il portiere del gioco del calcio: caratteristiche del suo
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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO Facoltà di Scienze Motorie Corso di Laurea Magistrale in Scienza Tecnica e Didattica dello Sport IL PORTIERE DEL GIOCO DEL CALCIO: CARATTERISTICHE DEL SUO IMPEGNO E PRODUZIONE DI ACIDO LATTICO Relatore: Prof. Enrico ARCELLI Correlatore: Prof. Andrea CAUMO Tesi di Laurea di: Daniele BORRI Matr. n. 771386 Anno Accademico 2010/2011 INDICE 1. SCOPO DELL’ ELABORATO 1.1 Il ruolo del portiere 1.2 I compiti del portiere 2. LE ATTUALI CONOSCENZE SUL PORTIERE 2.1 Le caratteristiche antropometriche 2.2 Le uscite alte e le respinte di pugno 2.3 Lo spazio percorso durante il match 2.4 La durata di ciascun intervento 2.5 Il meccanismo energetico utilizzato dal portiere. Tempi di recupero e p.1 p.4 classificazione delle azioni tecniche in base all’impegno 2.6 Alcuni studi riferiti al gesto tecnico durante la performance 2.7 Gesto tecnico nei 90 minuti più recuperi (1° e 2° tempo) in 100 prestazioni 2.8 Gesti tecnico nelle sei frazioni di gara di 15 minuti 3. IL LATTATO NEI GIOCHI DI SQUADRA 3.1 p.25 La produzione di lattato nei giochi, la sua comparsa nel sangue e la sua eliminazione 3.2 Il lattato ematico nel calcio e negli altri giochi 3.3 Il lattato nel calcio in funzione del ruolo 3.4 Il livello prestativo dei giocatori e le concentrazioni di lattato ematico 3.5 La riduzione del lattato nel finale della partita 3.6 Il modello prestativo del calciatore 3.7 Il lattato nei portieri 4. MATERIALIE E METODI p.35 5. ANALISI STATISTICA p.37 5.1 Raccolta dati 5.2 Media e DS del lattato prodotto al termine del primo e del secondo tempo 5.3 Test t. 6. DISCUSSIONE p.41 7. BIBLIOGRAFIA p.44 1. SCOPO DELL’ ELABORATO. Negli ultimi anni sono state compiute numerose ricerche scientifiche sul gioco del calcio. Mentre, però, la letteratura sui giocatori di movimento è molto ampia, al contrario sui portieri è stato scritto poco. Questo elaborato si occupa appunto del portiere e si spera che possa fornire dati utili agli allenatori dei portieri, ai portieri in attività, agli altri tecnici del calcio e a tutti coloro che desiderano approfondire le conoscenze sul ruolo del portiere moderno. L’obiettivo di esso è quello di cercare ulteriori informazioni fisiologiche riguardanti questo ruolo; esso si basa sulla raccolta dei dati relativi alla concentrazione di lattato ematico prelevati subito dopo il termine del primo e del secondo tempo, in portieri maggiorenni non professionisti. Tale analisi potrà farci comprendere cosa accade effettivamente al portiere di calcio, in termini di intervento del meccanismo anaerobico lattacido, durante la partita; questo ci permetterà di potremmo fare alcune considerazioni in merito alla scelta dei mezzi di allenamento. 1.1 IL RUOLO DEL PORTIERE. Il ruolo del portiere venne istituito nel 1871, quando ad uno degli undici giocatori venne concessa la possibilità di usare le mani nella propria metà campo. Soltanto più tardi tale facoltà fu limitata all’area di rigore (Filippi, 2000). Con il calcio degli olandesi e dei belgi degli anni Settanta ed Ottanta, ovvero con il calcio con il fuorigioco applicato in modo sistematico, il ruolo del portiere cambiò radicalmente; questo giocatore non rimase più esclusivamente tra i pali, ma cominciò ad uscire spesso dalla porta e, a volte, anche fuori dall’area (Negrisolo, 2000), ovviamente senza poter fruire in questi casi della possibilità di toccare la palla con le mani. 1 Gli atleti che hanno segnato la storia di questo ruolo affascinante sono stati sempre caratterizzati da notevoli capacità motorie e grandi intuizioni. L’atleta-portiere ha poi subito una grande evoluzione in relazione alle modifiche regolamentari che lo hanno spinto a una partecipazione sempre più attiva al gioco, inducendolo a svolgere con più attenzione i compiti difensivi, ma non escludendo la sua partecipazione anche in fase offensiva. Le variazioni più significative, però, sono state apportate dai preparatori dei portieri. Grazie a loro, la tecnica si è trasformata da semplice attitudine personale a ricerca di gesti, atti a consentire un intercettamento del pallone in una forma più economica e sicura (Filippi, 2000). 1.2 I COMPITI DEL PORTIERE. Il portiere, durante la performance, ha tre grandi compiti: evitare il goal, riavviare l’azione e dirigere i compagni della difesa. Ecco una breve analisi del significato e delle caratteristiche di tali compiti: Evitare il goal: è una funzione ovvia; il numero uno è l’estremo baluardo della squadra e, in effetti, si tratta del giocatore che meno degli altri può permettersi di sbagliare. Dalla capacità del portiere, inoltre, dipende tutto lo spirito e la voglia di combattere della squadra; ed è per questo che egli deve rimanere freddo; deve, insomma, mantenere l’assoluta padronanza di sé, anche quando commette un errore. Il portiere, in altre parole, è bene che abbia una fortissima personalità e che goda della fiducia illimitata da parte dei compagni (Negrisolo, 2000). L’azione con cui il portiere svolge il compito di evitare il goal è definita parata ed è classificata in base al modo in cui viene eseguita: parata rasoterra alla figura, parata a mezza altezza alla figura, parata a livello del viso alla figura, parata rasoterra laterale, parata a mezza altezza laterale. 2 L’estremo difensore completa le proprie azioni con le uscite basse e le prese alte. Per uscite si intende un gruppo di gesti tecnici nei quali il portiere abbandona la linea della porta ed arriva, in anticipo rispetto agli attaccanti avversari, sui cosiddetti “palloni vaganti”, con la finalità di scongiurare eventuali “situazioni di pericolo”. Si considerano uscite, siano esse alte o basse, siano esse di mani o di piedi (o di testa), quelle azioni che comportano arresto, o respinta del pallone, effettuate al di fuori della zona di “campo ideale”, costituita dalla semicirconferenza con centro del diametro nel mezzo della linea di porta e con raggio di circa 3 m (Bellini, 2008). Riavviare l’azione: una volta acquisita la palla, è necessario che il portiere la rimetta in gioco, in modo tale che il compagno che la riceve sia in condizione di mantenere il possesso di palla e di dare inizio a una nuova azione di attacco (Negrisolo, 2000). L’azione con cui il portiere svolge tale compito può essere effettuata di mano o di piede; nel primo caso, la palla può essere data ad un compagno in vari modi: per rotolamento, come se stesse giocando a bocce; da sopra la testa tipico di un lancio da baseball (questo, però, vale soprattutto per i portieri più evoluti e non certo per i ragazzini); e a bilanciere, effettuato da dietro verso l’alto a braccio teso (Di Iorio, 2001). Il rinvio con i piedi, invece, può essere eseguito in drop, al volo, o con palla terra, tendenzialmente con l’interno piede per un passaggio corto e di interno collo per un lancio lungo. Dirigere i compagni della difesa: il portiere, grazie alla sua posizione in campo, ha un’ottima visione degli sviluppi del gioco; fra le sue incombenze, perciò, c’è anche quella di aiutare i difensori, suggerendo loro i movimenti, richiamandoli in base agli spostamenti degli attaccanti e correggendone gli eventuali errori di marcatura (Negrisolo, 2000). 