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Buechner, Shakespeare, Sterne2

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Buechner, Shakespeare, Sterne2
Olivetta Gentilin (Graduate student University of Verona – Italy)
GEORG BÜCHNER, WILLIAM SHAKESPEARE, LAURENCE STERNE: UNA LETTURA
INTERTESTUALE
Anche il lettore più disattento non può fare a meno di notare la massiccia presenza di citazioni,
richiami e allusioni a Shakespeare nell’opera di Georg Büchner. Solo nel primo dramma
dell’autore, Danton’s Tod, sono stati individuati circa ottanta riferimenti intertestuali, elencati nella
sezione dedicata ai commenti della Marburger Ausgabe, edizione a cura di Burghard Dedner e
Thomas Michael Mayer1. La prima domanda alla quale questo saggio intende dare una risposta è
quindi: perché Shakespeare? Harold Bloom risponderebbe con una provocazione: «Who else is
there?»2, al fine di sottolineare l’inesauribile forza innovativa, che risiede nella diversità dei
personaggi, la superiorità intellettuale e l’energia linguistica dello scrittore inglese. Ancora più
suggestiva è la citazione biblica usata da Robert Musil: «All’inizio era la parola […] E prima della
parola Shakespeare.»3 Robert Musil ammira la forza creatrice da cui scaturisce la parola
shakespeariana. Tale suggestione verbale guiderebbe, sempre secondo Musil, molti scrittori
tedeschi, da Büchner a Hauptmann. E’ comunque evidente come Shakespeare sia un tema costante
nell’opera di Büchner, nel dibattito letterario del XIX secolo e, facendo un passo indietro, del XVIII
secolo. Per quanto riguarda Büchner le ragioni della sua affiliazione a Shakespeare sono da
ritrovare nelle vicende biografiche, in particolare nell’educazione scolastica, e nel sistema culturale
e letterario tedesco dal 1760 in avanti. Nel 1825 Georg Büchner inizia a frequentare il Darmstädter
Pädagog, liceo classico di Darmstadt, e vi rimane sei anni, fino al 30 marzo 1831. Il rettore Julius
Friedrich Karl Dilthey, umanista e filologo, impartiva anche l’insegnamento di Enzyklopädie,
un’introduzione a storia dell’arte, filosofia e filologia. Con Büchner instaurò un rapporto
problematico, non condividendo, forse, le tendenze del giovane verso l’associazionismo politico.
La ricerca più recente ha riconosciuto l’importanza degli scritti scolastici per la formazione e la
successiva produzione letteraria di Georg Büchner. Susanne Lehmann, nella diffusa dissertazione
Georg Büchners Schulzeit, compie uno studio accurato sulle discipline oggetto del programma del
1
Cfr. Sabine Dissel, „Ha, kannst du mir vergeben, Porcia?“ Interpretationansätze im Kontext der ShakespeareAnspielungen in Danton’s Tod, Georg Büchner Jahrbuch 10 (2000-2004), Tübingen, Niemeyer, 2005, p. 53.
2
«The answer to the question ‘Why Shakespeare?’ must be ‘Who else is there?’», Harold Bloom, The Invention of the
Human, London, Fourth Estate, 1999, p. 1.
3
«Im Anfang war das Wort: das gilt von der ganzen Epoche. Und vor dem Wort war Shakespeare.», Robert Musil,
Danton’s Tod von Georg Büchner, p. 28, in: Robert Musil, Theater. Kritisches und Theoretisches, Leck/Schleswig,
Rowohlt, 1965, pp. 28-32. La traduzione nel testo è nostra.
1
liceo e sui testi usati. Lo studio della lingua francese era obbligatorio, anche se in casi eccezionali
gli studenti potevano esserne dispensati. Non è chiaro, invece, se inglese e italiano fossero
discipline facoltative. Tra i libri di testo sono indicati manuali di lingua inglese4, e una traduzione
completa delle opere di Shakespeare, anche se Büchner si servì probabilmente della traduzione di
August Wilhelm Schlegel5, pubblicata tra il 1821 e il 1823. Il programma scolastico dell’ultima
classe di liceo, frequentata da Büchner nel semestre invernale 1830/31, prevedeva un’ora
settimanale di lingua inglese e l’utilizzo della seconda parte del manuale di Wagner: Vollständige
und auf die möglichste Erleichterung des Unterrichts abzweckende Englische Sprachlehre für die
Deutschen. Il testo di Fick, Englisches Lesebuch, conteneva invece letture da autori inglesi, ed era
compreso nel programma fino a pagina 166. Oltre a brani di Goldsmith, Middleton, Hume,
Kotzebue e Shakespeare Büchner dovrebbe quindi aver conosciuto anche estratti dallo Spectator di
Addison, dal Sentimental Journey, dal Tristram Shandy e dai sermoni di Sterne. Del romanzo di
Laurence Sterne sono presenti i seguenti capitoli: Mercy Recommended, capitolo XII del secondo
volume, e The Story of Le Fever, capitolo VI del sesto volume.
Tracce di queste letture sono presenti nei quaderni di scuola. Nel quaderno di Enzyklopädie del
semestre invernale 1830/31 si trova scarabocchiata la seguente citazione:
Oh du gelehrte Bestie, lambe me in podice,
s’ist scheußlich, horrible dictu.
Oh schaudervoll! Höchst schaudervoll!!!6
La terza riga richiama le parole del fantasma nell’atto primo, scena V, dell’Amleto di Shakespeare:
«O horrible! O horrible! most horrible!»7. Questi versi vengono rivolti dal giovane Büchner al
rettore8. Si tratta per lo più di una manifestazione d’insofferenza di un giovane studente tediato da
lezioni poco motivanti e da contenuti non innovativi, ma che testimonia quanto profondamente egli
conoscesse i testi shakespeariani, così da essere in grado di citarli spontaneamente in situazioni
personali particolari. Thomas Michael Mayer nel saggio Georg Büchner. Shakespeare-, Goetheund Follenzitate aus dem letzten Schulheft 1831 analizza le citazioni scritte sul quaderno del
semestre invernale 1830/31. Sono presenti undici citazioni da Shakespeare, precisamente dalle
tragedie Hamlet e The Tempest. Le citazioni sembrano scarabocchiate a memoria e, come le
precedenti, sono espressione di sfogo e di critica a lezioni noiose, a codici ristretti e a regole troppo
4
Nel programma di Pasqua (Osterprogramm 1831) dell’ultima classe vengono indicati i seguenti libri di testo:
Wagner Karl, Fritz Christian, Vollständige und auf die möglichste Erleichterung des Unterrichts abzweckende
Englische Sprachlehre für die Deutschen, Braunschweig, Teil II; Karl Schulze, Englische Sprachlehre;
Fick, Englisches Lesebuch (p. 1-166). Queste indicazioni sono fornite da Susanne Lehmann, in: Susanne Lehmann,
Georg Büchners Schulzeit, Tübingen, Max Niemeyer Verlag, 2005, pp. 433-434 e pp. 563-564.
5
Cfr. Thomas Michael Mayer, Georg Büchner. Shakespeare-, Goethe- und Follenzitate aus dem letzten Schulheft 1871,
Georg Büchner Jahrbuch 7, 1988/89, Tübingen, Niemeyer, 1990, nota a p. 15.
6
Rudolf Majut, Some Literary Affiliations of Georg Büchner with England, «The Modern Language Review», Vol. 50,
No. 1 (Jan., 1955), p. 31.
7
William Shakespeare, Amleto, Milano, Garzanti, 1999, p. 52.
8
Cfr. Jan Christoph Hausschild, Georg Büchner. Biographie, Stuttgart –Weimar, Verlag J.B. Metzler, 1993, p. 77.
2
severe. Interessante è il rilievo avanzato da Mayer riguardo alla posizione in cui Büchner scrive il
proprio nome a pagina 16 del quaderno, precisamente tra le righe 26 e 27, sotto la citazione di
alcuni versi dalla triste canzone d’amore di Ofelia dall’atto quarto, scena V di Hamlet9. Si ha come
l’impressione che Büchner volesse eliminare ogni distanza tra lo scrittore e i testi citati, quasi che
l’identificazione con Shakespeare, o più precisamente con il personaggio di Amleto, non fosse solo
letteraria, ma anche personale. Che per gli studenti del Darmstädter Pädagog Shakespeare fosse
più di una manifestazione poetica viene confermato da Wilhelm Luck nella lettera a Franzos dell’11
settembre 187810. Nella primavera del 1828 si formò, grazie al forte impulso dato dai gemelli
Friedrich e Georg Zimmermann, un circolo di studenti appassionati del poeta inglese, di cui fece
parte anche Büchner. I loro pomeriggi culminavano nella lettura, recitazione e interpretazione delle
opere di Shakespeare, tra cui: The Merchant of Venice, Othello, Romeo and Juliet, Hamlet, Richard
III. Nello stesso periodo Büchner assistette anche alla rappresentazione teatrale di alcuni drammi
shakespeariani. L’entusiasmo per quei ricordi riaffiora nella lettera dell’1 giugno 1836, all’amico
medico Eugène Boeckel. Boeckel esprime la sua ammirazione per il Burgtheater di Vienna e
racconta delle due o tre rappresentazioni settimanali, cui assiste. Nella lettera menzionata Büchner
si riferisce a queste attività come a studi estetici, quasi ad evidenziare la differenza con le
occupazioni mediche, e definisce l’attrice Therese Peche, una vecchia conoscenza11. L’attrice che
soggiornò a Darmstadt tra il 1828 e 1829 era particolarmente stimata per i suoi ruoli shakespeariani,
in particolare per quelli di Giulietta e Porzia, e non può non aver impressionato il giovane liceale e
il circolo di studenti che allora stava nascendo. L’interesse per la lingua e la cultura inglese
sembrano continuare anche nel periodo di massima attività letteraria di Büchner e precisamente
durante il suo esilio a Straßburg, dal marzo 1835 all’ottobre 1836. L’amico Wilhelm Schulz, che
con la moglie Caroline sarà vicino allo scrittore fino al momento della morte, ricorda questo periodo
di attività frenetica in cui Büchner, oltre ad ultimare due, forse tre drammi, il frammento della
novella Lenz, le traduzioni dal francese e i saggi per un ciclo di lezioni universitarie, dedica del
tempo anche allo studio della lingua inglese12.
