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Vangelo e carcere, cambiati dalla fede dietro le sbarre

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Vangelo e carcere, cambiati dalla fede dietro le sbarre
C A T H O L I C A 15
Sabato
19 Luglio 2014
L’arcivescovo in
Congo e Malawi per
portare un contributo
alla riflessione dei
vescovi sulla Nuova
evangelizzazione
Paglia: Chiesa e famiglia, alleanza per l’Africa
Il caso. Bertone: il prestito alla Lux Vide
«C’
«H
è bisogno di una nuova alleanza tra la famiglia e la Chiesa per mostrare la bellezza del “noi” ad una società intristita nel suo miope orgoglio». Così l’arcivescovo Vincenzo Paglia,
presidente del Pontificio Consiglio per la
famiglia, ha chiuso il suo intervento ieri
a Lilongwe, in Malawi, dove è in corso
l’assemblea plenaria dell’Associazione
delle Conferenze episcopali dell’Africa orientale (Amecea). Oltre 250 vescovi da
otto Paesi riuniti per riflettere sulla Nuo-
va evangelizzazione nel continente.
Paglia ha parlato del «bisogno di costruire relazioni forti tra le generazioni» e, appunto, di una necessaria alleanza tra famiglia e Chiesa «per difendere i diritti delle singole persone – quello dei bambini a
nascere, a crescere e a vivere nell’amore
e nella dignità per l’intero arco della vita,
quello di morire senza essere uccisi, il diritto dei malati a essere curati, quello di
avere un lavoro dignitoso e sicuro – e i diritti della famiglia a non essere sfruttata
dalla dittatura del guadagno economico».
Quello di ieri è stato il secondo discorso
pronunciato dal presule in Africa in pochi giorni. L’8 luglio scorso a Brazzaville,
in Congo, Paglia aveva tenuto una relazione all’Assemblea generale dell’Acerac
(Associazione delle Conferenze episcopali dell’Africa centrale) sulla famiglia come «risorsa della società e Vangelo per il
mondo».
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approvato all’unanimità dai vertici dello Ior
o letto sui giornali le critiche che
mi sono state rivolte ed ho avuto l’impressione che a volte certuni più
che aspirare a conoscere la verità, preferiscono lo stile del dileggio o del "copiaincolla" di pezzi riportati senza troppo
discernimento». Lo ha detto il cardinale
Tarcisio Bertone in un’intervista all’agenzia Zenit. L’ex segretario di Stato osserva che «un esempio è la costruzione
della notizia del mio appartamento con
la falsa metratura di 700 mq, che conti-
Vangelo e carcere,
cambiati dalla fede
dietro le sbarre
MODENA
Pellegrini dal Papa
nel segno del beato Rivi
Così Michele, Giovanni, Salvatore
hanno incontrato Gesù a Poggioreale
ROSANNA BORZILLO
NAPOLI
è chi ha ricevuto la prima Comunione, chi per la prima volta ha
partecipato ad un incontro di catechesi, chi racconta di un cammino di conversione. Pedro, Giovanni, Michele, Salvatore… sono detenuti al carcere di Poggioreale
di Napoli, le loro storie sono raccontate dai
volontari dell’Azione cattolica diocesana che
hanno bussato alle porte del penitenziario
per portarvi la parola di Dio e la speranza,
laddove la speranza sembra perduta o negata. Parole e storie, volti e cammini descritti ne
«Il Vangelo dietro le sbarre. Un’esperienza di
annuncio in carcere» di Antonio Spagnoli (edito da Ave, pagine 120, 10 euro) un libro che,
in sostanza, ripercorre il cammino dei volontari che, dal 2008, ogni settimana, hanno
scelto di annunciare Gesù, nel carcere di Poggioreale, nei padiglioni Avellino, Firenze e Napoli, e percorrere insieme un cammino di formazione e catechesi, fino alla celebrazione
della Messa o alla Prima Comunione. Come
è accaduto per Salvatore, 32 anni, sposato,
un figlio, che il 19 maggio del 2013, dopo un
anno di assidua presenza agli incontri del
gruppo di catechesi ha chiesto di ricevere il
sacramento. «Signore – ha chiesto Salvatore,
nella sua preghiera al termine della Messa –
perdona, chi come me, si credeva un debole
nell’inchinarsi al tuo cospetto; chi, come me,
ascoltava chi non ascoltava te: Signore – ha
aggiunto Salvatore, da due anni a Poggioreale – rendici forti, aiutaci a non gettare la spugna, aiuta specialmente chi in questo tempo,
ha perso un suo caro, fortificaci, avvicinaci
sempre di più a te, riempi quel cuore così ferito, perché solo tu puoi alleviare il dolore».
