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carbone pulito
Università degli Studi di Perugia
Ing. Andrea Nicolini
CARBONE PULITO
Il ruolo del carbone nella generazione elettrica
•
Il costo del kWh in Italia è il più alto d’Europa, e ciò dipende sostanzialmente da un
mix energetico anomalo. Per le nostre centrali termoelettriche usiamo in maniera
preponderante il gas naturale (combustibile tra i più puliti ai fini delle emissioni,
ma tra i più cari); non impieghiamo energia nucleare e teniamo la percentuale di
carbone bruciato per produrre energia anche inferiore al 10%, mentre ancora non
significativa è la quota dell’energia alternativa (pulita, ma anch’essa – incentivi a
parte ed escluso l’idroelettrico – assai cara).
•
In Europa circa il 30% dell’energia elettrica è prodotta da centrali a carbone; a
livello mondiale la percentuale a carbone è circa del 40%, seguito dal gas 22%,
idroelettrico 16%, petrolio e altro circa il 22% (dove sono compresi fotovoltaico ed
eolico).
•
Del resto la quota di produzione elettrica da carbone in Italia è di gran lunga
inferiore a quella di due Paesi considerati “verdi” come la Germania (48%) e la
Danimarca (35%).
:
Il ruolo del carbone nella generazione elettrica
Il GSE ha determinato, ai sensi dell’articolo 6, comma 5, del decreto del Ministro dello Sviluppo Economico del 31 luglio 2009 (di seguito: “Decreto”) recante “Criteri e modalità per la fornitura ai clienti finali delle informazioni sulla composizione del mix energetico utilizzato per la produzione dell'energia elettrica fornita, nonché sull’impatto ambientale della produzione”, il mix iniziale nazionale dell’energia elettrica immessa in rete relativo agli anni di produzione 2013 e 2014 di seguito riportato.
Composizione del mix iniziale nazionale utilizzato per la produzione dell’energia elettrica immessa nel sistema elettrico italiano nel 2013*
Fonti primarie utilizzate
‐ Fonti rinnovabili
‐ Carbone
‐ Gas naturale
‐ Prodotti petroliferi
‐ Nucleare
‐ Altre fonti
*dato consuntivo
%
38,2%
18,9%
33,1%
1,0%
4,2%
4,6%
Composizione del mix iniziale nazionale utilizzato per la produzione dell’energia elettrica immessa nel sistema elettrico italiano nel 2014**
Fonti primarie utilizzate
‐ Fonti rinnovabili
‐ Carbone
‐ Gas naturale
‐ Prodotti petroliferi
‐ Nucleare
‐ Altre fonti
**dato pre‐consuntivo
%
42,5%
19,3%
28,9%
1,0%
4,6%
3,7%
Il ruolo del carbone nella generazione elettrica
• Se in molti Paesi occidentali il carbone ha subito negli ultimi tempi una
battuta d’arresto, altrettanto non avviene in Paesi ad ex economia
pianificata o in via di sviluppo.
•
A tale proposito si citano solo due notizie. La prima: il Presidente Putin ha
recentemente dichiarato di voler portare il carbone dal 15% al 35% della
produzione elettrica, in modo da lasciare libera per l’esportazione una
parte considerevole del gas già consumato. Seconda notizia: la Cina (ove
oggi il 65% del mix energetico è basato sul carbone) per supportare
l’incredibile sviluppo economico ha fatto entrare in funzione dal 2006 al
2009 nuove centrali termoelettriche per circa 100.000 MW/anno
(praticamente la stessa potenza messa in atto dall’Italia dal 1900 al 2000).
• La IEA nel rapporto WEO 2014 prevede un aumento di circa il 30% nel
consumo del carbone entro il 2040.
Il ruolo del carbone nella generazione elettrica
• Il carbone è quindi un combustibile fossile che non si
può ignorare, perché economico, di facile trasporto
via mare e con riserve accertate molto importanti,
oltretutto abbastanza uniformemente distribuite
sulla crosta terrestre.