Per comprendere quale influenza la lettura di Shakespeare possa aver avuto sull’opera di Büchner e
sulla sua concezione estetica, si rende necessario valutare brevemente ciò che è stata la ricezione di
Shakespeare dallo Sturm und Drang fino al Vormärz. Con le lettere sulla letteratura, in particolare
con la XVII, di Gotthold Ephraim Lessing e con la traduzione di Wieland del 1762 -1766,
conosciuta dai contemporanei come Zürcher Ausgabe, il nome di Shakespeare si lega al dibattito
9
Cfr. T. M. Mayer, Georg Büchner. Shakespeare-, Goethe- und Follenzitate, cit., p. 25.
Cfr. Ibid, nota 8, p.16.
11
«á propos, Du machst ja ganz ästhetische Studien, Dem. Peche ist eine alte Bekanntin von mir.», Briefe von und an
Georg Büchner in: Büchner Schriften Briefe Dokumente, hrsg. Henri Poschmann, Band 13, Frankfurt am Main,
Deutscher Klassiker Verlag, 1999, p. 439.
12
Cfr. Walter Grab, Georg Büchner und die Revolution von 1848. Der Büchner-Essay von Wilhelm Schulz aus dem
Jahr 1851 – Text und Kommentar, Königstein/Ts., Athenäum, 1985, p. 67.
10
3
letterario sul teatro che oppone ai francesi, imitatori delle regole aristoteliche, il gusto inglese.
Nell’Hamburgische Dramaturgie (1767-1769) Lessing partendo da una difesa della traduzione di
Wieland, mette a confronto il teatro shakespeariano con il teatro classico francese, che non riesce a
suscitare emozioni nello spettatore e, citando l’esempio di Shakespeare, arriva a definire i compiti
dello scrittore drammatico:
Denn der dramatische Dichter ist kein Geschichtschreiber; er erzählt nicht, was man ehedem
geglaubt, daß es geschehen, sondern er läßt es vor unsern Augen nochmals geschehen; und läßt es
nochmals geschehen, nicht der bloßen historischen Wahrheit wegen, sondern in einer ganz andern
und höhern Absicht; die historische Wahrheit ist nicht sein Zweck, sondern nur das Mittel zu
seinem Zwecke; er will uns täuschen, und durch die Täuschung rühren. […] So ein Dichter ist
Shakespeare. (G. E. Lessing, Hamburgische Dramaturgie, pp. 321-322)
Il poeta drammatico non è uno storico, non si limita a raccontare ciò che è accaduto, ma lo fa
riaccadere davanti ai nostri occhi con lo scopo di suscitare commozione. Lessing chiede
compassione e lacrime, uno scopo elevato alla tragedia, come nell’epoca classica.
Nella lettera alla famiglia del 28 luglio 1835 anche Büchner definisce il poeta drammatico in
rapporto allo storico, ma c’è una sfasatura rispetto alla citazione precedente che consiste nell’uso
della negazione. Per Büchner il poeta drammatico non è nient’altro che uno storico, per Lessing non
lo è affatto:
Was übrigens die sogenannte Unsittlichkeit meines Buchs angeht, so habe ich Folgendes zu
antworten: der dramatische Dichter ist in meinen Augen nichts, als ein Geschichtsschreiber, steht
aber über Letzterem dadurch, daß er uns die Geschichte zum zweiten Mal erschafft und uns gleich
unmittelbar, statt eine trockene Erzählung zu geben, in das Leben einer Zeit hinein versetzt, uns
statt Charakteristiken Charaktere, und statt Beschreibungen Gestalten gibt. Seine höchste Aufgabe
ist, der Geschichte, wie sie sich wirklich begeben, so nahe als möglich zu kommen.
[…]Der Dichter ist kein Lehrer der Moral, er erfindet und schafft Gestalten, er macht vergangene
Zeiten wieder aufleben, und die Leute mögen dann daraus lernen, so gut, wie aus dem Studium der
Geschichte und der Beobachtung dessen, was im menschlichen Leben um sie herum vorgeht. (G.
Büchner, Briefe, p. 410)
Anche la definizione del compito subisce una trasformazione rispetto al modello lessinghiano:
cambiano le motivazioni dello scrittore drammatico, la cui finalità non è quella di illudere, ma di
avvicinarsi alla storia quanto più possibile, non quella di commuovere lo spettatore, ma di
insegnargli a guardare nella vita che lo circonda. Büchner va anche oltre a questo e richiede ai suoi
personaggi vita, quella che Goethe aveva già riconosciuto ai personaggi shakespeariani nel breve
discorso celebrativo Zum Shäkesperars Tag del 1771, evocando l’imitazione della natura e non
delle regole, una grandezza colossale in opposizione alla misurata grandezza del classicismo: «Und
ich rufe Natur! Natur! nichts so Natur als Schäkespears Menschen!13». A differenza di Lessing che
vuole rappresentare di nuovo la storia seguendo un intento diverso e superiore, lo scopo di Büchner
è di avvicinarsi alla storia, alla verità, alla natura. E’ per questo motivo che, come scrive nella
13
Johann Wolfgang Goethe, Sämtliche Werke nach Epochen seines Schaffens, Münchner Ausgabe, hrsg. Karl Richter,
20 Bde., München, C. Hanser, 1985, Bd. 1.2, p. 413.
4
medesima lettera, apprezza di più Goethe e Shakespeare, i cui personaggi rappresentano tutte le
sfaccettature della natura umana, la sua molteplicità, piuttosto che Schiller: «Mit einem Wort, ich
halte viel auf Goethe oder Shakespeare, aber sehr wenig auf Schiller». (G. Büchner, Briefe, p. 411)
Nella ricezione dei poeti dello Sturm und Drang Shakespeare impersonava il grande genio della
letteratura, per Goethe era padre e maestro, «unser Vater und Lehrer»,14 si poneva al di sopra delle
regole e, pertanto veniva considerato superiore ai francesi. Nel saggio Der Geist Shakespears
Wieland ne loda la profonda conoscenza dell’uomo in tutte le sue sfumature psicologiche15. Chi
avesse voluto sapere di che cosa si discorreva e che cosa si pensava nella società del tempo avrebbe
dovuto leggere, secondo Goethe, il saggio di Herder su Shakespeare, Von Deutscher Art und Kunst,
e le Anmerkungen übers Theater di Lenz. Herder riesce a comprendere ed interpretare
profondamente l’opera di Shakespeare, mentre Lenz agirebbe con troppo irruenza contro la
tradizione e vorrebbe vedere Shakespeare in tutto ciò che realizza. Nonostante il giudizio non
troppo benevolo sul poeta Lenz, che Goethe esprime nell’opera autobiografica, Dichtung und
Wahrheit16, c’è una concezione della poesia come imitazione della natura che accomuna Lenz con
Shakespeare e che Büchner non solo saprà individuare, ma che cercherà di spiegare nella parte
centrale della novella Lenz, nota come Kunstgespräch: è il concetto di realismo, la capacità di
rispecchiare l’oggetto del mondo reale, di trasformare il pensiero in vita. Questo concetto di
realismo drammatico si sviluppò da Lenz attraverso Büchner e Grabbe fino a Brecht. A differenza
di Büchner, secondo il quale Dio ha creato il mondo come dovrebbe essere e il poeta non può fare
niente di meglio17, Lenz non disconosce al Genio poetico la forza di imitare Dio, l’essere infinito
che agisce liberamente, e di ricreare in piccolo la sua creazione: «ihm nachzuäffen, seine Schöpfung
ins Kleine zu schaffen».18 Nel saggio Über die Veränderung des Theaters in Shakespear Lenz cita
nuovamente il bardo di Stratford on Avon a sostegno della sua presa di posizione contro il teatro
tradizionale. La bellezza di Shakespeare consiste, secondo Lenz, nella sua irregolarità,
Unregelmäßigkeit, nel senso di una presa di distanza dalle regole: provocare interesse è lo scopo
principale che il poeta deve perseguire e, per rendere certi personaggi interessanti, è giustificabile
un cambiamento del tempo e del luogo. La cacciata di Amleto dalla Danimarca in Inghilterra
diventa ad esempio funzionale per portare alla luce le traversie e i casi intricati della vicenda19.
14
Johann Wolfgang Goethe, Dichtung und Wahrheit, Frankfurt am Main, insel taschenbuch, 1982, p. 647.
Cfr. Matthias Luserke, Sturm und Drang, Stuttgart, Reclam, 2010, p. 77.
16
«Herder dringt in das tiefere von Shakespeares Wesen und stellt es herrlich dar; Lenz beträgt sich mehr
bildstürmerisch gegen die Herkömmlichkeit des Theaters und will denn eben all und überall nach Shakespearescher
Weise gehandelt haben.», Johann Wolfgang Goethe, Dichtung und Wahrheit, cit., p. 550.
17
«Wenn man mir übrigens noch sagen wollte, der Dichter müsse die Welt nicht zeigen wie sie ist, sondern wie sie sein
solle, so antworte ich, daß ich es nicht besser machen will, als der liebe Gott, der die Welt gewiß gemacht hat, wie sie
sein soll», così Büchner, nella già menzionata lettera alla famiglia del 28 luglio 1985, in: Büchner Schriften Briefe
Dokumente, hrsg. Henri Poschmann, cit., p. 411.
18
Jakob Michael Reinhold Lenz, Anmerkungen übers Theater, Stuttgart, Reclam 2005, p. 9.
19
Cfr. Ibid., pp. 105-106.
15
5
Anche nel XIX secolo Shakespeare rimane un’autorità, un modello, e viene associato a tutti gli
aspetti della vita culturale ed intellettuale tedesca. Secondo Wolfgang Stellmacher non c’è autore
che abbia rinunciato a esprimersi su di lui o a confrontarsi con la sua opera, arrivando lungo questo
percorso ad una maggiore consapevolezza della propria arte.