Le parole raccontano storie di liberazione,
segni di una conversione che inizia a farsi
strada nella vita di tanti. «Ho cominciato in
carcere a essere veramente uomo, a essere
veramente cristiano – scrive Pedro, autista di
tir, arrestato in Italia, circa dieci anni fa –. Ho
capito il valore della mia esistenza - prosegue
nella sua riflessione, durante la Via Crucis all’interno del carcere - quando ero come
schiacciato da quella sofferenza. Sono stato
crocifisso anch’io, ho compreso da dove ve-
C’
Dal 2008 i volontari dell’Azione
cattolica diocesana portano Parola
di Dio e speranza nell’Istituto di
pena napoletano. «Il nostro cuore
accanto a chi soffre»
niva la sorgente della mia salvezza».
Molti hanno ammesso che, grazie al percorso di catechesi, hanno ritrovato Dio e hanno
iniziato a leggere il Vangelo con assiduità e
meditarlo. E c’è chi ha espresso in versi la gratitudine e la ricerca di un senso. «Ti cercavo,
ma non ti trovavo dentro di me/Il buio che
avevo non mi permetteva mai di vederti/…
Tra la mia ignoranza e la tanta ipocrisia che
possedevo /cercavo lo stesso di avvicinarmi
a te/… Finalmente ho imparato la via giusta
che mi hai insegnato/questi giorni sono giunti che io ho tanto desiderato/Ho trovato quella pace tanto amata»: così Gennaro, trentadue anni, sposato con figli: è alla prima condanna, rimarrà in carcere almeno tre anni,
sin dall’inizio partecipa al gruppo di catechesi con assiduità, come riferiscono i volontari.
Ma perché oggi si va in carcere? Lo spiega
l’autore del libro Antonio Spagnoli, referente diocesano del progetto. «Ci ritornano alla
mente – dice Spagnoli – le parole pronunciate da Cristo a coloro che chiedevano come dovevano comportarsi con la giovane
donna adultera: "Chi di voi è senza peccato,
scagli per primo la pietra contro di lei". Per
entrare in carcere – prosegue Spagnoli – è indispensabile mettere il proprio cuore accanto a quello di un fratello che soffre, sia pure
per responsabilità proprie, senza attendersi
o chiedere nulla, assumendo uno stile di assoluta gratuità».
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L’ingresso di una
cella. Sotto: un
interno della casa
di accoglienza
per detenuti
nell’ex convento
delle suore
di santa
Giovanna Antida
La struttura,
inaugurata lo
scorso maggio
dall’arcivescovo
Sepe, si trova a
ridosso del centro
storico di Napoli
Quella casa nell’ex convento
dove s’impara il «mestiere» della libertà
L’esperienza.
NAPOLI
iberi di volare» e di tornare a vivere:
la casa di accoglienza per detenuti,
in via Pietro Trinchera 7, a Napoli, a
ridosso del centro storico, è un luogo di ospitalità ma anche di socializzazione e riabilitazione. Nel vicolo, a ridosso
dell’arcivescovado, il cappellano e direttore dell’ufficio di pastorale carceraria
della diocesi, don Franco Esposito, è riuscito a realizzare un "miracolo": nell’ex
convento delle suore di
santa Giovanna Antida,
messo a disposizione in
comodato gratuito dalla
Curia di Napoli, è nato un
centro d’ascolto per il percorso di riabilitazione; una cooperativa di servizi, un laboratorio dove i detenuti realizzano coroncine o imparano un mestiere. Così grazie a
don Franco si può diventare falegnami, idraulici, artigiani e lasciarsi alle spalle un
«L
le richieste di inserimento in struttura ai progetti individualizzati residenziali per il reinserimento sociale; dai colloqui di sostegno,
alle consulenze individuali e di mediazione
familiare. Presso la struttura è possibile essere aiutati nella ricerca ed inserimento lavorativo presso cooperative
sociali fino alla redazione
dei curriculum.
