école
supérieure. La synergie entre la “Calcagnadoro” et le Département
de la Culture de la municipalité de Rieti a une longue histoire. Au
23
Il Rat t o de lle S ab ine
di giovani studenti di scuola superiore.
La sinergia tra il Calcagandoro e l'Assessorato alla Cultura
del Comune di Rieti ha una lunga storia.
Nell’anno scolastico 1997-98 la scuola, aveva adottato, in occasione della Settimana dei Beni Culturali, Le Muse del vestibolo del Teatro Flavio Vespasiano di Rieti realizzate nel 1916
dal pittore reatino Antonino Calcagnadoro, artista a cui non
casualmente è intitolata la scuola.
In questi ultimi dieci anni, nel solco di quella pionieristica metodologia didattica che vedeva gli studenti impegnati anche
fuori dalle aule scolastiche e all’interno di musei, archivi,
chiese e biblioteche, sono nati altri progetti: “Isarcheo. L'Isarte
incontra l'archeologia”, “Gioca con il museo in rete”, “Adotta
un monumento”, “Calcagnadoro Rieti-Roma. Andata e ritorno”, “Viaggio nella didattica museale”, “Fare Futurismo.
Sperimentare l'idea”, nonché gli eventi per commemorare
il celebre artista reatino Antonio Gherardi, “un genio bizzarro
nella Roma del Seicento” ed infine il “Quarantennale dell'Istituto”, nel dicembre del 2008, celebrato anche presso
la Biblioteca Comunale e nelle sale del Museo Civico.
Nella veste di referente del progetto ho il dovere, ma soprattutto il piacere di ringraziare tutti coloro che a diverso titolo
hanno reso possibile questa ennesima esperienza che si è felicemente conclusa grazie all'entusiasmo ed alla generosità
degli studenti, ma soprattutto grazie alla determinazione, disponibilità e professionalità dei docenti mai stanchi di dare
nuove risposte a nuove domande.
La referente,
prof.ssa Letizia Rosati
24
Installazioni artistiche da voci antiche
cours de l’année scolaire 1997-98 l’école avait adapté, au cours
de la “Settimana dei Beni Culturali”, l’œuvre La Muse, réalisée
durant l’année 1916 par le peintre local Antonino Calcagnadoro,
artiste qui a donné son nom à l’école. Cette exposition avait eu lieu
dans la hall du Théâtre Flavio Vespasiano de Rieti. Au cours des
dix dernières années, dans le sillage de la méthodologie didactique
que vivent les étudiants en dehors des salles de classe et à l’intérieur des musées, archives, églises et bibliothèques, d’autres projets
ont été réalisés: “Isarcheo. L’Isarte incontra l’Archeologia” (institut
supérieur d’archéologie et institut supérieur d’art à la rencontre de
l’archéologie), “Gioca con il Museo in rete” (joué en réseau avec le
musée), “Adotta un Monumento” (adopté un monument), “Calcagnadoro Rieti-Roma. Andata e ritorno” (Calcagnadoro Rieti-Rome.
Aller et retour), “Viaggio nella didattica museale” (Voyage dans la
didactique muséale), “Fare Futurismo. Sperimentare l’idea” (Faire
Futurisme. Expérimenter l’idée), la commémoration du célèbre artiste de Rieti Antonio Gherardi, ”un génie bizarre dans la Rome du
17e” , sans oublier les ”Quarante ans” de l’Institut, en décembre
2008, célébrés aussi dans les salles de la Bibliothèque Communale
et du Musée Civico.
En tant que responsable du projet j’ai le devoir, mais surtout le
plaisir de remercier tous ceux qui ont contribué à cette énième expérience, rendue possible grâce à l’enthousiasme et à la générosité
des étudiants, mais surtout grâce à la détermination, la disponibilité
et le professionnalisme des enseignants, jamais las d’apporter de
nouvelles réponses aux nouvelles demandes.
Responsable du projet,
prof.ssa Letizia Rosati
Il Rat t o de lle S ab ine
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Installazioni artistiche da voci antiche
I LAVORI degli studenti
Ecole Boulle
Ecole Boulle
Omaggio a Keith Haring
Hommage à Keith Haring
trittico, acrilico su tela
triptyque, acrylique sur toile
Ideazione
Camille Alain (oggi studentessa della Scuola Superiore
di Arti Applicate Duperré, Parigi, secondo anno di design
di interni)
Conception
Camille Alain (aujourd’hui étudiante à l’Ecole Supérieure des
Arts Appliqués Duperré, Paris, en 2e année de design
d’espace)
Realizzazione
Camille Alain e Justine Coubard (oggi studentessa al secondo
anno di design della comunicazione indirizzo spazio e volume,
Ecole Boulle, Parigi)
Réalisation
Camille Alain et Justine Coubard (aujourd’hui étudiante en
2e année de design de communication option espace et volume, à l’Ecole Boulle, Paris)
L’artista newyorkese Keith Haring (1958-1990) è stato uno tra
i più celebri esponenti dell’arte americana degli anni ’80 del
secolo scorso. Conosciuto per l’ innovativo linguaggio pittorico
utilizzato, è stato un rappresentate della “Bad Painting”.
Il suo lavoro si è ispirato all’arte di strada, in particolar modo
ai graffiti newyorkesi. I suoi temi ricorrenti mescolano amore,
sessualità e violenza e le sue opere ripetono instancabilmente
figure di bambini che camminano carponi.
Sebbene non abbia mai trattato il tema del Ratto delle Sabine
(senza dubbio non né ha avuto tempo, visto che è morto di
AIDS all’età di 31 anni) la sua opera è stata fonte di ispirazione
per questa installazione, che vuole rendergli omaggio utilizzando il suo inconfondibile linguaggio pittorico.
Keith Haring (1958-1990), artiste new-yorkais fut une véritable étoile filante de l’art américain des années 80. Il a incarné le renouveau de la figuration et fut l’une des têtes de
file du “Bad Painting”. Son travail très graphique, est inspiré
par l’art des rues, et notamment par le graffiti new-yorkais.
Ses thèmes de prédilection mêlent, notamment, amour, sexualité et violence et ses tableaux répètent inlassablement la
figure de bébés déambulant à quatre pattes. Il n’a jamais
traité directement le thème de l’Enlèvement des Sabines
(sans doute n’en a-t-il pas eu le temps, emporté par le sida
à l’âge de 31 ans), et pourtant son œuvre y fait écho, aussi,
lui rendre hommage en donnant ce qu’aurait pu être sa vision
du mythe semblait tomber sous le sens.
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Il Rat t o de lle S ab ine
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Installazioni artistiche da voci antiche
Il trittico si compone di tre diversi tributi a opere che possono
essere considerate alla base dell’iconografia del mito.
Le triptyque se compose de trois hommages à des œuvres
qui font figure de jalon dans l’iconographie du mythe.
Il primo riprende l’impostazione di Giovanni Antonio Bazzi,
detto Il Sodoma (1477-1549). I Romani sono rappresentati
come esseri mostruosi che indossano maschere di lupo.
La gestualità dei personaggi ed i colori utilizzati sono ispirati a quelli del Sodoma, ma il linguaggio è quello di Keith
Haring.
Le 1er panneau reprend l’organisation du célèbre tableau de
Giovanni Antonio Bazzi, dit Le Sodoma (1477-1549) qui initie,
en 1506, le retour du mythe dans l’art romain de la renaissance. Les Romains sont incarnés par des êtres monstrueux
au masque de loup. Les attitudes simplifiées et les couleurs
reprennent celles du tableau original.
Il secondo pannello rende omaggio al quadro di Nicolas Poussin (1637-1638) realizzato per il cardinale Luigi Omodei ed
esposto al Museo del Louvre di Parigi. L’impostazione grafica
e cromatica originale è stata tradotta secondo il linguaggio di
Keith Haring.
Le second panneau rend hommage à Nicolas Poussin et revisite avec les mêmes codes graphiques et colorés la seconde version (1637-1638) du tableau réalisée pour le
cardinal Luigi Omodei et présentée au Musée du Louvre à
Paris.
L’ultimo pannello rende omaggio a Le Sabine (1799) di Jacques-Louis David (1748-1825). Vi si ritrovano due dei motivi
ricorrenti di Keith Haring: il Bambino Radiante (Radiant Baby)
ed il bambino che cammina carponi.
Le dernier panneau, lui, rend hommage à la célèbre Intervention des Sabines (1799) de Jacques-Louis David (17481825) traité avec le même système graphique que les deux
premiers panneaux. On y retrouve la figure des bébés, brandis ou déambulant à quatre pattes, si chère à Keith Haring.
I LAVORI degli studenti
Ecole Boulle
Hommage à Keith Haring - triptyque (panneau 1)
Omaggio a Keith Haring - trittico (pannello 1)
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Il Rat t o de lle S ab ine
Ecole Boulle
Hommage à Keith Haring - triptyque (panneau 2)
Omaggio a Keith Haring - trittico (pannello 2)
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Installazioni artistiche da voci antiche
I LAVORI degli studenti
Ecole Boulle
Hommage à Keith Haring - triptyque (panneau 3)
Omaggio a Keith Haring - trittico (pannello 3)
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Il Rat t o de lle S ab ine
Ecole Boulle
Omaggio a Keith Haring - trittico (pannello 3)
Hommage Keith Haring - triptyque (panneau 3)
Ecole Boulle
À travers le texte
Attraverso il testo
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Installazioni artistiche da voci antiche
EC O LE B O ULLE
I LAVORI degli studenti
Attraverso il testo
À travers le texte
installazione
installation
Ideazione
Zoé Piter (oggi studentessa del secondo anno di design
d interni alla Ecole Boulle, Parigi)
Conception
Zoé Piter (aujourd’hui étudiante en 2e année de design
d’espace à l’École Boulle, Paris)
Realizzazione
Zoé Piter, Victor De Cooman, Agathe Duval, Chloé Huitric, Colombine
Ruiz, Romain Solier con la collaborazione di altri studenti
Réalisation
Zoé Piter, Victor De Cooman, Agathe Duval, Chloé Huitric,
Colombine Ruiz, Romain Solier et d’autres
L’idea alla base di questa installazione, progettata per essere
collocata nell’atrio del Museo, è rendere l’azione visibile ”fra
le righe”.
Il testo originale in latino di Tito Livio è in effetti più allusivo che
descrittivo ed evoca l’episodio in maniera sintetica.
Sulle tele, che riportano il testo originale dello storico romano,
sono state ritagliate le sagome dei personaggi che incarnano
differenti momenti del rapimento.
L’idée directrice de l’installation, prévue depuis le début pour
les arcades de l’entrée principale du Musée, était de rendre
l’action visible “entre les lignes”.
Le texte original en latin de Tite-Live est en effet plus allusif
que descriptif et narre de manière elliptique l’action. Dans les
toiles, sur lesquelles est écrit le texte original, se découpent
les silhouettes de personnages en action qui incarnent différents moments de l’épisode de l’enlèvement.
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Il Rat t o de lle S ab ine
Ecole Boulle
Pixels
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Installazioni artistiche da voci antiche
EC O LE B O ULLE
I LAVORI degli studenti
Pixels
Pixels
stampa digitale realizzata su tela
impression numérique marouflée sur toile
Ideazione
Solène Michel (oggi studentessa del secondo anno di
design di interni)
Conception
Solène Michel (aujourd’hui étudiante à l’école Boulle
en 2e année de design d’espace)
Realizzazione
immagine-Solène Michel con l’aiuto del software
“Andrea’s Mosaic”
Réalisation
image-Solène Michel avec l’aide du logiciel
“Andrea’s Mosaic”
Il mito del Ratto delle Sabine ha avuto un grande successo
nell’arte occidentale ed è stato rappresentato secondo iconografie diverse, ricche e vivaci. Queste iconografie si sono nutrite
le une delle altre a tal punto che ogni opera contiene gli echi
della tradizione che l’ha preceduta. Al fine di rappresentare le
influenze reciproche che le iconografie hanno esercitato tra di
loro, l’immagine del celebre quadro di Jacques-Louis David,
esposto al Louvre a Parigi, è stato partizionato in pixels, con
ogni pixel costituito da immagini tratte dalle differenti rappresentazioni iconografiche.
Le mythe de l’Enlèvement des Sabines et sa représentation
ont eu un tel succès au cours des siècles dans l’art occidental, qu’ils constituent une iconographie riche et vivante, encore aujourd’hui. Plus que le texte lui-même, ces images font
figure de référence dont les apports se nourrissent les uns
les autres dans de multiples échos. C’est pour signifier ces
influences croisées que l’image emblématique incarnée par
le célèbre tableau de Jacques-Louis David, présenté au Louvre à Paris, a été pixélisée avec des images issues des différentes représentations du mythe.
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Il Rat t o de lle S ab ine
Installazioni artistiche da voci antiche
Ecole Boulle
Ombres
Ombre
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EC O LE B O ULLE
I LAVORI degli studenti
Ombre
Ombres
installazione, proiezione a parete
installation, projection sur les murs du musée
Ideazione
Clarisse Lochmann (oggi al secondo anno di Design della
comunicazione del Liceo Auguste Renoir, Parigi)
Conception
Clarisse Lochmann (aujourd’hui en 2e année de design de
communication au Lycée Auguste Renoir, Paris)
Realizzazione
collettiva degli studenti in visita a Rieti
Réalisation
collective par les étudiants en visite à Rieti
Questa installazione luminosa intende far percepire, all’interno del museo, la diffusa presenza del mito del Ratto
delle Sabine.
La proiezione delle ombre, grazie a filtri appositamente
realizzati, sulle pareti delle sale del Museo ha come obiettivo quello di “disturbare” la leggibilità dei reperti archeologici esposti, ricordando che la civiltà che li ha prodotti
è nata, secondo la leggenda, grazie al rapimento delle
donne sabine.
L’idée de cette installation lumineuse était de faire ressentir,
partout dans le musée la présence de ce mythe fondateur de
la civilisation romaine à laquelle il est consacré. Des “filtres”
transparents peints projettent sur les parois des salles les
ombres des protagonistes de l’action tels que représentés
dans l’iconographie du mythe. L’objectif est de perturber la
lisibilité des pièces archéologiques présentées en rappelant
que la civilisation qui leur a donné naissance est issue de ce
rapt scandaleux.
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Il Rat t o de lle S ab ine
Ecole Boulle
Comics
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Installazioni artistiche da voci antiche
EC O LE B O ULLE
I LAVORI degli studenti
Comics
Comics
acrilico su tela
acrylique sur toile
Ideazione
Adeline Liaigre (oggi al secondo anno di design della comunicazione-orientamento stampa, al Liceo Paul Ledermann
di Sèvres, Hauts de Seine, regione di Parigi)
Conception
Adeline Liaigre (aujourd’hui en 2e année de design de communication option print, au Lycée Paul Ledermann de Sèvres,
Hauts de Seine, région parisienne)
Realizzazione
Adeline Liaigre, Léonard Bonnote, Frédéric Lessellier,
Colombine Ruiz ed altri
Réalisation
Adeline Liaigre, Léonard Bonnote, Frédéric Lesselier,
Colombine Ruiz et autres
Si tratta di una versione umoristica e anticonformista
che offre una traduzione popolare attraverso l’universo delle serie animate americane e giapponesi.
Nell’era di internet, dell’onnipotenza dell’immagine in
tutte le sue forme e della globalizzazione culturale, i
miti occidentali sono stravolti e non sopravvivono se
non in un’immagine sbiadita e superficiale colma di
supereroi di cartone.
C’est une version humoristique et décalée qu’offre cette
transcription triviale du mythe dans l’univers des séries animées américaines et japonaises. À l’heure d’internet, de la
toute puissance de l’image, sous toutes ses formes, et de
la mondialisation culturelle, les mythes fondateurs de l’occident sont submergés et ne subsistent plus que sous la
forme d’une image amoindrie et superficielle remplie de
super-héros de pacotille.
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Il Rat t o de lle S ab ine
Ecole Boulle
Points de vue
Punti di vista
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Installazioni artistiche da voci antiche
EC O LE B O ULLE
I LAVORI degli studenti
Punti di vista
Points de vue
stampa digitale su “volume ottico”
impression numérique sur “volume optique”
Ideazione
Lina Brauch e Maylis Rousselot (studentesse del secondo
anno di design di interni alla Ecole Boulle, Parigi)
Conception
Lina Braouch et Maylis Rousselot (étudiantes en 2e année de
design d’espace à l’Ecole Boulle, Paris)
Realizzazione
Lina Brauch e Maylis Rousselot
Réalisation
Lina Braouch et Maylis Rousselot
La rappresentazione del Ratto delle Sabine diventa, a partire dal XVI secolo, occasione per rappresentare corpi di
uomini e donne nudi immortalati in atteggiamenti sensuali.
Il celebre gruppo scolpito dal Giambologna (1529-1608)
ed esposto nella Loggia dei Medici a Firenze, presenta una
visione idealizzata e sensuale del rapimento e della violenza subita dalle donne sabine.
In realtà la brutalità espressa da questi abbracci forzati,
appena suggeriti nel testo di Tito Livio, è più vicina a quella
descritta, in un altro contesto, dal gruppo Ercole e Caco,
scultura realizzata su commissione di Vicino Orsini per il
suo “Bosco Sacro” di Bomarzo, in provincia di Viterbo.
Questa immagine cruda e violenta sembra corrispondere
meglio alla realtà delle violenze subite dalle Sabine.
La représentation du mythe des Sabines devient, dès le XVIe
siècle, l’occasion de représenter les corps entremêlés d’hommes et de femmes dénudés dans des postures emplies de
sensualité. Le célèbre groupe sculpté de Jean de Boulogne
(1529 -1508), présenté dans la Loggia des Médicis à Florence atteint un sommet en donnant de l’action du rapt et du
viol cette vision idéalisée et sensuelle. Pourtant, la réalité brutale et triviale de ces étreintes forcées, à peine suggérées
dans le texte de Tite-Live, a du revêtir une toute autre réalité;
à l’instar celle décrite, dans un autre contexte et à un autre
sujet, par le groupe sculpté commandé par Vicino Orsini pour
son “Bosco Sacro” de Bomarzo (province de Viterbe). Cette
image violente et crue parait mieux correspondre à la réalité
des viols subis par les Sabines.
41
Ecole Boulle
Points de vue
Punti di vista
Ecole Boulle
Points de vue
Punti di vista
Il Rat t o de lle S ab ine
Ecole Boulle
Anthropométries
Antropometrie
44
Installazioni artistiche da voci antiche
EC O LE B O ULLE
I LAVORI degli studenti
Antropometrie
Anthropométries
impronte su carta incollata su tela
empreintes sur papier marouflé sur toile
Ideazione
Justine Coubard (attualmente studentessa del secondo anno
di design della comunicazione - orientamento spazio e volume,
Ecole Boulle di Parigi)
Conception
Justine Coubard (aujourd’hui étudiante en 2e année de design de communication option espace et volume, à l’Ecole
Boulle, Paris)
Realizzazione
Justine Coubard, Zoè Piter, Léonard Bonnote, Romain
Solier
Réalisation
Justine Coubard, Zoé Piter, Léonard Bonnote, Romain
Solier
Alla fine degli ’50 del XX secolo Yves Klein, esponente
del “Nouveau Réalisme”, eseguì in pubblico, davanti al
gotha mondano della scena artistica e politica parigina,
le sue Antropometrie, performance artistiche in cui i
corpi delle modelle nudi e cosparsi di blu vennero utilizzati come pennelli viventi sulla tela dell’artista.
Questa opera propone una visione concreta e a scala
reale dei corpi in movimento, ispirata alle performance
del celebre artista francese.
À la fin des années 50, Yves Klein, chef de file des “nouveaux
réalistes” réalise en public, devant le gotha mondain de la
scène artistique et politique parisienne ses Anthropométries.
Ces “happenings” consistent à utiliser ses modèles nues
comme des pinceaux vivants en leur demandant de marquer
la toile de leurs empreintes après les avoir enduites de peinture, le célèbre bleu Klein.
Cette réalisation propose, en tirant les leçons du procédé
d’Yves Klein, de donner une vision concrète et de créer une
image à l’échelle 1 sous forme d’empreintes dont la lisibilité
est perturbée par les mouvements de l’action.
45
Il Rat t o de lle S ab ine
46
Installazioni artistiche da voci antiche
I LAVORI degli studenti
Liceo Artistico - ISARTE “A. Calcagnadoro”
Lycée Artistique-ISARTE “A. Calcagnadoro”
Il Ratto delle Sabine.
Installazioni artistiche
da voci antiche, voci moderne
Il Ratto delle Sabine.
Installazioni artistiche
da voci antiche, voci moderne
videoinstallazione, materiale e tecniche miste
installation vidéo, matériaux et tecniques mixtes
Ideazione
Prof. ssa M. Beatrice Valletta
Projet
Prof.ssa M. Beatrice Valletta
Realizzazione
alunni delle classi II C e III A del Liceo Artistico-Isarte
A. Calcagnadoro, a.a. 2010-2011
Réalisation
elèves des classes II C - III A du Licée Artistique-Isarte
A.Calcagnadoro-année scolaire 2010-2011
Il Ratto delle Sabine affonda le sue radici nella storia
leggendaria di Roma. Per questo motivo è stata scelta
come fulcro della videoistallazione una struttura verticale
e cilindrica che ha lo scopo di rivisitare la celebre Colonna Traiana. Questo monumento ancora oggi domina
lo spazio dei Fori Imperiali romani celebrando nei suoi
rilievi la vittoria ottenuta dal popolo romano nelle campagne daciche promosse dall’imperatore Traiano.
Una inevitabile trasposizione temporale transita dall'archetipo alla videoinstallazione.
In epoca arcaica, nell'VIII secolo a.C., i Sabini osarono
sfidare Roma ma le loro donne seppero mediare per la
pace tra i due popoli: le vittime, guidate dalla bella Ersilia, trovarono una soluzione alternativa alla violenza della
guerra, mentre la vestale Tarpea, rea di tradimento, morì
sotto il peso degli scudi sabini.
L’Enlèvment des Sabines est enraciné dans l’histoire légendaire de Rome. Pour cette raison une structure verticale et cylindrique a été choisie comme axe de l’
installation video, avec le but de revisiter la célèbre Colonne de Trajan. Ce monument domine encore aujourd’hui l’espace du Forum Romain et rappelle dans ses
reliefs la victoire de l’empereur Trajan dans les guerres
Daciannes.
A partir de l’archétype à l’installation video un passage
dans une transposition temporelle est inévitable.
Dans le VIII siècle avant J.C. les Sabins défierent Rome,
mais leurs femmes surent agir pour la paix entre les
deux peuples: les victimes, conduites par la belle Ersilia,
trouvèrent une solution alternative à la violence de la
guerre, pendant que la vestale Tarpea, coupable de trahison, mourut sous le poids des boucliers sabins.
47
Il Rat t o de lle S ab ine
La videoinstallazione richiama volutamente la sapienza
tecnica dei maestri del passato coniugando i materiali più
diversi per consistenza, luminosità e trasparenza. Il volto
di Tarpea è imperturbabile come quello di una scultura
classica perché il tempo non ha corrotto il valore di una
scelta autonoma seppur tragica. Degli scudi lo ricoprono
evocando la forza brutale delle armi; su di essi si erge
una moderna colonna coclide, che, come nel modello antico, è istoriata con dinamici bassorilievi classicheggianti.
Al culmine, una nuvola di tessuto avvolge lo spazio dell'installazione in cui un video miscelato da suoni, colori
ed immagini in movimento evoca la condizione delle
donne. Condizione inquietante come suggerito dai tacchi
spezzati delle scarpe, una evidente allusione alla femminilità offesa.
Il soggetto non è più rappresentato secondo un’iconografia ricorrente e consolidata, ma è interpretato superando
il principio della verosimiglianza. La videoinstallazione invita lo spettatore ad entrare nella condizione psicologica
di chi subisce il rapimento e per questo supera le tradizionali categorie del tempo e dello spazio; la tridimensionalità si dilata nella quarta dimensione che è lo spazio del
visitatore ormai inevitabilmente avvolto dalle “voci antiche
e moderne”.
48
Installazioni artistiche da voci antiche
L’installation vidéo rappelle les connaissances techniques
des maitres du passé, combinant la consistence, luminositè et tranparence de plusieurs matériaux. Le visage de
Tarpea est imperscrutable comme celui d’une sculpture
classique, parce que le temps n’a pas corrompu la valeur
d’un choix autonome mais tragique. Des boucliérs le couvre, évoquant la force brutale des armes, le tout est surmontè par une moderne colonne coclide, decorèe avec des
bas-reliefs dynamiques facon classique.
Au bout un nuage de tissue envelope l’espace de l’installation, et un video qui mélange sons, couleurs et images
en movement évoque la condition des femmes. Condition
qui est inquietante, comme suggerè par les talons cassés
des chaussures, allusion à la féminitè outragèe.
Le sujet n’est pas representé selon une iconographie récurrante et consolidée, mais l’interpretation dépasse le
principe de la vraisemblance. L’installation vidéo invite le
spectateur de rentrer dans la condition psicologique de
celui qui subit l’enlèvement, et pour cela depasse les traditionelles catégories du temps e de l’espace. Les trois dimensions se dilatant dans la quatrième, c‘est a dire
l’espace du visiteur deja inévitablement enveloppè par les
“rumeurs anciennes et modernes”.
Lic e o A rt is t ic o - IS A RT E “A . C alc ag nadoro”
I LAVORI degli studenti
Video
montaggio: Matteo Onorini
lettrice: Elisa Cinardi, IA
Video
installation: Matteo Onorini
lectrice: Elisa Cinardi, IA
Il video è il trait-d’union tra passato e presente. Nasce
dalla contaminazione delle sonorità antiche, “Synaulia”,
con quelle moderne tratte da un celebre brano di Jude
Driscoll, Road to Cairo, del 1968. La forza delle parole è
esaltata dalla magistrale recitazione di Giorgio Albertazzi
nell'invocazione a Mercurio, dio dei ladri, e dalla fresca
interpretazione di una giovane studentessa che declama
i versi di Livio, storico a cui dobbiamo il racconto del
Ratto delle Sabine. Le immagini scorrono lentamente
mentre si sovrappongono i gesti semplici e delicati del
lavoro femminile evocato dalle mani, dagli occhi e dai visi
di giovani occidentali che incrociano i volti negati di
donne nascoste sotto un burqa opprimente.
Ce vidéo est le trait d’union entre passé et présent. Il
derive du contact entre les sons anciens, ”Synaulia”
avec les modernes issues d’un célebre morceau de
Jude Driscoll, ”Road to Cairo”, du 1968. La force des
mots est renforcèe par l‘ interpretation magistrale de
Giorgo Albertazzi dans l’invocation de Mercure, dieu des
voleurs, et par la voix fraiche d’une jeune étudiante qui
déclame le texte de Tite-Live, l’historien qui nous a racontè de l’Enlèvement de Sabines. Les images coulent
lentement pendant que se superposent les gestes simples et delicats du travail feminin, evoquè par les mains,
les yeux et les visages occidentals qui croisent les visages caches sous un “burqa” étouffant.
49
Liceo Artistico ISARTE “A. Calcagnadoro”
Rilievo grafico (particolare tratto da Le Sabine di Jacques-Louis David)
Relief graphique (détail tiré par l’oeuvre de Jacques-Louis David, Les Sabines)
Lic e o A rt is t ic o - IS A RT E “A . C alc ag nadoro”
I LAVORI degli studenti
Dal sapere al saper fare
Proposte operative per la didattica museale
Entre le “savoir et le savoir faire”
Proposition opérationelle pour l’éducation au musèe
Realizzazione
alunni della classe V C del Liceo Artistico-Isarte
“A. Calcagnadoro”, a.a. 2010-2011
Réalisation
elèves de la classe V C du Licée Artistique-Isarte
“A.Calcagnadoro”, année scolaire 2010-2011
La comprensione del fenomeno culturale avviene attraverso
lo studio e la documentazione delle testimonianze che, per la
loro complessità, necessitano di un duplice piano di indagine:
quello teorico e quello pratico, il sapere ed il saper fare. Diverse le discipline e poliedriche le competenze che interagiscono per il raggiungimento dell'obiettivo: saper dare una
interpretazione corretta sul piano epistemologico ed espressivo del Bene Culturale. A tale scopo il percorso didattico deve
necessariamente intrecciare l'antico con il contemporaneo, il
valore documentario con quello della rivisitazione originale,
gli strumenti tecnici della tradizione con i materiali inconsueti
ed inaspettati del tempo storico attuale. Questo perché il Ratto
delle Sabine è mito, storia e leggenda ma soprattutto metafora
e paradigma dello status sociale e culturale delle donne nel
mondo di ieri e di oggi. Le classi del Liceo Artistico hanno pertanto elaborato un percorso coerente che attraversa la tradizione dell'arte aulica proponendo rilievi grafico-pittorici ad olio
e ad affresco tratti da capolavori del passato. Grandi artisti,
dal Rinascimento in poi, si sono misurati con questa fortunata
iconografia: Bartolomeo di Giovanni, Giambologna, Pietro da
Cortona, Jacques-Louis David, Primo Conti. Il loro lavoro transita attraverso gli stili e le tecniche dimostrando la forza
espressiva ed evocativa degli archetipi nell'arte occidentale.
