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Bordello San Lazzaro

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Bordello San Lazzaro
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Palazzo Trissino, Impianti sportivi,
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sui consulenti
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n° 213
6 maggio 2011
euro 1,00
e Ovest - Alto Vicentino
Quindicinale di fatti,
personaggi e vita vicentina
Direttore responsabile Giovanni Coviello
In edicola il venerdì
Poche ciàcole
Cosca
Nostra
Esclusiva: parlano i servizi segreti
Bordello San Lazzaro
Nuova invasione di lucciole
nel famigerato quartiere ovest,
ma Variati insiste con l’ordinanza
Continua a pag 12-13 ...
laghetto, la partita
privati 100, Comune 6 (milioni)
ospedale valdagno
Alessi contro Neri
Continua a pag 8-9 ...
Mendicità, prostituzione
e trame politiche
Il sindaco e i politici amanti della vignetta delle tre scimmie vorrebbero farci credere che
mendicità e prostituzione continuano non
per l’inefficacia dei provvedimenti (come documenta anche il nostro servizio fotografico
sulla prostituzione), ma a causa della bocciatura delle ordinanze da parte della Consulta.
Con le ordinanze appena reintrodotte nulla
cambierà ora, come nulla era cambiato prima, ma Variati e giunta dovrebbero applicare
quelle ordinanze anche e soprattutto per chi
della mendicità e della prostituzione politica
(i nomi non servono) fa ampio uso. Questo
sì che risponderebbe alla norma antiaccattonaggio promulgata perché “tale attività …
non aumenti a seguito della sensazione di
impunità per i soggetti dediti a tale pratica …
ingenerando nei cittadini una sensazione di
sfiducia nel potere attribuito alle Istituzioni di
garantire l’ordinato vivere civile” e anche per
“impedire sia il disagio per la cittadinanza sia
le possibili attività di sfruttamento di esseri
umani e di arricchimento illecito...”. Visto che
parliamo anche di mafie locali, la norma contro i mendicanti politici dovrebbe prevedere
che si applichi “la sanzione accessoria della
confisca del denaro che costituisce il prodotto della violazione …”. Il tutto estensibile alla
famiglia, come si diceva una volta, della prostituzione politica. Un ultimo suggerimento:
attenzione alle trame di chi oggi non ha più
ruoli ufficiali (magari mendicati, prostituiti
e, comunque, pagati, lecitamente e non), ma
che da tempo, avendo perso con somma offesa al suo ego, quelli che aveva, in politica, nelle
imprese e nella comunicazione, cerca di rimestare nel torbido utilizzando odi e faide altrui
nell’ombra. Non per ricomporre ma, contro
tutta Vicenza a turno, per crisi personale di
astinenza da potere! Nomi? Sono noti. E sono
i più pericolosi.
di Giovanni Coviello
discarica maltauro
Spinea insorge
Continua a pag 10 ...
Continua a pag 19 ...
assate da appena tre mesi le manifestazioni più e meno politiche davanti al
“Campiello”, viale San Lazzaro è tornato ad
essere il grande asse della prostituzione che
tutti conosciamo. Già da alcune settimane il
numero di lucciole sulla strada è diventato
imbarazzante. Lo testimoniano questi scatti
freschi dell’ultimo weekend. Ma il viale era
illuminato a giorno dalle lucciole già prima
che la Consulta bocciasse la norma che affida ampi poteri di ordinanza ai sindaci.
ualche mese fa i comitati spontanei
on i servizi pubblicati su questo nuale la preoccupazione dei cittadini e dei
C
mero si chiude, per il momento alnemmeno ci avrebbero creduto. E inQ
Sindaci delle valle dell’Agno, dopo la noS
meno, l’approfondimento in tre puntate
vece nel volgere di qualche settimana sono
tizia dei giorni scorsi che potrebbero verifiche VicenzaPiù ha dedicato alla vicenda
del cosiddetto PP10: si tratta di un piano
di lottizzazione a Laghetto, ancora sulla
carta, peraltro, che un gruppo di privati
avrebbe proposto alla giunta comunale.
L’operazione è di grande impatto perché
interessa una superficie che oscilla, queste le ultime informazioni “in crescita”,
tra i 250.000 e i 280.000 metri quadri.
carsi tagli in alcuni reparti dell’ospedale di
Valdagno. E forse qualche reparto potrebbe addirittura venire eliminato. I sindaci
dei sei comuni (Recoaro Terme, Valdagno,
Cornedo, Castelgomberto, Brogliano e Trissino) della valle stanno lanciando una raccolta firme che avrà luogo in tutte le piazze
dei paesi interessati.
riusciti a mettere insieme un movimento
trasversale con un peso specifico molto
elevato. E con un obiettivo chiaro in testa:
fermare il raddoppio della discarica che a
Spinea nel Veneziano è stato inizialmente
autorizzato dalla regione Veneto. La vicenda, come già ampiamente riportato su VicenzaPiù, ha una sua propaggine vicentina.
di Enrico Soli
di Giovanni Coviello
di Marta Cardini
di Marco Milioni
P
SICUREZZA
CONVENIENZA
COMODITA’
SERVIZI FISCALI
APERTI TUTTO L’ANNO
Nei maggiori centri
della Provincia di Vicenza
I CENTRI CAAF CGIL APERTI TUTTO L’ANNO
VICENZA
Sede principale - Vicenza
via Maganza, 90/94
Tel. 0444 569733
Vicenza centro storico
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via Pusteria, 3 - Tel. 0424 780262
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c/o Municipio
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c/o Biblioteca del Municipio
l’intervista
210 del6 maggio 2011
numero
3
pag
“Variati? Né amico,
né nemico. Su Laghetto
pronti a vigilare”
A Francesco Pavin, uno dei leader del Presidio Permanente negli anni dell’opposizione al Dal Molin, le etichette stanno strette.
Disobbediente? Lui preferisce definirsi come “animatore di movimenti sociali che producono pensiero e conducono
battaglie”. Vorrebbe una città in grado di sognare, ma non boccia la giunta Variati: “Almeno con questi si può discutere”. Il
Bocciodromo? “Nessun regalo e neanche ne vogliamo”. E sul futuro di “Vicenza Libera” non si sbilancia
di Enrico Soli
F
rancesco Pavin ha solo 31
anni ma vanta già un lungo curriculum da protagonista nelle fila di centri sociali e
movimenti no-global. “Fino a
qualche anno fa c’era una rete
denominata ‘Disobbedienti’.
Aldilà dei nomi, i riferimenti
culturali rimangono sempre
gli stessi: la salvaguardia dei
beni comuni e la cooperazione
per una società diversa. Oggi,
ad esempio, rivoluzionario è
strappare l’acqua al privato per
ridarla al pubblico”.
E in mezzo ci può anche essere spazio per il pestaggio
del consigliere padovano
di centrodestra Vittorio
Aliprandi?
“No, infatti condivido il comunicato ufficiale del centro
sociale Pedro di Padova, che
non lascia spazio a interpretazioni: abbiamo preso posizioni
radicali ma sempre dentra una
dialettico, mentre ciò che è successo ad Aliprandi è stato fuori dalla dialettica. Il Pedro ha
condannato il fatto e ha dichiarato la propria estraneità”.
Se dovessi spiegare il ruolo politico giocato dai movimenti a Vicenza, cosa
diresti?
“I movimenti producono pensiero e conducono battaglie: io
voglio esserne un animatore
perché mi interessa una città
viva, che sappia difendere la
democrazia, ma anche una città
che sappia sognare. Non miro a
diventare niente; non per questo escludo il rapporto con la
politica istituzionale e infatti
per la campagna elettorale di
“Vicenza Libera” mi sono impegnato moltissimo. Tra due anni
però, quando ci saranno nuove
elezioni, non so se e come parteciperemo ancora”.
Il Bocciodromo di via Rossi, aldilà del fatto che è
stato premiato un progetto ben fatto, lo consideri il
modo di Variati di ricompensarvi dell’apporto decisivo che gli avevate offerto
nel 2008 o vi aspettate ancora qualcosa?
“Non siamo per la logica dello scambio elettorale, non domandiamo niente in cambio.
La commissione che ha valutato il progetto è fatta da tecnici. Il Bocciodromo non è certo
un spazio regalato. Siamo per
l’autorecupero delle strutture
dismesse come era quella di
via Rossi. Di spazi così in città
ce ne sono tanti, posti abbandonati che diventano luoghi di
degrado. Spero non ci sia ancora qualcuno convinto che i
soldi ci arrivino dalle cooperative rosse. Per il Bocciodromo
abbiamo usato l’autofinanzia-
Non ci interessa
l’apoteosi
dell’illegalità
tanto per
appuntarci le
medaglie al petto
mento: è una scommessa che
si ripagherà negli anni. Siamo
andati anche oltre il bando perché quando facciamo una cosa,
cerchiamo di farla bene, che dia
soddisfazione. Noi crediamo in
ciò che facciamo, altrimenti lo
slogan ‘un altro mondo è possibile’ rimane solo un slogan”.
Che giudizio complessivo
dai dell’operato di questa
giunta, specialmente in
urbanistica (tipo ex Pp10
di Laghetto, vicino al Dal
Molin)?
“Io sono sì all’opposizione, ma
non mi piace chiudermi in un
ghetto, non sono di quelli che
vogliono la destra a palazzo
Trissino tanto per farci battaglia. Questa amministrazione
ha una politica diversa dalla
precedente: posso anche entrare in conflitto con questa
giunta, però c’è una dinamica
di dialogo. Il conflitto è il sale
della democrazia e questa amministrazione accetta la regola
del conflitto. Che poi le istanze sociali non coincidano con
quelle del palazzo, questa non
è una novità. Del Pp10 parleremo nei comitati di quartiere
di Laghetto e apriremo vertenze. Ma anche la Tangenziale
sull’argine del fiume al Dal
Molin è un problema grossissimo dopo l’alluvione. Mi sembra una cosa da irresponsabili.
Vicenza non si è riassopita: è
chiaro agli occhi di chiunque
che che questa città è cresciuta. Il Parco della Pace sarebbe
la prima grande sottrazione di
uno spazio demaniale militare.
Direi che è un grande inizio viste le mire che c’erano su tutta
l’area. Un risultato che è frutto
della mobilitazione di tutta la
città di Vicenza, non solo del
Presidio. Il No Dal Molin ha
interpretato pulsioni differenti: non ci sono certo 24 mila
disobbedienti a Vicenza”.
Quale il tuo parere sulle
ordinanze del sindaco?
“L’abbiamo già sostenuto pubblicamente:
trasformiamo
Campo Marzo in un laboratorio d’idee. Sono d’accordo
anche con i commercianti. Ci
vorrebbe sempre qualcosa, ma
purtroppo tra il dire e il fare...
Poi ovviamente sulle ordinanze
non sono d’accordo, ma io per
esempio sono anche per l’abbattimento di ogni frontiera e
la libera circolazione”.
Confermi che illegalità
possa avere un valore positivo se usata in nome dei
diritti sociali?
“Sì e per spiegare cosa intendo
mi piace usare una metafora di
don Gallo: ‘Se c’è un’emergenza passo anche se il semaforo
è rosso’. Non ci interessa l’apoteosi dell’illegalità tanto per
appuntarci le medaglie al petto.
Gli esempi di legalità non legale
che è giusto violare sono tanti:
il referendum sulla base Usa
non concesso a Vicenza, quello
negato adesso sul nucleare, per
non parlare del ricatto di Marchionne agli operai. Qualcuno
mi convinca che è democrazia. È nella Storia dell’umanità
(vedi rivoluzioni) l’affermazione di una legalità diversa. La
Storia è fatta anche di questi
grandi momenti”.
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Direttore Responsabile
GIOVANNI COVIELLO
[email protected]
Editore
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Segretaria di redazione
Angela Mignano
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Caporedattore
ENRICO SOLI
[email protected]
Marco Milioni
[email protected]
Hanno collaborato
a questo numero:
Andrea Genito
MARTA CARDINI
GIULIO TODESCAN
FEDERICA CEOLATO
IRENE RUI
GUIDO ZENTILE
RENATO ELLERO
GIULIANO CORà
Giornale chiuso in redazione alle
ore 24,00 di mercoledì 4 maggio 2011
Tiratura 10.000 copie
Stampa
Centro Servizi Editoriali
36040 Grisignano Di Zocco (VI)
V. Del Lavoro, 18
Tel. 0444 414303
Autorizzazione
Tribunale di Vicenza n. 1181
del 22 agosto 2008
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Periodica Italiana
Copyright: Le condizioni di utilizzo dei testi e
delle foto sono concordate con i detentori. Se
ciò non è stato possibile, l’editore si dichiara disposto a riconoscere il giusto compenso.