attiva del progetto rieIl centro inaugurato a maggio Parte
ducativo è il volontariato
dal cardinale arcivescovo
per creare relazioni di amicizia, di dialogo, e di aiuto
Sepe offre ospitalità e
per affrontare i problemi
riabilitazione, insegnando una nella chiave giusta, affiani singoli anche nei
professione per il dopo pena cando
problemi legali e burocratici. Una volta al mese tutti
gli operatori, i volontari e
gli ospiti sono invitati libeziali e venti in affidamenramente a partecipare alla Messa e ad una cato dagli arresti domiciliari o in semi libertà;
techesi di base in cui viene analizzato sopratma è prevista anche l’accoglienza per detetutto l’aspetto del perdono.
nuti in permesso premio.
Tra i servizi offerti si va dai colloqui in carceRosanna Borzillo
re di segretariato sociale e di valutazione del© RIPRODUZIONE RISERVATA
passato di sbagli e difficoltà.
La casa ha aperto i battenti a fine maggio, inaugurata dal cardinale Crescenzio Sepe, offre un aiuto a chi non ha altri punti di riferimento, ma ha intenzione di tornare a vivere
nella società. Attualmente si possono ospitare nove detenuti residen-
Padre Davide, la chitarra che suona la speranza
GIACOMO GAMBASSI
i muove fra le celle e i corridoi tagliati dalle inferriate con la chitarra in
mano. E, nell’ultima festa che a
metà giugno ha aperto le porte
del carcere «Mario Gozzini» di Firenze a duecento ospiti esterni,
padre Davide Colella «non ha
perso occasione per un ballo, una canzone, un sorriso: scatenatissimo come sempre», raccontano le cronache locali. Sessantatré anni, da venticinque «dietro
le sbarre» – scherza lui – è il cappellano di «Solliccianino», soprannome tutto toscano della casa circondariale maschile alla periferia del capoluogo dove si vive
l’unica esperienza di reclusione
a custodia attenuata nella regio-
S
ne.
Padre Davide è un domenicano.
«Certo fa sorridere pensare che
un religioso dell’Ordine dei frati
predicatori abbia scelto la prigione come cattedra, soprattutto se si guarda alla nostra famiglia come dedita alle speculazioni teologiche», ammette col volto luminoso. E spiega: «Ho avvertito il bisogno di stare con i
perdenti, se così si possono considerare i carcerati. Perché, leggendo il Vangelo, Gesù è sfacciatamente dalla parte di chi è ai
margini ed è pure contro il perbenismo di certa gente che giudica con eccessiva facilità».
Per diciotto anni è stato nel penitenziario dell’isola di Gorgona,
nell’arcipelago toscano. «E ho
dovuto avere anche un permes-
Domenicano, 63 anni,
porta musica e Vangelo
nel carcere Mario
Gozzini di Firenze
so speciale per abitare da solo visto che la spiritualità domenicana è imperniata sulla vita comunitaria». A quel periodo è legato
uno dei ricordi più belli: la storia
di un riscatto. «È quella di
Tommy, un giovane albanese arrivato in Italia con i primi barconi e finito dentro per una rapita
compiuta per bisogno. Ecco, lui
ce l’ha fatta. Sono stato a trovarlo nel suo Paese: è sposato, ha
due figli, fa un discreto lavoro. In
nua ad essere ripetuta nonostante la
smentita, per descrivere la mia persona
in maniera distorta ben lontana dalla
realtà». Quanto all’investimento a favore della Lux Vide – prosegue il porporato
–, il prestito obbligazionario è stato «approvato unanimemente» dagli organismi
di vertice dello Ior, mentre le sue modalità tecniche «non dipendevano da me»
bensì «dagli organi dirigenziali dello Ior
che avrebbero tenuto presenti le finalità
dell’Istituto».
fondo il carcere non è poi così diverso dalla realtà esterna: cambi
se vuoi cambiare. E Tommy ha
capito che non erano le scorciatoie la via per affrontare nel modo giusto la vita».
Oggi padre Davide è a «Solliccianino» e appartiene alla piccola
comunità domenicana di Pistoia.