La compréhension du phénomène culturel se croise par
l’étude et la documentation des témoignages complexes qui
ont besoin de deux niveaux d’enquète: le théorique et le pratique, le savoir et le savoir-faire. Multiples disciplines et compétences multi-facettes interagissent pour atteindre l’objectif
de donner l’interpretation correcte sur le plan épistémologique et expressif du “Bene Culturale”. A cet effet le parcours
didactique doit mélanger l’ancien et le contemporain, la valeur documentaire avec la revision originale, les instruments
tecniques de la tradition avec les matériaux inhabituels et
inattendus du temps actuel. C’est pour cela que l’Enlèvément
des Sabines est mythe, histoire, légende mais surtout métaphore et paradigme du status social et culturel des femmes
dans le monde d’hier et d’aujourd’hui.
Pour cela les classes du Lycèe Artistique ont construit un
parcours coherent qui traverse la tradition de l’art noble, en
proposant peintures issues des chefs-d’oeuvres du passé.
Grands artistes, depuis la Renaissance, ont adressè cette
hereuse iconographie: Bartolomeo di Giovanni, Jean de
Boulogne, Pietro da Cortona, Jacques-Luis David, Primo
Conti. Leurs oeuvres traversent styles et techniques démontrant la puissance expressive et évocatrice des archetypes
dans l’art occidental.
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Liceo Artistico ISARTE “A. Calcagnadoro”
Rilievi pittorici ad olio (particolari tratti dal Ratto delle Sabine di Bartolomeo di Giovanni)
Reliefs picturaux à l’huile (détails tirés par l’oeuvre de Bartolomeo di Giovanni, Ratto delle Sabine)
Liceo Artistico ISARTE “A. Calcagnadoro”
Rilievi pittorici ad affresco (particolari tratti da Il Ratto delle Sabine di Primo Conti)
Reliefs picturaux à la fresque (détails tirés par l’oeuvre de Primo Conti, Il Ratto delle Sabine)
Lic e o A rt is t ic o - IS A RT E “A . C alc ag nadoro”
I LAVORI degli studenti
Il Ratto delle Sabine
Fumetto
Il Ratto delle Sabine
Bandes dessinées
china e pastelli su carta
chine et le pastel sur papier
Realizzazione
alunni delle classi II C
Réalisation
elèves des classe II C
I giovani di oggi comunicano attraverso i linguaggi della
contemporaneità che si rivelano freschi e immediati come
la "letteratura disegnata" del fumetto, la nona arte. Una
modalità certamente accattivante per raccontare in modo
gradevole ed efficace ciò che è denso di contenuti storici,
morali e simbolici come il Ratto delle Sabine. I ragazzi della
IIC, con l'insegnante di Discipline Pittoriche, hanno voluto
interpretare l'episodio rileggendo una celebre serie di strisce ambientate nell'antica Roma.
Les jeunes d’aujourd’hui communiquent par les languages
contemporains qui sont frais et impulsifs comme la “litèrature
des bandes dessinèes”, le neuvième art. Une facon surement
attractive pour raconter agréablement et avec efficacitè ce
qui est plein de contenu historique, morale et symbolique
comme l’Enlévement des Sabines. Les éleves de la classe
IIC, avec l’enseignant de Peinture ont voulu interpréter l’épisode avec la rélecture d’une cèlebre série de bandes dessinèes situèes dans l’ancienne Rome.
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Il Rat t o de lle S ab ine
Liceo Ginnasio Statale “M. Terenzio Varrone”
Il Ratto nel mito
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Installazioni artistiche da voci antiche
I LAVORI degli studenti
Liceo Ginnasio Statale “M. Terenzio Varrone”
Il ratto nel Mito
Lycée Classique ”M. Terenzio Varrone”
Il ratto nel Mito
inchiostrazione a china, colorazione digitale
encre de chine-coloration numerique
Ideazione
Santilli Chiara, studentessa del Liceo Ginnasio “M.Terenzio
Varrone”, III C (5° anno), a. s. 2010/2011
Conception
Santilli Chiara-étudiante du Lycée Classique “M.Terenzio
Varrone” III C (5° année), 2010-2011
Realizzazione
Santilli Chiara
Réalisation
Santilli Chiara
Parlando di “ratto”, a proposito del progetto sviluppato dalla
nostra classe, era impossibile non concedere un ampio spazio
alla trattazione di quei miti che ne hanno fatto il loro tema fondamentale; da questo presupposto è partita l'idea per il disegno in cui sono stati rappresentati, dietro un minuzioso lavoro
di ricerca, alcuni tra i miti di “ratto” più conosciuti.
L'intento è quello di rivisitare sotto nuova luce l'iconografia
del mito e di presentarlo in chiave umoristica e vivace con riferimenti semplici e comprensibili. Un omaggio sincero alla
fantasia e all'immaginazione con la speranza di recuperare
quell'aspetto del mito che, dietro l'insegnamento morale, è
puro piacere onirico.
Dans le projet développé par notre classe à propos de “l’enlèvement”, est necessaire de donner un espace important à
l’étude des mythes dont l’énlèvemet a étè le thème fondamental. D’où l’idée du dessin où ont étè représentés, aprés
une rècherche soigneuse, les mythes de l ‘enlèvemet les plus
connus.
L’intention est de relire dans une nouvelle perspective l’iconographie du mythe et le montrer d’une facon humoristique
et sèmillante, avec des references simples et compréhensibles. Un hommage sincère à la fantaisie et a l’imagination,
avec l’espoir de récuperer le coté du mythe qui, derrière l’enseignement moral, est simplemènt agréable.
Nel disegno sono stati raffigurati i seguenti miti:
Dans le dessin ont eté représentés les mythes suivants:
Io e Zeus: la fanciulla venne rapita da Zeus sotto forma di
nube. Come narra Ovidio nelle Metamorfosi “quando il Tonante, ravvolta la terra di vasta nebbia, nasconde la ninfa”. Si
narra che Zeus, per non farsi scoprire da Era, mutò la fanciulla
Io et Zeus: le jeune fille à eté enlevé par Zeus sous forme
de nuage. Selon Ovide, dans les Métamorphoses “Zeus, voilè
la terre d’un vaste brouillard, cache la nymphe”.
Zeus, pour eviter que Hera s’en apercoive, transforme la
57
Il Rat t o de lle S ab ine
58
Installazioni artistiche da voci antiche
in una candida giovenca.
L’idea per il disegno del personaggio è ispirata al quadro di Pieter Lastman Era scopre Zeus con Io (1618, National Gallery,
Londra) e a quello del Correggio Io che viene avvolta da Zeus
sotto forma di nube (1489 -1534, Museo del Louvre, Parigi).
jeune fille en genisse blanche.
L’idée vient du tableau de Pieter Lastman Hera attrape Zeus
avec Io (1618, National Gallery, Londres) et de celui du Correggio Io enveloppé par Zeus sous forme de nuage (14891534, Musée du Louvre, Paris).
Eros e Psiche: il mito, presentatoci da Apuleio, narra di una
fanciulla talmente bella da destare le ire di Venere. La dea incaricò Eros di rapirla per condurla in un castello dove si sarebbe dovuta sposare con l’uomo più spregevole della terra.
In realtà Eros mosso dall’amore che sentiva per lei decise di
disobbedire alla dea prendendo segretamente il posto del promesso sposo della fanciulla.
Un tributo al celebre gruppo scultoreo Amore e Psiche di
Antonio Canova (1788-1793, Museo del Louvre, Parigi).
Eros et Psiche: le mythe, selon Apulée, raconte d’une jeune
fille si belle de réveiller le rage de Venus.
La déesse chargea Eros de l’enlever et la conduire dans un
chateau où elle aurait du se marier avec l’homme le plus
méprisable du monde: en effet Eros, amoureux d’elle, désobéit à la déesse et pris secrètement la place du fiancé
de la jeune fille.
Un hommage aussi a la sculpture Amore et Psiche de Antonio
Canova (1788-1793, Musée du Louvre, Paris).
Europa e Zeus: la fanciulla venne sedotta da Zeus che, presentatosi sotto le spoglie di un mansueto toro bianco, la condusse sul suo dorso all’isola di Creta. Europa è spesso
rappresentata su un meraviglioso toro bianco da numerosi
artisti quali Tiepolo, Tiziano e Veronese.
Europa e Zeus: la jeune fille à eté séduite par Zeus, deguisé
en taureau blanc, qui la conduit sur son dos jusqu’a l’ile de
Crète. Europa est souvent répresentée sur un merveilleux taureau blanc par nombreux artistes (Tiepolo, Titien, Veronese).
Persefone e Ade: figlia di Cerere, rapita dal dio degli Inferi
per farne la sua sposa è rinchiusa per sei mesi l’anno nelle
viscere della Terra, simbolo dell’alternarsi delle stagioni.
Spesso viene raffigurata con il melograno simbolo di fertilità
e di vita e morte come testimoniato dal quadro Persephona
del pittore e poeta inglese Dante Gabriel Rossetti (1873-1877).
Persephone et Ade: Persephone, fille de Cerere, à eté enlevée par le dieu des Enfers qui voulait l’épouser et l’enfermer
pendent six mois par an dans les profondeurs de la Terre.
C’est le symbole des variations des saisons.
Parfois elle est répresentée comme grenade, symbole de fertilité, comme dans le tableau du peintre et poéte anglais
Dante Gabriele Rossetti (1873-1877).
Ila, Eracle e le ninfe: giovinetto di grande bellezza, Ila fece
Ila, Eracles et les nymphes: jeune homme de grande be-
Lic e o G INNA S IO S T A T A LE ”M . T E RE NZIO VARRONE”
I LAVORI degli studenti
invaghire Eracle, che lo rapì e lo portò con sé nella spedizione
degli Argonauti. Durante il viaggio scomparve rapito dalle ninfe
di uno stagno. Nell'arte ellenistica e romana il suo rapimento
da parte delle ninfe è raffigurato su rilievi, pitture pompeiane,
mosaici e nelle tarsie marmoree della basilica di Giunio Basso
a Roma. La raffigurazione ha preso spunto dall’opera Ila e le
Ninfe di John William Waterhouse (1896, City Art Galleries,
Manchester).
auté, Ila fait tomber amoureux de lui Eracles, qui l’enleva
et l’emmena avec lui dans l’aventure des Argonauts. Au
cours du voyage il disparait, enlevé par les nymphes d’un
étang. Dans l’art grec et romain son enlevement est répresentée dans reliefs, peintures de Pompei, mosaiques
dans la basilique de Giunio Basso a Rome. Le dessin s’est
inspiré au tableau de John William Waterhouse (1896, City
Art Galleries, Manchester).
Ganimede e Zeus: la bellezza del giovane fece invaghire
Zeus il quale, sotto forma di aquila, lo rapì e lo condusse sull'Olimpo, dove lo rese suo amante e coppiere degli dei. Un
tributo alla copia romana del III sec. d. C. Ganimede e Giove,
conservata al Museo Archeologico di Venezia.
Ganimede et Zeus: Zeus étè entiché par la beauté du jeune,
et sous forme d’aigle, l’emmena a l’Olympus où il devient
son amant et porteur des dieux. Hommage a la copie romaine
du III siècle après J.C. Ganimède et Zeus au Musée Archéologique de Venise.
Elena e Paride: Elena, moglie del re Menelao, venne rapita
dal principe troiano Paride, evento che avrebbe scatenato la
leggendaria guerra di Troia ricordata dal ciclo epico greco.
Il disegno è stato ispirato dal quadro di Evelyn De Morgan
intitolato Elena di Troia (1898).
Helene et Paris: Helene, femme du roi Menelaos, à eté
enlevée par le prince de Troie Paride, ce qui à dechainé la
legendaire guerre, rappelé dans le cycle epique grec.
Le dessin à etè inspiré par le tableau de Evelyn De Morgan
(1898).
Criseide e Agamennone: figlia di Crise, sacerdote di Apollo,
durante la guerra di Troia Criseide divenne schiava del re
acheo Agamennone. Quest’ultimo fu costretto da Apollo, che
irato per l’affronto come punizione dell’atto aveva scatenato
una terribile pestilenza nel campo acheo, a restituire la fanciulla al padre. Un omaggio all’affresco Crise che con doni
prega Agamennone a rilasciargli la figlia Criseide di Felice
Giani (inizi XIX secolo).
Criseide et Agamennon: pendant la guerre de Troie Criseide, fille de Crise pretre d’Apollon, est devenue ésclave
du roi Agamennon. Ce dernier fut obligè par Apollon, qui
en colére pour l’affrontement avait dechainé une terrible
peste dans la camp achéenne, fut obligè de rendre la fille
a son pére. Hommage à la fresque de Felice Giani Crise
avec des cadeux supplie Agamennon de lui rendre sa fille
(XIX siècle).
59
Collevecchio (RI)
Poggio Sommavilla, Tomba 32
Anforetta sabina, prima metà VI sec. a.C.
Museo Civico di Rieti (Archivio SBAL)
CONTRIBUTI
SABINAE RAPTAE.
USI MATRIMONIALI ED ORIGINE DELLA CITTÀ CURIATA
Elena Tassi Scandone - Sapienza Università di Roma
spiegare l’origine di tale notizia, che, evidentemente, agli occhi
degli storici più antichi, non doveva suscitare particolari perplessità6, mentre, con il passare del tempo e il sovrapporsi
Tra i ‘miti di fondazione’ il ratto delle sabine è forse quello che
ha avuto maggiore notorietà e diffusione anche al di fuori della
storia di Roma antica. Al di là dei tratti leggendari ed eziologici
del racconto, vi è, a mio avviso, un dato significativo sul quale
vale la pena soffermarsi. Mi riferisco alla stretta correlazione,
presente all’interno della tradizione antica, tra il rapimento
delle donne, il matrimonio di queste con i Romani e l’origine
delle curie, le quali avrebbero derivato il loro nome da quello
delle donne sabine rapite1.
Se infatti il nesso di correlazione tra i primi due eventi appare
chiaro - le fonti sono concordi nell’affermare che il rapimento
è determinato dal rifiuto opposto delle popolazioni vicine di
concedere il conubium, come richiesto dai Romani2 - meno
immediatamente evidente appare il legame tra il matrimonio
delle Sabine e la ripartizione del popolo in curie.
Non stupisce pertanto che già alcuni storici antichi abbiano
messo in dubbio l’attendibilità della notizia3, tesi, questa, ripresa anche da una parte della moderna dottrina4. Non di
meno, però, almeno in origine, qualche tipo di collegamento
tra usi matrimoniali e ripartizione per curie deve esserci stato,
perché altrimenti non si comprenderebbe la genesi della tradizione, di cui abbiamo riferito sopra, e, sopratutto, l’ampio
seguito che la stessa ha avuto presso gli autori antichi5.
Non pare pertanto privo di fondamento riprendere in esame
quanto narratoci dagli antichi, per verificare se, tra le righe
del racconto annalistico, sia possibile cogliere indizi utile a
del sistema centuriato all’antica ripartizione per curie, tale
nesso era diventato meno immediatamente percepibile7.
Secondo la concorde testimonianza delle fonti le donne sabine
vengono rapite, perché i Sabini al pari degli altri popoli confinanti
cui i Romani si erano rivolti per chiedere concilia et conubia8,
alleanze e matrimoni, avevano rifiutato di concedere loro il conubium, ovvero il diritto di stringere matrimoni validi secondo il
diritto civile, con conseguente nascita di figli legittimi9.
La mancanza di legittimazione delle nozze parrebbe trovare
riscontro nelle descrizione dei riti matrimoniali che suggellano
l’unione delle Sabine con i Romani.
Scrive Dionigi: “Dopo aver contato le fanciulle ed aver trovato
che erano seicentottantatrè, subito (Romolo scl.) scelse un
ugual numero di uomini tra gli scapoli, a cui egli le univa secondo le usanze del paese di ciascuna donna, garantendo le
nozze su una comunanza di acqua e fuoco, come appunto si
fa ancora ai giorni nostri10”. Le nuptiae sono pertanto celebrate
secondo i costumi della comunità di appartenenza della moglie, cui si affianca il rituale romano dell’acqua e del fuoco11.
Il seguito della storia è noto. I Sabini muovono guerra contro
Roma, riuscendo in un primo momento ad impadronirsi dell’arce grazie al tradimento di Tarpea e al ferimento di Romolo,
costretto ad abbandonare temporaneamente il comando dell’esercito. Riavutosi dalle ferite, Romolo si pone alla testa delle
truppe e mette in fuga i Sabini che si accampano al di fuori
della città, pronti a riprendere la guerra, non appena i soldati
abbiano recuperato le forze.
61
Il Rat t o de lle S ab ine
Allora le donne sabine, capeggiate da Ersilia, escono dalla
città e si recano dai loro padri e fratelli, chiedendo intercessione per i loro mariti e per i figli che sarebbero nati dall’unione con i Romani. Romolo e Tito Tazio cedono alle
suppliche di quelle che erano al contempo mogli dei Romani,
ma figlie dei Sabini e decidono nec pacem modo, sed civitatem unam ex duabus fiunt. Regnum consociant; imperium
omne conferunt Romam12.
Aggiunge Dionigi “Romolo e Tazio erano re di Roma con
uguale autorità e pari onori; la città mantenendo il suo nome,
era chiamata Roma dal nome del fondatore, e ogni suo abitante, come già per il passato, era detto Romano, ma tutti i
suoi abitanti insieme erano designati in generale con il nome
di Quiriti desunto dalla patria di Tazio; tutti i Sabini che lo desideravano potevano diventare cittadini di Roma, partecipare
agli stessi riti sacri ed essere iscritti nelle tribù e nelle fratrie13”.
Il foedus tra Romolo e Tazio viene suggellato dal giuramento
delle truppe e dall’erezione di altari sulla via sacra. Narra Dionigi che solo una parte dei Sabini al seguito di Tito Tazio decide di avere la cittadinanza romana ed iscriversi alle curie14:
sono i parenti e i consanguinei delle rapite15.
E’ a questo punto che lo storico greco introduce il collegamento tra le Sabine rapite e andate in sposa ai Romani e la
denominazione delle curie. Riferisce Dionigi che secondo la
tradizione prevalente, Romolo, nel ripartire la popolazione nelle
curie, avrebbe imposto a quest’ultime i nomi delle vergini sabine che, con il loro intervento, avevano reso possibile la
pace16. Rivela però lo storico greco come Varrone contestasse
l’attendibilità della notizia, sostenendo invece che Romolo
62
Installazioni artistiche da voci antiche
avrebbe assegnato i nomi alle curie tempo prima, quando divise il popolo per la prima volta, desumendoli “dai nomi, ora
dei comandanti, ora dei villaggi17”.
Varrone rilevava inoltre come le donne che avevano preso
parte all’ambasceria sarebbero state cinquecentoventisette e
pertanto egli non riteneva verosimile che i re avessero concesso quell’onore “solo ad alcune di esse, escludendone un
così gran numero18”.
L’interrogativo che si pone a questo punto è di capire come i
Sabini, che hanno deciso di stabilirsi a Roma, vengano inquadrati all’interno del sistema delle curie e quindi ammessi alla
partecipazione dei sacra. La dottrina moderna ha infatti autorevolmente rilevato che nella fusione delle due comunità,
l’elemento etnico non si risolve in termini politici, ma continua
a permanere, come dimostra l’istituzione della diarchia di Romolo e Tito Tazio19.
Nel caso delle vergini rapite si pone poi un ulteriore quesito:
il matrimonio con i Romani incide sullo status civitatis delle
donne? Se il foedus intervenuto tra Romolo e Tito Tazio parrebbe sanare l’originaria assenza del conubium e garantire la
legittimità della filiazione con conseguente soggezione dei nati
alla patria potestas del padre, analoga certezza non sembra
potersi avere relativamente alla condizione giuridica delle
mogli. Sappiamo infatti che la sposa poteva entrare a far parte
della famiglia del marito e quindi prendere parte ai sacra e
alle antiche tradizioni ancestrali, solo con la conventio in
manum che la poneva loco filiae, rispetto al marito, se questo
era sui iuris, o al di lui padre, se alieni iuris. Compiendo la
conventio in manum, la sposa rescindeva i legami con la famiglia di origine ed entrava a tutti gli effetti a far parte della
Contributi
nuova famiglia21.
Ad avvalorare l’ipotesi che il matrimonio non avesse comportato anche la conventio in manum, sembrerebbe condurre la
già richiamata testimonianza di Dionigi di Alicarnasso, secondo cui le nuptiae sarebbero stato celebrate secondo le
usanze della comunità di appartenenza delle spose. Ma vi è
un altro dato, sino ad ora, a quanto mi consta, non preso in
esame e che mi sembra invece particolarmente importante.
Mi riferisco alla testimonianza di Festo relativa alla denominazione delle curie più antiche, le curiae veteres.
Scrive l’antiquario:
Fest., s.v. novae curiae 180 L
Novae curiae proximae compitum Fabricium aedificatae sunt,
quod parum amplae erant veteres a Romulo factae, ubi is populum et sacra in partis triginta distribuerat, ut in is ea sacra
curarent, quae cum ex veteribus in novas evocarentur, quattuor
curiarum per religiones evocari non potuerunt. itaque Foriensis,
Raptae, Veliensis, Velitiae res divinae fiunt in veteribus curiis.
Festo sta parlando della nuove sedi delle curie, edificate in
prossimità del compitum Fabricium, sul Celio, e notevolmente
più ampie di quelle fatte costruire da Romolo, perché il popolo
di Roma, che nel frattempo era quantitativamente cresciuto,
potesse attendere ai sacra.
Tutte le curie furono spostate nella nuova sede, ad eccezione
di quattro che per religiones, evocari non potuerunt. Per queste quattro curie i sacra e gli antichi riti ancestrali continuano
ad essere celebrati nelle vecchie sedi. L’antiquario ci tramanda
anche i nomi delle curie che non poterono essere spostate:
Foriensis, Raptae, Veliensis, Velitiae. I nomi di Foriensis e Veliensis si riferiscono ai pagi situati rispettivamente in prossimità del Foro e della Velia, nulla invece possiamo ipotizzare
con riguardo alla denominazione Velitiae, perché questa è la
sola attestazione presente nelle fonti antiche23. Diversamente,
quanto alla quarta curia disponiamo di ben maggiori indicazioni. La denominazione Raptae letteralmente “Le rapite”
sembra infatti potersi ricollegare con buona verosimiglianza
all’episodio del ratto delle vergini, in accordo con quanto narratoci dagli autori antichi circa il collegamento tra il nome delle
curie e quello delle donne sabine e con l’uso, ampiamente
documentato nelle fonti, del participio raptae in associazione
alle Sabine24.
Secondo quanto qui affermato, le donne sabine sposate ai Romani ed i loro parenti e consanguinei sono inquadrati ai fini
dei sacra in una curia, che prende il nome dalle vergini rapite25.
Qualora l’ipotesi avanzata colga nel vero, non solo si avrebbe
un’ulteriore conferma della sostanziale attendibilità della tradizione antica, in linea del resto con l’attuale orientamento
della storiografia, ma sarebbe possibile ricavare importanti
elementi di informazione, senza dubbio di natura esclusivamente indiziaria, ma non per questo privi di validità, relativi
alla sfera giuridico-religiosa delle curie e degli ordinamenti
familiari e gentilizi ad esse sottesi.
La moderna storiografia giuridica ha messo in evidenza come
una parte delle curie, almeno quelle più antiche, abbia un’origine pre-civica, ed anzi, secondo l’ipotesi attualmente prevalente, la città sarebbe nata dal sinecismo di queste
preesistenti comunità di villaggio26. I romanisti hanno giusta-
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Il Rat t o de lle S ab ine
mente sottolineato come la memoria di questa originaria autonomia delle curie si conservi ancora nella tarda età repubblicana, se pur limitata in questo periodo storico
principalmente alla sfera religioso-sacrale27. Ma in antico essa
doveva essere assai più ampia ed estesa a ricomprendere le
antiche usanze e costumi ancestrali, come è possibile arguire
dalle competenze del comizio curiato in materia di atti che
hanno effetti sul piano delle organizzazioni familiari e gentilizie,
oltre che su quello religioso, dei sacra28.
L’ipotesi qui presentata pare pertanto confermare, da un lato,
l’opinione prevalente che individua il criterio di appartenenza
alle curie nei legami parentali o psuedo-parentali, nei genera
64
Installazioni artistiche da voci antiche
hominum29, e, dall’altro lato, consente di mettere meglio a
fuoco la più antica struttura del matrimonio.
L’inquadramento delle donne in una curia diversa da quella
dei mariti, sembrerebbe avvalorare l’ipotesi che anche per
l’età arcaica il matrimonio potesse essere «validamente costituito tra soggetti muniti di conubium senza che intercorresse ne confarreatio, nè coemptio, ma quei rituali che
socialmente si identificavano con l’inizio del matrimonio»30.
Il che significa che tale istituto esplicava tutti i suoi effetti in
ordine allo status della prole, ma non rispetto a quello della
moglie che continuava a partecipare ai sacra della propria
famiglia di origine.
Contributi
Note
1 - Cfr. Liv. 1.9 ss.; Dion. Hal. 2.30 ss. Plut. Rom. 14, 19; Cic. rep. 2.7. Si veda anche
Serv. Aen.: 8.638 ... cum enim filias perdiderint Caeninenses, Antemnates, Crustumini et
Sabini, ceteris quiescentibus Sabini soli bella sumpserunt. intervenientibus postea triginta
feminis, iam enixis, de illis quae raptae erant, pax facta est: ex quarum nominibus curiae
appellatae sunt. in communem etiam mulierum honorem kalendae eis dicatae sunt.
2 - Liv. 1.9.1-5; Cfr. anche Dion. Hal. 2.30 e 2.35.3. Interessante la risposta data agli ambasciatori, in cui si stabilisce un paragone con l’asylum. Cfr Liv. 1.9.5: a plerisque rogitantibus dimissi, ecquod feminis quoque asylum aperuissent; id enim demum compar
conubium fore.
3 - Cfr. Dion. Hal. 2.47.3-4 che riporta il pensiero di Varrone. Livio in 1.13 sembra invece
non sollevare dubbi circa l’attendibilità della notizia.
4 - Cfr. Capogrossi Colognesi 1990, 93, il quale evidenzia come dai nomi delle curie non
si possa trarre alcuna indicazione precisa circa il fondamento territoriale o parentale delle
stesse.
5 - Come è stato opportunamente rilevato, l’unica voce di dissenso è quella di Varrone, le
cui argomentazioni non paiono però convincenti.
6 - Come mette bene in evidenza Dionigi di Alicarnasso, gli storici erano concordi nell’affermare tale correlazione. L’unica voce contraria che egli aveva incontrato nella lettura
delle sue fonti era Varrone. Cfr. Dion. Hal. 2. 47. 3-4.
7 - Sui rapporti tra ripartizione per curie e ordinamento centuriato si v. da ultimo Capogrossi
Colognesi 2009, 39 ss. e 57 ss.
8 - Liv. 1.9. V. anche Dion. Hal. 2.30.
9 - V. Volterra 1991, in particolare i volumi secondo e terzo e Luraschi 1979, 238 ss.
10 - Dion. Hal. 2.30.6. Si veda anche Plut. Rom. 19.4-9.
11 - Cfr. Paul-Fest. s.v. aqua et igni 3 L. Su tale cerimonia si v. Piro 1994, 111-112. V.
anche De Francisci 1959, 289.
12 - Liv. 1.13. A differenza di quanto accade dopo il 338, quando la concessione del ius
conubii al pari del ius commercii è un atto unilaterale di Roma, nell’età arcaica tale concessione sembra essere caratterizzata non solo dalla reciprocità, ma anche all’esistenza
di un foedus, che regolamenta in maniera più ampia i diritti riconosciuti ai membri delle
comunità che lo hanno sottoscritto. Sull’argomento Capogrossi Colognesi 2000, 64-65.
13 - Dion. Hal. 2.46. Come rilevato dalla dottrina più recente, nella descrizione di Dionigi,
la ripartizione del popolo nelle trenta curie risulta appiattita, mentre vi sono elementi per
ritenere che il processo di formazione del popolo debba essersi realizzato in tempi più lunghi, come peraltro documenta Livio, che, non a caso, colloca la divisione del popolo in
curie solo dopo la guerra contro i Sabini. Tale assenza di prospettiva storica sarebbe ascrivibile alla circostanza per la quale i capitoli 7-29 del libro II delle Antichità Romane, deriverebbero da una fonte a sé stante, in cui prevarrebbe l’interesse per una esposizione
sistematica della costituzione romulea. Sull’argomento v. Musti 1970, 27.
14 - Dion. Hal. 2.46.3.