3 2. LE ATTUALI CONOSCENZE SUL PORTIERE. Come si è detto nell’Introduzione, la letteratura scientifica si è occupata molto meno del portiere di quanto abbia fatto con i giocatori di movimento. Un po’ di più si sono interessati all’estremo difensore i tecnici sportivi. Molti preparatori, per esempio, hanno proposto esercitazioni tecniche per il ruolo, oppure hanno descritto la settimana ideale di allenamento: Pincolini (2000), per esempio, ha parlato dell’uso degli ostacoli nell’allenamento del portiere; Biffi (2005) della presa e di come allenare il tuffo; Filippi (1999) ha descritto la settimana di allenamento pre-campionato; D’Ottavio et al. (2004) hanno parlato di come allenare i giovani portieri. Ben poco, in ogni caso, è stato scritto su come è cambiato il ruolo del portiere nel tempo. Alcuni tecnici hanno valutato cosa accade al proprio portiere durante la performance, proponendo programmi di allenamento in funzione di quanto succede all’atleta-portiere. Nessuno, però, si è mai occupato di raggruppare tutti gli studi più significativi, definendo una volta per tutte chi è l’ATLETA PORTIERE, e nessuno ha mai effettuato un lavoro statistico davvero completo sul portiere di serie A, andando quindi a verificare cosa fa quest’ultimo attualmente durante la performance. Qui di seguito verranno riportati gli studi più significativi che concorrono alla realizzazione del modello prestativo del portiere di calcio. 2.1 LE CARATTERISTICHE ANTROPOMETRICHE. La necessità di trovare sbocchi alla manovra offensiva ha di recente portato a ricercare maggiormente l’utilizzo dell’ampiezza del campo di gioco. Analizzando le gare dell’ultimo decennio, appare chiara la riscoperta delle fasce laterali, con una diminuzione sensibile delle palle giocate nel corridoio centrale (Bacconi, et all 2001). 4 Le analisi delle partite evidenziano un aumento : - dei cross su azione; - delle punizioni dirette all’interno dell’area di rigore; - dei contrasti aerei; - dei palloni vaganti all’interno dell’area di rigore. La tendenza degli allenatori, di conseguenza, è stata quella di dare la preferenza ad attaccanti di notevole statura, ed altrettanto è stato fatto con i difensori, in particolare con quelli centrali. Allo stesso modo è incrementata la statura dei portieri; si noti il progressivo aumento di essa nelle quattro edizioni del Campionato del Mondo (Tabella 1 e Figura 1). Statura media dei portieri nei Campionati del Mondo Media e DS (cm) USA ‘94 FRANCIA ‘98 COREA – GIAPPONE ‘02 GERMANIA ‘06 184,1 +/- 5,8 186,3 +/- 5,2 186,3 +/- 5,1 187,8 +/- 5,0 Tabella 1 Statura media portieri nei Campionati del Mondo (cm) 189 188 187 186 185 184 183 182 187,8 ± 5,0 186,3 ± 5,2 186,3 ± 5,1 184,1 ± 5,8 Figura 1 5 La statura dei portieri del campionato italiano di Serie A (Tabella 2 e Figura 2) è in linea con quella dei portieri partecipanti al Campionato del Mondo in Germania del 2006 (Filippi, 2006). Statura media dei portieri del Campionato Italiano e dei portieri di Germania ‘06 CAMPIONATO ITALIANO ’05 – ‘06 GERMANIA ‘06 187,7 +/- 4,4 187,8 +/- 5,0 Media e DS (cm) Tabella 2 Statura media (cm) dei portieri del Campionato Italiano e dei portieri di Germania '06 200 180 187,7 ± 4,4 187,8 ± 5,0 CAMPIONATO ITALIANO '05 '06 GERMANIA 'O6 160 140 120 100 Figura 2 2.2 LE USCITE ALTE E LE RESPINTE DI PUGNO. L’evoluzione antropometrica del portiere e le osservazioni tecnico-tattiche fin qui evidenziate hanno indotto il portiere ad utilizzare sempre più le uscite alte. 6 Uscite alte nei Campionati del Mondo Interventi/partita USA ‘94 FRANCIA ‘98 2,0 2,9 Tabella 3 Figura 3 I dati riferiti ai mondiali statunitensi e francesi ne evidenziano, infatti, un incremento (Tabella 3 e Figura 3). I dati confermano l’aumento anche per le respinte con un solo pugno o con entrambi (Tabella 4 e Figura 4) (Filippi 2006). Respinte di pugno/i nei Campionati del Mondo Interventi/partita USA ‘94 FRANCIA ‘98 0,3 1 Tabella 4 7 Figura 4 Anche nel Campionato Italiano degli ultimi anni, appare evidente la crescita media per quanto riguarda le uscite alte (Tabella 5 e Figura 5) (Filippi 2006). Uscite alte nel Campionato Italiano Stagione sportiva ’02 –‘03 ’03 – ‘04 ’04 – ‘05 Interventi/partita 2,49 3,39 3,43 Tabella 5 Figura 5 8 Questi dati ci conducono alla seguente riflessione: il portiere sta assumendo un atteggiamento mentale assai più “offensivo” che in passato, abbandonando gradualmente la strenua difesa della porta e controllando, rispetto al passato, uno spazio d’area di rigore più ampio. Da un po’ di tempo, infatti, i tecnici utilizzano sempre con maggior frequenza l’espressione “attacco alla palla”. Non è solo un neologismo calcistico, ma una vera e propria filosofia comportamentale del portiere moderno. 2.3 LO SPAZIO PERCORSO DURANTE IL MATCH. Secondo Stolen et al. (2005), un portiere di alto livello percorre circa 4 chilometri a partita. Secondo Filippi e De Bellis (2008), invece, se si considera l’intero incontro e con esso anche le pause di gioco, durante la gara i portieri svolgono un volume di spostamenti intorno ai 5 chilometri; con palla in gioco, invece, si muovono per circa 3 chilometri. I movimenti si compiono prioritariamente attraverso lenti spostamenti di posizionamento, alternati ad azioni rapide di pochi metri (Filippi e De Bellis, 2008). 2.4 LA DURATA DI CIASCUN INTERVENTO. Un intervento tecnico di tipo difensivo è molto breve e dura al più 3 secondi (Tabella 6). I tempi sono stati registrati grazie all’ausilio del time code posto in sovrapposizione alle immagini televisive e sono considerati dal momento in cui il portiere comincia a prepararsi all’azione tecnica, sia con spostamenti degli arti inferiori, sia con movimenti decisi degli arti superiori (Filippi, 2002). 9 Azioni tecniche difensive Tuffo e presa e tuffo e deviazione Uscita in presa alta Uscita in presa bassa Uscita in presa in avanti Respinta di pugno o pugni Tempi d’esecuzione 1,9 +/- 0,7 s 2,4 +/- 0,6 s 1,7 +/- 0,4 s 1,8 +/- 0,7 s 2,3 +/- 0,9 s Tabella 6: Azioni tecniche difensive e relativi tempi di esecuzione. 2.5 IL MECCANISMO ENERGETICO UTILIZZATO DAL PORTIERE. TEMPI DI RECUPERO E CLASSIFICAZIONE DELLE AZIONI TECNICHE IN BASE ALL’ IMPEGNO. Nel corso delle azioni di gioco, tutte di breve durata, il portiere sollecita prevalentemente il meccanismo anaerobico alattacido, con conseguente riduzione delle scorte di fosfageno muscolare (ATP e PC) (Filippi, 2002). Semplificando un po’ le cose, possiamo dire che, quando un portiere svolge la sua attività, i suoi muscoli consumano dapprima una piccola quantità dell’ATP già presente in essi. In seguito usano l’ATP che si forma partendo da una molecola, che contiene anch’essa un legame altamente energetico ( --*-- ), la fosfocreatina; essa è una sostanza costituita da una molecola di creatina e una di fosfato: creatina--*--P. Quando si spezza il legame altamente energetico, viene ceduta energia che è utilizzata per sintetizzare ATP, partendo da ADP e P. Questo meccanismo è detto anaerobico alattacido, poiché non richiede l’intervento dell’ossigeno (anaerobico) e non determina la produzione di acido lattico. E’ un meccanismo potente, poiché riesce a produrre molto ATP per ogni secondo. Ma ha capacità limitata; le riserve di fosfocreatina nei muscoli, infatti, sono modeste e perciò la quantità di ATP che è prodotta da questo meccanismo è ridotta: essa permette di muoversi soltanto per poche decine di secondi. Durante le fasi di recupero la fosfocreatina viene ricostituita 10 (viene pagato il debito di ossigeno ) e, in base al tempo di intervallo fra un impegno e il successivo, potrà essere ricostituita interamente o parzialmente (Tabella7) (Filippi, 2002): Tempo di recupero (s) Meno di 10 Fosfageno muscolare reintegrato (%) Molto poco 30 50 60 75 90 87 120 93 150 97 180 98 Tabella 7: Relazione tra tempo di recupero e ricostituzione del fosfageno muscolare. Come si può notare dalla Tabella 7, dopo 180” il fosfageno muscolare è pressoché reintegrato completamente, ma già dopo 20”-30” ne è stato reintegrato il 50% e dopo un minuto il 75%. Nel grafico che segue (Figura 6) vengono riportati gli intervalli tra interventi tecnici, attraverso uno studio di 12 partite ai Campionati Mondiali disputatisi nel 1994 negli Stati Uniti. Da essa si evince che: Figura 6: Valori percentuali della distribuzione degli intervalli tra interventi tecnici. 