• Purtroppo, come è noto, bruciando emette una
quantità di CO2 e di altri inquinanti di gran lunga
superiore a quella emesse dalle centrali a gas, e con
un rendimento di centrale piuttosto basso
Il ruolo del carbone nella generazione elettrica_Emissioni di GHG
Carbone: 1000-1200 g CO2-eq/kWh
CCS < 200 g CO2-eq/kWh
Clean Coal Technologies
Quasi tutti i Paesi del mondo sono in questo momento impegnati a mettere a
punto tecnologie per la cattura e lo stoccaggio della CO2 (CCS
Technologies), tecnologie, che tra l’altro, allargando la finestra di
osservazione, potrebbero essere messe a disposizione di altre sorgenti
d’inquinamento,come acciaierie e cementifici. Si è ormai vicini ad
ottenere emissioni e rendimenti paragonabili con quelli di una centrale a
ciclo combinato alimentata a gas.
I punti cardine per la ricerca e lo sviluppo devono essere : 





Miglioramento dell’efficienza;
Riduzione dei costi di capitale;
Miglioramento della flessibilità del combustibile;
Riduzione delle emissioni;
Recupero e sequestro di CO2;
Controllo, ottimizzazione e integrazione dei sistemi. Cosa di intende per Carbone Pulito?
Clean Coal: insieme di
riduzione dell'impatto
energia elettrica dalla
termini di efficienza
emissioni inquinanti.
tecnologie innovative volte alla
ambientale della produzione di
combustione del carbone, sia in
energetica che di riduzione di
Si classificano in tecnologie
 di pre‐combustione
 simultanee alla combustione
 di postcombustione
Clean Coal Technologies
LE CCT possono riguardare tutti i processi coinvolti nella generazione di
energia (preparazione carbone, combustione, post trattamento fumi). Le
tecnologie innovative oggi utilizzate per ottenere carbone pulito, atte ad
evitare la grande produzione di inquinanti che si aveva nelle centrali
tradizionali, sono molte:
 Combustione a letto fluido (FBC)
 Gassificazione del carbone (IGCC)
 Gassificazione Fuel Cell System (IGFC)
 Riduzione inquinanti: Desolforazione dei gas combusti, low nitrogen
oxide burners, selective catalytic reduction (SCR), electrostatic
precipitators.
 Sistemi Carbon Capture and Storage CCS
PCC_Pulverized Coal Combustion
• Soluzione tecnologica più diffusa
• Ciclo Hirn subcritico (Pmax<223.3 bar), con un solo risurriscaldamento
• Rendimenti energetici abbastanza bassi, dell’ordine del 40% con
conseguenti elevate emissioni di CO2 (800‐900 g/kWh)
• Emissioni di SOx e NOx possono essere ridotte attraverso l’utilizzo di
tecnologie di conversione energetica più avanzate
1)
2)
3)
4)
Il carbone di alimentazione viene triturato, tramite mulini, fino ad
arrivare ad una classe granulometrica molto fine;
Il polverino di carbone così ottenuto è insufflato, assieme ad una parte
dell’aria comburente, alla caldaia per mezzo degli ugelli del bruciatore;
La combustione avviene ad una temperatura di circa 1300‐1700°C, in
relazione al tipo di carbone utilizzato. Il tempo di permanenza delle
particelle nella caldaia varia dai 2 ai 5 secondi e le loro dimensioni
devono essere sufficientemente piccole per conseguire un’efficiente
combustione;
Il vapore originato nella caldaia è inviato all’ingresso di una turbina.
PCC_Pulverized Coal Combustion
Generatori a letto fluido (Fluidized Bed
Combustor)
La spinta di galleggiamento indotta dalla velocità
dell’aria e dipendente dal quadrato del diametro
della particella
Forza di gravità proporzionale alla
densità del carbone e al cubo del
diametro della particella
Generatori a letto fluido (Fluidized Bed
Combustor)
• Particolari condizioni fluidodinamiche che si verificano nella
camera di combustione (generalmente a sviluppo verticale). Si
realizza una miscela di particelle solide e aria. Le particelle
quindi rimangono in sospensione per un tempo prolungato. Non
si depositano sul fondo per gravità, né vengono trasportate fuori
dalla zona di combustione.
• Per realizzare tale miscela occorre bilanciare la portata di
carbone solido inviato nella camera di combustione con
opportune portate d’aria dirette verso l’alto dalla parte inferiore
della camera. Quando si raggiungono queste condizioni
operative il letto fluido ha un comportamento molto simile ad
un liquido. Le particelle a bassa densità tendono a galleggiare
mentre quelle con densità più elevata tendono a portarsi sul
fondo. Si forma un cuscino di fluido in sospensione con il pelo
libero superiore che si mantiene praticamente orizzontale.