15 - V. anche Liv. 1.11.2
16 - Cic. rep. 2.7: Qua ex causa cum bellum Romanis Sabini intulissent proeliique certamen varium atque anceps fuisset, cum T. Tatio, rege Sabinorum, foedus icit matronis ipsis,
quae raptae erant, orantibus; quo foedere et Sabinos in civitatem adscivit sacris conmunicatis et regnum suum cum illorum rege sociavit.
17 - V. Poucet 1985, 34. Questo parrebbe confermare che il numero complessivo delle
trenta curie sarebbe stato raggiunto solo in un momento successivo, anche se di poco,
alla fondazione della città. V. Capogrossi Colognesi, 1990, 57. Parimenti la ripartizione per
curie sembrerebbe essere più antica di quella per tribù. Cfr. da ultimo Capogrossi Colognesi
1990, 60 ss.
18 - Dion. Hal. 2.47.4. Cfr. anche Cic. rep. 2.8: ... in tribus tris curiasque triginta discripserat
(quas curias earum nominibus nuncupavit, quae ex Sabinis virgines raptae postea fuerant
oratrices pacis et foederis) e Liv. 1.13.6:... itaque cum populo in curias triginta divideret,
nomina earum imposuit curiis.
19 - Capogrossi Colognesi 1990, 65.
20 - Piro 1994, 117 ss.
21 - Talamanca 1990, 131 ss.
22 - V. supra, nt. 11.
23 - Cfr. TLL s.v. Velitiae.
24 - V. TLL s.v. raptus.
25 - Per le fonti v. supra, nt.1
26 - Sull’argomento, Capogrossi Colognesi 1990, 81 ss. Lo studioso ricorda a tale proposito l’antica cerimonia religiosa dei Fornacalia, che faceva parte dei sacra publica pro
curiis. Le curie, sotto la guida di appositi sacerdoti delle curie stesse, il curio e il flamen
curialis (Dion. Hal. 2. 21.2-3), attendono a tali celebrazioni, separatamente e in giorni diversi. La festività si conclude con un rito collettivo, cui partecipavano tutte le curie riunite
insieme, a significare la realizzata fusione delle singole celebrazioni.
27 - Capogrossi Colognesi 1990, 90 ss.
28 - V. De Francisci 1959, 577 ss. e recentemente Capogrossi Colognesi 1990, 34 ss.
29 - Gell. 15.27.
30 - Capogrossi Colognesi 2000, 64 e Capogrossi Colognesi 1994, 210 ss. V. anche Franciosi, Famiglia e persone, 136 ss.
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65
Il Rat t o de lle S ab ine
Collevecchio (RI)
Poggio Sommavilla, Tomba 48
Oinochoe a becco, VI sec. a.C.
Museo Civico di Rieti (Archivio SBAL)
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Installazioni artistiche da voci antiche
Contributi
I SABINI. PROFILO STORICO-CULTURALE
SULLA BASE DELLA DOCUMENTAZIONE ARCHEOLOGICA
Giovanna Alvino
Catone, la cui opinione sull’origine dei Sabini1 ci è nota attraverso Dionigi di Alicarnasso2, narra che questo popolo, proveniente originariamente da Testruna, nei pressi di
Amiternum, località tradizionalmente collocata alle pendici del
Gran Sasso, dopo aver conquistato la conca reatina, oltrepassò la catena dei Monti Sabini per stanziarsi nella regione
prospiciente il Tevere. In questi spostamenti i Sabini sarebbero
stati guidati da Sabhos, figlio della divinità locale Sancos, da
cui sarebbe derivato il nome etnico. In realtà il termine sabhih-no significherebbe “colui che è proprio” (dalla radice sabho,
“il proprio”), in opposizione al diverso, indicando l'insieme
degli individui che si riconoscono per l'appartenenza ad un
medesimo ceppo3.
Secondo Cicerone la Sabina era il fiore dell’Italia e la forza
dello Stato romano4. I Sabini sono rappresentati nelle fonti antiche come un popolo di integrità esemplare5; infatti qualità
degli uomini sono l’austerità, la sincerità, l’onestà, mentre le
donne, dedite alla cura della casa e all’educazione dei figli, si
distinguono per modestia, compostezza e pudicizia6.
I confini amministrativi della provincia di Rieti racchiudono
un'area disomogenea, che corrisponde solo parzialmente al
territorio anticamente abitato dai Sabini7, che allora si estendeva anche alle attuali regioni di Umbria e Abruzzo. Quest'area
si caratterizza per i forti mutamenti di paesaggio che, nel condizionare in maniera significativa le forme dell’insediamento
e le strutture economico-sociali, hanno determinato conse-
guentemente esperienze culturali diverse. Fin dalle epoche
più antiche, principali arterie di comunicazione in un comprensorio così ampio furono le vie d’acqua - prima tra tutte il
fiume Tevere con i suoi affluenti - e i tracciati viari che interessavano l'area, il principale dei quali, avente carattere transappenninico, era la Salaria (la via del sale), la quale mutua il
proprio nome dal commercio del sale, utilizzato come alimento, medicinale e prodotto per la conservazione dei cibi,
che le popolazioni dell’entroterra si procuravano raggiungendo
il mare. La regione, che si caratterizza pertanto per posizione
geografica come territorio di transito e di collegamento tra la
fascia costiera laziale e l’area interna montuosa, fu interessata
da correnti culturali e da traffici commerciali tra la zona di
Roma, l’Etruria meridionale e l’area picena8, veicolati anche
dalla pratica della transumanza.
Insediamenti e necropoli
Le principali testimonianze archeologiche sabine riferibili ad
epoca protostorica, quando tra la fine dell’età del Bronzo e la
prima età del Ferro il processo formativo dei vari gruppi etnici
va maturando9, sono note nella Conca Velina, dove sono stati
documentati da indagini di superficie una serie di insediamenti
posti quasi ai margini della linea di costa dell’antico lacus Velinus e nelle valli adiacenti10.
Di notevole importanza è il rinvenimento dei ripostigli di Piediluco-Contigliano11, che con i materiali restituiti (asce, lance,
spade, fibule, arpioni, morsi equini, ma anche frammenti di
oggetti votivi) permettono di ipotizzare l’esistenza in zone interne e già in epoca remota - i pezzi più antichi si datano al
XII-XI secolo a.C. ed evidenziano un rapporto mediato con la
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Il Rat t o de lle S ab ine
cultura micenea - di gruppi con una organizzazione sociale di
tipo gentilizio, in grado di apprezzare i beni di lusso come
espressione di prestigio personale e come oggetti di arredo
rituale. I reperti denotano un’apertura verso l’area laziale, dimostrando la predisposizione all’acquisizione di merce di importazione, sia di provenienza cipriota che egea, arrivata nel
Reatino seguendo le valli del Tevere e dei suoi affluenti12.
Altro rinvenimento importante per la conoscenza delle prime
fasi del popolo sabino è rappresentato dalla necropoli di
Campo Reatino, nel suburbio di Rieti che fu individuata alla
fine degli anni Venti del ‘900 in seguito alla scoperta casuale
di manufatti archeologici e parzialmente investigata. Sono
state recuperate poche sepolture a cremazione, tutte inquadrabili nell'ambito della prima metà del IX secolo a.C., che
evidenziano una facies culturale con forti analogie con la cultura laziale. Le ceneri del defunto, conservate in un’urna a
capanna o in un’olla con scodella-coperchio, erano racchiuse
in una cassetta monolitica con coperchio realizzata in pietra
locale13.
In tempi recenti alcune indagini di ampio respiro, condotte a livello topografico e mirate alla ricostruzione dell’assetto territoriale, hanno interessato sia la Sabina tiberina o meridionale che
quella interna, con particolare riguardo alla conca Reatina14.
Per quanto riguarda l’area della Conca Velina, gli studi hanno
ancora una volta evidenziato come le comunità protostoriche
avessero stabilito contatti con l’ambiente ternano, tiberino e
laziale, favoriti soprattutto dalle pratiche della transumanza.
Le ricognizioni mettono in luce lo stretto rapporto di questi insediamenti con l’ambiente naturale, molto soggetto a variazioni climatiche. Dai dati in nostro possesso si può ipotizzare
68
Installazioni artistiche da voci antiche
per le epoche più antiche l’esistenza di insediamenti non
molto estesi, relativi a piccoli gruppi familiari, abitati per tempi
non molto lunghi, mentre a partire dalla media età del Bronzo
è possibile parlare di una occupazione stabile del territorio,
con una scelta dei siti più favorevoli per le attività produttive.
Nel periodo di passaggio tra la fine dell’età del Bronzo e la
prima età del Ferro una radicale trasformazione climatica porta
ad una crisi degli insediamenti e più in generale ad uno spopolamento della Conca Velina, che vede una riduzione degli
abitati dovuta al rapido crescere del livello delle acque con
conseguente allagamento di vaste aree, impaludamento, perdita di terreni coltivabili e probabilmente insorgere di malattie15.
Per quanto riguarda la Sabina meridionale, è possibile che già
durante l’età del Bronzo la valle del Tevere con i suoi affluenti
costituisse la base del sistema di comunicazioni delle popolazioni dei territori a nord di Roma, ancora organizzati in piccoli
insediamenti sparsi. Solo con l’età del Ferro, alcuni di questi
abitati si trasformano in nuclei di popolamento di una certa
consistenza che possono essere interpretati come centri
proto-urbani o veri e propri centri urbani16, mentre per la Sabina interna non ci sono attestazioni di insediamenti preromani a carattere urbano, sebbene sicuramente Reate dovesse
occupare un sito già abitato in epoca arcaica17.
In età arcaica i più importanti centri abitati erano Cures Sabini18
ed Eretum, entrambi siti nella Sabina meridionale. Cures Sabini, situata in località S. Maria degli Arci nel comune di Fara
Sabina (RI) è, come le fonti tramandano, in stretto rapporto
con le origini di Roma19. I resti dell’abitato dell’età del Ferro
sono stati identificati sulla collina denominata Collevecchio e
mostrano una continuità di occupazione dagli inizi dell’VIII al
Contributi
VI secolo a.C. Nel VII secolo a.C. l’insediamento raggiunge,
espandendosi sulle alture di Casino d’Arci e S. Maria degli
Arci, la ragguardevole estensione di circa trenta ettari, del
tutto simile alle coeve città latine. Sono stati individuati gli apprestamenti difensivi dell’abitato20, le zone destinate alla produzione e all’immagazzinamento21 e quelle abitative, sulle
quali ci si soffermerà in particolare.
Le abitazioni sono di diverse tipologie, strutture rettangolari
con annessi, capanne circolari o subcircolari e ovali, la cui
pianta è leggibile dalla traccia dei buchi di palo lignei che delimitavano il perimetro dell’edificio, oppure dai muretti di pietre
sui quali si impostavano i pali che sostenevano la copertura.
Al terzo quarto del secolo VIII a.C. si data la capanna denominata “struttura L”, caratterizzata dalla presenza di due file perimetrali di buchi per pali - l’esterna forse relativa ad un
portico - e formata da un ambiente rettangolare e da uno,
adiacente e più piccolo, che conteneva un forno22, mentre al
secolo successivo possono essere datate le capanne circolari
o subcircolari con diametro variabile tra i 3,5 e i 4 metri, e
perimetro scavato nel banco argilloso con buchi di palo all’esterno. Una delle capanne ovali scavate, delimitata da un
muro di fondazione perimetrale in pietra, con elevato ligneo
rinforzato da pali e pareti rivestite di intonaco, deve essere
datata alla seconda metà del VII secolo a.C., nell’ambito dell’orientalizzante medio-recente, grazie alla abbondante ceramica italo-geometrica, di impasto rosso, bruno e buccheroide,
e bucchero, collocandosi in questo modo come una tipologia
di passaggio tra i fondi di capanna e gli edifici di età arcaica23.
All’inizio del VI secolo a.C., infatti, evidenti sono le tracce di
una svolta in senso urbano, come testimoniano i resti di al-
meno due case, costruite entrambe con un basamento di pietrame e copertura in tegole, suddivise in più ambienti ed entrambe edificate intorno al secondo quarto del VI secolo a.C.24
Per questa fase arcaica, rimangono per adesso sconosciuti i
sepolcreti di Cures Sabini25.
Nella Sabina meridionale, al confine con i Latini, nel territorio
dell’odierno comune di Montelibretti (RM), si trovano i resti di
Eretum26, di cui è stata individuata l'area dell’insediamento
arcaico27, che tuttavia non è stato mai sistematicamente indagato, mentre è stata scavata dal CNR-ISCIMA (Istituto di
Studi sulle Civiltà Italiche e del Mediterraneo Antico) la necropoli di Colle del Forno, attribuita all'antico centro, che consta
di 38 tombe a camera ed una a fossa28, tra le quali si segnalano in particolare la 11 e la 36, monumentali da un punto di
vista architettonico ed anomale per la posizione topografica
rispetto alle altre. Esse hanno restituito notevoli corredi che
permettono l’attribuzione di entrambe a personaggi di alto
rango dell’antico centro, il primo vissuto alla fine del VII secolo
a.C., il secondo alla fine del VI secolo a.C. La tomba 11, nota
da tempo, è caratterizzata da una planimetria anomala a celle
laterali e dromos eccezionalmente lungo e largo, e denuncia
l’appartenenza ad uno dei membri più ragguardevoli della comunità, deposto con il rituale funerario dell'incinerazione inusuale per l'epoca29. Ritrovata nel corso della campagna di
scavo del 1972 la tomba è stata purtroppo sconvolta da un
intervento clandestino. Il corredo, riassemblato per lo studio,
vede la presenza di un calesse, con cassa rivestita di lamine
di bronzo sbalzate, e quella di un currus, un carro da guerra,
come elementi principali e distintivi. La tomba 36, dalla
grande struttura tricamerale a croce, con atrio centrale sco-
69
Il Rat t o de lle S ab ine
perto e dromos monumentale30, ospitava nell’atrio e nelle camere laterali il corredo, composto anche questa volta da un
currus, che era stato sicuramente smontato per farlo passare
dalla porta e poi rimontato disponendolo in diagonale rispetto
alla camera, da calderoni di bronzo e un podanipter (= bacino
per lavare i piedi) e da quattro vasi in ceramica, ridotti in pezzi,
tra i quali si distingue il collo di un’anfora di bucchero, databile
alla fine del VI secolo. Il defunto era deposto nel loculo di fondo
entro una cassa lignea, che accoglieva le ceneri, forse ai lati
dell’urna erano stati deposti due calici in bucchero con sostegno a cariatidi, di un tipo più antico rispetto all’epoca della deposizione, cui veniva attribuito evidentemente un particolare
valore sacrale. La camera in cui è scavato il loculo, molto
ampia, conteneva una spada e un eccezionale trono a grandezza naturale, in terracotta, con parte frontale piatta rinvenuto
in frammenti31.
Molte sono ancora le attestazioni di altri abitati non altrimenti
noti dalle fonti antiche, spesso testimoniati indirettamente da
vaste aree sepolcrali, nelle quali la tipologia delle tombe, a
camera e a pseudo-camera, e gli elementi di corredo confermano il quadro di intensi scambi con la zona etrusca e falisco-capenate.
Nel comune di Collevecchio (RI), in località Poggio Sommavilla,
doveva trovarsi uno degli insediamenti di età arcaica. Le ricerche archeologiche relative all’abitato sono a tutt’oggi molto
limitate e i frammentari dati a disposizione mostrano una
prima occupazione, costituita da piccoli nuclei
insediativi, inquadrabili nella fase iniziale dell'età del Ferro nell’odierna località di Poggio
Sommavilla. In epoca orientalizzante l’inse-
70
Installazioni artistiche da voci antiche
diamento assume una dimensione urbana che comporta l’organizzazione degli spazi ad uso abitativo e di quelli ad uso funerario; in età arcaica lo spazio abitativo doveva disporsi sulle
pendici della collina organizzata a terrazzi, con apporti di terreno e livellamento delle pendenze32.
Sempre nella frazione di Poggio Sommavilla, nelle località Casale Tosti e Stallone, su una collina tufacea prospiciente il Tevere, è stata individuata una vasta necropoli, composta da
Collevecchio (RI)
Poggio Sommavilla, Tomba 32
Situla in bronzo, V-IV sec. a.C.
Museo Civico di Rieti (Archivio SBAL)
contributi
tombe del tipo a fossa, a fossa con dromos e a camera con
loculi nelle pareti33, utilizzata ininterrottamente dal VII/VI sec.
a. C. alla prima metà del II sec. a.C.
Allo stato attuale delle conoscenze, sono solo due le tombe
che si distinguono per impegno architettonico nella necropoli,
la tomba 14 e la tomba 36.
La tomba 14 presenta infatti il soffitto a doppio spiovente, con
trave centrale, columen, ben rilevato e travi perpendicolari
scolpiti, disposti a formare il tetto displuviato34, la cui tipologia
si riallaccia ai modelli dell’architettura funeraria irradiatisi dall'etrusca Caere. La tomba 36 è fino ad ora l’unica ad avere
un pilastro ed una semicolonna con funzione di sostegno per
il tetto. La sepoltura, a pianta quadrangolare, presenta un
lungo corridoio di accesso pesantemente rimaneggiato in
epoca moderna, tanto da comprometterne e renderne illeggibile l’originario sviluppo.
Le sepolture hanno inoltre restituito ricchi corredi funerari. Per
l’epoca arcaica si nota la presenza di una classe di anfore,
note nella letteratura archeologica come “anforette sabine”,
ritenute un prodotto di fabbricazione locale sulla base dell’area
di distribuzione e delle caratteristiche tecniche, morfologiche
ed ornamentali35. Scarsamente attestata è la ceramica etrusco-corinzia, mentre abbastanza frequente è la ceramica
greca, sia a figure nere che rosse, le cui attestazioni sono documentate principalmente dalle kyliches (= coppe per bere).
Numerosi gli oggetti in bronzo, come oinochoai (= vasi da
vino), kyathoi (= attingitoi), bacili o situle, che costituiscono i
principali oggetti di importazione dall’area etrusca, soprattutto
dalla zona di Vulci ed Orvieto. Sono presenti inoltre elementi
dell’armamento quali punte di lancia e spade sia del tipo con
elsa a croce, che del tipo corto con elsa a stami. I corredi più
recenti sono invece caratterizzati da vasi di produzione falisca
a figure rosse e da ceramica a vernice nera. Sulla Collina dei
Gelsi, attigua all’area denominata Stallone e relativa probabilmente allo stesso sepolcreto, è stata recuperata una sepoltura pertinente ad un individuo di sesso femminile, deposto
con tutto il corredo vascolare e gli ornamenti personali, assieme ai suoi cinque cani. Il corredo, che ha restituito ceramica di produzione locale, ma anche buccheri ed un paio di
calzari in bronzo, può essere datato tra la seconda metà del
VII e il VI secolo a.C.
L'individuazione di necropoli, per lo più lungo il corso del Tevere, ha dunque consentito di ipotizzare la presenza di centri
abitati di cui non si conosce tuttavia il nome antico, come nel
caso del sito su cui oggi sorge l'attuale centro di Magliano
Sabina (RI)36, occupato già nel corso della fase recente dell’età
del Ferro37. A partire dalla seconda metà dell’VIII secolo a.C.
e per la prima metà del VII secolo a.C. la documentazione archeologica non è molto abbondante, ma tuttavia permette di
ricostruire l’esistenza di un insediamento di tipo sparso. Nella
seconda metà del VII secolo a.C. è documentata la presenza
di capanne che poi alla fine dello stesso secolo e nel corso di
quello successivo vengono comunque sostituite da case con
copertura di tegole e coppi38. È in quest’epoca che le necropoli
occupano le colline che cingono Magliano, fra le quali (Colle
del Giglio, Colle S. Biagio, Madonna Grande e Madonna del
Rovo) quella di Colle del Giglio è la più nota in quanto ha restituito anche materiali ceramici inscritti.
Già alla fine dell’Ottocento in questa località furono effettuati
rinvenimenti di tombe collocabili cronologicamente tra l’inizio
71
Il Rat t o de lle S ab ine
Installazioni artistiche da voci antiche
del VI e la metà del IV secolo a.C. In
Per quanto invece riguarda le aree più
tempi recenti sono state riprese le ininterne della provincia di Rieti, dati
dagini, che hanno portato all’indipiuttosto importanti sono venuti
viduazione di una estesa
alla luce in tempi recenti.
necropoli e alla ricostituzione in
Nel comune di Amaqualche caso delle
trice (RI), in località
originali associazioni
Saletta, ai piedi della
di corredo39, in quanto
collina su cui sorge
il sepolcreto nel corso
il moderno abitato,
del tempo ha subito
posto sulla sponda destra del
danneggiamenti di varia natura
torrente Lagozzo, è stata indiche hanno causato la dispersione
una necropoli di
viduata 44
40
degli oggetti . Conosciamo però un
tombe a tumulo con circolo di pietre
buon numero di forme ceramiche che pere tombe a fossa del tipo a ciottoloni, colmettono di valutare e di inserire la necropoli
locabili cronologicamente in età arcaica,
Collevecchio (RI)
in un contesto culturale e cronologico41.
con una fase d’uso che abbraccia alPoggio Sommavilla, Tomba 48
Nell’ultimo venticinquennio del VII secolo
Kylix attica a figure rosse, 460 a.C.
meno l'intero VI secolo a.C. e parte del
Museo Civico di Rieti (Archivio SBAL)
a.C. sembra si preferissero tombe a caV45. Attualmente la necropoli è ancora in
mera semicostruite, con piccolo dromos di
fase di scavo e di studio ed è probabile
accesso e copertura lignea sostenuta da pilastro centrale, per
che il sito riveli una frequentazione più antica.
poi passare, nel corso del VI secolo a.C., alla realizzazione di
Le sepolture più arcaiche, come sembra, sono del tipo a tutombe a fossa, delimitate da blocchi di tufo, e tombe a casmulo, del diametro di circa 10 metri, delimitate da un circolo
sone con pareti rivestite di tegole42. Le aree sepolcrali dalle
di pietre, alzato di terra e pietre e tomba centrale a fossa riSabina tiberina mostrano una certa omogeneità di usi e covestita di scheggioni in pietra, come il circolo B, la cui tomba
stumi, sebbene possano essere individuate differenze sub-reoriginaria è forse la tomba 146, o semplici tombe a ciottoloni47.
gionali tra l’area meridionale, con Cures Sabini ed Eretum che
In generale i corredi delle tombe di Saletta attestano la presubiscono l’influenza della cultura capenate, veiente e ceretana,
senza di oggetti di lusso che consentono di riferirle ad un
e l’area settentrionale, con Magliano e Poggio Sommavilla che
gruppo sociale emergente che tende ad emulare lo stile di
risentono maggiormente delle culture falisca, volsiniese e vulvita già in voga in area etrusco-laziale48.
cente43.
La necropoli, che si colloca lungo il tratto iniziale interappen-
72
Contributi
ninico, in un’area assai poco conosciuta dal punto di vista archeologico, si può nettamente distinguere per tipologia e caratteri del corredo, dalle necropoli della Sabina tiberina.
Le caratteristiche architettoniche dei sepolcri, da una parte le
tombe a camera e a camera semicostruita, dall’altra le tombe
a circolo e a tumulo, non devono essere lette solo come pratica soluzione per i riti funerari adatta alla morfologia dell’ambiente, ma anche come espressione di credenze e costumi
diversificati di gruppi culturalmente affini, caratterizzati da una
comune matrice e sensibili a diverse correnti culturali. La necropoli di Saletta, per la sua collocazione geografica, per la
tipologia delle tombe ed anche per la presenza di alcuni materiali attestati, potrebbe quindi, in via di ipotesi, essere avvicinata culturalmente all’ambito territoriale teramano,
storicamente assegnato ai Pretutii 49.
Note di civiltà e cultura materiale
Il grado di civiltà raggiunto dai Sabini è ben attestato dalla
scrittura; la lingua parlata da questo popolo è infatti documentata da precoci monumenti epigrafici. Il più antico manufatto conosciuto è la fiaschetta-gingillo di Poggio Sommavilla
(dalla tomba III, datata al 600 a. C. ca.), esempio della scrittura
nazionale dei Sabini, modellata forse su quella etrusco-meridionale ma con innovazioni proprie. Il vasetto in impasto
bruno, di forma lenticolare con aironi incisi sulle due facce,
presenta tre iscrizioni, due destrorse ed una apparentemente
sinistrorsa, incise tutte dopo la cottura, che si dispongono intorno al collo e sulle due facce piatte50. Ancora brevi iscrizioni
apposte su vasellame sono conosciute dalla necropoli di Colle
del Giglio nel territorio di Magliano Sabina: un'olla incisa ed
excisa sul ventre con quattro figure di cavalli conserva
un’iscrizione sinistrorsa che occupa, con andamento curvilineo, lo spazio compreso tra le figure equine. La struttura del
testo potrebbe essere quella di un dono rivolto a una serie di
persone individuate da nomi in dativo51. Recentemente a seguito di lavori di schedatura effettuati sul materiale in deposito
presso il Museo Civico, si è ritrovato un calice su basso piede
di impasto buccheroide con due iscrizioni. La tipologia del calice, molto diffusa in ambito falisco tra i vasi che costituiscono
il servizio per il banchetto, rimanda ad un orizzonte cronologico di VI secolo a.C. Le due iscrizioni, entrambe destrorse,
sono realizzate dalla stessa mano dopo la cottura e ricordano
la presenza di due partecipanti al banchetto Iatinoz e Qunoz52.
A queste testimonianze fa seguito il cippo di Cures di fine VI
o inizi V secolo a.C., rinvenuto casualmente nel letto del fiume
Farfa. Questo monumento53 è stato variamente interpretato
come iscrizione di carattere pubblico54 o piuttosto funerario55.
Per quanto attiene all'aspetto sacrale, particolarmente interessante si è rivelato lo scavo delle tombe 31 e 38 della già
citata necropoli di Colle del Forno, pertinente all'antico centro
abitato di Eretum. Entrambe le sepolture hanno restituito, infatti, un lituo in ferro dalla tipica forma arcaica ad uncino semplice con rigonfiamento finale. Il lituo - lungo bastone ricurvo
in ferro utilizzato per l’arte divinatoria - è l’attributo simbolo
della carica dell’augure. La tomba 38 si data tra la fine del VII
e la metà del VI secolo a.C., mentre la tomba 31 è certamente
posteriore, collocandosi in un arco cronologico che va dalla
metà del VI al primo o secondo quarto del V secolo a.C.; si
tratta delle più antiche attestazioni archeologiche di litui co-
73
Collevecchio (RI)
Poggio Sommavilla, Tomba 48
Oinochoe a cartoccio, 330-320 a.C.
Museo Civico di Rieti (Archivio SBAL)
Contributi
nosciute56. Il ricorrere di litui in sepolture di famiglie eminenti
farebbe pensare che l’augurato fosse prerogativa del vertice
della società locale, ma anche che non fosse appannaggio di
una singola famiglia. Spunto di riflessione è inoltre la tradizionale origine sabina degli auguri più famosi della antica storia di Roma57.
Per l’epoca arcaica non vi sono testimonianze di luoghi di
culto e di aree sacre, anche se è molto probabile che in età
romana siano utilizzati gli stessi luoghi frequentati in precedenza. Delle principali divinità sabine conosciamo alcuni nomi,
tramandatici dalle fonti ed indicate specificamente come autoctone. Sebbene fondamentale per la conoscenza dei culti
sabini sia Varrone58 che elenca una serie di divinità come provenienti dal territorio59, in questa fonte non compaiono divinità
sicuramente sabine, come Vacuna, per la quale non si hanno
attestazioni di cultura materiale che possano costituire una
prova del culto già per l’età preromana. Il culto della dea, attestato essenzialmente tra la fine dell’età repubblicana e la
prima età imperiale, è fortemente connesso ai boschi, alle
acque, ai laghi e alle sorgenti ed è ampiamente documentato
a livello letterario, epigrafico e toponimico60. La vasta estensione delle aree sacre dedicate alla dea, esistenti ancora in
età romana, potrebbe essere interpretata in funzione della tutela dell’assetto idrogeologico e forestale di ampie zone del
paesaggio sabino.
È inoltre chiaro il ruolo dei santuari extraurbani, punti franchi
e luoghi di sosta lungo percorsi difficili. Nell’area in esame, e
soprattutto nella Sabina interna, caratterizzata da una non fitta
rete di insediamenti a carattere urbano, i santuari dovevano
svolgere, oltre alla funzione primaria di luoghi di culto, anche
Collevecchio (RI)
Poggio Sommavilla, Tomba 32
Cratere a colonnette, 375-350 a.C.
Museo Civico di Rieti (Archivio SBAL)
il ruolo di centri di aggregazione e costituire importanti punti
di snodo per i traffici commerciali.
Nel corso del VI secolo si sviluppano in Sabina tiberina, attività
produttive locali, in specie nel campo della produzione cera-
75
Il Rat t o de lle S ab ine
mica. I caratteri peculiari delle già citate anforette sabine61
risiedono nel corpo ovoide marcato nella metà inferiore da
un listello in rilievo, nel corto collo verticale, nelle anse a
nastro, nel piede a tromba e soprattutto nella decorazione
a cilindretto. Il repertorio decorativo vede motivi geometrici,
vegetali ed animali, soprattutto cavalli, più raramente figure
umane, alternarsi in una composizione prevalentemente a
registri sovrapposti.