11 ● il 22,2% degli intervalli ha una durata superiore ai 180 s; ciò consente un recupero pressoché completo; ● gli intervalli compresi tra i 30 e i 180 s (63,2%) consentono un recupero quasi completo o comunque superiore al 50%; ● negli intervalli di 0-10 s (1,2%) e di 10-30 s (13,4%) il recupero è senza dubbio decisamente incompleto (<50%). Nell’ambito degli intervalli 10-30 s (pari al 14,6% degli interventi totali), è stata osservata la qualità dell’impegno insito nei gesti tecnici. E’ stato così possibile suddividere le azioni tecniche del portiere in: ● ad alto impegno: tuffo e presa, tuffo e deviazione, uscita in presa alta, respinta di pugno/i, uscita in presa bassa, uscita in avanti, respinta con il corpo, respinta con i piedi; ● a basso impegno: rimessa calciata in gioco, rilancio con le mani a parabola o rasoterra, rilancio con pallone in gioco, bloccaggio al petto o all’addome e ammortizzamento con le braccia. In tal modo si è definito (Filippi, 2002): lavoro massimo: un intervallo tra due azioni ad alto impegno; lavoro medio: un intervallo tra un’azione ad alto impegno e una a basso impegno o viceversa; lavoro minimo: un intervallo tra due azioni a basso impegno (Filippi, 2002). 2.6 ALCUNI STUDI RIFERITI AL GESTO TECNICO DURANTE LA PERFORMANCE. Pochi sono gli studi riferiti al gesto tecnico che il portiere esegue durante la performance, oltre a quelli citati precedentemente sulle uscite e sulle respinte di pugno. 12 Nella maggior parte dei casi, inoltre, si tratta di studi effettuati da alcuni tecnici per comprendere come si comporta il proprio portiere; il lavoro, quindi, non riguarda i portieri in generale, ma il portiere della propria squadra, in relazione alle partite da lui giocate. Di conseguenza, in funzione di quanto enunciato in precedenza, i risultati potrebbero non essere sufficienti per realizzare un modello fisiologico attendibile, poiché il portiere della squadra in questione potrebbe avere effettuato uno o più gesti tecnici soltanto perché richiesti dal modulo di gioco della squadra di appartenenza. Il campione, quindi, non fornisce informazioni valide per tutti i portieri. Filippi valuta le azioni di rilancio attraverso due studi (Filippi 1998; Filippi 2002) e propone alcune esercitazioni per migliorare tale aspetto tecnico. Il primo è condotto su 21 gare del campionato di serie B, svolte dall’A.S. Fidelis Andria. In esso si afferma che il portiere esegue 133 azioni di rilancio calciato con pallone in gioco (esse, infatti, costituiscono il 45% delle azioni offensive); circa nel 60% dei casi il pallone è terminato nella propria metà campo, mentre nel restante 40% è giunto in quella avversaria, attraverso un passaggio lungo. Il dato più significativo è che il 42% dei rilanci calciati con pallone in gioco è stato eseguito con il sopraggiungere di un avversario in pressing (Filippi, 1998). Il secondo studio (Filippi, 2002) si basa sull’analisi delle 12 partite più impegnative dei portieri del Chievo Verona del campionato 2001-2002. Dei 78 rilanci con il pallone in gioco, 33 (42.3%) sono stati eseguiti sotto pressione, vale a dire con uno o più attaccanti che disturbavano l’azione del portiere. Di questi rilanci il 42,4% (14) è stato ricevuto dai giocatori del Chievo Verona, mentre il 57,6% (19) è stato conquistato da un avversario (Filippi, 2002). Petrelli (2002), invece, esamina ciò che accade, durante la gara, ai numeri uno delle squadre da lui seguite. Dalle ricerche e dalle relative statistiche effettuate, sono stati 13 riscontrati diversi dati caratteristici per interpretare la performance e, di conseguenza, orientare la preparazione del portiere. Sono stati analizzati, grazie a delle riprese filmate, 13 tipi di intervento (a loro volta suddivisi in maniera più specifica) che hanno caratterizzato le 34 partite del portiere durante tutto il campionato (Petrelli, 2002). Va precisato che questo lavoro, se pur unico nella sua peculiarità, è riferito ad un solo atleta e, anche se può essere utile al preparatore per comprendere come si comporta il proprio portiere, non ci si può servire di esso per la definizione di un modello fisiologico, in quanto per questo obiettivo bisogna compiere tale lavoro su un buon numero di portieri ed effettuare poi una media. 2.7 GESTO TECNICO NEI 90 MINUTI PIÙ RECUPERI (1° E 2° TEMPO) IN 100 PRESTAZIONI. In un precedente studio (Borri, 2010) si sono valutate le differenti attività nelle quali è impegnato il portiere del campionato di calcio della seria A italiana nel corso della partita, vale a dire nei 90 min regolari più Il recupero, mediamente 1 min e 54 s dopo il primo tempo e 3 min e 50 s dopo il secondo. Sono state analizzate 50 partite della stagione 2007-2008; alcune sono state visionate direttamente, mentre di altre è stata visionata la registrazione. L’analisi consiste nella valutazione degli impegni del portiere. Sono stati considerati questi dodici differenti gesti tecnici: - uscite alte con uno o con i due pugni; - uscite alte in presa; - parate a destra; - parate a sinistra; - parate alla figura (sia su tiro che per palle raccolte in area); 14 - uscita in attacco della palla; - uscite di piede (in anticipo sull’avversario, fuori o dentro l’area di rigore); - ripresa gioco con le mani con giocata lunga; - ripresa gioco con le mani con giocata corta; - ripresa gioco con i piedi con giocata lunga; - ripresa gioco con i piedi con giocata corta; - uscita di testa. E’ bene precisare che il portiere dovrebbe sempre “lavorare” in attacco della palla. Si può dire che il portiere ha una visione a cono rovesciato, con l’apice di quest’ultimo in corrispondenza degli occhi; egli lavora sempre su diagonali, mentre di rado si sposta lateralmente o esegue parate per linee laterali. Sarebbe quindi poco corretto l’utilizzo della terminologia uscita in attacco della palla per la classificazione di un unico gesto, in quanto possono essere considerati “di attacco” anche l’effettuazione di due passi e raccolta della palla, o la completa distensione delle braccia in avanti. E’ stato deciso, soltanto per semplificare la terminologia, di definire attacco quel gesto tecnico in cui il portiere, con un solo passo o dopo una fase di corsa, si tuffa in avanti (scivolando su un lato del corpo o, in rarissimi casi, frontalmente), anticipando l’intervento dell’avversario sul pallone. Anche la parata alla figura non è stata classificata in base al fatto che essa venga effettuata con palla rasoterra, a mezza altezza o più alta, in quanto l’impegno prestativo non cambia in funzione di tali modifiche. Solo l’uscita alta, come intervento difensivo, è stata classificata nei due modi precedentemente indicati (vale a dire di pugno o in presa), in quanto si tratta di due gesti che sono significativamente diversi dal punto di vista tecnico. Se dall’analisi risulterà che ci sono più respinte, si potrebbe ipotizzare che i nuovi palloni rendano più difficile la presa o, addirittura, che il calcio attuale sia talmente veloce, nella maggior parte dei casi, da non permettere un intervento più sicuro. Non è stato 15 possibile analizzare l’attività compiuta da ciascun portiere per un ugual numero di volte, vista l’impossibilità di accedere agli archivi delle varie emittenti televisive. In totale, ad ogni modo, sono state 100 le prestazioni dei portieri analizzate. Qui di seguito sono riportati i nomi dei portieri, la loro squadra di appartenenza e il numero totale delle partite in cui sono stati osservati (Tabella 8). NOME 1) Amelia 2) Ballotta 3) Balli 4) Bassi 5) Bucci 6) Buffon 7) Castellazzi 8) Campagnolo 9) Cesar 10) Chimenti 11) Coppola 12) De Lucia 13) Dida 14) Doni 15) Fontana 16) Frey 17) Gianello 18) Handanovic 19) Iezzo 20) Kalac 21) Lupatelli 22) Manninger 23) Marruocco 24) Navarro 25) Novakocic 26) Pavarini 27) Polito 28) Robinho 29) Scarpi 30) Sereni 31) Storari TOTALE PARTITE SQUADRA Livorno Lazio Empoli Empoli Parma juventus Sampdoria Reggina Inter Udinese Atalanta Livorno Milan Roma Palermo Fiorentina Napoli Udinese Napoli Milan Fiorentina Siena Cagliari Napoli Reggina Parma Catania Genoa Genoa Torino Cagliari N° PARTITE 5 2 4 1 6 2 7 1 12 1 7 1 2 2 4 3 4 3 1 9 1 3 1 1 1 1 2 7 1 3 2 100 Tabella 8: Nomi dei portieri, squadra di appartenenza e numero totale di partite in cui sono stati osservati. La tabella 9 e la figura 