Generatori a letto fluido (Fluidized Bed
Combustor)
Fattori per il controllo del letto fluido:
• Diametro delle particelle solide
• Velocità dei fluidi
• Peso specifico del carbone impiegato
• Densità della miscela gassosa
• Altezza del letto(raiser) all’interno della camera di combustione
Generatori a letto fluido (Fluidized Bed
Combustor)
• Permette di effettuare co‐firing con biomasse
• Controllo SOx tramite iniezione di sorbente
all’interno della camera di combustione assieme
al carbone
• Temperatura massima minore rispetto agli
impianti convenzionali che permette un maggior
controllo anche sugli NOx
• Tecnologia ben validata, per potenze fino a 350
MW
Integrated Gasification Combined
Cycle IGCC (1)
Il ciclo ha inizio con il carbone che giunge in centrale contenendo impurità;
tali impurità vengono eliminate con un primo trattamento di “lavaggio”
(coal washing), che comprende la frantumazione del carbone in piccoli
pezzi, il passaggio attraverso filtri a gravità e una flottazione dove sono
separati i materiali più pesanti.
Nei processi IGCC il carbone non è poi bruciato direttamente, ma viene fatto
reagire nei combustori con ossigeno e vapor d’acqua ad alta temperatura
(mediamente 650°C) per produrre il Syngas (principalmente idrogeno ed
ossido di carbonio). Il Syngas depurato alimenta una turbina a gas (a
temperatura di circa 1.000°C) per produrre energia elettrica, ed i fumi di
scarico di questa sono nuovamente utilizzati per produrre vapore atto ad
alimentare una turbina a vapore (di qui il nome di ciclo combinato).
IGCC_La tecnologia
Un impianto IGCC è organizzato secondo quattro sezioni fondamentali :
 La sezione di preparazione del combustibile e dell’ossidante composta
dai sistemi di stoccaggio, trasporto e macinazione del carbone e
dall’unità di frazionamento criogenico dell’aria.
 La sezione di gassificazione comprendente il gassificatore e il sistema di
alimentazione del combustibile.
 La sezione di condizionamento e depurazione del Syngas che ha lo
scopo di raffreddare il gas di sintesi per mezzo di opportuni scambiatori
di calore detti anche Syngas coolers, oppure per quench, ossia per il
semplice miscelamento con acqua o Syngas freddo, recuperandone
l’energia termica, e di depurarlo dalle sostanze inquinanti.
 La sezione di potenza formata da un impianto a ciclo combinato gas‐
vapore alimentato con il Syngas depurato
Integrated Gasification Combined
Cycle IGCC (3)
Integrated Gasification Combined
Cycle IGCC (2)
Il ciclo tecnologico
1.
2.
3.
Il gas di sintesi viene generato ad una temperatura di circa 1400°C e
raffreddato per mezzo di scambiatori di calore a recupero (i cosiddetti
“Syngas coolers”) con produzione di vapore saturo ad alta pressione,
utilizzato nell’impianto a vapore per la produzione di energia elettrica.
Il gas di sintesi viene in seguito depurato dal particolato e da tutti gli altri
inquinanti solubili in acqua per opera di un sistema di lavaggio con
acqua. Mediante tale sistema di lavaggio, il Syngas presenta ridottissime
concentrazioni di particolato che, oltre a consentirne l’impiego come
combustibile nella turbina a gas, determinano anche limitate
concentrazioni finali di particolato.
L’eliminazione dei composti dello zolfo avviene con processi di
desolforazione del Syngas a bassa temperatura, basati sull’utilizzo di
processi fisici di assorbimento che consentono di rimuovere circa il 99%
dello zolfo presente nel Syngas.
Il ciclo tecnologico
4.
5.
6.
Lo zolfo viene poi recuperato come zolfo elementare attraverso l’utilizzo
di un processo tipo Claus‐SCOT. Il gas di sintesi purificato e pre‐
riscaldato viene quindi inviato ad una turbina a gas di ultima
generazione (operante a circa 1300‐1400°C).