La romanizzazione
La conquista della Sabina avvenne all’inizio del III secolo a.C.,
al termine della III guerra sannitica, ad opera del console
Manio Curio Dentato. L’occupazione del territorio anche in età
romana avvenne con strutture urbane del tutto particolari62.
Nella maggior parte dei casi le città, prive di mura di difesa,
non prevedono nel tessuto del centro grandi spazi destinati
all’edilizia privata, ma privilegiano le strutture pubbliche, solitamente raccolte attorno alla piazza del foro. Se Cures ed
Eretum dovevano apparire in declino rispetto alla netta preminenza che ebbero in età preromana, altre città, quali Reate
(Rieti), Trebula Mutuesca (l’odierna Monteleone Sabino) e
Forum Novum (Torri in Sabina)63 vennero ad essere costituite.
Anche per la fase romana, come già per quella preromana,
sembrerebbe potersi delineare una differenza abbastanza
marcata tra la situazione della Sabina tiberina, che con la romanizzazione vide la costruzione di moltissime ville di produzione che costituirono poi l’asse portante della regione64, e
quella interna, per la quale rimangono come punti di riferimento principali del territorio i molti vici ricordati dalle fonti.
76
Installazioni artistiche da voci antiche
Note
1 - La tradizione antica in merito all’origine di questo ethnos era sostanzialmente divisa
tra i sostenitori dell’autoctonia e coloro che valorizzavano piuttosto l’apporto greco alla cultura sabina. Le fonti principali a questo proposito sono rappresentate da Strabone (Strabo
V,3,1), Dionigi di Alicarnasso (Dion. Hal. II, 49), che riferisce le diverse tradizioni in merito
all’origine dei Sabini, ed Igino, la cui versione ci è tramandata da Servio (Servio Ad Aen.
VIII 638 = Hyg. fr. 9P).
2 - Cat., fr. 50P = Dion. Hal. II, 49,2.
3 - Spadoni 2009, p. 21.
4 - Cic., Pro Q. Ligario X, 32.
5 - Liv. I,18.
6 - Sul carattere dei Sabini si ricorda anche quanto tramandato da Cicerone (Cic. Epist. ad
fam., ad Trebon. XV,20), da Ovidio (Ovid. Amor. II, el. 4 v.15), Properzio (Propert. Eleg. II,
32, 47), Orazio (Hor. Epod., od. II), Giovenale (Iuven. Satyr. X, 297-299) e Marziale (Mart.
Epigr. 1,62).
7 - I Sabini sono stati oggetto di numerosi studi e ricerche, che hanno dato luogo ad un’amplissima bibliografia. Tra i contributi più recenti relativi all’età arcaica vd. Alvino 2009 e
Spadoni 2009.
8 - I Sabini, scendendo nella Valle del Tevere e ponendosi direttamente sul fiume, vennero
a contatto con quei flussi commerciali e culturali che avevano come principali attori i
Falisci, gli Etruschi e anche Roma, sviluppando nei loro insediamenti una cultura della
quale Fabio Pittore - riportato da Dionigi di Alicarnasso (Dion Hal. II, 38, 3) e Strabone
(Strabo V, 3, 1) - sostiene che non avesse niente da invidiare quanto a lusso e raffinatezza
a quella degli Etruschi.
9 - Guidobaldi 1994, p. 47.
10 - Coccia, Mattingly 1993; Coccia, Mattingly 1995; Carancini, Guerzoni 1996. Per una
sintesi si veda da ultimo Carancini, Guerzoni, Mattioli 2009.
11 - Sembra certa la provenienza del ripostiglio di Contigliano da Piediluco (TR). I materiali
facenti parte del deposito sono stati recuperati in anni diversi, ma dalla documentazione
in possesso della Soprintendenza per i Beni Archeologici per l’Umbria sembra possibile
attribuire allo stesso contesto tutti i ritrovamenti (Bonomi Ponzi 1997).
12 - Colonna 1988, p. 516; da ultimo Carancini, Guerzoni, Mattioli 2009.
13 - Il sepolcreto fu scoperto e parzialmente scavato nel 1929 da Giacomo Caprioli (Caprioli 1929), che recuperò cinque tombe. Nel 1981 fu rinvenuta un’altra tomba appartenente al sepolcreto, su cui vd. Filippi 1983 e Filippi 1990. I materiali sono attualmente
esposti presso il Museo Civico di Rieti – sez. Archeologica.
14 - Per la Sabina tiberina si veda Muzzioli 1980, Di Giuseppe et alii 2002; Candelato,
Guidi, Santoro 2004; Guidi, Santoro, Agneni 2004; Patterson, Di Giuseppe, Witcher 2004.
Per la Sabina interna Carancini 1986; Carancini et alii 1990; Coccia, Mattingly 1993; Coccia, Mattingly 1995.
15 - Brunamonte et alii, 2003, p. 243.
16 - Muzzioli 1980, p. 28.
17 - Dalle ricognizioni effettuate nella Conca di Rieti sembra che in età arcaica gli insediamenti di medie dimensioni prediligano versanti collinari prospicienti la conca, per i quali
probabilmente si può parlare di nuclei protourbani, cui si affianca un discreto numero di
insediamenti sparsi sul territorio (Carancini, Massetti, Posi 1985; Carancini, Massetti, Posi
1986; Carancini et alii 1990; Coccia, Mattingly 1993; Coccia, Mattingly 1995). Per la zona
attorno a Rieti non sono attualmente conosciute aree a sicura destinazione funeraria, anche
se è possibile che nell’area alle pendici di Colle S. Antonio al Monte, in località la Cavatella,
Contributi
si trovasse un sepolcreto arcaico e che nella zona del nucleo industriale fosse presente
un’altra area a destinazione funeraria (Firmani 1979, Colonna 1974, p. 93, nota 1)
18 - Per l’origine del nome Muzzioli 1980 pp. 28-29. Cures Sabini fu identificata già nel
Settecento in località Arci, dove sono stati condotti scavi dai Corradini nel 1774 e poi nel
1835 e tra il 1874 e il 1875 dai Torlonia. Oggetto di studio approfondito da parte di Maria
Pia Muzzioli negli anni ’80 del Novecento, il sito è stato indagato dalla Soprintendenza
per i Beni Archeologici del Lazio tra il 1979 ed il 1993, sotto la direzione scientifica di Alessandro Guidi.
19 - Delle origini di Cures parlano Catone riportato da Dionigi di Alicarnasso (Dion. Hal,
II,49,3) e Varrone, la cui opinione è riportata ancora da Dionigi (Dion Hal. II,48). Fondata
da Modio Fabidio, vi nacquero i primi re di Roma, Tito Tazio e Numa Pompilio.
20 - Gli apprestamenti difensivi, realizzati da fossati profondi non più di 4 metri, e terrapieni
costituiti dalle terre di risulta dello scavo, si inseriscono perfettamente in quello che noi
conosciamo dalle fonti, sulle città sabine, tutte senza mura (Dion Hal. II, 49,3).
21 - Una grande vasca databile verosimilmente alla fine dell’VIII secolo a.C. era destinata
alla decantazione dell’argilla e legata alla produzione ceramica, attestata anche da una
fornace di cottura per vasellame con copertura mobile. Come magazzino per derrate va
invece interpretata una piccola struttura circolare che conteneva resti di un grosso dolio.
22 - Sono stati recuperati molti frammenti vascolari pertinenti a questa capanna, tra cui
due skyphoi euboici o di imitazione, un notevole sostegno di impasto rosso dipinto in bianco
con cavalieri, ceramica d’impasto con assonanze picene (Guidi 1997, con bibliografia precedente). Inoltre vi sono state individuate tracce di una attività artigianale, suggerita dagli
scarti di lavorazione di ossa e corni (Guidi et alii 1996, in particolare pp. 153, 158 e 203).
I materiali di Cures sono in deposito presso il Museo Civico di Fara Sabina.
23 - Guidi et alii 1996, p. 149.
24 - Guidi et alii 1996, pp. 149, 158-162 e 202.
25 - Sul costone nord occidentale del Colle di S. Maria degli Arci, nei primi anni ’90 del
Novecento, è stata individuata una struttura scavata nel tufo, priva di materiale antico, che
si è ipotizzato potesse essere una tomba a camera di età arcaica (Bistolfi, Guidi 1995, p.
636).
26 - La città è più volte ricordata dalle fonti per la sua particolare posizione di confine e
per gli scontri che opposero Romani, Etruschi e Sabini nella valle del Tevere (Dion. Hal III,
32,4; Dion Hal. III, 59,1; Dion Hal IV,51 e Dion Hal. V,45; Liv. III, 26,2; Liv. III 29,7; Liv. III
38,1; Serv. Ad Aen. VII,771).
27 - L’insediamento arcaico è stato individuato sull’altura più vicina al Tevere, separata da
una scarpata dal resto del promontorio, in posizione ben difendibile per i ripidi pendii e per
la presenza del fiume e del Fosso della Neve (Santoro, Quilici Gigli 1995).
28 - La necropoli di Colle del Forno è stata scavata sotto la direzione scientifica di Paola
Santoro (vd. da ultimo Benelli, Santoro 2009, con bibliografia precedente). I materiali si
conservano attualmente presso il Museo Civico di Fara Sabina.
29 - Benelli, Santoro 2009.
30 - La tomba si colloca nel massimo ordine dimensionale delle tombe a camera rinvenute
in Italia e colpisce in modo particolare quando viene confrontata con le modeste camere
usuali a Colle del Forno (Benelli, Santoro 2009).
31 - Si tratta probabilmente di un trono di uso reale come indica anche la realizzazione
del piano di seduta in materiale deperibile agganciato ai fori passanti (Benelli, Santoro
2009).
32 - Santoro, Zarattini 1995.
33 - Il recupero delle prime tombe è avvenuto a fine Ottocento, quando i corredi funerari
furono smembrati nei vari musei in Italia e all’estero; nel 1981 fu eseguito un intervento
di recupero in cui furono scavate tre tombe in località Casale Tosti, mentre altre 48 furono
scavate negli anni 1983-1986 ad opera della Soprintendenza per i Beni Archeologici del
Lazio in località Stallone. I materiali sono conservati presso i depositi della Soprintendenza,
tranne le tombe 32 e 48 che attualmente sono esposte presso il Museo Civico di Rieti sez.
Archeologica.
34 - Alvino, Santoro 1984; Alvino 1997, con bibliografia precedente e Alvino 2005.
35 - Martelli 1977.
36 - In questo territorio sono state effettuate diverse ricognizioni che hanno permesso di
individuare anche degli insediamenti di minore estensione ed importanza, i cui materiali
testimoniano uno sviluppo sincronico e contemporaneo all’insediamento principale di Magliano ed una stretta dipendenza da esso. È il caso degli abitati in località Castellano,
Casale Eroli, Colle Cece, le Rocchette e Colle Pineto a nord di Magliano e quelli in località
Casale Grillino e Casale del Vescovo a sud di Magliano (Santoro 1996a, p. 282).
37 - Lo sviluppo dell’insediamento di Magliano è sicuramente determinato dalla posizione
dominante il Tevere, che ne ha permesso l’inserimento nelle correnti di traffico commerciale
che attraversavano l’Etruria interna, sfruttando questa preferenziale via fluviale in alternativa
alle rotte costiere (Santoro 1997a, p. 84).
38 - Santoro 1997a.
39 - Una delle tombe per la quale è stato possibile verificare le associazioni degli oggetti,
è una sepoltura maschile a fossa, forse rivestita di tegole, in cui il defunto era adagiato su
un piano anch’esso di tegole. La composizione del corredo, che si inquadra negli anni
finali del VII o all’inizio del VI secolo a.C., dimostra, con la presenza di grandi olle di impasto,
spiedi, coppe per bere, piatti e vasi di bronzo, che la comunità locale aveva fatto propria
l’ideologia del banchetto, alla moda etrusca e laziale. Per una dettagliata descrizione degli
oggetti si veda Santoro 1996b, pp .212-213.
40 - Santoro 2008.
41 - Santoro 1996b.
42 - Santoro 2008, p. 15.
43 - Santoro 2006.
44 - In tutto sono state recuperate otto sepolture, alcune delle quali pesantemente manomesse dai clandestini, fatto questo che influisce pesantemente sull’associazione dei corredi
delle sepolture violate. E' fatto obbligo sottolineare come i corredi delle tombe 1-3 siano
pervenuti alla Soprintendenza in maniera fortunosa. In questi casi l’associazione dei corredi,
anche se cronologicamente attendibile, è stata ricostruita da notizie raccolte sul posto, Alvino 2004, p. 118.
45 - Alvino 2004; Alvino 2006.
46 - La tomba 1 è una sepoltura ad inumazione di forma ovoidale la cui fossa, rivestita di
arenaria anche sul piano di deposizione, si inserisce in un tumulo delimitato da pietre di
grandi dimensioni. Purtroppo l’azione dei clandestini ha compromesso la sua relazione
stratigrafica con il monumento, impedendo allo stato attuale di asserire con certezza che
proprio questa sepoltura fosse quella costruita con il tumulo, come suggeriscono le datazioni degli oggetti di corredo attribuitele, ma soprattutto la sua collocazione centrale nel
circolo. Sembrerebbe che della tomba 1 facciano parte un’olla di impasto con decorazione
costituita da solcature semicircolari e cuppelle, un’olla globulare in impasto rosso con sovraddipinture geometriche in bianco, un bacile di bronzo con orlo perlato, placche bronzee
appartenenti a due cinture ed una fuseruola. In considerazione della probabile incompletezza del corredo non è possibile proporre per questa sepoltura che una datazione di massima e piuttosto generica entro la prima metà del VI secolo a.C.
47 - La tomba 8 del tipo a ciottoloni, ha permesso di recuperare il corredo della sepoltura
di un individuo di sesso femminile e di un infante. Di forma rettangolare, con copertura in
77
Il Rat t o de lle S ab ine
ciottoli di arenaria grigia, la sepoltura, mancante del lato meridionale ed in parte della copertura probabilmente a causa dell’azione erosiva del Fosso Lagozzo, conservava scarsi
resti della defunta deposta in posizione supina. Molti sono gli oggetti del corredo personale
rinvenuti: numerose perline in ambra e in vetro, pendenti in ambra, elementi di collana in
argento, una bulla, perle di pasta di vetro policrome, fibule di varia foggia sia in bronzo
che in ferro, pendenti in bronzo, anelli, di cui uno del tipo à cartouche, con raffigurazione
di cavalieri affrontati, placchette in argento dorato con raffigurazioni di protomi femminili,
un aryballos globulare in pasta di vetro bleu decorato con motivo ad onda a colori alternati,
due anforette-unguentario a figure nere con decorazione a palmetta. Il complesso di oggetti
rimanda ad un orizzonte cronologico tra la fine del VI e gli inizi del V secolo a.C.
48 - Alcuni dei materiali rinvenuti suggeriscono contatti con l’area etrusca, in particolar
modo vulcente, mentre altri testimoniano di una generale influenza dall’area sabino-tiberina
e capenate, e dall’area centro-italica. Si vedano in particolare le anforette a figure nere e
l’anello à cartouche, Alvino 2004, p. 120 e nota 22 e 24.
49 - Per un approfondimento sulla questione dei Pretuzi si veda Naso 2000, con ampia
bibliografia.
50 - Cristofani 1977. La fiaschetta è conservata dal 1901 al Museum of Fine Arts di Boston.
51 - Cristofani 1996.
52 - Santoro 2008.
53 - Il documento è collocato nell’ambito delle testimonianze epigrafiche di ambito sudpiceno (Marinetti 2001, p. 138).
54 - Morandi 1983.
55 - Colonna 1988.
56 - Il lituo è stato finora rinvenuto solo in contesti etruschi piuttosto tardi (IV-III secolo a.C.).
57 - Benelli, Santoro 2009.
58 - Varro de l.l. V, 74.
59 - Per una trattazione sull’argomento, Evans 1939.
60 - Alvino, Leggio 2006a, pp. 30-36.
61 - Martelli 1977.
62 - Vd. Alvino 2009a.
63 - Il nome della città indica che in questo caso non vi fu un rapporto diretto con le precedenti strutture insediative ed anzi fu messo in atto il tentativo di trasformare l'assetto
territoriale, sebbene sia accertato che non vi furono cambiamenti traumatici con la romanizzazione (Verga 2006, pp. 32-34, con bibliografia precedente). Gran parte degli insediamenti gravitanti attorno al centro arcaico di Poggio Sommavilla, che ricade nell’ager
Foronovanus, continuano infatti a vivere durante l’età romana. Tale dato induce a dubitare
di un’alienazione di terre in favore dei cittadini romani; probabilmente solo nell’area del
centro urbano di Forum Novum (loc. Vescovio), antico mercato sito in una zona pianeggiante, favorevole allo sfruttamento agricolo e alla commercializzazione dei prodotti, vi è
stata un’assegnazione in favore di coloni romani.
64 - Vd. Alvino 2009b.
Bibliografia
Alvino 1997
G. Alvino, La necropoli di Poggio Sommavilla, in G. Alvino (a cura di), I Sabini, la vita la morte gli déi, Catalogo
della Mostra (Rieti , Sala dei Cordari, 30 ottobre-15 dicembre 1997), Rieti 1997, pp. 61-75
Alvino 2004
G. Alvino, Nuove attestazioni funerarie nel Lazio nord-orientale, in G. Ghini (a cura di), Lazio & Sabina 2. Atti del
78
Installazioni artistiche da voci antiche
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79
Il Rat t o de lle S ab ine
80
Installazioni artistiche da voci antiche
LIC E O G INNA S IO S T A T A LE “M . T E RE NZIO VARRONE”
Le fonti
La tradizione sulle origini di Roma è stata trasmessa attraverso
racconti avvolti nella leggenda e permeati di riferimenti mitologici. Uno tra i più celebri, appartenente al ciclo “troiano-latino”,
racconta la più antica storia dei Latini, e in particolare della loro
dinastia regnante a partire dall’eroe troiano Enea, che già nel
VI secolo a.C. i Romani consideravano come loro capostipite.
Non meno significativi sono quelli contenuti nel ciclo propriamente romano: la storia dei gemelli semidivini, la fondazione di
Roma, il Ratto delle Sabine, l’apoteosi di Romolo. Si tratta di
veri e propri miti di fondazione, incentrati sulle gesta e sulle
opere del re-fondatore. I Romani delle epoche posteriori vedevano in quei racconti la relazione leggendaria dei seguenti avvenimenti capitali: la fondazione di Roma sul colle Palatino nel
754-753 a.C.; l’unione con il popolo dei Sabini; la creazione
delle fondamentali istituzioni politiche della città.
Il Ratto delle Sabine è senza alcun dubbio una delle più antiche
ed interessanti vicende leggendarie legate alla storia di Roma,
cui fanno larga menzione nelle loro opere alcuni tra i più insigni
autori latini e greci che non esitano ad esprimere le proprie convinzioni riguardo le ragioni e il fondamento storico del mito.
Ne parlano, ad esempio, Tito Livio nella sua monumentale “Storia di Roma“ (Ab Urbe Condita Libri CXLII), Plutarco ne “La vita
di Romolo” (Ῥωμύλος, Βίοι Παράλληλοι) e Dionigi di
Alicarnasso in “Antichità romane“ (Ῥωμαική ἀρχαιολογία); la presenza di riferimenti, seppure brevi, a tale vicenda,
è riscontrata in componimenti poetici come l’”Eneide” di Virgilio,
le “Metamorfosi “ di Ovidio e alcune elegie di Properzio.
La storiografia latina ha certamente mitizzato, in vari modi,
questo episodio che riveste un interesse antropologico in
Approfondimenti
quanto riconducibile ad un particolare rituale matrimoniale
che avveniva per rapimento. Roma, infatti, al momento della
fondazione è presentata come una città maschile costruita e
resa forte da uomini. Le donne servono principalmente alla
procreazione e sono considerate uno strumento per stabilire
vincoli e alleanze con i popoli vicini. Secondo l’ideologia militare, il rapimento non si configura come un atto di violenza,
ma come una risposta necessaria ad un affronto.
Il “Ratto delle Sabine” diventa così un modello politico: le
donne, rapite con la forza, entrano a far parte della società
ed il loro matrimonio costituisce la premessa dell’alleanza con
i Sabini.
Romolo è l’indiscusso re di Roma e con il tempo rende la sua
città così potente e grande che, secondo Livio “poteva rivaleggiare militarmente con qualunque popolo dei dintorni“.
In Tito Livio, Plutarco e Dionigi di Alicarnasso la vicenda relativa
al Ratto delle Sabine ha uno sviluppo narrativo molto simile.
Livio (I, 9), dopo aver parlato del rifiuto delle popolazioni limitrofe a stringere patti di alleanza con i Romani attraverso la
stipulazione di matrimoni legittimi, fa riferimento alle feste indette dal re per attirare i vicini, comprese le fanciulle sabine,
e alla volontà dei Romani di riscattarsi dall’affronto subito:
[….] Romolo inviò ambasciatori alle popolazioni vicine, per
chiedere alleanza e matrimonio per il nuovo popolo: dicendo
che anche le città, come le altre cose, nascono da simili origini
[….] In nessun luogo fu colta benevolmente l’ambasceria
tanto da un lato nutrivano di spregio e dall’altro tenevano per
se e per i venturi una sì gran potenza in mezzo a loro sempre
più crescente [….] Mal sopportò questo la gioventù romana,
81
Il Rat t o de lle S ab ine
e per certo si cominciò a pensare di far ricorso alla forza. Per
dar tempo e luogo ad essa , Romolo, dissimulando il proprio
dispetto, predispone ad arte i solenni ludi in onore di Nettuno
equestre; e li chiama Consualia. Ordina poi che si bandisca
tra i vicini lo spettacolo, e, per rendere la cosa attraente e
clamorosa, lo allestiscono con la maggior grandiosità che allora si potesse e si sapesse. Accorse gran gente, anche per
la curiosità di vedere la nuova città e particolarmente i più vicini: Ceninesi, Crustumesi, Antemnesi; e venne tutta, con figli
e con mogli la popolazione dei Sabini.
In Dionigi (2, 30) manca il racconto del rifiuto opposto dagli
altri popoli alle richieste di vincoli matrimoniali. L’autore prova
la legittimità della posizione romana nel ratto e poi nella guerra
giustificando l’azione come risposta all’isolamento subito dai
Romani ad opera delle popolazioni limitrofe. In realtà il vero
tema del Ratto delle Sabine è, come meglio esprime Dionigi,
la violenta acquisizione da parte dei Romani del diritto di connubio, quale integrazione manu militari tra i popoli circostanti:
[….] Rifletteva che le città vicine non si sarebbero unite di
loro iniziativa ai Romani, che da poco tempo avevano formato
una comunità, non erano potenti per ricchezze e non avevano
ancora dato prova di qualche impresa valorosa. Pensava
anche che avrebbero ceduto alla forza, se nessun oltraggio
fosse commesso; decise pertanto di stringere parentele sancite da nozze mediante un rapimento in massa di vergini e
questa decisione fu condivisa anche dal nonno Numitore.
Romolo viene presentato come un eroe-distruttore dallo
82
Installazioni artistiche da voci antiche
stesso Virgilio (VIII, 635):
[….] Aggiunta avea quindi non lungi Roma e rapite ad arbitrio
le Sabine dal teatro gremito a’ gran Circensi; onde nova a
Romulidi era guerra col vecchio Tazio e la severa Curi. Ma poi
gli stessi re, poste le offese, diritti in armi con le tazze in mano
stavan davanti l’ara di Giove e, uccisa una scrofa, stringevano
alleanza.
In Dionigi e in Virgilio, le figure dell’eroe fondatore e dell'eroe
distruttore sono destinate ad intrecciarsi. Romolo, il fondatore,
è infatti anche un distruttore e un fratricida.
In Plutarco (14, 3-6), il ritrovamento di un altare segreto diventa il motivo dell’indizione dei giochi. Lo spettacolo organizzato, come dice l’autore “nel quarto mese dopo la
fondazione di Roma”, attira molta gente in città e termina con
il rapimento delle donne sabine:
In primo luogo fece diffondere la notizia che aveva ritrovato
l’altare, nascosto sotto terra, dedicato ad una divinità. Chiamavano il dio Conso, che secondo alcuni significa consigliere
(infatti ancor oggi i romani chiamano consilium il consiglio e
i loro magistrati supremi consules, cioè consiglieri); secondo
altri il dio era Poseidone Hippios. [….] Quando l’altare fu
messo in luce, Romolo fece annunciare che avrebbe celebrato uno splendido sacrificio su di esso, una gara e uno
spettacolo festivo. Si radunò molta gente; Romolo in persona
si mise in prima fila con i cittadini importanti adorno di un
mantello di porpora. Il segnale convenuto per dare il via all’assalto era questo: Romolo alzandosi avrebbe ripiegato il
LIC E O G INNA S IO S t at ale “M . T E RE NZIO VARRONE”
mantello, poi lo avrebbe indossato di nuovo. Molti armati di
spada tenevano gli occhi fissi su di lui: al segnale convenuto
sguainarono le spade e, slanciandosi sulle figlie dei Sabini
urlando, le rapirono [….]
Il numero delle donne sabine rapite, legato tra l’altro alla questione se da esse o da alcune di esse avessero preso nome
le curie romane, varia da autore ad autore.
Il solo Plutarco (14, 7), riporta tre informazioni differenti:
Si dice che furono rapite solo trenta donne, dalle quali presero
nome le curie; secondo Valerio Anziate invece le vergini erano
cinquecentoventisette e secondo Giuba seicentottantatrè [….]
Dionigi (2, 30) conferma la notizia di seicentottantatré donne
mentre Livio (I, 13) fa riferimento solamente alle trenta curie
romane istituite da Romolo e chiamate, in seguito alla pace
stipulata con i Sabini, con i nomi delle fanciulle rapite, senza
riportare alcun dato certo sul numero totale delle donne sabine:
[….] Quella pronta e lieta pace venuta da così dolorosa
guerra rese più care le Sabine ai mariti e ai genitori e, più
che a tutti, allo stesso Romolo. Pertanto, dividendo la popolazione in trenta curie, alle curie diede i loro nomi Non
si sa se quelle che dovevano dar nome alle curie, che certo
il numero delle donne era maggiore, fossero state scelte
con riguardo all’età o alla dignità loro o dei loro mariti o a
sorte. [….]
Le donne rapite erano nubili ad eccezione di Ersilia, futura
Approfondimenti
sposa di Romolo.
Nel racconto di Livio non vi è alcun riferimento a questo dato,
ricordato invece da Plutarco (15, 7-8): l’autore greco inoltre
riporta la duplice tradizione che voleva Ersilia o come moglie
di Ostilio o come moglie di Romolo:
[….] non furono rapite donne sposate, se si eccettua la sola
Ersilia di cui non si erano accorti [….]Quanto ad Ersilia alcuni
dicono che abbia sposato Ostilio, uno dei romani più in vista,
altri lo stesso Romolo [….]
Livio (I, 9) sostiene chiaramente che il rapimento delle donne
sabine non fu seguito da alcuna violenza sessuale. Al contrario
afferma che Romolo offrì alle fanciulle libera scelta e promise
loro pieni diritti civili e di proprietà:
[….] Romolo in persona andava tra di loro e spiegava che ciò
era accaduto a causa della superbia dei loro padri, che avevano negato il connubio ai vicini; esse tuttavia sarebbero state
tenute in matrimonio, nella condivisione di tutti i beni e della
cittadinanza e dei figli, di cui nulla è più caro al genere umano;
raddolcissero dunque il loro sdegno e, a coloro ai quali la sorte
aveva assegnato il loro corpo, concedessero anche il cuore;
spesso da un ingiuria nasce la benevolenza; essi avrebbero
trovato i loro mariti tanto migliori poiché ciascuno si sarebbe
sforzato per quanto stava in sé, adempiendo per parte sua i
propri doveri, a colmare la nostalgia dei genitori e della patria.
Si aggiungevano le manifestazione d’affetto dei mariti, i quali
tentavano di scusare l’accaduto con l’ardore della passione,
che sono le preghiere più efficaci per l’animo femminile.
83
Il Rat t o de lle S ab ine
Secondo la tradizione storica, il Ratto delle Sabine fu seguito
da una richiesta di liberazione inoltrata dai genitori delle fanciulle rapite alla quale il nuovo re di Roma rispose negativamente.
L’esplicito rifiuto di Romolo scatenò la guerra tra i due popoli.
Diverso nei tre autori è l’intervento pacificatore delle donne
sabine: mentre negli scritti di Livio (I, 13) e Plutarco (19, 1-7)
esse si gettano improvvisamente tra i due eserciti riuscendo
a fermare la battaglia, in Dionigi (2, 45) si recano con Ersilia
dai Sabini per trattare direttamente la pace.