Daneben blieb natürlich auch die Stimme der Dichter innerhalb der deutschen ShakespeareRezeption präsent, denn praktisch alle nennenswerten Schriftsteller des 19. Jahrhunderts haben sich
über Shakespeare geäußert, sich mit dessen Werk auseinandergesetzt und dabei künstlerische
Selbstverständigung vorangetrieben.20
Nelle lettere e nella novella Lenz anche Büchner considera Shakespeare un modello, al quale non è
degno di sciogliere i lacci delle scarpe: «[…] und ich, der ich nicht wert bin, ihm die Schuhriemen
zu lösen». (G. Büchner, Briefe, p. 465) Con queste parole esprime, nella lettera alla fidanzata del 27
gennaio 1837, il suo rispetto e la sua ammirazione per il grande drammaturgo e poeta inglese. Non
tutte le valutazioni su Shakespeare sono totalmente positive come quelle date da Büchner. La
reazione a un modello di ricezione che aveva dominato nel tardo romanticismo, porta anche alla
formazione di punti di vista diversi. Di particolare rilievo è, ad esempio, il saggio Über die
Shakespearo-Manie del 1827 di Christian Dietrich Grabbe. Grabbe manifesta la sua intenzione di
esprimersi riguardo ad un fenomeno allora di moda, l’ammirazione per Shakespeare, e a quali
conseguenze essa possa condurre il teatro tedesco. Pur riconoscendo l’originalità dell’autore
inglese, frena l’entusiasmo dei suoi ammiratori, lo considera non un genio irrepetibile, bensì il
massimo esponente del teatro elisabettiano. I poeti tragici, Eschilo e Sofocle, ma anche i francesi
Corneille, Racine e Voltaire sono, secondo Grabbe, più grandi di Shakespeare. Invoca un teatro
tedesco, meno inglese e meno shakespeariano, in cui il popolo tedesco abbia la possibilità di trovare
una tragedia che susciti sensazioni, uno spettacolo nazionale, ma al contempo drammatico e storico,
un palcoscenico su cui scorgere l’ideale21. Anche se la produzione di Grabbe si orienterà poi in
maniera diversa, in questa critica si trovano più richiami alla poetica di Schiller che a quella di
Büchner. Tra gli estimatori di Shakespeare c’è l’amico ed editore, Karl Gutzkow. Nella lettera del
21 febbraio 1835, lettera di risposta ad alcune questioni editoriali riguardanti il dramma Danton’s
Tod sollevate da Gutzkow, Büchner scrive che, a eccezione di Shakespeare tutti i poeti sono come
scolaretti di fronte alla storia e alla natura22, dimostrandosi quindi ancora una volta debitore nei
confronti del grande maestro.
Escludendo richiami, allusioni e citazioni indirette Büchner cita direttamente da Shakespeare
almeno due volte nel dramma Danton’s Tod, dove vengono nominati Porzia e Amleto, e nelle
parole di Jaques, da As you like it, che rappresentano il motto del primo atto della commedia Leonce
20
Wolfgang Stellmacher, Büchner und Shakespeare, in: Ethik und Ästhetik, Werke und Werte der Literatur vom 18. bis
zum 20. Jahrhundert, hrsg. Richard Fisher, Frankfurt a. M., Fischer, 1995, p. 445.
21
Cfr. Ladislao Löb, Christian Dietrich Grabbe, Stuttgart, Weimar, Metzler, 1996, pp. 34-36.
22
«[…] doch tröste ich mich mit dem Gedanken, daß, Shakespeare ausgenommen, alle Dichter vor ihr und der Natur
wie Schulknaben da stehen.» Büchner Schriften Briefe Dokumente, hrsg. Henri Poschmann, cit., p. 393.
6
und Lena. Nella stessa commedia ci sono inoltre altre quattro citazioni marcate con incipit, da
Henry IV, Henry V, e da Hamlet. Come si è visto in precedenza, Büchner esprime le proprie
valutazioni positive su Shakespeare nella novella Lenz e in tre lettere: rispettivamente alla famiglia,
all’editore, e alla fidanzata. Laurence Sterne, nato esattamente un secolo prima di Georg Büchner,
viene citato direttamente una sola volta nella commedia Leonce und Lena, indirettamente altre due
volte nella stessa commedia e una volta nel manoscritto di Woyzeck. Anche Sterne era tra le letture
del programma scolastico nell’ultima classe del Darmstädter Pädagog. Queste considerazioni non
bastano per dare una risposta alla seconda questione posta già nel titolo di questo saggio: perchè
Sterne? Sembrerebbe più efficace notare come nei trattati di estetica il nome di Sterne venga spesso
accostato a quello di Shakespeare, sia pure per sottolineare le divergenze tra i due autori. Nelle sue
Anmerkungen übers Theater Lenz riconosce oltre all’autorità di Aristotele, cui oppone Shakespeare
come fondamento su cui costruire il proprio teatro, un’altra autorità, quella di Sterne, che evoca a
sostegno del suo desiderio di indagare con lo sguardo nella natura più intima dell’esistenza23. Sterne
riesce a mostrare le profondità più nascoste dell’animo umano, per questo motivo Heinrich Heine lo
considera superiore a Jean Paul, ma sullo stesso piano di Shakespeare. Entrambi sono nati dalle
muse sul monte Parnaso:
Nein, Sterne fühlte vielleicht noch tiefer als Jean Paul, denn er ist ein größerer Dichter. Er ist, wie
ich schon erwähnt, ebenbürtig mit William Shakespeare, und auch ihn, den Laurence Sterne, haben
die Musen erzogen auf dem Parnaß.24
Per Jean Paul è il modo di trasformare rapidamente il patetico nel comico, che accomuna
Shakespeare con Sterne, ma che allo stesso tempo li differenzia: patetico e comico si succedono nel
primo, sono simultanei nel secondo. Sterne dimostra più umorismo che arguzia e ironia, mentre
Shakespeare avrebbe più arguzia e umorismo, ma meno ironia nel senso più stretto del termine:
Sterne hat weit mehr Humor als Witz und Ironie; […] Shakespeare Witz und Humor, aber weniger
Ironie im engern Sinne.25
L’umorismo di Sterne consiste nel porre sullo stesso livello le piccole e le grandi cose, le umili e le
maestose, e qui in un certo senso si rispecchia l’idea totalizzante di umorismo di Jean Paul.
Gli attributi del Witz, del motto di spirito, sono invece la genialità, l’inventiva, il potere di conoscere
le cose: «die Kraft zu wissen». (J. Paul, Vorschule der Ästhetik, p. 171)
Jean Paul entra anche nel merito delle differenze stilistiche tra i due autori. Shakespeare dimostra la
sua arguzia con omofonie e giochi di parole, che però mette più sovente sulle labbra del fool o del
servo, come, per esempio, Launcelot, il clown servitore di Shylock in The Merchant of Venice.
23
«Erst aber noch eine Autorität. Der berühmte weltberühmte Herr Sterne […]», J. M. R. Lenz, Anmerkungen übers
Theater, cit., pp. 10-11.
24
Heinrich Heine, Die romantische Schule, Stuttgart, Reclam, 1997, p. 129.
25
Jean Paul, Vorschule der Ästhetik in: Jean Paul, Werke in zwölf Bänden, hrsg. Norbert Miller, Band 9, Hanser Verlag,
München Wien, 1975, p. 145.
7
Nella commedia di Büchner, Leonce und Lena, il principe accusa Valerio, suo servitore e buffone,
di essere soltanto un volgare gioco di parole. E’ evidente il rimando a Lenz, che nelle
Anmerkungen, critica le commedie contemporanee rispetto all’opera di Shakespeare, il solo in grado
di trattare il «Wortspiel» con leggerezza. (J. M. R. Lenz, Anmerkungen übers Theater, p. 27)
Valerio e il principe si avvalgono del gioco di parole per mettere in rilievo non solo la finzione della
loro esistenza, ma anche l’assurdità di alcune situazioni, ad esempio quella del concepimento. Nella
scena 3. del primo atto Valerio gioca con il doppio senso del vocabolo Horn che, da definizione
topografica, diventa allusione al tradimento e alla gravidanza della madre.
Il dialogo dei due clown nella scena 1. dell’atto V di Hamlet è un susseguirsi di situazioni ironiche.
Il becchino loda la prontezza di spirito dell’Altro:
«I like thy wit well in good faith, the gallows does well. But how does it well? It does well to those
that do ill.» (Shakespeare, Amleto, p. 216)
Nel dramma storico Henry V la schermaglia tra Nym e Pistol all’inizio del secondo atto è quasi una
litania di battute triviali che Nym conclude sempre con l’espressione: «That’s the Humour of it»26.
La stessa espressione, «und das ist der Humor davon», viene ripresa direttamente da Büchner nel
primo atto della commedia Leonce und Lena. La citazione marcata da trattini, è inserita in modo
contrastivo rispetto al testo shakespeariano. Qui fa parte di un gioco, degli scherni tra due balordi,
nelle parole del principe Leonce rafforza invece le considerazioni amare sulla noia, in cui si
riflettono il vuoto e l’immobilismo di una società dominata da automatismi:
Was die Leute nicht Alles aus Langeweile treiben! Sie studieren aus Langeweile, sie beten aus
Langeweile, sie verlieben, verheirathen und vermehren sich aus Langeweile und sterben endlich an
der Langeweile und – und das ist der Humor davon – Alles mit den wichtigsten Gesichtern, ohne zu
merken warum»27 (Georg Büchner, Leonce und Lena, p. 96).