VicenzaPiù si avvale di opere d’ingegno (testi
e fotografie) distribuiti gratuitamente con le
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“Attribuzione - Non opere derivate”. Ringraziamo tutti gli autori che ci permettono di utilizzare
i loro lavori segnalando il nome o il link ad un
loro spazio web personale. Per maggiori informazioni: www.creativecommons.it
il caso
213 del6 maggio 2011
numero
4
pag
Sciopero sì, sciopero no.
Braccio di ferro Cgil-Cisl
Bergamin e Refosco d’accordo sul fatto che l’unione fa la forza. Nessuno dei due però vuole cedere all’altro
CGIL: “Da divisi mai portato a casa risultati per i lavoratori”. CISL: “Manifestazioni sì, mai di sabato”.
di Federica Ceolato
L
avoro, sviluppo, stato sociale, democrazia, giovani,
fisco, accordi unitari. Su queste
tematiche sono stati chiamati
tutti i lavoratori ad aderire allo
sciopero generale di venerdì 6
maggio proclamato dalla Cgil,
in occasione del quale è stata
organizzata una manifestazione
in Piazza Castello a Vicenza. “E’
tempo di rimettere all’ordine
del giorno dell’agenda politica,
degli enti locali e delle associazioni datoriali, Confindustria
in testa, i reali problemi che
affliggono il nostro Paese e che
interessano quotidianamente i
cittadini, giovani, anziani, donne, risparmiatori, studenti, lavoratori e disoccupati” afferma
Marina Bergamin, segretaria
provinciale Cgil Vicenza. Prima di tutto il lavoro, si legge nei
volantini distribuiti in tutta la
provincia in queste settimane.
“Non neghiamo che ci sia stata
una lieve ripresa economica,
ma questa non ci basta. La crisi
non è passata e il rischio per i
lavoratori di perdere il posto di
lavoro è ancora elevato. Per non
parlare dell’alto tasso di disoccupazione dei giovani, anche
nel Veneto, e della loro difficoltà di trovare un’occupazione”.
Precarietà che limita o addirittura nega loro di potersi costruire un futuro nel lavoro e nella
vita. “L’occupazione – prosegue
Bergamin - non è solo realizzazione professionale, ma anche
un’opportunità
fondamentale di sviluppo per il Paese, che
valorizza le idee innovative e la
creatività e limita il rischio di
fuga delle intelligenze”. In questa difficile situazione di incertezza e precarietà, il rischio è
che siano solo pensionati e lavoratori a pagarne le spese. “Non
dimentichiamo – puntualizza
la segretaria provinciale - che
sulla retribuzione di un lavoratore dipendente pesa un carico
fiscale del 25%, il doppio rispetto alla percentuale di tassazione sulle rendite finanziarie, che
certo non riguarda queste categorie di lavoratori, e che anzi
incentiva gli imprenditori ad
investimenti finanziari piuttosto che sull’economia reale, con
conseguenti rallentamenti nella
crescita del sistema produttivo
nazionale. Pertanto chiediamo
una riforma che preveda un riequilibrio del carico fiscale, oltre
a efficaci e concreti strumenti
di lotta all’evasione fiscale. Crediamo, inoltre, sia certamente
importante razionalizzare gli
interventi pubblici, contenendo
la spesa, ma non siamo d’accordo che ciò venga attuato attraverso continui tagli dei servizi
alla collettività, sanità, scuole,
forze di polizia. Lo stato sociale deve poter garantire adeguati
livelli di crescita del Paese e di
benessere dei cittadini, intervenendo per ridurre le differenze
e promuovere uguali condizioni
di partenza. Siamo consapevoli dell’impegno gravoso per la
perdita di una giornata di lavoro in busta paga, ma quello che
abbiamo chiesto ai lavoratori è
di aderire allo sciopero per difendere il lavoro e rilanciare
lo sviluppo”. Non rassegnarsi,
quindi, ma darsi da fare per
superare questa difficile e delicata situazione. La pensa diversamente la Cisl che non ha
aderito allo sciopero generale perché “si tratta – afferma
Gianfranco Refosco, segretario
provinciale della delegazione
vicentina - di un’iniziativa presa
autonomamente dalla Cgil senza un preventivo confronto con
le altre parti sindacali. Riteniamo sia importante far valere le
nostre proposte con azioni concrete, piuttosto che con l’astensione dal lavoro, anche per una
questione di ricadute sul sistema
produttivo, soprattutto in questo momento. Per combattere
l’evasione fiscale stiamo infatti
lavorando attivamente per promuovere presso gli enti locali
Marina Bergamin (CGIL)
l’adesione ad una convenzione
con l’Agenzia delle entrate, inserita nella manovra finanziaria
dello scorso luglio, che permette
ai Comuni aderenti di trattenere
un terzo delle risorse recuperate,
da destinare al territorio. Altre e
numerose sono le iniziative che
stiamo programmando, che saranno promosse eventualmente
con manifestazioni che avranno
luogo non durante la settimana,
ma il sabato. Comunque a livello
locale, presso le aziende vicentine - conclude Cisl Vicenza - stiamo procedendo con la Cgil attraverso iniziative comuni e non
con accordi separati, consapevoli
che il potere contrattuale è maggiore se si agisce unitariamente”.
Dello stesso avviso anche la segretaria Bergamin, che sostiene
sì le parole a favore dell’unità del
sindacato pronunciate dal Capo
dello Stato, ma utilizzandole per
polemizzare così con le altre sigle: “In questi due anni in cui
noi abbiamo scioperato, mentre
Cisl e Uil hanno fatto altre scelte, nessuno di noi tre ha portato
a casa risultati importanti per i
lavoratori. Raccogliamo quindi
l’appello di Napolitano e ricominciamo insieme”
I numeri vicentini del 2011 (dati Inps e Provincia Vicenza)
Gianfranco Refosco
Cassa integrazione autorizzata
a marzo: 799.880 ore di ordinaria, 2.430.781 ore di straordinaria, 1.980.924: totale
5.211.585.
Lavoratori inseriti nelle liste
di mobilità: n. 1.000 con legge
223/91 grande impresa, 1.218
con legge 236/93 piccola impresa.
La tipologia di contratto preferito segue sostanzialmente la
tendenza regionale: in calo il
contratto a tempo indetermina-
to, in crescita il tempo determinato, intenso ricorso al lavoro
intermittente, leggera flessione
del lavoro parasubordinato. A
Vicenza, nel 2010, ci sono stati
17.000 lavoratori coinvolti da
lavoro con voucher.
città
213 del6 maggio 2011
numero
5
pag
Bandi occulti per gli
impianti sportivi a
Vicenza? Legale allertato
Botta e risposta tra Egle Maran, amministratore di una società privata, e l’assessore allo sport Umberto Nicolai
di Enrico Soli
“
Campi da calcio a 5 realizzati con soldi pubblici vengono
utilizzati da associazioni sportive per fare utili, spesso tra
l’altro in nero. A tutto danno
delle srl”. La protesta dell’amministratore di un club, Egle
Maran, pubblicata sullo scorso numero di VicenzaPiù (22
aprile, pagina 5), è arrivata alle
orecchie del diretto interessato, l’assessore comunale allo
sport Umberto Nicolai. “Non
ne farei un caso, dal momento
che i campi da calcetto dati dal
Comune in gestione a società
sportive sono due di numero (ai
Pomari, ndr) - replica Nicolai
– I privati comunque devono
capire che i tempi sono cambiati. Ovvio che poi siano liberi
di far pagare di più per servizi che l’impianto pubblico non
può dare”. È una concorrenza
sentita dai privati soprattutto
d’estate, essendo i due campi
dei Pomari scoperti. La convezione stipulata dal Comune con
due associazioni sportive citta-
dine nel 2010 prevede la possibilità per queste ultime di affittare i campi da calcetto con
le seguenti modalità, fissate al
punto numero 11: “Le tariffe
per l’uso del campo da calcio
a 5, che devono essere in linea
con quelli di altri impianti similari di proprietà del Comune
di Vicenza e dati in gestione a
soggetti privati, sono riscosse e
introitate dal concessionario”.
Se poi queste società rilasciano
ricevuta fiscale per questa attività, è un aspetto che Nicolai
commenta così: “Io ho avvertito queste associazioni su possibili controlli; altro non posso
fare. Non si creda comunque
che questi concessionari, una
volta tolte le spese per la gestione, abbiano un gran margine grazie al calcetto”. La convenzione prevede infatti che
il concessionario presenti apposita copertura assicurativa
per rischi verso persone e cose
per un massimale di 1.500.000
euro e a garanzia delle obbligazioni assunte ha costituito un
deposito cauzionale di 4.012
euro mediante fideiussione.
La polemica della Maran nei
confronti di Nicolai però va
oltre la questione calcetto per
allargarsi un po’ a tutta la gestione dello sport in città: “È
venuto a chiedermi un favore
(un passaggio all’interno della proprietà) e sono stata ben
lieta di farglielo (l’assessore ha
Come è stata
fatta la gara
d’appalto per
l’impianto di
lotta-pesi-judo?
confermato, ndr). Da un anno a
questa parte però Umberto mi
sta prendendo per i fondelli”. Il
motivo sono gli appalti: “Come
è stata fatta la gara d’appalto
per l’impianto di lotta-pesi-judo? Ci sono tre società di judo a
Vicenza: una non fa agonismo;
una l’ho messa su io trent’anni
fa e non avevo chiesto un impianto, ma almeno un aiuto finanziario. E poi ci sono quelle
(le tre società che usufruiscono
delle palestre lotta-pesi-judo,
ndr) che per i primi trent’anni
non hanno pagato niente e negli ultimi tempi prendono seimila euro all’anno per pagare le
utenze; cioè paghiamo noi per
loro. E quella del judo incassa
mediamente cinquemila euro al
mese. Io volevo aprire i corsi di
judo per tutti a 15 euro, ma non
me lo concedono. Quando è venuta fuori la gara d’appalto non
mi hanno neanche risposto: è
rimasto dentro quello che da
quarant’anni non deve spendere niente e prende cinquemila
euro al mese. La domanda da
porsi è: perché a Vicenza certe
gare d’appalto vengono sbandierate e altre invece vengono occultate? Perché a quelle
che non vengono pubblicizzate
sono invitate a partecipare solo
alcune società? La documentazione di cui sono in possesso
l’ho già affidata ad un avvocato
e ho intenzione di fare un esposto in Procura”. Da parte sua,
Nicolai ha precisato che in seguito ad apposita richiesta, la
Maran era stata inserita in un
bando, ma che poi lei stessa si
era ritirata di fronte alla gara.
L’assessore tra l’altro dice di
avere in simpatia l’insegnante
di judo e di capire le ragioni del
suo malcontento.
Ma se davvero la Maran, che
torna in questi giorni da un
viaggio all’estero, andrà fino
in fondo come ha intenzione
di fare, allora la polemica a distanza tra i due può essere considerata solo all’inizio.
primo piano
213 del6 maggio 2011
numero
6
pag
I servizi segreti:
mafie a Vicenza
I clan mafiosi avrebbero stabilito da tempo contatti di alto profilo con il mondo dell’economia,
della politica e delle istituzioni.
di Marco Milioni
L
e inchieste delle procure antimafia sulle
cosche calabresi in Lombardia hanno aperto uno
spaccato conosciuto dagli addetti ai lavori, ma
ignorato dai più. All’inizio
di aprile due importanti
operazioni anti-camorra
hanno fatto in modo che
i media del Veneto accendessero i fari in particolare su Padova e Vicenza:
la prima volta nel caso che
ha coinvolto la nota ditta
Tpa; la seconda per il coinvolgimento di Ivano Corradin, uno dei consulenti
tributari più conosciuti
della provincia berica. Ma
la criminalità organizzata
quanto è dentro al tessuto
veneto? E quanto è dentro al tessuto vicentino in
particolare? «L’infiltrazione c’è. È di alto profilo è
ben più estesa di quanto si
possa pensare. Ha cominciato a radicarsi sul finire dei Settanta». A parlare così è un operativo dei
servizi segreti italiani, del
quale chi scrive per riservatezza non può rivelare
grado, funzione né tanto
meno agenzia di appartenenza. All’uomo, che ha
acconsentito di rendere nota una parte del suo
pensiero sulla questione
delle mafie nel Settentrione, VicenzaPiù si rivolgerà
con l’appellativo conven-
zionale di tenente Francesco Lorenzi, un nome di
fantasia e di circostanza.
Allora tenente, si è
letto sui giornali delle due recenti vicende
che hanno coinvolto
il Veneto e il Vicentino in particolare? Che
idea s’è fatto?
«Nel Veneto la mafia è radicata. Quanto uscito in
queste settimane non è
che la punta dell’iceberg.
In un Paese come il nostro
in cui un terzo alla spiccia
è illegale che cosa pretende?»
Lorenzi, questo è un
quadro
inquietante,
lei non lascia molto
spazio all’immaginario. Ma davvero le cose
stanno così?