I gas di scarico della turbina a gas vengono impiegati in un generatore a
vapore a recupero a tre livelli di pressione integrato con i Syngas coolers
della sezione di gassificazione.
Il raffreddamento del condensatore dell’impianto a vapore può
realizzarsi attraverso l’utilizzo di una torre evaporativa con lo scopo di
eliminare l’utilizzo dell’acqua del mare, cioè mediante l’utilizzo di un
circuito aperto che richiede una portata d’acqua di circa 64000 metri
cubi all’ora, valutata per una differenza di temperatura di 8°C.
IGCC_Prestazioni ambientali
Rispetto ai tradizionali impianti a combustione, negli impianti IGCC l’eliminazione delle sostanze inquinanti avviene in prevalenza sul Syngas, ovvero sul combustibile piuttosto che sui prodotti della combustione. Il processo di depurazione del Syngas può essere suddiviso in tre fasi :
1. una sezione di rimozione del particolato, costituita da un ciclone che opera una rimozione delle particelle di maggiori dimensioni, seguita da una torre di lavaggio che elimina le particelle più piccole insieme ad altri inquinanti solubili in acqua.
2. una sezione di rimozione dei composti dello zolfo, utilizzante processi di assorbimento fisico‐chimico dell’ H2S.
3. una sezione di trattamento degli effluenti gassosi generati dalla sezione precedente, composta da un processo CLAUS per il recupero dello zolfo elementare seguito da un processo SCOT per un’ulteriore trattamento dei gas uscenti dallo stesso processo CLAUS.
Integrated Gasification Combined
Cycle IGCC (4)
• Il gas di sintesi ottenuto dal processo di gassificazione può essere utilizzato come combustibile in una turbina a gas inserita in un ciclo combimato gas vapore
• Soluzione per sfruttare combustibili in origine poco puliti (carboni, frazioni pesanti derivanti dalla raffinazione del petrolio o residui dell’industria chimica) in un sistema di combustione a gas
• Sistemi tra loro integrati:
– Gassificatore
– Ciclo combinato
– Sistema di preparazione dell’ossidante (ASU‐Air Separation Unit‐ se viene impiegato ossigeno puro
– Sistema di pulizia del Syngas, preceduto da eventuale sistema di raffreddamento del gas
– Sistema di preparazione del carbone
– L’insieme dei sistemi di trattamento e/o recupero dei residui solidi
Integrated Gasification Combined
Cycle IGCC (5)
• Vantaggi:
– Valori di emissione particolarmente bassi
• Rimozione SOx del 99%, prima che i gas entrino in turbina
• Si evita il problema del particolato che si ha utilizzando il polverino di carbone
• Valori di NOx paragonabili a quelli ottenuti nelle TAG con sistemi DLN e tecniche di abbattimento a valle della combustione
• Svantaggi
– Elevati costi
– Prestazioni di efficienza non elevate
Integrated Gasification Fuel Cell (IGFC) Ciclo basato sulla gassificazione di combustibile solido (carbone,
biomasse ..)
Analogo all’impianto IGCC, in cui però la turbina a gas è sostituita
da unità di potenza con celle a combustibile ad alta temperatura
(SOFC)
Integrated Gasification Fuel Cell (IGFC) Ciclo a pressione atmosferica
"IGFC Atmospheric Pressure" by Ehrucyll - Powerpoint. Licensed under CC
BY-SA 3.0 via Commons https://commons.wikimedia.org/wiki/File:IGFC_Atmospheric_Pressure.png#/m
edia/File:IGFC_Atmospheric_Pressure.png
Integrated Gasification Fuel Cell (IGFC) • Conversione del carbone in syngas nel gassificatore
• Pulizia ed espansione del syngas, con produzione di energia
• L’ossigeno necessario nella gassificazione è fornito dall’unità ASU.
• SOFC è configurato in modo da mantenere separati i due flussi al
catodo e anodo
• Il gas di scarico dall’anodo, contenente idrogeno e monossido di
carbonio, viene bruciato completamente nell’oxy combustor
• L’energia termica prodotta nel processo anodico viene recuperata
mediante un ciclo composto da un HRSG e una turbina a vapore
• Nel catodo i gas di scarico caldi sono impiegati per preriscaldare l’aria
di processo e per generare ulteriore energia.