Jean Paul fa un elenco degli elementi che caratterizzano lo stile comico di Sterne: ad ogni azione,
anche intima, viene preposta, o posposta, la descrizione dei movimenti del corpo che
l’accompagnano. Prosegue indicando l’uso di monosillabi e di assonanze, come nel capitolo VIII
del settimo volume di The life and opinions of Tristram Shandy,Gentleman, quando Tristram
raffigura gli inconvenienti delle carrozze di posta francesi: a tag, a rag, a jag, a strap, e l’uso di
parafrasi. Jean Paul definisce Paraphrase una lunga elencazione di vocaboli con ellissi del verbo o
del soggetto28. Questa forma di ripetizione ricorre assai frequentemente nel romanzo, per esempio
nel capitolo XIX del sesto volume:
There was,
The open shoe.
26
William Shakespeare, Henry V, in: Teatro completo di William Shakespeare, I drammi storici, Volume VII, Milano, I
Meridiani, 1979, p. 858, 860, 862.
27
Georg Büchner, Leonce und Lena, in: Büchner Dichtungen, ed. Henri Poschmann, Band 13, Frankfurt am Main,
Deutscher Klassiker Verlag, 1999, p. 9.
28
Cfr. Jean Paul, Vorschule der Ästhetik, cit., pp. 141-142.
8
The close shoe.
The slip shoe.
The wooden shoe [...]29
Friedrich Schlegel rileva, invece, l’eccentricità di Sterne e definisce il suo stile arabesque, un gioco
del superfluo e dell’accessorio fine a se stesso, che contrappone al Witz di un Cervantes, di un
Ariosto e di uno Shakespeare30. Tale riconosciuta eccentricità ostacolò inizialmente la traduzione di
The Life and opinions of Tristram Shandy, Gentleman. Anche la presenza di uno humor tipicamente
inglese, eccessivo per la Laune tedesca avrebbe fatto pensare a una scarsa diffusione del romanzo in
Germania. Jean Paul distingue tra inglesi e tedeschi: i primi hanno un senso per il comico, i secondi
non sono in grado di tollerare il pubblico scherzo «Der Deutsche denkt unsäglich diskret». (J. Paul,
Vorschule der Ästhetik, p.119) Friedrich von Blackenburg nel suo saggio sul romanzo osserva che
mentre in Inghilterra c’erano più romanzi di genere comico in Germania, ancora legata alla
concezione aristotelica della commedia come genere basso del modo di rappresentazione
drammatica, difficilmente si sarebbe potuto trovare un romanzo con un personaggio umoristico
come eroe. Per questi motivi fu tradotto prima A Sentimental Journey through France and Italy, la
seconda opera di Sterne, che, dal punto di vista del pubblico tedesco, si presentava più accessibile
rispetto al precedente romanzo, apparentemente caotico ed eccessivamente originale.
I primi sei libri del Tristram Shandy furono tradotti nel 1763 da Johann Friedrich Zuckert. È però
con la traduzione di Johann Joachim Christoph Bode del 1774 che Tristram Shandy divenne anche
in Germania un classico della letteratura. La traduzione uscì con una lista di sottoscrizioni dei nomi
più illustri dell’epoca, da Goethe, Hamann, Herder a Wieland, Klopstock e Lessing. Lessing ne
scrive anche la prefazione, in cui dichiara, che avrebbe dato cinque anni della propria vita, se Sterne
avesse continuato a scrivere per altri cinque anni31. La moda di Shandy si diffuse poi rapidamente
nella cultura tedesca raggiungendo anche eccessi di sentimentalismo. Herder chiamava il suo
maestro Hamann con il nome di Tobia Shandy, mentre Hamann chiamava Herder Yorick. Tali
eccessi venivano condivisi dagli amici del circolo di Darmstat, il Darmstädter Kreis, di cui faceva
parte, oltre a Goethe ed Herder, la dama di corte Louise Henriette Friederike von Ziegler. Louise,
chiamata Lila, era solita farsi vedere a passeggio con un agnello cui aveva legato un nastro rosa,
chiara allusione alla povera Maria di Sterne32. L’episodio di Maria viene raccontato da Tristram
Shandy nell’invocazione del IX libro. E’ la storia tenera e lacrimosa di una giovane impazzita per
amore, che Tristram incontra nel suo viaggio in carrozza verso Moulins. Tristram viene attratto dal
29
Laurence Sterne, The life and opinions of Tristram Shandy,Gentleman, London, Penguin Classic, 1997, p. 365.
Cfr. Alain, Montandon, Le reception de Laurence Sterne en Allemagne, Nouvelle Série, Fascicule 22, Association de
Publications de la Facultè des Lettres et Sciences Humaines de l’Université de Clermont-Ferrand (France), 1985, pp.
304- 305.
31
Cfr. Alan B. Howes, Laurence Sterne, The critical heritage, Londra – NewYork, Routledge, 1995, p. 22.
32
Cfr. Peter Michelsen, Laurence Sterne und der deutsche Roman des 18. Jahrhunderts, Göttingen, Vandenhoeck &
Ruprecht, 1962, p. 71.
30
9
suono malinconico della sua zampogna e si avvicina a lei. Il suo sguardo pensieroso si posa ora su
di lui ora sul capretto che le sta accanto. Senza nessun tipo di preavviso Tristram le chiede che
somiglianza trovi tra lui e il capretto. Con la tecnica tipica dell’umorismo sterniano la battuta di
spirito irrompe sulla scena tragica per metterne in discussione il sentimentalismo. Tristram stesso
scriverà di seguito che non avrebbe più osato una simile arguzia alla presenza dell’infelicità:
and that I would not have let fallen an unseasonable pleasantry in the venerable presence of Misery,
to be entitled to all the wit that ever Rabelais scatter'd – and yet I own my heart smote me and that I
so smarted at the very idea of it, that I swore I would set up for Wisdom and utter grave sentences
the rest of my days. (L. Sterne, The life and opinions of Tristram Shandy, p.530)
Goethe coglie nello stile di Sterne questa capacità di passare repentinamente da serietà a leggerezza,
da coinvolgimento a indifferenza, da infelicità a contentezza e la definisce «Shandeism», cioè
l’impossibilità di pensare a un soggetto serio per due minuti33. E’ già evidente nel I capitolo del
primo libro, quando viene descritta la scena del concepimento di Tristram. L’intempestiva e inattesa
domanda che la madre rivolge al padre conferisce all’evento, apparentemente tragico per le
disavventure che poi si susseguiranno nella vita di Tristram, una svolta comica:
Pray, my dear, quoth my mother, have you not forgot to wind up the clock? ---- Good G --! cried
my father, making an exclamation, but taking care to moderate his voice at the same time, ---- Did
ever woman, since the creation of the world, interrupt a man with such a silly question? (L. Sterne,
The life and opinions of Tristram Shandy, p. 6)
Jean Paul riferisce l’attributo tragi-komisch (J. Paul, Vorschule der Ästhetik, p.105) sia a Shakespeare
sia a Sterne. Anche lo stile drammatico di Büchner è caratterizzato dall’alternarsi di eventi tragici e
improvvisazioni comiche, quasi casuali, come testimoniano le parole dell’amico Wilhelm Schulz,
che vede in lui la forza creatrice di uno Shakespeare:
Keiner wußte es besser, als Büchner selbst, daß er kein Shakespeare war. Aber wenn irgend Einer,
so hatte er das Zeug dazu es zu werden. […] Und aus tausenderlei Zeichen, aus seiner Gabe, bald
tragisch erschütternde Auftritte, bald die seltsamsten und lustigsten Verwicklungen nur so als
beiläufige Zugabe zur Unterhaltung zu improvisiren, leuchtete deutlich genug hervor, daß er mit
voller dramatischer Schöpfungskraft ausgerüstet war34.
Valerio, il fool, nella commedia Leonce und Lena, giustifica queste improvvisazioni comiche
definendo il Witz come una via d’uscita da situazioni in cui non si sa più cosa dire35.
Nella sua ricezione di Sterne Goethe critica la mancanza di forma del romanzo imputando allo
scrittore irlandese la colpa di far credere ai tedeschi che l’umorismo risieda nella Formlosigkeit.
Riconosce l’influsso che Sterne esercitò sul suo periodo giovanile: fu il primo a liberare se stesso e
noi, scrive Goethe, dalla pedanteria e dal filisteismo36. Le testimonianze di Goethe, Herder e Lenz
33
Cfr. Alan B. Howes, Laurence Sterne, The critical heritage, cit., p. 433.
Walter Grab, Georg Büchner und die Revolution von 1848. Der Büchner-Essay von Wilhelm Schulz, cit., p. 65.
35
« […] und ein Auskommen hat man jeden Augenblick mit seinem Witz, wenn man nichts mehr zu sagen weiß»,
Georg Büchner, Leonce und Lena, cit., p. 107.
36
Cfr. Alan B. Howes, Laurence Sterne, The critical heritage, cit., pp.434-435.
34
10
indicano l’importanza di Sterne per lo sviluppo dello Sturm und Drang. Secondo Herder nessuno
seppe rappresentare le umane debolezze come Sterne. Nemmeno Herder fu, però, in grado di
cogliere le invenzioni stilistiche e i tecnicismi che fanno dell’opera sterniana, una parodia del
romanzo tradizionale37. Gli anni dal 1770 al 1820 sono gli anni di pieno sviluppo del genio
letterario tedesco. Sterne con la sua opera non suggerisce solo temi, personaggi e situazioni, ma
anche un delicato equilibrio tra sentimento e umorismo, tra cuore e ragione al centro del dibattito
dell’epoca. Nella Romantische Schule di Heine l’equilibrio sterniano tra sentimento e umorismo
diventa il contrasto tra cuore e labbra. Heine, dando seguito alla storia mitologica del poeta nato
dalle muse, trova una giustificazione per questo contrasto, e ne fa una descrizione divertente, ricca
di vivaci particolari, quasi un’ipotiposi. La dea della tragedia, in un eccesso di affettuosità, avrebbe
baciato il cuore del bambino così violentemente da farlo sanguinare, e da quel momento egli riuscì a
comprendere tutte le sofferenze della terra. Ma la figlia più giovane di Mnemosyne, la dea dello
scherzo, cercò di rasserenarlo con risate e canti. Per questo motivo, ogni qualvolta Sterne intendeva
esprimere le commozioni più intime e profonde del cuore, uscivano dalle sue labbra parole
piacevoli e divertenti38. Emblema di questa combinazione tra sentimento e comicità è il parroco
Yorick, che muore pronunciando una battuta comica, sorriso e pianto si incontrano sulle sue labbra.