«Lei provi a tenere sott’occhio nei modi dovuti una
qualsiasi attività dal medio piccolo in su. E poi
vedrà. Se per assurdo
avessimo un sistema repressivo tanto efficiente
da condannare solo metà
delle responsabilità penali l’economia avrebbe un
tracollo, almeno inizialmente. È un viluppo venefico nel quale si fa fatica a
discernere ciò che è buono
da ciò che è cattivo. E il
Veneto non fa eccezione».
Ma nel Veneto dove si
sono infiltrate le mafie?
«Lasciando da parte i santuari che non sono stati
scoperchiati dalle indagi-
ni sulla mala del Brenta,
la cosiddetta filiera del
cemento è uno dei canali
più importanti: cave, calcestruzzo, movimento terra in primis. E poi non va
dimenticato il traffico dei
materiali ferrosi come non
va dimenticato il mondo
delle costruzioni, quello
della sanità. E poi i trasporti, specie quelli di rifiuti. I clan si muovono con
un doppio fine. Lavare il
danaro sporco o investire
in attività lecite. Non sono
infrequenti
subappalti
riconducibili ad aziende
mafiose al servizio di enti
pubblici o società controllate da enti pubblici. Nel
Vicentino i casi abbondano. Ma non dico quanti ne
abbiamo messi nel mirino
perché non voglio si risalga al mio lavoro».
E che cosa c’è nel passato di Vicenza?
«Posso parlare di realtà
che ho analizzato di persona. Negli anni Ottanta
e Novanta anche il settore
orafo ha fatto la sua parte e alla grande. Il metallo
prezioso è particolarmente utile a riciclare danaro
sporco e nel Vicentino,
proprio per la presenza
di una solidissima industria del gioiello, l’oro è
circolato a fiumi. E ancora, l’intero settore dello
smaltimento dei rifiuti è
un settore di grandi affari, specie per i camorristi.
Una bella fetta di imprese
venete o vicentine senza
questi incentivi illegali
chiuderebbe i battenti. E
questo è un santuario intoccabile che ha sponde di
primissimo livello in regione e a Roma».
Tenente, lei parla di un
fenomeno di vaste proporzioni, ma il denaro
lascia ben delle tracce. Quello che lei dice
comporta
inevitabilmente il coinvolgimento di pezzi del mondo
bancario. Significa che
in quel mondo c’è qualcuno che scientemente
omette di segnalare
operazioni sospette?
«L’uomo giusto al posto
primo piano
giusto nella banca, magari
con l’avallo dei superiori,
sa che da quella operazione non si correranno rischi perché ci sono capitali
opachi ma di sicuro appeal finanziario. Bankitalia
avrebbe dei poteri specifici in tal senso, ma...».
Ma che cosa?
«Alla fine si sa, pecunia
non olet».
Mi tolga una curiosità.
Lei parla di presenza
radicata anche nel Vicentino. Ora una presenza del genere viene
assicurata anche grazie all’opera di referenti locali. Giusto o
sbagliato?
«Giusto. Quanto alla droga è la ‘ndrangheta il firmamento mafioso di maggiore potenza. Ad ogni
modo le cosche nel Veneto
come nel Vicentino fanno
affidamento sulle loro antenne. Queste osservano
la dinamica del mercato
in modo da contrattare
su prezzo e modalità dello
spaccio. Cercano di garan-
213 del6 maggio 2011
numero
tire il loro marchio qualità, specie della coca. Questo avviene per i giri più
importanti».
Ma
esistono
anche
referenti locali delle
stesse organizzazioni?
«Ovviamente sì. Tutte le
organizzazioni mafiose a
Vicenza hanno i loro referenti più o meno storici;
sono personalità spesso
conosciute. Soggetti che
si incistano tra l’economia, la politica, i circoli
del potere: alcuni di questi circoli sono massonici
o meglio paramassonici.
In realtà i referenti di prima categoria nel Vicentino
sono una quarantina tra
avvocati, notai, architetti,
consulenti fiscali e simili,
geometri, faccendieri, dirigenti pubblici, imprenditori, professionisti vari:
tutti sono rispettabilissimi, alcuni sono chiacchierati».
Può fare qualche esempio?
«No, ma so che anche lei
è bene informato. Però il
mio ragionamento è un
altro. La prova di questo
andazzo è altrove. Lei ha
visto quanto è urbanizzata la provincia di Vicenza?
Proprio il vostro giornale
ha fatto riferimento in più
occasione ai dati dell’osservatorio di Novoledo.
Lei ha notato in questi
anni lo sviluppo abnorme
sull’Altopiano di Asiago?
E nel Bassanese? E i centri commerciali nati come
funghi? Le terre tossiche,
le terre di conceria e di
fonderia ficcate sotto le
rotatorie? Le zone residenziali nell’Ovest Vicentino o attorno alla cintura
urbana di Vicenza? I maxi
progetti apparentemente
senza senso anche nel capoluogo? Per non parlare
di ciò che si sta preparando all’orizzonte della Pedemontana, sulla quale la
roulette delle spartizioni
e dei subappalti sta già girando».
Ma le mafie non temono la crisi?
«No perché alla fine la loro
è un’economia di rapina
non di creazione, sempre
postulando che l’accezione
dello sviluppo economico
abbia un senso».
A questo punto mi
pare di capire che le
organizzazioni oltre a
lavare il denaro sporco con operazioni solo
apparentemente senza
profitto, puntino ad
incanalare l’economia
entro un alveo controllato dalle stesse mafie.
E in questo senso la
crisi è una opportunità
non una iattura. I clan
si comportano quindi
come i cartelli e i trust
dell’Ottocento. In ultima analisi tendono al
monopolio o all’oligopolio. Condivide?
«Condivido. È in fondo la
loro natura. Imprese ed
imprese mafiose sul piano ontologico non si distinguono così tanto poi.
Cambia solo il quadro di
riferimento rispetto alla
legge, la quale spesso però
è inapplicata oppure applicata contra o ad personam anche senza la mafia.
Questo però è un ragionamento quasi metapolitico... Non mi pare questa
la sede. In realtà mi preme
fare un’altra osservazione».
Quale?
«L’opinione pubblica è
poco sensibile al problema
mafia. Come lo è la stampa. Ha notato quanta poca
enfasi ha avuto il caso di
Danilo Preto?».
Si riferice all’indagine della magistratura
siciliana che accusa il
presidente del Vicenza
Calcio di avere custodito un pezzo del tesoro di un clan mafioso?
«Sì. Immagina lei se la
stessa tegola fosse capitata sulla testa del presidente della Juve o del Milan o
dell’Inter?».
Lei ritiene quindi che una
sorta di regia occulta
inf luenzi anche i media su questioni scomode?
«Veda un po’ lei. Io non
dico altro, ma se i vicentini
tengono in qualche maniera al loro tessuto sociale
dovranno tenere gli occhi
ben aperti. A cominciare dagli imprenditori che
hanno un atteggiamento
debole o rassegnato quando va bene».
E quando va male?
«Ho già parlato troppo.
Tragga lei le sue conclusioni
Il testo integrale dell’intervista
sarà disponibile sul sito www.
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7
pag
primo piano
213 del6 maggio 2011
numero
8
pag
Partita Laghetto
Privati 100, Comune
di Giuseppe Coviello
C
on i servizi pubblicati su questo numero si chiude, per il
momento almeno, l’approfondimento in tre puntate che VicenzaPiù ha dedicato alla vicenda del
cosiddetto PP10: si tratta di un
piano di lottizzazione a Laghetto, ancora sulla carta, peraltro,
che un gruppo di privati avrebbe
proposto alla giunta comunale.
L’operazione è di grande impatto perché interessa una superfi-
cie che oscilla, queste le ultime
informazioni “in crescita”, tra i
250.000 e i 280.000 metri quadri
e di conseguenza determinerebbe
una pesante modifica dell’assetto urbano del quadrante nord del
capoluogo. Va detto anzitutto, almeno dalle voci filtrate da palazzo Trissino, che i due precedenti
servizi pubblicati dal nostro periodico hanno sparigliato le carte dei giochi in corso ed hanno
fatto togliere a più di qualcuno il
piede dall’acceleratore. Gli stessi
privati, infatti, sempre secondo
indiscrezioni giunte dal Palazzo,
starebbero pensando ad alcune
migliorie o modifiche rispetto ad
un intervento che formalmente
non è nemmeno passato al vaglio
dell’esecutivo sebbene i progetti di
massima siano già stati depositati
preso gli uffici comunali. A quel
che è dato di sapere sulle prime
la lottizzazione dovrebbe generare a beneficio dei privati (e senza
considerare i terreni dell’Ipab in
alienazione) un giro d’affari di circa cento milioni di euro: la cifra
oscillerebbe tra gli 80 e i 120 per
la precisione. Al Comune come
contropartita “sociale” derivante dagli oneri di urbanizzazione
toccherebbe un centro anziani da
costruirsi in loco (in questi casi
fra l’altro ad essere onerosa non è
tanto la costruzione dello stabile
quanto la gestione del centro medico): il valore stimato dell’opera
è di sei, al massimo sette milioni
di euro. Si tratta di cifre che però
vanno prese con le molle. Primo
perché la giunta ancora non ha
reso noti i progetti depositati,
smentendone di fatto l’esistenza
tramite i media locali salvo far
soffermare l’architetto Cucinella
su dettagli anche sui movimenti terra previsti per rendere non
impattanti i parcheggi... Secondo
perché gli stessi progetti potrebbero essere oggetto presto, come
abbiamo detto, di una revisione
da parte dei committenti. Vista
l’importanza della questione VicenzaPiù comunque monitorerà
l’evoluzione della situazione con
l’aiuto e il coinvolgimento dei residenti di cui a fianco riportiamo,
a cura del nostro Enrico Soli, al-
cune testimonianze a partire da
quelle del poco popolare, dicono i parrocchiani, don Guerrino
Benin: “quelle di VicenzaPiù su
Laghetto sono solo fantasie notturne”. Bene, gli osserva il nostro,
allora ne sa più di noi. “No, non ne
so niente”.
Poche idee e molto cemento
Da una prima analisi tecnica effettuata sulle tavole del Pat emergono le criticità del progetto conosciuto come nuovo Pp10Laghetto. Lo sostengono Irene Rui e Guido Zentile in un documento che VicenzaPiù pubblica in anteprima
di Irene Rui* e Guido Zentile**
U
n altro pezzo di città è destinato ad ampliarsi e a
prendersi una vasta porzione
di territorio agricolo coltivato di primaria importanza, un
territorio peraltro a ridosso di
un contesto urbano particolare.
Sono questi i tratti salienti che
emergono dopo una prima valutazione analitica del cosiddetto
piano Pp10 previsto in zona Laghetto. Un piano in cui si stenta
a dare linfa vitale all’idea di una
campagna che entra in città. Un
dialogo che non viene cercato
a scapito dell’interesse economico. Col nuovo Pp10 si dà via
libera quindi alla cementificazione ed alla impermeabilizzazione del territorio, a scapito
di un settore quale l’agricoltura
che rappresenta un patrimonio
di valore inestimabile dal quale
dipendono direttamente la nostra
alimentazione e la nostra salute.
Numeri importanti
Da una verifica cartografica sulla
tavola numero 4 del PAT vigente
(con il benefit dellapprossimazione, essendo la stessa in scala
1:10000), la superficie complessiva interessata dall’intervento è di
circa 280.000 metri quadri. Comprende l’area di completamento limitrofa alle tre palazzine esistenti
e a via Bartolomeo da Breganze
(area la cui possibile edificazione
è in ogni caso possibile mediante
piano attuativo), individuata nel
vigente PAT come “zona” di urbanizzazione consolidata, e la futura
area di espansione, il cuore dellex
PP10, individuata e denominata
dagli attuali strumenti urbanistici regionali nell’ambito delle LPA,
cioè le linee preferenziali di sviluppo insediativo, graficamente
distinguibili con freccette che ne
orientano lo sviluppo, e con linee
di demarcazione che ne definiscono la massima espansione.
Passato e futuro identici
All’interno di questa vasta superficie, il PAT, de facto il nuovo piano regolatore generale adottato
dall’amministrazione comunale
vicentina, prevede anche un’area
«compartimentata» da destinarsi
ad azioni di «Interesse Pubblico
Strategico», per l’inserimento di
una struttura per l’assistenza sociale (IPS n. 5).
Nell’ambito delle aree di possibile
nuova urbanizzazione tra il PP10
(revocato dall’attuale Giunta Comunale a dicembre 2009), e il PAT,
in termini di impatto sul territorio,
non c’è alcuna differenza sostanziale. Cambiano le terminologie,
ma le superfici da urbanizzare e
gli sviluppi edificatori, rimangono.