In tutti e tre i racconti si pone l’accento sui figli che accomunano i due popoli, strumentalizzati per frenare l’ira dei loro
nonni sabini, anche se la loro presenza appare decisamente
scollegata e anacronistica rispetto alla immediatezza della
guerra che si sarebbe scatenata.
Comune ai tre autori è la menzione del voto da parte di Romolo di un tempio a Giove Statore, durante la battaglia decisiva tra Romani e Sabini.
Livio (I,12) nel racconto della battaglia ricorda il voto di Romolo
in maniera dettagliata:
[….] Romolo, travolto anch’egli dalla turba fuggente, alzando
le armi al cielo pregò: Giove, qui sul Palatino, per monito degli
auspici tuoi, io gettai le fondamenta della città. I Sabini occupano ormai, presa per tradimento, la rocca; e di la tendono
qui con le armi, varcando il mezzo della valle. Ma tu, padre
degli dei e degli uomini, almeno da qui tieni lontani i nemici!
Libera dalla paura i Romani, e arresta la loro turpe fuga! A te,
Giove Statore, io voto qui un tempio, il quale attesti tra i venturi che la città fu salva per il tuo pronto ausilio [….]
84
Installazioni artistiche da voci antiche
Secondo Plutarco (19, 9) il tempio era stato costruito nel luogo
dove l’esercito si era fermato al termine della preghiera del
re, mentre Dionigi (II, 50) nel raccontare l’attività di Romolo e
Tito Tazio accenna brevemente alla fondazione del tempio di
Zeus Orthosios.
Livio fa seguire al racconto della battaglia finale una rapida
menzione della pace con i Sabini e del regno comune di Romolo e Tito Tazio, a cui si contrappongono notizie più ampie
di Dionigi e di Plutarco che includono rispettivamente una digressione sui Sabini ed un excursus descrittivo sulla realtà
romana.
Alla spartizione della città tra i due re Dionigi (II, 50) ricollega la
loro distinta attività religiosa, facendo generale riferimento alla
costruzione di templi: quello dedicato a Giove Statore da parte
di Romolo e quelli edificati da Tito Tazio in onore di una serie di
divinità, che sembrano riprendere l’elenco varroniano degli dei
romani di origine sabina. È difficile distinguere il successivo accenno alle nuove feste allora istituite (in particolare i Matronalia,
incentrati sul ruolo pacificatore delle donne) e comuni quindi
ad entrambi i popoli, da una più generale digressione sulle feste,
che sembra essere piuttosto un pretesto per parlare dei Lupercalia separatamente dalla leggenda della lupa.
Il Rat t o de lle S ab ine
Il mito di Tarpea
La figura di Tarpea come traditrice è stata approfondita da due celebri autori della letteratura latina: Tito Livio e Properzio.
Tito Livio, storico romano di età augustea, fa della morte di Tarpea
un exemplum morale. Il tradimento della giovane vestale, causato
dall’avidità, ottiene come ricompensa la morte:
[…] Tazio sedusse con oro la figlia di lui, inducendola a lasciare
entrare alcuni armati nella rocca, mentre per caso ella usciva dalle
mura ad attingere acqua per i sacrifici. Entrati l’uccisero seppellendola sotto le armi, o perché si avesse a credere che la rocca
era stata invece presa a forza o per dare un esempio di ciò a cui
conduce il tradimento, sì che apparisse non esservi mai per il traditore sicurezza alcuna. E anche aggiunge la leggenda che, poiché
solevano i Sabini portare sul braccio sinistro armille d’oro di gran
peso e ornarsi di anelli gemmati bellissimi, ella avesse con loro
pattuito di avere in compenso ciò che loro avevano nella sinistra;
perciò, invece che oggetti d’oro, accumularono su di lei scudi. Altri
narrano che ella, pattuendo che le dessero ciò che tenevano con
la sinistra, chiedesse proprio gli scudi, e che, parendo a quelli che
ella facesse inganno, fosse stata uccisa con quel compenso stesso
che aveva chiesto.
(Ab Urbe Condita, I, 11)
Il poeta Properzio (Elegia, IV, 4), riscatta la figura di Tarpea presentando la vestale come una donna che ha tradito la patria per amore
del re nemico Tito Tazio. Un amore colpevole poiché Tarpea come
sacerdotessa della dea Vesta è votata alla castità:
[…] Di qui Tarpea attinse l'acqua da offrire alla dea; ella
86
Installazioni artistiche da voci antiche
portava sul capo un'anfora di argilla.
E una sola morte potè bastare per l'empia fanciulla
che volle tradire, o Vesta, il tuo fuoco […]
Nella versione offerta da Properzio, l’amore tra Tarpea e Tito Tazio
finisce subito, poiché il re Sabino, dopo essersi impadronito della
rocca, non mantiene l’impegno con la giovane e la fa seppellire
sotto gli scudi dei suoi uomini:
[…] Aveva tradito la custodia della porta e la patria dormiente,
e chiese a lui di scegliere il giorno delle nozze.
Ma Tazio (infatti il nemico non onora il delitto)
Spósami–le disse–e sali sul mio letto regale!
Così disse, e la seppellì coprendola con le armi dei compagni.
Questa, o vergine, era la dote adatta ai tuoi servigi
Da Tarpea, che fu guida, il colle trasse il nome:
hai la ricompensa, o custode, di una sorte ingiusta.
A questo episodio è probabilmente attribuita l’origine del Saxum
Tarpeium o Rupes Tarpeia. La tradizione romana prevedeva infatti
che dalla Rupe Tarpea, sul Campidoglio, fossero gettati i traditori. I
reati di “tradimento” di diversa natura erano accomunati dal fatto
che chi li commetteva veniva meno alla fides, cioè al sacro dovere
di fedeltà sia in ambito pubblico (cittadino-stato romano) che privato
(cittadino-cittadino).
Basilica Emilia, Punizione di Tarpea
I sec. a.C. - I sec. d.C.
Roma, Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma
Su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma
LIC E O G INNA S IO S T A T A LE “M . T E RE NZIO VARRONE”
Il Ver Sacrum
La Primavera Sacra (Ver Sacrum) era un rituale praticato da diversi
italici. Veniva celebrato in occasione di calamità naturali o in circostanze
particolari (guerra, carestie, pestilenze) e consisteva nell'offrire alle divinità, in particolare a Marte, oltre le primizie dei campi e animali sacrificali, anche i primogeniti maschi nati dal 1º marzo al 30 aprile dello
stesso anno. Il rituale, poi modificato, avrebbe portato ad individuare
così un gruppo di giovani destinati a lasciare la propria terra. I bambini
consacrati (Sacrati), giunti all'età dell'adolescenza partivano alla ricerca
di una nuova terra da colonizzare guidati da un un animale-totemico
che indicava loro la strada e il luogo dove stanziarsi; dall’animale poi
avrebbero anche preso il nome, come nel caso dei Piceni, dal picchio,
degli Equicoli, dal cavallo, degli Irpini, dal lupo. In questo modo si creavano nuove comunità ed etnie, al fine di ridurre la crescita della popolazione locale ed estendere l’area di influenza sui territori vicini. Con il
voto della Primavera Sacra nacquero dal ceppo osco-umbro diverse
popolazioni italiche che abitavano le regioni centro-meridionali della
penisola. Proprio i Sabini sono considerati il nucleo da cui si generarono
le più antiche migrazioni, che sarebbero partite dal Lago di Cotilia, ombelico dell’Italia. I racconti mitici legati a questa pratica rituale e le modalità cambiano da popolazione a popolazione.
Ver Sacrum e Ratto delle Sabine: tra storia e leggenda
La leggendaria fondazione di Roma è caratterizzata da una sequenza di episodi simbolici. La nascita dei gemelli Romolo e Remo
dalla giovane Rea amata dal dio Marte, la loro adozione da parte di
una lupa, l’uccisione di Remo per mano di Romolo sono solamente
alcuni dei drammatici eventi che diedero origine, secondo la tradizione, alla civiltà romana.
A queste azioni seguì il celebre Ratto delle Sabine. Secondo la tra-
Approfondimenti
dizione, attestata da Varrone e da Tito Livio e ripresa da Virgilio nell’Eneide, Romolo ed i suoi compagni rapiroro le giovani donne sabine in occasione dei giochi organizzati in città in onore del dio
Conso. Questo atto di violenza scatenò un conflitto che si risolse
solo grazie all'intervento pacificatore delle stesse donne rapite, nel
frattempo divenute mogli legittime dei Romani. La leggenda del
ratto delle Sabine potrebbe essere ricondotta al rituale del Ver Sacrum. Infatti la primavera sacra prevedeva l'allontanamento di una
leva di giovani (in questo caso Romolo e Remo) destinati a fondare
una nuova colonia. In genere si trattava esclusivamente di uomini,
ma alla nuova fondazione doveva necessariamente seguire la formazione di nuovi nuclei familiari in grado di dare vita alla comunità.
La crisi economica scatenata dagli stessi motivi che avevano richiesto l’attuazione del Ver Sacrum (calamità naturali, carestie, pestilenze, guerre) impediva ai giovani di prendere mogli legittime in
quanto non potevano offrire alle loro famiglie i tradizionali doni nuziali. Questo aspetto potrebbe spiegare la necessità di ricorrere al
rapimento delle donne per popolare il villaggio fondato. Secondo
altre interpretazioni, il Ratto avrebbe avuto una funzione rituale ed
avrebbe rappresentato una cerimonia arcaica, “ut more ferarum”
come dice Orazio, caratteristica della comunità dei Sabini. Anche
se è impossibile definire quanto appartiene alla leggenda e quanto
invece alla storia, è certo che fin dall'epoca della fondazione, la
Roma delle origini strinse significativi contatti con i Sabini attraverso
legami matrimoniali, passando da una fase di conflitto ad una di
collaborazione e condivisione dei poteri, come testimoniato dalla
co-reggenza di Romolo e Tito Tazio. Anche il successore di Romolo,
Numa Pompilio, era di origine sabina e a lui si fanno risalire importanti riforme religiose e istituzionali.
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Collevecchio (RI)
Poggio Sommavilla, Tomba 32
Kylix a figure rosse di produzione falisca, 370-360 a.C.
Museo Civico di Rieti (Archivio SBAL)
LIC E O G INNA S IO “M . T E RE NZIO V A RRO NE”
ll mito di Europa
I Persiani dicono che Io giunse in Egitto in tal modo, diversamente dai Greci, e questo sarebbe stato il primo dei torti; dicono che in seguito alcuni Greci-ma non sanno riferirne il
nome- sbarcarono a Tiro, in Fenicia, e rapirono Europa, la figlia
del re; costoro sarebbero stati Cretesi. Così, insomma, erano
alla pari; ma i Greci poi si resero colpevoli del secondo torto.
(Erodoto, Storie, I, 2)
Europa (Εὐρώπη, Europa) secondo la mitologia greca era
figlia del re fenicio Agenore e sorella di Cadmo, mitico fondatore di Tebe. La sua bellezza fece innamorare il sommo Zeus
il quale vedendola giocare con le compagne sulla riva del
mare, pensò di avvicinarla trasformandosi in un meraviglioso
toro mansueto. Europa dopo averlo accarezzato salì sul dorso
del toro. Così Zeus poté rapire la fanciulla balzando nel mare
e irrompendo tra le onde con le sue zampe possenti. Arrivato
all’isola di Creta Zeus consumò l’unione con la fanciulla nei
pressi della città di Gortina (nella grotta Dittea o sotto un platano). Da Zeus ed Europa nacquero tre figli: Minosse, re di
Creta, Sarpedone, re di Licia e Radamanto, giudice degli inferi.
Secondo la leggenda Europa, dopo le nozze divine, sposò il
mortale Asterione, re di Creta, divenendo regina dell’isola e
capostipite dei suoi sovrani. In onore di questa fanciulla, gli
antichi Greci chiamarono Europa il continente che si trovava
a nord dell’isola di Creta.
La tradizione antica annovera il ratto di Europa tra le cause
dell’antica rivalità fra i greci e i troiani. Erodoto (Storie I, 2),
che cerca di razionalizzare il mito, considera la vicenda come
Approfondimenti
la vendetta attuata dai greci in risposta al rapimento di Io,
figlia di Inaco, da parte di alcuni mercanti fenici. Io, nella mitologia greca, è una ninfa sedotta da Zeus e trasformata in
giovenca per sottrarla, senza successo, alle ire di Hera.
Le testimonianze del mito di Europa risalgono all’VIII secolo
a.C. Omero nell’Iliade (XIV, 321) cita la fanciulla come figlia
del re Fenice, mentre Esiodo nella Teogonia (vv. 355-362)
menziona Europa come figlia di Oceano e Teti.
Europa viene ricordata inoltre da Stesicoro, Simonide, Eschilo,
Platone Comico e vari poeti ellenistici, tra cui Apollonio Rodio.
Celebre è il poemetto mitologico del poeta siracusano Mosco
intitolato Europa (Idillio II) dal quale, probabilmente, attinsero
i latini Orazio (Odi, III, 27, 25-76), Ovidio (Metamorfosi, II, 836875; Fasti, V, 603-618), Achille Tazio, Luciano e il poeta bizantino Nonno di Panopoli (Dionisiache, vv. 46-136). Plinio il
Vecchio nella sua Naturalis Historia (XII, 5, 11) ricorda l’arrivo
di Europa nella città di Gortina.
Il mito di Europa ebbe nuovamente fortuna a partire dall’età
umanistica. La vicenda viene narrata anche nella Sampogna
del Marino, raccolta di rime pubblicata nel 1620.
Molti artisti hanno rappresentato il mito del ratto di Europa
preferendo l’iconografia della fanciulla dalle bianche carni
nude, con in mano fiori e ghirlande, sul dorso del toro mansueto. Tra le testimonianze più antiche dell’arte greca si ricordano una metopa del tesoro dei Sicioni a Delfi ed una
metopa proveniente da Selinunte; nel mondo romano sono
note una pittura pompeiana conservata nel Museo Nazionale
di Napoli, una pittura della Domus Aurea e una scena del mosaico nilotico di Palestrina. Nel Museo di Rieti è esposta una
kylix a figure rosse, proveniente dalla Necropoli di Poggio
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Il Rat t o de lle S ab ine
Installazioni artistiche da voci antiche
Sommavilla, che presenta la classica iconografia della fanciulla sul toro.
Il mito di Persefone
Plutone si innamorò di Persefone e, con l’aiuto di Zeus, la
rapì di nascosto. Demetra andava cercandola per tutta la
terra, di giorno e di notte, alla luce delle fiaccole; ma quando
venne a sapere dagli abitanti di Ermione che Plutone l’aveva
rapita, irata con gli dei abbandonò il cielo e, assunto l’aspetto
di una donna mortale, si recò ad Eleusi. Dapprima si mise a
sedere sulla roccia che, dal suo atteggiamento, fu detta Agelasto, accanto al pozzo chiamato Callicoro; poi si recò da
Celeo che allora regnava ad Eleusi; vi erano là delle donne
che la invitarono a sedersi accanto a loro, e vi era una vecchia, di nome Iambe che, facendo gesti osceni, provocò il riso
della dea. È per questo, dicono, che le donne fanno i gesti
osceni durante le Tesmoforie.
(Apollodoro, Biblioteca, I-5)
Persefone (Περσεφόνη, Proserpina), conosciuta anche
con il nome di Kore, ossia fanciulla, era la figlia divina di
Demetra e del sommo Zeus e la giovane sposa di Ade, dio
degli inferi.
Le nozze tra Ade e Persefone rappresentano simbolicamente
il rinnovamento della vita, alludendo al morire e rinascere della
vegetazione e al perenne ciclo dell’esistenza in cui la morte è
una tappa necessaria alla vita stessa. Secondo la mitologia
greco-romana, Zeus aveva promesso la mano di Persefone
ad Ade all’insaputa di Demetra e questo antefatto aveva au-
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torizzato il ratto di Persefone da parte del dio degli inferi. Il rapimento avvenne o in Sicilia, vicino al lago di Pergusa nei
pressi di Enna, o nella “piana di Nisa”. Un giorno, mentre Persefone stava cogliendo dei fiori con altre fanciulle venne improvvisamente rapita da Ade e portata nell’oltretomba.
L’ignara Demetra iniziò disperatamente a cercare la figlia e
ad invocare l’aiuto di Zeus, ma una volta appresa la verità,
folle di dolore, decise di vendicarsi del divino rendendo arida
la terra e provocando con le carestie la morte delle creature
terrestri. Zeus allora, preoccupato per le sorti dell’umanità,
inviò Ermes, suo messaggero, negli inferi a chiedere la restituzione di Persefone. Ade, costretto, decise di accettare la richiesta con l’inganno: facendo mangiare una melagrana, cibo
dei morti, a Persefone, il dio degli inferi condannò la fanciulla
a trascorrere un periodo dell’anno nell’oltretomba e il resto
del tempo sulla terra con la madre.
Per il suo rapporto con l’agricoltura, il culto di Persefone si
diffuse soprattutto nelle zone agricole dell’antica Grecia, nelle
regioni della Messenia, della Laconia, dell’Arcadia e della Tessaglia. La sua massima popolarità si ebbe inoltre nelle regioni
dell’Italia meridionale, soprattutto in Sicilia.
La storia di Demetra e Persefone compare nell’Inno omerico
a Demetra (II, 1-90), nella Biblioteca di Apollodoro (I 5), nell’Inno 6 di Callimaco, nelle Metamorfosi di Ovidio (V 385-486)
e nel Ratto di Proserpina di Claudiano. Inoltre viene citata in
alcuni frammenti di Archiloco e in alcuni versi dell’Elena di
Euripide (1301-52).
Le rappresentazioni di Persefone sono molto frequenti nell’arte greco-romana. In relazione con i misteri eleusini, la dea
compare sul celebre rilievo di Eleusi con Demetra e Trittolemo,
LIC E O G INNA S IO S T A T A LE “M . T E RE NZIO VARRONE”
al Museo Nazionale di Atene. La scena del ratto è presente in
alcuni pinakes locresi e in alcuni celebri sarcofagi, tra cui
quello di Carlo Magno ad Aquisgrana. Il soggiorno nell’oltretomba è rievocato nei pinakes di Locri, nella ceramica e nel
rilievo delle Arpie da Xanthos, in Licia. Come figura isolata la
dea compare anche nelle pitture pompeiane.
Il mito di Elena
Una generazione più tardi, Alessandro figlio di Priamo, udita
questa storia, volle trovarsi una moglie in Grecia con il rapimento, sapendo comunque che non avrebbe pagato il fio,
poiché quelli non lo avevano pagato. Così, quando ebbe rapito
Elena, i Greci in un primo tempo decisero di mandare ambasciatori a richiedere Elena, e giustizia per il rapimento.
(Erodoto, Storie, I-3)
Nella mitologia greca Elena rappresenta l’archetipo umano
della bellezza femminile. Nata dall’unione di Leda e Zeus, a
causa della sua avvenenza fu rapita una prima volta da Teseo
e Piritoo che la condussero in Attica. Tornata in patria, grazie
a Castore e Polluce “suoi fratelli”, catturò l’attenzione di numerosi pretendenti. La scelta di Elena ricadde su Menelao, re
di Sparta, che aveva promesso un’ecatombe (sacrificio di
cento animali) di buoi ad Afrodite, dea della bellezza. Menelao
non avendo mantenuto la promessa scatenò l’ira della dea
che favorì il “tradimento” da parte di Elena sicché, quando
Paride, figlio di Priamo re di Troia, si recò a Sparta per una
missione diplomatica riuscì a sedurre Elena e a convincerla a
partire con lui.
Approfondimenti
Era, adirata nei confronti di Paride, scagliò una tempesta durante il loro viaggio costringendoli a sbarcare in Egitto, dove,
secondo il poeta Stesicoro, Elena fu sostituita da Nefele, un
fantasma con le sue sembianze.
Omero, invece, sostiene che i grandi eroi achei (Agamennone,
Ulisse, Achille, etc.) decisero di vendicare il rapimento e organizzarono la grande spedizione all’origine della decennale
Guerra di Troia, durante la quale Elena, dopo la morte di Paride, ne sposò il fratello Deifobo. Tuttavia, una volta conquistata Troia, Elena in virtù della sua bellezza fu perdonata dal
marito che la riportò a Sparta. Euripide, nella sua tragedia
Elena, ritiene che non fu lei in persona a seguire Paride a Troia
ma una sua immagine, mentre la vera Elena avrebbe trascorso gli ultimi anni della guerra di Troia in Egitto alla corte
di Proteo.
Elena viene rappresentata soltanto in contesti collettivi come
nelle pitture vascolari e nei rilievi dei cicli mitici (Iliou persis).
Fonti letterarie attestano che i pittori greci Polignoto e Zeusi
la rappresentarono in alcune opere andate perdute.
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Il Rat t o de lle S ab ine
Installazioni artistiche da voci antiche
Bartolomeo di Giovanni
Ratto delle Sabine, 1488
olio su tavola, 70x155 cm, Roma, Galleria Colonna, Sala della Colonna Bellica
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Credito Fotografico: Galleria Colonna Roma
Lic e o A RT IS T IC O - IS A RT E “A . C alc ag nadoro”
Approfondimenti
Bartolomeo di Giovanni
Ratto delle Sabine, 1488
Questo pannello decorava un antico mobile a cassa destinato a contenere oggetti di uso quotidiano. L’opera, dipinta da
Bartolomeo di Giovanni, rappresenta il rapimento delle Sabine. La scena è ambientata all’interno di un’arena semicircolare, luogo dove, secondo la versione del mito tramandata da Tito Livio, si svolse la festa dei Consualia. Tutti i personaggi sono raffigurati in movimento: alcuni giovani si trovano su carri trainati da coppie di cavalli, mentre altri
aggrediscono le Sabine che danno segno di rifiuto verso i loro aggressori. I due personaggi armati di lancia e di scudo
rappresentati sul primo gradino dell’emiciclo potrebbero essere identificati con Romolo e Tito Tazio. Sullo sfondo sono
disegnati, in maniera anacronistica, alcuni edifici simbolici dell’antica Roma: una colonna coclide, il Pantheon, la Torre
delle Milizie e un obelisco. Dietro, contro un cielo limpido, si snoda un paesaggio ideale caratterizzato da poggi e da
montagne rocciose elevate. Pur essendo un'opera rinascimentale, la prospettiva lineare è inesistente e solo qualche
pioppo isolato ha il compito di misurare, come modulo, lo spazio in profondità. I personaggi, ad eccezione di qualche
isolato caso, sono ritratti senza alcuna espressione drammatica dei volti. Le figure femminili (testa inclinata, stessa
capigliatura, abiti rigonfi) sono tipologie ripetute e meno variate di quelle maschili, nelle quali si nota una volontà semplificata di ricerca anatomica delle parti nude. I giovani sui carri alludono alle gare organizzate in occasione della festa
indetta da Romolo. Le fanciulle sono vestite secondo i costumi dell’antica Roma. Lo stile utilizzato è fondato su un decorativismo lineare e segue un logico percorso narrativo; le figure sono stereotipate, dinamiche e divise per gruppi isolati. Il dipinto, che predilige un colore livido nei toni più grigi e metallici, è tuttavia vivacizzato dalle gamme pastello di
alcuni panneggi, aspetto tipico dell’artista. Una decorazione con motivi rinascimentali caratterizza il carro intagliato del
giovane in primo piano.
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Il Rat t o de lle S ab ine
Installazioni artistiche da voci antiche
Giovan Antonio Bazzi detto Il Sodoma
Il Ratto delle Sabine (o Condanna di Rea Silvia), 1506-1507
olio su tavola, 76x170 cm, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini
Per gentile concessione dell’Archivio Fotografico della Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Roma
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Lic e o A RT IS T IC O - IS A RT E “A . C alc ag nadoro”
Approfondimenti
Giovan Antonio Bazzi detto Il Sodoma
Il Ratto delle Sabine, 1506-1507
Il celebre dipinto della collezione Chigi rappresenta il leggendario Ratto delle Sabine.
La scena può essere divisa idealmente in due sezioni: nella prima viene ricordato l’episodio di Tarpea mentre nella seconda viene raffigurato l’atto del rapimento vero e proprio.
A sinistra è rappresentato Romolo, con indosso un vestito azzurro e un mantello bianco, in piedi su di un piedistallo.
Alle sue spalle sono ritratti due soldati, uno armato di alabarda e l’altro seduto su un’armatura. Di fronte, tre uomini
portano al cospetto del mitico fondatore di Roma Tarpea, rea di tradimento. L’identità della fanciulla è confermata simbolicamente dalla presenza di alcuni scudi dipinti ai suoi piedi. Sullo sfondo di questa scena la rappresentazione di un
mausoleo e di un arco trionfale richiamano il paesaggio di Roma antica.
La figura centrale del giovane armato di spada ha la funzione di introdurre la scena del rapimento raffigurata a destra.
Un uomo afferra la chioma di una giovane sabina mentre un altro cerca di proteggerla e portarla via; un altro uomo seminudo con un mantello rosso in mano corre verso tre donne che, a loro volta, scappano spaventate. In lontananza il
Tevere ha le stesse tonalità celesti dei monti e nel cielo volano due rondinelle. Il panorama di questa scena richiama
lo stile più realistico del Masaccio, nonostante al centro del dipinto sia presente una digressione fantastica di un fauno
che cavalca un tritone.
Le prospettive sghembe e non unitarie (si notino sul primissimo piano il cane e i bambini completamente avulsi e isolati
nella composizione) e l’accentuazione espressiva e popolare dei volti dei personaggi, confermano lo stile attardato del
Sodoma rispetto agli altri pittori che operavano nel pieno del Rinascimento.
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Il Rat t o de lle S ab ine
Gianbologna
Ratto delle Sabine, 1582
marmo, altezza 410 cm
Firenze, Loggia dei Lanzi
Su concessione del Ministero
per i Beni e le Attività Culturali
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Installazioni artistiche da voci antiche
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Approfondimenti
Jean de Boulogne detto Giambologna
Ratto delle Sabine, 1582
Questa scultura è una delle più famose opere ispirate al tema del Ratto delle Sabine.
Nel 1582 prese il posto della Giuditta di Donatello in piazza della Signoria a Firenze, anche se l’opera, non ancora perfettamente ripulita, rimase coperta sino al gennaio 1583 quando venne presentata per la prima volta al pubblico. Il Giambologna, in origine aveva voluto rappresentare un qualsiasi ratto narrato dalla mitologia greco-romana e solo
successivamente decise di specificare il tema scelto in una lastra bronzea lavorata a bassorilievo e posizionata sul basamento dell’opera.
Lo stile del Giambologna è da ricollegarsi a quello di Michelangelo, artista coevo dal quale riprese la maniera rielaborandola in chiave moderna (manierismo). L’opera, commissionata allo scultore francese dalla famiglia dei Medici, dimostra
la raggiunta sapienza tecnica dell’artista, capace di rendere dinamica una scultura colossale ricavata da un solo blocco
di marmo. Il Giambologna articola in modo complesso la posizione ad avvitamento serpentino dei tre personaggi, con un
alternarsi continuo di pieni e di vuoti. La scultura riassume tutto il dramma del ratto: un giovane romano sottrae una
Sabina al vecchio padre che disperato rimane intrappolato tra le gambe del rapitore. La drammaticità è inoltre enfatizzata
dal libero gioco di braccia levate della giovane donna. Il successo riscosso dal gruppo è testimoniato dal fatto che lo
stesso Bernini s’ispirò ad esso per realizzare il Ratto di Proserpina della Galleria Borghese.
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Il Rat t o de lle S ab ine
Ludovico Carracci
Ratto delle Sabine, 1588-1591
affresco, Bologna, Palazzo Magnani
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Installazioni artistiche da voci antiche
Lic e o A RT IS T IC O - IS A RT E “A . C alc ag nadoro”
Approfondimenti
Ludovico Carracci
Ratto delle Sabine, 1588-1591
L'affresco con l'episodio del Ratto delle Sabine fa parte di un complesso ciclo pittorico che tratta gli episodi relativi alla
"fondazione di Roma" e che decora a mo’ di fregio le pareti della Sala di rappresentanza di Palazzo Magnani a Bologna.
Il dipinto, incorniciato da una fascia con telamoni, figure di ignudi, fauni, festoni di frutta e maschere teatrali in monocromo realizzata dai cugini Carracci, presenta il tema del Ratto delle Sabine nel rispetto della tradizione, ambientando
l’evento all’interno di un’arena. L'effetto è quello di un quadro ricco di illusionismo spaziale e scorci. In primo piano le
donne sabine sono afferrate dai soldati romani. Sul fondo si intravede una folla tumultuosa e, ritratto a sinistra, il re
Romolo che in piedi su un podio osserva la scena. Gli impasti scuri dell'affresco e il generale stato di deterioramento
(e forse cattivi restauri con ampie ridipinture) non permettono di analizzare i singoli personaggi che comunque risultano
appena abbozzati. Nell’opera si coglie una capacità di variare tono e condotta pittorica esplorando l’intera gamma dei
sentimenti umani e cercando di restituire verità al leggendario mito della nascita di Roma. Volendo dare alla scena una
visione sintetica e semplificata, Ludovico Carracci utilizza forme tonde e tese, rese tramite un cromatismo intenso e
caldo, che rendono palpitante e credibile la scena.