7 indicano come sono distribuiti i gesti tecnici dei portieri durante le partite del campionato italiano di serie A 16 GESTO TECNICO NEI 90 MINUTI + RECUPERI (1°- 2° TEMPO) - 100 PRESTAZIONI TOTALE MEDIA 44 0,4 USCITE ALTE CON UNO O DUE PUGNI 93 0,9 USCITE ALTE IN PRESA 72 0,7 PARATE A DESTRA 74 0,7 PARATE A SINISTRA 445 4,5 PARATE ALLA FIGURA (sia su tiro che raccolte in area) 57 0,6 USCITA IN ATTACCO DELLA PALLA 17 0,2 USCITA DI PIEDE (anticipo su avversario fuori o dentro area) 92 0,9 RIPRESA GIOCO CON LE MANI CON GIOCATA LUNGA 211 2,1 RIPRESA GIOCO CON LE MANI CON GIOCATA CORTA 686 6,9 RIPRESA GIOCO CON I PIEDI CON GIOCATA LUNGA 180 1,8 RIPRESA GIOCO CON I PIEDI CON GIOCATA CORTA 8 0,1 USCITE DI TESTA 1979 Tabella 9 35,0 30,0 25,0 20,0 15,0 USCITE ALTE CON UNO O DUE PUGNI 2 USCITE ALTE IN PRESA 3 PARATE A DESTRA 4 PARATE A SINISTRA 5 PARATE ALLA FIGURA (sia su tiro che raccolte in area) 6 USCITA IN ATTACCO DELLA PALLA 7 USCITA DI PIEDE (anticipo su avversario fuori o dentro area) RIPRESA GIOCO CON LE MANI CON GIOCATA LUNGA RIPRESA GIOCO CON LE MANI CON GIOCATA CORTA RIPRESA GIOCO CON I PIEDI CON GIOCATA LUNGA RIPRESA GIOCO CON I PIEDI CON GIOCATA CORTA 10,0 9 5,0 10 11 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 % 2,2 4,7 3,6 3,7 22,5 2,9 0,9 4,6 10,7 34,7 9,1 0,4 100,00 1 8 0,0 DS 0,8 1,0 1,0 1,1 2,8 0,9 0,5 1,4 2,1 5,2 2,2 0,5 12 USCITE DI TESTA Figura 7: Rappresentazione grafica delle percentuali espresse in tabella 9. Analizzando i dati emersi dall’analisi statistica, si evince che il portiere non esegue in modo omogeneo ogni differente gesto tecnico, ma che i suoi impegni sono così distribuiti: 34,7% ripresa in gioco con i piedi con giocata lunga; 22,5% parate alla figura (sia su tiro che raccolta in area); 10,7% ripresa gioco con le mani con giocata lunga; 9,1% ripresa gioco con i piedi con giocata lunga; 4,7% uscite alte in presa; 17 4,6% ripresa gioco con le mani con giocata lunga; 3,7% parate a sinistra; 3,6% parate a destra; 2,9% uscita in attacco della palla; 2,2% uscite alte con uno o due pugni; 0,9% uscita di piede (anticipo su avversario fuori o dentro area); 0,4% uscite di testa. Possiamo quindi dire che il gesto eseguito con maggior frequenza durante la partita dal portiere è la ripresa del gioco con i piedi con giocata lunga, mentre è l’uscita di testa quello che esegue con minore frequenza. Se poi classifichiamo i gesti in base all’impegno fisiologico (Tabella 10), possiamo dire che il portiere esegue per il 18.4% interventi ad alto impegno fisiologico, mentre per l’81,6% interventi a basso impegno fisiologico (Borri, 2010). GESTO TECNICO NEI 90 MINUTI + RECUPERI (1°- 2° TEMPO) - 100 PRESTAZIONI TOTALE MEDIA DS % USCITE ALTE CON UNO O DUE PUGNI 44 0,4 0,8 2,2 USCITE ALTE IN PRESA 93 0,9 1,0 4,7 72 0,7 1,0 3,6 PARATE A SINISTRA 74 0,7 1,1 3,7 PARATE ALLA FIGURA (sia su tiro che raccolte in area) 445 4,5 2,8 22,5 USCITA IN ATTACCO DELLA PALLA 57 0,6 0,9 2,9 USCITA DI PIEDE (anticipo su avversario fuori o dentro area) 17 0,2 0,5 0,9 RIPRESA GIOCO CON LE MANI CON GIOCATA LUNGA 92 0,9 1,4 4,6 RIPRESA GIOCO CON LE MANI CON GIOCATA CORTA 211 2,1 2,1 10,7 RIPRESA GIOCO CON I PIEDI CON GIOCATA LUNGA 686 6,9 5,2 34,7 RIPRESA GIOCO CON I PIEDI CON GIOCATA CORTA 180 1,8 2,2 9,1 8 0,1 0,5 0,4 PARATE A DESTRA USCITE DI TESTA 1979 impegno basso Impegno alto Tabella 10: Classificazione dei gesti tecnici in base all’impegno fisiologico. 18 100,00 2.8 GESTO TECNICO NELLE SEI FRAZIONI DI GARA DI 15 MINUTI. Attraverso studi di match analysis, Ferretti (2007) ha messo in evidenza come, nella seria A italiana, i calciatori percorrano nell’ultimo quarto d’ora di gara il 23.5% in meno di metri ad alta intensità e di sprint (ossia a velocità superiore a 16 km/h), rispetto a quelli dei primi quindici minuti di partita. Ferretti (2007), afferma altresì che nel secondo tempo si verificano più goal che nel primo tempo e, soprattutto, che le maggiori realizzazioni si hanno nell’ultimo quarto d’ora del secondo tempo, tra il 76’ e 90’. Via via che procede la partita, i giocatori sono sempre meno efficienti e, al tempo stesso, i goal segnati tendono ad aumentare. A fine gara, l’11% delle fibre muscolari, del resto, è privo di glicogeno muscolare ed il 36% è quasi vuoto (Krustrup et al. 2006). Il fatto che nel finale della partita vengano segnati più goal, fa ritenere che la diminuzione dell’efficienza fisica abbia un effetto più significativo sulla capacità di evitare una realizzazione delle reti, piuttosto che su quella di segnarle, come se a ridursi in misura maggiore fosse la capacità del difensore di compiere i movimenti che si oppongono alla realizzazione dei goal da parte degli avversari, nei confronti della capacità dell’attaccante di compiere i gesti necessari per segnare il goal stesso. Induce anche a considerare verosimile che le squadre, che nel finale hanno un calo di efficienza fisica inferiore, aumentino la probabilità di segnare una rete nell’ultima parte della partita (Ferretti, 2007). L’obiettivo dell’analisi che si vuole attuare è anche quello di verificare se quanto detto da Ferretti (2007) può avere, anche se indirettamente, riscontri sul portiere, vale a dire se una riduzione dell’efficienza dei giocatori, in modo particolare dei difensori, “costringa” l’estremo difensore ad eseguire prevalentemente un gesto piuttosto che un altro. 19 Per verificare ciò, sono state analizzate 19 prestazioni che corrispondono ai seguenti portieri militanti nella serie A italiana: Amelia, Ballotta, Bucci, Buffon, Castellazzi, Cesar, Chimenti, Coppola, Dida, Frey, Gianello, Handanovic, Iezzo, Kalac, Manninger, Polito, Robinho, Scarpi, Sereni. In ciascuna prestazione sono stati monitorati gli stessi gesti tecnici già visti in precedenza, ma suddividendo la partita in 6 quarti ed escludendo i minuti di recupero del primo e del secondo tempo. A questo punto, una volta raccolti i dati di ogni singolo quarto d’ora, si sono eseguiti due test statistici: l’Anova e il t di Student. Con il test Anova si è andati a verificare se ogni singolo gesto evidenzia differenze significative nel suo andamento tra le diverse frazioni di gara (6 frazioni da un quarto d’ora). La significatività si verifica quando P< 0,05; si può notare come da questa analisi non emerga nessun dato significativo (Tabella 11). 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 USCITE ALTE CON UNO O DUE PUGNI USCITE ALTE IN PRESA PARATE A DESTRA PARATE A SINISTRA PARATE ALLA FIGURA (sia su tiro che raccolte in area) USCITA IN ATTACCO DELLA PALLA USCITA DI PIEDE (anticipo su avversario fuori o dentro area) RIPRESA GIOCO CON LE MANI CON GIOCATA LUNGA RIPRESA GIOCO CON LE MANI CON GIOCATA CORTA RIPRESA GIOCO CON I PIEDI CON GIOCATA LUNGA RIPRESA GIOCO CON I PIEDI CON GIOCATA CORTA USCITE DI TESTA 20 GESTO SIGNIFICATIVITA' ( P ) 1) 0,627414 2) 0,491532 3) 0,837952 4) 0,295524 5) 0,669343 6) 0,099072 7) 0,627989 8) 0,363308 9) 0,544156 10) 0,716547 11) 0,189413 12) 0,421399 Tabella 11: Significatività test Anova. Con il test del t di Student, invece, si è verificato se vi sono differenze per ogni singolo gesto tra la media delle prime 5 frazioni di gara e l’ultimo quarto d’ora. In questo caso, non si sono verificate significatività, se non per le uscite alte con uno o due pugni; esse risultano maggiori nei primi 5 quarti d’ora rispetto all’ultimo. Per quello che riguarda il confronto fra la frequenza degli altri gesti nei primi 5 quarti d’ora e nel sesto, invece, non è stata riscontrata significatività statistica. Nella tabella 12 vengono riportati i livelli di significatività. 