Anzi il PAT sembra appesantire
ancor di più il carico sul territorio, in quanto rimarca come aree
di urbanizzazione consolidata le
aree già in zona “R” e le aree per le
quali è già stato approvato il piano
attuativo. Il resto è futuro sviluppo insediativo che rispetto alla variante tecnica al PRG, strumento
operativo vigente, contenente il
PP10 (con funzioni prioritarie di
Piano degli Interventi, o PI, per le
azioni compatibili con il PAT), si è
allargato fino ad occupare l’area a
servizi («ex zona F») sulla porzione est, in direzione del quartiere
di Laghetto.
Corridoi ecologici
Tale impatto viene comunque addolcito da due «corridoi ecologi-
primo piano
213 del6 maggio 2011
numero
6 (milioni di euro)
ci», o strisce di verde, che tagliano
sia la fascia di completamento a
sud, sia la nuova fascia di espansione a nord. Quantità volumetriche a parte, circa il carico urbanistico derivante dalle edificazioni,
la compatibilità PAT-PRG (PI)
mantiene, quindi, una costante linearità, con una spiccata priorità
alla geometria solida.
L’insediamento
sto
previ-
L’attuale insediamento, almeno
così previsto, costituito da tre palazzine popolari al termine di via
Bartolomeo da Breganze costituisce un agglomerato isolato, che
non comunica né con il quartiere
di Laghetto, né con la zona di via
San Antonino, alla quale è collegato da un percorso ciclo-pedonale.
Il tutto appare di conseguenza
come un dormitorio privo di vita
sociale, che necessita di una simbiosi all’interno di un percorso
civico e cittadino e non inserito
in un “non luogo” di cemento statico ed amorfo. Un “non luogo”,
pieno di vuoti, di vuoti urbani
poiché non appare vissuto dai
propri abitanti. Questo è ciò che
rischia di nascere dal piano conosciuto come ex o nuovo Pp10,
qualunque sia il rapporto tra
insediamenti privati e strutture pubbliche. Basterebbe creare una serie di adeguate «spine
di collegamento funzionale» al
resto del quartiere, limitandosi ad edificare il previsto ERP,
già licenziato, per dare vitalità
a questa propaggine estrema del
quartiere di Laghetto.
Valutazioni conclusive
La logica del modello PP10 non
ci convince: quanto meglio sarebbe per ambiente e salute
mantenere l’area “a campagna”?
Invece si continua ad urbanizzare ed a impermeabilizzare il
territorio, e come nel caso di
Laghetto e delle zone limitrofe,
un territorio dal punto di vista
idrogeologico già compromesso
dal vicino e costruendo insediamento militare all’ex aeroporto
Dal Molin; sembra che gli eventi
del novembre scorso non ci abbiano insegnato nulla.
Sarebbe positivo e salutare per
il territorio (non solo l’area in
questione, ma le acque e la terra, che sono parte integrante del
nostro patrimonio) pianificare partendo dall’esistente e su
quello che già si ha, o, al massimo, su quello che è già stato
prefissato e autorizzato, onde,
9
pag
in particolare per quest’ultimo
aspetto, creare il minor impatto
possibile sull’ecosistema, fino a
renderlo completamente assente. E questa è una scuola, una
scuola di pensiero, che anche i
figurazione, ormai ritenuta storica. Ed è da qui che si deve partire per rafforzare l’integrazione
e lo stato sociale, che rischia di
snaturare, in quanto la tendenza negativa è di allontanare la
più grandi e noti architetti dovrebbero armonicamente adottare. La logica (se così si vuole
chiamare) imprenditoriale del
costruire non porta certo a creare un territorio dignitosamente
abitabile.
Il quartiere di Laghetto ha una
sua particolare struttura e con-
persona come elemento centrale
dell’urbanistica partecipata. Il
tutto a vantaggio dell’impresa
che invece è portatrice di una
idea di urbanistica contrattata.
* sociologa urbana
** ricercatore dei sistemi urbani
Gli abitanti del quartiere.
Più che al Pp10, qui si pensa ai ladri e alle scuole medie
Giovani in fuga e un parroco poco popolare. In questo scenario la nuova colata di cemento passa quasi inosservata
di Enrico Soli
P
er i residenti di Laghetto quella del Pp10 è come la storiella del lupo, quella sentita così
tante volte da non crederci più.
Oppure, se ci si crede, non ci si
pensa più di tanto perché ormai
gli anni sulle spalle sono tanti,
i figli sono grandi e se ne sono
già andati dal quartiere. E così
sono altre le preoccupazioni
degli anziani che trascorrono i
pomeriggi giocando a carte alla
Pro Loco di Laghetto. Dopo l’ultima raffica di furti, il timore dei
ladri è tornato a turbare il sonno di tanti residenti. Altro che
Pp10. Come dar loro torto? E poi
una raccolta firme in effetti in
quartiere c’è, pubblicizzata con
tanto di cartelloni esposti sulle
strade, ma non è per fermare il
cemento che avanza, bensì per
riportare le scuole medie a Laghetto dopo l’esilio forzato in
via Prati. Un momento di unità
in un quartiere che - a detta dei
suoi stessi affezionati residenti
storici – da quando è sorto non
brilla certo per vita comunitaria.
“Qui per capirci vivevano i fratelli di Mariano Rumor, Treu, i
direttori di banca: non abbiamo
mai legato con loro perché erano praticamente inavvicinabili
– spiegano Gino Basso e Mario
Saggiotti – Se sono state fatte
le squadre sportive del quartiere è stato grazie a gente come
noi”. Attorno alla parrocchia ci
saranno anche attività sportive
e ricreative, ma Laghetto assomiglia sempre di più a un quartiere dormitorio. A proposito,
il parroco don Guerrino Benin
ritiene che quelle di VicenzaPiù
su Laghetto siano solo “fantasie
notturne”. Bene, uno pensa, allora ne sa più di noi. “No, non ne so
niente”. Fine della discussione.
Gli anziani della Pro Loco sorridono per niente sorpresi della
reazione: “La comunicazione
non è il suo forte: non si ferma
a parlare con noi. È un grande
teologo, dovrebbe insegnare ai
preti invece di fare il parroco”.
Ai commercianti il raddoppio di
Laghetto va anche bene, a patto
che non sia accompagnato dalla creazione di qualche centro
commerciale. Claudio Zanin,
titolare da tredici anni del bar,
vorrebbe più che altro un rilancio della zona centrale del quartiere, quella dove ha l’attività:
“Laghetto è chiuso e lasciato a
sé stesso. Non mi interessa se
fanno nuovi appartamenti, mi
basterebbe che fosse ravvivato
questo dormitorio e la soluzione sarebbe unire via dei Laghi a
Strada Sant’Antonino”. Qualcu-
no che ha cercato di saperne di
più c’è: “Quando ho letto la notizia mi sono preoccupata- dice
Cinzia Cecchetto- Poi mi sono
informata e mi hanno detto che
in realtà non è così: il numero
di nuovi residenti sarà molto inferiore rispetto a quanto è stato
scritto. Rassicurata? No, perché
quando ho letto del Pp10 sono
cascata dalle nuvole visto che
non doveva più esistere. Spero solo che si avveri quanto mi
hanno riportato invece di ciò
che ho letto”.
primo piano
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Spinea, la carica dei Seicento
Un fiume di persone scende in corteo per dire no alla discarica della Maltauro in uno dei più
importanti centri del Veneziano. E mentre i comitati annunciano un ricorso al Tar che avrà il
supporto degli enti locali, tra la gente si insinua il timore di una penetrazione in zona delle ecomafie
di Marco Milioni
Q
ualche mese fa i comitati spontanei nemmeno ci avrebbero
creduto. E invece nel volgere di
qualche settimana sono riusciti a
mettere insieme un movimento trasversale con un peso specifico molto elevato. E con un obiettivo chiaro
in testa: fermare il raddoppio della
discarica che a Spinea nel Veneziano è stato inizialmente autorizzato
dalla regione Veneto. La vicenda,
come già ampiamente riportato su
VicenzaPiù, ha una sua propaggine vicentina perché il progetto è
caldeggiato niente di meno che dal
gruppo Maltauro-Ecoveneta-Integra, una spa berica con caratura nazionale. Una società con solidi agganci nella politica veneta. Agganci
che fanno riferimento in primis
all’europarlamentare Lia Sartori e
al ministro della cultura Giancarlo
Galan entrambi del Pdl ed in secundis a quell’area dorotea del Pd che
vede nel sindaco di Vicenza Achille
Variati il volto più noto.
Il progetto però è contestato duramente. I residenti spiegano che
quell’impianto è chiuso da dieci
anni e che con la salute dei cittadini non si scherza. Quella parte
della provincia lagunare per di più
è stata toccata da una serie di veri
e propri scandali ambientali: Cassiopea, Houdini, Nuova Esa, Marghera. La gente da quelle parti ricorda le terre di fonderia e di conceria «allungate» con terra buona
oppure sversate in mezzo Veneto,
in Toscana o Campania dopo avere
alterato i documenti di trasporto
di camion che arrivavano nottetempo «non si sa da dove per scaricare non si sa che o per depositare
non si sa che cosa». E il fatto che
il previsto impianto «avrà anche la
funzione di area di riciclo - spiega
Beppe Sifanno uno dei portavoce
dei comitati - la dice lunga su che
cosa potrebbe finire lì dentro, magari col rischio di far germinare
da noi gli spettri di Marghera o di
Marcon». Dello stesso avviso è
Massimo De Pieri il quale affonda il colpo: «In regione ci spiegano che i nuovi conferimenti sono
giustificati affinché Ecoveneta,
ex gestore dell’impianto, possa
raccogliere una cifra utile a mettere in sicurezza la discarica che
è a rischio percolato. Ma la messa in sicurezza è un obbligo per
il privato. È come se un ladro ti
chiedesse di regalargli dei soldi
così ti ripaga della merce che ti
ha rubato. Mi sembra una presa
per i fondelli».
Il previsto
impianto
avrà anche
la funzione
di area di riciclo
Ed è in questo solco che si spiega
l’evento di alcuni giorni orsono.
Il 28 aprile infatti una imponente quanto pacifica fiaccolata di
seicento o settecento persone ha
attraversato con una marcia di
due kilometri la frazione spinetense di Fornase fino a giungere
a ridosso dell’ingresso della vecchia discarica. In quell’occasione i comitati hanno annunciato
che sarà pronto per i primi di
maggio un ricorso avanti il Tar
veneto contro la decisione della
regione Veneto. Il corteo peraltro, pur senza la minima insegna
di partito, si è presentato sin dal
principio molto variopinto anche sul piano sociale. C’erano
attivisti dell’ultim’ora, “grillini”,
casalinghe leghiste preoccupate,
pensionati in quota al centrodestra, un pezzetto del popolo della
sinistra, eleganti signore in quota
Pd, signore più fashion col jeans
aderente con una nuance Pdl, ragazzi delle polisportive, semplici
cittadini. Insomma una parte
ampia e rappresentativa di Spinea e dei comuni del circondario
della Riviera del Brenta a partire
da Mira.
E ancora alla testa del corteo c’era il sindaco Silvano Checchin,
una presenza non solo simbolica
la sua, visto che la sua amministrazione, anche dopo i numerosi
solleciti della popolazione, è scesa
in campo ed ha impugnato il provvedimento assieme ai comitati davanti alla magistratura amministrativa veneta. «Nel comprensorio - spiega proprio Checchin - il
sistema della raccolta dei rifiuti è
in equilibrio. La gestione è tutta
sotto controllo. Non si capisce a
chi serva realmente quell’impianto. Non si capisce chi e da dove
conferirà in quel sito. Il quale deve
solo essere messo in sicurezza da
possibili se non già avvenute perdite di percolato inquinante che
intaccherebbero la falda». Gli fa
eco Michele Carpinetti, primo
cittadino di Mira che il 28 aprile
aveva sfilato in primissima linea
al fianco di Checchin: «Sarebbe
inutile negarlo, qui la gente è preoccupata. La discarica di Fornase
è situata proprio al confine con
il nostro comune, il quale partecipa al ricorso. Io spero - sottolinea ancora Carpinetti che come
Checchin fa riferimento all’area di
centrosinistra - che in regione capiscano che questa strada ci porta
in una direzione sbagliata».
Tuttavia la manifestazione del 28
non ha spazzato i timori di molta
gente. Le 2.200 firme contro l’impianto indirizzate il mese scorso
alla giunta regionale sono lì a
ricordarlo. Un altre esempio di
questi timori è un lungo dispaccio diramato dai “grillini” della
Riviera del Brenta il giorno 30
aprile. La nota è redatta da Andrea Pesce, uno dei portavoce del
gruppo: «I residenti ed i cittadini,
hanno preso coscienza e recepito
la gravità della situazione... Questa è stata una manifestazione
che abbiamo voluto fortemente...
Però i precedenti di Marghera e
Marcon, parlano da soli. Le magagne penali ed i metodi dei manager del Gruppo Maltauro, sono
un precedente da non sottovalutare.