Sterne non era conosciuto solo in ambito letterario, ma anche in ambito medico scientifico. Il
romanzo di Sterne propone, infatti, una parodia del sapere enciclopedico dell’illuminismo che tende
a definire e differenziare, ma in questa riflessione critica riesce a dare un quadro delle conoscenze
scientifiche e medico-anatomiche del proprio tempo. Degne di nota sono, ad esempio, le tesi sul
parto di Walter Shandy. Il medico Johann Christian Reil nel suo Rhapsodien über die Anwendung
der psychischen Curmethode auf Geisteszerrüttungen menziona Sterne insieme a Newton e
Leibnitz, ai quali si riconosce una parte di irrazionalità. Il mondo è un bedlam abitato da esseri
irrazionali, «eine Horde vernunftloser Wesen», che stanno al fianco di personaggi geniali, come
possono essere Newton, Leibnitz o Sterne39 .
Dopo aver definito l’importanza di Shakespeare e Sterne negli studi di Georg Büchner e nel sistema
letterario tedesco tra il XVIII e il XIX secolo, è necessario verificare la presenza dei due autori nei
testi e valutare le acquisizioni di nuovo senso che sono derivate dalle relazioni intertestuali,
partendo, però, da alcune considerazioni preliminari.
-
Nelle opere di Büchner non è sempre chiara la distinzione tra citazioni dirette, allusioni o
richiami e citazioni indirette: «It is of course impossible to separate in a quasi chemical way
37
Bernhard Fabian, Tristram Shandy and Parson Yorick among some German Greats in: The Winged Skull, Papers
from the Laurence Sterne Bicentenary Conference, The Kent State University Press, 1971, p. 196.
38
Cfr. Heinrich Heine, Die romantische Schule, cit., pp. 129-130.
39
Cfr. Johann Christian Reil, Rhapsodien über die Anwendung der psychischen Curmethode auf Geisteszerrüttungen,
Halle, Curtsche Buchhandlung, 1895, p. 8. La scelta di citare questo testo viene dettata dal fatto che si tratta di un testo
conosciuto da Büchner e che si inserisce nel dibattito psicologico nella metà del 1800.
11
the ‘direct’ from the ‘indirect’ Shakespearian elements in Büchner’s plays»40. La
considerazione di Majut, qui limitata ai soli elementi shakespeariani, può essere estesa a tutti
i modi di citare da parte dell’autore.
-
Le citazioni sono sempre tradotte nella lingua di arrivo, così da rappresentare un tutt’uno
con il nuovo testo in cui sono inserite.
-
Le citazioni marcate indicano una maggiore intenzione all’intertestualità da parte
dell’autore, non modificano l’ipotesto, hanno valore performativo, in quanto fungono da
agente interpretante, o da argumentum ab auctoritate.
-
Citazioni indirette e allusioni hanno un maggiore grado d’inclusione nel testo, sono più
diffuse e subiscono spesso una trasformazione tematica: forniscono il frame ad un contenuto
diverso dall’ipotesto oppure, al contrario, uno stesso contenuto viene inserito in una diversa
cornice.
-
Saranno oggetto di un’analisi più approfondita quegli inserimenti nel testo che
contribuiscono a chiarificare ed esemplificare la concezione di teatro e gli aspetti di
teatralità.
La tecnica stessa della citazione può essere considerata come un procedimento teatrale: nelle parole
citate Büchner riesce a far vivere le proprie parole. Da una realtà artificiosa, perché riprodotta,
traspare una realtà viva, spesso più tragica della precedente. Il teatro per Georg Büchner non è
soltanto una scelta letteraria, ma un modo di porsi di fronte alla vita e di interpretarla.
Nel secondo atto del dramma Danton’s Tod, riferendosi alla situazione della Francia rivoluzionaria,
Danton dice agli amici, che tentano di convincerlo alla fuga: «wir stehen immer auf dem Theater,
wenn wir auch im Ernst erstochen werden». (G. Büchner, Danton’s Tod, p. 40) Ciò che sembra un
gioco teatrale si rivela qui in tutta la sua tragica serietà, il mistero della vita è ancora più doloroso e
più grande di quello della rivoluzione. Il rapporto tra mondo e teatro, tra realtà e apparenza è un
tema centrale anche per Shakespeare:
This wide and universal theatre
Presents more woeful pageants than the scene
Wherein we play in.41
E’ il duca spodestato nella commedia romantica As you like it a pronunciare queste parole. Jaques,
nobile al suo seguito, continua dicendo che il mondo è tutto un palcoscenico, dove tutti sono attori e
descrive le sette età che l’uomo interpreta nel corso della sua vita. Il rapporto tra mondo e teatro
diventa quindi un rapporto di similitudine. Il teatro è la metafora del mondo, il cui scopo è, come
sostiene Amleto, porgere uno specchio alla natura che mostri alla virtù il suo volto, al vizio la sua
immagine, all’epoca stessa, alla sostanza del tempo la loro forma:
40
Rudolf Majut, Some Literary Affiliations of Georg Büchner with England, cit., p. 32.
William Shakespeare, As you like it, in: William Shakespare, Le commedie romantiche, Milano, I Meridiani,
Mondadori, 1982, p. 521.
41
12
For anything so o’erdone is from purpose of playing, whose end, both at the first and now, was and
is to hold as ‘twere the mirror up to nature; to show virtue her feature, scorn her own image, and the
very age and body of the time his form and pressure. (Shakespeare, Amleto, pp. 120-122)
Büchner non si limita a rappresentare le cose così come sono attraverso uno specchio, vuole anche
indagarne le cause. Per usare un’efficace metafora dell’amico Wilhelm Schulz non gli basta
mostrare le radici del male, ma vuole riconoscere anche il verme che le rode42, senza riuscire a
trovare la soluzione per estirparlo. E’ per questo motivo che riusciamo a identificarci con un
personaggio come Amleto, ma non con un Danton, un Woyzeck o un Leonce. Anche se il suo agire
diventerà causa della sua stessa tragedia Amleto riesce a compiere la sua vendetta. Danton, l’eroe
popolare, non riesce a farsi comprendere dal suo popolo, che continua a rimanere sottomesso, anche
dopo il suo sacrificio. Il principe Leonce denuncia l’inutilità, il meccanismo inceppato di una certa
aristocrazia, ma in alternativa non riesce a creare nient’altro che un’utopica arcadia e rimane
invischiato nello stesso cattivo teatro della politica. Nel dramma Woyzeck, possiamo provare
compassione per il protagonista, ma siamo più inclini a riconoscerci nei carnefici, rappresentanti di
una certa borghesia, piuttosto che nella vittima. Diversa è la concezione di teatralità di Laurence
Sterne, anche se presenta le caratteristiche di una riflessione sul medium, che ci riporterà a
Shakespeare e Büchner. Sterne, non solo definisce il suo romanzo un’opera drammatica, ma indica
come scopo della rappresentazione rendere giustizia ai personaggi portati sulla scena, che non sono
responsabili delle loro azioni, perché esse vengono distorte dalla fatalità:
Let that be as it may, as my purpouse is to do exact justice to every creature brought upon the stage
of this dramatic work. (L. Sterne, The life and opinions of Tristram Shandy, p. 17)
But there is a fatality attends the actions of some men: Order them as they will, they pass thro’ a
certain medium which so twists and refracts them from their true directions (L. Sterne, The life and
opinions of Tristram Shandy, pp. 20-21)43
C’è in Sterne una sorta di bonaria rassegnazione nella rappresentazione degli accadimenti della vita,
che nel XXXIX capitolo dell’ottavo libro vengono considerati come «this whimsical theater of
ours». Più volte nel corso del romanzo sono utilizzati elementi propri della teatralità, espressioni
tipiche di un palcoscenico come, ad esempio, calare il sipario: «You dropp’d a curtain at the stairs
foot». (L. Sterne, The life and opinions of Tristram Shandy, p. 235) Lo stesso stile narrativo, quello
della conversazione, ha lo scopo far entrare il lettore reale/ empirico nell’opera realizzando una
mimesi quasi teatrale:
Writing, when properly managed, (as you may be sure I think mine is) is but a different name for
conversation […] The truest respect which you can pay to the readers understanding, is to halve this
matter amicably, and leave him something to image, in his turn, as well as yourself. (L. Sterne, The
life and opinions of Tristram Shandy, p. 88)
42
Cfr. Walter Grab, Georg Büchner und die Revolution von 1848. Der Büchner-Essay von Wilhelm Schulz, cit., p. 72.
Le citazioni sono tratte dal capitolo X del primo libro del Tristram, dove numerosi sono i richiami a Shakespeare, in
particolare ad Amleto, atto V.2: «There is a divinity that shapes our ends […]».
43
13
Lettore e narratore non sono nel rapporto di pubblico e autore, ma nel ruolo d’interlocutori. Come
nella rappresentazione drammatica, che esclude l’autore, anche nel romanzo l’autore empirico
lascia spazio ad un autore-narratore che dichiara di volere scrivere la storia della sua vita, come
Orazio ab ovo. Per evitare che il narratore possa essere identificato con l’autore empirico, Shandy fa
nascere Tristram cinque anni dopo la propria data di nascita. Il lettore viene incorporato nell’opera
come personaggio, apostrofa l’autore-narratore o viene da lui apostrofato con il discorso diretto. Per
usare la terminologia di Eco la differenza tra il lettore modello e il lettore empirico si assottiglia
nella figura di un lettore virtuale, un narratario extradiegetico oppure un fiktiver Leser, come viene
definito da Michelsen44, che interagisce con l’autore, sembra essere da lui conosciuto, viene
chiamato signore o signora. La citazione, che segue, è solo uno dei tanti esempi d’interlocutore
virtuale nel romanzo:
- But pray, Sir, What was your father doing all December, - January, and February? – Why,
Madam, - he was all the time afflicted with a Sciatica. (L. Sterne, The life and opinions of Tristram
Shandy, p. 9)
Anche l’uso dei trattini concorre a evidenziare la teatralità del romanzo:
Shut the door
Questo esempio, inserito quasi a fine pagina del capitolo IV nel primo libro, sembra un’indicazione
di regia: è come se l’autore si alzasse, andasse a chiudere la porta e ritornasse. Oppure, con
riferimento alla citazione precedente dalla pagina 9 del romanzo, i trattini possono essere
interpretati come segni di un discorso. Gli aspetti tipografici del Tristram Shandy evidenziano il
passaggio tra oralità, l’arte della conversazione, e scrittura.