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 USCITE ALTE CON UNO O DUE PUGNI USCITE ALTE IN PRESA PARATE A DESTRA PARATE A SINISTRA PARATE ALLA FIGURA (sia su tiro che raccolte in area) USCITA IN ATTACCO DELLA PALLA USCITA DI PIEDE (anticipo su avversario fuori o dentro area) RIPRESA GIOCO CON LE MANI CON GIOCATA LUNGA RIPRESA GIOCO CON LE MANI CON GIOCATA CORTA RIPRESA GIOCO CON I PIEDI CON GIOCATA LUNGA RIPRESA GIOCO CON I PIEDI CON GIOCATA CORTA USCITE DI TESTA 21 GESTO SIGNIFICATIVITA' ( P ) 1) 0,000877 2) 0,212635 3) 0,489978 4) 0,686074 5) 0,818113 6) 0,9207 7) 0,096157 8) 0,30981 9) 0,950279 10) 0,872016 11) 0,688961 12) 0,330565 Tabella 12: Significatività test t di Student. Con il test Anova si è andati a verificare se ogni singolo gesto evidenzia differenze significative nel suo andamento tra i diversi quarti d’ora di gara (6 quarti d’ora). La significatività si verifica quando P<0,005; si può notare come da questa analisi non emerga nessun dato significativo. Con il test del t di Student si pensava di ottenere dei risultati completamente differenti: si supponeva, infatti, di trovare una maggior frequenza di uscite alte in presa e di uscite alte a uno o due pugni nell’ultimo quarto d’ora di gara rispetto ai primi 5, ma l’analisi ha escluso la possibilità che si verifichi tale andamento e che è vero, semmai, che le uscite alte con uno o due pugni diminuiscono nella fase finale della partita. Si era altresì ipotizzato un aumento delle respinte di pugno nell’ultimo quarto d’ora di gara rispetto ai primi 5, pensando che questo fenomeno fosse conseguenza del fatto che gli esterni faticano ad arrivare sul fondo e crossare; nella fase finale della partita, infatti, le squadre spesso si allungano, si verificano cambiamenti di fronte più frequenti e vengono meno le geometrie di gioco. Verso il termine della gara, inoltre, le squadre cercano di allontanare velocemente la palla dalla propria area. Tutti questi fattori, che derivano da un affaticamento muscolare, 22 porteranno a un probabile aumento delle verticalizzazioni, ossia palle che provengono dal corridoio centrale. Le palle con questi tipi di traiettorie, anche se a volte possono avere un andamento piuttosto alto, sono generalmente calciate tese, la qual cosa rende più difficile un’uscita alta in presa. Questa ipotesi iniziale porterebbe a pensare a un conseguente aumento delle uscite alte con uno o due pugni, ma la statistica ha dimostrato che, in realtà, nemmeno questo si manifesta. I risultati dell’analisi dei dati compiuta con il t test, in ogni caso, possono trovare una spiegazione plausibile e concorde con quanto scoperto da Ferretti (2007). E’ sicuramente vero che con il passare dei minuti il gioco si fa sempre meno organizzato, saltano le geometrie, aumentano le verticalizzazioni e le squadre cercano di liberare la propria area, ma il portiere non si comporta come ipotizzato e il suo atteggiamento tecnico-tattico assume un approccio differente. Il gioco diventa molto confuso, i giocatori cercano spesso la conclusione in porta, anche da posizioni spesso difficili per una realizzazione, e molte volte stazionano in gran numero all’interno dell’area di rigore; si crea quindi una situazione diversa dai quarti di gara precedenti dalle precedenti frazioni di gara; per i portieri aumentano i pericoli e le possibilità di subire goal. Si suppone, quindi, che il traffico all’interno dell’area e le modalità delle palle che arrivano in prossimità di quest’ultima, portino il portiere a scelte differenti come ad esempio a rischiare meno. Ciò significa che egli, ad esempio, non rischierà un’uscita alta a uno o a due pugni, se davanti a sé si trova un gran numero di giocatori, ma resterà attento e pronto a risolvere la situazione successivamente, perché un suo contatto con un difensore o con un attaccante potrebbe sbilanciarlo e fargli perdere il tempo sulla palla, rischiando di prendere un goal che, in alcuni casi, comprometterebbe il risultato finale della partita. 23 Non si riscontrano variazioni in difetto sulle uscite alte in presa, perché in questo caso l’arrivo in area di un gran numero di palle darà comunque la possibilità di eseguire tale gesto, anche perché si tratterà sicuramente di situazioni in cui il portiere è certo di raggiungere la palla, ad esempio quelle palle con traiettorie morbide ed alte verso la porta, oppure quelle palle che vengono calciate in area “a caso” e che, dopo un rimbalzo, possono essere tranquillamente intercettate. Se questo è quanto è emerso dall’analisi statistica, non pare che da esso ne derivino conseguenze applicative immediate (Borri, 2010). 24 3. IL LATTATO NEI GIOCHI DI SQUADRA. I giochi individuali e quelli di squadra sono caratterizzati dall’alternanza di momenti in cui l’impegno è elevato con altri nei quali, invece, l’impegno è basso. Nella maggior parte dei giochi, nei periodi a impegno elevato, di solito, l’intensità supera nettamente quella corrispondente alla soglia anaerobica. Nelle fasi a basso impegno, al contrario, l’intensità è sensibilmente inferiore; né, del resto, potrebbe essere altrimenti, nel senso che mantenersi molto sopra la soglia anaerobica è possibile soltanto per durate limitate. 3.1 LA PRODUZIONE DI LATTATO NEI GIOCHI, LA SUA COMPARSA NEL SANGUE E LA SUA ELIMINAZIONE. Se si schematizza ciò che avviene nei giochi, si potrebbe dire che nelle fasi ad alta intensità si contraggono debiti di ossigeno, sia di tipo alattacido che lattacido; tali debito vengono pagati (nella maggior parte dei casi solo parzialmente) nelle fasi a bassa intensità e ciò rende possibile l’effettuazione, subito dopo, di un altro impegno ad alta intensità. In pratica per quello che riguarda la produzione di acido lattico nei giochi, si può ritenere che, schematizzando le cose, possa succedere quanto segue (Arcelli, 1995; Arcelli e Borino,2004; Arcelli, 2010): ● all’inizio della partita, nel primo scatto compiuto da un giocatore, quando verosimilmente nei suoi muscoli le concentrazioni di lattato, di ATP preformato e di fosfocreatina (CP) sono a livello basale (o ne differiscono soltanto di poco per via del riscaldamento pre-partita), la produzione di acido lattico è tanto maggiore quanto più elevate sono l’intensità e la durata dello sforzo; se l’intensità è quella massima per quel giocatore, è probabile che la produzione di lattato, dopo i primissimi istanti (circa 0,2-0,3 s) sia direttamente proporzionale alla durata dello sforzo (Figura 8); in un giocatore con notevoli capacità di scatto, si può stimare (facendo sempre riferimento 25 alla Figura 8) che la produzione di lattato nei muscoli porti a un aumento di lattato nel sangue di circa 0,25 mmol/L se lo scatto stesso dura circa 1,2 s , più di 0,5 mmol/l per ogni successivo secondo di durata dello sforzo; viene consumata altresì una quantità di ATP preformato e di CP tanto maggiore quanto più si protrae l’impegno. Se l’impegno non è quello massimo, ovviamente, è inferiore la necessità di energia da parte dei muscoli e, di conseguenza, l’intervento dei meccanismi alattacido e lattacido: Figura 8: La potenza metabolica totale in uno sprint di 6 s eseguito al massimo delle proprie possibilità, in funzione del tempo, è suddivisa nella componente energetica alattacida (ATP e CP), in quella lattacida e in quella aerobica. Il lavoro lattacido, a sua volta, è suddiviso da linee tratteggiate verticali la prima delle quali è dopo 2 s e ciascuna delle altre a intervalli di circa 2 s; tra una linea tratteggiata e l’altra è compresa un area che corrisponde all’energia derivata dall’aumento nel sangue di 1 mmol/l di lattato nel sangue. ● nell’intervallo tra quello scatto e il successivo, viene pagata una parte del debito alattacido, ossia sarà ricostituita una quantità tanto maggiore di ATP e di CP quanto più lungo è l’intervallo e quanto è minore l’intensità dello sforzo compiuto in quell’intervallo; il tempo di semipagamento del debito alattacido, a ogni modo, ha un ordine di grandezza di circa 0,5 min, la qual cosa significa che, semplificando le cose, occorrono 30 s affinché la metà di ATP e di CP sia ricostituita e altri 30 s per far si che sia ricostituita la metà della metà; 26 ● lo scatto successivo, in ogni caso, verrà quasi sempre effettuato partendo da una condizione di minore disponibilità di energia alattacida (tranne dopo pause di vari minuti, o dopo gli intervalli tra un tempo e