La nostra è una
consapevole
preoccupazione
che non deve
sfociare in paura
Le recenti notizie sulle infiltrazioni dei clan e delle organizzazioni malavitose nel Veneto, sono
un dato di fatto. Gli interessi che
gravitano attorno al ciclo dei rifiuti, sono un triste primato tutto
italiano.
La nostra è una consapevole pre-
occupazione che non deve assolutamente, sfociare in paura».
Tant’è che le parole dei “grillini”
pesano come pietre. Soprattutto
perché per la prima volta tra le lamentele della gente si insinua l’ombra delle ecomafie. Pesce non lo
scrive in modo diretto ma la sua in
realtà è la trasposizione di un leit
motiv che a mezza bocca girava tra
i manifestanti. Da qui è nato l’invito alle istituzioni a tenere alta la
guardia. Per di più c’è un’altra voce
che gira tra i corridoi della politica
regionale. La struttura bis di Spinea potrebbe servire alle concerie vicentine del comprensorio di
Arzignano come valvola di sfogo,
visto che le discariche nell’Ovest
della provincia berica potrebbero
essere presto sature. In realtà anche la normativa europea a breve
negherà il conferimento dei fanghi in discarica. Ma sono proprio i
trucchi sulle bolle di accompagnamento dei camion porta rifiuti a
rendere inquieti i sonni degli spinetensi e dei miresi.
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Il genio pontieri e l’anonima compensi
di Marco Milioni
Che la giunta comunale di Vicenza
voglia risolvere rapidamente
i problemi della gente causati
dalla alluvione di Ognissanti va
senz’altro sottolineato in modo
positivo. Ma una maggioranza
di centrosinistra che ha vinto
le elezioni del 2008 facendo
della trasparenza un vessillo
supremo ha finito per lasciare
sul banco della politica locale
un vassoio di dubbi freschi e
stantii che ora cominciano a
puzzare. Durante il consiglio
comunale del 4 maggio infatti, il
sindaco Achille Variati del Pd è
andato letteralmente nel pallone
quando il compagno di partito
Sandro Guaiti lo ha incalzato
con una domanda di attualità
semplice semplice. Domanda
con la quale si voleva conoscere
l’intero parterre dei consulenti
del comune dal 2007 ai giorni
nostri. Con natura dell’ingaggio
e soprattutto dei compensi, che
tuttora sono ancora assenti dal
portale del comune. Incombenza
che peraltro è un obbligo di
legge. Il primo cittadino ha
masticato amaro. Ha spiegato
che sul sito del comune quei
dati e quei compensi ci sono
e «se non ci sono ci saranno a
breve e se comunque mancano
la responsabilità è solo dei
dirigenti». Una risposta strana
per uno che ha tra gli scopi
primari il controllo della
macchina
amministrativa.
Una risposta che fa assumere
una strana ombra alla notizia
secondo la quale (GdV del 4
maggio pagina 16) il comune
procederà a gara privata per
riaccomodare il pericolante
Ponte
Pusterla,
divenuto
insicuro e vietato al traffico
dopo le esondazioni autunnali.
Ma è davvero pericolante e non
praticabile? Quale è il tecnico ha
asseverato tale condizione?
Come può questa amministrazione
assicurare ai cittadini che non si
usi l’alluvione come scusa per
fare un lavoro assai più costoso
del necessario rispetto al quale
ricorrere ad una gara senza asta
pubblica? Vinceranno i soliti
noti? In aula il 4 maggio Variati
ha fatto la figura di chi gioca a
rubamazzetto con la trasparenza
visto che i dati sbandierati dai
suoi collaboratori continuano
ad
essere
massimamente
incompleti. Con Ponte Pusterla
il sindaco giocherà a carte
scoperte?
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Ritorno a San Lazzaro
Nuova invasione di lucciole nella famigerata zona ovest della città. Variati confida nella le
E intanto rispristina la vecchia ordinanza.
di Enrico Soli
P
assate da appena tre
mesi le manifestazioni
più e meno politiche davanti al “Campiello”, viale San
Lazzaro è tornato ad essere
il grande asse della prostituzione che tutti conosciamo.
Come prima, più di prima.
Già da alcune settimane infatti il numero di lucciole
sulla strada è diventato imbarazzante. Lo testimoniano
questi scatti freschi dell’ultimo weekend. Ma il viale era
illuminato a giorno dalle lucciole già prima che la Consulta bocciasse la norma che affida ampi poteri di ordinanza ai sindaci. In una recente
intervista su VicenzaPiù (n°
210, 25 marzo 2011, pagina
3), il questore Angelo Sanna
spiegava che “il fenomeno
della prostituzione è molto
sentito dalla popolazione ma
è anche molto difficile da debellare”, per poi aggiungere:
“Però in questi pochi mesi
che sono qua mi sembra si-
ano state messe in campo
numerose operazioni e che
l’impegno da parte nostra si
stia dimostrando altissimo”.
Non lo mettiamo in dubbio,
ma evidentemente non basta
ad arginare il problema. E si
torna quindi a parlare di leggi. La settimana scorsa, dopo
un incontro organizzato a
Verona da Flavio Tosi con il
ministro dell’Interno Roberto Maroni, il primo cittadino
di Vicenza Achille Variati
commentava: “Maroni si è
impegnato a darci, entro tre
settimane, una legge sulla sicurezza urbana che consenta
a noi sindaci di combattere
davvero il degrado nelle città. La prostituzione di strada
non è un reato, ma genera
situazioni insopportabili per
i cittadini. Maroni studierà
come inserire nella nuova
legge la possibilità, per i sindaci, di identificare le zone
dove vietarla, in particolare
quelle residenziali. Si tratta
di una soluzione che vedo di
buon grado, alla quale stavo
già lavorando prima del pronunciamento della Consulta
che ha stoppato le ordinanze
sindacali. Se davvero Roma
ci darà uno strumento per
dire basta a questo degrado
almeno davanti alle case dei
nostri cittadini, potremmo,
forse, assestare un colpo significativo all’intero fenomeno”. La prossima fotogallery
avrà magari come sfondo
qualche oscura strada in
zona industriale. Forse è il
primo passo verso i quartieri a luci rosse ipotizzati dallo stesso Maroni ancora nel
2008. Intanto, mercoledì 4
maggio, Variati ha firmato
un’ordinanza che scadrà il
prossimo 30 settembre, con
la speranza che prima di
quella data sia pronto il nuovo regolamento di polizia.
“Fino ad oggi è stato fatto un
grande lavoro – dice il primo
cittadino - 536 verbali notificati da 500 euro ognuno per
un totale di 268.000 euro
incassati dal comune, 1.050
agenti interforze impegnati
nella lotta alla prostituzione
con 4.000 ore di impiego in
totale delle forze dell’ordine.
La sanzione amministrativa
per gli automobilisti da oggi
torna ad essere di 500 euro
non riducibili, mentre anche
le prostitute saranno multate
se esibiranno abiti che offendano il comune senso del pudore. Di fatto è un ripristino,
sia pure temporaneo, della
vecchia ordinanza”.
Servizio fotografico: VicenzaPiù
speciale
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aspettando i quartieri a luci rosse
egge Maroni sulla sicurezza urbana per allontanare la prostituzione dalle zone residenzali
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Caso Greta. Raniero (Usb):
“Ci sono ancora mezzi
senza servosterzo”
Riccardo Ferrasin, amministratore unico dell’azienda, ai sindacati ha promesso un investimento in sicurezza,
per il 2011, di 950mila euro. Il sindacalista escluso dalla riunione con Cgil, Cisl e Uil però lamenta:
“Insufficienti e non ci fidiamo di chi promette divise nuove da un anno e mezzo“
di Giulio Todescan
N
el Vicentino tre morti in poco
più di un anno nel comparto
dell’igiene ambientale. E’ la tragica statistica dei decessi sul lavoro
in un settore, quello dei netturbini per intenderci, che si scopre in
prima fila a fronteggiare l’insicurezza dei lavoratori.
Due recenti episodi, diversi ma
ugualmente terribili, hanno sconvolto la Greta Srl che gestisce la
raccolta dei rifiuti nell’Alto vicentino: il 4 aprile la morte accidentale
di un bambino di due anni, travolto
dalle ruote di un furgone, avvenuta a Malo; il giorno dopo la morte
dell’operaio 26enne Raffaele Sorgato, schiacciato da un camion in
manovra guidato da un collega in
una stretta strada della frazione Ca’
Trenta a Schio. L’autocompattatore
di rifiuti stava facendo retromarcia e Sorgato è rimasto schiacciato.
Sulla dinamica dell’incidente è in
corso un’indagine dello Spisal. «Ciò
che è accaduto si poteva evitare
perché la maggior parte dei mezzi che utilizziamo per la raccolta
non sono in regola, non potrebbero
circolare in quanto mancano sicurezze, tipo cicalini di retromarcia,
telecamere e autospegnimento del
motore con operatore in pedana»,
questa la denuncia a caldo messa
per iscritto la sera del 5 aprile dalla
R.s.u. dell’azienda. E giovedì 5 maggio, a un mese esatto dalla morte di
Sorgato, il sindacato di base Usb ha
convocato un’assemblea all’auditorium dell’Itis De Pretto di Schio per
discutere delle cosiddette «morti
bianche», in aumento nel 2011. Con
circa 120 dipendenti e 31 comuni
serviti, Greta è controllata dai comuni stessi e dipende nella gestione da Alto Vicentino Ambiente srl,
la multiservizi dell’area pedemontana. La società nasce nel 2009 con
l’acquisizione del ramo d’azienda
rifiuti della cooperativa Cias, acquisto per un valore di circa 4 milioni
di euro. Venerdì 8 aprile la prima
reazione degli operai, che in massa
partecipano ai 50 minuti di sciope-
Lorenzo Bosetti, presidente di Ava (azienda che controlla Greta)
ro indetti da Cgil, Cisl, Uil e Usb. Ma
pochi giorni dopo, lunedì 11 aprile,
una riunione presso la direzione
dell’azienda per discutere con urgenza dei piani in tema di sicurezza
provoca una spaccatura profonda.
Cgil Cisl e Uil vengono ammesse
al tavolo, a cui sono invitate anche
le R.s.u., mentre il rappresentante
dell’Usb Germano Raniero viene
fatto uscire dalla riunione, perché
il sindacato di base non ha firmato
il contratto nazionale del comparto
igiene ambientale e quindi – secondo un’interpretazione delle norme
che regolano le relazioni sindacali –
non ha titolo di partecipare al vertice. Una lettera firmata da 98 lavoratori è stata inviata alla dirigenza
di Greta, chiedendo che Usb possa
partecipare alle discussioni fra sindacato e azienda. «Abbiamo chiesto
all’azienda di creare una commissione per discutere di sicurezza, ci
sono tanti aspetti trascurati – dice
Luc Thibault, segretario della R.s.u.
eletto per la Usb – Ad oggi non è
stata data una risposta. Siamo contrariati dall’esclusione del segretario Usb da quella riunione, siamo
il primo sindacato in azienda. Noi
vogliamo allargare il discorso, dalla
morte di un nostro collega vogliamo ampliare lo sguardo alle altre
fabbriche: ci sono sempre più morti
sul lavoro, e tanti non sono nemmeno contabilizzati perché lavorano in
nero, la crisi ha peggiorato le cose».
Riccardo Ferrasin, amministratore
unico dell’azienda, ai sindacati ha
promesso un investimento in sicurezza, per il 2011, di 950mila euro
per l’acquisto di nuovi veicoli, mezzi
d’opera e contenitori per la raccolta
dei rifiuti, oltre che per la messa in
sicurezza degli immobili. L’azienda
ha rivendicato la spesa di un milione e mezzo di euro nel 2010 per la
logistica dei mezzi, di cui 554mila
per la sola manutenzione, con un
aumento del 68% rispetto a quanto speso per la manutenzione nel
2009 da Cias.