Nelle opere di Georg Büchner l’uso di trattini, la mancanza di segni d’interpunzione prima di un
discorso diretto, l’irregolarità nell’uso della punteggiatura rispetto alle regole ortografiche del
periodo richiamano la sua preferenza per la scrittura teatrale anche nella prosa: «-- So lebte er hin.»
Sterne definirebbe probabilmente la conclusione della novella Lenz come un esempio di «one of the
neatest examples of that ornamental figure in oratory, which Rhetoricians stile Aposiopesis» (L.
Sterne, The life and opinions of Tristram Shandy, p. 81), un'interruzione improvvisa, o una
sospensione del discorso, per dare l'impressione di non poter o non voler proseguire, ma lasciando
intuire al lettore la conclusione e creando una maggiore connotazione emotiva. L’uso di una
determinata veste tipografica, non solo dei trattini, ma anche degli asterischi, che Sterne chiama
stelle, delle pagine marmorizzate, delle pagine bianche o completamente nere, fanno parte di una
strategia narrativa, allo stesso modo delle prolessi ed analessi, delle numerose digressioni o delle
esortazioni per il lettore a riempire gli spazi vuoti con la propria immaginazione. Il corso delle idee
della narrazione viene così interrotto, non casualmente o per una mancanza di forma, come nella
44
Peter Michelsen, Laurence Sterne und der deutsche Roman des 18. Jahrhunderts, cit., p. 16.
14
critica di Goethe, quanto piuttosto per una riflessione sul medium, che non solo mette in luce i limiti
della scrittura, «die Grenze des Mediums Schrift»45, ma si interroga anche sulle possibilità di
riprodurre fedelmente la realtà, sia quella esteriore, sia quella interiore dell’animo umano. Di qui
l’importanza della gestualità per riprodurre l’intimità del personaggio, che però, non viene a
sostegno della comunicazione verbale, bensì ne sottolinea l’inadeguatezza. Lo zio Toby esprime i
propri sentimenti con semplici gesti di affetto, non con parole, come quando, nel capitolo XXIX del
terzo volume, di fronte al dolore del fratello per il naso schiacciato di Tristram, sposta un po’ avanti
la tenda, tira fuori un fazzoletto di cambrì, emette un profondo sospiro, ma la sua bocca rimane
chiusa.
Ai trattini Büchner si riferisce direttamente nella commedia Leonce und Lena attraverso le parole di
Valerio: «Und Sie Prinz, sind ein Buch ohne Buchstaben, mit nichts als Gedankenstrichen»46. (G.
Büchner, Leonce und Lena, p. 107) Valerio e il principe si rendono conto di non essere nient’altro
che una finzione teatrale, non molto diversi dagli automi che finiranno per interpretare. Anche qui si
tratta di una riflessione sul medium, il gioco del teatro nel teatro, che trova conferma alla fine della
commedia quando il principe Leonce invita i presenti ad andarsene a casa, perchè il gioco
ricomincia domani in tutta calma e tranquillità. «Wollen wir ein Theater bauen?» (G. Büchner,
Leonce und Lena, p. 128), chiede Leonce. La principessa Lena si appoggia a lui e scuote il capo,
significando che con la fine della rappresentazione è finito tutto. E’ la stessa testimonianza fornita
da Danton: quando si strappano le maschere se ne vanno anche le facce47. Per Büchner il rapporto
tra io e maschera è annientante; la maschera diventa, così, emblema di un nichilismo perfetto,
perché dietro ad essa non c’è nulla, c’è solamente un io che, al di fuori della rappresentazione, non
ha più ragione di essere. L’immagine allegorica usata da Leonce è una sala vuota, alla fine del ballo,
quando i ballerini si tolgono la maschera e si guardano con occhi spenti: «[…] die letzten Tänzer
haben die Masken abgenommen und sehen mit todmüden Augen einander an.» (G. Büchner, Leonce
und Lena, p. 103) Per Amleto il tema della maschera s’inserisce tra gioco teatrale e realtà, the play
within the play. Ci sono cose che sono solo apparenza, che un uomo può fingere, e altre cose dentro
di sé che non può mostrare48; la capacità dell’attore di forzare l’animo a questa finzione viene
definita da Amleto mostruosa:
Is it not monstrous that this player here,
But in a fiction, in a dream of passion,
45
Felix Sprang, Tristram Shandy und die Anthropologia nova – Systematik in Literatur und Medizin, in: Medizinische
Schreibweisen: Ausdifferenzierung und Transfer zwischen Medizin und Literatur (1600-1900), hrsg. Pethes, Nicholas e
Sandra Richter, Tübingen, Niemeyer, 2008, p. 186.
46
Di seguito si indica la traduzione di G. Dolfini: «VALERIO. E lei Principe non è altro che un libro vuoto, senza
lettere, con le pagine stampate a trattini.», in: Georg Büchner,Teatro, a cura di Giorgio Dolfini, Milano, Adelphi 1966 e
1978, p. 103.
47
«Lacroix: […] man müsse die Masken abreißen. Danton: Dann werden die Gesichter mitgehen.» Georg Büchner,
Danton’s Tod, cit., p. 30.
48
«For they are actions that a man might play; But I have that within which passes show», William Shakespeare,
Amleto, cit., p. 22.
15
Could force his soul so to his own conceit
That from her working all his visage wann'd,
Tears in his eyes, distraction in's aspect,
A broken voice, and his whole function suiting
With forms to his conceit? (Shakespeare, Amleto, p. 102)
Il teatro shakespeariano è un teatro che problematizza se stesso. Le scene di riflessione sul teatro
interrompono il processo di mimesi per far irrompere il mondo esterno, hanno un effetto framebreaking che ci permette di distinguere per un attimo la rappresentazione dalla realtà. E’ la propria
idea del mondo, alla quale l’attore tenta di dare una forma; parallelamente l’ambiguità tra interiorità
ed esteriorità, tra animo e mondo, domina nel romanzo di Sterne, e riguarda naturalmente anche
l’identità personale. Tristram è in imbarazzo quando deve definirsi rispetto all’altro:
— My good friend, quoth I — as sure as I am I—and you are you—
—And who are you? said he. —Don’t puzzle me; said I. (L. Sterne, The life and opinions of
Tristram Shandy, p. 434)
Shakespeare, nel dramma storico Richard II, usa un gioco di parole per dimostrare quest’ambiguità.
Esortato da Bolingbroke a cedere la corona Riccardo risponde:
Ay, no. No, ay; for I must nothing be.
Therefore no no, for I resign to thee.49
In questi due versi l’autore gioca con l’omofonia, dato che ay significa sì, ma è omofono di I, io.
Non si tratta quindi di mettere in discussione solo un sì o un no, ma anche il valore stesso della
persona, dell’io. Consegnando se stesso è come se Riccardo non rassegnasse la corona, poiché il suo
io non vale più nulla. Mettere in relazione l’affermazione e la negazione con il valore dell’io
fornisce uno spunto significativo per l’interpretazione del trattino che Woyzeck pone tra il sì e il no,
in cui si riflette tutta la contradditorietà dell’esistenza umana50, il conflitto tra io e non io, tra io e
mondo, tra bene e male:
Sehn Sie so ein schön festen grauen Himmel, man könnte Lust bekomm, ein Kloben
hineinzuschlage und sich daran zu hänge, nur wege des Gedankenstrichels zwischen Ja und nein ja–
und nein, Herr Hauptmann ja und nein? Ist das nein am ja oder das ja am nein Schuld? Ich will
drüber nachdenken.51
Il cielo è di un grigio impenetrabile, non c’è alcuno squarcio di blu, quasi a presagire una colpa,
l’impossibilità di riconciliare ja e nein. Il termine Schuld oltre al significato di colpa ha in sè anche
quello di debito, pertanto sì e no sono in rapporto di dipendenza, ma rimangono divisi da quel
trattino. Woyzeck non riesce a penetrare il mistero dell’esistenza umana, l’uomo rimane per lui un
49
William Shakespeare, Richard II, IV.1, Harmondsworth, Penguin Books, 1981, p. 131.
Si veda anche l’interpretazione di Hinderer, in: Walter Hinderer, Büchner-Kommentar zum dichterischen Werk,
München,Winkler Verlag, 1977, p. 253.
51
Georg Büchner, Woyzeck, in: Büchner Dichtungen, ed. Henri Poschmann, Band 13, cit., p. 161. Di seguito si indica la
traduzione di G. Dolfini: «Vede, un cielo così bello, fisso, grigio; verrebbe voglia di piantarci un chiodo e di
impiccarcisi, solo per quella lineetta fra sì e ancora sì, e no. Signor capitano sì o no? Il no c’è perché c’è il sì, o il sì
perché c’è il no? Ci devo pensar su», in: Georg Büchner,Teatro, a cura di Giorgio Dolfini, cit., p. 146.
50
16
abisso, non riesce a gettare quel ponte tra due mondi, tra ragione e natura, che nemmeno la filosofia
e la scienza sono riuscite a legare52. A interpretare nel modo migliore questa condizione umana è la
figura del Narr, o del fool, che però non viene compreso e pertanto rischia di essere ritenuto pazzo.