l’altro); avendo un minore patrimonio di energia derivante dall’ATP preformato e dal CP, i muscoli dovranno trarre una maggior quantità di energia dal meccanismo anaerobico lattacido. Si può ritenere in altre parole, che come detto in precedenza, già dal secondo impegno ad alta intensità (anche a parità di durata) la produzione di lattato risulti maggiore. Va tenuto presente che la quantità di lattato che si riversa nei capillari attorno alle fibre nelle quali si produce lattato e che finisce nel torrente circolatorio non è la totalità del lattato prodotto, ma soltanto una parte. Il lattato, infatti, sarà in parte riconvertito in piruvato e poi in glucosio all’interno della stessa fibra muscolare che lo ha prodotto, mentre in parte uscirà dalla stessa e dal liquido extracellulare in cui si verrà a trovare. Anche quest’ultima parte del lattato non andrà totalmente nel sangue, ma in parte anche in fibre vicine, che anch’esse lo trasformeranno in piruvato e lo utilizzeranno a fini energetici (Arcelli,1995). Per quello che riguarda la scomparsa del lattato dal sangue, questa avverrà soprattutto ad opera del cuore, del fegato, dei reni e dei muscoli differenti da quelli che lo hanno prodotto. Nel calcio la velocità di scomparsa del lattato dal sangue è all’incirca sette volte più lenta di quella del passaggio del lattato dai muscoli al sangue (Krustrup et al. 2006). Si può ritenere che anche in altri giochi il passaggio del lattato dalle fibre produttrici al torrente circolatorio sia assai più veloce dell’allontanamento del lattato stesso dal sangue (Krustrup et al. 2006). 27 3.2 IL LATTATO EMATICO NEL CALCIO E NEGLI ALTRI GIOCHI. La Figura 9 (da Arcelli et al., 2010) riporta i valori massimi di concentrazione di lattato ematico raccolti nei giocatori di calcio da vari autori; la tabella 13 elenca le pubblicazioni che riportano valori di lattato nel calcio, tra cui quelle dalle quali sono tratti i valori riportati nella Figura 9 e dà alcuni riferimenti sulle caratteristiche dei giocatori analizzati e del momento in cui è stato eseguito il prelievo. Figura 9: Valori massimi di concentrazione di lattato ematico nel calcio secondo alcuni Autori. I riferimenti sono nella tabella 13 (da Arcelli et al., 2010). Tabella 13: Valori di lattato ematico nel calcio reperiti in letteratura. Nella maggior parte dei casi i dati del lattato sono espressi come media ± deviazione standard; in qualche caso è 28 indicato tra parentesi il range dei valori. Le pubblicazioni contrassegnate da asterisco ( * ) sono citate da Sassi (1999). (Da Arcelli et al., 2010). La Figura 10 si riferisce alle concentrazioni di lattato nei differenti giochi di squadra e individuali. Figura 10: Valori di concentrazione di lattato ematico trovati in letteratura e riferiti agli sport di squadra e, sulla destra, a quelli individuali di racchetta. Quelli indicati con l’asterisco (basket, hockey su prato, pallavolo e tennis) sono i più alti fra i valori medi presenti in letteratura; gli altri sono i valori massimi. I riferimenti sono nelle tabelle 14 e 15 (da Arcelli et al., 2010). Tabella 14: Valori di lattato ematico negli sport di squadra reperiti in letteratura. Nella maggior parte dei casi i dati del lattato sono espressi come media ± deviazione standard; in qualche 29 caso è indicato tra parentesi il range dei valori. I dati di Manfredini & De Lillis (1997) sono citati in De Lillis (1997). Tabella 15: valori di lattato ematico negli sport individuali di racchetta: nella maggior parte dei casi, i dati del lattato sono espressi come media ± deviazione standard; in qualche caso è indicato tra parentesi il range dei valori. Va subito precisato che questi dati ricavati dalla letteratura scientifica, come si può capire nella tabella 14 e 15, non sono uniformi; alcuni, in particolare sono i valori massimi, altri (quelli di basket, hockey su prato, pallavolo, tennis) sono i valori medi più alti trovati. Non è detto, inoltre, che i valori di concentrazione media di lattato ematico raccolti dai vari Autori siano i più alti della disciplina e neppure che siano vicini a quelli più elevati. I dati riferiti al gioco per il quale si ha il maggior numero di dati, il calcio (Tabella 13), del resto, indicano che c’è molta variabilità e questo ci fa capire che se in tale disciplina fossero stati disponibili pochi dati, presi a campione, come in un certo senso è il caso della maggior parte degli altri giochi, si sarebbero potuti trovare valori anche molto bassi rispetto a quelli massimi. In ogni caso, per quello che riguarda i giochi di squadra , si nota che , con poche eccezioni, i valori di lattato sono sopra le 8 mmol/L, vale a dire sono maggiori del doppio di quel valore (4 mmol/L) preso come riferimento per la soglia anaerobica. Nei giochi individuali, i valori ritrovati sono mediamente inferiori, ma ci sono delle punte piuttosto elevate 30 nello squash e, in alcuni studi, nel badminton; nel tennis, invece, soltanto in qualche caso sono stati trovati valori sopra le 4 mmol/L. 3.3 IL LATTATO NEL CALCIO IN FUNZIONE DEL RUOLO. Le diverse posizioni in campo comportano spesso richieste energetiche differenti. Se si considerano ad esempio i metri percorsi da un calciatore ad alta intensità (velocità>14,4 km/h), si nota come siano i centrocampisti centrali a compierne di più, seguiti dai centrocampisti laterali, dai difensori laterali, dagli attaccanti e, infine, dai difensori centrali. Per quanto riguarda gli sprint (velocità>23 km/h), a compierne il maggior numero sono i centrocampisti laterali, poi gli attaccanti, i difensori laterali, i centrocampisti centrali e, ultimi in questa graduatoria, i difensori laterali (Di Salvo et al. 2007). Si è detto precedentemente che un calciatore produce lattato a causa di un singolo sforzo intenso, ma soprattutto per la somma di più sforzi ripetuti; sembra ragionevole pensare, quindi, che i giocatori che compiono un maggior numero di metri ad alta intensità e di sprint utilizzino in modo più massiccio il sistema anaerobico lattacido. L’unico dato che riporta i dati di lattato nel calcio in base al ruolo di gioco è di Santos Silva et al. (2000) riferito a giocatori brasiliani professionisti, divisi però soltanto in attaccanti, centrocampisti e difensori; i valori più alti rilevati sono quelli degli attaccanti (7,7±1,8 mmol/L dopo il primo tempo e 7,2±2,1 mmol/L dopo il secondo); i centrocampisti hanno 6,4±1,8 mmol/L dopo il primo tempo e 5,6±1,2 mmol/L dopo il secondo, mentre di difensori hanno 6,9±2,9 mmol/L dopo il primo tempo e 4,7±3,0 mmol/L dopo il secondo. 3.4 IL LIVELLO PRESTATIVO DEI GIOCATORI E LE CONCENTRAZIONI DI LATTATO EMATICO. 31 Già 30 anni fa Ekblom et al. (1981) constatarono che nel calcio, se si considerano le squadre di diverse categorie, si può vedere come, in linea di massima, quanto più è elevato il livello prestativo tanto maggiore è il lattato prodotto (Figura 11). Questo vale per molti sport di squadra e il motivo principale per cui nei giocatori o nelle giocatrici delle categorie più elevate si rilevano valori mediamente più alti di lattato è perché questi, rispetto a quelli di categorie inferiori, hanno una maggiore capacità di compiere sprint e corse ad alta intensità. 3.5 LA RIDUZIONE DEL LATTATO NEL FINALE DELLA PARTITA. Furono sempre Ekblom et al. (1981) i primi a constatare che nel calcio, al termine del secondo tempo, vi sono livelli di lattato ematico inferiori a quelli del termine del primo tempo (Figura 11). Tale calo può essere riconducibile alla deplezione delle scorte di glicogeno, come rilevato oltre 40 anni fa da Karlsson (1971). Kustrup et al (2006) dimostrarono che, alla fine della partita di calcio, in media, l’11% delle fibre muscolari è privo di glicogeno e il 36% è quasi vuoto. E’ probabile, in altre parole, che la deplezione di glicogeno muscolare riduca, rispetto all’inizio del match, la possibilità di produrre energia attraverso il sistema lattacido. Questa spiegazione può essere all’origine anche dei cali del lattato ematico rilevati a fine partita in altri sport ( basket, rugby, pallanuoto ecc.). 