Il commento della Cisl è parzialmente positivo: «Prendiamo atto
degli investimenti nella sicurezza
fatti da Greta, soprattutto in considerazione che nel passaggio da
Germano Raniero (Usb)
vecchia a nuova azienda hanno
trovato un parco mezzi obsoleto
– dice Matteo Adami, segretario
provinciale della Fit Cisl - C’è
stato un rinnovamento del parco
mezzi e ci sarà anche in futuro. E’
chiaro che però gli investimenti nella sicurezza non sono mai
abbastanza, ci vuole più formazione e rispetto delle regole. Il
problema di fondo è che questo è
Tre morti in
poco più di
un anno nel
comparto
dell’igiene
ambientale
un lavoro meccanico e ripetitivo,
e proprio per questo dà spazio a
troppi incidenti. Come Cigl Cisl
e Uil abbiamo avviato l’iniziativa di intensificare le assemblee
con i dipendenti, alla presenza di
tecnici sindacali sulla sicurezza
sul lavoro. Speriamo che anche
Usb capisca che non è questo
il momento della rottura». Più
formazione alla sicurezza e più
investimenti, questa la ricetta
dei confederali. Luca Tomma-
sin, della segreteria Fit Cisl, ha
proposto durante l’incontro con
l’azienda di dotare i mezzi di apparati di geolocalizzazione, ovvero Gps. Ma da parte di Usb, oltre
alla contestazione della mancata
partecipazione all’incontro, viene
una critica radicale anche alle ricette proposte. «Gli investimenti
in sicurezza sono assolutamente
insufficienti, con quei soldi nel
2011 si compreranno cinque o sei
camion nuovi, davvero poco –
dice il segretario provinciale del
sindacato di base Germano Raniero – Alcuni lavoratori attendono da un anno e mezzo le divise nuove, se questi sono i tempi,
non abbiamo molta fiducia nelle
promesse dell’azienda». I grossi
problemi dei camion sarebbero i
seguenti: «Ad alcuni mezzi manca addirittura il servosterzo – denuncia Raniero – il che, per come
è organizzata la raccolta porta a
porta anche presso le contrade
più sperdute, significa manovre
complicate e lente in spazi molto stretti. Nei camion mancano
inoltre segnali sonori della retromarcia e sistemi video che
permettano al guidatore di vedere cosa accade dietro il camion.
L’introduzione del Gps, in questo
senso, non serve, anzi è solo un
modo per controllare i lavoratori
e costringerli a ritmi di lavoro più
elevati».
schio
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Torna l’Arcadia, ed è già polemica
Riaperto in zona industriale il Centro Sociale Autogestito di Schio, non si sono fatte attendere le reazioni del centrodestra. Alex Cioni: “Vi saranno
ospitati i desaparecidos della sinistra veneta, mentre buona parte dei giovani scledensi se ne staranno alla larga e senza valide alternative”.
di Andrea Genito
Q
uando occuparono pacificamente l’ex magazzino ferroviario, nel 2006, e poi l’ex zona Federle,
fu un vespaio di polemiche da parte
soprattutto dei residenti, che proprio
non li volevano ad un passo da casa.
Loro, i ragazzi del centro sociale Arcadia, risposero con un paio di blitz
dimostrativi durante consigli comunali e soprattutto sventolando il loro
vessillo sulla sala Calendoli, dove
era ospitato un comizio della Lega
Nord, in cui tra l’altro si accusava la
Giunta di centrodestra di appoggiare anche economicamente Arcadia.
Da pochi giorni la “Nuova Arcadia”
ha ripreso le proprie iniziative,
insediandosi in un vecchio stabile rimesso a nuovo dal Comune di
Schio, in zona industriale. “Avremmo comunque dovuto eseguire lavori in quell’edificio, di proprietà
del Comune, altrimenti destinato a
crollare a pezzi - hanno sottolineato
dall’Amministrazione per tagliare
corto sulle polemiche dell’opposizione – Vigileremo sull’operato
dell’associazione che ce l’ha chiesto
in uso e che pagherà un regolare
affitto di mille euro mensili”. Tutto
nasce da una convenzione, siglata
dall’Amministrazione con le cinque
associazioni che rutoano attorno al
circolo: Studenti medi e universitari
scledensi, Agorà, Cinecoso, ArteOltre e Valleogas. Il sito è apparso
idoneo sia per la posizione, all’interno di un’area a destinazione d’uso
commerciale, che per la dimensione
di circa 300 metri quadrati. «Con
questa decisione manteniamo l’impegno preso – spiega il sindaco di
Schio, Luigi Dalla Via - Nell’area ex
Federle si era da un lato creata una
convivenza problematica e dall’altro
sviluppata un’esperienza positiva
di partecipazione con tanti gruppi
e associazioni coinvolte. Abbiamo
ascoltato entrambe le esigenze e,
dopo aver chiuso quell’esperienza,
ora diamo un’alternativa che consentirà di valorizzare un patrimonio
per i giovani». Soddisfazione da Arcadia, come sottolinea la portavoce
Enrica Magoni: «Dopo due anni di
intenso lavoro nella “vecchia” Arcadia, il Comune ha riconosciuto la
validità delle iniziative proposte a
beneficio di tutta la cittadinanza.
Abbiamo lavorato sodo per adattare
gli spazi ai nostri progetti, ma ne è
valsa la pena. Questo spazio è destinato a diventare un bene condiviso
per Schio, un luogo di creazione ed
esposizione artistica, culturale e di
socialità, aperto a laboratori, proiezioni cinematografiche, serate teatrali e musicali. Uno spazio aperto
anche ai bambini, come conferma
l’appuntamento di gioco che allestiremo domenica 8 maggio. Insomma
l’offerta sarà varia e trasversale, Arcadia rinasce come luogo di cittadinanza attiva e critica, fondata sull’amore per il proprio territorio e sulla
voglia di valorizzarlo.» Chi invece
solleva parecchi dubbi sul nuovo
punto di aggregazione è il centrodestra. “Non ci facciamo illusioni, il
lupo perde il pelo ma non il vizio commenta John Maja, responsabile
del movimento Giovane Italia - Questa gente che oggi vuole apparire un
manipolo di benefattori, nel recente passato si è resa responsabile di
azioni illegali ed aggressioni fisiche
ad oppositori politici”. Critico anche
Alex Cioni, coordinatore vicario del
Pdl scledense: “Dobbiamo prendere
atto che il massimo che questa Giunta riesce a fare per i nostri ragazzi è
consacrare e benedire l’apertura di
un centro sociale fortemente politicizzato. Uno spazio all’interno del
quale saranno ospitati i desaparecidios della sinistra veneta, mentre
buona parte dei giovani scledensi se
ne staranno alla larga e senza valide
alternative. Siamo quindi all’epilogo
dell’annosa questione che vede ora
la città pagare l’appoggio politico,
risultato poi determinante, offerto
dall’estrema sinistra a Luigi Dalla
Via alle elezioni comunali del 2009.
Questa è la sintesi della politica giovanile dell’Amministrazione Comunale.”
“Leogra-Timonchio”
in sofferenza
Schio pedala nel
“Giretto d’Italia”
L’ex presidente della Comunità Montana Pietro Collareda: “Senza fondi siamo di fronte
ad una lenta eutanasia”. Si attende una legge regionale.
L’assessore alla viabilità Giorgio Pizzolato: “Non volevamo limitarci al solito giro cicloturistico domenicale.
(a.g.) “Comunità Montana Leogra-Timonchio: ultimo atto”. Così titolava, nel
2009, un libretto dato frettolosamente
alle stampe dal Consiglio dell’Ente locale
che comprendeva i sei comuni con dislivelli altimetrici del circondario di Schio,
tra cui Valli del Pasubio, Torrebelvicino,
Santorso, Monte di Malo e Piovene. Un de
profundis legato alla Finanziaria dell’anno precedente, che riduceva drasticamente i trasferimenti alle Comunità Montane
ed invitava le Regioni a sopprimere quelle
comprendenti cittadine con oltre 20.000
abitanti, tra cui la stessa Schio, e quelle
dove almeno metà del territorio di competenza non fosse oltre i 500 metri di quota.
Un criterio teoricamente apprezzabile,
dal momento che poneva fine all’assurdo
sperpero di quattrini per foraggiare alcune realtà create probabilmente solo per
fini clientelari (c’erano Comunità Montane perfino lungo la costa di Catania e di
Crotone!), ma che, come spesso accade in
Italia, ha finito per penalizzare anche dove
questi Enti servivano, lavoravano ed erano perfino in utile, come nel caso appunto
della Leogra-Timonchio. “Il mio appannaggio era di 250 euro mensili ed il resto
del personale era praticamente volontario
- sottolinea l’ex presidente Piero Collareda, oggi consigliere provinciale - Siamo
ben lontani dagli sprechi della casta descritti da Gianatonio Stella. Anche se l’iter
di soppressione ha subito uno stop l’anno
scorso dalla Corte Costituzionale, che rimanda la decisione alle Regioni, di fatto
siamo di fronte ad una lenta eutanasia.
Senza fondi non si può progettare nulla e
neppure sostenere le vitali attività di ordinaria amministrazione, come gli sfalci, figuriamoci fare prevenzione alle catastrofi
naturali e infatti Valli del Pasubio è stato
uno dei comuni più devastati dall’alluvione del novembre 2010”. La Leogra- Timonchio, dalla sua creazione nel 1970, pur
senza grandi risorse di bilancio, era difatti
andata pure oltre l’obiettivo fissato a livello nazionale per le Comunità Montane,
cioè la “valorizzazione del territorio montano”, incentivando il ripopolamento e la
manutenzione di zone che sono sempre
state un indispensabile polmone verde per
un Alto Vicentino ad elevata cementificazione e vocazione industriale. “Abbiamo
utilizzato uomini e risorse per migliorare
la viabilità e le infrastrutture, recuperato
sentieri tra cui quelli militari della Grande
Guerra - prosegue Collareda - uno sforzo
enorme per limitare l’emarginazione di
questi territori, già di per sè penalizzati.
Quando non bastavano i risicati stanziamenti, siamo ricorsi alla gestione di BOC,
buoni obbligazionari per conto dei Comuni, con emissioni per oltre 80 milioni di
Euro, oppure allo sfruttamento di scarti
naturali. Ne sono un esempio le centrali-
ne a biomassa che riscaldano tre scuole a
Valli, Torrebelvicino e Monte di Malo, alimentate da cippato, cioè residui di legname triturati tra l’altro da una cippatrice
di nostra proprietà. Ora tutto è bloccato
e si rischia il degrado ambientale. Basti
pensare che l’ultimo intervento di asfaltatura in un passaggio importante in quota,
come lo Zovo, lo abbiamo fatto noi sette
anni fa. Da allora non ci ha pensato nessun altro Ente locale e lì piove e ghiaccia
spesso”. Amareggiatissimo anche l’attuale
presidente della Leogra-Timonchio, Corrado Filippi Farmar. “Oramai il personale
è ridotto all’osso - è il suo grido d’allarme
- In organico a tempo pieno infatti c’è solo
un agronomo, che funge pure da segretario; poi abbiamo una ragioniera part-time
e, grazie a Dio, una ragazza che ha deciso
di fare uno stage da noi. Siamo in attesa
di una legge regionale che dia un senso a
questo organismo, dando la governance
ai sindaci del territorio, ma i tempi della
burocrazia italiana sono scoraggianti. Di
certo c’è che ci hanno tolto i “Fondi per la
Montagna” e la Regione ha tagliato di 1,3
milioni di Euro i finanziamenti. Stiamo
proseguendo l’attività con residui di bilancio e stanziamenti di anni precedenti,
grazie ai quali daremo un piccolo sostegno
alla zootecnia, rattopperemo qualche strada e riproporremo “La Montagna in Città”,
che ha un grande successo e permette di
far conoscere e vendere i nostri prodotti.
Ma se non arrivano segnali o un nuovo
assetto per il nostro Ente, gran parte di
questo territorio verrà lasciato a se stesso”.
(a.g.) Schio, per un week-end, capitale
italiana della bici. Tra venerdì 6 e domenica 8 maggio, infatti, la città si riempirà di ciclisti grazie ad una serie di
iniziative che hanno l’obiettivo di sensibilizzare all’uso delle due ruote, lasciando in garage quando non è strettamente indispensabile la rumorosa
e inquinante automobile. Si comincia
col “Giretto d’Italia”, kermesse che vedrà impegnata Schio con altre 26 città
italiane (tra cui metropoli come Roma
e Milano e la già superciclabile Ferrara): obiettivo mettere in strada quante
più bici possibile per vincere la speciale
maglia rosa in palio. Ovviamente conterà la percentuale sui residenti e giudici imparziali saranno rappresentanti di
Legambiente, Fiab e Cittainbici, che la
mattina monitoreranno il percorso in
tre check-point, dove i ciclisti potranno trovare pure una colazione gratuita. “Alcune città scelte, tra cui appunto
Schio, vantano già numeri superiori
vicini a quelli di città “ecologiche” come
Berlino o Copenaghen - sottolineano gli
organizzatori della gara - saranno ottimi testimonial per promuovere ancor
di pù la bici come mezzo di trasporto
urbano”. Dopo il Giretto d’Italia, spazio al Festival “Più bici per Schio”, una
serie di appuntamenti a tema e mostre
sul fil rouge delle due ruote, promosse
assieme al polo ed al Campus scolastico cittadino: una tavola rotonda al
Lanificio Conte, con ospite d’onore l’ex
campione mondiale su pista Bruno
Gonzato, proiezioni cinematografiche,
letture sul tema ed un apposito mercatino-baratto di bici usate. A chiusura
del week-end dedicato, due pedalate
ecologiche per bambini ed adulti ed
un contest di free style e mountain
bike acrobatico in Fabbrica Alta. “Abbiamo approfittato della già prevista
e consolidata Pedalata delle Rose
per creare un vero e proprio happening - spiega l’assessore alla viabilità Giorgio Pizzolato - Non volevamo
limitarci al solito giro cicloturistico
domenicale perchè il nostro impegno
su questo tema parte da lontano. Lo
testimoniano i 70 km di piste ciclabili
che renderemo presto disponibili e la
politica di contenimento del traffico che stiamo attuando. Nonostante
le già buone percentuali di utilizzo
delle bici, a Schio comunque registriamo oltre 220.000 spostamenti
in auto annuali, a volte per piccoli
tratti. Sono certo che queste iniziative ci aiuteranno nel nostro compito e
magari ci si convincerà presto che un
centro storico pedonalizzato è un’opportunità e non una penalizzazione”.
ovest
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Mi piange il Koris
Una maxi lottizzazione voluta dal conte Giannino Marzotto a Trissino potrebbe trasformarsi in una vera e propria bufera politica. Il lotto
vicinissimo al previsto tracciato della Pedemontana ha una vocazione produttiva, ma da Venezia già si parla di parco commerciale e il Pd insorge
le ire delle opposizioni. Rimane
da capire però se l’indiscrezione
sia sostanziata o meno.
di Marco Milioni
L
’indiscrezione continua a circolare fra i corridoi della Regione Veneto per rimbalzare a
Vicenza e poi finire su su fino a
Trissino. La maxi lottizzazione
Koris già avviata dal conte Giannino Marzotto, in modo differente
da quanto oggi stabilito dal comune, potrebbe in futuro ospitare
anche insediamenti commerciali.