Jaques, personaggio già menzionato della commedia As you like it, vorrebbe essere un mattobuffone e indossarne la livrea:
O that I were a fool!
I am ambitious for a motley coat. (Shakespeare, As you like it, p. 515)
Continua fornendo una descrizione dei motivi che lo portano a desiderare di essere un matto: poter
aver libertà di soffiare come il vento su chiunque, poter parlare di cuore e ripulire questo mondo
infetto, «the foul body of the infected world». I due versi citati, ma nella traduzione tedesca, «O
wäre ich doch ein Narr!/ Mein Ehrgeiz geht auf eine bunte Jacke», costituiscono il motto che apre il
primo atto della commedia Leonce und Lena, quasi come a voler suggerire un’interpretazione. La
citazione è marcata graficamente, anche se manca il nome di Shakespeare. La struttura del primo
atto è simile nelle due commedie. Leonce und Lena si apre con Leonce che sta oziando e il suo
precettore, nella commedia shakespeariana corrispondono Orlando e Adam, il servitore. L’atto si
chiude con l’entrata in scena di Lena e della governante, di cui Rosalind e Clelia sono le figure
parallele. Se si considera la sola azione principale escludendo la ricchezza d’intrecci secondari
presenti in As you like it anche la struttura concisa del contenuto rivela analogie tra le due
commedie, che rispecchiano uno schema tradizionale: fuga da palazzo, ricerca di un luogo ameno
dove trovare rifugio, travestimento, agnizione finale e happy end con matrimonio. Per Shakespeare
si tratta, però, di una riconciliazione tra due mondi, quello arcadico della foresta di Arden e quello
di corte che per Büchner non sarebbe invece possibile. L’arcadia sognata da Leonce e Valerio
rimane un’allegorica utopia. Non a caso il personaggio di Jaques, citato nel motto, è proprio colui,
che si sottrae ai festeggiamenti e non vuole partecipare alle danze. Jaques è un personaggio
malinconico, che viene deriso per il suo pessimismo, si trova quindi a metà strada tra l’infelice
principe e il servo buffone, Valerio, che riesce a vedere la loro condizione in modo critico e
smaliziato.
Nel saggio Tracce di Shakespeare nel Dantons Tod l’autrice individua il collegamento tra il fool
shakespeariano di King Lear e il Narr di Büchner: entrambi sono fonte di verità, per quanto sgradita
essa possa essere53. La figura del Narr in Woyzeck ha una più forte connotazione sociale,
52
«Die Frage nach einem solchen Gesetze führte von selbst zu den zwei Quellen der Erkenntnis, aus denen der
Enthusiasmus des absoluten Wissens sich von je berauscht hat, der Anschauung des Mystikers und dem Dogmatismus
der Vernunftphilosophen. Daß es bis jetzt gelungen sei, zwischen letzterem und dem Naturleben, das wir unmittelbar
wahrnehmen, eine Brücke zu schlagen, muß die Kritik verneinen.» Georg Büchner, Über Schädelnerven, in: Büchner
Schriften Briefe Dokumente, ed. Henri Poschmann, Band 13, cit., p. 159.
53
Riguardo al tema dell’individuo irresponsabile come fonte di verità l’autrice cita Lacroix in Danton’s Tod: «Narren,
Kinder und — nun?— Betrunkne sagen die Wahrheit» (I. 4). Cfr. Inge Lise Rasmussen Pin, Tracce dei drammi di
William Shakespeare nel Dantons Tod, in: «Studi germanici»: rivista bimestrale - N.S. 17/18 (1979-80), Roma, Ateneo,
p. 189.
17
rappresenta la vita della gente povera e semplice, e poiché si esprime citando favole o Volkslieder,
rispecchia anche una certa saggezza popolare.
Il gioco meta-teatrale, che diventa quasi una proiezione della mente, nel senso che niente di ciò che
accade sulla scena sembra più reale, fa da sfondo a tutta la commedia Leonce und Lena. Valerio
nella scena iniziale immagina di essere Alessandro il Grande e fa sfilare davanti a sé un esercito
d’insetti, i cui nomi evocano gli elfi di Titania nella commedia Midsummer Night’s Dream, le stesse
nozze vengono celebrate in effigie, e anche Leonce come Amleto riflette sulle sue capacità di attore.
Nella scena 2. del primo atto Leonce incontra davanti ad una locanda Lena, anch’essa in fuga, e
dopo averle parlato, ancora trasognato, si rivolge a Valerio:
O lieber Valerio! Könnte ich nicht auch sagen: «sollte nicht dies und ein Wald von Federbüschen
nebst ein paar gepufften Rosen auf meinen Schuhen-?»54
La citazione riporta fedelmente nella traduzione tedesca le parole di Amleto nella scena 2. del terzo
atto, che così si esprime dopo la recita degli attori:
Would not this, sir, and a forest of feathers, if the rest
of my fortune turn Turk with me, with Provincial
roses on my razed shoes, get me a fellowship in a cry
of players (Shakespeare, Amleto, p. 138)
Il riferimento intertestuale non solo è voluto e marcato da incipit, ma fornisce anche un codice
interpretativo, ampliando il significato del testo d’arrivo. Amleto si compiace di aver escogitato uno
stratagemma vincente per mettere il re di fronte alla sua colpa, il successo di questo piano sarebbe
sufficiente per ottenere una parte in una compagnia di attori. Senza la conoscenza del pretesto il
lettore non potrebbe capire che Leonce sta speculando su come, egli abbia interpretato la scena con
Lena. Fa la parodia di se stesso e ironizza sul suo ruolo di attore. Nella scena 1. del terzo atto
Büchner cita nuovamente Shakespeare in totale concordanza con l’ipotesto. Anche questa citazione
è marcata. Valerio chiede al principe la nomina a ministro in cambio del buon esito del matrimonio
con Lena, e rinnega il vecchio Valerio, come il nuovo re Enrico IV nega di conoscere Falstaff,
dissoluto compagno di bagordi del figlio:
Valerio: -«Was will der Kerl? Ich kenne ihn nicht! Fort Schlingel» (G.Büchner, Leonce und Lena,
p.120)
King: I know you not, old man. Fall to thy prayers. (Shakespeare, Henry IV, p. 786)
Shakespeare anticipa un cambiamento nel regno di Enrico IV, un ravvedimento del figlio. Anche
Valerio vuole dismettere i panni del buffone per diventare ministro, ma il cambiamento non
avviene, perché egli sarebbe ministro di un regno che non esiste. Rimane comunque significativo
54
Georg Büchner, Leonce und Lena, cit., p. 116. Di seguito si indica la traduzione di G. Dolfini: «O caro Valerio, non
potrei dir dunque: ‘e tutto questo e una selva di piume e qualche gonfia rosa sulle mie scarpe non dovrebbe…?’», in:
Georg Büchner,Teatro, a cura di Giorgio Dolfini, cit., p. 112.
18
che Valerio abbia identificato il suo vecchio sé con Falstaff, riconoscendosi il ruolo di fool
all’interno della commedia.
I repentini cambi di scena, soprattutto tra interni ed esterni, il rapido succedersi dei dialoghi, quasi
dei flash, segnalano che lo scopo del teatro di Büchner, come del teatro shakespeariano e della
tecnica narrativa di Sterne, è quello di mostrare più che di raccontare, showing piuttosto che telling.
La teatralità in questi autori è in rapporto diretto con la visualizzazione. L’esempio più clamoroso è
costituito dalla rappresentazione della morte che diventa anche un esperimento di visualizzazione.
Danton, nel secondo atto, dice di guardare la morte attraverso l’occhialino. Usare uno strumento
visivo significa non solo guardare da lontano, ma anche con occhio clinico, con audace fedeltà alla
realtà. Ogni cosa in Büchner parla la propria lingua anche se atroce e crudele come nel caso della
morte di Maria nel dramma Woyzeck:
Woyzeck. Nimm das und das! Kannst du nicht sterben? So! so! Ha sie zuckt noch, noch nicht, noch
nicht? Immer noch? stößt <noch einmal> zu. Bist du tot? Tot! Tot!55
Le fasi della morte sono le stesse che accompagnano la morte di Desdemona nell’Othello di
Shakespeare. La citazione non è marcata, ma il parallelismo è evidente:
Othello. […] Not dead ? Not quite dead ?
I that am cruel am yet merciful,
I would not have thee linger in thy pain.
So, so [...]
She’s dead [...]
Ha! No more moving?
Still as the grave [...]
I think she stirs again: no.56
Nel X capitolo del sesto libro, The Story of LE FEVER concluded, Sterne non descrive una morte
violenta, in questo caso è la natura a reclamare i suoi diritti, tuttavia la visione della vita che
abbandona il corpo è resa nitida dall’uso delle pause, dalle assonanze e dalle ripetizioni. Nella
propria scrittura Sterne riesce a visualizzare l’oralità, il movimento e la gestualità del mezzo
teatrale:
Nature instantly ebb'd again,—the film returned to its place, —the pulse fluttered—stopp'd — went
on —throb'd —stopp'd again— moved—stopp'd —shall I go on ?—No. (L. Sterne, The life and
opinions of Tristram Shandy, pp. 353-354)
Büchner si riferisce direttamente a Sterne nella 3. scena del primo atto della commedia. La citazione
diretta, fa riferimento a un noto aneddoto della vita di Walter Shandy, che, la prima domenica di
ogni mese, ricarica una grande pendola in cima alla scala di servizio, per ricordarsi dei suoi doveri
55
Georg Büchner, Woyzeck, in: Büchner Dichtungen, ed. Henri Poschmann, Band 13, cit., p. 169. Di seguito si indica la
traduzione di G. Dolfini: «Te’ questo, e questo! Non riesci a morire? Così, te’! … ah, si muove ancora; non basta? Non
ancora? E allora te’… (colpisce ancora) Sei morta? Morta! Morta!», in: Georg Büchner,Teatro, a cura di Giorgio
Dolfini, cit., p. 157.
56
William Shakespeare, Othello, in: Teatro completo di William Shakespeare, Le tragedie, Volume IV, Milano, I
Meridiani, 1976, p. 526.