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Il Rat t o de lle S ab ine
Pieter Paul Rubens
Il Ratto delle Sabine, 1635-1640
olio su tavola, 169,9x236,2 cm, Londra, National Gallery
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Installazioni artistiche da voci antiche
Lic e o A RT IS T IC O - IS A RT E “A . C alc ag nadoro”
Approfondimenti
Pieter Paul Rubens
Il Ratto delle Sabine, 1635-1640
Ne Il Ratto delle Sabine di Rubens, i protagonisti dell’episodio sono raffigurati in modo tale da creare un’atmosfera di
paura, violenza e forte tensione emotiva. In primo piano la donna vestita di nero sta per essere trascinata via nonostante
abbia portato le mani al petto in gesto di preghiera. A sinistra un’altra donna viene strappata con crudeltà dalle braccia
della madre. A destra una fanciulla è rapita da un soldato che cavalca un maestoso cavallo nero. L’intreccio complesso
di masse in movimento, rappresentate in secondo piano a sinistra, enfatizza la caoticità della scena mentre la chiara
raffigurazione di Romolo, seduto sul trono a destra, sembra sottolineare la crudeltà del leggendario rapimento, pianificato
ed eseguito a tradimento. Lo sfondo è dominato dal profilo di un edificio classico e da un colonnato.
L’aspetto che più colpisce di quest’opera è la rappresentazione dei volti femminili. Su questi volti traspare il desiderio di
fuggire e di sottrarsi alla violenza dei soldati. Nei loro occhi Rubens ha espresso una tristezza profonda e un profondo
disgusto. Le luce che sembra provenire da una fonte esterna riflette bagliori dinamici sugli incarnati dei personaggi e
sui loro serici vestiti, caratterizzati da una pennellata fluida, dinamica e veloce. Maestro nel determinare l’ideale bellezza
classica e nel descrivere accuratamente i corpi femminili, Rubens ha impaginato lo spazio di questo dipinto con costruzioni
asimmetriche degli spazi scenici che accolgono un numero ricchissimo di figure in pose ed espressioni diverse. L’artista
ha eseguito un altro dipinto su questo tema, incentrando però l’attenzione non sulla scena corale ma solo su quattro
figure (Ratto delle figlie di Leucippo, 1618-1620, Monaco, Alte Pinakothek), unite in una composizione apparentemente
statica, ma in realtà concepite dentro curve concentriche.
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Il Rat t o de lle S ab ine
Pietro da Cortona
Il Ratto delle Sabine, 1629
olio su tela, 280,5x426 cm, Roma, Pinacoteca Capitolina
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Installazioni artistiche da voci antiche
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Approfondimenti
Pietro Berrettini detto Pietro da Cortona
Il Ratto delle Sabine, 1629
Il Ratto delle Sabine fu commissionato a Pietro da Cortona dall’amico Giovan Francesco Sacchetti in occasione delle sue
nozze con Beatrice Tassoni Estense.
Il dipinto presenta un andamento compositivo diagonale di gusto barocco, sottolineato dalle figure posizionate in primo
piano che, proiettate verso l’alto, conferiscono dinamicità all’episodio rappresentato.
Il rapimento è enfatizzato, al centro, dalla presenza di una donna giacente a terra che oppone resistenza al soldato romano. Altre coppie laterali ripetono il gesto della presa e del tentativo di fuga: la donna di destra, stupita, solleva le
braccia in alto come richiesta di aiuto contro il soldato romano; la donna di sinistra si divincola dalla morsa dell’abbraccio
del suo rapitore osservando alla sua destra il bambino piangente che la reclama. Le figure femminili sono panneggiate
mentre quelle maschili indossano corazze che lasciano intravedere gli incarnati morbidi delle membra, zone di luce rifrangente che attraggono l’occhio dell’osservatore.
In secondo piano, in alto a sinistra, Romolo assiste alla scena seduto davanti alla statua di Nettuno, sporgendosi dall’edificio classico. Davanti a lui un soldato indica il rapimento che si consuma a destra della scena. Sempre in secondo
piano una donna sabina, colta di spalle, abbraccia il vecchio padre che sta per essere aggredito.
Chiude la scena molto drammatica e movimentata il tempio dorico dipinto in prospettiva sulla destra. Davanti sono disposte, in un crescendo di masse plastiche su un asse verticale, diverse figure: un soldato a cavallo, un’altra coppia intenta nella lotta, vestiti e panni scomposti a terra.
La scena è diurna e sullo sfondo si intravedono le fronde di alberi ombreggiati da un sole seminascosto dalle nubi.
In questo quadro Pietro da Cortona rende evidenti sia i suoi punti di forza, come la capacità narrativa di cogliere l’attivo
come in un’istantanea fotografica, sia i suoi punti deboli, come l'assenza di spessore psicologico nei personaggi rappresentati, dove domina l’effetto sorpresa e il dramma. Il soggetto mitologico è impaginato secondo una disposizione centrifuga, e non simmetrica, in cui l’artista orchestra con assoluta padronanza una composizione piena di pathos. L’insieme,
dalle figure umane al paesaggio fino agli elementi tratti dall’antico (templi, obelischi), è reso vibrante dall’energia creativa
del maestro che adopera colori brillanti e pennellate fluide e veloci. L’artista ha saputo fondere gli elementi tratti dai
grandi modelli cinquecenteschi in un’opera che rende in maniera immediata il senso della sua rappresentazione e che
richiama, nelle coppie rappresentate, il Ratto di Proserpina di Gian Lorenzo Bernini.
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Il Rat t o de lle S ab ine
Cavalier d’Arpino
Ratto delle Sabine, 1635-1636
affresco, Roma, Palazzo dei Conservatori, Sala degli Orazi e Curiazi
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Installazioni artistiche da voci antiche
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Giuseppe Cesari, detto Cavalier d'Arpino
Ratto delle Sabine, 1635-1636
L’opera fa parte del ciclo di affreschi storici sulle origini di Roma realizzati nel Salone dell’antico Palazzo Comunale per esaltare,
con orgoglio, le vicende del popolo romano. Il dipinto, inquadrato da una ricca cornice a grottesche con stemmi romani, rappresenta
il rapimento delle Sabine da parte dei soldati romani. Sulla sinistra, accanto ad un soldato dalla postura rilassata che richiama
quella delle statue classiche, Romolo armato, in piedi su un semplice basamento, indica con aria minacciosa il rapimento. La scena
è caratterizzata complessivamente da un movimento spontaneo anche se, in contraddizione con il dramma che si sta consumando,
le figure sembrano bloccate e inerti, poco espressive, con le membra allungate secondo le forzature del linguaggio manierista. Il
disegno è molto curato e i colori non sono squillanti ma caratterizzati da una tavolozza pastello. Manca qualsiasi riferimento ai monumenti classici poiché il Cavalier d’Arpino ha convertito il dramma del Ratto in una scena indefinita, ambientata in un paesaggio
agreste. Il punto di colore più brillante è dato dal drappo rosso sulla sinistra che costituisce un improvvisato padiglione per riparare
Romolo e il suo seguito. Pur essendo un’opera nata nel pieno del gusto barocco romano, risulta attardata e legata ad un modo di
dipingere superato.
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Il Rat t o de lle S ab ine
Nicolas Poussin
Il Ratto delle Sabine, 1637
olio su tela, 157x203 cm, Parigi, Museo del Louvre
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Installazioni artistiche da voci antiche
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Approfondimenti
Nicolas Poussin
Il Ratto delle Sabine, 1637
Realizzato per il cardinale Luigi Omodei e acquistato dopo la sua morte dal Re di Francia Luigi XIV, il dipinto fa parte della collezione
originaria del Museo del Louvre.
Il quadro, di grandi dimensioni, rappresenta l’episodio del rapimento delle donne sabine da parte dei soldati romani. La compostezza
classica e l’equilibrio tipici di Poussin, basati sul ritmo di elementi verticali e orizzontali, lasciano spazio al nuovo gusto barocco per
il movimento. Questo aspetto è evidente nell’agitazione delle figure che occupano la scena in primo piano e che hanno come
sfondo le chiare masse prospettiche degli edifici classici in monocromo. Poussin, che soggiornerà per molti anni a Roma facendo
propria la cultura dell’Antico, esegue questo dipinto nel momento in cui la sua fama si consolida soprattutto in patria. Nel Ratto
coglie il momento più drammatico dell'evento: uomini e donne, dai visi impauriti e di forte espressività, lottano e fuggono verso i
lati estremi della piazza, con l’effetto ottico di “uscire fuori” dalla cornice. In primo piano, a sinistra, una donna si ribella afferrando
i capelli del suo rapitore mentre a destra un'altra, braccata da un soldato romano, tenta di fuggire. Sul lato sinistro, sopraelevato
rispetto alla scena, Romolo, immortalato in una posa teatrale ispirata alle antiche statue imperiali romane, impartisce ordini al suo
popolo. Gli abiti, intensamente colorati alla maniera neoveneta, hanno la stessa foggia classicheggiante delle architetture, realizzate
con la prospettiva centrale che dà un senso di chiarezza spaziale alla scena. Le direttrici, in cui si inseriscono idealmente le figure
e le architetture, sono quelle della piramide prospettica che si congiunge in un punto di fuga centrale.
Oltre alla versione del Louvre, esiste un altro dipinto dallo stesso soggetto dello stesso artista, ma di poco precedente, realizzato a
Roma per il maresciallo Carlo I de Créquy (oggi a New York, nelle collezioni del Metropolitan Museum of Art).
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Il Rat t o de lle S ab ine
Installazioni artistiche da voci antiche
Pietro Liberi
Il Ratto delle Sabine, 1641
olio su tela, 310x450 cm, Siena, Pinacoteca Nazionale
Su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Foto Soprintendenza BSAE di Siena e Grosseto
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Approfondimenti
Pietro Liberi
Il Ratto delle Sabine, 1641
Il dipinto, di vaste dimensioni, è uno dei celebri quadri del catalogo di opere certe di Pietro Liberi. Se confrontato con la coeva decorazione del soffitto dell’Oratorio dei Vanchetoni a Firenze, Il Trionfo delle armi medicee, Il Ratto delle Sabine appare d’impostazione
più incerta. La scena è occupata dalla monumentale figura di una donna sabina: la sua posizione richiama il personaggio di Dafne
del celebre gruppo Apollo e Dafne scolpito dal Bernini e conservato nella Galleria Borghese di Roma. Ai lati di questa figura centrale,
si distribuiscono altri personaggi rappresentati con dimensioni decrescenti che occupano lo spazio assumendo un ritmo finale vorticoso. Il quadro presenta una ricercatezza nelle espressioni fisiognomiche, messe in risalto da un colore schiarito, combinato con
una solida costruzione pittorica modulata dolcemente nei toni cromatici. Appare evidente la robustezza plastica dei corpi, colpiti da
lame di luce contro un fondo d’intonazione cupa e notturna, dove le nubi sembrano il risultato del fumo denso scaturito dai fuochi
spenti alla fine della festa organizzata da Romolo per rapire le Sabine. La pennellata, pur nel classico andamento a fregio della
composizione, appare in alcuni tratti violenta.
L’ artista studia la gestualità e la psicologia dei personaggi rendendoli unici.
Il personaggio centrale della Sabina presenta dei tratti che ricordano il Veronese e il Tintoretto; è di una bellezza raffinata e nobile,
indossa gioielli (le celebri armille) ed è raffigurata di profilo con il volto verso l’osservatore. E’ in fuga verso destra e si dispone su
una linea guida diagonale, che divide la scena in due parti: alla sua sinistra si distingue con chiarezza il rapimento vero e proprio
con due coppie di soldati romani che agguantano due giovani sabine, trascinandole via e formando una spirale intrecciata di corpi;
alla destra della donna, accanto ad un cane impaurito, soldati romani lottano per rapire altre Sabine in un complesso incrocio di
membra. La scena è racchiusa da uno sfondo cupo, animato da un balenare di luci ed ombre; la luce principale è esterna al quadro
e colpisce soprattutto la protagonista.
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Il Rat t o de lle S ab ine
Luca Giordano
Ratto delle Sabine (particolare), 1687-1689
olio su tela, 118x170 cm, Caserta, Palazzo Reale
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Installazioni artistiche da voci antiche
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Approfondimenti
Luca Giordano
Ratto delle Sabine 1687-1689
L’episodio è ambientato in uno scenario notturno e si sviluppa attorno ad una coppia centrale in primo piano che rappresenta l’atto
del rapimento di una donna sabina da parte di un soldato romano. La loro posizione richiama quella dei personaggi della monumentale scultura del Ratto delle Sabine, opera del Giambologna esposta a partire dal 1583 nella Loggia dei Lanzi a Firenze. Sulla
sinistra, in secondo piano, è raffigurata la loggia di un edificio classico dove Romolo in trono, attorniato da un gruppo di figure abbozzate con pennellate fluide e veloci, indica l’avvenimento. Il drappo chiaro sulla scalinata dell’edifico, riflette la luce che nasce
da una fonte esterna al dipinto stabilendo una continuità tra il primo e il secondo piano dell’opera. Il cielo sullo sfondo è adombrato,
cosparso di nubi temporalesche e i lati estremi della tela sono inquadrati da quinte arboree appena tracciate. Le espressioni
femminili sono cariche di drammaticità, nonostante i volti delle Sabine siano privi di dettagli. La veste bianca della donna al centro
della tela sembra mossa da un forte vento ed il movimento del panneggio viene accentuato dal violento gesto del soldato. Ripetendo
la stessa cosa anche per le vesti delle altre Sabine e per i mantelli dei soldati in piedi o a cavallo, l’autore cerca di evidenziare il
dinamismo dei personaggi, resi in modo plastico, con una monumentalità che richiama Michelangelo ed una carnalità che ricorda
i nudi di Bernini e di Rubens, artisti celebrati per la loro capacità di rendere la carne viva e palpitante. Nel quadro prevalgono colori
freddi ad eccezione di alcune vesti femminili e di alcuni mantelli dei soldati dove ricorre l’uso del rosso. I pigmenti metallici conferiscono al quadro una tonalità plumbea che sottolinea la tragicità della scena.
Luca Giordano
Ratto delle Sabine, 1687-1689
olio su tela, 118x170 cm, Caserta, Palazzo Reale
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Il Rat t o de lle S ab ine
Giovan Battista Tiepolo
Il Ratto delle Sabine, 1718-1719
olio su tela, 288x588 cm, San Pietroburgo, Museo dell’Ermitage
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Installazioni artistiche da voci antiche
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Approfondimenti
Giovan Battista Tiepolo
Il Ratto delle Sabine, 1718-1719
L’opera proveniva dal Palazzo veneziano di Jacopo Zorzi. Successivamente acquistata dall’imperatrice Caterina II di Russia entrò
a far parte della collezione originaria del Museo dell’Ermitage di San Pietroburgo.
In questo dipinto lo stile del Tiepolo, inizialmente influenzato dalla pittura del Veronese (soprattutto nell’impostazione scenica), rivela
la sua originalità nell’espressività dei volti dei personaggi, sin dai primi anni della sua produzione artistica.
L'opera sembra caotica in quanto l'agitazione che pervade le figure è trasmessa da un movimento di masse cromatiche e bagliori
di luce di forte spettacolarità, effetto dovuto anche alle notevoli dimensioni del quadro. Al centro troviamo un gruppo di donne, catturate da alcuni romani che indossano armature. Sul lato destro la scena si fa più cupa: un uomo a cavallo osserva quanto accade
ai suoi occhi (espediente che fa diventare anche noi spettatori all’interno del quadro); dietro di lui, un uomo dà fiato alle trombe ed
un altro innalza, tra le insegne, uno stendardo con l'iscrizione “S.P.Q.R.” Sulla sinistra, Tiepolo raffigura altri soldati intenti a rapire
le donne sabine: i gesti espressivi e i volti trasmettono tutta la drammaticità del rapimento “in presa diretta”. In secondo piano si
trova un altro gruppo di personaggi ed alcuni edifici rinascimentali. In alto, sopra una terrazza, Romolo, circondato dalle sue truppe,
assiste da spettatore al dramma. Al centro della scena troneggia una statua del dio Conso, divinità romana della terra e della
fertilità. I colori sono caldi, la luce è teatrale e gli spettacolari panneggi sembrano anticipare la maniera rococò.
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Il Rat t o de lle S ab ine
Jacques-Louis David
Riconciliazione tra Romani e Sabini (o Le Sabine), 1799
olio su tela, 386x520 cm, Parigi, Museo del Louvre
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Approfondimenti
Jacques-Louis David
Riconciliazione tra Romani e Sabini (o Le Sabine), 1799
Questo dipinto rappresenta l’episodio conclusivo del leggendario Ratto delle Sabine: la riconciliazione tra il popolo romano e quello
sabino per intercessione delle stesse donne rapite.
Secondo la tradizione, la guerra scoppiata tra i due popoli, guidati rispettivamente da Romolo e Tito Tazio, terminò in seguito all’eroico
intervento delle donne sabine che, gettatesi nella mischia con i loro bambini, riuscirono a fermare la battaglia grazie al loro amore
coniugale e filiale. Nella sezione superiore è rappresentata una fortezza medievale ed un’acropoli dominata da una costruzione templare. Nella sezione inferiore donne, bambini e uomini armati di lancia, a piedi e a cavallo, affollano caoticamente la scena della
battaglia. In primo piano sono raffigurati i tre protagonisti dell’episodio: Ersilia, donna simbolo delle Sabine, Romolo, capo del popolo
romano e Tito Tazio, capo dei Sabini. Ersilia, la giovane donna con le vesti bianche, è posta al centro della scena e si distingue dal resto
della folla per la sua posizione. È ritratta con le braccia aperte nell’atto di dividere i due principali contendenti. Romolo si trova a destra
del dipinto ed è riconoscibile grazie alla decorazione del suo scudo, la lupa che allatta Romolo e Remo. A sinistra Tito Tazio è raffigurato
frontalmente con le gambe divaricate. Dietro di lui una giovane donna in posizione elevata rispetto alla mischia tenta di salvare il suo
bambino, sollevandolo verso l’alto. Un’altra donna abbraccia la sua gamba con il capo chino in segno di supplica. I tre bambini che si
trovano davanti ad Ersilia sono sorvegliati, al centro, dalla donna inginocchiata e vestita di rosso.
Il dipinto, manifesto del neoclassicismo, è stato eseguito con una chiara ed equilibrata impaginazione: ogni forma è delineata nel rispetto delle regole neoclassiche, la linea risulta elegante, il disegno curato, la composizione ritmata da linee perpendicolari e da
moduli quadrati. In questa opera David traduce in pittura la plasticità della scultura greca. L’autore elabora una nuova riflessione sul
quadro di soggetto storico, ritenuto da sempre la categoria più alta della rappresentazione artistica e dell’Accademia Francese. Per
questo motivo si ispira ai grandi capolavori di Raffaello e di Poussin e a quelli dell’arte classica. Ad esempio Romolo riprende la
postura dello Zeus di Capo Artemision, scultura greca di stile severo risalente al V secolo a. C., Ersilia richiama la posa della figura
che danza nell’Adorazione del vitello d’oro (1633-1636 circa) di Poussin, l’anziana donna posta tra i due rimanda alla Vecchia
ubriaca, opera ellenistica del II sec a.C., mentre la folla di lance e insegne militari dello sfondo ricordano i teleri di Andrea Mantenga,
come quello dei Trionfi di Cesare (1486 circa). La qualità artistica spicca con i nudi statuari di Tito Tazio e di Romolo, con Ersilia che
si stacca dal resto della composizione per la sua veste bianca, leggera e luminosa come dettava la moda neoclassica. La presenza
di personaggi femminili e di bambini, costituisce un immediato richiamo al tema della Strage degli Innocenti, soprattutto per la donna
che, a sinistra del dipinto, fugge via sollevando in aria il proprio figlio per salvarlo dall’infuriare della battaglia.
Il dipinto è stato fonte di ispirazione per la Pace tra Sabini e Romani, incisione di Bartolomeo Pinelli del 1816, e per Il Ratto delle
Sabine d’après David (1962) di Picasso.
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Il Rat t o de lle S ab ine
Installazioni artistiche da voci antiche
Primo Conti
Il Ratto delle Sabine, 1925
olio su tela, 182x300 cm, Macerata, Fondazione CARIMA, Museo Palazzo Ricci
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Approfondimenti
Primo Conti
Il Ratto delle Sabine, 1925
La tela è affollata da corpi che si muovono e si divincolano nella lotta. Le rigide figure assumono posizioni disarmoniche e teatrali.
I volti delle Sabine esprimono la forte tensione emotiva generata dalla paura ma allo stesso tempo manifestano una disinibita sensualità. La figura sdraiata in primo piano a destra ricorda sia le Odalische di Delacroix e di Ingres che la celebre scultura ellenistica
Arianna addormentata dopo l’abbandono di Teseo, conservata nei Musei Vaticani di Roma.
Al centro, tra i due gruppi di figure laterali, si apre uno spazio vuoto caratterizzato da un intenso fondo blu oltremare e dominato
dalla figura di un bambino che sembra attaccarsi ai capelli sciolti della madre rapita. Le coppie che incarnano in modo più tradizionale
l’episodio del rapimento sono ispirate al celebre Ratto di Proserpina, scolpito da Gian Lorenzo Bernini e conservato nella Galleria
Borghese di Roma. Significativo il fatto che Primo Conti non abbia voluto far riferimento ad un’ambientazione classica per mezzo
della tradizionale citazione di templi ed edifici romani antichi, ma abbia incentrato la sua attenzione sul corpo in movimento e sull’espressività di alcuni volti.
La pennellata, ridotta a campiture asciutte e magre, fa risaltare la luminosità delle figure, mentre il colore intenso e vibrante del
cielo e dei drappi rossi e azzurri enfatizza le qualità espressive dell’opera.
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Il Rat t o de lle S ab ine
Franco Gentilini
Il Ratto delle Sabine, 1938
olio su tavola, 120x153 cm, Roma, Galleria Nazionale di Arte Moderna
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Installazioni artistiche da voci antiche
Su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali
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Approfondimenti
Franco Gentilini
Il Ratto delle Sabine, 1938
Il dipinto di Franco Gentilini presenta il drammatico episodio del Ratto delle Sabine quasi fosse una festa campestre, nel solco dell’interpretazione felice e gioiosa che dava Renoir della vita sociale dell’Ottocento. In primo piano sono raffigurate coppie di uomini
e donne vestite con i costumi tipici della campagna romana del XIX secolo (corsetti e cappelli di paglia), mentre un solo personaggio
maschile indossa l’armatura del soldato romano. A sinistra, l’uomo dalla barba canuta, inginocchiato e vestito di un gilet e una
semplice camicia bianca, sembra chiedere pietà per la figlia rapita.
In secondo piano, alberi e templi classici sono rappresentati sullo sfondo di un cielo blu intenso. Prevalgono tonalità pastello, un
movimento veloce dei segni delle pennellate sottili, un’impostazione postimpressionista e fortemente bozzettistica.
Tra cani che scappano, carretti colmi di ortaggi e isolate figure di bambini appena abbozzate, in quest’opera non si coglie il clima
tragico e violento del rapimento, presente in altri celebri dipinti realizzati su questo tema.
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Il Rat t o de lle S ab ine
Installazioni artistiche da voci antiche
Pablo Picasso
Il Ratto delle Sabine (ispirato a David), 1962
olio su tela, 97x130 cm, Parigi, Museo Nazionale d’Arte Moderna - Centro Georges Pompidou
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Approfondimenti
Pablo Picasso
Il Ratto delle Sabine (ispirato a David), 1962
Il dipinto, come testimonia il linguaggio post-cubista utilizzato, appartiene alla produzione tarda dell’artista. Ispirato a Le Sabine di
David (1799), appena terminato fu acquistato dal gallerista e critico d’arte tedesco Daniel Henry Kahnweiler; nel 1964 fu ceduto
con i suoi diritti al Museo d'Arte Moderna di Parigi.
Sulla sinistra, in primo piano, si trovano dei personaggi distesi a terra, privi di vita, adagiati gli uni sugli altri e con accanto armi
spezzate e bambini uccisi. La parte superiore del quadro è occupata dalla scena del rapimento vero e proprio. Il personaggio principale, posto al centro della composizione su un cavallo imbizzarrito, cinge con le braccia la vita di una donna. Sulla destra è rappresentato un uomo di spalle armato con una grande arma da taglio e con uno scudo, ridotto sinteticamente ad un semplice disco.
Sullo sfondo, da sinistra verso destra, sono riconoscibili un teatro, un tempio e delle abitazioni di forma cubica.
Nel dipinto, le due linee di forza principali si incontrano formando un triangolo nel quale sono inscritti tutti i personaggi ad eccezione
dell'uomo armato di coltello sulla destra. Quest'ultimo appare più rifinito nei dettagli e incarna la figura dell'eroe. La concitazione
che anima la scena pone in risalto la tragedia dell’avvenimento: lo spettatore si trova ad essere coinvolto in un dramma in atto,
quasi a percepire le urla delle donne disperate che cercano di sfuggire al loro destino. Il tono della rappresentazione, così fortemente
violento, richiama la scena di una guerra e ricorda un altro celebre capolavoro dell’artista: Guernica (1937, Madrid, Museo Nazionale
Reina Sofia). Picasso rappresenta con estrema drammaticità l’episodio del Ratto delle Sabine e lo rende attuale: il ricordo della
leggendaria violenza diventa un ammonimento contro gli orrori della guerra. L’artista era affascinato da questo soggetto a tal punto
da realizzarne due versioni. La seconda versione creata nel 1963 e conservata al Museum of Fine Arts di Boston, è di maggiori dimensioni ed è caratterizzata da pochi personaggi ritratti su uno sfondo dominato da un solo edificio templare
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Approfondimenti
Arturo Martini
Ratto delle Sabine, 1935
scultura in bronzo, altezza 39 cm
Milano, collezione privata
Questa scultura è stata realizzata insieme ad altri 5 esemplari in occasione del centenario della nascita dello scultore.
Il modello originale è in gesso ed è conservato presso Palazzo Thiene di Vicenza.
L’opera, creata dal maestro nell’estate del 1935 a Blevio, sul Lago di Como, rappresenta un uomo (forse Romolo) che solleva sulla
propria schiena una donna (forse Ersilia) tenendola per i capelli e per un braccio. La coppia è nuda, ha le gambe divaricate ed è
ritratta in una posizione acrobatica e sintetica.
La scultura evidenzia la violenza e la brutalità del rapimento senza alcun riferimento all’episodio collettivo che, secondo la leggenda,
ebbe come vittime tutte le giovani donne del popolo sabino. Le posizioni dei corpi sono originali, molto ricercate e piuttosto immaginarie. Colpisce la modellazione delle dita della mano della donna molto realistica e curata. Il bacino dell’uomo proiettato in avanti
è bilanciato dalle gambe della donna appoggiata alla sua schiena. L'equilibrio della statua è segnato da tre linee immaginarie partendo da una X tracciata dalla figura maschile, perno dell’opera.
L’artista in pochi rigorosi tratti di modellato è riuscito a trasmettere tutta la violenza che l’antica leggenda rappresenta.
Immagine dell’opera assente in quanto non autorizzata
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Ec o le B o ulle
Approfondimenti
Il mito del Ratto delle Sabine nell’arte francese
Le mythe des Sabines dans l’art français
Anche se la rappresentazione di nudi femminili in atteggiamenti sensuali ha un certo rilievo nell’arte francese, particolarmente nel XVIII secolo, la rappresentazione del mito
del Ratto delle Sabine ha ispirato relativamente pochi quadri. Quadri che comunque figurano fra i capolavori.
Si la représentation de nus féminins dans des postures sensuelles a tenu une place particulière dans l’art français, notamment
au XVIIIe siècle, la représentation du mythe de l’Enlèvement des
Sabines n’a ,elle, donné lieu qu’à relativement peu de tableaux.
Ceux-ci font pourtant aujourd’hui figure de chefs d’œuvre.
Nicolas Poussin (1594-1665)
L’Enlevement des Sabines (1634 e 1637)
Senza dubbio il più romano degli artisti francesi, avendo lavorato a Roma fino alla sua morte (con una piccola parentesi
di due anni alla corte di Luigi XIV), Nicolas Poussin dette due
versioni del suo quadro a quattro anni di intervallo. La prima
si trova oggi al Metropolitan Museum of Art di New York, la
seconda al Museo del Louvre a Parigi.
Le dimensioni sono quasi uguali (cm 154x206 e 157x203)
ed ambedue narrano lo stesso episodio del mito, quello del
rapimento delle giovani, al segnale di Romolo, durante una
festa organizzata dai Romani.