L’idea, portata avanti in ambienti del Carroccio e del Pdl vicini
all’entourage dello stesso conte, è
quella di includere in qualche maniera il grande comparto trissinese nell’ambito della Pedemontana.
Circostanza che permetterebbe
alla regione, dopo un altro paio
di necessari passaggi normativi,
di modificare de facto la destinazione dei lotti sopra i quali la
Koris srl ha già edificato una decina di scheletri prefabbricati sui
quali peraltro sono stati installati
pannelli solari la cui energia viene regolarmente venduta alla rete
elettrica nazionale. La questione
non è di poco conto perché il piano Koris, da mesi al centro di un
contenzioso politico molto duro,
aveva in passato scatenato proprio
Il peccato originale
«Per come la si racconti, in tutta
questa storia c’è un peccato originale. Si tratta del cambio d’uso
concesso
dall’amministrazione
trissinese nel 1986 ai terreni della famiglia Marzotto. Quelle aree
dovevano rimanere agricole. All’epoca il primo cittadino era Vinicio
Perin (che sarà ancora sindaco ne-
Per come la si
racconti, in tutta
questa storia
c’è un peccato
originale
gli anni Duemila appoggiato dal
centrodestra, Ndr), il quale porterà in capo la colpa politica di un
atto scriteriato. Un atto che è l’ennesima conferma per cui in Italia
la politica urbanistica la fanno
i proprietari delle aree e non gli
enti preposti».
A parlare con questa durezza è
Massimo Follesa, responsabile
del Pd di Trissino, il quale sul blog
del partito ha pure messo nero
su bianco una serie di critiche
all’attuale giunta, un monocolore
leghista guidato dall’ingegnere
Claudio Rancan.
Il j’accuse
E pure quest’ultimo è finito sulla
graticola di Follesa il quale attacca: «Nel caso del piano Koris è
stato deliberatamente favorito il
privato in quanto, a differenza di
quanto succede di solito, al lottizzante è stato permesso di godere
dei benefici della sua opera, mi
riferisco ai quattrini guadagnati
vendendo l’energia ricavata dai
pannelli, prima che la Koris stessa
completasse le opere di compensazione a beneficio della collettività. Opere stradali che sono ancora massimamente incomplete.
Questo non è il modo di governare».
L’ipotesi
Dal canto suo Follesa spiega che la
voce di un parco commerciale sui
lotti Koris «sta strisciando anche
nel sottobosco della politica della
Valle dell’Agno». E se ciò dovesse
verificarsi però lo stesso Follesa
promette che andrebbe «a denunciare tutto alla magistratura». Si
vocifera infatti di preliminari già
firmati da privati ai quali sarebbe
stata in qualche modo garantita
proprio la possibilità di un cambio
d’uso, che tra l’altro sarebbe venduto come foriero di un grande
giro d’affari proprio in ragione del
vicinissimo passaggio della Pedemontana. Un passaggio in galleria molto chiacchierato poiché in
Valchiampo da tempo il centrosinistra e pezzi del centrodestra
ironizzano sulla strana coincidenza tra un maxi finanziamento
concesso ufficialmente dal conte
Giannino a Pdl e Lega nel 2006
e il passaggio della Pedemontana
lungo un tracciato più consono ai
suoi possibili desiderata.
Il quadro complessivo
Rimane comunque il quadro
complessivo della cintura a sud
di Valdagno: fra Brogliano, Cornedo, Castelgomberto e Trissino
«i capannoni vuoti si contano a
secchiate - aggiunge il democratico – e nonostante questo gli
enti locali continuano a dire sì a
nuove costruzioni. Che cosa c’è
dietro?».
Sul blog del Pd Trissinese tra l’altro si spiega che l’attuale piano
regolatore del comune porta in
pancia «altri 200.000 metri quadri di commerciale e artigianale», superfici che secondo Follesa
difficilmente saranno rimosse
dal nuovo piano territoriale che
è allo studio della giunta municipale.
ovest
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Ospedale di Valdagno,
botta e risposta tra
Neri e Alessi
Sindaci e abitanti della valle in rivolta contro eventuali tagli. Il direttore generale dell’Ulss 5:
“Invenzioni puramente politiche del primo cittadino”
di Marta Cardini
S
ale la preoccupazione dei cittadini e dei Sindaci delle valle
dell’Agno, dopo la notizia dei giorni
scorsi che potrebbero verificarsi
tagli in alcuni reparti dell’ospedale
di Valdagno. E forse qualche reparto potrebbe addirittura venire
eliminato. I sindaci dei sei comuni
della valle (Recoaro Terme, Valdagno, Cornedo, Castelgomberto,
Brogliano e Trissino) stanno lanciando una raccolta firme che avrà
luogo in tutte le piazze dei paesi
interessati. I sindaci propongono a
Regione e Ulss 5 una serie di linee
guida, principi, soluzioni operative
e richieste affinché non vengano
tolti servizi essenziali.
Il direttore generale di Ulss 5 Renzo Alessi risponde così: “Sono tutte
falsità. Non esiste nessun documento della Regione che dica che
verranno effettuati dei tagli. I primari ci sono e anche tutti gli altri
servizi. Se il sindaco di Valdagno
vuole assicurazioni per i prossimi
anni questo è un altro discorso.
Queste del volantino sono invenzioni puramente politiche del sindaco”. Nel volantino preparato dai
sindaci si trova scritto che la salute
è un diritto, non solo un costo e che
la programmazione sanitaria deve
partire dai bisogni dei cittadini. La
valle dell’Agno ha un bacino di 60
mila abitanti, un territorio molto
vasto e in parte montano, una popolazione anziana superiore alla
media. “D’altronde - recita il volantino- la sola attenzione gestionale
non produce buona sanità: alcune
fra le Ulss che hanno realizzato i
maggiori risparmi hanno anche
avuto alti tassi di fughe verso altre zone; e la riduzione della spesa
nei farmaci spesso si accompagna
all’incremento dell’incidenza di
importanti patologie. Se a questo si
aggiunge che la ricchezza prodotta
da questi servizi (Prodotto Interno Lordo) equivale al doppio della
Alberto Neri
spesa, si comprende anche il valore
economico degli investimenti in
salute”. Anche in passato sprechi,
errori e diseguaglianze non avrebbero mai favorito i cittadini della
valle dell’Agno.
“Nella sanità veneta si possono
e si devono fare veri risparmi e
razionalizzazioni - spiegano i sei
sindaci- a partire dall’apparato
amministrativo e dalle consulenze, in continua crescita. Se proprio
si deve tagliare nei servizi, non lo
si può fare nelle zone già sfavorite,
lasciando intaccati privilegi e sperequazioni”. Nonostante le carenze
di risorse e personale, i servizi sanitari della valle dell’Agno sarebbero efficienti e capaci di rispondere alle necessità, più di altre sedi.
L’ospedale di Valdagno avrebbe
un rapporto favorevole fra risorse
impiegate (personale, spese) e prestazioni mediche, segno che qui si
lavorerebbe meglio e di più. Alcuni
reparti avrebbero capacità attrattive e di crescita superiori ad altre
strutture del territorio.
I cittadini sembrano tutti schierati
dalla parte dei sindaci, infatti tutti
gli intervistati andranno a firmare. “Se chiudessero alcuni reparti
- afferma Antonella Longo, commerciante - tutti i cittadini della
vallata dell’Agno sarebbero penalizzati e diventerebbe un problema
raggiungere Arzignano o Montecchio, considerando anche il grosso
problema del traffico che abbiamo.
Firmerò sicuramente”. “È assurdo
che un ospedale nuovo chiuda dei
reparti - commenta Luisa De Marchi, giovane farmacista di Cornedo
- Sono stati spesi tanti soldi per il
nuovo ospedale. Mi chiedo se Arzignano riuscirà poi a far fronte
al carico di persone che eventualmente andranno là”.
“La valle porta già con sé fin troppi disagi - dice Stefano Bonometti,
cornedese - come ad esempio il
problema della viabilità, del traffico negli orari di punta. Già non è
facile muoversi, figuriamoci quali
difficoltà comporterebbe per degenti e per chi va far loro visita il
fatto di doversi spostare di una
ventina di chilometri. Quella dei
sindaci è una giusta iniziativa,
anch’io firmerò”.
Sia Luisa sia Stefano fanno notare
che al di là delle normative che magari prevedono un ospedale per un
tot di abitanti (e quello di Valdagno
sembra essere di poco al di sotto
Renzo Alessi
del numero), la struttura della valle è un caso a sé: “La conformazione della valle è geograficamente
particolare: una zona densamente
popolata che, essendo chiusa in
una valle ha ancora molte difficoltà a raggiungere altre località,
specialmente in casi di emergenza.
Bisogna tener conto anche della situazione geografica e valutare se le
regole debbano essere così rigide”.
“Non è giusto limitare l’ospedale di Valdagno - afferma Mario di
Recoaro - Noi di Recoaro siamo i
più penalizzati, geograficamente
parlando. È già difficile raggiungere Valdagno, figuriamoci a quali
disagi andremmo incontro”. Il sindaco di Valdagno Alberto Neri ha
aggiunto: “C’è molta attenzione da
parte dei cittadini perché l’ospedale è essenziale con tutti i suoi servizi. La programmazione regionale
non è stata ancora completamente
attuata. L’attenzione da parte dei
cittadini è molta perché potremmo
venire privati di un servizio essenziale come ad esempio il punto nascite”.
Scoop Ghiotto
di Insider
La settimana passata ad Arzignano non si parlava d’altro. La
«botta di culo» di Andrea Ghiotto
al “Gratta e Vinci” ha fatto mormorare e fantasticare la gente.
Qualcuno ha pure imprecato
contro la sorte. Ma si sa, un milione di euro non è una cifra da
bruscolini, anzi. E poi però c’è la
seconda parte della storia, quella
raccontata per la prima volta da Il
giornale di Vicenza: il sequestro
della Guardia di Finanza arrivato
come un fulmine, quasi una sorta di intervento riparatore verso
una provvidenza che ragiona alla
rovescia. Il motivo del sequestro?
Obbligare Ghiotto a rendere all’Erario una parte della grana finita
in paradiso. Fiscale o no sarà la
storia a sentenziare. Epperò che
pacchia per il gossip formato provincia. In questi giorni bastava
mettere il naso in qualsiasi tabaccheria di Arzignano per sentirne
d’ogni specie, quasi si trattasse
della fine di Osama Bin Laden.
Per carità Ghiotto è un altro mondo, ma non di meno le voci e le
controvoci corrono e si rincorrono. C’è il cinico che afferma che i
soldi l’ex patron del Grifo non li ha
vinti al gioco ma li ha presi da un
altro canale. C’è l’ortodosso che dà
fiducia alle rivelazioni della carta
stampata. C’è il dietrologo che
prova a delineare un retroscena
alternativo, più o meno ardito. E
c’è l’originale che pensa alla falsa
notizia messa in giro da qualcuno
a mo’ di «trovata pubblicitaria».
C’è il giustizialista che ricorda
il bluff di Gaucci. Poi però basta
addentrarsi un po’ fra le stradine
del centro e incontri lo scettico
che ti attacca un bottone infinito:
«Ma che strano. Il milione è stato
vinto alla Tabaccheria La Vigna il
30 marzo di quest’anno. Possibile che Lottomatica, ‘la parona del
Gratta e Vinci’ abbia già sganciato
la grana col bonifico? E quand’è
che i finanzieri renderanno pubblico il bonifico o l’assegno del
gestore del monopolio?»