19
coniugali. Büchner non si limita a riferire l’abitudine di Walter Shandy, ma invocando di
possederne l’orologio ne condivide la filosofia:
LEONCE allein: - Hm! Heiraten! Das heißt einen Ziehbrunnen leer trinken. O Shandy, alter
Shandy, wer mir deine Uhr schenkte! –57
Nell’orologio sterniano si rispecchia il tema della conflittualità, della dicotomia tra ragione e natura.
Tale dicotomia condiziona anche i rapporti umani: la libera volontà e l’identità vengono
compromessi dai condizionamenti culturali e sociali. Forse è proprio in questo senso che può essere
spiegata la citazione del vecchio Shandy, come parodia di un individuo condizionato dai dettami
pratici della ragione. Prestabilito e condizionato sembra essere anche il meccanismo dell’amore, o
meglio l’istituzione del matrimonio, che nel rapporto fisico con il coniuge rimanda al meccanismo
dell’orologio. Nella fantasia di Leonce quell’orologio diventa l’unico modo per sopportare la noia
di un’esistenza così condizionata. Per sfuggire alla noia i personaggi di Sterne si dedicano al loro
passatempo preferito, ognuno cavalca il proprio hobby horse: Walter Shandy si dedica all’attività
intellettuale, lo zio Toby alla ricostruzione di battaglie. La citazione indiretta che segue rimanda
all’ossessione di cavalcare il proprio cavallo a dondolo:
LEONCE O Gott! Die Hälfte meines Lebens soll ein Gebet sein, wenn mir nur ein Strohhalm
beschert wird, auf dem ich reite, wie auf einem prächtigen Roß, bis ich selbst auf dem Stroh liege.58
Leonce spera che qualcuno gli regali un filo di paglia sul quale poter cavalcare come su un
magnifico destriero. Questa citazione è immediatamente preceduta da un’allusione al passatempo
principesco, Liebhaberei, che Leonce sta cercando, un sonaglietto per bambini, Kinderrassel, che lo
accompagni fino alla morte. L’isotopia del passatempo ludico non ricorre solo all’interno della
commedia, ma si estende anche in ulteriori riferimenti nei drammi Danton’s Tod e Woyzeck. Per
Marion, una delle prostitute di Danton, tutto dipende da quel passatempo, grazie al quale può
attribuire un significato all’esistenza: «Es läuft auf eins hinaus, an was man seine Freunde hat, an
Leibern, Christusbildern, Blumen oder Kinderspielsachen»59.
Nel secondo manoscritto di Woyzeck, conosciuto nelle diverse edizioni come Handschrift 2, il
capitano esorta il dottore, che arriva correndo, a non cavalcare così nell’aria sul suo bastone:
«Reiten Sie doch nicht auf Ihrem Stock in die Luft.» (Woyzeck Studienausgabe, p.74) Anche la
caricatura delle due figure, che Büchner disegna a margine dello stesso manoscritto, suggerisce
l’immagine di un dottore arrogante e presuntuoso per la troppa certezza che ripone nella sua ruling
passion: l’attività scientifica. Nell’ultimo manoscritto, Handschrift 4, Büchner cambia il verbo
57
Georg Büchner, Leonce und Lena, cit., p. 107. Di seguito si indica la traduzione di G. Dolfini: « LEONCE. Hm!
Sposarsi! Vuol dire vuotare un pozzo a forza di bere. O Shandy, vecchio Shandy, chi m’ha regalato il tuo orologio!», in:
Georg Büchner,Teatro, a cura di Giorgio Dolfini, cit., p. 104.
58
Ibid., p. 115. Di seguito si indica la traduzione di G. Dolfini: «La metà della mia vita sarà una preghiera solo che
qualcuno mi regali un filo di paglia sul quale io possa cavalcare come su un magnifico destriero, finché io stesso non
giaccia sulla paglia.», in: Georg Büchner,Teatro, cit., p. 111.
59
Georg Büchner, Danton’s Tod, cit., p. 28. Di seguito si indica la traduzione di G. Dolfini: «S’arriva sempre allo stesso
punto, là dove più si ha gioia: il corpo, le immagini di Cristo, i fiori o i giocattoli», in: Georg Büchner,Teatro, cit., p. 23.
20
reiten, cavalcare, in rudern, remare, e conseguentemente anche le preposizioni: «Rudern Sie mit
ihrem Stock nicht so in der Luft.» (Woyzeck Studienausgabe, p.96) Così trasformata, la frase rompe
con l’isotopia del passatempo e rimanda invece all’espressione usata da Amleto, quando critica il
primo attore:
Nor do not saw the air too
much with your hand, thus, but use all gently […]
with this special observance,
that you o’erstep not the modesty of nature. (Shakespeare, Amleto, p. 120)
Amleto ci riporta alla riflessione sul teatro e ne sottolinea gli elementi di criticità: è disturbato, fin
nel profondo dell’animo, nel sentire un attore che fa a pezzi la passione per rintronare il pubblico, il
quale del resto non apprezza che mimi insensati e fracassi. Camille nel secondo atto di Danton
pretende che il pubblico vada per la strada a riappropriarsi della realtà, perché a teatro dimentica
Dio e la sua luminosa creazione in nome dei cattivi copisti:
Setzt die Leute aus dem Theater auf die Gasse: ach, die erbärmliche Wirklichkeit!
Sie vergessen ihren Herrgott über seinen schlechten Kopisten. (G. Büchner, Danton’s Tod, p. 45)
Sia Büchner sia Shakespeare sono contrari all’istrionismo, alla spettacolarità nel teatro, a coloro che
non rispettano la modestia della natura, che per Büchner sono gli esponenti dell’idealismo e i
politici. La metafora della commedia si estende così a una cornice più ampia, alla scena politica,
dove dei cattivi attori riescono a manipolare le masse. Nella lettera alla famiglia del 9 dicembre
1833 Büchner si esprime molto duramente contro principi e liberali che recitano la loro scimmiesca
commedia, mentre il popolo trascina il carro su cui essi si esibiscono:
«Das arme Volk schleppt geduldig den Karren, worauf die Fürsten und Liberalen ihre
Affenkomödie spielen.» (G. Büchner, Briefe, p. 377)
Da queste considerazioni traspare un’ironia che non è solo umorismo rasserenante, o sfogo artistico
dell’assurdo60, come definisce Nietzsche il comico in Hamlet, bensì contribuisce a svelare
condizioni sociali alienanti. Degli automi, nelle mani del consigliere provinciale, rappresentante del
re, e del maestro elementare, sono anche i contadini della commedia Leonce und Lena. Con un
procedimento che non gli è nuovo61, Büchner usa nella scena 2. del terzo atto lo stesso frame della
commedia Midsummer Night’s Dream di Shakespeare, ma diversifica il contenuto. Nella scena 2.
del primo atto di Midsummer Night’s Dream il gruppo di artigiani che si riunisce nella foresta ha
veramente come obiettivo la rappresentazione di una commedia per festeggiare le nozze di Teseo,
duca di Atene e Ippolita, regina delle amazzoni, mentre la scena descritta da Büchner assume il
carattere di un travestimento con intento satirico. I contadini si preparano ai festeggiamenti per le
60
«das komische als die künstlerische Entladung vom Ekel des Absurden» Nietzsche, Die Geburt der Tragödie aus dem
Geiste der Musik, in: William Shakespeare Hamlet, Erläuterungen und Dokumente, Stuttgart, Reclam, 1982, p. 217.
61
La scena 1 dell’atto quinto di Hamlet fornisce, per esempio, la cornice alla scena dei garzoni artigiani in Woyzeck e
alla scena dei carrettieri, scena 4, atto quarto in Danton.
21
nozze del principe Leonce e della principessa Lena, ma nonostante l’impegno e le parole
minacciose del maestro, che funge da cerimoniere, il risultato è grottesco. Alla fine daremo un ballo
trasparente, dice il maestro, per via dei buchi nelle giacchette e nei pantaloni. Quella che viene
allestita è quindi una triste satira, «eine traurige Satire»62, in piena opposizione al fasto della
cerimonia regale. Nel Tristram Shandy la critica alla società non diventa quasi mai satira, perché
non distrugge l’oggetto cui è rivolta, ad eccezione della figura del dottor Slop, ma rimane a livello
di farsa. Una parata farsesca di signorotti e alti personaggi, tutti montati a cavallo, è quella nel
capitolo VIII del primo libro:
Nor does it much disturb my rest when I see such great Lords and tall Personages as hereafter
follow; ---such , for istance, as my Lord A, B, C, D, E, F, G, H, I, K, L, M, N, O, P, Q, and so on,
all of a row, mounted upon their several horses; --some with large stirrups, getting on in a more
grave and sober pace, ---others on the contrary, […] scouring and scampering it away like so many
little party-colour’d devils astride a mortgage, —and if some of them were resolved to break their
necks. —So much the better—. (L. Sterne, The life and opinions of Tristram Shandy, pp. 13-14)
Come Büchner anche Sterne denuncia il processo di de-umanizzazione, ma nonostante la sua
consapevolezza che il mondo non è esattamente come dovrebbe essere, soprattutto per i poveri, non
ci perde il sonno, perché, se anche si disarcionasse uno di questi signori, se ne troverebbe subito un
altro che monta peggio del precedente. Büchner tende a rifiutare questa condizione di schiavitù
politica e sociale o quantomeno, a chiedersi il perché di alcune insensatezze, mentre Sterne accetta
le debolezze del genere umano con un sorriso tollerante, ne scorge perfino elementi di spirito e
nuovi insegnamenti:
«Every thing in this world, said my father, is big with jest, —and has wit in it, and instruction too,
—if we can but find it out.» (L. Sterne, The life and opinions of Tristram Shandy, p. 324)
62
Cfr. Gerhard. P. Knapp, Georg Büchner 3. Vollständig überarbeitete Auflage, Stuttgart. Verlag J.B. Metzler, 2000,
p.172.
22
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