La composizione è abbastanza simile con il personaggio di
Romolo, sullo zoccolo di un tempio, che dà il segnale e gruppi
di diversi personaggi.
Mentre la scena artistica romana, in questo primo terzo del
Seicento, è completamente dominata dall’estetica barocca,
le tele di Poussin incarnano il classicismo francese di cui il
pittore, malgrado la sua lontananza dalla Francia, è considerato caposcuola.
Laddove pittori e scultori barocchi propongono una visione tumultuosa e sensuale, l’artista francese dà di questo episodio
una visione teatralizzata piena di rigore e misura. Alle figure
Nicolas Poussin (1594-1665)
L’Enlèvement des Sabines (1634 et 1637)
Sans doute le plus romain des artistes français, puisqu’il travailla à Rome jusqu’à sa mort (avec une petite parenthèse de
deux ans à la cour de louis XIV) Nicolas Poussin donna deux
versions de son tableau à quatre ans d’intervalle, l’une, la
première, est aujourd’hui au Metropolitan Museum of Art de
New-York, la seconde au Musée du Louvre à Paris.
De dimensions très proches (154X206 et 157x203), ces deux
toiles narrent le même épisode du mythe, celui du rapt des
jeunes filles, au signal de Romulus, lors de la fête organisée
par les romains. Leur composition est assez semblable, avec,
sur la partie gauche du tableau, le personnage de Romulus,
juché sur le socle d’un temple, donnant le signal et des groupes de personnages dans des attitudes communes.
Alors que la scène artistique romaine est, dans ce premier
tiers du Seicento, totalement dominée par l’esthétique baroque, les toiles de Poussin incarnent le classicisme français
dont le peintre, malgré son éloignement de France, est désigné chef de file. Là où peintres et sculpteurs baroques proposent une vision tumultueuse et sensuelle, l’artiste français
donne de cet épisode une vision théâtralisée pleine de rigueur
et de mesure. Aux figures féminines dénudées et aux enla-
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Il Rat t o de lle S ab ine
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Installazioni artistiche da voci antiche
femminili spogliate ed agli abbracci lascivi delle altre versioni
dell’epoca, Nicolas Poussin oppone una visione più pudica e
sobria: le donne sono vestite “all’antica” e lasciano intravedere
solo piccole parti del loro corpo; gli uomini sono abbigliati per
la guerra, con elmo e corazza, oppure vestono la toga. Gli atteggiamenti dei personaggi, fissati in pose teatrali, sono idealizzati. La violenza dell’azione e il disordine sono qui messi in
scena con un artificio compositivo: i personaggi si allontanano
dal centro della tela, dal centro della piazza, come in fuga.
L’architettura di Roma nelle due tele è assolutamente anacronistica rispetto al periodo della fondazione, quando la città
era solo un villaggio (la costruzione dei templi in muratura è
successiva). Poussin coglie il pretesto della tela per dare di
Roma una immagine colta, frutto della propria fascinazione
per la città nella quale vive e lavora da anni.
Questa immagine del mito non deve nulla al caso e tutto è intellettualizzato. Essa è il risultato di una preparazione minuziosa ed è con l’ausilio di piccole figurine di cera disposte in
uno sfondo teatrale che Poussin ha preparato la sua composizione.
cements lascifs des autres versions de son époque, Nicolas
Poussin oppose une vision beaucoup plus prude et sobre: les
femmes y sont habillées “ à l’antique “ et ne laissent entrevoir
que de très faibles parties de leur anatomie; les hommes sont
en costume de guerrier, avec casque et cuirasse, ou en toge.
Les attitudes des personnages, figées dans des poses théâtrales sont idéalisées. La violence de l’action et la débandade
sont ici mises en scène avec un artifice de composition: les
personnages s’écartent du centre de la toile, du milieu de la
place, comme pour fuir. L’architecture de Rome dans les deux
toiles est, totalement anachronique avec la période de la fondation, durant laquelle la ville n’était qu’une bourgade (la construction des temples étant bien postérieure). Poussin saisit
le prétexte de la toile pour donner de Rome une image érudite, fruit de sa propre fascination pour la ville dans laquelle
il travaille et vit depuis des années.
Cette image du mythe ne doit donc rien au hasard et tout y est
intellectualisé. Elle est le résultat d’une minutieuse préparation
et c’est à l’aide de petites figurines de cire disposées dans un
décor de théâtre que Poussin a préparé sa composition.
Jacques-Louis David (1748-1825)
Les Sabines o L’Intervention des Sabines (1794-1799)
In prigione, dopo la caduta del suo amico Robespierre, nel
1794, Jacques-Louis David ha l’idea di realizzare un seguito
dell’episodio dipinto nel capolavoro di Poussin. Per cinque
anni lavorerà accanitamente nel suo atelier del Louvre per
realizzare questa tela dalle dimensioni imponenti (cm
386x520).
Jacques-Louis David viene consacrato, fin dal 1785, come
Jacques-Louis David (1748-1825)
Les Sabines ou l’Intervention des Sabines (1794-1799)
C’est en prison, après la chute de Robespierre, son ami, en
1794, que Jacques-Louis David a l’idée de réaliser une suite
à l’épisode dépeint dans le chef d’œuvre de Poussin. Durant
cinq ans, il travaillera avec acharnement dans son atelier du
Louvre pour réaliser cette toile aux dimensions imposantes
(386 X 520).
C’est grâce à la représentation de l’histoire de la Rome an-
Ec o le B o ulle
capofila della corrente neo-classica in virtù delle rappresentazioni della storia di Roma antica, con il celebre Giuramento
degli Orazi. Il suo stile, definito all’epoca come “etrusco” per
la sua sobrietà e severità, prefigura gli ideali della Rivoluzione,
nella quale l’artista si impegnerà totalmente insieme a Marat
e poi a Robespierre, sacrificando ad essa i suoi amici ed il
suo matrimonio.
Per rappresentare l’episodio della riconciliazione che conclude
la descrizione di Tito Livio, egli sceglie uno stile diverso, da
lui stesso definito “puro greco”. Alla nudità femminile, abituale
nell’iconografia del mito, egli sostituisce la nudità degli eroi
maschi, come nella scultura greca. L’artista giustificò questa
scelta, che sorprese e fece scandalo all’epoca, in uno scritto
intitolato “Note sulla nudità dei miei eroi”, che venne distribuito
ai visitatori dell’esposizione. L’opera, esposta per cinque anni
in una sala prestata dal Louvre, ebbe un’eco considerevole.
Questa fu anche, in Francia, la prima esposizione a pagamento nella storia dell’arte (un tipo di manifestazione destinata ad un grande avvenire) e gli assicurò fama e ricchezza,
permettendogli perfino di comprare un antico convento, poi
trasformato in una proprietà di 140 ettari, la fattoria di Marcoussis, a Ozouer-le-Voulgis, vicino Parigi.
Altra innovazione per il suo tempo, l’opera fu esposta in una
stanza di fronte ad un grande specchio, che immergeva gli
spettatori nel cuore dell’azione.
L’azione riprende la tradizionale rappresentazione di questo
episodio: raffigura Ersilia che si interpone fra il sabino Tito
Tazio (a sinistra) e suo marito, il romano Romolo (a destra). Ai
piedi della donna sono raffigurati bambini in tenera età, frutto
dell’unione (forzata) fra Romani e Sabine.
Approfondimenti
tique que Jacques-Louis David accède à la consécration,
comme chef de file du courant néo-classique, dès 1785 avec
le célèbre Serment des Horaces. Son style qualifié à l’époque
“d’étrusque”, de par son dépouillement et sa sévérité, préfigure les idéaux de la Révolution, dans laquelle l’artiste s’investira de manière effrénée aux côtés de Marat puis de
Robespierre, lui sacrifiant ses amis et son mariage.
C’est un tout autre style qualifié par lui, de “ pur grec “, qu’il
choisit pour représenter l’épisode de la réconciliation qui clôt
le récit de Tite-Live. À la nudité féminine, habituelle dans l’iconographie du mythe, il substitue la nudité des héros masculins, comme dans la sculpture grecque. Ce choix, qui surprit
et fit scandale à l’époque, il prit le soin de le justifier dans un
texte intitulé “Notes sur la nudité de mes héros”, qu’il distribuait aux spectateurs lors de son exposition. L’œuvre exposée
durant cinq ans dans une salle prêtée par le Louvre eût un
retentissement considérable. Elle fut aussi la première exposition payante de l’histoire de l’art (type de manifestation appelé à un très grand avenir) et lui assura notoriété et richesse,
lui permettant même de s’acheter un ancien prieuré devenu
une propriété de 140 hectares, la ferme des Marcoussis, à
Ozouer-le-Voulgis, près de Paris. Autre innovation de son
temps, l’œuvre fut exposée dans une pièce face à un grand
miroir, qui plongeait les spectateurs au cœur de l’action. L’action reprend la tradition de la représentation de cet épisod: il
figure Hersilie s’interposant entre son père Tatius, le sabin (à
gauche) et son mari Romulus, le romain (à droite) avec, à ses
pieds, des enfants en bas âge, fruits de l’union (forcée) entre
Romains et Sabines.
Au fond à gauche, la Rome antique est incarnée par le biais
127
Il Rat t o de lle S ab ine
128
Installazioni artistiche da voci antiche
In fondo a destra, la Roma antica è rappresentata da una fortezza di scorcio, completamente anacronistica, che ricorda la
fortezza della Bastiglia, abbattuta dai rivoluzionari il 14 Luglio
1789. Non c’è dubbio che questo quadro, lungi dall’essere
una rappresentazione “realistica” di un momento dell’episodio leggendario narrato da Tito Livio, è in effetti l’incarnazione
della riconciliazione nazionale che l’artista si augura, in seguito al Terrore e alla sanguinosa degenerazione della Rivoluzione francese, che condusse centinaia di migliaia di
persone al patibolo. Il quadro, inoltre, attribuisce alla
”Donna”, qui incarnata da Ersilia, il ruolo centrale simile a
quello che giocò la ex moglie di David, Marguerite Charlotte
Pécoul. Quest’ultima, dopo il divorzio dall’artista per i suoi
sbandamenti rivoluzionari, si risposerà con lui in seguito alla
caduta di Robespierre.
d’une forteresse totalement anachronique, dont la représentation n’est pas sans rappeler la forteresse de la Bastille, jetée
à bas par les révolutionnaires le 14 juillet 1789.
À n’en pas douter, ce tableau, loin de n’être qu’une représentation “ réaliste “ d’un moment du mythe décrit par TiteLive, est en fait l’incarnation de la réconciliation nationale
que l’artiste appelle de ses vœux après les errements de la
Terreur (paroxysme sanglant de la Révolution française qui
conduisit des centaines de milliers de personnes à l’échafaud) dans laquelle il s’était fourvoyé. Le tableau donne aussi
à “ la Femme “, ici incarnée par Hersilie, le rôle central, à
l’instar de celui que joua son ex-femme, Marguerite Charlotte Pécoul qui, après avoir divorcé durant ses errements
révolutionnaires, se remaria avec lui durant sa disgrâce à la
chute de Robespierre.
Pablo Picasso (1881-1973)
Serie l’Enlevement des Sabines (1961-1963)
Benché catalano di nascita, Pablo Picasso è considerato
il maggiore artista dell’arte francese del XX secolo. Il suo
lavoro attorno al “Ratto delle Sabine”, fra il gennaio 1961
e il marzo 1963 si inserisce nel suo periodo di rilettura dei
capolavori dei grandi maestri. Anche se non ha dato luogo
ad una produzione prolifica come quella della sua celebre
rilettura delle Meninas di Velasquez, la serie del “Ratto
delle Sabine” produsse una dozzina di tele e quasi 100
studi. Queste opere sono direttamente ispirate alle tele di
Poussin e David ed anche se manifestano spesso una influenza predominante (di David o di Poussin), Picasso dialoga costantemente con i suoi modelli, contaminandoli e
Pablo Picasso (1881-1973)
Série l’Enlèvement des Sabines (1961-1963)
Bien que catalan de naissance, Pablo Picasso est considéré
comme l’artiste majeur de l’art français du 20e siècle. Son
travail autour de l’enlèvement des Sabines, entre janvier
1961 et mars 1963 s’inscrit dans sa période de relecture
des chefs d’œuvre des grands maitres (cf. l’exposition Picasso et les maitres 2008). Même si elle n’a pas donné lieu
à une œuvre aussi prolifique que sa célèbre relecture des
Ménines de Vélasquez, la série “l’Enlèvement des Sabines”
donna lieu à une dizaine de toiles et à plusieurs dizaines
d’études (près de 100). Ces œuvres sont directement inspirées des toiles de Poussin et de David et, même elles revendiquent souvent une influence prédominante (d’après David
Ec o le B o ulle
fondendoli, in particolar modo per l’architettura.
Nessun limite di pudore né il minimo controllo in merito
alla nudità: i corpi, sia maschili che femminili, sono nudi,
con gli attributi sessuali in evidenza. I personaggi femminili
sono per lo più slogati, schiacciati o squartati. Il cavallo,
autentico stallone di cui Picasso sottolinea gli attributi sessuali, è onnipresente e prende un ruolo centrale nelle sue
riletture del mito. Nelle ultime tele della serie, datate rispettivamente novembre 1962 per quella del Museo Nazionale d’Arte Moderna di Parigi e febbraio 1963 per
quella del Boston Museum of Fine Arts, Tazio a cavallo
fronteggia Romolo nudo, con lo scudo ispirato alla tela di
David; sotto di lui una donna nella prima tela, una fanciulla
nella seconda, alzano lo sguardo e fissano spaventate i
suoi attributi maschili. In nessun’altra opera che tratta
questo tema la questione dello stupro è trattata altrettanto
crudamente che nei quadri e negli studi di Picasso. L’ultima serie di disegni sul soggetto (marzo 1963) contamina
il mito del Ratto delle Sabine con quello del Minotauro
(che, sappiamo, Picasso considera il suo autoritratto). Nel
marzo 1961, all’età di 80 anni, il maestro sposava Jacqueline Roque, di 47 anni più giovane, dopo una tumultuosa separazione da Francoise Gillot, madre dei suoi due
figli Claude e Paloma. Questa serie di tele sul tema delle
Sabine è probabimente per Picasso un modo di interrogare
i suoi complessi rapporti con la sessualità e le donne: durante tutta la sua vita ha effettivamente collezionato conquiste femminile sempre più giovani di lui.
Approfondimenti
ou d’après Poussin), Picasso les mélange souvent, notamment pour l’architecture. Ici, concernant la nudité, plus question de pudeur ou de la moindre retenue : les corps tant
masculins que féminins sont nus, leurs attributs sexuels mis
en valeur. Les personnages féminins sont le plus souvent disloqués, écrasés ou écartelés. Le cheval, véritable étalon dont
Picasso souligne les attributs sexuels est omniprésent et
prend une place centrale dans ses relectures du mythe. Dans
ses ultimes toiles de la série, datées respectivement de novembre 1962 (pour celle du Musée National d’Art Moderne
de Paris) et de février 1963 (pour celle du Boston Museum
of Fine Arts), Tatius à cheval fait face au Romulus nu avec
son bouclier inspiré de la toile de David; sous lui, une femme
dans la première toile, une fille dans la seconde, lèvent les
yeux et fixent horrifiées ses attributs masculins. Dans aucune
œuvre sur ce mythe la question sexuelle posée par ces viols
n’est aussi crûment posée que dans les toiles et études de
Picasso. Sa dernière série de dessins sur le sujet (mars 1963)
mélange le mythe des Sabines avec celui du Minotaure (dont
nous savons qu’il relève de l’autoportrait). En mars 1961, âgé
de 80 ans, le maitre épousait Jacqueline Roque, de 47 ans
sa cadette après une séparation tumultueuse avec Françoise
Gillot, mère de ses deux enfants, Claude et Paloma, au milieu
des années 50. Cette série de toiles sur le thème des Sabines
n’est peut-être pour Picasso qu’une manière d’interroger ses
rapports complexes à la sexualité et aux femmes: il a en effet
sa vie durant, entre père et amant, collectionné des conquêtes féminines toujours (et toujours plus) plus jeunes que lui.
129
Il Rat t o de lle S ab ine
Installazioni artistiche da voci antiche
Bartolomeo di Giovanni
Ratto delle Sabine, 1488, olio su tavola, 70 x155 cm
Bartolomeo di Giovanni
Rape of the Sabines, 1488, oil on wood, 70 x155 cm
Roma, Galleria Colonna, Sala della Colonna Bellica
“Esse tuttavia sarebbero state tenute in matrimonio, nella condivisione di tutti i beni e della cittadinanza e dei figli, di cui nulla è più caro al genere umano; raddolcissero dunque il loro sdegno e, a coloro ai quali la sorte aveva assegnato il loro corpo, concedessero anche il cuore; spesso da un ingiuria nasce la benevolenza;
essi avrebbero trovato i loro mariti tanto migliori poiché ciascuno si sarebbe sforzato per quanto stava in sé, adempiendo per parte sua i propri doveri,a colmare la
nostalgia dei genitori e della patria. Si aggiungevano le manifestazione d’affetto dei mariti, i quali tentavano di scusare l’accaduto con l’ardore della passione, che
sono le preghiere più efficaci per l’animo femminile.”
(Tito Livio, Ab Urbe Condita, I, 9)
“They [Sabine women] should be joined in lawful marriage, partake jointly in all their possessions and civil privileges, as well as in their common children, who are
the most cherished in the human heart. They would placate the fierceness of their anger, and cheerfully surrender their affections to those to whom fortune had
consigned their bodies. From injuries love and friendship often arise; the women should find them kinder husbands on this account, because each man, besides
performing his conjugal duty, would endeavor to the utmost of his power to make up for his wife’s want of her parents and native country. To this the caresses of
the husbands were added, excusing what they had done on the plea of passion and love, arguments that work most successfully on women's hearts.”
(Livy, Ab Urbe Condita, I, 9)
Giovan Antonio Bazzi detto Il Sodoma
Ratto delle Sabine (o Condanna di Rea Silvia) 1506-1507
olio su tavola, 76 x170 cm
Giovanni Antonio Bazzi called “Il Sodoma”
Rape of the Sabines (or Punishment of Rhea Silvia) 1506-1507
oil on wood, 76 x170 cm
Roma, Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini
130
Suppo rt i didat t ic i
Con la rivalutazione degli ideali del mondo classico promossa dalla cultura
umanistico-rinascimentale e con la loro integrazione nell’ambito della religiosità cristiana, amore e matrimonio diventarono tra le tematiche fondamentali della nuova speculazione filosofico-letteraria dei secoli XV e XVI.
In questo clima culturale si colse il legame simbolico che intercorreva tra
l’istituzione matrimoniale e la leggenda del Ratto delle Sabine. Per questo
motivo l’episodio fu considerato tra gli exempla virtutis e iniziò ad essere
rappresentato su alcuni oggetti realizzati per arredare la camera da letto
degli sposi. Cassoni nuziali e spalliere furono decorate con la scena del
rapimento, ispirata alle narrazioni delle fonti classiche latine, al fine di esaltare le virtù morali della sposa e augurare alla famiglia un felice matrimonio
e una buona prole.
Il dipinto di Bartolomeo di Giovanni faceva parte di un cassone nuziale,
mobile destinato a contenere la dote della sposa; durante il rituale della
domum ductio il cassone veniva trasportato con una processione a casa
del futuro sposo.
La scena è ambientata in un’arena semicircolare, luogo dove secondo la
tradizione storica si era celebrata la festa dei Consualia indetta da Romolo
per attuare il rapimento. I personaggi, divisi per gruppi, sono raffigurati in
movimento e sono ritratti senza alcuna espressione drammatica dei volti.
Dietro l’arena, sullo sfondo di un paesaggio ideale caratterizzato da alte
montagne, sono disegnati in maniera anacronistica alcuni edifici simbolici
dell’antica Roma (una colonna coclide, il Pantheon, la Torre delle Milizie e
un obelisco).
Il dipinto del Sodoma decorava molto probabilmente una spalliera. La
scena del rapimento è divisa in due sezioni principali unite idealmente
dalla figura centrale di un soldato romano.
A sinistra è raffigurato Romolo con i suoi uomini e la traditrice Tarpea.
L’identità della giovane vestale è confermata dalla rappresentazione simbolica degli scudi gettati a terra. Sullo sfondo sono rappresentati un arco
trionfale e il Mausoleo di Adriano così come appariva nella Roma dei Papi
(Castel Sant’Angelo).
A destra, due gruppi di personaggi rappresentano l’episodio del rapimento
vero e proprio: alcuni uomini afferrano una giovane sabina mentre alcune
donne tentano la fuga.
Alle loro spalle è visibile il Tevere con i suoi ponti.
Anche in questo caso il mito svolge una funzione paradigmatica. Sottolineando l’importanza dell’armonia familiare ribadisce i ruoli di ciascuno all’interno della coppia: la donna onesta e pudica è sottomessa alla volontà
del marito, garante dei diritti della moglie e dei figli.
educational posters
The Humanistic and Renaissance culture revitalized the classical world’s
ideals and successfully integrated them with Christian piety; among
others, love and marriage became key themes of the new literary-philosophical speculation of the XV and XVI centuries. A strong symbolic relationship was then emphasized between wedlock and the legend of the
Rape of the Sabine Women.
The legendary event was taken as an exemplum virtutis (model of virtue)
and artists used it as a theme for decorating furniture in bridal chambers.
Wedding chests and headboards were illustrated with scenes of the abduction, according to ancient Latin sources, in order to magnify the moral
virtues of the bride and to wish a fruitful and long-lasting marriage.
Bartolomeo di Giovanni’s painting belonged to a panel from a wedding
chest, in which the bride’s dowry was stored. During the domum ductio
ritual (the conducting of the bride to her husband's house), the chest
was carried in a procession and delivered to the groom’s house.
In the painting, the scene takes place in a semicircular arena where,
according to tradition, the Consualia festival was held. Romulus had invited the Sabines to the festival with the intention of abducting their
women.
The characters are represented in motion, portrayed in groups, without
any sign of tension on their faces. Behind the arena, the background
depicts an ideal landscape with high mountains, whereas in the foreground the artist has painted anachronistic buildings as symbols of ancient Rome (a cochlear column, the Pantheon, the Tower of the Militia,
and an obelisk).
This panel by Il Sodoma probably decorated a headboard. The abduction
scene consists of two main sections, formally connected by a Roman soldier as the central figure.
On the left, Romulus, his men, and the traitor Tarpeia are portrayed. The
latter is easily identifiable by the nearby shields on the ground. In the background, the artist represents a triumphal arch and the Mausoleum of the
Emperor Hadrian, as it appeared in the XV and XVI centuries, when it was
the Castel S. Angelo, the fortress of the Pope. On the right, two groups of
figures act out the event: some men grab a young Sabine woman, while
other women attempt to escape. Behind these women, the Tiber flows
unperturbed under its bridges.
The legend serves a paradigmatic function. It underscores the importance
of family harmony, thus reinforcing the specific role of each individual within the couple: the woman, virtuous and modest, is subjected to her husband’s control; the man safeguards the rights of his wife and children.
131
Il Rat t o de lle S ab ine
Installazioni artistiche da voci antiche
Ludovico Carracci
Ratto delle Sabine, 1588-91
affresco
Ludovico Carracci
Rape of the Sabine Women, 1588-91
fresco
Bologna, Palazzo Magnani
“E Romolo compì rapidamente questa sua opera perché fondo la città e volle che dal suo nome si chiamasse Roma e, per rafforzare la nuova città, pensò ed attuò
un progetto strano ed un po’ selvaggio forse, ma degno di un grande uomo che voglia stabilire solidamente il proprio regno ed il proprio popolo. Essendo le nobili
vergini Sabine venute a Roma per i giochi celebrati nel circo il primo anniversario, ordinò che fossero rapite e che fossero unite in matrimonio con uomini delle più
nobili famiglie.”
(Cicerone, De Re Publica, II,12)
“Romulus did all this with wonderful rapidity and thus founded the city, which he determined to call Rome, after his own name. With the intention to strengthen
the city he conceived a design, singular and even a little wild, but worthy of a great man who wants to strengthen his power and his people. The young Sabine
women of noble birth had come to Rome for public games, which Romulus for the first year had established as annual festival for the god Consus in the circus.
On Romulus’s orders the girls were abducted and given in marriage to the noblest men in Rome.”
(Cicero, De Re Publica, II,12)
Giuseppe Cesari detto il Cavalier d’Arpino
Ratto delle Sabine, 1635-1636
affresco
Giuseppe Cesari known as il Cavalier d’Arpino
Rape of the Sabine Women, 1635-1636
fresco
Roma, Palazzo dei Conservatori
132
Suppo rt i didat t ic i
L’usanza di adornare i palazzi cittadini o nobiliari con pitture storiche che
ricordavano celebri episodi della storia romana o uomini illustri del passato si manifestò a partire dalla seconda metà del Trecento.
Il Ratto delle Sabine iniziò ad essere raffigurato negli ambienti più importanti dei palazzi pubblici e privati di alcune città italiane, tra cui Roma
e Bologna. Il leggendario rapimento era solitamente inserito all’interno
di cicli pittorici che avevano la funzione di esaltare, attraverso esempi
significativi, la storia dell’antica Roma, la sua cultura e i suoi ideali (giustizia, speranza, pietas, etc.). Scopo dei committenti era quello di legare
il passato glorioso dell’Urbe al presente, il loro potere con quello del passato, la discendenza della loro famiglia alla città fondata da Romolo.
Il Ratto delle Sabine di Ludovico Carracci si inserisce nel ciclo di affreschi
che decorano la fascia superiore delle pareti della Sala d’Onore di Palazzo Magnani a Bologna.
Il fregio ornamentale racconta in 14 episodi la storia della fondazione di
Roma: dalla nascita di Romolo e Remo all’apparizione di Romolo a Proculo. L’opera rappresenta il momento culminante del rapimento. A sinistra Romolo, in piedi su un alto podio, osserva la scena. Le coppie
rappresentate in primo piano accentuano la confusione della retrostante
folla, causata dalla tempestiva e violenta azione dei soldati.
Il dipinto del Cavalier d’Arpino si inserisce nel ciclo di affreschi realizzati
a mo’ di arazzo per la Sala degli Orazi e Curiazi del Palazzo dei Conservatori a Roma.
L’opera, inquadrata da una ricca cornice a grottesche con stemmi romani, rappresenta il rapimento delle Sabine da parte dei soldati romani.
Sulla sinistra, Romolo armato, in piedi su un semplice basamento, indica
il rapimento. La scena è caratterizzata complessivamente da un movimento spontaneo, anche se le figure sembrano bloccate e inerti, poco
espressive, con le membra allungate secondo le forzature del linguaggio
manierista. Manca qualsiasi citazione ai monumenti classici poiché il
Cavalier d’Arpino ha convertito il dramma del ratto in una scena indefinita, ambientata in un paesaggio agreste.
educational posters
In the second half of XIV century a new decorative fashion became very
popular among the wealthiest. Public buildings and private palaces’ interiors were often illustrated with historical paintings portraying episodes
of ancient Rome and illustrious men from the past.
The Abduction of the Sabine Women was thus depicted in several locations, including important palaces in Rome and Bologna.
The legendary abduction was usually part of a cycle of paintings that
served to glorify the history of ancient Rome, its culture and its ideals
(justice, hope, piety, etc.). The clients, who ordered those scenes painted
in their premises, meant to tie their own power with the glorious past of
the Urbs, by presenting their families as the descendants of the city
founded by Romulus.
The Rape of the Sabine Women by Ludovico Carracci is part of a cycle
of frescoes that decorate the upper walls of the Hall of Honor in Palazzo
Magnani (Bologna).
The ornamental frieze consists of 14 episodes, all related to the founding
of Rome: from the birth of Romulus and Remus, to the miraculous appearance of Romulus to Proculus. The section with the Sabine Women
represents the climax of the abduction. On the left, Romulus stands on
a high podium and watches the scene. In the foreground pairs of figures
emphasize the turmoil among the crowd in the background, which is
caused by a rapid and violent action of the soldiers.
The painting by the Cavalier d’Arpino belongs to the cycle of frescoes
painted in the fashion of a tapestry for the Sala degli Orazi e Curiazi in
Palazzo dei Conservatori (Rome). The scene is framed with grotesque
motifs and Roman emblems, and it represents the abduction of the Sabine women by the Roman soldiers. On the left, Romulus is standing
armed on a podium and points at the event. The whole scene shows
some natural motion, although some of the figures may look stiff and
expressionless as in Manierist style. There is no reference to classical
architecture, as the artist has turned the tragedy of the rape into a vague
atmosphere of a rural landscape.
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Il Rat t o de lle S ab ine
Installazioni artistiche da voci antiche
Pietro da Cortona
Il Ratto delle Sabine, 1629
olio su tela, 280,5 x 426 cm
Pietro da Cortona
The Rape of the Sabine Women, 1629
oil on canvas, 280,5 x 426 cm
Roma, Pinacoteca Capitolina
“Fosti Romolo tu, primo, a instaurare
Giochi eccitanti, quando maritasti
I tuoi celibi eroi con le Sabine!”