«Se è vero che il Signore invita a
lasciare le novantanove pecore
per andare in cerca di quella perduta – racconta – uno dei luoghi
in cui trovare chi ha smarrito la
rotta è il carcere». Oltre le sbarre
il religioso ha portato la forza delle note. «Credo che l’arte e in particolare la musica consentano di
incontrare l’altro vincendo qualsiasi barriera». E cita Hermann
Hesse: «Nel suo romanzo Il giuoco delle perle di vetro dice che in
nessun caso due persone possono diventare più facilmente amici che facendo
musica insieme. Siamo di fronte a un linguaggio universale
che è fonte di speranza. E a me la bel- Padre Davide Colella suona in carcere
lezza di una melodia
parla anche di Dio».
Più volte padre Davide ha fatto
in cercare che si tocca con mano
rimbalzare fuori della prigione il
la povertà dell’uomo nel senso
dramma dei suicidi, dei malati di
più ampio del termine». Una peAids o di chi fa i conti con le tosriferia esistenziale, la definirebbe
sicodipendenze. «Una settimana
papa Francesco. «In un penitenfa è morto di overdose Daniele. È
ziario vi sono mille motivi per distato come un fallimento per me.
re che Dio esiste e altrettanti per
Dopo tanto tempo passato con
sostenere che Dio è assente –
lui, non siamo riusciti a fargli caconclude il religioso –. Di sicuro
pire che la vita è molto più di uqui la Chiesa deve esserci».
na pena da scontare. Del resto è
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Dopo la beatificazione di Rolando Rivi del 5 ottobre scorso, molte sono le ragioni che
hanno portato le diocesi di
Modena-Nonantola e Reggio
Emilia-Guastalla, unite nella
festa, ad organizzare dal 9 al
10 settembre un viaggio per
ringraziare papa Francesco,
partecipando all’udienza geenerale, del dono del giovane
beato.. Numerose sono le nazioni in cui il beato è già conosciuto e molte le richieste di
informazioni, di materiali e di
reliquie. Come numerosi i
gruppi che hanno conosciuto
la figura di Rolando attraverso la mostra Io sono di Gesù,
dedicata alla sua vita, al martirio e alla testimonianza di fede. Presso l’antica pieve di
San Valentino il 29 maggio
(Castellarano) ha aperto i battenti il Museo Rolando Rivi, per
accogliere i numerosi pellegrini. Per informazioni telefonare allo 059 2133863 o scrivere alla mail [email protected].
BRNO
Incontro nazionale
delle famiglie ceche
«Noi applaudiamo la famiglia»:
è questo il motto del Pellegrinaggio nazionale delle famiglie in programma dal 29 al 30
agosto a Zdár nad Sázavou,
in Repubblica Ceca. L’idea di
un piccolo incontro con poche famiglie della diocesi di
Brno, lanciata 10 anni fa dal
vescovo Vojtech Cikrle, si è
progressivamente sviluppata
fino a diventare il più grande
evento di questo tipo nel Paese. Cirkle, in preparazione all’appuntamento, ha voluto ricordare a tutti le tre parole
suggerite dal Papa alle coppie nell’ultima festa di san Valentino: «permesso, grazie,
scusa». Il programma del pellegrinaggio prevede conferenze, Messe, adorazioni eucaristiche, momenti di preghiera, workshop e dibattiti.
SAVONA
Oltre mille Bibbie
esposte a Finalborgo
L’Oratorio de’ Disciplinanti di
Santa Caterina a Finalborgo,
nel Savonese, ospita da oggi
- inaugurazione alle 17 - a domenica 17 agosto la Mostra
della Bibbia, organizzata dalla
Chiesa cristiana evangelica
dei fratelli, di Finale Ligure.
L’esposizione presenta più di
mille esemplari, incunaboli,
cinquecentine, seicentine e altro, sino al Duemila. Sono esposti anche rotoli di pergamene vergate a mano; un torchio stampante realizzato su
disegno settecentesco e un
plastico del Tabernacolo ebraico nel deserto riprodotto
nei minimi particolari. Fra le
curiosità le Bibbie militari donate ai soldati della Prima
guerra mondiale e la Bibbia
più piccola al mondo, visibile
solo col microscopio. Una sezione riguarda le Bibbie italiane nella versione di Antonio
Brucioli, umanista perseguitato dall’Inquisizione e quelle
di Giovanni Diodati. Visibile
anche la Bibbia garibaldina.
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