32 Figura 11: Concentrazioni di lattato nel sangue di giocatori di calcio in millimoli per litro; con “Div. I” si intende la categoria corrispondente alla serie A italiana; procedendo sull’ascissa da sinistra a destra, le categorie sono sempre inferiori. Per ciascuna categoria sono indicati sia i valori di lattato al termine del primo tempo (a sinistra), sia quelli al termine della partita (a destra). Questi ultimi, come si vede, sono mediamente più bassi dei precedenti; i valori medi per ciascuna categoria (pallini più grossi) sono altresì più bassi quanto meno alta è la categoria di appartenenza dei giocatori (Ekblom,1981). 3.6 IL MODELLO PRESTATIVO DEL CALCIATORE. Il modello prestativo del calciatore è stato ampiamente descritto. In una partita di 90 min percorre in media 10-14 km dei quali circa il 70% a bassa intensità (corsa, cammino) e il restante 30% a intensità elevata. Nell’ambito dell’attività ad alta intensità elevata. Nell’ambito delle attività ad alta intensità, il giocatore compie sprintando dall’1% all’11% della distanza complessiva, effettuando ogni 70-90 s un’azione a intensità elevata di circa 2-4 s o di circa 15-20 m, molti dei quali includono uno o più cambi di direzione e/o accelerazioni violente. In media un singolo calciatore può effettuare: 10-20 sprint più corse ad alta intensità ogni 70 s, 15 tackles, 10 colpi di testa, 50 partecipazioni ad azioni, 30 passaggi (Bangsbo, 1994; Mohr at al. 2003; Bradley et al. 2010). Spesso la capacità di compiere efficacemente queste attività ad alta intensità può essere determinante al fine del risultato. È infatti, 33 nell’ultimo quarto d’ora di partita, proprio quando diminuiscono le corse ad alta intensità e gli sprint, che si assiste a un aumento dei gol subiti (Arcelli at al.,2010). 3.7 IL LATTATO NEI PORTIERI. Nel calcio, come in altri giochi di squadra, gli impegni dei giocatori di movimento sono stati ampiamente descritti; per quanto riguarda i portieri invece, è stato scritto molto poco. Come si è già detto, del portiere di calcio si sono studiati i seguenti aspetti: caratteristiche antropometriche, uscite alte e uscite di pugno, spazio percorso durante il match, durata di ciascun intervento, meccanismo energetico utilizzato dal portiere, classificazione delle azioni tecniche in base all’impegno, gesto tecnico durante la performance, gesto tecnico nei 15 minuti di gara, eccetera. Nessuno, però, come invece è successo in particolare per i portieri della pallanuoto, si è preoccupato di valutare quanto lattato produce il portiere di calcio durante il match. Per completare la descrizione del modello prestativo del portiere è utile considerare anche questo aspetto. Nella pallanuoto, del resto, per i portieri si sono trovati valori di 3,93±1,64 mmol/L come media della concentrazione di lattato ematico alla fine di ciascun periodo di gioco, con un ambito tra 2 e 8,3 mmol/L (Platanou, 2009). Tali valori non sono lontani da quelli riscontrati in media su 30 giocatori professionisti di tutti i ruoli (da un valore minimo medio 3,47 mmol/L al termine del quarto periodo a un massimo di 4,22 mmol/L al termine del secondo periodo). Questi dati sembrano indicare che il ruolo del portiere nella pallanuoto si differenzia dagli altri giochi di squadra, nei quali i portieri hanno un impegno fisiologico molto minore dei cosiddetti giocatori di movimento (Platanou & Geladas, 2006). Nel caso del gioco del calcio, ad ogni modo, come si è visto nel paragrafo 2.5 (si veda in particolare la Figura 6), l’intervallo fra un intervento del portiere e il 34 successivo, per lo meno secondo i dati raccolti nel Campionati Mondiali del 1994, non è sempre tale da permettere il recupero completo del debito alattacido. Infatti in circa il 15% dei casi, tale intervallo è inferiore ai 30 s e quindi il recupero è decisamente incompleto (<50%) .Nel secondo degli interventi, dunque, esistono le premesse affinché, considerando il fatto che il gesto tecnico viene compiuto con scorte ridotte di fosfocreatina, ci sia la possibilità di una produzione non trascurabile di energia di origine lattacida. Questa è stata la premessa in base alla quale si è pensato di misurare la concentrazione di lattato nel sangue dei portieri di calcio al termine del primo tempo e alla fine della partita. 4. MATERIALI E METODI. In questo elaborato si sono valutate le mmol/L di lattato prodotte al termine del primo tempo (45’ più recupero) e del secondo tempo (45’ Più recupero) in portieri maggiorenni dilettanti. Come riportato in tabella 16, sono stati analizzati 10 soggetti durante la stagione 2010-2011, 5 appartenenti al campionato di seconda categoria, 1 al campionato di Prima Categoria, 1 al campionato di Terza Categoria, 1 al campionato Juniores Provinciale, 2 al campionato Juniores Regionale Fascia B. In tabella 16 i portieri, per ragioni di privacy, vengono indicati con le seguenti sigle: P1, P2, P3, P4, P5, P6, P7, P8, P9, P10. Prima della partita a ciascun soggetto, anche se maggiorenne, è stata fatta firmare una liberatoria come tutela nei confronti dell’operatore (Foto 1). Il prelievo del lattato è stato eseguito al termine del primo e del secondo tempo al lobo dell’orecchio, utilizzando il lattamentro Lactate Pro (Foto 2). In media il prelievo è stato eseguito dopo circa 50 s dal termine del primo e del secondo tempo, specificando anche l’ultima attività svolta dal portiere poco prima del prelievo. 35 PORTIERE ETA' P1 P2 P3 P4 P5 P6 P7 P8 P9 P10 SOCIETA' CATEGORIA n° ALLEN. (set.) ULTIMA ATT. 1°T mmol/L 1°T ULTIMA ATT. 2°T mmol/L 2°T Tabella 16: portieri, età, società di appartenenza, categoria, numero allenamenti settimanali specifici e aspecifici per il ruolo, ultima attività del primo tempo, mmol/L primo tempo, ultima attività del secondo tempo, mmol/L secondo tempo. Foto 1: Liberatoria compilata e firmata prima della partita, dal portiere esaminato. Lo studio aveva come obiettivo quello di valutare la produzione media di lattato alla fine del primo e del secondo tempo e inoltre verificare se esiste una differenza significativa tra la media di lattato prodotto nel secondo tempo e il primo tempo. 5. ANALISI STATISTICA. Vengono ora esposti i risultati dell’analisi statistica effettuata, secondo quanto descritto nel paragrafo MATERIALI E METODI. 5.1 RACOLTA DATI. La tabella 17 mostra i dati dei portieri sottoposti al test, vale a dire età, società di appartenenza, categoria, numero allenamenti settimanali specifici e aspecifici per il ruolo, ultima attività del primo tempo, mmol/L di lattato rilevate al termine del primo 36 tempo, ultima attività del secondo tempo, mmol/L di lattato rilevate al termine del secondo tempo. PORTIERE P1 P2 P3 P4 P5 P6 P7 P8 P9 P10 ETA' 18 18 18 24 23 21 18 24 23 39 SOCIETA' PCG Bresso Bresso Calcio PCG Bresso PCG Bresso ASD Ranger Bresso PCG Bresso US Peschiera Calcio US Aldini Bariviera CCD Pro Novate Peloritana CATEGORIA n° ALLEN. (set.) Juniores (reg.B) 2 1° categoria 3 Juniores (reg.B) 2 2° categoria 2 2° categoria 2(1 specifico) 2° categoria 2 Juniores (prov.) 3(0 specifici) 2° categoria 2(0 specifici) 3° categoria 2 2° categoria 2(0 specifici) ULTIMA ATT. 1°T riposo riposo riposo riposo riposo riposo riposo riposo riposo riposo mmol/L 1°T ULTIMA ATT. 2°T mmol/L 2°T 1,3 riposo 3,7 1,9 riposo 1,8 1,4 uscita alta e rinvio di piede 2,1 1,7 riposo 1,7 4,6 riposo 3,8 2,1 riposo 1,7 1,9 riposo 2,1 3,3 uscita alta e rinvio di piede 4,7 2 riposo 2 2,8 riposo 2,6 Tabella 17: portieri, età, società di appartenenza, categoria, numero allenamenti settimanali specifici e aspecifici per il ruolo, ultima attività del primo tempo, mmol/L di lattato rilevate al termine del primo tempo, ultima attività del secondo tempo, mmol/L di lattato rilevate al termine del secondo tempo. 