Il suo ragionamento non è proprio da gettare. Prima che fosse
svelata, anche Arzignanopoli era
inimmaginabile. Ma se Ghiotto
ha vinto, anche se per interposta persona, un milione di euro e
l’ha incassato e gestito così, i suoi
giudici sicuramente saranno magnanimi con lui. Le attenuanti per
“incapacità di intendere e volere”
non gliele negherà nessuno.
provincia
213 del6 maggio 2011
numero
20
pag
Il cemento di Grumolo
Un’operazione immobiliare molto chiacchierata nel comune dell’Est Vicentino rischia di trasformarsi in una sanatoria
strisciante. E sullo sfondo rimane la questione della tutela dei suoli e delle acque dalle speculazioni edilizie
di Marco Milioni
N
on è una diatriba di paese
quella che è in corso a Grumolo delle Abbadesse. Nel piccolo
comune dell’est Vicentino infatti
si sta giocando una partita che assume una grande valenza perché
sono in gioco due visioni diverse,
antitetiche per certi aspetti, per
quanto concerne la gestione del
territorio. La giunta capitanata
dal sindaco Flavio Scaranto pochi
giorni fa ha portato a casa un voto
compatto dalla sua maggioranza
(una civica di centrodestra) col
quale ottiene una leggera modifi-
Non è una
diatriba di paese
quella che è
in corso a
Grumolo delle
Abbadesse
ca del piano regolatore. Modifica
con la quale si consente de facto
una lottizzazione residenziale a
meno di dieci metri da due piccoli
ma importanti corsi d’acqua. Sebbene l’iter amministrativo non sia
giunto a compimento la cosa ha
scatenato reazioni veementi dal-
le opposizioni perché appena un
anno fa era stato proprio lo stesso
consiglio comunale a cancellare
la disposizione che accorciava le
distanze, dopo una presa di posizione molto vibrante da parte
del “Comitato vicentino contro
gli abusi edilizi” al quale era pure
seguito un identico parere pro-veritate chiesto proprio da Scaranto
ad un legale.
La maggioranza
Frattanto però è passato un anno
esatto. Il comune nei mesi passati
ha convocato una conferenza dei
servizi, un istituto previsto dalla
norma quando più enti debbono
pronunciarsi su una determinata
questione. Scaranto ora sostiene
che «la conferenza dei servizi»,
regione e autorità di bacino in
primis, «hanno acclarato senza
ombra di dubbio» che la norma in
ragione della quale si erano mantenute a dieci metri le distanze
tra corsi d’acqua e fabbricati non
si applica al corso d’acqua nei cui
pressi sono previste diverse costruzioni residenziali. La maggioranza è coesa e accusa coloro che
sono contrari alla delibera che rivede le distanze «di portare avanti un approccio ideologico e non
pragmatico ai problemi in capo
all’amministrazione».
Le opposizioni
Sul versante opposto ci sono invece le minoranze. Il consigliere
Giorgio Magnani durante un accorato appello in consiglio comunale ha parlato di escamotage amministrativo e di documentazione
ambigua e carente nonché di una
delibera votata dal consiglio «pa-
lesemente illegittima rispetto alla
quale si creerà un fronte comune
fra tutte le associazioni ambientaliste perché viene in questo modo
sancita una pratica contra legem
che crea un precedente pericoloso. Un precedente che capita dopo
le devastazioni delle alluvioni
dell’autunno scorso».
Le cifre e le voci non
smentite
Nel frattempo in paese si rincorrono le voci di una serie di pesantissime pressioni da parte dei
proprietari proprio sulla giunta.
Rispetto a tale questione, ma non
solo, chi scrive ha chiesto un commento al sindaco proprio durante l’ultimo consiglio comunale di
aprile. Il primo cittadino però ha
preferito evitare ogni domanda.
Tuttavia i numeri dell’operazione
Il primo cittadino
però
ha preferito
evitare ogni
domanda
sono alla grossa noti. La lottizzazione a ridosso delle rogge seicentesche Moneghina e Riale, è portata avanti dall’Immobiliare Sergio srl di Arzignano che acquistò
il terreno di 14.500 metri quadri
nel 2002 pagandolo 600.000 euro
e sul quale conta di realizzare
una sessantina di unità abitative.
Una circostanza che tra il rumoreggiante pubblico fuori e dentro
l’aula era stata bollata come una
mera speculazione palazzinara da
venti milioni di euro.
Lo scenario
La questione però è ben più ampia. Già in passato Carlo Rizzotto (ex coordinatore dell’IdV della
provincia berica) a più riprese
aveva spiegato che «nel Vicentino come nel Veneto regna un
certo caos nella gestione territoriale perché oltre a norme spesso
carenti anche quelle vigenti non
vengono rispettate oppure non
vengono fatte rispettare dalle autorità preposte».
L’allerta dei comitati sulla questione Grumolo va ricompresa
proprio in questa prospettiva
perché c’è il timore che in futuro
«speculatori e affaristi del mattone» usino il caso Grumolo per
sanare in modo indebito «ciò che
non può essere sanato». Una sorta
di indulto urbanistico surrettizio, che se dimostrato, anche alla
luce dell’alluvione di Ognissanti,
si configurerebbe come una sorta
di colpo mortale al già precario
equilibrio idrogeologico di cui
soffre l’intero Veneto.
210 del6 maggio 2011
focus
numero
22
pag
Realtà, menzogne e nobildonne
di Giuliano Corà
E
siste nel Codice Penale una
Legge, la 645 del 20/6/52,
che punisce la riorganizzazione del Partito Fascista e la sua
apologia. “Si ha riorganizzazione del disciolto partito fascista - dice la suddetta Legge
- quando una associazione,
un movimento o comunque un
gruppo di persone non inferiore a cinque persegue finalità antidemocratiche proprie
del partito fascista, esaltando, minacciando o usando
la violenza quale metodo di
lotta politica o propugnando
la soppressione delle libertà
garantite dalla Costituzione
o denigrando la democrazia,
le sue istituzioni e i valori
della Resistenza, o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività
alla esaltazione di esponenti,
principi, fatti e metodi propri
del predetto partito o compie
manifestazioni esteriori di
carattere fascista”. Voi cosa
direste vedendo un gruppo di
giovani del PDL che fanno il
saluto romano (foto accanto
pubblicata per prima propria
da VicenzaPiu.com, n.d.r.) davanti ad una bandiera della
Repubblica di Salò? Che sono
dei neofascisti? E che come tali
andrebbero denunciati? Niente di più sbagliato: ecco invece
come vanno viste le cose. Alessandro Benigno, Presidente
Provinciale di Giovane Italia
definisce l’episodio “una foto
goliardica, un rituale”.
L’Assessore Regionale all’Istruzione Elena Donazzan, che
da quattordici anni celebra il
“suo” Venticinque Aprile (GdV
del 28/4/11) e che quel giorno
era in compagnia di quei simpatici ‘goliardi’, spiega: “Sono
giovani, la loro è stata una pro-
vocazione, non si può metterli
in croce”. E se scopriste che tra
quei giovani c’è uno studente
delle superiori vicentine che
è Presidente della Consulta Provinciale Studentesca,
che direste? Che è la persona
sbagliata nel posto sbagliato? Come il ragazzo, lui sì almeno, ha avuto il coraggio di
ammettere dimettendosi. Assolutamente no, invece, anche
in questo caso. Così la pensa,
infatti, uno dei suoi professori:
“È una persona perbene, che
come tutti i giovani ha simpatie e orientamenti politici.
Questo gesto esprime la sua
personale opinione, immancabilmente strumentalizzata da
coloro che non la pensano allo
stesso modo”. E io mi chiedo,
a questo punto, cosa avrebbe
dovuto ipotizzare, il legislatore del 1952, perché finalmente
si concretizzasse questa benedetta apologia di fascismo.
Forse se vedessimo degli individui in fez e camicia nera
che con un imbuto cercano di
cacciare a forza dell’olio di ricino in gola ad uno, potremmo
accusarli di “manifestazioni
esteriori di carattere fascista”:
a meno che non ti dicano che
stavano andando ad una festa
mascherata, che hanno incontrato questo tipo con una
gravissima crisi di stitichezza
e che stavano effettuando un
intervento di pronto soccorso.
Insomma, non se ne va fuori, e
visto che in questo vergognoso
Paese nessuno ha la dignità e
la volontà di farla rispettare,
quella legge, allora sì, tanto vale abolirla. Facciamone
un’altra con dentro scritto che
è proibito esaltare le Guerre
Puniche, così siamo contenti tutti. Per finire, un tocco di
classe. La suddetta Donazzan,
ricordando nostalgicamente la
gioventù ahimè quanto presto
Povero Pd
di Renato Ellero
P
overo PD! Dopo che il Berlusconi si impegna a fondo,
con tutte le sue forze,a fare in
modo che il Partito Democratico possa vincere, ecco riapparire dal nulla (che è poi quel che
rappresenta) Veltroni che già,
or sono tre anni, l’ha portato al
massacro. Pensate che questi
ha realizzato uno dei momenti
peggiori per questo partito e,
poi mancando ad una promessa solenne, è rimasto in Italia
invece di recarsi in Africa. Che,
per caso, i Paesi africani gli abbiano negato il visto? Ebbene,
poiché quando parla riesce ad
esprimere il nulla, cerca di farsi
notare arrecando nocumento
con idee a dir poco inopportune. Bisogna, tuttavia, notare
Matteo Renzi
che il prode Veltroni non è da
solo. Infatti, insieme a dirigenti
regionali che possono sopraffare gli avversari solo in fatto
di lamenti e di miserevoli lacrimazioni, ecco, saltellante ed
impettito, si fa largo, il sempre
presente Renzi. Quando affer-
mò che era necessario eliminare la vecchia dirigenza del PD,
fui colto da immediata simpatia. Infatti, dopo tre anni che
continuavo a sostenere tale tesi
tutto solo, mi trovai improvvisamente insieme ad un altro,
per l’appunto il Renzi. Purtroppo, il giovane si è innamorato
della parte e si limita a recitare
la stessa giaculatoria ad ogni
momento ripetendo come un
disco rotto le stesse frasi. Accusa gli altri di non avere idee
mentre lui …... pure! Francamente per votare il PD bisognerebbe, mutata mutandis, applicare il principio montanelliano
del turarsi il naso. Pensate che
il Renzi si è fatto prendere per
il naso persino dal Berlusconi
che ormai, conoscendolo tutti
(fatti salvi i soliti imbecilli del
Silvio santo subito), non riesce
più a infinocchiare chicchessia. Né dobbiamo dimenticarci
Walter Veltroni
di avere anche una Lega che si
dedica al Monopoli della politica. Quando il Premier la prende per il fondo schiena, caso
che capita non di rado, sbraita,
sbraita e poi si mette a cuccia.
Ma la Lega ha il federalismo e
la cosa, se non toccasse anche
le mie tasche, mi divertirebbe
assai. Infatti chiedete a svizzeri, statunitensi e tedeschi se
questo è federalismo e vedrete
che risposte. Né va dimenticato che questa Lega, con questo
PDL ci ha regalato una riforma
Costituzionale schiantata da
trascorsa, rammenta di quella volta che, al passaggio del
Gay Pride, espose nel centro di
Vicenza una cassa di finocchi
col cartello: “Son solo questi i
finocchi che vogliamo vedere”.
Invece di sperare che il Tempo
benevolo abbia steso una pietosa lastra d’acciaio su questi
suoi trascorsi, l’Assessore all’Istruzione (!) li rivendica come
quarti di nobiltà: come il dito
medio con cui l’altra ‘dama’
della destra, Daniela Santanché, saluta gli avversari politici. È proprio vero che ognuno
ha i valori che si sceglie. Al
prossimo 25 aprile.
un referendum dove i primi ad
aver votato (di nascosto) contro
sono stati proprio coloro che l’avevano scritta (si fa per dire!).
Adesso avremo pure i bombardamenti a termine: e quando si
saprà il termine, chi glielo dirà
a Gheddafi di non tenere duro
sino a quella data che dopo è fatta?! Io avrei una domanda-proposta da fare al rais libico: “Ci
riveli i veri accordi economici
col nostro governo? Se rispondi
positivamente ti liberiamo tutti
i beni sottoposti al sequestro!”.
A proposito di domande vorrei
porne una a Fini, Casini e Tabacci. Voi eravate presenti alla
cena con Berlusconi in cui alle
vostre obiezioni circa l’affidabilità della Lega, questi diede,
brandendo idealmente lo spadone, una risposta ben precisa.
Rivelatela e capiremo (soprattutto lo capiranno gli illusi che
la votano) sia quanto la Lega
ha fatto (o misfatto) negli ultimi dieci anni, e quanto ancora
i suoi vertici, presi da clandestini, sceriffi e ronde, combineranno in questo Paese. Non
che il popolo italiano meriti il
rispetto di una vostra risposta,
ma non si sa mai!
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