• Elevata efficienza energetica rispetto ai sistemi tradizionali a polverino
di carbone e ai sistemi IGCC.
Abbattimento degli inquinanti
• Per l’SO2 i desolforatori più impiegati sono degli scrubber a umido; una
miscela di soda ed acqua viene poi spruzzata nei fumi di scarico, formando
solfato di calcio (gesso), poi rimesso e usato nell’industria edilizia. Il
rendimento di abbattimento può arrivare al 99%.
• Per la riduzione degli NOx si possono impiegare speciali bruciatori (low
NOx burners) che diminuiscono controllano l’impiego dell’ossigeno nelle
parti più calde della camera di combustione, minimizzando quindi la
produzione di tali gas e permettendo interventi più modesti in sede di
post‐combustione. Con tali accorgimenti e l’eventuale impiego di
ammoniaca (o urea) ed appositi catalizzatori (solitamente a base di
Vanadio), si può giungere alla riduzione del 90% di NOx (Selective Catalitic
Reduction ‐ SCR).
• Precipitatori elettrostatici, filtri meccanici e scrubber ad umido riescono a
rimuovere dai fumi di scarico più del 99% del particolato (PM10).
Precipitatori elettrostatici
Vantaggi
 Efficienza superiore al 99% e generano
 Perdite di carico limitate
Svantaggi
 Evitare gas incombusti (deflagrazione)
 Poco efficaci con ceneri a basso tenore di
zolfo (alta resistività)
 Costo elevato
Precipitatori elettrostatici
L'effetto corona è un fenomeno per
cui una corrente elettrica fluisce tra
un conduttore a potenziale elettrico
elevato ed un fluido neutro
circostante,
generalmente
aria.
L'effetto si manifesta quando il
gradiente di potenziale supera un
determinato valore sufficiente a
provocare la ionizzazione del fluido
isolante ma insufficiente perché si
inneschi un arco elettrico.
Comincia un flusso di elettroni che
porta con sé le particelle che incontra
sulla traiettoria.
Filtri a manica
Passaggio
forzato
dei
fumi
attraverso degli speciali filtri (che
permettono l’intercettazione delle
particelle di particolato) sospesi
all’interno di un grande contenitore
metallico (baghouse) provvisto di
opportuni sistemi per l’ingresso e
l’uscita del gas, per la raccolta delle
polveri e per la pulizia degli
elementi filtranti.
Filtri a manica
La pulizia avviene con soffiaggio a flusso invertito o per scuotimento.
Rispetto ai precipitatori elettrostatici presentano il vantaggio
dell’indipendenza dell’efficienza dal contenuto di zolfo nel
combustibile.
Svantaggi
• Scarsa resistenza alla temperatura (T < 150 170 °C)
• Scarsa resistenza alle ceneri acide
• Forti perdite di carico (aumenta la potenza richiesta ai ventilatori)
• Necessità di operare al di sotto della temperatura di rugiada (va
evitata la condensazione dell’umidità contenuta nei gas per motivi
di efficienza)
• Alti costi di manutenzione
Abbattimento SOx e NOx
Scrubber a umido (wet scrubber)
Low NOx Burners e SCR
Sequestro dell’anidride carbonica
Con questo nome viene individuato il problema dell’immagazzinamento definitivo
della CO2, che comunque occorre creare dopo tutti gli abbattimenti effettuati durante
i cicli tecnologici. Sull’argomento del sequestro geologico ottenuto reiniettando CO2 in
serbatoi sotterranei, molti scienziati hanno avanzato dubbi. Ma esistono studi e
ricerche, in vari Paesi, che si muovono in questo senso.
Il Dipartimento per l’Energia degli USA, nel suo “Carbon Sequestration Technologies
Roadmap and Program Plan 2007”, individua cinque tipi di formazione geologica,
ognuna delle quali sembra presentare caratteristiche ottimali per l’impiego
sopradescritto:
1) pozzi di petrolio o di gas non più sfruttati (che però con l’emissione di CO2
potrebbero dare altro prodotto);
2) formazioni saline incapsulate tra formazioni di rocce impermeabili;
3) miniere di carbone abbandonate perché sfruttate fino a profondità non più commerciali (i filtri di carbone potrebbero assorbire CO2 e desorbire metano);
4) scisti che sono poi il più comune tipo di rocce sedimentarie;
5) formazioni basaltiche, geologicamente formazioni di lava solidificata.