(Ovidio, Ars Amatoria, I, 101-102)
“It was you, Romulus, the first who established those
Exciting games, when you gave
The young Sabine women to your unmarried men!”
(Ovid, Ars Amatoria, I, 101-102
Pieter Paul Rubens
Il Ratto delle sabine, 1635-40
olio su tavola, 169,9 x 236,2 cm
Pieter Paul Rubens
The Rape of the Sabine Women, 1635-40
oil on wood, 169,9 x 236,2 cm
Londra, National Gallery
134
Suppo rt i didat t ic i
educational posters
Verso la fine del Cinquecento, una nuova teoria estetica condizionò il
panorama culturale italiano e europeo: l’arte, al pari della retorica, iniziò
ad essere considerata come un mezzo efficace di persuasione. La pittura “storica”, pur mantenendo uno scopo celebrativo-educativo, ebbe
la funzione di coinvolgere emotivamente l’osservatore. Per questo motivo il Ratto delle Sabine iniziò ad essere rappresentato con scene drammatiche e ricche di pathos capaci di trasmettere, quasi con curiosità
scientifica, come attraverso il cannocchiale di Galileo, gli stati d’animo
dei personaggi raffigurati.
Toward the end of the XVI century, a new aesthetic theory had a broad
influence on Italian and European culture. Art, similarly to Rhetoric,
became an effective instrument of persuasion. While maintaining its
celebrative and educational purposes, historical painting assumed also
the function of involving the viewer at an emotional level. It was for
this reason that the Rape of the Sabine women began to be depicted
by means of dramatic scenes, full of pathos. The emotions of the characters were represented almost with a scientific rigor, as through Galileo’s lenses.
Ne Il Ratto delle Sabine di Pietro da Cortona, la volontà di esaltare l’istituzione matrimoniale è accompagnata dalla costante ricerca di pathos
e drammaticità da parte dell’autore. La scena, ambientata in un paesaggio lussureggiante ricco di edifici antichi (templi, obelischi), rappresenta il momento culminante del rapimento. In secondo piano, a
sinistra, Romolo seduto in trono osserva la violenza dell’atto che non
lascia via di fuga alle fanciulle afferrate dai soldati romani. A nulla servono le suppliche del bambino piangente raffigurato a sinistra, come
impotente è l’abbraccio dell’anziano padre che, in secondo piano, tenta
di proteggere la figlia.
In his Rape of the Sabine Women, Pietro da Cortona aimed to glorify
the institution of the matrimony. At the same time he constantly sought
pathos and drama. The scene is set in a luxuriant landscape, filled with
ancient buildings (temples, obelisks) and it represents the climactic
moment of the abduction. In the background, on the left, Romulus sits
on his throne and watches the violent act, which does not leave any
escape for the girls, taken away by Roman soldiers. The helplessness
of the Sabines is represented by a crying child, on the left, and by an
old man, who hugs his daughter in the vain effort to protect her.
Il Ratto delle Sabine di Rubens è inserito in un’atmosfera di paura, violenza e forte tensione emotiva. In primo piano la donna vestita di nero
sta per essere trascinata via nonostante abbia portato le mani al petto
in gesto di preghiera. A sinistra, un’altra donna viene strappata con crudeltà dalle braccia della madre. A destra, una fanciulla è rapita da un
soldato che cavalca un maestoso cavallo nero. L’intreccio complesso
delle masse in movimento, rappresentate in secondo piano a sinistra,
enfatizza la caoticità della scena, mentre la nitida raffigurazione di Romolo in trono sembra sottolineare la crudeltà del leggendario rapimento.
I moti dell’animo femminile sono tradotti nella gestualità e nelle espressioni disperate dei volti delle Sabine.
Rubens sets his Rape of the Sabine Women within an atmosphere full
of fear, violence, and powerful emotional tension. In the foreground, a
woman dressed in black, is being dragged away, despite tying her
hands together in a supplicating gesture. On the left, another woman
is brutally snatched away from her mother’s arms. On the right, a soldier on an imposing black horse abducts a girl. In the background, on
the left, figures in motion intertwine and form a chaotic scene of violence and turmoil; on the opposite side, Romulus is depicted in a statuary pose as to emphasize the cruelty of the abduction. The feelings
of the Sabine women are portrayed by means of their gestures and
desperate facial expressions.
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Il Rat t o de lle S ab ine
Installazioni artistiche da voci antiche
Pietro Liberi, Il Ratto delle Sabine, 1641
olio su tela, 310 x 450 cm
Luca Giordano, Ratto delle Sabine, 1687-1689
olio su tela, 118 x 170 cm
Pietro Liberi, The Rape of the Sabine Women, 1641
oil on canvas, 310 x 450 cm
Luca Giordano, Rape of the Sabine Women, 1687-1689
oil on canvas, 118 x 170 cm
Siena, Pinacoteca Nazionale
Caserta, Palazzo Reale.
“Si radunò molta gente; Romolo in persona si mise in prima fila con i cittadini più importanti adorno di un mantello di porpora. Il segnale convenuto per dare il via
all’assalto era questo: Romolo, alzandosi, avrebbe ripiegato il mantello, poi l’avrebbe indossato di nuovo. Molti, armati di spada, tenevano gli occhi fissi su di lui; al
segnale convenuto sguainarono le spade e, slanciandosi sulle figlie dei sabini urlando, le rapirono; lasciarono però fuggire i Sabini e non se ne occuparono.”
(Plutarco, Vita di Romolo, 14, 4-5)
“Many people came together, while Romulus, wearing his purple cloak, placed himself in the front line, among his chief men. The signal for starting the assault
was the following: Romulus, standing, would fold his cloak and then would wear it again. Many of the men, armed with swords, kept their eyes upon him; when
the signal was given, they drew their swords, rushing in with shouts, and dragged away the daughters of the Sabines. They let the Sabine men escape and did
not worry about them.”
(Plutarch, The Life of Romulus, 14, 4-5)
Giovan Battista Tiepolo, Il ratto delle Sabine, 1718-1719, olio su tela, 288 x 588 cm
Giovan Battista Tiepolo, The Rape of the Sabine Women, 1718-1719, oil on canvas, 288 x 588 cm
San Pietroburgo, Museo dell’Ermitage
136
Suppo rt i didat t ic i
educational posters
Ricerca del movimento, teatralità, forte drammaticità, indagine psicologica dei personaggi: sono queste le caratteristiche che accomunano
le tele sul Ratto delle Sabine di Pietro Liberi, Luca Giordano e Giovan
Battista Tiepolo. Questi tre pittori italiani, seppero rappresentare la leggenda del rapimento con la stessa tensione emotiva di una tragedia
classica (ut pictura poesis).
The works on the Rape of the Sabine Women by Pietro Liberi, Luca
Giordano, and Giovan Battista Tiepolo all attempt to emphasize movement, drama, and psychological depiction of characters’ feelings. All
the three Italian painters succeeded in representing the abduction
scene with the emotional tension typical of a classical tragedy (ut pictura poesis).
Il Ratto delle Sabine di Pietro Liberi è dominato dalla figura centrale di
una donna sabina che protesa in avanti fugge verso destra: il suo candore è impreziosito dal colore delle vesti e dai gioielli. La sua bellezza
è raffinata ed elegante e la sua grazia sembra ingentilire la drammaticità
dell’episodio rappresentato. Ai lati di questa figura si distribuiscono
gruppi di personaggi rappresentati con dimensioni decrescenti: soldati
romani afferrano fanciulle impaurite che tentano invano di liberarsi. Notevole è la ricerca fisiognomica: le espressioni sono enfatizzate dalla
luminosità degli incarnati che contrasta con uno sfondo cupo animato
da un balenare di luci ed ombre.
The central figure of a Sabine woman pushing forward and running to
the right dominates the scene of The Rape of the Sabine Women by
Pietro Liberi. Her colorful clothes and her jewels highlight the whiteness
of her complexion. Her beauty is elegant and refined, and her grace
softens the dramatic tension of the episode. On her sides, various
groups of characters are depicted decreasing in size. Roman soldiers
grasp fearful girls who unsuccessfully attempt to break free. The physiognomic research is notable: the facial expressions are emphasized
by the luminous complexions, in contrast to a dark background, made
alive by a dramatic alternation of light and shadows.
Luca Giordano ambienta il suo Ratto delle Sabine in uno scenario notturno. Il cielo è oscurato da nubi temporalesche e le quinte architettoniche degli antichi edifici classici rimangono in penombra. La
rappresentazione si sviluppa intorno ad una coppia centrale formata da
un soldato romano che cattura una donna sabina. La loro posizione richiama quella dei personaggi della scultura del Giambologna. Sulla sinistra, in secondo piano, Romolo in trono, attorniato da un gruppo di
figure abbozzate con pennellate fluide e veloci, ordina il rapimento. Le
espressioni femminili sono cariche di drammaticità. Il dinamismo della
scena è sottolineato dalle vesti delle fanciulle, agitate da un forte vento
e scomposte dall’agire impulsivo e violento dei soldati. Le figure sono
grandiose e presentano un incarnato che sembra vivo e palpitante.
Luca Giordano sets his painting in a nocturnal scenery. Stormy clouds
darken the sky, so that the architecture of the ancient classical buildings remains in the shadow. The main scene consists of a Roman soldier who captures a Sabine woman. Their posture recalls the statue by
Giambologna. On the left, in the background, Romulus on his throne
orders the abduction while being surrounded by a group of figures, depicted with smooth, quick strokes. The facial expressions of the Sabine
women are full of drama. The dynamic character of the scene is rendered by the women’s clothes, blown by the wind and ruffled by the
violent actions of the soldiers. The figures are grandiose and are depicted with a throbbing and palpitating skin.
Il quadro fu realizzato da Giovan Battista Tiepolo per il Palazzo di Jacopo
Zorzi a Venezia. Successivamente fu acquistato da Caterina II di Russia
ed entrò a far parte della collezione dell’Ermitage di San Pietroburgo.
L’artista rappresenta il Ratto delle Sabine con particolare dinamismo: i
personaggi raffigurati in primo piano contrastano con il groviglio caotico
di corpi che, posizionati in secondo piano, rendono impetuosa la scena.
Le espressioni dei personaggi sono messe in risalto dalla luce laterale
e da una gestualità manifesta, che culmina nell’orrore e nella disperazione delle tre Sabine sollevate da terra. Sullo sfondo, dall’alto degli
edifici classicheggianti, Romolo assiste al rapimento, che si sviluppa
attorno alla statua centrale del dio Conso.
This painting was commissioned to Giovan Battista Tiepolo for the Palace of Jacopo Zorzi in Venice. Later it was acquired by Catherine II of
Russia and entered the collection of the Hermitage in St. Petersburg.
The artist represented a very dynamic abduction scene: the characters
in the foreground are in contrast with the chaotic mass of people in
the background, thus giving impetus to the scene. A light from the side
and explicit gesture emphasize the facial expressions. The horror and
desperation felt by the three Sabine women being hauled represent the
climax of the scene. In the background, from atop the classical buildings, Romulus witnesses the abduction that takes place around the
statue of the god Consus.
137
Il Rat t o de lle S ab ine
Installazioni artistiche da voci antiche
Nicolas Poussin
Il Ratto delle Sabine, 1637
olio su tela, 157 x 203 cm
Jacques-Louis David
Riconciliazione tra Romani e Sabini, 1799
olio su tela, 386 x 520 cm
Pablo Picasso
Il Ratto delle Sabine (ispirato a David), 1962
olio su tela, 97 x 130 cm
Nicolas Poussin
The Rape of the Sabine Women, 1637
oil on canvas, 157 x 203 cm
Jacques-Louis David
The Intervention of the Sabine Women, 1799
oil on canvas, 386 x 520 cm
Pablo Picasso
The Rape of the Sabine Women (after David), 1962
oil on canvas, 97 x 130 cm
Parigi, Museo del Louvre
Parigi, Museo del Louvre
Parigi, Museo Nazionale d’Arte Moderna,
Centro Georges Pompidou
“Anche se combattete per un altro motivo, bisogna che smettiate, poiché, per mezzo nostro, siete diventati cognati, nonni, parenti. Se la guerra è per noi, portateci
via con i vostri generi e i vostri nipoti, restituiteci i nostri padri e i nostri parenti, non toglieteci mariti e figli. Vi supplichiamo di non renderci di nuovo prigioniere.”
(Plutarco, Vita di Romolo, 19, 7)
“If you were making war upon any other occasion, for our sakes you ought to withhold your hands from those to whom we have made you fathers-in-law and
grandsires. If it be for our own cause, then take us, and with us your sons-in-law and grandchildren. Restore to us our parents and kindred, but do not rob us of
our children and husbands. Make us not, we entreat you, twice captives”
(Plutarch, The Life of Romulus, 19, 7)
“Ma forse non sono state stabilite dalle divinità leggi per il popolo romano, perché, come dice Sallustio, “il diritto e la morale presso di loro non avevano efficacia
in virtù delle leggi ma della natura”? Da tale diritto e morale suppongo che derivi il ratto delle Sabine. Che cosa di più giuridico e morale che le figlie di altri,
richiamate col pretesto di uno spettacolo, non fossero date in matrimonio dai genitori ma prese con la violenza ad arbitrio di chi voleva? Se i Sabini agivano contro
il diritto nel rifiutare le fanciulle richieste, molto più contro il diritto era rapirle senza che fossero date in matrimonio.”
(S. Agostino, La Città di Dio, 2, 17)
“But possibly we are to find the reason for this neglect of the Romans by their gods, in the saying of Sallust, that “equity and virtue prevailed among the Romans
not more by force of laws than of nature.” I presume it is to this inborn equity and goodness of disposition we are to ascribe the rape of the Sabine women. What,
indeed, could be more equitable and virtuous, than to carry off by force, as each man was fit, and without their parents’ consent, girls who were strangers and
guests, and who had been decoyed and entrapped by the pretense of a spectacle! If the Sabines were wrong to deny their daughters when the Romans asked
for them, was it not a greater wrong in the Romans to carry them off after that denial?”
(Saint Augustin, The City of God, 2, 17)
138
Suppo rt i didat t ic i
Nicolas Poussin e Jacques-Louis David rappresentarono il leggendario Ratto
delle Sabine utilizzando un linguaggio classicista ispirato alla misura e alla sobrietà della composizione. Questi due artisti hanno avuto una grande influenza
su Pablo Picasso e sulle sue numerose riflessioni sul tema del ratto.
Il loro spiccato gusto per la teatralità delle pose e per l’idealizzazione dei personaggi subì una trasfigurazione nella visione del pittore catalano che, a più riprese,
fu tradotta in una serie di tele dedicate al leggendario rapimento delle Sabine.
Il Ratto delle Sabine di Nicolas Poussin, realizzato per il cardinale Luigi Omodei
e acquistato successivamente dal Re di Francia Luigi XIV, rappresenta l’episodio
del rapimento con equilibrio formale e compostezza classica.
L’influenza barocca è appena accennata dalle figure agitate che occupano
il primo piano della scena. I protagonisti, immortalati in pose teatrali, sono
idealizzati.
A sinistra, in primo piano, una donna cerca di liberarsi afferrando per i capelli il
suo rapitore, mentre a destra un’altra, braccata da un soldato romano, tenta di
fuggire invano. Sul lato sinistro Romolo, dall’alto del podio, impartisce ordini al
suo popolo, assumendo una posizione che richiama quella delle statue romane
di età imperiale.
educational posters
Both Nicolas Poussin and Jacques-Louis David depicted the legendary Rape
of the Sabine women in a classicizing manner, with moderation and simplicity
of the composition. These painters profoundly influenced Picasso and his numerous variations on the theme. Poussin and David’s manifest gusto for dramatic poses and idealized characters was completely altered by Picasso’s
new vision.
The Rape of the Sabine Women by Nicolas Poussin was commissioned for
Cardinal Luigi Omodei and was later acquired by the King of France, Louis
XIV. The painting represents the abduction with a balance and restraint characteristic of classical composition. Baroque influence plays a minor role and
can be detected in the agitated figures in the foreground. The main characters
are idealized in their theatrical gestures.
On the left, in the foreground, a woman attempts to free herself by grabbing
the hair of her assailant. On the right side of the scene, another woman, hunted by a Roman soldier, fails to escape.
From a high podium on the left, Romulus gives orders to his men. His pose
recalls, and is probably inspired by, Roman statues of emperors.
Jacques-Louis David rappresentò l’episodio della Riconciliazione tra Romani e
Sabini con lo scopo di augurare un periodo di pace e serenità allo stato francese,
travolto dalla Rivoluzione e dalla violenta dittatura di Robespierre.
Secondo la tradizione narrata da Plutarco e Tito Livio, la guerra tra i Romani e i
Sabini terminò in seguito all’intervento delle donne Sabine che, gettatesi nella
mischia con i loro bambini, riuscirono a fermare la battaglia facendo appello all’amore coniugale e filiale.
In primo piano sono raffigurati i tre protagonisti dell’episodio: Ersilia, moglie di
Romolo ed eroina delle Sabine, Romolo, capo del popolo romano e Tito Tazio,
capo dei Sabini. Ersilia è ritratta con le braccia spalancate nell’atto di dividere i
due principali contendenti. In questa opera David traduce in pittura la plasticità
della scultura e sostituisce la nudità femminile, tipica dell’iconografia a soggetto
mitologico, con quella maschile degli eroi della cultura greca.
Jacques-Louis David depicted the episode of the Intervention of the Sabine
Women in order to wish a peaceful and quiet period to the French state, overwhelmed by the Revolution and the violent dictatorship of Robespierre.
According to Plutarch and Livy, the war between Romans and Sabines ended
through the intervention of the Sabine women, who enforced peace by running
between the combatants: the women entered into the fray with their children
and were able to stop the fight by appealing to conjugal and filial love.
In the foreground the three protagonists of the episode are depicted: Ersilia,
heroine of the Sabines and Romulus’s wife; Romulus, head of the Roman
army; and Titus Tatius, leader of the Sabines. Ersilia is portrayed outstretching
her arms, in the act of dividing the two main contenders. In this work, David
translated the plasticity of sculpture into painting and replaced female nudity,
characteristic of related iconography, with male nudity, recalling the heroes
of the Greek culture.
Le opere di Pablo Picasso sul “Ratto delle Sabine” furono realizzate tra il 1961
e il 1963. La serie, ispirata alle celebri tele di Poussin e David, dialoga con i modelli proponendo un innovativo linguaggio pittorico.
Questo quadro, ispirato alla tela del David, è affollato da personaggi nudi. La violenza dell’atto, generato dal desiderio sessuale umano, è tradotta con un linguaggio cruento. I corpi delle donne, affiancati da quelli dei bambini, sono travolti
e schiacciati; sopra di essi infuria la scena del rapimento che culmina con un
personaggio a cavallo rappresentato mentra cattura una donna sabina. Sulla destra torreggia un armato, che imbraccia uno scudo tondo e nella destra una specie di grande coltello, che aumenta la violenza e la presenza irruenta della
sessualità nella scena.
Between 1961 and 1963, Pablo Picasso produced several works on the theme
of the "Rape of the Sabine Women”. The series, inspired by famous paintings
of Poussin and David, visits and modifies the models by proposing an innovative artistic language.
This painting, inspired by David’s work, is crowded with nude figures. A crude
style renders the violence of the act, which is generated by human sexual desire. Women's bodies, along with those of children, are overwhelmed and crushed; the climax of the abduction scene is represented by a mounted soldier
who seizes a Sabine woman. On the right, a gigantic figure, armed with a
shield and a large knife, expresses impetuous violence and the presence of
sexuality in the scene.
139
Il Rat t o de lle S ab ine
Installazioni artistiche da voci antiche
Primo Conti
Il Ratto delle Sabine, 1925
olio su tela, 182 x 300 cm
Franco Gentilini
Il Ratto delle Sabine, 1938
olio su tavola, 120 x 153 cm
Primo Conti
The Abduction of the Sabine Women, 1925
oil on canvas, 182 x 300 cm
Franco Gentilini
The Abduction of the Sabine Women, 1938
oil on canvas, 120 x 153 cm
Macerata, Fondazione CARIMA-Museo Palazzo Ricci
Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna
“Quindi in giro fé cenno; e allor novella
Ardua lotta d’amor surse repente,
Che non mai fu veduta altra si bella
L’uno abbraccia Poppea tenacemente
Ortensia l’altro per le vesti afferra,
Che col grido assordar l’aria si sente.”
“SABBINESI!
Er tre maggio Roma Nostra
Ve darà uno spettacolo ner Foro.
Cuccagna, curse, giochi, lotta, giostra,
Tombola d’ottocento lire in oro
Fochi la sera e poi verrà innalzato
Er solito pallone
(Francesco Gianni, Il Ratto delle Sabine)
Er Comitato”
This excerpt by Francesco Gianni, a Roman poet of the 18th century, describes the brawl occurring during the abduction: “thus he gave the signal,
and then a new / strenuous fight suddenly arose / such that never before an
equally stunning one was seen. / While one man tenaciously squeezes Poppea / another grasps Ortensia by her clothes / the cries so intense as to become deafening.”
140
(Trilussa, Il Ratto delle Sabine)
Carlo Alberto Salustri, the 19th century Roman dialectal poet better known
as Trilussa, describes the commemoration on the anniversary of the episode:
“SABINESE PEOPLE! / On the third of May Our beloved Rome / will be putting
on a show in the Forum. / Good times, races, games, fights, merry-go-rounds
/ bingos for eight hundred liras in gold / fires at night and then / the usual
balloon will be hoisted. / Signed: The Committee.”
Suppo rt i didat t ic i
educational posters
Tra gli artisti del Novecento italiano che rappresentarono la leggenda
del Ratto delle Sabine, vanno ricordati Primo Conti e Franco Gentilini,
pittori che, pur utilizzando soluzioni stilistiche diverse, narrarono questa
vicenda mitologica inserendola in una dimensione spazio-temporale
fantastica.
Primo Conti and Franco Gentilini are among the most prominent Italian
artists of the XX century. Both of them depicted the legend of the Abduction of the Sabine women. Despite using different styles, these painters staged the mythological tale within an imaginary space-time
dimension.
Il Ratto delle Sabine di Primo Conti ha come sfondo le semplici tonalità
dell’azzurro e del blu oltremare. La vicenda, sospesa nel tempo e nello
spazio, viene rappresentata senza il tradizionale riferimento ai monumenti classici antichi. La tela è affollata da corpi che si muovono e si
divincolano nella lotta. I volti delle Sabine esprimono una disinibita sensualità. Al centro, tra due gruppi di figure laterali, si apre uno spazio
vuoto, dominato da un bambino che sembra attaccarsi ai capelli sciolti
della madre rapita.
The Abduction of the Sabine Women by Primo Conti shows in the background simple tones of sky-blue and ultramarine. The episode is represented as if it were paused in space and time, without any reference
to the classical monuments of ancient Rome. The canvas is crowded
with bodies in motion, wrestling and fighting. The facial expression of
the Sabine women conveys an uninhibited lustiness. In between two
groups of side figures, the painting leads to a void space in the center,
dominated by a child grasping the ruffled hair of his seized mother.
Il Ratto delle Sabine di Franco Gentilini è ambientato in un paesaggio
che ricorda quello di una festa campestre. Coppie di uomini e donne
vestite con costumi assolutamente anacronistici (corsetti e cappelli di
paglia) occupano la scena. L’assenza di pathos e tragicità trasfigura la
violenza dell’evento in un inno gioioso alla vita. Il cromatismo è vivace
e ricco di sfumature delicate. L’episodio si è trasformato in una novella,
che ricorda l’antica leggenda nella rappresentazione del soldato romano
ritratto in primo piano.
The Abduction of the Sabine Women by Franco Gentilini is set in a landscape reminiscent of a country festival. Pairs of men and women,
dressed with anachronistic costumes (corsets and straw hats), fill the
scene. The color palette is lively and full of subtle nuances. The scene
turns into a fairy tale, which recalls the ancient legend only in the representation of the Roman soldier depicted in the foreground.
141
Il Rat t o de lle S ab ine
Installazioni artistiche da voci antiche
Kylix a figure rosse di produzione falisca, 370-360 a.C.
Tomba 32, Necropoli di Poggio Sommavilla (Collevecchio, Rieti)
Faliscan red-figure cup (kylix), 370-360 B.C.
Tomb 32. Poggio Sommavilla Necropolis (Collevecchio, Rieti)
Suppo rt i didat t ic i
Questa kylix (coppa) a figure rosse di produzione falisca proviene dalla
tomba a camera con dromos n. 32 della Necropoli di Poggio Sommavilla; il corredo funerario della tomba è ricco di testimonianze vascolari
(anforette sabine, situle in bronzo, oinochoai in bucchero, stamnoi e
kylikes) e di oggetti di uso personale (vaghi di collane in pasta vitrea,
vasi per unguenti, strigile e specchio).
All’interno della coppa, dentro una cornice a meandro continuo intervallato da piccoli rettangoli campiti da cinque punti, è rappresentato il
ratto di Europa, che assume una particolare importanza vista la rarità
con la quale questo soggetto è stato rappresentato dai ceramografi di
ambiente falisco.
Europa, seduta sul dorso del toro, in corsa verso destra, stringe con la
mano sinistra il corno dell’animale e con la destra la sua coda. La fanciulla è ritratta frontalmente, ma con la testa di profilo, ed indossa una
candida veste riccamente decorata.
Secondo la mitologia greca Europa era figlia del re fenicio Agenore e
sorella di Cadmo, mitico fondatore di Tebe. La sua bellezza fece innamorare il sommo Zeus il quale, vedendola giocare con le compagne
sulla riva del mare, pensò di avvicinarla trasformandosi in un meraviglioso toro mansueto. Europa dopo averlo accarezzato salì sul dorso del
toro. Così Zeus poté rapire la fanciulla balzando nel mare e irrompendo
tra le onde con le sue zampe possenti. Arrivato a Creta, Zeus consumò
l’unione con la fanciulla nei pressi della città di Gortina (nella grotta Dittea o sotto un platano). Da Zeus ed Europa nacquero tre figli: Minosse,
re di Creta; Sarpedone, re di Licia; e Radamanto, giudice degli inferi.
Secondo la leggenda Europa, dopo le nozze divine, sposò il mortale
Asterione, re di Creta, divenendo regina dell’isola e capostipite dei suoi
sovrani. In onore di questa fanciulla, gli antichi Greci chiamarono Europa
il continente che si trovava a nord dell’isola di Creta.
educational posters
This Faliscan red-figure cup (kylix) was found in a chamber tomb with
dromos (corridor) in the Necropolis of Poggio Sommavilla; the rich grave
goods included several pottery and bronze vases, such as Sabine small
amphorae, bronze situlae (bucket-shaped vessels), oinochoai (wine
jugs) made of bucchero, stamnoi (vessels for storing wine), and kylikes
cups; other items buried in the tomb were personal objects such as
glass paste necklace beads, perfume bottles, a strigil (skin-scraper),
and a mirror.
The tondo represents the abduction of Europa by Zeus in the form of a
bull, a subject rarely depicted by Faliscan vase painters. The central
scene is surrounded by an elaborate circular meander.
The scene is oriented from left to right. Europa is riding the running
bull; her left hand grips a horn of the bull, her right hand is holding the
tail. The young virgin is depicted frontally, with her head facing forewards. She is wearing a lavishly decorated white gown.
According to Greek mythology, Europa was a Phoenician princess, the
daughter of the king of Tyre, Agenor, and the sister of Cadmus, founder
of Thebes. Her outstanding beauty drew Zeus’s attention to her. The
god fell in love with the young girl and decided to pursue her. While
she was with some other girls on the shore, Zeus transformed himself
into a magnificent and tame bull. She went to caress the animal and
then she climbed onto his back.
Zeus immediately took the opportunity and ran into the sea, breaking
the waves with his mighty legs. Once they reached the island of Crete,
Zeus seduced her, near the city of Gortyna, in the Dikteon Cave or under
a plane tree. Their union gave birth to three sons: Minos, the king of
Crete, Sarpedon; the king of Lycia; and Rhadamanthus, one of the judges of the dead. According to the legend, Europa later married Asterion,
the king of Crete, becoming the queen of the island and the founding
mother of the dynasty. Ancient Greeks named the whole continent north
of Crete after her.
143
Soprintendenza
Beni Archeologici
del Lazio
COMUNE
DI RIETI
PROVINCIA
DI RIETI
Assessorato
alla Cultura
Assessorato
alla Cultura
Assessorato Cultura, Arte e Sport
La mostra e la pubblicazione sono state in parte finanziate con i contributi della Regione Lazio (L.R. 42/97)
Le immagini contenute nel catalogo relative alle celebri opere sul “Ratto delle Sabine”
sono state riprodotte su pannelli didattici appositamente realizzati per la mostra.
Stampato dalla Tipografia Fabri - Rieti, nel mese di marzo dell’anno 2011.
È vietata la riproduzione e ogni altro utilizzo non autorizzato delle immagini e dei testi.
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