5.2 MEDIA E DS DEL LATTATO PRODOTTO AL TERMINE DEL PRIMO E DEL SECONDO TEMPO. La tabella 18 e la figura 12 indicano come sono distribuite le differenti produzioni di lattato dei 10 portieri analizzati al termine del primo e del secondo tempo. Il lattato, come detto precedentemente, è stato prelevato dopo circa 50 s al termine del primo e del secondo tempo 37 PORTIERE P1 P2 P3 P4 P5 P6 P7 P8 P9 P10 mmol/L 1°T 1,3 1,9 1,4 1,7 4,6 2,1 1,9 3,3 2 2,8 mmol/L 2°T 3,7 1,8 2,1 1,7 3,8 1,7 2,1 4,7 2 2,6 Tabella 18: Produzioni di mmol/L di lattato nei portieri (1°e 2° tempo). Figura 12: Rappresentazione grafica delle produzioni di mmol/L di lattato nei portieri (1° e 2° tempo). 38 La tabella 19 e la figura 13 indicano la media e la DS della produzione di lattato del primo e del secondo tempo. PORTIERE P1 P2 P3 P4 P5 P6 P7 P8 P9 P10 MEDIA DS mmol/L 1°T 1,3 1,9 1,4 1,7 4,6 2,1 1,9 3,3 2 2,8 2,3 1,01 mmol/L 2°T 3,7 1,8 2,1 1,7 3,8 1,7 2,1 4,7 2 2,6 2,62 1,06 Tabella 19: Media e deviazione standard della produzione di lattato al termine del primo e del secondo tempo. media mmol/L media mmol/L di lattato (1° e 2° tempo) 3 2,5 2 2,62 ± 1,06 2,3 ± 1,01 1° tempo 2° tempo 1,5 1 1° tempo 2° tempo Figura 13: Rappresentazione grafica della media e deviazione standard della produzione di lattato al termine del primo e del secondo tempo. 5.3 TEST T. 39 Con il test del t di Student si è verificato se esiste differenza significativa tra la media del lattato prodotto al termine del secondo tempo con quella prodotta al termine primo tempo; la significatività si verifica quando t è superiore al valore critico P( 0.025). Dopo aver calcolato t(1.14), utilizzando la tabella V del t di Student (Figura 14) possiamo notare che non vi è alcuna differenza significativa tra la media di lattato prodotto nel secondo tempo con quella del primo tempo. Figura 14: Tavola V; valori critici della t di Student. Dalla Figura 14 possiamo osservare che il valore t=1.14 è inferiore al valore critico P=0,025 (2.262); quindi non esiste differenza statisticamente significativa. 6. DISCUSSIONE. 40 Quando si è programmato di valutare le concentrazioni di lattato ematico, si pensava di ottenere dei risultati completamente differenti: si supponeva, infatti, di trovare una media di mmol/L di lattato, sia nel primo che nel secondo tempo, molto vicina al valore di riposo (1mmol/L), o di poco superiore ad essi. Non si pensava assolutamente si potessero raggiungere, come invece si è verificato, valori superiori alle 2 mmol/L, sia per ogni singolo soggetto preso in analisi, sia per la media calcolata sui 10 soggetti. Analizzando i dati emersi dall’analisi statistica, invece, si evince che il portiere ha in media nel primo tempo 2,3 mmol/L di lattato con una DS di ±1,01 e nel secondo tempo 2,62 mmol/L di lattato con una DS di ±1,06. In ogni caso, i risultati riscontrati possono trovare una spiegazione plausibile e concorde con quanto ipotizzato. Si ritiene, infatti, che il livello non elevato dei portieri (dilettanti) presi in analisi, possa influire sulle concentrazioni di lattato ematico riscontrate durante la partita. Si pensa, in altre parole, che il basso livello di allenamento e le poche “sedute” settimanali, determinino nei portieri esaminati uno scarso condizionamento generale. Questo fa sì che essi abbiano una velocità di soglia anaerobica molto bassa e scarsa capacità di recupero. Tutto ciò si manifesta in una produzione di lattato già ad intensità molto basse, e in una incapacità di smaltimento rapido del poco lattato prodotto negli impegni brevi ed intensi nel corso della partita. Osservando la media delle mmol/L di lattato del primo tempo con la media del secondo tempo, potrebbe sembrare che il portiere produca più lattato nel secondo tempo rispetto al primo. Attraverso il test t di Student si è andati appunto a verificare se esiste differenza significativa tra la media di lattato prodotto nel secondo tempo e quella prodotta nel primo tempo. 41 Dallo studio non emerge significatività; non possiamo affermare, quindi, che nel secondo tempo il portiere produce in media più lattato rispetto al primo tempo. Questo risultato è però concorde con quanto studiato in merito ai differenti gesti tecnici del portiere di calcio della serie A italiana (Borri, 2010). In quello studio, infatti, si era visto che non vi era una differenza significativa sull’andamento dei gesti tecnici eseguiti dal portiere nei sei quarti di gara. Questo avvalora il fatto che, nel secondo tempo, il portiere non esegue più gesti tecnici rispetto al primo; di conseguenza, è corretto non trovare una differenza significativa tra il lattato prodotto nel secondo e primo tempo. Si può aggiungere che, a differenza dei giocatori di movimento, i quali al termine del secondo tempo presentano livelli di lattato ematico inferiori a quelli del termine del primo tempo, nei portieri esaminati questo non accade, molto probabilmente perché non si verifica deplezione di glicogeno durante la partita. Per quanto riguarda il portiere di serie A, dagli studi effettuati si può dire che nel corso della partita percorre circa 4 km (Stolen et al. 2005); i movimenti si compiono prioritariamente attraverso spostamenti di posizionamento lento, alternati ad azioni esplosive legate ad aspetti coordinativi (Filippi e De Bellis, 2008). Un intervento di tipo di difensivo è molto breve e dura al più 3 s (Filippi, 2002); Egli esegue per il 18,4% interventi ad alto impegno fisiologico, mentre per l’81,6% interventi a basso impegno fisiologico (Borri, 2010). Nel corso delle azioni di gioco, tutte di breve durata, il portiere sollecita prevalentemente il meccanismo anaerobico alattacido, con conseguente riduzione delle scorte di fosfageno muscolare (ATP e PC) (Filippi, 2002). Il gesto tecnico eseguito con maggior frequenza durante la partita dal portiere è la “ripresa del gioco con i piedi con giocata lunga”, mentre è “l’uscita di testa” il gesto eseguito con minor frequenza (Borri, 2010). E’ verosimile che negli atleti meglio 42 allenati – quali sono i portieri professionisti – per una pari deplezione del fosfageno muscolare conseguente ad un intervento, l’intervallo successivo possa – per lo meno nella maggior parte dei casi – essere sufficiente per permettere un recupero completo o quasi. Nei giocatori meno allenati – quali sono i portieri dilettanti – un pari intervallo di tempo consente un recupero inferiore e, di conseguenza, fa sì che, all’intervento successivo, essendo ridotte le scorte di fosfocreatina disponibile, debba necessariamente determinare l’intervento del meccanismo anaerobico lattacido. Dal seguente studio, del resto, si sono riscontrati anche valori di lattato di 4,6-4,7 mmol/L. Si ipotizza, in definitiva, come detto precedentemente, che tali valori possono essere riconducibili ad un basso livello di allenamento o, addirittura, che la somma di interventi con recupero incompleto (<50%), oltre alle contrazioni muscolari deputate al mantenimento della postura e agli spostamenti che il portiere esegue durante la partita, determinino nel tempo, una produzione di lattato superiore a quella ipotizzata (in alcuni casi anche sopra soglia anaerobica). Quanto è emerso da tale lavoro, ad ogni modo, vuole essere soprattutto uno stimolo in più per far si che professionisti del settore possano continuare ad approfondire gli aspetti tecnico-tattico-fiosologici di questo affascinante ruolo. Nello sport ad ogni modo, è spesso successo che, soltanto in un secondo tempo, si è capito cosa potesse servire la conoscenza più approfondita degli aspetti di una certa disciplina. 43 7. BIBLIOGRAFIA. • Arcelli E.: Appunti di teoria dei giochi sportivi. Libreria dello Sport, Milano, 2004. • Arcelli E., Ferretti F.: Calcio preparazione atletica. Edizioni Correre, 2004. • Arcelli E., Borri D., Pugliese L., Alberti G.: L’importanza dei giocatori entrati nel secondo tempo. Scienza e Sport n°6, pag. 46-50. • Arcelli E., Pugliese L.: Il lattato nei giochi di squadra. Scienza e Sport n°9, pag. 38-45. • Bellini L.: Studio della tattica del portiere sulla palla inattiva. 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