Sequestro dell’anidride carbonica
Ognuna di queste soluzioni presenta dei problemi fisici e soprattutto costi non
indifferenti, per cui si pensa che i primi risultati sul campo non si avranno prima del
2025. Se le cose dovessero evolversi in questo modo e se cioè l’immagazzinamento
della CO2 sotterranea dovesse rivelarsi fattibile e conveniente, si arriverebbe ad
ottenere centrali termiche a carbone ad “emissione zero”.
A Sleipner, una piattaforma al largo della Norvegia, è dal 1996 che al ritmo di un
milione di tonnellate l’anno, viene pompata anidride carbonica nel profondo della
terra, in una formazione geologica costituita da un acquifero salino, che incamera la
CO2 nelle sue rocce porose. I ricercatori della Statoil, la compagnia petrolifera
norvegese, stanno monitorando il serbatoio di stoccaggio ed il sito è diventato un
vero caso di studio, al punto che l’IEA (International Energy Agency) ne ha tratto le
sue linee‐guida per il seppellimento a lungo termine dei gas‐serra.
Altri progetti rilevanti avviati:
Weyburn (Canada) : circa 1,8 milioni di tonnellate all’anno iniettate a partire dal
2000 – Giacimento di petrolio
In Salah (Algeria) : circa 1 milione di tonnellate all’anno iniettate a partire dal 2004 –
Giacimento di gas naturale
Sequestro dell’anidride carbonica
 I costi delle CCS sono elevati, ma potrebbero scendere sotto i 25 dollari per tonnellata di CO2 entro il 2030.
 E’ stato calcolato che l’impiego di queste tecnologie potrebbe ridurre del 90% le emissioni provenienti dalla produzione di energia elettrica da combustibili fossili.
Ma…
Quanta CO2 è possibile stoccare nel sottosuolo?
C’è una tecnologia disponibile? Qual è il rischio ambientale? Qual è l’impatto economico sul costo di produzione dell’energia?
Sequestro dell’anidride carbonica
 Una stima sui volumi di CO2 sequestrabile rispetto alle
emissioni in atmosfera proiettate al 2050 sono : i
campi già sfruttati potrebbero stoccare fino al 45%
delle emissioni di CO2 previste al 2050.
 La tecnologia per stoccare la CO2 in formazioni
sotterranee deve garantire che le operazioni di
iniezione nel sottosuolo siano condotte in maniera
efficiente e a basso costo, e che il sito di stoccaggio sia
a livelli adeguati di sicurezza per centinaia di anni.
La sicurezza è, per ovvie ragioni, un punto cruciale !!
Sequestro dell’anidride carbonica
Sequestro dell’anidride carbonica
Sistemi di cattura
Fonte: ENEA
Schema concettuale di impianto pilota CCS realizzato dall’ Enel
Dopo il trattamento nel denitrificatore, desolforatore e
nell’elettrofiltro, realizzati nella centrale a carbone, i fumi,
puliti da ossidi di azoto e zolfo e con bassissima
concentrazione di ceneri, passano nell’unità di cattura di
anidride carbonica.
L’unità è composta da:
1) Assorbitore. All’interno della colonna di assorbimento, i
fumi vengono in contatto controcorrente con la soluzione
assorbente di monoetanolammina (MEA) e cedono la
CO2. Vanno così alla ciminiera privi di anidride carbonica
ed escono in atmosfera.
2) Stripper e reboiler. La soluzione liquida ricca di CO2 esce
dall’assorbitore ed entra nello stripper dall’alto.
Scendendo, sfrutta il calore fornito dal reboiler e si scalda
favorendo il rilascio della CO2. Si forma pertanto una fase
gassosa di CO2 e vapore che procede verso la testa dello
stripper. La soluzione liquida rigenerata, invece, scende
verso il basso e può essere inviata nuovamente
all’assorbitore.
3) Condensatore. Il mix di anidride carbonica e vapore
acqueo in uscita dallo stripper passa al condensatore,
dove il vapore torna allo stato liquido. La condensa
rimossa della CO2 viene rimandata in testa allo stripper,
mentre la CO2 pura continua il percorso di trasporto e
successivo stoccaggio.
Fonte: Enel
Fly UP